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Atti del convegno per la collaborazione economica con i paesi africani || APPENDICE: COMUNICAZIONI...

Date post: 12-Jan-2017
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APPENDICE: COMUNICAZIONI TRASMESSE ALLA SEGRETERIA DEL CONVEGNO Source: Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente, Anno 12, No. 1/4, Atti del convegno per la collaborazione economica con i paesi africani (Gennaio - Agosto 1957), pp. 91-98 Published by: Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40758831 . Accessed: 10/06/2014 16:11 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente. http://www.jstor.org This content downloaded from 194.29.185.203 on Tue, 10 Jun 2014 16:11:24 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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APPENDICE: COMUNICAZIONI TRASMESSE ALLA SEGRETERIA DEL CONVEGNOSource: Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africae l’Oriente, Anno 12, No. 1/4, Atti del convegno per la collaborazione economica con i paesiafricani (Gennaio - Agosto 1957), pp. 91-98Published by: Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO)Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40758831 .

Accessed: 10/06/2014 16:11

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Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extendaccess to Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente.

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APPENDICE

COMUNICAZIONI TRASMESSE ALLA SEGRETERIA DEL CONVEGNO

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92 AFRICA

Prol. P. N. CARROLI

Premesse alla composizione di una Commissione permanente per l'attuazione della collaborazione

economica con i paesi Africani

Sono noti i corsi e i ricorsi della storia, come sono altrettanto note le esigenze delle vie di grande comuni- cazione, e quindi di grande interesse commerciale: ove c'è commercio si vive, e dove si vive si traffica - si costruisce! - ' per la continuità della specie, per il progresso, per la così sintetizzata civiltà!

Sono pure note le prestigiose opere dei nostri Principe Alliata di Montereale - ■ Senatore Teresio Guglielmone - Ing. Stefano Brun - Governatore Gustavo Pesenti - • per molti altri che, sia pure per diverse vie, con apparenti diverse azioni e con evidenti risultati, tendono a conci- liare, far coesistere e coordinare le esigenze diverse, ma concomitanti, e complementari, dei due grandi elementi che compongono, naturalmente, quella che suole definirsi Eurafrica (o Euraf frica).

Tra questi due continenti (dirò subito complementari) il Mediterraneo, elemento di divisione, attraversamento e centro di cooperazione: dagli albori della storia traman- data, a oggi ancora, questo tipico mare interno (tra i quat- tro caratteristici mediterranei) vuole ancora, e saprà ancora, trarre la vitalità per mescolare quanto apportano i vari fiu- mi che sfociano, ancora, in esso, unificando con il retaggio della sua tradizionale, ed eternamente rinnovata, composi- zione!

Sono di oggi gli incontri, e saranno di domani le rea- lizzazioni di uno dei due grandi progetti (che in fondo costituiscono lo esperimento rinnovato, e propugnato da Martino e Pella) per un « patto del Mediterraneo», vuoi con la Federazione nordafricana (Tunisi, Marocco, Algeria, Li- bia e Francia* destinata a trascinare Vitalia, e quindi l'Egitto), vuoi con un piatto vero e proprio (che legherebbe subito Marocco, Algeria, Tunisia, Italia, Francia, Spagna, e potrebbe a prima vista risolvere molti degli impellenti problemi di vitale importanza particolare, e generale).

Tutti questi Paesi dell'Africa, e non solo questi, stanno avviandosi, ovvero decantano verso la civilizzazione integra- le ovvero verso Vinserimento della civiltà meccanica euro- pea (vuoi occidentale): i centri sorgono dal nulla, e i già esistenti dilagano in un mare di costruzioni che annullano i terreni incolti, lasciando naturalmente sorgere ovunque nuovi incontri commerciali e nuove fonti industriali.

Le masse lavoratrici di colore, inserite nella vita della nuova Africa sono in continuo aumento, particolarmente là dove affiancano l'opera dei bianchi, e quindi già dispon- gono di un potere d'acquisto niente affatto trascurabile, dedicato non più a oggetti senza valore, ma a prodotti dell'industria moderna che rendono più comoda la vita, e a beni strumentali che costituiscono la base del commercio in un paese moderno.

Tutto ciò preparato, e potenziato, da tutti i Governi, senza eccezione, che dedicano, a questa gigantesca compe- tizione col futuro, ingentissime somme, comunque acqui- site...

Tutte le Nazioni industriali europee, come la Francia, la Germania, il Belgio, l'Inghilterra, l'Olanda (e gli Stati Uniti) sono presenti sul mercato del continente africano con perfette e attrezzate organizzazioni di vendita e di acquisi- zione... L'Italia, che attende ancora?... Le conseguenze della guerra, la sfiducia - per il nostro allontanamento forzato dal continente, la ricostruzione, sono ormai sorpassate: per tanto, a penetrazione economica non deve più essere dif- ferita o condotta anemicamente: ora che l'industria rela- tiva non ha nulla da invidiare agli altri, e, particolarmen- te e altresì, dispone di un eccellente artigianato - spe- cialisti nelle loro specialità, artigianato che si tramanda da secoli di generazione in generazione, come in nessuna altra nazione moderna.

Questo è ormai il momento opportuno per inserirsi decisamente in Africa: finito il concetto di colonialismo (da noi perseguito), in questo volgere di tempo i paesi africani si ritrovano padroni di una certa autonomia, e nella necessità di appoggiarsi necessariamente alla impor- tazione, particolarmente, come detto, per i prodotti a ca- rattere industriale.

Premesse le basi di ragionamento, constatato l'interesse immediato e mediato, dato il lungo e periglioso abbarbica-

mento delle considerazioni storico-naturali, inutili i ritorni critici al passato, non rimane che considerare quanto omes- so, od operato male, come non avvenuto e..# cominciare veramente, un'azione sana, diplomaticamente e politica- mente costruttiva, co ni9 ausilio della stampa-radio-TV - delle Camere di Commercio - delle Fiere - - degli incontri internazionali - ■ delle dimostrazioni - mostra permanenti, tempestive o viaggianti (vuoi aeree - < vuoi marittime - vuoi autocarrate) e dei convegni (a cominciare da questo) «per la collaborazione economica con i Paesi Africani», tendente non solo allo studio ulteriore, ma particolarmente al potenziamento, e riunione pratica delle possibilità in atto, per la diffusione, e l'acquisizione, nella penetrazione dei mercati mediterranei, e africani in genere, per la nostra industria e artigianato, tesi al commercio e alla realizza- zione.

Cominciando dalla conclusione vorrei proporre la com- posizione di una « Commissione permanente italo -africana », alla quale dovrebbero adire, oltre i naturali esponenti della nostra Camera di Commercio, industria, agricoltura, arti- gianato, commercio, turismo, Fiere interessate, stampa, i Diplomatici-commerciali di tutti i Paesi via via allacciati, Paesi che certamente sono convenuti, o hanno delegato (o converranno) a questo importante Convegno indetto dal- l'Istituto Italiano per l'Africa, con la Fiera del Levante.

I frutti del lavoro, a catena inesauribile, sono, e sa- ranno, a portata di tutti, e noi avremo avuto il piacere di avere servito, attraverso la concatenazione commerciale, a rapidi e duraturi rapporti reciproci di comprensione, stima e considerazione, che certamente porteranno lontano, a conclusioni imprevedibili, quali, ad esempio, la conserva- zione della civiltà a beneficio delle parti che ne sanno as* saporare l'utilità.

