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220Attias A. 6 calcolo della pensione avviene attraverso il metodo contributivo e non più...

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Questo volume raccoglie alcuni lavori scientifici presentati nel corso del XIII Convegno di “Teoria del Rischio”, tenutosi a Campobasso il 27 giugno 2006. Il Comitato Organizzatore E. BADOLATI (presidente) A. CAMPANA S. CICCONE P. LAVORGNA M. MORICI M. PIETROLUONGO

Il Comitato Scientifico E. BADOLATI (presidente) M. ANGRISANI B. GIROTTO R. OTTAVIANI L. SIGALOTTI E. VOLPE DI PRIGNANO

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ARACNE

Atti del XIII Convegnodi teoria del rischio

A cura diEnnio Badolati

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Copyright © MMVIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–1206–2

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: giugno 2007

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III

Indice 1. Attias Anna

Equilibrio demografico e flessibilità del sistema pensionistico

pag. 5

2. Aversa Monica - Tretola Sonia La teoria del controllo in assicurazione

pag. 38

3. Badolati Ennio L’equazione di Riccati in Teoria del

Rischio

pag. 55

4. Ciccone Sandra La teoria della rovina e il processo

gaussiano inverso generalizzato

pag. 73

5. Clemente Gianpaolo - Parrini Chiara A Risk Analysis in Fire Insurance

pag. 101

6. Di Palo Cinzia Il longevity risk e la valutazione delle

rendite vitalizie

pag. 123

7. Forte Salvatore - Pirra Marco Effetti sulla riassicurazione della

dipendenza tra sinistri con danno a cose e sinistri con danno a persone

pag. 146

8. Lavorgna Pasquale Alcune considerazioni sui dividendi

pag. 162

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IV

9. Morici Marina La severità di rovina nel modello di Sun-

Yong corretto

pag. 183

10. Ravera Marina Expected present values in the presence of

a linear dividend barrier

pag. 204

11. Trudda Alessandro Classificazione dei fondi pensione

attraverso una misura di distanza Garch

pag. 217

Elenco partecipanti pag. 227

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EQUILIBRIO DEMOGRAFICO E FLESSIBILITÀ DEL SISTEMA PENSIONISTICO

Anna Attias [email protected] Università di Roma “La Sapienza” Sommario In un precedente lavoro1 si è presentato un modello demografico,

costola di quello di Lesile, dimostrando, attraverso la teoria di Perron Frobenius, l’esistenza di una distribuzione d’età asintotica.

In quest’articolo si traslano i risultati teorici raggiunti alla popolazione italiana e si verifica l’impatto che l’equilibrio demografico asintotico ha sul nostro sistema pensionistico gestito a ripartizione, alla luce della legge 8 agosto 1995, n° 335. Tutto ciò con lo scopo di individuare un’aliquota contributiva flessibile che, in termini di tasso di sostituzione, in altre parole di adeguatezza delle prestazioni, consenta di fronteggiare il rischio calcolato di una pensione contributiva non adatta al mantenimento del tenore di vita.

Questo lavoro, pur riferendosi specificatamente alla legislazione italiana vigente, non ha una valenza solo nazionale, poiché sono molti i paesi che hanno deciso di passare da un sistema retributivo ad uno contributivo per il calcolo della prestazione pensionistica.

Keywords: equilibrio demografico, ripartizione pura, tasso di

sostituzione, aliquota contributiva flessibile. Introduzione

Nel 1995 a seguito dell’approvazione della Legge 335, detta legge

Dini, nel nostro sistema pensionistico, gestito a ripartizione pura, il

1 cfr. [5]

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calcolo della pensione avviene attraverso il metodo contributivo e non più retributivo, fatte salve le posizioni vigenti che possono, a seconda dei requisiti maturati, essere calcolate in modo retributivo totalmente o parzialmente (pro rata).

Questa nuova filosofia di calcolo della prestazione cambierà profondamente, a regime, la pensione in termini di tasso di sostituzione, in altre parole in relazione all’ultima retribuzione. E’ in questa ottica che abbiamo cercato di esplicitare un’aliquota contributiva flessibile alle esigenze dei lavoratori futuri pensionati.

Nella prima sezione è richiamato il Teorema sull’esistenza di un equilibrio demografico asintotico, dell’articolo sopracitato, adattando la procedura alla popolazione italiana ed alle sue caratteristiche. In quella successiva è descritta la dinamica degli attivi e di tutte le categorie dei pensionati in Italia.

Nell’ultima sezione, sulla base di quanto presentato nelle sezioni precedenti, è calcolata l’aliquota contributiva corrispondente all’equilibrio demografico asintotico che, in un sistema finanziario gestito a ripartizione, con calcolo contributivo della prestazione, come quello italiano, può garantire una rendita pensionistica coerente con la retribuzione, cioè un tasso di sostituzione che elimini o almeno riduca il rischio calcolato di una prestazione che non consente, ai lavoratori divenuti pensionati, di mantenere entro limiti ragionevoli il loro tenore di vita.

Nello studio alcuni dei parametri demografici finanziari ed attuariali si sono ipotizzati costanti.

Non è facile reperire in letteratura contributi che contemperano gli aspetti demografici con quelli finanziario-attuariali, riferiti a problematiche previdenziali, di tipo dinamico.

E’ facile individuare viceversa modelli di tipo esclusivamente demografici come quello di Lesile, di Caswell o di Varga2; quello per coorte o quello di Holt-Winters, generalizzazione dei modelli di spianamento esponenziale; quello di Baldacci e Lungaresi del 19953 con un approccio dinamico, ma nessuno di questi ha trovato

2 cfr. [14], [15], [8], [18], 3 cfr. [6]

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Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

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applicazione diretta in ambito pensionistico per i sistemi gestiti a ripartizione pura.

In ambito nazionale e più strettamente attuariale “Il modello Inps e le prime proiezioni al 2010” di Mario Alberto Coppini del 19894 è un esempio di tavole proiettate che valuta l’aspetto demografico ed attuariale con lo scopo di costruire tavole di sopravvivenza proiettate sia della popolazione generale che per particolari categorie (vedovi, vedove, inabili e invalidi), sia individuando particolari probabilità, come quelle di nuzialità o di lasciare famiglia, per calcolare ammontari di oneri e prestazioni relativamente al regime dei lavoratori dipendenti ed ai tre regimi dei lavoratori autonomi (coltivatori diretti, artigiani, commercianti). Lo scopo è fornire proiezioni per 20/25 anni dei quattro regimi indicati e consentire il periodico aggiornamento di tali proiezioni, in base ai dati statistici che via via si acquisiscono.

Una precedente indagine demografico-attuariale in Italia è del 1937 a cura del Servizio Statistico Attuariale dell’Inps per la gestione dei lavoratori dipendenti.

Ci sono poi il modello di Franco e Morcaldo del 19865 che fa uso esclusivamente dei dati della popolazione generale; il modello Alvaro-Pedullà-Ricci del 19876 che si basa sulla consistenza degli iscritti risultanti dai dati Inps, senza considerare anzianità di servizio e salari; un lavoro di Caselli, Peracchi e Lipsi del 20037 che si occupa di problematiche di connessione tra pensioni pubbliche e aspetti demografici riferiti soprattutto alla mortalità. In ogni caso tutti questi non giungono a nessuna formalizzazione matematica di un modello dinamico né ad alcuna considerazione di carattere generale sulla relazione tra aspetto demografico e tecnico attuariale e finanziario.

Nella letteratura internazionale c’è un lavoro di Maurin et altri del 20018 che segue però una logica completamente diversa, cioè quella della viabilità; un lavoro di Franco sempre del 20019 riferito a sistemi pensionistici gestiti a ripartizione pura; un articolo di Angrisani e

4 cfr.[10] 5 cfr. [12] 6 cfr. [1] 7 cfr. [7] 8 cfr. [16] 9 cfr. [11]

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Attias del 200410 che dimostra un teorema di rappresentazione per un metodo, detto a traiettorie individuali esatte, di gestione di un fondo pensione, con la caratteristica originale di essere impostato su base assiomatica; due lavori di Angrisani del 200211 e del 200612 che ipotizzano modalità di gestione di un fondo pensione del tipo IVS (invalidità, vecchiaia e superstiti), rispettivamente a ripartizione pura il primo e a capitalizzazione parziale il secondo, con la creazione per questo di una riserva differenziale.

Il contributo del presente lavoro è quello di aver formulato un

modello dinamico per la componente attuariale partendo dal modello dinamico per la componente demografica.

L’apporto metodologico iniziale è fornito dal teorema sull’equilibrio demografico asintoticamente raggiunto, dell’articolo sopramenzionato, che ha come conseguenza l’individuazione di un’aliquota contributiva flessibile che consente di garantire un tasso di sostituzione flessibile, cioè “adeguato” alle aspettative dei futuri pensionati.

1. Esistenza di un equilibrio demografico asintotico

Il teorema dell’equilibrio demografico asintotico, la cui

dimostrazione utilizza la teoria spettrale delle matrici nonnegative, e che consente di individuare l’esistenza di una distribuzione asintotica della popolazione per classi d’età, è il presupposto per lo studio di un sistema pensionistico gestito con la logica del sistema finanziario della ripartizione pura e con calcolo contributivo della prestazione.

Partendo dal modello classico di Lesile si considera la popolazione

suddivisa in N gruppi di età, essendo N∈N ed essendo )t(x i il numero di individui di età compresa nell’intervallo [ )1i ,i + , con

10 cfr. [4] 11 cfr. [2] 12 cfr. [3]

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Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

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1N ..., 1, ,0i −= . Il tasso medio di natalità è 0i ≥α e la probabilità di sopravvivenza tra le classi di età i e i+1 è 10 i <ω< . Il vettore di stato della popolazione è dato da:

[ ]T1N10 )t(x..., ),t(x ),t(x)t(x −= .

La matrice di Leslie è la seguente

ω

ωω

αααα

=

−−

000.......00000...0

...

L

2N

1

0

1N2N10

.

)t(x L)1t(x =+ )... 2, 1, ,0t( = è la dinamica della popolazione descritta da Lesile già nel 194513. Adattiamo questo modello dinamico alla popolazione italiana, considerando di prendere a riferimento i dati dell’Istituto Italiano di Statistica ISTAT.

Consideriamo quindi che 109 ..., 1, ,0i = , anche se si prevede che i prossimi dati Istat avranno come limite superiore non più 110 ma 116, e che )t(x F e )(tx M , i vettori di stato della popolazione femmine e maschi, siano di dimensione 110. Per la popolazione femminile vanno considerati i parametri tasso di fertilità per mille if e

tasso di mortalità Fiq .

La relazione tra il tasso di natalità e quello di fertilità è:1000

f ii =α .

La quota di femmine alla nascita rispetto alla popolazione totale in un fissato anno t è pari a:

)t(x)t(x

)t(x)t(x)t(x

0

F0

M0

F0

F0 =+

=ϕ .

13 cfr. [14], [15]

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10

Il tasso di natalità ϕ=α1000

f iFi , considerando le donne

riproduttive tra i 15 e i 50 anni, ha 50 ..., ,15i = ed è pari a 0 per i gruppi di età fuori da questa fascia, mentre il tasso di sopravvivenza delle femmine è F

iFi q1−=ω ( 109 ..., 1, ,0i = ).

La 110110× matrice di Lesile, riferita alla popolazione femminile, è:

ω

ωω

αα

=

0000...0...00................00...00...0...000...00...0...000...0......00

L

F108

F1

F0

50F

15F

F .

La dinamica della sottopopolazione femminile, con la logica di Lesile, è:

)t(xL)1t(x FFF =+ )... 2, 1, ,0t( = .

La 110110 × matrice di Leslie per la sottopopolazione maschile è:

ω

ωω

=

0000...0...00................00...00...0...000...00...0...000...00...0...00

L

M108

M1

M0

M .

Considerando il vettore base di dimensione 110, [ ]T1 0 ..., 0, ,1e = , la dinamica della sottopopolazione maschile in forma vettoriale è

)t(xLe)1()t(xL)1t(x FF1

MMM oϕϕ−

+=+ , dove o indica il prodotto

di Hadamard.

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Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

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Per l’intera popolazione, considerando il vettore di stato

= M

F

xx

x ,

abbiamo la seguente dinamica:

)t(x)1t(x Λ=+ )... 2, 1, ,0t( = ,

dove la matrice blocco Λ 220 220× è definita nel seguente modo:

=ΛM1

F

L00d0L

In Λ d e M1L indicano rispettivamente la riga a 109 dimensioni del

vettore [ ]0...0)1(...)1(0...0d 5015 αϕ−αϕ−= e la matrice 109× 110

ω

ωω

=

0...00.....................00...000...0

L

M108

M1

M0

M1 .

La matrice riferita all’intera popolazione non soddisfatta le condizioni della teoria di Perron Frobenius delle matrici nonnegative, primitive ed irriducibili. Tali condizioni sono invece soddisfatte dalla sottomatrice corrispondente alla sottopopolazione delle femmine per la quale si dimostra quindi l’esistenza di un equilibrio demografico asintotico. Si verifica poi che è possibile estendere tale risultato all’intera popolazione dimostrando il seguente teorema:

Teorema 1: esiste un equilibrio demografico, cioè uno stato 0x

della popolazione tale che 0x è un autovettore nonnegativo della matrice Λ con autovalore associato 0λ positivo. Per questo la

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distribuzione d’età nella popolazione, a lungo andare, tende ad uno stato di equilibrio nel senso che per ogni stato iniziale )0(x esiste un numero 0>s tale che

0t0

tsx)t(xlim =

λ∞→.

Sulla base di tale risultato si è costruita prima la dinamica della popolazione italiana al 2050 per confrontarla con quella Istat e si sono poi estesi i risultati per verificarne graficamente la stabilità nel lungo periodo, ottenendo le seguenti rappresentazioni:

Grafico 1: confronto della dinamica della popolazione con le previsioni

ISTAT al 2050.

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Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

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Grafico 2: previsioni della dinamica della popolazione a 150 anni –

stabilizzazione

Considerando che14: - l’Istat per stimare la dinamica della popolazione utilizza il

metodo Holt-Winters che, come abbiamo detto, è una generalizzazione del metodo dello spianamento esponenziale;

- dei tre scenari che rispecchiano la linea direttiva e strategica dell’Eurostat, l’Istat utilizza quello centrale con una previsione del miglioramento del livello di sopravvivenza stimato nel 2030 a 81,4 anni per i maschi e a 88,1 anni per le femmine15;

- per la stima della speranza di vita alla nascita l’Istat utilizza il modello di Lee-Carter.

Nel confrontare, come si evidenzia dal grafico 1, la dinamica della

popolazione secondo il modello Istat con quella del presente modello, si riscontra una differenza pari a circa il 2%, con alcune oscillazioni tipiche di queste modellizzazioni. Il grafico 2, che evidenzia il comportamento asintotico, mostra una flessione consistente intorno al

14 cfr. [13], 15 Gli scenari alternative di Eurostat sono uno di scarsa crescita economica con

una aspettativa di vita stimata al 2030 a 78,8 anni per i maschi e a 85,4 anni per le femmine, ed uno di vivace crescita economica che fa “schizzare” questi valori, alla stessa epoca, rispettivamente a 84 e a 90,4 anni.

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Attias A.

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2060 ma, come si può constatare dall’andamento negli anni successivi, si tratta di un fatto contingente e non strutturale.

Alla luce di tutto questo utilizziamo il teorema suddetto per

esplicitare condizioni dinamiche di equilibrio di tipo attuariale, in ambito pensionistico, partendo da condizioni dinamiche di equilibrio di natura demografica. Vogliamo in altre parole sfruttare la consapevolezza, matematicamente dimostrata, sull’andamento nel lungo periodo delle caratteristiche d’evoluzione e stabilità della popolazione per cercare strumenti attuariali che consentano scelte consapevoli rispetto alla futura erogazione pensionistica nel sistema previdenziale italiano gestito a ripartizione e con calcolo contributivo della prestazione.

Come si vedrà inseguito, sarà possibile estendere il ragionamento ad un qualunque sistema a ripartizione di tipo contributivo semplicemente modificando i contingenti di attivi e pensionati in funzione delle legislazioni presenti in ogni paese (età di pensionamento, regole per l’invalidità è l’inabilità, diritti previsti per la pensione indiretta e di reversibilità …..)

2. Struttura della popolazione attiva e pensionata in italia

Consideriamo la popolazione italiana divisa tra attivi e pensionati. )t,h(l F

i è il numero delle donne attive di età i al tempo t , con h anni di anzianità di servizio, con h che va da 1 a H , considerando H il numero massimo di anni di servizio possibile. Ovviamente

0)t,h(l Fi = , se 15hi0 +≤≤ 16 o 109i65 ≤≤ .

Nell’ipotesi di non avere nuove occupate nell’anno t e che nessun occupata perda o lasci il lavoro, si ha la seguente uguaglianza, o meglio la seguente equazione di bilancio delle attive

16 In Italia l’obbligo scolastico è fissato oggi a 15 anni (L. n° 9/1999); tale

obbligo, a seguito della L. n° 53/2003 e del successivo decreto 2004, sarà portato in modo graduale a 18 anni.

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Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

15

)t,h(P)t,h(P)t,h(l)1t,1h(l Fi

nuoinv

Fi

nuodir

Fi

Fi

F1i −−ω=+++ ,

dove )t,h(P Fi

nuodir è, all’anno t, il numero delle nuove pensionate

d’anzianità o vecchiaia, cioè pensionate dirette, di età i , con h anni di servizio e )t,h(P F

inuoinv è il numero delle nuove pensionate

d’invalidità ed inabilità con gli stessi parametri di età e anzianità. Ovviamente i due termini )t,h(P F

inuodir e )t,h(P F

inuoinv sono uguali a

zero per 5h < 17. L’ipotesi è quella di considerare come una sola voce le pensioni

d’anzianità e vecchiaia, valutandole complessivamente e, analogamente, per quelle d’invalidità ed inabilità che si riferiscono alle regole ed ai vincoli previsti per la pensione ordinaria privilegiata d’inabilità. Questo ovviamente con lo scopo di snellire il modello ma anche nella considerazione che per vecchiaia e anzianità si possono “sommare” le regole per i trattamenti, poiché il loro peso complessivo può essere considerato, senza incorrere in grave errore, non lontano dal loro singolo peso effettivo e per l’assegno ordinario e privilegiato di invalidità può essere considerato come un’inabilità ridotta18 e la sola differenza sostanziale è la non reversibilità ai superstiti, della quale per altro non ci occupiamo in questo lavoro.

Indichiamo con )t(Fiτ il tasso di prima occupazione all’epoca t per

le attive d’età i, che risulta essere 0)t(Fi =τ sia se 15i0 ≤≤ che se

109i65 ≤≤ . Il vettore dei tassi di prima occupazione è =τ )t(F ( )t(F

0τ , )t(F1τ , … , )t(F

109τ ). Il vettore della popolazione femmine è, come precedentemente

indicato, )t(xF , quindi il vettore delle nuove occupate all’anno t è: )t()t(x)t(l FFFnuo τ= o .

17 Secondo la legge italiana che prevede almeno 5 anni di servizio per poter

percepire una pensione. 18 La pensione d’inabilità è concessa a chi si trova nell’assoluta e permanente

impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, quella d’invalidità a chi ha una capacità lavorativa ridotta in modo permanente a meno di un terzo.

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Attias A.

16

Se supponiamo che non ci sia possibilità di lasciare o di perdere il lavoro e indichiamo con )t,h(P)t,h(P)t,h(P F

inuoinv

Fi

nuodir

Fi

nuo += otteniamo:

per 1h = Fi

Fi

nuoF1i )t(l)1t,1(l ω=++ ,

e per 1h > )t,h(P)t,h(l)1t,1h(l Fi

nuoFi

Fi

F1i −ω=+++ .

Per la popolazione maschile il ragionamento è assolutamente analogo e dunque la dinamica nei due casi è la seguente:

Mi

Mi

nuoM1i )t(l)1t,1(l ω=++ , per 1h =

)t,h(P)t,h(l)1t,1h(l Mi

nuoMi

Mi

M1i −ω=+++ , per 1h > .

Indichiamo con )t,h(iγ il tasso di pensionamento diretto all’età i con h anni di servizio. Volendo calcolare il numero dei nuovi pensionati per entrambi i sessi, bisogna considerare che, per il sistema pensionistico italiano, per percepire la pensione diretta d’anzianità o vecchiaia deve essere 35h ≥ , e l’età i deve essere tale che

65i57 ≤≤ , dove ovviamente .1)t,h(65 =γ

Si ha dunque rispettivamente: )t,h(l )t,h()t,h(P Fii

Fi

nuodir γ= ,

)t,h(l )t,h()t,h(P Mii

Mi

nuodir γ= .

Il numero totale dei nuovi pensionati diretti è: )t,h(P)t,h(P)t,h(P M

inuodir

Fi

nuodiri

nuodir += .

Se sommiamo rispetto agli anni di servizio, otteniamo il numero dei nuovi pensionati diretti di età i per entrambi i sessi:

∑=

=H

1h

Fi

nuodir

Fi

nuodir )t,h(P)t(P , ∑

=

=H

1h

Mi

nuodir

Mi

nuodir )t,h(P)t(P .

Il corrispondente totale è il seguente:

)t(P)t(P)t(P Mi

nuodir

Fi

nuodiri

nuodir += .

La dinamica ricorrente per i vecchi pensionati diretti di età i nell’anno t , per entrambi i sessi è:

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Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

17

( ) Fi

Fi

nuodir

Fi

vecdir

F1i

vecdir )t(P)t(P)1t(P ω+=++ ,

( ) Mi

Mi

nuodir

Mi

vecdir

M1i

vecdir )t(P)t(P)1t(P ω+=++ .

La corrispondente formula per il totale dei vecchi pensionati diretti è:

)t(P)t(P)t(P Mi

vecdir

Fi

vecdiri

vecdir += .

Il totale dei pensionati diretti di età i all’anno t è dato da:

)t(Pidir = )t(Pinuodir + )t(Pi

vecdir .

Per la componente delle nuove pensionate e dei nuovi pensionati d’invalidità e d’inabilità, essendo F

iψ la probabilità di una attiva

d’invalidarsi o inabilitarsi, Miψ la corrispondente probabilità per i

maschi e considerando che 5 h≤ < 65, si ha rispettivamente: Fi

Fi

Fi

F1i

nuoinv )t,h(l)1t,h(P ψω=++ , M

iMi

Mi

M1i

nuoinv )t,h(l)1t,h(P ψω=++ .

Per l’anno seguente e quindi per la classe d’età 1+i bisogna considerare anche la probabilità media F

iω e Miω di sopravvivenza di

una invalida/o (e inabile) dalla classe di età i alla successiva, ovviamente diversa da quella della popolazione generale. Per tutti e due i sessi si ha dunque:

)]t,h(P)t,h(P[)1t,h(P Fi

Fi

nuoinv

Fi

vecinv

F1i

vecinv ω+=++ ,

)]t,h(P)t,h(P[)1t,h(P Mi

Mi

nuoinv

Mi

vecinv

M1i

vecinv ω+=++

Il corrispondente totale di femmine e maschi, sommando rispetto all’anzianità è

∑=

=H

1h

Fi

nuoinv

Fi

nuoinv )t,h(P)t(P , ∑

=

=H

1h

Mi

nuoinv

Mi

nuoinv )t,h(P)t(P

e, sommando per sessi si ha che,

)t(P)t(P)t(P Mi

nuoinv

Fi

nuoinvi

nuoinv += .

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Attias A.

18

In modo analogo per i vecchi pensionati d’invalidità ed inabilità femmine e maschi sommando rispetto all’anzianità si ottiene rispettivamente:

∑=

=H

1h

Fi

vecinv

Fi

vecinv )t,h(P)t(P , ∑

=

=H

1h

Mi

vecinv

Mi

vecinv )t,h(P)t(P .

Sommando per i sessi la formula è:

)t(P)t(P)t(P Mi

vecinv

Fi

vecinvi

vecinv += .

Il totale dei pensionati d’invalidità e d’inabilità d’età i all’anno t è dato dunque da:

)t(Piinv = )t(Pinuoinv + )t(Pi

vecinv .

A questo punto è necessario individuare le rimanenti figure pensionistiche che sono quelle dei pensionati indiretti, vale a dire da attivo che muore, e dei pensionati di reversibilità, in altre parole da pensionato che muore. Questi due contingenti sono ovviamente i più complessi perchè oltre a dover considerare la probabilità che un attivo o un pensionato che muore lasci famiglia, è necessario focalizzare l’attenzione sulla composizione dei nuclei familiari superstiti (che in genere per le pensioni indirette comprendono coniuge e figli e per la reversibilità solo il coniuge e, in entrambi i casi, molto raramente, genitori, fratelli e sorelle). Considerando quindi che tali tipi di pensione sono godute in prevalenza da vedovi e vedove, sarebbe necessario tenere conto anche della probabilità di nuzialità (con un nuovo matrimonio si perde il diritto alla pensione indiretta e di reversibilità) e della probabilità di sopravvivenza di questi, notoriamente diversa, soprattutto per i vedovi, da quella della popolazione generale.

Per semplificare il modello trattiamo esclusivamente la

componente dei vedovi e delle vedove. Questo perché in primo luogo è quella più consistente del nucleo familiare superstite in quanto, nelle pensioni di reversibilità difficilmente ci sono i minori e nelle pensioni indirette, decisamente inferiori per numero rispetto alla reversibilità,

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Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

19

qualora i minori siano presenti, percepiscono un importo di pensione decisamente inferiore a quello del coniuge. Inoltre, per quanto riguarda la componente dei genitori e dei fratelli e sorelle, questa si può considerare assolutamente irrilevante a livello nazionale.

Non consideriamo inoltre il caso che un vedovo o una vedova

contragga nuovo matrimonio, poiché appesantirebbe il modello senza una reale giustificazione, essendo i casi molto rari (non si rinuncia a cuor leggero ad una pensione indiretta o di reversibilità, soprattutto se d’importo consistente).

Consideriamo quindi preliminarmente il caso delle pensioni

indirette.

∑=

θω−−=64

16i

Fi

vedk

Fi

Fi

Mk

nuoind )1)(1t,h(l )t,h(P (1)

dove k è l’età del vedovo e Fi

vedkθ è la probabilità che un’attiva di

età i lasci un vedovo di età k. Analogamente per l’altro sesso

∑=

θω−−=64

16i

Mi

vedk

Mi

Mi

Fk

nuoind )1)(1t,h(l )t,h(P .

Sommando per sesso si ha:

)t,h(P)t,h(P)t,h(P Mk

nuoind

Fk

nuoindk

nuoind += .

Sommando rispetto all’anzianità di servizio del dante causa e ricordando che questa deve essere maggiore o uguale a 5 si ha rispettivamente:

∑=

=H

1h

Fk

nuoind

Fk

nuoind )t,h(P)t(P , ∑

=

=H

1h

Mk

nuoind

Mk

nuoind )t,h(P)t(P ,

da cui )t(P)t(P)t(P Mk

nuoind

Fk

nuoindk

nuoind += .

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Attias A.

20

I vecchi pensionati indiretti, indicando con Fk

vedω e Mk

vedω le probabilità di sopravvivenza delle vedove e dei vedovi, sono rispettivamente pari a:

Fk

vedFk

nuoind

Fk

vecind

F1k

vecind )]t(P)t(P[ )1t(P ω+=++

Mk

vedMk

nuoind

Mk

vecind

M1k

vecind )]t(P)t(P [)1t(P ω+=++ .

La corrispondente formula per il totale dei vecchi pensionati indiretti è:

)t(Pkvecind = )t(P F

kvecind + )t(P M

kvecind .

Il totale dei pensionati indiretti d’età k all’anno t è dato da:

)t(Pkind = )t(Pknuoind + )t(Pk

vecind .

Per quanto attiene alle pensioni di reversibilità, ferme restando le ipotesi preliminarmente formulate, indicando con F

ived

kθ e Mi

vedkθ la

probabilità che una pensionata o un pensionato d’età i lasci un vedovo/a di età k, possiamo individuare le nuove pensionate di reversibilità femmine e i nuovi pensionati di reversibilità maschi:

∑=

−−=109

65

)1)(1,(),(i

Mi

vedk

Mi

Midir

Fk

nuorev thPthP θω

∑=

θω−−=109

65i

Fi

vedk

Fi

Fidir

Mk

nuorev )1)(1t,h(P)t,h(P .

Il totale dei nuovi pensionati di reversibilità è:

)t,h(P)t,h(P)t,h(P Mk

nuorev

Fk

nuorevk

nuorev += .

Sommando rispetto all’anzianità di servizio del dante causa si ha rispettivamente:

∑=

=H

1h

Fk

nuorev

Fk

nuorev )t,h(P)t(P e ∑

=

=H

1h

Mk

nuorev

Mk

nuorev )t,h(P)t(P ,

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Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

21

da cui )t(P)t(P)t(P Mk

nuorev

Fk

nuorevk

nuorev += .

Considerando invece i vecchi pensionati di reversibilità in modo ricorsivo, per entrambi i sessi si ha:

Fk

vedFk

nuorev

Fk

vecrev

F1k

vecrev )]t(P)t(P[ )1t(P ω+=++ e

Fk

vedMk

nuorev

Mk

vecrev

M1k

vecrev )]t(P)t(P[ )1t(P ω+=++ .

La corrispondente formula per il totale dei vecchi pensionati di reversibilità è:

)t(Pkvecrev = )t(P F

kvecrev + )t(P M

kvecrev .

Il totale dei pensionati di reversibilità di età k all’anno t è dunque dato da:

)t(Pkrev = )t(Pknuorev + )t(Pk

vecrev .

E’ quindi a questo punto possibile esprimere il contingente totale dei pensionati, per ogni età k, come la somma dei singoli contingenti riferiti ai pensionati diretti, d’invalidità ed inabilità, indiretti e di reversibilità, come segue:

)t(Pk = )t(Pkdir + )t(Pkinv + )t(Pkind + )t(Pkrev .

3. Un’aliquota contributiva flessibile In Italia coloro che sono andati e andranno in pensione con il

calcolo effettuato su base retributiva, cioè con le regole ante legge 335/95, hanno la garanzia di una pensione che, raggiunti tutti i requisiti massimi, è pari ad oltre l’80% della loro ultima retribuzione e ciò, nella garanzia del mantenimento del tenore di vita, ha condotto ad uno squilibrio finanziario strutturale. Questo a fronte di un’aliquota contributiva, per il fondo pensioni lavoratori dipendenti, che è passata dal 14,1% del 1960 all’attuale 33%, di cui il 9,19% grava direttamente sul salario del lavoratore ed il rimanente è a carico del datore di lavoro. Si stima che le generazioni che si pensioneranno con il sistema

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Attias A.

22

del pro-rata (calcolo della pensione parte con metodo retributivo, parte con metodo contributivo) godranno, a fronte di una stessa aliquota, di un tasso di sostituzione tra il 47% e il 72%.

Tale percentuale scende drasticamente tra il 31% ed il 40% a regime della 335/95, con una medesima aliquota contributiva detratta nel corso della vita lavorativa. Si stima che l’aliquota resterà invariata almeno fino al 201319.

Vogliamo in quest’ottica, ma tenendo conto dell’equilibrio demografico asintotico in precedenza indicato, individuare un’aliquota contributiva flessibile che sia di garanzia per un “tasso di sostituzione adeguato” alle esigenze della popolazione dei pensionati.

Supponiamo che )t,h(Ri è il salario medio di un individuo d’età i

nell’anno t, con h anni d’anzianità di servizio, )t()t()t( 10 α+α=α è l’aliquota contributiva corrispondente all’anno t, dove )t(0α è la parte spettante al lavoratore e )t(1α è quella spettante al datore di lavoro.

Quindi, sempre all’anno t , l’ammontare totale delle retribuzioni è pari a:

[ ] )t,h(R )t,h(l)ht(l)t(T ih,i

Mi

Fi∑ += ,

da cui è possibile calcolare l’ammontare totale dei contributi.

( ) ( ) ( )tTttC α= .

Ora, indicando con )t(ci i coefficienti di trasformazione della legge Dini per l’età i e l’anno t e con kr il tasso annuo di capitalizzazione calcolato come media geometrica quinquennale del PIL nominale all’anno k20, la prestazione media di un pensionato che va in quiescenza all’anno t , dopo h anni di anzianità di servizio e zero anni di anzianità pensionistica, ipotizzando che i contributi siano

19 Queste percentuali sono pubblicate dalla Commissione Ministeriale per la

valutazione della 335/95, cfr. [9]. 20 Si riportano in appendice i valori dei )t(ci e delle kr .

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Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

23

valutati alla fine dell’anno e le pensioni siano pagate all’inizio dell’anno, è:

per le pensioni dirette

∏∑<<−

−≤<

+−−−α=πtkJt

kJihJ0

ii0

dir )r1()Jt,Jh(R)jt()t(c)t.h( ,

per le pensioni d’invalidità e d’inabilità

∏∑<<−

−≤<

+−−−α=πtkJt

kJihJ0

ii0

inv )r1()Jt,Jh(R)jt()t(c)t.h( ,

per le pensioni indirette

∏∑<<−

−≤<

+−−−α=πtkJt

kJihJ0

ii0

ind )r1()Jt,Jh(R)jt()t(c6,0)t.h(

dove )Jt,Jh(R Ji −−− è la retribuzione media del dante causa, per le pensioni di reversibilità

)t.h(6,0)t.h( idiri0

rev π=π ν .

Più genericamente, indicando con kr′ il tasso di rivalutazione delle pensioni all’anno k e con ν il numero degli anni di pensione, per ogni 0≥ν , si ha per tutti i tipi di pensione rispettivamente:

per le dirette

∏∏∑≤<ν−<<−

−ν−≤<

ν−ν ′+

+−−−α=πtkt

ktkJt

kJihJ0

iidir )r1()r1()Jt,Jh(R)jt()t(c)t.h( ,

per l’invalidità e l’inabilità

∏∏∑≤<ν−<<−

−ν−≤<

ν−ν ′+

+−−−α=πtkt

ktkJt

kJihJ0

iiinv )r1()r1()Jt,Jh(R)jt()t(c)t.h( ,

per le indirette

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Attias A.

24

,)1()1(),()()(6,0

).(

0∏∏∑

≤<−<<−−−

≤<− ′+

+−−−

=

tktk

tkJtkJi

hJi

iind

rrJtJhRjttc

th

ννν

ν

α

π

per le reversibilità

∏≤<ν−

ν ′+π=πtkt

ki0

revirev )r1()t.h()t.h( .

Il numero delle pensionate e dei pensionati al tempo t, di età i, con h anni di anzianità di servizio e ν anni di anzianità pensionistica è, per femmine e maschi, rispettivamente pari a:

per le dirette

∏−

ν−=ν−

ν ων−=1i

1j

Fi

Fi

0dir

Fidir )t,h(P)t,h(P , ∏

ν−=ν−

ν ων−=1i

1j

MMi

0dir

Midir )t,h(P)t,h(P ,

per l’invalidità e l’inabilità

∏−

ν−=ν−

ν ων−=1i

1j

Fi

invFi

0inv

Fiinv )t,h(P)t,h(P ,

∏−

ν−=ν−

ν ων−=1i

1j

Mi

invMi

0inv

Miinv )t,h(P)t,h(P ,

per le indirette

∏−

ν−=ν−

ν ων−=1i

1j

Fi

vedFi

0ind

Fiind )t,h(P)t,h(P ,

∏−

ν−=ν−

ν ων−=1i

1j

Mi

vedMi

0ind

Miind )t,h(P)t,h(P ,

per le reversibilità

∏−

ν−=ν−

ν ων−=1i

1j

Fi

vedFi

0rev

Firev )t,h(P)t,h(P ,

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Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

25

∏−

ν−=ν−

ν ων−=1i

1j

Mi

vedMi

0rev

Mirev )t,h(P)t,h(P .

All’anno t l’ammontare totale delle pensioni dirette, d’invalidità e d’inabilità, indirette e di reversibilità, rispettivamente è il seguente:

( ))t,h(P)t,h(P)t.h()t.h( Midir

Fidiridiridir

νννν +π=π ,

( ))t,h(P)t,h(P)t.h()t.h( Miinv

Fiinviinviinv

νννν +π=π ,

( ))t,h(P)t,h(P)t.h()t.h( Miind

Fiindiindiind

νννν +π=π ,

( ))t,h(P)t,h(P)t.h()t.h( Mirev

Firevirevirev

νννν +π=π .

Nel caso di α costante, kk rer ′ indipendenti da k , ponendo, ( ) ( )th,ii q1dt,hR += sommando rispetto all’età, all’anzianità in

pensione e all’anzianità in servizio si ha:

ων−+ων−⋅

++′+α=π

∏∏

∑∑∑ ∑−

ν−=ν−

ν−=ν−

=

=ν = ≤<

−−−ν−

ν

1i

ij

Mj

Mi

0dir

1i

ij

Fj

Fi

0dir

109

57i

57i

0

H

1h hJ0

1JJth,Jiidir

)t,h(P)t,h(P

)r1()q1(d)t(c)r1()t(

ων−+ων−⋅

++′+α=π

∏∏

∑∑∑ ∑−

ν−=ν−

ν−=ν−

=

=ν = ≤<

−−−ν−

ν

1i

ij

Mj

invMi

0inv

1i

ij

Fj

invFi

0inv

64

16i

16i

0

H

1h hJ0

1JJth,Jiiinv

)t,h(P)t,h(P

)r1()q1(d)t(c)r1()t(

ων−+ων−⋅

++′+α=π

∏∏

∑∑∑ ∑−

ν−=ν−

ν−=ν−

=

=ν = ≤<

−−−ν−

ν

1i

ij

Mj

vedMi

0ind

1i

ij

Fj

vedFi

0ind

64

16i

16i

0

H

1h hJ0

1JJth,Jiiind

)t,h(P)t,h(P

)r1()q1(d)t(c)r1()t(

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Attias A.

26

[ ]

ων−+ων−⋅

⋅′+πα=π

∏∏

∑∑∑−

ν−=ν−

ν−=ν−

=

=ν =

ν

1i

ij

Mj

vedMi

0rev

1i

ij

Fj

vedFi

0rev

109

57i

57i

0

H

1hi

0revrev

)t,h(P)t,h(P

)r1)(t.h()t(.

L’ammontare totale delle pensioni all’anno t sarà pari a:

)t()t()t()t()t( revindinvdir π+π+π+π=π .

