Autorità Nazionale Anticorruzione
Determinazione n. 10 del 23 settembre 2015
Linee guida per l'affidamento delle concessioni di lavori pubblici e di servizi
ai sensi dell’articolo 153 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163
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1. Glossario .................................................................................................................................................... 3
2. Premessa..................................................................................................................................................... 4
3. La concessione di lavori e servizi e la finanza di progetto ............................................................................ 5
3.1 Gli elementi distintivi della concessione rispetto al contratto d’appalto e l’allocazione del rischio ........ 5
3.2 Il valore dei contratti ........................................................................................................................... 9
3.3 Le caratteristiche della finanza di progetto .......................................................................................... 9
3.4 La centralizzazione della domanda .................................................................................................... 11
4. La fase della programmazione ................................................................................................................... 12
5. Lo studio di fattibilità ................................................................................................................................ 15
5.1 Introduzione ..................................................................................................................................... 15
5.2 La scelta del modello di realizzazione dell’intervento: partenariato pubblico e privato o appalto ........ 16
5.3 Il contenuto dello studio di fattibilità ................................................................................................ 19
5.4 L’affidamento dello studio di fattibilità ed i relativi corrispettivi ........................................................ 23
6. Le modalità di svolgimento della procedura a gara unica (commi 1-14) ..................................................... 24
6.1 La scelta della procedura di aggiudicazione........................................................................................ 24
6.2 Le fasi della procedura a gara unica ................................................................................................... 26
6.3 Contenuti del bando e del disciplinare di gara ................................................................................... 26
6.4 I requisiti di partecipazione ............................................................................................................... 29
6.5 I contenuti delle offerte .................................................................................................................... 30
6.6 Le garanzie ....................................................................................................................................... 31
6.7 Criterio di aggiudicazione .................................................................................................................. 32
6.8 L’aggiudicazione e la stipula del contratto ......................................................................................... 32
7. Lo svolgimento della procedura a doppia gara e il diritto di prelazione (comma 15) .................................. 34
8. Lo svolgimento delle procedure ad iniziativa dei privati (commi 16-18)..................................................... 35
9. Lo svolgimento delle procedure ad iniziativa dei privati (commi 19-21)..................................................... 37
10. La finanza di progetto nei servizi .......................................................................................................... 38
10.1 La concessione di servizi ................................................................................................................... 38
10.2 Le proposte da parte di privati .......................................................................................................... 39
10.3 L’opportunità della programmazione ................................................................................................ 40
10.4 I requisiti del proponente nei servizi ................................................................................................. 41
11. Disciplina applicabile all’esecuzione del contratto ................................................................................. 41
11.1 La disciplina applicabile .................................................................................................................... 42
11.2 La convenzione................................................................................................................................. 43
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1. Glossario
Ai fini delle presenti Linee Guida si intendono per:
a) “Autorità”, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (A.N.AC.);
b) “Codice”, il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE);
c) “Regolamento”, il d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione
del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»);
d) “Concessione di lavori pubblici”, il contratto a titolo oneroso, concluso in forma scritta,
avente ad oggetto l’esecuzione, ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la
progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori pubblici o di
pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro
gestione funzionale ed economica, che presenta le stesse caratteristiche di un appalto
pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente
nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo;
e) “Concessione di servizi”, il contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto
pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi
consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un
prezzo;
f) “Contratti di Partenariato Pubblico Privato”, contratti aventi per oggetto una o più
prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un’opera
pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il
finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni,
con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti;
g) “Finanza di impresa” o “Corporate finance”, il finanziamento dell’attività di impresa,
registrato nel bilancio della medesima impresa e garantito dal patrimonio del prenditore di
fondi;
h) “Finanza di progetto” o “Project finance”, il finanziamento di un progetto in grado di
generare, nella fase di gestione, flussi di cassa sufficienti a rimborsare il debito contratto per
la sua realizzazione e remunerare il capitale di rischio, che qualora si concretizzi
nell’affidamento di una concessione che contempli l’utilizzo di risorse totalmente o
parzialmente a carico di soggetti privati è disciplinata nei suoi aspetti procedurali dall’art.
153 del Codice;
i) “Società di progetto o Società veicolo (SPV - Special pourpose Vehicle)”, la società per azioni o
a responsabilità limitata, anche consortile, che consente di garantire la separazione giuridica
ed economica del progetto dalle altre attività dei soggetti coinvolti nel progetto stesso;
j) “Opera fredda”, opera per la quale il privato che la realizza e la gestisce fornisce servizi
direttamente alla Pubblica Amministrazione e trae la propria remunerazione dai pagamenti
effettuati da quest’ultima;
k) “Opera calda”, opera dotata di un’intrinseca capacità di generare reddito attraverso ricavi da
utenza, in misura tale da ripagare i costi di investimento e remunerare adeguatamente il
capitale coinvolto nell’arco della vita della concessione;
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l) “Opera tiepida”, opera in grado di generare ricavi da utenza non sufficienti a ripagare
interamente le risorse impiegate per la loro realizzazione, rendendo necessario, per
consentirne la fattibilità finanziaria, un contributo pubblico;
m) “Rischio di costruzione”, il rischio che nella realizzazione dell’opera vengano superati i costi
preventivati, la possibilità di costi aggiuntivi derivanti da ritardi nella consegna, il mancato
rispetto delle specifiche o dei requisiti di costruzione, nonché rischi ambientali e di altro tipo
che richiedono pagamenti a favore di terzi;
n) “Rischio di domanda”, il rischio che comprende la possibilità che la domanda dei servizi sia
superiore o inferiore al previsto;
o) “Rischio di disponibilità”, il rischio che comprende la possibilità di costi aggiuntivi, ad
esempio di manutenzione e finanziamento, e il pagamento di penali perché il volume o la
qualità dei servizi non rispettano gli standard specificati nel contratto;
p) “Rischio di valore residuo e di obsolescenza”, i rischi che comprendono il rischio che il
valore del bene sia inferiore a quello atteso alla fine del contratto e in quale misura le
amministrazioni pubbliche hanno l'opzione di acquisire il bene;
q) “Rischio operativo”, rischio del mancato recupero degli investimenti effettuati o dei costi
sostenuti legato alla gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione,
comprendente un rischio sul lato della domanda o sul lato dell’offerta, o entrambi;
r) “Equilibrio economico-finanziario”, il complesso dei presupposti e delle condizioni di
convenienza economica e di sostenibilità finanziaria di un progetto di investimento, ossia la
capacità del progetto di creare valore nel corso della concessione, generando un livello di
redditività per il capitale investito adeguato rispetto alle aspettative dell’investitore privato e
flussi monetari sufficienti a garantire il rimborso dei finanziamenti ed un’adeguata redditività
per gli azionisti;
s) “Piano economico-finanziario”, il documento nel quale sono rappresentati i presupposti e le
condizioni per l’equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della gestione per la
durata del rapporto concessorio.
2. Premessa
La presente determinazione contiene linee guida in materia di project finance o finanza di
progetto (di seguito, anche “PF”), che nei principi generali possono essere utilizzate per la maggior
parte dei contratti di parternariato pubblico-privato (di seguito, “Ppp”), di cui il PF è un’espressione.
Secondo la definizione contenuta nel Regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento Europeo
e del Consiglio del 21 maggio 2013, relativo al «Sistema europeo dei conti nazionali e regionali
nell’Unione europea» (cd. “SEC2010”), i Ppp «sono contratti a lungo termine stipulati tra due unità,
sulla base dei quali un’unità acquisisce o costruisce una o più attività, le gestisce per un determinato
periodo e quindi le cede a una seconda unità. Tali accordi sono normalmente stipulati tra un’impresa
privata e un’amministrazione pubblica, ma non sono escluse altre combinazioni: ad esempio, una
società pubblica da una parte e un’istituzione senza scopo di lucro privata dall’altra».
Il PF, invece, consiste nel finanziamento di un progetto in grado di generare, nella fase di
gestione, flussi di cassa sufficienti a rimborsare il debito contratto per la sua realizzazione e remunerare
il capitale di rischio. Si tratta, quindi, di una modalità di finanziamento strutturato utilizzata anche per
alcune operazioni di Ppp. Le distinzioni tra PF e Ppp sono, quindi, teoricamente chiare: il primo attiene
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al finanziamento di un’opera o di un progetto, il secondo alle modalità di collaborazione tra pubblico e
privato; tuttavia, per come è strutturato il Codice, che all’art. 153 disciplina il PF quale forma di
affidamento di una concessione alternativa a quella (cd. ad iniziativa pubblica) di cui all’art. 143,
esperibile laddove sia contemplato l’utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei «soggetti
proponenti», i due istituti tendono spesso a sovrapporsi, rischiando di creare anche confusione tra gli
operatori economici. Il recepimento della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (di seguito, anche solo
“la Direttiva 2014/23/UE”), che deve avvenire entro il 18 aprile 2016, potrà costituire l’occasione per
fissare più chiaramente i rapporti tra Ppp, concessioni e PF (in tal senso, si veda anche la disposizione
sub art. 1, comma 1, lett. ll) del disegno di legge delega per il recepimento delle direttive europee, che
individua tra i criteri guida quello di procedere alla razionalizzazione delle forme di partenariato
pubblico privato).
Oggetto delle presenti Linee Guida sono le procedure disciplinate dall’art. 153 del Codice,
rubricato «Finanza di progetto» ma, come già evidenziato, sono fornite indicazioni che possono valere
in generale per i Contratti di Ppp e, per quanto compatibili, anche per altri istituti presenti nel Codice,
quali quelli disciplinati dall’art. 175, sulle infrastrutture strategiche.
Con questo atto vengono, pertanto, aggiornate e consolidate in un unico documento le
determinazioni dell’Autorità n.1 del 2009, Linee guida sulla finanza di progetto dopo l’entrata in vigore del c.d.
terzo correttivo, e n. 2 del 2010, Problematiche relative alla disciplina applicabile all’esecuzione del contrato di
concessione di lavori pubblici, che quindi devono intendersi superate dalle presenti Linee Guida.
Appare opportuno ricordare, in via preliminare, che il mercato nazionale del PF si caratterizza
per la coesistenza di un numero elevato di interventi di ridotte dimensioni e di un numero più ridotto di
interventi di importo, però, particolarmente elevato. Le due tipologie di PF si differenziano
necessariamente per alcuni aspetti rilevanti, quali ad esempio l’opportunità di far ricorso ad uno special
purpose vehicle, strumento fondamentale per i PF di importo elevato. Le presenti Linee Guida sono
pensate principalmente per gli affidamenti di importo elevato, ma si applicano con gli opportuni
accorgimenti anche a quelli di importo ridotto.
3. La concessione di lavori e servizi e la finanza di progetto
3.1 Gli elementi distintivi della concessione rispetto al contratto d’appalto e l’allocazione
del rischio
Il Codice definisce (art. 3, comma 11) le concessioni di lavori come contratti a titolo oneroso
aventi ad oggetto la progettazione e l’esecuzione dei lavori, nonché la loro gestione funzionale ed
economica, che «presentano le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del
fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto
accompagnato da un prezzo», alle condizioni previste dal Codice. Rispetto alla definizione originaria,
l’art. 42, comma 2, lettera a) del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento
dei conti pubblici), ha introdotto la previsione per cui: «la gestione funzionale ed economica può anche
riguardare, eventualmente in via anticipata, opere o parti di opere direttamente connesse a quelle
oggetto della concessione e da ricomprendere nella stessa». Dunque, nella concessione di lavori è ora
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normativamente prevista la possibilità dello sfruttamento di un’opera anche prima che siano terminati
tutti i lavori previsti nel contratto di concessione.
Diversamente da quanto accade per i lavori, il Codice contiene un numero ridotto di
prescrizioni per quanto concerne la concessione dei servizi. Ai sensi del comma 12, dell’art. 3 del
Codice, la concessione di servizi è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto
pubblico di servizi, «ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste
unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità
all'art. 30». A sua volta l’art. 30, contiene norme di semplificazione e derogatorie per l’affidamento dei
contratti di concessione dei servizi, prevedendo che: «salvo quanto disposto nel presente articolo, le
disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi». In sostanza, per l’affidamento delle
concessioni di servizi è previsto che, salva l’applicazione di discipline specifiche che prevedono forme
più ampie di concorrenza, la scelta del concessionario debba avvenire nel rispetto dei principi
desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici. La scelta del concessionario
può avvenire previa gara informale cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale
numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri
selettivi.
Tuttavia, per il PF, l’art. 152, comma 3, del Codice prevede che «le disposizione del presente
Capo si applicano, in quanto compatibili, anche ai servizi, con le modalità fissate dal regolamento». Tali
modalità sono ora disciplinate dall’art. 278 del Regolamento.
A tale riguardo, occorre evidenziare che la Direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei
contratti di concessione unifica le definizioni di concessione di lavori e di concessione di servizi e le
relative normative, superando così la dicotomia ad oggi vigente.
Ad ogni modo, ciò che caratterizza la concessione, sia essa di lavori che di servizi,
differenziandola dal contratto d’appalto, è la ripartizione del rischio tra amministrazione e
concessionario. In assenza di alea correlata alla gestione, indipendentemenre dal nomen iuris utilizzato,
non si configura la concessione bensì l’appalto, nel quale vi è unicamente il rischio imprenditoriale
derivante dalla errata valutazione dei costi di costruzione, da una cattiva gestione, da inadempimenti
contrattuali da parte dell’operatore economico o da cause di forza maggiore. Nella concessione, invece,
al rischio proprio dell’appalto, si aggiunge il rischio di mercato. Pertanto, in assenza di un effettivo
trasferimento del rischio in capo al concessionario, le procedure di aggiudicazione dovranno essere
quelle tipiche dell’appalto e i relativi costi dovranno essere integralmente contabilizzati nei bilanci della
stazione appaltante.
La nuova direttiva europea, all’art. 5, comma 1, specifica con chiarezza che il contenuto
necessario del contratto di concessione è il trasferimento del rischio operativo legato alla gestione dei
lavori o servizi al concessionario, cioè la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti
effettuati e i costi sostenuti per l’operazione. La parte del rischio trasferita al concessionario, in altri
termini, deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale
perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile. Il rischio operativo
espone il concessionario al rischio di perdite derivanti da squilibri che si possono generare sia dal lato
della domanda (ad esempio, una domanda di mercato inferiore a quella preventivata) sia dal lato
dell’offerta (la fornitura di servizi non in linea con la domanda di mercato).
In altri termini, si ha un rischio operativo quando non è garantito nel corso dell’esecuzione il
raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario previsto in fase di affidamento.
Per le concessioni dei lavori, con la decisione dell’11 febbraio 2004 l’Eurostat ha stabilito le
condizioni in base alle quali la realizzazione di un’opera è da intendersi a carico del bilancio pubblico o
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del settore privato, ovvero le condizioni per cui le spese per le infrastrutture possono essere poste fuori
dal bilancio dello Stato. A tal fine, l’Eurostat individua tre principali forme di rischio:
1) rischio di costruzione (è il rischio legato ai ritardi nella consegna, ai costi addizionali, a standard
progettuali inadeguati);
2) rischio di disponibilità (è il rischio legato alla performance dei servizi che il partner privato deve
rendere e si sostanzia nella potenziale decurtazione dei pagamenti pubblici per effetto
dell’applicazione di penali, qualora gli standard dei servizi non siano soddisfatti);
3) rischio di domanda (che riguarda la possibilità di variazioni della domanda, al di sopra o al di
sotto del livello previsto al momento della firma del contratto di Ppp, a prescindere dalla qualità
delle prestazioni offerte dal partner privato).
Accanto a tali rischi, ve ne sono altri comuni a tutte le tipologie di progetto che si verificano nel
lungo periodo, quali quelli finanziari, normativi, politici, autorizzativi, ecc.
Un’opera realizzata con il Ppp non incide sui bilanci pubblici se il partner privato sostiene il
rischio di costruzione ed almeno uno degli altri due rischi (rischio di disponibilità o rischio di
domanda).
I criteri individuati nella Decisione Eurostat 2004 sopra richiamata devono essere integrati ed
aggiornati con i contenuti del nuovo Sistema Europeo dei Conti nazionali e regionali pubblicato da
Eurostat a maggio del 2013 (cd. “SEC2010”), che a partire dal 1° settembre 2014 ha sostituito il SEC95
precedentemente in vigore. Il SEC2010 contempla tra le principali forme di rischio anche il “rischio di
valore residuo e di obsolescenza” legato, ad esempio, al fatto che qualora il Ppp preveda la riconsegna
dell’infrastruttura al termine di scadenza della concessione, il valore di acquisto o di subentro possa
essere inferiore rispetto a quello atteso.
Inoltre, un indispensabile complemento al SEC2010 è il Manuale sul disavanzo e sul debito
pubblico (Manual on Government Deficit and Debt - MGDD), pubblicato per la prima volta da Eurostat nel
1999 e da ultimo aggiornato nel mese di agosto 2014, che dedica il capitolo 4 della parte VI alle Public
Private Partnership.
In particolare, in ordine al suesposto criterio dei rischi, il nuovo Manuale, ribadendo che per
poter contabilizzare off balance gli assetts oggetto dell’operazione di Ppp è necessaria una chiara
dimostrazione della sopportazione da parte del privato della maggioranza dei rischi, precisa che la
rilevanza del rischio deve essere valutata tenendo conto dell’impatto sia sulla redditività, sia sul profilo
finanziario del partner.
Ai fini di una corretta allocazione dei rischi, si ribadisce la rilevanza sostanziale dei fattori relativi
al finanziamento pubblico dei costi di investimento, alla presenza di garanzie pubbliche, alle clausole di
fine contratto ed al valore di riscatto dell’asset a fine concessione.
In tale sede è specificato, tra l’altro, che, con riferimento al finanziamento pubblico, ad esempio,
vanno individuate differenti forme, quali l’apporto di capitale di rischio (equity) o di capitale di credito
(finanziamenti bancari), accanto alle più tradizionali forme di contribuzione pubblica. In tutti questi casi
è stabilito che quando il costo del capitale è prevalentemente coperto dallo Stato in una delle suddette
forme, ciò indica che lo Stato assume la maggioranza dei rischi. Inoltre, l’incremento del livello di
finanziamento, da minoritario a maggioritario, in corso d’opera può comportare la riclassificazione on
balance dell’asset, ossia la sua imputazione sul bilancio del soggetto pubblico.
Anche la presenza di garanzie pubbliche può rappresentare un elemento idoneo ad influenzare il
trattamento contabile dell’operazione, in quanto queste possono incidere sulla distribuzione dei rischi
tra le parti. A tale proposito è chiarito che le garanzie possono comportare l’iscrizione o la
riclassificazione dell’asset on balance quando assicurano un’integrale copertura del debito o un
rendimento certo del capitale investito dal soggetto privato. Come elemento discretivo è indicato il
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criterio secondo cui l’opera deve essere contabilizzata on balance quando l’effetto combinato delle
garanzie e del contributo pubblico copra più del 50% del costo. A tal proposito, il nuovo Manuale
estende l’applicazione delle regole in materia anche ai casi in cui un’amministrazione fornisca una
garanzia al partner non direttamente legata al debito contratto in relazione a uno specifico progetto in
Ppp.
Sul punto, occorre richiamare anche il considerando 19 della Direttiva 2014/23/UE che indica
la possibilità, per i settori con tariffe regolamentate, di accordi contrattuali che prevedono una
compensazione parziale del rischio operativo, inclusa una compensazione in caso di cessazione
anticipata del contratto per motivi imputabili all’amministrazione aggiudicatrice o per cause di forza
maggiore.
Anche l’allocazione dell’asset alla fine del contratto, come ricordato, rappresenta un elemento
idoneo ad incidere sulla contabilizzazione dell’intervento. In particolare, essa può incidere sulla
contabilizzazione on balance dell’infrastruttura se ricorre una delle seguenti tre condizioni:
1. si concorda un prezzo fisso che l’amministrazione dovrà pagare alla scadenza del contratto e
questo prezzo non rispecchia il valore di mercato dell’asset;
2. è previsto un prezzo più alto del valore economico atteso;
3. è previsto un prezzo più basso del valore economico atteso perché l’amministrazione ha già
pagato in precedenza per l’acquisizione dell’asset.
