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Avvocati di famiglia 01 15 Avvocati di famiglia · Claudio Cecchella (Pisa) ... La negoziazione...

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Avvocati di famiglia Anno VIII - n. 1 - gennaio-marzo 2015 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB Roma OSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA ISSN 2039-6503 n. 1 - gennaio-marzo 2015 L’avvocato negoziatore Nullità e preclusioni nel processo civile telematico La Corte costituzionale sull’assegno post coniugale La Cassazione sui provvedimenti de potestate in corso di separazione
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OSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA

ISSN 2039-6503

n. 1 - gennaio-marzo 2015

L’avvocato negoziatore

Nullità e preclusioni nel processo civile telematico

La Corte costituzionale sull’assegno post coniugale

La Cassazione sui provvedimenti de potestatein corso di separazione

Avvocati di famigliaPeriodico dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famigliaNuova serie, anno VIII, n. 1 - gennaio-marzo 2015Autorizzazione del tribunale di Roma n. 98 del 4 marzo 1996Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB Roma

AmministrazioneOsservatorio nazionale sul diritto di famigliaCentro studi giuridici sulla personaVia Nomentana, 257 - 00161 RomaTel. 06.44242164 - Fax 06.44236900 ([email protected])

Direttore responsabileavv. Gianfranco Dosi ([email protected])

Comitato esecutivo dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famigliaavv. Gianfranco Dosi (Roma)avv. Giulia Albiero (Messina)avv. Claudio Cecchella (Pisa)avv. Emanuela Comand (Udine)avv. Franca Ferrara (Cagliari)avv. Matilde Giammarco (Chieti)avv. Michela Labriola (Bari)avv. Silvia Manildo (Treviso)avv. Rita Prinzi (Cuneo)avv. Claudia Romanelli (Bari)avv. Giancarlo Savi (Macerata)

Comitato dei probiviri dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famigliaavv. Massimo Bisson (Milano)avv. Angela Chimento (Catania)avv. Michela Fugaro (Verona)avv. Francesca Salvia (Palermo)avv. Raffaella Zadra (Bolzano)

Coordinamento redazionaleavv. Maria Limongi

Impaginazione e StampaEUROLIT S.r.l.00133 Roma - Via Bitetto, 39 - Tel. 06.2015137 ([email protected])

AvvocatidifamigliaOSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA

LA PROFESSIONE FORENSE NEL DIRITTO DI FAMIGLIA IN ITALIA

Avvocati di famiglia | gennaio-marzo 2015Sommario

SOMMARIO

gennaio-marzo 2015 | Avvocati di famiglia | 1

Editoriale L’avvocato negoziatore. Dobbiamo crederci 2(Gianfranco Dosi)

RiformeSchema di disegno di legge delegaal Governo recante disposizioni per l’efficienzadel processo civile 4

La negoziazione assistita nella separazionee nel divorzio 7(Emanuela Comand)

Le altre norme del decreto legge 12 settembre 2014,n. 132 come modificato dalla legge di conversione10 novembre 2014, n. 162 15(Rita Prinzi)

StudiLa prova autocertificata 21(Maria Giulia Albiero)

Il nuovo regime delle nullità degli attiprocessuali civili e delle preclusioninel processo civile telematico 30(Claudio Cecchella)

L’autonomia negoziale, i diritti disponibili,l’interesse del minore, nella negoziazioneassistita 39(Michela Labriola)

L’affidamento familiare del minorea coppia omosessuale 44(Michela Labriola e Gaia de Padua)

Attuazione dell'assegnazionedella casa familiare 52(Gianluca Vecchio)

Le ultimissime della giurisprudenzaL’assegno post coniugale: importanti precisazionidella Corte Costituzionale sul parametrodel “tenore di vita” matrimoniale 56Corte Costituzionale - Sentenza 11 febbraio 2015 n. 11(Giancarlo Savi)

La Suprema Corte ricompone il puzzledelle competenze de potestate connesseai contenziosi sull’affidamento dei figli 58Corte di Cassazione, sez. VI civile,Ordinanza 26 gennaio 2015, n. 1349(Giancarlo Savi)

Nonni e nipoti minorenni:dalla supplenza intrafamiliare al dirittoa mantenere rapporti significativi 63Tribunale di Milano, sez. IX civile,Ordinanza 7 ottobre 2014(Giancarlo Savi)

In libreriaIl matrimonio 74(Gilda Ferrando)

Troviamo un accordo 75(Roger Fisher - Scott Brown)

La scienza della negoziazione 75(George Kohlrieser)

Il manager della negoziazione 75(Alessandra Colonna)

L’arte del negoziato 76(Roger Fisher - William Ury - Bruce Patton)

La negoziazione assistita da avvocati 76(Gianfranco Dosi)

2 | Avvocati di famiglia | gennaio-marzo 2015

EDITORIALE

Volenti o nolenti illegislatore ci hamesso di frontead una nuova

funzione dell’avvocato. Il de-creto legge 12 settembre2014, n. 132 e la legge di con-versione 10 novembre 2014n. 162 hanno aggiunto alletradizionali funzioni dell’av-vocato patrocinatore di una

parte e di avvocato mediatore, anche quella di av-vocato arbitro e di avvocato negoziatore. L’avvoca-tura lo aveva richiesto con insistenza ed ora l’ha ot-tenuto.

Eppure nell’atteggiamento di molti colleghi inquesti primi mesi di applicazione delle nuove di-sposizioni mi è parso di leggere una pigrizia e in al-cuni casi anche un senso di fastidio rispetto a que-ste nuovi funzioni. Soprattutto rispetto alla funzionedi negoziatore.

Forse molti si aspettavano che la legge non con-tenesse troppi formalismi e qualche insidia o forsesi attendevano di veder solo regolamentata unacompetenza che tutti gli avvocati pensano di avere:quella di saper condurre una trattativa.

Non è così: il negoziato forse non sarà un’arte -come hanno sempre ritenuto i padri fondatori dellanegoziazione - ma non è nemmeno solo intuito e ra-gionevolezza. E non è però nemmeno persuasioneo trabocchetti come la pensano i negoziatori dellemultinazionali o i venditori di aspirapolvere. Ilpunto è che non è chiaro ancora a tutti che cosa essasia. Per questo ho cercato nella parte di questo nu-mero della rivista dedicata ai libri (in libreria) di darviqualche suggerimento bibliografico.

Leggere qualcosa sulla negoziazione ci aiuterà aconoscerla nei suoi aspetti più nobili: come creareun ambiente cooperativo nel quale cercare di com-prendere e soddisfare le esigenze e gli interessi delleparti con vantaggio per entrambe.

Uscire dalla cultura e dalla logica del processo trainteressi contrapposti non è facile. Abbiamo stu-diato all’università e ristudiato nella professione laprocedura civile ed è logico che facciamo fatica apensare che una controversia possa trovare una so-luzione al di fuori del processo. E d’altra parte il pro-cesso è molto più facile perché ci impegna soprat-tutto a difendere una posizione e la cultura forense

è soprattutto cultura della difesa. Noi siamo tuttinati difensori e non possiamo trasformarci di puntoin bianco in negoziatori.

Dobbiamo però innanzitutto capire bene qualisono i punti focali delle difficoltà che troveremo adindossare i panni del negoziatore. Poi dovremo ca-pire quali sono gli strumenti di lavoro.

Qui voglio limitarmi ad indicare tre difficoltà checostituiscono però anche le tre premesse fonda-mentali per un approccio corretto alla negoziazioneassistita.

La prima premessa. Esistono due contesti diffe-renti di negoziazione: innanzitutto la negoziazionecon una parte (il negoziatore di fronte al bandito as-serragliato in banca con gli ostaggi; il venditore chedeve vendere un prodotto). Qui negoziazione coin-cide con l’utilizzo competente di tecniche di per-suasione. Benché sia evidente che anche in questicasi vi sia una certa reciprocità (anche il bandito e ilcompratore, infatti, negoziano) è chiaro che non èquesto il contesto su cui la legge ci chiede di foca-lizzarci. Il contesto giusto è quello del negoziare traparti. Negoziare in condizione di reciprocità vuol

L’AVVOCATO NEGOZIATORE.DOBBIAMO CREDERCI

GIANFRANCO DOSI, AVVOCATO DEL FORO DI ROMA

gennaio-marzo 2015 | Avvocati di famiglia | 3

EDITORIALE

dire che entrambe le parti rimangono su un pianodi parità; le tecniche di persuasione (con-vincere)devono lasciare spazio alle tecniche di cooperazionee di interazione in vista di un risultato comune van-taggioso per entrambi.

La seconda premessa fondamentale è che nellanegoziazione noi assistiamo i nostri clienti. Dob-biamo prima negoziare con il cliente e poi, insiemea lui, negoziare con l’altra parte. C’è quindi una so-vrapposizione di negoziazioni e, conseguentemente,una duplicazione di difficoltà. A noi avvocati sichiede, cioè, dapprima di decidere con il nostrocliente se negoziare una soluzione (anziché fare unacausa) ed anche quali punti di ingresso e di uscitaprevedere; poi di affrontare il negoziato con l’altraparte. Ed anche quando negoziamo con l’altra partedovremo sempre tenere un occhio rivolto al nostrocliente per continuare a negoziare anche con lui. Senon siamo in grado di trattare con il cliente non pos-siamo pensare di essere capaci di trattare con l’altraparte.

Infine, il terzo aspetto, è convincerci che il modotradizionale e consueto per noi avvocati di condurre

le trattative per raggiungere gli obiettivi della conci-liazione processuale o della transazione, vanno con-siderati superati. Negoziare è molto più complesso esofisticato di condurre una semplice trattativa. Latrattativa tradizionale si conduce da posizioni. Il ne-goziato esplora gli interessi e cerca le soluzioni persoddisfarli.

Non facciamo l’errore di leggere la negoziazioneassistita con gli occhi del giurista. Sarebbe un graveerrore di prospettiva.

È per questo che mi piace leggere le cinque fasidella negoziazione con gli occhi del negoziatore enon con quelli dell’avvocato:

1. Prepararsi con il cliente a conoscere ed affron-tare la negoziazione (l’obbligo di informativa e l’in-vito alla negoziazione);

2. Progettare la negoziazione insieme all’altraparte (la convenzione di negoziazione assistita);

3. La messa a fuoco dei problemi da risolvere (ilprimo incontro);

4. Il dialogo e la cooperazione per trovare le solu-zioni possibili (le sedute di negoziazione);

5. La messa a punto della soluzione (l’accordo).

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RIFORME

SCHEMA DI DISEGNODI LEGGE DELEGAAL GOVERNO RECANTEDISPOSIZIONIPER L’EFFICIENZADEL PROCESSO CIVILE(APPROVATO IL 29 AGOSTO 2014)

Art. 1 - Delega al Governo per la riforma del pro-cesso civile

• tribunale dell’impresa• tribunale della famiglia e della persona• processo di cognizione di primo grado• giudizio di appello• giudizio di cassazione• esecuzione forzata• procedimenti speciali

Art. 1 (Delega al Governo per la riforma del pro-cesso civile)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciottomesi dalla data di entrata in vigore della presentelegge, uno o più decreti legislativi recanti l’imple-mentazione del tribunale delle imprese e l’istitu-zione del tribunale della famiglia e della persona, nelrispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

1) quanto al tribunale dell’impresa:a) ampliamento della competenza delle attuali

sezioni specializzate in materia di impresa mante-nendone inalterato l’attuale numero e cambiandonela denominazione in “sezioni specializzate per l’im-presa e il mercato”;

b) razionalizzazione della disciplina della compe-tenza per materia, includendo:

b.1) le controversie in materia di concorrenzasleale, ancorché non interferenti con l’esercizio deidiritti di proprietà industriale e intellettuale;

b.2) le controversie in materia di pubblicità in-gannevole di cui all’articolo 8 del decreto legislativo2 agosto 2007, n. 145;

b.3) l’azione di classe a tutela dei consumatoriprevista dall’articolo 140-bis del decreto legislativo 2settembre 2005, n. 206 e successive modificazioni;

b.4) le controversie relative agli accordi di colla-borazione nella produzione e nello scambio di benio servizi e relativi a società interamente possedutedai partecipanti all’accordo, di cui all’articolo 2341-bis, ultimo comma, del codice civile;

b.5) le controversie di cui all’articolo 3, comma 2,del decreto legislativo 23 giugno 2003 n. 168, comemodificato dal decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1,convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo2012, n. 27, relative a società di persone;

b.6) le controversie in materia di contratti pubblicidi lavori, servizi o forniture, rientranti nella giuri-sdizione del giudice ordinario, oltre a quelle previstedall’articolo 2, comma 2, lettera f), del decreto-legge24 gennaio 2012, n.1, convertito, con modificazioni,dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;

c) mantenere e rafforzare la riserva di collegialitàanche in primo grado, e prevedere presso ciascunasezione l’istituzione di un albo di esperti nelle ma-terie della ragioneria, contabilità, economia e mer-cato, con possibilità di iscrizione anche di dipendentidella Banca d’Italia e di Autorità indipendenti; pre-vedere che il presidente della sezione, fatta salva lapossibilità di nomina di un consulente tecnico di uf-ficio, designi uno o più esperti, a supporto conosci-tivo del collegio giudicante; prevedere che dettiesperti possano essere ascoltati anche nella udienzapubblica in contraddittorio con le parti;

d) rideterminare le dotazioni organiche delle se-zioni specializzate e dei tribunali ordinari, ade-guandole alle nuove competenze;

2) quanto al tribunale della famiglia e della per-sona:

a) istituire presso tutte le sedi di tribunale le “se-zioni specializzate per la famiglia e la persona”;

b) attribuire alla competenza delle sezioni spe-cializzate di cui alla precedente lettera a):

b.1) tutte le controversie attualmente di compe-tenza del tribunale per i minorenni in materia civiledi cui all’articolo 38 delle disposizioni di attuazionedel codice civile;

b.2) le controversie attualmente devolute al tribu-nale civile ordinario in materia di stato e capacitàdella persona, rapporti di famiglia e di minori, ivicompresi i giudizi di separazione e divorzio;

b.3) le controversie di competenza del giudice tu-telare in materia di minori e incapaci;

b.4) le controversie relative al riconoscimento dellostatus di rifugiato e alla protezione internazionaledisciplinate dal decreto legislativo 28 gennaio 2008,n.25 e successive modificazioni, nonché dal decretolegislativo 1° settembre 2011, n.150;

c) concentrare presso le sezioni specializzateaventi sede nel capoluogo del distretto di Corte diappello, in aggiunta alle competenze di cui alla pre-cedente lettera b):

c.1) i procedimenti relativi alle adozioni:c.2) i procedimenti relativi ai minori stranieri non

gennaio-marzo 2015 | Avvocati di famiglia | 5

accompagnati e ai richiedenti protezione interna-zionale;

c.3) i procedimenti relativi alla rettificazione diattribuzione di sesso, ai diritti della personalità, ivicompresi il diritto al nome, all’immagine, alla repu-tazione, all’identità personale, alla riservatezza etutte le questioni afferenti l’inizio e fine vita;

d) individuare le materie riservate alla compe-tenza collegiale;

e) assicurare alla sezione l’ausilio dei servizi socialie di tecnici specializzati nelle materie di compe-tenza;

f) prevedere che le attribuzioni conferite dallalegge al pubblico ministero nelle materie di compe-tenza delle sezioni specializzate siano esercitate damagistrati assegnati all’ufficio specializzato per lafamiglia e per i minori, costituito all’interno dellaprocura della Repubblica presso i tribunali dove sonoistituite le sezioni;

g) rideterminare le dotazioni organiche delle se-zioni specializzate, dei tribunali civili e dei tribunaliper i minorenni, adeguandole alle nuove compe-tenze;

h) disciplinare il rito in modo uniforme e sempli-ficato.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciottomesi dalla data di entrata in vigore della presentelegge, uno o più decreti legislativi recanti il riassettoformale e sostanziale del codice di procedura civile

e della correlata legislazione speciale, mediante no-vella del codice di procedura civile e delle leggi pro-cessuali speciali, in funzione degli obiettivi di sem-plificazione, speditezza e razionalizzazione delprocesso civile, nel rispetto dei seguenti principi ecriteri direttivi:

1) quanto al processo di cognizione di primo grado:1.a) valorizzazione dell’istituto della proposta di

conciliazione del giudice di cui all’articolo 185-bis delcodice di procedura civile, anche in funzione delladefinizione dell’arretrato e del contenimento dellerichieste di indennizzo per irragionevole durata delprocesso;

1.b) assicurare la snellezza, concentrazione ed ef-fettività della tutela, al fine di garantire la ragione-vole durata del processo in particolare mediante larevisione della disciplina delle fasi di trattazione e dirimessione in decisione, nonché la rimodulazionedei termini processuali e del rapporto tra tratta-zione scritta e trattazione orale;

1.c) immediata provvisoria efficacia, a prescin-dere dal giudicato, di tutte le sentenze di primo e se-condo grado;

2) quanto al giudizio di appello:2.a) potenziamento del carattere impugnatorio

dello stesso, anche attraverso la codificazione degliorientamenti giurisprudenziali e la tipizzazione deimotivi di gravame;

2.b) introduzione di criteri di maggior rigore in re-lazione all’onere dell’appellante di indicare i capi

RIFORME

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RIFORME

della sentenza che vengono impugnati e di illustrarele modificazioni richieste, anche attraverso la razio-nalizzazione della disciplina della forma dell’attointroduttivo;

2.c) rafforzamento del divieto di nuove allegazioninel giudizio di appello anche attraverso l’introdu-zione di limiti alle deduzioni difensive;

2.d) riaffermazione, in sede di appello, dei principidel giusto processo e di leale collaborazione tra i sog-getti processuali, anche attraverso la soppressionedella previsione di inammissibilità dell’impugna-zione fondata sulla mancanza della ragionevole pro-babilità del suo accoglimento;

2.e) introduzione di criteri di maggior rigore nelladisciplina dell’eccepibilità o rilevabilità, in sede digiudizio di appello, delle questioni pregiudiziali dirito;

3) quanto al giudizio di cassazione:3.a) revisione della disciplina del giudizio came-

rale, attraverso l’eliminazione del meccanismo dicui all’articolo 380-bis del codice di procedura civile,e previsione, con decreto presidenziale, dell’udienzain camera di consiglio, con intervento scritto delprocuratore generale e possibilità di interlocuzionecon il medesimo, per iscritto, da parte dei difensori;

3.b) interventi volti a favorire la funzione nomofi-lattica della Corte di cassazione anche attraverso larazionalizzazione della formazione dei ruoli, se-condo criteri di rilevanza delle questioni;

3.c) adozione di modelli di motivazione sinteticidei provvedimenti giurisdizionali, se del caso me-diante rinvio a precedenti, laddove le questioni nonrichiedano una diversa estensione degli argomenti;

3.d) previsione di una più razionale utilizzazionedei magistrati addetti all’Ufficio del Massimario e delRuolo, anche mediante loro applicazione, per un nu-mero limitato di udienze mensili, come componentidei collegi giudicanti;

4) quanto all’esecuzione forzata:4.a) semplificazione del rito dei procedimenti co-

gnitivi funzionalmente coordinati al processo ese-cutivo, anche attraverso l’assoggettamento delle op-posizioni esecutive al rito sommario di cognizione dicui agli articoli 702-bis e seguenti del codice di pro-cedura civile;

4.b) ampliamento dell’ambito di applicazione del-l’istituto delle misure coercitive indirette di cui al-l’articolo 614-bis del codice di procedura civile, me-diante la previsione della possibilità, per la partevittoriosa, di chiedere al giudice la fissazione dellasomma dovuta dalla parte soccombente, a causadella mancata o ritardata esecuzione dell’ordinegiudiziale, in presenza di qualunque provvedimentodi condanna, a prescindere dal carattere fungibile oinfungibile dell’obbligazione a cui esso si riferisce;

5) quanto ai procedimenti speciali:5.a) potenziamento dell’istituto dell’arbitrato, an-

che attraverso l’eventuale estensione del meccani-

smo della translatio judicii ai rapporti tra processoe arbitrato, nonché attraverso la razionalizzazionedella disciplina dell’impugnativa del lodo arbitrale;

5.b) ulteriore riduzione e semplificazione dei ritispeciali, anche mediante omogeneizzazione dei ter-mini e degli atti introduttivi, nonché dei modelli discambio degli scritti difensivi;

6) introduzione, in tutti i processi diversi da quellopenale, di criteri di particolare rigore, anche me-diante sbarramenti temporali, in ordine alla eccepi-bilità e rilevabilità d’ufficio delle questioni di giuri-sdizione;

7) introduzione del principio di sinteticità degliatti di parte e del giudice, da declinarsi anche intermini di tecnica di redazione e di misura quanti-tativa;

8) adeguamento delle norme processuali all’in-troduzione del processo civile telematico.

3. I decreti di cui ai commi che precedono sonoadottati su proposta del Ministro della giustizia, sen-tite le competenti commissioni parlamentari. I pa-reri sono resi nel termine di 45 giorni, decorsi i qualii decreti possono essere adottati comunque. Qualoradetto termine venga a scadere nei trenta giorni an-tecedenti allo spirare del termine previsto dal primoperiodo, o successivamente, la scadenza del termineè prorogata di sessanta giorni.

4. Il Governo, con la procedura indicata nel comma3, entro due anni dalla data di entrata in vigore diciascuno dei decreti legislativi emanati nell’eserciziodella delega e nel rispetto dei principi e criteri di-rettivi fissati, può adottare disposizioni integrative ecorrettive dei decreti legislativi medesimi.

5. Dall’applicazione delle disposizioni della pre-sente legge non derivano nuovi o maggiori oneri acarco del bilancio dello Stato.

gennaio-marzo 2015 | Avvocati di famiglia | 7

RIFORME

LA NEGOZIAZIONEASSISTITA NELLASEPARAZIONEE NEL DIVORZIO

Commento alla Legge 10 novembre2014 n.162.

EMANUELA COMAND (AVVOCATO DEL FORO DI UDINE)

SOMMARIO• Inquadramento generale D.L. 12 settembre 2014

n. 132, modificato e convertito nella L.10 novem-bre 2014 n. 162.

• La negoziazione assistita ai sensi dell’art.2L.n.162.

• La negoziazione assistita familiare ai sensi del-l’art.6 L.n.162.

• Procedura e criticità del procedimento di nego-ziazione assistita.

• I protocolli e le direttive delle Procure.• La mancata autorizzazione della Procura e le pos-

sibili soluzioni ad un vuoto legislativo.• Cenni sulla separazione ed il divorzio “fai da te

davanti all’Ufficiale di Stato civile ai sensi del-l’art.12 L.n.162”

Inquadramento generaleIl decreto legge 12 settembre 2014 n. 132, succes-

sivamente modificato e convertito nella legge 10 no-vembre 2014 n.162, ha introdotto nel nostro ordina-mento la negoziazione assistita da avvocati.

La prima parte del corposo compendio normativotratta dell’eliminazione dell’arretrato civile con laprevisione che i procedimenti civili pendenti, su do-manda congiunta delle parti vengano trasferiti insede arbitrale.

La seconda parte del decreto introduce la nego-ziazione assistita in generale ed è entrata in vigoreil 9 febbraio 2015.

L’art. 6 della legge n. 162, come modificato rispettoal Decreto Legge 12 settembre 2014 n. 132, intro-duce la negoziazione assistita per le procedure di se-parazione consensuale, per il divorzio congiunto a

seguito di separazione legale triennale e per le mo-difiche delle condizioni di separazione e di divorzio.

Le norme che disciplinano questa nuova proce-dura sono entrate in vigore il 13 settembre 2014.

La terza parte del decreto (art. 12 Legge 162) disci-plina la separazione ed il divorzio consensuale, non-ché le modifiche delle condizioni di separazione e di-vorzio davanti all’Ufficiale di Stato Civile, in assenzadi prole a carico, senza l’assistenza obbligatoria del-l’avvocato e senza alcuna possibilità di introdurre al-l’interno dell’accordo trasferimenti patrimoniali; lenorme sono entrate in vigore l’11 dicembre 2014.

La quarta parte del decreto introduce misure perla funzionalità del processo civile di cognizione,mentre l’ultima parte detta misure a tutela del cre-dito e per una maggiore speditezza del processoesecutivo.

Sin da queste prime brevi note, è possibile affer-mare che si è trattato di una riforma che, pur nel-l’encomiabile tentativo di riorganizzare la giustiziacivile, porta con sé lacune e difetti connessi all’am-piezza ed all’eterogeneità delle novità introdotte.

La negoziazione assistita ai sensi dell’art. 2 leggen.162

La definizione della nuova procedura, alternativaai procedimenti di cognizione ordinari, è contenutanell’art. 2 L. n. 162.

Si richiamano sinteticamente i principi generaliche debbono essere rispettati e che ritroveremo poinella negoziazione assistita in ambito familiare.

Si tratta di uno strumento alternativo alla risolu-zione dei conflitti in ambito stragiudiziale, finaliz-zato al raggiungimento di un accordo mediante ilquale le parti, assistite da uno o due avvocati, con-cordano di cooperare in buona fede e con lealtà alfine di risolvere una controversia in via amichevole.

La procedura si articola in tre fasi, rappresentatedall’invito alla procedura di negoziazione assistita,per poi procedere alla sottoscrizione di una conven-zione di negoziazione assistita ed infine si concludecon la sottoscrizione dell’accordo vero e proprio.

La legge impone regole precise per la validità del-l’accordo: la convenzione deve essere sempre scrittaa pena di nullità, deve contenere l’indicazione del-l’oggetto della controversia, deve contenere il ter-mine concordato dalle parti per l’espletamento dellaprocedura, deve essere sottoscritta dalle parti e laloro firma certificata dall’avvocato o dagli avvocati.Non può avere ad oggetto diritti indisponibili, néoperare nell’ambito del diritto di lavoro.

La legge introduce inoltre l’obbligo per gli avvocati,all’atto di conferimento dell’incarico, di informare iclienti della facoltà di poter utilizzare tale procedura(così clonando quanto previsto per la mediazione);ciò a pena anche di procedimento disciplinare.

È una procedura facoltativa, salvo il caso in cui siaprevista come condizione di procedibilità per il ri-

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sarcimento danni da circolazione diveicoli e natanti e per il recupero disomme non superiori ad euro50.000,00.

L’art.3 disciplina i casi di improce-dibilità e detta le norme nel caso incui il cittadino sia indigente ed abbiadiritto al patrocinio a spese delloStato ;il comma 3 dell’art.3 prevede icasi di esclusione di improcedibilitàper i procedimenti monitori e di op-posizione a decreto ingiuntivo,per iprocedimenti di opposizione o inci-dentali di cognizione relativi all’ese-cuzione forzata, per i procedimenti diconsulenza tecnica preventiva aisensi dell’art. 696 bis c.p.c.,per i pro-cedimenti in camera di consiglio, perle azioni civili esercitate nel processopenale.

Il comma 1 dell’art. 3 disciplinainoltre le modalità in cui la parte edil giudice possono sollevare o rilevarel’eccezione di improcedibilità permancato esperimento del procedi-mento di negoziazione assistita ob-bligatoria.

Il comma 4 e 5 dell’art.3 della L.n.162 chiarisce chequando la negoziazione assistita è condizione diprocedibilità non è comunque preclusa l’esperibilitàdi provvedimenti urgenti, provvedimenti cautelarinonché la trascrizione della domanda giudiziale.

Il comma 5 dell’art. 3 L.n.162 determina i confinitra mediazione obbligatoria e negoziazione assistita: la norma prevede che restano ferme le disposi-zioni che regolano I provvedimenti speciali di con-ciliazione obbligatoria, quali le controversie di lavoro.

La convenzione di negoziazione assistita deveinoltre contenere la dichiarazione dell’avvocato odegli avvocati che la convenzione non sia contrariaa norme imperative o all’ordine pubblico.

Infine ai sensi dell’art.11 L.n.162 i difensori chehanno sottoscritto e certificato l’accordo devono tra-smettere al consiglio dell’ordine circondariale delluogo in cui l’accordo è stato raggiunto o del consi-glio dell’ordine presso cui è iscritto uno degli avvo-cati, copia della convenzione. È un obbligo e nonuna facoltà.

Per completezza, va menzionato l’art.5 che im-pone la sottoscrizione di un pubblico ufficiale a ciòautorizzato (notaio), in caso di inserimento all’in-terno dell’accordo di contratti che, ai sensi dell’art.2643 c.c debbono essere trascritti.

L’art.8 attribuisce all’accordo di negoziazione as-sistita la medesima efficacia della domanda giudi-ziale, sia per quanto attiene agli effetti della pre-scrizione, sia per quanto attiene alla decadenza.

In tal modo si eviterà il rischio che le parti che ab-

biano optato per la procedura in oggetto, venganopenalizzate rispetto a coloro che vorranno utiliz-zare gli strumenti processuali ordinari.

L’art.10 che ha modificato l’art.12 co.2 d.lgs.21 no-vembre 2007 n. 231, esclude che l’avvocato abbial’obbligo di segnalare operazioni sospette in ipotesidi consulenze propedeutiche all’instaurazione di unprocedimento di negoziazione assistita (misure re-lative all’antiriciclaggio).

Infine merita un richiamo la circostanza che gli av-vocati che sottoscriveranno un accordo di negozia-zione assistita non debbano avere particolari quali-fiche ad eccezione dell’iscrizione all’albo degliavvocati; non è richiesta alcuna anzianità e nes-suna discriminazione sarà possibile nei confrontidegli avvocati che siano iscritti all’albo ai sensi delD.Lgs. n. 96 del 2 febbraio 2001 (cioè coloro che ab-biano conseguito il titolo di avvocato all’estero).

Negoziazione assistita familiareConvenzione di negoziazione assistita da al-

meno due avvocati per le soluzioni consensuali diseparazione personale, di domanda congiunta dicessazione degli effetti civili del matrimonio e discioglimento di matrimonio, di modifica concor-data delle condizioni di separazione o di divorzioai sensi dell’art.6 L.n.162.

L’art. 6, comma 1 del D.L. 132/2014, convertito in L.n. 162/2014 estende l’applicazione della negozia-zione assistita ai procedimenti di separazione e di-vorzio consensuale, nonché per le successive modi-fiche concordate.

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gennaio-marzo 2015 | Avvocati di famiglia | 9

Dimentica tuttavia di menzionare le convivenzedi fatto e la filiazione riconosciuta.

Si tratta di una grave mancanza, anche perché li-mita la possibilità di accesso ad uno strumento for-temente deflattivo rispetto al contenzioso, determi-nando un’ulteriore discriminazione nell’ambitodella filiazione naturale, in contraddizione con lospirito della novella n. 219/2012.

Inizialmente il comma 2 dell’art. 6 escludeva dallanegoziazione familiare le coppie con prole a carico,minore, maggiorenne ma non economicamente au-tosufficiente, i figli portatori di handicap.

In sede di conversione è stata introdotta tale fa-coltà per qualunque coppia di coniugi, con o senzafigli a carico.

L’aspetto più eclatante della procedura che ci ac-cingiamo a commentare è l’eliminazione del-l’udienza di comparizione personale dei coniugi da-vanti al Presidente del Tribunale o davanti alTribunale in Camera di Consiglio.

L’intera procedura si sviluppa lungo un percorsocaratterizzato dalla mancanza di contatti tra le partied il magistrato, salvo i casi che esamineremo più ol-tre.

Si tratta indubbiamente di una svolta epocale, at-tesa la connessione tra controversie familiari e dirittiindisponibili. Ma in questo caso il legislatore ha tra-sferito il controllo sulla corrispondenza degli ac-cordi all’interesse del minore ed al rispetto dei dirittidel coniuge più debole, alla Procura della Repub-blica. Senza tuttavia dimenticare che, aver reso ob-bligatoria l’assistenza tecnica bilaterale, attribuisceagli avvocati un ruolo essenziale; è infatti evidenteche maggiore sarà la competenza e preparazionedegli avvocati in sede di compilazione dell’accordo,minore la necessità di intervento della Procura.

Non solo il legislatore ha eliminato l’udienza dicomparizione delle parti davanti al giudice, ma haanche eliminato l’obbligo di omologazione dell’ac-cordo da parte del Tribunale, introdotto nell’inizialeprogetto di legge.

Come vedremo tuttavia ha lasciato senza risposteesaurienti, le problematiche connesse ai casi di man-cata autorizzazione o nulla osta da parte della Pro-cura.

Procedura e criticità del procedimento di nego-ziazione assistita

Fermo restando che, anche nella negoziazione fa-miliare andranno rispettate le regole generali con-tenute nell’art. 2 e ss. della L. n. 162, la procedura siarticola con le seguenti modalità.

1. InvitoLa parte interessata, assistita dal proprio avvo-

cato, indirizza alla controparte, (che dovrà munirsi diavvocato se vuole aderire alla proposta di negozia-

zione assistita) l’ invito alla partecipazione alla pro-cedura di negoziazione assistita.

Non sembra necessaria alcuna particolare forma-lità per quanto attiene all’invito, salva la prova del ri-cevimento dell’atto.

Andranno tuttavia rispettate alcune condizioniindicate dall’art.6, ed in quanto compatibili, anche lecondizioni richieste dall’art.2 L.n.162.

Ai sensi dell’art. 4 L. n. 162 l’invito deve contenerel’indicazione dell’oggetto della controversia e l’av-vertimento che la mancata risposta all’invito de-corsi 30 giorni dalla ricezione o il suo rifiuto, potràessere valutata dal giudice ai fini della liquidazionedelle spese del giudizio successivo ai sensi dell’art.96 c.p.c. e art. 642, co. 1, c.p.c.

La certificazione dell’autografia della firma dellaparte avviene ad opera dell’avvocato che formulal’invito e la dichiarazione di mancato accordo saràcertificata dagli avvocati incaricati dalle parti.

In sintesi entro 30 giorni dalla ricezione dell’invitola controparte potrà:

rifiutare l’invito, aderire all’invito, non aderire al-l’invito.

2. Convenzione di negoziazione assistitaIn caso di accoglimento dell’invito le parti sotto-

scriveranno la convenzione di negoziazione assi-stita ai sensi dell’art. 6 L. n.162.

La convenzione dovrà contenere:- i dati completi delle parti e degli avvocati, i dati

relativi alla data ed al luogo del matrimonio ancheai fini della competenza (e ricordando che l’accordoandrà trasmesso a cura degli avvocati all’Ufficiale diStato Civile del Comune in cui il matrimonio fu tra-scritto o iscritto);

- l’indicazione dell’oggetto (separazione, divorzio,modifica separazione o divorzio);

- l’invito a cooperare in buona fede e con lealtà perrisolvere in via amichevole la controversia;

- il termine entro il quale l’accordo dovrà essereraggiunto (minimo 30 giorni, massimo tre mesi, pro-rogabili su accordo delle parti per altri 30 giorni);

- l’impegno dei difensori di tenere riservate tuttele informazioni che riceveranno nel corso della pro-cedura e che pertanto non potranno più essere uti-lizzate in altri giudizi (in tal modo recependo uno deicardini del diritto collaborativo);

- potrà contenere la dichiarazione degli avvocati diaver informato le parti di aver tentato la loro conci-liazione e comunque la possibilità di accedere anchealla mediazione familiare;

- potrà contenere la dichiarazione degli avvocati diaver edotto i coniugi sull’importanza di rispettare imedesimi tempi di collocamento dei figli presso cia-scun genitore.

In verità alcune condizioni (obbligo di informa-zione su conciliazione, mediazione, rispetto dei

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tempi di collocamento presso ciascun genitore) sonoriferite dal n. 3 dell’art. 6 L.n.162 all’accordo rag-giunto, ma nulla vieta che vengano richiamate an-che nella convenzione di negoziazione assistita;

- deve contenere la sottoscrizione dei coniugi el’autentica delle loro firme da parte degli avvocati.

3. Accordo di negoziazione assistitaConclusa la trattativa, verrà redatto l’accordo di

convenzione di negoziazione assistita che sarà:- sottoscritto dalle parti ed autenticato dai legali;- il citato n. 3 dell’art. 6 prevede che sia in questa

fase che gli avvocati diano atto di aver tentato diconciliare le parti, di averle informate della possibi-lità di adire la mediazione e dell’obbligo dei genitoridi rispettare il principio di bigenitorialità. -ovvia-mente l’accordo deve contenere tutte le condizionipattuite tra le parti, con particolare riferimento al ri-spetto dei diritti dei minori;

- gli avvocati devono certificare che l’accordo non ècontrario a norme imperative e all’ordine pubblico;

- l’accordo raggiunto a seguito della convenzioneprodurrà gli effetti e terrà luogo dei provvedimentigiudiziali che definiscono i procedimenti di separa-zione consensuale, di divorzio congiunto, di modificacongiunta della separazione e del divorzio.

4. Trasmissione alla Procura dell’accordo rag-giunto.

Protocolli e linee guidaL’art. 6 Legge n. 162 prevede due ipotesi:

A. Coppia senza prole a caricoCoppia senza figli a carico non significa senza fi-

gli, ma semplicemente senza prole minore o econo-micamente non autosufficiente, o senza figli porta-tori di handicap.

In questo caso l’accordo viene trasmesso alla Pro-cura della Repubblica presso il Tribunale compe-tente (Procura presso il Tribunale in cui i coniugihanno la residenza comune o in mancanza la resi-denza di uno dei due coniugi ai sensi degli artt. 706e 711 c.p.c. in caso di separazione consensuale; ov-vero in caso di divorzio congiunto indifferentementeal Tribunale del luogo di residenza o domicilio di unodei due coniugi ai sensi dell’art. 4 Legge 898/1970; perle modifiche varrà il principio generale del Tribunaledi residenza o domicilio di uno dei due coniugi).

Non è previsto un termine dalla sottoscrizione,per il deposito in Procura,dell’accordo, sebbene lanorma non sia chiara perché richiama il terminesolo in caso di accordo di coppie con figli a carico;tuttavia in alcuni protocolli si dà per pacifico che iltermine di dieci giorni per il deposito dell’accordodecorra sempre dalla sottoscrizione dell’accordo, siain caso di coppie con figli, sia in caso di coppie senzafigli. Questo sembra anche l’orientamento generale.

Quali sono le modalità di trasmissione dell’ac-cordo di negoziazione assistita familiare?

La legge nulla dice.Le Procure si sono già attivate siglando protocolli

o comunque comunicando le loro direttive,anchecon la collaborazione dei consigli dell’ordine e degliufficiali di Stato civile.

In alcune Procure si è optato (ad esempio Milanocon le linee guida del 16 dicembre 2014; Udine conun protocollo frutto anche del confronto tra Ordinedegli avvocati e responsabile dell’Ufficio di Stato Ci-vile del 21 novembre 2014; Trani con linee guida;Nolacon linee guida) per il deposito dell’accordo, corre-dato dalla domanda di rilascio di nulla osta, in car-taceo ed in una sola copia in originale.

L’accordo dovrebbe poi essere registrato nell’ap-posito registro, approntato dalle Procure ed all’attodel deposito l’avvocato o gli avvocati dovrebbero ri-cevere un certificato attestante l’avvenuto deposito,con un numero identificativo di registro.

Per quanto attiene ai documenti da allegare al-l’accordo di negoziazione assistita, in alcune Procurela scelta è rimessa agli avvocati, con la precisazioneche a tutta evidenza dovranno essere prodotti i do-cumenti che vengono normalmente allegati al ri-corso per separazione consensuale, al ricorso con-giunto per divorzio ed alle richieste di modifica dellecondizioni di separazione o divorzio.

E dunque tutti i certificati necessari al fine di iden-tificare le parti, il loro status, la loro consistenza pa-trimoniale, specialmente in presenza di figli a carico.

La copia dell’accordo che verrà depositata in pro-cura rappresenta l’originale che verrà poi autenti-cato dagli avvocati.

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gennaio-marzo 2015 | Avvocati di famiglia | 11

Nel caso di coniugi senza prole a carico, la Procuranon deve rispettare un termine per il rilascio delnulla osta, ma deve verificare la mancanza di irre-golarità.

Sotto tale aspetto si ritiene, in mancanza di preciseindicazioni normative, che si tratti di irregolaritàformali e pertanto di carenze dell’atto ai sensi del-l’art. 2 e 6 della L.n.162 o di carenze connesse conla mancata produzione di documentazione rite-nuta necessaria al fine della verifica.

Ci sembra anche dovuto che la Procura verifichila competenza territoriale.

La legge pertanto nulla dice con riferimento allemodalità di trasmissione del nulla osta e, come ve-dremo,neppure per l’autorizzazione in caso di cop-pie con figli a carico.

La modalità più semplice appare l’invio via Pecagli avvocati, ma ovviamente si resta in attesa di ac-quisire maggiori informazioni da parte degli ufficicompetenti. È evidente che le Procure non dotate diservizi telematici, imporranno agli avvocati il ritirodell’accordo autorizzato o completo del nulla osta.

All’atto di ricevimento del nulla osta, l’avvocato (ogli avvocati?) autenticheranno la copia in loro pos-sesso con una dichiarazione che potrà avere il se-guente tenore “io sottoscritto avvocato … attesto che lapresente copia dell’accordo di convenzione di negoziazioneassistita, depositata in data … presso la Procura della Re-pubblica di … presso il Tribunale di … nonché del provve-dimento … pronunciato dal Procuratore della Repubblica indata … è conforme a quella presente nel fascicolo deposi-tato in data presso la Procura … e registrato al n. …”.

Il passo successivo è rappresentato dall’invio alComune ove è stato trascritto o iscritto l’atto di ma-trimonio della copia autenticata dagli avvocati, mu-nito dal nulla osta ed accompagnato dalla domandadi trascrizione nei Registri del matrimonio del Co-mune. Il termine è di 10 giorni a decorrere dalla co-municazione della Procura; all’avvocato che violal’obbligo di trasmissione dell’accordo munito dinulla osta, è applicata una sanzione che va da2000,00 a 10.000,00 euro e che verrà comminata dalComune in cui devono essere eseguite le annota-zioni previste dall’art. 69 del decreto del Presidentedella Repubblica 3 novembre 2000 n. 396.

Anche in questo caso la legge nulla dice in meritoalle modalità di trasmissione.

In alcuni Comuni la comunicazione avviene viaPEC, in altri è richiesto il deposito in cartaceo.

Solo la prassi potrà sciogliere eventuali dubbi.Dubbi potranno sorgere anche in merito alle mo-

dalità di comunicazione da parte del Comune del-l’avvenuta trascrizione o iscrizione; e sempre che sireputi necessaria tale comunicazione, non essendoriconosciuta al Comune alcuna competenza di con-trollo o verifica sulla regolarità formale dell’atto.

Ad eccezione tuttavia dei problemi che potreb-bero profilarsi in ordine alla competenza territo-riale.

B. Coppia con figli a caricoLa seconda ipotesi riguarda il deposito presso gli

uffici della Procura, dell’accordo che disciplini il re-gime di affidamento e di mantenimento di figli minori,maggiorenni non economicamente autosufficienti,difigli portatori di handicap.

In questo caso il controllo della Procura sarà sicu-ramente più approfondito e già si sono verificaticasi di mancata autorizzazione dell’accordo.

Da chiarire se il provvedimento di rifiuto debba es-sere motivato o meno.

L’accordo di negoziazione con figli a carico po-stula una serie di obblighi particolarmente impe-gnativi a carico degli avvocati e fonte di loro re-sponsabilità.

Infatti oltre al rispetto dell’interesse del minore edel principio della bigenitorialità che sembra riferirsinell’art.6 solo al tempo che i figli trascorreranno coni genitori (previsione piuttosto discutibile), l’avvocatodeve trasmettere l’accordo entro 10 giorni dallasottoscrizione alla Procura competente; ricordiamoche tale termine non sembrerebbe previsto nel casodi accordi senza figli.

In questo caso la Procura non ha un termine perconcedere la relativa autorizzazione, ma i primi datisembrano confermare una certa celerità nel conce-dere l’autorizzazione.

Le problematiche potrebbero sorgere in futuro,qualora la negoziazione dovesse prendere piede etrasformarsi nello strumento principale per ratifi-care gli accordi tra coniugi.

Il primo caso, depositato presso la Procura dellaRepubblica del Tribunale di Udine e recante iln.1/2015 ha visto il completamento dell’intera pro-cedura, compresa la trasmissione all’ufficio di statocivile competente, in meno di dieci giorni dal depo-sito dell’accordo in Procura.

In caso di rifiuto all’autorizzazione, la Procuradeve, entro 5 giorni (dal deposito?) inviare al Pre-sidente del Tribunale il fascicolo.

Il Presidente dovrà fissare entro trenta giorni dalricevimento dell’atto la comparizione personale deiconiugi e provvedere senza ritardo.

Il n. 2 dell’art. 6 L. n. 162 stabilisce che all’accordosi applichi il comma 3 che prevede l’obbligo di tra-smissione al Comune competente, obbligo che gravasugli avvocati ed impone loro di trasmettere l’ac-cordo di negoziazione assistita corredata dal prov-vedimento autorizzativo e dalla richiesta di annota-zione.

Come previsto per le coppie senza figli,la penaper la mancata trasmissione al comune competentedell’accordo autorizzato prevede la sanzione da2.000,00 a 10.000,00 euro.

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Non solo: ricordiamo che è fatto ob-bligo agli avvocati di inserire nell’ac-cordo la dichiarazione di aver tentatodi conciliare le parti, di averle edottesulla mediazione familiare, di averleinformate dell’importanza per il mi-nore di trascorrere tempi adeguati conciascun genitore.

È evidente che la mancanza di taliprescrizioni, potrebbe determinarenon solo il rifiuto della Procura all’au-torizzazione, ma anche la nullità del-l’accordo.

A. Mancato rilascio del nulla osta daparte della Procura, in caso di coppiesenza prole.

Trattandosi di mera irregolarità for-male, è presumibile che la Procura co-munichi agli avvocati le eventuali irre-golarità e che conseguentementequesti debbano adeguarsi a tali indi-cazioni. Non è prevista la trasmissioneal Presidente del Tribunale.

B. Mancato rilascio dell’autorizzazione da partedella Procura per mancata corrispondenza dell’ac-cordo all’interesse dei minori.

I dati certi che ci fornisce la norma (art. 6, legge162) sono:

- la Procura ha la facoltà di “bloccare “l’accordo senon corrispondente all’interesse dei minori. Si trattadi una verifica particolarmente approfondita, attesoche non ci si limita a richiamare il rispetto dell’in-teresse dei minori, ma si impone un’indagine piùprofonda, onde verificare la corrispondenza del-l’accordo all’interesse dei minori.