Tornando al nostro problema originale, supponiamo che in un sistema pensionistico gestito a ripartizione pura il limite del rapporto tra tutte le voci pensionistiche e l’ammontare totale dei salari netti ricevuti sia uguale ad un valore A dato cioè, nell’equilibrio demografico, sia:

AT)1(

1

0

=

π

α− ∞

, (2)

dove )t(T)t(lim:

T t

π=

π

∞→∞

.

Si tratta quindi di calcolare la componente 0α dell’aliquota contributiva, dimostrando l’esistenza del limite indicato e di tutti quelli che seguono.

Per riferirci all’equilibrio demografico trasformiamo il rapporto

π

T come segue:

)1(A)t(T

)t(

T 0

t0

t0 α−=

λ

λπ

=

π

,

che è equivalente a:

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Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

27

∞∞

λα−=

λπ

t0

0t0

)t(T)1(A)t( .

L’esistenza di tali limiti è basata sul Teorema 1, ma per poterlo applicare è necessario esprimere il numero dei pensionati, in precedenza esplicitati, in funzione degli attivi.

Supponiamo che, per ogni 15<i<65, il tasso di prima occupazione

femminile )t(Fiτ e maschile )t(M

iτ siano costanti nel tempo. Allora, per tutti gli 15<i≤57, 5≤ h≤i−15 e t sufficientemente grande, abbiamo, applicando il modello di Lesile, rispettivamente

)t(x)ht(x)t,h(l Fi

Fhi

F1i

F1hi

Fhi

Fhi

Fhi

Fi −−+−−−− τ=ω⋅⋅⋅ωω−τ= (3)

)t(x)ht(x)t,h(l Mi

Mhi

M1i

M1hi

Mhi

Mhi

Mhi

Mi −−+−−−− τ=ω⋅⋅⋅ωω−τ= . (4)

Per 15 < i ≤ 57, 1 ≤ h ≤ i−15, applicando il limite del teorema dell’equilibrio asintotico si ha per le femmine e per i maschi

F0i

Fhit

0

Fi

tx s

)t,h(llim −+∞→

τ=λ

, M0i

Mhit

0

Mi

tx s

)t,h(llim −+∞→

τ=λ

.

Ora, essendo 57≤ i ≤ 65, 35 ≤ h ≤ i−15, supponiamo che la propensione al pensionamento )t,h(iγ sia costante nel tempo, h,iγ .

Procedendo come per la formula (3), un facile calcolo dimostra che con appropriate costanti F

h,ig , definite in termini dei parametri del

modello Fhi−τ e h,iγ , abbiamo:

)t(xg)t,h(l Fi

Fh,i

Fi = ,

che implica

F0i

Fh,it

0

Fi

tx sg

)t,h(llim =

λ+∞→. (5)

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Attias A.

28

Per i maschi, con analogo ragionamento, procedendo come per la (4), otteniamo

M0i

Mh,it

0

Mi

tx sg

)t,h(llim =

λ+∞→ (6)

Ora, per unificare la notazione per tutte le classi d’età e d’anzianità, cioè per tutti gli 15 < i ≤ 57 e 1≤ h ≤ i−15 indichiamo F

hiF

h,i :g −τ= e M

hiM

h,i :g −τ= . Inoltre, con la notazione precedente, per

)1t,1h(l)t,h(l)t,h(P F1i

Fi

Fi

Fi

0dir ++−ω= + , (7)

applicando la (3) otteniamo:

).t(x)gg(

)t(xg)t(xg

)1t(xg)t(xg)t,h(P

Fi

Fi

F1h,1i

Fh,i

Fi

Fi

F1h,1i

Fi

Fi

Fh,i

F1i

F1h,1i

Fi

Fi

Fh,i

Fi

0dir

ω−=

ω−ω=

+−ω=

++

++

+++

Indicando con F1h,1i

Fh,i

Fh,i gg(:g ++−= s) F

iω abbiamo

F0i

Fh,it

0

Fi

0dir

txg

)t,h(Plim =

λ+∞→

e, in modo analogo per i maschi, applicando la (4)

M0i

Mh,it

0

Mi

0dir

txg

)t,h(Plim =

λ+∞→.

Conseguentemente, per entrambi i sessi, otteniamo

F0i

Fh,i

0

F0i

Fh,it

0

Fi

0dir

t0

t0

Fi

0dir

txg1xg

)t,h(Plim1)t,h(P

lim νν−ν−

+∞→νν−

+∞→ λ=

λν−

λ=

λν−

e

Page 31: 220Attias A. 6 calcolo della pensione avviene attraverso il metodo contributivo e non più retributivo, fatte salve le posizioni vigenti che possono, a seconda dei requisiti maturati,

Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

29

M0i

Mh,i

0

F0i

Mh,it

0

Mi

0dir

t0

t0

Mi

0dir

txg1xg

)t,h(Plim1)t,h(P

lim νν−ν−

+∞→νν−

+∞→ λ=

λν−

λ=

λν−

,

rispettivamente.

Ora, passando al limite di )t(T)t(π per le pensioni dirette, utilizzando

la (5) e la (6) per il denominatore, considerando, per semplicità di calcolo, i coefficienti di trasformazione indipendenti dall’età, e supponendo che esiste il limite 0t

c)t(clim =∞→

, otteniamo:

. d]x sgx sg[

xg1xg1 )q1(

)r1(d)r1(c

)t(T)t(

lim

h,iih

M0i

Mh,i

F0i

Fh,i

109

57i

57i

0

H

1h

1i

ij

Mj

Mi

Mh,i

0

1i

ij

Fj

Fi

Fh,i

0hJ0J

1J

h,Ji

0

dir

t

∑∑∑ ∏∏∑+

ω

λ+ω

λ

++′+

α

=

=ν =

ν−=ν−ν

ν−=ν−ν

≤<

−ν−ν

∞→

Per calcolare l’analogo limite per le pensioni d’invalidità ed inabilità, dobbiamo costruire l’espressione dei pensionati d’invalidità ed inabilità in funzione degli attivi per entrambi i sessi:

Fi

Fi

Fi

F1i

0inv )t,h(l)1t,h(P ψω=++ , M

iMi

Mi

M1i

0inv )t,h(l)1t,h(P ψω=++ .

Per tutti gli 15 < i ≤ 57, 5 ≤ h≤ i−15 e t sufficientemente grande, dalle formule (3) e (4) abbiamo:

)t(x)t,h(l)t,h(P Fi

Fi

Fhi

Fi

Fi

Fi

Fi

0inv ψτ=ψω= − ,

)t(x)t,h(l)t,h(P Mi

Mi

Mhi

Mi

Mi

Mi

Mi

0inv ψτ=ψω= − .

Applicando il Teorema 1, con un Fh,iinv g e F

h,iinv g appropriati, si ottiene per i due sessi rispettivamente:

F0i

Fh,iinv

F0i

Fi

Fhit

0

Fi

0inv

txgx s

)t,h(Plim =ψτ=

λ −+∞→,

Page 32: 220Attias A. 6 calcolo della pensione avviene attraverso il metodo contributivo e non più retributivo, fatte salve le posizioni vigenti che possono, a seconda dei requisiti maturati,

Attias A.

30

M0i

Mh,iinv

M0i

Mi

Mhit

0

Mi

0inv

txgx s

)t,h(Plim =ψτ=

λ −+∞→,

F0i

Fh,iinv

0t0

Fi

0inv

t0

t0

Fi

0inv

txg1)t,h(P

lim1)t,h(Plim νν−

ν−

+∞→νν−

+∞→ λ=

λν−

λ=

λν−

,

M0i

Mh,iinv

0t0

Mi

0inv

t0

t0

Mi

0inv

txg1)t,h(P

lim1)t,h(Plim νν−

ν−

+∞→νν−

+∞→ λ=

λν−

λ=

λν−

.

Il limite del rapporto tra pensione d’invalidità ed inabilità e retribuzioni è il seguente:

. d]x sgx sg[

xg1xg1 )q1(

)r1(d)r1(c

)t(T)t(

lim

h,iih

M0i

Mh,i

F0i

Fh,i

64

16i

57i

0

H

1h

1i

ij

Mj

invMi

Mh,iinv

0

1i

ij

Fj

invFi

Fh,iinv

0hJ0J

1J

h,Ji

0

inv

t

∑∑∑ ∏∏∑+

ω

λ+ω

λ

++′+

α=

=

=ν =

ν−=ν−ν

ν−=ν−ν

≤<

−ν−ν

∞→

Considerando le pensioni indirette, riferendoci alla formula (1), otteniamo per entrambi sessi, rispettivamente:

∑ ∑= =

− θτ=θω−−=64

16i

64

16i

Mi

Mi

vedk

Mhi

Mi

vedk

Mi

Mi

Fk

0ind )t(x)1)(1t,h(l )t,h(P ,

∑ ∑= =

− θτ=θω−−=64

16i

64

16i

Fi

Fi

vedk

Fhi

Fi

vedk

Fi

Fi

Mk

0ind )t(x)1)(1t,h(l )t,h(P .

Per le pensioni indirette, con ragionamento analogo al precedente, applicando il Teorema 1, con appropriati F

h,i

ind gµ , Mh,

iind gµ , dove i

diventa l’età del vedovo o della vedova percettore di pensione indiretta e µ è l’età del dante causa al momento della morte da attivo, si ottiene per i due sessi rispettivamente:

∑=

−−

+∞→

+∞→=

−=

− 64

16

0,

00

0

00

0

,1),(lim1),(limµ

µµννν

νν

λλν

λλν M

iM

hi

indt

Fiind

tt

Fiind

txgthPthP

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Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

31

∑=

−−

+∞→

+∞→=

−=

− 64

16

0,

00

0

00

0

.1),(lim1),(limµ

µµννν

νν

λλν

λλν F

iF

hi

indt

Miind

tt

Miind

txgthPthP

Da cui

. d]x sgx sg[

xg1xg1 )q1(

)r1(d)r1(c

)t(T)t(

lim

h,iih

M0i

Mh,i

F0i

Fh,i

64

16i

57i

0

H

1h

1i

ij

Mj

ved64

16

F0i

Fh,

iind

0

1i

ij

Fj

ved64

16

M0i

Mh,

iind

0hJ0J

1J

h,Ji

0

ind

t

∑∑∑ ∏∑∏∑∑+

ω

λ+ω

λ

++′+

α=

=

=ν =

ν−==µµµν

ν−==µµµν

≤<

−ν−ν

∞→

Per completare il modello è necessario esplicitare il limite anche per la pensione di reversibilità. Indicando con ν l’anzianità di pensionamento dei vedovi e delle vedove e con i la loro età, sostituendo la (7), abbiamo:

∑∑

∑∑

= =νν−−ν−−ν−

= =ν

ν

θω−ν−+−ω−ν−=

=θω−−=

109

65i

44

0

Mi

vedk

Mi

Fi

F1i

F1i

109

65i

44

0

Mi

vedk

Mi

Midir

Fk

0rev

.)1)](t,1h(l)1t,h(l[

)1)(1t,h(P)t,h(P

Applicando la (3) e la (4) otteniamo per le femmine e per i maschi rispettivamente

∑∑= =ν

ν−ν−ν−ν−++ν−ν−ν− θω−ω−=ν−109

57i

44

0

Mi

vedk

Mi

Mi

Mi

M1h,1i

Mh,i

Fk

0rev )1)(t(x)gg()t,h(P ,

∑∑= =ν

ν−ν−ν−ν−++ν−ν−ν− θω−ω−=ν−109

57i

44

0

Fi

vedk

Fi

Fi

Fi

F1h,1i

Fh,i

Mk

0rev )1)(t(x)gg()t,h(P .

Per la pensione di reversibilità, con un ragionamento analogo al precedente, applicando il Teorema 1, con appropriati F

h,i

rev gµ , Mh,

irev gµ ,

dove i diventa l’età del vedovo o della vedova percettore di pensione di reversibilità e µ è l’età del dante causa al momento della morte da pensionato, si ottiene per i due sessi rispettivamente:

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Attias A.

32

∑=µ

µµνν−

+∞→ λ=

λν− 64

16

M0i

Mh,

irev

0t0

Fi

0rev

t,xg1)t,h(P

lim

∑=µ

µµνν−

+∞→ λ=

λν− 64

16

F0i

Fh,

irev

0t0

Mi

0rev

t.xg1)t,h(P

lim

Da cui

. d]x sgx sg[

xg1xg1 )q1(

)r1(d)r1(c

)t(T)t(

lim

h,iih

M0i

Mh,i

F0i

Fh,i

64

16i

57i

0

H

1h

1i

ij

Mj

ved64

16

F0i

Fh,

irev

0

1i

ij

Fj

ved64

16

M0i

Mh,

irev

0hJ0J

1J

h,Ji

0

rev

t

∑∑∑ ∏∑∏∑∑+

ω

λ+ω

λ

++′+

α=

=

=ν =

ν−==µµµν

ν−==µµµν

≤<

−ν−ν

∞→

Volendo esplicitare l’aliquota contributiva che si è disposti a versare in percentuale del salario, con lo scopo di ottenere un tasso di sostituzione che si ritiene idoneo alle proprie esigenze al pensionamento, si procede, a partire dalla (2), come segue.

∞∞∞∞∞

π+

π+

π+

π=

π

TTTTTrevindinvdir .

In questa somma ogni termine contiene il fattore α .

Definiamo ∞

π

α=

T1B e riscriviamo l’equazione (2)

,AT)1(

1

0

=

π

α− ∞

ricordando che 10 α+α=α , nella forma

AB)1( 0

10 =α−α+α

.

Esplicitando 0α , otteniamo

BABA 1

0 +α−

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Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

33

Osserviamo che per BA 1α> ricaviamo 0< 0α <1, che è condizione necessaria per un’aliquota.

Questa è l’aliquota contributiva che è corrisposta dagli attivi futuri

pensionati con lo scopo di percepire una pensione uguale ad A volte il loro salario, nell’ipotesi che sia raggiunto l’equilibrio demografico.

Nei precedenti calcoli gli ammontari delle pensioni e dei salari sono considerati rispetto al totale della popolazione attiva e pensionata. In modo del tutto analogo il valore di 0α può essere calcolato riferendosi ad una specifica classe d’attivi e di pensionati.

E’ evidente che questo modello consente anche di ipotizzare innalzamenti dell’età pensionabile, e dunque di misurare quanto questa componente incida sul tasso di sostituzione.

Conclusioni

Data l’importanza e la complessità che assume la questione

dell’invecchiamento della popolazione in un paese che ha la necessità di pianificare interventi in settori strategici come quello previdenziale si è deciso di partire da uno strumento decisionale collaudato e dunque affidabile, fornito dal teorema dell’equilibrio asintotico demografico, per formulare valutazioni ed ipotesi rispetto al nostro “nuovo” sistema pensionistico governato dalla legge 8 agosto 1995, n°335. Questo perché per intervenire in ambito pensionistico si ha l’assoluta necessità di conoscere la futura consistenza della popolazione con un margine d’errore il più piccolo possibile.

Applicando i risultati del suddetto teorema alla popolazione italiana

si è verificato che gli attuali tassi di riproduttività e di sopravvivenza denotano una popolazione strutturalmente e quindi asintoticamente in espansione. Questo in quanto l’autovalore dominante è maggiore di uno e le note previsioni della riduzione demografica della popolazione italiana, per i prossimi anni, sono frutto solamente dell’attuale distribuzione che, in termini dinamici, è assimilabile ad un’“onda”e

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Attias A.

34

non alla statica e nota gobba la cui logica rende erroneamente strutturale l’assetto della popolazione.

Tutte le considerazioni sopraesposte rispetto all’aspetto demografico hanno consentito valutazioni sul sistema pensionistico gestito a ripartizione, con calcolo contributivo della prestazione, permettendo di calcolare un’aliquota contributiva che, combinata con ipotesi di innalzamento dell’età pensionabile, consente di delineare una rendita pensionistica caratterizzata dal concetto di “adeguatezza” in riferimento al tasso di sostituzione. Si è potuta in altre parole individuare un’aliquota contributiva flessibile che consente di ridurre, se non addirittura eliminare, l’attuale rischio calcolato di prestazioni pensionistiche lontane dal consentire di mantenere un tenore di vita vicino a quello del periodo lavorativo.

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Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

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Equilibrio Demografico e Flessibilità del Sistema Pensionistico

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APPENDICE

Coefficienti di trasformazione di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335

Tassi annui di capitalizzazione di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335

Età i ci Anno k rk 57 4,720% 1976 0,156004 58 4,860% 1977 0,190509 59 5,006% 1978 0,216775 60 5,163% 1979 0,210426 61 5,334% 1980 0,203363 62 5,514% 1981 0,226929 63 5,706% 1982 0,214364 64 5,911% 1983 0,205767 65 6,136% 1984 0,202694

1985 0,186164 1986 0,160219 1987 0,142703 1988 0,126341 1989 0,115314 1990 0,105217 1991 0,101013 1992 0,097075 1993 0,088611 1994 0,072990 1995 0,065726 1996 0,062054 1997 0,055871 1998 0,053597 1999 0,056503 2000 0,051781 2001 0,047781 2002 0,043698 2003 0,041614 2004 0,039272 2005 0,040506

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LA TEORIA DEL CONTROLLO IN ASSICURAZIONE

Monica Aversa – [email protected] Sonia Tretola – [email protected] Università del Molise - Dottorato in Teoria e Metodi quantitativi

per l’Analisi dello Sviluppo. Abstract Si espongono i principali risultati delle applicazioni della teoria del

controllo ottimo a problemi assicurativi. Si analizzano due strumenti per la risoluzione di problemi di ottimo: il principio di Pontryagin e l’equazione di Hamilton, Jacobi e Bellman, quest’ultima applicata a problemi di riassicurazione.

Keywords: controllo ottimo del rischio, programmazione

dinamica, principio di Pontryagin, equazione di Hamilton-Jacobi-Bellman (HJB), riassicurazione.

1. Introduzione La teoria sul controllo ottimo apparve in letteratura dopo la fine

della seconda guerra mondiale, ma le questioni che si proponeva di risolvere erano note sin da tempi più antichi, con dei problemi che successivamente i matematici hanno raccolto sotto il nome di Calcolo delle variazioni. La nascita del Calcolo delle variazioni viene tradizionalmente attribuita a Pierre de Fermat che pubblicò nel 1657 un risultato (poi detto principio di Fermat), che consisteva nel fissare il cammino di un raggio luminoso, come quello caratterizzato dal tempo minimo. In seguito e cioè nel 1756 Eulero, occupandosi di problemi relativi allo studio degli estremi di un funzionale assegnato come integrale, coniò il nome Calcolo delle variazioni. Molti altri studiosi si occuparono dell’argomento con notevoli risultati e tra

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La teoria del controllo in assicurazione

39

questi ricordiamo Johann e Jacob Bernoulli, Newton, L’Hôspital, Lagrange, Weierstrass, Mayer, etc.Buona parte della materia che oggi è nei libri di testo venne completata nel XIX secolo.

Un argomento importante del Calcolo delle variazioni è la cosiddetta equazione di Hamilton-Jacob che il matematico irlandese William Rowan Hamilton trovò a seguito di alcune ricerche sull’equazione del moto. In effetti, introducendo un cambiamento di coordinate detto trasformazione canonica, lo studioso realizzò che una particolare trasformazione portava il sistema delle equazioni differenziali del moto ad un altro sistema di integrazione immediata. Ma la ricerca di tale trasformazione porta ad un’equazione alle derivate parziali di non facile soluzione.

Come accennato, si incominciò a parlare di teoria moderna del controllo ottimo alla fine della seconda guerra mondiale, nell’ambito della già nota teoria dei giochi (militari) ad opera, separatamente, di scienziati americani e russi. Il gruppo americano, guidato da Bellman (Rand Corporation), nel 1952 pubblicò il noto metodo di Bellman per la Programmazione Dinamica. Nell’ex Unione Sovietica, invece, il gruppo di Pontryagin era impegnato in studi presso lo Steklov Institute of Mathematics aventi ad oggetto la ricerca di un metodo per il calcolo del massimo, pubblicato nel 1956.

Verso la fine degli anni ’50 Kalman fissò principi per la risoluzione di problemi lineari con funzioni quadratiche di costo.

Questi tre importanti risultati furono presentati congiuntamente nel primo congresso IFAC (International Federation of Automatic Control), tenutosi a Mosca nel 1960 che segnò il debutto della moderna teoria del controllo ottimo.

I primi cenni ad elementi stocastici nella suddetta teoria furono introdotti da Bellman (1958), Florentin (1961), e Kushner (1962).

Le applicazioni della teoria del controllo sono davvero ampie: nate per la risoluzione di problemi ingegneristici (es. meccanica razionale), hanno trovato terreno fertile anche nella produzione industriale, nella minifattura, nell’economia, nelle file di attesa ed ultima applicazione in senso esclusivamente cronologico, ma non meno interessante per chi scrive, a problemi assicurativi.

I primi studi in campo assicurativo sono apparsi verso la fine dello scorso secolo. La teoria del controllo ottimo in realtà sembra essere

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Aversa M., Tretola S.

40

fatta su misura per risolvere i problemi per cui gli attuari si sono impegnati per più di un secolo 1. I primi papers sul controllo stocastico risalgono al 1994 e 1995 ad opera di studiosi come Martin-Lof [25], Brockett e Xia [4], o Browne [5], Taksar [31], Schmidli [31] e da altri. Da allora lo sviluppo dell’argomento è stato abbastanza veloce, ma sono ancora molte le aree inesplorate. I contributi da noi finora analizzati riguardano applicazioni della teoria del controllo ottimo a strategie di gestione del rischio assicurativo: minimizzazione della probabilità di rovina, calcolo della quota ottima da riassicurare, ottimizzazione dei dividendi per gli azionisti, etc. Importanti e complicati interventi riguardano anche il controllo stocastico in assicurazione, laddove le variazioni del sistema da uno stato all’altro sono descritte da un moto browniano.

Scopo del presente articolo è di presentare i principali risultati pubblicati sino ad oggi in letteratura aventi come oggetto lo studio di strategie ottime applicabili in una compagnia assicurativa, con particolare riguardo al principio del massimo di Pontryagin ed agli sviluppi dell’equazione di Hamilton, Jacobi e Bellman (HJB) in campo riassicurativo (Cfr. Hipp [14]). Tale equazione, infatti, rappresenta uno dei principali strumenti utilizzati per risolvere problemi di ottimizzazione in campo attuariale.

2. La teoria del controllo ottimo: richiami Numerosi processi decisionali che si presentano nella gestione di

imprese e organizzazioni complesse possono essere formulati come modelli di ottimizzazione. Il decision maker individua un insieme di decisioni attuabili e stabilisce un criterio di valutazione e confronto tra scelte alternative, quale ad esempio il costo o il guadagno associati a ciascuna decisione. I metodi di ottimizzazione permettono di identificare la scelta ottimale che rende minimo il costo o massimo il guadagno. I modelli di ottimizzazione trovano innumerevoli applicazioni ove si voglia allocare un insieme di risorse limitate tra diverse attività nel modo più efficace ed in tempi fissati. Tali risorse

1 Cfr. Hipp C. [14].

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La teoria del controllo in assicurazione

41

possono consistere di personale, processi produttivi, materie prime e componenti, mezzi finanziari, etc. In generale i sistemi sottoposti a controllo ottimo sono di tipo dinamico, ossia evolvono durante il periodo di osservazione e quindi le decisioni prese dal management, basate su tutte le informazioni il più possibile aggiornate, debbono possedere anch’esse caratteristiche di dinamicità.

Per chiarire le idee descriviamo analiticamente gli elementi di un problema di ottimizzazione, riportando un classico esempio di teoria del controllo ottimo in versione molto semplificata.

Descrizione del problema ed obiettivi - Politiche di controllo di una o più variabili attraverso algoritmi di ottimizzazione.

Problema - Trovare una legge di controllo all’interno di un dato sistema che soddisfi un certo criterio di ottimalità.

Esempio – Un’automobile viaggia su una strada in pendenza: ci si chiede quanto il conducente dovrà accelerare per minimizzare il tempo totale di viaggio oppure per minimizzare l’usura del veicolo o il consumo di carburante.

Elementi del sistema - Macchina e strada collinare. Criterio di ottimalità da soddisfare- Rendere minima la durata del

viaggio o minimizzare il consumo di carburante, ovvero il logorio del veicolo.

Legge di controllo (o controllo) – Es. limitare il numero dei giri del motore, controllare la temperatura dell’acqua o il livello dell’olio.

Presenza di vincoli – Nei problemi di controllo ottimo sono quasi sempre presenti vincoli, nel nostro caso rappresentati dalla quantità di carburante disponibile nel serbatoio, dall’osservanza dei limiti di velocità, etc.

Ad ogni problema è in generale associata una funzione di costo (o guadagno), ossia la funzione obiettivo che deve essere minimizzata (massimizzata), attraverso la ricerca di una o più funzioni (ottimi locali o globali) che soddisfino i vincoli. Le complicazioni nascono quindi dal simultaneo rispetto di uno o più vincoli e circostanza che la ricerca di estremi (massimi o minimi) si riferisce a funzioni spesso di tipo quadratico o ancora più complicate.

Ad un problema di ottimizzazione è associata una funzione di costo J, che può rappresentare sia un costo da minimizzare, sia un profitto da massimizzare. Nella forma più generale si ha:

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Aversa M., Tretola S.

42

∫ +=T

0T )m(xt)dtu,F(x,J (1)

dove: F(.) è il costo iniziale del sistema, t il tempo di osservazione

(0≤t≤T), x(t) stato del sistema, u(t) input (controllo) del sistema ed m(xT) costo finale del sistema.

3. Soluzione di problemi di controllo ottimo Uno dei principali approcci per risolvere problemi di

ottimizzazione è la determinazione di un insieme di condizioni necessarie che deve essere soddisfatto da una soluzione ottima. Ad esempio, di una funzione obiettivo finita ad una variabile e non vincolata, i punti di massimo o minimo sono ricercati nella maggior parte dei casi tra i punti che annullano la derivata prima (condizione di stazionarietà). Per il caso vincolato è necessario che siano soddisfatte le condizioni di Kuhn-Tucker, che sono condizioni sufficienti per l’ottimalità. Tali condizioni necessarie diventano sufficienti sotto alcune condizioni di convessità imposte alla funzione obiettivo ed ai vincoli. Dunque, i problemi di controllo ottimo possono essere visti come problemi di ottimizzazione in spazi ad infinite dimensioni e quindi di non facile soluzione.

La maggior parte dei problemi di controllo ottimo sono risolti sulla base delle condizioni necessarie del primo ordine fornite dal principio di Pontryagin (2) e della soluzione dell’equazione di HJB (4). Entrambi i metodi discendono dallo studio che si effettua sull’integrale (1), di cui si vuole determinare una funzione u che verifichi particolari condizioni. Tale studio conduce a condizioni su funzioni che comunemente si associano alla funzione F. In altri termini si tratta di trovare prima una funzione u(t) che renda stazionario l’integrale (1) e poi stabilire la natura dell’estremo. A tal riguardo si rivela particolarmente interessante il principio di Pontryagin.

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La teoria del controllo in assicurazione

43

Con l’equazione di HJB si passa da un sistema di n equazioni del 2° ordine ad un sistema di 2n equazioni del 1° ordine attraverso la cosiddetta trasformazione canonica. In realtà le condizioni per determinare la stazionarietà dell’integrale (1) portano ad un sistema di n equazioni differenziali del 2° ordine, che si può trasformare in un sistema di 2n equazioni del primo ordine che, però, ha una forma particolare, ossia le derivate prime della variabile di posizione e dei movimenti cinetici risultano uguali alla derivata parziale (funzione in realtà nota), detta funzione dell’Hamilton o più brevemente Hamiltoniana 2. La trasformazione canonica rende l’Hamiltoniana in forma più banale, in cui x(t) è chiamata traiettoria (in analogia alla meccanica). Tale sistema, benché non sia di facile trattazione, consente una discussione più approfondita di alcune proprietà.

3.1 Principio di pontryagin Il principio di Pontryagin è utilizzato nella teoria del controllo

ottimo per cercare il miglior controllo che renda possibile il passaggio del sistema osservato da uno stato all’altro, specialmente in presenza di vincoli di stato o di controllo. Tale principio, come accennato nell’Introduzione, fu stabilito dal matematico russo Lev Semenovich Pontryagin e dai suoi studenti negli anni ’50 ed è tuttora considerato una pietra miliare nella teoria del controllo ottimo. Esso fu elaborato durante studi militari commissionati dal governo sovietico3.

Il principio di Pontryagin pone vincoli sulla dimensione dei controlli ammissibili. Sia Uu(t)∈ un controllo, con K sottoinsieme

2 Sia data la funzione F(x,y(x),y’(x)), dove y(x) è incognita, definita in A=[x0,x1]

ed ivi continua, derivabile e con derivata continua. Si consideri l’integrale

∫1x

0x)dxy'y,F(x, ; si voglia risolvere il problema costituito dalla ricerca di una

funzione y che lo renda massimo o minimo. Attraverso opportune trasformazioni si determina la funzione F - py' H = , detta funzione dell’Hamilton o Hamiltoniana. Per maggiori ragguagli si veda Badolati E. [2].

3 Uno dei problemi che il gruppo di Pontryagin doveva risolvere consisteva nella ricerca di algoritmi in grado di condurre e deviare i missili balistici intercontinentali, rendendo così impossibile il “primo colpo”.

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Aversa M., Tretola S.

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dello spazio in cui i controlli assumono valori. Il problema è minimizzare la funzione

∫T

0

u(t))dt x(t),F(t,

soggetta ai vincoli

T0 x(x(T) , x x(0) U, u(t)u(t))x(t),f(t,(t)x'

==∈=

Il principio stabilisce che l’Hamiltoniana deve essere minimizzata in U, ossia:

) x (x(T) , x x(0)u(t))x(t),f(t, (t)x'

p(t))v,x(t),H(t,min p(t))u(t),x(t),H(t,

0) (p(T) p(t))u(t),x(t),(t,xH - (t)p'

T0

Uv

===

=

=∂∂

=

∈ (2)

con

x(t))(t,xV - p(t)∂∂

=

e V(t,x) funzione di valore, come vedremo a breve per l’equazione di HJB. La condizione p(T) = 0 è detta condizione di trasversalità, che implica

0 x(T))(T,xV =∂∂

ossia se il valore della funzione all’estremo destro x(T) è libero, il valore minimo della funzione di valore coincide con il valore assunto nello stato ottimale x(T), quindi, la derivata si annulla. Analogo ragionamento vale al tempo iniziale t = 0.

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La teoria del controllo in assicurazione

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3.2 Equazione di HJB

Un altro strumento potente per la risoluzione dei problemi di controllo ottimo è dato dal metodo della Programmazione Dinamica (PD), introdotto da Bellman negli anni ’50. La programmazione dinamica è una tecnica utilizzata per risolvere alcuni problemi decisionali a più fasi e problemi di controllo ottimo. Originariamente la PD nasceva per problemi dove era necessario prendere una decisione per ogni istante di tempo. Generalmente il problema complessivo si separa in una successione di problemi a una singola variabile. Attraverso un calcolo ricorsivo si può ottimizzare una variabile alla volta, pur garantendo di trovare la soluzione ottima globale. Il principio fondante introdotto da Bellman (principio di ottimalità) mostra che in alcuni casi un problema opportunamente decomposto può essere risolto all'ottimo attraverso la soluzione ottima di ogni sottoproblema: “An optimal policy has the property that whatever the initial state and initial decison are, the remaining decisions must costitute an optimal policy with regard to the state resulting from the first decision” Bellman [3], pag. 83.

Nei suoi studi Bellman trovò che il metodo poteva essere applicato al calcolo delle variazioni ed ai problemi di controllo ottimo le cui equazioni di stato sono equazioni differenziali ordinarie, che conducono ad un’equazione non lineare alle differenze parziali, ora nota come equazione di HJB. Bellmann inizialmente non si rese conto che il risultato cui era giunto era molto simile a quello trovato da Hamilton e Jacobi in meccanica e fu solo nel 1960 che Kalman per primo usò nei suoi articoli il nome equazione di Hamilton-Jacobi del problema di controllo.

L’equazione di Hamilton-Jacobi-Bellman è un’equazione non lineare alle differenze parziali del primo ordine (caso deterministico), o del secondo ordine (nel caso stocastico), che gioca un ruolo fondamentale nella teoria del controllo ottimo. In tale sede l’equazione è presentata senza descrivere la derivazione euristica dai problemi di ottimizzazione.

Si consideri il seguente problema deterministico di controllo ottimo:

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∫ +T

0m[x(T)]u(t)]dtF[x(t),min (3)

soggetto al vincolo

u(t)]G[x(t),(t)x =&

dove x(t) è lo stato del sistema, x(0) è dato ed u(t) è la variabile di controllo che si vuole trovare, con 0 ≤ t ≤ T. Per tale sistema semplice l’equazione di HJB è:

+

∂∂

=∂∂ u)F(x,u)G(x,t),V(x,

tumin- t)V(x,

t (4)

soggetta alla condizione finale

m(x) T) V(x, =

La funzione incognita V(x, t) è la funzione di valore, che rappresenta il costo occorrente per partire dallo stato x del sistema al tempo t e controllarlo in maniera ottima fino al tempo T. L’equazione di HJB fornisce una condizione sufficiente per l’ottimo; in genere non ha soluzioni classiche; essa viene risolta andando indietro nel tempo, partendo cioè da t = T e terminando per t = 0, utilizzando per lo più tecniche numeriche.

4. II controllo ottimo in assicurazione A distanza di vari anni dal perfezionamento della teoria del

controllo ottimo, ossia nella seconda metà del secolo scorso, alcuni autori hanno incominciato ad interessarsi di applicazioni di tale teoria a problemi assicurativi. Nel presente articolo si vuole enfatizzare il ruolo determinante che assumono le tecniche di controllo ottimo nella gestione del rischio assicurativo.

In un contesto regolamentare in evoluzione aumentano le pressioni sulle compagnie assicurative affinché migliorino la gestione del capitale. A tal fine, gli assicuratori stanno cercando di individuare

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La teoria del controllo in assicurazione

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nuove modalità di gestione e trasferimento dei rischi al mercato e fonti alternative di finanziamento, da incorporare nella loro strategia globale di business per ottimizzare gli indici di rendimento.

Il controllo ottimo può fornire soluzioni che ben si adattano alle strategie di risk management, soprattutto in considerazione del contesto dinamico in cui si muove un’impresa assicurativa, in cui le azioni da intraprendere debbono essere selezionate in ogni istante di tempo. Tale soluzioni si affiancano ai classici strumenti di gestione del rischio:

- riassicurazione; - controllo del livello degli investimenti; - volume dei premi; - selezione dei rischi in portafoglio; - combinazione delle azioni precedenti (gestione integrata del

rischio). Ed è proprio in questi ambiti che la ricerca si sta muovendo e dalla

fine degli anni ’90 sono apparsi in letteratura molti contributi in tale direzione. L’idea di base è di considerare l’impresa assicurativa come un sistema di cui si vuole studiare il passaggio da uno stato all’altro, in ogni istante di tempo, su un orizzonte finito o infinito di progettazione, con due obiettivi: minimizzare la probabilità di rovina o massimizzare la probabilità di sopravvivenza. Intuitivamente, quindi, le variabili di controllo (o semplicemente controlli) sono rappresentate dalle strategie di risk management sopra indicate, la funzione obiettivo è la probabilità di rovina/sopravvivenza da minimizzare/massimizzare, i vincoli sono dati dall’osservanza delle clausole contrattuali.

Consideriamo il caso, frequentemente analizzato, in cui l’assicuratore è interessato a rendere minima la probabilità di rovina in un prefissato intervallo temporale (0, T) e decide di ricorrere alla riassicurazione per attuare una strategia di copertura di alcuni rischi in portafoglio (Hipp [14]). In particolare, si analizzano due contratti riassicurativi:

a) riassicurazione proporzionale; b) riassicurazione excess of loss di tipo illimitato. Nel contratto a) il danno X relativo ad ogni sinistro è diviso in

maniera proporzionale tra il primo assicuratore ed il riassicuratore in base ad un fattore a. In caso di sinistro, il primo assicuratore risarcirà

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all’assicurato una quota pari ad aX, mentre il riassicuratore una quantità (1 – a)X . Inoltre, il primo assicuratore pagherà al secondo assicuratore per garantirsi la copertura, un premio pari ad h(a).

Nel contratto b), i danni sono ripartiti tra il primo e secondo assicuratore in base ad una quota compresa tra due importi (priorità e portata); ogni sinistro, quindi, è diviso in base ad una quota b detta priorità, tale che: 0≤b≤∞. L’assicuratore quindi risarcirà la quota min (X, b), pagando un premio h(b), mentre il riassicuratore pagherà la quantità max (X – b, 0).

Nei due processi di rischio del primo assicuratore, in base al classico modello di Lundberg, le probabilità di rovina sono rispettivamente

0 ti)Xt

0

tN

1i ia(Th(a(v))dvctsR(t) ≥∫ ∑=

−−+= (5)

per la riassicurazione proporzionale e

0 tt

0

tN

1i iX),ib(Tminh(b(v))dvctsR(t) ≥∫ ∑=

−−+= (6)

per la riassicurazione XL illimitata. In entrambe le formule le poste in entrata, quindi con segno positivo, per il primo assicuratore sono rappresentate da s ossia il surplus iniziale e ct l’intensità di premio costante, che descrive il volume di premi a disposizione. A queste quantità in entrata vanno sottratti il premio h(a) o h(b) da pagare al riassicuratore e gli importi da pagare in caso di sinistro (sotto il simbolo di sommatoria).

4.1 Il controllo stocastico in assicurazione A partire dagli anni ’90 dello scorso secolo si è incominciato a

parlare di controllo stocastico in assicurazione; finora non abbiamo distinto tra i due tipi di controllo che, però, hanno una fondamentale differenza. Nel controllo deterministico si considerano le equazioni differenziali parziali del primo ordine; nel controllo stocastico, invece,

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La teoria del controllo in assicurazione

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si studiano equazioni alle differenze parziali del secondo ordine, dove l’elemento stocastico è dato dalle variazioni dello stato del sistema.