Si richiama, pertanto, l’attenzione delle stazioni appaltanti ad una corretta valutazione della
ricorrenza, nelle singole fattispecie, delle condizioni e dei presupposti che caratterizzano il contratto di
concessione, distinguendolo dal differente strumento contrattuale dell’appalto. Una corretta
qualificazione giuridica dell’operazione posta in essere è, infatti, presupposto indispensabile per la
corretta individuazione della disciplina giuridica e contabile da applicare. A tale riguardo, si richiamano
le conseguenze in punto di responsabilità amministrativa e contabile per gli eventuali maggiori costi
sopportati dall’amministrazione a causa di un utilizzo improprio dei Contratti di Ppp e del PF. In
particolare, giova sottolineare come il giudice amministrativo abbia sancito la nullità per illiceità della
causa, ai sensi dell’art. 1344 del codice civile (“contratto in frode alla legge”), di un contratto di
concessione nel quale non erano stati osservati i precetti comunitari nella distribuzione dei rischi (v. Tar
Sardegna, sentenza 10 marzo 2011, n. 213). Sotto il profilo della responsabilità amministrativo-contabile
la Corte dei Conti ha più volte evidenziato come sia necessario accertare che il contratto da concludere
abbia le caratteristiche proprie del Ppp con utilizzo di risorse private ai sensi del comma 15-ter dell’art.
3 del Codice e non rappresenti, invece, un meccanismo elusivo del divieto di indebitamento dell’Ente
sia per precedenti violazioni del patto di stabilità che per mancato rispetto dei parametri ex art. 204
TUEL (v. ex multis Corte dei Conti, Sez. Reg. Contr Veneto, 2 settembre 2011, n. 352/2011/par, in
tema di leasing immobiliare)1.
1 Al riguardo, si ricorda che il comma 111-bis dell’art. 1 della legge 13 dicembre 2010 n. 220 (“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011)”) prevede che «I contratti di servizio e gli altri atti posti in essere dalle regioni e dagli Enti locali che si configurano elusivi delle regole del patto di stabilità interno sono nulli» e al comma 111-ter stabilisce che «Qualora le Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti accertino che il rispetto del patto di stabilità interno è stato artificiosamente conseguito mediante una non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio o altre forme elusive, le stesse irrogano, agli amministratori che hanno posto in essere atti elusivi delle regole del patto di stabilità interno, la condanna ad una sanzione pecuniaria fino ad un massimo di dieci volte l'indennità di carica percepita al momento di commissione dell'elusione e, al responsabile del servizio economico-finanziario, una sanzione pecuniaria fino a 3 mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali”.
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3.2 Il valore dei contratti
A norma dell’art. 29 del Codice, «il calcolo del valore stimato degli appalti pubblici e delle
concessioni di lavori o servizi pubblici è basato sull’importo totale pagabile al netto dell’IVA, valutato
dalle stazioni appaltanti. Questo calcolo tiene conto dell’importo massimo stimato, ivi compresa
qualsiasi forma di opzione o rinnovo del contratto». La dizione contenuta nel Codice ricalca quella
presente all’art. 9, comma 1, della Direttiva n. 2004/18/CE. Si tratta di una formulazione che ha
generato numerose difficoltà interpretative, soprattutto rappresentate dalla mancata comprensione da
parte delle stazioni appaltanti del fatto che nel calcolo di tale valore debbano essere ricompresi tutti i
proventi di qualsiasi natura a favore del concessionario, tra cui le entrate provenienti dagli utenti del
servizio.
Tale difficoltà interpretativa ha portato spesso a non riconoscere la dimensione comunitaria ad
affidamenti idonei a generare elevati introiti per il concessionario. Si ricorda che per le concessioni di
importo superiore alle soglie comunitarie, pur in presenza di un regime semplificato per gli affidamenti,
la Commissione Europea nella propria Comunicazione interpretativa sulle concessioni del 12 aprile
2000, sulla scorta degli orientamenti costanti della Corte di Giustizia, ha indicato l’opportunità di
pubblicare gli avvisi relativi alle concessioni sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. In ogni caso,
una corretta determinazione del valore stimato delle concessioni pone i competitors in condizioni di
parità per la partecipazione alla gara.
La nuova Direttiva 2014/23/UE ha elencato gli elementi che le amministrazioni aggiudicatrici
devono considerare ai fini del calcolo del valore della concessione. Si tratta, in particolare, di:
a) il valore di eventuali forme di opzione e di eventuali proroghe della durata della concessione;
b) gli introiti derivanti dal pagamento, da parte degli utenti dei lavori e dei servizi, di tariffe e multe
diverse da quelle riscosse per conto dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente
aggiudicatore;
c) i pagamenti o qualsiasi vantaggio finanziario conferito al concessionario in qualsivoglia forma
dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore o da altre amministrazioni
pubbliche, incluse le compensazioni per l’assolvimento di un obbligo di servizio pubblico e le
sovvenzioni pubbliche di investimento;
d) il valore delle sovvenzioni o di qualsiasi altro vantaggio finanziario in qualsivoglia forma
conferiti da terzi per l’esecuzione della concessione;
e) le entrate derivanti dalla vendita di elementi dell’attivo facenti parte della concessione;
f) il valore dell’insieme delle forniture e dei servizi messi a disposizione del concessionario dalle
amministrazioni aggiudicatrici o dagli enti aggiudicatori, purché siano necessari per l’esecuzione
dei lavori o la prestazione dei servizi;
g) ogni premio o pagamento ai candidati o agli offerenti.
Sebbene la Direttiva non sia stata ancora recepita, è necessario che le amministrazioni
aggiudicatrici si conformino fin da subito alle indicazioni contenute nel predetto articolo, in quanto si
tratta di una norma che esplica principi di concorrenza, ai quali l’Autorità si è sempre ispirata nei propri
provvedimenti (si veda ad esempio la deliberazione del 20 giugno 2012, n. 62, relativa alla concessione
del servizio di gestione dei parcheggi custoditi a pagamento).
3.3 Le caratteristiche della finanza di progetto
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Tra le diverse forme di Ppp un ruolo centrale è svolto dalla finanza di progetto. Con tale
termine si indica il finanziamento di un progetto in grado di generare flussi di cassa sufficienti a
remunerare l’investimento effettuato ed a garantire un utile. Dal punto di vista di tecnica finanziaria per
il PF è prevista la costituzione di un veicolo ad hoc, definito “special purpose vehicle” o società di progetto
(di seguito “Spv”). Lo scopo della costituzione dello Spv è di separare il destino del progetto da quello
dei finanziatori.
In realtà, si deve da subito evidenziare come la normativa italiana, all’art. 156 del Codice,
preveda esclusivamente la possibilità per il concessionario di scegliere, dopo l’aggiudicazione, la
costituzione di uno Spv. Una volta effettuata tale scelta, lo Spv subentra al concessionario, senza che
ciò costituisca una cessione del contratto. La discrezionalità nella costituzione di uno Spv può
rappresentare una delle ragioni per la diffusione in Italia dello strumento del PF anche per affidamenti
di importo limitato.
Sebbene la tecnica del PF non possa prescindere dalla costituzione di una Spv anche per
progetti di importo limitato, si ritiene che la Spv debba essere almeno sempre presente per tutti gli
affidamenti di valore elevato; ciò per garantire al privato la possibilità di accedere a finanziamenti “fuori
bilancio”, ovvero che non incidono sui propri indici di indebitamento, e per limitare al contempo gli
effetti di un eventuale fallimento del progetto. Per l’amministrazione il principale vantaggio è
rappresentato da una maggiore garanzia di esecuzione del progetto.
Le operazioni in PF si distinguono da quelle in corporate finance in aspetti determinanti quali le
garanzie del finanziamento, il trattamento contabile (con riferimento al promotore e solo in presenza di
Spv), le variabili a base dell’affidamento ed il grado di leva utilizzabile. Nel PF la garanzia del
finanziamento si sposta dal patrimonio del prenditore di fondi (corporate finance) agli assets del
progetto; il trattamento contabile è off balance, le principali variabili a base dell’affidamento sono i flussi
di cassa attesi dal progetto (e non la solidità patrimoniale del promotore o la redditività attesa) e la leva
utilizzabile è in funzione di questi.
La struttura finanziaria, tendenzialmente caratterizzata da un isolamento dei flussi di cassa ed un
sistema di garanzie contrattuali rendono il PF una forma di finanziamento più efficiente rispetto a
quella tradizionale, in quanto il finanziamento del progetto da parte delle banche avviene sulla base del
suo merito di credito e non su quello dei suoi sponsor. Tuttavia, bisogna considerare che il costo di un
finanziamento bancario tradizionale per la pubblica amministrazione è inferiore rispetto al costo medio
del capitale in un’operazione di PF. Da ciò discende che la valutazione dell’utilità del ricorso al PF da
parte della pubblica amministrazione non può limitarsi a considerare il puro aspetto finanziario, ma
deve considerare il vantaggio derivante dal trasferimento dei rischi, nonché la possibilità di quantificare
tale vantaggio. In altre parole, l’amministrazione deve attentamente considerare il trasferimento dei
rischi con l’obiettivo di rispondere ai fabbisogni dei cittadini in tempi minori e con standard di qualità
maggiori. La scelta dei rischi da trasferire all’operatore privato è cruciale per il conseguimento del “value
of money”, inteso come margine di convenienza di un’operazione di PF rispetto ad un appalto
tradizionale.
In sostanza, sono tre le caratteristiche immanenti del PF:
1. la finanziabilità del progetto, intesa come verifica della produzione dei flussi di cassa sufficienti
a coprire i costi operativi, a remunerare il capitale di debito e a garantire un utile agli sponsor
quale remunerazione del capitale di rischio;
2. il “ring fencing”, ossia la definizione di un nuovo soggetto, lo Spv, al quale vengono affidati i
mezzi finanziari per la realizzazione del progetto con contestuale separazione del progetto dal
bilancio degli sponsor (operazione off balance);
3. la costituzione di idonee garanzie, non solo a favore delle banche finanziatrici (“security package”).
11
Poiché un’operazione di PF si svolge su un arco temporale lungo, l’interazione tra i diversi
soggetti interessati (pubblica amministrazione, sponsor Spv, banche finanziatrici, costruttore, gestore,
fornitore e utenti finali) avviene necessariamente in un orizzonte temporale lungo. Un’efficiente
gestione del PF richiede, quindi, tra l’altro la capacità di saper ridurre i tempi dell’operazione e di
prevenire tutti quegli elementi di attrito che possono rallentare o compromettere il raggiungimento
degli obiettivi prefissati.
3.4 La centralizzazione della domanda
Il novellato art. 33, comma 3-bis, del Codice stabilisce che «I Comuni non capoluogo di
provincia procedono all’acquisizione di lavori, beni e servizi nell’ambito delle unioni dei comuni di cui
all’articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un
apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici anche delle
province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province, ai sensi della legge 7 aprile
2014, n. 56. In alternativa, gli stessi Comuni possono acquisire beni e servizi attraverso gli strumenti
elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento. L’Autorità
per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture non rilascia il codice identificativo
gara (CIG) ai comuni non capoluogo di provincia che procedano all’acquisizione di lavori, beni e
servizi in violazione degli adempimenti previsti dal presente comma. Per i Comuni istituiti a seguito di
fusione l’obbligo di cui al primo periodo decorre dal terzo anno successivo a quello di istituzione».
Con la Determinazione n. 3 del 25 febbraio 2015 l’Autorità ha fornito prime indicazioni
interpretative sugli obblighi normativi contenuti nella predetta disposizione. In particolare, con
riferimento all’ambito oggettivo di applicazione dell’art. 33, comma 3-bis, del Codice, l’Autorità ha
chiarito che lo stesso disciplina l’acquisizione di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei
settori speciali (in virtù dell’art. 206), ivi compreso l’affidamento di concessioni di lavori pubblici. In tal
senso depone quanto disposto dall’art. 142, comma 3, del Codice, secondo cui «alle concessioni di
lavori pubblici, nonché agli appalti di lavori pubblici affidati dai concessionari che sono
amministrazioni aggiudicatrici, si applicano, salvo che non siano derogate nel presente capo, le
disposizioni del presente codice», tra le quali è contenuto l’art. 33, la cui applicazione non è derogata da
nessuna disposizione.
Il citato art. 33, comma 3-bis non si applica, invece, ai contratti esclusi dal campo di
applicazione del Codice e alle concessione di servizi (art. 30 del Codice).
Ciò premesso, al fine di stabilire se la disposizione in esame trova applicazione anche per le
concessioni affidate mediante finanza di progetto deve aversi riguardo a quanto stabilito all’art. 152 del
Codice che, in apertura del Capo III (del Titolo III - Parte II del Codice) dedicato a «Promotore
finanziario, società di progetto e disciplina della locazione finanziaria per il lavori e del contratto di
disponibilità» individua la disciplina comune applicabile a tali procedure di affidamento. In particolare,
l’art. 152 prevede l’applicazione delle disposizioni del Titolo I – Parte II del Codice (in cui è contenuto
l’art. 33) solo «in quanto non incompatibili» con le previsioni del succitato Capo III.
Al riguardo, si osserva che la centralizzazione consentirebbe, soprattutto in un settore come
quello della finanza di progetto, caratterizzato da una particolare complessità tecnica, economica e
giuridica, di ridurre i rischi connessi alla gestione delle procedure, in virtù della maggiore competenza
dei soggetti aggregatori e della crescente specializzazione che dovrebbe essere assicurata agli altri
soggetti deputati alla centralizzazione della domanda. Ulteriori vantaggi possono derivare dalla
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centralizzazione in termini di programmazione, progettazione, mancata duplicazione degli interventi e
riduzione dei costi.
Tuttavia, come già evidenziato dall’Autorità nella bozza di determinazione avente ad oggetto
«Obbligo per i Comuni non capoluogo di provincia di procedere all’acquisizione di lavori, beni e
servizi in forma aggregata - art. 33, comma 3-bis, decreto legislativo del 12 aprile 2006 n.163 e ss.mm.ii.
– Ulteriori indirizzi interpretativi», vi sono difficoltà applicative del comma 3-bis dell’art. 33 del Codice
alle concessioni, tenuto conto della specificità delle stesse e della necessità di un raccordo molto stretto
che la gestione di un rapporto concessorio impone all’eventuale pluralità di enti concedenti. Si fa
riferimento alle difficoltà di aggregazione degli interventi da realizzare, avendo riferimento alla loro
specificità, per i quali è più facilmente ipotizzabile una centralizzazione della procedure piuttosto che
un’aggregazione degli acquisti (che può, invece, più agevolmente avvenire per servizi e forniture); o,
ancora, alle difficoltà connesse alla gestione dell’intera procedura che implica un coinvolgimento attivo
dell’amministrazione (si pensi alla richiesta di modifica al progetto preliminare e, in caso di mancata
accettazione del promotore, all’interpello di quelli che seguono in graduatoria - art. 153, comma 3 del
Codice).
4. La fase della programmazione
Ai sensi dell’art. 128, comma 1, del Codice l’attività di realizzazione di lavori di importo
superiore a 100 mila euro «si svolge sulla base di un programma triennale e di suoi aggiornamenti
annuali che le amministrazioni aggiudicatrici predispongono e approvano, nel rispetto dei documenti
programmatori, già previsti dalla normativa vigente, e della normativa urbanistica, unitamente all'elenco
dei lavori da realizzare nell'anno stesso».
Secondo quanto indicato dal successivo comma 2, il programma triennale rappresenta un
momento attuativo degli studi di fattibilità e di identificazione e quantificazione dei bisogni che ciascuna
amministrazione aggiudicatrice predispone nell'esercizio delle proprie autonome competenze. Ai sensi
dell’art. 13 comma 1 del Regolamento, il programma triennale per i lavori viene redatto ogni anno
aggiornando quello precedentemente approvato per i lavori da eseguire nel triennio successivo.
Lo schema di programma viene reso pubblico, prima della sua approvazione, mediante
affissione nella sede delle amministrazioni aggiudicatrici per almeno sessanta giorni consecutivi nonchè
mediante pubblicazione sul profilo del committente.
Il programma definitivo, ai sensi dei commi 11 e 12 dell’art. 128 del Codice, deve essere
pubblicato sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in virtù di quanto disposto dall’art.
38 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, sul sito istituzionale dell’amministrazione, e per estremi,
sul sito dell’Osservatorio, nonché trasmesso, entro trenta giorni dalla sua approvazione, al CIPE dopo
l’approvazione per la verifica di compatibilità.
Il programma indica, «per tipologia e in relazione alle specifiche categorie degli interventi, le
loro finalità, i risultati attesi, le priorità, le localizzazioni, le problematiche di ordine ambientale,
paesistico ed urbanistico-territoriale, le relazioni con piani di assetto territoriale o di settore, le risorse
disponibili, la stima dei costi e dei tempi di attuazione». Le priorità del programma privilegiano
valutazioni di pubblica utilità rispetto ad altri elementi in conformità di quanto disposto dal Codice.
Il programma deve contenere un ordine di priorità dei lavori previsti, privilegiando i lavori di
manutenzione, di recupero del patrimonio esistente, di completamento dei lavori già iniziati, i progetti
esecutivi approvati, nonché gli interventi che richiedano finanziamenti con capitale privato
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maggioritario, in quanto suscettibili di gestione economica. L’adozione dei programmi triennali e degli
elenchi annuali dei lavori deve avvenire sulla base di schemi tipo approvati dal Ministero delle
infrastrutture con decreto che contengono indicazioni su disponibilità di risorse e copertura finanziaria
da ripartirsi per categorie e tipologie di intervento (art. 128, comma 11, del Codice).
L’art. 271 del Regolamento prevede il principio di programmazione anche per i servizi e le
forniture, limitandolo però solamente ad un anno. Tuttavia il comma 1 prevede soltanto una facoltà e
non un obbligo, come previsto per le opere pubbliche, lasciando alla discrezionalità delle pubbliche
amministrazioni la predisposizione di un piano annuale. Ai sensi del successivo comma 4, qualora
l’amministrazione abbia predisposto il programma, l’acquisizione di beni e servizi non preventivati può
comunque avvenire «in caso di urgenza risultante da eventi imprevisti o imprevedibili in sede di
programmazione».
La mancata programmazione nel settore dei servizi e forniture si può ripercuotere in una
carenza di trasparenza nelle scelte effettuate dall’amministrazione, scelte che possono anche finire per
essere motivate da interessi particolaristici, se non clientelari, piuttosto che da esigenze pubbliche. Sono
sintomo di tali problematiche la frammentazione degli affidamenti, il frequente ricorso a proroghe
contrattuali, l’avvio di procedure negoziate senza bando motivate dalla mera urgenza di provvedere,
l’imprecisa definizione dell’oggetto del contratto con riguardo alle specifiche tecniche e/o alle quantità,
la perdita di controllo della spesa.
Per tali ragioni, al fine di privilegiare la massima trasparenza ed il contrasto alla corruzione,
occorre che la programmazione preventiva diventi la regola. Al riguardo l’Autorità nella determinazione
del 6 novembre 2013, n. 5, ha osservato che: «benché facoltativa, … la programmazione non è solo un
momento di chiarezza fondamentale per la determinazione del quadro delle esigenze, la valutazione
delle strategie di approvvigionamento, l’ottimizzazione delle risorse ed il controllo delle fasi gestionali,
ma costituisce concreta attuazione dei principi di buon andamento, economicità ed efficienza
dell’azione amministrativa. In questo senso, la fase della programmazione e quella della progettazione
appaiono funzionali a garantire una visione di insieme dell’intero ciclo di realizzazione dell’appalto,
migliorando le chance di un’efficiente gestione dello stesso, a partire dall’individuazione dei fabbisogni
fino alla verifica del corretto svolgimento della prestazione; tale verifica può ritenersi effettiva, infatti,
solo ove la stazione appaltante sia in grado di confrontare le prestazioni eseguite con i livelli quantitativi
e qualitativi promessi in sede di gara e definiti nel contratto, secondo il corrispettivo e la tempistica
pattuiti».
L’opportunità di informare, attraverso la programmazione, il mercato e il territorio circa le
modalità di gestione di servizi di rilievo è particolarmente evidente per un settore, come quello del PF,
nel quale è richiesto l’intervento del capitale privato e sono delegate all’affidatario la gestione e (in parte)
la configurazione del servizio.
