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Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Prof ... · continuativo, creando pregiudizio per...

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Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa Coordinamento regionale delle CNA-Associazioni provinciali della Campania Sede: Avellino, Via Pironti 1/b – Tel. 0825 783345 Fax 0825 780252 pec: [email protected] - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Prof. Giovanni Pitruzzella [email protected] - Giunta Regionale della Campania – Presidente: On. Stefano Caldoro [email protected] - Consiglio Regionale della Campania – Presidente: On. Pietro Foglia dipartimento.legislativo.segreteria@consiglio.regione.campania.it - Presidente Commissione d’Inchiesta Anticamorra: On. Angela Cortese [email protected] - Presidente V Commissione Consiliare Permanente: Sanità e Servizi Sociali On. Michele Schiano Di Visconte [email protected] - Presidente III Commissione Consiliare Permanente – Attività Produttive On. Giovanni Baldi [email protected] - Presidente I Commissione Consiliare Permanente Affari Istituzionali, Piccoli Comuni On. Angelo Marino [email protected] - Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Politiche Comunitarie Sottosegretario : On. Sandro Gozi [email protected] - Dipartimento per gli Affari Regionali Ministro: On. Maria Carmela Lanzetta [email protected] - Ufficio Territoriale di Governo di - Napoli: Eccellenza Francesco Antonio Musolino [email protected] - Salerno: Eccellenza Gerarda Maria Pantalone [email protected] - Caserta: Eccellenza Carmela Pagano [email protected] - Avellino: Eccellenza Carlo Sessa [email protected] - Benevento: Eccellenza Paola Galeone [email protected] - A.N.C.I. Campania – Presidente: On. Francesco Paolo Iannuzzi [email protected] Per conoscenza: Gruppi Consiglio Regionale Campania, Parlamentari nazionali della Campania, Comuni capoluogo di Provincia della Campania, Associazioni Datoriali, Sindacati dei Lavoratori, Associazioni dei Consumatori, Associazioni Antiracket . Oggetto: Legge Regionale Campania n. 12/2001 e s.m.i., come modificata dalla L.R. campania n. 7/2013 Rilievi di illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 10, 11, 41, e 117, comma 1 e comma 2, lett. e), l) ed m) della Costituzione. Con la Legge Regionale n. 7 del 25 luglio 2013 la Regione Campania ha apportato modifiche alla Legge Regionale n. 12/2001 – Disciplina ed armonizzazione delle attività funerarie - Alcune delle modifiche introdotte mettono a serio rischio l’esistenza di tante piccole imprese del settore, a danno del libero mercato e della libera concorrenza, ma soprattutto a danno dei “clienti” che vedranno sicuramente lievitare i costi dei servizi funerari per il trasporto delle salme se il mercato sarà lasciato in mano a “pochi”. Alcune modifiche della normativa, oltre a risultare palesemente illegittime e incostituzionali, in controtendenza con gli orientamenti europei e nazionali, impongono alle imprese di avere in dotazione di organico almeno quattro operatori assunti con contratto di lavoro subordinato e
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Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa Coordinamento regionale delle CNA-Associazioni provinciali della Campania Sede: Avellino, Via Pironti 1/b – Tel. 0825 783345 Fax 0825 780252 pec: [email protected]

- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Prof. Giovanni Pitruzzella [email protected]

- Giunta Regionale della Campania – Presidente: On. Stefano Caldoro [email protected]

- Consiglio Regionale della Campania – Presidente: On. Pietro Foglia dipartimento.legislativo.segreteria@consiglio.regione.campania.it

- Presidente Commissione d’Inchiesta Anticamorra: On. Angela Cortese [email protected]

- Presidente V Commissione Consiliare Permanente: Sanità e Servizi Sociali On. Michele Schiano Di Visconte [email protected]

- Presidente III Commissione Consiliare Permanente – Attività Produttive On. Giovanni Baldi [email protected]

- Presidente I Commissione Consiliare Permanente Affari Istituzionali, Piccoli Comuni On. Angelo Marino [email protected]

- Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Politiche Comunitarie – Sottosegretario : On. Sandro Gozi

[email protected]

- Dipartimento per gli Affari Regionali – Ministro: On. Maria Carmela Lanzetta [email protected]

- Ufficio Territoriale di Governo di - Napoli: Eccellenza Francesco Antonio Musolino [email protected] - Salerno: Eccellenza Gerarda Maria Pantalone [email protected] - Caserta: Eccellenza Carmela Pagano [email protected] - Avellino: Eccellenza Carlo Sessa [email protected] - Benevento: Eccellenza Paola Galeone [email protected]

- A.N.C.I. Campania – Presidente: On. Francesco Paolo Iannuzzi [email protected]

Per conoscenza: Gruppi Consiglio Regionale Campania, Parlamentari nazionali della Campania, Comuni capoluogo di Provincia della Campania, Associazioni Datoriali, Sindacati dei Lavoratori, Associazioni dei Consumatori, Associazioni Antiracket .

Oggetto: Legge Regionale Campania n. 12/2001 e s.m.i., come modificata dalla L.R. campania n. 7/2013 Rilievi di illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 10, 11, 41, e 117, comma 1 e comma 2, lett. e), l) ed m) della Costituzione.

Con la Legge Regionale n. 7 del 25 luglio 2013 la Regione Campania ha apportato modifiche alla Legge Regionale n. 12/2001 – Disciplina ed armonizzazione delle attività funerarie - Alcune delle modifiche introdotte mettono a serio rischio l’esistenza di tante piccole imprese del settore, a danno del libero mercato e della libera concorrenza, ma soprattutto a danno dei “clienti” che vedranno sicuramente lievitare i costi dei servizi funerari per il trasporto delle salme se il mercato sarà lasciato in mano a “pochi”. Alcune modifiche della normativa, oltre a risultare palesemente illegittime e incostituzionali, in controtendenza con gli orientamenti europei e nazionali, impongono alle imprese di avere in dotazione di organico almeno quattro operatori assunti con contratto di lavoro subordinato e

continuativo, creando pregiudizio per molti imprenditori operanti da anni e precludendo la possibilità di apertura di nuove attività. Dalle notizie che ci giungono, sul territorio campano, già si stanno creando accordi, consorzi e altre forme di collaborazioni, palesi o meno, che hanno il solo fine di fare “cartello”, il solo scopo di eliminare dal mercato i “piccoli” imprenditori per imporre tariffe che in alcuni casi potrebbero anche più che raddoppiare. Lo spirito della Legge in oggetto non era certo questo. L’obiettivo era quello di disporre un testo che ponesse delle regole certe nel settore e creasse servizi sicuri e professionali per i cittadini. Le disposizioni introdotte dovrebbero anche contrastare i fenomeni di infiltrazioni camorristiche, che da sempre interessano tale “mercato”. L’effetto prodotto, però, se la normativa restasse tale, potrebbe essere addirittura contrario. Si fa notare che, per effetto di tale normativa, più dell’80% delle attuali attività funerarie sono a rischio di abbandono del servizio e delle circa 450 presenti sul territorio regionale, nella migliore delle ipotesi, potrebbero restarne meno di 200. Poche sono le attività “conformi” al testo approvato e, molte di queste, già occupano posizioni dominanti nell’intera Regione. Questi “pochi” hanno da tempo iniziato una attività capillare sul territorio per fagocitare le piccole imprese che, fino ad oggi, tra tante difficoltà, hanno avuto una funzione calmierante per le tariffe dei servizi. La legge regionale 7/2013 appare come lo strumento ad hoc per completare quell’azione “egemonizzante” sempre perseguita ma mai pienamente finalizzata dagli imprenditori che dettano le regole. E’ solo il caso di evidenziare che in un periodo di crisi come quello attuale, le imprese che hanno maggiore capacità di investimento, soprattutto in termini di assunzione immediata di personale, molto spesso sono quelle che hanno l’esigenza di portare in chiaro entrate di dubbia provenienza. Perciò, si rischia di far diventare una misura ideata per la difesa contro la criminalità organizzata una misura che, invece, sicuramente ne favorirà anche i suoi interessi. La stessa Commissione d’Inchiesta Anticamorra del Consiglio Regionale della Campania aveva, all’unanimità dei voti, approvato un testo di Progetto di Legge che consentiva alle imprese operanti di servirsi di personale per il trasporto delle salme con varie forme di lavoro consentite dalla Legge nazionale, compresi i collaboratori familiari, soci lavoratori, lavoratori intermittenti, creazione di consorzi, ecc. . Nella stesura definitiva della Legge regionale, invece, queste possibilità vengono escluse e, addirittura, sono consentiti solo consorzi tra imprese già in possesso dei requisiti richiesti, quindi solo tra imprese che abbiano le quattro figure assunte con contratto di lavoro subordinato e continuativo. Al fine di valutare la legittimità e la costituzionalità delle disposizioni contenute nella legge regionale in oggetto e per meglio considerare gli effetti possibili derivanti dall’applicazione della stessa, la scrivente Associazione ha elaborato, anche con il supporto di esperti tecnici e legali, uno studio/ricerca di valutazione che costituisce la base per la richiesta che con la presente si formalizza. Si vuole sperare che la legge approvata dal Consiglio Regionale sia stato solo il frutto di una superficiale e errata valutazione degli effetti che tale normativa avrebbe prodotto. Pertanto, confidando nella buona fede dei rappresentanti delle forze politiche che all’unanimità l’hanno approvata, speriamo che le stesse si facciamo promotrici di adeguate iniziative per la sua abrogazione. In assenza di adeguate iniziative “politiche” da parte della Regione Campania, considerata la gravità della situazione, si chiede a tutti gli Enti/Organismi in indirizzo di voler considerare quanto

da noi “motivato” con minuzioso approfondimento e, se del caso, attivare le procedure necessarie per giungere all’abrogazione di quelle norme che, oltre ad apparire palesemente incostituzionali, risultano essere ingiuste e, persino, pericolose. Con l’applicazione della Legge Regionale 7/2013, si sta rischiando di legalizzare vecchie pratiche e loschi intenti che, invece, andrebbero combattuti con forza da tutti i soggetti istituzionali della Campania, adottando strumenti adatti e giusti per contrastare le sopraffazioni e il malaffare. Il racket del “caro estinto” si combatte con misure che mirano a colpire chi questa pratica la esercita, non chi la subisce. Confidando nell’interessamento degli Illustri rappresentanti in indirizzo, si coglie l’occasione per ribadire immutata fiducia nelle Istituzioni dello Stato da parte della scrivente Confederazione, anche a nome degli operatori della categoria.

Avellino, 23 settembre 2014

Con osservanza

Per il Coordinamento Regionale (Lucio Fierro)

______________________________

A norma di Legge si richiede comunicazione di decisioni assunte e/o procedimenti attivati, indicando nel sig. Berardino Pesce l’incaricato responsabile a seguire il procedimento e per eventuali comunicazioni in merito.

Berardino Pesce: presso CNA Avellino – 83100 Avellino, Via Pironti n. 1/b Tel. 0825 783345 Fax 0825 780252

PEC: [email protected] E mail: [email protected] cell. 347 2141397

Si allega: “STUDIO/RICERCA” di valutazione Per il Coordinamento Regionale

(Lucio Fierro)

______________________________

Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa Coordinamento regionale delle CNA-Associazioni provinciali della Campania Sede: Avellino, Via Pironti 1/b – Tel. 0825 783345 Fax 0825 780252 pec:[email protected]

Il D.Lgs. 59/2010 recepimento dellaDirettiva 2006/123/CE- Relativa ai servizi nel mercato interno

“effetti sull’ordinamento legislativo delle Regioni e sull’applicazione da parte dei Comuni”

con riferimento alla Legge Regionale della Campania n. 12/2001

come modificata dalla L.R. n. 7/2013 (Disciplina di armonizzazione delle attività funerarie)

STUDIO DI VALUTAZIONE

profili di incostituzionalità della L.R. Campania n. 12/2001 e s.m.i.

QUADRO NORMATIVO CONSIDERATO Legge 7/8/1990 n. 241 Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai

documenti amministrativi D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 Approvazione del regolamento di polizia mortuaria

Circolare Min. Sanità 24 giugno 1993, N. 24 Circolare esplicativa: Regolamento di Polizia Mortuaria, approvato con D.P.R. 285/90 L. R. Campania 24 novembre 2001 n. 12. Disciplina ed armonizzazione delle attività funerarie

Direttiva 2006/123/CE Relativa ai servizi nel mercato interno (c.d. “direttiva servizi" ovvero direttiva Bolkenstein)

L.R. Campania 21-1-2010 n. 2. - Art. 75 Legge finanziaria anno 2010 - Art.75 - Modifiche e integrazioni alla L.R. 12/2001 D.Lgs. 26-3-2010 n. 59 Recepimento della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno

Regolamento Regione Campania 11/2010 del 9/04/2010

Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania N. 94 del 9 aprile 2010 – Regolamento di attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno;

Legge 30-7-2010 n. 122 Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica D.G.R. Campania n. 816 del 26/11/2010 Individuazione dei procedimenti regionali incompatibili con le disposizioni cogenti della

c.d. Direttiva Servizi”. D.L. 13-8-2011 n. 138 - L. 14-9-2011 n. 148 Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo

D.L. 6-12-2011 n. 201 - L. 22-12-2011 n. 214 Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici (c.d. Decreto Salva Italia)

D.L. 24-1-2012 n. 1 - L. 24-4- 2012 n. 27 Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività (c.d. Decreto Cresci Italia)

D.L. 9-2-2012 n. 5 - L. 4-4-2012 n. 35 Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo D.Lgs. 6 agosto 2012, n. 147 disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, recante

attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno Delibera AGCM AS1055 del 14 giugno 2013 Disciplina Servizi Funebri

L.R. Campania 25 luglio 2013 n. 7 Modifiche e integrazioni alla L.R. 12/2001 (Disciplina ed armonizzazione delle attività funerarie)

Interpello Ministero del Lavoro n. 9/2014 del 25 marzo 2014

Risposta Ministero del Lavoro- Interpello: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – lavoro intermittente – R.D. n. 2657/1923 – personale delle aziende funebri

Elaborazione a cura del Centro Studi e Servizi della CNA Agosto 2014

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INDICE Premessa

L’ORDINAMENTO NAZIONALE E COMUNITARIO E IL CONFLITTO CON LE REGIONI pag. 3 La L.R. Campania n. 7/2013 pag. 4

1.1 L’evoluzione normativa nazionale e comunitaria in materia di tutela della concorrenza pag. 4 1.2 Decreto Legislativo n. 59/2010 - Ambito di applicazione pag. 5 1.3 Le materie escluse dal campo di applicazione del D.Lgs. 59/2010 pag. 5 1.4 I Principi fondamentali e la “Parte prima” del D.Lgs. 59/2010 pag. 5 1.5 La “Parte seconda” del D.Lgs. 59/2010 e la clausola di cedevolezza pag. 7

2 Le Regioni e l’attuazione dell’Ordinamento comunitario pag. 7 3 Definizione di “impresa funebre” nel sistema normativo nazionale pag. 8

3.1 Illegittima imposizione di esercitare congiuntamente prestazioni e servizi - L.R. 12/2001 e s.m.i. Pag. 10 3.2 Attività funerarie e applicabilità del D.Lgs. 59/2010 pag. 11

4 La L.R. 12/2001 e s.m.i. nel contesto nazionale e comunitario pag. 11 4.1 Il D.Lgs. 59/2010 e le disposizioni in tema “Autorizzazioni” pag. 15 4.2 Sistemi sostitutivi dei regimi autorizzatori previsti dal D.Lgs. 59/2010 pag. 15 4.3 Mancata sussistenza di motivi imperativi di interesse generale – L.R. 12/2001 pag. 15 4.4 Applicazione della SCIA in sostituzione del regime autorizzatorio pag. 16

5 Illegittimità e inapplicabilità - Dotazione minima di personale per sedi e filiali – L.R. 12/2001 e s.m.i. pag. 16 6 Disposizioni della L.R. Campania 12/2001 e s.m.i. in contrasto con norme statali e comunitarie pag. 19 7 Considerazioni in diritto pag. 21 8 Considerazioni in fatto pag. 23

8.1 Analisi delle disposizioni dell’Allegato “A” della L.R. 12/2001 e s.m.i. pag. 23 8.2 Le “filiali” pag. 26 8.3 Il “piano di contrasto” alle norme nazionali e comunitarie della L.R. 7/2013 pag. 27 8.4 I Comuni tra irregolarità e inadempienze pag. 27 8.5 Controlli e sanzioni, tra certezze e dimenticanze pag. 28 8.6 Norme discriminanti e pregiudizievoli per i piccoli imprenditori pag. 30 8.7 I possibili effetti dell’applicazione della L.R. 7/2013 pag. 31

9 Valutazioni politico/sindacali pag. 33 9.1 Lotta al racket e alle irregolarità: sarà vera lotta? pag. 33 9.2 I “colletti bianchi” del settore funebre e la politica distratta pag. 34 9.3 Il testo approvato dalla commissione Anticamorra e il testo definitivo della L.R. 7/2013 pag. 37

Conclusioni pag. 39 A seguire: riferimenti richiamati

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PREMESSA L’ORDINAMENTO NAZIONALE E COMUNITARIO E IL CONFLITTO CON LE REGIONI

La giurisprudenza costituzionale nei rapporti tra Stato e Regioni. Le questioni di legittimità costituzionale per violazione della competenza statale in materia di tutela della concorrenza e di

apertura dei mercati (art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione Nel corso degli ultimi anni il conflitto tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome ha fatto registrare un ulteriore nuovo “fronte” rappresentato dalla sempre più frequente violazione, da parte delle regioni (e delle province autonome) dei principi comunitari e statali in materia di tutela della concorrenza e del mercato. I vincoli derivanti dal diritto comunitario e le sempre più frequenti leggi statali volte a garantire un’effettiva apertura dei mercati hanno reso sempre più angusti gli spazi in cui può inserirsi la regolamentazione regionale con conseguente emersione di conflitti politico-istituzionali in una materia che, ricordiamo, la Costituzione riserva in via esclusiva allo Stato (art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione). Il contrasto istituzionale in materia risulta, almeno in parte, da una eccessiva estensione dell’esercizio della potestà legislativa (residuale) in materia di commercio da parte delle Regioni e delle Province autonome. Infatti, nonostante i ripetuti dicta dei giudici costituzionali, in questo campo si registra un sistematico superamento dei limiti alla suddetta potestà legislativa derivanti dal rispetto dei principi in materia di tutela della concorrenza. La Corte costituzionale in più occasioni ha avuto modo di precisare che, nel disciplinare la materia del commercio, le Regioni (e le Province autonome) non possono introdurre disposizioni che riducono le misure (comunitarie e statali) volte ad assicurare l’effettiva concorrenza e libertà dei mercati ma, al più, possono introdurre misure pro concorrenziali ulteriori rispetto a quelle fissate a livello comunitario e statale (Corte Costituzionale, sentenze n. 431/2007, n. 160/2009, n. 45/2010 e n. 43/2011). L’errata interpretazione, da parte del legislatore regionale, dei limiti derivanti dal doveroso rispetto dei principi comunitari e statali volti a garantire la tutela della concorrenza ed il corretto funzionamento dei mercati hanno indotto la stessa Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella relazione al Parlamento per l’anno 2010 a sottolineare che “in molti ambiti economici, le normative regionali contrastano con gli interventi nazionali di liberalizzazione” e che “l’esercizio della potestà legislativa esclusiva o concorrente delle Regioni rischia di compromettere l’efficacia dei processi di apertura avviati a livello nazionale o, quantomeno, di impedirne una omogenea applicazione nelle diverse aree geografiche del Paese, con effetti discriminatori per le imprese a seconda della localizzazione sul territorio e con grave pregiudizio per lo sviluppo e dell’economia nazionale”. La delicatezza della problematica e l’impatto che le norme regionali, che violano i principi comunitari e statali in materia di tutela della concorrenza e del libero mercato, hanno sull’economia e sulla vita quotidiana dei cittadini ha indotto il Governo a fronteggiare con più forza e determinazione un fenomeno che, oltre ad incidere negativamente sullo sviluppo economico del Paese, potrebbe essere foriero di gravi sanzioni comunitarie. Sulla spinta di tali argomentazioni il Governo ha approvato il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 recante “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27, il cui art. 4, primo comma, dispone che: “La Presidenza del Consiglio dei Ministri accoglie le segnalazioni delle autorità indipendenti aventi ad oggetto restrizioni alla concorrenza e impedimenti al corretto funzionamento dei mercati al fine di predisporre le opportune iniziative di coordinamento amministrativo dell’azione dei Ministeri e normative in attuazione degli articoli 41, 117, 120 e 127 della Costituzione”. Anche sulla spinta della sopra riportata disposizione negli ultimi anni si è registrato un incremento delle questioni di legittimità costituzionali sollevate dal Governo per violazione, da parte di norme regionali, del parametro costituzionale di cui all’art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione. Il fenomeno, già registrato nel corso dell’anno 2011 (in 35 casi di impugnativa di leggi regionali si lamentava la violazione dei principi in materia di tutela della concorrenza), ha trovato conferma nel corso del 2012 allorquando sono state sollevate dal Governo n. 48 questioni di legittimità costituzionale aventi come parametro l’art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione. (…)

(Fonte: Governo Italiano, Presidenza del Consiglio, Dipartimento per gli affari regionali) http://www.affariregionali.it/media/78192/31_appendice.pdf

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La L.R. Campania n. 7/2013 http://www.beta.regione.campania.it/assets/documents/legge-regionale-n-7-25072013-leggi-regionali.pdf

Nello scenario di contraddizioni esposto in precedenza si colloca, sicuramente, la Legge Regionale della Campania n. 12 del 24 novembre 2001 (Disciplina ed armonizzazione delle attività funerarie), così come modificata dalla L.R. n. 7/2013. L’evoluzione giurisprudenziale e normativa (statale e comunitaria) degli ultimi anni è andata sempre più a chiarire e definire in modo preciso ed inequivocabile i campi di applicazione in tema di semplificazione e liberalizzazione, tesi a garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità per le imprese e per assicurare ai consumatori finali un livello uniforme di condizioni di accessibilità ai servizi sul territorio nazionale. Nonostante ciò, la Regione Campania, con l’approvazione della L.R. n. 7/2013, non solo non ha eliminato eventuali vizi di legittimità della L.R. 12/2001(Disciplina ed armonizzazione delle attività funerarie), ma, addirittura, ha introdotto una serie di norme che presentano gravi profili di incostituzionalità. Invece di aprire il mercato del servizio funebre in Campania, come gli obiettivi comunitari vorrebbero, la L.R. 7/2013 lo ha reso quasi inaccessibile per nuove imprese e talmente restrittivo e pregiudizievole per le piccole imprese esistenti, mettendo a rischio la sopravvivenza di circa l’80% delle stesse, impossibilitate a fare investimenti per adeguarsi ad una normativa che sembra ideata proprio con il fine di escluderli dal mercato e creare una sorta di oligopolio per pochi “prescelti”. 1.1) L’evoluzione normativa nazionale e comunitaria in materia di tutela della concorrenza Il Decreto legislativo n. 59 del 26/03/2010 ha recepito nell’ordinamento nazionale la Direttiva 2006/123CE del 12 dicembre 2006 “relativa ai servizi nel mercato interno”, approvata dal Parlamento e dal Consiglio europeo, più comunemente conosciuta come “ Direttiva Servizi”. Tale complessa normativa è stato il frutto di un lungo e travagliato iter di approvazione ed ha rappresentato un approdo fondamentale e, per certi versi, “rivoluzionario” nel processo di semplificazione e liberalizzazione delle attività economiche. Il Decreto legislativo di recepimento della Direttiva servizi ha inserito, soprattutto, elementi “innovativi” sul “sistema autorizzatorio” delle attività economiche, con particolare riferimento a quelle di competenza comunale, anche alla luce della Legge 122/2010 che con l’art. 49, comma 4bis ha introdotto l’istituto della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA). La Direttiva Servizi mirava alla rimozione degli ostacoli che impediscono o rallentano la libera circolazione dei servizi e la loro libera prestazione negli Stati membri. Numerosi sono gli ostacoli che hanno rallentato, e a volte impedito, lo sviluppo del settore dei servizi, prestati in prevalenza da PMI. Fra questi sono state indicate le procedure amministrative ritenute particolarmente gravose e l’eterogeneità delle regole di disciplina dei servizi che ha creato incertezza normativa. La Comunità europea ha inteso,quindi, rendere libera anche la circolazione dei servizi, facilitando sia lo stabilimento delle imprese negli Stati membri che le loro prestazioni. Gli obiettivi fondamentali che la Comunità europea si è proposto di realizzare con la Direttiva Servizi sono i seguenti:

- la crescita economica ed occupazionale;

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- l’eliminazione degli ostacoli giuridici ed amministrativi alla libera circolazione e alla libera prestazione di servizi all’interno della Comunità;

- il rafforzamento dei diritti dei consumatori in quanto utenti dei servizi; - la cooperazione amministrativa e la mutua assistenza fra le Autorità degli Stati membri, ritenute

essenziali ai fini del corretto ed efficace funzionamento del mercato interno. 1.2) Decreto Legislativo n. 59/2010 - Ambito di applicazione All’art.1, comma 1, il Decreto stabilisce il suo ambito di applicazione che riguarda: “… qualunque attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale”.(3)

L’ambito di applicazione del decreto, per quanto concerne le imprese, è da ricondurre ai servizi prestati da soggetti imprenditori che svolgono l’attività ai sensi dell’art. 2082 C.C., dove l’economicità è l’elemento che caratterizza l’organizzazione diretta alla produzione dello scambio di beni e servizi. 1.3) Le materie escluse dal campo di applicazione del D.Lgs. 59/2010 Gli articoli da 2 a 7 del D.Lgs. 59/2010 forniscono una lunga elencazione di attività di servizi sottratte ope legis all’applicazione del Decreto. Fra quelle che interessano più da vicino l’ambito delle attività economiche di competenza comunale si rilevano:

1. servizi di interesse generale assicurati alla collettività in regime di esclusiva da soggetti pubblici o da soggetti privati, ancorché scelti con procedura di evidenza pubblica, che operino in luogo e sotto controllo di un soggetto pubblico (art. 2, comma 1, lett. c);

2. servizi sanitari e farmaceutici; 3. giochi d’azzardo e fortuna comprese le lotterie, le scommesse e le attività delle case da gioco, nonché

alla rete di acquisizione del reddito; 4. servizi privati di sicurezza; 5. servizi forniti dai notai. 6. i servizi di trasporto aereo, marittimo, ferroviario e su strada, inclusi i servizi di trasporto urbano,

taxi, ambulanza, portuali, di noleggio auto con conducente. Ai fini del decreto, non costituiscono servizi di trasporto quelli di: scuola guida, trasloco, noleggio di veicoli e unità da diporto, pompe funebri, fotografia aerea. (4) Nota – (L’esclusione dei servizi di trasporto non comprende i servizi che non costituiscono servizi di trasporto, quali … i servizi di pompe funebri . Tali attività di servizi beneficiano pertanto delle disposizioni della direttiva servizi e devono rientrare nel campo di applicazione delle misure di recepimento - tratto dal MANUALE PER L’ATTUAZIONE DIRETTIVA SERVIZI , pag 12 - servizi nel settore trasporti-)http://ec.europa.eu/internal_market/services/docs/services-dir/guides/handbook_it.pdf

1.4) I Principi fondamentali e la “Parte prima” del D.Lgs. 59/2010 Per comprendere appieno la struttura del Decreto e la relazione intercorrente fra la Parte prima (da art. 1 fino art. 43) e la Parte seconda (da art. 44 fino art. 83) del provvedimento è necessario analizzare l’art. 1, commi 2, 3 e 4, unitamente all’art. 84 (Clausola di cedevolezza).