Un classico problema di controllo stocastico è il seguente: min V(t,x) = inf J(t,x,v)

con t)dWtv,txσ(t,)dttv,txb(t,tdx += , dove 0t,Wt ≥ è un

moto browniano e b e σ sono coefficienti che soddisfano la condizione di Lipschitz. Il comportamento locale della funzione V è descritto dall’equazione di HJB.

Nel presente lavoro esaminiamo un’applicazione dell’equazione di HJB a due tipi di contratti riassicurativi, sviluppata da Hipp [14] e di seguito elencata.

4.2 La riassicurazione Il primo contratto esaminato è la riassicurazione di tipo

proporzionale. In tale tipo di contratto bisogna trovare la migliore ammissibile strategia dinamica a(t), con t ≥ 0, in base alla quale la probabilità di sopravvivenza dell’assicuratore sia massima. Sia A lo spazio di tutte le possibili azioni e per Aa∈ , sia g(X,a) la parte di sinistro pagata dal primo assicuratore e sia X – g(X,a) la parte di sinistro pagata dal riassicuratore. Si assume che 0 ≤g(x,a)≤x e che A = [0,1].

Sia g(X,a) la parte di danno X pagata dall’assicuratore, con g(x,a) = ax. Osserviamo il processo di rischio descritto dalla 5); in esso la quantità h(a) descrive il premio che il primo assicuratore paga al riassicuratore. Ipotizzando che, come nel classico modello di Lundberg, il numero di sinistri sia contato da un processo di Poisson di parametro λ e che ρ sia un coefficiente maggiore dell’unità, il premio di riassicurazione sarà:

h(a) = aλρE(X)

Si possono presentare due casi: 1) c ≥ λρE(X) – caso non interessante, in quanto i premi incassati

dai clienti sono maggiori di quelli da pagare per riassicurarsi e quindi non si profila nessuna condizione per l’ottimizzazione. La strategia di

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ottimizzazione sarà nulla ed il primo assicuratore minimizzerà il rischio cedendo tutta la quota al riassicuratore.

2) c < λρE(X) – caso più interessante, nel quale si assume che il premio di riassicurazione sia più oneroso rispetto alla massa di premi incassata.

L’equazione di HJB in forma esplicita è:

[ ]

( ) ( )[ ][ ]( ) 0s Xa)Eλρ(1caXsVsVλEinf(s)V'

0,1a≥

−−−−

=∈

(7)

Il valore minimo della (7) è maggiore di ( ] 1,a a 1∈ con a1 > 0, con λρ(1−a1)E(X) = c. Ciò implica che per l’ottimizzatore abbiamo a(s) ≥ a1, ossia che nel processo di rischio controllato R(t) dalla strategia di ottimizzazione si hanno danni limitati inferiormente da una costante positiva.

Il secondo contratto analizzato è la riassicurazione excess of loss di tipo illimitato; in essa il risarcimento del sinistro è ripartito tra il primo e secondo assicuratore secondo un fattore b, detto priorità tale che: 0 ≤ b ≤ ∞. Quindi A = [0, ∞] e g(x,a) = min(x,a). Secondo il principio del valore atteso, il premio per il primo assicuratore sarà pari a:

h(b) = λρE[max(X-b,0)]

con ρ > 1. Anche in tal caso assumiamo che la riassicurazione sia onerosa e cioè che c < λρE(X).

In tal caso l’equazione di HJB è:

( ) ( )[ ] 0s h(a)c

,0)a-max((XsVsVλEinf(s)V'a0

≥−−−

=∞≤≤

(8)

Ci proponiamo di affrontarne lo studio in una prossima pubblicazione.

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La teoria del controllo in assicurazione

51

5. Conclusioni La riassicurazione rappresenta da sempre un problema di una certa

importanza negli studi attuariali e come spesso succede nella storia della matematica, l’analisi di questo problema viene effettuata con gli strumenti matematici del tempo. La Programmazione Dinamica si è rivelata un potente strumento di indagine, ancorché molto flessibile. Ne segue che questa teoria certamente porterà importanti contributi allo studio della Matematica Attuariale.

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L’EQUAZIONE DI RICCATI IN TEORIA DEL RISCHIO Ennio Badolati [email protected] Università degli Studi del Molise 1. Introduzione Il nostro argomento nasce nel 1694 quando Johann Bernoulli ebbe

ad imbattersi nell’equazione differenziale:

(1. 1) 22 xyy +=′

per poi confessare la sua incapacità a risolverla. Il grande matematico svizzero, però, qualche anno dopo riuscì a trasformare la (1. 1) con la sostituzione:

(1. 2) uuy′

−=

nell’equazione lineare del secondo ordine:

(1. 3) 02 =+′′ uxu

che poi risolveva ricorrendo ad uno sviluppo in serie. Per inciso notiamo che non c’è da meravigliarsi dell’incapacità confessata da Bernoulli, visto che la (1. 3) si può ricondurre ad un’equazione di Bessel, come vedremo in seguito. Tornando alla (1. 1) aggiungiamo che, nel 1724, il matematico italiano conte Jacopo Riccati pubblicava sugli Acta Eruditorum (Suppl.) il lavoro “Animadversationes in aequationes differentiales secundi gradus” dove il lavoro veniva studiato con maggiore generalità e profondità. Poco dopo, tuttavia, Daniel Bernoulli, nel suo trattato “Exercitationes quaedam mathematicae” (Venezia, 1724) dimostrava che l’equazione

nxauub +=′ 2

poteva integrarsi per termini finiti per

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Badolati E. 56

12

−=m

mn ( )K,3,2,1,0=m

risultato che lo stesso Daniel Bernoulli aveva espresso qualche tempo prima sotto forma di anagramma1. Rinviando, per ulteriori dettagli su quest’enigma (tuttora irrisolto), al trattato del Watson (p. 2), riferiamo che di seguito Eulero (Institutiones Calculi Integralis, Pietroburgo, 1769), considerò l’equazione più generale

(1. 4) 2RyQyPy ++=′ ( QP, e R funzioni di x )

notando che per 0=P , caso nel quale la (1. 4) diviene un’equazione del tipo detto di Bernoulli, l’equazione data si poteva risolvere per via elementare, così come nel caso limite 0=R . La denominazione “equazione di Riccati” fu introdotta da d’Alembert nel 1763, quasi certamente per l’apprezzamento mostrato da Daniel Bernoulli verso il matematico italiano. Ma su ciò i matematici hanno avanzato delle perplessità2.

La soluzione di Daniel Bernoulli si può riassumere alla seguente maniera: considerata l’equazione

(1. 5) nbxayy =+′ 2 ( ba, costanti)

non si viene meno alla generalità supponendo 1== ba ; quindi, facendo uso della (1. 2), la (1. 5) diviene:

0=−′′ uxu n

e qui, ponendo ancora

( )pAxvu exp=

=+=

pAnp 1,1

2

1 Come curiosità riportiamo il testo dell’anagramma “Solutio problematis ab Ill.

Riccato proposito (est) … =±−+ ,,__,,,3,5,32,25,16,17,5,8,16,26,21,6,33,4,2,5,33,8,6,6,24 yxutsrqponmlihgfedcba

.1,2,4,= ”. 2 Riportiamo le parole del Davis: “Riccati does not appear to have contribued

essentially to the solution of this equation” (Davis, p. 57)

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L’equazione di Riccati in Teoria del Rischio 57

si ottiene

(1. 6) ( ) 012 21 =−+′+′′ −− vxpvxv pp

Se ora nella (1. 6) cerchiamo una soluzione del tipo

(1. 7) ∑∞

=

=0m

pmm xav

si trova l’equazione ricorrente

( )( ) ( )( )111

1121 −++

−+−=+ pmpm

pmam

per cui la serie (1. 7) diventa una somma finita quando

(1. 8) 12

4+

−=m

mn ( )K,3,2,1,0=m

Con qualche ulteriore considerazione si mostra che anche i valori

(1. 9) 12

4−

−=m

mn

riducono la (1. 7) a somma finita, per cui, in definitiva, i casi in cui la (1. 5) si può risolvere in termini finiti sono espressi dalla formula

(1. 10) 12

−=m

mn ( )K,3,2,1,0=m

Il metodo fu poi semplificato da Eulero e quindi definitivamente sistemato da Cayley nel 1868 (On Riccati’s equation, Phil. Mag. 36). Si può dimostrare, ancora, che se ( )xV è un integrale della (1. 6) anche ( )xV − costituisce un integrale indipendente della stessa equazione, per cui se 1u ed 2u sono due integrali della (1. 5) allora l’integrale generale della (1. 5) è

2211

2211

ukukukuky

+′+′

= ( 1k e 2k costanti)

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Badolati E. 58

Aggiungiamo che la (1. 10) conserva la sua validità anche al divergere di m , vale a dire per 2−=n , in quanto, direttamente, l’equazione

22 −=+′ xyy

diventa, per mezzo della (1. 2),

02 =−′′ uux

che è un’equazione di Eulero, la quale si può risolvere in termini finiti. Sull’equazione di Riccati diedero i loro contributi i più famosi matematici dell’800, quali Cayley, Glaisher, Greenhill, Kummer, Liouville, Lagrange e molti altri ancora. In Italia si ricordano Plana, Siacci, Sibirani, Genocchi e Bompiani.

Bibliografia - Davis H. T.: Introduction to nonlinear differential and

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2 ed. rist. 1966. 2. L’equazione di Riccati generalizzata Come già detto si deve ad Eulero la considerazione dell’equazione

(2. 1) PyRyQy =++′ 2 ( RQ, e P funzioni di x )

Lo stesso Eulero mostrò che se 0y era un’integrale particolare della (2. 1), con la sostituzione

(2. 2) u

yy 10 +=

veniva l’equazione

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L’equazione di Riccati in Teoria del Rischio 59

( ) RuQRyu =+−′ 02

che è risolvibile per quadrature. Alla stessa maniera si vede che se sono noti due integrali particolari della (2. 1), ovvero 0y e 1y , si ottiene un’equazione lineare risolvibile con una sola quadratura. Infine se sono noti tre integrali particolari della (2. 1), l’integrale generale della stessa equazione (2. 1) si consegue senza quadrature, argomento confermato dal risultato seguente nella (2. 1) e cioè che il birapporto di quattro iy ( 4,...,1=i ) integrali linearmente indipendenti della (2. 1) è costante, ovvero

( )( )( )( ) cost.

3241

4231 =−−−−

yyyyyyyy

Dobbiamo solo aggiungere che il termine “Equazione di Riccati generalizzata” si riferisce anche ad un altro problema e cioè quello relativo all’eliminazione dei parametri da una relazione del tipo

=

== n

iii

n

iii

wk

vky

1

1 ( ik costanti, iv e iw funzioni di x )

considerato che, nel caso 2=n , eliminando i parametri da

2211

2211

wkwkvkvky

++

=

si ottiene un’equazione di Riccati. Per ulteriori particolari rinviamo al volume di Davis (p. 76).

Infine, in un interessante articolo, Raffy ha mostrato come ridurre la (2. 1) a forma canonica. Infatti se nell’equazione

02 =+++′ cbyayy ( cba ,, funzioni di x )

si pone

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Badolati E. 60

0cu

cy+

−=

−=ccbc

21

0

risulta

( )xFuu =+′ 2

Il metodo richiede che sia 0≠c , ma il caso 0=c conduce ad un’equazione di Bernoulli che, come già detto, s’integra in maniera elementare.

Bibliografia - Davis H. T.: loc. cit.; - Iwinski T.: The generalized equations of Riccati, Pan.

Wydaw. Naukowe, Warszawa, 1961; - Raffy L.: Une leçon sur l’équation de Riccati, Nouv.

Annales de Math. (2), 1902, p. 529-545. 3. Altri risultati sull’equazione di Riccati Notiamo che l’equazione (di Riccati)

02 =+′ yy

ha come integrale

cxy

+−=

1

la quale ha, come singolarità, un polo dipendente da c (e quindi mobile) in contrasto con le equazioni lineari che hanno singolarità fisse. Al contrario l’equazione (di Abel)

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L’equazione di Riccati in Teoria del Rischio 61

021 3 =+′ yy

ha per soluzione

cxy

+=

1

che ha un punto di diramazione mobile. Il risultato ha carattere generale, nel senso che si può dimostrare che assegnata un’equazione differenziale del tipo

(3. 1) ( )( )yxQ

yxPy,,

=′

dove P e Q sono polinomi rispetto a y , allora la (3. 1), se non ha punti mobili di diramazione, è necessariamente un’equazione di Riccati.

Un’altra interessante proprietà dell’equazione di Riccati va ricercata negli sviluppi asintotici dei suoi integrali (de Bruijn, p. 177)

Bibliografia - Davis H. T.: loc. cit. - De Bruijn N.G.: Asymptotic methods, Dover, New York, 1981. 4. Funzioni di Bessel ed equazioni di Riccati Prendendo in esame l’equazione di Bessel

( ) 0222 =−++′′ yxyxyx µ ( )ℜ∈µ

e ponendo prima 4

2xt = e poi wty β= (con 4

22 µβ = ) si trova

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Badolati E. 62

(4. 1) ( ) 012 =+′±+′′ wwwt µ ( )( )tww =

la cui soluzione è

( ) ( )[ ]tYBtJAtw 22 µµβ += −

±=

2µβ

dove A e B sono costanti mentre µJ e µY rappresentano le note funzioni di Bessel di prima specie. Aggiungiamo che, per µ non intero, µY può essere sostituito da µ−J .

Tornando all’equazione

nxbyay =+′ 2

ponendo xuy = e poi hxgs = (con 1+= nh ) viene

hg

bsh

uash

usdud

=+−2

Ricorrendo infine all’ulteriore sostituzione

ww

ashu

′= e

hbag −=

si trova quindi

011 =+′

−+′′ ww

hws

che, per µ1

=h , è del tipo (4. 1).

Viene così mostrata un’importante proprietà dalle equazioni di Riccati e cioè il suo legame con l’equazione di Bessel.

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L’equazione di Riccati in Teoria del Rischio 63

Bibliografia - Watson G. N.: loc. cit. 5. Jacopo Riccati Il conte Jacopo Riccati nacque a Venezia il 28 maggio del 1676,

ma visse quasi sempre tra Castelfranco Veneto e Treviso. Laureatosi in legge nel 1696, sposò Elisabetta Orrigo dalla quale ebbe 18 figli. Nonostante gli studi giuridici, il nostro protagonista si dedicò alle matematiche, pubblicando numerosi lavori sulla geometria, sulle equazioni differenziali e sull’idraulica. Fu anche attivo nella vita politica, così come, da vero poligrafo, scrisse di filosofia e di materie letterarie. Come curiosità annotiamo che compose anche una tragedia: il Baldassarre (1747). Tra i suoi figli ricordiamo il Vincenzo (1707-1775), della Compagnia di Gesù, che fu anche lui un distinto matematico. Jacopo Riccati morì nel 1754, cinque anni dopo la perdita dell’amatissima moglie.

Bibliografia - Bagni G. T.: Jacopo Riccati (la matematica nella marca)

Teorema, Treviso 1990.

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Badolati E. 64

6. L’equazione di Riccati nel calcolo delle variazioni E’ noto, dai fondamenti del Calcolo delle Variazioni, che se si deve

trovare una curva rappresentata dall’equazione3

( )xfy =

che renda massimo o minimo l’integrale

( )dxyyxFJx

x∫ ′=

1

0

,, ( ( ) ( ) [ ]211100 ,,,,, xxIyxByxA =≡≡ )

si trova come condizione di stazionarietà, l’equazione differenziale

(6. 1) 0=− ′yy FdxdF

che è detta equazione di Eulero (o di Eulero – Lagrange). Per distinguere i massimi dai minimi Lagrange ricorse al seguente artificio (Mémoire sur la manière de distinguer…, Mem Ac Sc 1786): se si è trovato un estremale ovvero una soluzione della (6. 1) ( )xyy 0= , che va da A a B e giacente in una regione L del piano ( )yx, , allora posto

(6. 2) ( )xyyy ηεω +=+=

3 Le condizioni richieste per y e F richiederebbero un’ampia trattazione e qui

ci limiteremo a richiedere per y l’appartenenza alla classe ( )IC1 ovvero alla classe delle funzioni ℜ→If : con derivata prima continua, mentre F verrà fissata come appartenente alla classe ( )ℜℜxx2 IC ovvero la classe delle funzioni definite in

ℜℜxxI con derivate seconde continue. Più complesso è il concetto di variazione ed anche in questo caso dovremo limitarci a variazioni del tipo ( ) ( ) ( ) ( )xyyxfxfxw ηε=−=−= ˆˆ , dove ε è una costante ed ( )xη una funzione

della stessa classe di y . Ma questo concetto ha avuto una lunga evoluzione e, successivamente, sono stati introdotti altri tipi di variazione come la variazione di Frechet e la variazione di Gateaux. Per quanto detto rinviamo ai volumi di Sagan e di Zelikin.

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L’equazione di Riccati in Teoria del Rischio 65

sviluppiamo ( ) ( )yJyJJ −=∆ in serie di Taylor, con le posizioni

( )xFP yy= ( )( )000 ,, yyxx ′≡ ( )xFQ yy ′= ( )xFR yy ′′=

e, quindi, ricordando che 0y verifica la (6. 1) si ottiene

(6. 3) ( ) Ω+′+′+=∆ ∫1

0

22 221 x

x

dxRQPJ ωωωω

dove Ω è una funzione, rispetto ad ω e ω′ , di ordine 3≥ . Ricordando la (6. 2) si ha che la (6. 3) si può scrivere

(6. 4) ( ) Ω+′+′+=∆ ∫1

0

222 221 x

x

dxRQPJ ηηηηε

a meno di infinitesimi di ordine superiore a 2 . Notiamo che, dalle ipotesi poste, segue che QP, ed R risultano continue in I , ma a questa proprietà aggiungiamo l’ulteriore condizione che QP, ed R non siano identicamente nulle.

Tanto premesso, il metodo di Legendre consiste nell’aggiungere alla (6. 4) l’integrale

(6. 5) ( )∫ ′+′1

0

22 221 x

x

dxww ηηηε

con ( )xww = funzione da determinare, derivabile in I con derivata continua.

Osservato ora che l’integrale (6. 5) è nullo in quanto, essendo ( ) ( )21 xx ηη = , viene

( ) [ ] 01

0

1

0

22 ==∫xx

x

x

wdxwxd

d ηη .

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Badolati E. 66

Così facendo la (6. 4), con qualche semplice modifica e sempre tralasciando gli infinitesimi di ordine superiore, viene ricondotta all’espressione (dove J2δ viene chiamata variazione seconda)

(6. 6) ( ) ( )( )∫ ′+′++′+=1

0

2222 2x

x

dxRwQwPJ ηηηηεδ

e quindi si determina w in modo che il discriminante della forma quadratica che appare nella (6. 6) sia nullo, ovvero

( ) ( ) 02 =′+−+ wPRwQ

La condizione precedente risulta equivalente all’equazione di Riccati

(6. 7) PRQwQwwR −++=′ 22 2

per cui, determinata w dalla (6. 7), viene che la (6. 6) si può scrivere nella forma

+

+′=1

0

222

x

x

dxR

wQRJ ηηεδ

il cui segno si studia con facilità. Il ragionamento di Legendre, a parte la difficoltà di risolvere la (6. 7), non era immune da carenze: infatti

2

2

yFR′∂

∂=

non deve cambiare di segno in I così come bisogna che la funzione ( )xww = , soluzione dell’equazione differenziale di Riccati (6. 7), risulti finita e continua in I e questo venne osservato da Lagrange. L’esempio seguente permette d’esplicitare quanto detto: si abbia infatti la variazione seconda

( )∫ −′=1

0

222x

x

dxJ ηηδ

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L’equazione di Riccati in Teoria del Rischio 67

che porta all’equazione di Riccati

12 +=′ ww

la quale s’integra immediatamente col risultato ( )cxw += tg , per cui se l’intervallo I ha ampiezza maggiore di π , allora ( )xw ha in I almeno una discontinuità.

Le considerazioni esposte fanno intendere, pur nella loro sinteticità, l’importanza delle equazioni di Riccati nel Calcolo delle Variazioni e quindi nella Teoria del Controllo. Però nella maggior parte dei casi, i coefficienti di quest’equazione differenziale sono matrici, con conseguente complicazione dell’argomento.

Bibliografia - Sagan H.: Introduction to the calculus of variations, rist.

Dover, New York, 1992; - Zelikin M. I.: Control theory and Optimization (vol. 1),

Springer, Berlin, 2000). In particolare sulla storia del calcolo delle variazioni segnaliamo: - Bolza O.: Lectures on the calculus of variations, rist.

Dover, New York, 1961; - Goldstine H.H.: A history of the calculus of variations…, Springer, New York, 1980.

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Badolati E. 68

7. Un esempio Consideriamo il seguente problema di controllo

(7. 1) ( ) ( ) ( ) ( )

( )

=+=

10xtdWtudttutxd

( [ ]1,0, =∈ IIt )

dove ( )tx è la cosiddetta traiettoria, ( )tu il controllo mentre ( )tW è un moto browniano. Aggiungiamo che il codominio della funzione è ℜ , ovvero ℜ→∈ Itu : .

Passiamo ora al funzionale da minimizzare (o funzionale dei costi) che la forma

(7. 2) ( )( ) ( ) ( )

+−=⋅ ∫1

0

22 121

21 xturEuJ

essendo E l’operazione di valor medio ed r una costante caratterizzata dalla limitazione 10 << r .

Supponiamo, per il momento, che esista una coppia ottimale ( )tx ed ( )tu in grado di risolvere il problema assegnato.

Di seguito ricordiamo che occorre unire alla (7. 1) l’equazione aggiunta

(7. 3) ( ) ( )

( ) ( )

−==

11 xptdWtqdp

( )It∈

che rappresenta il completamento necessario ad intravedere nelle (7. 1) e (7. 3) un sistema hamiltoniano.

Con qualche ulteriore indagine si trova che la terza funzione di Hamilton ha la forma4

4 Ricordiamo che nel caso stocastico esistono tre funzioni dell’Hamilton e cioè la

funzione H , la funzione hamiltoniana generalizzata 2H ed infine la terza funzione

hamiltoniana 3H ovvero G . Nel caso deterministico, invece, basta riferirsi alla funzione H .

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L’equazione di Riccati in Teoria del Rischio 69

( ) ( ) ( )uuqpuruxtH +++−−= 23 1

21,,

dove, per brevità, abbiamo omesso la dipendenza da t, notazione che seguiremo anche nel proseguimento. Notiamo, inoltre, che nell’ipotesi posta 10 << r , la funzione ( )uHH 33 = è una parabola con la concavità rivolta verso il basso, per cui applicando il principio di minimo dovuto a Pontryagin (nel caso stocastico) si trova per

( )tuu = la condizione

(7. 4) 03 =du

dH

da cui discende

(7. 5) β=+−=

rqpu ( ( )tββ = )

Sostituendo questo valore nella (7. 1) ed aggiungendo la (7. 3) otteniamo il sistema hamiltoniano (in x e p )

(7. 6) ( ) ( ) ( )

−===

+=

11,10 xpxdWqdp

dWdtxd ββ

Ammettiamo ora che esista una relazione del tipo

( ) ( ) ( )txttp θ=

ovvero

(7. 7) xp θ=

essendo p e x funzioni stocastiche, mentre θ risulta una funzione deterministica. Differenziando la (7. 7) con la regola di Ito e tenendo conto delle (7. 6), viene

( ) dWdtxdp θβθβθ ++= &

e, quindi, sempre dalle (7. 6)

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Badolati E. 70

( ) dWdtxdWq θβθβθ ++= &

ovvero

(7. 8')

−==

θβθθβ

xq&

ed ancora

(7. 8'')

+−=

+−=

+−=

θθβ

θθ

θθ

rx

rx

rrq

2

Dalle (7. 8) segue che la funzione ( )tθθ = deve verificare l’equazione (assimilabile ad un’equazione differenziale di Riccati)

(7. 9) θ

θθ+

=r

2& ( ( ) It∈−= ,11θ )

La (7. 9) si risolve facilmente separando le variabili, e, tenuto conto che, per ( )tIt θ,∈ è negativa, si ottiene

( )θ

θ rrt −−=+− log1

ovvero, ponendo θθ −=1

11log1

θθ rrt +=+−

che definisce implicitamente ( )tθθ = . Vedremo anche che dovrà risultare ( )Itr ∈<+ 0θ . Abbiamo allora come soluzione possibile

(7. 10) xr

θ+

= ( It∈ )

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L’equazione di Riccati in Teoria del Rischio 71

Con un calcolo lungo, ma non difficile, e con l’aiuto della formula di Ito viene, ricordando che x è una funzione stocastica

( )( ) ∫

+

++−−=1

0

222

02 21 dr

rxuuExEθ

θθθθ ( ( )00 θθ = )

per cui sostituendo nella (7. 2) consegue

( ) ( )∫ −

+++−=

1

00

2

21

21 θ

θθθ dt

rxurEuJ

in modo da concludere che, per 0<+θr (come già detto) si ha un minimo in I per

θθ+

−=r

xu

ovvero la (7. 10). Resta ora da vedere che la condizione 0<+θr è verificata in I e, a tal fine, consideriamo la funzione ausiliaria

( ) rtsrsts −+−+= 1log,ϕ ( +ℜ∈ 0s )

e quindi notiamo che

( ) ( )rrrr 02log0, ϕϕ =−+=

per cui se ( ) 00 <rϕ (cosa che succede, approssimativamente, per 1586.10 << r ) allora si ha

( ) ( ) 02log, 0 <−=−−+= trtrrtr ϕϕ ( It∈ ) ( ) 011 >−= tϕ

e, quindi, tenendo anche conto del risultato

( )2srs

dssd −=

ϕ

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Badolati E. 72

segue che esiste ed è unico il valore di θ il quale verifica la relazione 0<+θr . Infine da ( ) 0,1 =tϕ segue che, per 1=t , viene ( ) 11 −=θ , cosa che esaurisce la discussione. Il caso trattato era solo un esempio, ma mostra l’importanza delle

equazioni di Riccati nel controllo deterministico e stocastico, posto che il funzionale dei costi sia del tipo lineare quadratico.

Bibliografia - Yong J. – Zhou X.Y.: Stochastic Controls, Springer New

York, 1999; - Abou – Kandil H. et al.: Matrix Riccati equations in Control

and System Theory, Birkhauser Basel, 2000;

- Lasiecka I. Triggiani R.: Differential and Algebraic Riccati

Equations, Springer, Berlin, 1991.

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LA TEORIA DELLA ROVINA E IL PROCESSO GAUSSIANO INVERSO GENERALIZZATO

Sandra Ciccone [email protected] Università degli Studi del Molise Abstract Nell’ambito di un nuovo modello per le somme a rischio, modello

introdotto da Gerber nel 1991 e generalizzato da Morales nel 2004, viene valutata la probabilità di rovina sia asintotica che in tempi finiti. Si procede inoltre allo studio del problema del tempo di rovina, ammettendo che la rovina avvenga; in particolare si determina la distribuzione del tempo di rovina ed i suoi momenti. Si considera il caso della gaussiana inversa generalizzata.

Keywords: gaussiana inversa generalizzata, processo di Lévy,

probabilità asintotica di rovina, probabilità di rovina in tempi finiti, funzione di ripartizione del tempo di rovina, momenti del tempo di rovina.

1. Introduzione Nel 1991 F. Dufresne, H. Gerber e E. Shiu1 hanno proposto un

nuovo modello per le somme a rischio, modello da considerare più generale rispetto al modello di Poisson composto. Gli autori, prendendo in considerazione un processo gamma, hanno determinato un’espressione finita per la funzione di ripartizione della spesa per sinistri ed inoltre, sempre nello stesso caso, sono riusciti a determinare lo sviluppo asintotico di Lundberg.

1 Cfr [7].

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Ciccone S. 74

Nel 2004 M. Morales2 ha generalizzato il modello introdotto da Dufresne et al. utilizzando un processo che lui stesso definisce “Generalized inverse Gaussian Lévy process” ottenendo delle limitazioni per la probabilità asintotica di rovina in alcuni casi particolari.

Nel 2005 J. Garrido e M. Morales3, riprendendo le ipotesi di Morales (2004), hanno studiato l’equazione integrale di Gerber e Shiu (1998) relativa al tempo di rovina utilizzandola per la valutazione della probabilità asintotica di rovina.

In questo articolo, nell’ambito del modello di Morales, affronteremo i seguenti temi: la probabilità asintotica di rovina, sia attraverso la trasformata di Laplace che tramite talune approssimazioni, e la funzione di Gerber e Shiu (1998), la quale ci permetterà di determinare la probabilità di rovina in tempi finiti, i momenti del tempo di rovina e la sua funzione di ripartizione.

2. Un nuovo modello Per comprendere a pieno il modello considerato da Gerber e Shiu e

generalizzato da Morales, introduciamo, sinteticamente, la funzione Gaussiana Inversa Generalizzata (GIG).

Una distribuzione Gaussiana Inversa Generalizzata (GIG) ha densità

2. 1 ( ) ( )( )

( )xx

GIG exK

xf212

21

1

2γδλ

λ

λ

δγδγ +−−

=

dove ( )xKλ è la funzione di Bessel modificata del terzo tipo4 di

indice λ , data dalla formula di Schläfli ( ) ( )∫∞

+−−−

=0

21

11

dueuuKuuλ

λ e per

2 Cfr [17]. 3 Cfr [10]. 4 Queste funzioni vengono indicate come funzioni di Macdonald, anche se

furono introdotte da Basset nel 1886. Sono in uso altre denominazioni e cioè funzioni modificate di secondo ordine (Wittaker-Watson) oppure funzioni di Bessel modificate di terzo ordine (Gatteschi).

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La teoria della rovina e il processo gaussiano inverso generalizzato 75

cui risulta ( ) ( )xKxK λλ −= . La (2. 1) è una funzione infinitamente divisibile5. A seconda della scelta dei parametri ( )λγδ ,, si hanno

diverse densità: per 0>δ , 0≥γ , 21

−=λ si ottiene una gaussiana

inversa; per 0≥δ , 0>γ , 0>λ con 0→δ si ha una Gamma. La trasformata di Laplace6 della (2. 1) è

( )[ ]( )

2

2

2

21

21

λ

λ

λ

γδγ

γδγ

+

+

=zK

zKxfgigL ,

mentre la media e la varianza sono

( ) ( )( )δγδγ

γδ

λ

λ

KKXE 1+= ; ( ) ( )

( )( )( )

−= ++

δγδγ

δγδγ

γδ

λ

λ

λ

λ2

12

22

2

VarK

KK

KX .

Tanto premesso, vediamo le principali caratteristiche del modello introdotto da Gerber et al. (1991). Dato 0>x , ( )xtN ; indica il numero dei sinistri con una ammontare superiore ad x , che avvengono prima del tempo t ; ( )xtS ; rappresenta la somma di questi sinistri. Gli autori ipotizzano per ( ) 0; ≥txtN un processo di Poisson di parametro ( )xQ ; questo implica che ( ) 0; ≥txtS è un processo di Poisson composto di parametro ( )xQ e ammontare del singolo sinistro:

5 Una variabile casuale X o la sua distribuzione si dice infinitamente divisibile

se per ogni valore ,,3,2,1 K=n , la sua funzione caratteristica ( )zφ può essere

riscritta come ( ) ( ) nn zz φφ = . Pertanto la v.c. X assume la forma

nXXXX +++= K21 per ogni ,,3,2,1 K=n , dove le v.c. nXXX ,,, 21 K sono identicamente distribuite.

6 In questo lavoro il simbolo ( )[ ]xfL indicherà l’operazione di trasformata di Laplace di una funzione ( )xf .

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Ciccone S. 76

( ) ( ) ( )( )

>−

≤= x y

xQyQxQ

xyxyP

0, .

Il processo ( )tS è dato dal limite: ( ) ( )tSxtS

x=

→;lim

0.

Il valor medio di ( )tS si ottiene dal limite ( )[ ]xtSEx

;lim0→

dove

( )[ ] ( ) ( )( ) ( ) ( )∫∫+∞∞

+=−=x

dyyQtxQxtdyxyPxtQxtSE0

,1;

pertanto

( )[ ] ( ) ( )[ ] ∞<−== ∫∫∞+∞

00

ydQytdyyQttSE .

La Trasformata di Laplace di ( )tS viene valutata attraverso il limite ( )[ ]xtSz

xeE ;

0lim −

→ dove

( )[ ] ( ) ( ) =

−= ∫

+∞−−

x

yzxtSz xydPextQeE 1;exp;

[ ] ( )[ ]

−−= ∫

+∞−

x

yz ydQet 1exp

pertanto ( )[ ] ( ) zteE tSz Ψ=− exp

dove

2. 2 ( ) [ ] ( )[ ]

−−=Ψ ∫

+∞−

0

1 ydQez yz .

La funzione ( )xQ rappresenta quindi il numero atteso di sinistri per unità di tempo con un ammontare eccedente x ed ha le seguenti caratteristiche:

• è una funzione non-negativa e non-decrescente;

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La teoria della rovina e il processo gaussiano inverso generalizzato 77

• ( )∫∞

∞<0

dxxQ , ovvero ( )[ ]∫∞

∞<−0

xdQx . Se ( ) ( )xQxq ′−=

(pertanto ( ) ( )dttqxQx∫+∞

= ) avremo ( )[ ] ( )∫ ∫∞ ∞

∞<=−0 0

dxxxqxdQx ;

• ( ) 0lim =∞→

xQx

;

• ( ) ( )xQQx 0lim0→

= .

Distinguiamo i seguenti casi: • ( ) ∞<0Q : in questa evenienza ( )tS segue un processo di

Poisson composto di parametro ( )0Q (che corrisponde quindi a λ parametro di Poisson) e la funzione di ripartizione dell’ammontare del

singolo sinistro è: ( ) ( )( )0

1Q

yQyP −= da cui si ha ( ) ( )( )yPyQ −= 1λ .

Questo primo caso corrisponde al modello classico della teoria del rischio;

• ( ) ∞=0Q : sotto questa ipotesi il numero atteso di sinistri per unità di tempo è infinito e ( )tS , che è un processo finito, è il limite di processi di Poisson composto, ma non è un processo di Poisson composto. Dufresne et al. (1991), considerando proprio l’ipotesi di infiniti sinistri per unità di tempo ovvero ( ) ∞=0Q , hanno valutato la funzione di ripartizione di ( )tS scegliendo talune funzioni per ( )xq 7

Fin qui le ipotesi di Dufresne et al.. Nel 2004 Morales, facendo riferimento sempre all’ipotesi ( ) ∞=0Q , ha generalizzato il modello considerando per ( )xq una nuova funzione:

2. 3 ( ) ( ) dxedttgex

xqx

tx 2

0

222

,0max21 γ

λ λδδ−

∞−

+= ∫

dove

7 Ad esempio se ( ) dxexxq x−−= 1 si perviene ad una funzione gamma; se

( ) dxexxq x−−

= 23

si perviene ad una funzione gaussiana inversa (cfr[7]).

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Ciccone S. 78

( ) ( ) ( )[ ]1

222

2

+= yYyJyyg λλλπ

con ( )xJv e ( )xYv funzione di Bessel del primo e del secondo tipo8:

( ) ( )∫

π 0

2

21 sincoscos

21

21

dtttxv

xxJ v

v

v; ( ) ( ) ( ) ( )

( )ππv

xJvxJxY vvv sin

cos −−= .

Ponendo λ=½ nella (2. 3), risulta ( ) xx

xJ sin2

21 π

= e

( ) xx

xY cos2

21 π

−= , da cui

( )y

ygπ

1

21 =

e pertanto

( )

+

Γ

=

+=

−∞+ −−

∫ 21

221

21

2

2

0

2

22

xxedt

te

xexq

xxtx

π

δ

πδ

γγ

ovvero

2. 4 ( ) xxexexxq 2122

3 22

21

2

γγ

πδ −−−−

+= .

Fissando invece λ=-(½), risulta ( ) ( )y

ygygπ

1

21

21 ==

− e la (2. 3)

diventa

8 In effetti nell’equazione differenziale di Bessel, per valori interi del parametro,

l’integrale nJ − non è indipendente da nJ e quindi occorre cercare un secondo integrale attraverso un’operazione di passaggio al limite. Si hanno quindi le funzioni di Henkel e le funzioni di Weber (funzioni del secondo tipo) che tuttavia differiscono solo per un fattore moltiplicativo. Per ulteriori ragguagli rinviamo a Wittaker-Watson, Modern Analysis, IV ed., Cambridge Univ. Press, 1965, pag. 370.

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La teoria della rovina e il processo gaussiano inverso generalizzato 79

2. 5 ( ) xexxq 22

3 2

2

γ

πδ −−

=

che è una distribuzione gaussiana inversa. Osservando la (2. 3) notiamo che si tratta di funzione del tipo GIG

e pertanto infinitamente divisibile con ( )∫∞

∞<0

dxxxq ,

( ) ( )∫∞

∞==0

0 dxxqQ .

Morales parla però di “Generalized Inverse Gaussian Lévy process”. Per comprendere tale definizione, introduciamo il concetto di processo di Lévy. Un processo ( ) 0≥= ttXX con ( ) 00 =X è un processo di Lévy se e solo se la sua trasformata di Laplace è del tipo: ( ) ( )st

t es Ψ=φ dove

( ) ( ) ( )[ ] ( )∫ −− Ι−−−+−=Ψ

0

1,12

2

12 R

sx dxxqxsxesbass

con a reale che indica il drift term, b reale è il coefficiente gaussiano, mentre ( )xq è la misura di Lévy tale per cui9

( ) ( ) ∞<∧∫0

21R

dxxqx . L’esponente ( )sΨ viene denominato esponente

di Laplace del processo X . La misura di Lévy descrive il numero atteso di salti di una certa entità che avvengono in un intervallo di ampiezza 1. A seconda della scelta dei parametri ba, e della misura ( )xq , risulta: • se 02 >b e ( ) 0=xq , il processo è un Moto Browniano; • se 02 =b distinguiamo diversi casi:

- ( ) 0

∞<∫+∞

dxxq il processo è un processo di Poisson Composto;

9 Dato l’insieme ( )ba, , il simbolo ba ∧ indica il minimo tra a e b .

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Ciccone S. 80

- ( ) ( ) ( ) 1 e 00

∞<∧∞= ∫∫+∞+∞

dxxqxdxxq il processo ha un infinito

numero di piccoli salti, ma è di variazione limitata;

- ( ) ( ) ( ) 1 e 00

∞=∧∞= ∫∫+∞+∞

dxxqxdxxq il processo ha un infinito

numero di salti ed è di variazione non limitata;

- ( ) ( )∫∞

∞<∧0

1 dxxqx il processo di Lévy viene detto

“subordinator” (gli incrementi sono sempre positivi) e l’esponente di Laplace ha la forma ( ) [ ] ( )∫ −+−=Ψ −

0

1R

sx dxxqeass .