Il Codice prevede che per i lavori di importo inferiore a un milione di euro venga incluso nel
piano annuale almeno uno studio di fattibilità, mentre per quelli di importo superiore almeno il
progetto preliminare. Per i lavori di manutenzione e per quelli affidati con PF il Codice prevede il solo
studio di fattibilità (art. 128, comma 6 e art. 153, comma 2). La ratio della previsione è da rintracciare
nella maggiore libertà di iniziativa economica che è lasciata al privato nell’adozione dello specifico
strumento del PF; tuttavia, ciò può ripercuotersi sulla fattibilità del progetto stesso. Infatti, specie per gli
interventi più complessi, la fase di approvazione del progetto preliminare e di accettazione delle
modifiche progettuali da parte del promotore può richiedere tempi lunghi e ciò può determinare un
mutamento sostanziale del quadro economico su cui si era basata l’offerta preliminare e, quindi, la
manifestazione di interesse da parte degli istituti finanziatori.
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In ogni caso, al fine di accelerare le procedure di aggiudicazione del PF, che possono risultare
rallentate a causa delle difficoltà sopra menzionate, il d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 ha introdotto importanti modifiche per quanto riguarda
la conferenza di servizi preliminare e i requisiti per la predisposizione degli studi di fattibilità nel PF.
In particolare, il comma 1, attraverso l’introduzione del comma 1-bis nell’art. 14-bis della legge
7 agosto 1990, n. 241, ha reso obbligatorio per le pubbliche amministrazioni indire una conferenza
preliminare di servizi con il compito di esprimersi sulla base dello studio di fattibilità, specificando che
le decisioni assunte in tale sede sono vincolanti per le stesse, potendo essere modificate nelle successive
fasi procedurali solo in presenza di elementi nuovi e rilevanti. L’istituto della conferenza preliminare di
servizi possiede la duplice finalità di attuare un coinvolgimento maggiore degli investitori privati nella
realizzazione delle opere pubbliche, nonché di semplificare l’azione amministrativa mediante il
coordinamento tra i vari enti interessati al fine di comporre gli interessi coinvolti, talora confliggenti.
Sarebbe, infatti, auspicabile, al fine di ridurre i tempi per la realizzazione del progetto, che
l’amministrazione riuscisse a garantire l’acquisizione di tutte le necessarie autorizzazioni, pareri e atti di
assenso comunque denominati entro la fase di aggiudicazione, ciò è peraltro previsto nel disegno di
legge delega per il recepimento delle direttive europee.
Il legislatore, compresa l’importanza di porre a base del progetto un articolato e dettagliato
studio di fattibilità, con il comma 2-bis dell’art. 153 del Codice ha potenziato tale strumento,
affidandone la redazione al personale interno all’amministrazione solo a condizione che possegga i
necessari requisiti soggettivi di competenza tecnica per la sua predisposizione e prevedendo, in
mancanza di adeguate professionalità, l’affidamento a soggetti esterni, tramite procedura selettiva2.
I correttivi apportati alla fase di predisposizione dello studio di fattibilità non si sono spinti fino
a prevedere la necessità di una consultazione preventiva con i soggetti interessati dagli interventi che si
intende realizzare, nonostante in passato vi siano stati disegni e progetti di legge al riguardo. Troppo
spesso si assiste, infatti, all’opposizione di parte della popolazione alla realizzazione di interventi sul
territorio, dovuta anche alle carenze nel confronto con la stessa per la scelta degli interventi e delle
modalità di realizzazione. Ciò determina inevitabili ritardi, specie nella fase di esecuzione dei lavori, con
conseguenti lievitazione dei costi e del contenzioso. Tali fenomeni riguardano non solo la realizzazione
di importanti infrastrutture ma, in numerosi casi, interventi anche limitati, come la costruzione di un
parcheggio. La consultazione preventiva può rappresentare un modo per acquisire il contributo e il
punto di vista dei soggetti interessati dall’intervento in questione e per ridurre il rischio “politico”
rappresentato dai mutamenti che possono intervenire nel committente a seguito del cambio di
maggioranza per nuove elezioni. La consultazione pubblica, infatti, può essere idonea a scindere il
destino del singolo progetto da quello della maggioranza proponente, in quanto lo stesso è stato
valutato ed approvato dai soggetti interessati.
Indipendentemente dall’esplicita previsione di tale strumento nel riformato Codice dei contratti,
si osserva che attualmente non esiste alcuna norma ostativa allo svolgimento di una consultazione
preventiva in un momento che precede la definizione dello studio di fattibilità e, quindi, la
predisposizione dei documenti di programmazione. Tale consultazione potrebbe avvenire, ad esempio,
attraverso misure di informazione della popolazione interessata circa la natura degli interventi che si
intende eseguire (quali comunicati stampa, informativa a gruppi già organizzati, ecc.), nonché la
predisposizione di una pagina nel sito istituzionale del soggetto proponente volta, oltre ad informare,
anche a recepire eventuali commenti, istanze, ecc. Qualunque sia la modalità prescelta, si richiama
2 Per le modalità di selezione dei progettisti esterni si rimanda a quanto contenuto nella Determinazione 25 febbraio 2015, n. 4, «Linee guida per l’affidamento dei servizi attinenti all’architettura ed all’ingegneria».
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l’attenzione delle stazioni appaltanti sulla necessità che tale consultazione preventiva non si riduca ad
una comunicazione meramente formale ma garantisca un’effettiva partecipazione degli stakeholders e
della collettività interessata. A tal fine, occorre fornire ai soggetti coinvolti tutte le informazioni utili per
un effettivo confronto, nel rispetto della disciplina sull’accesso agli atti. È altresì importante motivare le
scelte effettuate, esplicitando le valutazioni compiute anche con riferimento a quanto rappresentato, in
sede di consultazione, dai soggetti interessati.
Al fine del contenimento dei tempi, sarebbe opportuno che questa forma di “débat public”
avvenga contestualmente, per quanto possibile, alla conferenza preliminare di servizi.
Lo studio di fattibilità che ne deriva, così messo a punto, svilupperà un potenziale idoneo a
formare un quadro globale, prevedere tutte le possibili interferenze e fornire soluzioni adeguate alla
realtà in cui il progetto si inserisce.
Al riguardo, si segnala che all’art. 1, comma 1, lettera ll) del disegno di legge delega per il
recepimento delle direttive europee è espressamente previsto tra i criteri di delega quello della garanzia
di trasparenza e di pubblicità degli atti nelle operazioni di Ppp. Occorrerà, quindi, verificare se saranno
introdotte dal legislatore interno forme obbligatorie di pubblicazione anche sul web di un dataset riferito
a ciascun contratto di Ppp, che comprenda le informazioni dalla fase di programmazione sino al
termine della gestione del contratto di concessione. Si tratta di una previsione di trasparenza che, oltre a
risponde alle esigenze informative e di confronto tipiche del débat public, ha ovvi ed importanti riflessi
in chiave di controllo dei costi e della qualità dell’opera nonché di prevenzione dei rischi di corruzione.
5. Lo studio di fattibilità
5.1 Introduzione
Nel Codice, all’art. 128, lo studio di fattibilità è descritto come strumento attuativo del
programma triennale, nel quale deve riportarsi l’analisi dello stato di fatto sotto i profili storico-artistici,
architettonici, paesaggistici, di sostenibilità ambientale, socio-economica, amministrativa e tecnica. Si
tratta, dunque, di uno strumento, avente i contenuti sia della pianificazione territoriale ed economica,
necessaria per la quantificazione dei lavori strumentali al soddisfacimento dei bisogni delle
amministrazioni aggiudicatrici, sia del documento preliminare alla progettazione, come elaborato da
porre a base di gara nei procedimenti di cui all’art. 153 del Codice. Lo studio di fattibilità deve essere
dunque in grado di trasformare l’iniziale idea-progetto in una specifica ipotesi di intervento, attraverso
l’identificazione, la specificazione e la comparazione, ove possibile, di più alternative atte a cogliere
modalità diverse di realizzazione dell’idea originaria e consentire all’amministrazione competente di
attuare una scelta motivata. Allo stesso tempo deve anche avere contenuti sufficienti a poter indire una
gara d’appalto e, quindi, poter prevedere nel bando i requisiti di partecipazione e l’importo
dell’investimento. Nel disegno di legge delega per il recepimento delle direttive europee in materia di
appalti e concessioni è indicato, tra i criteri di delega, che lo studio di fattibilità, pur continuando a
rappresentare il documento posto a base di gara, debba possedere un livello di approfondimento e di
dettaglio maggiori rispetto a quanto previsto con la normativa vigente. In particolare lo studio di
fattibilità deve contenere elementi idonei a verificare i livelli di bancabilità dell’opera; tale verifica deve
essere effettivamente eseguita dall’amministrazione al fine di porre a gara progetti con accertata
copertura finanziaria. Ciò al fine di ridurre il rischio di mancata aggiudicazione della gara, molto spesso
derivante dalla difficoltà di finanziamento dell’opera, nonché di contenere i tempi per la realizzazione
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del progetto, molto spesso procrastinati dal lungo intervallo intercorrente tra il momento iniziale della
programmazione degli interventi e quello del closing finanziario.
Appare evidente, quindi, il ruolo sostanziale che viene ad assumere lo studio di fattibilità e la
necessità di individuarne chiaramente i contenuti minimi indefettibili, in relazione alla duplice funzione
ad esso assegnata.
Al fine di redigere una programmazione coerente con le effettive necessità della comunità, in
una prima fase, è necessario prevedere la raccolta di tutti gli elementi occorrenti per la formazione di un
quadro completo dei bisogni e delle esigenze della collettività. In tale ottica, invero, l’art. 11 del
Regolamento non dà indicazioni specifiche. In ogni caso, dovranno essere valutati dall’amministrazione
e per essa dal Responsabile del Procedimento tre profili:
a) la domanda da soddisfare per la collettività di riferimento e le opportunità in atto, individuando
standard qualitativi e quantitativi prestazionali dei servizi richiesti, che siano oggettivi e
misurabili;
b) i piani e le strategie proprie dell’amministrazione o di altri enti interessati o sovraordinati;
c) gli obblighi derivanti dalla normativa nazionale e comunitaria.
La quantificazione della domanda deve considerare, oltre alle esigenze del bacino potenziale di
utenza, anche le specifiche soluzioni tecnologiche e finanziarie prospettate. L’identificazione della
domanda non può essere generica, ma deve basarsi su parametri facilmente identificabili e misurabili.
Ciò anche perché l’individuazione corretta della domanda potenziale rappresenta un elemento
fondamentale per la determinazione dei costi e dei possibili rendimenti dell’investimento e, quindi, per
la definizione del piano economico e finanziario. È chiaro, ad esempio, che un’eventuale richiesta di
rivisitazione del piano economico e finanziario (e, quindi, delle tariffe all’utenza), motivata con
modifiche non previste e non preventivabili della domanda finale, dovrà necessariamente basarsi su
indicatori identificabili e misurabili già presenti nei documenti di gara.
Come evidenziato nel paragrafo precedente, l’individuazione e la quantificazione della domanda
da soddisfare dovrebbe giovarsi di forme di partecipazione, del tipo del débat public francese.
La conferenza di servizi obbligatoria, di cui al richiamato comma 1-bis dell’art. 14-bis della legge
7 agosto 1990, n. 241, è finalizzata a vincolare le amministrazioni a definire i propri fabbisogni e a
presentare al mercato proposte chiare, offrendo soluzioni che ricomprendano anche eventuali opere
compensative che si rendano necessarie a mitigare l’impatto ambientale, territoriale e sociale.
Lo studio di fattibilità ha, quindi, lo scopo di trasformare un’iniziale idea-progetto in una
specifica ipotesi di intervento identificando, specificando e comparando più alternative con la funzione
di individuare modalità diverse di soddisfazione del bisogno e di realizzazione dell’idea originale.
5.2 La scelta del modello di realizzazione dell’intervento: partenariato pubblico e privato o
appalto
La realizzazione delle infrastrutture può avvenire o mediante la formula dell’appalto con risorse
totalmente a carico dell’amministrazione, o mediante una delle formule di Ppp (ex art. 3, comma 15-ter).
A tal fine si rende necessario valutare, da parte delle amministrazioni pubbliche, se sia conveniente
procedere ad una forma di partenariato con il privato oppure, diversamente, ricorrere ad un contratto di
appalto più tradizionale. Tale analisi va effettuata in modo differenziato in rapporto alle caratteristiche e
dimensioni dell’intervento che si prevede debba essere realizzato ed alle risorse economiche disponibili.
In particolare, si dovrà tener conto almeno dei seguenti aspetti:
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i. la presenza di un quadro normativo e regolatorio compatibile con l’intervento;
ii. l’esistenza di rischi trasferibili al soggetto privato;
iii. la capacità organizzativa e la presenza del know how della pubblica amministrazione per
intraprendere un’operazione di Ppp;
iv. la possibilità di praticare un sistema di pagamenti da legare a prefissati livelli quantitativi e
qualitativi in sede di gestione;
v. la tariffabilità dei servizi da erogare e la verifica del consenso della collettività a pagare tali
servizi.
Un tale controllo potrebbe fornire elementi direttamente utilizzabili nell’elaborazione del bando
di gara in ordine, segnatamente, alle più consone modalità di scelta del partner privato. La verifica della
praticabilità del Ppp va effettuata quando sono disponibili alcune informazioni sulle alternative per la
realizzazione delle idee-progetto, ma in ogni caso prima della conclusione dello studio di fattibilità
poiché, ad esempio, un esito non favorevole al Ppp potrebbe comportare anche la rinuncia al progetto.
Tutto ciò presuppone che:
a) le procedure di aggiudicazione siano regolate attraverso meccanismi concorrenziali e
competitivi;
b) i rischi connessi alla costruzione e gestione dell’opera siano chiaramente identificati, valutati e
posti in capo al soggetto più in grado di farsene carico;
c) la corretta quantificazione dei costi connessi ai rischi da allocare riduca le asimmetrie
informative attribuendo maggiore consapevolezza all’amministrazione.
L’amministrazione dovrebbe trovare conveniente effettuare un determinato progetto mediante
uno schema di Ppp e non tramite un tradizionale schema di appalto solo quando il rendimento atteso
per l’intera società è positivo. Il value for money dei Ppp rappresenta il beneficio in termini finanziari
derivante per la pubblica amministrazione dal ricorso a tale tipo di operazione. A tal fine occorre
valutare, oltre al costo di investimento per la realizzazione di un determinato progetto, anche il costo
totale dell’opera nel corso di tutta la sua vita utile prendendo in considerazione i costi di manutenzione
e gestione nonché le diverse tipologie di rischi associati al progetto che possono tradursi in elementi di
costo.
Una corretta valutazione dei rischi è compiuta attraverso l’elaborazione di una matrice dei rischi.
Si tratta di definire se l’ottimale allocazione del rischio specifico debba essere in capo al soggetto
pubblico o privato o se non sia piuttosto opportuno considerare altre forme di gestione condivisa. È
chiaro che più dettagliata sarà la matrice, minori si riveleranno le possibilità di trascurare alcuni aspetti
dell’operazione. Al fine della costruzione della matrice dei rischi, si dovrebbero considerare i seguenti
aspetti:
a) identificazione del rischio, ovvero l’individuazione di tutti quegli elementi che potrebbero
costituire un rischio nella fase di progettazione, di costruzione dell’infrastruttura o di
gestione3;
b) risk assessment, ovvero la valutazione della probabilità del verificarsi di un evento associato ad
un rischio e dei costi che ne possono derivare. È importante definire anche il momento in
cui l’evento negativo si potrebbe verificare;
c) risk management, individuazione dei meccanismi che permettono di minimizzare gli effetti
derivanti da un evento. Nei progetti di Ppp la gestione ottimale del rischio, per quanto già
detto, consiste nell’allocazione in capo al soggetto che è in grado di sopportarlo meglio.
3 Per un’analisi dettagliata dei possibili rischi si rimanda al paragrafo 3.1.
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Esempio di possibile matrice dei rischi
Tipo di rischio
Probabilità
del
verificarsi
del rischio
Costi
associati al
verificarsi
del rischio
Possibilità di
mitigazione del
rischio se
trasferito al
privato
Strumenti per la
mitigazione del
rischio
Rischio a
carico del
pubblico (%)
Rischio a
carico del
privato (%)
normativo
amministrativo
di progettazione
di costruzione
di finanziamento
di mercato
di gestione
di manutenzione
da causa di forza
maggiore
Nella tabella è riportato un possibile schema di matrice dei rischi. Nella prima colonna sono
indicate alcune tipologie di rischio che si possono affrontare nell’arco di vita del progetto. Nella
seconda e nella terza la probabilità del verificarsi dell’evento e le relative conseguenze in termini di costi
(e di tempo/ritardi di realizzazione dell’opera e della sua fruizione). Nella quarta colonna è indicata la
possibilità di mitigazione del rischio nel caso di trasferimento dello stesso al privato; appare evidente
che la risposta contenuta nella colonna (ad esempio, bassa, media, alta) dovrebbe essere correlata con la
percentuale di trattenimento del rischio da parte del pubblico (colonna 6) e quella trasferita al privato
(colonna 7). Nella quinta colonna sono indicati gli strumenti reputati maggiormente utili per la
mitigazione del rischio.
La matrice dei rischi potrebbe essere maggiormente dettagliata, ad esempio, prevedendo a quale
dei soggetti che intervengono nell’opera sia trasferito il rischio (ente affidante, costruttore, gestore, Spv,
banca, assicuratore, ecc.).
Uno dei metodi più diffusi, ma non l’unico, per misurare l’entità del value for money è quello del
public sector comparator (Psc)4. Questo modello di valutazione si basa sul confronto del valore attuale netto
dei costi e dei ricavi generati nelle due diverse soluzioni di appalto/concessione. La differenza fra i
valori riportati, rappresenta la misura del value for money espresso in termini di risparmio sui costi di
un’alternativa rispetto all’altra.
In termini tecnici, il Psc può essere definito come un ipotetico costo, aggiustato con una
componente di rischio nel caso in cui un’opera infrastrutturale sia finanziata e gestita da
un’amministrazione pubblica. Secondo la tecnica Psc, il vero costo di realizzazione dell’opera per il
soggetto pubblico è dato dal valore attuale netto dei costi (VANc) sommato al valore attuale netto dei
rischi (VANr).
Per calcolare il Psc è necessaria una completa attività di quantificazione dei diversi flussi di cassa
relativi all’intero ciclo della costruzione e gestione di una infrastruttura. Il calcolo del Psc è effettuato
attraverso la misurazione di varie componenti:
4 Per un’analisi completa per l’applicazione dello strumento del public sector comparator si rimanda allo studio effettuato dall’Autorità, insieme alla Unità Tecnica Finanza di Progetto, ha pubblicato nel settembre del 2009 relativo a: “Analisi delle tecniche di valutazione per la scelta del modello di realizzazione dell’intervento: il metodo del Public Sector Comparator e l’analisi del valore”, disponibile al seguente link: http://www.avcp.it/portal/public/classic/Comunicazione/Pubblicazioni/StudiRicerche/_PSC/
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- il Psc base (raw Psc) che include il costo del capitale ed i costi operativi, sia diretti che indiretti,
associati alla costruzione, alla manutenzione e alla gestione dell’infrastruttura;
- la neutralità competitiva che consiste nella rimozione di qualsiasi vantaggio competitivo che
l’amministrazione possa conseguire nella costruzione e gestione di un’infrastruttura attraverso
un appalto tradizionale;
- il rischio trasferibile che è il rischio associato ad una serie di eventi che influenzano la
costruzione e la gestione di un’opera;
- il rischio trattenuto che è il rischio che non può essere trasferito al soggetto privato e che,
quindi, rimarrebbe in ogni caso in capo al soggetto pubblico. Un esempio di rischio trattenuto
può essere costituito dalle eventuali modifiche legislative che abbiano ricadute sull’esecuzione e
gestione dell’opera.
Il Psc risulta, pertanto, come somma delle suddette componenti:
Psc= Psc base + neutralità competitiva + rischio trasferibile + rischio trattenuto
Il Psc può essere utilizzato sia nella fase iniziale, in cui l’Amministrazione dovrà decidere se
realizzare un’opera in PF o attraverso un appalto tradizionale, sia nelle fasi più a valle dove le offerte di
operatori privati dovranno essere concretamente valutate. Nel primo caso il Psc viene calcolato
nell’ambito dello studio di fattibilità per alimentare il processo decisionale pubblico. Nel secondo caso il
Psc può essere utilizzato per confrontare le offerte presentate dai soggetti privati o valutare ex post la
convenienza complessiva dell’operazione.