È evidente che un giudizio di positività sull’ac-cordo presuppone maggiore attenzione, rispetto adun giudizio di mera verifica di non contrarietà al-l’interesse dei minori.

In realtà la norma (art.6 n.3) richiama solo il ri-spetto dei tempi di frequentazione dei minori tra idue genitori; ciò potrebbe far ritenere che le possi-bilità di verifica da parte della Procura siano limitate.

Nulla poi si dice in merito alla violazione del di-ritto del coniuge.

Sarà interessante verificare l’orientamento delleProcure.

Trasmissione, per mancata autorizzazione dellaProcura al Presidente del Tribunale.

I maggiori problemi interpretativi nascono con latrasmissione dell’accordo dalla Procura al Presidentedel Tribunale.

Ciò avviene quando la Procura ritiene che l’ac-cordo non corrisponda all’interesse dei minori o co-

munque dei figli maggiorenni non economicamenteautosufficienti o portatori di handicap.

Le criticità sono rappresentate dalle domande, acui il legislatore si è dimenticato di dare adeguate ri-sposte.

Sarà il Presidente del Tribunale a provvedere sem-pre e comunque?

Che cosa significa provvedere?Se le parti compaiono davanti al Presidente e ade-

riscono alle modifiche (formulate da chi? dalla Pro-cura? dal Presidente?) la procedura rientra comun-que nella negoziazione assistita o si trasforma aisensi dell’art. 708 c.p.c. In un procedimento di sepa-razione?

Se le parti non aderiscono alle modifiche, deb-bono abbandonare la procedura di negoziazione as-sistita e depositare ricorso ai sensi dell’art. 711 c.p.c.?

Se le parti aderiscono alle modifiche, è necessarioun nuovo visto da parte della Procura?

Poiché la legge ha concentrato nella stessa proce-dura procedimenti che, nel contenzioso, apparten-gono a giudici diversi (Presidente del Tribunale oTribunale in Camera di Consiglio), andrà rispettatatale diversa competenza o il Presidente rimanel’unico giudice competente a risolvere qualunquevertenza in ordine alla negoziazione assistita?

Il Tribunale di Torino in una recente decisione del15.01.2015, ci offre alcuni spunti e cerca di fornirealcune risposte adeguate, nel tentativo di non sna-turare l’istituto della negoziazione.

Il caso nasce da un rifiuto del Pubblico Ministeropresso il Tribunale di Torino che ha trasmesso l’ac-

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gennaio-marzo 2015 | Avvocati di famiglia | 13

cordo al Presidente del Tribunale, atteso che in pre-senza di un figlio maggiorenne non economica-mente autosufficiente, non era previsto alcun con-tributo per il di lui mantenimento.

In un provvedimento, ampiamente motivato, ilPresidente, ha evidenziato le criticità della Leggesulla negoziazione assistita e, attraverso un’attentaanalisi delle motivazioni che hanno determinatol’introduzione nel nostro ordinamento di uno stru-mento alternativo alla risoluzione dei conflitti insede giurisdizionale, è giunta a formulare alcunesoluzioni.

Il primo problema affrontato dal Magistrato è se lalocuzione “provvede” sia sempre riferita al Presidentedel Tribunale.

Ciò nasce dall’osservazione, che abbiamo già pro-posto, ovvero dal fatto che la negoziazione assistitaconcentra in sé tre diversi generi di accordo che ap-partengono a giudici diversi.

In sostanza il Presidente afferma che in lineaastratta l’art. 6, comma 2, Legge n. 162, nulla dice conriferimento all’organo davanti al quale deve esserefissata la comparizione delle parti.

Ammettere che il procedimento, a seguito dellamancata autorizzazione del P.M., si tramuti in unnormale procedimento di separazione consensualeo ricorso congiunto per cessazione degli effetti civilio scioglimento del matrimonio, o ancora ricorsocongiunto per la modifica delle condizioni di sepa-razione o divorzio, contrasterebbe con il principio ge-nerale della domanda ai sensi dell’art. 99 c.p.c. ed aisensi dell’art. 112 c.p.c., oltre che, a tutta evidenzacon le competenze previste dagli art. 711 e 710 c.p.c.,nonché ai sensi dell’art. 4, co. 16 e 9, legge 898/1970.

In sostanza mancando l’impulso di parte,qualiprovvedimenti potrà assumere il Presidente del Tri-bunale?

Le ipotesi che esamina il Presidente del Tribunaledi Torino sono due:

a) le parti intendono aderire ai rilievi del PubblicoMinistero;

b) le parti non intendono aderire alle modificheproposte dal Pubblico Ministero.

Il Tribunale di Torino ha così deciso:Nel caso in cui le parti intendano aderire ai rilievi

sollevati dal Pubblico Ministero, l’accordo potrà es-sere autorizzato dal Presidente, con ciò rispettandola ratio della Legge n. 162/14 che vuole favorire la de-giurisdizionalizzazione dei procedimenti di separa-zione e divorzio concordati tra le parti.

Nel caso invece in cui le parti non intendano ade-guarsi ai rilievi, sollevati dal Pubblico Ministero, maevidentemente condivisi anche dal Presidente, que-sti non potrà che limitarsi ad un “non autorizza”, nonessendo ipotizzabile la conversione d’ufficio di unprocedimento degiurisdizionalizzato in un procedi-mento giudiziale.

In questo caso il Presidente del Tribunale, fissandol’udienza, potrebbe consentire alle parti, di deposi-tare in tempo utile (evidentemente prima del-l’udienza di comparizione) un ricorso per separa-zione consensuale, o ricorso congiunto percessazione degli effetti civili del matrimonio, o an-cora un ricorso per la modifica delle condizioni di se-parazione o divorzio.

Ciò presuppone che l’accordo raggiunto a seguitodi negoziazione assistita debba intendersi implici-tamente rinunciato.

In questo caso nessuna parte dovrebbe comparireall’udienza fissata davanti al Presidente del Tribu-nale o, in alternativa le parti potrebbero compariredichiarando di rinunciare espressamente alla nego-ziazione assistita.

Il provvedimento in esame termina con l’invitoalle parti ed ai rispettivi difensori, “qualora non ade-riscano in toto ai rilievi effettuati dal Pubblico Mini-stero in riferimento all’accordo raggiunto a seguitodi negoziazione assistita, a depositare, nei diecigiorni prima dell’udienza, ricorso sottoscritto da en-trambe le parti ai sensi dell’art. 711 c.p.c.”

L’impostazione data dal Presidente del Tribunale diTorino appare da un primo sommario esame par-zialmente coerente con lo spirito della legge, anchese l’invito a depositare il ricorso ai sensi dell’art. 711c.p.c., reintroduce di fatto la competenza del Tribu-nale all’omologa dell’accordo.

Se il legislatore ha previsto che sia il Presidente delTribunale a provvedere senza ritardo, ci sembra chela competenza a lui attribuita sia assorbente e ana-loga a quella prevista dagli artt.145 c.c (contrasto traconiugi) art.146 c.c (decisioni in caso di allontana-mento senza giusta causa dalla residenza familiare)e 148 c.c (mancata corresponsione del manteni-mento), laddove, l’organo competente è sempre ilPresidente del Tribunale e non il Tribunale in ca-mera di consiglio.

La posizione dei figli maggiorenni non econo-micamente autosufficienti.

I figli maggiorenni non economicamente autosuf-ficienti, non citati dai genitori nell’accordo deposi-tato presso l’Ufficio della Procura, potranno agireper opporsi al nulla osta o dovranno agire autono-mamente nei confronti dei genitori con un’azioneordinaria?

Ricordiamo che in caso di richiesta di nulla osta ilProcuratore della Repubblica sembrerebbe non averela competenza di chiedere l’estensione del contrad-dittorio nei confronti dei figli maggiorenni, i quali ol-tre tutto non hanno la qualifica di parte in tale con-testo.

Forse la soluzione potrebbe essere rappresentatadalla sottoscrizione dell’accordo, anche da parte deifigli maggiorenni, i quali potrebbero aderire all’ac-cordo, se non lesivo dei loro diritti.

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14 | Avvocati di famiglia | gennaio-marzo 2015

Nel caso citato del Tribunale di Torino, la tuteladella prole è stata intesa in senso ampio, non limi-tandosi a valutare gli interessi dei minori, ma op-tando per una verifica più profonda degli assetti fa-miliari.

Il problema forse sta a monte, nel senso che ap-pare di indubbia difficoltà coniugare l’autonomiaprivata dei coniugi con la natura indisponibile dei di-ritti dei figli, minori o maggiorenni che siano, se an-cora dipendenti economicamente dai genitori.

Brevi cenni sull’Art. 12 Legge n. 162Separazione consensuale, richiesta congiunta di

scioglimento o di cessazione degli effetti civili delmatrimonio, richiesta congiunta di modifica dellecondizioni di separazione o divorzio davanti al-l’Ufficiale di Stato civile.

La coppia senza figli a carico e che non inseriscanell’accordo trasferimenti patrimoniali, può, senzal’assistenza dell’avvocato concludere davanti al Sin-daco, quale ufficiale di stato civile a norma dell’art.1 del decreto del Presidente della Repubblica 3 no-vembre 2000 n. 396, un accordo di separazione, di di-vorzio, di modifica di separazione o divorzio. Ov-viamente potrà chiedere anche il divorzio a seguitodi separazione mediante negoziazione assistita dopotre anni o la modifica di separazione o divorzio con-cluso mediante negoziazione assistita.

L’art. 12 l. n. 162 non si applica in presenza di:- figli minori- figli maggiorenni incapaci- figli maggiorenni non economicamente auto-

sufficienti.

- figli maggiorenni portatori di handicapgrave.

- l’atto non potrà contenere patti di trasfe-rimenti patrimoniali e dunque volendo ap-plicare gli artt. 156 c.c. e art.337 ter, sexies,septies. c.c., saranno esclusi l’assegnazionedella casa familiare, l’assegno di manteni-mento, qualunque accordo che presuppongaun contenuto economico.

- anche in questo caso l’accordo terrà luogodei provvedimenti giudiziali che definisconola separazione, il divorzio, le modifiche di se-parazione e divorzio.

CompetenzaI coniugi si potranno rivolgere, anche con

l’assistenza di uno o due legali, ma non ob-bligatoriamente:

- al comune di residenza della moglie;- al comune di residenza del marito;- al comune in cui il matrimonio fu iscritto

se celebrato con rito civile;- al comune in cui il matrimonio fu tra-

scritto se celebrato con rito religioso o al-l’estero.

ProceduraSeparazione, divorzioIn questo caso l’ufficiale di stato civile riceve da

ciascuna delle parti personalmente la dichiarazioneche vogliono separarsi o divorziare.

Nel solo caso di separazione o divorzio consen-suale l’ufficiale di stato civile, quando riceve le di-chiarazioni dei coniugi, li invita a comparire davantia sé non prima di 30 giorni per la conferma dell’ac-cordo. Se i coniugi non compariranno, questo equi-vale a mancata conferma dell’accordo.

Se i coniugi compaiono, sottoscrivono immedia-tamente l’accordo.

Ovviamente i coniugi potranno chiedere davantiall’ufficiale di stato civile anche il divorzio consen-suale, sulla base della separazione concordata conaccordo di negoziazione assistita nel triennio pre-cedente.

Modifica delle condizioni di separazione, divor-zio, negoziazione assistita

Nel caso in cui i coniugi chiedano la modifica dellecondizioni di separazione e divorzio, o negoziazioneassistita potranno manifestare immediatamente illoro consenso e non sarà necessario un periodo di ri-flessione, previsto invece per la separazione ed il di-vorzio.

Sembra pacifico (per ora) che l’Ufficiale di Stato Ci-vile non abbia alcuna competenza e/o potere per ve-rificare dal punto di vista sostanziale la validità del-l’accordo e che il controllo si limiti alla meraregolarità formale.

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gennaio-marzo 2015 | Avvocati di famiglia | 15

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LE “ALTRE” NORMEDEL DECRETO LEGGE 12SETTEMBRE 2014 N. 132COME MODIFICATO DALLALEGGE DI CONVERSIONE10 NOVEMBRE 2014 N. 162

RITA PRINZI (AVVOCATO DEL FORO DI CUNEO)

SOMMARIO1 Introduzione2 Trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti

pendenti3 Compensazione delle spese di giudizio4 Mutamento del rito da ordinario a sommario5 Termini di sospensione feriale6 Interessi di mora7 Modifiche all’esecuzione forzata7 7.1 Competenza territoriale7 7.2 Pignoramento mobiliare7 7.3 Pignoramento di beni mobili registrati7 7.4 Espropriazione presso terzi7 7.5 Espropriazione immobiliare7 7.6 Provvedimenti sui beni mobili estranei7 7.7 Iscrizione a ruolo8 Accesso alle banche dati delle pubbliche ammi-

nistrazioni8 8.1 Esercizio del diritto di accesso al di fuori delle

procedure esecutive e nei procedimenti di fami-glia.

1. IntroduzioneIn questi ultimi mesi abbiamo imparato a cono-

scere il Decreto Legge 12 settembre 2014 n. 132 perl’istituto della negoziazione assistita, che certamentene costituisce la principale novità. Ma il D.L. 132/2014non si esaurisce nella negoziazione assistita, inquanto introduce una serie di ulteriori importanti in-novazioni che cercheremo di disaminare con finalitàessenzialmente ricognitive.

Ci limiteremo infatti a riferire le novità derivantidalle singole disposizioni che nella loro disomoge-neità presentano finalità comuni, individuabili nel

tentativo di ridurre il contenzioso (sia pendente chefuturo) e di rendere più rapidi i procedimenti civili,con particolare riguardo a quelli di esecuzione forzata.

Vedremo fra qualche anno se queste finalità sa-ranno raggiunte.

2. Trasferimento in sede arbitrale dei procedi-menti pendenti

L’art. 1 del Decreto Legge 132/2014 disciplina leipotesi e le modalità di trasferimento alla sede arbi-trale dei procedimenti pendenti avanti all’autoritàgiudiziaria, sia in primo che in secondo grado. Devetrattarsi di procedimenti che non abbiano ad og-getto diritti indisponibili, né la materia del lavoro,previdenza ed assistenza sociale. Se la causa non èstata assunta a decisione, è facoltà delle parti chie-dere al giudice il trasferimento alla sede arbitrale. Èperò necessario che l’istanza di trasferimento siaproposta congiuntamente da tutte le parti del giu-dizio. Non è richiesta l’istanza espressa della pub-blica amministrazione, che sia parte in una contro-versia in materia di responsabilità extracontrattualeo di pagamento somme di valore non superiore a50.000,00 euro. In tali ipotesi è sufficiente l’istanzadella parte privata in quanto il consenso della pub-blica amministrazione si presume, rimane comun-que la facoltà della pubblica amministrazione dimanifestare il proprio dissenso per iscritto nel ter-mine di trenta giorni dalla richiesta.

Ricevuta l’istanza, il giudice dovrà fare una verificasulla sussistenza dei presupposti dianzi elencati,prima di trasmettere il fascicolo al presidente delConsiglio dell’ordine che ha sede presso l’ufficiogiudiziario procedente, per la nomina degli arbitri. Iltrasferimento del fascicolo non fa comunque venirmeno le preclusioni e le decadenze già maturate.Nelle controversie di valore inferiore a 100.000,00euro, su richiesta congiunta, può essere designato unsolo arbitro, altrimenti si procede alla nomina di uncollegio arbitrale su concorde richiesta delle parti o,in alternativa, dal presidente del Consiglio dell’or-dine. Gli arbitri dovranno individuarsi all’interno diun elenco formato da avvocati del foro che hannoreso dichiarazione di disponibilità in epoca ante-riore alla trasmissione del fascicolo. Non possonosvolgere incarichi arbitrali coloro che hanno subito,nel precedente quinquennio, condanne definitiveche hanno comportato la sospensione dall’albo, néi consiglieri dell’ordine per i quali è prevista unaespressa incompatibilità che si estende anche aquelli uscenti per un periodo equivalente ad un’in-tera consiliatura.

Con decreto del Ministero della giustizia, non an-cora emanato, dovranno stabilirsi i criteri per la de-signazione degli arbitrati e di rotazione degli incari-chi secondo un sistema di assegnazione automatica.

Il decreto ministeriale di cui anzi, che avrebbe do-vuto essere adottato entro 90 giorno dall’entrata in

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vigore della legge di conversione, potrà anche stabi-lire una riduzione dei compensi degli arbitri rispettoa quelli previsti dai parametri in vigore.

Nell’ipotesi in cui il trasferimento avvenga nel se-condo grado di giudizio, la controversia dovrà essererisolta in 120 giorni dall’accettazione degli arbitri,salvo una sola proroga di 30 giorni, assunta sull’ac-cordo delle parti. Decorso inutilmente questo ter-mine, le parti potranno riassumere il processo neltermine perentorio di 60 giorni, decorso il quale inassenza di lodo, il processo si estingue e si applical’art. 338 c.p.c.

Al lodo pronunciato nei termini viene espressa-mente riconosciuto valore di sentenza, pur rima-nendo fermi gli effetti della domanda.

Per quanto non espressamente previsto dallanorma in commento trovano applicazione le dispo-sizioni del titolo VIII libro IV del codice di rito.

Il trasferimento alla sede arbitrale è possibiledall’11 novembre 2014.

3. Compensazione delle spese di giudizio Per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 13

D.L. 132/2014, è stato riscritto il comma 2 dell’art. 92c.p.c. sulla compensazione delle spese che può es-sere disposta dal giudice oltre che in ipotesi di soc-combenza reciproca, solo quando oggetto di causasia una questione mai trattata in precedenza ov-vero quando vi sia stato mutamento negli indirizzigiurisprudenziali, purché tale mutamento riguardiquestioni dirimenti. Viene dunque meno la facoltàdel giudice di compensare le spese per “altre gravi edeccezionali ragioni”.

La norma si applica ai procedimenti introdotti apartire dall’11 dicembre 2014.

4. Mutamento del rito da ordinario a sommario È stato introdotto ex novo l’art. 183 bis c.p.c., che

disciplina il passaggio dal rito ordinario al rito som-mario di cognizione. La norma risponde a finalità de-flattive del contenzioso, che si cerca di indirizzareverso una procedura più snella e veloce. Trova ap-plicazione solo nelle cause in cui il Tribunale giudicain composizione monocratica. In tali ipotesi se ilgiudice ritiene che la causa non presenti particolarielementi di complessità, sia negli aspetti di meritoche in quelli istruttori, all’udienza di trattazione, hafacoltà di disporre con ordinanza inoppugnabile,previo contraddittorio anche mediante trattazionescritta, la trasformazione del rito da ordinario a som-mario. Contestualmente il giudice invita la parti adindicare tempestivamente e a pena di decadenza imezzi di prova, anche in materia contraria. Se al-meno una delle parti lo richiede, il giudice ha facoltà(e non obbligo) di fissare nuova udienza, nel ter-mine perentorio di 15 giorni, per l’indicazione deimezzi di prova e le produzioni dei documenti, conulteriore termine di 10 giorni per la prova contraria.

Anche in questo caso, la norma si applica ai pro-cedimenti introdotti a partire dall’11 dicembre 2014.

5. Termini di sospensione feriale È stata disposta la riduzione del periodo di so-

spensione feriale dei termini processuali, che dal-l’anno 2015 decorrerà dal 1° al 31 agosto (così l’art. 1bis L. 7 ottobre 1969 n. 742, come modificato dall’art.16 comma 1 D.L. 132/2014). L’art. 16 citato ha altresìarricchito la L. 2 aprile 1979 n. 97 dell’art. 8 bis che at-tribuisce ai magistrati ordinari, amministrativi, con-tabili e militari, nonché agli avvocati e ai procuratoridello Stato un periodo annuo di ferie di trenta giorni.Questa norma si sovrappone a quella dell’art. 90 R. D.30 gennaio 1941 n. 12 che dispone(va) per i magistratiun più ampio periodo di ferie, di 45 giorni.

6. Interessi di mora L’art. 17 D.L. 132 ha modificato l’art. 1284 c.c. ag-

giungendovi i commi 4 e 5 che, in assenza di deter-minazione convenzionale delle parti, stabilisconola misura del tasso di interessi dal momento dellaproposizione della domanda giudiziale e della pro-mozione del procedimento arbitrale. Il tasso saràpari a quello previsto dalla legislazione speciale suiritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.In tali casi dunque il saggio di interesse legale dimora sarà quello stabilito dall’art. 5 D. Lgs. 9 no-vembre 2012 n. 231. Il nuovo precetto normativocontenuto nell’art. 1284 c.c., risponde direttamenteall’esigenza di tutela del credito attraverso l’intro-duzione di misure di contrasto al ritardo dei paga-menti, ma indirettamente s’inquadra nel più ampioprogetto deflazionistico del contenzioso.

Prevede espressamente l’art. 17 D.L. 132 che lemodifiche all’art. 1284 producano effetti solo neiprocedimenti iniziati dopo l’11 dicembre 2014.

7. Modifiche all’esecuzione forzata Ancora più incisive e penetranti sono le modifiche

che riguardano l’esecuzione forzata. Si tratta di mo-difiche introdotte dal lunghissimo articolo 19 deldecreto legge in commento, che in linea generale nedispone l’applicazione ai procedimenti iniziati a par-tire dall’11 dicembre 2014, salvo che per specificheipotesi di cui si dirà in seguito.

7.1 Competenza territorialeInnanzi tutto è stato riscritto il comma 2 dell’art.

26 c.p.c., che prima della riforma dettava le regoledella competenza territoriale dell’esecuzione for-zata dei crediti, mentre oggi individua il giudice ter-ritorialmente competente per l’esecuzione forzata diautoveicoli, motoveicoli e rimorchi. Questa “catego-ria” di beni mobili, come vedremo in seguito, ha as-sunto un proprio autonomo spazio nell’ambito delleprocedure esecutive, cui accedono altrettanto auto-nome disposizioni.

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Il precetto contenuto nel “vecchio” art. 26 comma2 c.p.c., è stato rivisto e riscritto nell’art. 26 bis c.p.c.:il foro dell’espropriazione forzata di crediti non è piùquello del luogo di residenza del terzo debitore, maquello del luogo di residenza, domicilio, dimora osede del debitore, salvo che debitore sia una pubblicaamministrazione, perché in tal caso rivive l’antica re-gola della competenza del giudice del luogo di resi-denza, domicilio, dimora o sede del terzo debitore.

7.2 Pignoramento mobiliare Per le modifiche al pignoramento mobiliare, il

nuovo testo dell’art. 518 comma 6 c.p.c., stabilisceche dovrà essere il creditore, a cui l’ufficiale giudi-ziario avrà consegnato -senza ritardo- processo ver-bale titolo e precetto, a depositare in cancelleria en-tro 15 giorni la nota di iscrizione a ruolo con le copieconformi dei predetti atti, la cui conformità dovrà es-sere attestata dall’avvocato del creditore proprio aisensi dell’art. 518 comma 6. L’iscrizione a ruolo fattadopo il termine di 15 giorni dalla consegna dei do-cumenti da parte dell’ufficiale giudiziario producel’inefficacia del pignoramento.

7.3 Pignoramento di beni mobili registrati Il nuovo art. 521 bis c.p.c., ha introdotto l’inedito

istituto del “pignoramento e custodia di autoveicoli,motoveicoli e rimorchi” a cui si applica una disci-plina specifica, in ragione delle peculiarità che pre-sentano i beni mobili registrati. Il pignoramento

viene eseguito attraverso la notifica di un atto nelquale dovranno essere indicati con precisione i benie i diritti soggetti ad esecuzione, con indicazionedegli estremi richiesti per la iscrizione nei pubbliciregistri. L’atto di pignoramento dovrà inoltre conte-nere l’intimazione a consegnare i beni e i relativi do-cumenti all’istituto vendite del luogo di residenzadel debitore. Al momento della consegna l’istitutovendite assume la custodia del bene (prima in capoal debitore) ed avvisa tempestivamente il creditore.In caso di omessa consegna del bene mobile pigno-rato nel termine di cui anzi, il debitore si espone alsuo ritiro che potrà avvenire ad opera degli organi dipolizia che ne accertano la circolazione.

Eseguite tutte le formalità di notifica, anche inquesto caso l’ufficiale giudiziario consegnerà l’attodi pignoramento al creditore, che dovrà attivarsi perla trascrizione nei pubblici registri e successiva-mente compiere le formalità di iscrizione a ruolo,con il deposito delle copie conformi di pignora-mento, titolo, precetto e nota di trascrizione entro 30giorni a pena d’inefficacia. L’attestazione di confor-mità dovrà essere fatta dall’avvocato del creditore, inquesto caso, ai fini dell’art. 521 bis c.p.c.

7.4 Espropriazione presso terzi Cambia in maniera significativa anche il pigno-

ramento presso terzi, infatti il nuovo art. 543 c.p.c.prevede innanzi tutto che l’atto di pignoramentonon debba più essere notificato personalmente al

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terzo, con la conseguenza che sarà ora possibile an-che la notifica a mezzo posta. Il terzo inoltre nondovrà più essere citato a comparire avanti al giu-dice dell’esecuzione, dovrà essere invitato a comu-nicare al creditore procedente entro 10 la dichiara-zione di cui all’art. 547 c.p.c., con l’avvertimento chein caso di mancata comunicazione della dichiara-zione, sarà chiamato avanti al giudice in appositaudienza e che in caso di sua mancata compari-zione e/o dichiarazione, il credito o i beni pignoratisaranno considerati non contestati. Come per il pi-gnoramento mobiliare e per quello dei beni mobiliregistrati, l’ufficiale giudiziario, una volta che avràcompletato l’ultima notifica, dovrà consegnarel’atto al creditore, che procederà all’iscrizione aruolo entro 30 giorni a pena d’inefficacia. Con lanota il difensore del creditore dovrà depositare, an-che in questo caso le copie conformi di pignora-mento, titolo e precetto attestandone la confor-mità ai fini dell’art. 543 c.p.c. Allo stesso modo siprocede nell’ipotesi in cui l’ufficiale giudiziario haeffettuato il pignoramento all’esito dell’accesso allebanche dati ai sensi dell’art. 492 bis c.p.c., che ve-dremo in seguito.

Al decorso del termine di 10 giorni il creditoreprocedente e gli intervenuti, muniti di titolo esecu-tivo possono chiedere l’assegnazione o la vendita delbene mobile o l’assegnazione del credito pignorato,in tal caso il giudice provvede all’esito dell’udienzafissata per sentire creditore e debitore.

7.5 Espropriazione immobiliare Si procede analogamente anche nell’espropria-

zione immobiliare ai sensi dell’art. 557 c.p.c. Ulti-mate le notifiche, da parte dell’ufficiale giudiziarioavviene la consegna dell’atto di pignoramento edella nota di trascrizione presso i registri immobiliarial creditore, che dovrà attivarsi per l’iscrizione aruolo entro 15 giorni a pena d’inefficacia ed il depo-sito delle copie di pignoramento, nota di trascri-zione, titolo e precetto la cui conformità sarà atte-stata dal difensore ai sensi dell’art. 557 c.p.c.

7.6 Provvedimenti sui beni mobili estraneiÈ stato sensibilmente modificato l’art. 609 c.p.c. in

relazione all’esecuzione per consegna o rilascio. L’uf-ficiale giudiziario che trovi beni mobili estranei al-l’esecuzione, ne intima l’asportazione entro un ter-mine preciso dandone atto a verbale. Se il soggettointimato non è presente, il verbale gli dovrà essere no-tificato a spese dell’istante. Decorso inutilmente iltermine assegnato per l’asportazione dei beni estra-nei, su richiesta e a spese dell’istante, l’ufficiale giu-diziario stabilisce in via presuntiva il valore di realizzodei beni e i costi di custodia e asporto. Se emerge cheil valore dei beni copre le spese, viene nominato il cu-stode secondo quanto previsto dall’art. 559 c.p.c. In di-fetto di istanza e di anticipazione delle spese, quandonon vi è evidenza dell’utilità del tentativo di vendita,i beni estranei si considerano abbandonati e se ne di-spone la distruzione e lo smaltimento.

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Il terzo proprietario dei beni può comunque rivol-gersi al giudice ed ottenerne la restituzione primache vengano smaltiti e distrutti. La riconsegna è co-munque subordinata al pagamento delle spese diasporto e custodia.

Nei casi in cui se ne riscontra l’utilità, il custodeprovvede alla vendita senza incanto, come previstoper la vendita dei beni mobili pignorati ed il ricavatoviene impiegato a copertura dei costi. L’eccedenzaviene destinata a coprire le spese liquidate per l’ese-cuzione, a meno che i beni non appartengano ad unterzo.

Quando fra i beni rinvenuti vi siano documenti re-lativi all’attività di impresa o professionale che nonsiano asportati, se ne dispone la conservazione perun periodo di due anni a spese dell’istante. In difettodi istanza si procede come per gli altri beni mobiliestranei. È anche prevista la possibilità di proroganella conservazione.

7.7 Iscrizione a ruolo Con riferimento alla nota di iscrizione a ruolo del

processo esecutivo per espropriazione è stato intro-dotto l’art. 159 bis disp. att. c.p.c., che ne stabilisce ilcontenuto necessario (indicazione delle parti, gene-ralità e codice fiscale del creditore e del difensore,oggetto del pignoramento).

Il decreto legge 132/2014 ha anche modificato l’art.16 bis decreto legge 18 ottobre 2012 n. 1799 sull’ob-bligatorietà del deposito telematico degli atti pro-cessuali, stabilendo -al comma 2- che a decorrere dal31 marzo 2015 il deposito della nota di iscrizione aruolo dei procedimenti esecutivi dovrà necessaria-mente avvenire per via telematica, cosi come tele-maticamente dovranno essere depositate le copiedel pignoramento, del titolo e del precetto, nonchédella nota di trascrizione ove prevista. L’attestazionedi conformità agli originali delle predette copie èespressamente consentita anche al di fuori dei casidi cui al comma 9 bis D.L. 179/2012.

L’art. 164 ter disp. att. c.p.c. dispone che in ipotesidi inefficacia dell’esecuzione per mancato depositodella nota nei termini, il creditore è tenuto a ren-derne conforme dichiarazione al debitore e al-l’eventuale terzo, con atto notificato. In ogni caso pereffetto della predetta inefficacia viene meno ogni ob-bligo del debitore e del terzo.

È altresì prevista la cancellazione della trascri-zione del pignoramento che può avvenire per ordinedel giudice ovvero per effetto della dichiarazionedel creditore pignorante circa l’inefficacia dovuta amancata iscrizione a ruolo nei termini.

7.8 Inefficacia del processo esecutivo Oltre all’ipotesi di inefficacia appena disaminata

per l’inerzia negli obblighi di iscrizione a ruolo, l’art.164 bis disp. att. c.p.c. dispone che possa farsi luogoalla chiusura anticipata del processo esecutivo per

infruttuosità dell’espropriazione, quando emergeche le pretese dei creditori non potranno essere ra-gionevolmente soddisfatte, anche in rapporto ai co-sti e ai ricavi previsti.

Tale norma è assolutamente coerente con lanuova regola espressa nell’art. 503 comma 2 c.p.c.,laddove è previsto che la vendita con incanto possaessere disposta solo se, prevedibilmente, si potràconseguire un ricavo superiore alla metà del valoredel bene da determinarsi secondo i criteri dell’art.568 c.p.c.

8. Accesso alle banche dati delle pubbliche am-ministrazioni

Per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 19comma 1 lett. c) D.L. 132/2014, il comma 7 dell’art.492 c.p.c., che disciplinava i casi e le modalità di ri-cerca dei beni e dei crediti da sottoporre ad esecu-zione, è stato cancellato. Contestualmente però èstato introdotto il nuovo art. 492 bis c.p.c., che con-sente l’accesso per via telematica alle banche datigestite dalle pubbliche amministrazioni, banche datifinora in gran parte inesplorabili ed inaccessibili. Ipresupposti del diritto di accesso risiedono innanzitutto nella condizione dell’istante, che dev’esserequella del creditore procedente. Questi può rivol-gersi al presidente del tribunale del luogo di resi-denza, domicilio, dimora o sede del debitore, perchiedere di essere autorizzato alla ricerca in via te-lematica dei beni da sottoporre a pignoramento. Ilprocedimento introdotto con la predetta istanza se-guirà le forme degli affari di volontaria giurisdizione.Al momento dell’iscrizione a ruolo è previsto il ver-samento del contributo unificato di 43 euro (comedispone l’art. 13 comma 1 quinquies D.P.R. 30 mag-gio 2002 n. 115), mentre non è dovuto il versamentodelle anticipazioni forfettarie di 27 euro.

Se l’istanza verrà accolta, il presidente del tribu-nale o il giudice delegato disporrà che sia l’ufficialegiudiziario ad accedere, con collegamento telematicodiretto, alle banche dati che vengono indicate conprecisione: l’anagrafe tributaria, compreso l’archiviodei rapporti finanziari, il pubblico registro automo-bilistico e le banche dati a disposizione degli entiprevidenziali. A queste verranno aggiunte altre ban-che dati, da individuarsi a cura del Ministero dellagiustizia, come si vedrà più avanti. L’ufficiale giudi-ziario redigerà processo verbale delle operazionisvolte, indicando le banche dati consultate e gli esitidella ricerca, procedendo senz’altro all’esecuzione sela ricerca telematica avrà consentito di individuarebeni o crediti riferibili al debitore ricadenti nell’am-bito della sua competenza territoriale. Se invece la ri-cerca, pur positiva, avrà consentito l’individuazionedi beni o crediti del debitore che si trovano in luoghiche non appartengono alla competenza dell’uffi-ciale giudiziario che ha materialmente fatto l’ac-cesso, sarà necessario per il creditore rivolgersi al-

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l’ufficiale giudiziario territorialmente competente,con la copia autentica del processo verbale di ri-cerca e la richiesta di pignoramento, da effettuarsi apena d’inefficacia entro 15 giorni dalla data di rila-scio del verbale.

Questa norma però -al momento- non è operativain quanto gli uffici Unep non sono stati ancora do-tati delle necessarie postazioni telematiche per l’ac-cesso alla banche dati. Si dovrà quindi attendereche agli ufficiali giudiziari venga fornito il “Modelloricerca beni”.

Come vedremo più avanti, nonostante ciò, la ri-cerca telematica è attualmente comunque possi-bile.

A corredo dell’art. 492 bis c.p.c. sono state ag-giunte, nelle disposizioni di attuazione gli articoli da155 bis a 155 sexies.

L’art. 155 bis disp. att. c.p.c. chiarisce, attraverso ilrinvio ad altra disposizione, che l’archivio dei rap-porti finanziari è una sezione dell’anagrafe tributa-ria in cui confluiscono le comunicazioni a cui sonotenuti gli operatori finanziari, comunicazioni che ri-guardano tutti i rapporti intrattenuti con la clientelasia a carattere continuativo che occasionale, con in-dicazione dei dati identificativi (anagrafici e fiscali)del soggetto che compie l’operazione anche perconto di terzi.

L’art. 155 ter disp. att. c.p.c. subordina la parteci-pazione del creditore alle operazioni di ricerca tele-matica alla sua espressa richiesta e disciplina lemodalità ed i tempi della scelta dei beni da sotto-

porre ad esecuzione in ipotesi di individuazione dipiù beni.

L’art. 155 quater disp. att. c.p.c. demanda alla de-cretazione del Ministero della giustizia l’individua-zione delle ulteriori banche dati delle pubbliche am-ministrazioni (diverse da quelle espressamenteindicate nell’art. 492 bis comma 2 c.p.c. e dianzielencate) che sarà possibile interrogare, sia attra-verso l’ufficiale giudiziario sia attraverso le stessepubbliche amministrazioni. Il decreto ministerialedovrà inoltre stabilire i casi di accesso, con i limiti ele modalità, il trattamento e la conservazione deidati, da determinarsi nel rispetto del diritto alla ri-servatezza del debitore.

È espressamente previsto che le operazioni di ri-cerca telematica e accesso siano gratuite.

L’art 155 quinquies disp. att. c.p.c. stabilisce che, inattesa della dotazione e del funzionamento pressogli uffici Unep dei necessari supporti tecnologici, ildiritto di accesso può essere esercitato direttamenteattraverso i gestori delle banche dati. Sarà comun-que necessaria l’autorizzazione del presidente deltribunale.

A norma dell’art. 19 comma 6 bis D. L. 132/2014 talidisposizioni si applicano ai procedimenti iniziati adecorrere dall’11 dicembre 2014.

8.1 Esercizio del diritto di accesso al di fuori delleprocedure esecutive con particolare riguardo aiprocedimenti di famiglia.

L’art. 155 sexies disp. att. c.p.c. estende l’applica-bilità delle disposizioni di cui all’art. 492 bis c.p.c. al-l’esecuzione del sequestro conservativo, alle proce-dure concorsuali per la ricostruzione dell’attivo e delpassivo, ai procedimenti di famiglia e a procedi-menti relativi alla gestione del patrimonio altrui.L’espressione letterale della norma non è partico-larmente felice né chiarissima, ma non può esservidubbio alcuno sull’utilizzabilità da parte dell’autoritàgiudiziaria delle informazioni acquisite con lo stru-mento dell’accesso anche nell’ambito dei procedi-menti di famiglia, di quelli per la gestione dei patri-monio altrui oltre che delle procedure concorsuali, inquanto l’art. 19 commi 5 e 6 del decreto legge incommento, lo prevede espressamente, stabilendoche in questi casi l’accesso deve essere effettuatonelle medesime forme previste per le procedure ese-cutive e dunque attraverso l’ufficiale giudiziario, ov-vero attraverso i gestori delle banche dati nelle moredella fornitura delle dotazioni telematiche all’Unep,come previsto dall’art. 155 quinquies disp. att. c.p.c.

L’art. 19 comma 6 bis D.L. 132/2014 esclude l’ap-plicazione differita delle norme sull’accesso al difuori del contesto delle procedure esecutive, chedunque trovano applicazione non solo per i proce-dimenti iniziati dopo il 10 dicembre 2014, ma ancheper quelli già pendenti alla data di entrata in vigoredella normativa de qua.

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STUDI

LA PROVAAUTOCERTIFICATAMARIA GIULIA ALBIERO (AVVOCATO DEL FORO DI MESSINA)

SOMMARIO1 L’attività istruttoria nei procedimenti di separa-

zione e divorzio: fase presidenziale e fase istrut-toria

2 Raccolta delle prove nella fase presidenziale deigiudizi contenziosi di separazione e divorzio

3 Prassi giurisprudenziali: richiesta alle parti diinformazioni sui redditi e sul patrimonio

4 Moduli di “disclosure” e autocertificazioni: ob-bligo di verità per le parti?

5 Profili di comparazione con altri ordinamenti eu-ropei

6 Efficacia probatoria della prova autocertificata:nuova prova legale?

7 Profili deontologici - Nuovo Codice DeontologicoForense

1. L’attività istruttoria nei procedimenti di sepa-razione e divorzio: fase presidenziale e fase istrut-toria

Il tema della prova autocertificata, pur essendouna prova di conio giurisprudenziale, va inserita co-munque nel più ampio tema della prova e dell’atti-vità istruttoria nel processo civile e in particolare nelprocesso di famiglia.

I processi di separazione e divorzio, nonché l’atti-vità istruttoria che in essi si svolge, sono caratteriz-zati da elementi di forte e marcata specialità e pe-culiarità.

L’iter processuale è invero ad essi soltanto proprio,suddivisi come sono in due fasi nettamente distinte;dopo la riforma del 2005 (L.80/2005), il Legislatore hasancito, il carattere bifasico dei giudizi di separa-zione giudiziale e dei divorzi contenziosi, enfatiz-zando l’autonomia funzionale della fase presiden-ziale e istruttoria.

L’obiettivo era quello di accelerare i tempi del-l’udienza presidenziale e riconoscere solo alla fase dimerito, detta anche a cognizione piena, le caratteri-stiche di un giudizio ordinario di cognizione, attri-buendo tuttavia anche al presidente, nella prima

fase del processo, compiti istruttori, espletati attra-verso una cognizione sommaria, ma non per questomeno importante, in quanto finalizzata all’emis-sione dei provvedimenti provvisori ed urgenti.

Se è vero infatti, che la fase centrale per la raccoltadel materiale probatorio resta pur sempre quellaistruttoria in senso stretto innanzi al giudice istrut-tore, anche nella fase presidenziale, la necessità diun intervento autoritativo sia pure in limine litis,rende necessaria un’attività istruttoria.

A breve distanza dalla riforma del 2005, con laL.54/2006 è stato introdotto l’attuale art. 337octiesc.c., con il quale il Legislatore, ha previsto lo svolgi-mento di attività istruttorie caratteristiche di unprocedimento ordinario di cognizione, anche nellafase presidenziale, dovendo i provvedimenti provvi-sori e urgenti assicurare le esigenze immediate dellafamiglia in crisi.

Si è avvertita infatti la necessità di fornire stru-menti idonei al presidente, per espletare un’attivitàdi deduzione e formazione della prova il più possi-bile soddisfacente, poiché il fallimento del tenta-tivo di conciliazione e il dovere di assumere i prov-vedimenti provvisori e urgenti nell’interesse deiconiugi e della prole, impongono che il giudice possafarsi un primo convincimento circa i fatti di causa,per adottare le misure più opportune ad affrontarela situazione di crisi della famiglia.

Con l’art. 337octies c.c. è infatti stato previstoche il “giudice può assumere” (su istanza di parte od’ufficio) mezzi di prova “prima dell’emanazione in viaprovvisoria dei provvedimenti di cui all’articolo 337terc.c.”.

Vi è tuttavia una differenza rilevante tra le due at-tività istruttorie, quella che si svolge innanzi al Pre-sidente e l’altra che si svolge davanti al giudiceistruttore, che è indubbiamente rappresentata dalladiversa finalità che le due fasi hanno.

L’istruttoria presidenziale, deve ritenersi infatti fi-nalizzata solo all’emanazione dei provvedimentiprovvisori ed urgenti e da ciò ne consegue un con-tenuto più limitato e il carattere di sommarietà dellacognizione.

Per questi motivi, l’istruttoria avanti al presidentenon potrà estendersi ad alcuna indagine inerentedomande che possono formare oggetto unicamentedella decisione finale.

La sommarietà dell’indagine alla quale il presi-dente è chiamato non toglie tuttavia alla stessa ca-rattere di officiosità, quando si tratti di adottareprovvedimenti nell’interesse dei figli e ampi marginidi discrezionalità, rispetto a quanto avviene nel giu-dizio ordinario.

Occorre pertanto adottare un criterio restrittivo enegare ingresso nella fase presidenziale a mezziistruttori superflui che possono aggravare inutil-mente le esigenze di celerità che devono ispirarequesta specifica fase.

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2. Raccolta delle prove nella fase presidenzialedei giudizi contenziosi di separazione e divorzio

Le norme di riferimento che delimitano l’ambitodelle funzioni istruttorie del presidente sono, perquanto riguarda l’accertamento dei redditi dei geni-tori, nell’ambito dei procedimenti di separazione,divorzio, nullità del matrimonio, filiazione nata fuoridal matrimonio gli artt. 337ter e 337octies c.c., gliartt. 706 c.p.c. e 4 L.898/70, mentre per quanto ri-guarda l’accertamento dei redditi e del patrimoniodei coniugi, nel procedimento di divorzio e in viaanalogica nel procedimento di separazione giudi-ziale, l’art. 5, comma 9 L.898/70.

Con riferimento ai minori nonché alle altre cate-gorie di figli ad essi equiparati, il 4° comma della di-sposizione di cui all’art. 337ter c.c., assume partico-lare rilievo laddove prevede testualmente: “Salvoaccordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, cia-scuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli inmisura proporzionale al proprio reddito…..”. Invero, inquesto caso, l’interesse da tutelare è quello di far ot-tenere ai figli, un contributo di mantenimento chesia proporzionale all’effettivo reddito e non a quellodichiarato da ciascuno dei genitori.

Sotto il medesimo profilo, va richiamata altresì ladisposizione di cui all’art. 337ter, 6° comma, appli-cabile com’è noto anche al divorzio e alla filiazionenata fuori dal matrimonio, secondo cui: “Ove le in-formazioni di carattere economico fornite dai genitori nonrisultino sufficientemente documentate, il giudice disponeun accertamento della polizia tributaria sui redditi e suibeni oggetto della contestazione, anche se intestati a sog-getti diversi”.

La norma va collegata all’art.706, 3° co. c.p.c. ed al-l’art.4, 6° comma, L. Divorzio, che prevedono l’alle-gazione ai ricorsi introduttivi delle ultime dichiara-zioni dei redditi, nonché all’art.5, 9° comma L.Divorzio, secondo cui: “in caso di contestazione il Tri-bunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni, e sul-l’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche dellapolizia tributaria.”

Per completezza, va osservato che mentre lanorma di cui all’art.5 l. divorzio, ha portata generale,riferendosi ai «coniugi», e vale anche per la deter-minazione dell’assegno per il coniuge economica-mente più debole, la norma di cui all’art.337ter c.c.,è espressamente limitata ai provvedimenti relativi almantenimento dei figli, ed invero la norma fa riferi-mento ai «genitori».

L’attività istruttoria nella fase presidenziale si apredunque con l’esame della documentazione allegataagli atti introduttivi ovvero le dichiarazioni dei red-diti depositate dalle parti.

Tra le attività complementari alla redazione degliatti introduttivi, le riforme del 2005 hanno infattisancito per entrambi i giudizi, la produzione in li-mine litis delle dichiarazioni dei redditi delle parti.

Invero, dopo la L.80/2005 l’art. 706, 3° comma, c.p.c.

e l’art. 4, 6° comma, l. divorzio, prevedono espressa-mente che «al ricorso e alla memoria difensiva sono al-legate le ultime dichiarazioni dei redditi presentate».

Non essendo stata specificata nel testo legisla-tivo come debba essere qualificata l’attività di pro-duzione dei documenti fiscali, né soprattutto le pos-sibili sanzioni per la sua inottemperanza, per evitareche la disposizione legislativa rimanga lettera morta,si è ritenuto che la stessa abbia carattere di obbliga-torietà e che della mancata produzione il presidentene possa tenere conto, valutandola come compor-tamento sfavorevole nei confronti della parte non di-ligente (ai sensi dell’art. 116 c.p.c.) ai fini dell’ema-nazione dei provvedimenti provvisori e urgenti.

Il Presidente potrà inoltre sempre ordinare, anched’ufficio e dunque senza istanza di parte, l’esibi-zione della documentazione fiscale, poiché, come èstato osservato in dottrina, i poteri e gli strumentidel presidente sono connotati da elementi inquisi-tori assolutamente eccezionali.