Ad ogni processo di Lévy può essere associata una distribuzione infinitamente divisibile; viceversa, ad ogni v.c. infinitamente divisibile, possiamo associare un processo di Lévy.

Osservando la (2. 3) notiamo che, trattandosi di una distribuzione del tipo GIG, siamo in presenza di una funzione infinitamente divisibile, pertanto possiamo definire il processo di Lévy ad essa associata, descritto dall’esponente di Laplace

2. 6 ( ) [ ] ( )∫ −=Ψ −

0

1R

sxGIG dxxqes

che è del tipo (2. 2) con ( ) ( )∫+∞

=x

dttqxQ . In conclusione il processo

( )tS può essere generalizzato da ( )tSGIG in cui ( )xq assume la forma di un “GIG Lévy process”. Notiamo che ( )tSGIG è un subordinator, la

cui misura di Lévy soddisfa ( )∫+∞

∞<0

dxxxq ; risultando inoltre

( ) ( )∫+∞

∞==0

0 dxxqQ , il processo ( )tSGIG è composto da un infinito

numero di piccoli salti.

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La teoria della rovina e il processo gaussiano inverso generalizzato 81

3. La teoria della rovina per il GIG Lévy process Il fondo dell’impresa assicurativa è dato da:

( ) ( )tSctutU GIG−+= dove: GIGS è il “GIG Lévy process”; u il fondo iniziale; c il

coefficiente costante delle entrate:

( ) ( )[ ] ( ) ( )∫∞

+=+=0

111 dxxQSEc GIG θθ essendo θ il fattore di

caricamento10. La probabilità asintotica di rovina con il fondo iniziale u è data da ( ) ( )∞<Τ= Pruψ (la probabilità asintotica di non rovina è ( ) ( )uu ψϕ −=1 ). In primo luogo procediamo allo studio della probabilità asintotica

di rovina11 ( )uψ che è data da

3. 1 ( ) ( ) ( ) ( )∫ −+

++

−=

u

ydMyuuMu01

11

1 ψθθ

ψ

dove: • ( )xM è la funzione di ripartizione di ( )xυ ;

• ( ) ( )

( )( )

( )

( )∫

∫∞+

+∞

∞+ =−

=

00

dttq

dttq

tdQt

xQx xυ è la funzione di densità delle

variabili casuali 2,1=iiL dove ( ) cttSL GIGt

−=>0

sup ; pertanto possiamo

riscrivere la probabilità asintotica di rovina come ( ) ( )uLPu >=ψ . Osservando che la funzione ( )xM è data dall’espressione:

10 Per le valutazioni numeriche fisseremo 2.0,1.0=θ . 11 Gerber (1991) afferma che i risultati per il modello in esame possono essere

ottenuti attraverso quelli del modello di Poisson composto sostituendo ( )( )yP−1λ con ( )yQ .

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Ciccone S. 82

3. 2 ( ) ( ) ( )

( )( )∫ ∫

∫∫ === ∞+

x xx

dyyQm

dydtttq

xQdyyxM0 0

0

0

1υ ( )

= ∫

+∞

0

dtttqm

la probabilità asintotica di rovina può essere riscritta nella forma

( )( )

( ) ( )∫∫

−++

−=

u

u

dyyQyuAdxxQ

mu

0

0

1

11ψ

θψ ( )

+

=θ1

1m

A

ovvero

( )( )

( ) ( ) ( )∫∫

−++

−=

u

u

dyyQyuAm

dxxQmu

0

0

θψ

e quindi

3. 3 ( ) ( ) ( ) ( )∫∫ −+

−=

uu

dyyQyuAdxxQmAu00

ψψ .

La (3. 3), che in termini di probabilità asintotica di non rovina diventa

( ) ( ) ( ) ( )∫ −+

++

=u

dyyQyum

u01

11

ϕθθ

θϕ

ricorda l’equazione di Cramér

3. 4 ( ) ( ) ( ) ( )∫ −+

++

=u

dyygyum

u01 1

11

ϕθθ

θϕ

dove ( ) ( )xPxg −=1 ( ( ) 10 =g ) essendo ( )xP la funzione di ripartizione delle somme a rischio e 1m il valor medio di ( )xP .

Morales (2004) ha determinato delle limitazioni per ( )uψ ; in questo lavoro invece valuteremo il valore esatto di ( )uψ utilizzando la trasformata di Laplace, infatti, ponendo ( ) ( )[ ]us ψψ L=ˆ e ( ) ( )[ ]uQsQ L=ˆ , la trasformata di Laplace della (3. 3) è

( ) ( )[ ] ( ) ( )sQsAsQmsAs ˆˆˆˆ ψψ +−=

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La teoria della rovina e il processo gaussiano inverso generalizzato 83

da cui

3. 5 ( ) ( )( )sQAsQm

sAs ˆ1

ˆˆ

−−

con ( )θ+=11

mA , ( )∫

+∞

=0

dtttqm . Invertendo la (3. 5) abbiamo

calcolato la probabilità asintotica di rovina e confrontato i risultati con le limitazioni trovate da Morales.

È noto nella teoria del rischio classica che la probabilità asintotica di rovina, per +∞→u , può essere valutata attraverso l’approssimazione di Cramér-Lundberg

( ) -RueCu ~ψ dove R , denominata costante di Lundberg, è la soluzione non

banale dell’equazione

( ) ( )∫+∞

=+−0

1 11 xdPemR xRθ

mentre la costante C è data dall’espressione:

( )∫∞+=

0

1

dxxgxeR

mCxR

θ .

In prima approssimazione possiamo fissare 1=C , ottenendo ( ) -Rueu ~ψ

nota come approssimazione di Lundberg. Di seguito, attraverso la teoria delle equazioni dei rinnovi,

presenteremo, per il modello in esame, delle approssimazioni simili a quelle appena esposte.

La (3. 3) è un’equazione dei rinnovi del tipo impropria (defective) in quanto

( ) ( ) 11

111

0

<+

=+

=∫+∞

θθm

mdxxQA

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Ciccone S. 84

pertanto esisterà una costante ℜ tale per cui12

3. 6 ( ) 10

=∫+∞

ℜ dyyQeA y

il che ci permette di riscrivere l’equazione (3. 3) nella forma

3. 7 ( ) ( ) ( ) ( ) ( )∫∫ ℜ−ℜℜℜ −+

−=

uyyu

uuu dyyQeyueAdxxQmAeue

00

ψψ

che è un’equazione dei rinnovi di tipo propria. La probabilità asintotica di rovina può quindi essere approssimata

dall’espressione

3. 8 ( ) u-LC e

CCu ℜ

−2

1~ψ

dove13

( )∫ ∫+∞

−=

0 01 dudxxQmAeC

uu ; ( )∫

+∞ℜ=

02 dyQeyAC y .

Ponendo ( ) ( )∫+∞

=u

dxxQAuQ (da cui ( ) ( )uAQuQ −=′ ), risulta per il

coefficiente 1C

( ) ( ) ( )

+−

ℜ== ∫∫ ℜ

+∞ℜ

uuu duuQeAQduuQeC

001 01 .

Poiché ( ) ( )θ+

== ∫+∞

110

0

dxxQAQ , il coefficiente 1C diventa

( ) ( )ℜ−ℜ

++ℜ

−= QAC ˆ11

1 θ.

Ed, infine, ricordando la (3. 6), abbiamo

( )θ+ℜ−

ℜ=

111

1C .

12 L’esistenza e l’unicità della radice si dimostra essenzialmente con gli stessi

metodi adoperati per la costante di Lundberg. 13 Notiamo che (3. 8) è un’approssimazione del tipo Cramér-Lundberg.

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La teoria della rovina e il processo gaussiano inverso generalizzato 85

Per quanto riguarda il coefficiente 2C risulta, per le proprietà della trasformata di Laplace,

( ) ( ) ( )[ ]ℜ−ℜ

−== ∫+∞

ℜ QddAdyyQyeAC y ˆ1

02 .

In prima approssimazione possiamo porre 12

1 =CC , il che ci permette

di trovare una nuova approssimazione14 per ( )uψ : 3. 9 ( ) u-

L eu ℜ~ψ . Passeremo ora a talune valutazioni numeriche della probabilità

asintotica di rovina. Confronteremo l’inversione numerica15 della (3. 5) che indicheremo con ( )uTLψ , l’approssimazione (3. 8) che indicheremo con ( )uCLψ e l’approssimazione asintotica (3. 9) che indicheremo con ( )uLψ .

• I° caso In questa prima evenienza abbiamo fissato ( ) bxexaxq −−= 1 ovvero

abbiamo ipotizzato per ( )xq una funzione gamma. Il valore m vale

badxeam bx == ∫

+∞−

0

.

La funzione ( )xQ assume la forma

( ) ( ) ( )xbadtetadttqxQx

bt

xi

1 E=== ∫∫+∞

−−+∞

dove ( ) ∫+∞

−−=x

t dttex 1iE è l’integrale esponenziale. La trasformata di

Laplace di ( )xQ è

14 Notiamo che la (3. 9) è un’approssimazione del tipo Lundberg. 15 L’inversione numerica è stata ottenuta attraverso il metodo di Piessens a 12

punti.

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Ciccone S. 86

( ) ( ) ( )

+=== ∫∫

+∞−

+∞−

bs

sadxxbeadxxQesQ sxsx 1logEˆ

0i

0

.

La costante ℜ è la soluzione non banale dell’equazione

( )θ+=

ℜ−

ℜ− 11log

ba

ba

mentre il coefficiente 2

1

CC è

ℜ−+

ℜ−ℜ

ℜ=

bbbC

C

1log2

1 θ .

1.0=θ 2.0=θ

Tabella 1 – La probabilità asintotica di rovina nel caso gamma con a=1, b=1 • II° caso

Nel caso in esame16 ( ) xxexexxq 2122

3 22

21

2

γγ

πδ −−−−

+= . Il valore di

m è

∫∫∫+∞

−+∞

−+∞

−+=

+=

0

2

0

2

0

2

222

211

221

2dxedx

xedx

xem

xxx γγγ

πδ

πδ

ovvero

16 Nel caso in esame viene fissato λ=½ nella (2. 3).

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La teoria della rovina e il processo gaussiano inverso generalizzato 87

2

12

2

122

1

2

21

2 γδγγ

γπδ +

=

+

Γ

=−

m .

La funzione ( )xQ è data da:

( ) dtetdtetxQx

t

x

t

∫∫+∞

−−+∞

−−+= 2122

3 22

21

2

γγ

πδ

che, con il cambio di variabile xyt += , diventa

( ) ( ) ( ) ( ) ( )dyexydyexyxQ

xyxy

∫∫+∞

+−−+∞

+−− +++=0

21

0

223

22

21

2

γγ

πδ

da cui risulta

( )

+

−−=

−−xxexxQ

x

2E

21

2Erfc2 2

i22

1 2

γγγδπ

δ γ

dove ( ) ∫+∞

−=x

t dtex22Erfc

π mentre ( )xiE ha il significato visto in

precedenza17. La trasformata di Laplace di ( )xQ è data dall’espressione:

( ) dxxedxxedxexesQ -sxsxxsx

+

−−= ∫∫∫

+∞+∞−−−

+∞−

2E

21

2Erfc2ˆ

2

i00

221

0

2

γγγδπ

δ γ

da cui risulta

( )

++

+−−

+= 12log

21

21

22ˆ

222 γγγγ

γδ s

sssssQ .

La costante ℜ è la soluzione non banale dell’equazione

17 Ricordiamo che le funzioni ( )xErf e ( )xErfc si possono esprimere attraverso

le funzioni ipergeometriche confluenti (Tricomi, Funzioni ipergeometriche confluenti).

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Ciccone S. 88

3. 10 ( )[ ]( )

41

221

221

21

211exp

ℜ−

ℜ−

=+ℜ

γδγ

γδγ

θ

K

Km .

Ricordando che ( ) xex

xK −=22

1π la (3. 10) diventa

( )[ ]

( ) ( )41

2

2

2

21exp2

21exp212

1exp

ℜ−

ℜ−

ℜ−

=+ℜ

γδγ

δγπ

γδγ

γδγ

π

θm .

Il coefficiente 2

1

CC è uguale a

( ) ( )

( ) ( ) ( ).

21log2222322

122

22324222

23

2

2

1

ℜ−ℜ−+−ℜ+ℜℜ−++ℜ−ℜ

+ℜ−ℜ=

γγδγδγγγγδγ

δγγθCC

1.0=θ 2.0=θ

Tabella 2 – La probabilità asintotica di rovina nel caso λ=½ con δ=1, γ=1

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La teoria della rovina e il processo gaussiano inverso generalizzato 89

• III° caso

Ipotizziamo18 ( ) xexxq 22

3 2

2

γ

πδ −−

= , pertanto ( )xq è una Gaussiana

Inversa. Il valore di m è

∫∫+∞

−+∞

−==

0

2

0

2 122

22

dxx

edxx

emxx γγ

πδ

πδ

ovvero

γδ

γπδ

=

Γ

=

2

21

2 2m .

La funzione ( )xQ , invece assume la forma

( ) dtetxQx

t

∫+∞

−−= 22

3 2

2

γ

πδ

che, con il cambio di variabile xyt += , diventa

( ) ( ) ( )dyexyxQ

xy

∫+∞

+−−+=0

223

2

2

γ

πδ

da cui risulta

( )

−−=

−−

2Erfc2 22

1 2

xexxQx γγδ

πδ γ

dove ( )xErfc ha il significato visto in precedenza. La trasformata di Laplace di ( )xQ è

( ) dxxedxexesQ sxxsx

−−= ∫∫

+∞−−−

+∞−

2Erfc2ˆ

0

221

0

2

γγδπ

δ γ

da cui risulta

18 Ovvero fissiamo λ=-½ nella (2. 3).

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Ciccone S. 90

( )

+−−

+=

22 21

22ˆ

γγγ

γδ

ssssQ .

La costante ℜ è la soluzione non banale dell’equazione

3. 11 ( )[ ]( )

41

221

221

21

211exp

ℜ−

ℜ−

=+ℜ

γδγ

γδγ

θ

K

Km .

Ricordando che ( ) xex

xK −

−=

221

π la (3. 11) diventa

( )[ ]

( ) ( )41

2

2

2

21exp2

21exp212

1exp−

ℜ−

ℜ−

ℜ−

=+ℜ

γδγ

δγπ

γδγ

γδγ

π

θm .

Il coefficiente 2

1

CC è uguale a

ℜ−

ℜ−

ℜ=

γγγγ

θ

22

22

1

CC .

1.0=θ 2.0=θ

Tabella 3– La probabilità asintotica di rovina nel caso λ=-½ con δ=1.8, γ=0.9

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La teoria della rovina e il processo gaussiano inverso generalizzato 91

4. Il tempo di rovina Definiamo il tempo di rovina

( )( )( )

>∀≥∞<

=Τ00se

0:infttU

tUt

mentre con cΤ indichiamo la variabile casuale ∞<ΤΤ | . La probabilità di rovina in tempi finiti viene indicata con ( ) ( )ttu ≤Τ= Pr,ψ (la probabilità di non rovina in tempi finiti ha la

forma ( ) ( )tutu ,1, ψϕ −= ), pertanto la distribuzione del tempo di rovina ( )tΩ (con ( ) 00 =Ω ), ammesso che la rovina venga, è definita dal rapporto

( ) ( ) ( ) ( )( )u

tuttt c ψψ ,|PrPr =∞<Τ≤Τ=≤Τ=Ω

con densità

( ) ( )[ ]tt

t Ω∂∂

=ω .

Nel 1998 Gerber e Shiu19 hanno introdotto, nell’ambito del modello classico del rischio, una equazione integrale per lo studio della distribuzione del tempo di rovina T , del surplus prima della rovina ( )TU e del deficit dopo la rovina ( )−TU : 4. 1 ( ) ( ) ( )( ) ( ) ( )[ ]uUTIeTUTUwEu T =∞<−= − 0, δφ

dove ( )yxw , è una funzione non negativa che può essere posta uguale a 1, δ viene interpretato sia come forza di interesse che come variabile della trasformata di Laplace. Per 0=δ , la funzione ( )uφ corrisponde alla probabilità asintotica di rovina ( )uψ . Gerber e Shiu hanno inoltre dimostrato che la (4. 1) può essere riscritta in termini di prodotto convolutorio come

19 Cfr [11]. Gerber e Shiu concludono l’articolo sul tempo di rovina scrivendo “The results presented in this paper can be generalized in various directions. For example, several formulas can be extended to the case in which the compound Poisson process is replaced by a more general process with positive, independent and stationary increments, such as a gamma process or an inverse Gaussian process.”.

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Ciccone S. 92

4. 2 ( ) ( ) ( ) ( )xgxxhx *φφ += dove

( ) ( ) ( )∫ ∫+∞ +∞

−− +=x

xu dyduyupec

xh0

ρλ ; ( ) ( ) ( )∫+∞

−−=x

xy dyypec

xg ρλ

essendo λ il parametro di Poisson, ( )xp la funzione di densità delle somme a rischio, c il coefficiente delle entrate e ρ la soluzione (diversa da 0 ) dell’equazione

( )∫+∞

−=−+0

dxxpec xρλρλδ .

È noto che la (4. 2) può essere risolta attraverso la trasformata di Laplace. Risulta inoltre

( ) ( )∫+∞

∂∂

=0

, dttut

eu t ψφ δ

da cui 4. 3 ( ) ( )δψδφ ,ˆ uu = con

( ) ( )[ ]tuu ,,ˆ ψδψ L= . I momenti del tempo di rovina sono dati dall’espressione

4. 4 [ ] ( ) ( ) 01 =−= δφδ

ud

dTE kk

I momenti possono inoltre essere calcolati attraverso la funzione generatrice dei momenti del tempo di rovina ( )δM , ovvero [ ] ( )( )

0==

δδkk MTE , con ( ) ( )[ ] ( )δδ

ωδ−→

= tM L 20:

( )[ ] ( ) ( )( )

( )( )uu

uut

tt

ψφ

ψδψδω ==

Ω∂∂

=,ˆ

LL

Nell’ambito del modello presentato da Morales, la ( )xφ è data da 4. 5 ( ) ( ) ( ) ( )xgxxhx *φφ += dove

20 Il simbolo “ ( )δδ −→

” indica la sostituzione di “δ ” con “ δ− ”.

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La teoria della rovina e il processo gaussiano inverso generalizzato 93

( ) ( ) ( )∫ ∫+∞ +∞

−− +=x

xu dyduyuqeAxh0

ρ ; ( ) ( ) ( )∫+∞

−−=x

xy dyyqeAxg ρ

essendo ( )θ+=11

mA , ( )∫

+∞

=0

xxqm e ρ la soluzione dell’equazione

4. 6 ( ) 0=Ψ−+− ρρδ c

dove ( )ρΨ è il coefficiente di Laplace del processo di Lévy (2. 6). Notiamo che la (4. 6) può essere riscritta nella forma

4. 7 ( ) 00

=++− ∫+∞

− dxxQec xρρρδ

Abbiamo risolto la (4. 5) attraverso la trasformata di Laplace21:

4. 8 ( ) ( )( )sg

shsˆ1

ˆˆ−

avendo indicato con ( ) ( )[ ]xs φφ L=ˆ , ( ) ( )[ ]xhsh L=ˆ e ( ) ( )[ ]xgsg L=ˆ . Determiniamo ora la trasformata di Laplace di

( ) ( ) ( )∫+∞

−−=x

xy dyyqeAxg ρ . In primo luogo osserviamo che, attraverso

una integrazione per parti, risulta:

( ) ( ) ( ) =

−= ∫

+∞−−

x

yxx dyyQeexQAexg ρρρ ρ

( ) ( )

−= ∫

+∞−−

x

yx dyyQeexQA ρρρ .

La trasformata ( )sg vale quindi

( ) ( ) ( )

−= ∫∫∫

+∞−−

+∞−

+∞− dxdyyQeeedxxQeAsg

x

yxxsxs ρρρ00

ˆ

21 La soluzione della (4. 7) è stata trovata dando diversi valori a δ ed

interpolando i risultati tramite con una funzione lineare.

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Ciccone S. 94

che, tramite l’inversione dell’ordine di integrazione del secondo termine, diventa

( ) ( ) ( )

−= ∫ ∫

+∞−−−

0 0

ˆˆ dydxyQeeesQAsgy

yxxs ρρρ

ovvero

( ) ( ) ( ) ( )( )

−−= ∫

+∞−−

0

1ˆˆ dyeyQes

sQAsg syxs ρ

ρρ

Otterremo quindi, in definitiva,

( ) ( ) ( ) ( )( )

−−= ρρρ QsQ

ssQAsg ˆˆˆˆ

Per quanto riguarda ( ) ( ) ( )∫ ∫+∞ +∞

−− +=x

xu dyduyuqeAxh0

ρ , notiamo che,

tramite il cambio di variabile yxz += , ( )xh diventa

( ) ( ) ( )∫+∞

−−=x

xz dzzQeAxh ρ .

La trasformata di Laplace sarà data da:

( ) ( ) ( ) dxdzzQeeAshx

xzxs ∫∫+∞

−−+∞

−= ρ

0

ˆ

che, con un cambio dell’ordine di integrazione, diviene

( ) ( ) ( )∫ ∫+∞

−−−=0 0

ˆ dzdxzQeeAshz

xzxs ρ

da cui risulta

( ) ( ) ( )( )∫+∞

−− −−

=0

1ˆ dzezQes

Ash szz ρρ

ρ

per avere, in definitiva,

( ) ( ) ( )[ ]ρρ

QsQs

Ash ˆˆˆ −−

= .

Quindi la trasformata di Laplace ( )sφ assume la forma

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La teoria della rovina e il processo gaussiano inverso generalizzato 95

4. 9 ( ) ( ) ( )( ) ( )( )sQsQAsQsQAs ˆˆˆˆˆ

−−−−

=ρρρρφ .

Notiamo che per 0=δ risulta 0=ρ , da cui

( ) ( )( )

( )ssQAsQm

sAs ψφ ˆˆ1

ˆˆ =−−

= .

Nelle tabelle seguenti invertendo la (4. 9), valuteremo, utilizzando la (4. 3), la probabilità di rovina in tempi finiti e quindi la funzione di ripartizione del tempo di rovina. Prenderemo in considerazione le

funzioni ( ) bxexaxq −−= 1 ; ( ) xxexexxq 2122

3 22

21

2

γγ

πδ −−−−

+= e ( ) xexxq 22

3 2

2

γ

πδ −−

= .

1.0=θ 5.0=u 5=u 10=u

2.0=θ

5.0=u 5=u 10=u

Tabella 4 - ( )tΩ nel caso ( ) bxexaxq −−= 1 , 1,1 == ba

1.0=θ 2.0=θ

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Ciccone S. 96

Tabella 5 – I momenti del tempo di rovina nel caso ( ) bxexaxq −−= 1

1.0=θ 5.0=u 5=u 10=u

2.0=θ

5.0=u 5=u 10=u

Tabella 6 - ( )tΩ nel caso ( ) xx

exexxq 21223 22

21

2

γγ

πδ −−−−

+=

1.0=θ 2.0=θ

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La teoria della rovina e il processo gaussiano inverso generalizzato 97

Tabella 7 – I momenti del tempo di rovina nel caso ( ) xx

exexxq 21223 22

21

2

γγ

πδ −−−−

+=

1.0=θ 5.0=u 5=u 10=u

2.0=θ

5.0=u 5=u 10=u

Tabella 8 - ( )tΩ nel caso ( ) x

exxq 223 2

2

γ

πδ −−

=

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Ciccone S. 98

1.0=θ 2.0=θ

Tabella 9 – I momenti del tempo di rovina nel caso ( ) xexxq 22

3 2

2

γ

πδ −−

=

5. Conclusioni Per quanto riguarda la probabilità asintotica di rovina la funzione

approssimante ( )uCLψ (3. 8) presenta un margine di errore molto basso rispetto alla funzione ( )uLψ che invece dà buoni risultati per valori grandi di u . Abbiamo effettuato una comparazione anche con i risultati trovati da Morales (2004 pag. 52) e da Garrido et al. (2005, pag. 374): dal confronto è risultata una perfetta coerenza tra i valori paragonati. Per quanto concerne il tempo di rovina, ammettendo che la rovina avvenga, i dati trovati sono del tutto nuovi, infatti non sono noti in letteratura, al momento, altre valutazioni numeriche nell’ambito del modello utilizzato né per la funzione di ripartizione del tempo di rovina, né per i suoi momenti.

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A RISK ANALYSIS IN FIRE INSURANCE Chiara Parrini [email protected] Gian Paolo Clemente [email protected] Università La Sapienza Roma Dipartimento di Scienze Attuariali e Finanziarie Dottorandi in Scienze Attuariali

Abstract

Lo sviluppo del progetto Solvency II e i numerosi studi, compiuti negli ultimi anni in ambito solvibilità, evidenziano la necessità di individuare requisiti patrimoniali maggiormente correlati alle caratteristiche di rischiosità delle imprese. In quest’ottica appare necessaria una corretta valutazione sia delle diverse fonti di rischio sia dell’aggregazione di quest’ultime. In particolare la valutazione dell’underwriting risk per il non-life rappresenta un elemento peculiare della struttura del futuro requisito di capitale.

Il presente lavoro intende così confrontare diverse metodologie in grado di descrivere il comportamento del costo aggregato dei sinistri con riferimento ad un particolare ramo assicurativo.

Attraverso l’analisi delle serie storiche dei sinistri, dovuti ad incendio, osservati sul territorio canadese, si procederà sia alla valutazione separata del numero e del costo dei sinistri, sia all’analisi dell’andamento del costo aggregato dei sinistri.

Keywords: distribuzioni per il costo aggregato, Simulazioni Monte

Carlo, Risk Based Capital Introduzione I notevoli cambiamenti che hanno caratterizzato il mercato

assicurativo e la crescente attenzione riposta, negli ultimi anni, sul

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concetto di solvibilità, hanno evidenziato la necessità di un’accurata valutazione dei rischi cui è sottoposta un’impresa di assicurazione.

Il processo di individuazione di un requisito patrimoniale maggiormente correlato alla rischiosità dell’impresa, ha reso ancor più rilevante la necessità di utilizzare metodologie di valutazione del rischio di underwriting sempre più accurate.

La corretta stima dell’andamento del costo e del numero dei sinistri, relativi alle diverse linee di business esercitate dall’impresa, diviene dunque sempre più attuale.

Un’accurata modellizzazione della distribuzione del costo dei sinistri può contribuire, infatti, ad attuare adeguate decisioni sia in termini di pricing sia in termini di sufficienza delle riserve.

Infine solo una precisa quantificazione del costo aggregato garantisce l’individuazione dell’idoneo requisito patrimoniale.

Tale valutazione, come sottolineato in precedenza, rappresenta una delle tante problematiche da risolvere e occorrerà individuare la metodologia in grado di garantire una stima migliore.

A tale proposito il presente articolo analizza il comportamento delle distribuzioni del numero dei sinistri e dell’ammontare dei risarcimenti relativi ai danni provocati da incendio registrati nel territorio canadese durante l’arco temporale 1959-1999. Un’analisi di questo tipo, fondamentale nell’ambito della tariffazione e della gestione dei rischi, appare particolarmente interessante in relazione al caratteristico ramo assicurativo esaminato.

L’indagine verrà compiuta basandosi sull’approccio classico della teoria del rischio e analizzando separatamente il comportamento del numero e del costo dei sinistri.

Per la distribuzione del numero dei sinistri verrà confrontata la classica distribuzione di Poisson, che com’è noto gode delle tre proprietà di indipendenza degli incrementi, di esclusione dei sinistri multipli, e di punti temporali speciali, con la distribuzione Binomiale Negativa, stimata considerando la presenza di fattori di disturbo distribuiti secondo una Gamma con parametri uguali.

Per la modellizzazione della severity si farà invece riferimento sia a distribuzioni con code più leggere, come la Gamma1, la Weibull2 e

1 Cfr. [5] e [6]

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A Risk Analysis in Fire Insurance 103

l’Esponenziale, sia a distribuzioni di tipo heavy-tail, come la LogNormale e la Pareto, più indicate per descrivere rami particolarmente asimmetrici.

Si procederà infine alla valutazione del costo aggregato, cercando di identificare tra diverse metodologie, quale è in grado di meglio descriverne l’andamento.

Il ricorso a distribuzioni, note in letteratura attuariale, è, infatti, solo una delle possibilità, utilizzate in letteratura per l’approssimazione del costo sinistri e raramente è possibile individuare una distribuzione che sia di replicarne perfettamente l’andamento3.

Le approssimazioni basate sulla distribuzione Normale sono, ad esempio, un ulteriore metodo di stima di facile applicazione proposto dalla Teoria del rischio classica.

I metodi simulativi, particolarmente utili per lo sviluppo di modelli interni, rappresentano un’ulteriore metodologia per la descrizione del costo aggregato dei sinistri.

Infine il procedimento ricorsivo proposto da Panjer nel 19814 e il metodo della Fast Fourier Trasform5 sono altre tecniche, offerte negli anni, concernenti la modellizzazione del costo aggregato dei sinistri. L’introduzione dell’Extreme Value Theory6 ha permesso, infine, uno

2 Cfr. [9] e [12] 3Ad esempio uno studio (Cfr. [2]) svolto analizzando i sinistri per incendio

avvenuti sul mercato svedese negli anni Sessanta e sviluppato, classificando i fabbricati secondo la tradizionale suddivisione basata sui materiali di costruzione, evidenzia l’impossibilità di identificare un’unica distribuzione in grado di descrivere tutte le classi considerate, tuttavia si osserva che la distribuzione di Pareto ben ne rappresenta alcune e che la Lognormale si adatta alle altre. Una seconda ricerca effettuata, utilizzando il costo dei sinistri per incendio rilevati sul mercato olandese (Cfr. [15]), evidenzia un buon adattamento della Lognormale ai dati in esame.

4 Si veda in proposito Panjer (Cfr. [10]) e la versione relativa alla distribuzione di Poisson: Adelson (1966), “Compound poisson distributions”, Operational Research Quarterly, 17

5 Cfr. [14] 6 Si veda in proposito Embrechts, Kluppelberg, Mikosh [1997] e per

un’interessante applicazione Cerchiara R. [2006]

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studio accurato delle code delle distribuzioni, specialmente nel caso di asimmetria particolarmente elevata7.

Nel lavoro viene dunque esaminata la capacità di adattamento di alcuni approcci alternativi di stima alla serie storica del costo aggregato dei sinistri osservata.

Il lavoro termina, infine, valutando, attraverso una definizione abbastanza semplicistica del Capital at Risk, il possibile impatto sulla situazione patrimoniale dell’impresa.

1. Analisi dei dati Per verificare quali distribuzioni meglio si adattino a modellizzare

il comportamento del costo e del numero dei sinistri sono stati considerati i dati relativi agli incendi registrati sul territorio canadese.

In particolare sono stati utilizzati i costi raccolti nel Canadian Large Fire Database relativi al periodo 1959-1999.

Come si può osservare in figura 1 l’andamento del numero dei sinistri risulta particolarmente variabile rispetto alla componente media.

Le statistiche confermano tale variabilità registrando uno scarto quadratico medio significativo.

Figura 1: Andamento del numero dei sinistri per incendio osservati e

principali statistiche

7 Considerando i dati relativi ad una compagnia italiana, un’indagine (Cfr. [3]) è

stata realizzata esaminando esclusivamente i sinistri superiori ad una soglia molto significativa ed utilizzando le teorie proposte dall’Extreme Value Theory. Lo scopo principale del lavoro è valutare l’eventuale impatto di alcuni tipi di riassicurazione sulla distribuzione del costo sinistri aggregato e sul capitale a rischio.

Principali Statistiche Media 272,12 Dev. Standard 127,87 Asimmetria 1,06 Curtosi 1,57

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A Risk Analysis in Fire Insurance 105

ANDAMENTO DEL NUMERO SINISTRI

0100200300400500600700800

1959 1969 1979 1989 1999

ANNO DI RIFERIMENTONumero sinistri Sinistri medi

L’indice di asimmetria risulta positivo; tuttavia tale valore è notevolmente influenzato dal numero di sinistri, decisamente al di sopra della media, registrato nell’anno 1989, senza il quale la distribuzione risulterebbe quasi simmetrica.

Analizzando il costo dei sinistri avvenuti negli anni, si possono osservare valori generalmente inferiori alla media del periodo. Tuttavia si registrano alcuni anni in cui il costo medio risulta particolarmente elevato.

Figura 2: Andamento del costo medio dei sinistri negli anni

ANDAMENTO DEL COSTO MEDIO DEI SINISTRI

0

3000

6000

9000

12000

15000

18000

1959 1969 1979 1989 1999

ANNO DI RIFERIMENTOCosto medio dei sinistri Costo medio nel periodo

Approfondendo l’analisi si nota che alcuni anni, caratterizzati da un

ammontare dei risarcimenti considerevole, mostrano anche una deviazione standard e un’asimmetria con scostamenti rilevanti rispetto

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al loro andamento medio. In particolare si segnala che gli anni 1979 e 1995 sono contraddistinti da una variabilità elevata ed un alto grado di asimmetria positiva.

Figura 3a: Andamento della

deviazione standard del costo sinistri Figura 3b: Andamento

dell’asimmetria del costo sinistri ANDAMENTO DELLA

DEVIAZIONE STANDARD DEL COSTO SINISTRI

010000

20000300004000050000

6000070000

1959 1969 1979 1989 1999ANNO DI RIFERIMENTO

ANDAMENTO DELL'ASIMMETRIA DEL

COSTO SINISTRI

02468

101214

1959 1969 1979 1989 1999ANNO DI RIFERIMENTO

Il costo aggregato dei sinistri risente dell’alta variabilità evidenziata sia dal numero sia dal costo del singolo sinistro.

In particolare evidenziano un comportamento decisamente superiore alla media gli anni 1979 e 1995, caratterizzati da un costo medio del singolo sinistro particolarmente elevato, e gli anni 1989 e 1998 contraddistinti da un alto numero di sinistri.

Figura 4: Andamento del costo aggregato dei sinistri negli anni

COSTO AGGREGATO DEI SINISTRI

0

1

2

3

4

5

6

7

8

1959 1964 1969 1974 1979 1984 1989 1994 1999

Mili

oni

Principali statistiche

Media 1.885.615

Dev. Standard 1.924.084

Asimmetria 1,75

Curtosi 2,05

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A Risk Analysis in Fire Insurance 107

2. La distribuzione del numero dei sinistri Tramite l’utilizzo del programma Matlab si è verificato

l’adattamento della distribuzione Poisson, generalmente utilizzata in letteratura, al numero dei sinistri.

Il confronto tra le statistiche osservate e quelle stimate con il modello, conferma quanto ci si poteva attendere dall’analisi preliminare dei dati. Infatti, dal momento che quest’ultimi mostrano una variabilità decisamente superiore al valore medio, l’utilizzo di una distribuzione con un unico parametro, che identifica tutti i cumulanti, risulta essere inadeguato.

Il test del chi-quadro ne è un’ulteriore conferma, in quanto il valore del “p-value” è tale da rifiutare l'ipotesi nulla d'assenza di differenza tra le distribuzioni cumulate empiriche e teoriche.

In altre parole la differenza tra le frequenze empiriche ed osservate è significativa, come è ben evidente dal confronto grafico (vedi figura 5)

Figura 5: Adattamento della distribuzione di Poisson al numero di sinistri

osservati Istogramma delle frequenze

osservate e teoriche

0

2

4

6

8

10

12

14

16

Classi

Freq

uenz

e

Freq. osservata Freq. teorica

L’analisi della distribuzione di Poisson ha pertanto messo in luce la

necessità di introdurre fattori di disturbo che permettano di cogliere la variabilità insita nei dati e garantire un migliore adattamento.

Confronto Statistiche Stimate Teoriche Valore Atteso 272,12 272,12 Varianza 16578,41 272,12 Asimmetria 0,99 0,06 Curtosi 1,03 0

Chi-quadro (valore osservato) 17505,69Chi-quadro (valore critico) 28,87DF 18p-value unilaterale < 0,0001Alpha 0,05

Test del Chi-quadro

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A tal fine si è supposto che i fattori di disturbo fossero distribuiti secondo una Gamma di parametri uguali e si è quindi giunti ad una distribuzione Binomiale Negativa.

Figura 6: Adattamento della distribuzione Binomiale Negativa al numero di

sinistri osservati ISTOGRAMMA DELLE FREQUENZE

OSSERVATE E TEORICHE

0

1

2

3

4

5

6

7

8

1 4 7 10 13 16 19C l a ssiFreq. osservata Freq. teorica

In questo caso, il test del chi-quadro porta ad accettare l’ipotesi

nulla di assenza di differenze tra la distribuzione teorica e quella empirica. Non considerando il contributo più grande (numero di sinistri dell’anno 1989), i risultati sono ancora più accurati. Si ottiene infatti un “p-value” pari a 0.569, decisamente superiore al livello di significatività prescelto.

Infine, la stima dei parametri, effettuata col metodo dei momenti, garantisce, non solo un valore medio e una varianza teorica che riflettono i valori osservati, ma anche un ottima valutazione del grado di asimmetria.

3. La distribuzione del costo dei risarcimenti L’analisi relativa al costo dei risarcimenti è stata effettuata

considerando i dati riguardanti l’anno 1998, caratterizzato da una numerosità particolarmente elevata.

Stimata TeoricaValore atteso 272,12 272,12Varianza 16758,41 18240,47Asimmetria 0,99 1,00Curtosi 1,03 1,50

Confronto Statistiche

Test del Chi-quadroChi-quadro (valore osservato) 20,19Chi-quadro (valore critico) 27,59DF 17,00p-value unilaterale 0,26Alpha 0,05

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A Risk Analysis in Fire Insurance 109

Le più comuni distribuzioni di tipo “light-tail” hanno evidenziato uno scarso adattamento: l’alto grado di asimmetria positiva osservato le rende infatti inappropriate a modellizzare i dati in esame.