Avv. V.A. COSCO

L'avviamento di correnti turisti che nel quadro delle iniziative economiche italo-africane

// problema dell'avviamento di correnti turistiche con i vari paesi africani e in special modo con i paesi di quel continente che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, va assumendo, con trascorrere del tempo, sempre maggiore rilevanza. La nazione che maggiormente avverte H bisogno di allacciare tali correnti turistiche, indubbiamente, e l'Italia; tuttavia ben poco e stato fatto in tal senso. L'Istituto Ita- liano per l'Africa - bisogna riconoscerlo - i ha richiamato all'attenzione della pubblica opinione il soggetto problema, ponendo anzi tra i postulati dell'Ente quello dell'avvia- mento di correnti turistiche con alcuni paesi del continente africano. I tempi sono maturi per uscire dalla fase enun- ciativa ed intraprendere su basi concrete rapporti turistici con l'Africa. E' significativo il fatto che quest'anno un nu- meroso gruppo di studenti della repubblica ghanese abbia avanzato richiesta all'Associazione Alberghi per la Gioven- tù per un soggiorno in Sila di alcune settimane. La richie- sta - purtroppo - non ha potuto trovare possibilità d'ac- coglimento. Da questo episodio dobbiamo dedurre che le regioni maggiormente interessate ali' avivamento di correnti turistiche con i vari Paesi africani, sono proprio le regioni meridionali; la Sicilia, la Calabria, la Puglia, la Campania, Tra le località montane dell'Italia meridionale, quella che maggiormente esercita fascino e suggestione è il gran bosco della Sila, il cuore verde del Mediterraneo. La Sila è un vasto altipiano sui 1200 metri, folto di foreste di pini, di tarici, di faggi e di abeti, che conferiscono al paesaggio un carattere alpestre. I fattori che però assicurano il successo della Sila sono due: il clima e lei bellezze naturali. L'aria purissima e fresca, e ossigenata dalla massa vegetale, pe- rennemente verde, e dagli aliti marini che vi giungono dal Tirreno e dallo Jonio. A rendere più fastosa la bellezza della Sila contribuiscono i laghi silani. Ottime le possi-, bilità ricettive esistenti. Per la vicinanza ai paesi del Con- tinente africano, per l'accessibilità comoda e facile, la Sila costituisce - o nostro avviso - una delle pedine più impor- tanti per l'auspicato avviamento di iniziative turistiche con l'Africa. E' necessario però che ogni iniziativa venga sor- retta dalla feconda collaborazione dell'Istituto Italiano per l'Africa, l'Ente che oggi, in rinnovate forme, costituisce l'uni- co strumento che può dare un efficace contributo per und iniziativa del genere da noi auspicato.

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AFRICA 93

Prof. P. D'AGOSTINO ORSINI DI CAMEROTA

Mercato Comune, Mezzogiorno, Africa

E' difficile concentrare in poche pagine un abbozzo di programma su un argomento così importante, la cui formu- lazione nasce spontanea dal tema del Convegno sulla " Col- laborazione economica con i Paesi Africani ". Sorge in- fatti naturale la domanda: se e quale sarà la parte del Mezzogiorno nel MEC o meglio nella Comunità Economica Euraf ricana come ormai si può chiamare la CEE, dopo il rilancio iniziale all'Africa, secondo le clausole del Trat- tato firmato a Roma il 25 marzo 1957 e contemplate negli art. 131-136 Parte IV, appositamente dedicata alle clausole africane del periodo quinquennale provvisorio.

Assai differente si presenterebbe l'impostazione del pro- blema meridionale se il Mercato Comune fosse stato sola- mente europeo, come era stato divisato inizialmente, esclu- dendo perciò il settore africano; assai differentemente quin- di si presenta oggi con il suo rilancio iniziale e limitato a circa metà del continente africano. Completamente diversa ne appare ora la posizione del Mezzogiorno e quindi dif- ferenti, cioè assai più promettenti, ne possono essere con- siderate le conseguenze nel settore geografico meridionale italiano.

Invece di essere ancora periferica alVItalia, maggior- mente ancora all'Europa Continentale, come e stato per secoli e secoli - fatta eccezione di alcuni periodi storici brevi e non determinanti - - . il Mezzogiorno è divenuto ora centrale fra l'Europa a nord e l'Africa a sud. Se si tiene presente che fu appunto la sua perifericità ad essere la causa naturale della sua secolare depressione, accentuate negli ultimi decenni nell' incalzare del progresso e dello sviluppo civile economico- sociale, si comprende quanto la nuova situazione le possa divenire di vantaggio.

Anche Feconomia italiana ha due compiti principali, che sono il consumo interno e V esportazione. Questa a sua volta ha due direzioni che sono rispettivamente l'Europa e i mercati extraeuropei o transoceanici. Per incrementare gli scambi commerciali europei è stato creato il mercato co- mune, onde aumentare il numero dei consumatori e onde poter selezionare alcune industrie-chiave per una produ- zione capace di affermarsi presso la massa dei consumatori europei e non più presso i soli clienti nazionali, come finora.

Il rilancio all'Africa franco-belga (ed italiana, in So- malia) è stato determinato dalla necessità di trovare tra i paesi extraeuropei un'area economica da sommare ali9 area europea, per la formazione di una unica area geoeconomica euraf ricana. Questa a sua volta si distingue in due aree dif- ferenti: la mediterranea fino al Sahara e la tropicale. Quin- di un settore nordafricano dal Marocco all'Egitto, un set- tore tropico-equatoriale; mentre si può considerare un ter- zo settore geografico (la cui economia è ancora incerta) nel Sahara.

Come si presentano questi settori in rapporto all'Italia ed all'Italia meridionale in particolare? Varea mediterra- nea comprende tutti paesi a produzione agricola similare e concorrenziale (fatta eccezione per l'Egitto)', l'area tro- pico-equatoriale invece si palesa come un'area squisita- mente complementare. Della terza area si può dire che i suoi prodotti saranno minerarii e si aggiungeranno alle possi- bilità minerarie degli altri due settori geografici, formando nel complesso un settore merceologico: anch'esso comple- mentare all'economia itdliana assai deficiente di materie prime del sottosuolo%

La CEE consentirà così di creare un fronte unico dei produttori mediterranei nei confronti dei compratori, sia interno dei paesi europei, che esterno dei paesi extraeuro- pei; mentre consentirà man mano il rifornimento di ma- terie prime agricole a condizioni migliori ed in quantità mag- giori, le quali oggi vengono acquistale sui mercati asiatici ed americani; quindi a distanze che influiscono sul costo dei trasporti (gravati dal pedaggio del Canale di Suez ad Orien- te) e quindi sui prezzi di acquisto.

Bisognerà però che taluni prezzi base africani attuali vengano perequati, cioè diminuiti, per poter battere la con- correnza di altri mercati produttori. Fra le materie prime di provenienza africana figureranno alV importazione gli alimentari come semi oleosi, cacao, caffè, banane, datteri, incremento l'esportazione del ferro, cui si potranno forse ag- rie dai fosfati ai metalli varii, fra i quali prenderà grande ncremento l'esportazione del ferro, cui si potranno forse ag-

giungere gli idrocarburi come il petrolio, Vuno e gli altri di provenienza dall'A.O.F. e dal Sahara.

Il Mezzogiorno quindi si troverà ad essere l'area me- diana di transazione sia geografica che economica. Geogra- ficamente perche si trova al centro della linea di forza nord- sud costituita da Europa - Mezzogiorno - Africa. Zona me- diana a basso potenziale attuale, ma situata fra aree con- finanti di diverso valore economico, ciò che renderà pos- sibile una rinascita meridionale anche per la funzione pro- pulsiva verso l'Africa che il Mezzogiorno è venuto acqui- stando con il Mercato Comune.

Area economico mediana perche, in seguito a questo avvenimento economico, si può pensare che la bilancia ita- liana commerciale passiva con l'Africa possa venire capo- volta. Infatti le preoccupazioni agricole dei meridionali, scisse nei due settori geografico-commerciali che abbiano esaminati, si distinguono nel settore agricolo in nettamen- te favorevoli con i paesi tropico-equatoriali e di accordi collaborativi commerciali con i paesi mediterranei. Senz'al- tro più favorevoli si presentano le previsioni dell'espansio- ne industriale italiana, come d'altronde per il commercio tedesco o olandese, perché gli scambi europei non trove- ranno più una pratica chiusura commerciale in Africa ma una progressiva apertura; anche se non significa ancora "la porta aperta ".