Tuttavia, non si può non rilevare che di fatto si as-siste ad un’utilizzazione del tutto marginale di dettipoteri, quando si tratti di procedere all’accertamentodei redditi e delle sostanze delle parti.

Nella fase presidenziale le indagini a mezzo dellapolizia tributaria, vengono infatti disposte del tuttoeccezionalmente e solo quando appaia evidente uncontrasto fra il tenore di vita della famiglia risultantedagli elementi di prova già acquisiti al processo e ledichiarazioni dei redditi presentate dalle parti. Tral’altro non poco rilievo ha la circostanza che gli esitidelle indagini tributarie, sono spesso poco soddi-sfacenti se non addirittura deludenti, non raggiun-gendo quasi mai i risultati sperati.

Il richiamo alle «ultime» dichiarazioni dei redditiviene ormai comunemente interpretato dalla mag-gior parte dei tribunali, come riferito alle dichiara-zioni fiscali relative all’ultimo triennio.

La lacuna legislativa è stata dunque risolta dallaprassi giudiziaria, introducendo nel provvedimentodi fissazione dell’udienza presidenziale, l’obbligo didepositare le ultime «tre» dichiarazioni fiscali.

Il valore probatorio delle dichiarazioni dei redditipuò, tuttavia, rivelarsi in alcuni casi meramente in-dicativo e/o comunque non chiarificatore dell’effet-tiva situazione economica della parte: in tal sensobasti considerare che vi sono casi in cui la dichiara-zione dei redditi viene addirittura «preparata» in vi-sta della separazione negli anni che la precedono.

Vi sono infatti molti modi e sistemi per far appa-rire i propri assistiti più indigenti di quanto in realtànon siano.

La difficoltà per il presidente è dunque rappre-sentata innanzitutto dalla lettura della documenta-zione fiscale ed inoltre dall’avere a disposizione glistrumenti idonei per formarsi un quadro completodella realtà effettiva della situazione patrimonialedei coniugi.

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L’art. 706 c.p.c., rispetto alla legge sul divorzio, art.5 L.898/70, prevede una allegazione di documenti fi-scali sensibilmente ridotta, limitandosi alle sole di-chiarazioni dei redditi. L’art. 5 citato, prevede inveceoltre alle dichiarazioni dei redditi, l’obbligo di alle-gazione di ogni documentazione relativa ai redditidelle parti e al patrimonio personale e comune.

L’art. 5, 9° comma, l. divorzio, impone infatti alleparti di “presentare all’udienza di comparizione avanti alpresidente del tribunale” non soltanto “la dichiarazionepersonale dei redditi” ma “ogni documentazione relativaai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune”, le-gittimando altresì, in caso di contestazioni, il ricorsoda parte del presidente a “indagini sui redditi, sui pa-trimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se delcaso, anche della polizia tributaria”.

Pertanto, il sistema normativo investe il presi-dente, a costo zero, di un potere che gli consente diacquisire al giudizio tutti gli elementi utili all’as-sunzione dei provvedimenti economici, molto piùampi rispetto alle sole dichiarazioni fiscali, che of-friranno una base per eventuali ulteriori indagini egli consentiranno di acquisire elementi che altri-menti difficilmente la parte debole potrebbe otte-nere.

La Suprema Corte, con una serie di decisioni chehanno confermato tale orientamento, ha stabilitoche detta disposizione debba applicarsi anche alprocesso di separazione, “stante l’identità di ratio ri-conducibile alla funzione eminentemente assistenzialedell’assegno” di mantenimento.

Il presidente ha inoltre la possibilità, qualora le in-formazioni di carattere economico fornite dai geni-tori non risultino sufficientemente documentate, di“….disporre un accertamento della polizia tributaria suiredditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se in-testati a soggetti diversi” (così l’art. 337octies, 6°comma, c.c.).

In buona sostanza, il giudice potrà, nel caso debbadeterminare l’assegno di mantenimento per i figli,disporre altresì - sempre d’ufficio - un accertamentodella polizia tributaria su redditi, beni e altri cespitipatrimoniali riferibili ai genitori, anche se formal-mente intestati a soggetti terzi.

Il potere del giudice di disporre indagini volte adaccertare i redditi, i patrimoni e il tenore di vita go-duto dai coniugi in costanza di matrimonio, pre-suppone tuttavia due condizioni: l’incompletezzadella documentazione depositata in giudizio e lacontestazione dei redditi da parte di uno dei co-niugi nei confronti dei redditi dell’altro. La conte-stazione da parte di uno dei coniugi non è una con-dizione sufficiente ad attivare le indagini a mezzodella polizia tributaria, trattandosi di una mera fa-coltà dell’organo giudicante, che non si traduce in undovere d’intervento, da attivare a seguito della solacontestazione delle parti sui rispettivi redditi o con-dizioni patrimoniali-reddituali.

Attivare un’indagine di polizia tributaria da partedel presidente, potrebbe inoltre dilatare eccessiva-mente l’istruttoria presidenziale e ritardare, se nonpregiudicare, la tempestiva emissione dei provvedi-menti provvisori ed urgenti

Ciò senza dimenticare l’importante rilievo che iprovvedimenti presidenziali sono destinati a disci-plinare per l’intera durata del processo gli aspetti pa-trimoniali relativi alla prole e al coniuge più debole,sempre salva la possibilità per la parte di utilizzarelo strumento del reclamo ex art. 708 c.p.c.

Pertanto, il presidente secondo il sistema intro-dotto con le riforme del 2005 e del 2006, non solo puòacquisire qualsiasi documento ritenga utile, ma po-trà inoltre ricercare elementi di prova avvalendosidella collaborazione della polizia tributaria.

Inoltre, nei casi particolarmente complessi, qua-lora il giudice ritenga di non avere la competenza peraccertare le reali capacità patrimoniali-reddituali,potrà disporre una consulenza tecnica contabiled’ufficio e potrà delegargli una vera e propria inda-gine patrimoniale, attraverso l’acquisizione di do-cumentazione relativa alla situazione bancaria deiconiugi e dei dati rinvenibili nei pubblici registri.

Anzi la consulenza tecnica contabile, ad oggi, ri-sulta lo strumento più frequentemente utilizzatodai magistrati nei casi in cui debbano analizzare si-tuazioni patrimoniali che importino particolari dif-ficoltà tecniche.

Dall’osservazione delle prassi quotidiane dei no-stri Tribunali, emerge tuttavia che l’utilizzazione di

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detti poteri, nella fase presidenziale, è assoluta-mente marginale se non addirittura rara o comun-que considerata estrema ratio, che viene dispostadunque solo nei casi in cui appaia un evidente con-trasto tra il tenore di vita della famiglia e le dichia-razioni dei redditi presentate dai coniugi.

Quasi superfluo inoltre aggiungere che spessol’esito delle indagini a mezzo della polizia tributarianon aggiunge alcun elemento utile o nuovo rispettoa quelli già acquisiti, perché tali accertamenti ven-gono effettuati in maniera molto superficiale o co-munque limitandoli ad una elencazione dei rap-porti bancari riconducibili al soggetto, e a quantoemerge dai pubblici registri (Catasto, Conservatoriadei Registri Immobiliari, PRA).

Inoltre la G.d.F. lamenta che non ha la possibilitàdi svolgere le indagini disposte dal giudice della se-parazione e del divorzio, perché impegnata in altriaccertamenti ben più importati, relativi a casi dievasione fiscale.

In conclusione, prima dell’assunzione dei provve-dimenti presidenziali, il presidente del tribunale, silimita, nella maggioranza dei casi, a ordinare alleparti di produrre in giudizio le ultime dichiarazionidei redditi e sulla base dei dati emergenti dalle do-cumentazioni fiscali, assume i provvedimenti prov-visori ed urgenti. Anzi, va detto che molto spesso leparti non provvedono a depositare nemmeno le ul-time tre dichiarazioni dei redditi, limitandosi a dueo a una, o al deposito di CUD o buste paga, docu-menti dai quali, come è noto, non è possibile ricavarela reale complessiva situazione patrimoniale-red-dituale dei coniugi.

In ogni caso, anche le risultanze emergenti dalledichiarazioni fiscali sono insufficienti ai fini del-l’accertamento dei redditi e soprattutto della capa-cità patrimoniale mobiliare e immobiliare delle partied alla ricostruzione del tenore di vita goduto in co-stanza di matrimonio ed alla valutazione della ca-pacità di conservarlo anche nel corso della separa-zione e divorzio.

3. Prassi giurisprudenziali: richiesta alle parti diinformazioni sui redditi e sul patrimonio

Sulla scorta degli ampi oneri di allegazione previ-sti a carico delle parti e degli altrettanto penetrantipoteri istruttori riconosciuti al presidente dalle citatenorme di cui agli artt. 706 c.p.c. e 5 L. divorzio, ed in-fine prendendo atto della inidoneità delle dichiara-zioni fiscali a fornire una rappresentazione realedella situazione economica delle parti, negli ultimianni, si è diffusa la prassi, non contemplata da al-cuna norma (attualmente adottata solo da alcuni tri-bunali - (a titolo esemplificativo Trib. di Roma, Na-poli, Messina, Monza, Genova, Torino) di imporre aiconiugi, in limine litis, un obbligo di “disclosure”(rivelazione), ossia una richiesta alle parti sin dal-l’udienza presidenziale, di informazioni nella forma

della dichiarazione resa dalla parte (dichiarazionesostitutiva di atto di notorietà) o dell’ordine di de-posito di determinati documenti relativi alla consi-stenza complessiva del loro patrimonio mobiliare eimmobiliare.

Secondo una parte della dottrina il presidente benpuò quindi iniziare a effettuare le opportune verifi-che richiedendo alle parti la produzione di una di-chiarazione giurata, da sanzionare in caso di omessao falsa dichiarazione e valutare detto comporta-mento ai fini della decisione, fatta salva la possibi-lità, ricorrendone i presupposti, anche di più incisivemisure dal punto di vista penale o ex art. 709 terc.p.c..

Nel fissare l’udienza di comparizione ed i terminidi notificazione del decreto e per il deposito dellamemoria difensiva del convenuto, i citati Tribunalihanno adottato dunque la prassi con la quale il pre-sidente dispone un termine ad entrambe le parti, perdepositare in giudizio una serie di documenti ne-cessari a ricostruire la situazione reddituale e patri-moniale dei coniugi o una autocertificazione reddi-tuale-patrimoniale, nella forma della dichiarazionesostitutiva dell’atto di notorietà.

Il Tribunale di Torino, più di recenterispetto al Tri-bunale di Romae Monza, ha introdotto l’obbligo a ca-rico dei coniugi di depositare, prima della pronunciadei provvedimenti provvisori ed urgenti, nell’am-bito dei giudizi di separazione e divorzio, la docu-mentazione relativa alla consistenza del proprio pa-trimonio e dei propri redditi, relativa in generale altenore di vita della famiglia.

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Più specificamente le parti, nel termine di 10 gg.prima dell’udienza presidenziale, dovranno produrrein giudizio:

a) Documentazione relativa ai conti correnti ban-cari cointestati o intestati a ciascuna delle partisingolarmente, con movimentazione degli ultimitre anni;

b) Documentazione relativa agli investimenti mo-biliari (depositi titoli in custodia e/o amministra-zione) su conti cointestati o intestati singolarmentea ciascuna delle parti;

c) Documentazione relativa alle partecipazionisocietarie facenti capo a ciascuna delle parti, pos-sedute direttamente o indirettamente per interpostapersona o tramite intestazione fiduciaria;

6) ocumentazione relativa ai mutui o finanzia-menti, cointestati o intestati a ciascuna delle parti,indicandone la tipologia, la causale, la durata ed i ra-tei mensili;

7) Visure catastali su base nazionale relative aproprietà immobiliari, intestate singolarmente ocointestate alle parti;

8) Visure storiche su base nazionale del PRA rife-rite ad entrambi i coniugi.

Già prima di Torino, come sopra rilevato, i Tribunalidi Roma, Napoli e Monza, hanno introdotto nel de-creto che fissa la comparizione dei coniugi, un attosostitutivo dell’atto di notorietà.

La I Sezione del Tribunale di Messina, dal 2011 inpoi, ha invece adottato la prassi di richiedere ai co-niugi, “…al fine dell’assolvimento all’onere di cui all’art.5 legge 898/1970 comma IX e 706 c.p.c. comma III”, il de-posito entro l’udienza presidenziale, di una dichia-razione che viene effettuata «sotto la propria re-sponsabilità» riguardante il reddito e il patrimonio diciascuno di loro, attraverso la compilazione di unmodulo predisposto dallo stesso Tribunale, che vienemesso a disposizione delle parti in cancelleria, enell’ipotesi in cui non sia stato depositato, viene ri-chiesto ai coniugi, alla stessa udienza presidenziale,nel corso della quale gli stessi dovranno compilarloe depositarlo.

In detta dichiarazione, le parti dichiarano altresì“…di avere già depositato in atti del giudizio, le dichiara-zioni dei redditi degli ultimi tre anni/depositerà le dichia-razioni dei redditi degli ultimi tre anni nel termine che ilgiudice indicherà/di non presentare dichiarazioni dei red-diti”, ma tuttavia non vi è alcuna previsione in ordinealle conseguenze dell’eventuale non produzione ofalsità e/o incompletezza della dichiarazione, né viè un richiamo alle norme penali previste dall’art. 76del D.P.R. n. 445/2000.

I tribunali di Roma e Monza invece, anch’essi neltentativo di rendere concreto l’obbligo previsto acarico dei coniugi dalle norme di cui agli artt. 706c.p.c e 5 L.898/70, hanno imposto il cd. obbligo di di-sclosure, prima dell’udienza presidenziale, chie-dendo di sottoscrivere una dichiarazione conte-

nente un’autocertificazione (dichiarazione sostitu-tiva dell’atto di notorietà), redatta ai sensi del D.P.R.28/12/2000, n. 445, riguardante i propri redditi e leproprie sostanze.

Il Tribunale di Torino obbliga invece le parti a de-positare prima dell’udienza presidenziale, la docu-mentazione relativa ai conti correnti, investimentimobiliari, partecipazioni societarie, mutui/finanzia-menti, proprietà immobiliari e proprietà di beni mo-bili registrati, senza alcun richiamo alle conseguenzedel mancato o tardivo deposito.

In particolare il Tribunale di Roma, a far data dalmarzo 2012, obbliga le parti a depositare in giudizio,la documentazione relativa ad attività lavorativa,redditi annui relativi agli ultimi tre anni e redditimensili percepiti negli ultimi sei mesi, proprietà im-mobiliari, l’anno di acquisto, l’ubicazione, la super-ficie e la destinazione, la proprietà di beni mobili re-gistrati, autovetture, imbarcazioni, aereomobili,collaboratori domestici e la retribuzione corrisposta,mutui e finanziamenti, canoni di locazione, iscri-zione a circoli sportivi/ricreativi, iscrizione dei figli ascuole o università private.

Il Tribunale di Monza, dall’aprile del 2012, im-pone anch’esso alle parti di produrre in giudizio ol-tre alla dichiarazione dei redditi ed ai CUD, una di-chiarazione sostitutiva di atto di notorietà,contenente le indicazioni relative ai redditi e al pa-trimonio anche mobiliare dei coniugi, mutui e fi-nanziamenti, contratti locativi, iscrizione a circoli,iscrizione dei figli a scuole e università private, tut-tavia specificando, che dette richieste vengono ef-fettuate al fine “ di avere fin dall’inizio del processotutti gli elementi per valutare adeguatamente la consi-stenza economica e patrimoniale dei coniugi, evitando in-dagini dispendiose per l’Amministrazione o per le partistesse (con il ricorso a consulenze), ma soprattutto il ral-lentamento dell’iter processuale, che esse determinano, in-compatibile con i bisogni quasi sempre urgenti sia dei co-niugi ma soprattutto dei figli”.

Il Tribunale di Roma invece, ha introdotto l’avvisoalle parti che “….la falsità delle dichiarazioni rese è pe-nalmente punita ai sensi dell’art. 76 del DPR 28/12/2000n. 445, ed ha previsto che i coniugi debbano indicarele seguenti circostanze:

a) attività lavorativa a tutte le fonti di reddito (retribu-zioni, compensi di ogni genere anche se saltuari, canoni dalocazione, redditi da titoli, ecc.);

b) redditi annui relativi agli ultimi tre anni e redditi nettimensili percepiti negli ultimi sei mesi, con la precisazionein caso di lavoro autonomo del numero dei collaboratori edei compensi mensili loro corrisposti;

c) proprietà immobiliari ed altri diritti reali immobiliarielencati singolarmente, indicando la tipologia (abitazioni,terreni, ecc.), l’anno di acquisto, l’ubicazione, la superficiee l’utilizzazione del bene (se rimasto nella disponibilità, seconcessi in godimento a terzi e l’eventuale corrispettivomensile);

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d) carte di credito e tutti i conti correnti intestati o coin-testati o sui quali si possa comunque operare con l’indi-cazione dei dati identificativi (istituto di credito, numero,ecc.) e dei relativi saldi trimestrali degli ultimi tre anni;

e) quote sociali, titoli, depositi, e qualsiasi altra formadi investimento e di risparmio;

proprietà di beni mobili registrati in particolare auto-vetture (da elencare singolarmente indicando il tipo el’anno di acquisto), imbarcazioni, aeromobili;

f) spese per mutui e finanziamenti con l’indicazionedella rata mensile dovuta dell’anno di erogazione e delladurata, per canoni di locazione, per rette di iscrizione allescuole dei figli, di circoli sportivi e/o ricreativi;

g) rapporti di convivenza, rapporti di collaborazionedomestica con indicazione dei compensi.”

Il Tribunale di Napoli, differenziandosi dal Tribu-nale capitolino, ha attenuato le conseguenze di unaincompleta o mancata dichiarazione, ma ha tuttaviaimposto comunque ai coniugi che: “…entrambe leparti, provvedono a depositare nel medesimo termine, inaggiunta alla documentazione reddituale degli ultimi treanni, una nota informativa nella quale dovranno essereinseriti anticipatamente tutti quei dati che potrebbero es-sere rivelati a seguito di libero interrogatorio da parte delPresidente, qui di seguito elencati: a) titoli di studio, qua-lificazioni professionali, attività lavorativa di tutti i com-ponenti il nucleo familiare; b) complessive entrate dellequali in atto beneficia il nucleo familiare con specifica in-dicazione del componente della famiglia, al quale le stessedebbano riferirsi; c) le proprietà mobiliari e immobiliarinella titolarità dei componenti la famiglia, in essi compresii figli minori e, in ogni caso, una analitica descrizione de-gli spazi nei quali si svolge la vita familiare e dei mezzi dilocomozione di cui fruiscono i componenti della famiglia;d) il tipo della scuola frequentata dai figli, con specifica in-dicazione della denominazione dell’istituto presso il qualesono iscritti; e) gli istituti bancari con i quali intrattenganorapporto i componenti della famiglia, con specifica indi-cazione dei valori ivi depositati, in qualunque forma, e delnumero dei c/c accesi, anche al solo fine della formazionedella provvista per carte di credito, con estensione alle so-cietà la cui attività sia in qualche modo di interesse dellafamiglia o di alcuni dei componenti; f) le passività che gra-vino sul bilancio familiare; g) la condizione eventual-mente di ammessi provvisoriamente al patrocinio a spesedello Stato. La nota informativa dovrà essere redatta se-paratamente da ciascuna delle parti, e anche dai figli con-viventi non economicamente autosufficienti, per l’utilitàche può derivare dal confronto delle indicazioni fornitedalle parti alla decisione sull’assetto anche provvisorio deirapporti personali e patrimoniali dei nuclei separati dallafamiglia a formarsi”.

4. Moduli di “disclosure” e autocertificazioni: ob-bligo di verità per le parti?

Ciò che tuttavia differenzia, in modo rilevante, laprassi istituita dal Tribunale di Roma dalle altreprassi è che vengono indicate espressamente le con-

seguenze civili e non, nel caso di omessa, tardiva olacunosa dichiarazione. Ed invero il Tribunale diRoma: “ …avverte le parti che la falsità delle dichiarazionirese è penalmente punita ai sensi dell’art. 76 del D.P.R.28/12/2000, n. 445 e che tale condotta o l’omessa allega-zione o la tardività del deposito o la lacunosità della di-chiarazione saranno valutate come argomenti di prova aisensi dell’art. 116 c.p.c. già in sede di pronuncia dei prov-vedimenti provvisori e qualora i coniugi abbiano figli mi-nori, nella definizione del regime di affidamento, oltre cheai sensi dell’art. 709ter c.p.c. e in sede di regolamentazionedelle spese processuali ed ai sensi dell’art. 96 c.p.c.”.

Il Tribunale capitolino fa derivare dunque un’am-pissima gamma di conseguenze, che vanno da effettipregiudizievoli sotto il profilo probatorio, ad effettieconomici coercitivi (art. 96 c.p.c.), fino ad arrivare,nel caso di coniugi con figli minori, ad incidere suiprovvedimenti di affidamento e responsabilità ge-nitoriale, a norma dell’art. 709ter c.p.c.

Il Tribunale di Torino invece, non introduce nellarichiesta di deposito di documentazione, la piena as-sunzione di responsabilità né la sottoscrizione dialcuna dichiarazione formale da parte dei coniugi,circa le proprie affermazioni sulla consistenza dei ri-spettivi patrimoni e redditi.

Da ciò ne consegue che i coniugi, ben potrebberoomettere di depositare in giudizio parte della docu-mentazione richiesta dal Tribunale di Torino senzaincorrere in alcuna conseguenza pregiudizievole,sempre che l’altro coniuge non riesca a dimostrarele eventuali fonti di reddito occultate.

Le prassi torinese, nonché quella napoletana emessinese pertanto, anche se prevedono un obbligodi «disclorure» in ordine alla complessiva situazionepatrimoniale o reddituale dei coniugi, non si pro-nunciano sulle conseguenze del mancato o tardivodeposito o della lacunosità delle dichiarazione.

Il Tribunale di Roma e di Monza invece, prescri-vendo ai coniugi una dichiarazione formale circa ilpatrimonio e il reddito, obbligano le parti ad assu-mere la piena responsabilità rispetto alle afferma-zioni inserite nella dichiarazione.

Tuttavia il Tribunale di Roma, è quello che certa-mente ha introdotto esplicitamente il ventaglio dimaggiori conseguenze pregiudizievoli e più rile-vanti per i coniugi, giungendo fino a paventare, incaso di dichiarazioni false, o occultamento dei pro-pri redditi, violazioni degli obblighi genitoriali.

Sul richiamo alla norma di cui all’art. 709ter c.p.c.ed alla regolamentazione del regime di affidamentonei moduli di disclosure, parte della dottrina si è giàdichiarata dubbiosa sulla legittimità di tale prassi.

5. Profili di comparazione con altri ordinamentieuropei

Nell’ambito di una prospettiva europea, la disa-mina della questione relativa alla prova autocertifi-cata, non può prescindere da un esame dei moduli

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di disclosure previsti da altri ordinamenti europei, iquali sono tutti ispirati al principio della assolutatrasparenza nelle relazioni familiari, anche al mo-mento della crisi del matrimonio.

Il Regno Unito prevede che ciascuna parte devefornire ogni informazione circa la propria situazioneeconomica e patrimoniale, attraverso la compila-zione di un modulo, nella forma di dichiarazione giu-rata; in Francia, entrambi i coniugi sono tenuti apresentare al giudice una déclaration sur l’honneur, re-lativa alla propria condizione economica; in Ger-mania, il giudice può ordinare alle parti di fornire in-formazioni e di esibire documenti in relazione airedditi e al patrimonio, quando debba assumereprovvedimenti relativi al mantenimento; la Leggematrimoniale norvegese (L. n. 47 del 2/07/1991), al-l’art. 38, prevede l’obbligo di dichiarare la consi-stenza dei propri redditi e del proprio patrimonio.

La Agreement between the Federal Republic of Ger-many and the French Republic on the Optional Matrimo-nial Property Regime of the Community of Accrued Gains,convenzione europea stipulata tra Francia e Germa-nia nell’aprile del 2013 per la scelta del regime pa-trimoniale della famiglia, prevede che la momentodella crisi del matrimonio, i coniugi devono prepa-rare un inventario della loro capacità economica ereddituale.

L’obbligo di disclosure, viene addirittura consideratodalla giurisprudenza inglese, elemento essenzialeper la validità di qualsiasi accordo patrimoniale trai coniugi.

Alla luce di questa breve analisi, di quanto previ-sto dagli altri ordinamenti europei in tema di ri-chiesta di informazioni ai coniugi circa la rispettivaconsistenza economica, anche nel momento dellacrisi del matrimonio, emerge come è assai diffe-rente il modello culturale e l’approccio negli altriPaesi europei laddove si tratti di definire questionieconomiche tra i coniugi sia con riferimento ad ac-cordi matrimoniali che con riferimento alla defini-zione della crisi coniugale.

6. Efficacia probatoria della prova autocertificata:nuova prova legale?

L’analisi delle prassi giudiziarie sopra riportate,non può poi prescindere dalla valutazione della va-lenza probatoria, che le dichiarazioni rese dalle partirelativamente alla loro capacità economica, pos-sono assumere all’interno del processo, nonché dal-l’esame del profilo di legittimità di tali prassi, in or-dine all’obbligo di verità imposto ai coniugi e aldovere di verità previsto dall’art. 50 del codice de-ontologico forense, a carico del difensore.

Il modello del Tribunale di Roma e quello di Monzaimpongono infatti, un obbligo di verità ai coniugi, co-artato attraverso la minaccia delle conseguenze pe-nali e non.

Giova ricordare che gli artt. 46 e 47 DPR. N. 445/2000, prevedono rispettivamente le dichiarazioni so-stitutive di certificazioni e le dichiarazioni sostitutivedi atto notorio, e l’art. 76 le norme penali ad esse ap-plicabili.

La parte, sottoscrivendo la dichiarazione sostitu-tiva dell’atto notorio, assume la piena responsabilitàdelle dichiarazioni ivi formulate, e in caso di falsitàdelle stesse, si rende responsabile di reato di falso inatto pubblico commesso dal privato a norma dell’art.483 c.p., sussistendo l’obbligo di dichiarare il vero, almomento della presentazione della dichiarazione.

In una interessantissima nota critica all’obbligo diverità de quo, il prof. Claudio Cecchella, ha osservatoche le prassi riferite non hanno semplicementeriempito una lacuna legislativa, ma hanno di fattointrodotto una prova legale, vincolante per il giudice,violando precisi precetti legislativi, in tema di provae in tema di apprezzamento della prova, nonché i di-ritti di difesa della parte.

Nello scritto sopra richiamato, l’Autore sopra ci-tato, ha anche tentato un inquadramento sistema-tico della cd. prova autocertificata introdotta nel si-stema dal Tribunale di Roma, definendola preventivogiuramento suppletorio extraprocessuale; ma il con-fronto con il giuramento suppletorio, legislativa-mente previsto, evidenzia subito l’anomalia e l’ina-deguatezza della prova autocertificata.

In modo del tutto condivisibile, Claudio Cecchellarileva che il giuramento suppletorio, pensato dal Le-gislatore quale mezzo di supplenza a una prova in-completa, postumo rispetto al momento di raccolta

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e di acquisizione della prova è ben differente dai mo-delli di disclosure introdotti dai nostri tribunali in li-mine litis.

Il giudice infatti a norma dell’art. 241 c.p.c. può de-ferire il giuramento “soltanto se non è possibile accer-tare altrimenti il valore della cosa stessa”. Il dubbio delgiudice discende proprio dal principio - che regge ilnostro processo civile - del libero apprezzamentodella prova previsto dall’art. 116 c.p.c..

La prassi giudiziaria del Tribunale di Roma im-pone, al contrario, il deposito della dichiarazioneprima dell’udienza presidenziale e cioè prima chesia stata avviata dal presidente l‘attività istruttoriaa carattere sommario, tipica della fase presiden-ziale.

Orbene, se il giuramento della parte sui fatti a sefavorevoli prima dell’udienza di comparizione, puòcertamente aiutare il presidente a formarsi un primoconvincimento sui fatti di causa, al fine dell’assun-zione dei provvedimenti provvisori ed urgenti, im-pone poi al medesimo giudice, di tenerne conto aifini della decisione, vincolandolo.

La pronuncia che ne seguirà, qualora i fatti dedottidalle parti dovessero risultare non fondati o falsi, equalora fosse decorso il termine per proporre re-clamo avverso l’ordinanza presidenziale o fosse ad-dirittura intervenuto il passaggio in giudicato dellasentenza finale, potrebbe pregiudicare definitiva-mente gli interessi di una delle parti.

Specie negli ultimi anni, a nessuno sarà sfuggitoche le prassi giurisprudenziali hanno spesso col-mato vuoti legislativi o risolto problemi interpreta-tivi derivati dall’introduzione di norme lacunose aseguito di interventi di riforma che molte voltehanno creato stratificazioni legislative, senza alcuncoordinamento sistematico tra loro.

Se il richiamo alla legislazione di altri Paesi Euro-pei, non lascia dubbi sulla necessità di introdurre an-che nel nostro Paese, nell’ambito delle relazioni fa-miliari, una cultura della trasparenza, non possiamodimenticare che il giudice, nell’ambito del processogiurisdizionale, è sottoposto alla legge e dunque alleregole processuali di fonte legislativa secondo ilprincipio di riserva di legge ai sensi dell’art. 111 Co-stituzione.

Non possiamo dunque consentire, che i vuoti le-gislativi del nostro sistema, possano essere colmatida regole processuali di emanazione extra legisla-tiva, che finiscono per vincolare il giudice.

Tra l’altro, la dichiarazione giurata resa dalla partein limine litis, gioca un ruolo decisivo anche in or-dine al limite del potere dispositivo, quando si trattidi diritti indisponibili che fanno capo al minore (af-fidamento, responsabilità genitoriale, assegno dimantenimento a favore della prole), vanificando ilruolo del giudice. La tutela dei diritti del minore edell’interesse superiore dei figli minori o della cate-goria ad essi equiparata dei figli maggiorenni porta-

tori di handicap grave, passa infatti anche attra-verso la valutazione del patrimonio e dei redditi deiconiugi e dei genitori, nonché del tenore di vita dellafamiglia, tutti elementi fondanti nella determina-zione e nella liquidazione del contributo di mante-nimento a favore dei figli.

Il nostro sistema probatorio, è fondato sulla tipi-cità della prova e sul principio del libero apprezza-mento della stessa.

L’introduzione della prassi giudiziaria di cui ci oc-cupiamo, consente invece al giudice di creare unaprova che va oltre le prove già per legge previste, cir-costanza che non può trovare giustificazione nem-meno nella sommarietà della cognizione nella fasepresidenziale.

La soluzione adottata invece dai tribunali tori-nese, partenopeo e messinese, si discosta dalla rigi-dità del Tribunale romano, nonostante imponga alleparti, il primo una produzione documentale in li-mine litis, il secondo il deposito di una nota infor-mativa, dai contenuti analoghi a quelli del Tribunaledi Roma e il terzo il deposito di una dichiarazioneresa sotto la propria responsabilità.

Apprezzabile comunque la precisazione del Tri-bunale partenopeo, che a differenza di quello diRoma, “giustifica” la richiesta di informazioni, nel se-guente modo: “L’utilità…..può derivare dal confrontodelle indicazioni fornite dalle parti alla decisione sull’as-setto, anche provvisorio, dei rapporti personali e patri-moniali dei nuclei separati dalla famiglia a formarsi” eche si tratta di “dati che potrebbero essere rivelati a se-guito di libero interrogatorio da parte del Presidente”.

Dal che ne consegue che la dichiarazione, in que-sto caso non giurata, che le parti andranno a ren-dere, avrà la valenza delle risultanze di un interro-gatorio libero cioè di un semplice chiarimento deifatti rilevanti in causa. Dette risultanze dunque, nonassurgeranno a prova, come non rappresentano unaprova, i risultati di un interrogatorio libero.

È dunque certamente condivisibile la riflessioneconclusiva della citata dottrina, e cioè che il processoe il giudizio finale, non possono fondarsi su una ve-rità della parte, indotta con la forza della sanzioneafflittiva, come nel caso del Tribunale di Roma.

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Solo in sede di contraddittorio tra le parti, po-tranno emergere le opposte verità ed il giudice, congli strumenti del libero apprezzamento della prova,potrà cogliere quale delle verità debba prevalere.

Nel nostro ordinamento nessuna norma prevedeun obbligo di verità a carico delle parti, e ciò è in li-nea con i principi che reggono il processo civile ov-vero il principio del contraddittorio e il diritto di di-fesa.

Un obbligo di verità non può desumersi nemmenodall’obbligo di lealtà e probità previsto per il difen-sore dall’art. 88 c.p.c..

7. Profili deontologici - Nuovo Codice Deontolo-gico Forense

Il tema della prova autocertificata induce infine, auna riflessione anche con riferimento all’art. 50 delnuovo codice deontologico, approvato dal ConsiglioNazionale Forense il 31/01/2014.

Va innanzitutto osservato che, il codice deontolo-gico di recente introduzione, ha inserito il dovere diverità, prima previsto dall’art. 14 nei principi gene-rali, nel quarto titolo relativo ai doveri dell’avvocatonel processo.

L’art. 50 prevede al I° comma che l’avvocato nondeve INTRODURRE nel procedimento prove che sap-pia essere false; al II° comma prevede che l’avvocatonon deve UTILIZZARE nel procedimento prove chesappia o apprenda essere false, provenienti dal pro-prio assistito; al III° comma che l’avvocato non puòUTILIZZARE nel procedimento prove che sappia oapprenda essere false, provenienti dal proprio assi-stito, o deve rinunciare al mandato.

La norma si riferisce inspiegabilmente al solo rap-porto dell’avvocato con l’assistito e non anche con ilcliente, figure che potrebbero anche non coincidere.

Va rilevato inoltre, che la norma prevede il doveredi verità sia con riferimento alle prove che rispettoad elementi di prova ed infine con riguardo alle di-chiarazioni ed ai documenti.

Le cd. prove autocertificate, intendendo per tali lerichieste di informazioni del Tribunale di Roma, resecome dichiarazioni giurate, potrebbero rientrarenella fattispecie di cui all’art. 50 citato.

Ciò potrebbe comportare responsabilità anche perl’avvocato, difensore della parte che ha formulato ladichiarazione falsa sostitutiva dell’atto notorio.

Il I comma della norma in esame, ha sollecitato unacceso dibattito sul comportamento che deve te-nere il difensore, quando la prova sia già stata in-trodotta nel processo e legittimamente acquisita ecioè se la stessa possa essere a quel punto utilizzata.

Il II e il III comma della predetta norma, prevedonol’inutilizzazione delle prove, quando la falsità pro-venga dalla parte assistita ed in tal caso l’avvocatonon solo non può utilizzarle ma deve rinunciare almandato, salvo che la produzione avvenga ad operadi parte diversa dal proprio assistito.

La norma in esame, come è evidente, pone note-voli problemi sulla condotta che il difensore deve te-nere, considerata la delicatezza e la gravità delleconseguenze che ne possono derivare (sospensionedall’esercizio dell’attività professionale da 1 a 3anni).

Il V comma dell’art. 50 s.c. impone al difensore dinon impegnare, di fronte al giudice, la propria parolasulla verità dei fatti esposti in giudizio ed infine il VIcomma, prevede che l’avvocato non deve rendere,nel procedimento, false dichiarazioni sull’esistenzao inesistenza di fatti di cui abbia diretta conoscenzae suscettibili di essere assunti come presupposto diun provvedimento del magistrato.

Oggetto del divieto sono, oltre che le false affer-mazioni, anche le reticenze o i comportamenti im-precisi, così pure il silenzio non collaborativo.

Un ventaglio dunque molto ampio di divieti, atti-nenti all’obbligo di verità nel processo, da parte deldifensore, il quale potrebbe però essere lui stesso vit-tima della non verità della parte assistita.

Incombono inoltre sul difensore altri precetti de-ontologici, pertinenti all’argomento che stiamo trat-tando, come il divieto di suggerire comportamenti il-leciti o fraudolenti (cfr. art. 23 c.6), che in tema didiritto di famiglia, possono assumere certamentecontorni di maggiore rilievo, considerate le ricadutesociali che da questi ne possono scaturire.

I comportamenti disciplinarmente censurabili,verranno ora valutati dai Consigli di Disciplina in-terdistrettuali di fresca istituzione ed è auspicabilepertanto, che il Consiglio Nazionale Forense, allaluce delle rilevanti responsabilità che possono deri-vare in capo all’avvocato dalle disposizioni di cui al-l’art. 50 del Codice deontologico forense, intervengaper chiarire meglio i limiti ed i contorni delle ipotesidi illecito disciplinare, che si possono configurarecon riferimento alla violazione della suddettanorma, essendo troppo labile, per come formulata, illimite tra la verità della parte e quella del difensore.

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Note11 C. Rimini, Valutazione del reddito nei giudizi di separa-

zione e divorzio, in Fam e Dir. 2011.12 Cass. Sez. I, 17/05/2005 n. 10344, in Famiglia e diritto

2006, pag. 179; Cass. Sez. I, 17/06/2009 n. 14081 in Fa-miglia e diritto 2010.

13 Cass. Civ. 24/04/2007 n. 9915.14 F. Danovi, L’attività istruttoria nei processi di separazione e

divorzio, in AIAF Rivista 2012/1 gennaio - aprile 2012)15 Trib. Torino, Sez. VII civ., decreto 20/05/2013.16 Trib. Roma 25/11/2011.17 Trib. Monza 10/01/2012 prot. 47.18 Trib. Roma, Sez. civ. I, 25/11/2011, già cit.19 Bugetti, Tentativi di disclosure (all’italiana) nei processi di

separazione e divorzio.10 C. Cecchella, Nota critica alla verità imposta ai coniugi sotto

sanzione penale, nei procedimenti per separazione, in Av-vocati di Famiglia n. 4 - ottobre-dicembre 2013, pag. 34-37.

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IL NUOVO REGIMEDELLE NULLITÀ DEGLIATTI PROCESSUALI CIVILIE DELLE PRECLUSIONINEL PROCESSO CIVILETELEMATICO

CLAUDIO CECCHELLA(PROFESSORE DI PROCEDURA CIVILE, AVVOCATO DEL FORO DI PISA)

SOMMARIO1 Le nuove nullità formali del processo civile tele-

matico.1 1.1 Dal vizio di forma-contenuto al vizio di forma-

forma. 1.2. L’applicazione del regime delle nullitàformali. 1.3. Le fattispecie. 1.4. Sull’atto in formatocartaceo anziché elettronico. 1.5. Sull’atto in for-mato elettronico anziché cartaceo. 1.6. Sul depo-sito di atti telematici in formato diverso da quelloimposto dal ministero.

2 Le preclusioni alle difese della parte e il processotelematico.

2 2.1. Introduzione al tema. 2.2. Le preclusioni alledifese delle parti nei processi a cognizione piena.2.3. Il problema del rispetto delle preclusioni alledifese nel processo informatico. 2.4. Le ricadutedel nuovo processo telematico sul regime dellepreclusioni: statica e dinamica. 2.5. La dinamicanei nuovi processi post 30 giugno 2014. 2.6. L’in-dividuazione degli atti endoprocessuali. 2.7.L’esercizio delle riaperture ai termini preclusivi.2.8. La dinamica nei processi “vecchi”. 2.9. Il ri-spetto del termine preclusivo. 2.10. Il supera-mento della soglia dei 30 mg di “peso” elettronicodegli allegati alla pec di trasmissione dell’atto edocumento.

1. Le nuove nullità formali del processo civile te-lematico

1.1 Dal vizio di forma-contenuto al vizio diforma-forma

Sino ad oggi il processo civile si svolgeva attra-verso atti versati nel processo materialmente, ovverodocumentati con carta stampata, che rappresen-

tava l’atto processuale giuridicamente rilevante,tutto ciò rendeva rilevante sotto il profilo delle nul-lità formali e delle invalidità degli atti (artt. 156 e ss.c.p.c.) il solo profilo della difformità dell’atto con-creto con la forma-contenuto dell’atto regolatoastrattamente dalla legge (art. 125 c.p.c., sul conte-nuto degli atti di parte; art. 163 c.p.c., sul contenutodell’atto di citazione; art. 167 c.p.c., sul contenutodella comparsa di risposta e così via).

La materialità dell’atto, quindi, non poneva mai indiscussione la sua forma rappresentativa (il carta-ceo) e le invalidità erano tutte proiettate sulla dif-formità dell’atto concreto con la forma-contenutodettata dalla legge, quando fosse comminata espres-samente la sanzione della nullità (art. 156, 1° commac.p.c.) o la comminatoria derivasse dall’inidoneitàdell’atto al raggiungimento del suo scopo (art. 156, 2°comma c.p.c.).

Oggi, con l’entrata in vigore del processo civile te-lematico, ove la forma materiale cartacea è sostituitaalla forma immateriale del flusso dei dati telematici,le invalidità degli atti civili scoprono nuovi orizzonti.Non ha rilievo solo la difformità dalla forma-conte-nuto ex lege (che pur sempre resta ambito dell’inva-lidità degli atti processuali), ma anche la difformitàdalla, per così dire, forma-forma (elettronica), con ri-lievo dell’errore nella forma immateriale usata nelflusso dei dati, quando non corrispondente alle spe-cifiche dettate dalla legge.

La rappresentazione informatica degli atti pro-cessuale segue regole rilevanti, che la materialitàdegli atti e dati processuali non poneva.

Con l’avvento del processo telematico gli atti de-vono essere redatti in determinati formati elettro-nici, secondo le previsioni in tema di sottoscrizione,formazione, trasmissione e ricezione regolamentatedalla legge (provvedimento del responsabile per isistemi informatici automatizzati dal Ministero dellagiustizia, in data 16/04/2014, contenenti le specifichetecniche dell’art. 34 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44(regolamento concernente le regole tecniche perl’adozione nel processo civile e penale delle tecno-logie della comunicazione e dell’informazione).

Quindi il processo civile si apre ad un nuovo oriz-zonte dell’invalidità dove accanto all’invalidità per laforma-contenuto adottata, vi è l’invalidità per laforma o la modalità elettronica errata utilizzata nellaformazione e trasmissione dell’atto (appunto il viziodi forma-forma).

Ora vi è da dire che il legislatore, peraltro in una di-scutibile diaspora delle regole in testi disparati an-che sul piano della gerarchia delle fonti, si passadalla legge al regolamento senza remore particolari(quanta nostalgia per la codificazione napoleonicache ha ispirato i nostri codici di rito!), regolamentala forma elettronica dell’atto e della sua trasmis-sione, ma nulla dice - con una lacuna inaccettabilesul piano della tecnica legislativa - in ordine alle

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sanzioni. Ne è risultato un dilagare di una giuri-sprudenza che ad una semplice lieve difformità dellaforma-forma ha pronunciato sanzioni come l’inam-missibilità o la nullità assoluta rilevabile d’ufficio.

Il tutto, come accade da tempo, sulle spalle del-l’interprete.

1.2. L’applicazione del regime delle nullità formaliIl nuovo orizzonte dell’invalidità della forma elet-

tronica adottata, in difetto di una disciplina espressadel legislatore, impone all’interprete di far uso di unainterpretazione analogica che certo non potrà at-tingere dalla analogia legis, per le peculiarità asso-lutamente originali del processo elettronico, e chequindi deve cogliere indicazioni dalla analogia juris,cioè dall’interpretazione sistematica.

Sotto questo aspetto non potrà negarsi che la dif-formità dell’atto elettronico alla forma elettronicaimposta dal Ministero debba rientrare nel concettodi nullità formale, e non di quello di nullità extra for-male, trattandosi di un contrasto tra l’altro concre-tamente perfezionato e la sua forma elettronica im-posta per legge.

Si tratterà, pertanto, di applicare le norme sullenullità ex artt. 156 e ss. c.p.c., con il loro regime dellatassatività e/o tipicità, della atipicità derivante dalmancato raggiungimento dello scopo e, in particolarmodo, della sanabilità della nullità formale medianterinnovazione con efficacia retroattiva (art. 162 c.p.c.).

Rispetto al rilievo sistematico del tema, è statopossibile assistere ad una ingiustificabile rigidità

della giurisprudenza la quale, senza un altrettantoinquadramento sistematico corretto, sembra prefe-rire il modello delle nullità extra formali, ovverodella mancanza di presupposti processuali, ammet-tendo la rilevabilità del vizio ad iniziativa dell’ufficioe imponendo la sanzione estrema della inammissi-bilità dell’atto o nullità assoluta dell’atto, come talenon sanabile.

Nell’esame delle singole fattispecie che si cerche-ranno di postulare, deve darsi al contrario una solu-zione che attinge alla disciplina delle nullità formali,essendo quella del vizio della forma, come violazionedella forma del supporto immateriale elettronico, dainquadrare correttamente nell’ambito delle nullitàformali e non in quello delle nullità extra formali.

1.3. Le fattispecieInnanzi al silenzio del legislatore, che neppure

propone fattispecie astratte, l’interprete deve pro-porle e dare loro soluzione.

Una prima fattispecie è costituita dagli atti depo-sitati in forma cartacea che, al contrario, devono es-sere per legge depositati in forma telematica.

Una seconda fattispecie è costituita da atti depo-sitati, al contrario, in forma telematica, laddove il de-posito con tali modalità non è consentito.

In entrambe la fattispecie deve essere offerta, afronte del vizio formale, il regime della sanzione edella sua rilevabilità.

Esiste poi una terza fattispecie costituita dall’usodella forma telematica per la trasmissione e la for-

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mazione dell’atto, ma secondo prescrizioni contra-rie allae specifiche tecniche imposte dal Ministero ea cui rinvia la legge.

Certo un legislatore, che ha a cuore il bene dellacertezza, particolarmente nell’ambito del processo,avrebbe dovuto ipotizzare, con uno sforzo minimo difantasia, le fattispecie ed offrire ad ognuna di esse ilregime, particolarmente della sanabilità, in consi-derazione della delicatezza delle conseguenze del vi-zio, in un contesto di graduale entrata in vigore, diinefficienza diffusa degli stessi apparati elettroniciofferti dal Ministero, delle difficoltà correlative edella particolarità di una riforma che costituisceuna piccola rivoluzione copernicana nella disciplinadel processo civile, con evidente ricaduta sugli ope-ratori.

1.4. Sull’atto in formato cartaceo anziché elettro-nico

I tempi dell’entrata in vigore del processo tele-matico sono stati regolati nell’art. 116 bis, 1° comma,d.l. n. 179/2012, convertito con modificazioni nellalegge n. 1212 del 2012, il quale prevedeva che a par-tire dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, con-tenzioso e di volontaria giurisdizione, innanzi al tri-bunale, il deposito degli atti processuali e deidocumenti da parte dei difensori delle parti prece-dentemente costituite doveva essere effettuatoesclusivamente in forma telematica.