• Con il secondo comma (3) il Legislatore delegato chiarisce che le norme della Prima parte del Decreto sono espressione della competenza legislativa esclusiva che l’art. 117, comma 2, della Costituzione riserva allo Stato. Infatti, l’art. 117 della Costituzione richiama (2):

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− la tutela della concorrenza ( lett. e) − la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali

che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (lett. m) La finalità del Decreto, quindi, è quella di garantire la libertà di concorrenza (lett. e), secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità ai servizi su tutto il territorio nazionale (lett. n). Trattandosi di materie di competenza esclusiva dello Stato, non viene riconosciuto, quindi, spazio di intervento derogatorio da parte delle Regioni in sede di recepimento della Direttiva servizi.

• Il terzo comma (3) richiama le “norme fondamentali di riforma - economico sociale della Repubblica ed i principi dell’Ordinamento giuridico dello Stato”, al fine di porre un limite in ordine all’intervento delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano.

• Con il quarto comma (3) il Legislatore delegato adempie alla disposizione di cui all’art. 117, comma 3, ultimo capoverso della Costituzione che stabilisce che nelle materie di competenza concorrente lo Stato fissa i principi fondamentali cui le stesse Regioni devono attenersi. (sotto questa ultima condizione si inquadra la Legge Regionale 12/2001 e s.m.i, in quanto riguardante la “tutela

della salute”, quindi materia di “competenza concorrente” – Il Legislatore delegato chiarisce che anche in questo caso (competenza concorrente) le Regioni esercitano la potestà normativa nel rispetto di principi fondamentali contenuti nelle norme del D.Lgs. 59/2010, cioè nel rispetto della disciplina di cui alla Parte prima del Decreto (da art. 1 fino ad art. 43, assolutamente inderogabile dalla legislazione regionale).

Ne consegue che tutta la disciplina della Parte prima del Decreto risulta assolutamente inderogabile dalla legislazione regionale, in quanto:

1. si tratta di regole espressione della competenza esclusiva dello Stato in materia di concorrenza e di determinazione dei livelli inderogabili (vedi comma 2);

2. riguarda norme fondamentali di riforma anche per le Regioni a statuto speciale e le Province (vedi comma 3);

3. introduce principi fondamentali nella legislazione concorrente (vedi comma 4). Fra i principi e le norme inderogabili ricavabili dalla Parte prima del Decreto, i più rilevanti ai fini della diretta incidenza sulla disciplina delle attività economiche sono:

- il principio secondo il quale l’accesso e l’esercizio di attività di servizi costituiscono espressione della libertà di iniziativa economica e non possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate o discriminatorie (art. 10, comma 1);

- le norme sui “regimi autorizzatori” ( art. 14); (9)

- la limitazione del numero dei titoli autorizzatori solo se sussiste un motivo imperativo di interesse generale o per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o alle capacità tecniche disponibili (art. 14, comma 3);

- l’introduzione di alcuni requisiti, per l’accesso e l’esercizio di alcune attività, solo in subordine alla sussistenza di un motivo imperativo di interesse generale (artt. 12 e 13);(7) (8)

- le norme sulla semplificazione amministrativa - sportello unico (art. 25);

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Se ne conclude, quindi, che ai fini della concorrenza e della libertà di esercizio nel mercato interno nazionale, non vi possono essere “regole” diverse e/o contrastanti tra Regione e Regione né, tantomeno, tra Comune e Comune. Le norme di Enti locali, anche quelle in materia di salute pubblica, non hanno la possibilità di introdurre elementi che possano variare le condizioni di accesso e i sistemi di conduzione di una attività di servizi in regime di applicabilità del D.Lgs. 59/2010, chiarendo che le Regioni, ed anche i Comuni (“sportello” per le imprese sul territorio), non hanno alcun margine di discrezionalità per regolamentare, condizionare o limitare in tale materia, ma debbono solo recepire ed applicare la normativa nazionale e comunitaria e, se del caso, disapplicare ed adeguare le norme in contrasto con i dettami della Parte prima del D.Lgs. 59/2010, senza che neppure la “clausola di cedevolezza” (art. 84) possa consentire di intervenire per introdurre “variabili accessorie”, in considerazione del fatto che tale clausola (art. 84), come si è analizzato, si applica solo per la Parte seconda del Decreto. 1.5) La “Parte seconda” del D.Lgs. 59/2010 e la clausola di cedevolezza Nella Parte seconda il Legislatore delegato si è occupato di adeguare alla normativa comunitaria alcuni aspetti della disciplina sia di attività professionali (Titolo primo - artt. 44 – 63) che di attività economiche (Titolo secondo - artt. 64- 83). Per quanto riguarda l’ambito delle attività economiche, l’intervento statale risulta poco significativo e parziale perché riguarda soltanto alcuni settori: somministrazione alimenti e bevande (art. 64), esercizi di vicinato (art. 65), spacci interni (art. 66), apparecchi automatici (art. 67), vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione (art. 68), vendita presso il domicilio del consumatore (art. 69), commercio al dettaglio su aree pubbliche (art. 70), attività di acconciatore (art. 77), attività di estetista (art. 78), attività di tinto-lavanderia (art. 79), strutture turistico ricettive (art. 83). Le norme contenute nella Parte seconda sono cedevoli, ai sensi dell’art. 84 del Decreto, rubricato, per l’appunto, “Clausola di cedevolezza”, nel senso che rappresentano una disciplina transitoria che lascia progressivamente spazio alla legislazione regionale di attuazione che di volta in volta viene emanata. 2) Le Regioni e l’attuazione dell’Ordinamento comunitario In merito alla applicazione delle norme comunitarie, non solo va chiarito che le Regioni possono provvedere al recepimento delle Direttive europee in via diretta, ma che le stesse sono tenute al rispetto dei vincoli di derivazione comunitaria, ai sensi dell’art.117, primo comma, della Costituzione, che così stabilisce: “ La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto delle Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali” . (2)

La Costituzione, infatti, ha introdotto nell’Ordinamento nazionale una garanzia costituzionale all’osservanza degli obblighi di origine comunitaria, fissando un vincolo alla potestà legislativa, sia statale che regionale, che non deriva solo in presenza di una specifica fonte di obblighi ma anche dal rispetto dell’ordinamento comunitario tot court. Ne consegue, che la legislazione regionale deve essere conforme agli obblighi di fonte comunitaria e le Regioni sono tenute ad osservare i vincoli comunitari pena l’illegittimità non solo delle norme di legge difformi, ma anche dei provvedimenti amministrativi adottati in applicazione di norme regionali non adeguate all’ordinamento comunitario che risulteranno, pertanto, viziati per “illegittimità comunitaria indiretta”.

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Non solo, vale senza dubbio anche il riferimento all’art. 1, comma 1, della L. n. 241/1990, secondo il quale “ L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta (…) dai principi dell’ordinamento comunitario”. 3) Definizione di “impresa funebre” nel sistema normativo nazionale L’attività funebre non ha, nel nostro Paese, una definizione normativamente definita, essendo la materia disciplinata solo a livello igienico - sanitario (D.P.R. n. 285 del 1990 recante Regolamento di Polizia Mortuaria). Per definirla si deve pertanto ricorrere a norme di carattere generale. Innanzitutto l’articolo 2082 del codice civile che definisce “imprenditore” chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”. Quella funebre è un’impresa che fornisce professionalmente e in forma organizzata una attività prevalentemente ma non esclusivamente di servizio. Il corebusines è infatti rappresentato dall’organizzazione del servizio funebre finalizzato alla sepoltura della salma. Per raggiungere l’obiettivo sono necessarie attività di genere diverso. Innanzitutto attività di vendita di beni (feretri, imbottitura, zinchi, arredi funebri, ecc.), avremo, inoltre, il noleggio di attrezzature (tavolini per le firme, arredi per l’allestimento della camera ardente, ecc.) e il noleggio di mezzi (autofunebre). Fondamentale è, poi, l’attività di intermediazione d’affari e disbrigo pratiche. Quando si verifica un decesso, i familiari del defunto, o altro conoscente, si rivolgono di norma ad una impresa, incaricandola di agire per loro conto al fine di ottenere dalle pubbliche amministrazioni coinvolte tutte le autorizzazioni di legge necessarie e di organizzare il servizio finalizzato alla sepoltura del defunto secondo le scelte della famiglia stessa. Ciò comporta contatti non solo con pubbliche amministrazioni ma anche con i ministri del culto per il rito funebre religioso, e/o con altre imprese per forniture di beni (es. fiori) o servizi (es. trasporto) che esse possono anche non fornire direttamente. Per svolgere l’attività di disbrigo pratiche per conto del richiedente è necessaria, per dottrina e giurisprudenza ormai consolidata, la licenza di pubblica sicurezza per agenzia d’affari di cui all’articolo 115 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza approvato con R.D. n. 773 del 18 giugno 1931. Come si vede, l’attività cosiddetta “funebre” è composta da molteplici voci profondamente differenziate tra loro. La funzione principale dell’impresa di onoranze funebri diventa, così, il coordinamento del servizio per la cui definizione concorrono varie attività. Dal punto di vista degli adempimenti amministrativi per lo svolgimento dell’attività di onoranza funebre, si può, quindi, affermare che sono indispensabili:

1. L’abilitazione di agenzia d’affari necessaria per legittimare l’attività di intermediazione dell’impresa per conto della famiglia del defunto.

2. I requisiti previsti per il settore merceologico non alimentare del D.lgs. n. 114 del 31 marzo 1998 e s.m.i. (c.d. decreto Bersani) sostitutivi dell'ex licenza commerciale, per la vendita di feretri e arredi funebri vari.

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3. La certificazione di idoneità sanitaria dei mezzi (auto funebri) e dei locali per la sosta e la sanificazione degli stessi (autorimesse), ai sensi del regolamento di polizia mortuaria (artt. 20 e 21 D.P.R. n. 285/90). Le idoneità sanitarie sono entrambi atti di competenza dell’autorità sanitaria.

4. Tutte le prescrizioni generali che interessano le imprese, quali l’iscrizione alla Camera di Commercio (CCIAA) nel repertorio economico amministrativo e nel registro delle imprese, la titolarità della partita IVA, la regolare tenuta delle scritture contabili, il rispetto delle norme in materia di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008), ecc.

Quindi, se è difficile ipotizzare l’esistenza di un’impresa di onoranze funebri senza almeno la licenza di pubblica sicurezza e i requisiti che sostituiscono l’ex licenza di commercio, le restanti abilitazioni dipenderanno dall’effettiva attività svolta.

Il trasporto funebre Non può invece essere classificata come attività di onoranza funebre la sola attività di trasporto della salma a “bara chiusa”, senza, cioè, intervento nei processi di contatto e trattamento del cadavere (preparazione, vestizione, composizione, trattamento delle salme e confezionamento del feretro) e senza l’effettuazione del servizio di disbrigo pratiche. Nel caso di solo trasporto funebre, siamo, piuttosto, in presenza di un'attività di noleggio di soli mezzi (autofunebre) oppure di prestazione di solo personale (operatori addetti al trasporto) oppure di entrambi (autofunebre e operatori addetti al trasporto). Per svolgere l’attività di trasporto di una salma, inteso in senso non necessariamente coordinato con l'onoranza funebre, occorrono le necessarie registrazioni presso le Camere di Commercio e il mezzo riconosciuto idoneo dall’autorità sanitaria da depositarsi in una idonea rimessa. Tali accertamenti di idoneità, come già detto, sono disciplinati dagli articoli 20 e 21 del D.P.R. n. 285/90 che dispongono:

Art. 20: “I carri destinati al trasporto dei cadaveri su strada debbono essere internamente rivestiti di lamiera metallica o di altro materiale impermeabile facilmente lavabile o disinfettabile. Detti carri possono essere posti in servizio da parte dei Comuni e dei privati solo dopo che siano stati riconosciuti idonei dalle Unità Sanitarie Locali competenti, che devono controllarne almeno una volta all'anno lo stato di manutenzione. Un apposito registro, dal quale risulti la dichiarazione di idoneità, deve essere conservato sul carro in ogni suo trasferimento per essere, a richiesta, esibito agli organi di vigilanza."

Art. 21: “Le rimesse di carri funebri devono essere ubicate in località individuate con provvedimento del Sindaco in osservanza delle norme dei regolamenti locali. Esse debbono essere provviste delle attrezzature e dei mezzi per la pulizia e la disinfezione dei carri stessi. Salva l'osservanza delle disposizioni di competenza dell'autorità di pubblica sicurezza e del servizio antincendi, l'idoneità dei locali adibiti a rimessa di carri funebri e delle relative attrezzature è accertata dal coordinatore sanitario dell'Unità Sanitaria Locale competente.”

Una qualunque impresa ai sensi dell'articolo 2082 c.c. può, dunque, con un’autofunebre e un autista munito di patente, trasportare una salma per conto di una impresa di onoranza funebre. D’altronde, gli articoli 23 e 24 del DPR 285/90 dispongono che l’incaricato al trasporto di cadavere deve essere munito di apposita autorizzazione al trasporto della salma rilasciata del sindaco dove è avvenuto il

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decesso. A rimuovere ogni dubbio è intervenuta, poi, la circolare interpretativa n. 24/93 del Ministero della Salute, che al punto 5.4 chiarisce la definizione di “incaricato al trasporto”: CIRCOLARE MINISTERO SANITA' 24 GIUGNO 1993, N. 24 (Regolamento di Polizia Mortuaria, approvato con D.P.R. 285/90: circolare esplicativa - GU Serie Generale n.158 del 8-7-1993) http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario;jsessionid=f0H10L6MpraCjKhdWuiDcw__.ntc-as3-guri2a?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1993-07-08&atto.codiceRedazionale=093A3846&elenco30giorni=false

Art. 1 punto 5.4.“Per incaricato del trasposto della salma di cui al combinato disposto degli articoli 19 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, è da intendersi il dipendente o persona fisica o ditta a ciò commissionata:

a. da impresa funebre in possesso congiuntamente delle autorizzazioni al commercio e di pubblica sicurezza di cui all'art. 115 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza;

b. da un ente locale che svolge servizio pubblico secondo una delle forme previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142.

Quindi, se per incaricato al trasporto della salma è da intendersi anche “altra ditta commissionata da impresa funebre in possesso congiuntamente delle autorizzazioni al commercio e di pubblica sicurezza”, si può sicuramente affermare che l’impresa funebre non necessariamente deve contemplare anche l’attività di “trasporto funebre” e che, d’inverso, la ditta incaricata al trasporto della salma non necessariamente deve svolgere anche l’attività di impresa funebre, intesa, anche, come disbrigo pratiche e vendita di articoli funerari. 3.1)Illegittima imposizione di esercitare congiuntamente prestazioni e servizi - L.R. 12/2001 e s.m.i. Alla luce di quanto esposto in precedenza appare oltremodo illogico e illegittimo il disposto dell’art. 1, comma 2, dell’Allegato A della L.R. 12/2001 e s. m. i., che recita: “L’attività funebre consiste nello svolgimento di tutte le prestazioni e i servizi esercitati congiuntamente, di seguito indicati:

a. vendita di casse mortuarie e di altri articoli funebri; b. disbrigo delle pratiche amministrative inerenti il decesso; c. preparazione, vestizione, composizione delle salme, confezionamento del feretro e trasporto; d. trasporto della salma, inteso come trasferimento dal luogo del decesso al luogo di osservazione; e. trasporto di cadavere, inteso come trasferimento, dopo il periodo di osservazione, dal luogo del decesso o dal luogo di

osservazione al luogo di onoranze, al cimitero o al crematorio, con l’utilizzo di personale dipendente e di mezzi di cui all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 285/1990;

f. trattamento di tanatocosmesi o tanatoprassi; g. recupero di cadaveri, su disposizione dell’autorità giudiziaria, da luoghi pubblici o privati.”

La norma regionale impone che per svolgere l’attività funebre un’impresa deve prestare “congiuntamente” tutte le prestazioni e i servizi elencati dalla lettera a) alla lettera g). Questa disposizione e in palese violazione al principio di libertà di impresa sancito dall’art. 41 della Costituzione, nonché dell’art. 2082 del C.C. e di tutte le disposizioni nazionali e comunitarie in materia di libero esercizio. Un imprenditore può scegliere di fornire solo alcuni tipi di servizi senza erogarne altri. Per intendersi, un’impresa funebre può scegliere di svolgere il servizio di disbrigo pratiche, trattamento e vestizione del cadavere, vendita casse e altri articoli funerari, organizzazione del funerale e non svolgere il trasporto funebre o il servizio di trasporto della “bara chiusa”, che può essere affidato ad altre imprese come chiarito al precedente punto 3). Nota:

L’imporre all’impresa funebre di svolgere congiuntamente tutti i servizi elencati ha il solo scopo di obbligarla al rispetto delle norme sulla dotazione minima di personale e di tutti gli altri vincoli previsti dalla L.R. 12/2001 e s.m.i., che di seguito saranno ampiamente trattati.

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3.2) ATTIVITA’ FUNERARIE E APPLICABILITA’ DELLE DISPOSIZIONI DEL D.Lgs. 59/2010 In via preliminare è opportuno chiarire che “l’impresa funebre” rientra, sicuramente, nell’ambito di applicazione delle disposizioni del D.Lgs. n. 59/2010 – Attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (Direttiva Servizi). L’art. 1, comma 1, del D.Lgs. 59/2010 cita: “Le disposizioni del presente decreto si applicano a qualunque attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale”. Inoltre, il predetto decreto negli articoli successivi elenca tutte le attività escluse o ne limitata altre dalle sue disposizioni a precise condizioni. Tra le attività escluse dall’applicabilità del Decreto, con l’art. 6 il Legislatore delegato tratta espressamente i servizi di trasporto. Avendo escluso dai servizi di trasporto (art. 6, comma 2/d) (4) le “pompe funebri” e non avendole ricondotte in nessun altro caso di “servizi esclusi” (vedi punto 1.3), il Legislatore ha voluto, senza lasciare dubbio alcuno, ricomprendere le “pompe funebri” tra le attività in regime di applicabilità delle disposizioni di cui al D.Lgs 59/2010 e della “Direttiva Servizi”. 4) La L.R. 12/2001 e s.m.i. nel contesto nazionale e comunitario Per un confronto con il quadro normativo nazionale e comunitario in materia di regime autorizzatorio è opportuno analizzare quanto prevedono alcune norme della L.R. 12/2001.(16)

Leggendo in sequenza le norme della Legge Regionale in oggetto, se ne ricava che: 1) E’ istituito il registro regionale delle imprese funerarie e cimiteriali abilitate all’esercizio dai Comuni (Art. 1 comma g – art. 7 comma 3). 2) L’inclusione nel registro regionale costituisce titolo ad operare nei Comuni della Regione (Art. 7 comma 3bis)(16.1). 3) E’ interdetta in via definitiva dall’attività funebre l’impresa che:

a. non osserva le prescrizioni previste nell’articolo 1, commi 1, 2, 3, 4 e 8, lettere a), b), c) dell’allegato A e le disposizioni indicate nell’articolo 7, comma 3 ter.

b. non è in possesso dell’abilitazione all’esercizio dell’attività funebre rilasciata dal Comune (Art. 8bis comma 5)(16.2).

4) I comuni autorizzano le imprese funebri(art. 8 quater) (16.3). 5) I comuni rilasciano il “titolo abilitativo” e senza di esso è vietato il servizio funebre alle imprese

(Allegato A – art. 1 comma 3) (16.4). 6) L’abilitazione all’esercizio di filiale è rilasciata dal Comune all’impresa funebre pubblica o privata, già in possesso di autorizzazione del titolo abilitativo e già iscritta nel registro regionale come indicato nell’articolo 7 della legge (Allegato A – art. 1 comma 8) (16.4).

Innanzitutto è opportuno notare che tutte le disposizioni sopra riportate: il titolo abilitativo, l’autorizzazione, l’obbligo di iscrizione nel registro regionale per operare in Campania e la dotazioni minima di dipendenti, sono intervenute con l’emanazione della L.R. 7/2013, cioè dall’agosto del 2013. Si ha l’impressione che il Legislatore regionale abbia interpretato al contrario i dettami, ormai chiari e consolidati, delle disposizioni nazionali e comunitarie fin qui trattate. Oppure, (questa è l’impressione che se ne potrebbe ulteriormente ricavare) il Legislatore regionale, consapevolmente, ha voluto porre un ostacolo

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alla liberalizzazione di un mercato che, per effetto di fattori superiori e esterni al territorio e alle istituzioni locali, era avviato alla “vera” apertura alla concorrenza. Un “mercato” che in Campania, ma non solo, è sempre stato gestito, controllato e “protetto” da regole mai scritte ma sempre applicate, legato ad un sistema di “conservazione e chiusura” con poca competitività. Se così fosse, oltre a riscontrare un sicuro problema di legittimità, potrebbe anche esistere un probabile “difetto di legalità” che andrebbe accertato e combattuto. Dalla lettura del testo legislativo regionale, così come modificato dalla L.R. 7/2013, oltre ad evidenziarsi una confusione, un intreccio ed un accavallamento di disposizioni tra i vari articoli, posizionate quasi a non voler far ben capire la vera finalità, una cosa viene fuori con chiarezza: in base alla L.R. 12/2001 e s.m.i., in assenza del titolo abilitativo rilasciato dal comune, l’impresa non solo non può iniziare l’attività ma, se viene “accertata” e “sorpresa” a svolgere il servizio, può, finanche, essere interdetta in via definitiva dallo svolgere l’attività di onoranze funebri. Cioè, l’impresa che inizia l’attività in virtù di una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), strumento che consente di iniziare il servizio il giorno stesso della comunicazione (21) (istituto consentito in tutta Italia e in tutta Europa), rischia di essere interdetta in via definitiva dallo svolgere l’attività (sic!). In sintesi, ad un sindaco, ad un dirigente o, visto quello che sta già accadendo, anche ad un funzionario di un qualsiasi Comune campano che, sicuramente, sta interpretando in modo parziale ed errato le sole norme regionali, viene assegnato il potere di interdire in via definitiva un esercizio; si badi bene, non perché abbia potuto riscontrare difetti nella documentazione (dichiarazioni mendaci, assenza di pareri igienico-sanitari, abilitazioni della questura, difformità urbanistiche, ecc.- come disposto dal DPR 285/90), ma solo perché l’impresa ha correttamente applicato disposizioni legislative di rango superiore a quella regionale (procedura SCIA) (21). Questo ha tutto il sapore di una restrizione “minacciosa”, illegittima, illegale, discriminante e pericolosa ... Inoltre, il registro regionale delle imprese funerarie (precedenti punto 1 e 2) diventa lo strumento per abilitare all’esercizio le imprese campane in tutti i comuni della Regione: - L’inclusione nel registro regionale delle imprese funerarie e cimiteriali, delle aggregazioni di imprese, abilitate all’esercizio dai Comuni, e degli operatori addetti all’attività funebre e cimiteriale costituisce titolo ad operare nei Comuni della Regione.- (L.R. 12/2001 s.m.i. art. 7 comma 3bis). La lettura della norma, così come scritta, potrebbe dare luogo a diverse interpretazioni:

1. le imprese abilitate da un Comune campano, quindi iscritte nel registro regionale, possono operare sul territorio regionale;

2. le imprese abilitate da un Comune campano possono operare solo sul territorio regionale (ipotesi che pone condizioni non applicabili in quanto nessuna altra Regione vieta la libertà di stabilimento e esercizio …);

3. le imprese non abilitate da un Comune campano,quindi non iscritte nel registro regionale, non possono operare sul territorio regionale;

4. le imprese non abilitate da un Comune campano, quindi non iscritte nel registro regionale, non possono aprire, sul territorio regionale della Campania, le filiali di cui all’Allegato A, art. 1, comma 8, che recita: “L’abilitazione all’esercizio di filiale è rilasciata dal Comune all’impresa funebre pubblica o privata, già in possesso di autorizzazione del titolo abilitativo e già iscritta nel registro regionale come indicato nell’articolo 7 della legge …” (a quest’ultimo “obiettivo” si è, probabilmente. ispirato l’operato del Legislatore regionale).