Affinchè l'industria meridionale possa anch'essa bene- ficiare della congiuntura favorevole occorre che vi si costi- tuisca una industrializzazioneG questa può sorgere sia per iniziative locali, cioè con l'impiego di quei risparmi che in passato si sono tramutati in Buoni del Tesoro e in Debito Pubblico dando un sicuro ma modestissimo reddito. Si dice- va prima d'ora che mancava V incentivo per cui al suo posto si sviluppava la prudenza. Ora vi è uno scopo di interesse crescente affinchè il Mezzogiorno possa parteci- pare direttamente alla economia africana. Può formarsi an- cora, per la stessa ragione, con il decentramento delle in- dustrie nordiche, come già da tempo sta avvenendo in Si- cilia ed in altre regioni del Mezzogiorno, ma ancora troppo limitatamente, affinchè i costi di produzione siano infe- riori al passato e affinchè i capitalisti settentrionali possa- no trovare collocamento ai loro fondi sparpagliandoli in varie regioni e per vari usi. Può avvenire anche per in- vestimenti di capitali stranieri: in questi ultimi tempi ca- pitali tedeschi, francesi, belgi si sono dimostrati propensi a finanziamenti nel Mezzogiorno.

Ma non basta solamente la iniziativa privata nazionale od estera. Occorre anche che lo Stato intervenga con le sue aziende, decentrandole dal Nord, o creandone di nuove al Sud. Non basta infatti l'opera statale della Cassa del Mez- zogiorno che crea o perfeziona V infrastruttura meridionale; bisogna anche distribuire a sud le industrie controllate dallo StatOy affinchè anche esse possano partecipare alla funzio- ne circolatoria dei capitali, del lavoro e della produzione, ripartendola meglio geograficamente. VIRI, la SVIMEZ possono avere molto da fare da noi.

Ricordiamoci che da tempo viene chiesta una riparti- zione più capillare della produzione. Il Presidente dell'Isti- tuto Italiano per l'Africa, Senatore Gugliemone si è bat- tuto per questo scopo. Ora si aggiunge anche l'incentivo della congiuntura africana favorevole. Infine ricordiamo che anche la Banca Europea o quell'Ente che ammini- strerà i fondi destinati al miglioramento delle aree depresse d'Europa (leggi Mezzogiorno), in base al trattato della C.E,E., avrà fra i suoi compiti di finanziare la riconver- sione delle industrie, la creazione di industrie nuove e la qualificazione o riqualificazione della mano d'opera. Ap- punto di questi e di altri argomenti, inerenti al tema « Uni- tà Europea e Mezzogiorno » - ora è proprio un anno - . si discuteva a Bari, alla Fiera ed in questa stessa sala. Fin d'al- lora noi dicevamo di pensare al mercato africano e di attrez- zarci per esso nei nostri centri meridionali, a Bari, a Napoli, a Palermo, a Taranto, a Catania, specialmente dove i porti e le ferrovie possono ridurre costi produttivi e trasportativi. Un esempio può venirci dato dall'acciaieria che VIRI co- struirà nell'Italia Meridionale, nonostante le proteste nor- diche, forse a Taranto. Appoggiandosi all'Arsenale ed ai Cantieri Navali nascerà così un nuovo centro industriale, anche dei manufatti, intorno allo stabilimento siderurgico ed al porto tarantino.

L'Italia Meridionale può anche approfittare della crea- zione del Mercato Comune preparando la specializzazione

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della sua esuberante popolazione attiva per impiegarla in loco, o per inviarla in Africa, affinchè diminuisca quello espatrio delle intelligenze e delle braccia che tanto depau- pera il nostro Mezzogiorno. I Siciliani ad esempio, già si sono mossi, per ora, in Tunisia. La Fiera del Mediterraneo fa ogni sforzo per essere il centro di richiamo e di diffu- sione eurafricano dell'Italia e certo questo influenzerà an- che taluni paesi stranieri che non hanno terre in Africa.

Porti, linee di navigazione e trasporti dovranno essere organizzati nelle regioni meridionali in vista del rilancio eurafricano perché, se è vero che nel mercato comune sarà la stabilizzazione del nostro commercio estero, è vero altresì che nel commercio africano può essere trovata una attività nuova e crescente del nostro Mezzogiorno, in proprio ed in transito. Ma, riteniamo, che anche il nostro Mezzogiorno possa concorrere con lavori di infrastruttura e con costruzione di impianti in Africa ed alVacquisto di materie prime africane, alla occupazione di maestranze già qualificate, al collocamento di prodotti e di capitali meri- dionali in quel continente.

Vitalia ha recentemente firmato nuovi accordi com- merciali con l'Egitto, con la Libia, con il Marocco non più ostacolati dalle precedenti restrizioni metropolitane al giuoco della concorrenza ed il plafond valutario dei nostri scambi con quei paesi e stato ora previsto in modo molto superiore al passato Altri accordi seguiranno. La presenza a Bari di tanti Paesi africani è segno di interessamento pa- lese di quei Paesi verso il Mezzogiorno. Occorre saperne approfittare. Il Convegno per la collaborazione economica con V Africa ha chiamato a raccolta tecnici, ditte, studiosi, africanisti e meridionalisti, per esaminare i mezzi migliori della partecipazione italiana alla collaborazione economica eurafricana. Bisogna richiamare l'attenzione di Enti e di pubblico. Abbiamo soltanto 5 anni per prepararci al balzo definitivo.

Avv. E. GALLIADI

Le condizioni psicologiche, polìtiche e giù ridiche della collaborazione economica italiana con i Paesi africani

Neil' assistere alle evoluzioni economiche- sociali- politi- che delle varie collettività africane, ed al conseguente modificarsi dei rapporti economici sia tra le collettività dello stesso continente, sia con le collettività extra con- tinentali, si manifesta all'osservatore in un crescendo che meraviglia per la sua stessa rapidità, ed in tutta la sua grande importanza evolutiva, una sempre più intensa ri- cerca di collaborazione da svolgersi in funzione di pre- supposti etico-sociali di cui la parte economica costituisce fattore integrativo necessario, ma subordinato.

Alla collaborazione tra collettività, nel passato, per al- cuni casi, non molto lontano, spesso imposta da condizioni di soggezione, o subita per timore, o quanto meno risultante da atteggiamenti egoistici di esclusiva convenienza econo- mica, che non preoccupavano il più forte o il più scaltro delle conseguenze anche disastrose della collettività meno preparata, subentra nell'attuale fase di contingenza, una collaborazione veramente sincera e totale che, dagli am- maestramenti dell'esperienza passata e dagli sviluppi del progresso economico tecnico e sociale, trae convinzione ine- quivocabile, che soltanto da una sociale convivenza sempre più estesa ed integrata da una saggia economia, sia conse- guibile il massimo benessere per Vumanità.

La definitiva "penetrazione commerciale" come mez- zo, fine a sé stesso per chi la praticava o si studiava di av- valersene, perde di efficacia nel compito attribuitole nel passato dalla tecnica mercantile nell'economia degli scambi, e ad essa subentra, per volontà delle parti responsabili e consapevoli del miglior avvenire delle collettività rappre- sentate, una amichevole disamina di problemi economici tecnici sociali di cui si ricerca la miglior soluzione con graduali piani di sviluppo e realizzazione.

Per osservatori superficiali sembrerà utopia o sogno nascente da generoso pensare, quanto già notato, ma pilastri fondamentali della costruzione avvenire costituiscono fon- damenta di massima garanzia le realizzazioni già avvenute o in corso di esecuzione o di cui serietà assoluta di studiosi e tecnici, per volontà di stati, stanno predisponendo piani di attuazione . Mentre V Europa unita procede ormai decisa- mente consapevole di necessaria evoluzione e superamento di organizzazioni economiche politiche inadeguate a svi-

luppi contingenti e futuri, e la Federazione Africana si presenta all'attenzione dei capi responsabili in una pros- sima conferenza panafricana, come tappa necessaria d'evo- luzione continentale per raccogliere i consensi che ne pre- mettano la realizzazione; VUnità Mediterranea, per volere dei più diretti interessati, attende da tecnici e studiosi va- lenti, le conclusioni realizzatrici di raggruppamento coor- dinato per le particolari caratteristiche geo grafico-economi- che, che renda più efficace e razionale il collegamento che assumerà funzioni integrative dell' E ura frica, dagli accordi dì Parigi, per unanime consenso dei partecipanti ricono- sciuta problema vivo e vitale verso la realizzazione del quale devono tendere tutti gli sforzi delle collettività in- teressate.