Ai commi successivi lo stesso termine del 30 giu-gno 2014 era fissato per i processi esecutivi, di cui allibro III del codice di rito, con vigore successiva-mente al deposito dell’atto con cui inizia l’esecu-zione e, per le procedure concorsuali, dal depositodegli atti e dei documenti da parte del curatore, delcommissario giudiziale, del liquidatore, del com-missario liquidatore e del commissario straordina-rio.

Dunque una generalizzata adozione per gli attiendoprocessuali, cognitivi ed esecutivi, e gli atti de-gli organi fallimentari.

Con l’art. 44, 1° comma, del d. l. 24 giugno 2014, n.90, convertito con legge n. 114 del 2014, si poneva unregime diversificato per i processi anteriori alla datadel 30 giugno 2014 e quelli la cui litispendenza fosseperfezionata dopo tale data, poiché solo per questiultimi entrava in vigore il regime vincolante del pro-cesso telematico civile. Per i procedimenti iniziatiprima del 30 giugno 2014, solo a partire dal 31 di-cembre 2014 sarebbero entrati in vigore, nella stessamisura, le norme sul processo telematico.

Il legislatore, tuttavia, consentiva un’opzione daparte del difensore, poiché, prima del 31 dicembre2014, anche per i processi già pendenti al 30 giugno2014, gli atti processuali e documenti potevano es-sere depositati con modalità telematiche, con l’av-vertenza che il deposito si sarebbe perfezionatoesclusivamente, nel caso, con la modalità telematica.

Particolare è poi il regime del procedimento mo-nitorio, ove a decorrere dal 30 giugno 2014, ad esclu-sione del giudizio di opposizione, il deposito degliatti di parte, dei documenti, anche nella fase intro-duttiva e dei provvedimenti, avrebbe avuto luogoesclusivamente con modalità telematiche (art. 16-bis, 4° comma, d.l. n. 179 del 2012, modificato con ild. l. n. 90 del 2014).

È da osservare, infine, che l’art. 16-bis cit. non haespressamente abrogato l’art. 35, 1° comma, d.m. n.44 del 2011 (c.d. “regole tecniche del processo telematico”),secondo cui “l’attivazione della trasmissione di docu-menti informatici da parte dei soggetti abilitati esterni èpreceduta da un decreto dirigenziale che accerta l’ido-neità dell’installazione delle attrezzature informatiche,unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazionedei documenti informatici nel singolo ufficio”: la leggeprofessionale secondo la norma regolamentare dun-que entrava in vigore in forza di un decreto dirigen-ziale (!!).

Alla luce di tale assetto normativo, si deve ipotiz-zare che sia presentato un ricorso per l’ingiunzionein forma cartacea anziché elettronica, oppure unatto endoprocedimentale, in un procedimento pen-dente dopo il 30 giugno 2014.

Per le ragioni vedute non si lascia apprezzare la so-luzione del tribunale di Reggio Emilia ordinanza 30giugno 2014 (in Guida al diritto 2014, 45, 14) che trattal’ipotesi come di inammissibilità dell’ atto rileva-bile d’ufficio, mentre si fa apprezzare un corretto in-quadramento nell’ambito delle nullità formali, conla più corretta prospettiva di una nullità sanabilemediante rinnovazione dell’atto in forma elettro-nica, mentre non si potrebbe ritenere applicabileuna sanatoria per raggiungimento dello scopo, se-condo il 3° comma dell’art. 156 c.p.c. La rinnova-zione avrebbe efficacia retroattiva e consentirebbe almalcapitato, poco preparato difensore, di rispar-miare il contributo unificato.

1.5. Sull’atto in formato elettronico anziché car-taceo

Esiste, inoltre, il problema degli atti introduttivi (ci-tazioni, ricorsi, comparse di risposta, memorie dicostituzione), dei procedimenti successivi al 30 gen-naio 2014, depositati con modalità telematica no-nostante sia prescritta quella cartacea (come ve-duto in precedenza solo le parti “costituite” devonotrasmettere in formato elettronico gli atti e dunquesuccessivamente alla loro costituzione, con esclu-sione degli atti introduttivi).

Qual è il regime applicabile alla fattispecie?Questa fattispecie si presenta oltremodo com-

plessa, poiché si deve distinguere gli uffici giudi-ziari per i quali non è stato ancora emanato un prov-vedimento dirigenziale che accerti la funzionalitàdel sistema (art. 35, 1° comma, d.m. n. 44 del 2011),da quelli per i quali è stato emanato.

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Questa distinzione è postulata da chi continuo aritenere il citato articolo 35 in vigore, oltretutto conun’interpretazione estensiva che affida al decreto di-rigenziale non solo il compito di abilitare l’ufficio allaricezione degli atti in forma elettronica, ma anchequello di definire gli atti che possono essere formatie trasmessi elettronicamente e gli atti che devo es-sere formati in modo cartaceo e depositati mate-rialmente. Questa posizione, lo si deve dire, è coe-rente con la circolare 27 giugno 2014 del ministero digiustizia, secondo il quale, in difetto di un provvedi-mento dirigenziale di abilitazione, non è consentitala formale trasmissione elettronica degli atti di co-stituzione in giudizio. Più cauta la circolare 28 otto-bre 2014 del Ministero, che affida correttamente algiudice ogni determinazione al riguardo della legit-timità della forma elettronica anziché cartacea (conevidente esclusione di un rifiuto del Cancelliere in-nanzi ad un deposito elettronico anziché cartaceo).

Secondo questa impostazione, l’atto trasmessoelettronicamente in difetto di abilitazione ministe-riale è da ritenere inammissibile, con vizio rilevabiled’ufficio ed insanabile (Tribunale di Palermo 20 luglio2014, Tribunale di Pavia 22 luglio 2014, Tribunale To-rino 20 luglio 2014, in Guida al diritto, 2014, 45, 14).Quindi l’eventuale rinnovazione dell’atto in formacartacea non produce una sanatoria retroattiva, maconsente di ritenere esistente l’atto processualeesclusivamente dal momento in cui è formato e de-positato con modalità cartacea.

Coerentemente, nel caso di abilitazione dirigen-ziale, la forma elettronica adottata anche per gli attiintroduttivi non implicherebbe un’invalidità, rilevabileprocessualmente (Trib. Padova, 29 agosto 2014, ivi).

Questo orientamento, al di là del rilievo o meno diun’abilitazione dirigenziale, costituisce la riprovadella scarsa sensibilità verso un’interpretazione si-stematica che adotti correttamente il regime dellenullità processuali. Infatti se si da applicazione al re-gime delle nullità formali è difficile non pensare alterzo comma dell’articolo 156 c.p.c., sul raggiungi-mento dello scopo. L’atto formato e depositato elet-tronicamente può essere letto dal giudice e dalle al-tre parti, laddove esse possono leggere l’attoendo-processuale successivo. Perché allora non ap-plicare il regime della sanatoria per il reggimento loscopo? Non insegna forse il giudice di legittimitàche la trasmissione del ricorso per cassazione noti-ficato, a mezzo posta anziché materialmente, inte-gra una mera irritualità, sanabile con il reggimentolo scopo (sezioni unite n. 5160 del 2009)?

Vi è altresì da giungere che i decreti dirigenzialidell’articolo 35 cit. hanno una funzione meramentericognitiva sull’idoneità delle attrezzature informa-tiche dell’ufficio e non hanno affatto il compito di in-dividuare quali atti possono essere depositati tele-maticamente; in caso contrario si dovrebbe pensareche una fonte secondaria possa condizionare l’en-trata in vigore di una fonte primaria, anche per gliatti che devono essere formati e trasmessi elettro-nicamente per legge (conf. Tribunale Milano, 7 otto-bre 2014, Tribunale Brescia 7 ottobre 2014, in Guida aldiritto, 2014, 45, 15).

È pertanto più corretto quell’orientamento checon la modifica dell’articolo 16 -bis, dovuta all’arti-colo 44 d.l. n. 90 del 2014, che ha esteso a tutti gli uf-fici giudiziari l’obbligo di cedere soggetti abilitati in-viati in processuali, ha ritenuto inevitabilmenteabrogato l’articolo 35 del d.m. n. 44 del 2011.

Ne consegue che deve ritenersi oggi consentito ildeposito telematico di qualsiasi atto del processo,non solo endo-processuale, quindi anche introdut-tivo o di costituzione in giudizio. Tale orientamentonon può essere contraddetto dalla circolare mini-steriale che per sua natura non può incidere sul te-nore della legge. Peraltro la stessa circolare ministe-riale, nella sua ultima edizione dell’ottobre 2014,lascia il giudice ogni determinazione al riguardodella validità dell’atto depositato elettronicamente.

A questo risultato si giunge pienamente, comepiù volte si è sottolineato, attraverso l’applicazionedel regime dell’unità dove la irregolarità dell’atto indifetto di comminatoria espressa o in mancanza diun requisito indispensabile per il raggiungimento loscopo, ne esclude la nullità. Peraltro nella fattispecielo scopo sarebbe raggiunto attraverso l’inserimentonel sistema informatico dell’ufficio giudiziario enella sua destinazione a conoscenza delle parti e delgiudice.

Tecnicamente, poi, l’atto introduttivo di costitu-zione potrebbe essere agevolmente trasmesso anzi-ché con le tradizionali forme cartacee mediante il

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deposito via posta elettronica certificata di una co-pia informatica, mediante pdf-immagine, dell’attooriginale corredato della coppia per immagine dellerelazioni di notificazione, con l’opportuno oneredella parte di produrre alla prima udienza l’originalenotificato, secondo la pratica odierna, o del recentepassato, dell’iscrizione a ruolo su velina.

Si deve perciò concludere che l’atto trasmessoelettronicamente anziché in forma cartacea, là dovenon prevista, come negli atti introduttivi o di costi-tuzione in causa, entrano in un regime di mera irre-golarità priva di rilievo sotto il profilo della nullità es-sendo comunque con quella forma raggiunto loscopo (conf. Poli, Processo civile telematico: le novità deld.l. n. 90/2014, in www.treccani.it).

1.6. Sul deposito di atti telematici in formato di-verso da quello imposto dal ministero

Resta l’ultima fattispecie da esaminare, quella deldeposto telematico quando previsto, ma in formatodiverso da quello imposto dalle specifiche tecnichedel Ministero.

Ad esempio il caso in cui un atto processuale daformare con il pdf testo e sottoscritto digitalmenteviene in realtà formato con pdf immagine sotto-scritto materialmente, quindi scansione di un attomateriale.

È opportuno ricordare che le specifiche tecnicheofferte dall’ art. 34 d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, im-pongono il formato pdf-testo, privo di elementi attivi(linkaggio a pagine web), per consentire operazionidi selezione e copia al giudice, e non il formato pdf-immagine con scansione dell’atto materiale.

La giurisprudenza predica ancora la inammissibi-lità, cfr. Tribunale Roma 13 luglio 2014 e Tribunale Li-vorno 25 luglio 2014, in Guida al dirittto, 2014, 45. 15,motivando sul mancato raggiungimento dello scopo.

Se effettivamente la nullità può avere origine dalmancato raggiungimento dello scopo (operazioni diselezione e copia del giudicante e delle parti), trattasicertamente di ipotesi di nullità sanabile retroattiva-mente con efficacia retroattiva come per ogni sana-toria che non preveda un regime di irretroattività (insenso contrario, Marinai, Il deposito telematico degli attigiudiziari, in www.magistraturademocratica.it, il qualeperò ammette la sanatoria per rinnovazione).

Vi è infine chi, con argomento persuasivo (la copiadell’atto è giuridicamente parificabile all’originale inmancanza di contestazione sulla conformità ex art.2719 c.c.), ritiene la forma per scansione priva divizi rilevanti (così BelléPrime note sul pct e processodi cognizione, in www.judicium.it ; per una critica v.Mondini, Il punto sulla giurisprudenza, in Guida al di-ritto, 16 ss.).

2. Le preclusioni alle difese della parte e il pro-cesso telematico

2.1. Introduzione al temaCon l’entrata in vigore delle forme telematiche di

formazione e trasmissione degli atti e documenti sipone tutto un problema di coordinamento con i ter-mini preclusivi e decadenziali, imposti nei vari riti acognizione piena, alle attività difensive della parte,laddove non sarà più possibile far riferimento alladata di deposito dell’atto materiale contenente la di-fesa certificato dal cancelliere, ma si dovrà fare iconti con la trasmissione per pec degli atti e docu-menti telematicamente formati e con la ricevuta diavvenuta consegna di detti documenti informatici,con profili di legittimità anche costituzionale di unapreclusione che può dirsi rispettata solo con l’esau-rimento di un’attività che non è dominata dallaparte e di qualificazione di atti trasmessi telemati-camente quando ancora da trasmettere in formamateriale, come gli atti introduttivi del processo.

2.2. Le preclusioni alle difese delle parti nei pro-cessi a cognizione piena

Con l’entrata in vigore delle leggi nn. 533 del 1973e 354 del 1990 e successive modifiche, rispettiva-mente il processo del lavoro, e riti assimilati, e il pro-cesso ordinario di cognizione si sono modellati suforme che escludono la libera proponibilità delle di-fese nel corso del processo: allegazioni di fatti co-stitutivi, eccezioni riservate e prove sono consentitealle parti entro precisi termini decadenziali.

Il regime delle preclusioni alle difese delle partinon è esteso ai procedimenti a cognizione somma-ria.

È invece conosciuto nel processo sommario degliartt. 702 e ss., c.p.c., che però non si caratterizza perla sommarietà della cognizione, quanto per il carat-tere abbreviato e semplificato degli atti istruttori,condotti tuttavia secondo le forme della cognizionepiena.

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a) La preclusioni delle domande ed eccezioni, l’unità diregola dei riti.

Le domande, anche nei confronti di terzi, possonoessere formulate, qualunque sia il rito interessato,soltanto con gli atti introduttivi e per formulazionedelle domande deve intendersi l’indicazione di ognielemento (soggetti, petitum e causa petendi), partico-larmente della allegazione dei fatti che fondano lacausa petendi (soprattutto per i diritti relativi, come idiritti di credito, eteroindividuati; in modo diversonei diritti assoluti, come i diritti della persona o i di-ritti reali, autoindividuati, ove il fatto costitutivo puòessere allegato anche in sede di ius poenitendi).

Le eccezioni riservate alla iniziativa di parte (nonquelle rilevabili d’ufficio), devono essere allegate e ri-levate con gli atti introduttivi, artt. 167 e 416 c.p.c.

b) La diversificazione dei riti nelle preclusioni alle prove.Il rito ordinario è ispirato alla graduazione delle

preclusioni, preferendo (più correttamente) imporrela decadenza in ordine alle prove dopo che si è svoltoil contraddittorio sui fatti, si è espressa la specificacontestazione delle parti che impone la regola del-l’onere della prova ed è conosciuto il reale themaprobandum.

Perciò nel rito ordinario ex art. 183, 6° comma, n. 2c.p.c. la preclusione matura nella seconda memoriaautorizzata su istanza della parte.

Il rito del lavoro, che predilige un sistema con-centrato di preclusioni, fa maturare la decadenza,ancora, al momento della presentazione degli atti in-troduttivi, cfr. art. 416 c.p.c.

c) Le deroghe al sistema delle preclusioni per esigenzedi contraddittorio.

Le preclusioni non possono prestare deroga alprincipio del contraddittorio, per cui le repliche ri-spetto alle iniziative delle parti sono consentite allealtri nel primo atto difensivo, ovvero alla udienza onella seconda memoria dell’art. 183, 6° comma perdomande o eccezioni; nella terza memoria dell’art.183, 6° comma per le prove, e consentono alla partesenza limiti l’intero ventaglio delle difese: nuovedomande, eccezioni e prove.

Ugualmente le repliche alla iniziativa officiosa,devono essere consentite nel termine che il giudicefissa ex art. 102, 2° comma c.p.c.; poiché il giudicepuò svolgere la sua iniziativa in ogni momento, èconsentita la riapertura ai termini difensivi lungotutto il corso del processo, conf. per le prove l’art. 183,8°comma c.p.c.

Se questa è la regolamentazione del rito ordinario,meno pregevole è quella del rito del lavoro.

L’art. 420 c.p.c. sembra consentire, solo sull’auto-rizzazione del giudice, una mera attività di modificadelle difese, tipica dello esercizio di uno ius poeni-tendi, mentre il contraddittorio deve consentireun’attività difensiva anche nuova. Il problema si

pone per eccezioni e prove alla udienza (per le ri-convenzionali o le domande del terzo intervenienteo chiamato, esiste lo spostamento di udienza, con fa-coltà delle altre parti di depositare nei dieci giornianteriori una memoria, cfr. art. 418 e 419 c.p.c.

d) Le deroghe al sistema delle preclusioni per esigenzedi ius poenitendi.

Il sistema per non inaridire gli atti della parte nelcorso del processo, consente un margine di adatta-mento delle difese in corso di causa.

Si tratterà non di nuove difese, ma di loro meroadattamento nell’alveo di quelle già dedotte, con-sentite sino alla memoria di cui al n.1 dell’art. 183c.p.c., autorizzate su istanza di parte, nel rito ordi-nario e alla udienza di discussione ex art. 420 c.p.c.nel rito del lavoro, su autorizzazione del giudice.

Nell’esercizio dello ius poenitendi, pertanto, le attivitàammesse sono esclusivamente la allegazione di fattinuovi nei diritti auto-individuati (che non implicanol’incremento dell’oggetto del giudizio essendo anchedopo allegazione dedotto sempre lo stesso diritto)oppure la allegazione di fatti secondari, a fondamentodella prova presuntiva, negli altri casi.

e) Le deroghe al sistema delle preclusioni per rimessionein termini della parte.

L’art. 153 c.p.c., per qualsiasi difesa - anche la do-manda -, visto il suo inserimento nel libro primo, daapplicare a tutti i riti, in qualsiasi momento del pro-cesso quando si presenti l’opportunità di dedurreuna nuova difesa a cui la parte è decaduta incolpe-volmente, consente su istanza di quest’ultima unarimessione in termini.

2.3. Il problema del rispetto delle preclusioni alledifese nel processo informatico

La questione di un certo interesse è la modula-zione delle regole sulle preclusioni alla luce dellanuova disciplina del processo civile telematico, in re-lazione alle tecniche di esercizio in forma di atto ma-teriale delle difese sin’ora in uso:

- il deposito in cancelleria di memorie e docu-menti, cui è attribuita data certa dal timbro dellacancelleria;

- le deduzione orali, trascritte in verbale diudienza.

a) Il regime generale del processo civile telematico, tradiritto transitorio e diritto vigente.

La legge ha imposto l’obbligatorietà della forma-zione e deposito telematico di alcuni atti nel pro-cesso civile vigente a partire dallo scorso 30 giugno,con l’art. 16 bis del d.l. n. 179/2012 (conv. nella l. n.221/2012), tuttavia con un’entrata in vigore gra-duale.

Il d.l. n. 90/2014 ha poi optato per un percorsomodulato della gestione informatizzata del processo,

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circoscrivendo l’immediata obbligatorietà del depo-sito telematico ai soli atti endoprocessuali relativi aprocedimenti instaurati a partire dal 30 giugno 2014nonché all’intera fase monitoria del procedimentoper ingiunzione.

b) Gli atti introduttivi e gli atti endoprocessuali, nei pro-cessi “nuovi”.

Per gli atti introduttivi, non è in linea generaleprevisto il deposito telematico (se si esclude il ricorsoper decreto ingiuntivo), quindi vengono depositatiancora con modalità cartacea; nei tribunali già mu-niti di autorizzazione per tali atti, costituisce facoltàdelle parti quella di depositarli telematicamente;mentre, nei tribunali sprovvisti di autorizzazione, lamodalità è necessariamente cartacea.

La modalità telematica è invece imposta per gliatti successivi, “endoprocessuali”.

Sono “processi instaurati”, quelli introdotti concitazione notificata dopo il 30 giugno 2014; se intro-dotti con ricorso, depositati successivamente.

c) Il regime alternativo nei processi “vecchi”.Fino alla data del 31 dicembre 2014, nei processi

pendenti, gli atti processuali e i documenti possonoessere depositati con modalità cartacee o telemati-che e «in tal caso il deposito si perfeziona esclusivamentecon tali modalità» (art. 44, comma 1, ult. periodo, d.l.90/2014).

Dunque la modalità telematica è lasciata alla di-screzionalità del difensore, se questa è la via pre-scelta, il deposito effettuato con tale modalità dovràconsiderarsi perfetto ed autosufficiente, senza ne-cessità di integrazione cartacea, ma le regole del de-posito saranno necessariamente quelle telematiche(come per i processi introdotti dopo il 30 giugno2014).

Se un difensore dovesse trasmettere in uno di taliprocedimenti un atto endoprocessuale (necessaria-mente tale trattandosi di processo già pendente) invia telematica, il deposito sarebbe senz’altro validoed efficace anche nell’ipotesi in cui quel determinatoatto non rientrasse tra quelli contemplati nel decretodirigenziale emesso per il tribunale interessato, es-sendo la modalità telematica consentita ex lege.

d) I procedimenti innanzi alla Corte di appelloDinanzi alla corte di appello, l’obbligo di deposito

telematico di atti e documenti per le parti «prece-dentemente costituite» entrerà in vigore solo dal 30giugno 2015, sia per i giudizi pendenti che per quelliinstaurati ex novo a partire da tale data, come di-sposto dallo stesso art. 44, comma 2, lett. c) del de-creto, che ha inserito un comma 9 ter all’art. 16 bisdel d.l. 179/2012. Resta ferma la possibilità, anche intal caso, che il Ministro della Giustizia consenta, conapposito decreto, la anticipazione dell’entrata in vi-gore delle nuove regole.

2.4. Le ricadute del nuovo processo telematico sulregime delle preclusioni: statica e dinamica

Sul piano statico, dell’assetto delle regole sulle pre-clusioni alle attività difensive delle parti, nulla muta:il regime delle preclusioni come delineato dalla legge.n. 353 del 1990 e successive modifiche (sino alle leggin. 80 del 2005 e n. 69 del 2009), per il rito ordinario edalla legge n. 533 del 1973 per il rito del lavoro e ritiassimilati (d. lgs n. 150 del 2011) restano quelle deli-neate in precedenza, senza modifica alcuna.

È invece sulla dinamica, ovvero sulle forme diesercizio delle difese all’interno del processo, nel ri-spetto dei termini decadenziali, che emerge unavera e propria rivoluzione copernicana, imposto dal-l’abbandono delle forme materiali del documentoscritto e del suo deposito.

2.5. La dinamica nei nuovi processi post 30 giu-gno 2014

I veri cambiamenti riguardano invece la dinamicanei processi post 30 giugno 2014, perché mutano leforme, da cartacee (atti difensivi, documenti e ver-bali), a quelle elettroniche di espressione delle difese

Le preclusioni su domande, anche nei confronti diterzi, ed eccezioni riservate alla parte, nel rito ordi-nario e preclusioni su tutte le difese nel rito del la-voro e assimilati (anche le prove), maturano con gliatti introduttivi che nel regime attuale, sia per i pro-cessi nuovi sia per quelli già pendenti conservano ilformato cartaceo.

Nei procedimenti introdotti con ricorso la preclu-sione è rispettata come tradizionalmente con il de-posito del ricorso e della memoria di costituzione,nei dieci giorni anteriori all’udienza ex art. 416 c.p.c.

Nei procedimenti introdotti con citazione, con lanotifica dell’atto di citazione (da depositare con i do-cumenti secondo le formalità della costituzione ingiudizio entro 10 giorni dalla notifica ex art. 165c.p.c.) e il deposito della comparsa di costituzionecon i documenti entro 20 giorni dalla udienza exart. 167 c.p.c.

Ugualmente l’intervento del terzo nel rito ordina-rio con comparsa e nel rito del lavoro con memoria,assoggettato alle stesse preclusioni della parte se-condo il rito, avviene mediante deposito di atto car-taceo e documenti in cancelleria.

2.6. L’individuazione degli atti endoprocessualiIl diverso regime per gli atti introduttivi, rispetto

agli atti endoprocessuali, impone di identificari iprimi:

- l’opposizione a decreto ingiuntivo è atto “endo-procedimentale”, perché la pendenza, ai sensi del-l’art. 643 c.p.c., è determinata dalla notificazione deldecreto. Il profilo è molto delicato, per il rispetto deltermine imposto alla introduzione della opposizione.I tribunali tendono invece ad accettare l’introdu-zione cartacea, come se la litispendenza fosse ge-

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nerata dall’atto introduttivo al giudizio di opposi-zione e non dalla notifica del decreto (il legislatoreavrebbe potuto sciogliere ogni dubbio!).

- lo è anche l’atto per la “prosecuzione del giudi-zio di merito” di cui all’art. 703, co. 4°, c.p.c. e lo sonotutti gli atti di riassunzione del processo, compresiquelli innanzi al giudice indicato come competente.

Non è, invece, atto “endoprocedimentale” l’attocon il quale si inizia il giudizio di merito, ai sensi del-l’art. 669 octies c.p.c., trattandosi di un atto che in-troduce un procedimento del tutto nuovo e auto-nomo.

Rientrano, con certezza, negli atti endoproces-suali, le memorie ex art. 183, 6° comma, nn. 1, 2 e 3;le memorie a seguito di proposizione di domanda ri-convenzionale, chiamata di terzo, intervento di terzonel rito del lavoro; le comparse a seguito di chiamatadi terzo nel rito ordinario; le memorie autorizzateanche in esercizio del contraddittorio rispetto a ri-lievi officiosi; le comparse conclusionali e le memo-rie di replica ex art. 190 c.p.c., ma anche (sempre peril tramite del difensore costituito) le relazioni deiconsulenti tecnici di parte.

Gli atti endoprocessuali dovranno essere formatitelematicamente (pdf - testo) e sottoscritti digital-mente imbustati in unione con i documenti, scan-sione dei documenti cartacei (pdf - immagine) e tra-smessi dall’indirizzo pec del difensore all’indirizzopec del Ministero.

Gli atti endoprocessuali devono essere formati etrasmessi telematicamente.

2.7. L’esercizio delle riaperture ai termini pre-clusivi

Il contraddittorio che si esercita mediante memo-ria (art. 183., 6° comma, n. 2 c.p.c. o a seguito di dif-ferimento di udienza ex artt. 269 c.p.c. e 418 c.p.c.) enelle prove in replica ex art. 183, 6° comma, n.3 c.p.c.,dovrà svolgersi mediante trasmissione telematica(pec) di atti formato telematicamente e sottoscrittodigitalmente.

Il contraddittorio rispetto alle iniziative officiose(art. 101, 2° comma, c.p.c.; art. 183, 8° comma c.p.c.),anch’esso sarà esercitato con memoria formata te-lematicamente, imbustata, e trasmessa per pec.

Ugualmente lo ius poenitendi ex art. 183, 6° comma,n.1 c.p.c. e la rimessione in termini ex art. 153 c.p.c.,trattandosi di atti endoprocessuali.

Laddove invece la riapertura avviene in udienza, ildifensore avrà cura di far raccogliere le proprie de-duzioni orali al verbale telematicamente formatodal giudice (munendosi di supporto elettronico chene consente al giudice lo scarico), con sottoscrizionedigitale del solo cancelliere e non più delle partipresenti (ma forse il legislatore non si è avveduto cheil cancelliere non è mai presente in udienza e che lasua sottoscrizione digitale avrebbe potuto molto piùopportunamente essere sostituita con quella delgiudice). Tale eventualità per il contraddittorio del-l’attore nel rito del lavoro rispetto alle difese delconvenuto diverse dalla domanda e nel rito ordina-rio per le repliche dell’attore alle difese del conve-nuto contenute in comparsa. Tali deduzioni indottedal contraddittorio non necessitano di autorizza-zione del giudice (differentemente da deduzioni dialtro tipo, cfr. art. 84, 3° comma, c.p.c.)

Quanto alla produzione dei documenti in udienza,per esigenze di contraddittorio, non si vede difficoltàalcuna allo loro produzione in pdf immagine, me-diante supporto elettronico scaricabile dal giudice(facendosi salvo così il tenore dell’art. 87 disp att.c.p.c., che consente la produzione in udienza, daadeguarsi alle peculiarità del processo informatico).

2.8. La dinamica nei processi “vecchi”Anteriormente al 31 dicembre 2014, le parti po-

tranno usare le tecniche consuete della depositocartaceo di atti e documenti o delle dichiarazione averbale formato materialmente, ma dopo il 31 di-cembre vecchio e nuovo si allineano sulla veduta di-sciplina del nuovo

La parte potrà tuttavia optare validamente per ildeposito elettronico, secondo quanto previsto per iprocessi nuovi, seguendo in tal caso integralmentele regole del processo nuovo.

2.9. Il rispetto del termine preclusivoa) Il deposito materiale dell’atto su supporto cartaceo.Il rispetto del termine, in tal caso, è comprovata

dalla data che fino a querela di falso certifica l’uffi-ciale giudiziario nella relata di notifica o il cancel-liere nel timbro di avvenuto deposito dell’atto o do-cumento

Si tratta comunque di momenti dominati dallaattività della parte

b) Il deposito telematico dell’atto su supporto elettronico.L’art. 16-ter n. 7, del d.l. n. 179/2012 stabilisce che:

“il deposito si ha per avvenuto nel momento in cui vienegenerata (e ricevuta dal professionista) la ricevuta di av-

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venuta consegna da parte del gestore di posta elettronicacertificata del Ministero della giustizia”.

Tuttavia, l’art. 13 d.m. n. 44 del 2011 (norma di re-golamento) stabiliva che: “quando una ricevuta è rila-sciata dopo le ore 14:00 il deposito si considera effettuatoil giorno feriale immediatamente successivo”.

La previsione destava profondi dubbi di legitti-mità tenuto conto che un regolamento quale il d.m.introduceva regole derogative dei principi stabilidalla legge (art. 16-ter n. 7 cit. e codice di rito).

Peraltro vi è da aggiungere che un termine deca-denziale può essere misurato con un’attività esclu-sivamente dominata dalla una parte e non mediatada un’attività dell’ufficio, di cui non è dato conoscerepreventivamente il tempo di intervento.

Probabilmente la norma regolamentare poteva giàdirsi abrogata: il sopravvenuto art. 16 bis d.l. 179/2012nulla aveva previsto infatti sui limiti di orario del de-posito telematico. La prima giurisprudenza applica-tiva [Trib. Milano 5 marzo 2014, n. 3115, in http://www.altalex.com/index.php?idnot=66734, ha letto il si-lenzio del legislatore (del d.l. 179/2012 poi convertitocon modifiche nella l. n. 221/2012) come manifesta-zione della volontà di abrogazione implicita della di-sposizione antecedente di rango regolamentare,aprendo così la strada alla facoltà di depositare tem-pestivamente un atto in via telematica fino allamezzanotte del giorno di scadenza.

Il richiamato art. 51, comma 2, del decreto legge n.90 del 2014 (pur senza disporre l’abrogazioneespressa della previsione delle “regole tecniche”) haoggi aggiunto un nuovo periodo al comma 7 del-l’art. 16 bis del d.l. 179/2012, secondo cui il depositosi ha per eseguito tempestivamente «quando la rice-vuta di avvenuta consegna è generata entro la fine delgiorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui al-l’articolo 155, quarto e quinto comma, del codice di pro-cedura civile».

La norma chiarisce dunque, nel senso auspicato,che il deposito telematico è effettuato per tempo, seentro le ore 23.59 del giorno di scadenza viene ge-nerata dal sistema la seconda delle quattro rice-vute, rilasciata dal gestore di posta elettronica delMinistero della Giustizia a distanza di pochi secondidopo l’invio della pec da parte del depositante, conconseguente irrilevanza dell’eventuale sforamentodel limite (da considerarsi non più esistente) delleore 14.

Precisazione opportuna è, infine, quella secondocui anche ai depositi telematici, come a quelli car-tacei, si applica la proroga della scadenza dei terminidi deposito al primo giorno seguente non festivo(prevista dall’art. 155, commi 4 e 5, c.p.c.) nel caso incui l’ultimo giorno utile per l’adempimento cada ingiorno festivo o nella giornata di sabato.

Resta che il rispetto del termine viene condizio-nato non da un’attività interamente dominata dallaparte, ma da un’attività dell’ufficio (la seconda delle

quattro ricevute, rilasciata dal gestore di posta elet-tronica del Ministero della Giustizia).

Non possiamo dimenticare tuttavia Corte Costi-tuzionale, 26.11.2002 n, 477, secondo la quale è co-stituzionalmente illegittimo, in riferimento agli artt.3 e 24 della Costituzione, il combinato disposto del-l’art. 149 del codice di procedura civile e dell’art. 4,comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890(Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunica-zioni a mezzo posta connesse con la notificazione diatti giudiziari), nella parte in cui prevede che la no-tificazione si perfeziona, per il notificante, alla datadi ricezione dell’atto da parte del destinatario anzi-ché a quella, antecedente, di consegna dell’atto al-l’ufficiale giudiziario

Una alternativa interpretazione, senza scomodarela Corte cost., potrebbe essere costituita dalla appli-cazione, nel caso che la certificazione di avvenutodeposito giungesse tardivamente, dell’art. 153 c.p.c.che regola la remissione in termini della parte perdecadenza incolpevole.

2.10. Il superamento della soglia dei 30 mg di“peso” elettronico degli allegati alla pec di tra-smissione dell’atto e documento

Il secondo periodo del secondo comma dell’art. 51,comma 2 prevede che “quando il messaggio di postaelettronica certificata” contenente l’atto ed i docu-menti allegati da depositare «eccede la dimensionemassima stabilita nelle specifiche tecniche del responsa-bile dei sistemi informativi automatizzati del ministerodella giustizia» (ovvero i 30 MB) «il deposito degli atti odei documenti può essere eseguito mediante gli invii di piùmessaggi di posta elettronica certificata».

Ai fini della tempestività del deposito, però, l’av-vocato dovrà aver cura di terminare le operazioni ditrasmissione multipla, con l’invio dell’ultima busta«entro la fine del giorno di scadenza», come pare chia-rito dall’ultimo inciso dell’art. 51, comma 2, del d.l.n. 90/2014.

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L’AUTONOMIANEGOZIALE, I DIRITTIDISPONIBILI, L’INTERESSEDEL MINORE, NELLANEGOZIAZIONE ASSISTITAMICHELA LABRIOLA (AVVOCATO DEL FORO DI BARI)

La storia della autonomia negoziale nella evolu-zione del diritto di famiglia. Il lento evolversi neltempo del sistema normativo sulla famiglia e delconcetto di autonomia negoziale, ha portato al so-stanziale svincolo da quella blindata modalità di in-terferimento giurisdizionale avente intenti garanti-sti, che non teneva conto della accelerazionestorico-sociale della famiglia.

Nel codice civile del 1942, il contratto matrimo-niale coniuga in sé i concetti di interessi e patrimoni,non solo con riferimento alla disciplina delle suc-cessioni, ma anche riguardo all’istituto dotale. Inquesto codice civile viene, altresì, introdotto unnuovo istituto, “il patrimonio familiare” che consentedi mantenere il vincolo di destinazione dei beni allafamiglia, anche dopo lo scioglimento stesso del ma-trimonio.1 La subalternità dei soggetti deboli è insostanza formalizzata normativamente. La moglie“protetta” dalla potestà maritale ed i figli dalla patriapotestà. Lo Stato italiano, sino a tale momento, ras-sicurato da una legislazione patriarcale, conside-rava la famiglia un’isola che il mare del diritto do-veva solo lambire, per dirla con le famose parole delprof. Carlo Arturo Jemolo.2

Nel contempo viene affermata una rigida indero-gabilità dei diritti e dei doveri tra i coniugi, oltre, siribadisce, alla riconferma della soggezione, alle re-gole della famiglia, dei suoi componenti più deboli.Tuttavia molti dettami del legislatore del ‘42, diven-teranno incompatibili con alcune norme costituzio-nali emanate nel 1948 (per esempio artt. 2 e 3 Cost.).La nostra carta costituzionale, infatti, introduceva ilprincipio di uguaglianza (tra uomo-donna, e geni-tori-figli) come limite al legislatore ed all’autonomiaprivata. Nella libera determinazione della negozia-zione privata, pertanto, vi è il divieto di discrimina-

zione tra le parti.3

Si può quindi sostenere che il principio di ugua-glianza ed il riconoscimento di condizioni spere-quate tra i componenti della famiglia, in uno con lamaggiore modernità delle norme sui diritti dellepersone, hanno dato voce a quelle posizioni giuridi-che di subalternità che soffrivano le maggiori re-strizioni, sia patrimoniali sia personali. Quindi se èpur vero che viene mantenuto un fermo controllopubblicistico, soprattutto nella materia minorile, èaltresì evidente che cambia, tra gli anni sessanta e glianni settanta, una cultura che spinge verso unanuova autonomia negoziale nella famiglia.

L’evoluzione giuridica che ha portato alla riformadel diritto di famiglia nel 1975, ha messo in luce ilfatto che i “diritti della famiglia”, sono diritti rico-nosciuti anche in capo al singolo, pertanto qualchepasso avanti si è registrato soprattutto nelle normerelative ai regimi ed alle convenzioni patrimoniali,passando dal regime di separazione a quello di co-munione dei beni, a tutela del coniuge debole, conampia regolamentazione circa le convenzioni patri-moniali. Anche nel diritto minorile molto è cam-biato in quegli anni, per cui il limite alla libera sceltadell’adulto è costituito dagli interessi ed i diritti delminore. La stessa Carta Costituzionale, all’art. 30aveva già introdotto una garanzia sostitutiva delloStato, alle manchevolezze genitoriali.

“La potestà genitoriale nei confronti del minore non è ri-conosciuta dall’art. 30 cost. commi I e II, come libertàpersonale (cui si riferiscono le garanzie dell’art. 13 cost.)ma come diritto dovere che trova nell’interesse del figlio lasua funzione ed il suo limite - donde il potere del giudiceminorile di adottare ex artt. 333 cod.civ. e 336 cod.civ.provvedimenti idonei a tutelare tale interesse in sostitu-zione od anche contro la volontà del genitore”4.

Successivamente nel 1987, con la legge n.74 che ri-formava le norme sul divorzio, la previsione, tra le al-tre, “a fini solutori” dell’erogazione di una somma“una tantum” in favore del coniuge debole, alternativaall’assegno divorzile, e quella dei trasferimenti im-mobiliari tra i coniugi, con la finalità di risolvere icontrasti all’interno della famiglia, ammetteva, allalibera determinazione contrattuale delle parti, ampimargini di discrezionalità. Lo stesso dicasi per lenorme sulla costituzione e svincolo del fondo patri-moniale, possibile sia nel corso del matrimonio siadurante la fase patologica dello stesso. Sul punto, peresempio, in giurisprudenza si è discusso se ammet-terne lo scioglimento anche in presenza di figli mi-nori, senza necessità del controllo giurisdizionale; neè seguita una consolidata risposta affermativa daparte della Suprema Corte. A titolo esemplificativoma non esaustivo, si pensi, infine, alla disciplina deltrust.

Dal 1975 si assiste, quindi, ad una privatizzazionee contrattualizzazione del matrimonio, nel sensoche l’interesse pubblico assorbente ed esclusivo che

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dominava gli istituti familiari, si è indubbiamente at-tenuato, lasciando più ampio margine alla consa-pevole disponibilità delle parti. 5

Nel 2006, con l’introduzione del nuovo regime diaffidamento dei figli minori, le “concessioni” norma-tive verso una autonoma determinazione degli as-setti familiari interni ampliano notevolmente la ma-teria. Rilevante è a tal proposito sottolineare come,con la riforma del 2006 n.54, si parli di genitori e nonsolo di coniugi. Quindi tutti i genitori possono pren-dere accordi nell’interesse dei figli. L’art. 155 cod.civ.,novellato nel 2006, ante riforma d.l.vo 154/2013, pre-vedeva che fossero assunti provvedimenti o recepitiaccordi nell’interesse morale e materiale dei figli;l’art.337 ter cod.civ., nuova formulazione, recepiscein pieno tali principi di autonomia.

Con un’immotivata inversione di tendenza, in-vece, il legislatore del d.l. 132/2014, convertito inL.162/2014, introducendo la nuova materia della ne-goziazione assistita, sembra aver dimenticato cheanche i genitori di figli nati fuori dal matrimoniopossano procedere ad accordi negoziabili, in evi-dente contrasto, quindi, con l’intervento legislativon.154 del 2013, sulla equiparazione dei figli. Al-l’obiezione di taluni, per cui la legge di nuovo conioè stata introdotta unicamente per degiurisdiziona-lizzare le azioni di stato (separazione e divorzio)quindi solo per le coppie c.d. normocostituite, si ec-cepisce che all’art. 12 della stessa legge è previsto undoppio binario: nel casi di modifica delle condizionidi separazione e divorzio, non sarà necessaria lacomparizione personale dinnanzi all’ufficiale distato civile, per la conferma degli accordi. La moti-vazione risiede nel dato giuridico per cui le modifi-che non comportano un mutamento di status.

I diritti disponibili nel diritto di famiglia. L’art. 1della L. 162/2014 esclude la possibilità di applicare leregole della negoziazione assistita e dell’arbitrato,quando ci si trovi di fronte a diritti indisponibili. Ilprecedente richiamo alla Corte Costituzionale si èreso necessario per segnare un primo tracciato nel-l’individuazione delle definizioni di indisponibilitàed intangibilità dei diritti, quali: l’inviolabilità del-l’uomo, il rispetto della personalità, l’uguaglianza.

Un’annotazione critica va mossa al d.l. 132/2014(art. 1) con riferimento al divieto di accordo sulla in-disponibilità dei diritti, tale assunto è assolutamentepleonastico, in quanto, qualora sia sottoscritto un ac-cordo invalido e contra legem, l’attività sarà sanzio-nata con la nullità, inefficacia o invalidità del con-tratto, tutte azioni imprescrittibili.

Rilevando l’assenza di una sistematica indica-zione normativa di indisponibilità e inderogabilitàdei diritti, e con la sola previsione dell’art. 160cod.civ. “gli sposi non possono derogare né ai diritti né aidoveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio”, l’in-terprete, nel diritto civile, si avvale di definizioni

desumibili dai principi generali. La dottrina ha at-tribuito l’inderogabilità di cui all’art. 160 cod.civ. uni-camente alla fase fisiologica del matrimonio, quindiinderogabili saranno i diritti e gli obblighi che sor-gono in ragione della vita familiare.6 Ci si interrogase con la crisi matrimoniale i diritti patrimoniali epersonali derogabili e disponibili saranno solo quelliliberamente negoziabili; ad ogni buon conto neppurenel codice penale vi è alcun criterio che consenta diidentificare, senza tema d’errore, i diritti disponibilie quelli indisponibili.

Come precedentemente osservato, anche il signi-ficato di autonomia tra coniugi si è andato dila-tando con il susseguirsi delle riforme nel diritto di fa-miglia, pertanto sarà possibile introdurre accordi,non solo di natura patrimoniale ma anche riguardoai figli, aventi carattere personale e quindi per defi-nizione indisponibili. Con l’introduzione dellaL.162/2014, che prevede, tra l’altro, la negoziazioneassistita facoltativa, il quesito da chiarire è comerendere compatibili i paradigmi di indisponibilità edi autonomia. Vi è chi ha coniato una nuova defini-zione del concetto di indisponibilità considerandoloquale indisponibilità “attenuata”, nel senso di diritti,aventi il carattere della indisponibilità, tuttavia ne-goziabili, ma che, con la riforma sulla n.a. necessi-tano comunque dell’intervento del pubblico mini-stero previsto dall’art. 70 c.p.c..7 I diritti indisponibilisono, senza ombra di dubbio, quelli relativi alleazioni di stato, alle azioni de potestate, alle azionisulla filiazione ecc.. Si può certamente integrarel’ambito con quelle attività dispositive che le partipotrebbero adottare, ma che non devono entrare incontrasto con le previsioni di cui agli articoli 143 eseguenti 316 e seguenti del codice civile e 2, 3, 29 e30 della Costituzione.

La legge sulla n.a. suggerisce, sotto il profilo pro-cessuale, uno spartiacque, tra diritti dei soli genitorie diritti dei figli. Su tale argomentazione si torneràoltre, ma basti pensare che gli accordi tra coniugisono sottoposti al mero vaglio di regolarità formaledel P.M., mentre quelli relativi a figli minorenni, omaggiorenni non autosufficienti o portatori di han-dicap grave, ad un giudizio di merito sull’interesse diquesti, tanto da prevedere l’apertura di una fasegiurisdizionalizzata, in ipotesi di mancata autoriz-zazione.

A sostegno di tale tesi, si evidenzia che vi può es-sere un accordo sulla non debenza, in sede di sepa-razione o divorzio, dell’assegno di mantenimentotra le parti, qualora le stesse dichiarino di essere do-tate di reciproca autonomia economica, fatto salvoil principio rebus sic stantibus. È, inoltre, prevista lapossibilità di versare un assegno una tantum, di tra-sferire immobili, di derogare all’obbligo di coabita-zione. Fornendo una diversa lettura dell’art.146cod.civ., per cui il coniuge che si allontani dalla re-sidenza familiare senza giusta causa, perde il di-

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ritto all’assistenza morale e materiale (ai sensi del-l’art.143 cod.civ.), si può sostenere che vi sia unaderoga legale che renda il diritto all’assistenza mo-rale e materiale quindi non indisponibile.

Si può azzardare che, poiché i patti tra i coniugisono soggetti a semplice nullaosta sulla regolarità,con l’obbligo della certificazione dell’avvocato sot-toscrittore circa la conformità alle norme imperativeed all’ordine pubblico (art. 5 II comma L.162/2014), al-lora tutti gli accordi conterranno diritti disponibili,attraverso una sorta di conversione o allargamentooperato dal d.l. 132/2014. In tal senso la riforma sullanegoziazione assistita, nell’espandere l’autonomiadelle parti, responsabilizza l’avvocato nello svolgi-mento di un controllo preventivo - pregiurisdizionale- sotto la propria guida professionale.

Quid iuris circa l’obbligo di “buona fede e lealtà”delle parti, qualora l’accordo fosse concluso in man-canza di uno dei due requisiti, nell’ipotesi in cui, peresempio, uno dei coniugi abbia nascosto le propriereali consistenze patrimoniali? Si potrebbe ipotiz-zare, se una delle parti dovesse rilevare tale viola-zione, la possibilità di esperire un’azione di risolu-zione del contratto per vizi del consenso, in analogiaa quanto previsto nel caso di impugnativa della se-parazione consensuale.