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Nel dubbio interpretativo, comunque, due presupposti risultano chiari: a) per operare in Campania bisogna essere inseriti in questo registro regionale b) alle imprese che hanno sede fuori regione non è concessa la possibilità di aprire filiali sul territorio

della Campania. Questa norma, di fatto, tenta di ricondurre il mercato interno della Regione alle sole imprese autorizzate da un Comune della Campania, in palese violazione di quanto disposto con l’art. 34 comma 3/a della Legge 214/2011 – (18) ( … Sono abrogate le seguenti restrizioni disposte dalle norme vigenti: a) il divieto di esercizio di una attività economica al di fuori di una certa area geografica e l'abilitazione a esercitarla solo all'interno di una determinata area; …) e dei principi generali della Direttiva Servizi, del D.Lgs. 59/2010 e di tutte le altre norme nazionali in materia di liberalizzazione e tutela della concorrenza. In controtendenza alle disposizioni normative superiori, il Legislatore regionale ha deciso, quindi, che la Campania è una sorta di “riserva” legislativa, fuori dalle leggi e dal territorio nazionale ed europeo. Anche questo sembra il metodo non scritto ma sempre applicato nelle tante vicende legate al fenomeno del “caro estinto” in Campania. Ritornando al tema “autorizzazioni”, la normativa regionale, quindi, prevede non solo una richiesta di autorizzazione al Comune, ma che la stessa debba essere certificata dal rilascio del titolo abilitativo del Comune competente. Quindi con un “provvedimento espresso”, senza il quale all’impresa è vietato il servizio funebre. Questa normativa, in pratica, oltre a creare il predetto isolamento territoriale, riporta indietro il contesto legislativo di almeno 24 anni, cioè, a prima dell’emanazione della Legge 241/1990, trasponendo la disposizione (acquisizione del titolo abilitante previo inizio attività con obbligo di attesa dello stesso) in uno scenario legislativo oramai inesistente e quindi inapplicabile. Come predetto, gli obblighi sopra descritti, previsti dalla normativa regionale per le attività di impresa funebre, sono stati introdotti solo nell’agosto del 2013 con la L.R. 7/2013, quindi dopo l’emanazione della Direttiva Servizi e di tutte le normative nazionali in materia di tutela della concorrenza e semplificazione e, addirittura, anche dopo che la Regione Campania stessa si era, ormai da tempo, dotata dei previsti e giusti strumenti applicativi della Direttiva 2006/12/CE:

a) REGOLAMENTO 11/2010 del 9/04/2010 (Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania N. 94 del 9 aprile 2010 – Regolamento di attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno);http://burc.regione.campania.it/eBurcWeb/directServlet?DOCUMENT_ID=9592&ATTACH_ID=9640

b) DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONALE N. 816 del 26/11/2010, avente ad oggetto: “Individuazione, ai sensi dell’art. 3 del Regolamento n. 11/2010 – Regolamento di attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno – dei procedimenti regionali incompatibili con le disposizioni cogenti della C.D. Direttiva Servizi”.http://www.sito.regione.campania.it/documenti/2010/del816_2010.pdf

Orbene, analizzando i provvedimenti della Regione Campania e, soprattutto, le date di emanazione degli stessi, viene fuori lo scenario di incongruenze e di illogicità che di seguito si descrive.

1. Nel 2001 la Regione Campania emana la L.R. 12/2001 che, in linea con i primi ordinamenti comunitari e nazionali degli anni ’90 in materia di semplificazione, non disciplina alcunché in

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materia di “autorizzazioni” lasciando, così, facoltà ai comuni di attenersi alle disposizioni nazionali e comunitarie in materia di accesso ed esercizio di attività di servizi.

2. Il 9 aprile 2010, a firma del Presidente pro tempore Bassolino, con D.P.G.R. viene adottato il richiamato regolamento 11/2010 http://burc.regione.campania.it/eBurcWeb/directServlet?DOCUMENT_ID=9592&ATTACH_ID=9640

che, con corretta e giusta procedura, recepisce la Direttiva 2006/123/CE e nello specifico dispone:

a. I regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità (art 5 comma 1 – Regimi autorizzatori – Regolamento 11/2010).

b. Per l’accesso e l’esercizio alle attività di servizi, che ricadono nell’ambito di applicazione della Direttiva 2006/123/CE, si applica l’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 -prima DIA poi SCIA- (Quindi, la Regione Campania aveva giustamente e correttamente recepito la normativa comunitaria, prevedendo una disapplicazione automatica dei “regimi autorizzatori” previsti nelle norme regionali).

3. Il 26/11/2010 con Delibera di Giunta Regionale n. 816, http://www.sito.regione.campania.it/documenti/2010/del816_2010.pdf

la Regione Campania, in attuazione dell’art. 3 del predetto Regolamento 11/2010, provvede a disapplicare dalle norme regionali (elencandole) tutti i procedimenti incompatibili con la Direttiva Servizi. Tra i “procedimenti incompatibili” previsti dalla delibera non ne risulta alcuno afferente alla L.R. 12/2001, per un semplice motivo: alla data del 26/11/2010 la L.R. 12/2001 non contemplava regimi autorizzatori, quindi risultava (all’epoca …) non in contrasto con la Direttiva Servizi e con lo stesso Regolamento Regionale 11/2010. Paradossalmente, la predetta legge regionale era più “europea” allora di oggi.

4. Se nonché, Il 3 luglio 2013 la Regione Campania, non tenendo conto della Direttiva Servizi, del D.Lgs. 59/2010, delle altre leggi nazionali emanate in materia, e, soprattutto, non considerando quanto da essa stessa approvato e regolamentato con i sopracitati atti (Regolamento 11/2010 e Delibera di G.R. 816/2010) approva la L.R. 7/2013. Con tale legge viene introdotto l’art 8 quater e tutte le altre norme in tema di “Autorizzazioni”, oltre ad un’altra serie di disposizioni illegittime e incostituzionali che di seguito saranno trattate.

Quindi, la L.R. 7/2013, ultimo provvedimento emanato, invece di alleggerire gli adempimenti burocratici, semplificare, tutelare la concorrenza e obbligare all’apertura della concorrenza il mercato funerario, ha introdotto meccanismi che hanno già prodotto, e produrranno ancora (se la legge restasse tale) effetti che sono l’esatto contrario degli obiettivi prefissati dai Governi nazionali e europei, cioè: appesantimento degli adempimenti burocratici, restrizione della concorrenza, chiusura del mercato alla concorrenza e, di conseguenza, la consegna della “gestione del mercato” in mano ad un “cartello” di imprese che sta tentando di fagocitare le piccole imprese già operanti, producendo come effetto il relativo aumento delle tariffe per gli interventi, con grave danno per gli utenti.

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4.1) Il D.Lgs. 59/2010 e le disposizioni in tema “Autorizzazioni” Il Decreto contempla il concetto di “regime autorizzatorio” che è definito come: “qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere un provvedimento formale o un provvedimento implicito relativo all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio; ai fini del presente decreto non costituisce regime autorizzatorio la SCIA di cui all’art.19, comma 2, secondo periodo” . L’art 14, comma 1, del Decreto stabilisce anche che “ (…) regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto del principio di non discriminazione, di proporzionalità, nonché delle disposizioni di cui al presente titolo”. A sua volta, l’art. 17, comma 2, così recita: “Qualora sussiste un motivo imperativo di interesse generale, può essere imposto che il procedimento si concluda con l’adozione di un provvedimento espresso”. Dalla lettura combinata delle citate disposizioni risulta chiaro che il regime autorizzatorio consiste nell’imporre ad un soggetto, che intende esercitare un’attività di servizi, l’onere di richiedere ad una Pubblica Amministrazione il rilascio di un provvedimento formale (espresso) o implicito (tacito). La novità di assoluta rilevanza è rappresentata dal fatto che i regimi autorizzatori non costituiscono più la regola, ma l’eccezione - un’ipotesi del tutto residuale - in quanto possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione, di proporzionalità, nonché delle disposizioni di principio espresse dal Decreto. L’argomento è di ampia portata, perché il Decreto opera un capovolgimento dei principi fino ad allora applicati che imponevano, per l’esercizio di un’attività regolamentata, il rilascio di un titolo autorizzatorio, in via ordinaria e di regola espresso. 4.2) Sistemi sostitutivi dei regimi autorizzatori previsti dal D.Lgs. 59/2010 Chiarito che il principio fondamentale è quello della libertà di intraprendere una attività economica senza la necessità di ottenere dalla Pubblica amministrazione il rilascio di un titolo abilitativo, l’imposizione di un regime autorizzatorio diventa, quindi, un’ipotesi del tutto residuale, percorribile solo ricorrendo ad un fondato motivo imperativo di interesse generale che ne giustifichi l’applicazione. Il sistema ordinario, quindi, è rappresentato dalla SCIA mentre alla Pubblica amministrazione è riservata la gestione della fase successiva alla presentazione dell’atto privato, la fase del controllo ex post. 4.3) Mancata sussistenza di motivi imperativi di interesse generale – L.R. 12/2001 Nell’impianto e nelle finalità della L. R. 12/2001 e s.m.i. non sussistono “motivi imperativi di interesse generale”, come definiti con l’art. 8, comma h, e art. 12 del D.Lgs. 59/2010, necessari per giustificare la previsione di un regime autorizzatorio. Dalla lettura degli articoli 8 (5), 12(7), 13(8), 14(9), 15(10) e 17(11) del D.Lgs. 59/2010, appare con chiarezza che per “motivi imperativi di interesse generale” non si può intendere una dicitura astratta e indefinita, ma una condizione concreta i cui contenuti debbono essere sottoposti ad un rigoroso vaglio di effettività e di proporzionalità.

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Una condizione precisa, definita dall’art. 8, comma h(5)del Decreto, propedeutica per consentire al Legislatore di contemplare requisiti “particolari” nelle norme (vedi artt. 12 e 13) o per mantenere o istituire regimi autorizzatori (vedi art. 14). Inoltre, L’art 14 del Decreto chiarisce che: “regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione, di proporzionalità, nonché delle disposizioni di cui al presente titolo”. In merito alle restrizioni all’accesso e all’esercizio delle attività economiche, risulta utile riportare quanto espresso anche dal Dipartimento Politiche Europee – Presidenza del Consiglio dei Ministri (DIRETTIVA SERVIZI – Guida all’utente - pubblicata nel gennaio 2012)(17) http://www.politicheeuropee.it/attivita/18093/direttiva-servizi-guida-allutente

e l’articolo 34 della Legge 214/2011 (18). I sopra richiamati riferimenti chiariscono che per inserire in una legge o in un regolamento un requisito restrittivo per l’accesso o per l’esercizio di una attività economica, bisogna rispettare un iter ben definito. Bisogna acquisire il parere obbligatorio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che si esprime in merito all'esistenza di un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l'ordinamento comunitario, nel rispetto del principio di proporzionalità. Al rispetto di tale adempimento sono assoggettate anche le Regioni (vedi comma 7 Legge 214/2011). (18) Quindi, è chiaro che solo l’A.G.C.M. ha la potestà di “certificare” la sussistenza di un “motivo imperativo di interesse generale”. Per giunta, nel caso in esame, il Legislatore regionale non ha fatto richiamo ad alcun “motivo imperativo di interesse generale” (neanche in forma astratta e/o indefinita, neppure nel preambolo della legge)per giustificare la possibilità di introdurre un sistema autorizzatorio o l’imposizione di altri requisiti restrittivi. 4.4) Applicazione della SCIA in sostituzione del regime autorizzatorio Pertanto, sulla scorta di quanto in precedenza chiarito e nel rispetto delle disposizioni e delle procedure di cui allaLegge 122/2010 art. 49, commi 4bis e 4ter(sostituzione dell’art. 19 della Legge 241/1990),(21) nel caso delle imprese funebri, in tema di autorizzazioni, vanno sicuramente applicate le disposizioni di cui al D.Lgs. 59/2010 art. 17, comma 1 secondo periodo: “In tutti i casi diversi da quelli di cui all'articolo 14 (regimi autorizzatori) per i quali le norme vigenti, alla data di entrata in vigore del presente comma, prevedono regimi autorizzatori o di dichiarazione di inizio attività, si applica l'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni (S.C.I.A.)”(11) 5) Illegittimità e inapplicabilità - Dotazione minima di personale per sedi e filiali – L.R. 12/2001 e s.m.i. Le previsioni del rispetto dei requisiti di cui all’Allegato “A” della L.R. 12/2001 e s.m.i. (16.4)(16.5), che prevedono una dotazione minima di personale:

- per le filiali “un direttore tecnico e due operatori addetti al trasporto”(All. A art. 1, comma 8/b (16.4))

- per le sedi “un direttore tecnico e quattro operatori addetti al trasporto” (All. A art. 1bis, comma 1/d (16.5))

sono palesemente incompatibili con le disposizioni del D.Lgs. 59/2010 e della Direttiva Servizi. L’articolo 12 del D.Lgs. 59/2010 (7) chiarisce che solo in subordine alla sussistenza di un “motivo imperativo di interesse generale” l’accesso e l’esercizio di una attività di servizi possono essere subordinati al rispetto di alcuni requisiti, tra questi, alla lettera n), riporta: “requisiti che stabiliscono un numero minimo di dipendenti”.

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Per quanto già ampiamente trattato e chiarito al precedente punto 4.3), nel caso in argomento non sussiste un “motivo imperativo di interesse generale”, ne tantomeno sono state attivate le procedure per il rispetto dell’iter previsto dall’articolo 13 del D:Lgs. 59/2010(8) (obbligo di notifica alla Commissione europea). Pertanto, la parte della norma regionale che obbliga l’impresa funebre a dotarsi di un numero minimo di personale, per le sedi e per le filiali, è in palese contrasto con le disposizioni del D.Lgs. 59/2010 (artt. 12 e 13) e della Direttiva 2006/123/CE, quindi palesemente illegittima e inapplicabile. A maggiore chiarimento, inoltre, è opportuno analizzare anche quanto dispone l’art. 15 (19) della Direttiva Servizi, che la stessa Regione Campania aveva recepito con il richiamato Regolamento 11/2010 e la D.G.R. 816/2010. Il predetto art. 15 (comma 4) della Direttiva assegna agli Stati membri la potestà di verificare se il loro ordinamento giuridico subordina l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio al rispetto dei requisiti non discriminatori (tra cui requisiti che stabiliscono un numero minimo di dipendenti) e, altresì, con il comma 8 dispone: “Gli Stati membri notificano alla Commissione, in fase di progetto, le nuove disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedono i requisiti di cui al paragrafo 6, specificandone le motivazioni. La Commissione comunica tali disposizioni agli altri Stati membri. La notifica non osta a che gli Stati membri adottino le disposizioni in questione.” Appare evidente, quindi, che solo lo Stato membro ha la facoltà, seguendo l’iter dell’art. 13 del D.Lgs. 59/2010, di inserire in leggi dello Stato, o far inserire anche in leggi regionali, disposizioni in merito a “requisiti che stabiliscono un numero minimo di dipendenti”. Infatti, l’art. 13 del D.Lgs. 59/2010 (8) recita:

1. L'efficacia di nuove disposizioni che prevedono i requisiti di cui all'articolo 12, comma 1, e' subordinata alla previa notifica alla Commissione europea.

2. Le autorità competenti (nel nostro caso la Regione Campania) comunicano alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie - i progetti di disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedono i requisiti di cui al comma 1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie - notifica alla Commissione europea detti requisiti e ne dà contestuale comunicazione all'autorità competente.

Vieppiù, il comma 4 dell’art. 1 del D.L. 1/2012 (20) afferma che i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni si adeguino entro il 31 dicembre 2012 ai principi e alle regole di cui ai commi 1, 2 e 3, che prevedono l’abrogazione:

- di limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso - dell'amministrazione per l'avvio di un'attività economica non giustificati da un interesse generale; - delle norme che pongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non

proporzionati alle finalità pubbliche perseguite; - delle disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autoritativa con

prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono limiti, programmi e controlli non ragionevoli, ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate e che in particolare impediscono, condizionano o ritardano l'avvio di nuove attività economiche o l'ingresso di nuovi operatori economici ovvero alterano le condizioni di piena concorrenza fra gli operatori economici.

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A rimuovere ogni dubbio interpretativo, inoltre, è intervenuta anche l’AGCM che con deliberazione AS1055 – COMUNE DI AVELLINO - DISCIPLINA SERVIZI FUNEBRI- del 14 giugno 2013(22) http://www.agcm.it/segnalazioni/segnalazioni-e-pareri/download/C12563290035806C/2C96CE4A106EF6EFC1257B96005B2301.html?a=AS1055.pdf

ha definitivamente chiarito che: a) … il quadro regolatorio che subordina l’esercizio dell’attività di trasporto funebre al possesso

di requisiti dimensionali (numero consistente di mezzi, strutture e dipendenti) e organizzativi (… rapporto continuativo con l’impresa etc.), aggiuntivi rispetto a quelli previsti per finalità igienico-sanitarie dall’articolo 20 del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, recante il regolamento statale di polizia mortuaria, appare idoneo ad ostacolare ingiustificatamente l’accesso degli operatori economici al mercato liberalizzato dei servizi funebri e del trasporto funebre.(22.1) (22.2)

b) Da un lato (…)al fine di non compromettere l’effettiva liberalizzazione dell’attività in

questione, l’Autorità aveva già ritenuto sufficiente la disciplina dettata dall’articolo 20 del D.P.R. n. 285/90, che prevede l’accertamento dell’idoneità sanitaria degli automezzi. Dall’altro, l’articolo 1, commi 2 e 4, del D.L. n. 1/12 (c.d. Cresci Italia) ha imposto di interpretare e applicare le norme restrittive che restano in vigore in senso pro-concorrenziale e, dunque, in maniera restrittiva e proporzionata a finalità di interesse generale e “alla stregua dei principi costituzionali per i quali l’iniziativa economicaprivata è libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunità”(22.3).Pertanto …nella misura in cui vengono posti requisiti “tecnici” ulteriori e non necessari, esso (il quadro regolatorio) è idoneo a limitare ingiustificatamente l’iniziativa economica privata, in contrasto con quanto affermato dal D.L. c.d. Cresci Italia.(22.4)

Dalla lettura della precitata Deliberazione dell’AGCM, quattro condizioni risultano definitivamente chiarite: 1) I servizi funebri e del trasporto funebre sono assoggettati alle agevolazioni del mercato liberalizzato,

quindi ricadenti nell’applicazione della Direttiva Servizi, del D.Lgs. 59/2010 e di tutte le altre norme in materia;

2) Le Regioni ed anche i comuni non hanno facoltà di introdurre nel loro quadro regolatorio disposizioni che subordinano l’esercizio dell’attività di trasporto funebre al possesso di requisiti dimensionali (numero consistente di mezzi, strutture e dipendenti) e organizzativi (… rapporto continuativo con l’impresa etc.), aggiuntivi rispetto a quelli previsti per finalità igienico-sanitarie dal D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.

3) le norme restrittive in vigore, non compatibili con disposizioni superiori, vanno disapplicate e/o non applicate;

4) oltre alle Regioni anchei comuni hanno l’obbligo di disapplicare e/o non applicare le norme restrittive incompatibili con le disposizioni di rango superiori (Leggi nazionali e Direttive comunitarie). Quindi, eventuali Regolamenti di Polizia Mortuaria,adottati dai Comuni, che contemplano “norme incompatibili con le disposizioni nazionali e comunitarie”, anche se coerenti con le disposizioni di cui alla L.R. 12/2001 e s.m.i., sono palesemente illegittimi e incostituzionali.

Ne consegue, che gli atti prodotti dai comuni debbono essere conformi agli obblighi di fonte nazionale e comunitaria e gli stessi sono tenuti ad osservare i vincoli comunitari pena l’illegittimità non solo delle norme di legge difformi, ma anche dei provvedimenti amministrativi adottati in applicazione di norme non adeguate all’ordinamento nazionale e comunitario che risulteranno, pertanto, anche viziati per “illegittimità comunitaria indiretta”.

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Orbene, il Legislatore regionale nell’elaborare i progetti di legge di modifica della Legge Regionale 12/2001 non ha considerato alcuna delle norme in precedenza valutate, contravvenendo con “sospetta” inadempienza e operando, addirittura, con sistematica conflittualità con le disposizioni di rango superiore;agendo, altresì, di pari inverso rispetto alle chiare norme nazionali e comunitarie.

6.0) Disposizioni della L.R. Campania 12/2001 e s.m.i. in contrasto con norme statali e comunitarie Di seguito si riportano le disposizioni della legge regionale in oggetto, contrastanti con il quadro normativo nazionale e comunitario

Disposizioni della L. R. (Campania) n. 12/2001 e s.m.i. in conflitto con norme di rango superiore

Norme della legislazione nazionale in conflitto

NOTE

1 Finalità. Art. 1, comma g La Regione Campania … promuove: g)la istituzione di Registri per la classificazione ed identificazione degli operatori delle attività funerarie.

D.Lgs. art. 14 comma 2: “Nelle materie di legislazione concorrente, le Regioni possono istituire o mantenere albi, elenchi, sistemi di accreditamento e ruoli, solo nel caso in cui siano previsti tra i principi generali determinati dalla legislazione dello Stato”.

Vedi argomento 4)

2 Composizione della Consulta. Art. 4, comma 1 lettera g La Consulta regionale di cui all'articolo 3, è composta come segue: g)da due rappresentanti delle maggiori organizzazioni di categoria, presenti nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), in qualità di componenti;

D.Lgs. 59/2010 Art. 18 comma 1 1)Fatti salvi i poteri di ordini, collegi e organismi professionali e di organi collegiali che agiscono in qualità di autorità competente, ai fini del rilascio dei titoli autorizzatori o dell'adozione di altri provvedimenti rilevanti per l'esercizio dell'attività di servizi e' vietata la partecipazione diretta o indiretta alla decisione, anche in seno a organi consultivi, di operatori concorrenti. …

Ai sensi dell'art.14 della Direttiva Servizi, dell'art. 18 del D.Lgs. 59/2010 e dell'art.6, comma 2 del Regolamento n.11/2010 è requisito vietato: “.....il coinvolgimento diretto o indiretto di operatori concorrenti, anche in seno agli organi consultivi, ai fini del rilascio di autorizzazioni o ai fini dell'adozione di altre decisioni delle autorità competenti.....”

3 (Composizione dell’Osservatorio regionale ) Art. 5 ter, comma 1 lettera i 1)L’Osservatorio è composto da: i. due rappresentanti delle maggiori organizzazioni di categoria delle attività funebri presenti nel Cnel

D.Lgs. 59/2010 Art. 18 comma 1 1)Fatti salvi i poteri di ordini, collegi e organismi professionali e di organi collegiali che agiscono in qualità di autorità competente, ai fini del rilascio dei titoli autorizzatori o dell'adozione di altri provvedimenti rilevanti per l'esercizio dell'attività di servizi e' vietata la partecipazione diretta o indiretta alla decisione, anche in seno a organi consultivi, di operatori concorrenti. …

Ai sensi dell'art.14 della Direttiva Servizi, dell'art. 18 del D.Lgs. 59/2010 e dell'art.6, comma 2 del Regolamento n.11/2010 è requisito vietato: “.....il coinvolgimento diretto o indiretto di operatori concorrenti, anche in seno agli organi consultivi, ai fini del rilascio di autorizzazioni o ai fini dell'adozione di altre decisioni delle autorità competenti.....”

4 Formazione di operatori funerari Art. 7, comma 3

1. La Giunta regionale, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, tenuto conto delle proposte della consulta di cui al Capo II, delibera la istituzione presso la regione Campania del registro dei soggetti esercitanti l’attività funebre e di trasporto salme, autorizzati dai comuni a tale esercizio (sezione prima), …..