Figura 7: Adattamento delle distribuzioni Weibull, Gamma e Beta al costo sinistri osservato nell’anno 1998

FREQUENZE OSSERVATE E TEORICHE

0

50

100

150

200

250

300

350

400

4 21 37 53 69 86 102

118

135

151

Costo Sinistri (valori in migliaia di Euro)

Osservate

Weibull

Gamma

Beta

Esaminando invece distribuzioni “heavy-tail” si osserva un migliore adattamento (vedi figura 8).

In particolare la distribuzione Lognormale appare in grado di modellizzare in modo più accurato il corpo della distribuzione. E’ dunque opportuno estendere l’analisi ad altri anni considerando unicamente distribuzioni in grado di ben rappresentare anche l’asimmetria presente nei dati.

Figura 8: Adattamento delle distribuzioni Lognormale, Pareto e Loglogistica al costo sinistri osservato nell’anno 1998

FREQUENZE OSSERVATE E TEORICHE

050

100150200250300350400

4 21 37 53 69 86 102

118

135

151

Costo Sinistri (valori in migliaia di Euro)

Osservate

LogNormale

Pareto

Loglogistica

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E’ stato successivamente analizzato l’anno 1989, caratterizzato dal maggior numero dei sinistri, ripartendo i dati in un numero ottimale di classi. Fissando un livello di perdita dello 0.005, attraverso la tecnica statistica della “cluster analysis” 8, sono state individuate 45 classi ed anche in questa situazione la distribuzione Lognormale garantisce il miglior adattamento ai dati.

Figura 9: Test del chi-quadro per le distribuzioni applicate ai dati dell’anno

1989 Test del Chi-quadro

Distribuzione Valore Osservato LogNormale 50,81 LogLogistica 118,02

Pareto 142,02 Weibull 3376,47

Beta 4331,18 Gamma 53291,13

Il test del chi-quadro (figura 9) evidenzia, anche in questo caso, un

valore osservato decisamente più basso per la distribuzione LogNormale. Si evidenzia inoltre che nuovamente le distribuzioni light-tail assumono valori nettamente più elevati.

Occorre comunque sottolineare, com’è noto, che l’incremento del numero delle classi provoca una maggiore discrepanza tra frequenze osservate e stimate.

Richiedendo infatti una perdita di informazione minore (pari a 0.001), si ottengono 114 classi ed una stima ancora peggiore: basti pensare che il “p-value”, ottenuto applicando il test del chi-quadro alla distribuzione Lognormale, varia da 0.109 ad un valore molto vicino allo zero, portando a rifiutare l’ipotesi nulla.

8 Per maggiori informazioni sull’algoritmo utilizzato vedi Appendice

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A Risk Analysis in Fire Insurance 111

Figura 10: Adattamento delle distribuzioni Lognormale, Pareto e Loglogistica al costo sinistri, considerando un numero di classi ottimali per un

livello di perdita dello 0.005 (anno 1989)9. FREQUENZE OSSERVATE E TEORICHE

0

100

200

300

400

500

600

700

5 25 45 65 85 105

125

145

165

185

205

Costo sinistri (valori in migliaia di Euro)

Osservate

LogNormale

Pareto

Loglogistica

In particolare limitandosi ad analizzare il solo corpo della distribuzione l’adattamento della Lognormale risulta ancora più adeguato (vedi figura 11): escludendo i sinistri con importo superiore a 300000 Euro, riproduce quasi esattamente le frequenze osservate, restituendo un valore chi-quadro pari a 16.39 (“p-value” pari a circa il 17.5%).

Figura 11: Adattamento della distribuzione Lognormale al costo sinistri per importi inferiori a 300000 Euro, considerando un numero di classi ottimali per

un livello di perdita dello 0.005 (anno 1989). FREQUENZE OSSERVATE E TEORICHE PER IMPORTI INFERIORI

A 300.000 Euro

0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

0 50 100 150 200 250 300

Costo sinistri (valori in migliaia di Euro)

Osservate LogNormale

9 La figura illustra unicamente i sinistri inferiori a 200.000 Euro (le classi

trascurate hanno un peso scarsamente rilevante).

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Parrini C., Clemente G. P. 112

In generale si è osservato che il miglior adattamento ai dati è ottenuto utilizzando la distribuzione Lognormale.

Analizzando poi in dettaglio gli anni 1979 e 1995, caratterizzati, come si è visto in precedenza, da variabilità e asimmetria elevati, si è potuto constatare che la Lognormale restituisce un’ottima stima delle frequenze osservate.

Il test del chi-quadro mostra i valori del “p-value” per diversi livelli di perdita, relativamente agli anni analizzati. I dati contraddistinti da maggiore asimmetria sono quelli che meglio vengono approssimati dalla distribuzione Lognormale: tollerando una perdita di informazione molto bassa (0.001), il test restituisce un “p-value” decisamente al di sopra del livello di significatività.

Figura 12: Test del chi-quadro della distribuzione Lognormale

considerando un livello di perdita variabile in diversi anni. Test del Chi-quadro

Anno 1979 1989 1995 1998 Livello di perdita 0,001 0,005 0,001 0,008

p-value 0,628 0,109 0,993 0,066 Un’analisi più dettagliata evidenzia inoltre un ottimo adattamento

della Lognormale relativamente agli anni contraddistinti da un grado di asimmetria più marcato.

Contrariamente da quanto ci si poteva attendere, non è dunque necessario utilizzare distribuzioni con code molto pesanti, in quanto la Lognormale presenta addirittura una sovrastima negli anni con asimmetria più bassa (vedi figura 13).

Occorre comunque sottolineare che i dati a disposizione sono molto ridotti sui valori estremi, non consentendo la possibilità di effettuarne stime accurate.

Figura 13: Valori dell’indice di asimmetria osservati e teorici relativi agli

anni considerati Indice di asimmetria

Anno Osservato Teorico Differenza % 1979 11,78 12,46 5,46% 1989 7,83 11,32 30,83% 1995 11,51 11,99 3,97% 1998 4,4 7,18 38,72%

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A Risk Analysis in Fire Insurance 113

4. La distribuzione del costo sinistri aggregato L’analisi del costo sinistri aggregato è stata svolta verificando

l’adattamento delle principali distribuzioni proposte dalla letteratura. Il confronto grafico (figure 14 e 15) e i test di adattamento (figura

16) evidenziano la ben nota difficoltà di individuare una distribuzione che sia perfettamente in grado di replicare il comportamento dei dati.

Figura 14: Adattamento delle distribuzione LogNormale e Gamma al costo

sinistri aggregato

Figura 15: Adattamento delle distribuzione Esponenziale e Weibull al costo

sinistri aggregato I test di adattamento del chi-quadro e di Kolmogorov Smirnov

restituiscono risultanti contrastanti. Il primo evidenzia una scarso fit di

LOGNORMAL

0 1 2 3 4 5 6 7 8

Milioni

GAMMA

EXPONENTIAL

0 2 4 6 8

Milioni

WEIBULL

0 2 4 6 8Milioni

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Parrini C., Clemente G. P. 114

tutte le distribuzioni portando ad accettare, seppur con un p-value, del 5,4% unicamente la distribuzione esponenziale.

Il test di Kolmogorov-Smirnov, che non risente della composizione e del numero delle classi ipotizzate, porta ad accettare tutte le distribuzioni analizzate evidenziando il miglior adattamento della LogNormale.

Figura 16: Test del chi-quadro e di Kolmogorov-Smirnov

Test del Chi-quadro Valore Osservato Valore Critico p-value Esponenziale 15,29 15,51 5,4% LogNormale 15,02 14,07 3,6% Weibull 16,33 14,07 2,2% Gamma 17,11 14,07 1,7%

Test di Kolmogorov-Smirnov

Dn p-value LogNormale 0,096 82,5%

Weibull 0,128 48,9% Gamma 0,128 48,3%

Esponenziale 0,13 46,1% Le approssimazioni basate sulla Normale Standard proposte dalla

teoria del rischio per modellizzare il costo dei sinistri aggregato restituiscono un pessimo adattamento, dovuto principalmente all’elevata asimmetria dei dati analizzati.

Figura 17: Adattamento della Normal Approximation e della Normal

Power Approximation al costo sinistri aggregato

Normal Approximation Normal Power Approximation

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A Risk Analysis in Fire Insurance 115

Solamente la Wilson-Hilferty approximation (figura 18), che generalmente garantisce un buon adattamento anche in presenza di asimmetria leggermente superiore a 1, mostra dei livelli di p-value accettabili sia con il test del chi-quadro sia con il Kolmogorov-Smirnov.

Figura 18: Adattamento della Wilson-Hilferty Approximation al costo

sinistri aggregato

Come era lecito attendersi, data la maggiore capacità di cogliere

l’asimmetria presente nei dati, risulta notevolmente migliore l’adattamento della distribuzione Gamma Traslata.

Non solo il test di Kolmogorov-Smirnov restituisce per questa approssimazione valori intorno al 45% in linea con l’adattamento di alcune delle distribuzioni analizzate in precedenza come Esponenziale e Weibull, ma si osserva un’ottima stima dei momenti e addirittura una sovrastima dell’asimmetria.

Figura 19: Adattamento della Gamma Traslata al costo sinistri aggregato

Test del Chi-quadro

Valore Osservato 14,26

Valore Critico 16,919

p-value 11,30%

Kolmogorov-Smirnov

Dn 0,147

p-value 31,20%

Wilson-Hilferty Approximation

Shifted Gamma

Chi-quadro (valore osservato) 19,43Chi-quadro (valore critico) 14,067p-value 0,7%

Dn 0,131p-value 44,90%

Test del chi-quadro

Kolmogorov-Smirnov

Principali Statistiche Osservate StimateMedia 1.885.615 1.885.615 Standard Deviation 1.924.084 1.924.087 Asimmetria 1,75 2,28

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Restringendo l’analisi al corpo della distribuzione e non considerando i dati osservati sui valori estremi, si osserva che l’adattamento delle principali distribuzioni risulta notevolmente migliore. In particolare sono state trascurate le sei osservazioni di importo superiore ai 4 milioni di euro ed è stato nuovamente effettuato il processo di adattamento.

Figura 20: Adattamento della LogNormale e della Weibull al costo sinistri

aggregato con valori inferiori a 4 milioni di Euro Le due distribuzioni che garantiscono in questo caso il miglior

adattamento sono la LogNormale e la Weibull. Quest’ultima, evidenziando un valore di τ maggiore di 1 che le fa

assumere un comportamento di tipo heavy-tail, riesce ad adattarsi addirittura meglio della Lognormale.

Queste considerazioni sono avvalorate dai risultati dei test statistici che portano ad accettare la bontà dell’adattamento con dei p-value del 50,4% per il chi-quadro e del 99,9% del Kolmogorov-Smirnov.

In realtà trascurando i valori estremi, l’asimmetria dei dati viene ridotta da1,75 a 0,75 circa: in una situazione di questo tipo anche la normal Approximation e la Wilson-Hilferty riescono a garantire un buon adattamento.

WEIBULL DISTRIBUTION

0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

1

0 500000 1000000 1500000 2000000 2500000 3000000 3500000

F(X)

LOGNORMAL DISTRIBUTION

0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

1

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5

Milioni

F(X)

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A Risk Analysis in Fire Insurance 117

Figura 21: Adattamento della Normal Approximation al costo sinistri aggregato con valori inferiori a 4 milioni di Euro. Risultati dei test statistici per

le tre approssimazioni Normali.

N.App. NP App. WH App.Valore Osservato 6,053 1,366 1,424Valore Critico 9,488 9,488 9,488p-value 19,5% 85% 84%

N.App. NP App. WH App.Dn 0,113 0,062 0,064p-value 74,2% 99,9% 99,8%

Test del Chi-quadro

Kolmogorov-Smirnov

Può essere infine interessante verificare l’adattamento ai dati

dell’approccio simulativo. In particolare ci si è basati sul classico approccio collettivo ipotizzando che il numero dei sinistri sia distribuito secondo una Polya, costruita attraverso una Poisson con parametro pari al numero medio dei sinistri e introducendo un fatto di disturbo distribuito secondo una Gamma con entrambi i parametri uguali a 4, e che il costo del singolo sinistro sia distribuito secondo una Lognormale di parametri 2,325 e 6,141 ovvero con media pari al costo sinistri medio e coefficiente di variabilità pari a 14,89.

Il confronto grafico mostra un buon adattamento della distribuzione simulata ai dati osservati. I test di adattamento, come in precedenza, evidenziano risultati opposti. Anche in questo caso infatti, le differenze tra valori osservati e simulati, presenti soprattutto sulla coda destra della distribuzione portano ad un p-value praticamente nullo. Il test di Kolmogorov-Smirnov individua invece la distribuzione simulata quale miglior distribuzione per l’adattamento ai dati osservati.

NORMAL POWER APPROXIMATION

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Parrini C., Clemente G. P. 118

Figura 22: Adattamento della distribuzione simulata al costo sinistri aggregato.

Chi-Quadro p-

K-S test Dn

Dist. Simulata 0,01% 0,024LogNormale 3,57% 0,096Weibull 2,23% 0,0128Gamma 1,67% 0,0128Esponenziale 5,40% 0,013

Il confronto tra la funzione di ripartizione osservata e quella

ottenuta attraverso l’utilizzo della formula ricorsiva di Panjer (figura 23) mostra la non perfetta capacità di adattamento di questa procedura di stima.

Figura 23: Confronto tra funzione di ripartizione osservata e stimata con la

formula ricorsiva di Panjer calcolato utilizzando diversi

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

0 2000 4000 6000 8000Migliaia

ossp1000p750p500

In realtà principalmente si osserva la rilevante sensibilità del

risultato ottenuto mediante l’applicazione di Panjer, al variare dei parametri ipotizzati.

Principalmente la figura evidenzia come il numero di classi ipotizzato provochi un differente comportamento della funzione di ripartizione osservata.

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A Risk Analysis in Fire Insurance 119

In particolare per il numero di classi più basso, l’algoritmo di Panjer garantisce una buona stima della coda sinistra della distribuzione, ma tende a sovrastimare le probabilità di accadimento sui valori più elevati. Viceversa aumentando il numero di classi l’adattamento ai dati osservati migliora sul corpo della distribuzione ma presenta una significativa sottostima della probabilità sui costi sinistri più contenuti.

Conclusioni

L’analisi effettuata conferma la difficoltà di individuare distribuzioni che siano in grado di adattarsi perfettamente al costo dei sinistri aggregato.

In particolare in presenza di dati particolarmente asimmetrici è sconsigliato l’uso di approssimazioni basate sulla distribuzione normale.

Un accettabile adattamento viene invece garantito da distribuzioni heavy tail come la LogNormale o la Weibull con parametro Tau maggiore di 1.

Anche l’utilizzo delle simulazioni può garantire, a fronte di una corretta stima dei parametri, una buona approssimazione dell’intera distribuzione.

Anche l’algoritmo di Panjer risulta particolarmente sensibile ai parametri utilizzati e sembra non garantire un perfetto adattamento sull’intera distribuzione.

Sicuramente migliore invece risulta l’adattamento sia delle distribuzioni sia delle approssimazioni nel caso si restringa l’analisi al solo corpo della distribuzione non considerando i valori estremi.

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Parrini C., Clemente G. P. 120

Figura 24: Capitale a rischio rapportati ai premi di rischio calcolato ad un livello del 75% e con un caricamento pari al 2%

Car/E(X)Dist. Simulata 18%Formula di Panjer 21%LogNormale 22%Esponenziale 37%Weibull 37%WH Approximation 42%NP Approximation 51%Normal Approximation 67%

In ogni caso la scelta della corretta distribuzione appare

particolarmente importante non solo in ottica di pricing, ma anche e soprattutto in un’ottica di Margine di Solvibilità. Come si può osservare dalla figura 24 il capitale a rischio, calcolato in questo caso ad un livello del 75% e con ipotesi molto semplici, risulta notevolmente influenzato dalla scelta della distribuzione.

Appendice

Un metodo di Cluster Analysis

Per la determinazione del numero di classi ottimali si è fatto ricorso

alla “cluster analysis” in cui l’aggregazione delle classi è stata ottenuta tramite il metodo della minima varianza (o metodo di Ward).

L’obiettivo è minimizzare l’incremento di varianza interna totale tramite un procedimento iterativo.

Il processo si arresta sulla base di un criterio operativo opportunamente scelto: ad esempio limitando ad un dato valore la perdita di informazione dovuta al progressivo accorpamento di classi distinte.

Una possibile definizione della perdita di informazione in presenza di k classi può essere:

2

2 )()(σ

σ kkl =

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A Risk Analysis in Fire Insurance 121

dove: 2σ è la varianza totale

∑=

=k

i

ii n

nk

1

22 )( σσ è la varianza interna totale fissate k classi

con 2iσ varianza interna dell’i-sima classe.

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IL LONGEVITY RISK E LA VALUTAZIONE DELLE RENDITE VITALIZIE

Cinzia Di Palo [email protected] Dipartimento Istituzioni, Metodi Quantitativi e Territorio DIMET Facoltà di Economia, Università degli Studi di Cassino Via S. Angelo, 03043 Cassino Abstract

Il fenomeno della longevità comporta considerevoli rischi sotto il

profilo economico e finanziario per l’impatto che questo ha sul mercato delle rendite vitalizie. Nel lavoro si introduce il concetto analitico di “potenziale di sopravvivenza” per valutare l’incidenza che il rischio di longevità ha sui prodotti di rendita vitalizia e per stabilire la connessione tra rischio d’investimento e rischio di longevità.

Il potenziale di sopravvivenza consente di esprimere in uno contesto matematico unitario le variazioni delle probabilità di sopravvivenza, e di stabilire, tra l’altro, semplici connessioni tra le probabilità di sopravvivenza riferite a generazioni diverse. In tal modo, i valori attuariali di rendite vitalizie vendute in epoche diverse sono resi confrontabili, e le variazioni della longevità sono “recuperabili” in termini finanziari.

Keywords: rendite vitalizie, longevity risk, potenziale di sopravvivenza.

1. Introduzione

L’analisi dei trend di crescita di popolazioni in diversi Paesi del

mondo, combinata con la probabilità che le cure anti-età funzionino, genera incoraggianti previsioni sull’aumento della durata di vita media

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Di Palo C.

124

nel prossimo futuro. Nel suo lavoro, il biologo Tuljapurkar ha stimato che a partire dal 2010 la vita media aumenterà di almeno venti anni, arrivando fino ai 100. L’incremento della durata della vita sarà 5 volte più rapido rispetto a quello attuale. I Paesi industrializzati come l’Italia o la Svezia, con bassi tassi di natalità, si dovranno però confrontare con tutti i problemi che nascono dall’aumento del rapporto tra la popolazione ultrasessantacinquenne e quella in età lavorativa (vedi Tuliapurkar, 2000).

Infatti, se la durata di vita effettiva di un individuo risulta più lunga di quella attesa e se questo fenomeno si manifesta in modo sistematico, allora le conseguenze in campo economico e sociale sono evidenti. In particolare nel contesto assicurativo delle rendite vitalizie, il fenomeno della longevità comporta considerevoli rischi sotto il profilo economico e finanziario. La Compagnia assicurativa, per assolvere ai suoi impegni, deve erogare la rendita per un periodo più lungo di quello atteso, e l’effetto di mutualità non è sufficiente a compensare gli effetti del fenomeno della longevità neanche su collettività di grandi dimensioni (vedi Olivieri, 2001). Inoltre, quanto maggiore è la differenza tra vita attesa e vita effettiva, tanto più grande è l’incidenza del Longevity Risk per la Compagnia. L’uso di tavole di mortalità proiettate è sicuramente fondamentale per cercare di rappresentare nel modo più verosimile i possibili futuri andamenti della mortalità, tenuto conto degli effetti del passato. Rimane in ogni caso l’aleatorietà legata alla previsione, e quindi la necessità di quantificare l’effetto che il rischio generato dall’incertezza ha sulla stima dell’aspettativa di vita o sulla valutazione attuariale di una rendita vitalizia dal punto di vista finanziario (vedi Blake et al., 2006).

In tale contesto, il lavoro si pone l’obiettivo di poter “quantificare” il peso del Longevity Risk sulla valutazione attuariale di una rendita vitalizia attraverso un concetto analitico, quello del “potenziale di sopravvivenza”. L’introduzione di tale concetto consente di riformulare in modo coerente i concetti di probabilità di sopravvivenza di periodo e di generazione. In tale contesto risulta naturale esplicitare relazioni analitiche che consentono di passare dalla probabilità di periodo alla corrispondente probabilità di generazione. Fissata una specifica funzione potenziale di sopravvivenza, le

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Il Longevity Risk e la valutazione delle rendite vitalizie

125

variazioni della longevità rispetto al tempo ed all’età restano univocamente determinate.

Il lavoro si articola nel modo seguente. Nella Sezione 2 si definiscono i concetti di intensità di mortalità e di longevità. Nella Sezione 3 si mostra che, sotto opportune ipotesi di continuità della funzione di sopravvivenza e delle sue derivate, è possibile definire un campo gradiente al quale è associato una funzione potenziale. Nella Sezione 4 si deducono relazioni analitiche che consentono di correlare probabilità di periodo e di generazione, e nella successiva Sezione 5 si esplicitano le variazioni della forza di longevità rispetto al tempo e rispetto all’età. Nella Sezione 6, ai fini di una quantificazione numerica sono stati confrontati i valori attuariali di rendite vitalizie valutate in epoche diverse, e si evidenzia come le variazioni della longevità sono “recuperabili” in termini finanziari.

2. Forza di mortalità e forza di longevità

Sulla base dell’esperienza empirica dei miglioramenti osservati dei

tassi di mortalità alle diverse età negli ultimi decenni, si evidenzia come la probabilità di sopravvivenza di un individuo di una determinata collettività non sia in relazione solo con l’età ma anche con il tempo di calendario. Pertanto, le funzioni rappresentative del fenomeno della mortalità di una determinata collettività si considerano esprimibili in relazione alle due variabili indipendenti, età x e tempo di calendario t (vedi Pitacco, 2004).

Consideriamo la variabile casuale non negativa 0T , la durata di vita alla nascita, la quale è descritta dalla funzione di ripartizione

( )0( )F x P T x= ≤ . La corrispondente funzione di sopravvivenza è

usualmente indicata con ( )0( )S x P T x= > . Naturalmente il valore della funzione di sopravvivenza può variare

con il tempo, cambiando la probabilità di sopravvivenza di un individuo ad una determinata età in un diverso anno di calendario. Consideriamo allora la funzione di sopravvivenza ( , )S x t , definita come funzione delle due variabili età x e tempo di calendario t, che

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Di Palo C.

126

fornisce il valore ( )S x al tempo t . Supponiamo che la funzione ( , )S x t sia definita sull’insieme x tA D D= × di 2 , con xD e tD

rispettivamente dominio delle età e dominio del tempo. Per esempio, possiamo scegliere [ )0,xD = +∞ e tD uguale ad un

fissato intervallo temporale ( )0 , ft t . Con queste ipotesi si ha

[ ) ( )00, , fA t t= +∞ × . Stabiliamo inoltre che:

1. la funzione ( , )S x t assume valori nell’intervallo ( ]0,1 ; 2. (0, ) 1S t = e lim ( , ) 0

xS x t

→+∞= , tt D∀ ∈ ;

3. la funzione ( , )S x t è dotata di derivata parziale rispetto ad entrambe le variabili per ogni punto interno all’insieme A e tali derivate parziali sono continue nell’interno di A ;

4. i limiti ( ) ( ), 0,

( , )limx t t

S x tt→

∂∂

e ( ) ( ), 0,

( , )limx t t

S x tx→

∂∂

esistono e sono finiti in

ogni punto ( )0,t della frontiera di A ; 5. per le ipotesi (3) e (4), le derivate parziali rispetto ad entrambe le

variabili della funzione ( , )S x t sono definite su tutto il dominio A , e sono funzioni continue in A ;

6. la funzione ( , )S x t è non crescente rispetto alla variabile x, cioè ( , ) 0S x tx

∂≤

∂ ( ),x t A∀ ∈ ;

7. la funzione ( , )S x h t h+ + , per ogni fissato ( , )x t A∈ , è non crescente nella variabile h, cioè

( ) ( )1 1 2 2, ,S x h t h S x h t h+ + ≥ + +

1 2,h h∀ ∈ / 1 2h h< e ( )1 1,x h t h+ + , ( )2 2,x h t h A+ + ∈ .

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Il Longevity Risk e la valutazione delle rendite vitalizie

127

Con riferimento alla derivata direzionale, indicata con 2 2,

2 2λ

=

ur la direzione della bisettrice del piano età-tempo,

risulta ( , ) 2 ( , ) ( , ) 0

2S x t S x t S x t

x tλ∂ ∂ ∂ = + ≤ ∂ ∂∂

ur .

Per definizione, l’intensità istantanea di mortalità, denominata

anche forza di mortalità, è data dalla seguente 1 ( , )( , )

( , )S x tx t

S x t xµ ∂

= −∂

(1)

definita ( ),x t A∀ ∈ . Tale funzione esprime i mutamenti della mortalità in relazione all’età e la sua importanza è ben nota nella letteratura demografica e attuariale.

In modo analogo, si può definire l’intensità istantanea di longevità,

o anche forza di longevità (vedi Jin, 2004), come la derivata rispetto al tempo della funzione ( , )S x t , cioè

1 ( , )( , )( , )

S x tx tS x t t

υ ∂=

∂ (2)

definita ( ),x t A∀ ∈ . L’introduzione della definizione (2) consente di esprimere l’evoluzione della mortalità anche in relazione al tempo di calendario.

Le funzioni ( , )x tµ e ( , )x tυ sono continue sull’insieme A . Generalmente la stima delle due forze viene però eseguita sulla base delle tavole di sopravvivenza di una fissata collettività riferite a determinati anni di calendario. Mostriamo, a titolo di esempio, i grafici della forza della longevità per la popolazione italiana maschile per gli anni 1980-2000 nella Figura 1. I dati sono forniti dall’HMD (Human Mortality Database, University of California, Berkeley (USA) e the Max Planck Institute for Demographic Research (Germany), aggiornato ad Aprile 2006).

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Di Palo C.

128

forza_longevità_dai dati

-3,00%

-2,00%

-1,00%

0,00%

1,00%

2,00%

3,00%

4,00%

5,00%

6,00%

7,00%

1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000

anni

vi(x

,t)

età_60 età_70 età_80 Figura 1: forza di longevità per la popolazione italiana maschile (1980-2000)

3. Potenziale di sopravvivenza

Consideriamo l’insieme A di 2 e su tale insieme consideriamo la funzione ln ( , )S x tφ = , che assume valori in ( ],0−∞ . Tale funzione, per le ipotesi già poste sulla funzione di sopravvivenza

( , )S x t , risulta non crescente rispetto alla variabile età x, e non crescente rispetto alla variabile h, h∀ ∈ . Valgono inoltre le seguenti

(0, ) 0tφ = e lim ( , )

xx tφ

→+∞= −∞ , tt D∀ ∈ .

Si definisce potenziale di sopravvivenza la funzione ln ( , )S x tφ = .

Tale funzione esprime sotto il profilo matematico l’idea che un individuo sia dotato alla nascita di alcune risorse di sopravvivenza, che sono per esempio il risultato di condizioni di natura biologica o sociale. Il fatto che queste risorse siano decrescenti nel corso della vita sembra essere piuttosto naturale. Il decesso avviene quando tali

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Il Longevity Risk e la valutazione delle rendite vitalizie

129

risorse, monotonicamente non crescenti, raggiungono un valore estremo.

In Figura 2 è mostrato il grafico della funzione potenziale per la

popolazione italiana maschile per valori appartenenti all’insieme ( ) ( )59,110 1979, 2001A = × .

60 6570

7580

8590

95100

105

1980 19

84 1988 19

92 1996 20

00

-12

-10

-8

-6

-4

-2

0

lnS(x,t)

età x

tempo t

potenziale di sopravvivenza

-12--10 -10--8 -8--6 -6--4 -4--2 -2-0 Figura 2: superficie del potenziale di sopravvivenza per la popolazione

italiana maschile (1980 2000)

Consideriamo la forma differenziale, lineare e continua, ( ) ( ) ( ), , ,x t x t dx x t dtω µ υ= − + definita sull’insieme A i cui

coefficienti sono le derivate parziali della funzione potenziale. Se ] 2: 0,n Aρ → ⊆ è la curva di equazioni ( )x x h= e ( )t t h= ,

l’integrale della forma differenziale esteso alla curva ρ è dato da

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130

( ) ( )( )

( ) ( )( ) ( ) ( ) ( )( ) ( )( )0

, ,

, ' , 'n

x t T x t ds

x h t h x h x h t h t h dh

ρ ρω ω

µ υ

= =

= − +

∫ ∫

dove ( ),T x t è il versore tangente alla curva ρ in ( ),x t . La forma differenziale ( ),x tω è esatta in A perché esiste la

funzione ln ( , )S x tφ = differenziabile e tale che dω φ= . La funzione φ è una primitiva di ω , ed ogni funzione cφ + , con c costante reale, è una primitiva di ω .

Vale allora la seguente importante proprietà. Siano a e b due punti di A , e sia ρ è una curva regolare a tratti

interamente contenuta in A , congiungente i due punti e orientata nel verso da a a b ; allora risulta che:

( ) ( )b aρ

ω φ φ= −∫ . (3)

In altre parole, l’integrale della forma differenziale lungo una qualunque curva ρ non dipende dalla curva ma solo dai suoi estremi e dalla sua orientazione, ed perciò rappresentato dalla differenza di due numeri reali. Vediamo come tale proprietà consente di riferirsi ai diversi stati di potenziale di un individuo appartenente ad una data generazione. Consideriamo un individuo della generazione G che nell’anno 0t ha l’età x0; dopo n anni, lo stesso individuo avrà raggiunto l’età 0x n+ nell’anno di calendario 0t n+ . I due punti 0 0( , )a x t= e

0 0( , )b x n t n= + + di A in 2 rappresentano due diversi stati dell’individuo della generazione G.

In particolare, se ] 2: 0,n Aρ → ⊆ è il “segmento” di equazioni

0( )x h x h= + 0( )t h t h= +

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131

con estremi 0 0( , )a x t= e 0 0( , )b x n t n= + + interamente contenuto in A, allora l’integrale della forma differenziale ω lungo il segmento ρ, è pari

( )0 0 0 00

( , ) ( , )n

x h t h x h t h dhρω µ υ= − + + + + +∫ ∫

e per la (3) si ottiene

( )0 0 0 00

0 0 0 0

( , ) ( , )

( , ) ( , )

n

x h t h x h t h dh

x n t n x t

µ υ

φ φ

− + + + + + =

= + + −

∫ .(4)

Quando la mortalità di una collettività è rappresentata da un

modello analitico (vedi per esempio i modelli di Gompertz, Makeham, Weibull…), le funzioni di probabilità sono dotate di derivate continue. Se si assume l’ipotesi più forte che i coefficienti µ e γ della forma differenziale ω siano di classe ( )1C A , allora la forma differenziale

( ),x tω , oltre che esatta, è anche chiusa. Segue che la sua primitiva

ln ( , )S x tφ = è di classe ( )2C A , e dal teorema di Schwartz sull’invertibilità dell’ordine di derivazione, si ha

2 2( )t x t t x xµ φ φ υ∂ − ∂ ∂ ∂

= = =∂ ∂ ∂ ∂ ∂ ∂

( ),x t A∀ ∈ .

Questa ultima relazione mette in evidenza come le variazioni dell’intensità di mortalità rispetto al tempo siano riconducibili alle variazioni rispetto all’età dell’intensità di longevità, ovvero all’analisi della derivata seconda mista della funzione potenziale.

4. Probabilità di sopravvivenza e potenziale di sopravvivenza L’introduzione del concetto di potenziale di sopravvivenza

consente di ridefinire i concetti di probabilità di generazione e di periodo in funzione del potenziale di sopravvivenza.

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Si definisce probabilità di sopravvivenza di un anno per un individuo di età 0x valutata nell’anno 0t , o semplicemente probabilità annua di periodo, e lo si indica con

( )0 0,xp x t il valore fornito dal seguente rapporto

( ) 0 00 0

0 0

( 1, ),( , )x

S x tp x tS x t

+= ( )0 0 0, / 1 xx t A x D∀ ∈ + ∈ . (5)

Si definisce probabilità di sopravvivenza di un anno per un individuo di età 0x appartenente alla generazione G, con 0 0G t x= − , o semplicemente probabilità annua di generazione, e lo si indica con

( )0 0,p x t il valore fornito dal seguente rapporto

( ) 0 00 0

0 0

( 1, 1),( , )

S x tp x tS x t+ +

= ( ) ( )0 0 0 0, / 1, 1x t A x t A∀ ∈ + + ∈ . (6)

Con riferimento alla funzione potenziale di sopravvivenza, facile

verificare che: ( ) ( ) ( )( )0 0 0 0 0 0, exp 1, ,xp x t x t x tφ φ= + − (7)

( ) ( ) ( )( )0 0 0 0 0 0, exp 1, 1 ,p x t x t x tφ φ= + + − . (8)

A questo punto è possibile provare un’interessante proprietà che

consente di stabilire una naturale connessione tra probabilità di periodo e di generazione.

Teorema 1 Sia ( )0 0,p x t la probabilità annua di sopravvivenza

per un individuo della generazione G di età x0 al tempo 0t . Allora, per ogni punto ( ) ( )0 0 0 0, / 1, 1x t A x t A∈ + + ∈ , vale

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133

( ) ( )1

0 0 0 0 0 00

, , exp ( 1, )xp x t p x t x t h dhυ

= + + ∫ (9)

dove ( )0 0,xp x t è la probabilità annua di periodo per un individuo di età x0 valutata al tempo 0t .

Dimostrazione: Sia ( )0 0,p x t la probabilità annua di sopravvivenza di generazione definita dalla (6). Moltiplicando e dividendo per la stessa quantità G ( )0 01,S x t+ si ottiene:

( ) ( )0 0 0 0 0 00 0 0 0

0 0 0 0 0 0

( 1, 1) ( 1, ) ( 1, 1), ,( 1, ) ( , ) ( 1, )x

S x t S x t S x tp x t p x tS x t S x t S x t

+ + + + += =

+ +.

Riferendosi alla funzione potenziale di sopravvivenza, segue allora che:

( ) ( ) ( ) ( )( )0 0 0 0 0 0 0 0, , exp 1, 1 1,xp x t p x t x t x tφ φ= + + − + . Dalla relazione (4), la differenza di potenziale tra i punti

( )0 01, 1x t+ + e ( )0 01,x t+ , aventi uguali la prima coordinata, è data da

( ) ( )1

0 0 0 0 0 00

1, 1 1, exp ( 1, )x t x t x t h dhφ φ υ

+ + − + = + + ∫ .

Per sostituzione nella precedente relazione si ottiene la (9).

Il teorema 1 mostra come la probabilità di sopravvivenza di un individuo appartenente ad una determinata generazione può essere espressa attraverso il valore della corrispondente probabilità di periodo corretto opportunamente per un fattore che esprime gli effetti del tempo.

Le definizioni (5) e (6), e le corrispondenti proprietà, si possono

facilmente estendere al caso di probabilità di sopravvivenza di n anni rispettivamente di periodo e di generazione.

Si definisce probabilità di sopravvivenza di n anni per un individuo

di età 0x valutata nell’anno 0t , e la si indica con

( )0 0,n xp x t

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134

il valore fornito dal seguente rapporto:

( ) 0 00 0

0 0

( , ),( , )n x

S x n tp x tS x t

+= ( )0 0 0, / xx t A x n D∀ ∈ + ∈ . (10)

Si definisce probabilità di sopravvivenza di n anni per un individuo

di età 0x appartenente alla generazione G, con 0 0G t x= − , e la si indica con

( )0 0,n p x t il valore fornito dal seguente rapporto:

( ) 0 00 0

0 0

( , ),( , )n

S x n t np x tS x t+ +

= ( ) ( )0 0 0 0, / ,x t A x n t n A∀ ∈ + + ∈ . (11)

Attraverso la funzione potenziale è possibile quindi riscrivere tutte

le relazioni ricorsive tra probabilità di sopravvivenza di n anni e di un anno, oppure determinare i valori caratteristici della durata di vita aleatoria. Ma la proprietà che più fortemente caratterizza tale impostazione è la possibilità di esplicitare relazioni tra le probabilità di sopravvivenza di periodo o di generazione riferite ad epoche diverse, integrando intensità di mortalità o di longevità lungo direzioni appropriate.

Per esempio, siano 0t e 1t due diverse epoche tali che 1 0t t t= + ∆ , e

sia n un numero naturale tale che 1n ≥ . Se si vuole valutare la probabilità di sopravvivenza di n anni all’età x0 ad una determinata epoca 1t conoscendo quella valutata alla precedente epoca 0t , si può procedere come segue.

Per la relazione (7), estesa al caso di n anni, si ha ( ) ( ) ( )( )0 1 0 1 0 1, exp , ,n xp x t x n t x tφ φ= + − .

Considerando nel piano età-tempo il cammino parallelo all’asse del tempo che va da 1t a 0t lungo la linea dell’età 0x n+ , quindi muovendosi lungo la direzione del tempo 0t dall’età 0x n+ a 0x e spostandosi infine lungo la linea dell’età 0x da 0t a 1t , si ha

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135

( ) ( ) ( )( )( ) ( )( ) ( ) ( )( )0 1 0 1 0 0

0 0 0 0 0 0 0 1

, exp , ,

exp , , exp , ,n xp x t x n t x n t

x n t x t x t x t

φ φ

φ φ φ φ

= + − +

+ − −.

Per la (3) applicata ai cammini paralleli all’asse del tempo, valgono le seguenti

( ) ( )1

0

0 1 0 0 0, , ( , )t

t

x n t x n t x n h dhφ φ υ+ − + = +∫

( ) ( )1

0

0 0 0 1 0, , ( , )t

t

x t x t x h dhφ φ υ− = −∫

Mediante sostituzione si ottiene

( ) ( ) ( )1

0

0 1 0 0 0 0, , exp ( , ) ( , )t

n x n xt

p x t p x t x n h x h dhυ υ

= + − ∫ (12)

relazione che esprime il legame tra due probabilità di periodo.