Con riferimento alla tutela minorile non vi è dub-bio che si sarà sempre in presenza di diritti indi-sponibili, tanto da giustificare un insopprimibile po-tere ufficioso del Tribunale. Quindi gli accordistipulati per i figli tra i genitori (rectius dai coniugi se-condo la L.162/2014), non potranno essere sempre li-beramente negoziabili.

L’autonomia negoziale. Ora, alla luce dell’esplicitaintroduzione, con la L. 162/2014, di un favor nella ne-goziazione tra i coniugi, con un controllo giurisdi-zionale assai attenuato, se non escluso in alcuneipotesi (art. 12), un momento di riflessione anchecontenutistica sulla natura del nuovo istituto, e deiconsequenziali accordi, appare necessario ai finidell’applicazione pratica della nuova normativa, perdare voce all’autonomia delle parti.

L’art. 2 recita: “la convenzione di negoziazione assistitada uno o più avvocati, è un accordo mediante il quale leparti convengono di cooperare in buona fede e con lealtàper risolvere in via amichevole, la controversia tramitel’assistenza di avvocati iscritti all’albo”.

La negoziazione assistita assurge a vero e propriorapporto obbligatorio, ma non ha natura transat-tiva. La transazione, infatti, opera come modificasostanziale dei rapporti giuridici, mentre questi ac-cordi non modificano le situazioni tra le parti (rap-porti di parentela ed obblighi di assistenza), ma fis-sano il contenuto di quelli preesistenti, né ad essi siaccompagna alcun intento modificativo. D’altrondela natura transattiva di tali accordi pare incompati-bile col principio del rebus sic stantibus.

Invero, è possibile sostenere che, per le questionisullo status, assolutamente indisponibili e quindiastrattamente non negoziabili, e relative alla sola di-chiarazione di separazione personale, cessazione de-gli effetti civili del matrimonio, scioglimento del ma-trimonio, l’accordo tenga “luogo dei provvedimentigiudiziali” (art. 6 III comma) con contenuti pubblicistici,invece, per le clausole c.d. accessorie e le modifichedelle condizioni di separazione e divorzio, l’accordo ha

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la natura giuridica di obbligazione. La causa di questinegozi giuridici è la determinazione e la regolamen-tazione concordata - anche per il futuro - degli obbli-ghi di legge nascenti dagli artt. 143 ss., 156 ss., 316 ss,del cod.civ., a seguito della crisi familiare.

I negozi familiari rappresentano negozi determi-nativi del contenuto di obblighi legali. 8 Parte dellagiurisprudenza - sostenendo la tesi del negozio di ac-certamento - ha evidenziato che la causa di tali tipidi obbligazioni, non è intesa quale composizione diuna lite tramite reciproche concessioni, bensì comevera e propria attestazione fattuale e giuridica di ca-rattere definitivo di una situazione, nel suo contenutointerno non modificabile, quale il rapporto familiare,ma connotata da obiettiva incertezza. È, comunque,importante sottolineare, qualunque sia la esatta de-finizione della natura giuridica della negoziazione as-sistita, che in termini pratici essa è un negozio ob-bligatorio tra i coniugi, derivante in prima battuta daidoveri ed i diritti nascenti dal contratto matrimonialee poi dalla sua crisi e, nel caso di assenza di figli mi-nori o maggiorenni non economicamente autosuffi-cienti od incapaci o portatori di handicap (art.6),comporta, si ribadisce, il solo rilascio di un nullaostacon effetti dichiarativi.

Inoltre “l’accordo raggiunto a seguito della conven-zione produce gli effetti e tiene luogo del provvedimentogiudiziale” (art. 6 III comma), e si perfezionerà nel mo-mento della sua sottoscrizione (come per i contratti).Tale interpretazione è resa agevole, altresì, dalla let-tura dell’art.3 II comma lett.b) L. 898/1970 modificatodalla L.162/2014 nei seguenti termini: sarà possibile“proporre una domanda di divorzio dalla data certificatanell’accordo di separazione raggiunto a seguito di con-venzione assistita da un avvocato ovvero dalla data del-l’atto contenente l’accordo di separazione concluso in-nanzi all’ufficiale di stato civile”.

La negoziazione assistita tra i soli coniugi. Sem-pre in relazione al contenuto ed alla validità degli ac-cordi, nell’ipotesi di convenzioni di carattere mera-mente patrimoniale tra i coniugi, in assenza di figliminori o maggiorenni non economicamente auto-sufficienti od incapaci o portatori di handicap, ilP.M., come già detto, deve attestarne solo la “rego-larità”. Ciò lascia intendere che non sia possibileuna valutazione nel merito, ma solo sugli aspetti for-mali, tanto da essere esclusa la possibilità che, incaso di diniego, si debbano trasmettere gli atti alPresidente del Tribunale. Poiché non è prevista lapossibilità di procedere ad un vaglio nel merito, la re-sponsabilità di un accordo contra legem sarebbe as-sunta interamente dalle parti e dai difensori, limi-tandosi, come già sostenuto, il P.M. a valutaresemplicemente i vizi di forma dell’atto. Quid iuris sei coniugi abbiano omesso il mantenimento del figliomaggiorenne dichiarando, erroneamente o voluta-mente, l’autonomia economica dello stesso? In tale

ipotesi, il terzo, cioè il figlio che si è visto trascuratonel proprio diritto, potrà adire il giudice competenteper far valere le proprie ragioni, chiedendo che siaaccertato che le pattuizioni - cui è rimasto estraneo- nei suoi riguardi siano lesive, ed essendo il conte-nuto dell’atto contra legem, si applicherà l’art. 1344cod.civ. (contratto in frode alla legge, per elusione diuna norma imperativa). La responsabilità dell’avvo-cato non sarebbe, in tal caso, affatto esclusa.

Nel caso di presenza di figli minori o maggiorenninon economicamente autosufficienti od incapaci oportatori di handicap, l’accordo anche qui costituirà ti-tolo esecutivo, ma solo a seguito di autorizzazionedel P.M. e si potrà, pertanto, adire l’autorità giudiziariaper ottenere una condanna all’adempimento diquanto concordato, quando si verta in ipotesi di ob-blighi di fare non coercibili ed infungibili (per esempiorelativamente alla modalità di affidamento dei figli).

La negoziazione assistita in presenza di figli mi-norenni, maggiorenni non autosufficienti economi-camente o portatori di handicap gravi. Più com-plessa e rilevante appare, invece, la questione relativaagli accordi conclusi in presenza di figli minori omaggiorenni non autosufficienti economicamente oportatori di handicap gravi, previsti sempre nell’art. 6della L. 162/2014, in ragione del quale il p.m. autorizza,solo qualora sia stato rispettato l’interesse del mi-nore. Tale formulazione normativa, ancora una volta,esclude la valutazione nel merito sulle clausole rela-tive ai soli coniugi. Quindi si reputa che in presenzadi accordi inammissibili nel merito, ma formalmenteregolari, che riguardino i coniugi, e contestuali accordirelativi ai figli, stipulati conformemente al loro inte-resse, il P.M. non possa che autorizzare, essendoglipreclusa una indagine nel merito relativa agli adulti.Così come, probabilmente, opererà una sorta di vis at-tractiva del tribunale qualora l’accordo dei genitorinon presenti gli aspetti di regolarità necessari, pur inpresenza di giusti accordi nell’interesse del minore. Lalinea tracciata per concludere accordi nel precipuo in-

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teresse del minore emerge dal dettato letterale del-l’art. 337 ter cod,.civ. “il giudice valuta prioritariamente lapossibilità che i figli minori restino affidati ed entrambi i ge-nitori, oppure stabilisce a quali di essi sono affidati, deter-mina i tempi e le modalità della loro presenza presso cia-scun genitore, fissando, altresì la misura ed il modo con cuiciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, cura, al-l’istruzione ed educazione dei figli. Prende atto, se non con-trarti all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i ge-nitori.” Questi diritti, seppur teoricamente indisponibilie personalissimi, ora possono essere oggetto di ne-goziazione. Ed è proprio la nuova elaborazione sullaresponsabilità genitoriale, introdotta con d.l.vo nel2013, che ci indica un più attuale percorso orientatocostituzionalmente per la tutela dei diritti dei figli -sino ad ora ritenuti indisponibili ma oggi astratta-mente negoziabili - quali quelli al rispetto della per-sonalità del figlio, alla salute (art. 32), all’istruzione(artt. 33 e 34), all’uguaglianza (art. 2), al lavoro (art. 4),alla scelta religiosa (art. 8), alla libertà (art. 13).

Inoltre va rilevato come la bigenitorialità siesprima attraverso il continuo rapporto con la ma-dre ed il padre, e nell’ambito della famiglia sia quasisempre garantita. Il momento della crisi coniugaledetermina la fine di questa continua corrispondenzagenitori-figli, fatta di quotidianità, di riti, di continueinterdipendenze, con la necessità di rimodulare ildialogo, rispettando le necessità dei genitori di prov-vedere alla cura ed alla custodia morale della prolee soprattutto di quest’ultima di godere del rapportocon il genitore non collocatario, anche a seguitodella fine del consorzio familiare.9 Conseguente-mente, l’introduzione della informativa circa la me-diazione e l’equità dei tempi col figlio è molto im-portante ed il difensore avrà l’obbligo, non soloformale, di accompagnare il cliente in nuovi per-corsi di risoluzione dei conflitti.

Questa, dunque, in sintesi la stella polare della di-fesa che negozia; l’avvocato, seguendo tali precetticostituzionali, garantirà un accordo equo, soprat-tutto nell’interesse del figlio. Vi sono però degliaspetti meno teorici che si pongono all’attenzionedell’interprete. Per esempio ci si chiede se sia possi-bile derogare al principio di proporzionalità e del-l’assegno perequativo, quando si ritenga che il ver-samento diretto garantisca un’adeguata tutela neiconfronti del minore, oppure se sia possibile con-sensualmente derogare al consolidato orientamentogiurisprudenziale di merito e di legittimità per cuiper il minore è prevalente l’habitat, da cui pruden-zialmente non dovrebbe essere spostato. Altra ipo-tesi è quella relativa alla scelta dell’affidamentoesclusivo e non condiviso. In tali ed altri numerosicasi, potrebbe essere possibile discostarsi dal-l’orientamento giurisprudenziale più consolidato,pur garantendo, secondo una valutazione fattualedei genitori, l’interesse del minore? La domandasino a che punto l’accordo delle parti possa disco-

starsi, pur rimanendo nel rispetto della tutela del fi-glio, dall’attuale orientamento giurisprudenziale suldiritto di famiglia, rimane ad oggi ancora aperta. Siritiene, alla luce di quanto sin qui assunto, che il con-trollo del P.M. di volta in volta debba essere piutto-sto approfondito.

Infine, con riferimento all’intervento del Presi-dente del Tribunale, cui il P.M., quando ritiene chel’accordo non risponda all’interesse dei figli lo tra-smette entro cinque giorni, al fine di disporre lacomparizione delle parti e senza ritardo provvedere,sembra doversi escludere la previsione dell’inizio diuna separazione, un divorzio o un 710 c.p.c. giudi-ziale. Ciò in ragione del fatto che l’attività giurisdi-zionale e contenziosa inizia sempre su impulso diparte, come per il giudizio di separazione, divorzio emodifica delle condizioni, né un potere ufficioso delPresidente del Tribunale giustificherebbe un giudizioavente una diversa natura giuridica, da quanto inprecedenza voluto dalle parti. Si ritiene piuttostoche il Presidente, nel fissare tempestivamente lacomparizione delle parti per “provvedere senza ri-tardo”, possa, in qualità di giudice minorile, indurrele parti a modificare gli accordi iniqui, consentendoai genitori di ripresentare una convenzione nuova-mente “autorizzabile” e rinviabile ancora una voltaal P.M.. Se si accedesse alla tesi in base alla quale ilPresidente potrebbe trasformare il diniego dell’ac-cordo in un giudizio contenzioso, sarebbero indub-biamente violati i principi di giusto processo, es-sendo preclusa alle parti la possibilità di integrare ilgiudizio con nuovi fatti o documenti.

In conclusione. L’introduzione della L.162/2014 haconferito agli avvocati un ruolo di grande responsa-bilità, riconoscendo agli stessi quella giusta fiducianel loro costante operato. Con l’auspicio che i di-fensori non mancheranno di garantire una partico-lare attenzione nella attività di negoziazione, non sipuò però non stigmatizzare un ingiusto appesanti-mento in termini di responsabilità professionale edeontologica.

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Note1 Vincenti Amato. La famiglia Italiana dall’Ottocento ad oggi.

La famiglia e il diritto Editori Laterza 19882 La famiglia e il diritto, in Ann. Sen. Giur. Università di

Catania, 19483 Giudo Alpa. Status e capacità. Libri del tempo Laterza.

19934 Corte Costituzionale n. 132 del 27 marzo 19925 Russo Le convenzioni matrimoniali ed altri saggi sul diritto

di famiglia, Giuffré Editori 1983 6 Giacomo Oberto Accordi preventivi di divorzio: la prima pic-

conata è del tribunale di Torino 7 Gianfranco Dosi. La negoziazione assistita da avvocati.

G.Giappichelli Editore 20148 Oberto, “Gli aspetti di separazione e divorzio nella famiglia”9 Fasano-Matone. I conflitti della responsabilità genitoriale.

Giuffrè Editore 2013.

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L’AFFIDAMENTOFAMILIARE DEL MINORE ACOPPIA OMOSESSUALE

MICHELA LABRIOLA - GAIA DE PADUA

“L’affidamento del minore a coppia omosessuale”è frutto della lettura - e della riflessione che ne è sca-turita - di un articolo pubblicato sul quotidiano Re-pubblica il 5 febbraio 2014, in cui il giornalista CarloVerdelli racconta la storia di Farisa, protagonista diuna vicenda speciale: è la prima bambina in Italia adessere accolta, attraverso l’istituto dell’affido fami-liare, da una coppia convivente di omosessuali (Tri-bunale per i Minorenni dell’Emilia Romagna, Bolo-gna, 31 ottobre 2013, decr.).

Che vita potrà mai avere quella bambina? Come si faa metterla in mano a due omosessuali? E dove finiremo sela giurisprudenza compie simili scelte ed emana sentenzecontro natura, oltraggiando quello che è l’ultimo baluardodella normalità ovvero la presenza di una donna accantoad una creatura? (Verdelli, 2014, p. 28)

Certamente Farisa non può rappresentare la ri-sposta a questi inevitabili interrogativi. Tuttavia ilsuo caso, se guardato attentamente da vicino, inse-gna qualcosa a tutti noi: il diritto del minore al-l’amore quale diritto a ricevere l’apporto affettivo ne-cessario ai fini della crescita e della maturazionedella propria persona.

Così, anche la nostra giurisprudenza di merito siapre verso il pieno riconoscimento delle relazioni af-fettive dei minori, in armonia con la tendenza euro-pea a considerare la genitorialità come un “feno-meno sociale”, sempre meno legato esclusivamentealla matrice biologica delle relazioni di sangue esempre più connesso ai legami d’origine sociale cheaccomunano quanti, nel concreto vivere quotidiano,ne svolgano le funzioni (genitori biologici e adottivi,parenti del minore con particolare riferimento agliascendenti, partner del genitore, affidatari a vario ti-tolo e così via).

Le pagine che seguono mirano a stimolare un di-battito ponderato intorno ad un tema scottantecome il rapporto tra omosessualità e famiglia, senzatradire mai la stella polare del “best interest of thechild” ad un sano ed armonico sviluppo psicofisico.

Più in particolare, ci si pone il fine di rappresentarelo stato dell’arte in materia di affido familiare - la cuidisciplina è contenuta agli artt. 2 e ss. della l. 4 mag-gio 1983, n. 184 così come modificata dalla l. 28marzo 2001, n. 149, rubricata “Diritto del minore aduna famiglia” - con particolare riguardo alla fatti-specie dell’accoglienza di un minore presso una cop-pia affidataria omosessuale e stabilmente convi-vente.

Sul punto, si tratta di andare a verificare se nel no-stro ordinamento sia possibile attribuire la vestegiuridica dell’affido familiare all’inserimento del mi-nore presso una coppia formata da persone dellostesso sesso.

A tal fine si rende opportuno individuare l’esattosignificato del termine “famiglia” nell’ambito del-l’ordinamento vigente, tenendo conto che negli ul-timi anni la famiglia è andata incontro a molteplicicambiamenti nella sua composizione e struttura-zione, che ormai esiste una pluralità di relazioni af-fettive e, inoltre, che le Convenzioni internazionalinonché l’orientamento della giurisprudenza di le-gittimità e della Corte di Strasburgo indicano unsentiero che in materia di affido familiare - e nonsolo - include invece di escludere.

1. La normativa vigente in materia di affida-mento familiare

L’affidamento familiare è un istituto a protezionedel minore che non crea un rapporto adottivo (comenell’adozione) ma sopperisce ad una temporaneacarenza dell’ambiente familiare del minore.

Più precisamente, autorevole dottrina definiscel’affidamento familiare come “l’attribuzione provvi-soria dell’ufficio di assistenza del minore ad altra famiglia,persona o comunità di tipo familiare”.

A differenza dell’adozione che ha carattere di de-finitività ed è conseguente ad una situazione irre-versibile di abbandono, l’affidamento, nel disegnodel legislatore, costituisce un rimedio destinato adoperare per un periodo limitato di tempo.

Funzione dell’istituto, pertanto, è quella di un in-tervento integrativo provvisorio del rapporto fami-liare - una sorta di “supplenza a termine” - nell’at-tesa che la famiglia disfunzionale possa ritrovarel’equilibrio temporaneamente compromesso.

La ratio perseguita dal Legislatore risiede nell’as-sicurare al minore un “ambiente familiare idoneo” di cuiegli è temporaneamente privo e ove possa adegua-tamente svilupparsi la sua personalita.

In Italia, la disciplina dell’affidamento familiare ècontenuta nella l. 4 maggio 1983, n. 184, così comenovellata dalla l. 28 marzo 2001, n. 149, ora rubricata“Diritto del minore ad una famiglia”. La citata legge,ponendosi al servizio del minore, intende, da unaparte valorizzare il diritto del medesimo a crescerenella sua famiglia di origine, dall’altra, ove ciò nonsia possibile, garantire, attraverso l’affido, il diritto a

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crescere in un ambiente in grado di soddisfare le sueesigenze educative ed affettive e di rispettare i suoibisogni, in riferimento alle sue caratteristiche per-sonali e familiari e alla sua specifica situazione didifficoltà. In particolare, l’art. 2, comma primo, l.adoz. prevede che può farsi luogo all’affidamentosolo laddove gli interventi di sostegno e di aiuto di-sposti da parte dello Stato, della Regione o degli Entilocali a favore della famiglia (ad es. buoni alimentari,assegni familiari, sostegno nel pagamento delle bol-lette e così via) non abbiano dato buoni risultati.

Pertanto, affinché l’affidamento possa essere di-sposto, occorre che a causa di circostanze di carat-tere transitorio i genitori del minore non siano ingrado di offrirgli le cure che gli necessitano. Le causedella temporanea disfunzione dell’ambiente fami-liare possono essere molteplici e anche le più varie.Dai dati risalenti al 2010 e comunicati dall’Istitutodegli Innocenti di Firenze, emerge chiaramente chenon tutti i minori allontanati temporaneamente dalnucleo familiare d’origine provengono da situazionidi maltrattamento e abuso (casi nei quali l’inter-vento deve essere immediato e il più protettivo pos-sibile per il minore esposto a gravi pregiudizi). Dallestime risulta che per il 37% dei minori allontanatidalla famiglia la causa dell’allontanamento risiedein una “zona grigia” denominata “negligenza fami-liare”, il cui carattere distintivo è rappresentato dalladifficoltà della famiglia a farsi carico delle esigenzedi crescita del minore.

La ragione è spesso costituita da un insieme mistodi problematicità: povertà economica, marginalitàsociale, assenza di reti familiari e di supporto, as-senza in casa degli adulti di riferimento per molteore, deficit intellettivo o problemi di dipendenza diuno o di entrambi i genitori. Generalmente sono fa-miglie in cui il legame genitori-figli è di frequentepresente e significativo ma risulta carente la cura ge-

nitoriale per quel che attiene alla gestione della quo-tidianità e alla qualità delle cure, con conseguenti ef-fetti negativi sulla scolarizzazione, l’integrazione so-ciale, la salute e il benessere dei figli stessi.

Si tratta, infatti, di famiglie definite “multiproble-matiche”, che nella maggior parte dei casi sono giànote ai servizi sociosanitari per disagi insorti damolti anni e tali da rendere “incompetenti” i genitori.

Grazie all’affido, il fanciullo viene accolto tempo-raneamente presso una famiglia - preferibilmentecon figli minori - o presso una persona singola “ingrado di assicurargli il mantenimento, l’educazione,l’istruzione e le relazioni affettive di cui ha biso-gno”.

Solo qualora ciò non sia possibile, può farsi luogoall’inserimento del minore in una comunità di tipofamiliare, cioè in una struttura di accoglienza carat-terizzata da rapporti personali analoghi a quelli diuna famiglia, o in un istituto di assistenza pubblicoo privato che preferibilmente abbia sede in un luogovicino a quello in cui risiede la famiglia d’origine.

Recente giurisprudenza di merito (Tribunale per iMinorenni dell’Emilia Romagna, Bologna, 31 ottobre2013, decr., di cui si dirà più oltre) ha chiarito che néil dettato normativo né l’interpretazione giurispru-denziale pongano il rispetto dell’ordine di prefe-renza delle soluzioni di affidamento indicate nell’art.2 della l. n. 184 del 1983 a pena di nullità o ineffica-cia del provvedimento dispositivo dell’istituto. Se sitiene a mente che la ratio dell’affidamento è assicu-rare al minore un ambiente familiare idoneo di cuiè temporaneamente privo, tale ambiente, in casiparticolari e a seconda delle circostanze e delle ca-ratteristiche del minore, può essere costituito ancheda un modello di comunità familiare per così dire“incompleta” ovvero non tradizionale, in cui pos-sono non coesistervi la figura materna o la figura pa-terna o quella dei fratelli. L’affidamento familiarepuò essere disposto dal servizio locale oppure dalTribunale per i Minorenni.

Nel caso del c.d. affidamento volontario, in cui igenitori esercenti la responsabilità genitoriale e il tu-tore manifestino il loro consenso all’affidamento,questo viene disposto dal servizio sociale locale,sentito il minore che abbia compiuto i dodici anni oanche di età inferiore se ha capacità di discerni-mento. Il provvedimento del servizio sociale vienepoi reso esecutivo con decreto del giudice tutelare.

Nel caso del c.d. affidamento coattivo, in cuimanca l’assenso dei genitori esercenti la responsa-bilità genitoriale, l’affidamento può essere dispostodal Tribunale per i Minorenni ed in tale ipotesi tro-vano applicazione gli artt. 330 ss. cod. civ.

Rilevante è il contenuto del provvedimento di af-fido: in particolare, esso deve indicare le motiva-zioni per le quali l’affidamento è stato disposto, itempi e i modi dell’esercizio dei poteri riconosciutiall’affidatario nonché le modalità tramite cui i geni-

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tori e gli altri componenti del nucleo familiare pos-sono mantenere i rapporti con il minore.

Gli affidatari svolgono un ruolo centrale per il be-nessere del minore almeno per il periodo di duratadell’affidamento, assumendo l’obbligo di educare,istruire, mantenere il minore e assisterlo moral-mente per tutto il periodo dell’affidamento, tenendoaltresi conto delle indicazioni dei genitori se questinon sono decaduti dalla responsabilita genitoriale (odel tutore), delle prescrizioni fissate dall’autorita af-fidante nonché delle capacità ed inclinazioni natu-rali del fanciullo.

Pertanto, se l’adozione presuppone la sussistenzadi un definitivo stato di abbandono del minore, l’af-fidamento, invece, comporta che i genitori affidatarinon si sostituiscono bensi semplicemente si affian-cano alla famiglia d’origine del minore in difficoltà.

Attenta dottrina ha rilevato che il ricorso all’affi-damento eterofamiliare non significa limitarsi a rea-lizzare l’interesse del minore attraverso il sempliceallontanamento del medesimo dalla sua famigliama vuol dire soprattutto tendere ad una “gestionedell’interesse”, che consenta il superamento del-l’inidoneita del nucleo familiare d’origine.

È opportuno che di quest’ultimo vadano compresele difficolta, le problematiche e le resistenze all’af-fido del figlio, aiutandolo a vedere la positività di talemisura. Ma non solo. Occorre anche aiutare, nelcorso dell’affido, la famiglia d’origine a trovare quellerisorse personali e sociali che le permettano di usciredalla sua fragilita e dalla sua multiproblematicita, af-finché il bambino possa al piu presto farvi ritorno.

Parimenti occorre aiutare gli affidatari a rimanerenel loro ruolo non sostitutivo della genitorialità bio-logica ma esclusivamente di affiancamento a que-st’ultima ed a risolvere le frequenti problematicheche si vengono sviluppando nel loro nucleo con lapresenza dell’affidato. Cruciale, a tali fini, è il com-pito svolto dai servizi sociali. Questi ultimi hannonon solo il dovere di agevolare i rapporti tra il minoree la famiglia d’origine e di favorire il rientro nellastessa ma anche di svolgere opera di sostegno edu-cativo e psicologico.

L’affidamento familiare non ha più ragione di es-sere e pertanto cessa in tali ipotesi: quando sia su-perata la situazione di temporanea difficoltà dellafamiglia d’origine, qualora la sua prosecuzione risultipregiudizievole per il minore o ancora nel caso in cuisopravvenga una definitiva situazione di abbandonoe si debba, pertanto, procedere all’apertura del pro-cedimento di adottabilità.

2. La coppia omosessuale stabilmente conviventequale idonea famiglia affidataria

Se l’obbiettivo dell’affido familiare è il persegui-mento del miglior interesse del minore assicurandoa quest’ultimo un “ambiente familiare idoneo”, di cuiegli è temporaneamente privo ed ove possa ade-

guatamente svilupparsi la sua personalità, ci si po-trebbe domandare:

“In Italia un minore può essere temporaneamente affi-dato ad una coppia omosessuale?”;

“Quest’ultima può considerarsi, ai fini dell’applicabilitàdella normativa in materia di affidamento familiare ealla luce dell’evoluzione dei costumi sociali, una fami-glia?”;

“Può dirsi che l’affidamento familiare del minore ad unacoppia same-sex sia una soluzione contraria al superioreinteresse del minore?”

Tali interrogativi sono oggetto di acceso dibattitotra gli operatori del diritto, recentemente impegnatiad occuparsi di questa delicata tematica esposta avalutazioni soggettive, etiche e al rischio di seri pre-giudizi. Più in particolare, si tratta di verificare se nelnostro ordinamento sia giuridicamente possibile at-tribuire la veste dell’affido eterofamiliare ad unacoppia formata da persone del medesimo sesso.

In questa prospettiva, per alcune decisioni di me-rito (v. Tribunale per i Minorenni dell’Emilia Roma-gna, Bologna, 31 ottobre 2013, decr., Tribunale di Pa-lermo 4 dicembre 2013, decr.) si è reso opportunoricostruire l’esatto significato del termine “famiglia”nell’ambito dell’ordinamento vigente, alla luce dellenorme e della giurisprudenza nazionale e sovrana-zionale, con specifico riferimento alla disciplina del-l’affido eterofamiliare dei minori.

Al riguardo giova da subito evidenziare che, sulpiano generale, la “famiglia” non è un concetto cri-stallizzato ma va necessariamente adeguato al-l’evoluzione della società e dei costumi. Negli ul-timi anni, infatti, la famiglia è andata incontro amolteplici cambiamenti nella sua composizione estrutturazione. Oggigiorno non si parla più di fami-glia, facendo riferimento alla famiglia patriarcale

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come avveniva agli inizi del XX secolo o di famiglianucleare come era consuetudine negli anni ’70, madi “famiglie” o di “famiglia al plurale”, per intendere lapluralità delle tipologie familiari che si affiancanoalla famiglia eterosessuale monogamica fondata sulmatrimonio ex art. 29 Cost.

Quindi, ragionare oggi sulla famiglia, significacomprendere le variegate forme di convivenza, daintendersi come risposte al bisogno dell’essereumano di costruire e mantenere legami, nonchépensare a come si esplica la genitorialità e i suoicompiti educativi che sono divenuti sempre meno“naturali” e sempre più complessi.

Sul piano strettamente normativo il concetto di fa-miglia deve essere rapportato a diversi parametri,quali quello costituzionale - artt. 29, 30 e 31 Cost. - equello sovranazionale - art. 16, comma terzo, dellaDichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, ap-provata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unitea New York il 10 dicembre 1948, art. 8 della Conven-zione Europea dei Diritti dell’uomo, adottata a Romail 4 novembre 1950, artt. II-7 e II-9 della Costituzioneper l’Europa, firmata a Roma il 29 ottobre 2004 - ol-tre che alle leggi nazionali quale la l. n. 184 del 1983,così come modificata dalla l. n. 149 del 2001, rubri-cata “Diritto del minore ad una famiglia”.

I recenti richiamati arresti giurisprudenziali, con-solidatisi sul tema dell’affido, hanno evidenziatoche - a differenza dell’adozione, che esclude dal no-vero degli aspiranti i soggetti non costituenti una fa-miglia in senso giuridico - l’istituto dell’affido ete-rofamiliare non contiene un esplicito richiamo almatrimonio quale vincolo che unisca gli affidatari enon presuppone uno stato di abbandono del mi-nore bensì un transitorio momento di difficoltà deigenitori del medesimo. Ciò, infatti, risulta coerentecon la possibilità, normativamente prevista, di affi-dare il fanciullo ad una persona singola, purché ido-nea ad assicurare un contesto di cura amorevole adun minore che ne sia temporaneamente privo.

Pertanto, la diversità dei presupposti e delle fina-lità dell’adozione e dell’affido eterofamiliare nonconsente di ritenere applicabili tout court a quest’ul-timo le procedure previste per l’adozione e, in par-ticolare, quelle relative alle modalità di valutazioned’idoneità e di comparazione delle coppie aspirantiall’adozione.

Sempre la stessa giurisprudenza ha, infatti, affer-mato che, se il diritto di adottare deve escludersi incapo a soggetti adulti non costituenti una famiglia insenso giuridico, in materia di affido non possono es-sere estromessi dal novero dei potenziali affidatarii singoli individui e quindi, “in base ad un necessariopassaggio logico-giuridico”, anche le coppie di fattocome quelle di consaguinei, legate da qualsivogliatipo di relazione, purché, qualora entrambi sianoincaricati dell’affido, stabili e con caratteristiche talida apparire idonee ad assicurare al minore il man-

tenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni af-fettive di cui ha bisogno. A riprova di tale argomen-tazione si può constatare che formalmente la leggenon vieterebbe l’affido ad un singolo individuo chefosse componente di una coppia non riconoscibilecome famiglia, non rilevando in tale caso la sussi-stenza e le caratteristiche di tale unione. Ebbene, po-tenziali affidatari possono essere anche due adultinon uniti in matrimonio, purché si apprezzi la pre-senza di una situazione di fatto assimilabile all’am-biente familiare sotto il profilo dell’accudimento edella tutela del minore.

Quid iuris se la potenziale coppia affidataria fossecomposta da persone aventi lo stesso sesso? Ad av-viso degli organi giudicanti, la circostanza che i com-ponenti del nucleo accogliente abbiano lo stessosesso si può ritenere non ostativa all’affidamento diun minore.

E ciò tenuto conto sia dell’assenza di una precisadefinizione legislativa, a livello di normativa prima-ria e secondaria, che escluda dal concetto di famiglia,rilevante ai fini dell’affidamento eterofamiliare, unnucleo composto da persone dello stesso sesso, siadell’ampio concetto di legame familiare quale elabo-rato - con esplicito richiamo alle unioni omosessuali- anche dalla giurisprudenza della Corte di Stra-sburgo (Corte Eur. Dir. Uomo, 24 giugno 2010, Schalke Kopf contro Austria), in aderenza ai principi dellaCarta di Nizza, che vieta qualsivoglia discrimina-zione basata sul sesso e sull’orientamento sessuale.

È agevole constatare che a livello sovranazionaleil concetto di famiglia ha una portata più vasta diquella unione tra due individui cui il legislatore ita-liano riconosce effetti giuridici ai sensi dell’art. 29Cost. Sulla scorta degli insegnamenti della Corte diStrasburgo, la nostra giurisprudenza costituzionalee di legittimità ha, negli ultimi anni, costruito unvero e proprio sistema di tutela delle unioni omo-sessuali, improntato al riconoscimento di un mo-dello pluralistico di famiglia. Dapprima la Corte Co-stituzionale, 14 aprile 2010, n. 138 e, in seguito, laSuprema Corte, sez. I, 15 marzo 2012, n. 4184, hannofatto il punto su un principio che può ritenersi ormaiconsolidato: il carattere propriamente familiare del-l’unione omosessuale e, dunque, la possibilità di as-similarla, all’interno del giudizio di non discrimina-zione, alla coppia coniugata eterosessuale.

Infine, sulla stessa linea si pone il recente orien-tamento della giurisprudenza della Corte di Cassa-zione, sez. I, 11 gennaio 2013, n. 601, per denotarel’ambito nel quale il minore è destinato a crescere,utilizza il termine “famiglia”, precisamente l’espres-sione “famiglia incentrata su una coppia omoses-suale”. Ad avviso della medesima Suprema Corte,“costituisce mero pregiudizio, in assenza di cer-tezze scientifiche o dati di esperienza, la convin-zione che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo delbambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata

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su una coppia omosessuale”. Occorre, pertanto, pro-vare in giudizio la sussistenza di un danno in capoal minore, quale conseguenza della circostanza di vi-vere in una famiglia composta da persone dellostesso sesso.

Ebbene, se la nozione di famiglia che rileva ai finidell’affido familiare di cui alla l. n. 184 del 1983, cosìcom’è stata interpretata dalla giurisprudenza, si in-scrive in tale contesto sovranazionale, si può ritenereche in linea di principio non v’è ostacolo all’affida-mento di un minore a una coppia stabilmente con-vivente e composta da persone dello stesso sesso.

Ed è proprio siffatto orientamento che è statoadottato dal Presidente del Tribunale per i mino-renni dell’Emilia Romagna il quale ha confermato,con decreto del 31 ottobre 2013, il provvedimento diaffido consensuale di una minore ad una coppia diomosessuali residente nel Parmense, a seguito delreclamo presentato dal P.M. che ne chiedeva l’an-nullamento.

Nel caso in esame, il presupposto del provvedi-mento di affidamento della minorenne, e del de-creto con cui esso è stato reso esecutivo, è basatoproprio sulla qualificazione della coppia same-sexcome “famiglia”. L’art. 2, comma primo, l. 4 maggio1983, n. 184 è stato, pertanto, interpretato con rife-rimento non solo alla famiglia fondata sul matri-monio ma anche a quella fondata sulla convivenza(eventualmente omosessuale).

Sul punto, il sensibilissimo articolo del giornalistaCarlo Verdelli, apparso sul quotidiano la Repubblicail 5 febbraio 2014, ci racconta l’inedita vicenda di unabimba africana: “Farisa” (nome di pura fantasia, co-niato dalla stampa per tutelare la privacy della mi-nore), in affido a due papà. Qui di seguito racconte-remo la sua storia, pregnante di significati, che aprealtresì una finestra sulla realtà dell’omogenitorialità.

3. La storia di Farisa, affidata a due papà (Tribu-nale per i Minorenni dell’Emilia Romagna, Bologna,31 ottobre 2013, decr.)

La storia di Farisa è “una storia come tante ma diversada tutte”: così l’ha definita il giornalista Carlo Verdellisul quotidiano la Repubblica del 5 febbraio 2014.

Il suo caso rappresenta il primo esempio italianodi affido di un minore a una coppia omosessuale ecostituisce una delle prime concrete applicazioninel nostro ordinamento della nuova nozione di “fa-miglia”, elaborata dalla giurisprudenza sovranazio-nale e di legittimità negli ultimi tempi, che superaquella cristallizzata nell’art. 29, comma primo, Cost.aprendosi a nuovi modelli largamente diffusi nellarealtà contemporanea.

È importante sottolineare un dato di fatto: la pre-gressa conoscenza tra la madre biologica di Farisa ela coppia affidataria, tale da dar luogo ad una di-mensione di cura e di affetto adeguata a garantire lacrescita e l’educazione della piccola bimba.

Ma andiamo per ordine. Farisa ha le treccine neresparate all’infuori ed è originaria del Corno d’Africa.Non ha nemmeno quattro anni ed è figlia di unamamma seguita da tempo dal servizio sociale ter-ritoriale la quale, avendo molti problemi ed un’altrafiglia, non ha ancora le competenze che le permet-tono di accudire entrambe le bambine. Farisa ha an-che un papà che vive all’estero e che viene in Italiauna volta l’anno, facendole visita con regolarità. Intale contesto il servizio sociale identifica una cop-pia omosessuale disponibile ad occuparsi tempo-raneamente della minore in qualità di “famiglia af-fidataria”.

Vale la pena sottolineare che non sono dei perfettisconosciuti per la minore. Sono i vicini di casa di Fa-risa, ai quali la madre lasciava la piccola quando nonera in grado di occuparsi della medesima. La bimbali conosce da tempo e li chiama confidenzialmente“zii”.

E così, proprio dagli incontri sempre più frequentie dalla crescente familiarità con i genitori di Farisa,è nata l’idea della coppia di proporsi per l’affida-mento della minore.

Il servizio sociale, con il consenso di entrambi i ge-nitori, pronunciava così il 21 febbraio 2013 il prov-vedimento di affidamento eterofamiliare in favoredella minore per il periodo 18 febbraio 2013 - 31 di-cembre 2013, reso esecutivo con decreto emesso il 2luglio 2013 dal Giudice Tutelare presso il Tribunale diParma, secondo quanto stabilito dall’art. 4 della l. 4maggio 1983, n. 184. A seguito dell’affido, la coppiaaffidataria instaura sin da subito con Farisa una re-lazione adeguata. Tanto è vero che non c’è confu-sione dei ruoli da parte della minore né sovrapposi-zione degli affidatari ai genitori; anzi, emerge che lacoppia affidataria ha chiara consapevolezza del suoruolo di supporto alla famiglia d’appartenenza di Fa-risa.

Il provvedimento di affido veniva tuttavia impu-gnato dal Pubblico Ministero innanzi al Tribunaleper i Minorenni di Bologna, chiedendone l’annulla-mento per i seguenti motivi: “indipendentemente daogni valutazione in merito alla scelta operata dal S.S.(probabilmente finalizzata ad affrontare una problematicagiuridica di più ampia portata)” a) non risultava ac-quisito e formalizzato il consenso del padre della mi-nore; b) risultava incompleto e non sottoscritto ilprogetto quadro dell’equipe territoriale; c) non eraprevisto alcun mantenimento dei rapporti con il pa-dre né il complesso degli interventi posti in essere asostegno della famiglia d’origine; d) non risultavadocumentata la convivenza degli affidatari; e) non ri-sultava documentato che gli affidatari costituisserouna famiglia di fatto o una coppia con un minimo dicarattere di stabilità né era possibile comprendereperché non fosse stata privilegiata una coppia configli come indicato dall’art. 2 l. n. 184 del 1983 e in-fine f) non si comprendeva perché la minore do-

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vesse essere allontanata dalla madre e dalla sorella,già da tempo adeguatamente sostenute dal S.S. onon potesse essere assistita dal padre. A seguitodello svolgimento dell’istruttoria, articolatasi nel-l’audizione degli affidatari e degli operatori del Ser-vizio Sociale nonché nell’acquisizione di documenti,il P.M. insisteva nella sua richiesta rilevando sia l’as-soluta approssimazione con la quale il S.S. avevapredisposto la documentazione di affido sia la su-perfluità di un tale provvedimento, attesa la possi-bilità di dare un adeguato supporto alla famigliad’origine del minore senza alimentare la temuta“confusione dei ruoli”.

Attenta dottrina ha ritenuto che le motivazioniespresse dal P.M. fossero il frutto di una posizioneideologica palesemente contraria all’affidamento diminore a coppia omosessuale. L’unione omoses-suale veniva, infatti, definita come “sedicente” e“certamente intenzionata a vivere l’esperienza diaffido come un surrogato di genitorialità”. Inoltre, adavviso del P.M., anche “la circostanza assunta del-l’impossibilità di reperire una coppia con figli idoneaall’affido” risultava “incredibile” e “imbarazzante perun Servizio Sociale”.

Nonostante tali gravi eccezioni, il Tribunale per iMinorenni di Bologna, presieduto dal Giudice dott.Spadaro, rigettava il ricorso confermando, con de-creto del 31 ottobre 2013, l’affidamento di Farisa allacoppia di “zii”.

In fin dei conti perché escludere, aprioristica-mente, che l’interesse del minore possa essere rag-giunto e garantito tramite l’affido ad una coppia dipersone aventi lo stesso sesso?

Il Tribunale per i Minorenni, nel contestare le va-rie eccezioni del P.M., in riferimento all’opzione di af-fidare la minore ad una coppia di fatto anziché aduna famiglia con figli minori, ha rilevato che effetti-

vamente il provvedimento di affido nulla riferisce inmerito all’irreperibilità di tale ultima soluzione. Tut-tavia, l’organo giudicante ha fatto presente che lanormativa in materia di affido e l’interpretazionegiurisprudenziale non prevedono - a pena di nullitào inefficacia del provvedimento - il rispetto dell’or-dine di preferenza delle soluzioni di affidamentoindicate nell’art. 2 della legge n. 184 del 1983. Ciò ècomprensibile se si tiene a mente che la ratio del-l’affidamento è assicurare al minore un “ambientefamiliare idoneo”, di cui è temporaneamente privo,che, a seconda delle circostanze e delle caratteristi-che del minore, può essere costituito anche da unmodello di comunità familiare “incompleta” (è as-sente la figura materna o paterna o quella dei fra-telli).

Nel caso concreto, il Tribunale ha sottolineatocome la scelta del Servizio Sociale, di affidare la mi-nore ad una coppia senza figli, sia stata funzionalead evitare l’insorgere nella bimba di una “confu-sione di ruoli”, considerando che la bimba provieneda un nucleo monogenitoriale dove esiste già unasorella ed ha chiari i suoi riferimenti parentali.

Questi ultimi, ad avviso degli operatori sociali,avrebbero potuto essere compromessi inserendo lapiccola in una famiglia di tipo tradizionale formatada una nuova coppia di genitori e da altri bambiniloro figli. Inoltre, sulla base delle osservazioni com-piute, è emerso che la minore si è sempre relazio-nata a figure familiari femminili, sia in comunità sianella famiglia di appartenenza, così da sembrareopportuno un suo inserimento in un contesto esclu-sivamente maschile totalmente dedicato a Farisa.Peraltro, i risultati positivi, già emersi dai primi mesidi affido e ricavabili dalle audizioni della madre non-ché dagli Operatori del S.S., hanno comprovato labontà di tale scelta.

Infatti, a seguito dell’istruttoria era emerso che, daun lato, la coppia affidataria fosse ben conscia delproprio ruolo non sostitutivo bensì di supporto allamadre biologica, la quale frequentava regolarmentela loro casa e si era espressa positivamente sull’an-damento dell’affido e che, dall’altro lato, la minoreavesse interiorizzato le figure adulte di riferimento,non sovrapponendo per nulla ai genitori gli “zii” af-fidatari.

A chiusura di tali argomentazioni vale la pena ri-portare le parole del Giudice dott. Spadaro, il qualesi è espresso favorevolmente sul provvedimentoadottato: “Ad un anno di distanza, effettuati i controlli perverificare che la scelta del giudice sia stata e sia ancoraquella buona, direi che la bambina sta bene. E se sta benelei, il resto conta pochissimo o niente”.

Ed infatti, oggi Farisa va all’asilo e, ad avviso dellemaestre, “socializza senza problemi, mostrando unosviluppo armonico e armonioso”. I due “zii”, intanto,si alternano per accompagnarla al nido e per por-tarla alle prime feste dei coetanei o al parco giochi.

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Sulla base delle precedenti considerazioni, può ri-tenersi - d’accordo con autorevole dottrina - chenon vi sia alcuna ragione, se non il pregiudizio, perritenere che un ambiente familiare di tipo omoses-suale possa essere dannoso per il sereno sviluppo diun minore, e ciò fino al momento in cui la coppiasame-sex eserciti un ruolo solo supplente e tempo-raneo nell’accudire ed educare un minore, il qualeha ben fermo in mente il proprio rapporto con la suafamiglia eterosessuale di provenienza.

In conclusione, ai ristretti fini di una pronuncia diaffidamento eterofamiliare, la coppia omosessualestabilmente convivente può essere considerata “fa-miglia”, idonea a candidarsi come affidataria a menoche non emerga, nel caso concreto, la prova che ècontrario all’interesse del minore essere, anche soloin via temporanea, accudito da due persone dellostesso sesso.

4. L’importanza dei legami family-like nel pano-rama odierno dell’affido

Si è visto, nelle pagine che precedono, come l’af-fidamento familiare si fondi su una visione positivadella possibilità di cambiamento delle persone ed inparticolare dei bambini. Tale concezione è validataempiricamente dalle positive esperienze realizzatenegli ultimi decenni e dai recenti studi sulla resi-lienza, che dimostrano come i bambini possono farfronte in maniera positiva a eventi traumatici divaria natura e intensità quando sono sostenuti dauna rete sociale all’interno della quale sviluppanorelazioni interpersonali significative e di effettivosostegno alla crescita. Tali considerazioni impon-gono una rilettura del principio del “supremo inte-resse del minore” alla luce dell’importanza dei le-gami familiari e sociali necessari alla sana crescitadel bambino.

La metodologia delle family practices ha messo inevidenza come ogni famiglia costituisca, non sol-tanto un tassello di una struttura sociale preordinata,bensì il prodotto di una processualità dinamica chesi costituisce in via progressiva grazie al contributoattivo dei suoi membri e nell’interscambio con ilmondo che la circonda. Ed infatti le famiglie nonsono solo soggetti di funzioni naturali di riprodu-zione e di socializzazione ma anche sfere di intimitàe di interazione in cui si attribuisce un significato allerelazioni, generando ulteriori significati nel confrontocon un contesto storico-culturale nel quale circo-lano norme, modelli e diverse visioni di famiglia.