D.Lgs. art. 14 comma 2 “Nelle materie di legislazione concorrente, le Regioni possono istituire o mantenere albi, elenchi, sistemi di accreditamento e ruoli, solo nel caso in cui siano previsti tra i principi generali determinati dalla legislazione dello Stato”.

Vedi argomento 4)

5 Formazione di operatori funerari. Art. 7, comma 3 bis 3 bis. L’inclusione nel registro regionale delle imprese funerarie e cimiteriali, delle aggregazioni di imprese, abilitate all’esercizio dai Comuni, e degli operatori addetti all’attività funebre e cimiteriale costituisce titolo ad operare nei Comuni della regione.

D.Lgs. art. 14 comma 2 Art. 34 Legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Liberalizzazione delle attività economiche ed eliminazione dei controlli ex-ante) 1)Le disposizioni previste dal presente articolo sono adottate ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettere e) ed m), della Costituzione, …. … 3)Sono abrogate le seguenti restrizioni disposte dalle norme vigenti: il divieto di esercizio di una attività economica al di fuori di una certa area geografica e l'abilitazione a esercitarla solo all'interno di una determinata area;

Vedi argomento 4)

6 Art. 8 bis (Controlli e sanzioni amministrative) Art. 8 ter (Destinazione della riscossione delle sanzioni)

Venendo a decadere i presupposti per il mantenimento dei regime autorizzatorio (art. 14 D.Lgs. 59/2010) e il mantenimento dei requisiti da valutare (art. 12 e 13 del D.Lgs. 5972010) e tutte le altre condizioni elencate nei punti precedenti e successivi, viene a decadere, di conseguenza, anche l’intero quadro sanzionatorio previsto dall’art 8 bis e 8 ter della L.R. 12/2001 e s.m.i.

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7 (Autorizzazioni) Art. 8 quater, comma 1/a 1)I Comuni, nel rispetto delle linee di programma adottate dalla Giunta regionale, previste nell’articolo 2 e dei requisiti e delle disposizioni di cui all’articolo 2, comma 3 bis, autorizzano:

a. l’esercizio delle attività funerarie;

D.Lgs. 59/2010 Art. 10 (Libertà di accesso ed esercizio) 1)Nei limiti del presente decreto, l'accesso e l'esercizio delle attività di servizi costituiscono espressione della libertà di iniziativa economica e non possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate o discriminatorie. D.Lgs. 59/2010 Art. 14, comma 1 (Regimi autorizzatori) 1)Fatte salve le disposizioni istitutive e relative ad ordini, collegi e albi professionali, regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione, di proporzionalità, nonché delle disposizioni di cui al presente titolo.

D.Lgs. 59/2010 Art. 17, comma 1 (Procedimenti di rilascio delle autorizzazioni) 1)… In tutti i casi diversi da quelli di cui all'articolo 14 (regimi autorizzatori) per i quali le norme vigenti, alla data di entrata in vigore del presente comma, prevedono regimi autorizzatori o di dichiarazione di inizio attivita', si applica l'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.(S.C.I.A.) Legge 241/90 art. 19 (SCIA)

Vedi argomenti 4.1) – 4.2) – 4.3) – 4.4)

8 Allegato A Art. 1, comma 2 2. L’attività funebre consiste nello svolgimento di tutte le prestazioni e i servizi esercitati congiuntamente, di seguito indicati: a)vendita di casse mortuarie … b)disbrigo delle pratiche amministrative … b)preparazione, vestizione … c)trasporto della salma … d)trasporto di cadavere … e)trattamento di tanatocosmesi … f)recupero di cadaveri, su disposizione dell’autorità giudiziaria, da luoghi pubblici o privati.

D.Lgs. 59/2010 Art. 10 (Libertà di accesso ed esercizio) 1)Nei limiti del presente decreto, l'accesso e l'esercizio delle attività di servizi costituiscono espressione della libertà di iniziativa economica e non possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate o discriminatorie.

Art. 34 Legge 22 dicembre 2011, n. 214 Liberalizzazione delle attività economiche ed eliminazione dei controlli ex-ante 2)Sono abrogate le seguenti restrizioni disposte dalle norme vigenti: q)la limitazione dell'esercizio di una attività economica ad alcune categorie o divieto, nei confronti di alcune categorie, di commercializzazione di taluni prodotti; r)l'obbligo di fornitura di specifici servizi complementari all'attività svolta.

La norma regionale, volendo disciplinare e imporre alle imprese di fornire obbligatoriamente e congiuntamente le prestazioni e servizi previsti, viola il principio di libertà di esercizio Vedi argomento 3.1)

9 Allegato A Art. 1, comma 3 3. E’ vietato l’esercizio del servizio funebre alle imprese sprovviste del titolo abilitativo rilasciato dal comune competente.

D.Lgs. 59/2010 Art. 10 (Libertà di accesso ed esercizio delle attività di servizi) D.Lgs. 59/2010 Art. 14 (Regimi autorizzatori) D.Lgs. 59/2010 Art. 17 (Procedimenti di rilascio delle autorizzazioni) Legge 241/90 art. 19 (SCIA)

Vedi argomenti 4.1) – 4.2) – 4.3) – 4.4)

10 Allegato A Art. 1, comma 8 8. L’abilitazione all’esercizio di filiale è rilasciata dal Comune all’impresa funebre pubblica o privata, già in possesso di autorizzazione del titolo abilitativo e già iscritta nel registro regionale come indicato nell’articolo 7 della legge. L’impresa autorizzata per l’esercizio della filiale dispone in via continuativa e funzionale di: a) un direttore tecnico in possesso dei requisiti previsti nell’articolo 7 della legge; b) due operatori addetti al trasporto, in possesso dei requisiti indicati all’articolo 7 della legge e assunti con regolari contratti di lavoro stipulati nel rispetto della normativa vigente in materia di mercato del lavoro e nel rispetto dei contratti di lavoro di categoria;

D.Lgs. 59/2010 Art. 10 (Libertà di accesso ed esercizio delle attività di servizi) D.Lgs. 59/2010 Art. 12, comma 1 lettera n (Requisiti subordinati alla sussistenza di un motivo imperativo di interesse generale) 1)Nei casi in cui sussistono motivi imperativi di interesse generale, l'accesso e l'esercizio di una attività di servizio possono, nel rispetto dei principi di proporzionalità e non discriminazione, essere subordinati al rispetto dei seguenti requisiti:

a) requisiti che stabiliscono un numero minimo di dipendenti;

D.Lgs. 59/2010 Art. 13 (Notifiche)

Vedi argomenti 4.1) – 4.2) – 4.3) – 4.4)

11 Allegato A Art. 1 bis, comma 1/d 1.Le imprese che esercitano l’attività funebre dispongono di almeno: comma d): un direttore tecnico per ogni sede o filiale e quattro operatori funebri addetti al trasporto, tutti in possesso dei requisiti formativi di cui all’articolo 7 della legge, definiti con delibera di Giunta regionale 15 maggio 2009, n. 963 (Disposizioni concernenti l’organizzazione e gli standard formativi essenziali per la formazione del

D.Lgs. 59/2010 Art. 10 (Libertà di accesso ed esercizio delle attività di servizi) D.Lgs. 59/2010 Art. 12, comma 1 lettera n (Requisiti subordinati alla sussistenza di un motivo imperativo di interesse generale) D.Lgs. 59/2010 Art. 13 (Notifiche) Art. 34 Legge 22 dicembre 2011, n. 214 Liberalizzazione delle attività economiche ed

Vedi argomento 7)

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personale delle imprese che esercitano l’attività funebre, in attuazione della l. r. 12/01) ed assunti mediante contratto di lavoro subordinato e continuativo stipulato nel rispetto della normativa vigente in materia di mercato del lavoro e del contratto collettivo nazionale di categoria.

eliminazione dei controlli ex-ante

12 Allegato A Art. 1 bis, comma 2 2. La dotazione minima dei mezzi e del personale operatore funebre di cui al comma 1, lettere b) e d), varia in aumento, in relazione al numero dei servizi eseguiti. Il direttore tecnico può svolgere, inoltre, previa autorizzazione del comune, attività di operatore in modo da consentire il raggiungimento dei requisiti del numero minimo di personale previsti.

D.Lgs. 59/2010 Art. 10 (Libertà di accesso ed esercizio delle attività di servizi) D.Lgs. 59/2010 Art. 12 lettera n (Requisiti subordinati alla sussistenza di un motivo imperativo di interesse generale) D.Lgs. 59/2010 Art. 13 (Notifiche) Art. 34 Legge 22 dicembre 2011, n. 214 Liberalizzazione delle attività economiche ed eliminazione dei controlli ex-ante

Vedi argomento 7)

13 Allegato A Art. 1 bis, comma 4 4. I Comuni verificano annualmente la permanenza dei requisiti previsti dalla vigente normativa in materia per svolgere l’esercizio dell’attività funebre.

Il prevedere nella Legge Regionale 12/2001 e s.m.i. un sistema di “Autorizzazione” (anche se illegittimo) consentirebbe (sempre illegittimamente) di applicare il comma 3 dell’art. 19 del D.Lgs. 59/2010 per le verifiche annuali da parte dei comuni, in merito al mantenimento dei requisiti … (Allegato A, art. 1 bis, comma 4, L.R. 12/2001 e s.m.i.), altrimenti, con il sistema SCIA, i comuni non sarebbero obbligati, ne avrebbero la potestà, di effettuare tali verifiche con periodicità annuale.

14 Allegato A Articolo 3, comma 4 bis 4 bis. Le imprese funerarie comunicano alla Consulta regionale il listino dei prezzi dei servizi standardizzati e lo rendono pubblico con spesa a carico dell’impresa interessata.

Secondo questa norma la “libera concorrenza” comunque deve subire un controllo e tale controllo viene assegnato alla Consulta regionale, al cui interno, per giunta, siedono (illegittimamente) anche operatori concorrenti. Si precisa che la normativa stessa assegna alla Consulta la facoltà di esprimere “solo” pareri di carattere igienico-sanitari (vedi art. 3), quindi perché comunicare il listino prezzi alla Consulta?

7) Considerazioni in diritto Le sopra esposte disposizioni della Regione Campania, escludendo nel proprio ambito regionale l’applicabilità della disciplina statale relativamente al D.Lgs 59/2010 e delle altre norme in materia di concorrenza e semplificazioni, si pongono in evidente contrasto con la normativa comunitaria e con quella nazionale attuativa della stessa. La giurisprudenza costituzionale ha da sempre ritenuto illegittime, per violazione dei vincoli comunitari, norme regionali che si ponevano in contrasto, in generale con la normativa statale in applicazione della normativa comunitaria (vedi sentenza n. 310 del 2011, nonché, sentenze n. 217, n. 86 e n. 85 del 2012), ed in particolare con le normative comunitarie stesse (sentenze n. 85 del 2012, n. 190 del 2011 e n. 266 del 2010), le quali fungono da norme interposte atte ad integrare il parametro per la valutazione di conformità della normativa regionale all’art.. 117, primo comma, della Costituzione(La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.), con conseguente declaratoria di illegittimità costituzionale delle norme regionali che siano giudicate incompatibili con il diritto comunitario (sentenze n. 102 del 2008 e n. 269 del 2007). In merito alla legittimità costituzionale delle norme regionali con riferimento alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione (tutela della concorrenza), vi è, altresì, da considerare che la Corte Costituzionale ha più volte chiarito che la nozione di “concorrenza” non può che riflettere quella operante in ambito comunitario (sentenze n. 270 e n. 45 del 2010, n. 401 del 2007), oltre ad aver sottolineato come la stessa abbia un contenuto complesso, in quanto ricomprende non solo l’insieme delle misure antitrust, ma anche azioni di liberalizzazione, che mirano ad assicurare e a promuovere la concorrenza “nel mercato” e “per il mercato”, secondo gli sviluppi ormai consolidati nell’ordinamento

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europeo e internazionale e più volte ribaditi dalla giurisprudenza della Suprema Corte (sentenza n. 200 del 2012). La giurisprudenza costituzionale, occupandosi della legittimità di disposizioni regionali,considerando il carattere “finalistico” in tema di tutela della concorrenza, ha costantemente evidenziato la “trasversalità” che caratterizza tale materia, con conseguenza che tale trasversalità influisce sicuramente su altri campi attribuiti alla competenza legislativa concorrente o residuale delle Regioni, con particolare riferimento al possibile intreccio e all’interferenza con la materia «commercio» (sentenze n. 18 del 2012; n. 150 del 2011; n. 288 del 2010; n. 431, n. 430, n. 401, n. 67 del 2007 e n. 80 del 2006). La materia “tutela della concorrenza” non ha solo un ambito oggettivamente individuabile che attiene alle misure legislative di tutela in senso proprio, quali, ad esempio, quelle che hanno ad oggetto gli atti e i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull’assetto concorrenziale dei mercati e ne disciplinano le modalità di controllo, ma, dato il suo carattere “finalistico”, ha anche una portata più generale e trasversale, non preventivamente delimitabile, che deve essere valutata in concreto al momento dell’esercizio della potestà legislativa sia dello Stato che delle Regioni nelle materie di loro rispettiva competenza e/o in quelle concorrenti. In coerenza con queste affermazioni va letta la giurisprudenza costituzionale in precedenza richiamata e, più in generale, quella che interviene sulla disciplina regionale che, dettando vincoli all’entrata, altera il corretto svolgersi della concorrenza (sentenza C.C. n. 18 del 2012). A questa tipologia di disposizioni – quelle che mirano ad assicurare la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici – sono da ascriversi, data la loro finalità, gli articoli 1, 6, 10, 12, 13, 14, 15, 17, 18, 19 e 35 del D.lgs. n. 59 del 2010, la cui applicazione viene, di fatto,esclusa o limitata dalla Regione Campania,con l’introduzione delle norme censurate della L.R. Campania 12/2001 e s.m.i.. Risulta evidente che gli ostacoli alla concorrenza derivano soprattutto dalla previsione di nuovi o ulteriori limiti all’accesso al mercato, ma anche dalla imposizione del rispetto di requisiti particolari, come, ad esempio, il richiedere la dotazioni minima di dipendenti e, addirittura, il voler “imporre” la forma specifica di contrattoper il reclutamento degli stessi. La disciplina del rapporto di lavoro si colloca nell’ambito della materia “ordinamento civile”, riservata allo Stato dall’art. 117, comma 2, lett. l) della Costituzione. Il binomio contratto/mercato del lavoro è imprescindibile. Con decisioni dei giudici costituzionali(sentenza 29 aprile 2010, n. 151), è stato chiarito che il “contratto” attira a sé qualunque disciplina che, in qualche modo, sia destinata a regolare il settore del lavoro, fino a nullificare, di fatto, quella pur limitata competenza concorrente che la Costituzione, in quest’ambito, riconosce alle Regioni, per due motivi:

- perché l’eguaglianza svolge un ruolo assolutamente dominante, che sembra rendere sostanzialmente impossibile ogni differenziazione regionale;

- perché non è possibile discernere la regola sul contratto da quella sul mercato del lavoro, in un settore (commercio/servizi) nel quale si registrano tassi molto elevati di complessità.

In merito, poi, alla possibilità che le Regioni possano limitare o vietare delle forme di contrattualizzazione consentite dalla normativa nazionale è opportuno tenere conto, anche, della competenza specifica assegnata allo Stato con l’Art. 117, comma 2 lett. m) della Costituzione: “Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. In conclusione, poi, è opportuno richiamare la decisione della Consulta che,con sentenza n. 50 del 28 gennaio 2005, riunendo più procedimenti relativi a ricorsi presentati da alcune Regioni (Marche, Emilia Romagna, Toscana, Basilicata e Provincia Autonoma di Trento) contro alcuni aspetti della legge n. 30/2003 (legge 14 febbraio 2003 n. 30 - Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro) e del

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successivo D.L.vo n. 276/2003, ha affermato la piena costituzionalità delle norme impugnate, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale della delega al Governo della Legge Biagi.La Consulta ha sostanzialmente affermato che la disciplina di qualsiasi rapporto di lavoro è di competenza esclusiva dello stato in quanto rientrante nel c.d. “ordinamento civile” riservato dall’art. 117 della Costituzione alla competenza esclusiva dello Stato. Di massima, la Consulta ha prodotto la seguente argomentazione: “ogni norma che tocca il contratto di lavoro, soprattutto quello di lavoro subordinato nelle sue complesse varianti, appartiene all’“ordinamento civile” e permane nell’esclusiva potestà del Legislatore statale”. Dunque, le Regioni non hanno alcuna facoltà per dettare regole che, sotto qualunque forma, possano incidere sui diritti e sui doveri delle “parti” (datore di lavoro - lavoratore) nel rapporto di lavoro, in quanto, tali regole, non possono essere oggetto di differenziazioni regionali, ma devono rimanere di esclusiva pertinenza delle fonti e delle regole statali, devono essere uniformi su tutto il territorio nazionale e devono garantire i massimi livelli di oggettività e di pari opportunità per i datori di lavoro e per i lavoratori. In sostanza, nel caso in trattazione, la Regione Campania, oltre a non poter prevedere “Regimi Autorizzatori” - in modo particolare quelli contemplanti vincoli restrittivi per l’accesso non previsti dalle norme nazionali - non può, altresì, obbligare le imprese funebri del proprio territorio ad avere una dotazione minima di dipendenti e, oltremodo, non può escludere l’applicabilità di alcune tipologie di contratti per il reclutamento del personale necessario per offrire il “servizio”. Le norme della legge regionale fin qui trattate restringono le possibilità del datore di lavoro di usufruire,sia per l’accesso all’attività che per la conseguente gestione aziendale, di tutte le opportunità “concesse” dalla normativa nazionale in materia di “mercato del lavoro”(come di seguito sarà dettagliato). Dalle considerazioni che precedono discende che la mancata applicazione da parte della Regione Campania di quanto previsto dal D.lgs. n. 59 del 2010 (attuativo della direttiva CE n. 123 del 2006) per le attività di “impresa funebre”, determina l’illegittimità costituzionale delle norme regionali censurate di cui alla L.R. Campania 12/2001 e s.m.i., per violazione degli artt. 3, 10, 11, 41, e 117, comma 1 e comma 2, lett. e), l) ed m) della Costituzione. 8)Considerazioni in fatto Tanto in precedenza considerato in diritto, si può senza dubbio affermare che le clausole della L.R. 12/2001 e s.m.i. che presentano i maggiori punti di doglianza riguardano, soprattutto, le disposizioni introdotte con l’Allegato “A”, inerenti la dotazione minima di personale per le sedi e per le filiali dell’impresa e la loro forma di contrattualizzazione, in quanto da esse, poi, discendono molte delle altre illegittimità della legge regionale (autorizzazioni, quadro sanzionatorio, ecc.), che di seguito saranno trattate in dettaglio. 8.1) Analisi delle disposizioni dell’Allegato “A” della L.R. 12/2001 e s.m.i. Per i motivi in precedenza esposti, pur contestando la legittimità dell’intero impianto delle norme che prevedono la dotazione minima di personale, per meglio individuare i veri obiettivi della L.R. 7/2013, è opportuno analizzare alcune disposizioni degli articoli 1 e 1 bis dell’Allegato “A”. Analizzando l’art. 1 bis, comma 1 lettera d) e commi 2, 3 e 4, viene fuori lo scenario che segue.

1. comma 1 lett. d) “Le imprese che esercitano l’attività funebre dispongono di almeno: di un direttore tecnico per ogni sede o filiale e quattro operatori funebri addetti al trasporto, tutti in

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possesso dei requisiti formativi (…) ed assunti mediante contratto di lavoro subordinato e continuativo stipulato nel rispetto della normativa vigente in materia di mercato del lavoro e del contratto collettivo nazionale di categoria”. Tenendo conto che (secondo la L.R. 12/2001 e s.m.i.) la dotazione minima di personale è requisito necessario sia per l’abilitazione che per la conduzione dell’impresa funebre, interpretando letteralmente quanto disposto, se ne deduce che per essere autorizzati all’inizio attività e per la conduzione di una impresa funebre, oltre al direttore tecnico, bisogna disporre, obbligatoriamente, anche di quattro operatori funebri assunti con contratto “subordinato e continuativo”. Il Legislatore regionale, quindi, inserendo la dicitura “subordinato e continuativo”esclude che per il raggiungimento del contingente minimo di personale si possano utilizzare altre forme di contratti consentiti dalle norme nazionali come, ad esempio, l’utilizzo delle disposizioni di cui alla Riforma del Mercato del Lavoro (contratto a chiamata, lavoro intermittente, ecc.) disciplinate dal D.Lgs. n. 276/2003 e s.m.i. (Riforma Biagi) e dalla Legge n. 92 del 28 giugno 2012.Altresì, il Legislatore esclude che per concorrere al raggiungimento del contingente minimo di personale (per l’autorizzazione) si possano indicare soci prestatori d’opera di società, soci lavoratori di cooperative o di società cooperative, collaboratori familiari di imprese familiari e ogni altro tipo di figura prestante lavoro non vincolata al datore di lavoro con un contratto di subordinazione continuativa. Nonostante tutte le predette tipologie in materia di prestazione di lavoro siano regolari e consentite dal quadro normativo nazionale, su tutto il territorio nazionale. Questa disposizione tanto precisa, vincolante e stringente, che avrà come effetto la fuoriuscita dal mercato delle “piccole imprese” impossibilitate a raggiungere un fatturato annuo “adeguato” e quindi non “capaci” di costi aggiuntivi in personale dipendente, non viene ribadita con altrettanta “precisione” per le imprese “più strutturate”, come si vede al successivo punto 2. Vi è da evidenziare, inoltre, che solo ai fini dell’autorizzazione e del mantenimento dei requisiti minimi (da valutare con cadenza annuale) la legge regionale detta condizioni precise sul contratto di lavoro da applicare. Ciò significa che, per espletare i servizi, oltre il personale obbligatorio, l’impresa funebre “abilitata” è libera di utilizzare ogni forma di contratto nazionale (contratto a chiamata, lavoro intermittente, voucher, ecc.), anche alla luce di quanto chiarito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con l’Interpello n. 9/2014 del 25 marzo 2014 (23). http://www.lavoro.gov.it/Strumenti/interpello/Documents/9-2014.pdf Quand’anche ce ne fosse stato bisogno, Il Ministero del Lavoro ha chiarito che, visto il carattere discontinuo dell’attività, le imprese funebri possono stipulare contratti di lavoro intermittente oltre che per “operai addobbatori e apparatori per cerimonie civili e religiose” anche per le figure di “necrofori e portantini addetti ai servizi funebri” (vedi Interpello n. 9/2014 Ministero del Lavoro(23)).

2. Comma 2) La dotazione minima dei mezzi e del personale operatore funebre di cui al comma 1, lettere b) e d), varia in aumento, in relazione al numero dei servizi eseguiti. Il direttore tecnico può svolgere, inoltre, previa autorizzazione del comune, attività di operatore in modo da consentire il raggiungimento dei requisiti del numero minimo di personale previsti. Con il comma 2, sembrerebbe che il Legislatore regionale voglia adottare un principio di equità e proporzionalità, prevedendo una dotazione minima di personale con variazione in aumento in relazione ai servizi eseguiti dalle imprese, andando, cosi, a regolamentare anche le imprese più strutturate. In realtà così non è, per i seguenti motivi:

- la norma non specifica con quale criterio di calcolo si dovrebbe applicare l’incremento della “dotazione minima” e soprattutto non chiarisce dopo quanti servizi e/o ogni quanti servizi eseguiti scatti l’obbligo di nuove assunzioni oltre le quattro obbligatorie a contratto subordinato e continuativo;

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- il Legislatore regionale, non prevedendo alcun criterio di calcolo per l’incremento della dotazione minima in base ai servizi eseguiti, ha, di conseguenza, anche “dimenticato” di prevedere la benché minima sanzione per le imprese inadempienti rispetto alla presente disposizione;

- una norma che non prevede criteri di applicazione e, soprattutto, non prevede alcuna sanzione, praticamente, è una norma inesistente.

Pertanto, la dicitura “la dotazione minima dei mezzi e del personale operatore funebre di cui al comma 1, lettere b) e d), varia in aumento, in relazione al numero dei servizi eseguiti” resta, nell’intera stesura della legge e per l’efficacia della norma stessa, una astrazione indefinita, inapplicabile e non sanzionabile. Appare quantomeno sospetto il fatto che il Legislatore regionale, tanto scrupoloso e attento nel dettare rigide condizioni e esorbitanti sanzioni (fino all’interdizione definitiva dell’attività) per il mancato reclutamento dei quattro operatori portantini (con contratto subordinato e continuativo) necessari per l’abilitazione, abbia potuto usare una tale leggerezza e superficialità nel trattare, poi, una norma che prevedesse adempimenti ulteriori anche per le poche imprese “più grandi”. Lasciando il richiamato comma 2 “monco” e inefficace, parrebbe, invece, che il Legislatore, in questo caso, si sia ispirato ad un altro principio: “più fatturato fai meno impegni hai!”.