Assistiamo all'organizzarsi di gruppi attratti da simpatie più immediate, razziali* geografiche, economiche, politiche, che tendono al meglio con fasi intermedie di assestamento e di equilibrio che successivi adattamenti inseriranno nel- l'equilibrio generale risultante del fine comune, con consa- pevole padronanza e decisi arginamenti a soluzioni econo- miche sociali spesso difficili a trovarsi per la fluidità cui sono soggette.

Europa Unita - Unità Mediterranea - Federazione Africana - i nell'Eurafrica troveranno la loro sintesi; tra- guardo di comune allineamento verso i massimi limiti della libertà individuale in funzione della più civilmente evoluta convivenza della collettività che la comporranno.

L'Italia, per la sua posizione geografica, per rapporti che risalgono alle più remote origini della stessa uma- nità, per il patrimonio culturale umano tecnico ed econo- mico, che possiede, è consapevole di contribuire con apporto efficace alla collaborazione che l'impostazione dei problemi in corso richiede.

Collaborazione apprezzata e desiderata in sempre mag- gior intensità ed estensione come è facile desumere dal succedersi di reciproci scambi di visite colloqui e convegni tra le rappresentanze responsabili delle collettività più sen- sibili agli sviluppi del rispettivo avvenire.

Collaborazione onesta e consapevole di fornire oggi garanzie necessarie, che diverranno superflue in un domani provveduto di maggiore esperienza e di irrobustiti ordina- menti sociali per gli stati più giovani.

Garanzie conseguenti ad un grado di civiltà acquisita e consolidata da prove sostenute nel travaglio evolutivo e che degli ordinamenti di lunga durata sa imporre l'osser- vanza con maturato consenso democratico della collettività organizzata.

Garanzie di oculata saggia amministrazione finanziaria e valutaria, in equilibrio tecnicamente controllato e svi- luppato con sani criteri economico sociali.

Garanzie di rispetto della personalità umana di qua- lunque appartenenza, origine, culto, razza e credenze che nelle sue emigrazioni per desiderio di conoscenza o appor- tatrici di lavoro, tecnica, socialità, progresso, acquisisce con l'ospitalità il diritto di tutela in perfetta eguaglianza di trattamento per legge comune.

Garanzie di riconoscimento e tutela della proprietà in- dividuale od associata, mobiliare ed immobiliare, frutto di risparmio per redditi di lavoro o di attività professionale o miste.

Garanzie da noi offerte a tutti coloro che senza ri- chiederle sono ospiti di casa nostra, nel nostro territorio, tutelati dalla liberalità delle nostre leggi.

Nella stessa ricerca delle garanzie la collaborazione sin- cera si dimostrerà efficace e vantaggiosa per le organizza- zioni sociali più giovani che dall'esperienza delle più an- tiche od anziane trarranno proficuo ammaestramento per evitare le perdite enormi causate nel tempo a quest'ultime da iniziative non controllate nazionali e internazionali, con- cluse con la sopravvivenza del parossismo egoistico del più forte. Certo che la collaborazione non può assumere le caratteristiche di famigliare colloquio e sincerità, laddove capricciosi atteggiamenti di Capi, spesso non condivisi dalla collettività rappresentata, o male interpretate dimostra- zioni di indipendenza, o veste democratica non ancora bene aderente alla persona che ha voluto con siffatta veste rico- prirsi, o timori causati dai primi passi su un terreno di maggior respiro sociale, conducono a discriminazioni e a limitazioni di diritti per í non nativi.

Di fronte ad un'Europa che estende giorno per giorno l'abolizione del passaporto ai propri sudditi, per una libera

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AFRICA 95

circolazione di persone, di beni, di iniziative, per un li- bero possesso di proprietà acquisibili dovunque, di atti- vità patrimoniali, terriere mobiliari e immobiliari, azien- dali di qualsiasi specie e genere, che il tutto offre con fiducia a tutti, rappresentano stridenti contraddizioni, le limitazioni ai nativi di proprietà terriere, e mobiliari e aziendali, e le complicate procedure per i passaporti. Il mondo moderno da tempo ha abolito i privilegi che costi- tuivano altrettanti ostacoli agli sviluppi della umana società, e più volentieri rivolge le sue attenzioni a chi sa svinco- larsi più rapidamente da pastoie medioevali per ricercare la partecipazione da pari nell'ambito della convivenza in- ternazionale.

La collaborazione accompagnata da sospetto non può che produrre dei malintesi e degli equivoci, tanto più gravi quanto i fatti contraddicono alle intese.

Può collaborare il nostro paese con paesi i quali per difettosa organizzazione amministrativa ed inefficace con- trollo, provocano V allontanamento di lavoratori italiani che colà nel massimo rispetto degli ordinamenti e persone hanno trasferito e possiedono tutto il frutto di un lungo e faticoso lavoro e vi hanno allevato le loro famiglie? Di persone che tutto il mondo desidera la presenza per la loro laboriosità, intelligente operare e per l'umanità che lo contraddistingue? Lo strano si è, e sotto certi aspetti non è strano, che siano paesi che abbisognano di rapidi recu- peri d'aggiornamento tecnico e sociale, che non trattengano i nostri lavoratori o ne provocano l'allontanamento mentre li ricercano invece le Nazioni tecnicamente all'avanguardia come gli Stati Uniti, la Germania, l'Inghilterra ecc. Sono atteggiamenti del genere che ingenerano dubbi in chi de- sidera collaborare con una partecipazione di connazionali in una più intima conoscenza per studiare la realizzazione di quel minimo denominatore comune di socievolezza in reciproca comprensione e possibilità di coesistenza che su- perati i punti morti, crei le premesse per l'avvenire.

Laddove, certo non per nostra impreparazione, non sono ancora possibili i movimenti di vita sperimentale interna- zionale, " Experiment in international living " con scambio di "

Experimenter's " che trascorrano almeno quattro set-

timane, tra le reciproche famiglie, per meglio comprendere le mentalità delle varie collettività, come avviene tra Vita- lia e l'America, e tra l'Italia e l'Inghilterra, è purtuttavia necessario favorire le possibilità di incontri o in Italia o nei paesi africani con maggiore larghezza di concessioni, da parte di questi ultimi, spesso prevenuti di sollecitare sti- moli verso aggiornamenti troppo rapidi di benessere ormai acquisito altrove per fatalità di evoluzione storica.

Dalla necessità della fiducia necessaria attraverso mag- gior conoscenza traggono giustificazione gli organismi che la sincera collaborazione crea nei territori e tra le popola- zioni che meglio devono comprendersi e conoscersi, dando vita alle "Agenzie di sviluppo e stabilizzazione9' e alle Camere di Commercio, strumenti di particolare conoscenza tra operatori dei paesi che desiderano una seria e sincera collaborazione.

Certo si è che non potrà esservi collaborazione sincera e feconda, senza una completa conoscenza reciproca sempre più approfondita tra gli operatori delle collettività che in- tendono realizzare le concordate iniziative.

La conoscenza accademica o la risoluzione teorica di un problema, non è sufficiente a garantire la buona riuscita di una impresa di cui il giudizio economico definitivo va lasciato all'operatore che rischia il suo lavoro ed il suo ca- pitale dopo aver potuto liberamente calcolare in loco l'im- portanza ed il peso di tutti i fattori dalla sua esperienza tec- nica ritenuti necessari e sufficienti a conseguire un risul- tato positivo.