Una volta valutati i rischi e definiti i costi, con le modalità sopra specificate, occorrerà
determinare il vero costo di realizzazione dell’opera per il soggetto pubblico, secondo la formula valore
attuale netto dei costi (VANc) + valore attuale netto dei rischi (VANr). Tale valore dovrà essere
confrontato con il VAN dei costi e rischi ottenibile del soggetto privato. Solo se il privato è in grado di
minimizzare i rischi trasferiti dal soggetto pubblico, per esempio tramite il rispetto del budget di
costruzione, dei tempi di realizzazione, dei costi di manutenzione, l’amministrazione conseguirà il c.d.
value for money ovvero avrà realizzato un’operazione con efficienza, efficacia e risparmio di risorse
pubbliche.
5.3 Il contenuto dello studio di fattibilità
La definizione in concreto del contenuto dello studio di fattibilità va ricercata nel bilanciamento
di due esigenze contrapposte: avere uno studio di fattibilità affidabile e completo, garantendo ai
concorrenti la possibilità di apportare modifiche alla soluzione indicata nello studio stesso.
La disciplina analitica relativa ai contenuti dello studio di fattibilità, specie per i lavori, è
contenuta nell’art. 14 del Regolamento. Per quanto riguarda i servizi, ai sensi dell’art. 278 del
Regolamento, lo studio di fattibilità da presentare a corredo delle proposte dei privati deve permettere
alle amministrazioni aggiudicatrici, una valutazione sotto il profilo della funzionalità, della fruibilità del
servizio, dell’accessibilità al pubblico, del rendimento, del costo di gestione e di manutenzione, della
durata della concessione, delle tariffe da applicare, della metodologia di aggiornamento delle stesse, del
valore economico del piano e del contenuto della bozza di convenzione, nonché l’assenza di elementi
ostativi alla loro realizzazione.
L’art. 14 del Regolamento si compone di due commi, di cui il primo contiene disposizioni di
carattere generale sul contenuto dello studio di fattibilità, mentre il secondo disposizioni specifiche per
gli studi di fattibilità da porre a base di gara per il dialogo competitivo e il PF.
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Il comma 1 dell’art. 14 del Regolamento prevede che lo studio di fattibilità, ai fini della
programmazione, si componga di una relazione illustrativa contenente:
a) le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali, economico-finanziarie dei lavori da realizzare;
b) l’analisi delle possibili alternative rispetto alla soluzione realizzativa individuata;
c) la verifica della possibilità di realizzazione mediante i contratti di Ppp;
d) l’analisi dello stato di fatto, nelle sue eventuali componenti architettoniche, geologiche, socio-
economiche, amministrative;
e) la descrizione, ai fini della valutazione preventiva della sostenibilità ambientale e della
compatibilità paesaggistica dell’intervento, dei requisiti dell’opera da progettare, delle
caratteristiche e dei collegamenti con il contesto nel quale l’intervento si inserisce, con
particolare riferimento alla verifica dei vincoli ambientali, storici, archeologici, paesaggistici
interferenti sulle aree o sugli immobili interessati dall’intervento, nonché l’individuazione delle
misure idonee a salvaguardare la tutela ambientale e i valori culturali e paesaggistici.
Quando a seguito dell’approvazione dello studio di fattibilità di cui al comma 1, sia accertata,
sulla base delle analisi descritte nel punto precedente, la convenienza di affidare la realizzazione del
progetto tramite lo strumento del PF, lo studio di fattibilità da porre a base di gara, ai sensi del
successivo comma 2, salva diversa motivata determinazione del responsabile del procedimento, si
compone dei seguenti elaborati5:
a) relazione illustrativa generale contenente:
1. l’inquadramento territoriale e socio-economico dell’area oggetto dell’intervento:
1.1. corografia, stralcio del piano regolatore generale comunale, verifica della compatibilità con gli
strumenti urbanistici;
1.2. analisi dell’impatto socio-economico con riferimento al contesto produttivo e commerciale
esistenti.
La relazione dovrebbe, cioè, contenere una descrizione dettagliata e puntuale dell’opera che si
intende realizzare, eventualmente accompagnata da immagini relative allo stato del territorio e ad opere
simili che si prendono a riferimento. Inoltre, dovrebbero essere spiegate le ragioni alla base
dell’intervento, da contestualizzare con l’ambiente socio-economico in cui lo stesso si inserirà.
2. l’analisi della domanda e dell’offerta attuale e di previsione con riferimento:
2.1. al bacino d’utenza;
2.2. alla stima dei bisogni dell’utenza mediante utilizzo di parametri fisici riferiti alla specifica
tipologia dell’intervento, quali i flussi di traffico e il numero di accessi;
2.3. all’individuazione, in termini quantitativi e di gradimento, dell’offerta attuale e di quella prevista
nei medesimi settori di intervento.
L’analisi della domanda prevede la determinazione del numero di utenti presumibilmente
interessato all’opera, mediante ipotesi, informazioni, dati statistici (quali quelli relativi ai flussi di traffico
e numero previsto di accessi) e indagini conoscitive su campioni significativi. Accanto all’analisi della
5 La normativa non prevede distinzioni in merito al contenuto dello studio di fattibilità per dimensioni del progetto, con ciò intendendo che lo studio di fattibilità da porre a base di gara debba necessariamente contenere tutti gli elementi indicati nel citato comma 2, indipendentemente dal valore dell’opera. Nelle «Linee guida per la realizzazione di studi di fattibilità», di gennaio 2013, ITACA ha suggerito che considerando «che gli studi redatti con finalità programmatiche ordinarie … possano costituire il livello semplificato e che necessariamente quelli posti a base di gara debbano seguire i disposti del comma 2 (livello completo), a livello regionale potrebbe essere interessante introdurre una fascia intermedia (livello sintetico), più analitica del livello base ma meno descrittiva dello studio di fattibilità competo, ad esempio nel caso di ricorso a contributo regionale» o per i progetti di importo contenuto.
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domanda occorre effettuare anche un’analisi dell’offerta, consistente nel verificare se la domanda
individuata è già soddisfatta o potrebbe esserlo, in un futuro prossimo, con strumenti alternativi.
3. l’analisi delle alternative progettuali:
3.1. individuazione delle alternative progettuali dal punto di vista delle scelte tecnologiche,
organizzative e finanziarie;
3.2. matrice delle alternative progettuali.
Occorre, in questa sede, creare un quadro chiaro delle possibili soluzioni alternative che ne
approfondisca i punti di forza e di debolezza. Le differenti soluzioni possono essere valutate alla luce di
vari profili: localizzazione, caratterizzazione e tipologia dell’opera. Le alternative vanno valutate sulla
base di criteri oggettivi e tra di esse può essere annoverata anche l’alternativa zero da intendersi però
non come un “non fare” quanto come la possibilità di adottare una soluzione conservativa, di
miglioramento su interventi preesistenti6. Le diverse alternative devono essere rappresentate in una
matrice, nella quale siano descritti i punti di forza e di debolezza delle stesse.
4. lo studio dell’impatto ambientale riferito alla soluzione progettuale individuata e alle possibili
soluzioni alternative:
4.1. analisi sommaria degli aspetti geologici, geotecnici, idraulici, idrogeologici, desunti dalle
cartografie disponibili o da interventi già realizzati ricadenti nella zona;
4.2. verifica dei vincoli ambientali, storici, archeologici, paesaggistici interferenti sulle aree o sugli
immobili interessati dall’intervento.
Occorre descrivere il possibile impatto derivante dalla realizzazione dell’opera con il paesaggio e
con l’ambiente, le risorse naturali, la qualità della vita. Bisogna, inoltre, individuare i potenziali effetti e i
rischi ambientali dell’intervento, indicando le eventuali contromisure necessarie per annullarli o
mitigarne la portata, individuandone i relativi costi.
b) relazione tecnica contenente:
1. le caratteristiche funzionali e tecniche dei lavori da realizzare;
Ai fini della predisposizione della relazione tecnica, bisogna acquisire tutte le informazioni
necessarie per identificare le attività e le funzioni da insediare, badando alle caratteristiche dimensionali
e volumetriche degli spazi da utilizzare, nonché alle caratteristiche funzionali e tecniche per rendere
ottimale l’uso della struttura. In sostanza, in questa fase bisogna partire necessariamente dai fabbisogni
che si vuole soddisfare e verificare se l’intervento previsto riesce a garantirli. Ad esempio, occorre
verificare se determinati ambienti che ci si propone di realizzare siano sufficienti a garantire l’accesso e
l’usufruibilità dei servizi da parte degli utenti.
2. descrizione, ai fini della valutazione preventiva della sostenibilità ambientale e della compatibilità
paesaggistica dell’intervento, dei requisiti dell’opera da progettare, delle caratteristiche e dei
collegamenti con il contesto nel quale l’intervento si inserisce nonché delle misure idonee a
salvaguardare la tutela ambientale ed i valori culturali e paesaggistici.
Lo studio di fattibilità deve contenere documenti utili alla possibilità di adeguare la
conformazione fisica dell’intervento alla collocazione spaziale tenendo conto di eventuali vincoli che ne
possano condizionare la realizzazione o il funzionamento. In particolare, dovranno essere evidenziati in
dettaglio tutti quegli elementi che, da un punto di vista tecnico, possono determinare vincoli o
mutamenti alla realizzazione dell’opera, legati alla tutela ambientale, al rispetto di vincoli culturali e
6 La soluzione di non procedere con l’intervento non dovrebbe costituire una reale alternativa in questa fase, trattandosi della documentazione da porre a base di gara e, quindi, avendo già superato lo scrutinio della fase di programmazione, circa l’utilità dell’intervento.
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paesaggistici, nonché alla presenza di eventuali interferenze. Ciò anche al fine di evitare che nella fase di
esecuzione dell’opera si debba procedere alla realizzazione di varianti.
3. analisi sommaria delle tecniche costruttive e indicazione delle norme tecniche da applicare.
4. cronoprogramma.
Il cronoprogramma si riferisce alla fase realizzativa dell’intervento. Qualora l’amministrazione
intenda riconoscere la facoltà di cui all’art. 143, comma 4, del Codice, ovvero la gestione economica di
stralci funzionali, anche anticipata rispetto alla conclusione dell’insieme dei lavori, il cronoprogramma
dovrà dettagliare anche i tempi previsti per la realizzazione delle singole parti.
5. stima sommaria dell’intervento secondo le modalità di cui all’art. 22, comma 17, del Regolamento
con l’individuazione delle categorie di cui all’allegato A e dei relativi importi, determinati mediante
l’applicazione delle quote di incidenza delle corrispondenti lavorazioni rispetto al costo
complessivo.
Il Regolamento prevede come regola generale l’applicazione dei costi standardizzati per i lavori
ai fini del calcolo dei costi dell’intervento. In assenza di tali costi standardizzati si potrà fare riferimento
ad interventi analoghi realizzati o ad un computo metrico estimativo. Si tratta, naturalmente, di stime di
massima, in quanto ci si trova ancora in una fase di studio di fattibilità dell’intervento; tuttavia, tali
stime, insieme a quelle presenti nell’elaborato tecnico-economico, sono fondamentali per valutare la
realizzabilità dell’opera.
c) elaborati progettuali stabiliti dal responsabile del procedimento tra quelli previsti
dall’articolo 21;
Il Rup, laddove lo ritenga opportuno, può stabilire di includere nello studio di fattibilità ulteriori
elaborati progettuali, individuati tra quelli indicati all’art. 21 per il progetto preliminare.
d) elaborato tecnico-economico contenente:
1. la verifica della possibilità di realizzazione mediante concessione rispetto all’appalto.
La relazione tecnico-economica deve contenere innanzitutto gli elementi per i quali si ritiene
opportuno procedere con una concessione. Si tratta degli elementi già esaminati per l’utilizzo, ad
esempio, dello strumento del Psc.
2. analisi della fattibilità finanziaria (costi e ricavi) con riferimento alla fase di costruzione e, nel caso di
concessione, alla fase di gestione.
In questa parte deve essere effettuata un’analisi dei flussi di spesa e di entrata sia per la fase di
costruzione che per quella di gestione. Si tratta di valutare elementi di costo (che si sostengono
soprattutto nella fase di costruzione dell’opera e per la relativa manutenzione) e di ricavo (che si
realizzano quando la fase di costruzione è terminata e comincia la gestione dell’opera). L’orizzonte
temporale di riferimento diventa un fattore decisivo per calcolare la sostenibilità finanziaria di un’opera,
così come il tasso di sconto utilizzato per attualizzare i flussi di costo e di ricavo futuri. In questa fase si
deve effettuare un’analisi dei rischi nel tempo, considerando le diverse alternative progettuali, attraverso
la matrice dei rischi. La matrice dei rischi, come già evidenziato, deve evidenziare la tipologia del rischio
e la relativa allocazione: concedente, partner privato o entrambi. Si ricorda che una corretta stima dei
costi e dei ricavi, oltre a rappresentare un elemento essenziale per la corretta allocazione dei rischi,
rappresenta un elemento fondamentale per la bancabilità dell’opera.
7 L’articolo 22, comma 1, del Regolamento prevede che: «Il calcolo sommario della spesa è effettuato, per quanto concerne le opere o i lavori, applicando alle quantità caratteristiche degli stessi, i corrispondenti prezzi parametrici dedotti dai costi standardizzati determinati dall'Osservatorio. In assenza di costi standardizzati, applicando parametri desunti da interventi similari realizzati, ovvero redigendo un computo metrico estimativo di massima».
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3. analisi della fattibilità economica e sociale (analisi costi-benefici).
L’analisi della fattibilità economica e sociale di un’opera pubblica ha lo scopo di verificarne il
grado di utilità per la collettività. Quest’analisi differisce dalla precedente in quanto devono anche essere
considerati i benefici e i costi (non monetari) dell’intervento. È l’esempio di un’opera di difesa idraulica
il cui prodotto caratteristico è la riduzione dei rischio idraulico, ovvero il cui beneficio per la collettività
è rappresentato, non tanto da un ricavo immediato, quanto dalla riduzione di un rischio e, quindi, di
possibili oneri futuri. In questo caso, per la sostenibilità finanziaria dell’opera, occorre verificare come
viene remunerato il concessionario. È chiaro che l’analisi di fattibilità economica e sociale riguarda
maggiormente le ragioni dell’intervento, mentre l’analisi di fattibilità finanziaria attiene di più alla
realizzabilità dello stesso tramite gli strumenti di partenariato.
4. schema di sistema tariffario, nel caso di concessione.
Questo schema è chiaramente essenziale per definire i flussi di ricavo per il concessionario. È
altresì importante per l’accessibilità dell’opera da parte dell’utenza. Ad esempio, prevedere tariffe elevate
per gli utenti può ridurne l’appetibilità per gli stessi e, quindi, non permettere che si determinino quei
flussi di ricavo necessari per garantire la fattibilità finanziaria dell’opera, nonché ridurre i benefici attesi
dalla stessa.
5. elementi essenziali dello schema di contratto.
Come rappresentato in seguito e in maggiore dettaglio, il contratto rappresenta un documento
fondamentale per il PF, in quanto destinato a regolare i rapporti di lungo periodo tra tutti i soggetti
partecipanti. La conoscenza dei principali diritti e obblighi del rapporto concessionario, già in fase di
gara, permette di formulare con maggior cognizione la propria offerta.
5.4 L’affidamento dello studio di fattibilità ed i relativi corrispettivi
Lo studio di fattibilità deve essere, di norma, redatto dagli Uffici Tecnici delle amministrazioni
aggiudicatici; ai sensi del comma 2-bis dell’art. 153, in carenza di organico altamente qualificato, la
redazione di tutto o parte dello studio di fattibilità può essere affidata a soggetti esterni
all’amministrazione.
In alternativa, anche sulla base delle modalità con cui saranno recepite le direttive europee in
materia di appalti e concessioni che potrebbero prevedere, tra l’altro, lo strumento delle committenze
ausiliarie, le amministrazioni potranno far ricorso a soggetti di supporto, unità tecniche di riferimento
che si occupano di programmazione e gestione degli interventi, strutturazione delle gare, monitoraggio
dei contratti, interne alla Pubblica Amministrazione.
Per la selezione del soggetto, singolo o plurimo, da incaricare per l’elaborazione dello studio di
fattibilità, il responsabile del procedimento provvede a specificare nel bando tutte le prestazioni
richieste per assicurare la interdisciplinarietà e l’integrazione delle competenze. Considerato il generico
rinvio alle procedure previste dal Codice, le procedure di affidamento possono riguardare servizi di
ricerca o affini, rientranti nell’Allegato II A del Codice, o, spesso, servizi di progettazione, di cui all’art.
91 del Codice stesso. Si tratta di un incarico cui afferiscono diverse tipologie di servizi: il bando per
l’affidamento dovrà, quindi, indicare la qualificazione necessaria per le diverse prestazioni.
In merito al corrispettivo da porre a base di gara l’allegato Z2 del d.m. 31 ottobre 2013, n. 143,
«Regolamento recante determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di
affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all’architettura ed all’ingegneria», prevede ora i
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corrispettivi per i diversi servizi rientranti nella parte di progettazione degli studi di fattibilità8. Le
amministrazioni, oltre ad utilizzare tali corrispettivi nella determinazione del prezzo a base di gara, sono
tenute ad esplicitare le modalità di calcolo al fine di garantire la massima trasparenza.
6. Le modalità di svolgimento della procedura a gara unica (commi 1-14)
6.1 La scelta della procedura di aggiudicazione
Il comma 1 dell’art. 153 indica che, in alternativa alle procedure previste per il rilascio delle
concessioni, nel caso del PF si possa seguire una procedura quale quella descritta nei commi 1-14 del
medesimo articolo9.
Si ritiene, tuttavia, opportuno che le stazioni appaltanti valutino la possibilità di ancorare
l’affidamento del PF a gara unica alle procedure standard presenti nel Codice, anche al fine di evitare il
possibile insorgere di contenzioso. Il punto di riferimento obbligato, sembra allora, per analogia, quanto
previsto dall’art. 144 del Codice in materia di concessione di lavori, nonché dall’art. 58, comma 15, del
Codice in materia di dialogo competitivo.
L’art. 144 del Codice, prevede come procedura di aggiudicazione la procedura aperta o quella
ristretta. Si ricorda, inoltre, che ai sensi dell’art. 55, comma 2, del Codice, le amministrazioni
aggiudicatrici utilizzano di preferenza la procedura ristretta quando il contratto non ha ad oggetto la
sola esecuzione, o quando il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più
vantaggiosa, così come previsto per la concessione di lavori. L’art. 58, comma 15 del Codice prevede,
inoltre, che la procedura del dialogo competitivo possa concludersi con l’affidamento di una
concessione di lavori. Si ricorda che, ai sensi dell’art. 58, comma 1, del Codice, «il ricorso al dialogo
competitivo per lavori è consentito previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici».
Recentemente, con il d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9
agosto 2013, n. 98 è stato introdotto il comma 3-bis all’art. 144, che introduce una forma “ibrida” di
dialogo competitivo. In sostanza, è previsto che: «Per le concessioni da affidarsi con la procedura
ristretta, nel bando può essere previsto che l'amministrazione aggiudicatrice possa indire, prima della
scadenza del termine di presentazione delle offerte, una consultazione preliminare con gli operatori
economici invitati a presentare le offerte, al fine di verificare l'insussistenza di criticità del progetto
posto a base di gara sotto il profilo della finanziabilità, e possa provvedere, a seguito della
consultazione, ad adeguare gli atti di gara aggiornando il termine di presentazione delle offerte, che non
può essere inferiore a trenta giorni decorrenti dalla relativa comunicazione agli interessati. Non può
essere oggetto di consultazione l'importo delle misure di defiscalizzazione di cui all'art. 18 della legge 12
novembre 2011, n. 183, e all'art. 33 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con
modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, nonché l'importo dei contributi pubblici, ove
previsti».