3. Comma 3) Le imprese abilitate all’esercizio dell’attività funebre possono costituirsi in consorzi, ai sensi degli articoli 2602 e seguenti del Codice Civile o in società consortili ai sensi dell’articolo 2615 ter del Codice Civile o di reti d’impresa. Con il presente comma 3 il Legislatore ha operato un ulteriore “tranello giuridico”. Infatti, da una superficiale lettura potrebbe sembrare che il Legislatore voglia indicare, alle piccole imprese non “conformate” alla normativa, la strada da seguire per continuare ad esercitare, indicandola possibilità di riunirsi nelle richiamate forme di aggregazione. In realtà, però, anche in questo caso, così non è. Leggendo con attenzione si nota che il Legislatore consente (pur non essendoci nulla da consentire …) alle sole “imprese abilitate all’esercizio”la possibilità di costituirsi in consorzi, società consortili o rete di impresa. Cioè, per aggregarsi (secondo il Legislatore), le imprese devono essere già in possesso dell’abilitazione, quindi hanno già dovuto superare lo “scoglio” della dotazione minima di personale e di tutti gli altri requisiti. Il voler consigliare alle imprese quello che il codice civile consente di fare potrà sembrare una norma “lapalissiana” e superflua, in realtà potrebbe svelare l’obiettivo di un progetto in fieri di cui la L.R. 7/2013 è solo il piano preparatorio per l’attuazione. La norma, così come scritta, in realtà, può insinuare un“dubbio” significato: si vuole consigliare alle imprese (quelle che rimarranno sul mercato dopo la “ghigliottina” applicata dalla legge regionale …) di costituirsi in aggregazione per, eventualmente, meglio facilitare le operazioni di “cartello” e continuare a decidere le tariffe da applicare per i servizi funerari, nonostante le disposizioni nazionali e comunitarie, in materia di antitrust, impongano una liberalizzazione e soprattutto mirino alla vera concorrenzialità tra le stesse imprese. Ad avvalorare questa ipotesi concorre anche l’art. 3, comma 4 bis, dell’Allegato “A”, che recita: “Le imprese funerarie comunicano alla Consulta regionale il listino dei prezzi dei servizi standardizzati e lo rendono pubblico con spesa a carico dell’impresa interessata”.Quindi, la “libera concorrenza” comunque deve subire un controllo e, secondo questa norma, tale controllo viene assegnato alla Consulta regionale, al cui interno, per giunta, siedono (illegittimamente) anche operatori concorrenti. Si precisa che la normativa stessa assegna alla Consulta la facoltà di esprimere “solo” pareri di carattere igienico-sanitari (vedi art. 3), quindi perché comunicare il listino prezzi alla Consulta? Probabilmente, i listini vanno comunicati alla Consulta per evitare che le imprese, in regime di libera concorrenza, possano applicare sconti e riduzioni sui costi di mercato a beneficio dei clienti,

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contravvenendo, così, al rispetto delle decisioni che “qualcuno” tenta di applicare in modo uniforme sui territori “parcellizzati”.

4. Comma 4) I Comuni verificano annualmente la permanenza dei requisiti previsti dalla vigente normativa in materia per svolgere l’esercizio dell’attività funebre. Con questo ultimo comma dell’art. 1 bis si potrebbe ipotizzare che nulla è stato lasciato al caso. Assegnare l’obbligo ai comuni di verificare annualmente il mantenimento dei requisiti (dotazione minima di personale con contratto subordinato e continuativo, ecc.) consente di evitare che qualche impresa non “adeguata” alla normativa regionale possa continuare (in assenza di controlli) a svolgere l’esercizio di attività funebre in virtù di una abilitazione (Autorizzazione, DIA o SCIA) acquisita prima dell’emanazione della L.R. 7/2013.

8.2) Le “filiali” Analizzando, inoltre,l’art. 1comma 8 dell’Allegato “A”, si possono fare le ulteriori considerazioni che seguono.

5. Comma 8)L’abilitazione all’esercizio di filiale è rilasciata dal Comune all’impresa funebre pubblica o privata, già in possesso di autorizzazione del titolo abilitativo e già iscritta nel registro regionale come indicato nell’articolo 7 della legge. L’impresa autorizzata per l’esercizio della filiale dispone in via continuativa e funzionale di: a. un direttore tecnico in possesso dei requisiti previsti nell’articolo 7 della legge; b. due operatori addetti al trasporto, in possesso dei requisiti indicati all’articolo 7 della legge e

assunti con regolari contratti di lavoro stipulati nel rispetto della normativa vigente in materia di mercato del lavoro e nel rispetto dei contratti di lavoro di categoria;

c. idonei locali per ricevere il pubblico, conformi al regolamento comunale in materia. Per meglio analizzare il precedente comma è opportuno considerare, anche, quanto previsto nel quadro sanzionatorio della legge regionale in esame, con particolare riferimento al comma 5 dell’art. 8 bis (Controlli e sanzioni amministrativi) della L.R. 12/2001 e s.m.i., che recita:

Comma 5:“E’ interdetta in via definitiva dall’attività funebre l’impresa che: a) non osserva le prescrizioni previste nell’articolo 1, commi 1, 2, 3, 4 e 8, lettere a), b), c) dell’allegato A e le

disposizioni indicate nell’articolo 7, comma 3 ter; b) non è in possesso dell’abilitazione all’esercizio dell’attività funebre rilasciata dal comune;” c) non è in possesso dei requisiti, oppure anche uno solo di essi, di cui al comma 1 dell’articolo 1 bis dell’allegato A; d) non osserva le norme in materia di lavoro, previdenza e sicurezza nei luoghi di lavoro.

In pratica, il Legislatore regionale, oltre a prevedere che le imprese abilitate fuori dai confini regionali non possono aprire filiali in Campania, come già chiarito al precedente punto 4), per ciò che attiene alle filiali, prevede, altresì, che: l’impresa che infrange le disposizioni per l’attività di filiale (comma 8, lettere a, b e c) “è interdetta in via definitiva dall’attività funebre” - Volendo far capire meglio la disposizione predetta, si può semplificare con il seguente esempio: “Se un comune, a seguito di una attività di accertamento (come quello annuale …), riscontra che la filiale non dispone anche di uno solo dei due operatori funebri (lett. b) reclutato nei modi previsti dalla legge regionale, deve interdire in via definitiva l’attività funebre dell’impresa”. Si badi bene, la sanzione non prevede la chiusura della filiale, bensì l’interdizione definitiva dell’attività d’impresa. Una sanzione abnorme per la violazione di una norma oltre che illegittima anche illogica. Non si comprende (o meglio, si comprende bene) il senso di prevedere l’obbligo di un contingente minimo di tre figure, oltre le cinque per l’impresa, per la conduzione di una filiale, in considerazione del fatto che la legge regionale stessa non contempla per la filiale anche l’obbligo della dotazione di mezzi (carro funebre) e strutture (autorimessa). Quindi, quella che il Legislatore definisce“filiale” è, implicitamente, da esso stesso considerato, a tutti gli effetti, un mero “ufficio” di rappresentanza commerciale e disbrigo pratiche.

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Le disposizione sulle filiali, rapportate al quadro sanzionatorio e valutate in combinato con le argomentazioni trattate ai precedenti punti, assumono un carattere ingiustificato,minaccioso e punitivo. Le norme sembrano“studiate” per demotivare eventuali insediamenti di “uffici” sul territorio e soprattutto, forse, pensate come argine a possibili “ramificazioni” anche delle imprese meno strutturate, che, per effetto della liberalizzazione del mercato e della libertà di stabilimento, introdotte con le norme fin qui trattate, potrebbero creare un sistema di vera concorrenza.

8.3)Il “piano di contrasto” alle norme nazionali e comunitarie della L.R. 7/2013 In definitiva, considerando la validità delle deduzioni fatte,l’impressione che si ricava è che il Legislatore regionale abbia ben studiato un “piano di contrasto” di tutte le iniziative nazionali e comunitarie in tema di liberalizzazione e tutela della concorrenza, mettendo in campo un sistema di immunizzazione dai fattori innovativi della legislazione nazionale. Una sorta di protezione dai fattori esterni al sistema “consolidato” del mercato funerario, visti come una minaccia allo status quo del settore. Un sistema fatto di regole non scritte ma applicate, gestito e condizionato da poche imprese “maggiori”, fatto di “assegnazione/spartizione dei territori” e controllo egemone delle imprese “minori”. Un sistema che spesso viene consentito e in alcuni casi, addirittura, aiutato e spalleggiato dai responsabili delle istituzioni locali (comuni, uffici comunali, ecc.), che, troppo frequentemente, si prestano ad essere esecutori di richieste di alcuni operatori a danno di altri.(Su questo argomento la CNA sta preparando dei dossier che, se del caso, saranno sottoposti all’attenzione delle Procure della Repubblica della Campania) Negli ultimi tempi, su pressione di gruppi di imprese ben strutturate, alcuni Comuni della Regione si stanno affrettando ad inviare comunicazioni agli operatori, facendo richieste senza alcun fondamento giuridico e nel dispregio totale delle più elementari procedure in materia amministrativa. Il tenore delle comunicazioni riguarda: autorizzazioni, rinnovo autorizzazioni, adeguamento alla normativa, dimostrazione di requisiti, minacce di sospensione e interdizione, ecc. … tutto in nome delle nuove disposizioni di cui alla Legge Regionale 7/2013 …

8.4) I Comuni tra irregolarità e inadempienze Anche volendo ipotizzare la legittimità e l’applicabilità delle norme della L.R. 7/2013, vi è da evidenziare che i primi inadempienti, rispetto ad essa, risultano essere proprio i Comuni. Quasi la totalità dei comuni della Campania ancora non ha provveduto ad adeguare i propri Regolamenti di Polizia Mortuaria nel rispetto dell’obbligo previsto dall’art. 9, comma 1 della citata Legge regionale, che recita: “I Comuni sono obbligati ad approvare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, apposito regolamento comunale di polizia mortuaria, ai sensi di quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica 285/1990. In caso di inadempienza delle amministrazioni comunali il Presidente della Giunta regionale, previa diffida, esercita i poteri sostitutivi nominando un Commissario ad acta.”. Orbene, pur non avendo provveduto a deliberare in Consiglio Comunale i nuovi Regolamenti di Polizia Mortuaria, necessari per l’applicazione delle novità introdotte dalla L.R. 7/2013 (soprattutto in materia di autorizzazioni, controlli e sanzioni), i comuni pretendono di imporre condizioni e fissare “ultimatum” alle imprese operanti, chiedendo adeguamenti a norme, che, per disposizione di quelle norme stesse, risultano ancora inapplicabili, in quanto subordinate al rispetto di alcune condizioni specifiche che ne convalidino la loro vigenza. Quindi, chiedono la conformità a norme, di fatto, inesistenti. Per meglio comprendere le precedenti affermazioni, è opportuno analizzare le disposizioni di seguito riportate, con relative note.

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L. R. Campania 12/2001 e s.m.i. Art. 2

Programmazione ed interventi. … omissis 3. La Giunta regionale, tenuto conto delle proposte della consulta di cui al Capo II e, sulla base delle convenzioni di cui al comma 2, adotta gli atti per l'attuazione delle linee di programma atte a conseguire gli scopi di cui al comma 1 eapprova le linee di programma per le autorizzazioni indicate nell’articolo 8quater, comma 1, lettere a), b) e c), deliberate dai Comuni, previo parere della Consulta regionale delleattività funerarie, di cui all’articolo 3. omissis …

Art. 8 quater

(Autorizzazioni) I Comuni, nel rispetto delle linee di programma adottate dalla Giunta regionale, previste nell’articolo 2 e dei requisiti e delle

disposizioni di cui all’articolo 2, comma 3 bis, autorizzano: a) l’esercizio delle attività funerarie;(Nota: per esercizio delle attività funerarie sono da intendersi anche le filiali - vedi art. 1 all. A (Attività

funerarie) – al comma 8 sono richiamate le filiali) b) la costruzione e il funzionamento delle strutture del commiato; c) la costruzione e il funzionamento dei cimiteri per animali d’affezione

NOTA: Leggendo il combinato disposto dell’art. 2 e dell’art. 8 quater della legge regionale, si evince che per avere la potestà di autorizzare l’esercizio delle attività funerarie (comprese le filiali), i comuni devono prima deliberare le linee di programma, previo parere della consulta regionale e nel rispetto delle linee di programma approvate dalla Giunta Regionale della Campania. Ad oggi, non sono ancora state approvate le linee di programma dalla Giunta Regionale. Di conseguenza, il sistema autorizzatorio (art. 8 quater) non può essere applicato dai comuni in assenza della delibera comunale da adottare previo parere della Consulta regionale e nel rispetto delle (inesistenti) linee di programma regionali … Tanto premesso, è evidente che, al momento, pur se si considerasse legittimo l’art 8 quater, non esiste alcun conflitto tra le norme regionali e quelle nazionali, in quanto l’art. 8 quater non è applicabile. L’unico sistema per l’inizio delle attività funerarie (compresa l’attività di filiale), anche in Campania, resta la procedura SCIA, nel rispetto delle disposizioni del quadro normativo nazionale. Ne consegue che il comune, per “abilitare” o interdire la prosecuzione di una attività, deve rispettare e seguire le disposizioni dell’ art. 19 della Legge 241/1990, come modificato dell’art. 49, comma 4bis, della Legge 122/2010 (SCIA)

D.Lgs. 59/2010 Art. 19(Efficacia delle autorizzazioni)

1. L'autorizzazione permette al prestatore di accedere all'attività di servizi e di esercitarla su tutto il territorio nazionale, anche mediante l'apertura di rappresentanze, succursali, filiali o uffici; sono fatte salve le ipotesi in cui la necessita di un'autorizzazione specifica o di una limitazione dell'autorizzazione ad una determinata parte del territorio per ogni stabilimento sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale. … Comma 3) Restano salvi i casi in cui la decadenza dall'autorizzazione, la sospensione o la revoca conseguono al venir meno delle condizioni cui e' subordinato il suo ottenimento. Le autorità competenti possono periodicamente verificare la persistenza delle condizioni per il rilascio dell'autorizzazione, anche richiedendo al prestatore le informazioni e la documentazione necessarie.

Il prevedere nella Legge Regionale 12/2001 e s.m.i. un sistema di “Autorizzazione” (anche se illegittimo) consentirebbe (sempre illegittimamente) di applicare il comma 3 dell’art. 19 del D.Lgs. 59/2010 per le verifiche annuali da parte dei comuni, in merito al mantenimento dei requisiti … (Allegato A, art. 1 bis, comma 4, L.R. 12/2001 e s.m.i.), altrimenti, con il sistema SCIA, i comuni non sarebbero obbligati, ne avrebbero la potestà, di effettuare tali verifiche con periodicità annuale.

Tanto chiarito con le note in precedenza, vi è da considerare, altresì, che la Regione Campania, oltre a non avere approvato “le linee guida” per l’applicabilità dell’art. 8 quater, non ha, ancora,neanche istituito il Registro regionale per la classificazione ed identificazione degli operatori delle attività funerarie(per giunta anch’esso illegittimo) di cui all’art. 1, lettera g, della L.R. 12/2001 e s.m.i.. Di conseguenza, tutte le norme del testo legislativo che prevedono adempimenti legati alla previa iscrizione nel “Registro regionale”, oltre che illegittime, risultano al momento inefficaci e inapplicabili.

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8.5) Controlli e sanzioni, tra certezze e dimenticanze Al fine di meglio definire la finalità del quadro sanzionatorio della legge regionale è opportuno riportare integralmente gli articoli 8 bis e 9 della stessa, invertendo, però, l’ordine di visualizzazione.

Art. 9 Regolamenti comunali di polizia mortuaria.

1. I Comuni sono obbligati ad approvare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, apposito regolamento comunale di polizia mortuaria, ai sensi di quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica 285/1990. In caso di inadempienza delle amministrazioni comunali il Presidente della Giunta regionale, previa diffida, esercita i poteri sostitutivi nominando un Commissario ad acta.”.

2. I Comuni disciplinano nei propri regolamenti l’attività dei servizi funebri e cimiteriali e assicurano che le attività siano svolte da imprese che dispongono, in via continuativa e funzionale, di locali, mezzi e personale qualificato. I Comuni, annualmente, verificano la permanenza dei requisiti per l’esercizio delle attività funebri previsti dalla normativa in materia, i requisiti previsti dalla certificazione antimafia ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere) anche per il direttore tecnico previsto dall’articolo 1 bis, comma 1, lettera d) dell’allegato A e verificano, inoltre, il rispetto delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Art. 8 bis

(Controlli e sanzioni amministrative) 1. La vigilanza ed il controllo sull’osservanza delle disposizioni contenute nella presente legge spettano al Comune che si avvale, per gli aspetti igienico–

sanitari, dell’azienda sanitaria locale territorialmente competente. 2. Se il fatto non è previsto come reato, è sospesa dall’esercizio dell’attività e del trasporto funebre da uno a sei mesi, con sanzione amministrativa pecuniaria

da euro 10.000,00 a euro 15.000,00 da introitare sul titolo III, tipologia 200, l’impresa che nell’espletare l’attività o il trasporto funebre: a. viola le disposizioni previste dall’articolo 7, commi 3 bis e 3 ter, e dall’articolo 8; b. propone direttamente o indirettamente mance o elargizioni di varia natura, promesse, doni o vantaggi di qualunque genere, a chi svolge una

professione o attività correlata all’indicazione o al procacciamento dei funerali; c. stipula contratti per lo svolgimento dei servizi funebri in luoghi vietati dalla legge; d. procaccia o fa opera di mediazione diretta o indiretta delle prestazioni e dei servizi di onoranze funebri o si avvale di procacciatori o mediatori per

l’acquisizione dei servizi funebri anche negli obitori, all’interno di strutture sanitarie di ricovero e cura o di strutture socio- sanitarie e socio assistenziali pubbliche o private accreditate nonché nei locali di osservazione delle salme e nelle aree cimiteriali;

e. fa ricorso a forme pubblicitarie ingannevoli e disdicevoli; f. non osserva o viola le disposizioni dei regolamenti comunali di polizia mortuaria e delle norme in materia.

3. Il Comune in cui si verifica l’illecito provvede all’irrogazione della sanzione ed alla sua riscossione e comunica al Comune che ha rilasciato l’abilitazione all’esercizio e al responsabile del registro regionale previsto nell’articolo 7, l’atto di sospensione o di revoca. Il responsabile del registro regionale ne dàcomunicazione ai Comuni in cui l’impresa sanzionata è autorizzata all’esercizio delle attività funebri.

4. La sospensione temporanea prevista nel comma 2, ripetuta per tre volte nell’arco di due anni, determina la revoca definitiva dell’abilitazione all’attività funebre.

5. E’ interdetta in via definitiva dall’attività funebre l’impresa che: a) non osserva le prescrizioni previste nell’articolo 1, commi 1, 2, 3, 4 e 8, lettere a), b), c) dell’allegato A e le disposizioni

indicate nell’articolo 7, comma 3 ter; b) non è in possesso dell’abilitazione all’esercizio dell’attività funebre rilasciata dal comune; c) non è in possesso dei requisiti, oppure anche uno solo di essi, di cui al comma 1 dell’articolo 1 bis dell’allegato A; d) non osserva le norme in materia di lavoro, previdenza e sicurezza nei luoghi di lavoro

Tralasciando considerazioni in merito ai commi 1, 2, 3 e 4 dell’art. 8 bis, per i quali si possono condividere le finalità di lotta e contrasto ai fenomeni di irregolarità, si vuole concentrare l’attenzione sul comma 5 lettere a, b, c, d. Con una descrizione chiara e puntuale e in alcuni tratti addirittura con una ripetitività quasi “ossessiva” (come il ricordare “l’abilitazione rilasciata dal comune” …),il Legislatore con il comma 5 prevede l’interdizione definitiva delle attività funebri inadempienti anche verso una sola di tutte quelle disposizioni fin qui censurate e ampiamente trattate, che riguardano, perlopiù, adempimenti troppo onerosi per le piccole imprese. Assegna, addirittura, ai Comuni il potere di interdire in via definita un’impresa per violazioni delle norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro (comma 5 lett. d), nonostante il D.Lgs 81/08 disponga che il potere di controllo, sanzioni, sospensione, ripresa e/o interdizione definitiva di attività, in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro,è assegnato in via esclusiva alle ASL e agli Ispettorati del Lavoro competenti per territorio (artt. 13 e 14 D.Lgs. 81/08) http://www.lavoro.gov.it/SicurezzaLavoro/Documents/TU%2081-08%20-%20Ed.%20Ottobre%202013.pdf

In buona sostanza, il Legislatore regionale, applicando una “fantasiosa” formula derogatoria alle disposizioni nazionali, indica i Comuni della Campania esecutori di un potere che non possono esercitare, facendoli diventare “il braccio violento” della Legge Regionale 12/2001 e s.m.i.

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Nell’affannosa ricerca di quelli che una volta si chiamavano “lacci e lacciuoli” per complicare la vita alle piccole imprese, il Legislatore dimentica, però, di prevedere l’interdizioneper la perdita dei requisiti previsti dalla certificazione antimafia. Per giunta, la legge richiamata con l’art. 9 del testo dal Legislatore - legge 31 maggio 1965, n. 575 http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1965;575–nel luglio del 2013 non era più in vigore da qualche anno, in quanto sostituita dal Nuovo Codice delle leggi antimafia stabilito dal D.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2011-09-06;159 - La certificazione antimafia, a differenza delle “abilitazione/interdizione” che ricorrono ciclicamente come un “tormentone”, e stata richiamata nel testo una sola volta e, per giunta, in modo errato. Evidentemente è stato un argomento trattato “en passant”che ha potuto produrre qualche imperfezione temporale di richiamo … Questo a dimostrazione di quanta attenzione Il Legislatore regionale abbia riservato all’argomento “certificazione antimafia”! L’iter di approvazione della L.R. 7/2013 è stato lungo e articolato, quindi, pur potendo trovare attenuanti per l’organo legiferante (il Consiglio Regionale), che sicuramente il 3 luglio 2013… ha operato distrattamente nell’approvare il testo approdato in Consiglio, appare molto strano, però, che a tutti gli altri organi (commissioni consiliari, tavoli tecnici, ecc.) e le strutture tecniche regionali di supporto, che si sono materialmente occupati della stesura della legge in ogni sua fase e in ogni suo rigo, per circa 16 mesi, oltre all’errore di richiamo sia sfuggito, anche,che nel quadro sanzionatorio mancasse l’interdizione dell’attività in assenza del requisito principale, più cogente e più coerente con lo spirito iniziale della Legge regionale, nata e proposta dalla “Commissione di Inchiesta Anticamorra, per la vigilanza e la difesa contro la criminalità organizzata”. Una legge, la 7/2013, ideata per combattere le infiltrazioni camorristiche presenti nell’ambiente funerario, che in quel periodo (2011 – 2012) avevano prodotto una escalation di eventi malavitosi, verificatisi nel territorio del Comune di Napoli, Casoria e in altri comuni limitrofi …(Così riportato nella relazione di accompagnamento del testo licenziato all’unanimità dalla Commissione Anticamorra e nelle dichiarazioni del Presidente della Commissione on. Gianfranco Valiante). Orbene, se alla predetta “dimenticanza” si aggiunge la“superficialità”trattata al precedente punto 8.1/2(mancata previsione dell’incremento di mezzi e di personale in proporzione ai servizi svolti dalle imprese “maggiori” … con relativa omessa sanzione), sene ricava che queste due sono le uniche irregolarità“sfuggite” e non contemplate nel quadro sanzionatorio dal “meticoloso” Legislatore. Se poi, a queste due dimenticanze si aggiungono tutte le illegittime “ricordanze”che, invece, il Legislatore regionale ha applicato a danno del libero mercato e delle piccole imprese, risulta facile affermare che con l’approvazione della L.R. 7/2013 è stato pianificato un vero “crimine legislativo” che non ha bisogno di ulteriori indizi per essere accertato, basta rifarsi al principio secondo cui“un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova!” Alla precedente massima, a cui si fa richiamo in fase di indagine per l’individuazione di un movente e per la ricerca di un colpevole, i manuali investigativi insegnano che è d’obbligo porsi l’interrogativo:“cui prodest?” La conseguente risposta è sempre una e solo una:"cui prodest scelus, is fecit !" 8.6) Norme discriminanti e pregiudizievoli per i piccoli imprenditori

Considerato che a beneficiare di questa normativa,per ovvi motivi,non è di certo l’organo politico della Regione Campania che l’ha approvata, allora“chi beneficia di questo “crimine legislativo”? Il “mostro giuridico” messo in piedi con l’approvazione dell’intero impianto della L.R. 7/2013 di certo non avvantaggia le piccole e piccolissime imprese del settore, che pure sono circa l’80% della categoria e sono la maggioranza in tutte le cinque Province della Regione, compresa quella di Napoli.