La stessa condotta di vita trascorsa in un paese africano, da un operatore economico e da un funzionario, parte da visuali differenti e conduce a prospettive differenti, il che ci fa concludere che sono strumenti efficaci di collaborazio- ne meglio qualificati, quegli operatori economici che trag- gono da una vita operosa ed onesta, trascorsa nel massimo rispetto degli uomini e delle istituzioni, un precedente di ammirevole simpatia e rispetto, che sono le fonti di un ri- torno alla massima fiducia con convinzioni acquisite tra le pareti domestiche dalle stesse compagini famigliari.

La particolarità di temi che trattino di scambi commer- ciali, o di iniziative industriali o di finanziamenti a tali due branchie dell'economia internazionale, non può pre-

scindere dalle premesse succintamente esposte di carattere generale ma di specifica essenzialità per una collaborazione, economico sociale democraticamente rivolta al maggior svi- luppo italo africano di maggior benessere sociale.

Doti. A. GUIDANI

Gli scambi con i Paesi africani esaminati dall'Unione Italiana delle Camere di Commercio, Industria

e Agricoltura

// rapido evolversi politico ed economico dei Paesi africani ha aumentato di molto in questi ultimi anni la loro partecipazione al commercio estero mondiale mentre ingenti opere pubbliche e private di ogni genere stanno sorgendo o sono progettate.

A questo aumentato ritmo degli scambi non è corrispo- sto un proporzionale aumento delta partecipazione italiana, anche se motivi geografici e psicologici fanno dell'Italia il Paese più vicino a molti Paesi africani.

L'Unione Italiana delle Camere di Commercio, Industria e Agricoltura ha esaminato in alcune riunioni della sua Commissione di studio per il commercio estero le nostre possibilità di espansione commerciale verso questi Paesi, possibilità che sono ingenti anche sotto forma di costruzione di impianti industriali ed esecuzione di opere pubbliche.

Fu subito sottolineato che il nostro rapporto attuale può essere parecchio aumentato migliorando soprattutto la no- stra scarsa organizzazione commerciale in loco.

Furono infine auspicate numerose iniziative per quel che riguarda la nostra penetrazione commerciale nei Paesi africani, iniziative che così possono riassumersi:

1) Particolare azione delle principali Camere di Com- mercio per l'istituzione di appositi organismi consortili di esportatori (medie e piccole industrie) per l'istituzione di uffici di ricerca e di vendita nei Paesi africani.

Occorre infatti un maggiore spirito associativo: le pic- cole e medie aziende, per poter esportare in modo effi- ciente, dovrebbero associarsi per svolgere un'adeguata ope- ra di penetrazione sui mercati esteri, opera che ogni sin- golo operatore non potrebbe compiere isolatamente; questo spirito associativo è consigliabile sempre, ma è assoluta- mente necessario nei Paesi africani battuti da una forte concorrenza.

Associarsi se occorre anche con elementi locali; anzi bisognerà orientarsi verso società miste data la tendenza che hanno alcuni Paesi ad ostacolare la creazione di im- prese esclusivamente straniere. Molte volte l'impostazione psicologica esatta è quella che determina il successo delle imprese.

2) Enorme importanza per la conquista dei mercati di tutti i Paesi sottosviluppati, che comprendono i 3/4 della superficie terrestre, ha poi /'assistenza tecnica. E' un settore questo al quale purtroppo spesso non si dedica la cura necessaria.

Si spedisce una macchina e una volta impiantata il tec- nico torna in patria, e l'acquirente non si sente più assi- stito e consigliato, ed è naturale quindi che preferisca macchine di Paesi o ditte iche offrono anche un'assistenza permanente. E quando si parla di assistenza tecnica, non si pensi al grande tecnico, all'ingegnere; a volte si tratta soltanto di un operaio specializzato, e altre volte si tratta dell'istruzione tecnica da dare agli utilizzatori locali; il giorno in cui avranno imparato ad usare e costruirsi la mac- china con materiali e insegnanti italiani, essi saranno i veri e migliori propagandisti del nostro prodotto.

Quindi istituzione di Borse di Studio per tecnici africani (permanenza presso industrie italiane).

3) Partecipazioni a gare. In questi ultimi tempi nei Paesi afrwani grandi lavori pubblici sono in corso o pro- grammati; e qui si inserisce il problema degli appalti che appare estremamente importante e delicato. Si e visto infatti dall'esperienza che quando i bandi di concorso vengono pubblicati spesso la posizione dei nostri operatori è già pregiudicata da un'azione preliminare svolta dalla concor- renza fino dali' enuclearsi dell'idea di un lavoro. Quindi necessità di essere sul posto con personale specializzato e appositi uffici prima della pubblicazione della gara.

4) Pubblicazione del « Compendio economico italiano » in lingua araba da distribuirsi negli stati arabi, in maniera che possano essere forniti agli operatori arabi elementi pre- cisi riguardanti la struttura economica del nostro Paese.

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96 _______ AFRICA

Si tratta di una pubblicazione che da un'idea precisa delle caratteristiche strutturali e dell'evoluzione economica del nostro Paese: colture agricole e condizioni dell'agricoltu- ra, produzioni industriali e artigiane, canali e costi di di- stribuzione, trasporti, consumi, redditi, investimenti, rispar- mio, ecc. Il Compendio, pubblicato anche in inglese e fran- cese, vuole essere una guida economica per gli stranieri e sempre e confrontata Vitalia con quei Paesi di cui meglio si conoscono i dati.

Siamo particolarmente lieti che la data di pubblica- zione coincida con quella del Convegno con i Paesi afri- cani dei quali gran parte sono di lingua araba. Il volume è in corso di distribuzione oltre che alle rappresentanze diplomatiche dei Paesi interessati, anche alle loro Camere di Commercio, Università, Istituti, Enti, ecc.

Nello stesso tempo è stata vivamente auspicata V istitu- zione di cattedre di lingua italiana nelle principali città africane (controlli in questo senso sono in corso col Mini- stero degli Esteri e della Pubblica Istruzione. Parallela- mente alcune delle principali Camere di Commercio han- no allo studio l'istituzione di corsi di lingua araba per ope- ratori commerciali.

5) Promuovere missioni di operatori economici nei Paesi africani. Missioni miste composte da industriali, com- mercianti ed importatori.

6) Partecipazioni alle manifestazioni fieristiche già esi- stenti, e organizzazione di apposite manifestazioni italiane specializzate così, ad esempio, come quella che tanto suc- cesso ha ottenuto recentemente nel Venezuela e nel Messico,

Do«. M. MONTANUCCI

Studio dell'ambiente economico africano e considerazioni relative

La profonda conoscenza che Vitalia ha dei territori del- l'Africa sui quali il suo dominio si è esteso per lungo tempo, e i programmi di valorizzazione da essa costantemente posti alla base dell'azione che doveva immetterla nel loro pos- sesso, giustificano il ripetersi di manifestazioni che, come il Convegno indetto dall'Istituto Italiano per l'Africa, in occasione della XXI Fiera del Levante, contemplano una collaborazione del nostro Paese con quel Continente, le cui possibilità economiche sono vaste e molteplici, e il risultato di eventuali iniziative prevedibilmente positivo per noi.

In realtà l'Italia ha dato all'Africa, e indirettamente all'umanità che di essa si e servita, assai più di quanto le sue fatiche e i capitali impiegati non le abbiano procuralo: e non è il caso di diffonderci ulteriormente su di un'affer- mazione che la storia è là per convalidare in pieno.

Ne dobbiamo, con questa premessa, limitare il ricordo delle nostre benemerenze alla Libia, Somalia, Eritrea, e perche no* anche all'Etiopia: se ciò che abbiamo fatto sotto il profilo economico e sociale per le popolazioni di tali Paesi, costituisce una documentazione ufficiale e vistosa dell'intelligenza e del lavoro italiano colà profusi, dimostra- zioni analoghe si trovano disseminate in tutta l'Africa dove i nostri connazionali sono riusciti a introdursi, lasciando ovunque tracce perenni del loro passaggio.