In modo del tutto analogo si esplicitano le connessioni tra probabilità di sopravvivenza tra due diverse generazioni e tra probabilità di generazione e di periodo

( ) ( ) ( )1

0

0 1 0 0 0 0, , exp ( , ) ( , )t

n nt

p x t p x t x n h n x h dhυ υ

= + + − ∫ (13)

( ) ( )0

0

0 0 0 0 0, , exp ( , )t n

n n xt

p x t p x t x n h dhυ+

= +∫ .

5. Forza della longevità

Consideriamo la funzione ( , )x tυ e supponiamo che tale funzione sia dotata di derivate continue in A rispetto ad entrambe le variabili. In tal caso, il suo differenziale

( ) ( ), ,d x t dx x t dtx tυ υυ ∂ ∂

= +∂ ∂

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136

è una forma differenziale lineare i cui coefficienti sono le derivate

parziali ( ),x txυ∂∂

, ( ),x ttυ∂∂

della funzione. Discende in modo

immediato dalla definizione (2) la seguente

( ) ( )2 2

2, ,d x t dx x t dtx t tφ φυ ∂ ∂

= +∂ ∂ ∂

.

Pertanto, essendo dυ una forma differenziale esatta e continua in

A, se a e b sono due punti del dominio A, e se ρ è una curva regolare a tratti interamente contenuta in A congiungente i due punti ed orientata da a verso b, allora segue che:

( ) ( )2 2

2( , ) ( , )d x t dx x t dt b ax t tρ ρ

φ φυ υ υ ∂ ∂

= + = − ∂ ∂ ∂ ∫ ∫ . (14)

La relazione (14) consente di esplicitare la connessione tra

probabilità di periodo e di generazione in funzione del potenziale di sopravvivenza.

In particolare, se 0 0( , )a x t e 0 0( , )b x n t+ sono due punti di A

estremi del segmento, interamente contenuto in A ] 2: 0,n Aρ → ⊆ di equazioni:

0( )x h x h= + 0( )t h t= dalla (14) segue

( ) ( )( ) ( )

( ) ( ) ( )

2

0

2

0 0 0 0 0 00

, '

, , ,

n

n

d x h t h x h dhx t

x h t dh x n t x tx t

ρ

φυ

φ υ υ

∂= =

∂ ∂

∂= + = + −

∂ ∂

∫ ∫

∫.

Sostituendo nella (12) si ottiene

( ) ( ) ( )1

0

2

0 1 0 0 00

, , exp ,t n

n x n xt

p x t p x t x y h dy dhx tφ ∂

= + ∂ ∂ ∫ ∫

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Il Longevity Risk e la valutazione delle rendite vitalizie

137

Allo stesso modo, se 0 0( , )a x t e 0 0( , )b x n t n+ + sono estremi del

segmento, interamente contenuto in A ] 2: 0,n Aρ → ⊆ di equazioni

0( )x h x h= + 0( )t h t h= + si ha:

( ) ( )( ) ( ) ( ) ( )( ) ( )

( ) ( )

( ) ( )

2 2

20

2 2

0 0 0 020

0 0 0 0

, ' , '

, ,

, ,

n

n

d x h t h x h x h t h t h dhx t t

x h t h x h t h dhx t t

x n t n x t

ρ

φ φυ

φ φ

υ υ

∂ ∂= + = ∂ ∂ ∂

∂ ∂= + + + + + = ∂ ∂ ∂ = + + −

∫ ∫

e sostituendo nella (13) si ottiene

( )

( ) ( ) ( )1

0

0 1

2 2

0 0 0 020

,

, exp , ,

n

t n

nt

p x t

p x t x y h x k h y dy dhx t tφ φ

=

∂ ∂= + + + + ∂ ∂ ∂

∫ ∫(15)

6. Potenziale di sopravvivenza e valutazione di una rendita

vitalizia Si vuole stimare l’influenza delle variazioni della mortalità sul

costo di una rendita vitalizia utilizzando il concetto di forza di longevità e di potenziale di sopravvivenza. A tal fine, nell’ipotesi che l’intensità di mortalità e di longevità siano esprimibili attraverso funzioni di classe ( )1C A , ci proponiamo di confrontare i valori attuariali di rendita per individui che hanno la stessa età 0x in due epoche diverse 0t e 1t , con 0 1t t≠ e tali che 1 0t t t= + ∆ .

Consideriamo il caso di una rendita vitalizia immediata non temporanea unitaria e continua. Indichiamo con ( )0 0,a x t e ( )0 1,a x t i

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Di Palo C.

138

valori attuariali della rendita riferiti ad individui di età 0x e valutati alle due diverse epoche 0t e 1t . Questi sono definiti da:

( ) ( )0 0 0 0 00 0

, exp ( ) ,k

ka x t t d p x t dkδ τ τ+∞

= − +

∫ ∫ (16)

( ) ( )0 1 1 0 10 0

, exp ( ) ,k

ka x t t d p x t dkδ τ τ+∞

= − +

∫ ∫ (17)

in cui 0( )tδ τ+ e 1( )tδ τ+ sono le intensità istantanee di interesse. A partire dalla relazione (15), il valore attuariale della rendita

vitalizia valutata al tempo 1t si può ottenere a partire dalle probabilità di sopravvivenza della generazione 0 0 0G t x= − e da un’ipotesi

opportuna sulla dinamica delle derivate seconde 2

( , )x tx tφ∂

∂ ∂ e

2

2 ( , )x ttφ∂

∂, funzioni che rispettivamente esprimono i mutamenti

dell’intensità di mortalità e dell’intensità di longevità rispetto al tempo.

Primo caso: Consideriamo uno scenario estremamente

semplificato. Supponiamo che la forza dell’interesse sia costante rispetto al tempo e pari al valore fissato all’epoca di valutazione, cioè

0 0( )tδ τ δ+ = e 1 1( )tδ τ δ+ = , ( ) ( )0 1/ , tt t Dτ τ τ∀ + + ∈ . Inoltre supponiamo che la variazione dell’intensità di longevità sia

costante rispetto all’età e al tempo, cioè 2

( , ) ''x tx tφ φ∂

=∂ ∂

, xx D∀ ∈ e tt D∀ ∈ .

In tale caso, risulta ( , ) ''x tx

υ φ∂=

∂, xx D∀ ∈ e tt D∀ ∈

e quindi, integrando tra 0 e x, si ottiene

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Il Longevity Risk e la valutazione delle rendite vitalizie

139

( , ) ''x t xυ φ= e 2

2

( , ) 0x tt

φ∂=

∂, xx D∀ ∈ e tt D∀ ∈ .

In tale caso, la relazione (15) si può scrivere come

( ) ( ) ( ) ( ) ( )1

0

0 1 0 0 0 0, , exp '' , exp ''t

k k kt

p x t p x t k dh p x t t kφ φ

= = ∆ ∫

con 1 0t t t∆ = − e risulta

( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( )1

0 1 1 0 00

0 00

''

, exp , exp ''

exp ,

k

k

k

t k

a x t k p x t t dk

p x t dkδ φ

δ φ+∞

+∞

=

= − − ∆

= − ∆

∫. (18)

Dal confronto della(16) con la (18), osserviamo che

( ) ( )0 1 0 0 0 1, , ''a x t a x t tδ δ φ= ⇔ = −∆

relazione che mostra come il valore attuariale della rendita valutata in 1t è equivalente al valore della rendita valutata in 0t se si modifica opportunamente il tasso tecnico, cioè se in proiezione si riduce il tasso tecnico 1δ della quantità ''tφ∆ , che risulta direttamente proporzionale all’orizzonte temporale prefissato ed al valore stimato della derivata seconda della funzione potenziale. L’effetto di un eventuale miglioramento della longevità nella valutazione attuariale delle rendite vitalizie è perciò “quantificato” dalla grandezza ''φ , che produce una riduzione del tasso di investimento riconosciuto e retrocesso alla rendita proporzionale all’orizzonte temporale prefissato.

Secondo caso: Supponiamo che l’intensità di longevità sia costante

solo rispetto al tempo, cioè

( ) ( )2

, ''x t xx tφ φ∂

=∂ ∂

e ( )2

2 , 0x ttφ∂

=∂

xx D∀ ∈ e tt D∀ ∈ .

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140

In tale caso, la relazione (15) si può esprimere come

( ) ( )

( )

( )

1

0

1

0

0 1 0 0 00

0 0 00

0 0 00

, , exp ''( )

, exp ''( )

, exp ''( )

t k

k kt

tk

kt

k

k

p x t p x t x y dy dh

p x t x y dh dy

p x t t x y dy

φ

φ

φ

= + =

= + =

= ∆ +

∫ ∫

∫ ∫

con 1 0t t t∆ = − . Allora l’espressione del valore attuariale della

rendita in 1t è data da

( )

( )

( ) ( )1 0

0 1

1 0 0 00 0 0

0 00 0

( ) ''( )

,

exp ( ) , exp ''( )

exp ,

k k

k

k

kt h t x h

a x t

t h dh p x t t x y dy dk

dh p x t dkδ φ

δ φ+∞

+∞

=

= + − ∆ +

=

= − + ∆ +

∫ ∫ ∫

∫ ∫

.

Anche in questo caso, in modo analogo al precedente, risulta ( ) ( ) ( ) ( ) ( )0 1 0 0 0 1 0, , ''a x t a x t t h t h t x hδ δ φ= ⇔ + = + −∆ + (19)

con 0h ≥ . Il Longevity Risk viene ancora trattato come un ipotetico rischio di

investimento, e, mediante la (19), è possibile tener conto dei cambiamenti della longevità specifici per ogni età, qualunque sia l’ipotesi circa il futuro andamento dei tassi di interesse.

E’ possibile in generale definire la legge di “Correzione

Demografica” per l’età 0x al tempo t, e la si indica con

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Il Longevity Risk e la valutazione delle rendite vitalizie

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( )0 0,dc x t t− la funzione espressa da

( )0 0 0 00

( , ) exp ''( )k

dc x t t t t x y dyφ

− = − +

tale che ( ) ( ) ( )0 0 0 0 0, , ,k kp x t p x t dc x t t= − .

Si ha che ( )0 0, 1dc x t = qualunque sia l’età x0, ed il valore

( )0 0,dc x t t− sarà maggiore di uno se la dinamica della longevità evidenzia una generale riduzione di tassi di mortalità. Quanto più grande è l’orizzonte temporale prefissato, tanto più grande sarà l’effetto della correzione demografica. In tale contesto, la funzione

( )0'' x hφ + può essere interpretata come tasso istantaneo di correzione demografica.

Dal momento che nelle applicazioni sono utilizzate le tavole di

sopravvivenza riferite ad età intere ed a determinati anni di calendario (caso discreto), supponiamo inoltre che

''( ) ''( )x y xφ φ+ = xx D∀ ∈ e /y∀ ∈ 0 1y≤ < .

Allora, per ogni fissata età iniziale x0 e per ogni fissata epoca iniziale 0t , possiamo considerare i fattori annui di correzione demografica (DCR) al tempo t e per le età successive ad x0 nel modo seguente:

( ) ( )0 0 0( , ) ''dcr x h t t t x hφ+ = − + , 0h∀ ≥ .

A titolo di esempio, sono state prese in considerazione le tavole di sopravvivenza per la popolazione italiana maschile riferita agli anni di calendario compresi tra il 1960 ed il 2000. Per questa collettività abbiamo stimato ''( )xφ come il valor medio dei valori ( )'' ,x tφ , per

60x ≥ e 1960,1961...2000t = (vedi Figura 3).

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Di Palo C.

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I valori attuariali di rendita vitalizia per le generazioni comprese tra il 1930 ed il 1950 sono stati calcolati utilizzando la struttura dei tassi di correzione demografica in proiezione fino al 2030, ultimo anno di proiezione dopo il quale si assumono costanti i valori raggiunti. Questi valori sono stati confrontati con i corrispondenti valori valutati sulla base delle tavole di sopravvivenza RG48 fornite dall’ANIA. I risultati sono mostrati nella Tabella 1.

Figura 3: Correzione demografica per la popolazione italiana maschile per gli

anni 1960-2000

0,000000

0,000500

0,001000

0,001500

0,002000

0,002500

0,003000

0,003500

0,004000

60 65 70 75 80 85 90 95 100

età x

tass

o di

cor

rezi

one

dem

ogra

fica

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Il Longevity Risk e la valutazione delle rendite vitalizie

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Tabella 1: Valori attuariali di rendita per le generazioni 1930, 1940, 1950.

Valore attuariale di una rendita vitalizia al 3% (RG48)

Valore attuariale di una rendita vitalizia al 3% (proiezione

mediante tassi di correzione demografica)

Età G30 G40 G50 G30 G40 G50 60 15,2742 15,7244 16,1666 13,8604 15,1527 16,2117 61 14,8163 15,2742 15,7244 13,4865 14,7596 15,8168 62 14,3513 14,8163 15,2742 13,1083 14,3706 15,4284 63 13,8794 14,3513 14,8163 12,7337 13,9778 15,0313 64 13,4013 13,8794 14,3513 12,3564 13,5786 14,6288 65 12,9173 13,4013 13,8794 11,9846 13,1840 14,2297 66 12,4282 12,9173 13,4013 11,6091 12,7793 13,8187 67 11,9350 12,4282 12,9173 11,2443 12,3788 13,4115 68 11,4386 11,9350 12,4282 10,8702 11,9809 13,0094 69 10,9402 11,4386 11,9350 10,5073 11,5864 12,6147 70 10,4410 10,9402 11,4386 10,1245 11,1899 12,2123 71 9,9425 10,4410 10,9402 9,7848 10,7952 11,8145 72 9,4462 9,9425 10,4410 9,3888 10,4059 11,4236 73 8,9539 9,4462 9,9425 9,0302 10,0252 11,0409 74 8,4679 8,9539 9,4462 8,6615 9,6434 10,6570 75 7,9899 8,4679 8,9539 8,3187 9,2789 10,2928

7. Conclusioni L’introduzione del concetto di potenziale di sopravvivenza

consente di costruire una teoria dal carattere unificante, attraverso la quale le variazioni della dinamica della mortalità sono descritte dalle intensità di mortalità e di longevità. Spostandosi tra due punti opportunamente scelti sulla superficie del potenziale è possibile ridefinire i concetti di probabilità di periodo e di generazione. Tutte le relazioni che correlano probabilità di periodo e di generazione possono essere derivate nello stesso contesto matematico.

Osserviamo inoltre che il concetto di forza di longevità è utile per quantificare l’effetto del Longevity Risk sulla valutazione delle rendite vitalizie. Qualunque sia il modello di proiezione utilizzato per rappresentare la mortalità futura di una popolazione, questa può in

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Di Palo C.

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ogni caso essere convertita in un’opportuna legge di correzione demografica, la quale consente di evidenziare la connessione tra rischio di longevità e rischio di investimento.

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EFFETTI SULLA RIASSICURAZIONE DELLA DIPENDENZA TRA SINISTRI CON DANNO A COSE E SINISTRI CON DANNO A

PERSONE

Salvatore Forte [email protected] Marco Pirra [email protected] Dottorato di Ricerca in Scienze Attuariali Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Abstract Obiettivo del lavoro è la valutazione di un trattato di

riassicurazione excess of loss nel caso in cui i rischi non siano indipendenti. Se in un lavoro precedente, veniva ipotizzata, e quindi fissata a priori, una struttura di dipendenza (con una scelta limitata alle copule ellittiche) per la stima del premio di riassicurazione di un trattato stop-loss, nello studio proposto si vuole determinare il valore dell’esborso atteso del riassicuratore con una copula non stabilita a priori, ma stimata a partire dai dati; inoltre, cambia il trattato di riassicurazione e viene considerato l’excess of loss. Una volta individuata la struttura di dipendenza che meglio si adatta alla distribuzione di partenza, l’esborso atteso del riassicuratore viene determinato facendo ricorso ad un algoritmo simulativo per la stima dell’importo relativo ai sinistri.

Per quanto riguarda la distribuzione di partenza si è scelta una matrice di sinistri R.C.Auto che hanno provocato sia un danno a cose sia un danno a persone. Si osserva al riguardo come solitamente, sia nella letteratura sia nella pratica riassicurativa, questi rischi vengono invece trattati separatamente e, quindi, considerati indipendenti.

Keywords: Riassicurazione excess-of-loss, copule archimedee,

dipendenza dei rischi

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Effetti sulla riassicurazione della dipendenza tra sinistri

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1. Introduzione Obiettivo del presente lavoro è la valutazione di un trattato di

riassicurazione excess of loss nel caso in cui i rischi non siano indipendenti. Se in un lavoro precedente, [2], veniva ipotizzata, e quindi fissata a priori, una struttura di dipendenza (con una scelta limitata alle copule ellittiche) per la stima del premio di riassicurazione di un trattato stop-loss, nello studio che segue si vuole determinare il valore dell’esborso atteso del riassicuratore con una copula non stabilita a priori, ma stimata a partire dai dati; inoltre, cambia il trattato di riassicurazione e viene considerato l’excess of loss. Una volta individuata la struttura di dipendenza che meglio si adatta alla distribuzione di partenza, l’esborso atteso del riassicuratore viene determinato facendo ricorso ad un algoritmo simulativo per la stima dell’importo relativo ai sinistri.

Per quanto riguarda la distribuzione di partenza si è scelta una matrice di sinistri R.C.Auto che hanno provocato sia un danno a cose sia un danno a persone. Si osserva al riguardo come solitamente, sia nella letteratura sia nella pratica riassicurativa, questi rischi vengono invece trattati separatamente e, quindi, considerati indipendenti.

2. Riassicurazione excess of loss Nella riassicurazione dei rischi nei rami danni sono applicate

prevalentemente le garanzie di tipo non proporzionale e, tra queste, rivestono particolare importanza le coperture excess of loss.

Secondo lo schema excess of loss è posto a carico del riassicuratore, di ogni sinistro che colpisca un singolo rischio o un portafoglio di rischi assicurativi, l’importo eccedente una fissata priorità nei limiti di una data portata. In questo particolare caso la portata è stata considerata illimitata.

Indicando con X e Y rispettivamente il danno a cose e il danno a persone, l’esborso atteso del riassicuratore è pertanto uguale a:

( ),XRiass E g X Y= ,

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dove è

( )0 se ( )

, se ( )

X Y kg X Y

X Y k X Y k+ <

= + − + ≥.

3. Analisi dei dati La distribuzione bivariata da cui è partito il lavoro, costituita da una

matrice di n = 1.241 sinistri, può essere sinteticamente rappresentata dal seguente grafico 11.

Grafico 1 – Distribuzione bivariata originaria

Dalle due distinte serie di dati sono state innanzitutto stimate le distribuzioni marginali empiriche attraverso i più comuni metodi statistici di stima delle distribuzioni; per quanto riguarda la bontà di adattamento ai dati si è fatto ricorso, oltre al test del Chi-quadro, anche ai test di Anderson-Darling e di Kolmogorov-Smirnov. Le distribuzioni teoriche che meglio si adattano ai dati iniziali sono risultate le seguenti:

1 Nel grafico 1, così come in alcuni dei grafici che seguono, viene indicata con ( ),f x y la funzione di densità della distribuzione bivariata.

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Effetti sulla riassicurazione della dipendenza tra sinistri

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1. Sinistri con danno a cose: distribuzione lognormale, di parametri xµ e xσ , con densità

( )2

ln121

2

x

x

x

x

f x ex

µσ

πσ

−−

= .

Si hanno 6,9255xµ = , 0,9994xσ = ed il valore atteso [ ] 1677E X = euro.

Grafico 2 – Distribuzione Teorica Sinistri con danno a cose

2. Sinistri con danno a persone: distribuzione lognormale di parametri yµ e yσ , con 8,1763yµ = , 0,96234yσ = e valore atteso

[ ] 5650E Y = euro .

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Grafico 3 – Distribuzione Teorica Sinistri con danno a persone

4. Stima della dipendenza

Dopo aver determinato le distribuzioni marginali, lo studio è

proseguito con l’analisi del grado di dipendenza esistente tra il singolo danno a cose e il singolo danno a persone. A tal fine è stato necessario ricorrere ad un indice di dipendenza.

In letteratura esiste una molteplicità di indici di dipendenza, ognuno caratterizzato da specifiche proprietà riferite a determinate distribuzioni marginali. Ad esempio, il coefficiente di correlazione lineare assume valori compresi tra -1 e +1 solo nel caso di distribuzioni ellittiche e pertanto in un’ipotesi di lavoro come quella esposta in questo articolo, ovvero nel caso di distribuzioni marginali lognormali, un valore contenuto di tale indice non deve necessariamente indurre a considerare una correlazione bassa. Stante questa considerazione, data la natura delle marginali empiriche oggetto di studio, si è deciso di utilizzare come indice di dipendenza il tau di Kendall. Questo indice si configura in una misura di associazione non parametrica basata sul numero di coppie concordanti e discordanti osservate in un campione.

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Effetti sulla riassicurazione della dipendenza tra sinistri

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Date due coppie di valori ( )1 1,X Y e ( )2 2,X Y indipendenti e identicamente distribuite, esse si definiscono concordanti se ( )1 2 1 2( ) 0X X Y Y− − > , discordanti in caso contrario.

A questo punto si può definire: [ ] ( )1 2 1 2Pr Pr ( ) 0concordanza X X Y Y = − − > ,

[ ] ( )1 2 1 2Pr Pr ( ) 0discordanza X X Y Y = − − < . L’utilizzo di un indice che tenga conto esclusivamente delle

suddette probabilità assicura una invarianza di tale indicatore in seguito a trasformazioni crescenti delle variabili prese in considerazione e una esclusiva dipendenza dalla struttura che lega le variabili medesime.

Il tau di Kendall si definisce come la differenza tra la probabilità di concordanza e quella di discordanza:

[ ] [ ]1 2 1 2 1 2 1 2Pr ( )( ) 0 Pr ( )( ) 0X X Y Y X X Y Yτρ = − − > − − − < .

Considerando n coppie di dati ( ) 1 1 2 2, ,( , ), ,( , )n nx y x y x yK , una stima empirica di tale indicatore assume la seguente forma:

( )( )

( )( )

1

1 1

1 1

2

,2

i j i ji j

n n

i j i ji j i

nsign x x y y

nsign x x y y

τρ−

<

− −

= = +

= − −

= − −

∑ ∑

dove

( )1 se x 00 se x 0-1 se x 0

sign x>

= = <

.

Il risultato che si ottiene sulle due serie di dati considerate, ovvero una riferita al valore del danno a cose ( X ) e l’altra al valore del danno a persone (Y ), è il seguente:

0, 239548KENDALLτ = .

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Al fine di determinare la effettiva struttura di dipendenza che caratterizza le coppie di valori considerate si è fatto ricorso alle copule Archimedee, di seguito brevemente descritte.

5. Struttura di dipendenza Sia Φ un insieme di funzioni [ ] [ ]: 0,1 0,1φ → continue,

strettamente crescenti, convesse e per le quali ( )0φ = ∞ e ( )1 0φ = .

Ciascuna φ ∈Φ ammette un’inversa [ ] [ ]1 : 0, 0,1φ− ∞ → che ha le

stesse proprietà, ad eccezione di ( )1 0 1φ− = e ( )1 0φ− ∞ = . Schweizer e Sklar [13] dimostrano che ciascun membro di Φ

genera una copula C , cioè una funzione di distribuzione bivariata con marginali uniformi su [ ]0,1 , data da:

( ) ( ) ( )( )1, , 0 , 1C u v u v u vφ φ φ−= + ≤ ≤ . (1) La copula definita in (1) è detta copula Archimedea e φ è la sua

funzione generatrice. Si osservi che per la costruzione della copula non è necessaria la condizione ( )0φ = ∞ . Quando ( )0φ è finita, la

copula Archimedea è generata da φ e dalla sua pseudo-inversa [ ]1φ − , così definita:

[ ] ( )( ) ( )

( )

11 se 0 0

0 se 0

t tt

t

φ φφ

φ

−−

≤ ≤= ≤ ≤ ∞

. (2)

Una copula Archimedea C , con generatore φ , è caratterizzata dalle seguenti fondamentali proprietà:

a) C è simmetrica, cioè ( ) ( ) [ ], , , , 0,1C u v C v u u v= ∀ ∈ ; b) C è associativa, cioè ( )( ) ( )( ) [ ], , , , , , , 0,1C C u v w C u C v w u v w= ∀ ∈ ;

c) per ogni costante 0c > anche cφ è un generatore di C ;

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Effetti sulla riassicurazione della dipendenza tra sinistri

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d) le distribuzioni marginali di U e V sono uniformi nell’intervallo ( )0,1 , da cui segue che ( ),1 , 0 1C u u u= ∀ ≤ ≤ ;

analogamente è ( )1, , 0 1C v v v= ∀ ≤ ≤ . Valgono inoltre i seguenti due fondamentali risultati. 1. Siano U e V due variabili aleatorie uniformemente

distribuite, la cui funzione di distribuzione congiunta è la copula Archimedea C generata da φ ∈Φ . Allora la funzione di distribuzione della variabile aleatoria ( ),C U V è data da

( ) ( )( )C

tK t t

tϕϕ +

= −′

. (3)

Questa proposizione è fondamentale per l’algoritmo descritto nel seguito del lavoro (par. 6), dal momento che la copula C è determinata in modo univoco attraverso la funzione ( )CK t .

Nel caso delle copule Archimedee esiste una relazione analitica tra il coefficiente di dipendenza τ di Kendall e la funzione generatrice φ ∈Φ , introdotta per la prima volta da Genest e MacKay negli articoli [6] e [7].

2. Siano X e Y due variabili aleatorie distribuite secondo la copula Archimedea di generatore φ ∈Φ . Allora il tau di Kendall per il vettore ( ),X Y è dato da

( )( )

1

0

1 4t

dttτ

ϕρ

ϕ= +

′∫ . (4)

Quando la funzione generatrice φ ∈Φ dipende da un parametro α è possibile ricavare una stima di tale parametro risolvendo questa equazione.

Sono state prese in considerazione le seguenti strutture di dipendenza, per ciascuna delle quali è riportato anche il corrispondente generatore ( )tαϕ determinante per ricavare la stima del parametro α (di cui viene evidenziato il range ammissibile):

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1 - ( )1

, max 1 ,0C u v u vα α αα

−− − = + −

, ( ) ( )1 1t t ααϕ α

−= − , ) 1, \ 0α ∈ − ∞ ;

2 - ( ) ( ) ( )1

, max 1 1 1 ,0C u v u vα α αα

= − − + −

, ( ) ( )1t t ααϕ = − , )1,α ∈ − ∞ ;

3 - ( ) ( )( ),

1 1 1uvC u v

u vα α=

− − −, ( ) ( )1 1

lnt

ttα

αϕ

− −= , )1,1α ∈ − ;

4 - ( ) ( ) ( )1

, exp ln lnC u v u vα α αα

= − − + −

, ( ) ( )lnt t ααϕ = − , )1,α ∈ ∞ ;

5 - ( ) ( )( )1 11, ln 11

u ve eC u v

e

α α

α αα

− −

− − = − + −

, ( ) 1ln1

tete

α

α αϕ−

−= −

−,

( ) , \ 0α ∈ −∞ ∞ ;

6 - ( ) ( ) ( )1

, exp 1 1 ln 1 ln 1C u v u vα α αα

= − − + − −

, ( ) ( )1 ln 1t t ααϕ = − − ,

( )0,α ∈ ∞ ; 7 - ( ),C u v uv= (indipendenza) . In particolare, le copule 1, 3, 4 e 5 sono note in letteratura con i

nomi, rispettivamente, di Copula Clayton, Copula Ali-Mikhail-Haq, Copula Gumbel-Hougard e Copula Frank.

Sulla base del tau di kendall empirico, è possibile stimare il parametro α di ciascuna struttura di dipendenza desiderata a partire dalla relazione (4).

Derivando la funzione ( )tαϕ e risolvendo l’integrale2 (per brevità non si riportano gli sviluppi delle formule) sono stati determinati i seguenti parametri:

1 0,630015α = ,

2 2,630014781α = ,

3 0,814001384α = ,

4 1,315007390α = ,

2 Si tenga presente che l’integrale non ha forma chiusa per tutte le strutture considerate per cui è necessario ricorrere ad opportune procedure numeriche per poterne ricavare la soluzione.

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Effetti sulla riassicurazione della dipendenza tra sinistri

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5 2, 262583938α = ,

6 2,096858306α = . Una volta stimato il parametro α per ciascuna delle strutture di

dipendenza considerate, è possibile effettuare i test sulla bontà di adattamento ai dati di partenza. In particolare sono stati utilizzati:

• il test del 2χ ; • il test di Kolmogorov-Smirnov . Con riferimento al test del 2χ , la statistica considerata è la

seguente: ( )

( )

2

2

1

ki i

i i

f np xnp x

χ=

− =∑ ,

dove k è il numero delle classi, if la frequenza assoluta empirica dei dati nella classe i , ( )inp x la frequenza assoluta teorica dei dati nella classe i . Viene calcolata anche la potenza del test (p-value).

Con riferimento al test di Kolmogorov-Smirnov, invece, la statistica considerata è la seguente:

( ) ( ) ˆmaxx

T F x F x= − .

I risultati ottenuti vengono riportati nella seguente tabella 1.

Tabella 1 – Risultati dei test sulla bontà di adattamento

Copula 2χ

empirico p-value Kolmogorov

Smirnov 1 – Clayton 46,47 0,00002 0,0268

2 405,51 0,00000 0,0673 3 – Ali-Mikhail-Haq 37,17 0,00069 0,0231 4 – Gumbel-Hougard 9,50 0,79762 0,0117

5 – Frank 19,99 0,13049 0,0139 6 28,76 0,01126 0,0201

7 – Indipendenza 195,92 0,00000 0,0640

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Il 2χ teorico risulta pari a 23,68479: questo implica che l’ipotesi venga accettata sia nel caso della copula 4 (Gumbel-Hougard) sia nel caso della copula 5 (Frank). Se però si osserva il p-value, la scelta della copula Gumbel-Hougard come copula che meglio si adatta ai dati di partenza è inconfutabile, essendo la potenza del test in questo caso molto più alta.

Tale scelta è inoltre supportata dal test di Kolmogorov-Smirnov, per il quale la copula Gumbel-Hougard ha il valore più basso rispetto a tutte le altre.

6. Simulazione dell’ esborso atteso Al fine di calcolare l’esborso atteso del riassicuratore, si è

proceduto alla simulazione delle realizzazioni di una copula Gumbel-Hougard con l’obiettivo di ricavare una distribuzione bivariata congiunta caratterizzata da tale struttura di dipendenza.

L’algoritmo di simulazione utilizzato è il seguente: 1. generare due variabili indipendenti s e q uniformi in [0,1];

2. porre ( )1Ct K q−= , dove ( ) ( )

( )C

tK t t

tϕϕ

= −′

;

3. porre ( )( )1u s tϕ ϕ−= e ( )( )1 (1 )v s tϕ ϕ−= − .

Si noti che, rispetto ad altre copule, la funzione ( )1GUMBEL HOUGARDK t−

− non ha una forma chiusa. Pertanto la soluzione cercata è stata determinata per via numerica.

Sono state effettuate 100.000 simulazioni. Il seguente grafico 4 riporta le realizzazioni generate.

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Effetti sulla riassicurazione della dipendenza tra sinistri

157

Grafico 4 – Realizzazioni simulate: Copula Gumbel-Hougard

Nel caso di indipendenza si ha invece quanto riportato nel seguente grafico 5.

Grafico 5 – Realizzazioni Simulate: Indipendenza

Dai grafici 4 e 5 si evince una maggiore concentrazione negli

angoli (I e III) della copula Gumbel rispetto al caso di indipendenza. Prendendo in considerazione le distribuzioni marginali, ovvero le

due distribuzioni lognormali stimate, si ottengono le distribuzioni congiunte rappresentate, rispettivamente, nei seguenti grafici 6 e 7.

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Forte S., Pirra M.

158

Grafico 6 – Distribuzione congiunta simulata: Copula Gumbel-Hougard

Grafico 7 – Distribuzione congiunta simulata: Indipendenza

Anche i grafici 6 e 7, se confrontati con il grafico della

distribuzione empirica dei dati di partenza (grafico 1), supportano la scelta della Copula Gumbel-Hougard rispetto al caso di indipendenza.

Fissato come priorità, k, del trattato di riassicurazione excess of

loss un importo pari a tre volte l’importo medio della distribuzione congiunta, ovvero

[ ] [ ] [ ]( )Priorità=3 3 21981E S E X E Y× = × + = euro , l’esborso atteso stimato del riassicuratore è risultato il seguente: • nel caso di struttura di dipendenza Gumbel-Hougard:

693,1574GUMBEL HOUGARDXRiass − = euro ;

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Effetti sulla riassicurazione della dipendenza tra sinistri

159

• nel caso di indipendenza: 475,0031INDIPXRiass = euro .

I due valori sono chiaramente molto diversi, con il primo più

grande del 46% rispetto al secondo. E’ evidente che tale differenza si ripercuote sul premio di riassicurazione, nel primo caso più alto rispetto al secondo.

Ciò evidenzia come sia fondamentale lo studio della struttura di dipendenza visto che l’ipotesi di indipendenza non soltanto non è quasi mai verificata ma può portare a risultati lontani da quelli propriamente corretti.

7. Osservazioni conclusive In questo lavoro, al fine di determinare l’esborso atteso del

riassicuratore in un trattato excess of loss, è stata studiata, facendo ricorso allo strumento copula, la distribuzione dell’importo complessivo del risarcimento, composto dal risarcimento per danni a cose e dal risarcimento per danni a persone, condizionato all’evento che tale importo sia maggiore della ritenzione.

La procedura seguita generalizza la metodologia che viene adottata nella pratica per il calcolo del premio equo e permette di rappresentare in maniera ottimale la reale struttura di dipendenza che caratterizza i dati empirici: i risultati ottenuti nell’esempio riportato dimostrano che per i dati considerati, seguendo le usuali tecniche di pricing, il rischio a carico del riassicuratore sarebbe stato notevolmente sottostimato.

Il lavoro, che scaturisce da alcuni risultati ottenuti in [2], rimane comunque aperto a ulteriori sviluppi: in primo luogo, si potrebbe superare la barriera delle due dimensioni andando a costruire un modello riassicurativo multivariato che tenga in considerazione anche un’analisi dei costi relativi al risarcimento dei danni provocati da un sinistro; in secondo luogo, si potrebbero utilizzare i risultati conseguiti in termini di struttura di dipendenza per lo studio di politiche riassicurative ottimali.

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Forte S., Pirra M.

160

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dependency in risk management: properties and pitfalls, Swiss Federal Institute of Technology Zurich, November 1998.

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[6] Genest C. and MacKay J., Copules archimédiennes et familles de lois bidimensionnelles dont les marges sont données, Canadian Journal of Statistics, 14: 145-159, 1986.

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[9] Ghoudi K., Khoudraji A., Rivest, L.P., Propriétés statistiques des copules de valeurs extrêmes bidimensionnelles, Canadian Journal of Statistics, 26: 187-197, 1998.

[10] Klugman S.A., Panjer H.H., Willmot G.E., Loss Models: from data to decisions, Wiley Interscience, 2004.

[11] Klugman S.A. and Parsa R., Fitting bivariate loss distributions with copulas, Papers from the Conference on Insurance: Mathematics and Economics held at the University of Amsterdam, pp. 139-148, 1997.

[12] Nelsen R.B., An Introduction to Copulas, Springer, New York, 1999.

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Effetti sulla riassicurazione della dipendenza tra sinistri

161

[13] Schweizer B. and Sklar A., Probabilistic Metric Spaces, Holland/Elsevier, New York, 1983.

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ALCUNE CONSIDERAZIONI SUI DIVIDENDI Pasquale Lavorgna [email protected] Università del Molise Abstract In questo lavoro, ipotizzata l’esistenza di una barriera dei dividendi

costante, si presentano alcune valutazioni sia numeriche che grafiche relative ai momenti della variabile casuale dei dividendi sia nel modello classico che in quello dei rinnovi. Inoltre, applicando la formula di Bowers, si ricava un’approssimazione della funzione di densità relativa alla variabile casuale dei dividendi che descrive l’andamento di una Inversa Gaussiana.

Keywords: barriera dei dividendi, trasformata di Laplace, serie di

Bowers, Inversa Gaussiana. 1. Introduzione Negli ultimi anni numerose sono le pubblicazioni apparse sulle

principali riviste scientifiche relative alla scelta di una politica ottimale dei dividendi che le compagnie assicurative dovrebbero perseguire. Il primo studioso che introdusse il problema fu De Finetti (1957) e a seguire ricordiamo Buhlmann (1970), Gerber (1972, 1979), Gosio-Lari (2001), Albrecher (2003) e Dickson (2004). La questione è ancora del tutto aperta, ma fondamentale appare per qualsiasi valutazione una maggiore conoscenza della funzione di distribuzione dei dividendi e dei suoi momenti. In tal senso presenteremo alcune valutazioni sia numeriche che grafiche dei momenti della variabile casuale dei dividendi sia nel modello classico che in quello dei rinnovi.