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Il maggiore dazio, però, lo pagheranno le tante piccole e medie imprese,per lo più gestite a conduzione familiare, che in maggioranza sono insediate lontano dalle “zone calde” di camorra, operanti nelle aree montane e collinari della Regione Campania, soprattutto nei territori delle province di Benevento e Avellino, di buona parte della provincia di Salerno (Cilento e Costiera) e, anche, delle zone dell’Alto Casertano. Per intendersi, in quei territori dove la presenza demografica è rappresentata da piccole realtà comunali che, mediamente, raggiungono i 2.500 abitanti (se si escludono i comuni capoluogo di Provincia), molto spesso distanti tra loro anche decine di chilometri, e dove il tasso di mortalità medio per paese è di 22 decessi annui . Per poter meglio comprendere è opportuno analizzare i dati oggettivi (Istat e Infocamere - anno 2013) di seguito riportati, che fotografano lo stato di fatto del settore, per poter giungere alla previsione degli scenari possibili. 8.7) I possibili effetti dell’applicazione della L.R. 7/2013

TABELLA B H I L M N O P Q

Media giornaliera

decessi 2013

Totale decessi

anno 2013 (Istat)

Costo Medio per intervento

(ambito regionale)

Volume Affari Totale anno 2013

Volume Affari medio x impresa

(anno 2013)

Fatturato necessario per

sostenere i costi

Imprese sotto soglia

(€ 350.000)

Imprese sopra soglia

(€ 350.000)

Province F:365 gg Indagine CNA I x L M : D In base alla

L.R. 7/13

impossibilitatea nuovi investimenti

Napoli 72 26.133 € 3.000 € 78.399.000 € 480.975 € 350.000 65% n. 106 35% n. 57

Salerno 30 10.772 € 3.000 € 32.316.000 € 288.536 € 350.000 75% n. 84 25% n. 28

Caserta 21 7.630 € 3.000 € 22.890.000 € 313.562 € 350.000 70% n. 51 30% n.22

Avellino 12 4.544 € 3.000 € 13.632.000 € 239.158 € 350.000 80% n. 45 20% n. 12

Benevento 9 3.155 € 3.000 € 9.465.000 € 189.300 € 350.000 85% n. 42 15% n. 8

Campania 143 52.234 € 3.000 € 156.702.000 € 344.400 € 350.000 328 su 455 127 su 455

Indagine CNA Indagine CNA Previsione CNA

Se si considera che solo in spese di personale (4+1), alle condizioni dettate dal Legislatore regionale, ogni impresa dovrà “sopportare” un costo di circa € 170.000, è facile dedurre che per la conduzione dell’azienda questi costi vanno sicuramente raddoppiati, dovendo aggiungere tutte la altre spese di gestione per continuare ad essere competitivi sul mercato(sede, autorimessa, formazione personale, manutenzione, revisione e ammodernamento mezzi e attrezzature, assicurazioni, pubblicità, compensi per collaboratori familiari, soci lavoratori, ecc.). Si può quindi dichiarare che ogni impresa funebre dovrà raggiungere almeno un fatturato di € 350.000 per continuare ad essere competitiva e rimanere in attività.

TABELLA A A B C D E F G

Numero

Comuni (Istat)

Media abitanti per

comune

Abitanti (Istat 2013)

Imprese Attive (Infocamere)

2013

Rapporto imprese – abitanti

anno 2013

Decessi anno 2013

(Istat 2013)

Rapporto decessi / imprese

anno 2013

Province C:A Codice Ateco ( 96 03)

C : D F : D

Napoli 92 33.993 3.127.390 163 1 impresa ogni 19.186abitanti 26.133 1 impresa ogni 160 decessi

Salerno 158 6.996 1.105.485 112 1 impresa ogni 9.870 abitanti 10.772 1 impresa ogni 96 decessi

Caserta 104 8.876 923.113 73 1 impresa ogni 12.645 abitanti 7.630 1 impresa ogni 104 decessi

Avellino 118 3.645 430.214 57 1 impresa ogni 7.548 abitanti 4.544 1 impresa ogni 79 decessi

Benevento 78 3.637 283.763 50 1 impresa ogni 5.675 abitanti 3.155 1 impresa ogni 63 decessi

Campania 550 5.869.965 455 1 impresa ogni 12.901abitanti 52.234 1 impresa ogni 114 decessi

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Per raggiungere un fatturato di € 350.000, necessario alla “sopravvivenza”, bisogna effettuare almeno 120 interventi annue avere la possibilità di operare in almeno sei comuni delle zone rurali della Campania. Numeri assolutamente proibitivi per circa il 70% delle attuali imprese operanti e pregiudizievoli per un ulteriore 20%. Pur volendo prevedere una percentuale considerevole di possibili fusioni aziendali per continuare il servizio, sicuramente più del 60% delle attuali 455 imprese funebri campane dovrà “chiudere i battenti”. Quindi, sicuramente non saranno i piccoli imprenditori dei piccoli centri a beneficiare della L.R. 7/2013, o almeno quelli che operano nel rispetto delle norme nazionali in materia di mercato del lavoro, adoperano manodopera qualificata e formata nel rispetto della normativa regionale, rispettano le norme di igiene e sicurezza sul lavoro, riescono ad erogare servizi dignitosi e decorosi, garantiscono prestazioni economiche a beneficio della concorrenza e della collettività e, casomai, sono anche in regola con la certificazione antimafia. Sia ben chiaro, nessuno vuole difendere il lavoro nero o le pseudo imprese che operano nell’illegalità. I piccoli imprenditori “sani” di piccoli centri, che i fenomeni malavitosi li conoscono solo come notizie giornalistiche, si vedranno costretti ad abbandonare un servizio indispensabile e di pubblica utilità, necessario sia per la loro economia familiare sia per le piccole comunità dove essi operano in un rapporto leale, confidenziale e di fiducia con i propri clienti. Quando la sfera emotiva e cognitiva delle persone risulta più vulnerabile, a causa della perdita di un congiunto, la conoscenza e la fiducia in chi si incarica per organizzare il funerale, sono elementi che dovrebbero non solo essere considerati, ma andrebbero persino rispettati da una normativa regionale che ha l’obbligo di garantire l’applicazione delle indicazioni nazionali (puntualmente disattese …) ma anche il dovere di tutelare le consuetudini e le tradizioni dei luoghi della propria competenza giurisdizionale. La lotta al lavoro nero non si fa con una imposizione legislativa scorretta, le leggi già ci sono, sono quelle nazionali. Il controllo all’irregolarità si fa con azioni serie e mirate, perché sui territori i rappresentanti dei comuni (ancora loro) sanno bene dove sarebbe il caso di intervenire ed hanno già gli strumenti necessari per farlo,se volessero … Non è “buttando fuori mercato” le imprese “minori” che si fa la lotta alla camorra e si risolve il problema del fenomeno del “caro estinto”. Gli spazi lasciati liberi saranno certamente “aggrediti” dalle altre imprese che, senza ulteriori investimenti (né in mezzi, né in personale) saranno in grado di occuparli, e tra queste ci sarà, sicuramente, qualche attività “affiliata”. Se si analizza la colonna “H” della tabella “B” sopra riportata, si noterà che il numero medio dei decessi in Campania è 143 (media giornaliera per 365 giorni). Prendendo a riferimento questo dato statistico consolidato, significa che con non più di 160 imprese strutturate con una dotazione minima di personale (4+1), ben posizionate sui territori e disposte a fare operazione di “cartello”, il servizio potrebbe essere espletato senza ulteriori investimenti in personale, ma facendo lavorare quello già in dotazione in modo continuato e senza interruzioni per tutti i giorni dell’anno, con l’aggiunta, all’occorrenza, di qualche lavoratore “atipico” (perché loro possono utilizzarli …). Se poi vi sono imprese o consorzi di imprese che attualmente hanno dotazione di personale in abbondanza e numero di interventi “esagerati”, questi potranno continuare indisturbati in una posizione dominante. In questo caso le imprese necessarie per garantire il servizio in ambito regionale potrebbe anche non raggiungere le 100 unità. Gli esperti del settore questi numeri li conoscono bene e, forse, questi calcoli qualcuno li ha già pure fatti. Sarà per questo motivo che sono iniziati i proseliti a favore dei consorzi (come consigliato dalla normativa de quo) e si è, anche, già deciso (non si capisce come e da chi, visto che la Regione non ha ancora neppure attivato le procedure) chi saranno i rappresentanti della categoria in seno al futuro Osservatorio regionale, che tra le sue funzioni dovrebbe avere anche quella di controllare eventuali posizioni dominanti … . http://www.comune.sturno.av.it/index.php?action=index&p=305&art=248

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9) VALUTAZIONI POLITICO/SINDACALI 9.1) Lotta al racket e alle irregolarità: sarà vera lotta? Le imprese che impongono regole, decidono tariffe, lottizzano il territorio, inviano minacceai concorrenti,fanno “pressioni” sulle istituzioni locali, non sono certo rintracciabili tra le tante che stentano a corrispondere un mensile fisso ai collaboratori e ben che meno hanno la possibilità di assumerne altri a contratto “subordinato e continuativo”,visto il carattere discontinuo dell’attività e del numero esiguo di interventi annui a loro possibili e, a volte, a loro “consentiti”, come nel caso delle piccole imprese operanti in “territori di camorra”. Le imprese legate al racket andrebbero ricercate tra quelle che presentano fatturati da capogiro, sono probabilmente in possesso di certificazioni di qualità, hanno grandi disponibilità di mezzi e di personale, vantano servizi con auto funebri di marchio Rolls Roys, Bentley e Maserati,e nei “loro territori” impongono di erogare servizi di trasporto funebre che possono arrivare fino a 8.000 euro (vedi “Casoria”). Invece di istituire il Registro delle imprese e degli operatori funebri a cui comunicare il listino prezzi (superato dalle disposizioni comunitarie), sarebbe stato opportuno che la legge regionale avesse previsto la istituzione di un “Registro di comunicazione obbligatoria degli interventi effettuati”, da aggiornare annualmente (o addirittura mensilmente) con oneri a carico delle imprese in proporzione ai servizi comunicati. In questo modo sarebbe stato facile capire se esistono posizioni dominanti, in quali territori esistono e in capo a quali imprese imputarne la pratica. Di conseguenza, volendo fare un confronto per verificare se esistono interventi irregolari, fatti da imprese cosiddette“fantasma”, basterebbe prendere il dato dei decessi, che l’Istat annualmente pubblica (anche per provincia, per mese e per paese) http://demo.istat.it/bilmens2013gen/index.html, e confrontarlo con il numero degli interventi comunicati. Un altro “grimaldello” per arrivare alla “porcata normativa” fin qui trattata è stato il richiamo alla “favola metropolitana” sull’esistenza di “operatori fantasma” che agiscono nell’irregolarità totale, facendo concorrenza sleale alle imprese che operano nella legalità. In merito è opportuno chiarire che il settore del trasporto funebre è, forse, l’unico dove l’impresa “fantasma” non può certamente operare. Il DPR 285/1990 e anche la L.R. 12/2001 obbligano il Comune dove è avvenuto il decesso, prima di consentire il trasporto del defunto (quindi per ogni singolo trasporto), di accertare i dati dell’impresa incaricata,la quale per essere autorizzata deve dichiarare i dati degli operatori utilizzati per l’intervento (direttore tecnico, necroforo, autista e portantini), l’attestazione di formazione degli stessi e i dati identificativi del carro funebre da adoperare (targa e matricola) con relativa certificazione sanitaria rilasciata dall’ASL. Tutta questa documentata procedura, poi, deve essere accertata, certificata e controfirmata dall’operatore cimiteriale, che opera con funzione di pubblico ufficiale incaricato dal Comune dove avviene la inumazione/tumulazione o cremazione della salma. Orbene, se mai fosse vero che vengono eseguiti trasporti funebri da imprese fantasma con operatori “latitanti” e carri funebri non immatricolati, significherebbe che ci sono sindaci e dirigenti/funzionari di comuni (questi sicuramente in carne ed ossa) che fanno buona guardia su questi “delinquenti fantasma”, commettendo, così, un reato gravissimo e contravvenendo a norme in materia di “pubblica sicurezza” risalenti alla prima metà del secolo scorso, riprese e ribadite con il DPR 285/1990 e dalla legge regionale. Quindi, una seria lotta alle irregolarità andrebbe fatta imponendo controlli seri e puntuali, prevedendo pesanti ed esemplari sanzioni anche per chi questi controlli non li effettua (casomai fosse vero che una salma possa oltrepassare il cancello di un cimitero portato a spalla da imprenditori “fantasma”). Bisognerebbe smetterla con i facili e ambigui accostamenti sottintesi: impresa piccola = impresa irregolare = impresa illegale = impresa fantasma, per arrivare a giustificare norme discriminatorie e ingiuste. Si può essere “piccoli” e operare nel totale rispetto della legalità e, soprattutto, agire nel richiamo alla “moralità” applicando costi contenuti per un servizio necessario e non facoltativo per chi è costretto a richiederlo. Questa è, anche, la funzione di tanti piccoli operatori ed è proprio questo, forse, il motivo che provoca tanto “fastidio”.

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Oltretutto, tutti i casi che le indagini investigative hanno “portato a galla” negli ultimi decenni, sono sempre riferibili ad imprese “dominanti”. Anche nel caso degli episodi scatenanti che nel 2012 allarmarono le forze politiche portandole all’ideazione del progetto di legge approdato con la L.R. 7/2013, si è trattato di questo. Per quegli eventi la Direzione Distrettuale Antimafia (D.D.A.) ha accertato la responsabilità del titolare di una ben strutturata e “rispettata” impresa funebre,ritenuto implicato in diversi illeciti e connesso ad un noto “clan” di Casoria e dintorni,al quale (insieme ad altri tre arrestati) sono stati contestati i reati di associazione camorristica, illecita concorrenza e estorsione, e sono stati sequestrati beni per svariate decine di milioni di euro. L’impresa funebre in questione presentava fatturati che andavano oltre i 10 milioni di euro annui. http://www.crimeblog.it/post/61501/casoria-pompe-funebri-in-mano-alla-camorra-4-arresti http://www.epressonline.net/notizie/ultime-notizie-napoli/4787-racket-del-caro-estinto-quattro-arresti-a-casoria-sequestri-per-10-milioni-di-euro.html

I Carabinieri e la Magistratura, se mai ce ne fosse stato bisogno di evidenziarlo,hanno dichiarato di essere convinti che l'episodio di Casoria non è altro che un piccolo scorcio su quella che è tra le attività lucrative più sfruttate dalla criminalità organizzata, le cui radici, purtroppo, si sono insediate in uno dei settori che non conosce crisi e che prosegue i suoi guadagni ad oltranza. Al di là dei tanti proclami fatti sullo spirito di contrasto al malaffare della nuova legge regionale, senza il prezioso lavoro della D.D.A., che ha potuto bene operare applicando le leggi speciali (nazionali) antimafia, a questo tipo di impresa la L.R. 7/2013 non avrebbe mai potuto e mai potrà impedire di continuare il servizio, poiché le “attività affiliate” sono già in possesso di tutti i “requisiti” imposti(illegittimamente) da detta normativa e questi “requisiti” certo non costituiscono un problema per loro, tranne, forse, la certificazione antimafia di cui prima …

Fatturati da capogiro, servizi ad effetti speciali, bare di legno pregiatissimo, auto extra lusso e carri monumentali a traino di cavalli, il tutto coronato da portantini in abito “Armani” o “Valentino”. Questi elementi avrebbero dovuto stimolare le attenzioni per ideare un vero strumento di contrasto dei fenomeni malavitosi,perché, si sa, ai “boss” piace ostentare il lusso estremo … sia in vita che in morte. Con l’approvazione della legge 7/2013, il Legislatore regionale, invece, ha scelto di “spiare sotto le bare di pioppo multistrato”, sperando di scovare lì qualche camorrista con la coppola in testa, panciotto nero e coltello a scatto nel taschino, magari con la scritta sulla giacca “collaboratore familiare con contratto a intermittenza”. Il capro espiatorio ideale, per solleticare l’immaginario collettivo e tranquillizzare le forze politiche allarmate ma “distratte”, è stato individuato nel tipo di contratto da applicare. Come se, per escludere sospetti di “affiliazione”, basti esibire un contratto di lavoro “subordinato e continuativo” per i propri dipendenti, non certo il certificato antimafia, derubricato dal Legislatore a semplice adempimento burocratico, possibilmente da controllare di ruotine, ma sicuramente da non considerare pregiudizievole per la prosecuzione dell’attività. Se poi, avesse voluto considerare anche quanto emerso dalle molte vicende legate alle tante imprese edili legate ai “Casalesi”, che per anni hanno vinto e gestito appalti milionari in tutta Italia e hanno sbaragliato la concorrenza grazie alla loro “bella presenza” attestata da ogni tipo di certificazione,il Legislatore regionale avrebbe potuto facilmente intuire che, ormai da anni,anche la “camorra funebre” aveva messo “il vestito elegante”, per meglio apparire all’occhio delle istituzioni locali e anche per guadagnarsi la “rispettabilità” dei tanti operatori concorrenti “non compromessi”, che, è meglio chiarirlo, comunque sono la stragrande maggioranza anche tra le imprese “maggiori” del settore funerario campano. Però …

9.2) I “colletti bianchi” del settore funebre e la politica distratta Le imprese sane e opulente bene inserite anche negli ambienti della Regione Campania (commissioni, sotto commissioni, consulte, osservatori , tavoli tecnici, tavoli di concertazione, ecc.), oggi tanto decantano questa normativa e sono compiaciuti per averla “tutorata” e, forse, anche “impacchettata” per quei rappresentanti politici (quelli non distratti) che si sono prestati al loro “gioco” … . http://www.piueconomia.it/news/rcket-caro-estinto-le-associazioni-scrivono-ai-comuni-vigilare-su-imprese-inquinate

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Se poi della partita entrano a farne parte anche le organizzazioni criminali … pazienza! E’ da considerarsi solo un “effetto collaterale” incontrollabile e pur sempre tollerabile, con cui si potrà convivere, visti gli spazi che si apriranno ...L’importante è che “canis canem non est”. Questo, probabilmente, avranno pensato gli imprenditori già “allineati e conformati” alla nuova normativa regionale, “chiamati a sedere alla destra del Padre”agli svariati tavoli istituzionali per la costruzione di questa legge,che pare tanto ispirata al principio“noli me tangere”. Grande responsabilità nell’approvazione di questa legge, l’hanno probabilmente avuta i delegati (imprenditori) di quelle Associazioni di categoria che per numero rappresentano gli interessi di poche imprese “maggiori” del settore. Per fatturato/dipendenti, però, queste imprese possono vantare di rappresentare percentuali ampiamente maggioritarie nell’intero mercato regionale. A loro è stata affidata una facoltà consultiva e “consiglioria” (e forse non solo quella, basta andare a rileggere i verbali della Commissione Anticamorra - vedi link sotto) anche sulle strategie da attuare per la liberalizzazione e l’apertura del mercato funerario in Campania. http://www.consiglio.regione.campania.it/cms/CM_PORTALE_CRC/servlet/Docs?dir=atti&file=AttiCommissione_52622.PDF

Come dire: si è pensato bene di“mettere la volpe a guardia del pollaio”. Queste Associazioni sono state le uniche, ai tavoli tecnici e alle audizioni, a cui è stato dato vero ascolto. Eppure, Ricci di Federcofit, Scarinzi di Confartigianato e Daniele dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) avevano bene inquadrato le problematiche e le criticità del “tema”. Probabilmente, però, non doveva valere quello che avevano argomentato. Agli “auditori”serviva solo la loro presenza “ornamentale” per giustificare una equilibrata composizione del “tavolo” studiata a “tavolino”, dove dovevano essere tutti presenti (… prima del testo definitivo): Associazioni di categoria, Sindacati dei lavoratori, Anci, Associazioni dei consumatori, Associazioni Antiracket, dirigenti del Comune di Napoli, ecc.. (sarebbe utile conoscere, oggi, i giudizi degli “intervenuti”, dopo aver letto il testo approvato). Una composizione per dare parvenza di aver operato nel giusto e nell’imparzialità, come si evince dalle relazioni e dagli interventi a verbale in Consiglio regionale degli attori principali di questa “farsa”. Chi aveva indirizzatogli inviti“selezionati” al tavolo delle audizioni, aveva, probabilmente,già fissato anche l’obiettivo finale. Aveva deciso di non considerare le esigenze delle piccole e medie imprese del settore, né tantomeno aveva ritenuto opportuno ascoltare la voce delle Associazioni che non rappresentano solo il settore funerario, ma rappresentano l’intero mondo delle imprese in materia di servizi, commercio e artigianato. Dimenticando che l’impresa funebre prima di essere “funebre” è soprattutto “impresa”. Grandi meriti o grandi colpe, a seconda dei punti di vista, vanno, quindi, assegnati anche alle due Commissioni (Commissione Anticamorra e Commissione Sanità) che hanno deciso inviti alle audizioni, tavoli tecnici da costituire, l’iter da seguire per la definizione del Progetto di Legge e anche gli opportuni tempi e modi per la presentazione della “sorpresa” finale: l’emendamento “subordinato e continuativo” che, a detta degli esperti “consigliori”, è la soluzione per combattere il lavoro nero e risolvere i problemi occupazionali. Oltre, forse,con queste belle parole, avere dalla “loro”i Sindacati dei lavoratori ... (ma questo è un pensiero da malpensanti). Se poi, a calcoli fatti, ci si accorgesse che a fronte di non più di trenta stabilizzazioni lavorative in ambito regionale si lasceranno per strada circa 320 imprese (vedi tabella “B” sopra riportata) con relativo “esercito” di oltre 1000 occupati (datori di lavoro, collaboratori familiari, soci lavoratori, lavoratori part time, ecc.), per motivi imperativi di interesse generale tutti dovranno farsene una ragione, perché in questo caso vale il mercato e il cinismo delle sue regole, che certamente non possono tenere in considerazione questo ulteriore “effetto collaterale”. Soprattutto, però, anche le Associazioni dei consumatori non avranno di che lamentarsi, perché a fronte di un moderato incremento del costo medio di un funerale (forse il doppio), nel richiamo al principio di equità e imparzialità e nel rispetto delle norme anti discriminatorie di cui alla Direttiva sevizi, ogni consumatore finale potrà beneficiare degli “onori del trapasso”, con standard comuni di qualità medio

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alta, senza differenziazione di sorta o di ceto. Tutti, dopo la morte, potranno assurgere a dignità del “nobile marchese di Rovigo e di Belluno” e non esisterà più nessun “Esposito Gennaro – netturbino”… Tutti avranno il diritto di godere dell’obbligo del lusso rigorosamente offerto dalla “holding funeraria” incaricata. Quando si può avere il lusso perché accontentarsi del decoro richiamato con art. 1, comma 1 – Allegato “A” della legge in trattazione?

Gli ideatori politici dell’iniziativa hanno partecipato oltre che a tutti i lavori della sua Commissione Anticamorra anche a quelli della Commissione Sanità, hanno firmato relazioni e linee guida vincolanti votate all’unanimità, puntualmente disattese nel testo finale (dichiarazioni a verbale dell’on. Lonardo – vedi link), http://www.consiglio.regione.campania.it/cms/CM_PORTALE_CRC/servlet/Docs?dir=resoconti_ix&file=ResocontoIX_5162.doc

ma soprattutto si sono fatti promotori e firmatari dell’emendamento approvato dal Consiglio Regionale del 3 luglio 2013 (approvazione finale del testo) che ha inserito le fatidiche e ormai famigerate due parole “subordinato e continuativo”. Dicitura che, di fatto, ha reso un testo normativo già “insopportabile” addirittura “indecente”. Forse, nel caso di specie, sarebbe più opportuno usare il termine “indecoroso”! Tenuto conto che, come detto, tutta la procedura per l’approvazione della legge ha avuto una lunga durata, che il Progetto di Legge è stato più volte discusso in sede di Commissione Anticamorra, che il testo ha avuto una lunga valutazione anche in Commissione Sanità (dove, per giunta, è stato emendato e ha subito rilevanti e sostanziali modifiche che ne hanno totalmente snaturato la “mission”)la domanda da porsi è: “perché i rappresentanti della Commissione Anticamorra hanno votato contro gli emendamenti dell’on. Lonardo che cercavano di ristabilire un minimo di praticabilità per i piccoli operatori (possibilità di utilizzo di collaboratori familiari, soci lavoratori e altri tipi di forme lavorative per raggiungere il contingente minimo di personale), nonostante nel testo originario, da loro approvato e presentato, queste possibilità fossero contemplate? (poi eliminate dalla Commissione Sanità -vedi link sopra). Addirittura è stato bocciato un emendamento, sempre a firma Lonardo, che avrebbe dato la possibilità di utilizzo del lavoro(anche) part-time per il raggiungimento del contingente minimo. Soprattutto, però, andrebbe chiesto:“perché l’emendamento per l’inserimento della dicitura “subordinato e continuativo” è stato presentato solo in sede di seduta del Consiglio Regionale per l’approvazione definitiva del testo?” Studiando un poco di procedure per l’approvazione di una legge regionale in Campania, visto che dette procedure contemplano anche il vaglio e il rilascio di pareri di organismi che dovrebbero avere un funzione “terza” e di garanzia,sempre ad essere malpensanti,si potrebbe azzardare una ipotesi sicuramente di fantasia, ma forse realistica, per dare una risposta al precedente interrogativo. Probabilmente, le strutture tecniche di supporto della Regione e/o altri organismi regionali intervenuti nel procedimento, che pure hanno le loro forti responsabilità per aver “non ostacolato” le tali e tante illegittimità ampiamente finora trattate, sul punto in questione (contratti subordinati e continuativi) possono aver non accettato di chiudere “l’ennesimo occhio”, non condividendo l’inserimento di una disposizione dall’aspetto giuridico troppo palesemente illegittima e incostituzionale, nonché “insopportabilmente”ingiusta sotto il profilo morale e politico. Così,hanno lasciato la responsabilità della decisione ad altre competenze … Se cosi fosse (sperando che non lo sia), non sarebbe rimasta altra via se non quella perseguita. Cioè, presentare l’emendamento al testo per la seduta dell’approvazione definitiva, senza un vaglio tecnico-politico approfondito e, di conseguenza, confidare nella fiducia dei colleghi Consiglieri regionali che, ancora una volta, forse,avrebbero agito distrattamente.(Sarà andata così?) Sarebbe auspicabile avere conferme o smentite, o quantomeno argomentazioni valide che chiariscano sulle tante perplessità finora espresse.