Ciò che oggi si vuole richiamare all'attenzione degli italiani è l'assoluta necessità .di non rimanere indietro nell'opera di penetrazione che le varie nazioni, specialmen- te europee, stanno conducendo in maniera sempre più ser- rata. E' indispensabile che anche noi predisponiamo orga- nici piani di studio e di osservazione dei vari paesi afri- cani, onde segnalare agli operatori metropolitani le immense risorse di una fra le più ricche parti del Mondo, per giunta assai vicina a casa nostra.

Soffermiamoci brevemente sulla organizzazione di questi piani, perche essa costituisce il punto fondamentale sul quale dobbiamo intenderci con chiarezza.

Il problema che i nostri settori produttivi e commerciali sono chiamati a risolvere, non deve partire da presupposti e mirare a finalità di natura transitoria: non si tratta, cioè, di cercare momentanei sbocchi a quella tale industria, tro- vare contropartite per concludere, un determinato affare, mettere a posto un certo numero di lavoratori. Il problema deve tendere a obiettivi di carattere stabile, in modo che

Vimpianto di aziende, lo sfruttamento di concessioni, l'or- ganizzazione di scambi commerciali, nascano con visione di continuità e si inseriscano nelle economie locali come strumenti definitivi di progresso e di evoluzione per esse.

Tutto ciò, però, non si improvvisa, ma deriva dall'azione combinata e simultanea, orientata verso unica direttrice di marcia, del governo, delle organizzazioni economiche e di enti di studio e di propulsione, fra cui in posizione di pre- valenza proprio l'Istituto Italiano per l'Africa.

Il primo concreto apporto - quello che avrà funzione di pattuglia di punta - dev'essere dato dai nostri addetti commerciali: essi, tuttavia, anziché limitarsi a riempire mo- duli o trasmettere relazioni periodiche, previsti da norme burocratiche, vuole di contenuto pratico, bisogna che ana- lizzino a fondo, e con grande senso di responsabilità, la struttura economica dei territori di loro competenza, e sappiano riassumere in un quadro efficace le reali condi- zioni di questa. In tal modo potranno dire quali prodotti mancano e quali abbondano; da dove vengono le merci e a che prezzo sono fornite; quali sono le imprese esistenti e come attrezzate; illustrare le esigenze delle popolazioni, le loro abitudini e se, al caso, è possibile far nascere, gra- dualmente nei nativi, nuovi bisogni e quindi altri sviluppi della nostra attività. In tal modo, industria, commercio, agricoltura, avranno una seria fonte a cui attingere per op- portuni indirizzi; e i dirigenti le rispettive categorie, do- vrebbero, dal canto loro, preparare delle missioni incari- cate dì girare tutta l'Africa; missioni di esperti, di espo- nenti di società e di gruppi, che veramente vogliano at- tuare qualche cosa di costruttivo in quel Continente, e non formate da incompetenti in cerca dei soliti viaggi di pia- cere gratuiti.

L'ente di collegamento fra addetti commerciali e orga- nizzazioni economiche nazionali sarebbe l'Istituto Italiano per l'Africa, il quale dovrà, una volta per tutte, essere dotato di mezzi finanziari idonei, e non ulteriormente sof- focato nei limiti di un bilancio veramente angusto: una espansione in Africa va concepita con grandiosità di mezzi, e la fase preparatoria, ancorché costosa, non deve dibattersi nelle strettoie di una mal concepita taccagneria.

Non meno importante è il problema del finanziamento delle iniziative che, all'atto pratico, verranno attuate. Il finanziamento, interessante gli impianti, qualunque sia il settore di questi, può avvenire o mediante l'invio di mac- chinari e di attrezzature dall'Italia, o attraverso il loro ac- quisto all'estero. In entrambi i casi ciò riguarda le banche italiane, in quanto la cosa rientra nella normalità dell'ap- poggio che si vuoi concedere alla clientela nazionale, pron- ta a recarsi in Africa, sia pure con dimensioni allargate e con carattere di eccezionaiità.

Vi è poi la necessità del circolante in loco e a questa possono ancora provvedere gli istituti di credito italiani, garantendo i fidi che le banche stabilite in Africa conce- deranno alle nostre imprese ivi trasferitesi.

E' ovvio che questa seconda specie di finanziamenti non potrà realizzarsi inizialmente senza che le competenti au- torità valutarie italiane abbiano concesso le divise estere occorrenti a fronteggiare i crediti accordati dalle banche locali. E diciamo inizialmente, perche verrà pure il mo- mento in cui tali imprese, producendo e vendendo, saranno in grado di rimborsare o ridurre notevolmente i fidi otte- nuti, e quindi minimizzare, se non addirittura rovesciare, Vaspetto valutario del problema.

Con quanto precede, si è voluto semplicemente abboz- zare ed enunciare un programma di azione, i cui sviluppi vanno ulteriormente approfonditi, anche per ciò che si ri- ferisce ai protocolli da stipulare fra il governo Italiano e quelli che in Africa reggono le sorti dei vari paesi, al fine di assicurare ai nostri tecnici e al nostro lavoro, la indi- spensabile e legittima tranquillità, e ai capitali libera fa- coltà di rimpatrio, in una con gli utili di gestione.

Ma le linee verso cui dovremo avviare una nostra po- litica di africanismo economico, non possono gran che di- staccarsi da quelle qui tracciate: e se veramente non voglia- mo giungere buoni ultimi, e assistere allo spettacolo che altri innesti la propri aattività su fondamenta spesso da noi gettate - • che, per quanto un po' rovinate dal tempo, sono sempre delle buone e solide fondamenta - dobbiamo agire con tutta rapidità, certi che la nostra esperienza specifica ci farà ancora ottenere in Africa il posto che ci spetta.

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AFRICA 97

B. RUSSI

Contributo dell'artigianato italiano al progresso economico dell'Africa

Uartigianato istintivo e, in alcuni casi, primordiale del- le popolazioni africane, come per alcune zone arretrate dello stesso continente europeo, costituisce dal tempo dei tempi, Vunico mezzo di espressione di sensibilità e di in- telligenza con cui Vuomo riesce a comunicare la sua emo- zione interiore e il suo stesso pensiero. Parlare dell'arti- gianato africano significa parlare degli africani e, símil- mente, parlare di quello europeo o asiatico vuoi dire parlare degli europei e degli asiatici, giacche Vartigianato è nato con Vuomo.

Non è certo una rivelazione questa, tanto la storia uma- na si identifica in quella del suo lavoro e quindi dei suoi attrezzi, nelle sue attività usuali e ricercate, sino ad assu- mere forma e valore artistico.

Indubbiamente esiste una relazione tra le ingenue scul- ture lapponi e quelle di alcune sconosciutissime plaghe dell'Africa equatoriale; quante statuine di amuleti del Ka- tanga - . per esempio - non si direbbero sortite dalle mani di un artigiano etrusco della terra Falisca? Alcuni cestini di giunco istoriato del Ruanda potrebbero confon- dersi tra quelli che rartigianato rurale sardo produce da millenni; una coppa cef olomorfa di Ba-Kuba starebbe be- nissimo in una vetrina di vasi e di bucheri raccolti nella necropoli marittima di Egnathia, nel comprensorio di F asano di Puglia. E non parliamo delle testimonianze liti- che, del periodo preistorico, quando Vuomo attingeva al- Vunica riserva che gli appariva utilizzabile per le sue assai modeste necessità di vita.

Tutti gli strumenti di pietra lavica del mondo si rasso- migliano!

Uartigianato aborigeno scaturisce quindi, dalle stessè fonti e per vie diverse, sotto tutte le latitudini, accompa- gna Vuomo nelle sue vicende quasi a simboleggiare il vin- colo tangibile di quella fraternità e di quella comprensione che la macchina - purtroppo - • tenta di soverchiare e di distruggere.

Poesia!... commenteranno i vessilliferi dell9 automazione, ma si può tranquillamente osservare che Vartigianato è l'ultima riserva poetica di cui Vuomo dispone in questa sua febbricitante corsa alla supremazia terrestre e spaziale e come una vecchia bandiera lacera e gloriosa sventola sui mercati euro-africani dove la gente semplice soddisfa la sua sete di verde e di quiete.