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Lavorgna P. 163

2. Notazioni Il modello di Sparre Andersen definito alla seguente maniera:

( )( )

∑=

−+=tN

iiXctutU

1

( )0, ≥tu

dove ( )tU è il bilancio della compagnia assicurativa al tempo t , u

il fondo iniziale, ( )ηµ

+= 11

mc il coefficiente delle entrate costante e

continuo nel tempo, essendo m il momento primo della funzione di distribuzione ( )xP delle somme a rischio iX ( )Ν∈i che sono variabili casuali indipendenti ed identicamente distribuite (iid), 1µ il momento primo della funzione di distribuzione ( )tF degli intervalli

iT ( )Ν∈i dei sinistri che sono variabili casuali iid e che seguono un processo dei rinnovi ordinario, η il coefficiente di caricamento

( )10 ≤≤η , ( )

∑=

tN

iiX

1

le perdite dovute al verificarsi dei sinistri e ( )tN il

numero dei sinistri. Inoltre introdotto il tempo di rovina

( )( )

>∀≥∞<

=Τ00

0:infttUse

tUt

ed indicato con cΤ la variabile casuale ∞<ΤΤ | definiamo la distribuzione del tempo di rovina ( )tΩ , ammesso che essa si verifichi come

( ) ( ) ( ) ( )( )u

tuttt c ψψ ,|PrPr =∞<Τ≤Τ=≤Τ=Ω

con densità

( ) ( )[ ]tt

t Ω∂∂

=ω ,

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Alcune considerazioni sui dividendi

164

essendo ( ) ( )( ) ( )tTTttUtu ≤=≤≤<= Pr0,0Pr,ψ la funzione di rovina1 al tempo t con un fondo iniziale u e ( ) ( )( ) ( )∞<=<= TtUu Pr0Prψ la funzione di rovina asintotica2 con

un fondo iniziale u . In questo lavoro ipotizzeremo che ( )tF sia del tipo Erlang ( )α,n

con 2,1=n ma soprattutto assumeremo l’esistenza di una barriera dei dividendi con l’implicazione che quando il surplus ( )tU raggiunge la barriera del tipo tbbt β+= , con c<≤ β0 e 0>b , la compagnia assicurativa paga i dividendi agli azionisti e il surplus rimane sulla barriera fino al verificarsi del prossimo sinistro. Possiamo meglio comprendere il senso della barriera dei dividendi prendendo in considerazione il seguente grafico

Figura 1. L’andamento del surplus della compagnia

assicurativa

Per semplicità assumeremo 0=β , con la conseguenza che la

barriera sarà parallela all’asse delle ascisse. Tanto premesso, detta buD , la variabile casuale relativa alla somma dei valori attuali dei

1 La funzione di non rovina è ( ) ( )tutu ,1, ψϕ −= . 2 La funzione asintotica di non rovina è ( ) ( )uu ψϕ −=1 .

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Lavorgna P. 165

dividendi pagati prima della rovina al tasso 0>δ , determineremo i suoi momenti, la sua funzione di distribuzione e una sua approssimazione.

3. I momenti all’origine di buD , nel caso modello classico Nell’ambito del modello classico sotto l’ipotesi ( ) xexP α−−= 1 con

densità ( )xp si dimostra che ( )buVm , soddisfa la seguente equazione3 integro-differenziale4:

3.1 ( ) ( ) ( ) ( )dxbxuVxpc

buVc

mbuV

dud u

mP

mP

m ∫ −−+

=0

,,,λδλ

essendo ( ) [ ]mbum DEbuV ,, = ( )K,3,2,1=m definita per bu ≤≤0

(altrimenti la quantità ub − viene immediatamente pagata come dividendo agli azionisti) con la condizione a contorno

( ) ( )bbmVbuVdud

mbu

m ,, 1−=

= e con le notazioni ( ) 1,0 =buV

( ) 0,1 =− buV . Derivando ambo i membri della 3.1 rispetto alla variabile u

otteniamo

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( )bVupc

dxbxuVxpc

buVc

mbuV

mP

u

mP

mP

m

,0

,,,0

0,10,10,2

λ

λδλ

+−−+

= ∫

da cui, ricordando che

3 Cfr. [7] e [13]. 4 pλ esprime il parametro di Poisson.

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Alcune considerazioni sui dividendi

166

( ) xexp αα −= ( ) ( ) ( ) ( ) ( )buVbuVpbVup mmm ,,0,0 α== ( ) ( ) 0=′+ xpxpα

risulta ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) 0,,, 0,10,2 =−

+

−+ buVcmbuV

cmbuV mm

Pm

δαδλα

con equazione associata del tipo 02 =−

+

−+cms

cms P δαδλ

α

e soluzioni 1r e 2r . Ipotizzato che ),( buVm sia del tipo

3.2 ( ) ururm ekekbuV 21

21, += e ricordando che ( ) αλα −= exp , dalla 3.1 si ha

22

11 k

rrk

++

−=αα che ci consente di riscrivere la 3.2 come:

3.3 ( )

( ) ( )( )urur

ururm

errer

k

errkekbuV

21

21

211

1

1

211,

+−++

=

=++

−=

ααα

αα

Dalla la condizione a contorno risulta

( ) ( )( ) ( )

( )( ) ( )( )( )1

2211

11

122111

1

21

21

,

,

rerrrer

bbmVk

bbmVerrerrr

k

brbrm

mbrbr

++−+

=

⇒=+−++

ααα

ααα

,

che sostituita nella 3.3, consente di scrivere

( ) ( ) ( ) ( )( )( ) ( )( )2211

211 21

21

,,rerrer

rerebbmVbuV brbr

urur

mm +−++−+

= − αααα

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Lavorgna P. 167

4. Un’alternativa per il calcolo dei momenti nel caso Erlang(1,α)

L’equazione integro-differenziale generica soddisfatta da ( )buVm , è

del tipo:

4.1 ( ) ( ) ( ) 0,,1 01

=−−

+

⋅− ∏ ∫∏

==

dxxpbxuVbuVdudcm

n

j

u

mjm

n

jj λλδ

, ( )K,2,1=m , con la condizione a contorno

4.2

( )

( ) ( )bu

m

k

jj

bu

mk

jj

buVdudcmm

dubudV

dudcm

=

−=

==−

+

⋅−−=

=

+

⋅−

,1

,

12

1

21

λδ

λδ

essendo nk ,,2,1 K= e con le notazioni ( ) 1,0 =buV e ( ) 0,1 =− buV . Assumendo ( ) x

i exPX α−−=1~ e ( ) xi etFT λ−−=1~ otteniamo

4.3 ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) 0,,,0

0,1 =−−−+ ∫ dxxpbxuVbucVbuVmu

mmm λλδ

che trasformata secondo Laplace da u in s , diventa

4.4 ( ) ( )( ) ( )λλλδ sPsPmcs

bcVbsV m

m ~0,0

,~+−−−

= .

Inoltre, osservando che ( ) 00 =P e che ( ) ( )spsPs ~~ = la 4.4 può essere riscritta come

( ) ( )( )λλδ spmcs

bcVbsV m

m ~,0

,~+−−

= con la condizione a contorno

( ) ( )bbmVdu

budVm

bu

m ,,1−

=

= .

Il nostro problema sarà quello di ottenere ( )buVm , , ossia di

conoscere l’inversa della ( )bsVm ,~ . Se dunque è relativamente facile calcolare la trasformata di Laplace, di contro, il calcolo dell’antitrasformata è spesso impossibile per via analitica e, di

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Alcune considerazioni sui dividendi

168

conseguenza, non rimane che ricorrere ai metodi numerici; in tal senso, fra i diversi metodi, abbiamo preso in considerazione il metodo delle frazioni parziali in quanto ( )[ ]xdPL è del tipo fratta con la caratteristica aggiuntiva che il grado del polinomio al numeratore è minore di quello al denominatore.

Posto ( ) ( )∑=

=2

1,

i

uRim

iebbuV α , sostituiamo questa forma funzionale

nella 4.3 e ricordando, che ( ) ( )[ ]s

xdPsp+

==ααL~ , si ha

( ) ( )∑∑=

= +−=

+

−+−2

1

2

1 i i

iu

ii

i

uRi R

beR

cRmeb i

αααλ

ααλδα α dove iR

sono le soluzioni del denominatore della 4.4.

Poiché 0),(lim =+∞→

buVmb risulta 0)(lim

2

1=∑

=+∞→ i

ibbα e

0)(2

1=

+∑=i i

i

Rb

αα

.

Inoltre, dalla condizione a contorno, per 1=m si ha ( ) ( ) 1,,

01 ==

=

bbVdu

budV

bu

. In altre parole la derivata della forma

funzionale di ),( buVm deve essere uguale ad uno, ossia

( ) 12

1

=∑=i

bRii

ieRbα .

Per determinare le ( )biα con 2,1=i dobbiamo risolvere il seguente sistema:

( )

=

=+

=

=

1

0)(

2

1

2

1

i

bRii

i i

i

ieRb

Rb

α

αα

rispetto alle incognite ( )biα .

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Lavorgna P. 169

Note le iR e le ( )biα possiamo conoscere l’espressione di ),( buVm . Com’è sottinteso le espressioni di ),( buVm ottenute,

applicando i due metodi esposti, conducono agli stessi risultati numerici. Di seguito riportiamo alcune valutazioni5 numeriche e grafiche relative alla media (M), scarto (SD), skewness (SK) e kurtosi (KT) della variabile casuale buD , :

Tabella 1. I valori medi di buD , al variare di u e b .

Figura 2. Andamento grafico di M al variare di

b e per 5,,1,0 K=u (dal basso verso l’alto).

5 Le valutazioni sia numeriche che grafiche sono state effettuate con l’ausilio del

software package Mathematica 4.2. Per i valori riportati abbiamo ipotizzato: 1.1=c , 03.0=δ e 1== αλ .

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Alcune considerazioni sui dividendi

170

Tabella 2. La SD di buD , al variare di u e b .

Figura 3. Andamento grafico di SD al variare di

b e per 5,,1,0 K=u (dal basso verso l’alto).

Tabella 3. Lo SK di buD , al variare di u e b .

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Lavorgna P. 171

Figura 4. Andamento grafico di SD al variare di b

e per 5,,1,0 K=u (dall’alto verso il basso).

Tabella 4. Il KT di buD , al variare di u e b .

Figura 5. Andamento grafico di KT al variare di b

e per 5,,1,0 K=u (dall’alto verso il basso).

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Alcune considerazioni sui dividendi

172

5. La barriera dei dividendi nel modello dei rinnovi Finora ci siamo occupati di valutare i momenti della v.c. dei

dividendi nel solo modello classico. Di seguito ipotizzeremo invece che ( ) ( )xexPX x

i αα +−= − 11~ e ( ) ( )tetFT xi λλ +−= − 11~ con la

notazione 21 λλλ == . Dalla 4.1 si può dedurre che

5.1 ( ) ( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( )∫ =−−

++++−u

m

mmm

dxxpbxuV

buVmbuVmcbuVc

0

2

2)0,1()0,2(2

0,

,,2,

λ

λδλδ

con le condizioni a contorno

per 1=k ( ) ( )bbmV

dubudV

mbu

m ,,

1−=

=

per 2=k ( ) ( ) ( )bumbumbum buVmbuV

cmbuV

=−=−=+= ,,, )0,1(

11)0,2( δ .

Trasformando la 5.1 secondo Laplace da u in s si ha

5.2 ( ) ( ) ( ) ( ) ( )( ) ( )sfmcs

bVcbVccmscbsV mm

m ~,0,022

,~22

0,122

λλδλδ

−−−

−++−=

essendo ( ) [ ]( )2

2

)(~s

xdPsp+

==αα

L .

Analogamente al caso precedente, sostituiamo l’espressione di

)(xf e la forma funzionale di ( ) ( )∑=

=4

1,

i

uRim

iebbuV α nella 5.1

ottenendo

( )( )

( )

+−

+=

=

+−+−

=

=

2

4

1

22

2

222

4

1

1)(

)(

iii

ui

ii

i

uRi

RRueb

RcRmeb i

ααααλ

ααλλδα

α

.

Affinché risulti 0),(lim =+∞→

buVmb deve essere 0)(lim =

+∞→bib

α da cui

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Lavorgna P. 173

0)(4

1=

+∑=i i

i

Rb

αα e

( )0)(4

12 =+

∑=i i

i

Rb

αα . Per quanto detto risulterà

per 1=k ( ) ( ) 11,4

1

)0,1(1 =⇒= ∑

==

i

bRiibu

ieRbbuV α

per 2=k ( ) ( ) ( )bbVcmbbmVbuV mmbum ,,, 1

)0,1(1

)0,2(−−=

+=δ

e quindi 1=m ( ) ( )c

eRbc

buVi

bRiibum

iδαδ

=⇒= ∑=

=

4

1

2)0,2( , poiché

( ) ( ) 0,0,10 =bbV

Osservando che le iR sono lo soluzioni del denominatore della 5.2, risolviamo il sistema

( )

( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( )

+=

=

=+

=+

=−==

−=

=

=

bumbumi

bRii

mi

bRii

i i

i

i i

i

buVcmbuVmeRb

bbmVeRb

Rb

Rb

i

i

,,

,

0)(

0)(

10,1

4

1

2

1

4

1

4

12

4

1

δα

α

αα

αα

rispetto alle incognite )(biα , così da ottenere l’espressione di ),( buVm .

Di seguito riportiamo alcune valutazioni6 numeriche e grafiche relative alla media (M), scarto (SD), skewness (SK) e kurtosi (KT):

6 Nell’ipotesi 1.1=c , 03.0=δ e 2==αλ .

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Alcune considerazioni sui dividendi

174

Tabella 5. I valori medi di buD , al variare di u e b .

Figura 6. Andamento grafico M al variare di b e

per 5,,1,0 K=u (dal basso verso l’alto).

Tabella 6. La SD di buD , al variare di u e b .

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Lavorgna P. 175

Figura 7. Andamento grafico di SD al variare di b

e per 5,,1,0 K=u (dal basso verso l’alto)

Tabella 7. Lo SK di buD , al variare di u e b .

Figura 8. Andamento grafico di SD al variare di b

e per 5,,1,0 K=u (dall’alto verso il basso).

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Alcune considerazioni sui dividendi

176

Figura 9. Il KT di buD , al variare di u e b .

Figura 10. Andamento grafico di KT al variare di

b e per 5,,1,0 K=u (dall’alto verso il basso). 6. Approssimazione della funzione di ripartizione di buD , .

Come si verifica di solito nelle nostre indagini sono noti i momenti

della variabile casuale, mentre non abbiamo alcuna informazione relativa alla funzione di distribuzione, sia perché è ignota e/o sia perché è difficile ottenerla. In questi casi, non ci resta che ricorrere ai metodi approssimanti7 fra cui: le formule approssimanti di Gram-Charlier, di Edgeworth e di Bowers. In particolar modo prenderemo in considerazione quest’ultimo metodo che, come visto in altri lavori, rappresenta un buon compromesso fra bontà dell’approssimazione e difficoltà di applicazione.

7 Cfr. [5].

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Lavorgna P. 177

Assegnata la variabile casuale buD , al fine di stimare un’approssimazione della sua funzione di distribuzione poniamo

buDZ ,β= in cui β è scelto in modo che risulti

[ ] [ ] [ ][ ]bu

bu

DDE

ZZE,

,

varvar =⇒= β

Posto [ ] [ ] [ ][ ]bu

bu

DDE

ZZE,

2,

varvar ===α , introduciamo la funzione

Gamma ( ) ( ) ∫−−

Γ=

tvdvevtW

0

11 α

α con densità ( ) ( )α

α

Γ=

−− xexxw1

.

Successivamente, quindi, approssimiamo la funzione di distribuzione8 con

( ) ( ) ( )∫ ∑∞

=

=x

nnn dttBAtwxF

0 0,α

in cui

( ) ( ) ( )∫+∞

=0

,!

1 dxxBxfn

A nn

n αα

essendo • ( ) nn BxB =,α i polinomi di Laguerre-Bowers

( ) ( )xLnxB nn

n ,1!)1(, −−= αα

( ) ( )nxn

nx

n xedxdxe

nxL +−−= ααα

!1,

• ( ) ( ) ( )11 −++= nn αααα K il simbolo di Pochhammer. Per le nostre valutazioni abbiamo posto 3=n ottenendo:

8 L’espressione così ottenuta la indicheremo con ( )tFP* .

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Alcune considerazioni sui dividendi

178

10 =B ( ) 1

00 == ∫

+∞

dxxfA

α−= xB1 02 =A ( ) ( )1122

2 +++−= ααα xxB ( ) ( ) 0,1

011 == ∫

+∞

dxxBxfA αα

( ) ( )( )( )( )21

12323 233

++−+++++−=

αααααα xxxB

( )( )( )3

33 6

21α

ααα ++−=

gA

Tabella 8. I coefficienti nB e nA .

Osservando i grafici delle funzioni approssimanti la densità di buD ,

appare che essi assumano un andamento tipico di una Inversa Gaussiana, pertanto proponiamo di approssimarla con un’espressione

del tipo ( )( ) ( )( )

−−=

tbuVt

tbuVIGβ

βπ2

,exp2,

21213

1 , ( )0>t

essendo ( ) ( )

( )buVbuVbuV

,,,

1

212 −

=β . Presentiamo, quindi, un confronto

grafico stimando, contestualmente, anche l’errore di approssimazione (in termini di valore assoluto) fra le due funzioni:

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Lavorgna P. 179

Tabella 9. Confronto grafico fra la funzione approssimante la

densità di buD , e l’Inversa Gaussiana nel caso Erlang(1,1).

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Alcune considerazioni sui dividendi

180

Tabella 10. Confronto grafico fra la funzione approssimante la

densità di buD , e l’Inversa Gaussiana nel caso Erlang(2,2).

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Lavorgna P. 181

Analizzando i grafici riportati appare chiara la bontà dell’approssimazione.

7. Conclusioni.

E’ opportuno sottolineare ancora una volta l’importanza

dell’Inversa Gaussiana nell’ambito della teoria del rischio e l’opportunità di ricorrere a metodi numerici al fine di ottenere informazioni che per via analitica sarebbero difficili da conseguire.

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LA SEVERITÀ DI ROVINA NEL MODELLO DI SUN-YANG CORRETTO

Marina Morici [email protected] Università del Molise Abstract In questo lavoro, dopo aver definito ed analizzato da un punto di

visto storico la severità nel modello classico della Teoria del Rischio, siamo andati ad affrontare questo problema nel modello di Sun-Yang corretto (SYC). Abbiamo visto che, come accadeva per la probabilità di rovina, anche per la severità di rovina si otteneva un’equazione integrale tipo Fredholm di seconda specie e quindi siamo andati a risolvere quest’equazione sia con metodi analitici che con metodi numerici. Infine abbiamo valutato, nello stesso modello ovvero nel SYC, il surplus prima ed al momento della rovina dove abbiamo trovato un’espressione esatta in relazione alla probabilità di rovina.

Keywords: Severità di rovina, Surplus prima e dopo la rovina,

Modello di Sun-Yang, Equazioni integrali tipo Fredholm, Metodo del Nucleo Degenerato, Metodo di Galerkin, Metodo di Nystrom.

1. Il modello classico e la severità di rovina

Nella Teoria collettiva del Rischio il fondo di una compagnia può

rappresentarsi alla seguente maniera: 1.1 )()( tSctutU −+= dove

)0()0( ≥= uUu è il valore iniziale del fondo; )0( >cc è il flusso delle entrate continue nel tempo t;

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Morici M. 184

)(tS esprime le perdite della compagnia dovute ai sinistri. Se nell’intervallo temporale [ ]tI t ,0= avvengono )(tN sinistri,

detta iX la spesa relativa all’i-mo sinistro, si ha: 1.2 )(21 ...)( tNXXXtS +++= Pertanto in )(tS intervengono due fenomeni aleatori e cioè:

Il numero dei sinistri )(tN ; La variabile aleatoria iX che esprime la spesa nell’i-mo

sinistro. Si assume che le iX siano indipendenti tra loro (e da )(tN ) e che

abbiano tutte la stessa funzione di ripartizione )(xP , con valor medio )()( 1mmXE == e con momenti ),...,3,2( nimi = ; inoltre, nel caso

che esista la densità, si può scrivere )()( xpdPxP ==′ . Ricordiamo, infine, che si ricorre alla dizione Teoria del Rischio

classica quando il processo stocastico dei sinistri )(tN viene descritto da un processo di Poisson.

Sia T il tempo di rovina ovvero

1.3

>∀>∞<

=00)(

0)(:infttUse

tUtT

e siano =)(uf funzione asintotica di non rovina ovvero

)(uf +ℜ∈∀>= 0,0)(Pr ttU =)(uψ funzione asintotica di rovina

dove +)(uψ 1)( =uf

mentre =),( tuf funzione di non rovina in [ ]tI t ,0= ovvero

),( tuf tIttU ∈∀>= ,0)(Pr =),( tuψ funzione di rovina in [ ]tI t ,0= con ),(1),( tuftu −=ψ

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La Severità di Rovina nel Modello di Sun-Yang corretto 185

Nel 1987 in un articolo di Gerber-Goovaerts-Kaas1 compare la definizione di probabilità di rovina con fondo iniziale u e con una perdita al momento della rovina compresa nell’intervallo ] [0,y−

1.4 )0)(,Pr(),( <<−∞<= TUyTyuG dove 0≥u , 0≥y . Per la densità si trova

1.5 ),(),( yuGdydyug =

e quindi dyyug ),( rappresenta la probabilità che la rovina avvenga e che )(TU sia compreso tra y− e dyy +− .

Nel trattato di Bowers et al.2 viene dimostrato che la probabilità relativa all’evento che il surplus scenda al di sotto del fondo iniziale u e risulti tra xu − e dxxu +− per la prima volta è

1.6 [ ]dxxPc

)(1−λ .

Si può osservare che la funzione ),( yuG verifica l’equazione

1.7 )]()([))(1(),(),(),(0

yuuPc

xPdyxuGc

yuGc

yuGu

u

+−−−−−=∂∂

∫λλλ

dove, differenziando rispetto ad y , si ottiene

1.8 )](1[)](1)[,(),(0

yuPc

dxxPyxugc

yugu

+−+−−= ∫λλ

che, come la 1.7, rappresenta un’equazione integrale del tipo dei rinnovi3 (caso mancante) e per la sua dimostrazione rinviamo al lavoro di M. Morici4.

Si può dimostrare agevolmente che 1.9 ),(lim)( yuGu

y ∞→=ψ

1 Cfr. [25]. 2 Cfr. [6]. 3 L’equazione dei rinnovi abituali hanno la funzione di ripartizione il cui

integrale vale, ma se tale integrale dovesse risultare >1 si dirà di tipo eccedente mentre se dovesse essere <1 si userà la dizione di tipo mancante o incompleto.

4 Cfr.[32].

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Morici M. 186

ed inoltre gli Autori, al fine di determinare ),( yug , considerano la trasformata (riconducibile a quella di Laplace) definita come

1.10 ∫∞

=0

),(),( duyugeyr ruγ

trasformano l’equazione la 1.8 ottenendo, in definitiva,

1.11 dxxPe

c

dxxPeec

yrrx

rx

y

ry

)](1[1

)](1[),(

0

−−

=

∫∞

∞−

λ

λ

γ

che invertendo dà ),( yug . La determinazione di ),( yug è usata anche per calcolare la

probabilità di rovina )(uψ , infatti sapendo che

1.12 dyyugu ),()(0∫∞

si ha, nel caso di mistura di esponenziali, che

1.13 urk

n

k

keCu −

=∑=

1)(ψ

dove j

jkn

jk B

CC ∑

=

=1

.

Nel 1988 Dufresne-Gerber5 focalizzano la loro attenzione non sulla probabilità di rovina )(uψ , ma nella probabilità che la rovina avvenga e che il fondo al momento della rovina sia al di sopra di y− . Indicando con ),( yuψ con 0, ≥yu tale funzione6 si trova

1.14 ),()(),( yuuyuG ψψ −= osservando, inoltre, che risulta 1.15 )0,()( uu ψψ = .

5 Cfr. [21]. 6 Questa notazione fa nascere la possibilità di confusioni con la probabilità in

tempi finiti ),( tuψ , ma la diversa notazione per la seconda variabile può evitare ogni travisamento.

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La Severità di Rovina nel Modello di Sun-Yang corretto 187

Inoltre gli Stessi dimostrano che ),( yuψ verifica l’equazione integrale

1.16

∫ ∫∞

∞ +

∞−

++−+

+−+=

0

0

)](1[

)(),(),(

dtyctuPe

dtxdPyxctueyu

t

ctut

λ

λ

λ

ψλψ

che poi risolvono nel caso di mistura di esponenziali e nel caso di mistura di esponenziali traslati.

Di fondamentale importanza è l’articolo di Dickson7 del 1992 che, riprendendo una memoria precedente di Dickson-Gray8 del 1984, definisce la funzione

1.17 ))0(|)(,(Pr),( uUxTUTobxuF =<−∞<= dove ),( xuF rappresenta la probabilità di rovina che avviene con

fondo iniziale u e con surplus immediatamente prima della rovina )( −TU inferiore ad x . Si noti che

1.18 ( ) ( )uxuFx

ψ=∞→

,lim

Dickson esamina separatamente i casi in cui ux ≤ e ux > , ottenendo

1.19

≥−−−−≤−

=xuuxuxcxxuG

xuxcuxcxuF

))()()((),()()()(

),(1

21

ψψψ

dove )0(1),0(1)(1 ψ−

−=

xGxc e 1)()( 12 −= xcxc , mentre per le densità

associate l’Autore ottiene che

1.20

<−

−−−

>−−

−=

uxuxuxPc

uxuxPc

xuf

)0(1)()()](1[

)0(1)(1)](1[

),(

ψψψλ

ψψλ

7 Cfr.[16]. 8 Cfr.[20].

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Morici M. 188

Successivamente nel 1994 Picard9 introduce, un nuovo concetto: il Massimale di severità di rovina.

In molti casi la rovina di una compagnia d’assicurazioni non è definitiva, ma la compagnia può riprendersi se la severità non è molto profonda. La possibilità di recupero dipende da vari fattori come, ad esempio, dallo stato della compagnia al momento della rovina, da quanto tempo la società resta con fondo negativo e dal costo di recupero. Se la rovina è tecnica, e quindi non definitiva, il processo di surplus 0))(( ≥ttU può essere studiato dopo l’istante di rovina T fino all’istante T ′ in cui il fondo ridiventa positivo per la prima volta dopo la rovina ovvero

1.21 0)(,inf >>=′ tUeTttT . L’indice TT −′ rappresenta il tempo necessario al recupero della

compagnia ed è stato approfonditamente analizzato da diversi studiosi tra i quali ricordiamo come Gerber, lo stesso Picard 10 e dos Reis. Da questi studi si evince che se il fondo di una compagnia resta in rosso per molto tempo con deficit non grave vi è possibilità di recupero, ma se il deficit è grave anche se solo per un breve periodo, la possibilità di recupero è incerta.

Picard introduce, come già detto, un indice che caratterizza non solo la rovina bensì la possibilità di recupero di una compagnia assicurativa che denomina Massimale di severità e che definisce come

1.22 )(max tUMTtT ′≤≤

= .

Inoltre dimostra che se TTUM ′≤≤= ττ ,)(max

0)(:inf <= tUtT 0)(:inf >>=′ tUeTttT

si ha

0))(1)((

)()())0(Pr( ≥−

+−=∞<=≤ z

zuzuuTuUzM

ψψψψ

9 Cfr.[38]. 10 Il riferimento è ad un volume, non ancora pubblicato, dal titolo Cours de

théorie du risqué Institut de Sciences Actuarielles. Université de Lausanne (Cfr. [38]).

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La Severità di Rovina nel Modello di Sun-Yang corretto 189

0)(1

)(1))(Pr( >≥−

−−==∞<≤ yz

zyzyTUTzM

ψψ

Interessante è osservare che, se si definisce ( )yTUeTTtTytUy =∞<′≤≤<=Π )()(Pr)( ,

ne segue che gli eventi TtTperTUtU ′≤≤≤ )()( e

)(TUM = sono equivalenti e pertanto )(yΠ (chiamato by-product) è un termine utile nello studio del massimale M .

Si può dimostrare, infatti, che ( )==∞<′≤≤<=Π yTUeTTtTytUy )()(Pr)(

0)(1)0(1

>−−

= yyψ

ψ .

Sempre in questo lavoro, Picard definisce un altro indice

1.23 ττ dUIT

T

)(∫′

=

che chiama Costo di recupero e che racchiude in sé due principali caratteristiche di rovina: profondità e durata.

Per concludere ricordiamo che nel 2002 lo studioso Dickson11 ha trovato una forma esplicita per i momenti del massimale di severità sia nel caso in cui la funzione di ripartizione delle somme a rischio sia del tipo xexP −−=1)( sia nel caso in cui la funzione di ripartizione delle somme a rischio sia del tipo Erlang (2) o mistura di esponenziali.

2. Il Modello di Sun-Yang corretto Ricordiamo che nella Teoria della Rovina le entrate di un’impresa

assicurativa vengono rappresentate come un flusso monetario continuo nel tempo, costante o variabile. Nel 2003, per la prima volta in letteratura, gli studiosi Sun e Yang12 hanno introdotto un nuovo modello nel quale, facendo riferimento ad un anno o comunque ad un

11 Cfr. [15]. 12 Cfr. [43].

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Morici M. 190

periodo fissato, sia le entrate che le uscite vengono ipotizzate aleatorie. Da allora ci siamo occupati di questo nuovo modello in diversi lavori13, facendo vedere come, nel caso contiuo, era necessaria una correzione per costruire un modello coerente nell’ambito della Teoria della Rovina.

In questo modello proposto da Sun-Yang nel caso 0=r , il surplus di una compagnia assicurativa può essere espresso mediante la relazione

2.1 ,...2,1)(11

=−+= ∑∑==

nYXuuUn

ii

n

iin

dove uuU =)(0 rappresenta il surplus iniziale; iX sono variabili casuali (v.c.) non negative,

identicamente distribuite ed indipendenti tra loro, che denotano i premi raccolti durante l’intervallo )[ ii ,1− ovvero nell’ i-esimo anno o comunque nel periodo di tempo fissato come fondamentale;

iY sono variabili casuali (v.c.) non negative, identicamente distribuite, indipendenti tra loro e dalle iX che esprimono le spese dovute ai sinistri durante l’intervallo )[ ii ,1− ovvero nell’ i-esimo anno o comunque nel periodo di tempo fissato come fondamentale;

)(xFX e )(yFY indicano le funzioni di ripartizione, rispettivamente, delle variabili casuali iX ed iY .

Gli Autori, inoltre, aggiungono che: le variabili casuali iX ed iY possono essere sia discrete

che continue; i valori medi di 1X e 1Y esistono e sono finiti; il premio viene versato all’inizio dell’intervallo di tempo

considerato mentre l’esborso del sinistro si verifica soltanto alla fine del medesimo intervallo temporale.

Indicando con iZ la variabile casuale

13 Cfr. [33], [34] e [36].

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La Severità di Rovina nel Modello di Sun-Yang corretto 191

2.2 iii XYZ −= deduciamo che la 2.2 rappresenta la perdita subita dall’impresa

nell’i-esimo anno e che le 1, ≥iZi sono variabili casuali indipendenti ed identicamente distribuite; infine, ipotizzeremo che le

iZ siano regolate dalla seguente funzione di ripartizione:

2.3

.)()(

ProbProb)(

0∫∞+

+=

=≤−==≤=

xdFxuF

uXYuZuG

XY

ii

i

Esprimendo con T il tempo di rovina (ammesso che esso avvenga) 0:0min <>= nUnT ,

gli Autori, nel caso discreto, definiscono la probabilità di rovina prima o al tempo n come

nTun ≤= Prob)(ψ e quindi la probabilità di non rovina prima o al tempo n alla

seguente maniera )(1)( uu nn ψϕ −= .

In seguito utilizzando il metodo di Ricorrenza14 introdotto da De Vylder e Goovaerts, gli studiosi Sun e Yang ottengono per la probabilità di non rovina la formula

)(Prob0)(Prob)( 111 uGuZuUu =≤=≥=ϕ e più in generale

)2()()(Prob)( 1∫∞−

− ≥−=>=u

nn nydGyunTu ϕϕ .

Gli stessi Studiosi trovano per la probabilità di rovina le seguenti espressioni

)()(1)(1 uGuGu =−=ψ

∫∞−

− ≥−+=u

nn nydGyuuGu )2()()()()( 1ψψ

da cui, facendo divergere n , si ha

14 Cfr.[11].

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Morici M. 192

∫∞−

−+=u

ydGyuuGu )()()()( ψψ .

Posto syu =− si ottiene

dssudsudGsuGu ∫

+∞

−−

−=0 )(

)()()()( ψψ

che può essere riscritta come

2.4 ∫+∞

′−=0

),()()()( dssuGsuGu ψψ

convenendo che

)()(),(

sudsudGsuG

−−

=′ .

Per la severità di rovina, invece, definita come uUTyUPyuV T =∞<−≤= 0:,),(

si ha

2.5 [ ] ∫+∞

′−+−=0

),(),()(1),( dssuGysVyuGyuV

mentre per il surplus prima e dopo la rovina, espresso dalla relazione

uUTxUyUPxyuW TT =∞<>−≤= − 01 ,,),,( , si ottiene

2.6 dssuGxysWxyuHxyuW ∫+∞

′−=0

),(),,(),,(),,(

dove

>≤+−

=ux

uxyuGxyuH

0)(1

),,(

e sempre convenendo che

)()(),(

sudsudGsuG

−−

=′ .

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La Severità di Rovina nel Modello di Sun-Yang corretto 193

In alcuni lavori precedenti abbiamo dimostrato che se fossero considerate variabili iX ed iY entrambe regolate da una funzione di ripartizione di tipo esponenziale negativo, ossia x

X exF −−=1)( ed y

Y eyF −−= 1)( , risultava

∫ ∫+∞ −+∞

−−− −=−=0 0

2

21)(

uxux edxedxeuG

dove

21)0( =G e 1)( =+∞G ,

da cui si evinceva che )(uG era una funzione di ripartizione con

densità 2

)(ueuG

=′ che corrispondeva ad una funzione di ripartizione

di tipo mancante poiché il suo integrale valeva 21 ; per quanto detto

risulta che )(uG′ doveva ammettere un atomo nell’origine. Questo portava ad avere un’equazione integrale divergente per la probabilità di rovina.

Successivamente, analizzando la severità di rovina ed il surplus prima e dopo la rovina, abbiamo ottenuto risultati del tutto analoghi e quindi concludiamo che l’assurdo nasce dall’aver supposto entrate non limitate il che porta ad un’ipotesi irreale.

Nel caso della probabilità di rovina avevamo fissato un tetto per le entrate in modo da raggiungere risultati compatibili a quanto c’è da attendersi in un tema da inserire nella Teoria della Rovina. Tale procedimento lo riprendiamo e lo estendiamo anche all’analisi degli altri problemi della Teoria della Rovina.

Dovendo risultare un tetto M per le entrate, modifichiamo ancora una volta la funzione )(xFX in modo che

≥=<≤

MxxFMxxF

X

X

1)(1)(

, e quindi la funzione di ripartizione delle iZ

sarà del tipo

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Morici M. 194

2.7

.)()(

ProbProb)(ˆ

0∫ +=

=≤−==≤=

M

XY

ii

i

xdFxuF

uXYuZuG

Ricordiamo che se nel SYC la probabilità di rovina assumeva l’espressione

2.8 [ ] ∫ ′−−=M

dssuGsuGu0

),(ˆ)()(ˆ1)( ψψ

in cui )()(ˆ

),(ˆsudsuGdsuG

−−

=′ ,

osserviamo che la severità di rovina, espressa dalla 2.5, con l’introduzione del tetto M può essere scritta come

2.9 [ ] ∫ ′−+−=M

dttuGytVyuGyuV0

),(ˆ),()(ˆ1),(

dove

2.10 ∫ ++=+M

XY xdFxyuFyuG0

)()()(ˆ

e

2.11 )()(ˆ

),(ˆtudtuGdtuG

−−

=′ .

Possiamo osservare, quindi, che anche per la severità come accadeva per la probabilità di rovina si ha un’equazione integrale del tipo di Fredholm di seconda specie a limiti finiti.

3. La severità di rovina nel caso esponenziale Se analizziamo il caso in cui 3.1 y

Y eyF −−= 1)( e

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La Severità di Rovina nel Modello di Sun-Yang corretto 195

3.2

≥=

≤−−

= −

MssF

MseesF

X

M

s

X

1)(11)(

che, ponendo Mec −−=

11 , diviene

3.3

≥=≤−= −

MssFMsecsF

X

sX

1)(1()( )

si trova

3.4

+−=+

−−−

211)(ˆ

Myu eeyuG .

Scrivendo Mec −+=′ 1 , la 3.4 si può esprimere come

3.5 2

1)(ˆyuecyuG

−−′−=+

con l’ulteriore considerazione che se 0=u , si ha

3.6 2

1)0(ˆyecyG

−′−=+ .

In definitiva, possiamo dire che la severità di rovina, nel caso esponenziale negativo per le entrate ed esponenziale negativo corretto per le entrate, assume l’espressione

3.7 ∫−−− ′−

′=

Mtuyu dteytVeceecyuV

0

),(22

),( .

4. La severità di rovina ed il metodo del nucleo degenerato Risolviamo l’equazione integrale esprimente la severità di rovina,

con un metodo analitico chiamato Metodo del Nucleo Degenerato. Consideriamo l’equazione integrale 3.7 ponendo in essa

4.1 ∫=M

t dteytVN0

),(

e si ottiene

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Morici M. 196

4.2 NeceecyuV uyu −−− ′−

′=

22),( .

Sostituendo la 4.2 nella 4.1, otteniamo

4.3 Mc

Mec

Ny

21

2′

+

=

e quindi

4.4 MceecyuV

yu

′+′

=−−

2),( .

Ricordando che, sotto queste ipotesi, la probabilità di rovina aveva

l’espressione Mc

ceuu

′+′

=−

2)(ψ , possiamo riscrivere la 4.4 come

4.5 yeuyuV −= )(),( ψ . Quindi con il metodo analitico del Nucleo Degenerato otteniamo

un’espressione esatta per la severità di rovina anche in relazione alla probabilità di rovina; possiamo osservare, inoltre, che

0),( =∞ yV e ( ) yeMc

cyV −

′+′

=2

,0 .

Riportiamo di seguito i valori numerici della 4.5 al variare del fondo iniziale u , ma avendo fissato il tetto M ed il valore oltre quale il fondo non scende al momento della rovina y :

5. La severità ed alcuni metodi numerici Abbiamo visto come nel caso esponenziale negativo per le uscite

ed esponenziale negativo corretto per le entrate, la severità assume l’espressione

5.1 ∫−−− ′−

′=

Msuyu dseysVeceecyuV

0

),(22

),(

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La Severità di Rovina nel Modello di Sun-Yang corretto 197

attraverso una sostituzione di variabile

+=

22MtMs e ponendo

)22

(

)22

(),(ˆ

MtMud

MtMudGtuG

−−

−−=′ si ha

5.2 ( ) ∫−

+−−−

+

′−′

=1

1

22,22222

, dteyMtMVMceceyuVMtM

uyu

mentre il residuo è espresso dalla relazione

5.3 ( )( ) ( ) ∫−

+−−−

+

′+′

−=1

1

22,22222

,, dteyMtMVMceceyuVyuVMtM

uyuε

Così facendo abbiamo ricondotto l’intervallo di integrazione [ ]M,0 all’intervallo [ ]1,1− al fine di poter utilizzare successivamente, come funzioni coordinate, sia i polinomi di Legendre che quelli di Jacobi che formano un sistema di polinomi ortogonali nell’intervallo [ ]1,1− .