8 Anche per il calcolo delle tariffe da porre a base di gara si rinvia alla già citata Determinazione n.4 del 25 febbraio 2015, «Linee guida per l’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria». 9 L’apertura presente nel comma citato appare coerente con quanto previsto dalla nuova Direttiva 2014/23/UE, laddove all’art. 30 «sull’aggiudicazione dei contratti di concessione» non prevede alcuna procedura specifica per l’aggiudicazione; ciò poiché: «Di norma le concessioni sono accordi complessi di lunga durata con i quali il concessionario assume responsabilità e rischi tradizionalmente assunti dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori e rientranti di norma nell’ambito di competenza di queste ultime. Per tale ragione, fatta salva l’osservanza della presente direttiva e dei princip i di trasparenza e di parità di trattamento, dovrebbe essere lasciata alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori un’ampia flessibilità nel definire e organizzare la procedura di selezione del concessionario» (Considerando 68).
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L’Autorità, con l’Atto di segnalazione n. 2 del 4 luglio 2013, recante «Osservazioni e proposte di
intervento in materia di appalti pubblici», non ha condiviso la scelta di introdurre una nuova procedura
di aggiudicazione, quale quella contenuta nel novellato comma 3-bis, considerato che il dialogo
competitivo è già utilizzabile per l’affidamento della concessione di lavori.
Le possibili procedure di gara sono, dunque, le seguenti10:
Procedura aperta Procedura ristretta Dialogo competitivo
Possibilità di limitare
il numero di
partecipanti
Non è consentita né la
prequalificazione né la
preselezione. Tutte le
imprese interessate
possono partecipare.
Possibilità prevista
dall’art. 62 del Codice.
Almeno 20 partecipanti
per appalti di lavori
superiori a 40 milioni di
euro, non meno di 10
negli altri casi. Prevista
prequalificazione e pre-
selezione.
Possibilità prevista
dall’art. 62 del Codice.
Prevista prequalificazio-
ne e preselezione.
Possibilità di ridurre il
numero di partecipanti
durante la procedura,
purché vi sia un
numero sufficiente di
soluzioni o di candidati
idonei nella fase finale.
Discussioni durante
la procedura di gara
Non è consentito
modificare il capitolato
in fase di gara, né
negoziare con i
partecipanti o avviare
con essi un dialogo.
Sono permessi chiari-
menti.
Ai sensi dell’art. 144,
comma 3-bis, del
Codice, il bando può
prevedere l’avvio di una
consultazione prelimi-
nare, prima della sca-
denza del termine per
l’invio delle offerte. Al
termine della consulta-
zione gli atti della gara
sono adeguati e riparte
il termine per la presen-
tazione delle offerte.
È previsto il dialogo
con i partecipanti per
individuare e definire i
mezzi più idonei a
soddisfare le esigenze
della stazione appaltan-
te. Concluso il dialogo,
i partecipanti sono
invitati a presentare
offerte sulla soluzione
raggiunta.
Discussioni successi-
ve alla presentazione
dell’offerta definitiva
Non sono consentite
negoziazioni con i
partecipanti dopo la
presentazione delle
offerte.
Non sono consentite
negoziazioni con i
partecipanti dopo la
presentazione delle
offerte.
Sono consentite le sole
discussioni intese a
chiarire, perfezionare o
specificare un’offerta.
Non sono consentite
modifiche delle caratte-
ristiche fondamentali.
Criteri di aggiudica-
zione
Offerta economica-
mente più vantaggiosa.
Offerta economica-
mente più vantaggiosa.
Offerta economica-
mente più vantaggiosa.
10 Per tale schema si è partiti da un documento redatto da Epec per le procedure di affidamento previste dalle direttive comunitarie (cfr. Utfp-Epec, Una Guida ai PPP. Manuale di buone prassi, Versione italiana, maggio 2011).
26
6.2 Le fasi della procedura a gara unica
Nella procedura a gara unica, disciplinata dai commi 1-14 dell’art. 153, l’amministrazione
aggiudicatrice:
1. pubblica un bando di gara, ponendo alla base dello stesso uno studio di fattibilità;
2. prende in esame le offerte che sono pervenute nei termini indicati nel bando;
3. redige una graduatoria secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e
nomina promotore il soggetto che ha presentato la migliore offerta; la nomina del promotore
può aver luogo anche in presenza di una sola offerta;
4. pone in approvazione il progetto preliminare presentato dal promotore, sottoponendolo a
conferenza di servizi;
5. quando il progetto non necessita di modifiche progettuali, procede direttamente alla stipula del
contratto di concessione;
6. altrimenti richiede al promotore di procedere alle modifiche eventualmente intervenute in fase
di approvazione del progetto. La predisposizione di tali modifiche e lo svolgimento di tali
adempimenti, in quanto onere del promotore, non comporta alcun compenso aggiuntivo, né
incremento delle spese sostenute e indicate nel piano economico-finanziario per la
predisposizione delle offerte;
7. qualora le modifiche proposte non siano accettate dal promotore, l’amministrazione
aggiudicatrice, fissando il termine per la risposta, ha facoltà di richiedere progressivamente ai
concorrenti successivi in graduatoria la disponibilità a stipulare il contratto di concessione,
previa modifica del progetto preliminare del promotore, l’eventuale adeguamento del piano
economico-finanziario nonché lo svolgimento di tutti gli adempimenti di legge.
Nel caso in cui risulti aggiudicatario della concessione un soggetto diverso dal promotore,
quest’ultimo ha diritto al pagamento, a carico dell’aggiudicatario, dell’importo delle spese sostenute per
la predisposizione delle offerte, comprensivo anche dei diritti sulle opere dell’ingegno di cui all’art. 2578
del codice civile, in misura non superiore al 2,5 per cento del valore dell’investimento, come desumibile
dallo studio di fattibilità posto a base di gara.
Quindi, se il progetto preliminare può essere approvato così come presentato in sede di gara,
l’amministrazione ha l’obbligo di stipulare il contratto di concessione col promotore; in caso contrario,
se il progetto necessita di modifiche il contratto verrà stipulato con il promotore se accetta di effettuare
le modifiche, altrimenti con il concorrente in graduatoria che, interpellato, accetta le modifiche
apportate al progetto.
6.3 Contenuti del bando e del disciplinare di gara
È prescritta espressamente la pubblicazione del bando di gara, oltre che sui siti informatici di cui
all’art. 66 del Codice, anche nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nella Gazzetta Ufficiale
della Comunità europea (per gli affidamenti sopra-soglia).
L’amministrazione aggiudicatrice deve curare con particolare attenzione i contenuti del bando di
gara e del disciplinare, da richiamare espressamente nel bando stesso (ai sensi dell’art. 153, comma 7).
Si rammenta che il bando deve obbligatoriamente prevedere, oltre ai contenuti di cui all’art. 144
del Codice e allo studio di fattibilità, anche:
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a) la possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice di chiedere al promotore di apportare le
modifiche intervenute in fase di approvazione del progetto e che la concessione sarà aggiudicata
al promotore solo subordinatamente all’accettazione, da parte di questo ultimo, delle modifiche
progettuali e dei conseguenti adeguamenti del piano economico-finanziario;
b) la facoltà per l’amministrazione aggiudicatrice - in caso di mancata accettazione da parte del
promotore di apportare modifiche al progetto preliminare - di interpellare progressivamente i
concorrenti seguenti in graduatoria.
Il disciplinare di gara deve almeno indicare l’ubicazione e la descrizione dell’intervento da
realizzare, la destinazione urbanistica, la consistenza, le tipologie del servizio da gestire. Ciò, secondo il
legislatore, al fine di consentire la par condicio tra i partecipanti.
L’art. 144 del Codice, a sua volta, rimanda all’Allegato IXB, il quale prevede, tra l’altro, che nel
bando siano indicate:
i. le modalità con le quali i partecipanti alla gara dimostrano la disponibilità delle risorse
finanziarie necessarie a coprire il costo dell’investimento;
ii. il limite minimo di lavori da appaltare obbligatoriamente a terzi;
iii. l’eventuale prezzo massimo che l’amministrazione aggiudicatrice intende corrispondere;
iv. l’eventuale prezzo minimo che il concessionario è tenuto a corrispondere per la costituzione e il
trasferimento dei diritti;
v. l’eventuale canone da corrispondere all’amministrazione aggiudicatrice;
vi. il tempo massimo previsto per l’esecuzione dei lavori e per l’avvio della gestione;
vii. la durata massima della concessione;
viii. le condizioni di gestione del servizio rispetto all’utenza finale;
ix. la facoltà o l’obbligo di costituire la società di progetto e relative caratteristiche;
Ai sensi del comma 6, dell’art. 153, il bando deve altresì specificare:
a) i criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nonché la loro relativa
ponderazione e, qualora ciò sia impossibile, il loro ordine di importanza; tali criteri devono
includere, oltre a quanto previsto dall’art. 83, comma 1, del Codice, anche gli aspetti relativi a:
1) la qualità del progetto preliminare;
2) il valore economico-finanziario del piano;
3) il contenuto della bozza di convenzione;
b) i criteri motivazionali di attribuzione dei punteggi per ogni criterio di valutazione.
Nella valutazione del valore economico-finanziario del piano è opportunto che la stazione
appaltante presti particolare attenzione agli oneri economici a carico della pubblica amministrazione
e/o dell’utenza (contributi erogati dalla PA, canoni di gestione, tariffe).
Appare opportuno che nel bando sia anche chiaramente esplicitato che in sede di verifica di
conguità dell’offerta, l’amministrazione si riserva, oltre al controllo formale dell’avvenuta asseverazione
del piano economico finanziario da parte dell’Istituto bancario (effettuata esclusivamente sulla base dei
dati forniti dall’impresa), anche la valutazione di merito circa la congruità della proposta, la correttezza e
la validità degli elementi che sorreggono il piano e la sua idoneità allo scopo11.
L’art. 144 del Codice, al comma 3-bis, cui il comma 21-bis dell’art. 153 in materia di PF
espressamente rinvia, prevede che i bandi ed i relativi allegati, lo schema di contratto ed il piano
economico-finanziario, siano «definiti in modo da assicurare adeguati livelli di bancabilità dell'opera».
Inoltre, ai sensi del comma 3-ter, inserito dall'art. 19, comma 1, lettera b), dal d.l. 69/2013: «il bando
11 In ordine alla valutazione dell’attendibilità del PEF, l’amministrazione esercita un potere discrezionale, sindacabile unicamente per manifesta illogicità o incongruità o travisamento dei fatti (Cons. St., Sez. V, 8 febbraio 2011, n. 843).
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può prevedere che l'offerta sia corredata dalla dichiarazione sottoscritta da uno o più istituti finanziatori
di manifestazione di interesse a finanziare l'operazione, anche in considerazione dei contenuti dello
schema di contratto e del piano economico-finanziario».
Tale norma, finalizzata ad agevolare la possibilità di sovvenzionare le opere realizzate in PF, ha
suscitato non poche perplessità interpretative. Innanzitutto, in ordine alla vincolatività dell’obbligo
assunto, in quanto non sono previste sanzioni per il mancato rispetto, e poi anche in ordine alla sua
portata effettiva, considerando i tempi lunghi che intercorrono tra la presentazione delle offerte (basate
per il PF sullo studio di fattibilità) ed il momento dell’aggiudicazione. È evidente che tra questi due
momenti possono intervenire modifiche rilevanti tanto nel contenuto della convenzione quanto nelle
condizioni di mercato (che, ad esempio, possono non permettere più determinati tassi di interesse o la
praticabilità di specifiche tariffe all’utenza finale). Laddove il bando preveda però tale opzione, questa
non dovrebbe rappresentare una mera espressione di forma, che si traduce in un ulteriore
appesantimento burocratico per la partecipazione, bensì dovrebbe rappresentare uno dei criteri di
valutazione dell’offerta. Ciò in particolare, laddove questa manifestazione di interesse si inserisca in una
procedura di dialogo competitivo o ristretta con dialogo (quale quella introdotta dal comma 3-bis).
Il comma 3-quater, come modificato dalla l. 98/2013 ha introdotto la possibilità di prevedere
nel bando la risoluzione del rapporto in caso di mancata sottoscrizione del contratto di finanziamento o
in mancanza della sottoscrizione o del collocamento delle obbligazioni di progetto di cui all'art. 157,
entro un congruo termine fissato. Non è chiaro quali siano i parametri da considerare per stabilire la
congruità del termine, tuttavia il legislatore stabilisce un tetto pari a ventiquattro mesi, decorrenti dalla
data di approvazione del progetto definitivo.
A fronte di tale risoluzione, il concessionario non avrà diritto ad alcun rimborso delle spese
sostenute, ivi incluse quelle relative alla progettazione definitiva.
Tuttavia, se l’opera possiede la peculiarità di prestarsi a una realizzazione a stralci, il bando di
gara può altresì prevedere che, in caso di parziale finanziamento del progetto e comunque per uno
stralcio tecnicamente ed economicamente funzionale, il contratto di concessione rimanga valido
limitatamente alla parte che regola la realizzazione e gestione del medesimo stralcio funzionale.
Riguardo all’individuazione dello «stralcio tecnicamente ed economicamente funzionale», la discrezionalità
lasciata alle amministrazioni appare troppo ampia, pertanto, il concetto può risultare «spesso foriero di
numerose controversie interpretative e giudiziali, nella misura in cui non sussistono elementi certi cui
ancorare la funzionalità, soprattutto, da un punto di vista tecnico» come evidenziato nella segnalazione
dell’Autorità del 4 luglio 2013, n. 2. Sarebbe, quindi, opportuno che l’individuazione degli stralci
funzionali avvenga anticipatamente nella definizione dei documenti di gara, eventualmente ricorrendo a
quelle forme di consultazione preventiva previste per le concessioni.
Sempre al fine di assicurare la realizzabilità dell’opera, ovvero per agevolare gli investimenti e
assicurare l’equilibrio economico finanziario della concessione, il d.l. 6 dicembre 2011 n. 201 ha
introdotto la possibilità di prevedere nel bando che la gestione del concessionario si estenda anche alle
opere o parti di opere già realizzate (art. 143 commi 1 e 4). Attraverso tale gestione anticipata il
concessionario può acquisire sin dall’inizio del rapporto concessorio i proventi derivanti dall’afflusso di
incassi e ridurre l’onerosità del ricorso al mercato finanziario al fine di ottenere la liquidità necessaria
alla realizzazione dell’intervento. Al riguardo, è opportuno che la gestione anticipata di stralci funzionali
non produca la traslazione sul concedente di parte significativa del rischio di impresa e che i flussi di
cassa derivanti dalla stessa siano computati nel piano economico-finanziario e tenuti in considerazione
anche ai fini della determinazione della durata contrattuale.
Si ritiene, quindi, che le stazioni appaltanti debbano sempre indicare nei documenti di gara quali
siano gli stralci funzionali o le parti di opera che possano essere oggetto di gestione autonoma o
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anticipata rispetto al completamento dei lavori, anche relativamente ad opere accessorie ancorché
funzionalmente connesse con quelle oggetto della concessione, poste al servizio di quelle principali.
Al comma 5, con la stessa finalità di perseguire l’equilibrio del piano economico-finanziario
viene poi prevista la cessione di immobili nella disponibilità dell’amministrazione al concessionario
privato come forma alternativa di contributo pubblico. Le modalità di valorizzazione dei beni sono
stabilite dall’amministrazione, con l’approvazione del progetto a base di gara o nell’ambito dello studio
di fattibilità nel caso di gara indetta ai sensi dell’art. 153.
Il bando di gara deve indicare la durata prevista della concessione, salvo che tale durata non
rappresenti uno degli elementi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. L’art. 143,
comma 6, prevede che questa sia di regola non superiore a trenta anni. Il successivo comma 8, prevede
che tale durata possa essere prolungata, tenendo conto del rendimento, della percentuale di prezzo
prevista e dell’importo dei lavori, nonché dei rischi connessi alle modifiche delle condizioni di mercato.
Per le concessioni di valore superiore a un miliardo di euro, la durata può essere stabilita fino a
cinquanta anni.
Ai fini della determinazione della durata di una concessione, sembra opportuno attenersi già a
quanto indicato nella Direttiva 2014/23/UE, che al Considerando n. 52, indica: «per le concessioni di
durata superiore a cinque anni la durata dovrebbe essere limitata al periodo in cui si può
ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli investimenti effettuati per eseguire i lavori
e i servizi e ottenga un ritorno sul capitale investito in condizioni operative normali, tenuto conto degli
specifici obiettivi contrattuali assunti dal concessionario per rispondere alle esigenze riguardanti, ad
esempio, la qualità o il prezzo per gli utenti. La stima dovrebbe essere valida al momento
dell’aggiudicazione della concessione. Dovrebbe essere possibile includere gli investimenti iniziali e
successivi ritenuti necessari per l’esecuzione della concessione, in particolare spese per infrastrutture,
diritti d’autore, brevetti, materiale, logistica, affitto, formazione del personale e spese iniziali».
Si evidenzia, quindi, che ai fini della determinazione della durata della concessione occorre tener
conto della complessità dell’operazione posta in essere e dei flussi di cassa complessivi dalla stessa
generati, anche se il trasferimento del rischio che avviene con il contratto di concessione non comporta
la certezza del recupero integrale delle somme investite.
Appare opportuno sottolineare che, in ordine all’ipotesi in cui alla scadenza del contratto il
concedente intenda individuare un nuovo concessionario, la gara per la scelta del nuovo concessionario
debba essere fatta con congruo anticipo rispetto al termine di scadenza naturale della concessione.
Quanto agli ulteriori contenuti del bando, deve precisarsi quanto segue.
La disciplina non indica il termine di presentazione delle offerte la cui fissazione rientra, quindi,
nella discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice, nel rispetto dei limiti minimi previsti dall’art. 70
e dall’art. 145 del Codice, fermo restando il principio generale di cui al comma 1 del medesimo art. 70,
che prescrive alle amministrazioni di tenere conto della complessità della prestazione oggetto del
contratto e del tempo ordinariamente necessario per preparare le offerte.
Al fine di garantire una durata certa della procedura, è opportuno, come già evidenziato, inserire
nel bando che l’amministrazione aggiudicatrice indicherà il termine entro il quale il promotore (o i
concorrenti seguenti in graduatoria, interpellati in caso di scorrimento) dovrà comunicare alla stessa
l’accettazione delle modifiche al progetto presentato, ai fini della stipula del contratto.
6.4 I requisiti di partecipazione
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L’art. 153, comma 8 del Codice richiede che i soggetti che intendano presentare offerta siano in
possesso dei requisiti previsti dal regolamento per il concessionario, anche associando o consorziando
altri soggetti, o ricorrendo all’istituto dell’avvalimento, fermi i requisiti di cui all’art. 38.
L’art. 95 del Regolamento contiene la disciplina relativa alla partecipazione, prevedendo che il
concessionario che voglia eseguire i lavori previsti nella concessione debba essere qualificato ai sensi
dell’art. 40 del Codice, nonché dell’art. 79, comma 7, del Regolamento.
In ogni caso, il concessionario dovrà possedere i seguenti ulteriori requisiti economico-finanziari
e tecnico-organizzativi:
a) fatturato medio relativo alle attività svolte negli ultimi cinque anni antecedenti alla
pubblicazione del bando non inferiore al dieci per cento dell’investimento previsto per
l’intervento;
b) capitale sociale non inferiore ad un ventesimo dell’investimento previsto per l’intervento;
c) svolgimento negli ultimi cinque anni di servizi affini a quello previsto dall’intervento per un
importo medio non inferiore al cinque per cento dell’investimento previsto per l’intervento;
d) svolgimento negli ultimi cinque anni di almeno un servizio affine a quello previsto
dall’intervento per un importo medio pari ad almeno il due per cento dell’investimento previsto
dall’intervento.
Al comma 2 dell’art. 95 del Regolamento è previsto che in alternativa ai requisiti previsti alle
lettere c) e d), il concessionario può incrementare i requisiti previsti alle lettere a) e b), nella misura
fissata dal bando di gara, comunque compresa fra 1,5 volte e 3 volte.
Nel caso di RTI o consorzi i requisiti di cui alle lettere a)-d) devono essere posseduti
cumulativamente da ciascuno dei componenti del raggruppamento o del consorzio e ognuno di loro
dovrà possederne una quota non inferiore al 10%.