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berardino
Barra

9.3) Il testo approvato dalla commissione Anticamorra e il testo definitivo della L.R. 7/2013

I dubbi, però, su un operato anomalo, difficilmente possono essere fugati se si confrontano con attenzione il testo del Disegno di Legge approvato dalla Commissione Anticamorra(a) con quello uscito dalla Commissione Sanità,poi emendato e corretto in Consiglio Regionale per divenire il testo definitivo della L.R. 7/2013(b).

(a) http://www.consiglio.regione.campania.it/cms/CM_PORTALE_CRC/servlet/Docs?dir=atti&file=AttiCommissione_56781.pdf

(b) http://www.consiglio.regione.campania.it/portal/page?_pageid=33,30063&_dad=portal&_schema=PORTAL&l=3_5&pag=0&en=25&att=43&tab=5

Il testo del Progetto Disegno di Legge fu discusso, deliberato all’unanimità e presentato dai Consiglieri regionali componenti la “Commissione di Inchiesta Anticamorra” e fu accompagnato da una relazione a firma del suo Presidente, datata 2 agosto 2012. Appare opportuno riportare, testualmente, il primo paragrafo della relazione e di alcune “criticità” della legge che si andava a modificare, emerse dalle audizioni del Tavolo tecnico e quindi riportate nella stessa relazione:

“La presente proposta di legge è finalizzata alla modifica della L.R. 12/01, recante disciplina ed armonizzazione delle attività funerarie, attesa l’urgenza non più procrastinabile di adeguare l’impianto normativo regionale in materia di attività funerarie, al mutato quadro legislativo nazionale ed europeo e di porre rimedio alle reiterate anomalie nella gestione del servizio funerario nel Comune capoluogo ed in alcuni comuni della Provincia di Napoli, segnalate nel corso dell’attività istituzionale della Commissione Anticamorra per la vigilanza e la difesa contro la criminalità organizzata di che trattasi” … omissis “Si segnalano qui di seguito alcuni dei punti di criticità della normativa regionale, evidenziati nel corso delle tre sedute del Tavolo con i correttivi proposti. Punto 1) Garantire libertà di accesso all’attività funebre, prevedendo però una serie di requisiti minimi comuni, ed omogenei criteri di ottenimento degli stessi, con controlli successivi e costanti sulla qualità del servizio espletato che è l’idea forza per favorire la concorrenzialità. … omissis Punto 8)Adeguamento della normativa vigente ai disposti combinati della Legge 59/2010 e D. L. n. 1 del 2012 in materia di libera circolazione di beni e servizi in Europa. Punto 9)Verifica triennale ad opera dei Comuni della permanenza in capo alle imprese autorizzate all’esercizio dell’impresa funebre dei requisiti soggettivi e oggettivi di cui alla vigente normativa regionale; in particolare modo, per quanto riguarda la permanenza dei requisiti di cui alla certificazione antimafia, ex Legge 31 maggio 1965, n. 575 e s.m.i. Omissis … Tutte le criticità segnalate sono state tradotte in modiche riportate nell’allegato testo.”

Queste erano le intenzioni e i bei propositi dichiarati per modificare la Legge Regionale 12/2001. Quindi, il Legislatore regionale, il 2 agosto 2012, era ben consapevole “dell’urgenza non più procrastinabile di adeguare l’impianto normativo regionale in materia di attività funerarie al mutato quadro legislativo nazionale ed europeo nel rispetto della normativa vigente e ai disposti combinati della Legge 59/2010 e D. L. n. 1 del 2012 in materia di libera circolazione di beni e servizi in Europa (punto 8), … dovendo garantire libertà di accesso alle attività … Se il Legislatore ne era consapevole:

- Perché non sono stati rispettati gli intenti? - Perché (come sarebbe stato doveroso) nel preambolo della Legge 7/2013 non è stato fatto alcun

richiamo alla normativa nazionale di riferimento (D.Lgs. 59/2010) per cui si rendeva necessario intervenire sulla L.R. 12/2001?

- Perché, poi, si è operato nell’esatto contrario dello spirito iniziale posto a base degli obiettivi anche in riferimento al controllo della certificazione antimafia, che era stato individuato dai Tavoli tecnici come requisito primario e fondamentale (punto 9) da considerare?

Soprattutto, però, ci sarebbe da chiedersi: perché i componenti della Commissione Anticamorra, presentatori del Progetto di Legge approvato all’unanimità, hanno consentito lo “snaturamento” avvenuto in Commissione Sanità, prima, e in Consiglio Regionale, poi?

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In merito a quest’ultimo interrogativo vi è da evidenziare che il testo licenziato dalla Commissione Anticamorra (vedi link sopra - a), seppur presentasse molti discutibili punti di legittimità, non contemplava la maggior parte delle norme fin qui censurate, che, in definitiva, hanno reso il testo finale “insopportabile”. Nello specifico, Il testo del Progetto di Legge non contemplava: − sistemi “autorizzatori” vincolati al rilascio di abilitazione da parte dei Comuni, né per le sedi, né, tanto più,

per le filiali; − rigidità di applicazione di contratti “subordinati e continuativi” per il raggiungimento del contingente

minimo di personale per l’impresa (nel testo originario erano ammesse tutte le forme di lavoro consentite dal “mercato del lavoro”);

− la possibilità di costituirsi in aggregazione (società, consorzi, reti di imprese) solo per le imprese “abilitate”, quindi già in possesso dei requisiti minimi (nel testo originario tale possibilità era consentita a tutte le imprese, anche per il raggiungimento del contingente minimo di personale);

− l’apertura delle filiali subordinata a requisiti particolari, compreso il contingente minimo di personale e altro Direttore Tecnico (nel testo originario nulla era regolamentato in merito);

− l’obbligo da parte dei Comuni dei controlli annuali (nel testo originario erano triennali) − l’obbligo di iscrizione nel “Registro regionale” come presupposto per operare in ambito regionale e

soprattutto vincolante per l’apertura di filiali (nel testo originario tale “Registro” era concepito come strumento per alleggerire gli adempimenti burocratici);

− vincolo di esercizio congiunto di tutte le attività (disbrigo pratiche, vendita casse e articoli funerari, trattamento della salma e trasporto funebre) per essere autorizzati all’attività funeraria;

− il quadro sanzionatorio studiato come strumento per impedire ai piccoli imprenditori di continuare il servizio.

Tutte le disposizioni sopra elencate sono state introdotte solo dopo l’approvazione del testo del Progetto di Legge licenziato dalla Commissione Anticamorra, che aveva operato sulla base delle indicazioni scaturite dai Tavoli di audizione a cui avevano partecipato le Associazioni di categoria, l’Anci, le Associazioni antiracket, le Associazioni dei consumatori,i Sindacati dei lavoratori, i dirigenti del Comune di Napoli, strutture tecniche, ecc.. Quindi, un’altra domanda da porsi è: tutti questi organismi, enti e associazioni, che nella seduta di Consiglio del 3 luglio 2013, furono citati e ringraziati(forse strumentalmente)per giustificare la bontà di una iniziativa ampiamente condivisa, sono stati portati a conoscenza del testo finale della Legge regionale 7/2013,approdato in Consiglio Regionale? Sarebbe, inoltre, opportuno sapere se la Prima e la Terza Commissione Consiliare,

PRIMA COMMISSIONE

Affari istituzionali - Amministrazione Civile, Rapporti internazionali, Autonomie e piccoli comuni, Affari Generali, Sicurezza delle città, Risorse umane, Ordinamento della Regione.

TERZA COMMISSIONE

Attività produttive - Programmazione, Industria, Commercio, Turismo, Lavoro ed altri settori produttivi. alle quali era stato assegnato (atto prot. N. 205995/A/Gen. Del 5/09/2012) dal Presidente del Consiglio Regionale della Campania, il compito di esprimere il parere sul Progetto di Legge presentato, abbiano mai rilasciato il dovuto parere e se abbiano mai conosciuto il testo di legge uscito dalla Commissione Sanità, considerato che tra gli atti del Consiglio non risulta alcuna documentazione riferita a tali adempimenti. http://www.consiglio.regione.campania.it/cms/CM_PORTALE_CRC/servlet/Docs?dir=resoconti_ix&file=ResocontoIX_5181.pdf

Sarebbe utile sapere quali sono state, ose mai ci siano state, le valutazioni della Prima Commissione, che si occupa anche di piccoli comuni, e della Terza Commissione,che ha “competenza”sulle Attività produttive …

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CONCLUSIONI In definitiva, si ritiene che alla base di tutte le incongruenze finora rilevate sia stato fatto un errore di fondo: affidare la competenza di elaborazione di una normativa che tratta temi in materia di liberalizzazione, tutela della concorrenza e lotta a fenomeni malavitosi alla V Commissione Sanità, che, al massimo, avrebbe dovuto esprimere le sue indicazioni e valutazioni sulle norme di carattere igienico – sanitarie del testo legislativo. Potrebbe apparire superfluo, ma è opportuno evidenziare un dato. Si è visto, con le tabelle sopra esposte, che per il solo trasporto funebre in Campania vi è un volume d’affari annuo di circa 160 milioni di euro. Se a questo si aggiungono i ricavi derivanti dalle altre fasi che rientrano nella sfera del mercato funerario (gestioni cimiteriali, gestione impianti di cremazione, gestione sale di commiato, vendita di prodotti accessori – fiori, ecc. – lavori lapidei, inumazione, tumulazione e estumulazioni, ecc.) è facilmente ipotizzabile che ogni anno in Campania il fatturato totale, in questo settore, possa sfiorare il mezzo miliardo di euro. Appare evidente che una tale somma (mezzo miliardo annuo) possa attirare l’attenzione non solo di imprenditori onesti e appare strano che alcune Istituzioni non riservino le giuste attenzioni per un mercato che non conosce crisi né può andare verso una saturazione della domanda e dell’offerta. L’obiettivo dovrebbe essere quello di far nascere nuove imprese in uno spazio che lo consente, non restringere la possibilità di concorrenza e decretare la morte di molte imprese esistenti. Alla luce di quanto potuto accertare e ipotizzare con l’elaborazione del presente studio, tra le intenzioni della CNA vi è anche quella di organizzare incontri pubblici in tutte le cinque Province della Regione, dove i diversi protagonisti di questa vicenda possano confrontarsi, ma soprattutto possano portare giuste soluzioni per confortare le tante famiglie che vivono, in questo caso sicuramente, una condizione di precarietà legata all’incertezza del proprio futuro. Agosto 2014

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Costituzione (1)

Art. 41 L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

(2) Art. 117

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea; b) immigrazione; c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull'istruzione; o) previdenza sociale; p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno; s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza. La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni. Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.

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DECRETO LEGISLATIVO 26 marzo 2010, n. 59

PARTE PRIMA

Titolo I - Disposizioni generali

Art. 1(3) (Oggetto e finalità)

1. Le disposizioni del presente decreto si applicano a qualunque attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale.

2. Le disposizioni della Parte prima del presente decreto sono adottate ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettere e) ed m), della Costituzione, al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità e il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché per assicurare ai consumatori finali un livello minimo e uniforme di condizioni di accessibilità ai servizi sul territorio nazionale.

3. Relativamente alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, i principi desumibili dalle disposizioni di cui alla Parte prima del presente decreto costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica e principi dell'ordinamento giuridico dello Stato.

4. Relativamente alle materie oggetto di competenza concorrente, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la potestà normativa nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nelle norme del presente decreto.

Art. 6(4)

(Servizi di trasporto) 1. Le disposizioni del presente decreto non si applicano ai servizi di trasporto aereo, marittimo, per le altre vie navigabili, ferroviario e su strada, ivi inclusi i servizi di trasporto urbani, di taxi, di ambulanza, nonché i servizi portuali e i servizi di noleggio auto con conducente. 2. Ai fini del presente decreto, non costituiscono servizi di trasporto quelli di:

a) scuola guida; b) trasloco; c) noleggio di veicoli e unità da diporto; d) pompe funebri; e) fotografia aerea.

Capo II (Definizioni e principi generali)

Stralcio Art. 8(5)

(Definizioni) 1. Ai fini del presente decreto si intende per:

f. regime di autorizzazione: qualsiasi procedura, non inerente alle misure applicabili a norma del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un'autorità competente allo scopo di ottenere un provvedimento formale o un provvedimento implicito relativo all'accesso ad un'attività di servizio o al suo esercizio; ai fini del presente decreto, non costituisce regime autorizzatorio la ((segnalazione certificata di inizio di attivita' (S.C.I.A.), di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241)).

h. motivi imperativi d'interesse generale: ragioni di pubblico interesse, tra i quali l'ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l'incolumità pubblica, la sanità

pubblica, la sicurezza stradale, la tutela dei lavoratori compresa la protezione sociale dei lavoratori, il mantenimento dell'equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l'equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell'ambiente, incluso l'ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico e artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale;

Titolo II - Disposizioni in materia di accesso ed esercizio delle attività di servizi Capo I (Disposizioni generali sull'accesso e l'esercizio delle attività di servizi)

Art. 10(6)

(Libertà di accesso ed esercizio delle attività di servizi) 1. Nei limiti del presente decreto, l'accesso e l'esercizio delle attività di servizi costituiscono espressione della libertà di iniziativa economica e non

possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate o discriminatorie.

Art. 12(7) (Requisiti subordinati alla sussistenza di un motivo imperativo di interesse generale)

1. Nei casi in cui sussistono motivi imperativi di interesse generale, l'accesso e l'esercizio di una attività di servizio possono, nel rispetto dei principi di proporzionalità e non discriminazione, essere subordinati al rispetto dei seguenti requisiti:

a. restrizioni quantitative o territoriali sotto forma, in particolare, di restrizioni fissate in funzione della popolazione o di una distanza geografica minima tra prestatori;

b. requisiti che impongono al prestatore di avere un determinato statuto giuridico; c. obblighi relativi alla detenzione del capitale di una società; d. requisiti diversi da quelli relativi alle questioni disciplinate dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, o da quelli previsti in altre

norme attuative di disposizioni comunitarie, che riservano l'accesso alle attività di servizi in questione a prestatori particolari a motivo della natura specifica dell'attività esercitata;

e. il divieto di disporre di più stabilimenti sul territorio nazionale; f. requisiti che stabiliscono un numero minimo di dipendenti; g. tariffe obbligatorie minime o massime che il prestatore deve rispettare; h. l'obbligo per il prestatore di fornire, insieme al suo servizio, altri servizi specifici.

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 11, le disposizioni di cui al comma 1 si applicano alla legislazione riguardante i servizi di interesse

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economico generale per i quali non sono previsti regimi di esclusiva, nella misura in cui cio' non sia di ostacolo alla specifica missione di interesse pubblico.

3. Sono fatti salvi i requisiti relativi alle questioni disciplinate dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, e quelli previsti in altre norme attuative di disposizioni comunitarie, che riservano l'accesso alle attività di servizi in questione a prestatori particolari a motivo della natura specifica dell'attività esercitata.

Art. 13(8)

(Notifiche) 1. L'efficacia di nuove disposizioni che prevedono i requisiti di cui all'articolo 12, comma 1, e' subordinata alla previa notifica alla Commissione europea. 2. Le autorità competenti comunicano alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie - i

progetti di disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedono i requisiti di cui al comma 1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie - notifica alla Commissione europea detti requisiti e ne da' contestuale comunicazione all'autorità competente.

3. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie - trasmette, altresì, alle autorità competenti i requisiti elencati all'articolo 12 notificati alla Commissione dagli altri Stati membri e le eventuali decisioni assunte dalla Commissione nei confronti dell'Italia e degli Stati membri.

4. La notifica di un progetto di disposizione ai sensi del decreto legislativo 23 novembre 2000, n. 427, di recepimento della direttiva 98/34/CE, soddisfa l'obbligo di cui al comma 1.

Capo II

Disposizioni generali in materia di regimi autorizzatori Art. 14(9)

(Regimi autorizzatori) 1. Fatte salve le disposizioni istitutive e relative ad ordini, collegi e albi professionali, regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se

giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione, di proporzionalità, nonché delle disposizioni di cui al presente titolo.

2. Nelle materie di legislazione concorrente, le Regioni possono istituire o mantenere albi, elenchi, sistemi di accreditamento e ruoli, solo nel caso in cui siano previsti tra i principi generali determinati dalla legislazione dello Stato.

3. Il numero dei titoli autorizzatori per l'accesso e l'esercizio di un'attività di servizi può essere limitato solo se sussiste un motivo imperativo di interesse generale o per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili.

4. Le disposizioni del presente capo non si applicano agli aspetti dei regimi di autorizzazione che sono disciplinati direttamente o indirettamente da altri strumenti comunitari.

Art. 15(10)

(Condizioni per il rilascio dell'autorizzazione) 1. Ove sia previsto un regime autorizzatorio, le condizioni alle quali e' subordinato l'accesso e l'esercizio alle attività di servizi sono:

a. non discriminatorie; b. giustificate da un motivo imperativo di interesse generale; c. commisurate all'obiettivo di interesse generale; d. chiare ed inequivocabili; e. oggettive; f. rese pubbliche preventivamente; g. trasparenti e accessibili.

2. I requisiti e i controlli equivalenti o sostanzialmente comparabili quanto a finalità, ai quali il prestatore sia gia' assoggettato in un altro Stato membro, sono da considerarsi idonei ai fini della verifica della sussistenza delle condizioni per il rilascio di un titolo autorizzatorio, sempre che il prestatore o le autorità competenti dell'altro Stato membro forniscano al riguardo le informazioni necessarie.

Art. 17(11)

(Procedimenti di rilascio delle autorizzazioni) 1. Ai fini del rilascio del titolo autorizzatorio riguardante l'accesso e l'esercizio delle attività di servizi di cui al presente decreto si segue, ove non

diversamente previsto, il procedimento di cui all'articolo 20 (Silenzio Assenso) della legge 7 agosto 1990, n. 241. In tutti i casi diversi da quelli di cui all'articolo 14 (regimi autorizza tori) per i quali le norme vigenti, alla data di entrata in vigore del presente comma, prevedono regimi autorizzatori o di dichiarazione di inizio attività, si applica l'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.(S.C.I.A.))

2. Qualora sussista un motivo imperativo di interesse generale, può essere imposto che il procedimento si concluda con l'adozione di un provvedimento espresso.

3. Il termine per la conclusione del procedimento decorre dal momento in cui il prestatore ha presentato tutta la documentazione necessaria ai fini dell'accesso all'attività e al suo esercizio.

4. Le autorità competenti assicurano che per ogni domanda di autorizzazione sia rilasciata una ricevuta. La ricevuta deve contenere le informazioni seguenti:

a. il termine previsto per la conclusione del procedimento e i casi in cui la sua decorrenza subisca un differimento o una sospensione; b. i mezzi di ricorso previsti; c. fatti salvi i casi in cui il procedimento si conclude con l'adozione di un provvedimento espresso, la menzione che, in mancanza di risposta

entro il termine previsto, l'autorizzazione e' considerata come rilasciata. 5. Quando la domanda e' presentata per via telematica la ricevuta e' inviata tramite posta elettronica.

Art. 18(12) (Autorità preposte al rilascio delle autorizzazioni)

1. Fatti salvi i poteri di ordini, collegi e organismi professionali e di organi collegiali che agiscono in qualità di autorità competente, ai fini del rilascio dei titoli autorizzatori o dell'adozione di altri provvedimenti rilevanti per l'esercizio dell'attività di servizi e' vietata la partecipazione diretta o indiretta alla decisione, anche in seno a organi consultivi, di operatori concorrenti. Tale divieto non riguarda la consultazione di organismi quali le Camere di commercio o le parti sociali su questioni diverse dalle singole domande di autorizzazione ne' la consultazione del grande pubblico.

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Art. 19(13) (Efficacia delle autorizzazioni)

2. L'autorizzazione permette al prestatore di accedere all'attività di servizi e di esercitarla su tutto il territorio nazionale, anche mediante l'apertura di rappresentanze, succursali, filiali o uffici; sono fatte salve le ipotesi in cui la necessita di un'autorizzazione specifica o di una limitazione dell'autorizzazione ad una determinata parte del territorio per ogni stabilimento sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale.

3. L'autorizzazione ha durata illimitata, salvo che non ricorra uno dei seguenti casi: a. previsione di un rinnovo automatico, purché compatibile con le disposizioni del presente decreto; b. previsione di una limitazione numerica dei titoli che possono essere rilasciati; c. limitazione della durata giustificata da un motivo imperativo di interesse generale.

4. Restano salvi i casi in cui la decadenza dall'autorizzazione, la sospensione o la revoca conseguono al venir meno delle condizioni cui e' subordinato il suo ottenimento. Le autorità competenti possono periodicamente verificare la persistenza delle condizioni per il rilascio dell'autorizzazione, anche richiedendo al prestatore le informazioni e la documentazione necessarie.

5. E' consentita la previsione di un termine, anche a pena di decadenza, entro il quale il prestatore deve iniziare l'attività per la quale ha conseguito il titolo, salvo che non vi siano giustificati motivi per il mancato avvio.

Titolo VI – Qualità dei servizi

Art. 35(14)

(Attività multidisciplinari) 1. I prestatori possono essere assoggettati a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l'esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse solo nei casi seguenti:

a. professioni regolamentate, nella misura in cui ciò sia giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui e' necessario garantire l'indipendenza e l'imparzialità;

b. prestatori che forniscono servizi di certificazione, di omologazione, di controllo, prova o collaudo tecnici, nella misura in cui ciò sia giustificato per assicurarne l'indipendenza e l'imparzialità.

2. Nei casi in cui e' consentito lo svolgimento delle attività multidisciplinari di cui al comma 1: a. sono evitati i conflitti di interesse e le incompatibilità tra determinate attività; b. sono garantite l'indipendenza e l'imparzialità che talune attività richiedono; c. e' assicurata la compatibilità delle regole di deontologia professionale e di condotta relative alle diverse attività, soprattutto in materia di

segreto professionale

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Legge Regionale 21 gennaio 2010, n. 2.

Legge finanziaria anno 2010”.

Art. 1 comma 75(15) 75. La legge regionale 24 novembre 2001, n. 12 (Disciplina ed armonizzazione delle attività funerarie), ècosì modificata: a) all’articolo 7 è aggiunto il seguente comma: “3. La Giunta regionale, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, tenuto conto delle proposte della consulta di cui al Capo II, delibera la istituzione presso la Regione Campania del registro dei soggetti esercitanti l’attività funebre e di trasporto salme, autorizzati dai comuni a tale esercizio (sezione prima), nonché degli operatori addetti all’attività funebre e cimiteriale in possesso del titolo di qualifica professionale (sezione seconda), regolamentandoli con apposita normativa. La tenuta del registro è a carico degli iscritti.”; b) all’articolo 9, il comma 2 è sostituito dal seguente: “2. I comuni devono disciplinare nei propri regolamenti le attività dei servizi funebri e dei lavori cimiteriali assicurando che tali attività siano espletate da impresa che garantisca, in via comunicativa e funzionale, il possesso di locali e mezzi idonei stabiliti dal regolamento comunale e con alle proprie dipendenze, con contratto di lavoro subordinato e continuativo, personale in possesso dei requisiti formativi di cui all’articolo 7, comma 1, definiti con Delib.G.R. 15 maggio 2009, n. 963. La dotazione minima di personale per le imprese svolgenti l’attività funebre deve essere di un direttore tecnico, per ogni sede o filiale, e quattro operatori funebri, che può variare in aumento in relazione alle dimensioni del Comune dove si esercita ed al numero dei servizi eseguiti. Le imprese già esercitanti devono adeguarsi ai predetti requisiti entro il 31 dicembre 2011.”(scadenza poi prorogata al 31 dicembre 2012).

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L.R. Campania 12/2001 e s.m.i. (testo coordinato)

Art. 7(16.1) Formazione di operatori funerari.

3 bis.L’inclusione nel registro regionale delle imprese funerarie e cimiteriali, delle aggregazioni di imprese, abilitate all’esercizio dai Comuni, e degli operatori addetti all’attività funebre e cimiteriale costituisce titolo ad operare nei Comuni della regione.