Il primo metodo numerico che utilizziamo è detto Metodo di Galerkin e consiste nel far uso della soluzione data dalla relazione

5.4 ( ) )(2

,1

uPAceyuVn

iii

yun ∑

=

−− +′

=

dove con iP indichiamo i polinomi ortogonali, mentre con iA i coefficienti da determinare risolvendo il sistema

5.5 ( )( )∫−

==⋅1

1

,,1,0)(, njuPyuV jn Kε

dove ( )( )yuVn ,ε ha l’espressione

5.6

( )( ) ( )[

+

′+

++′

=

+−

=

−−

1

1

22

1

2

,2222

4,

dteyMtMPMce

uPAMceyuV

Mt

M

iu

n

iii

yunε

che si ottiene sostituendo la 5.4 nella 5.3 .

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Morici M. 198

Il secondo metodo numerico, detto Metodo di Nystrom, consiste nell’applicare nella 3.7 la formula di quadratura di Gauss

5.7 ∫ ∑=

≈M n

inini swdtt

0 1)()( αα

dove ninis 1= e n

iniw 1= sono rispettivamente i punti ed i pesi degli n punti della formula di quadratura gaussiana nell’intervallo [ ]M,0 .

Se nV denota una soluzione approssimata della 3.7, allora nV soddisfa la

5.8 ),(22

),(1

ysVecweecyuV ninsu

n

ini

yun

ni+−

=

−− ′−

′= ∑ .

Indicando con jiδ il simbolo di Kronecker e ponendo njss nj K,2,1, == si ha

5.9 ysnin

n

i

ssniij eecysVecw njninj −−

=

+− ′=

−∑ 2),(

21

δ

che rappresenta in insieme di n equazioni lineari nelle n incognite )(,),( 1 nnnnn sVsV K . Il Metodo di Nystrom consiste nel risolvere la 5.8

con il sistema 5.9. 6. Il surplus prima e al momento della rovina Per avere un quadro completo di cosa accade al surplus di una

compagnia prima ed al momento della rovina, consideriamo la relazione

6.1 uUTxUyUPxyuW TT =∞<>−≤= − 01 ,,),,( , dove T rappresenta l’istante di rovina, mentre 1−T l’istante prima

di essa. Nel modello di Sun-Yang aveva l’espressione

6.2 dssuGxysWxyuHxyuW ∫+∞

′−=0

),(),,(),,(),,(

dove

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La Severità di Rovina nel Modello di Sun-Yang corretto 199

>≤+−

=ux

uxyuGxyuH

0)(1

),,(

e sempre convenendo che

)()(),(

sudsudGsuG

−−

=′ .

Anche in questo caso, se andiamo a considerare delle distribuzioni continue otteniamo un’incongruenza nel modello che superiamo,, ancora una volta con l’introduzione del tetto per le entrate.

Quindi valutiamo la 6.2 nel SYC ed otteniamo l’espressione

6.3 [ ] dttuGxytWyuGxyuWM

∫ ′−+−=0

),(ˆ),,()(ˆ1),,(

nel caso ux ≤ , mentre

6.4 dttuGxytWxyuWM

∫ ′−=0

),(ˆ),,(),,(

se ux > . Andiamo a valutare l’espressione del surplus prima ed al momento

della rovina nel caso esponenziale negativo per le uscite ed esponenziale negativo corretto per le entrate ed otteniamo

6.5

>′

−=

≤′

−′

=

−−−

Mtu

Mtuyu

uxdtexytWecxyuW

uxdtexytWeceecxyuW

0

0

,),,(2

),,(

,),,(22

),,(

dove

21)(ˆ

yuecyuG−−′

−=+ e Mec −+=′ 1 .

Applicando il Metodo del Nucleo Degenerato, otteniamo

6.6

>=≤= −

uxxyuWuxeuxyuW y

0),,()(),,( ψ

da cui possiamo evincere che il surplus prima ed al momento della rovina dipende solo dal fondo iniziale u , dal tetto M e dal valore al di sopra del quale il fondo si trova al momento della rovina y senza

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Morici M. 200

alcun riferimento al valore x , ovvero al valore assunto dal surplus un istante prima della rovina.

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EXPECTED PRESENT VALUES IN THE PRESENCE OF A LINEAR DIVIDEND BARRIER

Marina Ravera [email protected] Dipartimento di Economia e Metodi Quantitativi Università Degli Studi Di Genova Abstract With reference to the Collective Risk Theory, under the assumption

that the aggregate claim is a compound Poisson Process, and in the presence of a linear upper reflective barrier, the expected present values of dividends are studied. According to several Authors, it is assumed that when the surplus meets the dividend barrier, the difference between the surplus itself and the barrier is paid out as “dividend payment” until the next claim occurs.

This paper studies the possibility of assuming stochastic present value functions to the purpose of determining expected present values of dividends. According to [12], random present value functions can be defined using two different approaches. It is possible either to model the force of interest as a stochastic process or to model the force of interest accumulation function.

This paper considers the latter possibility assuming the following random present value function:

( ),0,)()(

tssYtY

e ≤≤−−

where the dynamics of )(tY is given by:

+=

=)()()()(

,0)0(tdWtdtttdY

Yσρ

where ( )tW is a standard Wiener stochastic process. The integral and integral-differential equations for the expected

present value of the dividend payments are evaluated under the assumption made above. As well as in the traditional case, these

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Expected present values in the presence of a linear dividend barrier

205

equations are evaluated even in the case in which the surplus of the Company is invested, being δ the force of interest, under the assumption of a constant barrier.

Keywords: Collective Risk Theory, Compound Poisson process,

Linear upper reflective barrier, Dividends expected present values, stochastic present value functions.

1. Introduction The paper refers to the Collective Risk Theory model modified by

the presence of a linear upper dividend barrier. According to several Authors, let us assume that when the surplus reaches the barrier, the difference between the surplus itself and the barrier is paid out generating the so-called “dividend payment”. Thus, the surplus remains over the barrier until the next claim occurs. With reference to this matter, many Authors have proposed different models to manage it. The aggregate claims can be described as a stochastic compound Poisson process, or as a Wiener process. In the paper the aggregate claim is represented as a compound Poisson process. The model is described in section 2. Within this model, integral and integral-differential equations that are satisfied by the expected present value of the dividend payments are determined. This aspect is treated in section 4, both in the case where the surplus is not invested by the Company and in the case of investment of the surplus. Section 3 is dedicated to the actualization method.

2. The model Consider the classical continuous time risk model in which

( ) ,0, ≥ttN “number of claims at time t”, is assumed to follow a Poisson

process with parameter λ (expected number of claims per unit time).

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Ravera M. 206

The individual claim sizes ,, 21 KXX are positive, independent and identically distributed random variables with common distribution function ( )xF , such as ( ) 00 =F , which are also independent of the process ( ) .tN

The process ( ) ,0, ≥ttS

where ( )tNXXXtS K++= 21)( (with ( ) 0=tS if ( ) 0=tN ) is the aggregate claim up to time t .

Let us assume that the amount concerning each claim has finite

expectation ( ).0∫∞

= xxdFµ

The surplus of the Insurance Company at time ( )tZt , is ( ) ( ) 0, ≥−+= ttSctutZ

where u is the initial surplus, supposedly known and nonnegative and c is the premium flow received continuously per unit time.

Let us consider the model modified by the presence of a barrier, ( )tB , such that

( ) ,atbtB += saying “linear” if 0>a and “horizontal” if 0=a . It is assumed

that cabu <≤∞<≤ 0, , λµ>c . Even in the presence of the barrier, the dividend payments stop immediately whenever the ruin occurs.

3. The discounting function Normally the expected present value of the dividend payments is

evaluated using a force of interest δ ; this paper studies the possibility of replacing the deterministic discount function by a stochastic process.

According to [12] stochastic extensions of the deterministic interest rate can be obtained by letting a stochastic dynamics for the force of interest, or modelling the interest accumulation function as a

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Expected present values in the presence of a linear dividend barrier

207

stochastic process. Following the latter hint, let us consider the dynamics for the interest accumulation function given by:

+=

=)()()()(

,0)0()1.3( tdWtdtttdYY

σρ

with )(),0[,0)(,0)( tWttt and +∞∈∀>> σρ Standard Wiener process.

Since )(tY has independent and normally distributed increments, the present value function is log-normally distributed, with expected value:

( ) ( ) ( ),0,)()( )

21( 2

tseGsYtYeE

t

s

dzzz

s ≤≤∫

=

−−

−−

σρ

where 0≥ssG is the natural filtration generated by the process ( ) 0≥ssY . Let us consider the special case of equation )1.3( , in which

ρρ =)(t and σσ =)(t are constant, and such that 22 σρ > , and assume:

−−= sGsYtYeEts ))()((),(Φ

as expected present value at time s of a payment unit at time t . The function ),( tsΦ is

,][][),()2.3(*

))()(())()((∫

===−

−−−−

t

sdz

sYtYs

sYtY eeEGeEtsδ

Φ

with 2

21* σρδ −= .

4. Integral and integral-differential equations for the expected present value of the dividend payments In this section are obtained integral and integral-differential

equations that are satisfied by the expected present value of the dividend payments derived by the barrier presence. The situation in

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Ravera M. 208

which the surplus of the Insurance Company is not invested is considered in section 1, while in section 2 the model is modified by the inclusion of interest on the surplus, being δ the force of interest.

4.1 Integral and integral-differential equations for the

expected present value of the dividend payments if the surplus is not invested

Consider the model drawn in section 2. According to [9], it is

possible to represent the aggregate dividends paid up to t , ( )tD . Putting:

)()(sup)(0

τττ

BZtMt

−=≤≤

,

let us consider

<

≥=+ 0)(00)()()( tM

tMtMtM se se ,

resulting += )()( tMtD .

It follows that the surplus of the Insurance Company, modified by the existence of the barrier, )(tU , can be represented as the difference between the original surplus, without the barrier, and the barrier itself:

)()()( tDtZtU −= . Let us consider the model described in section 2 with “linear”

barrier, atbtB +=)( , and surplus not invested by the Company. The modified surplus is thus such that ),()()( tDtSctutU −−+= with

+∞<≤≤ bu0 , ca <<0 , λµ>c . According to the setting-out suggested by [4] and demonstrated by

[13] in the follow-up of the section the equations satisfied by the expected present value of dividend payments are obtained.

The expected present value, at time 0 , ),( buV of the dividend payment is given by:

))](),((),0([),()1.4( 111 TBTUVTEbuV Φ= ,

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Expected present values in the presence of a linear dividend barrier

209

where 1T is the random variable “time of first claim happens ” and ))(),(( 11 TBTUV is the random variable that assumes the values

))(),(( tBtUV when ),,0(,1 +∞∈∀= ttT until the ruin occurs. The random variable )( 1TU , distinguishing if the surplus is lower or hypothetically upper the barrier, is such that:

+>+−++≤+−+

=.

)(1111

11111 aTbcTuseXaTb

aTbcTuseXcTuTU

The point )ˆ,ˆ( ytP , point at which the surplus ( )tZ , if no claims occur meets the barrier ( )tB , is such that:

.ˆˆacaubcy

acubt

−−

=−−

= e

Let tT =1 and xX =1 . Varying t and x , and considering if the first claim occurs before or after t , the integral equation for the expected present value of dividend payment can be obtained as follows:

[ ]

,)()(

)(),()(),0(

)(0)(),(),0(

),()2.4(

0

ˆ

0

dtxdFt

xdFatbxatbVtte

dtxdFxdFatbxctuVte

buV

atb

atb

t

t

ctu

ctutt

+

+

+−+++

+

++−+=

=

∫∫

∫∫∫

+

+∞−

+

+−

D

D

Φ

Φ

λ

λ

λ

λ

where ),0( tΦ is defined by equation )2.3( . Inside the equation )2.4( , the term )(tD states the expected

present value, at time 0 , of the aggregate dividends paid up to t . It is given by:

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Ravera M. 210

( ) .22

),0()(

)(

)()(

)2()2(

2

ˆ

ˆ

)(

ˆ

)(

−=

=−=

=

−=

=

=

−−−

tacub

t

t

t

t

zY

t

t

zY

eec-a

dzzac

dzeacE

zdDeEt

σρσρ

σρ21-

21-

-

Φ

D

Proceeding with some variable change from equation )2.4( the following equation is obtained:

,)(),(

)(2)(2)())(

,(),()3.4(

0

2)2)(2[

2]2)(2[

)(2]2)(2[

2

0

2]2)(2[

2]2)(2[

dsxdFsxsVeea

eacdxdFuca

bxVeec

buV

acaubc

sas

ab

acub

acaubc

u

ccu

∫ ∫

∫∫

−−

−+−−+

−−

−+−

−−

−+−−+

−+

+−+

−+−+

+−=

σρλσρλ

σρλ

ττσρλσρλ

λ

σρλττ

τλ

with ctu +=τ and atbs += . The integral-differential equation satisfied by the expected present

value of the dividend payment is drawn as follows, as known from [7]:

∫ −−=

=−+−+

u

xdFbxuV

buVbuaVbucV

0

221

),(),(

),()21(),('),(')4.4(

λ

σρλ

in which it has been pointed with ),(' buV i the first derivative of ),( buV with respect to his arguments.

Page 213: 220Attias A. 6 calcolo della pensione avviene attraverso il metodo contributivo e non più retributivo, fatte salve le posizioni vigenti che possono, a seconda dei requisiti maturati,

Expected present values in the presence of a linear dividend barrier

211

Finally, from equation )3.4( , differentiating with respect to u , the following condition is obtained, as known from [7]:

1),(')5.4( 1 ==bubuV . Note that in the special case of “horizontal” barrier, i.e. letting

0=a in the barrier equation, indicating with ),( buV the expected present value of the dividends, the following integral-differential equation is achieved:

,)(),(),()21(),(')6.4(

0

21 ∫ −−=−+−

u

xdFbxuVbuVbuVc λσρλ

with conditions:

1),(')7.4( 1 == bu

buV ,

).,0(2

)(2

0),(')8.4(

2

1 bVc

ubuV σρλ −+

==

As it is known, these conditions, supposed 0,1)( >−= − ββxexF , to be the common distribution function of the aggregate claim, allow to find an explicit solution for the integral-differential equation )6.4( .

4.2 Integral and integral-differential equations for the

expected present value of the dividend payments in the model with interest

In this last section the model described in section 2 is modified by

the inclusion of interest. It is assumed that insurer receives interest on its surplus at a constant continuously compounded force of interest

.0>δ

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Ravera M. 212

Following the same procedure shown above, as in section 4.1 the integral and integral-differential equations for expected present value of the dividend payments are obtained, assuming a constant barrier.

Using the same notations as introduced in section 2, under the assumptions of this section, let )(* tZ the Insurance Company surplus be modified by the inclusion of interest. The result is:

),(*1)(* tStectuetZ −−

+=δ

δδ

where

.)(*)(

1

)(∑=

−=tN

k

kTtk eXtS δ

The expected present value, at time 0 , of the dividend payment be ),(* buV and ),( tsΦ so let it be for the expected present value

function as defined in )2.3( . With analogy of equation )1.4( , result:

))]),(*(*),0([),(*)9.4( 11 bTUVTEbuV Φ= , where 1T is still the random variable “time of first claim happens ”

and ))),(*(* 1 bTUV is still the random variable that assumes the values )),(*(* btUV when ),,0(,1 +∞∈∀= ttT until the ruin occurs. The random variable )(* 1TU , distinguishing if the surplus is lower or hypothetically upper the barrier, and considering the inclusion of interest is such that:

=

>−

+−

≤−

+−−

+

.1

11

11

11

11

1

11

)(*b

TecTueseXb

bTecTueseX

TecTueTU

δ

δδ

δ

δδ

δ

δδ

The point )*,ˆ(* btP , point at which the surplus ( )tZ ∗ , if no claim occurs, meets the barrier b is such that:

cucbt

++

=δδ

δln1*ˆ .

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Expected present values in the presence of a linear dividend barrier

213

Let tT =1 and xX =1 . Varying t and x , and considering if the first claim occurs before or after t , the integral equation for the expected present value of dividend payment can be again obtained as follows:

[ ]

,)()(*

)(),(*)(*),0(

)(0)(),1(*

),0(),(*)10.4(

0*ˆ

1

1

0

0

dtxdFt

xdFbxbVtte

dtxdFxdFbxecueV

tebuV

b

b

t

t

ecue

ecuet

t

tt

tt

tt

+

+−++

+

+−−

+

=

∫∫

∫∫

∞−

−+

−+

D

D

Φ

Φ

λ

δ

δ δδ

λ

λ

δ

λ

δδ

δδ

where

+++

=

=+=

=

+=

=

=

−−

t

t

t

t

t

zY

t

t

zY

ecbcucb

dzzcb

dzecbE

zdDeEt

)2(22

2

)(

)(

2

2)(2

),0()(

)(

)(*)(*

σρδσρ

δδ

σρδ

δ

δ

21-

-

Φ

D

The equation )10.4( can be written as:

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Ravera M. 214

.)(),(*

)(2)(2

)(),1(*),(*

0

)21(

2)(2

2

1

0

)21(*ˆ

0

2

2

2

dtxdFbxbVee

cbcucb

dtxdFbxecueVeebuV

b t

t

t

ecuet

tttt

tt

∫∫

∫∫

−+

+

++

−++

+

+

−−

+=

−−∞−

−+

−+

−−−

σρλ

δσρλ

δ δδσρλ

λ

δδ

σρλδ

δλ

δδ

As in the previous section, proceeding with some variable change

the following equation is obtained:

( )

( )

)(),(*)(

)21(

)(),(*)(),(*

0

2)2)(2

2

2)2)(2

0

2)2)(2

2

2)(2

τδτ

σρλλ

δ

ττδτδλ

δσρλ

δσρλ

τ

δσρλ

δσρλ

dxdFbxbVc

cb

dxdFbxVccubuV

b

b

b

u

∫ ∫

∫∫

∞ −+−

−+−

−+−−+

−++

+−+

++

+−++=

with δ

τδ

δ 1−+=

tt ecue .

The integral-differential equation satisfied by the expected present value of the dividend payment is drawn as follows:

∫ −+

−=

=+−+

u

xdFbxuVcu

buVcu

buV

0

2

1

).(),(*

),(*)(2

)(2),(*)11.4( '

δλ

δσρλ

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Expected present values in the presence of a linear dividend barrier

215

Previous results allow to find conditions:

1),(*)12.4( '1 == bu

buV ,

).,0(*2

)(2

0),(*)13.4(

2

1 ' bVc

ubuV σρλ −+

==

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applications, Krieger Publishing Company, Malabar, Florida (1974). [2] Dikson D.C.M., Gray J.R., Exact Solutions for Ruin Probability

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CLASSIFICAZIONE DEI FONDI PENSIONE ATTRAVERSO UNA MISURA DI DISTANZA GARCH

Edoardo Otranto, [email protected] -DEIR - Università di Sassari, Alessandro Trudda, [email protected] -DEIR - Università di

Sassari, Abstract Scopo del lavoro è quello di classificare le dinamiche di rischio

relative agli investimenti fatti degli Enti previdenziali privati. Per far ciò verrà utilizzata una procedura basata sulla misura della distanza GARCH applicata al global asset return dei fondi analizzati. Come è noto la politica previdenziale italiana da oltre dieci anni prevede incentivazioni fiscali finalizzate alla diffusione degli strumenti tipici della previdenza complementare e, in particolare, la recente normativa sulla possibilità di accantonamento delle quote di TFR dei dipendenti privati in Fondi Pensione ha certamente incrementato l’offerta dei prodotti appartenenti al comparto del così detto secondo pilastro. Per i liberi professionisti, in Italia, anche la previdenza di base è gestita da Enti previdenziali autonomi. Queste istituzioni presentano spesso una diversa composizione delle attività in cui investono con conseguente diversità di grado di rischio per l’aderente. Pertanto sono i lavoratori che devono decidere che tipo di investimento vogliono compiere all’interno della variegata offerta di scelte opzionabili. In questo studio ci si propone di dare una lettura della rischiosità dei fondi pensione attraverso l’analisi delle dinamiche del global asset return di ciascun fondo, inoltre, viene sviluppata un’applicazione per verificare la bontà della procedura adottata.

Keywords: Fondi Pensione, volatilità, cluster analisys, modelli

GARCH.

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Otranto E., Trudda A.

218

1. Introduzione. Lo scopo principale di un fondo pensione è quello di raccogliere i

risparmi dei lavoratori ed investirli secondo una politica di allocazione accurata e prudente, in modo da poter restituire il montante contributivo maturato sotto forma di rendita vitalizia. Pertanto, in prima battuta l’indice descrittivo più importante di un fondo pensione è il rendimento degli investimenti. Per questo motivo, la valutazione di una fondo pensione è spesso connessa alla performance dello stesso piuttosto che riferita al livello globale di rischio del portafoglio degli investimenti. Secondo Ryan e Fabozzi (2003) i deficit dei fondi pensione dei lavoratori americani post settembre 2001 non sono dovuti a performance negative del mercato, quanto il risultato di un meccanismo errato di contabilizzazione attuariale. Infatti, nel lunghissimo periodo, la crescita attesa degli investimenti è più elevata nel caso di impieghi nel comparto azionario piuttosto che in quello obbligazionario. Badoer (2003) ha una opinione opposta verificando come gli investimenti rischiosi come quelli effettuati nel comparto azionario non dovrebbero essere ammissibili per i capitali costituiti dai contributi dei lavoratori: questo divieto dovrebbe essere imposto con particolare riferimento alla previdenza obbligatoria. McClurken (2006) discute un problema di “moral hazard” ponendo l’accento in particolare su come i Fondi pensione corrano un rischio superfluo causato dalla tendenza dei gestori dei fondi ad ottenere alti rendimenti trascurando un’adeguata politica di prevenzione del rischio. Per ciò che riguarda la previdenza obbligatoria si osserva come in Italia per i liberi professionisti sia gestita da Enti privatizzati che operano politiche di investimento diverse tra loro.

Alcuni di questi Enti hanno parte delle loro attività investite in azioni o in obbligazioni, mentre alcuni altri investono in strumenti facenti parte del mercato regolamentato. Il rapporto annuale 2006 redatto dal Nucleo di Valutazione della Spesa Previdenziale in Italia dimostra come la maggior parte di questi fondi stia spostando la propria linea di investimento su titoli ad alto livello di rischiosità. Il rapporto pone l’accento sul fatto che si tratta di fondi destinati al trattamento pensionistico futuro dove prevale la funzione sociale piuttosto che la funzione speculativa. In relazione a ciò, il rapporto

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Classificazione dei Fondi Persione attraverso la distanza GARCH

219

specifica come si dovrebbe identificare un massimo livello di rischio accettabile data la natura della destinazione dei fondi investiti. In termini statistici, lo scopo di questo lavoro è quello di individuare il livello di rischio in termini quantitativi (e non sulla semplice osservazione della composizione del portafoglio) seguendo l’evoluzione temporale in relazione a ciascun singolo fondo in modo tale da poterli raggruppare in cluster composti da fondi con andamento omogeneo. Per fare ciò verrà utilizzato l’ algoritmo agglomerante proposto da Otranto (2004) basato sulla distanza delle serie temporali calcolate attraverso il modello GARCH (Bollerslev, 1986). La misura di questa distanza è una estensione della corrispondente distanza invertibile del modello ARMA proposta da Piccolo (1990).

La finalità di questo studio è spiegata dalla stretta connessione che esiste tra volatilità e rischio di investimento. Nella pratica, ad un lungo periodo di volatilità corrispondono turbolenti dinamiche nelle serie temporali oggetto di studio; se rappresentiamo la variazione condizionata della serie temporale attraverso l’utilizzo del modello GARCH, tale struttura rifletterà il comportamento della volatilità. In altre parole, modelli GARCH simili rappresentano sia andamento della volatilità sia rischi di investimento simili. Se si basa l’analisi solamente sulla parte dinamica dei modelli GARCH (escludendo il termine costante) allora è possibile comparare ciascuna serie temporale in riferimento alla loro evoluzione; in altre parole serie con diverso livello di rischio (diverso livello di volatilità) possono avere una stessa dinamica evolutiva. Nel prossimo paragrafo viene richiamata brevemente la misura di distanza GARCH proposta da Otranto(2004) e viene descritto il tipo di algoritmo utilizzato; nella sezione 3 verrà mostrata una applicazione di classificazione del rischio basata su tale metodologia; nell’ultimo paragrafo vengono sviluppate alcune considerazioni finali.

2. Una misura di distanza GARCH Si prendano in considerazione due serie temporali che seguono le

seguenti dinamiche (t=1………T)

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Otranto E., Trudda A.

220

tt

tt

yy

,22,2

,11,1

εµεµ

+=

+= (1)

Dove ε1,t e ε2,t sono i disturbi con media zero e variabilità pari alla

varianza della serie. Supponiamo che le variazioni condizionali h1,t e h2,t presentino due

diverse ed indipendenti strutture di tipo GARCH (1.1):

1,112

1,111,11,1,1 )( −−− ++== ttttt hhIyVar βεαγ (2)

1,222

1,222,21,2,2 )( −−− ++== ttttt hhIyVar βεαγ Dove I1,t e I2,t rappresentano le informazioni disponibili al tempo t e

1>iγ , 10 << iβ , 1)( <+ ii βα per (i = 1, 2). Come è noto i disturbi espressi nella 2 seguono il processo ARMA

(1.1):

2,1),()()( ,2,1.

21,

21,

2, =−+−−++= −−− ihh titititiitiiiiti εεβεβαγε (3)

Dove ε2

i,τ - hi,t rappresentano gli errori con media nulla e incorrelati con le informazioni passate. I due modelli GARCH(1.1) si possono comparare in termini della misura della distanza proposta da Piccolo (1990). Infatti, sostituendo nella (3) gli errori con la loro espressione ARMA(1.1), otteniamo la rappresentazione AR( ∞ ):

( )titijtij

jii

i

iti h ,

2,

2,

1

12, 1

−++−

= −

=

−∑ εεβαβ

γε (4)

La formula della distanza introdotta da Piccolo (1990) è:

( )2/1

1,2,1

−∑

=jjj ππ (5)

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Classificazione dei Fondi Persione attraverso la distanza GARCH

221

Dove π1j e π2j Sono i coefficienti autoregressivi dei due processi AR. Usando la (4), Otranto (2004) esprime la distanza tra i due modelli di GARCH(1.1) come segue:

( )2/1

0

22211

−= ∑

=j

JJd βαβα

Sviluppando l’espressione nelle parentesi quadre:

(6)

Si faccia attenzione che negli sviluppi precedenti la costante ( )ii βγ −1/ non è stata considerata in quanto riguarda la dinamica di

volatilità delle due serie espressa in termini autoregressivi. Questo risulta essere un chiarimento importante in quanto va ribadito che la misura di distanza utilizzata per classificare le serie storiche dei fondi verifica l’affinità esistente tra le dinamiche di volatilità per le serie temporali e non la somiglianza tra le volatilità. L’ipotesi di distanza nulla può essere facilmente esaminata verificando che la (6) è uguale a zero solo se soddisfano le seguenti ipotesi:

21

21

ββαα

==

(7)

Queste ipotesi sono verificate contemporaneamente utilizzando la

statistica WALD:

)ˆ()ˆ()ˆ( 1 θθ AAAAW −′Λ′= (8) Dove θ individua l’estimatore di massima verosimiglianza di

),,,(ˆ2211 ′= βαβαθ e I2 rappresenta la matrice identità 2x2.

( )2/1

21

2122

22

21

21

2/1

0

22211 1

211

−−

+−

=

−= ∑

= ββαα

βα

βαβαβα

j

jjd

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Otranto E., Trudda A.

222

La statistica (8) segue la distribuzione chi-quadro con 2 gradi di libertà. Questa distanza può essere utilizzata per raggruppare N serie temporali in gruppi omogenei con struttura GARCH simile. In altre parole le serie con distanza non significativa vengono inserite tutte nello stesso cluster. Per fare ciò verrà utilizzato un algoritmo agglomerante che segue i seguenti semplici passaggi:

1. Si sceglie il benchmark iniziale (es. minimo rischio); 2. Si inseriscono nel gruppo della serie Benchmark tutte quelle

serie caratterizzate da una distanza da esso non significativa (usando gli strumenti statistici evidenziati nella (8))

3. Si seleziona la serie con la minima distanza singnificativamente diversa da zero; questa serie sarà il nuovo Benmchmark;

4. Si inseriscono nel secondo gruppo tutte le serie restanti con una distanza dal nuovo Benchmark non significativamente diversa dallo zero;

5. Ripetere i passi 3 e 4 fino a che non rimanga nessuna serie; Si noti che il numero di cluster risultanti non è scelto a priori ma si

determina automaticamente a seguito dell’applicazione dell’algoritmo. Chiaramente, per classificare le serie noi abbiamo bisogno di un punto di partenza, nel senso che il risultato sarà diverso, cambiando la serie adottata come benchmark iniziale. Per il nostro scopo viene scelto l’indice dei rendimenti dei fondi composti da tutti i Z.C.bond emanati dal Governo di Italiano (si suppone che tale indicatore sia quello con rendimenti a rischio minimo).

Come detto nell'introduzione questa metodologia di analisi non crea cluster contenenti i fondi aventi le serie storiche con il rischio simile, ma piuttosto le serie con la dinamica simile. Questa idea è speculare al concetto del parallelismo esistente tra modelli ARMA, presentato nello studio di Steece e Wood (1992). In altre parole noi stiamo raggruppando le serie con andamento dinamico simile e, di conseguenza, una previsione di andamento simile (Otranto e Trudda, 2006). Per verificare se le serie hanno la stessa volatilità (ovvero, in ipotesi, stesso rischio) bisogna verificare l'ipotesi che i due modelli GARCH siano tra loro equivalenti. Questa idea corrisponde ad un altro concetto presentato da Steece e Wood (1985) per i modelli

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Classificazione dei Fondi Persione attraverso la distanza GARCH

223

ARMA, per i quali vale l'equivalenza. I due processi GARCH sono quindi equivalenti se si verificano le seguenti ipotesi:

21

21

21

ββααγγ

===

(9)

Il test (8) è utilizzato per verificare l’ipotesi modificando la

dimensione della matrice A e Λ . 3. Classificazione dei fondi Il campione di analisi considerato è formato da 13 serie temporali,

i dati si riferiscono al periodo compreso dal novembre 1995 a dicembre 2000 (dati quotidiani; 1290 osservazioni; fonti: bilanci di esercizio ed attuariali delle Casse di Previdenza (CP), serie storiche e bilancio di esercizio di Fondi Pensione (FP), ed i supplementi del bollettino statistico della Banca d’Italia per gli indici dei Fondi Pensione). La composizione del portafoglio relativo a ciascuno di questi fondi è la seguente:

Φ =CP con un mix di prodotti finanziari (obbligazioni e azioni); Γ =Z.C. indice delle emissioni obbligazionarie emesse dallo Stato Italiano; Η =CP con prevalenza di investimenti in beni immobili, obbligazioni con duration 10 anni ed una piccola componente di investimento azionario; Λ =CP investito in beni immobili ed obbligazioni con duration a breve; E=CP con investimenti in liquidità, titoli di proprietà immobiliari e obbligazioni con duration a 30 anni; Π =CP investito in obbligazioni di duration 3 anni con piccola componente di azionario; Ψ =CP con prevalenza di investimenti nel comparto obbligazionario emessi dello Stato Italiano ; Θ=FP con investimenti su titoli a tasso di interesse indicizzato; Ω =FP con prevalenza di investimenti su titoli con banchmark prefissato sul tasso di interesse; Ξ =CP con prevalenza di investimenti in obbligazioni; Σ =indice complessivo dei fondi di investimento azionari italiani; Υ =CP con la prevalenza degli investimenti in obbligazioni; ∆ =

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Otranto E., Trudda A.

224

indice complessivo dei fondi di investimento italiani (azionari, obbligazionari e misti).

La procedura che proponiamo prevede una classificazione dei fondi

basata sulla loro dinamica; questo scopo si ottiene agevolmente applicando l'algoritmo proposto nella sezione precedente. Inoltre, possiamo scoprire se la serie ha un grado simile di rischio all’interno dello stesso raggruppamento (cluster); questo si ottiene esaminando l'ipotesi (9). Per ogni serie di tempo è stato calcolato un modello GARCH(1,1). Applicando l'algoritmo agglomerante, otteniamo i gruppi rappresentati nella tavola 2:

Tavola 2. Cluster ottenuti usando il fondo Σ come benchmark

CLUSTER 1: Σ Φ ∆

CLUSTER 2: Π Η Ξ Ψ Λ Υ

CLUSTER 3: Θ

CLUSTER 4: Ω Γ E E’ interessante notare che la stessa classificazione si ottiene usando

il fondo con un basso profilo di rischio come benchmark, (fondo Γ ); le distanze da Γ sono in generale più grandi delle distanze da Σ (a parte E ed Ω ), ma questo indica solo che queste tre serie hanno un comportamento particolare, diverso rispetto a tutte le altre. In altre parole questa classificazione sembra abbastanza appropriata per descrivere le serie appartenenti allo stesso gruppo con hanno una dinamica simile.

Con la realizzazione di questa classificazione è possibile verificare le tre ipotesi espresse nella (9). In pratica noi verifichiamo queste ipotesi per ogni coppia di serie appartenenti allo stesso gruppo (a parte il cluster 3 che contiene solo una serie). Il risultato è che solo la coppia Π e Η e la coppia Ξ e Λ possono essere considerate analoghe in termini di volatilità del tasso nominale di rendimento con un grado di confidenza del 5%.

Se gli investitori sono interessati solo a scoprire i fondi con un rischio simile, allora è possibile verificare le ipotesi (9) per ogni

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Classificazione dei Fondi Persione attraverso la distanza GARCH

225

coppia delle serie. Oltre ai due casi appartenenti allo stesso cluster, si può non rigettare l'ipotesi del rischio nullo anche per le coppie Λ - Θ e E- Σ . In particolare quest’ultimo risultato sembra essere interessante in quanto si verifica che il fondo E (costituito da liquidità, proprietà ed obbligazioni) ha lo stesso grado di rischio del fondo individuato come il più rischioso; nello stesso tempo i due fondi seguono dinamiche differenti, con E che ha un'evoluzione simile a quello del fondo meno rischioso Γ . Il cluster 4 è una dimostrazione chiara che le serie con dinamica simile possono mostrare un rischio molto diverso.

4. Conclusioni La crisi del mercato azionario post 2001 ha aperto una discussione

sul rischio di struttura per l’investimento di fondi pensione. Le società gestori dei fondi pensione talvolta aumentano il livello del rischio di portafoglio alla ricerca di rendimenti attesi maggiori: molti studiosi disapprovano questi approcci soprattutto se applicati al caso della previdenza obbligatoria (vista la prevalenza della funzione sociale previdenziale rispetto a quella speculativa).

In questo lavoro è statoi presentato uno strumento di valutazione statistico utile per classificare i fondi pensione in funzione di due differenti componenti del rischio: la dinamica e la volatilità del rendimento degli investimenti. Uguali dinamiche possono essere interpretate come medesima previsione di volatilità, mentre all’uguaglianza nel grado di volatilità corrispondono livelli di rischio simili associati ai rendimenti dell’investimento. La tesi che si vuole promuovere è quella che la struttura di GARCH relativa alla serie temporale dei rendimenti è in grado di incorporare entrambi i componenti del rischio, in questa maniera appare possibile usare tale distanza per classificare i fondi.

La misura di distanza GARCH utilizzata impone l'adozione di una serie a titolo di benchmark in modo tale da poter dare avvio alla classificazione. Nell’applicazione sono state utilizzate rispettivamente la serie del fondo considerato come il più rischioso e quella a rischio minimo: i risultati rispecchiano quelli attesi sulla base delle considerazioni relative al grado di rischio misurato in termini di

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Otranto E., Trudda A.

226

composizione degli investimenti.

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2. Otranto, E. 2004. Classifying the markets volatility with arma distance measures. Quaderni di statistica, 6, 1–19.

3. Piccolo, D. 1990. A distance measure for classifying arima models. Journal of Time series analysis, 11, 153–164.

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5. Trudda, A. 2005. Casse di previdenza: analisi delle dinamiche attuariali. Torino: Giappichelli.

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Elenco partecipanti

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Elenco partecipanti

1 Angrisani Massimo Università di Roma La Sapienza

2 Attias Anna Università di Roma La Sapienza

3 Aversa Monica Università degli Studi del Molise

4 Badolati Ennio Università degli Studi del Molise

5 Bianchi Sergio Università degli Studi di Cassino

6 Boccia Teresa Università degli Studi del Molise

7 Ciccone Sandra Università degli Studi del Molise

8 Clemente Gianpaolo Università di Roma La Sapienza

9 Conte Fernando Università degli Studi del Molise

10 Costa Vincenzo Università degli Studi di Cassino

11 Di Iorio Donato Università degli Studi del Molise

12 Di Palo Cinzia Università di Roma La Sapienza

13 Forte Salvatore Università di Roma La Sapienza

14 Frezza Massimiliano Università degli Studi di Napoli - Federico II

15 Girotto Bruno Università degli Studi di Trieste

16 Gosio Cristina Università di Genova

17 Ialenti Matteo Università di Roma La Sapienza

18 Lavorgna Pasquale Università degli Studi del Molise

19 Morici Marina Università degli Studi del Molise

20 Palazzo Annamaria Università degli Studi di Cassino

21 Pantanella Alexandre Università di Roma La Sapienza

22 Parrini Chiara Università di Roma La Sapienza

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Elenco partecipanti

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23 Pianese Augusto Università degli Studi di Cassino

24 Pirra Marco Università di Roma La Sapienza

25 Ravera Marina Università di Genova

26 Sigalotti Luciano Università di Udine

27 Tretola Sonia Università degli Studi del Molise

28 Trudda Alessandro Università di Sassari

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Finito di stampare nel mese di giugno del 2007dalla tipografia « Braille Gamma S.r.l. » di Santa Rufina di Cittaducale (Ri)

per conto della « Aracne editrice S.r.l. » di Roma

CARTE

Copertina: Digit Linen 270 g/m2

Interno: Usomano bianco Selena 80 g/m2

ALLESTIMENTO

Legatura a filo di refe / brossura


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