A parte ogni esaltazione retorica, è certo che la vista delle auree filigrane, i metalli ageminati, i monili, gli intarsi, le sculture bronzee, gli avori e le infinite preziosità tramandateci dalVantica terra dei Faraoni ci avvince miste- riosamente ancora oggi e ci fa meditare sull'opera di infi- nite schiere di artigiani mobilitati per la gioia degli occhi.

E i bazars del Cairo, i famosi antichi bazar di El-Muschi dove affluiscono i rami martellati, gli argentei piatti sbal- zati delVartigianato arabo non contaminato dalla macchina, rappresentano una delle attrattive più interessanti del tu- rismo e un fatto positivo per la stessa economia egiziana. Quando il cammelliere libico avrà rinunziato al suo bar- racano arabescato e dalla casa dei ricchi mercanti tripo- lini sarà sparito V ultimo tappeto di lana lavorato a mano, quando V ultimo telaio di Djerba o di Gabes avrà cessalo i suoi battiti sui teli da bisaccia per i pastori dello Sciott el-Gerid, quando i cavalieri di Fédhala avranno abbando- nato i lunghi fucili dalle impugnature d'argento cesellato e le rilucenti selle di cuoio marocchino lavorato a Rabat nella vecchia Fès, qualcosa di realmente bello si sarà per- duto nella storia di quei popoli e nel mondo. Si può esser certi che tuttora i moderni cresi della giovane eppur fio- rente industria africana, appena scesi dal potente quadri- motore di linea che li ha ricondotti in patria con un sol balzo dalla torre Eiffel e dal Colosseo alle sontuose ville di Casablanca, non si sentiranno perfettamente tranquilli se non circondati dai tradizionali prodotti delVartigianato lo- cale che dai tappeti, al sopramobile, dai lampadari ai tavoli lustri di madreperla istoriata, dalle esili anfore bulinate ai cuscini in cuoio sbalzato, dai marmi smerlettati a traforo alle delicate ceramiche multicolori, gli parleranno il lin- guaggio degli avi e 9. sussurrandogli nenie dolcissime, lo fan- no sognare.

Con questo mondo ancora vibrante di sensazioni ance- strali, il vecchio e glorioso artigianato italiano è da tempo in collegamento e per infinite vie è riuscito a penetrare i più reconditi recessi del vasto continente africano, quasi a cercarvi un rifugio sicuro più che un vasto campo d'azio" ne. Così il glorioso artigianato italiano è giunto in Africa con V inimitabile bagtfglio della sua esperienza tecnica, della sua capacità, della sua tenacia e compreso della sua missione di civiltà ha fraternizzato ben presto con i nativi, sino a conquistarli con la sua operosità e con la sua sor- ridente socievolezza. Una vera conquista compiuta senza armi e senza spargimento di sangue - dunque - compiuta in silenzio da questi coraggiosi pionieri del lavoro, al di fuori di ogni compromesso politico. Gli artieri italiani in- sieme agli eroici crociferi delle missioni religiose, sono stati i primi a fondare i piloni di quel ponte ideale, tra V Europa e V Africa di cui oggi tanto si parla. Ideale per modo di dire, perche è su di esso che il traffico, il com- mercio, le industrie e le infinite iniziative, si sono incam- minate da tutti i paesi del mondo che non sempre si limi- tano al campo del lavoro.

Si può dire che dal Capo Bon a quello di Buona Spe- ranza, V Africa tutta ha conosciuto il calmo sorriso di fidu- cia di questi nostri artigiani che si sono inseriti nella vita dei piccoli centri e dei grossi agglomerati urbanisti africani, sino a dominarli con la loro personalità. I nostri maestri giunti alla chetichella nei villaggi sperduti dell'interno sono stati spinti alla ribalta della notorietà per un raggio di molte miglia tutt'intorno e tutta la zona si è avvantag- giata della loro presenza; meccanici, muratori, falegnami, fabbri, sarti, decoratori, orafi, scalpellini, mobilieri, na- valestri e le loro relazioni con Vartigianato locale sono divenute subito affettuose, fraterne. La loro distribuzione sull'immenso territorio e la loro lunga permanenza ne è prova sicura e convincente. Non v'e città africana dove la impronta dei nostri artieri non ha lasciato tracce indelebili a cominciare da Alessandria d'Egitto, da Tripoli, da Tan- ger i , da Tunisi, da Massaua, da Mogadiscio e dalle grandi e moderne città dell'Unione Sud-africana, doue il prestigio italiano, per merito appunto di tanti nostri artieri colà residenti, si è sempre mantenuto a un altissimo livello, no- nostante gli avvenimenti bellici passati e recenti.

Anche la Liberia, la Rhodesia, il Congo, il Kenia e - naturalmente - tutta V Abissínia, la Somalia e i territori da noi amministrati si sono avvantaggiati dell'influenza bene- fica dei nostri artigiani, cui - a volte - non sono state risparmiate inutili amarezze e umiliazioni.

In che consistono questi vantaggi? Ad analizzarli ci sarebbe da riempire volumi e volumi

di osservazioni che a molti possono anche essere sfuggite. Le piccole botteghe si sono spesso trasformate in vere e proprie scuole dove l'apprendistato indigeno ha ricevuto le prime preziose lezioni pratiche di mestiere, il primo avvia- mento. I nostri sarti hanno famigliarizzato coi sarti suäa- mesi e i nostri muratori non hanno perduto tempo, intorno ad elucubrazioni sindacali più o meno demagogiche: hanno lavorato sodo, indipendentemente o incorporati nelle gros- se imprese industriali, senza perdere nulla della propria individualità e ricominciando tranquillamente a lavorare, anche quando le condizioni del clima e le serie difficoltà di vita locali non consentivano lunghi e comodi soggiorni; accanto a loro gli aiutanti indigeni che poi si sono affran- cati, padroni ormai del mestiere. Vita eroica, dunque, e risparmi sudatissimi per le famiglie che erano rimaste in Italia in ansiosa attesa di notizie. Somme cospicue sono così affluite in patria e il peso della lontananza si e alleviato notevolmente. Inoltre dai nuclei artigiani italiani sono par- tipe le prime scintille di istituzioni benefiche, di assistenza sociale e spirituale, previdenziali, culturali, sportive, ri- creative. Alessandria e gli altri eentri dell'Egitto ne forni- scono esempi lampanti in materia, storicamente inconfuta- bili. E così in Tunisia, a Tangeri, nel Sud Africa, nel Con- go, dove gli artigiani costituiscono il nucleo più impor- tante della nostra collettività colà residente.

Ci vorrebbero delle cifre, si sa, ma a questo riguardo le statistiche sono incerte, se non presentano addirittura la- cune incolmabili. Le ricerche in tal senso non approdereb- bero che ad un risultato comparativo assai discutibile, dato che molte rimesse figurano nel calderone comune delle masse di lavoratori non qualificati ingaggiate dalle grosse ditte industriali (manuali, terrazzieri, ecc).

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98 AFRICA

Lasciamo andare il passato. Guardiamo un po' all'avvenire che si spalanca lumino-

samente e con maggiore vastità di orizzonti, nell'attuale quadro di propugnata collaborazione dei popoli euro-afri- capii.

Quanti sono attualmente gli artigiani italiani in Africa? Dove sono? L'inchiesta è difficile, bisogna confessarlo. Tuttavia gli organi ufficiali forniscono dati di una certa attendibilità che possono aiutare in un primo orientamento.

Sul complesso di 84.935 unità italiane dimoranti nella Repubblica Tunisina circa il 30 % è costituita di artigiani che danno vita ad una intensa attività interrotta dalla guerra, ma che già da segni manifesti di ripresa, specialmente col consolidamento della nuova situazione politica.

In Egitto - ' malgrado i turbamenti derivati dall'ultimo conflitto mondiale e dal successivo periodo di ribollimento • - - su un complesso di quasi 20.000 italiani, il 24 % sono artigiani che operano da tempo e proficuamente, specialmen- te ad Alessandria. Anche al Cairo e nello alto Egitto le scuole francescane costituiscono centri di addestramento artigiano come a Luxor, ad Assuan, Kosseir, ecc.