6.5 I contenuti delle offerte
Con riguardo ai contenuti delle offerte, ai sensi dell’art. 153, comma 9, il concorrente deve
presentare:
a) un progetto preliminare, redatto secondo quanto prescritto nel disciplinare di gara;
b) una bozza di convenzione;
c) un piano economico-finanziario asseverato da una banca, da una società di servizi costituita da
istituto di credito e iscritta nell’elenco degli intermediari di cui all’art. 106 del Testo unico
bancario o da una società di revisione. Il piano economico-finanziario deve indicare, tra l’altro,
l’importo delle spese sostenute per la predisposizione delle offerte, comprensivo dei diritti sulle
opere dell’ingegno, di cui all’art. 2578 del codice civile; tale importo non può superare il 2,5%
del valore dell’investimento, come desumibile dallo studio di fattibilità posto a base di gara;
d) la specificazione delle caratteristiche dei servizi e della loro gestione;
e) un documento con cui si da conto del preliminare coinvolgimento di uno o più istituti
finanziatori nel progetto.
Il piano economico-finanziario deve essere redatto in modo tale da permettere di valutare la
convenienza economica di un progetto di investimento e della sua capacità di rimborsare il debito e
remunerare il capitale di rischio. Ai sensi dell’art. 143, comma 7, del Codice, deve prevedere la
specificazione del valore residuo dell’investimento, al netto dei previsti ammortamenti annuali, nonché
l’eventuale valore residuo non ammortizzato al termine della concessione, qualora il piano non abbia
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previsto l’equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione dei servizi.
Quest’ipotesi si verifica nel caso in cui il livello delle tariffe a carico dell’utenza e il livello presunto della
domanda dei servizi non siano sufficienti a coprire l’ammortamento dell’intero investimento, nel
periodo di concessione previsto.
Il piano economico e finanziario dovrebbe essere redatto valutando attentamente i seguenti
aspetti12:
a) tempistica (anno di inizio della costruzione, anno di fine della costruzione, anno di inizio della
gestione, anno di fine della concessione, ecc.);
b) costi di investimento e loro distribuzione temporale;
c) gestione operativa, ovvero ricavi, costi operativi, utenze, tariffe, ecc.;
d) gestione finanziaria: tasso di interesse, linee di credito, margini sul tasso di interesse,
commissioni bancarie, contributo pubblico, ecc.;
e) imposizione fiscale, metodo ed aliquote di ammortamento;
f) riserva legale, di cassa, ecc.;
g) tempi medi di pagamento e incassi.
L’asseverazione del piano economico-finanziario «consiste nella valutazione degli elementi
economici e finanziari, quali costi e ricavi del progetto e composizione delle fonti di finanziamento, e
nella verifica della capacità del piano di generare flussi di cassa positivi e della congruenza dei dati con la
bozza di convenzione» (art. 96, comma 4, del Regolamento). L’attività di asseverazione rappresenta,
pertanto, la verifica di coerenza della struttura economico-finanziaria dell’intervento.
Inoltre, l’attività di asseverazione, quando effettuata da un istituto di credito, non può essere
considerata come impegno giuridico da parte da parte dello stesso al successivo finanziamento a favore
del promotore; il legislatore, infatti, all’art. 153, comma 9, del Codice, ha separato le attività di
asseverazione dal preliminare coinvolgimento di uno o più finanziatori nel progetto.
Ai sensi dell’art. 96, comma 5, del Regolamento, la valutazione degli elementi economici e
finanziari ai fini dell’asseverazione deve riguardare almeno i seguenti aspetti:
a) prezzo che il concorrente intende chiedere all’amministrazione aggiudicatrice;
b) prezzo che il concorrente intende corrispondere all’amministrazione aggiudicatrice per la
costituzione o il trasferimento dei diritti;
c) canone che il concorrente intende corrispondere all’amministrazione;
d) tempo massimo previsto per l’esecuzione dei lavori e per l’avvio della gestione;
e) durata prevista della concessione;
f) struttura finanziaria dell’operazione, comprensiva dell’analisi dei profili di bancabilità
dell’operazione in relazione al debito indicato nel piano economico-finanziario;
g) costi, ricavi e conseguenti flussi di cassa generati dal progetto con riferimento alle tariffe.
In assenza di una chiara specificazione nel Regolamento degli elementi costitutivi del piano
economico-finanziario, si ritiene che almeno gli elementi che devono necessariamente essere valutati nel
processo di asseverazione debbano essere contenuti nel piano stesso.
6.6 Le garanzie
12 L’elenco è ripreso e rielaborato da Utfp – Unità Tecnica Finanza di Progetto, UTFP: 100 domande & risposte, II edizione, maggio 2014.
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La disciplina di cui all’art. 153, comma 13, prevede che le offerte siano corredate dalla garanzia
provvisoria di cui all’art. 75, comma 6, del Codice, che copre la mancata sottoscrizione del contratto per
fatto imputabile all’aggiudicatario. Nel caso di modifiche progettuali, la procedura prevede
espressamente la facoltà del promotore di non accettare l’aggiudicazione del contratto e, quindi, qualora
questi se ne avvalga, l’amministrazione aggiudicatrice non è legittimata ad escutere la cauzione di cui
sopra.
L’offerta deve essere corredata di un’ulteriore cauzione pari al 2,5% del valore dell’investimento
che serve a finanziare il promotore nel caso questi non acconsenta ad apportare le modifiche richieste
dall’amministrazione nella fase di approvazione del progetto.
Al pari di ogni affidamento, è richiesta anche la cauzione definitiva di cui all’art. 113 del Codice
a garanzia dell’adempimento per i lavori.
Va inoltre garantito, al momento di inizio della gestione dell’opera, l’esatto adempimento di tutti
gli obblighi contrattuali da prestarsi secondo le modalità di cui al citato art. 113, nella misura del 10%
del costo annuo operativo di esercizio. La mancata presentazione di questa ulteriore garanzia, per
espressa previsione normativa, costituisce grave inadempimento contrattuale13.
La cauzione definitiva sui lavori ex art. 113 del Codice e la cauzione a garanzia delle penali
relative alla gestione dell’opera prevista dal comma 13 dell’art. 153 del Codice sono, quindi, distinte per
oggetto, importo e momento di rilascio.
6.7 Criterio di aggiudicazione
Il criterio di aggiudicazione, previsto dall’art. 153, comma 4, è quello dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, di cui all’art. 83 del Codice. L’Autorità è già intervenuta sulle
modalità di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa per il PF, con la determinazione
20 maggio 2009, n. 4, «Linee guida per l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa nelle procedure previste dall'art. 153 del Codice dei contratti pubblici»14, cui si rimanda.
Oltre a quanto previsto dal citato art. 83, il comma 5 dell’art. 153 prevede che, tra i parametri di
valutazione, vi siano ulteriori tre elementi da valutare:
a) profilo tecnico (costruttivo-progettuale);
b) profilo economico (rendimento, costo di gestione e manutenzione, durata, valore economico e
finanziario del piano);
c) impatto sull’utenza (fruibilità dell’opera, accessibilità al pubblico, tempi di ultimazione dei lavori,
tariffe da applicare e relative modalità di aggiornamento, contenuto della bozza di convenzione).
6.8 L’aggiudicazione e la stipula del contratto
13 Per le modalità di applicazione delle garanzie di cui agli artt. 75 e 113 del Codice si rimanda alla Determinazione 29 luglio 2014, n. 1, «Problematiche in ordine all’uso della cauzione provvisoria e definitiva (artt. 75 e 113 del Codice)». 14 Oltre a questa Determinazione, l’Autorità ha affrontato il tema dell’offerta economicamente più vantaggiosa con altre Determinazioni. Si tratta di: 1) Determinazione 08 ottobre 2008, n. 5, «Utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa negli appalti di lavori pubblici»; 2) Determinazione 07 luglio 2010 n. 5, «Linee guida per l’affidamento dei servizi attinenti all’architettura ed all’ingegneria», attualmente in fase di revisione; 3) Determinazione 24 novembre 2011, n. 7, «Linee guida per l’applicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa nell’ambito dei contratti di servizi e forniture». Inoltre, per i servizi e forniture l’Autorità ha definito le modalità di predisposizione della documentazione di gara per l’OEPV nel bando-tipo in materia, per il quale è conclusa la fase di consultazione.
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Ai sensi del comma 10 dell’art. 153, una volta pervenute le offerte, l’amministrazione deve:
a) valutare le offerte pervenute, anche in caso di una sola offerta;
b) redigere una graduatoria e nominare promotore il soggetto che ha presentato la migliore offerta;
c) porre in approvazione il progetto preliminare presentato dal promotore, con le modalità
indicate all’art. 97 (tra cui la conferenza dei servizi). Il promotore procede alle modifiche
progettuali necessarie ai fini dell’approvazione del progetto, nonché a tutti gli adempimenti di
legge anche ai fini della valutazione di impatto ambientale, senza che ciò comporti alcun
compenso aggiuntivo;
d) procedere direttamente alla stipula della concessione, se il progetto non necessita di modifiche
progettuali;
e) qualora il promotore non accetti di modificare il progetto, richiedere progressivamente ai
concorrenti successivi in graduatoria l’accettazione delle modifiche al progetto.
In merito alle possibili modifiche che possono essere richieste al promotore, si ritiene che, per
come è formulata la norma e per garantire effettive condizioni di parità tra i concorrenti, non si
possano richiedere modifiche che alterino in modo sostanziale la proposta prescelta. Al fine di
indivuare le modiche che alterano in modo sostanziale la proposta, si ritiene che possa farsi riferimento
a tutte quelle modifiche del progetto e dell’intervento proposto idonee a produrre gli effetti descritti
dalla nuova direttiva 2014/23/UE. Fermo restando il rispetto di tale limite, qualora, in sede di
approvazione del progetto preliminare, siano prescritte modifiche tali da comportare un aumento dei
costi di realizzazione dell’intervento l’amministrazione aggiudicatrice dovrà verificare, prima della
stipula del contratto di concessione, che sussistano ancora i requisiti di qualificazione in capo al
soggetto aggiudicatario. Laddove il promotore necessiti di possedere requisiti in misura maggiore a
quelli inizialmente richiesti, si ritiene che egli possa integrare la propria compagine con nuovi soggetti
che apportino ulteriori requisiti.
Si ritiene che l’inciso del comma 10, lettera c), relativo «all’onere del promotore di apportare le
modifiche ai fini dell’approvazione del progetto», sia riferibile all’ipotesi in cui il promotore sia
interessato alla stipula del contratto. In tale fase, pertanto, il promotore è tenuto ad apportare le
modifiche progettuali richieste senza alcun compenso, ai fini dell’approvazione del progetto stesso.
L’unica voce che, ai sensi del comma 10, non comporta alcun compenso aggiuntivo è quella delle spese
di progettazione inerenti le modifiche richieste e delle spese sostenute per la predisposizione delle
offerte. Ciò significa, naturalmente, che qualsiasi altro incremento dei costi per la realizzazione delle
opere o per la gestione dei servizi, potrà costituire oggetto di adeguamento del piano economico-
finanziario, così come previsto dal comma 3, lettera a) della disposizione in esame.
Se, invece, il promotore non è più interessato alla stipula del contratto, può rifiutare di
apportare le modifiche richieste.
Per quanto riguarda l’eventuale scorrimento della graduatoria, si deve tenere presente che esso
non è volto ad individuare una proposta diversa, ma un altro concorrente disposto ad uniformare la
propria proposta a quella del promotore, comprese le modifiche non accettate dal promotore stesso.
Anche in questo caso, l’amministrazione aggiudicatrice dovrà verificare l’adeguatezza dei requisiti di
qualificazione del concorrente al nuovo progetto prima della stipula della concessione.
È opportuno precisare che la stipula del contratto può avvenire solo dopo l’approvazione del
progetto preliminare.
Si pone poi il problema del caso in cui né il promotore né gli altri concorrenti accettino le
modifiche progettuali richieste.
Al riguardo si potrebbero prospettare due interpretazioni:
a) l’amministrazione non può ulteriormente procedere;
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b) l’amministrazione può acquisire il progetto preliminare, modificarlo ed adeguare il piano
economico-finanziario, approvarlo ed indire una nuova gara.
Si ritiene preferibile la seconda ipotesi poiché l’opera è di interesse pubblico, in quanto inserita
nel programma triennale e non sembra che dal dettato normativo possa desumersi un divieto per tale
acquisizione. L’amministrazione aggiudicatrice deve, comunque, inserire nel bando una clausola
inerente la facoltà di acquisire il progetto.
È opportuno che, qualora dovesse verificarsi il caso in cui né il promotore né gli altri
concorrenti accettino le modifiche progettuali, l’amministrazione, prima di procedere all’indizione della
gara, approfondisca le motivazioni che hanno indotto i concorrenti a rifiutare le modifiche, in quanto
ciò potrebbe essere indice di un’operazione non adeguatamente remunerativa per il mercato; in tal
caso, dovrà, eventualmente, modificare il progetto ed il piano economico-finanziario.
7. Lo svolgimento della procedura a doppia gara e il diritto di prelazione
(comma 15)
Il comma 15 dell’art. 153 del Codice prevede che l’amministrazione aggiudicatrice, in alternativa
a quanto previsto dal comma 3, lettere a) e b) del medesimo articolo, possa - successivamente
all’approvazione del progetto preliminare - procedere come segue:
a) pubblica un bando, ponendo a base di gara il progetto preliminare approvato ed il piano
economico-finanziario, eventualmente adeguato a seguito delle necessarie modifiche al
progetto, richieste in sede di approvazione, nonché le altre condizioni contrattuali offerte dal
promotore;
b) ove non siano state presentate offerte, il contratto è aggiudicato al promotore;
c) ove siano state presentate una o più offerte, il promotore può, entro quarantacinque giorni dalla
comunicazione dell’amministrazione aggiudicatrice, adeguare la propria proposta a quella del
migliore offerente, aggiudicandosi il contratto; in questo caso, l’amministrazione aggiudicatrice
rimborsa al migliore offerente, a spese del promotore, i costi sostenuti per la partecipazione alla
gara, nella misura massima di cui al comma 9, terzo periodo, dell’art. 153 del Codice;
d) ove il promotore, nel termine di quarantacinque giorni, non adegui la propria proposta a quella
del miglior offerente individuato in gara, quest’ultimo è aggiudicatario del contratto e
l’amministrazione aggiudicatrice rimborsa al promotore, a spese dell’aggiudicatario, i costi
sostenuti nella misura massima di cui al comma 9, terzo periodo, dell’art. 153, del Codice.
Il sistema a doppia gara potrebbe permettere di superare quelle criticità evidenziate per la
procedura a gara unica rappresentate dai limiti che possono essere insiti nella possibilità di introdurre
modifiche (di rilievo) al progetto offerto dal promotore. Infatti, a differenza della gara unica, il progetto
preliminare viene posto di nuovo ad un vaglio concorrenziale, anche se il promotore parte da una
situazione di vantaggio, rappresentata dal diritto di prelazione (e ciò potrebbe scoraggiare la
partecipazione alla gara di altri soggetti o alterarne i comportamenti).
I partecipanti alla seconda procedura devono presentare un’offerta consistente in proposte di
miglioramento di tipo tecnico-economico del progetto preliminare e della convenzione, nonché un
piano economico-finanziario che tenga conto delle modifiche richieste in sede di offerta.
La norma non chiarisce se alla seconda gara debba partecipare anche il promotore. Poiché il
promotore ha già effettuato la propria offerta, sembrerebbe che si possa escludere tale evenienza. Ciò
anche perché è previsto il caso che non pervengano offerte valutate economicamente più vantaggiose
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rispetto a quella del promotore, lasciando quindi intendere che il progetto preliminare predisposto dal
promotore rappresenta già un’offerta in sede di gara.
Anche nel caso della seconda gara il criterio di aggiudicazione deve essere quello dell’offerta
economicamente più vantaggiosa. I criteri di valutazione delle offerte devono essere tali da permettere il
confronto con il progetto preliminare.
I concorrenti, compreso il promotore, devono prestare sia la cauzione provvisoria, sia la
cauzione del 2,5%, in quanto, se il promotore non esercita la prelazione, ha diritto al rimborso delle
spese a carico dell’aggiudicatario, mentre se il promotore esercita il diritto di prelazione, deve versare,
tramite l’amministrazione aggiudicatrice, al miglior offerente, le spese di partecipazione alla gara, che
non possono superare tale importo. Pertanto, dal momento che nella procedura in esame non è prevista
la partecipazione del promotore alla seconda gara, le cauzioni presentate da quest’ultimo a corredo
dell’offerta nella prima gara devono essere eventualmente integrate nell’importo, laddove il valore
economico del progetto preliminare posto a base della seconda gara fosse maggiore del valore stimato
nello studio di fattibilità posto a base della prima gara ed occorre che sia altresì esteso il relativo termine
di validità al fine di coprire con le garanzie in questione l’intero periodo di efficacia delle offerte nella
seconda gara.
In ordine alla verifica dei requisiti di partecipazione nella procedura a doppia gara, è necessario
che il promotore, che non partecipa alla successiva gara, divenendo titolare di un diritto di prelazione,
abbia i requisiti del concessionario sin nella prima fase di gara che nella seconda.
Per quanto concerne i requisiti di ordine generale è evidente che questi debbano essere
posseduti in tutte le fasi in cui si articola la procedura di gara; mentre per i requisiti di ordine
economico-finanziario e tecnico-organizzativo, possono verificarsi due ipotesi: 1) in sede di
approvazione del progetto presentato dal promotore non sono state apportate modifiche sostanziali e,
di conseguenza, i requisiti di partecipazione restano quelli indicati nel bando, il cui possesso da parte del
promotore deve essere verificato alla conclusione delle operazioni della prima gara; 2) il progetto
necessita di modifiche che comportano requisiti ulteriori rispetto a quelli inizialmente richiesti e, in tal
caso, laddove il promotore accetti di modificare il progetto, si ritiene che la verifica dei nuovi requisiti
andrà eseguita anche prima della indizione della seconda gara, alla quale - come detto - il promotore
non parteciperà. Laddove il promotore necessiti di possedere requisiti in misura maggiore a quelli
inizialmente richiesti, si ritiene che possa integrare la propria compagine con nuovi soggetti che
apportino ulteriori requisiti.
Tale interpretazione si impone per ragioni di efficienza e buon andamento dell’azione
amministrativa, dal momento che laddove il promotore, il cui progetto è stato approvato e posto a base
della seconda gara, non possegga i requisiti di partecipazione potrebbe essere del tutto vanificato
l’esperimento della seconda gara (situazione che si verifica quando non vi è un’offerta valutata
economicamente più vantaggiosa), con conseguente dispendio di tempo e risorse. Naturalmente,
restano ferme le verifiche di legge che l’amministrazione dovrà eseguire sull’aggiudicatario al momento
della stipula del contratto di concessione.
8. Lo svolgimento delle procedure ad iniziativa dei privati (commi 16-18)
Il comma 16 dell’art. 153 consente il ricorso a procedure che utilizzano la finanza di progetto in
relazione ai lavori inseriti nell’elenco annuale di cui all’art. 128, per i quali l’amministrazione non ha
proceduto alla pubblicazione del bando entro sei mesi. In tale ipotesi, entro quattro mesi da tale
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termine, è consentito ai privati, in possesso dei requisiti del concessionario, di cui al comma 8 (vd. par.
6.4), di supplire all’inerzia della pubblica amministrazione con la propria iniziativa.
Si ritiene che il privato possa accedere allo studio di fattibilità elaborato dall’amministrazione per
l’inserimento del lavoro negli atti di programmazione, al fine di poter formulare la propria proposta.
La proposta deve avere il contenuto dell’offerta di cui al comma 9 dell’art. 153: un progetto
preliminare, una bozza di convenzione, un piano economico finanziario asseverato (vd. par. 6.5). La
proposta deve essere corredata da una cauzione ai sensi dell’art. 75, nonché dalla documentazione
dimostrativa del possesso dei requisiti soggettivi e dall’impegno a prestare l’ulteriore cauzione del 2,5%
del valore dell’investimento, nel caso di indizione di una gara.
Entro sessanta giorni dal termine per l’eventuale presentazione delle proposte da parte dei
privati, anche qualora sia pervenuta una sola proposta, le amministrazioni aggiudicatrici provvedono a
pubblicare un avviso contenente i criteri in base ai quali si procede alla valutazione delle stesse, con le
modalità di cui all’art. 66 o 122 del Codice.