Ebbene, l’affido familiare può essere consideratoun interessante esempio dell’idea che “una famigliaè ciò che fa”. Può osservarsi come nel contesto so-ciale le famiglie affidatarie generino reazioni di am-mirazione, di stupore e di sospetto perché rappre-sentano un qualcosa di “inatteso” rispettoall’immaginario familiare diffuso. E se per la giuri-sprudenza della CEDU nonché per i nostri Tribunali

la famiglia affidataria può essere anche una coppiacomposta da persone dello stesso sesso, innanzi atale nuova realtà, appunto inaspettata, le reazioni diperplessità e di timore della gente comune sonomaggiori.

Molti, infatti, si sono domandati proprio in riferi-mento alla storia della piccola Farisa: ma come maicon tante coppie disponibili.. proprio a due gay do-vete affidare la bambina? Il punto richiede alcune ri-levanti precisazioni.

È bene premettere che il quadro più aggiornatosulla pratica dell’affido mette in luce che al 31 di-cembre 2010 sono stati censiti complessivamente inItalia 14.528 bambini ed adolescenti in affidamentofamiliare. Il 55%, e quindi poco più della metà degliaffidi complessivi, è eterofamiliare mentre i restantiriguardano minori affidati a parenti fino al quartogrado all’interno di un’ottica volta a valorizzare erafforzare le risorse familiari e le possibilità di sup-porto interne alla rete familiare. Inoltre, il gran nu-mero degli affidi risultano essere giudiziali e nonconsensuali, attuati pertanto in una situazione diassenza di condivisione con le famiglie di originedei minori. Tale aspetto mette in luce come sia ne-cessario costruire, in un processo che il più dellevolte risulta lungo e tortuoso, un terreno comune trai vari protagonisti coinvolti. All’uopo il minore e lafamiglia di origine devono poter collocare la loro se-parazione all’interno di uno spazio che abbia unsignificato anche per loro, altrimenti risulta com-plicato che l’affido del minore raggiunga gli scopiprestabiliti.

Infine giova ricordare che la durata degli affidi, chein base alla legge e alla natura stessa dell’affidocome dispositivo basato sulla temporaneità do-vrebbe essere inferiore ai 24 mesi, è altamente va-riabile. Solo la metà degli affidi, infatti, ha una durata

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inferiore ai due anni anche se negli ultimi dieci annisi rileva una diminuzione del numero degli affidi chesi protraggono per un periodo superiore: erano il62,2% nel 1999 mentre sono il 48% nel 2010.

A ben guardare, in Italia il numero delle famiglieeffettivamente disposte ad un affido, nei terminidella temporaneità e della conservazione del legametra il bambino e la sua famiglia, non è certamenteelevato. Non è raro il caso di coppie eterosessuali cheaccettano, sì di accogliere anche temporaneamenteun bambino, ma che non hanno ben chiara in mentela differenza tra affido e adozione: sono persone, in-fatti, che si mostrano più disposte a sostituirsi ai ge-nitori biologici che ad affiancarsi ad essi. È com-prensibile, peraltro, come possa essere difficilel’adeguamento della famiglia del bambino accoltoquando il genitore è, o è ritenuto, inadeguato se nonaddirittura trascurante o maltrattante, così comepossa essere complesso far accettare alla famiglia diorigine che il minore viva in un’altra famiglia, piut-tosto che in un istituto, che appare meno disconfer-mante delle potenzialità evolutive proprie e del fi-glio. Dall’intervista, condivisibile, rilasciata alquotidiano la Repubblica dal Presidente del Tribu-nale per i Minorenni di Bologna, Giudice dott. Spa-daro, emerge come ci sia più desiderio di genitoria-lità che capacità e volontà di aiutare in concreto unbambino a crescere senza pretendere nulla in cam-bio. Ebbene, alla luce delle precedenti considera-zioni, ricondurre al centro dell’attenzione l’impor-tanza dei legami familiari e sociali nella crescita deibambini sembra oggi una reale priorità. Se centralenell’affido risulta essere la dimensione dell’acco-glienza, bisogna tenere a mente che il verbo acco-gliere deriva dal latino colligere, che significa riceverepresso di sé, allargare le braccia per disporsi a rice-vere, contenere e raccogliere. Nel vocabolario del-l’affido familiare esso ha assunto il senso di “do-nare”: infatti solo colui che è capace di aprire lebraccia per disporsi a ricevere può davvero acco-gliere un minore in difficoltà. E, alla luce dei recentiorientamenti giurisprudenziali, capace di “donare”,nei termini di cui sopra, può essere anche una cop-pia o persona affidataria non necessariamente ete-rosessuale.

5. La valutazione del best interest of the child. Ri-flessioni conclusive.

Si potrebbe fissare il prezzo dei pensieri. Alcuni costanomolto, altri poco. E con che cosa si pagano i pensieri? Iocredo così: con il coraggio.

Ludwig Wittgenstein (1946)Sul tema oggetto della presente trattazione è in-

negabile che il dibattito sia acceso e non vi sia una-nimità di vedute. L’idea di base, come già anticipatonella presentazione del presente contributo, dellaquale tali Riflessioni sono il continuum, è proprioquella di meditare su quelle che sono le acquisi-

zioni recenti della giurisprudenza, anche alla lucedella pluriennale ricerca scientifica in tema di omo-genitorialità.

Si è constatato, nelle pagine antecedenti, che la re-cente giurisprudenza di merito, chiamata ad eserci-tare un ruolo di supplenza normativa, data l’inerziadel legislatore, apre di fatto la strada a modelli fa-miliari “diversi” da quelli tradizionali, riconoscendocome un bambino possa crescere serenamente an-che con una coppia omosessuale. Pertanto anche lacoppia same-sex è una “famiglia”, secondo la no-zione che il formante giurisprudenziale, nella stasidel legislatore, ha elaborato. La letteratura scientificanondimeno fa da ancoraggio a tale apertura, soste-nendo, ormai da circa 30 anni, che non ci sono provea sostegno della tesi per cui genitori con orienta-mento omosessuale siano di per sé diversi o carentinella capacità di essere genitori, di saper cogliere iproblemi dell’infanzia e di sviluppare attaccamentigenitore-figlio, a confronto di genitori con orienta-mento eterosessuale. Da tempo è stato stabilito al-tresì che l’orientamento omosessuale non è in alcunmodo correlato ad una patologia e non ci sono basisu cui presumere che l’orientamento omosessuale diun genitore possa aumentare le probabilità o in-durre un orientamento omosessuale nel figlio. Infinestudi sugli esiti educativi di figli cresciuti da genitoriomosessuali, messi a confronto con genitori etero-sessuali, non depongono per un maggior grado di in-stabilità nella relazione genitori-figli o disturbi evo-lutivi in questi ultimi. E così se l’unione omosessualeè considerata da più parti una “famiglia”, può costi-tuire anche, in materia di affido, una famiglia di-sponibile e capace ad accogliere il minore, una “fa-miglia affidataria”.

Si è visto come l’affidamento eterofamiliare siauna delle possibili e necessarie risposte al diritto diogni bambino in difficoltà ad una famiglia o perlo-meno ad una “famiglia in più”.

Rappresenta un’opportunità di sostegno per la fa-miglia di origine e di crescita per la famiglia affida-taria oltre ad essere un’occasione per esprimere lacompetenza e la solidarietà della collettività verso chifa più fatica. La storia di Farisa, affidata a due papà,mette in luce come l’affidamento si ponga come illuogo della “normalità” delle relazioni parentali, fa-miliari e sociali: un luogo di “familiarità”, di affettivitàcalda delle relazioni personali, in cui poter crescere,svilupparsi e costruire la propria identità.

Tali considerazioni conducono ad una rimedita-zione dell’importanza dei legami e delle relazioni ge-nitoriali e sociali alla luce della luminosa stella co-meta del “best interest of the child”. È chiaro, tuttavia,che ogni provvedimento di affido debba essere mo-dulato in modo quanto più appropriato al singolocaso concreto, secondo il principio del supremo in-teresse del minore, prevalente sugli interessi degliadulti in eventuale conflitto con esso.

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ATTUAZIONEDELL'ASSEGNAZIONEDELLA CASA FAMILIARE

GIANLUCA VECCHIO (AVVOCATO DEL FORO DI PISA)

SOMMARIO1 Le difficoltà del modello esecutivo generale pre-

visto dal libro terzo del c.p.c. per l’esecuzionedei provvedimenti in materia di diritto di fami-glia: inquadramento sistematico.

2 L’assegnazione della casa familiare.3 La giurisprudenza dell’esecuzione dei provvedi-

menti di assegnazione della casa familiare: a)L’esecuzione in via breve; b) Condanna implicita.

4 La dottrina a confronto.5 Artt. 614 bis c.p.c. e 709 ter c.p.c: possibili solu-

zioni.

1. Le difficoltà del modello esecutivo generaleprevisto dal libro terzo del c.p.c. per l’esecuzionedei provvedimenti in materia di diritto di fami-glia: inquadramento sistematico.

Il problema dell’esecuzione dei provvedimenti inmateria di diritto di famiglia è uno dei temi più sen-titi, non solo dalle parti coinvolte, bensì anche daglioperatori del diritto. Spesso oltre alla difficoltà, an-che in ordine ai tempi, incontrate per ottenere unprovvedimento dichiarativo e/o di condanna, si ac-compagna una difficoltà nell’esecuzione del prov-vedimento stesso1. Allo stesso modo quello che po-teva sembrare un ottimo provvedimento dichiarativoe/o di condanna, nel momento della sua esecuzionepuò manifestare criticità dettate proprio alle formedell’esecuzione così come disciplinate dal libro terzodel codice di procedura civile.

Come attenta dottrina2 ha osservato tali criticitàsono dettate, tra le altre, dal fatto che i principi ge-nerali che ispirano il processo comune e particolar-mente le sue forme esecutive non possono esseretrasferiti con automaticità nel diritto di famiglia, senon a costo di pregiudicarne gravemente gli ambitidi tutela.

Il modello processualcivilistico del processo ese-cutivo presuppone una netta separazione tra cogni-

zione ed esecuzione, il giudice dell’esecuzione maipuò modificare i contenuti della tutela cognitiva; inambito familiare, invece, la dinamica dei rapporti trai coniugi e soprattutto dei loro rapporti con i figlirende impossibile una netta cesura tra fase di co-gnizione e fase di esecuzione con la necessità di uncontinuo adeguamento del titolo esecutivo alla di-namica della realtà sostanziale3. I poteri del giudicedell’esecuzione nel diritto di famiglia quindi devonoessere diversi da quelli previsti dalla normativa dicarattere generale (III libro c.p.c.) e si deve necessa-riamente permettere anche al giudice dell’esecu-zione di adeguare i contenuti della tutela di cogni-zione in relazione alla necessità di modifiche o adifficoltà esecutive del provvedimento4.

Dal punto di vista dell’inquadramento sistematicoil modello esecutivo previsto nella normativa di ca-rattere generale tutela due modelli di esecuzione5:quella diretta, ogni volta che l’inerzia dell’obbligatopuò essere sostituita dall’attività dell’ufficio esecutivo(obbligo fungibile), ufficio che compie ciò che l’ina-dempiente avrebbe dovuto fare realizzando l’utilità ri-chiesta dal procedente secondo ciò chè gli spetta ri-spetto al diritto sostanziale; quella indiretta, ognivolta che si è in presenza di obblighi infungibili (dovel’adempimento personale dell’obbligato è determi-nante vuoi per il contenuto personale della presta-zione o perchè vi è un obbligo di astensione) in cui, at-traverso l’utilizzo di strumenti sanzionatori, si cercadi indurre l’obbligato ad adempiere. In ordine a que-st’ultima forma di tutela il legislatore recentementeha introdotto una nuova norma di carattere generale6,e come tale potenzialmente applicabile anche al-l’ambito familiare (laddove sussistenti i presuppo-sti), sancita nell’art. 614 bis c.p.c.7; seppur inserita delterzo libro del c.p.c. al titolo IV dedicato all’esecuzioneforzata di obblighi di fare e non fare; interessantenotare come il legislatore abbia affidato tale tutela algiudice della cognizione. La normativa invece di ca-rattere speciale, più attinente al tema da trattare,vede nell’art. 709 ter c.p.c.8 lo strumento di esecu-zione indiretta in caso di gravi inadempienze o attiche arrechino pregiudizio al minore od ostacolino ilcorretto svolgimento delle modalità di affidamento.

2. L’assegnazione della casa familiare: la norma-tiva di riferimento.

La legge sulla filiazione, grazie all’unificazionesotto il profilo del diritto sostanziale9 dello stato difiglio, sia esso nato durante il matrimonio, sia fuoridal matrimonio, oggi offre un’unica disciplina in or-dine all’assegnazione della casa familiare nell’art.337 sexies c.c.

Abrogato l’art. 155 quater c.c. (la cui formulazionecomunque è stata ripresa nella nuova norma) inmateria di separazione, il legislatore ha “lasciato” invigore la norma speciale sul divorzio sancita dall’art.6, comma 6 l. 898/70.

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L’art. 337 sexies c.c. prevede che: “Il godimento dellacasa familiare è attribuito tenendo prioritariamente contodell’interesse dei figli. Dell’assegnaizone il giudice tieneconto nella regolazione dei rapporti economici tra i geni-tori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto algodimento della casa familiare viene meno nel caso chel’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmentenella casa familiare o conviva more uxorio o contragganuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione equello di revoca sono trascrivibili ed opponibili a terzi aisensi dell’art. 2643”.

L’art. 6, comma 6 l. 898/70: “l’abitazione della casa fa-miliare spetta di preferenza al genitore cui vengono affi-dati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggioreetà. In ogni caso ai fini dell’assegnazione il giudice dovràvalutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragionidella decisione e favorire il coniuge più debole. L’assegna-zione in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirenteai sensi dell’art. 1599 del codice civile”.

In dottrina ci si è chiesti se la norma speciale suldivorzio, alla luce della nuova normativa sulla filia-zione, ed in particolare dell’art. 337 bis c.c.10, sia stataabrogata implicitamente. L’interpretazione maggio-ritaria11, partendo dal presupposto di una sostan-ziale uniformità delle disciplina, seppur con formu-lazioni diverse, ritiene comunque applicabile, anchein sede di divorzio, la norma dell’art. 337 sexies c.c.,ferme le peculiarità dell’art. 6, comma 6 l. 898/70, unasu tutte la particolarità in sede di trascrizione.

3. La giurisprudenza dell’esecuzione dei provve-dimenti di assegnazione della casa familiare:

a) L’esecuzione in via breve.L’indirizzo costante della giurisprudenza12 in tema

di esecuzione dei provvedimenti temporanei ed ur-genti assunti dal presidente del Tribunale o dal giu-

dice istruttore ex art. 708 c.p.c.13 ravvisa lapossibilità, in caso di inadempimento del-l’obbligato, dell’esecuzione coattiva in viabreve a mezzo dell’ufficiale giudiziariocompetente, salvo che il beneficiario delprovvedimento preferisca avvalersi, dellanormale procedura di esecuzione forzata14.

L’esecuzione in via breve è quella con-trollata dal giudice che ha pronunciato ilprovvedimento da eseguire o dal giudicetutelare, con ampia discrezionalità delleforme e ausilio del servizio sociale, o,come nel caso di specie, dall’ufficiale giu-diziario.

Tale forma di esecuzione trova ancheconferme di diritto positivo; per esempioper i problemi di attuazione dei provve-dimenti cautelari aventi ad oggetto ob-blighi di consegna, rilascio, fare e nonfare, regolati dall’art. 669 duodecies c.p.c.,dove si lascia l’attuazione alla discrezio-nalità delle forme e dei contenuti che po-

trà dettare il giudice che ha pronunciato la stessamisura cautelare.

In materia familiare vi sono: a) l’art. 342 ter c.c.dove è previsto che il giudice che concede l’ordine diprotezione determina anche le modalità di attua-zione e dove sorgano difficoltà o contestazioni in or-dine all’esecuzione provvede con decreto ad ema-nare i provvedimenti più opportuni per l’attuazione,ivi compreso l’ausilio della froza pubblica e dell’uf-ficiale sanitario; b) l’art. 6, 10° comma, delle legge n.898 del 1970, oggi norma abrogata dal d. lgs. n. 154del 28 dicembre 2013 (legge sulla filiazione)15, che at-tribuiva al giudice del merito ogni competenza at-tuativa in cui, dopo aver pronunciato, trasmettevauna copia del provvedimento al giudice tutelare (po-nendosi un problema di coordinamento tra questidue organi); norma applicabile anche ai provvedi-menti di separazione (“in quanto compatibile”) exart. 23 della legge n. 74 del 1987; c) per i provvedi-menti camerali del tribunale dei minori, decreti diomologa della separazione consensuale ex art. 337c.c. che affida la vigilanza della attuazione dei prov-vedimenti sull’affidamento al giudice tutelare. Oggila norma generale di riferimento è da indicarsi nel-l’art. 337 ter, 2 comma, c.c. norma che ex art. 337 bisc.c. trova applicazione sia nella separazione e di-vorzio che nei procedimenti relativi ai figli nati fuoridal matrimonio.

L’esecuzione invece nelle forme ordinarie del-l’espropriazione forzata dovrà seguire le regole perl’esecuzione per rilascio ex artt. 605 e 608 c.p.c.

b) Condanna implicita.Sul tema dell’attuazione dell’assegnazione della

casa coniugale recentemente sia la Suprema Corteche un tribunale di merito hanno riacceso il dibat-tito sul tema delle cd. condanne implicite.

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Con sentenza n. 1367 del 2012 la Cassazione hastabilito che i provvedimenti che revocano il dirittodi abitazione nella casa coniugale, alla stessa streguadei provvedimenti che attribuiscono al coniuge talediritto, sono suscettibili di essere eseguiti per ade-guare la realtà al “decisum”, anche se il profilo dellacondanna non sia esplicitato proprio perchè la con-danna è implicita, in quanto connaturale al diritto,sia quando viene attribuito, sia quando viene revo-cato16. Ciò per molti motivi che si ravvisano: a) nelpresupposto che l’art. 189 disp. att. c.c. attribuisce laqualifica di titolo esecutivo all’ordinanza del presi-dente del Tribunale o del giudice istruttore conte-nente i provvedimenti di cui all’art. art. 708 c.p.c., b)nel presupposto che il diritto all’assegnazione dellacasa coniugale consiste in un diritto personale di go-dimento sui generis proprio per la collocazione nel-l’ambito dei rapporti familiari in crisi la cui fun-zione è quella di perseguire interessi primari, dinatura personale, essenzialmente collegati alla tu-tela dei figli e che si concreta nel godimento dellacasa senza il coniuge costituendo un limite, di ca-rattere eccezionale, posto all’ordinario assetto deirapporti reali e obbligatori sull’immobile. Pertantoper i giudici di legittimità il diritto di assegnazionedella casa coniugale non può venire ad esistenza senon si accompagna all’allontanamento dalla casa fa-miliare dell’altro coniuge. Se non c’è l’allontana-mento (il rilascio) da parte dell’altro coniuge, nonmanca solo la possibilità di esercitare un diritto (inastratto esistente sulla carta); manca il diritto stesso,essendo il godimento esclusivo l’unico contenutodella assegnazione. Questa impostazione di base haevidenti ripercussioni sotto il profilo esecutivo omeglio sotto il profilo attinente al titolo esecutivo.Sul piano dell’esecuzione, ciò comporta che il prov-vedimento, o sentenza, con cui il diritto è attribuito,contiene in sè, implicitamente, la condanna al rila-scio nei confronti dell’altro coniuge; attribuzione erilascio non si pongono su due piani distinti: il rila-scio non si pone come consequenziale all’attribu-zione, ma come coessenziale per la nascita stessadel diritto. Conseguente è l’irrilevanza dell’esistenzao meno dell’espresso ordine di rilascio nel provve-dimento/sentenza attributivi del diritto e l’idoneitàdel titolo, contenente anche solo l’espressa attribu-zione del diritto, all’esecuzione. In modo speculareal momento della revoca, essendo venuto meno -se-condo la valutazione ritenuta dal giudice - il dirittospeciale attribuito, cioè essendo stata esclusa la frui-zione della casa familiare in capo a colui che neaveva il godimento esclusivo, si determina un effettouguale e contrario a quello dell’assegnazione; così,destinatario della condanna al rilascio diventa chinon è più assegnatario, con il conseguente riespan-dersi dell’ordinario regime giuridico sulla casa fa-miliare. Pertanto il provvedimento, anche se noncontiene esplicitamente la condanna al rilascio del-

l’immobile, può essere utilizzato ai fini dell’esecu-zione, anche in via breve, essendo la condanna (im-plicita) connaturata all’esistenza (inesistenza) stessadel diritto.

Anche una recente sentenza di merito17ha sta-tuito che il genitore non assegnatario va qualificatocome occupante sine titulo e la parte assegnataria hatitolo esecutivo per ottenere il rilascio o comunquel’allontanamento; pertanto lo strumento per l’at-tuazione è l’esecuzione e non il ricorso al giudice delmerito per ottenere una condanna “esplicita” di ri-lascio e/o allontamento. Per i giudici milanesi “se nonc’è l’allontanamento (il rilascio) da parte dell’altro co-niuge, non manca solo la possibilità di esercitare ul diritto(in astratto esistente sulla carta); manca il diritto stesso,essendo il godimento esclusivo l’unico contenuto dell’as-segnazione”. Pertanto laddove nel provvedimento exart. 708 c.p.c. sia attribuito il diritto all’essegnazionedella casa coniugale, implicitamente contiene in séla condanna al rilascio nei confronti dell’altro co-niuge: “il rilascio non si pone come consequenziale al-l’attribuzione, ma come coessenziale per la nascita stessadel diritto”.

4. La dottrina a confronto. Le due sentenze citate nel paragrafo precedente in

punto di condanne implicite hanno suscitato uncontrasto dottrinale. Da un lato si critica18, special-mente in relazione al ricorso alla figura della con-danna implicita al rilascio nel caso di revoca del-l’assegnazione della casa familiare, l’insistenza di untitolo esecutivo valido per ottenere il rilascio del-l’immobile, in quanto la sentenza che revoca la pre-cedente assegnazione pone il detentore della casa,precedente assegnatario, come detentore sine titulo.Secondo questa dottrina non ci si può discostaredal fatto che un provvedimento può essere titoloesecutivo se e solo se abbia ad oggetto una con-danna e presenti i requisiti di contenuto e di formaprescritti nell’art. 474 c.p.c., secondo cui l’esecu-zione forzata non può aver luogo se non in virtù diun titolo esecutivo certo, liquido ed esigibile. Far ri-ferimento alla condanna implicita vuol dire derogareal principio della domanda, principio cardine delnostro ordinamento processuale. Pertanto il diritto digodere in modo esclusivo della casa coniugale puòtrovare attuazione coattiva mediante l’esecuzionedell’obbligo di rilascio solo quando la condanna al ri-lascio sia stata oggetto di una specifica domanda.

Indipendentemente dal tema delle cd. condanneimplicite, una critica che si può muovere a questaimpostazione dottrinale risiede nel fatto che il prov-vedimento di assegnazione della casa coniugale sot-tende l’interesse primario del minore e che essendouna situazione giuridica protetta, è svincolata daogni riferimento alla domanda giudiziale, potendo ilgiudice pronunciarsi sul punto indipendentementedall’iniziativa di una delle parti19.

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Rispetto a questa impostazione altra parte delladottrina20, più in linea con l’indirizzo della giuri-sprudenza, ritiene superfluo dover richiedere, nelcaso in cui il provvedimento non rendesse esplicitol’ordine di rilascio dell’abitazione, un ulteriore pro-nunciamento per poter procedere in via coattiva,essendo rilascio ed assegnazione dell’immobile dueprofili assolutamente inscindibili.

5. Artt. 614 bis c.p.c. e 709 ter c.p.c: possibili so-luzioni.

Per completezza dell’argomento trattato credo sianecessario domandarsi la possibile utilizzabilità de-gli strumenti previsti dagli artt. 614 bis c.p.c. e 709 terc.p.c.

Nel primo caso siamo di fronte a quella norma dicarattere generale introdotta con la l. 69/09 volta atutelare in via esecutiva le prestazioni infungibili.

A perere dello scrivente il limite alla possibile ap-plicabilità di tale misura risiede nel fatto che l’al-lontanamento dalla casa familiare non possa con-sidersi obbligo infungibile e pertanto non èpossibile duplicare la forma di tutela esecutiva21 in

quanto utilizzabile la fattispecie di esecuzione di-retta, nel caso in esame l’esecuzione per rilascio exartt. 605 e 608 c.p.c. Sul punto si segnala come l’art.614 bis c.p.c. sia stato oggetto di attenzioni parti-colari da parte del legislatore e come la Commis-sione Vaccarella nel 2013 abbia manifestato chia-ramente un interesse ad un ritocco dell’art. 614 bisc.p.c.; tra le varie modifiche spicca un chiaro rife-rimento all’utilizzo della norma ai provvedimenti inmateria di separazione personale dei coniugi e didivorzio, ovvero di affidamento della prole o diesercizio della potestà. Ad oggi rimangono mereproposte, peraltro molto combattute in seno allastessa commissione22.

Potenzialmente potrà invece essere utilizzato lostrumento dell’art. 709 ter c.p.c. Rientra infatti nellanozione di interesse del minore il provvedimento diassegnazione della casa coniugale perchè integrantela sua “collocazione spaziale23”. Potenzialmentel’inadempimento alla statuizione in ordine all’asse-gnazione della casa coniugale è una condotta chepuò integrare la fattispecie di “atto che arreca pre-giudizio al minore”.

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Note1 Luiso, Il Processo Esecutivo, in Diritto Processuale Civile, III, Milano 2011, 9, per cui il diritto di azione e di difesa, previsti e ga-

rantiti dall’art. 24 Cost., comprendono anche la tutela esecutiva in quanto la norma costituzionale deve garantire “il dirittoad una tutela giurisdizionale efficace che si deve esplicare in tutte le forme necessarie per la soddisfazione dei vari diritti”.

2 Cecchella, La tutela giurisdizionale differenziata cognitiva ed esecutiva nel diritto di famiglia, in Aa. Vv. Diritto Processuale Civile -Il processo civile dopo venti anni di riforme (1990-2010), a cura di Cecchella, Milano 2010, 441.

3 Anche sotto il profilo della cognizione sono previste forme camerali, e quindi più celeri, per procedimenti di modifica erevoca ex art. 710 c.p.c. e art. 9, comma 1, legge n. 898 del 1970.

4 Danovi, Le misure sanzionatorie a tutela dell’affidamento (art. 709 ter c.p.c.), Riv. Dir. Proc. 2008, 603. 5 Luiso, Il Processo Esecutivo, in Diritto Processuale Civile, III, cit., 11.6 In quanto il nostro ordinamento già conosceva casi di esecuzione indiretta in alcune normative di carattere speciale come

in cui sono previste sanzioni sia di carattere civilistiche, penalistiche ed amministrative: lo Statuto del Lavoratori (art. 18,sanzione civile, art. 28, sanzione penale), il codice della proprietà intellettuale (art. 124, sanzione civile).

7 Su tutti Tommaseo, L’esecuzione indiretta e l’art. 614 bis c.p.c., Riv. Dir. Proc. 2014, 267; un primo completo commento alla normain Amadei, Una misura coercitiva generale per l’esecuzione degli obblighi infungibili, Riv. trim. di dir. e proc. Civ., 2010, 243.

8 Su tutti Lupoi, Sub art. 709 - ter, c.p.c., in Commentario breve al codice di procedura civile, a cura di Carpi e Taruffo, Padova, 2006,2019; Vullo, Sub art. 309 - ter c.p.c., in Codice di procedura civile commentato, a cura di C. Consolo, Milano, 2007, 5291.

9 Meno sotto il profilo processuale in quanto con la riforma sulla filiazione e gli interventi dell’art. 1 della legge n. 219 del2012 sulle disposizioni del codice civile e del d. lgs. n. 154 del 2013, sopravvivono una ripartizione delle competenze ed unadiversificazione dei riti; sul punto se si vuole Vecchio, in Competenza e connessione, in Cecchella-Paladini, La riforma della Fi-liazione - Profili sostanziali e processuali, Pisa, 2014.

10 Che disciplina l’ambito di applicazione della normativa sulla filiazione sia alla separazione che allo scioglimento, cessa-zione degli effetti civili del matrimonio.

11 Giorgetti, Il provvedimento di assegnazione della casa familiare come titolo esecutivo per il rilascio in via coattiva, Fam. e Dir. 2014,1023.

12 Cass. civ. nn. 5696 del 1984, n. 5947 del 1982 e 553 del 1979 e Cass. Civ. Sez. I, 1.9.1997, n. 8317.13 Titolo esecutivo in applicazione dell’art. 189 disp.att. c.c.14 In dottrina Denti, L’esecuzione forzata in forma specifica, Milano, 1953, 274. Cass.1.12.1966, n. 2823, Cass. 7.10.1980, n. 5374, in

Foro it. 1980, I, 2707. 15 Precetto comunque confermato nell’art. 337 ter, 2 comma c.c.16 Cass. Civ. Sez. III, 31.1.2012, n. 1367 in Fam. e dir. 2012, 880. Anche Cass. Civ., 24.7.2007, n. 16389. 17 Tribunale di Milano, sez. IX civ., 11 ottobre 2013, ord. - est. Buffone, in Fam. e dir. 11/2014, 1022. 18 Trinchi, È titolo esecutivo il provvedimento che revoca l’assegnazione della casa familiare?, in Fam. e dir. 2012, 10, 880. 19 In dottrina sul tema delle regole processuali applicabili alle situazione giuridiche protette di cui sono titolori i figli minori

ed equiparati Luiso, Le tutele processuali, in Aa. Vv. La riforma del processo per separazione e divorzio - Studi in memoria dell’Avv.Mario Jaccheri, a cura di Cecchella, Pisa, 2007, 38.

20 Giorgetti, Il provvedimento di assegnazione della casa familiare come titolo esecutivo per il rilascio in via coattiva, cit., 1024.21 Luiso, Il Processo Esecutivo, in Diritto Processuale Civile, III, cit., 233.22 Per un approfondimento Zucconi Galli Fonseca, Misure coercitive fra condanna e tutela esecutiva, Riv. Trim. di dir. e proc. Civ.,

fasc. 1, 2014, 389. In commissione non si è arrivati ad un definitivo e condiviso articolato. 23 Danovi, Le misure sanzionatorie a tutela dell’affidamento (art. 709 ter c.p.c.), cit., 603.

L’assegno post coniugale:importanti precisazionidella Corte Costituzionalesul parametro del “tenoredi vita” matrimonialeCORTE COSTITUZIONALESENTENZA 11 FEBBRAIO 2015 N. 11Pres. Criscuolo - Est. Morelli

Assegno divorzile - Finalità - Garanzia per il coniuge deboledel tenore di vita matrimoniale - Diritto vivente - Esclusione- Tenore di vita come mero indice di cui tener conto - Valoredi tale parametro - Massima previsione possibile - Contem-peramento con gli altri parametri - Fattori di moderazione e di-minuzione - Limiti al contemperamento concreto - Limitidella diminuzione - Possibilità di azzeramento - Sussiste (L. 1dicembre 1970 n° 898, come modif. con L. 6 marzo 1987 n° 74,art. 5; Cost., artt. 2, 3 e 29).

L’assegno divorzile non deve necessariamente garantire al coniuge eco-nomicamente più debole il medesimo tenore di vita goduto in costanzadi matrimonio, in quanto, viceversa, questo parametro rileva soltantoper determinare in astratto il tetto massimo della misura della pre-stazione assistenziale, da determinare poi in concreto, caso per caso,con tutti gli altri criteri di diminuzione indicati nell’art. 5 L. Div. (con-dizione e reddito dei coniugi, contributo personale ed economico datoda ciascuno alla formazione del patrimonio comune, durata del ma-trimonio, ragioni della decisione) sino all’azzeramento.

…omissisRitenuto in fatto:1.- Nel corso di un giudizio civile per scioglimento di matrimo-nio, l’adito Tribunale ordinario di Firenze ha ritenuto rilevantee non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 2, 3 e29 della Costituzione - ed ha, per ciò, sollevato, con l’ordinanzain epigrafe - questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, se-sto comma, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina deicasi di scioglimento del matrimonio), come modificato dall’art.10 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplinadei casi di scioglimento di matrimonio), nell’interpretazione, cheassume consolidatasi in termini di diritto vivente, per cui, inpresenza di una disparità economica tra coniugi, «l’assegno di-vorzile […] deve necessariamente garantire al coniuge econo-micamente più debole il medesimo tenore di vita goduto in co-stanza di matrimonio». Ad avviso del rimettente, la norma, così censurata si porrebbe,infatti, in contrasto con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della ragio-nevolezza, in quanto l’assegno di divorzio, pur avendo una fi-nalità meramente assistenziale, finirebbe con l’attribuire l’ob-bligo di garantire per tutta la vita un tenore di vita agiato infavore del coniuge ritenuto economicamente più debole; conl’art. 2 Cost., sotto il profilo del dovere di solidarietà, in quantola tutela del coniuge debole non comporterebbe l’obbligo diconsentire, ben oltre il contesto matrimoniale, il mantenimentodelle medesime condizioni economiche godute durante lostesso matrimonio; con l’art. 29 Cost., in quanto risulterebbeanacronistico ricondurre l’assegno divorzile al tenore di vita go-duto in costanza di matrimonio, senza considerare l’attualeportata del divorzio, della famiglia e del ruolo dei coniugi.2.- In questo giudizio è intervenuto il Presidente del Consigliodei ministri, per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato,che ha eccepito l’inammissibilità e, in subordine, la non fonda-tezza della questione.3.- Opposte conclusioni (adesive alla prospettazione del Tribu-nale a quo) ha formulato, invece, la difesa del coniuge X, attorenel giudizio principale. Considerato in diritto:1.- Il Tribunale ordinario di Firenze solleva, in riferimento agliartt. 2, 3 e 29 della Costituzione, questione di legittimità costi-

tuzionale dell’art. 5, sesto comma, della legge 1° dicembre 1970,n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio),come modificato dall’art. 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74(Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di ma-trimonio), «nell’interpretazione di diritto vivente per cui […] l’as-segno divorzile deve necessariamente garantire al coniuge eco-nomicamente più debole il medesimo tenore di vita goduto incostanza di matrimonio». Ad avviso del rimettente, il «diritto vivente», fatto oggetto di cen-sura, violerebbe, infatti, l’art. 3 Cost., sotto il profilo della ragio-nevolezza, per la «contraddizione logica» che, quel giudice rav-visa, «fra l’istituto del divorzio, che ha come scopo proprioquello della cessazione del matrimonio e dei suoi effetti, e la di-sciplina in questione, che di fatto proietta oltre l’orizzonte ma-trimoniale il “tenore di vita” in costanza di matrimonio»; con-trasterebbe, inoltre, “per eccesso” con il dovere di solidarietà dicui all’art. 2 Cost., e violerebbe, infine, anche l’art. 29 Cost.,«esprimendo una concezione “criptoindissolubilista” del ma-trimonio che appare oggi anacronistica».2.- Della questione così sollevata il Tribunale a quo ha plausi-bilmente motivato la rilevanza, con riferimento alla rispettivasituazione economica, pregressa ed attuale, dei due coniugi: percui non ha fondamento l’eccezione di inammissibilità, per talprofilo, sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato.3.- Sempre in punto di ammissibilità della riferita questione,non può addebitarsi al rimettente di non aver previamenteverificato la possibilità di una interpretazione della norma-tiva censurata, conforme ai parametri costituzionali da luievocati. L’obbligo di una siffatta verifica è, infatti, ineludibile per il giu-dice a quo solo «in assenza di un diritto vivente» (sentenze n.190 del 2000, n. 427 del 1999, per tutte). Mentre, in presenza diuna interpretazione del dato normativo consolidatasi - comenella specie si assume - in termini di “diritto vivente”, quelgiudice ha la facoltà di uniformarvisi o meno (sentenze n. 117del 2012 e n. 91 del 2004), restando quindi libero, nel secondocaso, di assumere proprio quel “diritto vivente” ad oggetto delleproprie censure (ordinanza n. 253 del 2012).4.- Nel merito, la questione non è fondata. L’esistenza, presupposta dal rimettente, di un “diritto vivente”secondo cui l’assegno divorzile ex art. 5, sesto comma, dellalegge n. 898 del 1970 «deve necessariamente garantire al coniugeeconomicamente più debole il medesimo tenore di vita godutoin costanza di matrimonio» non trova, infatti, riscontro nellagiurisprudenza del giudice della nomofilachia (che costituisceil principale formante del diritto vivente), secondo la quale, vi-ceversa, il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio noncostituisce l’unico parametro di riferimento ai fini della statui-zione sull’assegno divorzile.La Corte di cassazione, in sede di esegesi della normativa im-pugnata, ha anche di recente, in tal senso, appunto, ribadito ilproprio «consolidato orientamento», secondo il quale il para-metro del «tenore di vita goduto in costanza di matrimonio» ri-leva, bensì, per determinare «in astratto […] il tetto massimodella misura dell’assegno» (in termini di tendenziale adegua-tezza al fine del mantenimento del tenore di vita pregresso), ma,«in concreto», quel parametro concorre, e va poi bilanciato,caso per caso, con tutti gli altri criteri indicati nello stesso de-nunciato art. 5. Tali criteri (condizione e reddito dei coniugi, contributo per-sonale ed economico dato da ciascuno alla formazione del pa-trimonio comune, durata del matrimonio, ragioni della deci-sione) «agiscono come fattori di moderazione e diminuzionedella somma considerata in astratto» e possono «valere anchead azzerarla» (così testualmente, da ultimo, Corte di cassa-zione, prima sezione civile, sentenza 5 febbraio 2014, n. 2546;in senso conforme, sentenze 28 ottobre 2013, n. 24252; 21 ot-tobre 2013, n. 23797; 12 luglio 2007, n. 15611; 22 agosto 2006, n.18241; 19 marzo 2003, n. 4040, ex plurimis).5.− L’erronea interpretazione della norma denunciata, da cuimuove il rimettente, travolge conseguentemente, in radice,tutte le censure, in ragione di tale premessa, dallo stesso for-mulate.Per questi motivi, la Corte Costituzionale dichiara non fondata la questione di le-gittimità costituzionale dell’art. 5, sesto comma, della legge 1°

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LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del ma-trimonio), come modificato dall’art. 10 della legge 6 marzo 1987,n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento dimatrimonio), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 29 della Co-stituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze, con l’ordinanza inepigrafe indicata. omissis.

IL COMMENTOGIANCARLO SAVI (AVVOCATO DEL FORO DI MACERATA)

Con la pronuncia appena pubblicata, che è riportata in copia in-tegrale (tratta dal sito istituzionale: www.cortecostituzionale.it), laCorte delle leggi esamina il “dogma del tenore di vita”, frutto dellaconsolidata interpretazione giurisprudenziale dell’art. 5, comma6°, l. div., indicando il corretto valore da attribuire a tale punto diriferimento, per decidere riguardo all’attribuzione ed alla mi-sura del mantenimento richiesto dal coniuge economicamentesvantaggiato, al momento del dissolvimento del vincolo.Il larghissimo rilievo pratico dello scrutinio di costituzionalitàè pari all’interesse suscitato dalla pregevole ordinanza del col-legio fiorentino che aveva sollevato la questione di legittimità(Trib. Firenze 22 maggio 2013, in Fam. dir., 2014, 687, con notazionidi AL MUREDEN e MORRONE).L’accusa di anacronistica irragionevolezza dell’attribuzione pa-trimoniale periodica in parola, connessa al recupero dello sta-tus personale, a distanza di quarantacinque anni dall’introdu-zione dell’istituto del divorzio ed in un contesto socialeprofondamente mutato, pur lucidamente disegnata, non hatrovato accoglimento.Tuttavia, la Corte Costituzionale non è mancata al compito di in-dicare la corretta interpretazione, costituzionalmente orien-tata, della disposizione normativa, individuandola nell’orien-tamento della Corte di legittimità che da tempo considera “iltenore di vita tenuto in costanza di coniugio” come il parame-tro della sola prima verifica cui si deve necessariamente pro-cedere, e cioè il confronto che consente di rinvenire o meno unaconcreta disparità di risorse.Gli arresti giurisprudenziali di legittimità, indicati come signi-ficativi di una tale corretta attività ermeneutica, sono stati enu-merati esattamente secondo questo percorso: Cass., sez. I civ.,5 febbraio 2014, n. 2546, in banca dati Pluris; ID., 28 ottobre 2013,n. 24252, ivi; Id., 21 ottobre 2013, n. 23797, ivi; ID., 12 luglio 2007,n. 15611, in Fam. dir., 2007, 1092, con nota di RUSSO; ID., 22 agosto2006, n. 18241, in Foro it., 2007, I, 770, con nota di CASABURI; ID., 19marzo 2003, n. 4040, in Archivio civ., 2004, 116.In sostanza, nonostante la motivazione risulti così singolarmenteasciutta con rilevante rimando ad una giurisprudenza specificache invero annoverava migliori espressioni (ma non mancandoil laconico ex plurimis), è reputata valida e conforme alla nostracarta fondamentale l’interpretazione secondo cui, in tema discioglimento del matrimonio e nella disciplina dettata dall’art. 5,comma 6°, della l. n. 898/1970, come modificato dall’art. 10 dellal. n. 74/1987, l’accertamento del diritto all’assegno di divorzio siarticola in due fasi: nella prima, il giudice è chiamato a verificarel’esistenza del diritto in astratto, in relazione all’inadeguatezza deimezzi o comunque all’impossibilità di procurarseli per ragioni og-gettive, in confronto al tenore di vita analogo a quello goduto incostanza di matrimonio, ovvero che poteva legittimamente fon-darsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio (fissateal momento del divorzio) e, quindi, procedere ad una determi-nazione quantitativa della somma sufficiente a colmare quellainadeguatezza dei mezzi, che costituisce il tetto massimo ipo-tizzabile della misura dell’assegno post coniugale stesso. Nella se-conda fase, il giudice deve poi procedere alla determinazione inconcreto dell’assegno in base alla valutazione ponderata e bila-terale dei criteri indicati nello stesso art. 5, che quindi agisconocome fattori di moderazione e diminuzione della somma consi-derata in astratto, e possono in ipotesi estreme valere anche adazzerarla, quando la tendenziale conservazione del tenore divita assicurato dal matrimonio finisca per risultare incompatibilecon detti elementi di quantificazione.Questo indirizzo, come noto, risale alla svolta impressa conl’arresto di Cass., sez. un. civ., 29 novembre 1990, n. 11490 (in Foroit., 1991, I, 67 con notazioni di QUADRI e CARBONE; in Giur. it., 1881,I, 1, 536, con nota di PELLEGRINI; in Giust. civ., 1991, I, 1223, con nota

di SPADAFORA; ed in Quadrimestre, 1991, 609, con nota di DOSSETTI),in realtà coevo ad altri quattro di segno identico, si è affermatosino ai giorni nostri; una sommaria menzione degli arresti suc-cessivi, induce a ricordare quantomeno, Cass., sez. I civ., 1 di-cembre 1993, n. 11860, in Fam. dir., 1994, 15, con nota di CARBONE;ID., 28 febbraio 1998, n. 2087, in banca dati Foro it.; ID., 16 giugno2000, n. 8225, in Giur. It., 2001, I, 1, 462, con nota di CASTAGNARO;ID., 17 gennaio 2002, n. 432, in Nuova giur. civ. comm., 2003, I, 38,con nota di AL MUREDEN; ID., 27 settembre 2002, n. 14004, in Fam.dir., 2003, 14, con nota di DE MARZO; ID., 28 gennaio 2004, n. 1487,ivi, con nota di LIUZZI.Ciò non di meno le perplessità e le ambiguità non sono maimancate ed invero ne residuano tracce anche nei precedenti cuirimanda la Corte delle leggi.L’intervento della Corte, pur muovendo nel giusto senso, co-munque non sembra appagare appieno l’odierno sentire socialee le molteplici sensibilità che oggi percorrono il rapporto affet-tivo istituito secondo il tradizionale vincolo matrimoniale, ca-duto in una crisi che appare storicamente irreversibile, e che trale tante cause di fondo di certo annovera l’evoluzione dell’or-dinamento volto a riconoscere la posizione del singolo piutto-sto che quell’interesse superiore della comunità familiare di co-dicistica memoria; in questo senso, il poderoso sfoggio diargomentazioni del tribunale fiorentino era apparso, almeno inparte, convincente. Né è da trascurare che la questione è per-corsa da inquietudini di genere oramai davvero manifeste, cherisuonano anche su tutti gli organi di stampa; infatti, nel-l’esperienza concreta, seppur realizzata l’uguaglianza, sono sol-tanto i coniugi di sesso maschile che incappano in questa sortadi “automatismo patrimoniale vita natural durante”, come trat-teggiato dal tribunale remittente, con una evidenzia statisticainconfutabile; un meccanismo pratico che peraltro evidenziauna valutazione sociologica discriminatoria, con corrispon-dente favor per la posizione femminile, pressoché per dogmaprecostituito e assolutamente arduo da mettere in discussionenel confronto processuale (emblematico, tra altri, quanto ap-parso sulla prima pagina di Panorama, 4 marzo 2015, sotto il ti-tolo “Uomo divorziato uomo rovinato”, che peraltro prende lemosse proprio dalla notizia di questa decisione della Corte Co-stituzionale).Trascurando ogni discutibile divagazione, tuttavia, non è af-fatto di poco conto la sintesi che a caldo può trarsi dalla deci-sione in commento e che in qualche modo va incontro a que-sto sentire diffuso.In realtà, la Corte rivaluta certamente, imponendolo all’inter-prete, il rigore del dato normativo secondo l’originaria mens le-gis e, quindi, la natura assistenziale della previsione in parola,mettendo la parola fine a quelle interpretazioni alternative sor-prendenti (pur nel novero infinito delle fattispecie concrete chela norma è chiamata a regolare), rispetto a quella individuatacome “diritto vivente”.Ne deriva perciò un impatto concreto di grande rilievo, affer-mandosi definitivamente la scelta per una determinazione con-creta dell’assegno post matrimoniale in favore del coniuge sfa-vorito, fondata sul criterio secondo cui il “tenore di vita godutoin costanza di matrimonio” è soltanto il parametro di partenzadel complesso bilanciamento del caso concreto, funzionalizzatocioè all’opera di primo scrutinio della spettanza o meno del di-ritto ed alla quantificazione del tetto massimo ipotizzabile.Questo dato numerico di partenza astratto deve sottoporsi uni-camente alle diminuzioni del caso concreto in relazione ai trattisalienti che hanno caratterizzato la vita matrimoniale, sino arendere possibile persino il suo azzeramento.L’opzione ermeneutica quindi esclude, con forza e chiarezza, chel’assegno divorzile debba necessariamente garantire al coniugeeconomicamente più debole, sempre e comunque, il medesimotenore di vita goduto in costanza di matrimonio, seppur da in-dividuarsi in termini di adeguatezza tendenziale.Ponendoci nella stessa ottica di lineare consequenzialitàespressa dalla Corte, appare evidente come questo dato nume-rico massimo del potenziale assegno divorzile potrà ricono-scersi nella sua integrità soltanto alla condizione che: a) il co-niuge sfavorito si trovi in condizioni o percepisca redditiobiettivamente non migliorabili; b) abbia contribuito personal-mente ed economicamente alla formazione del patrimonio in-dividuale dell’onerato od a quello comune; c) il vincolo abbia svi-

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luppato una durata temporale consona alla stabilità del progettodi vita; d) che le ragioni della decisioni intrinsecamente con-nesse all’analisi delle dinamiche che hanno portato al falli-mento del vincolo, risultino scevre da azioni od omissioni ascri-vibili causalmente (s’intende al di là dell’addebito dichiarato insede di separazione coniugale).Come a dire, la solidarietà post coniugale dovrà risultare so-stanzialmente connotata in termini di “ragionevole meritevo-lezza”, con analisi concreta ex post dei tratti comportamentali,dell’impegno rispetto al progetto di vita comune, delle dinami-che del moto d’affetto, del senso di autoresponsabilità e condi-visione, del rispetto e dedizione reciproca, della lealtà, comepure del sacrificio personale ed economico ove volto a privile-giare l’unione o l’altro rispetto all’individualità personale.D’altro canto, non può che correre un abisso tra il caso limite diun rapporto matrimoniale di lunga durata con prole, caratte-rizzato da totale dedizione alla famiglia nel quotidiano del co-niuge svantaggiato, che apporta il proprio contributo alla co-stituzione del patrimonio dell’onerato e che subisce infinel’iniziativa divorzile, rispetto ad un matrimonio di breve duratascevro da ognuna di tali emergenze.L’approfondimento di tali parametri, tutti rilevanti ed ammis-sibili anche sul versante della verifica probatoria, impone inprimo luogo rigorosa opera del difensore del coniuge oneratoche deve promuoverne la disamina effettiva nel merito.Invero, è in fondo una pagina positiva della Corte delle leggi cheindubitabilmente impone il recupero del senso originario dellamisura assistenziale, quando venne per la prima volta codifi-cata, negli anni ’70, ponendo un monito a quelle espressionidella nostra giurisprudenza di merito che avevano in sostanzatrasformato una tale provvidenza in senso tutt’affatto diverso;cioè in una sostanziale “rendita di posizione”, secondo unacausa dell’attribuzione socialmente non condivisa, piuttostoche espressione di quella giusta solidarietà e prima ancora, perciò stesso, di equità, tra ex coniugi in condizioni dispari al mo-mento del dissolvimento del vincolo.Ci si riferisce a quel diffuso automatismo di qualche tribunale,mosso più da prassi “sbrigative” o, se si vuole, “distorsive”, se-condo cui l’unico parametro rilevante è costituito dall’analisi deldivario dei redditi e del dato patrimoniale, ovvero che gli altrielementi enumerati dalla norma in commento possono discre-zionalmente trascurarsi, ivi compresa l’indisponibilità del co-niuge che invoca la misura ad attivarsi per raggiungere quel-l’autonomia personale idonea a mitigare l’obbligazione dell’exconiuge e persino rispondente al più ovvio senso di responsa-bilità del singolo, proprio secondo il dettato costituzionale (consostanziale negazione, quindi, alla considerazione delle pecu-liari circostanze del caso concreto, od anche soltanto ad inda-garle attraverso giusta attività probatoria), evenienza che nonpuò che snaturare, od evidenziarne l’estraneità, alla vicendaspecifica del rapporto personale di coniugio realmente inter-corso, da regolarsi nel momento del suo sgretolamento esi-stenziale.Lo stesso processo di divorzio in sé e per sé considerato, così ri-dotto, aveva sempre evidenziato una carica di alienazione esi-stenziale, peraltro aggiunta rispetto al destino già nefasto con-nesso al fallimento del legame d’affetto e di vita quotidiana.Non mancheranno ovviamente occasioni per l’approfondi-mento di ogni aspetto e dei suoi effettivi risvolti, privilegiandoin questa sede una pronta segnalazione della pronuncia, con-forme alla sua rilevanza.Ad ogni buon conto, per una bibliografia minima in tema, oltrealle citazioni di cui sopra, si rinvia a: BIANCA, Diritto civile. 2. La fa-miglia - Le successioni, Milano, 2014, 289; ROSSI CARLEO-CARICATO, Ildiritto di famiglia, in Trattato dir. priv. (diretto da BESSONE), IV. To-rino, 2013, 2, 281; GIACOBBE-VIRGADAMO, Le persone e la famiglia, 3,Il matrimonio, II, in Trattato dir. civ. (diretto da SACCO), Torino, 2011,57; TOTARO, Gli effetti del divorzio, in Trattato dir. famiglia (diretto daZATTI), Milano, 2011, I, 1631; BONILINI-TOMMASEO, Lo scioglimento delmatrimonio, in Comm. SCHLESINGER, L. 1° dicembre 1970, n. 898, Mi-lano, 2010, 445; MARINI, Il divorzio, in Diritto civile (diretto da LIPARI-RESCIGNO), II, La famiglia, Milano, 2009, 326; ARCERI-PITTALIS, Loscioglimento del matrimonio, in Codice della famiglia (a cura di SE-STA), Milano, 2009, II, 3897; e naturalmente ai contributi praticigià rinvenibili nella nostra Rivista.