Nel Marocco (ex francese), dove vivono ben 13.277 ita- liani oltre il 45 % e costituito da ottimi artigiani che svol- gono la loro attività a Rabat, dove ne risiedono oltre 1.200, tra i 3000 italiani di quella città; gli altri sono disseminali a Sale, a Temara, Khemisset, Fez, Meknes, Souk el Arba, Oujda, Taza, Port Lyautey, Sidi Sliman, ecc.

Nel Marocco {ex spagnolo) dove non vivono che 120 unità, se si esclude una fabbrica di mosaici ed altre modeste attività non esiste un forte contingente artigiano.

Nella zona internazionale di Tangeri, dove sino al 1952 vivevano 2.200 unità italiane si è avuto una forte riduzione di elementi tra cui figurano 150 artigiani in gran parte del settore edilizio, a causa della recente crisi.

I connazionali rimasti in Eritrea e nell'Etiopia assom- mano a circa 21.000 unità di cui 4.000 dimorano in Etiopia; gli artigiani che figurano nella misura del 20 % sono natu- ralmente al primo posto nella considerazione locale.

In Libia gli italiani ridotti dopo l'ultimo conflitto a un complesso di quasi 42.000 unit à, di cui una buona parte meccanici, artigiani agricoli, vivono anche nei diversi com- prensor i .

A Dakar ci sono 586 italiani, sparsi un po' dappertutto: 315 nel Senegal, 120 nella Guinea francese, 90 nella Costa d'Avorio e il resto negli altri territori limitrofi. Gli artigiani che superano di poco il centinaio si dedicano quasi, tutti alla meccanica.

Nel Tanganika, i 1400 italiani sono quasi tutti dediti all'attività agricola e al commercio, gli artigiani sono in jnodesto numero.

Anche il migliaio di italiani delle due Rhodesie non comprende che una esigua aliquota di artigiani.

L'Uganda accoglie 500 italiani di cui il 20 % di dedica alVartigianato, il resto è occupato nella Diga idroelettrica di Jinja.

I 40 connazionali del Nyassaland vivono quasi tutti dei la- vori dell'Impresa Conforzi e si occupano anche di artigia- nato.

I connazionali che lavorano in Liberia non superano le 80 unità occupati nelle aziende italiane e liberiane e godo- no di grande simpatia.

Un grosso complesso di connazionali vive nel Congo Belga e Ruanda Urundi: sono 780 unità disseminate nelle 7 provinde del territorio; il gruppo più numeroso è quello del Katanga, seguito da Leopoldvìlle e dal Kivu; buona par- te esercita l'artigianato.

Nell'Unione Sud-Africana vivono 6.500 connazionali, quasi tutti provenienti dagli ex campi di concentramento di guerra del Sud Africa e del Kenia. La massa degli artigiani italiani è rilevante; si occupano di edilizia, di abbigliamento, arredamento, decorazione. Il più grosso nucleo e quello di Johannesburg dove vivono complessivamente ben 4.500 ita- liani, segue Pretoria, Durban, Orange Free State.

II declino definitivo del colonialismo nel mondo e il rapido succedere di quella sospirata indipendenza in vaste regioni africane, ha accentuato l'interesse presso i giovani Stati del Continente Nero per le manifestazioni di avvici- namento create con l'intento di affermare sempre più e stringere i rapporti di collaborazione tra i popoli euro-afri- cani; collaborazione che gli artigiani avevano istintivamen- te intravista e attuata. Fiere, Mostre, Congressi e Convegni

vari promossi e organizzati in questo clima di comprensione, acquistano di giorno in giorno d'importanza, appunto per il continuo crescente intervento dell9artigianato africano nelle diverse manifestazioni. Va data lode incondizionata all'Istituto Italiano per l'Africa, al suo illustre Presidente, ai dirigenti e collaboratori tutti che con tanta passione as- solvono questo compito con l'intento dì contribuire effica- cemente ali' attuazione di un sempre più vasto programma di conoscenza e di divulgazione africanista in Italia e al- l'Estero. Gli sviluppi derivanti da questi incontri sono sempre più evidenti e concreti; i contatti diretti, le visite nei settori della produzione industriale e artigiana aprono nuove vedute alle iniziative e additano le vie per il rag- giungimento di un comune benessere.

Sarebbe assai utile per esempio che gli artigiani bene- ficiassero maggiormente di queste iniziative mediante lo aiuto degli organi tecnici e i governi dei paesi interessati; Popera intrapresa dall'Istituto Italiano per l'Africa va so- stenuta ed affiancata da quella di altri Enti particolarmente attrezzati, la cui funzione integrante con quella dell'Isti- tuto potrebbe tradursi in benefici immediati per tutte le categorie artigiane dell'Italia e dell'Africa, oltre che per quelle industriali. Benefici economici, culturali e politici di cui è lecita e giustificata l'aspettativa.

Mentre in Italia il credito artigiano va ritrovando la sua strada per un valido potenziamento da parte di apposite Istituzioni e facilitazioni offerte ai singoli e alle comunità di mestiere, in Africa mancano o dilettano organizzazioni similari. Si obietta che l'artigianato africano è in decadenza per la rapida industrializzazione del paese: d'accordo. Ma bisogna convenire che sarebbe errore madornale brutaliz- zare questo trapasso, sino a disperdere lo stesso spirito che ancora anima tradizioni e costumi dei popoli. Giorni fa su un quotidiano di Roma suggerivamo la necessità di affian- camenti e di queste intese che potrebbero dar vita a nuove correnti di simpatia e di scambi tra i due continenti. Gli artieri italiani in Africa hanno per tanto tempo descritto e decantato le ineguagliabili bellezze racchiuse nella culla dell'artigianato mondiale, ma quanti sono gli artigiani africani privilegiati che possono concedersi un viaggio in Italia e quanti loro confratelli italiani possono spingersi nelle lontane plaghe del Continente Nero. Pochissimi in rapporto ai commercianti e agli industriali.

La nostra indicazione si riferiva alla Presidenza Nazio- nale dell'ENAL che potrebbe essere chiamata in causa per allegerire il peso di una organizzazione spettacolare - • per esempio - delle masse folcloristiche africane d'accordo - • ripetiamo - ■ con l'Istituto dell'Africa. E allo stesso modo i nostri complessi dopolavoristici potrebbero essere avviati su quelle stesse strade che i nostri navigatori e esploratori già percorsero nelle epoche passate, seguiti dall'attonita ammirazione delle genti.

Anche VIRA lavora per questo scopo. Siamo certi che molte difficoltà di ordine pratico potrebbero, se non eli- minarsi del tutto ma essere ridotte sensibilmente; i diversi settori del turismo ne avrebbero - intanto - ■ indubbia utilità. Ma, ed è quello che conta di più, sarebbero proprio i rapporti umani ad avvantaggiarsi appunto su quel piano di reciproca comprensione di cui i popoli abbisognano per cementare i vincoli di solidarietà che le guerre hanno in- taccati o spezzati.

Analoghe intese potrebbero intervenire con le Com- pagnie di Navigazione e con la Confederazione Nazionale delVArtigianato per tutti gli interventi di competenza in modo da contenere e utilizzare tali convegni nell'ambito e in armonia con le previste manifestazioni artigiane.

Tali proposte potrebbero meritare un'attenta conside- razione o essere scartate per la loro inattuabilità, ma se uno spiraglio di possibilità esistesse, non sarebbe male pren- derlo in esame, come gli artigiani stessi certamente si au- gurano mentre levigano una maschera propiziatrice o un amuleto destinato alla divinizzazione.

In fondo il sentimento al quale s'ispira un artiere ita- liano durante la fusione di una campana è identico a quello che anima l'artigiano Batwa intento a scolpire un tamburo sacro destinato a " Imana" che " non fa mancare nulla a chi gli chiede qualche cosa " come dice il pro- verbio ruanda-urundi.

Tutti e due, infatti, lavorano per far giungere la loro preghiera a Dio,

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