Si ritiene che la previsione di pubblicare l’avviso, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, in
seguito alla presentazione di proposte da parte di soggetti privati, vada intesa in senso cogente. Ciò
anche in considerazione del fatto che le proposte dei privati hanno tutte per oggetto la realizzazione di
interventi già previsti nella programmazione triennale e ricompresi tra le opere da realizzare con il
concorso di capitali privati.
È consentita la presentazione di proposte rielaborate e ripresentate secondo i criteri indicati nel
bando, nonché la presentazione di nuove proposte, entro novanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso.
Scaduto questo termine, le amministrazioni entro sei mesi devono valutare le proposte
pervenute e una volta individuata quella più rispondente al pubblico interesse, verificato il possesso dei
requisiti dei proponenti, possono adottare una delle seguenti procedure:
a) se il progetto preliminare necessita di modifiche, qualora ricorrano le condizioni di cui all’art.
58, comma 2 del Codice, viene indetto un dialogo competitivo, ponendo a base di esso il
progetto preliminare e il piano economico-finanziario;
b) se il progetto preliminare non necessita di modifiche, l’amministrazione previa approvazione del
progetto preliminare presentato dal promotore, provvede a bandire una concessione, ai sensi
dell’art. 143, ponendo il progetto a base di gara e invitando il promotore;
c) in alternativa, procede ai sensi del comma 15, lettere c), d), e), f) dell’art. 153 del Codice (la
seconda gara esaminata al paragrafo 7), ponendo a base di gara lo stesso progetto e il piano
economico-finanziario ed invitando alla gara il promotore.
I concorrenti devono possedere i requisiti previsti per il concessionario e sono tenuti a
presentare la garanzia provvisoria del 2% dell’investimento, ai sensi dell’art. 75 del Codice, e l’ulteriore
cauzione del 2,5% del valore dell’investimento necessarie per rimborsare le spese sostenute dal
promotore che non risulti aggiudicatario nella procedura di cui al comma 16, lettera a).
Diversamente da quanto previsto per il caso sub a), per le procedure sub b) e sub c), ovvero per
quelle in cui non sono necessarie modifiche, il promotore gode del diritto di prelazione, secondo le
modalità previste al comma 15.
Il soggetto che ha presentato la proposta prescelta (ovvero il promotore nei casi sub b) e sub c))
deve necessariamente partecipare alla gara, pena l’incameramento da parte della stazione appaltante
della cauzione.
Nel caso il progetto necessiti di modifiche si può utilizzare il dialogo competitivo, sempre che
ne ricorrano le condizioni. Questo inciso contenuto nella norma in esame induce a ritenere esistente
un’alternativa al dialogo competitivo, ma la disposizione non chiarisce quale. Si potrebbe, in tal caso,
ritenere che l’amministrazione stessa modifichi il progetto preliminare, adeguandolo alle modifiche
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richieste in sede di approvazione, predisponga il piano economico-finanziario ed indica una gara ai sensi
dell’art. 143 del Codice.
9. Lo svolgimento delle procedure ad iniziativa dei privati (commi 19-21)
Gli operatori economici possono presentare alle amministrazioni aggiudicatrici anche proposte
relative alla realizzazione di lavori o lavori di pubblica utilità, inclusa la locazione finanziaria, non
presenti nel piano triennale o negli strumenti di programmazione approvati dalle stesse sulla base della
normativa vigente.
Gli operatori economici che possono presentare tali proposte sono quelli individuati dal comma
21 e, precisamente:
a) soggetti in possesso dei requisiti del concessionario (analizzati al paragrafo 5.4);
b) soggetti di cui all’art. 34 e all’art. 90, comma 2, lettera b) 15 del Codice, eventualmente associati o
consorziati con enti finanziatori e con gestori di servizi;
c) soggetti che svolgono in via professionale attività finanziaria, assicurativa, tecnico-operativa, di
consulenza e di gestione nel campo dei lavori pubblici o di pubblica utilità e dei servizi alla
collettività, che nei tre anni hanno partecipato in modo significativo alla realizzazione di
interventi di natura ed importo almeno pari a quello oggetto della proposta (art. 96 del
Regolamento).
La proposta contiene un progetto preliminare, una bozza di convenzione, il piano economico-
finanziario asseverato e la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione.
La proposta deve essere corredata dalle autodichiarazioni relative al possesso dei requisiti di cui
al comma 21, dalla cauzione di cui all’art. 75 e dall’impegno a prestare una cauzione nella misura
dell’importo del 2,5% nel caso di indizione di gara. La cauzione ex art. 75 è volta a garantire la serietà
ed affidabilità dell’offerta, il possesso dei requisiti da parte del proponente e la partecipazione di
quest’ultimo alle fasi successive di gara.
Poichè la proposta nasce su iniziativa degli operatori economici si ritiene importante che nel
progetto siano indicati quali siano i benefici per l’amministrazione e il territorio e quali siano le ragioni
per la realizzazione dello stesso sulla base del PF.
L’amministrazione aggiudicatrice valuta, entro tre mesi, il pubblico interesse della proposta. A
tal fine l’amministrazione aggiudicatrice può invitare il proponente ad apportare al progetto preliminare
le modifiche necessarie per la sua approvazione. Se il proponente non apporta le modifiche richieste, la
proposta non può essere valutata di pubblico interesse.
Il progetto preliminare, eventualmente modificato, è inserito nella programmazione triennale di
cui all’art. 128 ed è posto in approvazione con le modalità indicate all’art. 97. In questa fase si procede,
quindi, alla conferenza dei servizi ad esito della quale possono essere richieste ulteriori modifiche, per la
sua approvazione definitiva. Anche in questo caso, se le modifiche non sono state apportate il progetto
non può essere approvato. Come già segnalato nell’analizzare la fase della programmazione, sarebbe
opportuno che nella fase di approvazione del progetto preliminare venissero garantire forme di
coinvolgimento degli utenti e dei residenti interessati dal progetto. Inoltre, l’amministrazione dovrebbe
15 Si tratta delle «società di ingegneria le società di capitali di cui ai capi V, VI e VII del titolo V del libro quinto del codice civile ovvero nella forma di società cooperative di cui al capo I del titolo VI del libro quinto del codice civile che non abbiano i requisiti di cui alla lettera a), che eseguono studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale. Ai corrispettivi relativi alle predette attività professionali si applica il contributo integrativo qualora previsto dalle norme legislative che regolano la Cassa di previdenza di categoria cui ciascun firmatario del progetto fa riferimento in forza della iscrizione obbligatoria al relativo albo professionale. Detto contributo dovrà essere versato pro quota alle rispettive Casse secondo gli ordinamenti statutari e i regolamenti vigenti».
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verificare se sono presenti quegli elementi che fanno preferire la scelta del Ppp rispetto all’appalto
tradizionale, analizzati nel paragrafo 5.2.
Il progetto preliminare approvato è posto a base di gara per l’affidamento di una concessione,
alla quale è invitato il proponente, che assume la denominazione di promotore. Nel bando
l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere ai concorrenti, compreso il promotore, la presentazione
di eventuali varianti al progetto. Nel bando è specificato che il promotore può esercitare il diritto di
prelazione.
I concorrenti, incluso il promotore, in possesso dei requisiti del concessionario (descritti al
paragrafo 6.4), devono presentare un’offerta contenente una bozza di convenzione, il piano
economico-finanziario asseverato, la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione,
nonché le eventuali varianti al progetto preliminare. I concorrenti devono prestare le garanzie di cui al
comma 13 dell’art. 153 (si veda il paragrafo 6.6).
Il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa (descritto al
paragrafo 6.7).
Se il promotore non è risultato aggiudicatario della gara può esercitare, entro quindici giorni
dalla comunicazione dell’aggiudicazione definitiva, il diritto di prelazione. In questo caso deve
impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte
dall’aggiudicatario, versando a quest’ultimo l’importo delle spese per la predisposizione dell’offerta nei
limiti del 2,5% del valore dell’investimento (comma 9 del citato art. 153).
Se il promotore non esercita il diritto di prelazione ha diritto di ricevere dall’aggiudicatario una
somma non superiore al 2,5% del valore dell’investimento a titolo di rimborso per la predisposizione
della proposta.
10. La finanza di progetto nei servizi
10.1 La concessione di servizi
Mentre il project financing nel settore dei lavori pubblici è regolato dettagliatamente dall’art. 153
del Codice, per la finanza di progetto nel settore dei servizi il Codice, all’art. 152, comma 3, si limita a
prevedere che «le disposizioni del presente Capo si applicano, in quanto compatibili, anche ai servizi,
con le modalità fissate dal regolamento». Tali modalità sono contenute nell’art. 278 del Regolamento.
Come già evidenziato, la fattispecie della concessione di servizi trova nel Codice una disciplina
“minimale” che si sostanzia nella previsione di una norma di chiusura, contenuta nell’art. 30 del Codice,
secondo la quale, salva l'applicazione di discipline specifiche che prevedono forme più ampie di
concorrenza, la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e
dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata
pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa
gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti
qualificati in relazione all'oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi.
Allo stato, dunque, in attesa di conoscere come sarà recepita la Direttiva 2014/23/UE, il Codice
prevede che le concessioni siano affidate mediante una gara informale con almeno cinque operatori
economici.
Tali scarne indicazioni devono, peraltro, essere lette alla luce delle regole enucleate dalla
Commissione europea, in particolar modo nella comunicazione interpretativa per l'aggiudicazione degli
39
appalti non o solo parzialmente disciplinati dalle direttive appalti pubblici (2006/C 179/02) e nella
comunicazione interpretativa sull'applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle
concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (2008/C 91/02).
Nelle comunicazioni citate, la Commissione pone l’accento soprattutto sull’obbligo di
trasparenza cui sono tenute le amministrazioni, obbligo che consiste nel garantire, in favore di ogni
potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità che consenta l’apertura dei contratti di servizi alla
concorrenza, nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione (cfr. Corte di
giustizia, sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98, considerato n. 62).
Il principio di trasparenza è poi strettamente legato a quello di non discriminazione, poiché
garantisce condizioni di concorrenza non falsate ed esige che le amministrazioni concedenti rendano
pubblica, con appropriati mezzi, la loro intenzione di ricorrere all’affidamento di una concessione.
Secondo le indicazioni della Commissione europea, tali forme di pubblicità devono contenere le
informazioni necessarie affinché potenziali concessionari siano in grado di valutare il loro interesse a
partecipare alla procedura, quali l’indicazione dei criteri di selezione ed attribuzione dei punteggi,
l’oggetto della concessione e delle prestazioni attese dal concessionario.
Il suddetto art. 278 introduce e disciplina - accanto al tradizionale modello di concessioni di
servizi cd. “ad iniziativa pubblica”, che trova la propria regolamentazione nel citato art. 30 del Codice –
l’ipotesi della concessione di servizi ad iniziativa privata, nella quale è il privato che può presentare
all’Amministrazione competente la propria proposta.
10.2 Le proposte da parte di privati
L’analisi dell’art. 278 del Regolamento evidenzia come il legislatore abbia inteso dettare una
disciplina del PF nei servizi il più possibile simile a quella dettata per i lavori, creando un modello non
eccessivamente difforme da quello già avviato e sperimentato nel settore delle opere pubbliche.
Il comma 1 del citato art. 278 prevede che le proposte ai fini dell’affidamento in PF di contratti
di concessione di servizi devono contenere uno studio di fattibilità, una bozza di convenzione, un piano
economico-finanziario asseverato dai soggetti indicati dall’art. 153, comma 9, del Codice, una
specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione, nonché l’indicazione degli elementi di
cui all’art. 83, comma 1 del Codice (criteri di valutazione per l’offerta economicamente più vantaggiosa)
e delle garanzie offerte dal promotore all’Amministrazione aggiudicatrice; le proposte indicano, inoltre,
l’importo delle spese sostenute per la loro predisposizione nel limite di cui all'art. 153, comma 9, ultimo
periodo, del Codice (2,5% del valore dell'investimento, come desumibile dallo studio di fattibilità).
Pertanto, la principale differenza rispetto al caso di proposte da parte di privati per i lavori
risiede nel fatto che alla base della proposta dei privati vi è uno studio di fattibilità e non un progetto
preliminare.
Secondo il successivo comma 2, qualora l’amministrazione si avvalga della facoltà di cui all’art.
271 del Regolamento - e, cioè, della facoltà di approvare il programma annuale per l’acquisizione di beni
e servizi relativi all’esercizio successivo - è ammessa la presentazione di proposte con riferimento a
servizi non indicati nel programma.
In tal caso, le amministrazioni valutano le proposte entro sei mesi dal loro ricevimento e
possono adottare, nell’ambito dei propri programmi, gli studi di fattibilità ritenuti di pubblico interesse;
come previsto dall’art. 153, comma 19, del Codice per le concessioni di lavori, tale adozione non
40
determina alcun diritto del proponente al compenso per le prestazioni compiute o alla gestione dei
servizi.
L’iter procedurale successivo alla presentazione della proposta può essere suddiviso in due
diverse fasi: una prima fase finalizzata alla valutazione della fattibilità della proposta presentata ed una
seconda fase volta alla scelta del concessionario. L’attività cui è tenuta l’Amministrazione in sede di
valutazione della proposta è individuata dal comma 3 dell’art. 278.
La fattibilità delle proposte presentate è valutata, da parte delle amministrazioni aggiudicatrici,
sotto il profilo della funzionalità, della fruibilità del servizio, dell’accessibilità al pubblico, del
rendimento, del costo di gestione e di manutenzione, della durata della concessione, delle tariffe da
applicare, della metodologia di aggiornamento delle stesse, del valore economico del piano e del
contenuto della bozza di convenzione; è verificata, inoltre, l’assenza di elementi ostativi alla loro
realizzazione.
Qualora vi siano più proposte, le stesse devono essere valutate comparativamente nel rispetto
dei principi di cui all’art. 30, comma 3, del Codice ovvero dei principi di trasparenza, adeguata
pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità.
Per quanto attiene alla fase di selezione dell’affidatario del servizio, il comma 4 dell’art. 278
statuisce che le amministrazioni procedono ad indire una gara informale ai sensi del citato art. 30,
comma 3, del Codice, ponendo a base di gara la proposta presentata dal promotore che deve essere
invitato a partecipare.
Pertanto, dal combinato disposto degli articoli 30, comma 3, del Codice e 278, comma 4, del
Regolamento emerge che l’individuazione del concessionario avviene tramite una gara informale alla
quale devono essere invitati almeno cinque concorrenti e nell’ambito della quale i criteri di selezione
devono essere, ovviamente, predeterminati dall'amministrazione aggiudicatrice.
Il medesimo comma 4 prosegue statuendo che, nella fase di scelta del concessionario, il
promotore può adeguare la propria proposta a quella giudicata dall’amministrazione più conveniente,
risultando in tal caso affidatario della concessione. È, quindi, previsto un diritto di prelazione a favore
del promotore attribuito per il solo fatto di aver provveduto alla presentazione della proposta.
Soprattutto per le concessioni di importo elevato appare opportuno che l’amministrazione
aggiudicatrice, invece di ricorrere ad una gara informale, si autovincoli con una procedura più
“garantista”, quale quella rappresentata dalla procedura ristretta.
Anche nell’ipotesi in esame, come avviene per l’affidamento della concessioni ex art. 30 del
Codice, viene fatta salva l’applicazione delle “discipline specifiche che prevedono forme più ampie di
tutela della concorrenza”.
Infine, con una previsione di chiusura, il comma 5 dell’art. 278 dispone che per tutto quanto
non espressamente regolato dalla norma si applicano le disposizioni del Codice e del Regolamento in
quanto compatibili, ovvero quelle relative al PF per i lavori, precedentemente esaminate.
10.3 L’opportunità della programmazione
L’art. 278 estende, dunque, al settore dei servizi la possibilità, prevista per i lavori dall’art. 153,
comma 19 del Codice, di presentare proposte per l’affidamento di concessioni di servizi al di fuori del
programma annuale facoltativo ex art. 271 del Regolamento. La norma di riferimento è, in proposito,
l’art. 271, comma 1, del Regolamento, secondo cui «ciascuna amministrazione aggiudicatrice può
41
approvare ogni anno un programma annuale per l’acquisizione di beni e servizi relativo all’esercizio
successivo».
Per i servizi e le forniture, al contrario di quanto avviene per i lavori, non è previsto un doppio
grado di programmazione (annuale e triennale), ma un unico atto che copre un arco temporale
piuttosto limitato (un anno), peraltro facoltativo.
Con riguardo al contenuto del programma annuale, l’art. 278 del Regolamento richiama, per
quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art.128, commi 2, ultimo periodo, 9, 10, e 11 del Codice.
Tra le disposizioni richiamate non compare tuttavia la previsione di cui al medesimo comma 2
dell’art. 128 del Codice (penultimo periodo), secondo cui, negli atti di programmazione le
amministrazioni aggiudicatrici individuano con priorità i bisogni che possono essere soddisfatti tramite
la realizzazione di lavori finanziabili con capitali privati, in quanto suscettibili di gestione economica.
Come già evidenziato nel paragrafo 4, si ritiene opportuno, per ragioni di trasparenza,
prevenzione della corruzione e controllo della spesa pubblica, che anche nei servizi si proceda ad
un’attenta programmazione. In assenza di programmazione, peraltro, la possibilità attribuita dall’art. 278
del Regolamento, di affidare la gestione di un servizio in concessione sulla base di una proposta
proveniente dal privato, comporta pericolose interferenze nell’attività propria dell’Amministrazione
relativa alla valutazione della pubblica utilità e priorità del servizio, senza che, tra l’altro, sia assicurata la
trasparenza delle scelte effettuate in merito all’intervento pubblico, cui l’istituto della programmazione
principalmente risponde.
10.4 I requisiti del proponente nei servizi
A differenza di quanto avviene per i lavori, l’art. 278 del Regolamento non specifica quali siano i
requisiti che il promotore deve possedere per la presentazione degli studi di fattibilità.
Se, da un lato, non sembra possa dubitarsi della necessità che il promotore debba essere in
possesso dei requisiti di carattere generale previsti dall’art. 38 del Codice, irrisolta appare, invece, la
questione relativa ai requisiti economici e tecnici dello stesso, che, in ogni caso, in analogia con quanto
previsto per i lavori, dovrebbero essere proporzionati alla proposta presentata.
La mancanza di previa determinazione potrebbe creare problemi laddove si consideri, da un
lato, che al promotore è attribuito un diritto di prelazione nella successiva gara per l’affidamento della
concessione e, dall’altro, che, come per i lavori, l’asseverazione del piano economico finanziario da
parte di una banca non implica un impegno giuridico al successivo finanziamento e non costituisce,
pertanto, garanzia di affidabilità economica della proposta.
Naturalmente l’amministrazione aggiudicatrice nel procedere alla gara con la proposta del
promotore deve individuare i requisiti di partecipazione dei concorrenti. In questa fase, per garantire la
par condicio tra i concorrenti anche il promotore, eventualmente associandosi con altre imprese, deve
possedere i requisiti previsti per il concessionario. Si tratta di una questione già affrontata e chiarita
dall’Autorità per le concessioni di lavori (si veda Determinazione 4 ottobre 2001, n. 2016).
11. Disciplina applicabile all’esecuzione del contratto
16 Sul punto si veda anche la Sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 15 aprile 2010, n. 2155.
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11.1 La disciplina applicabile
La disciplina delineata dal Codice e dal Regolamento per le concessioni realizzate tramite PF,
mentre risulta dettagliata per i profili inerenti l’affidamento, non lo è altrettanto per quanto riguarda
l’esecuzione dei lavori e per la successiva fase di gestione dell’opera17.
Invero, l’art. 152 del Codice, nel richiamare le norme applicabile al PF, enuclea soltanto quelle
relative alla fase di affidamento. Tuttavia, considerato che le procedure disciplinate dall’art. 153 portano
all’affidamento di una concessione di lavori (o di servizi), si ritiene debbano applicarsi anche le
disposizioni di cui all’art. 142 e ss. relative alla fase di esecuzione, che rimandano integralmente a
quanto previsto dal Codice e dal Regolamento per gli appalti di lavori e di servizi.