La Suprema Cortericompone il puzzledelle competenzede potestate connesseai contenziosisull’affidamento dei figliCORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI CIVILE,ORDINANZA 26 GENNAIO 2015, N. 1349Pres. Di Palma - Est. Acierno

…omissisFatto e Diritto.A, in qualità di madre dei minori X ed Y, chiedeva al Tribunaledi Pistoia un provvedimento limitativo od ablativo della re-sponsabilità genitoriale del padre, B.Il Tribunale declinava la propria competenza indicando nellaCorte d’appello il giudice competente sulla base delle seguenticonsiderazioni.Il ricorso relativo alla misura limitativa od ablatoria della re-sponsabilità genitoriale era stato depositato il 24/6/2013.In tale data era pendente il giudizio di separazione tra le parti.Ai sensi del novellato art. 38 disp. att. c.c., in tale peculiare fat-tispecie, la competenza è del giudice ordinario. Nella specie talegiudice non poteva che essere la Corte d’appello, dal momentoche la sentenza di separazione era stata già pronunciata ed il28/6/2013 risultava già impugnata la pronuncia di primo grado.A seguito di tale declinatoria la A riassumeva il giudizio davantialla Corte d’appello di Firenze.Si costituiva B eccependo l’inammissibilità del ricorso e resi-stendo nel merito.La Corte d’appello ha svolto le seguenti considerazioni:- nella specie non sussiste la competenza del Tribunale per i mi-norenni, essendo pendente il giudizio separativo.- Il giudice competente deve però individuarsi nel Tribunale inquanto il novellato art. 38 disp. att. c.c. non istituisce una fatti-specie di litispendenza o continenza di cause che imponga il si-multaneus processus dinanzi al giudice preventivamente adito,ma nel concorso tra giudice specializzato e giudice ordinario re-gola la competenza. La modifica dei criteri di competenza ha na-tura funzionale con la conseguenza che il giudice competentedeve individuarsi secondo i criteri generali che disciplinano lacompetenza per gradi.- Il regolamento d’ufficio deve ritenersi ammissibile, in quantola natura non definitiva dei provvedimenti cd. de potestate, pre-clude l’accesso al regolamento di competenza solo se quest’ul-timo sia stato proposto dalle parti, non se richiesto d’ufficio.Il P. M. ha depositato requisitoria scritta nella quale rileval’inammissibilità del proposto regolamento d’ufficio per difettodi decisorietà del provvedimento da adottare.Deve essere, preliminarmente affrontata la questione relativa al-l’ammissibilità del proposto regolamento d’ufficio.Al riguardo si devono svolgere due considerazioni. La prima haad oggetto l’esame puntuale dei precedenti relativi a fattispe-cie analoghe affrontate da questa Corte. La seconda riguarda lanecessità di verificare se la qualificazione giuridica comune-mente indicata da questa Corte in ordine ai provvedimenti cd.de potestate, al fine di escluderne la ricorribilità in Cassazione exart. 111 Cost. (tra i più recenti Cass. n. 15341 del 2012) sia inte-gralmente trasponibile nel nuovo quadro normativo dettatodalla modificazione dell’art. 38 disp. att. c.c.Quanto al primo profilo deve osservarsi che il regolamentod’ufficio, in quanto rivolto a risolvere un conflitto di competenzatra due uffici giudiziari e, conseguentemente, a non privare leparti di un organo giurisdizionale presso il quale esercitare il di-ritto costituzionalmente garantito di agire in giudizio a tuteladei propri diritti (art. 24 Cost.) non può essere limitato dalla na-tura del provvedimento sul quale si concentri una doppia de-clinatoria d’incompetenza. Peraltro, in una pronuncia molto

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recente (Cass. n. 11463 del 2013) questa Corte ha limitato l’inam-missibilità al regolamento di competenza azionato dalle parti,sottolineando ulteriormente che si deve trattare, anche in que-sta ipotesi, di provvedimenti privi del carattere della decisorietàoltre che della definitività (la fattispecie aveva ad oggetto unprovvedimento di disciplina nel dettaglio del diritto di visitaemesso dal giudice tutelare) così come affermato anche dalleS.U. nella pronuncia n. 16568 del 2003.Non può, di conseguenza, non sottolinearsi che il perimetro del-l’inammissibilità dello strumento del regolamento di compe-tenza, anche ad istanza di parte, deve essere ancorato in modorigoroso alla natura non decisoria e non definitiva del provve-dimento richiesto al giudice, con una valutazione che tengaconto della sua effettiva incidenza nella sfera dei diritti dei de-stinatari della statuizione giudiziale. Nell’ambito dei conflittiche scaturiscono dalle relazioni familiari e dai rapporti filialil’esame, come già sottolineato da Cass. n. 15341 del 2012, deveessere condotto alla stregua della ricerca della più ampia ga-ranzia dei diritti in conflitto, e del rilievo pubblicistico premi-nente dei diritti del minore, ponendo in correlazione il regimedi stabilità/modificabilità di ciascun provvedimento giudizialecon il concreto contenuto decisorio di ciascuno di essi.Ritenuto, in conclusione, ammissibile il regolamento d’ufficioprospettato, deve osservarsi che la soluzione del presente con-flitto negativo di competenza, pur riguardando due organi dellagiurisdizione ordinaria (Tribunale e Corte d’appello) senza in-vestire il Tribunale per i minorenni, impone, comunque l’esamedella questione interpretativa più complessa posta dalla nuovaformulazione dell’art. 38 disp. att. c.c., consistente nella esattademarcazione della sfera di competenza del tribunale per i mi-norenni e del tribunale ordinario in ordine all’azione di deca-denza dalla responsabilità genitoriale, dal momento che, nellafattispecie, l’azione proposta in pendenza dell’impugnazionedella sentenza di separazione ha ad oggetto la decadenza e lalimitazione della responsabilità genitoriale.I provvedimenti limitativi ed ablativi della potestà costitui-scono una categoria di confine nella suddivisione tra provvedi-menti decisori in ordine ai quali il ricorso per cassazione è am-missibile e quelli per i quali è escluso. Il grado d’incisività e diconcreto mutamento della sfera relazionale primaria delle per-sone, proprio di questi provvedimenti è massimo. La sempre piùfrequente interrelazione delle misure cd. de potestate con i prov-vedimenti da assumere in tema di affidamento dei figli minorinei conflitti familiari è stata sottolineata da questa Corte, di re-cente con la pronuncia n. 20352 del 2011. In questa decisione,emessa nel vigore dell’art. 38 disp. att. c.c., previgente ma rite-nuta in dottrina anticipatrice delle modifiche dei criteri di com-petenza contenute nella nuova formulazione della disposizione,è stato rilevato che l’art. 155 c.c., previgente (attualmente la ma-teria è disciplinata nel Libro I, Titolo IX, Capo II, dall’art. 337 bise ss. c.c.) prima e dopo la novella del 2006, consente al giudicedella separazione di adottare provvedimenti incidenti sulla po-testà, andando anche ultra petitum, avendo riguardo esclusiva-mente all’interesse morale e materiale della prole. In particolareè stato sottolineato che l’art. 6, comma 8, della l. n. 898 del 1970e successive modificazioni, prevede espressamente che possaessere disposto in sede di divorzio l’affidamento a terzi cosìcome l’art. 709 ter c.p.c., precisa che il giudice della separa-zione può emettere i provvedimenti opportuni (anche confor-mativi della responsabilità genitoriale) quando emergano graviinadempienze od atti che arrechino pregiudizio al minore. Se-condo questa linea interpretativa, la domanda di affidamentoesclusivo per comportamento pregiudizievole dell’altro genitoree la richiesta di un provvedimento limitativo della responsabi-lità genitoriale svolta in pendenza di un conflitto familiare sonosostanzialmente indistinguibili. Nella interconnessione tra talidomande risiede la necessità che sia un unico giudice, il tribu-nale ordinario, a decidere per entrambi i profili. A sostegnodella conclusione prescelta, come già osservato, nel vigore di cri-teri di riparto di competenze diversi dall’attuale, la Corte ha ad-dotto il principio di concentrazione delle tutele, evidenziandoche le soluzioni processuali devono essere ispirate a principi dicoerenza logica e ancorate alla valutazione concreta del loro im-patto operativo (Cass. n. 8362 del 2007).Il principio sopra esposto è stato ribadito nella recente ordi-nanza n. 11412 del 2014 con riferimento all’affidamento al ser-

vizio sociale disposto dal giudice della separazione in assenzadi domanda.Alla luce dei principi sopraesposti può essere svolto l’esame del-l’attuale formulazione dell’art. 38 disp. att. c.c., in quanto ne-cessaria al fine di dirimere il conflitto di competenza posto al-l’esame della Corte. La disposizione, unanimemente criticataper la sua oscurità testuale stabilisce, al primo comma:“ Sono di competenza del Tribunale per i minorenni i provvedimenticontemplati negli artt. 84, 90, 330, 332, 333, 334 e 335 e art. 371, ul-timo comma del codice civile. Per i procedimenti di cui all’art. 333 re-sta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell’ipotesi incui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio ogiudizio ai sensi dell’art. 316 del codice civile; in tale ipotesi per tuttala durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti con-templati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta algiudice ordinario. Sono, altresì, di competenza del tribunale per i mi-norenni i provvedimenti contemplati dagli artt. 251 e 317 bis c.c. ”All’interno di gravi incertezze interpretative che hanno dato giàluogo a numerose pronunce non sempre conformi tra i giudicidi merito in ordine all’esatto perimetro della competenza delgiudice specializzato e di quello ordinario (Trib. per i mino-renni di Brescia, decreto 1/8/2014, in Famiglia e Diritto, 2014, 1, 60,afferma la competenza del giudice specializzato nelle azioni exart. 330 c.c.; Id., Trib. Milano, sentenza 4/12/2013 in www.altalex.it)possono enuclearsi alcune prescrizioni chiare.I procedimenti ex art. 333 c.c., diretti ad ottenere misure limi-tative della responsabilità genitoriale sono di competenza delgiudice non specializzato in pendenza del giudizio di separa-zione e “per tutta la durata del processo”.La pendenza per i procedimenti che s’instaurano con ricorso sidetermina dal deposito dell’atto con il quale s’instaura il giu-dizio. Tale modello introduttivo di procedimento si applica an-che ai procedimenti riguardanti figli nati fuori del matrimonioe alle azioni limitative o di decadenza dalla responsabilità ge-nitoriale ex art. 38. terzo comma, disp. att. c.c.La locuzione “per tutta la durata del processo” sta ad indicareun continuum che non si interrompe nelle fasi di quiescenza (inparticolare, in pendenza dei termini per l’impugnazione), maesclusivamente con il passaggio in giudicato. Risulta, pertanto,contrastante con essa un’interpretazione che scomponga ilprocesso in fasi o in gradi e che, conseguentemente, possa con-durre a ritenere la competenza del tribunale per i minorenninelle predette fasi di quiescenza del processo, non soltanto do-vute alla pendenza dei termini per l’impugnazione ma anchedettate dall’insorgenza di cause interruttive, provvedimenti exart. 295 c.p.c., etc.Rimane invece controversa la competenza nelle azioni di de-cadenza dalla responsabilità genitoriale (art. 330 c.c.) in pen-denza di un giudizio relativo ad un conflitto familiare, pro-mosse in via esclusiva od unitamente alla richiesta, anche in viasubordinata, di provvedimenti limitativi della medesima re-sponsabilità.I dubbi interpretativi derivano dalla formulazione della norma.Dopo la chiara definizione, in apertura della disposizione, dellecontroversie di competenza, in via generale, del tribunale per iminorenni, vi è la prescrizione, in deroga, della esclusione dellacompetenza del giudice specializzato, in pendenza di giudizi re-lativi ai conflitti familiari, limitatamente ai procedimenti exart. 333 c.c.Al fine di definire più dettagliatamente l’ambito di applica-zione della deroga la norma stabilisce che “in tale ipotesi pertutta la durata del processo la competenza anche per i provve-dimenti contemplati nelle disposizioni richiamate nel primo pe-riodo, spetta al giudice ordinario”. Questo è il segmento nor-mativo di più complessa decodificazione. Già la locuzione “intale ipotesi” contiene un richiamo biunivoco, potendo riferirsisia alla pendenza del giudizio sul conflitto familiare sia alle con-troversie ex art. 333 c.c. La maggiore criticità interpretativa èperò derivante dall’espressione “nelle disposizioni richiamatenel primo periodo” in quanto essa può essere riferita sia al“primo periodo” della norma, al suo incipit generale, così conte-nendo anche l’azione di decadenza dalla responsabilità geni-toriale (art. 330 c.c.), sia al primo periodo della seconda partedella disposizione, contenente la deroga, limitatamente al-l’azione ex art. 333 c.c., alla competenza del tribunale per i mi-norenni.

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Sulla base di questa oggettiva difficoltà ermeneutica si sono svi-luppati due orientamenti sostanzialmente contrapposti. Ilprimo, fondato sulla peculiarità dell’azione di decadenza dallaresponsabilità genitoriale soprattutto in ordine alla legittima-zione ed ai poteri del p.m. presso il tribunale per i minorenni,limita la deroga alla competenza del giudice specializzato al-l’azione ex art. 333 c.c., sottolineandone l’intrinseca omoge-neità di contenuto con i provvedimenti in tema di affidamentodei figli minori e sostenendo sul piano dell’interpretazione te-stuale che il giudizio ex art. 330 c.c., può non pendere tra lestesse parti del giudizio sul conflitto familiare.La seconda opzione interpretativa ritiene invece superabile la noncoincidenza delle parti del giudizio art. ex 330 c.c., e quello rela-tivo al conflitto familiare, potendo essere coinvolto nell’azione didecadenza dalla responsabilità genitoriale, anche in funzione dipromozione dell’azione, il p.m. presso il tribunale e, soprattutto,si fonda sull’interpretazione testuale della parte della disposi-zione, sopra illustrata, che si apre con “in tale ipotesi”.Si ritiene, tuttavia, che la norma debba essere esaminata nel suocomplesso, partendo dalla formulazione testuale senza proce-dere ad una suddivisione atomistica di ciascuna parte o locu-zione al fine di farne emergere soltanto le incoerenze, pur se ri-scontrabili.La principale chiave interpretativa deve trarsi proprio dalla ne-cessità di attuare il principio di concentrazione delle tutele,così come espressamente affermato dalla pronuncia sopra esa-minata n. 20352 del 2011. La Corte, avendo rilevato quanto fossefrequente che per un’identica situazione conflittuale potesseroessere aditi due organi giudiziali diversi e potessero essere as-sunte decisioni tra di loro contrastanti ed incompatibili, tuttetemporalmente efficaci ed attuabili, ha ritenuto, in considera-zione della preminenza del diritto del minore a poter condurrela propria esistenza sulla base di provvedimenti giudiziali nonequivoci e fondati su un unico accertamento dei fatti rilevantiper la decisione, di superare le suddivisioni di competenza sta-bilite astrattamente nell’art. 38 disp. att. c.c., previgente e di as-segnare al giudice del conflitto familiare anche le richieste di li-mitazione della responsabilità genitoriale.Si delinea, pertanto, alla luce delle considerazioni sopra svolte,una diversificazione di situazioni nelle quali possono essere as-sunti provvedimenti riguardanti la limitazione o la decadenzadalla responsabilità genitoriale. Da un lato, devono evidenziarsile situazioni di criticità segnalate (art. 9, l. n. 184 del 1983) o ri-levate dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale per iminorenni che possono determinare l’apertura di un procedi-mento volto alla dichiarazione di adottabilità o a misure minoriquali l’affido etero familiare (artt. 2 - 5, l. n. 184 del 1983). L’ac-certamento di questa tipologia di situazioni può determinarel’avvio di procedimenti limitativi od ablativi della responsabilitàgenitoriale, non dettati da un conflitto genitoriale e saldamenteancorati alla competenza del giudice specializzato.Dall’altro, all’interno delle controversie relative all’affidamentodei figli minori possono sorgere situazioni che richiedono, a do-manda di parte o d’ufficio, l’adozione di provvedimenti incidentisulla responsabilità genitoriale. La competenza del giudice or-dinario è limitata a questa seconda categoria di situazioni, nellequali la partecipazione e l’incidenza del potere d’impulso e par-tecipazione del pubblico ministero è inferiore a quella rilevatanella prima ipotesi e comunque non ostativa al radicamentodella competenza presso il tribunale ordinario (la locuzione uti-lizzata dal legislatore è quella impropria di “giudice ordinario”).Non si ritiene, di conseguenza, che possa astrattamente esclu-dersi la competenza del giudice ordinario nelle azioni relativealla decadenza o alla limitazione della responsabilità genitorialesolo perché non s’integra il requisito delle “stesse parti”. È suf-ficiente che nel giudizio sull’affidamento e nell’azione ex artt.330 e/o 333 c.c., siano parti i genitori non che debba escludersila partecipazione del pubblico ministero anche come organod’impulso del procedimento anche quando tale impulso pro-venga dall’ufficio del p.m. presso il tribunale per i minorenni,potendo gli uffici del p.m. porre in atto meccanismi di raccordoe trasmissione degli atti del tutto legittimi.La questione cruciale riguarda l’incidenza di queste azioni sulgiudizio relativo all’affidamento già pendente. Il nesso è di-retto ed inequivoco: il regime dell’affidamento del figlio minorerisulterà fortemente condizionato dall’adozione di misure volte

a escludere o limitare la responsabilità genitoriale. L’applica-zione del principio della concentrazione delle tutele ha, di con-seguenza, anche l’effetto di evitare la proposizione di azioni “didisturbo” volte a paralizzare l’efficacia di statuizioni non gradite,puntando sulla mancata conoscenza completa della situazionedi conflitto genitoriale o sull’allegazione di fatti diversi.Deve, inoltre, osservarsi come nella specie, nella predominantemaggioranza dei casi, le parti chiedano sia la misura maggioredella decadenza dalla responsabilità genitoriale che quella mi-nore volta alla limitazione della medesima. La proposizionedelle due domande impone il simultaneus processus presso ilgiudice del conflitto genitoriale, ostando alla ratio ispiratricedella norma di modifica della competenza la scissione tra diesse e l’attribuzione dell’una (art. 330 c.c.) al giudice specializ-zato e l’altra (art. 333 c.c.) al giudice ordinario. A tale ultimo ri-guardo deve osservarsi che il potere officioso del giudice con ri-ferimento ai provvedimenti da assumere nel preminenteinteresse del minore può senz’altro condurre all’adozione di unamisura limitativa della responsabilità genitoriale (art. 333 c.c.)anche ove sia stata richiesta soltanto la decadenza. Tale potere-dovere, espressamente previsto come misura interinale ex art.330, secondo comma, c.c., può anche essere confermato nelladecisione finale, così come non può ravvisarsi mutatio libellinell’ipotesi in cui proposta la domanda come rivolta esclusiva-mente alla decadenza dalla responsabilità genitoriale, la parterichieda nella definizione del thema decidendi anche l’adozionedi misure conformative minori della responsabilità genitoriale.Dovendosi calare i principi esposti nel concreto conflitto nega-tivo di competenza rimesso all’esame del Collegio deve rilevarsi:- la pendenza indiscussa del giudizio di separazione, operando,come già rilevato tale condizione “per tutta la durata del pro-cesso” senza soluzione di continuità, anche quando sono incorso i termini per l’impugnazione, e pur se il gravame non siastato ancora proposto;- la ricomprensione nella competenza del giudice ordinariodell’azione volta a richiedere un “provvedimento limitativo odablatorio della potestà” (terza riga dell’ordinanza della Corted’Appello di Firenze) proposta da una delle parti del giudiziopendente relativo alla separazione personale delle parti;- la competenza del tribunale ordinario nelle condizioni so-praindicate in tutte le ipotesi di proposizioni di domande nellequali si richiedono sia provvedimenti ex art. 330, che ex art. 333c.c., ovvero domande connesse soggettivamente ed oggettiva-mente.Per quanto riguarda, infine, l’individuazione del giudice com-petente tra Tribunale di Pistoia e Corte d’appello di Firenze,quest’ultima investita dell’impugnazione della sentenza di se-parazione anche in ordine alle statuizioni riguardanti l’affida-mento dei figli minori, deve rilevarsi che l’art. 38 disp. att. c.c.,contiene indici normativi non univoci. Per un verso, il citato ar-ticolo si pone come una norma che stabilisce regole generali ederoghe in ordine a criteri di competenza funzionale. In questosenso depone sia l’incipit contenente l’affermazione dei principigenerali in tema di riparto di competenze, sia la definizione delperimetro della deroga, contenuta nella prima parte del se-condo periodo (“resta esclusa la competenza del tribunale peri minorenni”).Inoltre vi è l’ulteriore riferimento testuale al “giudice ordinario”,nella seconda parte del secondo periodo. Infine, in via siste-matica, soccorre il principio generale del secondo comma, se-condo il quale in mancanza di una chiara indicazione dell’au-torità giudiziaria competente opera la clausola di chiusura dellacompetenza residuale del tribunale ordinario. Per altro verso,l’ancoraggio anche temporale della competenza del “giudice or-dinario” (così nell’art. 38 disp. att. c.c.) esclusivamente alla du-rata del processo ed il principio di concentrazione delle tutelead esso sotteso, inducono a configurare piuttosto che un crite-rio nuovo di demarcazione delle competenze, una vis attractivapredeterminata ex lege, dettata da una connessione oggettiva esoggettiva, e legata ad un’esigenza di effettività ed uniformitàdella tutela giudiziale, realizzabile soltanto mediante la devo-luzione delle controversie ad un unico giudice, quale che sia ilgrado della controversia, in modo che il quadro fattuale sulquale sono assunti i provvedimenti in tema di affidamento diminori sia il medesimo per i provvedimenti ex artt. 330 e 333 c.c.A questa soluzione non osta il salto di un grado, peraltro privo

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di copertura costituzionale o la diversa natura dei giudizi diprimo e secondo grado. Deve osservarsi, al riguardo, che i giu-dizi in questione sono sottoposti ex art. 38 disp. att. c.c. al ritocamerale (“il tribunale provvede in camera di consiglio sentitoil p.m.”) ovvero ad un rito all’interno del quale, non operano lepreclusioni del rito ordinario (Cass. n. 14022 del 2000), potendoessere allegati in ogni tempo nuovi fatti e dedotte nuove prove.Peraltro, deve essere sottolineato che per le domande ex artt. 330e 333 c.c., la Corte d’appello opererebbe, nella specie, come giu-dice di unico grado senza neanche le modeste limitazioni dellacognizione connesse ai reclami camerali.Ma, a parte le considerazioni relative al modello processuale,deve rilevarsi che è l’oggetto dell’accertamento giudiziale, inquanto relativo ai minori, che non tollera limitazioni nei poteridi allegazione e deduzione istruttoria delle parti, ed anzi si ca-ratterizza per la correlata sussistenza di incisivi poteri istruttoriofficiosi, anche d’indagine ed acquisizione dati ed informa-zioni da altre pubbliche autorità, del giudice.Il giudice competente deve, pertanto, essere individuato nellaCorte d’appello di Firenze alla luce dei seguenti principi di di-ritto:“l’art. 38 disp. att. c.c., così come modificato ex art. 3, l. n. 219 del2012, attribuisce al tribunale per i minorenni la competenza, invia generale, per i provvedimenti ex artt. 330 e 333 c.c.“l’art. 38, primo comma, primo periodo, disp. att. c.c. - nel testosostituito dall’art. 3, comma 1, della l. 10 dicembre 2012, n. 219,applicabile ai giudizi instaurati a decorrere dal 1° gennaio 2013(art. 4, comma 1, della stessa l. n. 219 del 2012), come nella spe-cie - attribuisce tra l’altro, in via generale, al tribunale per i mi-norenni la competenza per i provvedimenti previsti dagli artt.330 e 333 c.c.. In deroga a tale attribuzione di competenza,quando sia in corso un giudizio di separazione, divorzio o ungiudizio ai sensi dell’art. 316 c.c., anche in pendenza dei terminiper le impugnazioni e nelle altre fasi di quiescenza, fino al pas-saggio in giudicato, la competenza in ordine alle azioni direttead ottenere provvedimenti limitativi od ablativi della respon-sabilità genitoriale, proposte successivamente e richieste conunico atto introduttivo dalle parti (così determinandosi un’ipo-tesi di connessione oggettiva e soggettiva) deve attribuirsi al giu-dice del conflitto familiare (tribunale ordinario e Corte d’ap-pello). L’identità delle parti dei due giudizi non è esclusa dallapartecipazione del p.m. Ne consegue che nel caso, quale quellodi specie, in cui - successivamente all’instaurazione di un giu-dizio di separazione o di divorzio, o del giudizio di cui all’art. 316c.c. - siano state proposte azioni dirette ad ottenere provvedi-menti limitativi od ablativi della responsabilità genitoriale,quando sia pendente il termine per l’impugnazione o sia statointerposto appello avverso la decisione di primo grado, la com-petenza a conoscere tali azioni è attribuita alla Corte d’appelloin composizione ordinaria”.P.Q.M.La Corte, dichiara la competenza della Corte d’appello di Firenze.…omissis

IL COMMENTOGIANCARLO SAVI (AVVOCATO DEL FORO DI MACERATA)

Questa pronuncia della Corte di Cassazione rappresenta il primoreale chiarimento nell’interpretazione da dare all’art. 38 disp.att. c.c., come novellato dall’art. 3, della l. 10 dicembre 2012, n.219, norma unanimemente criticata per le vaste perplessitàche suscita negli attori delle dinamiche processuali e persino inordine alla sua comprensione letterale e logica.L’intersecarsi di competenze connesse alla tutela dell’interessedel soggetto in età evolutiva, ancora una volta vede un legisla-tore che manca l’ennesima occasione di risolvere questi antichiassilli delle competenze perpetuamente sovrapponibili tra il tri-bunale ordinario e quello specializzato, che finiscono imman-cabilmente per legittimare disinvolte condotte processuali in unsettore che ben ne farebbe a meno, ed una giurisprudenza dav-vero costretta al ruolo di una supplenza indispensabile.L’arresto in disamina, che facciamo seguire nel suo testo inte-grale, lucidamente dissipa gran parte delle “nebbie”.Da premettere la bibliografia recente, ben dimostrativa del-l’impegno profuso anche da tutti gli studiosi del processo civile

di famiglia, al capezzale di questa disposizione così problema-tica, curiosamente ancora inserita nel codice sostanziale, che ciinduce alle seguenti citazioni: TOMMASEO, I profili processuali dellariforma della filiazione, in Fam. dir., 2014, 526; Id., La nuova leggesulla filiazione: i profili processuali, ivi, 2013, 251; ID., I procedimentide potestate e la nuova legge sulla filiazione, in Riv. dir. proc., 2013,558; VECCHIO, Competenza e connessione, in La riforma della Filiazione(a cura di CECCHELLA-PALADINI), Pisa, 2014, 85; QUERZOLA, Riformadella filiazione e processo: nuove sfumature delle categorie giuridichetradizionali?, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, 1041; ASTIGGIANO, Ripartodi competenza tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni: laSuprema Corte ha precorso la Legge n. 219/2012, in Fam. dir., 2013,498; LUPOI, Il procedimento della crisi tra genitori non coniugati avantial tribunale ordinario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, 1289; MONTA-RULI, Il nuovo riparto di competenze tra giudice ordinario e minorile, inNuova giur. civ. comm., 2013, II, 218; VELLETTI, Il novellato art. 38 disp.att. c.c. e le ulteriori disposizioni a garanzia dei diritti dei figli, ivi, 2013,II, 596; IMPAGNATIELLO, Profili processuali della nuova filiazione e ri-flessioni a prima lettura sulla L. 10 dicembre 2012 n. 219, in Nuoveleggi civ. comm., 2013, 715; DANOVI, Nobili intenti e tecniche appros-simative nei nuovi procedimenti per i figli (non più) “naturali”, in Corr.giur., 2013, 537; ID., I procedimenti de potestate dopo la riforma, tratribunale ordinario e giudice minorile, in Fam. dir., 2013, 619. Come noto, il legislatore della riforma nel ridimensionare for-temente la competenza specializzata, ha mantenuto presso iltribunale minorile le controversie de potestate, ma con l’impor-tante eccezione derogatoria a favore del tribunale ordinarionell’ipotesi che “sia in corso” tra le stesse parti un giudizio di se-parazione, divorzio, ex art. 316 c.c. e relative eventuali fasi di mo-dificazione, revisione ed attuazione.La previsione nel suo testuale tenore evidenziava però innu-merevoli e severe problematiche processuali, davvero ardue dadipanare, tanto da consentire il proliferare di conflitti di com-petenza anche officiosi e l’affacciarsi di dubbi anche sul ver-sante della legittimità costituzionale.Nell’ottica di una nota redazionale che accompagni la pronta se-gnalazione di questo arresto di legittimità, giova sottolinearecome molteplici sono le massime che se ne possono trarre,tanto che appare consigliabile tratteggiarne il decalogo che necostituisce l’ossatura, rinviando ogni approfondimento ad altrasede di miglior riflessione.La Corte infatti dipana il conflitto di competenza negativo, sin-golarmente sollevato da tribunale ordinario e da corte d’appelloin composizione ordinaria, affrontandone consapevolmente edistesamente i presupposti ed il quadro complessivo, ottempe-rando così a quell’esigenza nomofilattica avvertita dalle corti dimerito, volta all’esatta demarcazione della sfera di competenzadel tribunale specializzato rispetto a quello ordinario.Questo il decalogo che se ne può ricavare:1) intanto, il punto di partenza sistematico è costituito dal rilievosecondo cui sussiste una vasta interrelazione tra le misure cd.de potestate ed i provvedimenti da assumere in sede di affida-mento dei figli in età minore che sono coinvolti nei conflitti fa-miliari (separazione, divorzio, giudizio ex art. 316 c.c., e connessefasi di modificazione, revisione ed attuazione); il postulatoviene riferito all’elaborazione già maturata sotto l’anteriore re-gime, espresso nel noto arresto di Cass., sez. VI civ., 5 ottobre2011, n. 20352 (in Foro it., 2013, I, 333, con nota di POLISENO, ed inFam. dir., 2013, 494, con nota di ASTIGGIANO, cit.); questo rilievo èreso efficace dalla constatazione per cui il giudice della sepa-razione e delle altre sedi indicate, può officiosamente adottareprovvedimenti opportuni nell’interesse morale e materiale dellaprole (previgente art. 155 c.c. ed attuale 337 ter c.c., art. 709 terc.p.c., art. 6, comma 8° l. div.), che possono incidere sull’eserci-zio della responsabilità genitoriale, sino al punto di renderesostanzialmente indistinguibili le domande e le relative statui-zioni decisorie (quale l’esemplificazione che si rinviene tra la do-manda di affidamento esclusivo per comportamento pregiudi-zievole dell’altro genitore in sede di separazione coniugale e ladomanda volta alla limitazione della responsabilità genitorialeproposta in pendenza del conflitto familiare);2) su tale presupposto dell’obiettiva interconnessione o so-vrapposizione, risiede la ragione di assicurare una concentra-zione delle tutele, necessariamente avanti ad un solo giudice,per entrambi i profili, che già nell’anteriore regime era ispiratoin conformità ai principi regolatori del giusto processo, di coe-

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renza logica e di valutazione del concreto impatto operativo, se-condo il fondamentale arresto di Cass. sez. un., 8 aprile 2007, n.8362 (la pronuncia, rinvenibile anche in Giur. it., 2007, 2008, connota redazionale, ed in Foro it., 2007, I, 2049, con notazioni di CA-SABURI, CIVININI e DE MARZO, è stata oggetto di ampia analisi e di-battito; tra i numerosi contributi della dottrina, di vario segno,cfr., MERLIN, La Suprema Corte pone la parola fine al dibattito sulla“competenza” in tema di procedimenti di “separazione” della coppia difatto ed affido dei figli naturali, in Riv. dir. proc., 2008, 535; TOMMA-SEO, Filiazione naturale ed esercizio della potestà: la Cassazione con-ferma (ed amplia) la competenza del tribunale minorile, in Fam. dir.,2007, 453; DANOVI, Affidamento e mantenimento dei figli naturali: laCassazione sceglie il giudice minorile, in Fam. pers. succ., 2007, 508;SALVANESCHI, Ancora un giudice diverso per i figli naturali, in Corr. giur.,2007, 951; BALESTRA, Sul tribunale competente in ordine all’affidamentoe al mantenimento dei figli naturali: una condivisibile presa di posi-zione della Cassazione, ivi, 958; GRAZIOSI, Ancora rallentamenti sullavia della piena equiparazione tra figli legittimi e figli naturali: la Cas-sazione mantiene inalterata la competenza del Tribunale per i mino-renni, in Dir. fam. pers., 2007, 1629. Cfr. anche, CARRATTA, I procedi-menti sullo stato di adottabilità e de potestate dopo l’entrata invigore della L. n. 149/2001: verso un “giusto” processo civile minorile,in Dir. fam. pers., 2010, 268); indirizzo ribadito sino a Cass., sez. Iciv., 22 maggio 2014, n. 11412 (in banca dati Pluris);3) premesso il quadro generale, e passando alle specifiche dif-ficoltà interpretative che la norma presenta, la Corte chiariscein primo luogo quale significato debba attribuirsi all’espressionetestuale, qualora “sia in corso” (tra le stesse parti, giudizio di se-parazione, etc.), così distonica rispetto alle tradizionali catego-rie processualcivilistiche; l’indicazione è quella per cui l’espres-sione non può avere altro significato che quello di “pendenza delgiudizio”; cosicché, è il deposito del ricorso, atto con il quale siinstaurano tutti tali giudizi (ivi compresi quelli cd. de potestate)che unicamente rileva (Cass., sez. un., 20 ottobre 1995, n. 10935,in Dir. fam. pers., 1996, 496);4) alla locuzione “per tutta la durata del processo” viene inveceattribuito il significato obiettivo secondo cui la competenza deltribunale ordinario, per attrazione in virtù della pendenza delcontenzioso coniugale/genitoriale, viene meno unicamente conil passaggio in giudicato del proprio provvedimento, cosicché nonsi interrompe neppure nelle fasi di quiescenza, interruttive o so-spensive, precludendo ininterrottamente la competenza del tri-bunale minorile; con la precisazione che il processo già pendentenon può neppure scomporsi secondo le sue fasi e gradi;5) a questo punto la Corte affronta il dubbio in ordine all’even-tuale diversificazione, ai fini dell’indicata deroga di competenzaper attrazione, tra l’azione di decadenza dalla responsabilitàgenitoriale di cui all’art. 330 c.c., rispetto all’azione di mera li-mitazione di cui al successivo art. 333 c.c.; l’apparenza espres-siva per cui soltanto la seconda subirebbe la vis attractiva in pa-rola, viene confutata attraverso la valorizzazione dirimente delletestuali espressioni, “in tale ipotesi” e “per i provvedimenti con-templati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo”, cosìda ritenere la più ampia deroga alla competenza minorile, ri-comprendendo entrambe le azioni cd. de potestate nella compe-tenza dell’adito tribunale ordinario; peraltro, in tal senso si eragià espressa Cass., sez. VI civ., 14 ottobre 2014, n. 21633 (in Fam.dir., 2015, 105), seppur con tratto motivo fuggente;6) le residue perplessità di questa soluzione sul punto, che co-munque non è del tutto ineccepibile, risultando il dato testualeparticolarmente infelice - seppur vero che l’interprete devescartare quelle soluzioni che facciano emergere soltanto le in-coerenze logiche - viene rafforzata per altre vie sistematiche; inprimo luogo, viene invocata la principale chiave idonea a gui-dare l’attività ermeneutica, individuata nella necessità di dareattuazione al principio di concentrazione delle tutele, cui inducela considerazione della preminenza del diritto del minore a ve-dere regolata la propria sfera esistenziale sulla base di unico ac-certamento giudiziale dei fatti rilevanti per la decisione, che on-tologicamente non tollera decisioni incompatibili, od anchesolo contrastanti od equivoche, tutte efficaci ed attuabili coat-tivamente nello stesso momento temporale;7) poi, procedendo per esemplificazioni in relazione alle eve-nienze ricorrenti, la Corte diversifica i casi limite, rinvenendoperò la questione cruciale nel nesso diretto ed inequivoco chepresentano le azioni cd. de potestate nell’evenienza del coevo giu-

dizio relativo all’affidamento già pendente tra i coniugi/genitori,richiamando il principio che impone il simultaneus processus(anch’esso espressione dei canoni del giusto processo), ogniqual volta si propongano domande connesse oggettivamente esoggettivamente, inibendo così in radice azioni strumentali e didisturbo, ben note con il neologismo del cd. forum shopping;8) a quest’ultimo proposito, la Corte non avalla il tentativo diescludere la deroga alla competenza minorile in parola (per at-trazione) fondata sull’espressione testuale “… tra le stesseparti”, reputando sufficiente che nel giudizio sull’affidamentopendente come nell’azione/i cd. de potestate successivamentepromossa/e siano parti i genitori, e con la specificazione che lapartecipazione del p. m. presso il tribunale minorile, al giudiziogià pendente avanti tribunale ordinario, anche ove lo stesso in-tenda promuovere autonoma azione de potestate nell’arco tem-porale di tale pendenza, non è affatto esclusa, tanto più ove sitengano in considerazione i legittimi meccanismi di raccordo tragli uffici requirenti;9) viene confermato, così induce a pensare l’utilizzazione del-l’avverbio “successivamente” ripetuto nel corso della motiva-zione finale, il principio di prevenzione e della perpetuatio iuri-sdictionis, secondo il cardine ex art. 5 c.p.c., sotto il dupliceprofilo per cui, ove l’azione cd. de potestate risulti proposta an-teriormente ai giudizi di separazione, divorzio od ex art. 316 c.c.(la nuova norma è applicabile ai giudizi instaurati a decorreredal 1° gennaio 2013), la competenza rimane radicata presso il tri-bunale minorile, mentre, al contrario, ove risulti proposta suc-cessivamente, la vis attractiva ne determina lo spostamentopresso il tribunale ordinario (conforme peraltro la coeva Cass.,sez. VI civ., 12 gennaio 2015, n. 2833, in www.ilcaso.it);10) conclusivamente, l’ancoraggio temporale della competenzaminorile presso il tribunale ordinario (goffamente nominatodal legislatore “giudice” ordinario), esclusivamente alla duratadel processo del conflitto coniugale/genitoriale già pendente, edil principio della concentrazione delle tutele secondo il simul-taneus processus, configura una devoluzione della competenzacomunque predeterminata ex lege, dettata da connessione og-gettiva e soggettiva, per la realizzazione della funzione di ef-fettività ed uniformità della tutela giudiziale sottesa in tema diprovvedimenti che incidono sull’affidamento dei minori e sul-l’esercizio della responsabilità genitoriale; con la peculiare con-seguenza, relativamente al caso di specie esaminato, che leazioni dirette ad ottenere provvedimenti limitativi od ablatividella responsabilità genitoriale, promosse durante la pendenzadel termine per proporre l’appello, ovvero promosse con l’ap-pello stesso o dopo che sia stato interposto, spettano alla co-gnizione della sola corte d’appello in composizione ordinaria,quale giudice del conflitto familiare, in unico grado, nulla ostan-dovi, atteso che il salto di un grado è privo di copertura costi-tuzionale, mentre il rito camerale cui sono sottoposti tutti taligiudizi non tollera limitazioni o preclusioni al potere di allega-zione delle parti, potendo comunque dedursi in ogni tempo fattinuovi e richiedersi l’ammissione di nuove prove, mentre l’og-getto del giudizio vede la sussistenza di incisivi poteri officiosi,il cui esercizio prescinde sia dagli alligata che dai petita. Tra le al-tre perplessità che suscita questo arresto, dalle vastissime con-seguenze processuali, cui deve comunque riconoscersi lo sforzodi dover rimediare ad una norma così problematica, meritanoun cenno immediato due questioni davvero impegnative.La prima è data dalla riflessione sintetica secondo cui la Corte,in sostanza, finisce per spostare il problema dal piano dellacompetenza funzionale a quello della continenza, senza tutta-via trarne tutte le conseguenze.La seconda, invero connessa alla prima, è data dal salto delprimo grado di giudizio per le azione cd. de potestate, nell’ipotesiin cui si sia aperta la fase del gravame del giudizio “attrattivo”;non può sfuggire che se l’azione de potestate è stata promossa adesempio dopo la pubblicazione della sentenza di separazione co-niugale (in primo grado), ciò non significa che i suoi fatti costi-tutivi non possano rinvenirsi in circostanze anteriori od anchein una loro diversa qualificazione in diritto; la Suprema Cortesembra optare sbrigativamente per l’implicita consumazionedel suo primo grado di giudizio; il “sacrificio”, aldilà dell’oggettodel giudizio e delle facoltà che il rito camerale offre alle parti edal giudice (tutt’altro che scontate in sede d’appello), non apparegiustificato e lascia un qualche sconcerto, tanto più ove si con-

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sideri che è soltanto il grado del gravame di merito (appello o re-clamo) che non ha copertura costituzionale, a differenza delprimo grado di giudizio; ed allora, un tale unico grado per la di-samina nel merito di cui alla soluzione prospettata dalla Cortegenera ricadute che non sembrano consapevolmente valutate;ciò è viepiù evidente nel momento in cui la Corte non risolve, invia generale, il fondamentale nodo della natura di tali provve-dimenti, decisoria o meno, definitoria o meno, dal cui positivoscrutinio dipende il gravame di legittimità. Questa riflessione evi-denzia come la scelta della parte, nell’esercizio o meno di que-sta o di quella azione e soprattutto in quale momento, divienestrumento esattamente contrario allo scopo prefisso, di evitarecomunque “azioni di disturbo”, perpetuando il cd. forum shopping.Conclusivamente, l’ulteriore interrogativo davvero disagevole,che in fondo contiene gli altri, è il seguente: il simultaneus pro-cessus travolge l’ordinaria progressione dei gradi di giudizio?