Art. 8 bis(16.2) (Controlli e sanzioni amministrative)

5. E’ interdetta in via definitiva dall’attività funebre l’impresa che: a) non osserva le prescrizioni previste nell’articolo 1, commi 1, 2, 3, 4 e 8, lettere a), b), c) dell’allegato A e le disposizioni indicate nell’articolo 7, comma 3 ter; b) non è in possesso dell’abilitazione all’esercizio dell’attività funebre rilasciata dal comune;

Art. 8 quater(16.3)

(Autorizzazioni) 1. I Comuni, nel rispetto delle linee di programma adottate dalla Giunta regionale, previste nell’articolo 2 e dei requisiti e delle disposizioni di cui all’articolo 2, comma 3 bis, autorizzano: a. l’esercizio delle attività funerarie; b. la costruzione e il funzionamento delle strutture del commiato; c. la costruzione e il funzionamento dei cimiteri per animali d’affezione.

Allegato A

Codice delle attività e delle imprese funebri Art. 1(16.4)

(Attività funerarie) 1. Le imprese private o pubbliche che svolgono attività funebre garantiscono servizi decorosi ed applicano prezzi adeguati alle prestazioni rese ed alle forniture effettuate. 2. L’attività funebre consiste nello svolgimento di tutte le prestazioni e i servizi esercitati congiuntamente, di seguito indicati: a) vendita di casse mortuarie e di altri articoli funebri; b) disbrigo delle pratiche amministrative inerenti il decesso; c) preparazione, vestizione, composizione delle salme, confezionamento del feretro e trasporto; d) trasporto della salma, inteso come trasferimento dal luogo del decesso al luogo di osservazione; e) trasporto di cadavere, inteso come trasferimento, dopo il periodo di osservazione, dal luogo del decesso o dal luogo di osservazione al luogo di onoranze, al cimitero o al crematorio, con l’utilizzo di personale dipendente e di mezzi di cui all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 285/1990; f) trattamento di tanatocosmesi o tanatoprassi; g) recupero di cadaveri, su disposizione dell’autorità giudiziaria, da luoghi pubblici o privati. 3. E’ vietato l’esercizio del servizio funebre alle imprese sprovviste del titolo abilitativo rilasciato dal Comune competente. 4. E’ vietato alle imprese funebri: a. l’esercizio di autoambulanza e trasporto degli infermi; b. l’esercizio di attività cimiteriali e di arredo lapideo nei cimiteri; c. la gestione e manutenzione delle camere mortuarie delle strutture sanitarie, delle case di riposo, delle residenze socio-assistenziali

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e strutture collettive, dotate di servizio mortuario, sia pubbliche che private. 5. Il Comune può richiedere alle imprese che esercitano l’attività funebre di effettuare una turnazione al fine di assicurare: a. il servizio obbligatorio di trasporto di salma o di cadavere nei casi di indigenza del defunto, stato di bisogno della famiglia o disinteresse da parte dei familiari; b. il servizio obbligatorio di raccolta e trasferimento all’obitorio dei deceduti sulla pubblica via o in luogo pubblico. 6. I trasporti di salma o di cadavere sono a carico di chi li richiede. 7. Il trasporto del paziente deceduto in una struttura sanitaria o socio assistenziale, dal reparto ove è avvenuto il decesso alla struttura interna con funzione obitoriale, è svolto unicamente da personale della struttura. 8. L’abilitazione all’esercizio di filiale è rilasciata dal Comune all’impresa funebre pubblica o privata, già in possesso di autorizzazione del titolo abilitativo e già iscritta nel registro regionale come indicato nell’articolo 7 della legge. L’impresa autorizzata per l’esercizio della filiale dispone in via continuativa e funzionale di: a) un direttore tecnico in possesso dei requisiti previsti nell’articolo 7 della legge; b) due operatori addetti al trasporto, in possesso dei requisiti indicati all’articolo 7 della legge e assunti con regolari contratti di lavoro stipulati nel rispetto della normativa vigente in materia di mercato del lavoro e nel rispetto dei contratti di lavoro di categoria; c) idonei locali per ricevere il pubblico, conformi al regolamento comunale in materia.

Art. 1 bis(16.5)

(Imprese funebri) 1.Le imprese che esercitano l’attività funebre dispongono di almeno: a) una sede commerciale idonea, dedicata al conferimento degli incarichi per il disbrigo delle pratiche amministrative, alle operazioni di vendita di casse ed articoli funebri in genere e ad ogni altra attività connessa al funerale, conformi alle prescrizioni stabilite dai regolamenti comunali in materia; b) un’auto funebre per lo svolgimento dei funerali, con caratteristiche conformi alle prescrizioni del regolamento comunale in materia e al decreto del Presidente della Repubblica 285/1990; c) adeguata autorimessa provvista di attrezzature per la pulizia e la sanificazione, conforme alle prescrizioni del regolamento comunale, del decreto del Presidente della Repubblica 285/1990, e alle disposizioni normative in materia di rimesse di veicoli, di pubblica sicurezza e di prevenzione antincendio; d) un direttore tecnico per ogni sede o filiale e quattro operatori funebri addetti al trasporto, tutti in possesso dei requisiti formativi di cui all’articolo 7 della legge, definiti con delibera di Giunta regionale 15 maggio 2009, n. 963 (Disposizioni concernenti l’organizzazione e gli standard formativi essenziali per la formazione del personale delle imprese che esercitano l’attività funebre, in attuazione della l. r. 12/01) ed assunti mediante contratto di lavoro subordinato e continuativo stipulato nel rispetto della normativa vigente in materia di mercato del lavoro e del contratto collettivo nazionale di categoria. 2.La dotazione minima dei mezzi e del personale operatore funebre di cui al comma 1, lettere b) e d), varia in aumento, in relazione al numero dei servizi eseguiti. Il direttore tecnico può svolgere, inoltre, previa autorizzazione del comune, attività di operatore in modo da consentire il raggiungimento dei requisiti del numero minimo di personale previsti. 3.Le imprese abilitate all’esercizio dell’attività funebre possono costituirsi in consorzi, ai sensi degli articoli 2602 e seguenti del Codice Civile o in società consortili ai sensi dell’articolo 2615 ter del Codice Civile o di reti d’impresa, 4.I Comuni verificano annualmente la permanenza dei requisiti previsti dalla vigente normativa in materia per svolgere l’esercizio dell’attività funebre

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LA DIRETTIVA SERVIZI - Guida all’utente 2.6.5. Le restrizioni all’accesso e all’esercizio delle attività economiche Vari interventi legislativi, in rapida successione, hanno disposto l’abrogazione di tutte le indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni e delle attività economiche. A tal fine, l’articolo 3 del d. l. n. 138/2011 ha disposto che, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, Comuni, Province, Regioni e Stato adeguino i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge nei soli casi dei vincoli espressamente elencati. In base al comma 8 dello stesso articolo, le restrizioni in materia di accesso ed esercizio delle attività economiche previste dall’ordinamento vigente ivi indicate sono abrogate quattro mesi dopo l’entrata in vigore del decreto in questione. L’esclusione, in tutto o in parte, di singole attività economiche dall’abrogazione delle restrizioni in questione può essere concessa con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri solo qualora la limitazione sia funzionale a ragioni di interesse pubblico e qualora la restrizione rappresenti un mezzo idoneo, indispensabile e, dal punto di vista del grado di interferenza nella libertà economica, ragionevolmente proporzionato all’interesse pubblico cui è destinata e non introduca una discriminazione diretta o indiretta basata sulla nazionalità o, nel caso di società, sulla sede legale dell’impresa. Ulteriori e più incisive misure di liberalizzazione delle attività economiche, ad eccezione delle professioni, dei servizi di comunicazione e dei servizi finanziari, sono state introdotte dal d. l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214. In particolare, l’articolo 34, nel sancire che la disciplina delle attività economiche è improntata al principio di libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento, prevede l’eliminazione di tutti i controlli ex-ante, ad eccezione dei casi in cui sussistano esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l’ordinamento comunitario, che possono giustificare l’introduzione di previ atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalità. La norma dispone, altresì, l’abrogazione immediata di tutte le restrizioni elencate al comma 3, ovvero:

- il divieto di esercizio di un’attività economica al di fuori di una certa area geografica e l’abilitazione a esercitarla solo all’interno di una determinata area; - l’imposizione di distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all’esercizio di un’attività economica; - il divieto di esercizio di un’attività economica in più sedi oppure in una o più aree geografiche; - la limitazione dell’esercizio di un’attività economica ad alcune categorie o divieto, nei confronti di alcune categorie, di commercializzazione di taluni prodotti;4 - la limitazione dell’esercizio di un’attività economica attraverso l’indicazione tassativa della forma giuridica richiesta all’operatore; - l’imposizione di prezzi minimi o commissioni per la fornitura di beni o servizi; - l’obbligo di fornitura di specifici servizi complementari all’attività svolta.

In base al comma 4, la sottoposizione dell’esercizio di un’attività economica ad un regime autorizzatorio deve essere giustificata sulla base dell’esistenza di un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l’ordinamento comunitario, nel rispetto del principio di proporzionalità. I disegni di legge governativi e i regolamenti che introducono restrizioni all’accesso e all’esercizio di attività economiche sono soggetti al parere obbligatorio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che si esprime in merito al rispetto del principio di proporzionalità entro trenta giorni dalla ricezione del provvedimento. Infine, nei casi in cui l’esercizio di un’attività economica è soggetta al possesso di alcuni requisiti, la loro comunicazione all’amministrazione competente deve poter essere data sempre tramite autocertificazione con contestuale inizio dell’attività, salvo il successivo controllo amministrativo, da svolgere in un termine definito; restano ferme le responsabilità dei singoli per i danni eventualmente arrecati a terzi nell’esercizio dell’attività. In base al comma 1 dell’articolo 34, le disposizioni di cui all’articolo 34 sono adottate ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettere e) ed m), della Costituzione; esse vincolano, dunque, anche le Regioni, che sono, altresì, espressamente tenute ad adeguare la loro legislazione ai principi e alle regole di cui ai commi 2, 4 e 6

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legge 22 dicembre 2011, n. 214 Art. 34 (18)

Liberalizzazione delle attività economiche ed eliminazione dei controlli ex-ante 1. Le disposizioni previste dal presente articolo sono adottate ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettere e) ed m), della Costituzione, al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità e il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché per assicurare ai consumatori finali un livello minimo e uniforme di condizioni di accessibilità ai beni e servizi sul territorio nazionale. 2. La disciplina delle attività economiche e' improntata al principio di libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l'ordinamento comunitario, che possono giustificare l'introduzione di previ atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalità. 3. Sono abrogate le seguenti restrizioni disposte dalle norme vigenti: n) il divieto di esercizio di una attività economica al di fuori di una certa area geografica e l'abilitazione a esercitarla solo all'interno di una determinata area; o) l'imposizione di distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all'esercizio di una attività economica; p) il divieto di esercizio di una attività economica in più sedi oppure in una o più aree geografiche; q) la limitazione dell'esercizio di una attività economica ad alcune categorie o divieto, nei confronti di alcune categorie, di commercializzazione di taluni prodotti; r) la limitazione dell'esercizio di una attività economica attraverso l'indicazione tassativa della forma giuridica richiesta all'operatore; s) l'imposizione di prezzi minimi o commissioni per la fornitura di beni o servizi; t) l'obbligo di fornitura di specifici servizi complementari all'attività svolta. 4. L'introduzione di un regime amministrativo volto a sottoporre a previa autorizzazione l'esercizio di un'attività economica deve essere giustificato sulla base dell'esistenza di un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l'ordinamento comunitario, nel rispetto del principio di proporzionalità. 5. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato e' tenuta a rendere parere obbligatorio, da rendere nel termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione del provvedimento, in merito al rispetto del principio di proporzionalità sui disegni di legge governativi e i regolamenti che introducono restrizioni all'accesso e all'esercizio di attività economiche. 6. Quando e' stabilita, ai sensi del comma 4, la necessità di alcuni requisiti per l'esercizio di attività economiche, la loro comunicazione all'amministrazione competente deve poter essere data sempre tramite autocertificazione e l'attività può subito iniziare, salvo il successivo controllo amministrativo, da svolgere in un termine definito; restano salve le responsabilità per i danni eventualmente arrecati a terzi nell'esercizio dell'attività stessa. 7. Le Regioni adeguano la legislazione di loro competenza ai principi e alle regole di cui ai commi 2, 4 e 6. Sono escluse dall'ambito di applicazione del presente articolo le professioni, i servizi finanziari come definiti dall'art. 4 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e i servizi di comunicazione come definiti dall'art. 5 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno).

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Direttiva 2006/123/CE

Articolo 15 (19) Requisiti da valutare

1. Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico prevede i requisiti di cui al paragrafo 2 e provvedono affinché tali requisiti siano conformi alle condizioni di cui al paragrafo 3. Gli Stati membri adattano le loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative per renderle conformi a tali condizioni. 2. Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico subordina l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio al rispetto dei requisiti non discriminatori seguenti: a) requisiti che impongono al prestatore di avere un determinato statuto giuridico; b) obblighi relativi alla detenzione del capitale di una società; c) requisiti diversi da quelli relativi alle questioni disciplinate dalla direttiva 2005/36/CE o da quelli previsti in altre norme comunitarie, che riservano l’accesso alle attività di servizi in questione a prestatori particolari a motivo della natura specifica dell’attività; d) il divieto di disporre di più stabilimenti sullo stesso territorio nazionale; e) requisiti che stabiliscono un numero minimo di dipendenti; f) tariffe obbligatorie minime e/o massime che il prestatore deve rispettare; g) l’obbligo per il prestatore di fornire, insieme al suo servizio, altri servizi specifici. 3. Gli Stati membri verificano che i requisiti di cui al paragrafo 2 soddisfino le condizioni seguenti: a) non discriminazione: i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori in funzione della cittadinanza o, per quanto riguarda le società, dell’ubicazione della sede legale; b) necessità: i requisiti sono giustificati da un motivo imperativo di interesse generale; c) proporzionalità: i requisiti devono essere tali da garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito; essi non devono andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo; inoltre non deve essere possibile sostituire questi requisiti con altre misure meno restrittive che permettono di conseguire lo stesso risultato. 4. I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano alla legislazione riguardante i servizi d’interesse economico generale solo in quanto la loro applicazione non osti all'adempimento, in linea di diritto o di fatto, della specifica missione loro affidata. 5. Nella relazione di valutazione reciproca di cui all’articolo 39, paragrafo 1, gli Stati membri precisano quanto segue: a) i requisiti che intendono mantenere e le ragioni per le quali ritengono che tali requisiti siano conformi alle condizioni di cui al paragrafo 3;

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D.L. n. 1 del 24/01/2012 (Cresci Italia) Art. 1 (20)

Liberalizzazione delle attività economiche e riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3 (articolo poi dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale con la sentenza 17 - 20 luglio 2012, n. 200)del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, in attuazione del principio di libertà di iniziativa economica sancito dall'articolo 41 della Costituzione e del principio di concorrenza sancito dal Trattato dell'Unione europea, sono abrogate, dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma 3 del presente articolo e secondo le previsioni del presente articolo:

a) le norme che prevedono limiti numerici, autorizzazioni,licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso dell'amministrazione comunque denominati per l'avvio di un'attività economica non giustificati da un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l'ordinamento comunitario nel rispetto del principio di proporzionalità;

b) le norme che pongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite, nonché le disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autoritativa con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono limiti, programmi e controlli non ragionevoli, ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate e che in particolare impediscono, condizionano o ritardano l'avvio di nuove attività economiche o l'ingresso di nuovi operatori economici ponendo un trattamento differenziato rispetto agli operatori già presenti sul mercato, operanti in contesti e condizioni analoghi, ovvero impediscono, limitano o condizionano l'offerta di prodotti e servizi al consumatore, nel tempo nello spazio o nelle modalità, ovvero alterano le condizioni di piena concorrenza fra gli operatori economici oppure limitano o condizionano le tutele dei consumatori nei loro confronti.

2. Le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all'accesso ed all'esercizio delle attività economiche sono in ogni caso interpretate ed applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale, alla stregua dei principi costituzionali per i quali l'iniziativa economica privata e' libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti, presenti e futuri, ed ammette solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni alla salute, all'ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l'utilità sociale, con l'ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica.

… omissis… 4.Le Regioni, le Provincie ed i Comuni si adeguano ai principi e alle regole di cui ai commi 1, 2 e 3 entro il 31 dicembre 2012, fermi restando i poteri sostituitivi dello Stato ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione …

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Legge 122/2010 art. 49, comma 4bis e 4ter (21)

«4-bis. L'articolo 19 dellalegge 7 agosto 1990, n. 241, e' sostituito dal seguente: "Art. 19. - (Segnalazione certificata di inizio attività - Scia) -

1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, e' sostituito da una segnalazione dell'interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli imposti dalla normativa comunitaria. La segnalazione e' corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonché dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte dell'Agenzia delle imprese di cui all'articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione. Nei casi in cui la legge prevede l'acquisizione di pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle auto-certificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.

2. L'attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all'amministrazione competente. 3. L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta

giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. E' fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci, l'amministrazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni penali di cui al comma 6, nonché di quelle di cui al capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, può sempre e in ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo.

4. Decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al primo periodo del comma 3, all'amministrazione e' consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell'impossibilita' di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell'attività dei privati alla normativa vigente.

5. Il presente articolo non si applica alle attività economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Ogni controversia relativa all'applicazione del presente articolo e' devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato nei termini di legge, può riguardare anche gli atti di assenso formati in virtù delle norme sul silenzio assenso previste dall'articolo 20.

6. Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l'esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 e' punito con la reclusione da uno a tre anni".

4-ter. Il comma 4-bis attiene alla tutela della concorrenza ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, e costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi della lettera m) del medesimo comma. Le espressioni "segnalazione certificata di inizio attività" e "Scia" sostituiscono, rispettivamente, quelle di "dichiarazione di inizio attività" e "Dia", ovunque ricorrano, anche come parte di una espressione più ampia, e la disciplina di cui al comma 4-bis sostituisce direttamente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, quella della dichiarazione di inizio attività recata da ogni normativa statale e regionale.

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Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato AS1055 – COMUNE DI AVELLINO - DISCIPLINA SERVIZI FUNEBRI Roma, 14 giugno 2013 Comune di Avellino. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella sua riunione del 5 giugno 2013, ha inteso svolgere le seguenti considerazioni, ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 287 del 10 ottobre 1990, in merito alle restrizioni nella disciplina dei servizi funebri derivanti sia dal Contratto per l’ampliamento e gestione del cimitero comunale di Avellino e Bellizzi, stipulato con l’ATI costituita dalle imprese Votiva Flamma S.r.l., Francesco Giordano e C. S.n.c., Edilmorsa e Sandullo Costruzioni, sia dal regolamento di Polizia Mortuaria approvato con Deliberazione della Giunta Comunale n. 69 del 10 settembre 2004. In particolare, il Contratto in questione affida per la durata di venticinque anni sia la progettazione e costruzione dell’ampliamento dei Cimiteri di Avellino e Bellizzi, sia la loro gestione e manutenzione. Inoltre, l’articolo 95 della Deliberazione della Giunta Comunale n. 69 del 10 settembre 2004 subordina l’esercizio dell’attività di trasporto funebre nel territorio comunale al possesso di requisiti dimensionali (numero consistente di mezzi, strutture e dipendenti) e organizzativi (proprietà o leasing dei mezzi, disponibilità continuativa di almeno tre sale di osservazione e di un’autorimessa, rapporto continuativo con l’impresa etc.), aggiuntivi rispetto a quelli previsti per finalità igienicosanitarie dall’articolo 20 del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, recante il regolamento statale di polizia mortuaria.(22.1) L’Autorità, sul punto, osserva che il quadro regolatorio e fattuale illustrato appare idoneo ad ostacolare ingiustificatamente l’accesso degli operatori economici al mercato liberalizzato dei servizi funebri e del trasporto funebre.(22.2) In primo luogo, infatti, la durata venticinquennale stabilita dal Contratto per ampliamento e gestione del cimitero comunale di Avellino e Bellizzi appare idonea ad attribuire al beneficiario un ingiustificato vantaggio concorrenziale, a danno dei potenziali operatori concorrenti, impedendo all’amministrazione medesima di conseguire i vantaggi di efficienza derivanti da una maggiore alternanza, nel tempo, nella gestione dei servizi pubblici in questione. Anche la Direttiva Servizi, all’articolo 12, espressamente chiarisce che l’autorizzazione/concessione deve essere “rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami”. Pertanto, si auspica che il Comune di Avellino ridefinisca la durata contrattuale, in ossequio al principio di proporzionalità che impone di definire la durata stessa “in modo da non restringere o limitare la libera concorrenza più di quanto sia necessario per ammortizzare gli investimenti e remunerare i capitali investiti in misura ragionevole”. A tal fine, si ricorda che l’Autorità ha più volte ribadito che la durata delle concessioni non deve necessariamente essere parametrata al periodo di recupero degli investimenti necessari per lo svolgimento dell’attività, in quanto, al momento della gara, il valore degli investimenti già effettuati dal concessionario può ben essere posto a base d’asta1. Inoltre, il regolamento di P.M. n. 69/04 e, in particolare, l’articolo 95, subordina l’autorizzazione a svolgere l’esercizio dell’attività di trasporto funebre al possesso di requisiti troppo onerosi e restrittivi, da un punto di vista dimensionale e organizzativo, che risultano idonei a restringere indebitamente il numero di operatori. Da un lato, infatti, proprio al fine di non compromettere l’effettiva liberalizzazione dell’attività in questione, l’Autorità aveva già ritenuto sufficiente la disciplina dettata dall’articolo 20 del D.P.R. n. 285/90, che prevede l’accertamento dell’idoneità sanitaria degli automezzi. Dall’altro, l’articolo 1, commi 2 e 4, del D.L. n. 1/12 (c.d. Cresci Italia) ha imposto di interpretare e applicare le norme restrittive che restano in vigore in senso pro-concorrenziale e, dunque, in maniera restrittiva e proporzionata a finalità di interesse generale e “alla stregua dei principi costituzionali per i quali l’iniziativa economica privata è libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunità”.(22.3) Pertanto, nella misura in cui l’articolo 95 del regol. di P.M. n. 69/04 pone requisiti “tecnici” ulteriori e non necessari, esso è idoneo a limitare ingiustificatamente l’iniziativa economica privata, in contrasto con quanto affermato dal D.L. c.d. Cresci Italia.(22.4) In conclusione, l’Autorità, nel richiamare l’attenzione di codesta amministrazione all’esigenza di evitare che i propri provvedimenti introducano restrizioni della concorrenza, auspica che le osservazioni formulate possano costituire la base per un riesame della durata del Contratto per l’ampliamento e gestione del cimitero comunale di Avellino e Bellizzi nonché del regolamento di polizia mortuaria.

Il presente parere verrà pubblicato sul Bollettino dell’Autorità ai sensi dell’articolo 26 della legge n. 287/90. IL PRESIDENTE: Giovanni Pitruzzella

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(23) Direzione generale per l’Attività Ispettiva INTERPELLO N. 9/2014 Roma, 25 marzo 2014 Prot. 37/0006043

Al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro

Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – lavoro intermittente – R.D. n. 2657/1923 – personale delle aziende funebri.

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha avanzato istanza di interpello per avere chiarimenti da questa Direzione generale in merito alla possibilità di instaurare rapporti di lavoro di natura intermittente in relazione alla figure dei necrofori e dei portantini addetti ai servizi funebri.

In particolare, l’istante chiede se il suddetto personale, impiegato presso aziende operanti nello specifico settore, possa essere assimilato alle categorie degli “operai addobbatori o apparatori per cerimonie civili o religiose”, indicate al n. 46 della tabella allegata al R.D. n. 2657/1923, così come richiamata dall’art. 40, D.Lgs. n. 276/2003 e dal D.M. 23 ottobre 2004 di questo Ministero.

Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale delle Relazioni Industriali e dei Rapporti di Lavoro, si rappresenta quanto segue.

Dalla lettura del n. 46 della tabella allegata al R.D. n. 2657/1923, tra le attività a carattere discontinuo con riferimento alle quali è possibile stipulare contratti di lavoro intermittente risulta contemplata, come anticipato dall’istante, quella espletata dagli “operai addobbatori o apparatori per cerimonie civili o religiose”, comprensiva dunque di tutte le prestazioni strumentali alla preparazione e allo svolgimento delle celebrazioni civili e dei riti religiosi.

Sulla base di tale nozione, non sembra possa negarsi una equiparazione tra tali figure e quelle dei necrofori e portantini impiegati dalle aziende di servizio funebre nelle attività preliminari ed esecutive del trasporto, della cerimonia e della connessa sepoltura.

Pertanto, in risposta alla questione sollevata si può ritenere che, a prescindere dai requisiti anagrafici ed oggettivi di cui all’art. 34 del D. Lgs. n. 276/2003, la tipologia di contratto di lavoro intermittente sia configurabile anche nei confronti delle categorie richiamate dall’interpellante, in quanto rientranti nell’ambito delle figure declinate al n. 46 della tabella allegata al citato R.D.

Per delega

IL SEGRETARIO GENERALE (f.to Paolo Pennesi)

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