La disciplina contenuta nell’art. 142 regola poi non solo i rapporti tra concedente e
concessionario, ma anche quelli intercorrenti tra quest’ultimo e un appaltatore terzo, in quanto ai sensi
dell’art. 146, la stazione appaltante può:
a) imporre al concessionario di affidare a terzi appalti corrispondenti ad una percentuale non
inferiore al 30% del valore globale dei lavori oggetto della concessione. Tale aliquota minima
deve figurare nel bando di gara e nel contratto di concessione;
b) invitare i candidati a dichiarare nelle loro offerte la percentuale, ove sussista, del valore globale
dei lavori oggetto della concessione, che intendono appaltare a terzi.
L’art. 142 distingue, inoltre, il caso in cui il concessionario sia anche un’amministrazione
aggiudicatrice o un soggetto privato. Nel primo caso, agli appalti di lavori affidati dal concessionario,
analogamente a quanto previsto per la concessione, si applicano tutte le disposizioni del Codice, se non
espressamente derogate. Nel secondo caso, il comma 4 dell’art. 142, prevede che i concessionari siano
tenuti ad applicare per gli appalti affidati a terzi gli art. 149-151 e, in quanto compatibili e non
specificamente derogati, la normativa in materia di pubblicità e termini, requisiti generali, qualificazione
degli operatori economici, progettazione, contenzioso, ecc., e, per la fase di esecuzione, subappalto,
collaudo e piani di sicurezza.
Con riguardo agli ulteriori aspetti della disciplina, l’opera realizzata in regime di concessione
deve essere sottoposta – per espressa previsione normativa - sia al collaudo finale dell’opera (art. 142
del Codice) sia al collaudo in corso d’opera (art. 141 del Codice).
L’art. 141 stabilisce, al comma 8, nei casi di affidamento dei lavori in concessione, l’attribuzione
al responsabile del procedimento delle funzioni di vigilanza in tutte le fasi di realizzazione dei lavori,
verificando il rispetto della convenzione.
Conseguentemente, l’art. 10, lettera r) del Regolamento prevede tra le funzioni del responsabile
del procedimento quella «di vigilanza sulla realizzazione dei lavori nella concessione di lavori pubblici,
verificando il rispetto delle prescrizioni contrattuali».
Nel caso di affidamento della realizzazione dell’opera in regime di concessione, la normativa
vigente non definisce a priori le concrete modalità di svolgimento della funzione di vigilanza da parte
del responsabile del procedimento, ma stabilisce che queste, comunque obbligatorie anche nell’ipotesi
di affidamento a terzi della realizzazione dei lavori da parte del concessionario, debbano essere precisate
principalmente nell’ambito del contratto, giacché in quest’ultimo documento è possibile identificare
17 In mancanza di una chiara disciplina in materia, le stazioni appaltanti devono conformarsi ai contenuti giurisprudenziali e possono conformarsi, anche al fine della riduzione del contenzioso e del costo degli interventi, alle indicazioni fornite dall’Autorità. Si segnalano, inoltre, due importanti documenti contenenti linee guida in materia di esecuzione dei contratti di PF: documento congiunto Ance, Anci, Abi, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Legance, Linee guida per la predisposizione delle convenzioni di concessione e gestione, gennaio 2014, e Epec – European Ppp Expertise Center, Managing PPPs during their contract life. Guidance for sound management, marzo 2014.
43
maggiori o minori poteri riservati al committente e, pertanto, diverse conseguenti modalità di vigilanza
alle quali il responsabile del procedimento deve attenersi.
Con riferimento alla direzione dei lavori, gli artt. 130 del Codice dei contratti pubblici e 147 del
Regolamento prevedono che l’attività di direzione dei lavori sia espletata dalle amministrazioni
aggiudicatrici. Tali disposizioni si ritengono applicabili anche alle concessioni, non essendo stata
prevista alcuna deroga nella specifica disciplina dettata per le concessioni (alle quali si applicano le
disposizioni del Codice, salvo che non siano derogate nel Capo II ad esse dedicato - art. 142, comma 3).
Per gli affidamenti a terzi da parte del concessionario che riveste la natura di amministrazione
aggiudicatrice, questi sarà tenuto a nominare il direttore dei lavori in considerazione del rinvio
contenuto all’art. 142, comma 3, a tutte le disposizioni del Codice che non sono espressamente
derogate. Analogamente si ritiene che tale facoltà debba essere esercitata anche dal concessionario che
non sia amministrazione aggiudicatrice considerata la natura fiduciaria del direttore dei lavori.
Poiché il concedente è interessato alla corretta esecuzione del progetto nella sua unitarietà è
opportuno che adotti specifiche misure per verificare la coerenza e qualità dei lavori affidati dal
concessionario a imprese terze, ciò che può realizzarsi attraverso l’espressione di gradimento del
direttore dei lavori nominato dal concessionario oppure attraverso la previsione di uno specifico organo
con poteri di vigilanza.
Prima di analizzare il contenuto della convenzione, documento fondamentale per la regolazione
dei rapporti tra concedente e concessionario, appare necessario sottolineare come il d.l. 69/2013 ha
modificato l’art. 143, comma 5, prevedendo che «All’atto della consegna dei lavori il soggetto
concedente dichiara di disporre di tutte le autorizzazioni, licenze, abilitazioni, nulla osta, permessi o altri
atti di consenso comunque denominati previsti dalla normativa vigente e che detti atti sono legittimi,
efficaci e validi». La norma, evidentemente rivolta a velocizzare la fase di esecuzione, non specifica però
quali sono gli atti cui ci si riferisce, risultando volutamente aperta, sia per tener conto delle differenze
esistenti per tipologia di lavoro che di future modifiche normative al riguardo.
Pertanto, più dell’esplicitazione del contenuto della dichiarazione sembra opportuno
concentrarsi sulle modalità con cui deve essere predisposta tale dichiarazione. Appare, innanzitutto,
evidente che la dichiarazione debba essere sottoscritta dal concedente. È, inoltre, opportuno che nella
stessa siano indicati gli estremi con cui dette autorizzazioni sono state rilasciate e, per quanto possibile,
allegate alla convenzione. Al fine di ridurre il possibile contenzioso successivo, sarebbe infine
necessario che la dichiarazione sia sottoscritta dal concessionario, il quale dichiara che, per quanto di
sua conoscenza, l’esecuzione del lavoro non necessita di ulteriori autorizzazioni.
11.2 La convenzione
L’atto fondamentale che regola i rapporti tra concedente e concessionario è il contratto di
concessione o “convenzione”, nel quale devono essere appunto disciplinati i rapporti tra
amministrazione concedente e concessionario per tutta la durata della concessione. Si ricorda che la
bozza di convenzione è un documento fondamentale già per l’affidamento della concessione, dovendo
essere presente nelle offerte dei concorrenti nei casi di gara unica e doppia gara, nelle proposte dei
privati per le concessioni ex commi 16 e 19, nonché nelle proposte dei privati per i servizi.
Il contratto rappresenta l’insieme di obblighi giuridici reciprocamente assunti dalle parti, ovvero
il bilanciamento tra i vari interessi coinvolti; deve, quindi, dare atto di tutte le componenti economiche,
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gestionali, amministrative dell’operazione, bilanciate in maniera da assicurare l’equilibrio economico
finanziario.
L’art. 115 del Regolamento individua puntualmente quali devono essere i contenuti minimi
dello schema di contratto di concessione:
a) le condizioni relative all'elaborazione da parte del concessionario del progetto dei lavori da
realizzare e le modalità di approvazione da parte dell'amministrazione aggiudicatrice;
b) l'indicazione delle caratteristiche funzionali, impiantistiche, tecniche e architettoniche dell'opera
e lo standard dei servizi richiesto;
c) i poteri riservati all'amministrazione aggiudicatrice, ivi compresi i criteri per la vigilanza sui
lavori da parte del responsabile del procedimento;
d) la specificazione della quota annuale di ammortamento degli investimenti;
e) l'eventuale limite minimo dei lavori da appaltare obbligatoriamente a terzi secondo quanto
previsto nel bando o indicato in sede di offerta;
f) le procedure di collaudo;
g) le modalità ed i termini per la manutenzione e per la gestione dell'opera realizzata, nonché i
poteri di controllo del concedente sulla gestione stessa;
h) le penali per le inadempienze del concessionario, nonché le ipotesi di decadenza della
concessione e la procedura della relativa dichiarazione;
i) le modalità di corresponsione dell'eventuale prezzo, anche secondo quanto previsto dall’articolo
143, comma 5, del codice18;
l) i criteri per la determinazione e l'adeguamento della tariffa che il concessionario potrà riscuotere
dall'utenza per i servizi prestati;
m) l'obbligo per il concessionario di acquisire tutte le approvazioni necessarie oltre quelle già
ottenute in sede di approvazione del progetto;
n) le modalità ed i termini di adempimento da parte del concessionario degli eventuali oneri di
concessione, comprendenti la corresponsione di canoni o prestazioni di natura diversa;
o) le garanzie assicurative richieste per le attività di progettazione, costruzione e gestione;
p) le modalità, i termini e gli eventuali oneri relativi alla consegna del lavoro all'amministrazione
aggiudicatrice al termine della concessione;
q) nel caso di cui all’articolo 143, comma 5, del codice, le modalità dell’eventuale immissione in
possesso dell’immobile anteriormente al collaudo dell’opera;
r) il piano economico – finanziario di copertura degli investimenti e della connessa gestione
temporale per tutto l’arco temporale prescelto;
s) il corrispettivo per il valore residuo dell’investimento non ammortizzato al termine della
concessione19.
18 L’art. 143, comma 5, prevede a sua volta: «Le amministrazioni aggiudicatrici, previa analisi di convenienza economica, possono prevedere nel piano economico finanziario e nella convenzione, a titolo di prezzo, la cessione in proprietà o in diritto di godimento di beni immobili nella loro disponibilità o allo scopo espropriati la cui utilizzazione ovvero valorizzazione sia necessaria all’equilibrio economico-finanziario della concessione. Le modalità di utilizzazione ovvero di valorizzazione dei beni immobili sono definite dall’amministrazione aggiudicatrice unitamente all’approvazione ai sensi dell’articolo 97 del progetto posto a base di gara, e costituiscono uno dei presupposti che determinano l’equilibrio economico-finanziario della concessione. Nel caso di gara indetta ai sensi dell’articolo 153, le predette modalità di utilizzazione ovvero di valorizzazione sono definite dall’amministrazione aggiudicatrice nell’ambito dello studio di fattibilità». 19 Un possibile schema di convenzione è contenuto nei citati documento Ance et. Al. ed Epec, nonché in Utfp, Partenariato Pubblico-Privato per la realizzazione di strutture ospedaliere. Un modello di convenzione di concessione di lavori, marzo 2008. L’Autorità intende procedere all’adozione di uno schema di convenzione tipo a seguito dell’adozione della presente determinazione e del recepimento delle Direttive in materia di appalti e concessioni.
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Poiché ciò che differenzia la concessione dal contratto d’appalto è la ripartizione del rischio tra
amministrazione e concessionario, appare evidente che nella convenzione debbano essere presenti gli
elementi necessari per una chiara allocazione dei rischi, ovvero diritti e obblighi del concedente e del
concessionario. Si ricorda, tra l’altro, che le modalità di ripartizione dei rischi rappresentano un
elemento fondamentale per la contabilizzazione dell’intervento, ai fini dei bilanci pubblici.
Considerato che nella concessione, al rischio proprio dell’appalto, si aggiunge il rischio di
mercato, nella convenzione dovranno chiaramente essere disciplinate le situazioni per le quali
andamenti difformi rispetto a quelli preventivati all’atto di sottoscrizione del contratto possano
condurre ad una revisione dello stesso, a favore del concessionario o del concedente, e quelle che
invece determineranno una riduzione o aumento degli introiti (e, quindi, possibili perdite o guadagni
ulteriori) per il concessionario.
In particolare, con riferimento all’esigenza di riequilibrio del piano economico e finanziario, la
convenzione dovrà stabilire quali siano gli eventi straordinari e non attribuibili a responsabilità del
concessionario in grado di influenzare la realizzazione e la gestione dell’opera, come possibili ritardi nei
processi autorizzativi, inadempimenti del concedente, modifiche normative e cause di forza maggiore,
che determinano ritardi importanti nel cronoprogramma.
Per quanto riguarda le situazioni che possono determinare benefici a favore della stazione
appaltante dovrebbero essere inserite clausole di “benefit sharing” che consentono di ottenere vantaggi a
seguito, ad esempio, di sopravvenute innovazioni tecnologiche o varianti che determinano riduzioni dei
costi di costruzione dell’opera o, ancora, modifiche del regime fiscale, in senso positivo per il
concessionario.
L’art. 143, comma 8, del Codice prevede che le variazioni apportate dalla stazione appaltante ai
presupposti che hanno determinato il piano economico e finanziario posto a fondamento del contratto,
nonché le norme legislative e regolamentari che stabiliscano nuovi meccanismi tariffari o che comunque
incidono sull'equilibrio del piano economico finanziario, comportano la sua necessaria revisione, da
attuare mediante rideterminazione delle nuove condizioni di equilibrio, anche tramite la proroga del
termine di scadenza delle concessioni. Il comma 8-bis, introdotto dall’art. 19, comma 1, lettera a), della
legge n. 98 del 2013 afferma che «La convenzione definisce i presupposti e le condizioni di base del
piano economico-finanziario le cui variazioni non imputabili al concessionario, qualora determinino
una modifica dell'equilibrio del piano, comportano la sua revisione. La convenzione contiene inoltre
una definizione di equilibrio economico finanziario che fa riferimento ad indicatori di redditività e di
capacità di rimborso del debito, nonché la procedura di verifica e la cadenza temporale degli
adempimenti connessi».
Pertanto, ai sensi del comma 8-bis è necessario che nella convenzione siano specificati i
presupposti e le condizioni dell’equilibrio economico e finanziario, attraverso il riferimento a parametri
quantitativi, oggettivamente determinati e determinabili, e riferiti all’intera vita della concessione. Tra le
condizioni e i presupposti dovrebbero essere compresi i dati relativi all’importo degli investimenti, al
costo di costruzione, ai prezzi e alle tariffe unitarie, alle loro modalità di aggiornamento, alla durata della
concessione, al valore del contributo pubblico.
Inoltre, la convenzione deve definire in modo chiaro e misurabile l’equilibrio economico
finanziario facendo riferimento al valore degli indicatori di redditività, quali il tasso interno di
rendimento (Tir) dei mezzi propri, il Tir del progetto o il valore attuale netto (Van).
Per quanto concerne la capacità di rimborso del debito, si deve fare riferimento a indicatori
quali il DSCR (ovvero il Debt Service Cover Ratio, rapporto tra il flusso di cassa di periodo disponibile per
il servizio del debito, annuale o semestrale, e il servizio del debito, capitale e interessi, relativo allo
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stesso periodo di riferimento), o al LLCR (ovvero il Loan Life Cover Ratio, il rapporto tra il valore attuale
netto dei flussi di cassa nel periodo di durata del finanziamento e il valore attuale del debito).
In mancanza della predetta revisione del PEF il concessionario può recedere dal contratto. Al
riguardo, si evidenzia l’opportunità che nella convenzione siano specificatamente individuati i diritti di
natura patrimoniale conseguenti al recesso del concessionario ex art. 143 comma 8, richiamando
l’attenzione delle stazioni appaltanti sulla necessità che, anche in tale fase, occorrerà prestare attenzione
a che permanga una corretta allocazione dei rischi tra partner privato e amministrazione. Pertanto, tali
diritti patrimoniali conseguenti al recesso non potranno assumere una dimensione ed un contenuto tale
da azzerare i rischi assunti dal concessionario.
In merito alla possibilità di introdurre modifiche ai contratti di concessione, la Direttiva
2014/23/UE, all’art. 43, elenca i casi in cui è possibile modificare le concessioni senza una nuova
procedura di aggiudicazione.
In linea generale, si procede ad una distinzione tra situazioni in cui vengono apportate
modifiche sostanziali alla concessione iniziale e circostanze che implichino modifiche di minor impatto
sul valore del contratto (Considerandi 75 e 76). Una nuova procedura di aggiudicazione si rende sempre
necessaria quando intervengano variazioni della concessione inerenti in particolare il suo ambito di
applicazione o il contenuto dei diritti e degli obblighi reciproci delle parti; condizioni che, se conosciute
prima e incluse negli atti di gara, avrebbero potuto comportare un esito diverso della procedura di
aggiudicazione.
Nei casi in cui, invece, intervengano circostanze non prevedibili ex ante «nonostante una
ragionevole e diligente preparazione dell’aggiudicazione iniziale da parte delle amministrazioni
aggiudicatrici o dell’ente aggiudicatore, tenendo conto dei mezzi a sua disposizione, della natura e delle
caratteristiche del progetto specifico, delle buone prassi del settore e della necessità di garantire un
rapporto adeguato tra le risorse investite e nel preparare l’aggiudicazione e il suo valore prevedibile»,
quindi secondo il criterio di normale diligenza, si può procedere alla revisione del piano economico-
finanziario, senza procedere ad una nuova aggiudicazione.
Tuttavia, la revisione è subordinata al ricorrere di alcune condizioni: a) l’imprevedibilità delle
circostanze sopraggiunte; b) la possibilità di modificare il contenuto del contratto senza alterare la
natura generale della concessione; c) nel caso di concessioni aggiudicate dall’amministrazione
aggiudicatrice allo scopo di svolgere un’attività diversa da quelle di cui all’allegato II, dei settori cd.
speciali, l’eventuale aumento di valore non superiore al 50% del valore della concessione iniziale.
Si può procedere sempre a una revisione della concessione, indipendentemente dal valore
finanziario del contratto: a) se si tratta di modifiche non sostanziali nel contratto; b) se le modifiche
sono state previste nei documenti di gara iniziali, in clausole chiare, precise e inequivocabili, che
possono comprendere clausole di revisione dei prezzi, o opzioni; c) per lavori o servizi supplementari
che si sono resi necessari e non erano inclusi nella concessione iniziale quando non sia ipotizzabile un
cambiamento del concessionario per motivi economici o tecnici quali il requisito d’intercambiabilità o
interoperatività tra apparecchiature servizi o impianti esistenti o perché comporti per l’amministrazione
notevoli disguidi consistenti nella duplicazione dei costi.
In caso di più modifiche successive, le limitazioni si applicano al valore di ciascuna modifica. Le
modifiche successive non devono essere intese ad aggirare le indicazioni contenute nella direttiva.
Un’ulteriore ipotesi di modifica è quella in cui si renda necessario il cambiamento del
concessionario, nelle circostanze riconducibili a quelle già previste dal nostro ordinamento all’art. 159
del Codice per il subentro, ovvero la risoluzione della concessione per fatto del concessionario
(successione a seguito di fusioni societarie, ristrutturazioni, acquisizioni o insolvenza), e all’art. 51,
concernente vicende soggettive dell’aggiudicatario.
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Con particolare riferimento al subentro ai sensi dell’art. 159 del Codice, si sottolinea la necessità
che il termine per la designazione della società subentrante da parte degli enti finanziatori del progetto,
fissato nel contratto o in mancanza assegnato dall’amministrazione, sia congruo, avuto riguardo anche
alla complessità delle attività preliminari necessarie a tale designazione. Inoltre, in attesa
dell’emanazione del decreto del Ministero delle infrastrutture di cui al comma 2 dell’art. 159 del Codice,
il contratto dovrà puntualmente disciplinare i criteri e le modalità di attuazione del subentro.
Infine, per quanto concerne la sostituzione del concessionario al termine del periodo di
scadenza della concessione appare opportuno, così come deve avvenire per gli appalti di servizi, che il
bando per il nuovo affidamento sia predisposto con congruo anticipo, in modo da non dover prevedere
poi la necessità di proroghe dell’affidamento. Qualora sia previsto un corrispettivo per il valore residuo
dell’investimento si suggerisce che questo sia posto a carico del nuovo concessionario e che l’effettivo
pagamento del corrispettivo sia una condizione imprescindibile per il subentro. Il ritardo del pagamento
può giustificare la prosecuzione dell’attività del precedente gestore, che deve essere congruamente
remunerato, secondo quanto previsto nella convenzione per la gestione, e non può essere causa di una
proroga della durata della concessione per il nuovo affidatario oltre il termine fissato nel bando.
Approvato dal Consiglio nella seduta del 23 settembre 2015
Il Presidente
Raffaele Cantone
Depositato presso la segreteria del Consiglio in data 14 ottobre 2015 Il Segretario Maria Esposito