Nonni e nipotiminorenni: dalla supplenzaintrafamiliare al dirittoa mantenere rapportisignificativiTRIBUNALE DI MILANO, SEZ. IX CIVILE,ORDINANZA 7 OTTOBRE 2014Pres. G. Buffone

Figlio minore - Separazione coniugale dei genitori - Eserciziodella responsabilità genitoriale - Positivo sviluppo psico-fisicodel minore - Soluzioni di collocamento abitativo stabile - Pos-sibilità di collocamento presso gli altri ascendenti - Interessesuperiore del minore - Ammissibilità della disposizione -Sussistenza - Competenza funzionale minorile ex art. 317 bisc.c. - Ingerenza - Esclusione. (c.p.c. art. 708; c.c. artt. 315 bis, 316,317 bis, 333, 336 bis, 337 bis, 337 ter, 337 quater, 337 octies)

Il collocamento abitativo presso i nonni del figlio in età minore coinvoltonella crisi del rapporto familiare costituisce una delle possibili appli-cazioni concrete delle facoltà di cui agli artt. 337 ter e 333 c.c., in ra-gione della necessità di reperire il luogo più adatto al suo sviluppopsico-fisico, e non una indebita ingerenza nella competenza del giudiceminorile di cui all’art. 317 bis c.c.

omissis[2]. Sulla famiglia.X e Y hanno contratto matrimonio con rito concordatario in Mi-lano, in data …1999 (atto …). Dall’unione sono nati i figli: M. (..1999) e S. (.. 2006). All’udienza del 25 febbraio 2014, risultava cheS. fosse collocata presso la madre e M. presso il padre. Nel corsodel processo, le condizioni di M. mutavano: nella notte tra il 29e il 30 settembre 2014, veniva sorpreso, verso la mezzanotte, conil padre in prossimità di una bicicletta, con un tronchesino inmano. La polizia operava un fermo e affidava il minore allanonna materna. Il minore, nelle more, cambiava, quindi, collo-camento prevalente occupando la casa della nonna. S. restavacollocata presso la madre. All’udienza del 30 settembre 2014, ve-niva disposta l’audizione di M., che veniva sentito direttamentedal giudice, ex art. 336 bis c.c. Venivano sentiti anche la nonnamaterna e la madre. Il padre non compariva né all’udienza del30 settembre, né a quella del 7 ottobre fissata ad hoc per la de-cisione in ordine ai provvedimenti provvisori.[3]. S.S. ha 7 anni e la tenera età ne sconsiglia l’audizione. Peraltro, ilpadre non si è opposto, sul punto, alle indicazioni della madre(v. memoria di costituzione, paragrafo 4, pag. 5). Ne consegue chela bambina va affidata a entrambi i genitori e collocata in modoprevalente presso la madre, alla quale va assegnata la casa co-niugale (dove il marito già non abita più). I tempi di frequenta-zione tra figlia e padre possono essere regolati così come pro-

posto dalla madre, ma allo stato escludendo - salvo eccezioni -il pernottamento di S. dal padre e con delle precauzioni, in at-tesa degli viluppi processuali, affidati alle indagini che devonoancora svolgere i Servizi delegati.[4]. M.M. ha quasi 15 anni. In sede di ascolto ha rievocato il fermo di po-lizia subito con il padre e palesato ansia e incertezze per l’acca-dimento vissuto. Il comportamento di un padre - che conduce ilfiglio in piena notte, con un tronchesino, esponendolo al rischiodi essere sospettato di intenzioni delittuose (furto) - lascia cer-tamente emergere una netta inidoneità genitoriale che si trat-teggia, quindi, nella relazione tra padre e figlio, ove manca evi-dentemente una capacità di indossare la responsabilità del ruologenitoriale. Ne consegue che non può essere, allo stato, dispostol’affidamento del minore in favore del padre. Nemmeno può es-sere disposto in favore della madre: in primo luogo, è stato M.stesso a scegliere di non vivere a casa con la madre ed ella stessaha confermato i tratti problematici del rapporto con il figlio. Inquesto contesto, si rende opportuno e necessario un affida-mento all’ente di residenza, anche per offrire quel doveroso mo-nitoraggio necessario per supportare M. in questa fase in cui lerelazioni genitoriali (con padre e madre) presentano deficienze.In ordine al collocamento del minore, anche in virtù delle facoltàriconosciute dall’art. 337 ter c.c., deve essere allo stato dispostoil collocamento protettivo presso la nonna materna, in …, allavia … Questa ipotesi di collocamento trova il consenso del-l’ascendente, della madre e soprattutto del minore. È stato M.stesso, in sede di ascolto, a dichiarare di “volere stare con lanonna”, luogo dove ha riferito di trovarsi “da quasi un anno”.Il collocamento del minore presso i nonni non costituisce unaindebita ingerenza del giudice ordinario nella competenza delgiudice minorile (art. 317 bis c.c.), ma costituisce una applica-zione delle facoltà di cui agli artt. 337 ter e 333 c.c., in ragionedella necessità di reperire, per il fanciullo, un luogo adatto al suosviluppo psico-fisico.I rapporti tra figlio e madre possono essere regolati come da di-spositivo, tenuto conto delle dichiarazioni (e abitudini) del mi-nore. Nei rapporti tra padre e figlio, invece, allo stato, è neces-sario un controllo ed è soprattutto, per ora, da escludere ilpernottamento, tenuto conto di quanto accaduto da ultimo (v.verbale della Questura di Milano, del 30/9/2014, dove risulta fi-nanche che il padre ha costretto il figlio a portare, in spalle, unagrossa tronchese).[5]. Rapporti economiciLa Y svolge attività solo part-time e gode di un reddito mensilenetto di circa €. 900,00. Il reddito è aggredito da una rata men-sile di circa €. 200,00 per la restituzione di un debito contrattonell’interesse della famiglia, nel 2009. La Y abita nella attualecasa in Milano, Via …, di sua esclusiva proprietà. In questo con-testo, è da escludere decisamente che il padre possa godere deipresupposti per l’assegno di mantenimento in suo favore, te-nuto conto del fatto che è la sola madre, con circa 700,00 €. men-sili, a provvedere alle esigenze dei figli: totalmente, per quantoriguarda S., parzialmente, per quanto riguarda M. (per il quale,però, altra parte è sopportata dalla nonna materna). Peraltro, ilX ha versato in atti il certificato di stato occupazionale da cui ri-sulta disoccupato dal 23 marzo 2011: nulla, però, ha allegato perdimostrare cosa abbia fatto per reinserirsi nel mercato del la-voro. Al contrario, deve essere gravato di una minima quota dimantenimento per la prole: per la riduzione o la eliminazionedell’assegno di mantenimento in favore dei figli, non è suffi-ciente allegare meramente uno stato di disoccupazione, do-vendosi verificare, avuto riguardo a tutte le circostanze concretedel caso, la possibilità del genitore richiedente di collocarsi omeno utilmente, ed in relazione alle proprie attitudini, nel mer-cato del lavoro (v. Cass. civ., sez. I, sentenza 27 dicembre 2011 n.28870); nel caso di specie, per come già osservato, lo sfoglio pro-batorio attuale suggerisce di porre a carico del padre l’assegnodi €. 200,00 mensili onnicomprensivi, da versarsi in favore dellamoglie, per il mantenimento dei figli.omissisPer Questi Motiviletto ed applicato l’art. 101 c.p.c.SOLLEVA d’ufficio la questione relativa alla inammissibilitàdella domanda di rimborso del 50% del finanziamento n. …letto ed applicato l’art. 708 c.p.c.

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AUTORIZZA i coniugi a vivere separatamente, con facoltà di in-terrompere la convivenza e la coabitazione, ma pur semprecon l’obbligo del reciproco rispetto. Ricorda ai coniugi che, an-che in caso di separazione personale dei genitori, la prole ha ildiritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo conciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da en-trambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendentie con i parenti di ciascun ramo genitoriale.DISPONE che il padre provveda al mantenimento della prole invia indiretta, mediante versamento alla madre, dell’importo di€. 200,00 mensili, da versarsi in via anticipata entro il giorno cin-que di ogni mese. La somma è soggetta a rivalutazione mone-taria secondo gli indici ISTAT (FOI). Prima rivalutazione: ottobre2015.DISPONE che il padre provveda al pagamento del 50% dellespese mediche non coperte dal SSN, sostenute nell’interessedella prole, purché vi sia stato accordo, salvo l’urgenza. Le al-tre spese extra sono incluse nell’assegno di mantenimentoordinario.omissisAFFIDA M. (nato il …1999), con residenza anagrafica in Milano,… e domiciliato presso la nonna materna, in Milano, alla via …,al Comune di Milano e i Servizi Sociali dell’Ente zona compe-tente …L’affidatario eserciterà i poteri connessi con la responsabilità ge-nitoriale in relazione agli ordinari rapporti con la istituzione sco-lastica e con le autorità sanitarie. Rimette all’Ente affidatario divigilare affinché il diritto di visita tra padre e figlio venga eser-citato in conformità ai provvedimenti giudiziali vigenti. Rimetteall’Ente di derogare le modalità del diritto di visita o riorganiz-zarlo secondo diverse modalità se necessario per il benesseredel minore affidato. L’Ente collaborerà con i parenti conviventi(i nonni materni) e, al termine delle indagini ritenute necessa-rie, si esprimerà circa l’opportunità di un diverso collocamentodel minore, riferendo anche circa l’affidamento preferibile perlo stesso. L’ente è abilitato a introdurre modalità di visita pro-tette, in “spazio neutro”, ove necessario.DISPONE il prevalente collocamento abitativo di M. presso lacasa dei nonni materni (A. e B.), in Milano, alla via …DISPONE che la madre possa tenere con sé il minore M., inogni settimana, dal venerdì dopo la scuola alla domenica sera,dopo cena. La madre potrà anche frequentarlo durante la set-timana, secondo liberi accordi con la nonna. In tutte le festività,M. potrà restare a casa con la mamma per i periodi stabiliti conla nonna.DISPONE che il padre possa tenere con sé il minore solo su ac-cordi con la nonna e, comunque, con esclusione del pernotta-mento. Nelle festività natalizie, i genitori e la nonna concerte-ranno eventuali giorni di permanenza di M. con il papà, masempre con rientro dalla nonna per il pernottamento. Perl’estate, nei periodi in cui il padre è con la figlia, M. potrà starecon lui giornalmente, rientrando a casa dalla nonna dopo cena,entro massimo le ore 21.CONFERMA la delega al Servizio Sociale di Milano per condurreuna indagine psico - socio - familiare sul nucleo familiare deiconiugi. Il Servizio accerterà, anche, con la collaborazionedelle persone conviventi, l’attività lavorativa svolta dai geni-tori, i luoghi in cui i minori vivono, le condizioni di vita deglistessi ed i rapporti con i genitori e i nonni materni. Fornirà ognielemento utile circa l’esercizio della responsabilità genito-riale da parte dei due coniugi, mettendo in luce le loro condi-zioni soggettive e di vita. Riferirà con relazione scritta da tra-smettere …omissis.

IL COMMENTOGIANCARLO SAVI (AVVOCATO DEL FORO DI MACERATA)

SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. Il collocamento abitativo “intra-familiare” dei minori nel nuovo art. 337 ter c.c. - 3. Esercizio del-l’azione ex art. 317 bis c.c.: competenza e dubbi di costituziona-lità - 4. Il diritto degli altri ascendenti a mantenere rapportisignificativi con i nipoti minorenni - 5. Lo strumento processualedell’intervento in lite degli ascendenti - 6. Il ruolo processualedegli ascendenti nei giudizi c.d. de potestate - 7. Lettura costitu-zionalmente orientata dell’art. 317 bis c.c. - 8. Conclusioni.

1.- Il tribunale del capoluogo lombardo, intervenendo in meritoad una complessa quanto disagevole separazione personale diconiugi, prende in esame il novero delle facoltà decisorie rin-venibili nel nuovo art. 337 ter c.c., e conclude affermando che lanorma consente il collocamento abitativo del figlio in età mi-nore coinvolto nella crisi del rapporto coniugale dei genitori,presso i nonni, in ragione della necessità di reperirgli il luogo piùadatto al suo sviluppo psico-fisico.Invero, il medesimo giudice della separazione, nel regolare lacondizione di vita del minore, fa riferimento anche ai poteri pre-figurati nell’art. 333 c.c. (norma non attinta dalla recente riformadella filiazione se non per l’adeguamento termilogico), profilo depotestate evidentemente sollevato ex officio, in virtù dell’attuale te-nore dell’art. 38, comma 1°, disp. att. c.c., che prevede l’attrazionedella competenza funzionale minorile nella sede coniugale.Peraltro, nel concreto, seguendo un tipico schema della giuri-sprudenza specializzata, il collocamento abitativo stabile del mi-nore presso i nonni, non si conformava al regime del suo “affi-damento”; l’esercizio della responsabilità genitoriale, emersal’impossibilità di disporne in capo ai genitori, neppure nella re-siduale forma esclusiva, è stato infatti attribuito al Servizio So-ciale del Comune di residenza, pur garantiti ai genitori diritti divisita consoni al fondamentale rapporto.Si precisa che un tale potere decisorio non costituisce ingerenzanella competenza funzionale del giudice minorile, come oggi at-tribuita ex novo dall’art. 317 bis c.c., pur senza analizzare la“problematicità” già emersa in ordine all’esercizio di questaazione.Non v’è dubbio che il caso si presenta come di particolare inte-resse per l’accostamento di più questioni in diritto, che assu-mono una rilevanza sul versante processuale.In sintonia con il dato sociologico, inequivocamente volto adare un crescente rilievo al ruolo degli ascendenti, il caso co-stituisce preziosa occasione per ripercorrere aspetti salienti deldato positivo di recente novellazione, singolarmente colto an-che da altri recenti arresti della giurisprudenza di merito. Il ruoloprocessuale degli ascendenti merita infatti più d’una conside-razione, affastellandosi confusamente, anche nel provvedi-mento annotato, una presenza che può spaziare dalla meraaudizione personale all’esercizio proprio dell’azione.Le norme evocate nel provvedimento annotato, ispirato da noncomune sensibilità al tema delle tutele del soggetto di diritto inetà evolutiva, costituiscono in sostanza gli estremi versanti delruolo dei nonni nella vita dei propri nipoti: da una supplenza“emergenziale”, più o meno nei panni del ruolo genitoriale, aquella dell’invocazione del diritto a mantenere rapporti signi-ficativi.Sullo sfondo sta la nozione di “famiglia parentale”, con le sue ra-dici sul dato di tradizione, nei dettami costituzionali (art. 29) enelle norme convenzionali (art. 8 Convenzione per la salva-guardia dei diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali), cheassume una rinnovata considerazione.Ed ancora una volta è il riparto delle competenze ad innescarepiù d’una perplessità, facendo emergere una quadro proces-suale persino irragionevole.

2.- Il nuovo art. 337 ter c.c., introdotto dal d. lgs. 28 dicembre2013, n. 154, in attuazione della delega conferita dall’art. 2, l. 10dicembre 2012, n. 219, raccoglie l’eredità dell’anteriore art. 155c.c., che a sua volta era stato riformato dalla l. 8 febbraio 2006,n° 54. Quest’ultima norma, pur prefigurando che il giudice adot-tasse “ogni provvedimento relativo alla prole”, come noto, nonaveva riprodotto l’espressa previsione di un possibile colloca-mento abitativo del minore presso terzi1 (serbando peraltro si-lenzio su quanto contemplato dall’art. 6, comma 8°, l. div.), invirtù della quale, in caso di temporanea impossibilità di affida-mento almeno ad uno dei genitori, si poteva procedere all’affi-damento familiare secondo l’art. 2 l. adozione2.Ciò non di meno, tralasciando in questa limitata sede ogni al-tra peculiarità e distinzione (invero assai articolate e com-plesse), e richiamato comunque il criterio di applicazioneestensiva delle disposizioni della l. n. 54/2006, a tenore del suoart. 4, la dottrina ha sempre operato una giusta distinzione, tral’affidamento intrafamiliare e quello extrafamiliare3; l’assuntoda cui prendere le mosse è sempre stato quello secondo cui an-che nei momenti di più acuta crisi fra i genitori, costretti a ri-

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correre a misure di supplenza, deve accordarsi preferenza perl’affidamento agli ascendenti o ai parenti che hanno rapportisignificativi, quale scelta interna al sistema familiare, come di-segnato dal dato positivo, prima di optare per quello extrafa-miliare, attesa l’intrinseca carica traumatica che questo profila;peraltro, con tutte le variabili soluzioni derivanti dalla possibi-lità di affidamento anche all’Ente pubblico territoriale istitu-zionalmente dotato dei Servizi Sociali e del collocamento abi-tativo presso uno dei genitori o dei parenti più stretti.A questa conclusione si giungeva agevolmente in sintonia conla clausola generale dell’ordinamento positivo che si sostanzianella realizzazione dell’interesse superiore del minore, comepure registrando quell’adeguato rilievo che assume il legame pa-rentale.Anche la giurisprudenza, pur rilevando che la soluzione intra-familiare non fosse espressamente menzionata, condividevatale conclusione4, delineando però come extrema ratio l’ipotesidel collocamento presso terza persona od infine presso istitutodi educazione; peraltro, in genere, con statuizione che scin-deva l’attribuzione dell’affidamento da quello della colloca-zione abitativa stabile, chiamando più energie a prodigarsi ondeassicurare il futuro dei soggetti vulnerabili in età evolutiva (so-luzione oggi adottata anche con il provvedimento annotato).La considerazione ermeneutica risolutiva si rinveniva nel tenoredell’art. 155 bis c.c., oggi abrogato, che con il suo comma 2°, achiusura del sistema, faceva salva l’applicazione da parte delgiudice di “ogni provvedimento conveniente nell’interesse della prole”;in sostanza, pur non riscontrandosi più l’espressa disposizioneche aveva riguardo alla possibilità di affidamento del figlio mi-nore a terzi, risultava ammessa l’adozione di un tale provvedi-mento se funzionale all’interesse del minore, posto che questopuò non risultare assicurato neppure dal regime di affidamentomonogenitoriale.Completata la riforma della filiazione, il tenore testuale del-l’odierno 337 ter c.c., sembra proprio raccogliere il frutto dellapregressa esperienza, nel momento in cui la nuova formula-zione si premura di precisare, testualmente, “Adotta ogni altroprovvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporaneaimpossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l’affidamento fa-miliare”; appare plausibile e conforme al dato sistematico con-siderare questa nuova disposizione come il positivo compi-mento del percorso ermeneutico appena tratteggiato, secondocui i poteri del giudice risultano tesi a colmare ogni esigenzatemporanea del caso concreto, in uno alla garanzia della possi-bilità di ricongiungimento del figlio minore ai propri genitoriuna volta venuti meno i motivi della grave limitazione della re-sponsabilità genitoriale; la norma chiarisce che l’emanazionedel provvedimento atipico può spingersi sino ad annoverarel’ipotesi dell’affidamento familiare (istituto codificato dall’art.2 l. adozione, appena sopra richiamato), con ciò significando chequesta misura, volta alla positiva realizzazione della persona-lità del minore in ambiente di tipo familiare, in luogo di quellopurtroppo mancato, da un lato, non è riservata soltanto alla di-versa ed estrema evenienza dell’accertato stato di abbandonodel minore, che può dar luogo alla sua adozione e, dall’altro lato,che deve ritenersi definitivamente archiviata l’esperienza degliistituti di educazione.Una considerazione si impone: le dette misure adottabili dalgiudice della separazione, nell’esclusiva ottica dell’interessedel soggetto di diritto in età minore, costituiscono in effetti mi-sure di limitazione dell’esercizio potestativo della responsabi-lità genitoriale, essendo evidente come il collocamento pressoterzi, siano essi i nonni, gli zii, od esterno nucleo familiare con-sono (scelte peraltro che possono demandarsi anche al ServizioSociale del Comune di residenza, con suddivisione di poteri efunzioni), comporta obiettivamente la partecipazione alle de-cisioni di vita del minore; indubbio infatti che il rapporto di con-vivenza con il minore porta con sé la conoscenza e la condivi-sione delle sue esigenze, dei suoi bisogni ed aspirazioni; correttoappare perciò il richiamo dell’art. 333 c.c., significando questoche i genitori, pur esclusi entrambi dall’affidamento e dalla fis-sazione della stabile residenza abitativa presso di sé, non sonorisultati meritevoli anche di misure ablative del ruolo potesta-tivo genitoriale, mantenendo almeno l’essenziale propria fi-gura, comunque partecipe alle scelte di vita del proprio figlio, at-traverso eventuali indicazioni, sollecitazioni e richieste, ad

esempio, in ordine a quelle reputate contrarie o inadeguate alsuo interesse.Quel che desta perplessità è il fatto che un ruolo così impor-tante, quale è, senza ombra di dubbio, anche quello del soggettoterzo, cosiddetto mero “collocatario” (espressione gergale di-scutibile quanto infelice), si fondi sulla mera audizione perso-nale di questi.Il tribunale milanese premette infatti di aver acquisito “il con-senso dell’ascendente”, attraverso l’audizione personale dellanonna materna, presso la quale il minore, degeneratisi i rapporticon entrambi i genitori, aveva già scelto di prendere ad abitarenel quotidiano.Ora, questa presenza processuale introdotta evidentemente at-traverso i poteri officiosi, propri della sede anticipatoria ex art.708 c.p.c., come ora compiutamente enumerati nell’art. 337 oc-ties c.c., suscita interrogativi disagevoli; intanto, in quest’ul-tima norma non viene espressamente menzionata una tale at-tività; anche volendo prescindere da questo rilievo, non v’è chinon veda come l’attribuire al singolo un diritto-dovere di cosìevidente spessore e responsabilità, che peraltro comporta rile-vanti obbligazioni (si pensi soltanto alla messa a disposizionedell’abitazione, delle sue utenze, dei suoi arredi e strutture do-mestiche, del vitto quotidiano, etc.), non sembra affatto in sin-tonia con la circostanza che lo stesso soggetto possa rimanereestraneo al giudizio ove si forma quella disposizione giudizialeconcreta, che è bene ricordarlo, anela alla cosa giudicata, purnella sua peculiare valenza rebus sic stantibus.Nel caso deciso dal tribunale appare peraltro singolare che nonsi sia proceduto alla nomina di un curatore speciale al figlio mi-nore (quindicenne), pur emergendo condotte genitoriali nega-tive e conflitti di interesse; magari era proprio nella stessaascendente che poteva individuarsi la persona più idonea a ri-coprire un tale ruolo, atteso il vincolo di solidarietà già conso-lidatosi nei fatti.Il nostro codice di rito, occupandosi della presenza eventuale dipiù parti nello stesso giudizio, profila regole generali, assicu-randola ai soggetti che vedono coinvolta una loro posizionegiuridica soggettiva, graduandone il rilievo secondo le previsionitipiche di cui agli artt. 105, 106 e 107; queste ipotesi possonocerto apparire dissonanti rispetto alle questioni regolate ed ingenere alla materia (i cui profili possono implicare l’esercizio dipoteri officiosi), tanto più se si riflette sulla esclusiva legitti-mazione dei coniugi nel giudizio di separazione personale.Ciò non di meno, l’interrogativo non può certo eludersi conleggerezza: è possibile che al descritto ruolo dell’ascendente noncorrisponda ancor oggi una conforme presenza processuale ?Nel nostro ordinamento processual-civilistico lo strumento del-l’audizione non trova una puntuale collocazione; invero, l’esi-genza di approfondimento è maturata proprio nell’ambito deldiritto di famiglia e delle persone, con l’evoluzione dell’istitutodell’ascolto del minore, come vedremo anche infra, ma ciò nonè affatto consono e tanto meno appagante ai nostri fini, attesal’obiettiva peculiarità di quest’ultimo atto processuale, caratte-rizzato dal riguardo per la posizione giuridica del soggetto in etàevolutiva che ha maturato capacità di discernimento.In generale, sembra potersi enucleare soltanto una generica de-finizione, inquadrando l’audizione personale come uno stru-mento “difensivo” tipico dei contesti processuali camerali5; sipotrebbe propendere per una qualche assimilazione all’inter-rogatorio libero ex art. 117 c.p.c. od alla cosiddetta consulenzapercipiente, oppure intravedere una qualche affinità strutturalee funzionale tra l’audizione e l’ispezione6, ma null’altro.Di contro, deve escludersi una tipica rilevanza “probatoria” delledichiarazioni dell’ascendente chiamato a manifestare unica-mente la propria volontà a rendersi o meno garante del collo-camento abitativo del nipote in età minore che si trovi in quellasituazione di bisogno personale, come deve escludersi che unatale “disponibilità” assuma una rilevanza negoziale di diritto co-mune (neppure l’ipotesi della valutazione primaria dell’even-tuale accordo coniugale/genitoriale, che pur permea il nostro si-stema, sembra in qualche modo assimilabile o mutuabile).Allora, appare evidente che l’assenza dell’ascendente all’in-terno della dinamica processuale che conduce, secondo le formedell’ordinaria cognizione cui si conforma il giudizio di separa-zione coniugale, alla formazione del giudicato concreto, ovverodel suo eventuale comando esecutivo anticipatorio, non corri-

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sponda con il ruolo sostanziale che invero viene assunto dal-l’ascendente stesso che provvede nel quotidiano al nipote mi-norenne; peraltro, è parimenti evidente come, seppur nominatomero “collocatario”, la relazione di convivenza nel quotidianotra nonno e nipote comporta necessariamente lo svolgimentodi una rilevante attività educativa - secondo le potenzialità in-trinsecamente rinvenute nelle ragioni stesse della sua scelta -consistente inevitabilmente in quel contenimento e guida deiminori quale prima espressione dell’esercizio della “potestà”; sivuol così evidenziare che non ci si trova neppure a fronte di ob-bligazioni valutabili in esclusiva ottica patrimoniale, come sa-rebbe ad esempio nella sede giudiziale ex artt. 148, 316 bis c.c.,ove il ruolo di parte non è revocabile in dubbio; difatti, risulta ditutta evidenza impossibile configurare la figura del “collocata-rio” del soggetto in età minore come un mero strumento dellescelte o delle volontà altrui (Servizi Sociali e/o genitori, od ad-dirittura del figlio minore stesso).Definire la situazione giuridica che così insorge, anche in rap-porto con i genitori, quale potrebbe essere ad esempio la par-tecipazione agli oneri della convivenza stessa7, appare ancheesigenza razionale, trovandoci obiettivamente al cospetto diposizioni di diritto soggettivo che non prescindono da un con-forme ruolo di parte, al quale ruolo è essenziale la possibilità dipotersi ovviamente confrontare con le altre parti del giudizio.D’altronde, la mera “audizione” personale non appare più co-stituire una garanzia processuale “surrogatoria” compatibilecon i diritti regolati e consona alla sede del giudizio di separa-zione coniugale, ove sono attratte le competenze minorili retteinvece dalle forme processuali estremamente semplificate delrito tipicamente camerale; e ciò pur tenuto presente l’insegna-mento della dottrina8 sulla diversa natura delle attività giuri-sdizionali che si possono svolgere nell’unica sede di separazionepersonale dei coniugi, ove alla giurisdizione contenziosa può af-fiancarsi l’ambito oggettivo o, se si vuole, di natura cd. volon-taria, che inerisce l’affidamento dei minori.Il tema appena individuato si profila estremamente difficoltosoed una sua soluzione comunque disagevole e dubbiosa; il sin-tomo più evidente si rinviene peraltro nello stesso provvedi-mento annotato ove, a fronte di una chiara motivazione, nellaparte dispositiva i doveri ed i diritti degli ascendenti del minore- in realtà non entrambi ma è soltanto la nonna che viene no-minata e coinvolta fattivamente - ricevono una previsione piut-tosto vaga, viepiù evidente nel confronto con le altre puntualistatuizioni.Tuttavia, appare utile proseguire la disamina del provvedimentoannotato, potendo trarsi dall’altra norma evocata - l’art. 317 bisc.c. - un contributo all’individuazione di una sua possibile so-luzione sistematica.Da premettere subito però che la posizione giuridica soggettivadell’ascendente che invoca l’art. 317 bis c.c., profila uno spessoremeno significativo rispetto a quella dell’ascendente che, obbe-dendo ai diritti-doveri della miglior solidarietà familiare, intendeonerarsi della relazione di convivenza nel quotidiano con il ni-pote minorenne, provvedendo alla crescita di questi, appre-stando pressoché tutte quelle cure che d’ordinario incombonopropriamente sulle figure genitoriali; seppur è vero che la se-conda contiene nei fatti la prima, esattamente il tribunale lom-bardo distingue le due ipotesi, pur concentrando l’attenzioneunicamente al fine di dissipare qualsivoglia dubbio sulla sussi-stenza della propria competenza a decidere nel merito (profiloinvero assai complesso ed articolato, come vedremo infra).

3.- Recita testualmente il nuovo art. 317 bis c.c.: “Gli ascendentihanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni.L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrereal giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché sianoadottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del mi-nore. Si applica l’articolo 336, secondo comma”.Il nuovo tenore dell’art. 38 disp. att. c.c., dal canto suo, attribui-sce la competenza funzionale ad assumere i provvedimenticontemplati dallo stesso art. 317 bis c.c. al tribunale per i mi-norenni.Questa combinazione, introdotta dal d. lgs. n. 154/2013, in at-tuazione della delega conferita dall’art. 2, l. n. 219/2012, ha su-bito evidenziato tutta la sua problematicità9, nel momento in cuile modalità di affidamento del figlio in età minore, per effetto

della crisi relazionale tra i genitori, siano già oggetto del giudi-zio apertosi avanti al tribunale ordinario, oggi esclusivamentecompetente, seppur con riti ancora discriminatori a seconda chelo status di nascita possa collocarsi o meno all’interno del vin-colo matrimoniale; riproducendo peraltro la ben nota questionedel viluppo tra competenze minorili e competenze ordinarie,che tanto ha occupato gli studiosi del processo delle relazionifamiliari, tesi a dare attuazione ai canoni del giusto processo, trai quali si annovera quello del simultaneus processus, già chiara-mente e diffusamente riconosciuto, come elaborato anche nelnoto arresto di Cass., sez. un., 8 aprile 2007, n. 846210.Da più parti si dubita della costituzionalità del nuovo riparto dicompetenze11, che ancora una volta prende opposte direzioni,nonostante l’esigenza, coralmente segnalata, di concentrazioneavanti allo stesso giudice delle tutele che attingono comunquele relazioni, gli spazi e le modalità di affidamento della prole,con pericolo di sovrapposizioni e contraddizioni davvero inop-portune12.In primo luogo, si reputa ricorrere un eccesso di delega nellanuova disposizione integrativa dell’art. 38 disp. att. c.c., che haattribuito al tribunale specializzato la competenza a decidere inordine alla domanda degli ascendenti che invocano la tutela deldiritto a mantenere giusta relazione con i propri nipoti, inveceimpedita nel suo concreto esercizio, nel momento in cui l’art. 2,comma 1°, lett. p), della l. 10 dicembre 2012, n. 219, testualmenteindicava di formulare la “previsione della legittimazione degli ascen-denti a far valere il diritto di mantenere rapporti significativi con i ni-poti minori”.Il legislatore quindi autorizzava il Governo unicamente a rico-noscere il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti signi-ficativi con i nipoti in età evolutiva e, in tutte le ipotesi di vio-lazione della stessa posizione sostanziale, a dargli una conformelegittimazione alla sua tutela per via giudiziale; per quantoqueste espressioni normative presentino una singolare formu-lazione, criticabile sotto più profili, nessun riferimento si coglieinvece quanto al potere di procedere alla scelta dell’organo giu-diziario competente per l’esperimento di tale azione, secondoesigenze peculiari.Non recando il dato della legge delega alcun riferimento allaquestione processuale della competenza a decidere in merito,o meglio alla deroga all’ordinario criterio, l’assunto del tribunalespecializzato bolognese coglie pesantemente nel segno.L’eccesso di delega normativa si affaccia con sempre maggiorfrequenza nelle aule di giustizia13, segno di un meccanismo diformazione normativa che manifesta incrinature e criticità dav-vero preoccupanti; il presidio ex artt. 73, 76 e 77 della carta co-stituzionale, pone giusto riparo alla formazione di norme aventivalore di legge che non promanino dalla volontà popolareespressa dal Parlamento, quanto meno attraverso la fissazioneda parte di quest’ultimo di previsioni di principio e di criteri di-rettivi, che possono emergere anche per implicito in funzionedel raggiungimento dello scopo della delegazione legislativaconferita all’organo esecutivo.Come ben noto, nella giurisprudenza della Corte delle leggi il va-glio di legittimità costituzionale dell’operato del legislatore de-legato non è ristretto alle specifiche previsioni espresse nella de-lega, ma si estende alla verifica della conformità al principio odal criterio direttivo ampio in questa fissato (che possono risul-tare plurimi e gradati).Nella specie, oltre al principio generale di una riscrittura ditutte le norme che attingono al rapporto di filiazione, retto dal-l’unicità dello status14, il criterio direttivo era unicamente quellodel riconoscimento del diritto degli ascendenti sul versante so-stanziale, completando il quadro normativo che contestual-mente ribadiva il più ampio diritto del figlio in età minore di cuiall’art. 315 bis, comma 2°, c.c., e del riconoscimento - persino ul-troneo per la sua ovvietà - del conforme diritto di agire iure pro-prio, sul versante processuale.Invero, il legislatore delegante valuta come scontato che untale diritto sostanziale già fosse rinvenibile nel nostro ordina-mento, ponendo l’accento sull’esigenza di riconoscere una con-forme legittimazione processuale diretta, evidentemente daassicurare in ogni caso agli ascendenti e soltanto ad essi tra i pa-renti di ambo i rami genitoriali; vedremo meglio infra il quadronormativo anteriore e la confusione che in realtà caratterizzatale percorso.

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Dell’esigenza di scegliere una sede peculiarmente competentenon v’è la benché minima traccia.Il legislatore delegato non era quindi abilitato ad optare per uncriterio di competenza funzionale che derogasse al criterio ge-nerale per cui, salve le eccezioni espresse, ogni competenzaspetta ontologicamente al tribunale ordinario.D’altro canto, nella stessa legge di delega, si coglie proprio uncriterio direttivo in esatta sintonia con quanto appena rilevato,nel momento in cui al tribunale specializzato sono state, in viagenerale, sottratte ampie competenze funzionali anteriori e, invia peculiare, sottratta anche l’importante competenza de pote-state di cui all’art. 333 c.c.15, seppur residuata avanti a sé, ove siain corso un giudizio afferente la crisi relazionale tra i genitoriavanti al tribunale ordinario. Avanti a questo organo si è infatticoncentrata ogni competenza funzionale alle tutele, privile-giando quell’esigenza di un simultaneus processus quale espres-sione dei canoni del giusto processo (criterio di concentrazioneche esprime al contempo l’intento legislativo, invero oramai dif-fuso, contrario alla moltiplicazione dei procedimenti). Né è adire che il diritto degli ascendenti in parola, ove leso, appartengaprevalentemente, ovvero sempre, al novero delle fattispecie dipiù grave patologia relazionale in qualche modo assimilabile al-l’ipotesi di decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art.330 c.c., sulla quale lo stesso legislatore delegante ha ritenutodi mantenere, per quel che qui interessa, la peculiare compe-tenza funzionale del collegio minorile.In attesa del responso della Corte delle leggi sul profilo eccessodi delega, che queste considerazioni inducono ad un pronosticodi accoglimento, ulteriori e pregnanti considerazioni invece in-duce l’altra questione, in linea subordinata, pur essa già solle-vata dal medesimo tribunale emiliano, per l’ipotesi di reiezionedi questa pregiudiziale di costituzionalità.Il secondo profilo del dubbio di costituzionalità che si prospettaè infatti incentrato sul rilievo secondo cui, una volta stabilita le-gittima l’individuazione della competenza a decidere sull’azioneesperita dagli ascendenti ex art. 317 bis c.c., innanzi al solo tri-bunale minorile, allora, questa competenza funzionale risulte-rebbe comunque irrispettosa del dettato costituzionale nel mo-mento in cui, pendendo un giudizio sulla crisi relazionale tragenitori (separazione, divorzio, od ex art. 316 c.c.) avanti al tri-bunale ordinario, non prefigura una concentrazione delle tuteleavanti a quest’ultimo, in violazione degli artt. 3 e 111 cost.Questo secondo profilo induce però a complesse considera-zioni, che non possono prescindere dall’analisi del fondamentosostanziale del diritto de quo e quindi dei suoi risvolti proces-suali.

4.- Sino a ieri il rapporto tra nonni e nipoti era codificato uni-camente quale diritto del figlio minore a “conservare rapporti si-gnificativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”(così testualmente il tenore dell’anteriore art. 155, comma 1°,c.c.), anche in caso di separazione personale dei genitori (comenelle altre fattispecie di crisi relazionale della coppia genito-riale).Oggi, accanto al diritto del figlio minore, “di crescere in famiglia edi mantenere rapporti significativi con i parenti”, riconosciuto conespressione statutaria dal nuovo art. 315 bis, comma 2°, c.c., cuiè seguita l’introduzione dell’art. 337 ter, comma 1°, c.c., che lo at-tua attraverso l’affermazione del diritto “di conservare rapporti si-gnificativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genito-riale”, il legislatore delegante ha espressamente individuato unnuovo ed ulteriore diritto soggettivo proprio degli ascendenti; edè opportuno sottolineare come i nonni, secondo il nuovo art. 317bis c.c., sono gli unici del ceto parentale che hanno visto rico-nosciuta una specifica posizione soggettiva; invero, in confor-mità ad un sentire millenario ed universale, che possiamo de-finire obiettivamente appartenente al patrimonio eticoinalienabile dell’umanità, a qualunque latitudine, nella tra-smissione della vita tra le generazioni e nei legami d’affetto.Trattasi del diverso diritto di “mantenere rapporti significativi coni nipoti minori”; che peraltro significa, in primo luogo, diritto adinstaurare quel rapporto.Appare indubbio che ci troviamo in presenza di una posizionedi diritto soggettivo autonoma, non intravedendosi alcuna pro-spettiva che possa validare una conclusione ermeneutica didiverso segno; infatti, il principio secondo cui l’interesse del fi-

glio minore è di rango superiore ed espressamente codificato,anche dal nuovo art. 317 bis c.c., come preminente16, è in sinto-nia con il ruolo dei nonni e, pertanto, risponde puntualmente al-l’attribuzione positiva agli ascendenti di entrambi i rami geni-toriali di un diritto in senso pieno; il canone appena ricordatodell’esclusivo riguardo dell’ordinamento per l’interesse del figliominore, in ipotesi di eventuale contrasto proprio con la posi-zione soggettiva dei nonni, ne segna soltanto il limite, subordi-nandola a quella del nipote minorenne, opzione persino ovviase solo si considera che neppure l’amore dei nonni può darsisempre per scontato e che, peraltro, la giusta graduazione vigesimilarmente anche in relazione ai diritti dei genitori.Questo diritto soggettivo attiene ad un rapporto relazionalesoggettivamente complesso ed il suo esercizio può essere lesoin molteplici modi, dall’azione, omissione od anche per effettodi incapacità nel sostenere adeguatamente l’esercizio della re-sponsabilità genitoriale o parentale, di uno o più soggetti ed indiversi momenti della vita familiare; cosicché, il legislatore hareputato che la sua miglior tutela debba attribuirsi all’azione di-retta e iure proprio degli stessi titolari, secondo il naturale crite-rio del diritto di azione a tutela di ogni posizione avente il rangodi diritto soggettivo.A questo punto una digressione appare ineludibile; si è ritenutoe non senza ragioni, che il nuovo diritto soggettivo degli ascen-denti in parola sia stato così chiaramente riconosciuto dal legi-slatore in via casuale od addirittura erronea rispetto al dirittopositivo anteriore17.Effettivamente, nell’ordinamento anteriore alla riforma, gliascendenti, rientrando gli stessi per primi tra i parenti, potevanocontare soltanto sulla legittimazione ad agire loro riconosciutadall’art. 336 c.c. (la novella ha soltanto ritoccato il comma 2°),salvo altre peculiari previsioni sparse18; questa facoltà d’azione,attribuita invero nel novero degli altri soggetti legittimati a re-clamare conveniente provvedimento per i figli minori, ogniqualvolta la condotta dei genitori fosse risultata pregiudizievolee, quindi, anche nell’ipotesi che i genitori impediscano quellafondamentale relazione nonno/nipote, da conservarsi, cosìcome assicurata dall’anteriore art. 155, comma 1°, c.c.; in so-stanza agli ascendenti era riconosciuta una mera facoltà d’im-pulso processuale nell’interesse altrui e cioè, a presidio del di-ritto di cui il solo minore era pienamente titolare, che affondavale radici sul versante del dovere o del munus rinvenibile in capoagli stessi ascendenti19 piuttosto che su quello del diritto del sin-golo, poiché appunto prefigurato nell’unica prospettiva della tu-tela delle essenziali relazioni della persona in età evolutiva.Invero, la dottrina anteriore si è molto interrogata su tale rela-zione, in ordine alla “precaria” condizione soggettiva dei nonni20,per verificare se fosse percorribile un’alternativa ricostruzioneermeneutica che consentisse di farla approdare al rango di unaposizione piena di diritto soggettivo, affrancandola così dai li-miti descritti, per cui la tutela risultava affidata alla mera facoltàdi impulso processuale nell’interesse altrui, come sembravaindicare il dato positivo.Di ampio rilievo anche la casistica giurisprudenziale21, che tra-dizionalmente giungeva alla conclusione secondo cui la salva-guardia delle relazioni affettive del figlio in età minore, e così an-che quella peculiare con i propri nonni, si presume rispondereal suo interesse, ma la tutela non poteva fondarsi sulla titola-rità di un diritto iure proprio degli ascendenti stessi, con l’ovviorisvolto di una pienezza d’azione, bensì affidata allo strumentoindiretto appena sopra indicato; mettendo così in luce un qua-dro concreto delle tutele insoddisfacente e proprio nelle fatti-specie in cui emergono maggiori esigenze di protezione; nel par-ticolare, pur con ulteriori e puntuali motivazioni, si è negata agliascendenti la facoltà di spiegare qualsivoglia intervento in lite22

nei giudizi inerenti il regolamento della crisi del rapporto af-fettivo tra i genitori, già pendenti, seppur in tali sedi deve co-munque regolarsi il futuro della prole minorenne.Infatti, rispondendo pragmaticamente a quelle che sono le eve-nienze relazionali statisticamente più frequenti, è più facileche la relazione venga compromessa ed i nonni subiscano im-pedimenti nel potersi convenientemente rapportare con i pro-pri nipoti in età minore quando il rapporto tra i genitori di que-sti entra in crisi, piuttosto che nel corso di svolgimentoarmonico della vita familiare. D’altronde, la stessa stridentequestione che è stata colta dal giudice specializzato bolognese

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LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

(cit. in nota 11) si risolve nel quesito: pendendo un giudizio diseparazione coniugale tra i genitori, come possono utilmente re-golarsi le modalità di cura ed affidamento dei figli in età minoretra i genitori, garantendo al tempo stesso il diritto degli stessifigli e dei nonni, in separate sedi di tutela giudiziale ?Di questa inadeguatezza prendeva evidentemente atto il legi-slatore della riforma, tanto che affiancava al diritto dei minoriquello dei loro ascendenti, come diritti autonomi, e così li co-dificava entrambi; le espressioni testuali, idonee a guidare l’at-tività ermeneutica, inducono in verità alla considerazione chelo stesso legislatore ritenesse già anteriormente esistente il di-ritto degli ascendenti in parola.Una luce in tale direzione è segnata dalla Relazione illustrativache ha accompagnato all’attenzione parlamentare lo “Schemadi decreto legislativo recante revisione delle disposizioni vi-genti in materia di filiazione”; in relazione al nuovo art. 317 bisc.c., espressamente si afferma che “Il diritto degli ascendenti amantenere rapporti con i nipoti è stato espressamente disciplinato nelprevigente art. 155 c.c., come modificato dalla legge n. 54/2006”; e poiche “l’attuazione di questo principio ha incontrato difficoltà, in quantoè certa l’impossibilità degli ascendenti di intervenire nei giudizi, qualiquelli di separazione e divorzio, nel corso dei quali i genitori richiedonoal tribunale di adottare provvedimenti per la disciplina delle condizionidi affidamento dei figli. Con l’art. 317 bis oltre a ribadire il principioenunciato nella legge delega e nella nuova formulazione dell’art. 315bis, secondo comma, si prevede il diritto dell’ascendente, che prospettiimpedimenti all’esercizio di tale diritto, di ricorrere al giudice di resi-denza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti piùidonei...”È quindi possibile che in effetti il legislatore della riforma abbiaconfuso, sovrapponendoli, il diritto dei figli minori a quello de-gli ascendenti, alla luce del richiamato dato normativo intro-dotto dalla novella c.d. sull’affidamento condiviso del 2006, evi-dentemente ritenendoli entrambi già presenti.Tuttavia, aldilà dell’improbabile ipotesi di un’interpretazione au-tentica del dato normativo anteriore, oggi non sembra avere piùrilievo analizzare se ci troviamo o meno a fronte di una con-clusione legislativa frutto di una ricognizione erronea: l’unicoelemento rilevante è il dato normativo nuovo, che risulta vali-damente introdotto con chiarezza persino rafforzata, non re-vocabile in dubbio.L’intera novella invero si inserisce nel complesso percorso nor-mativo di riforma teso a dare una struttura ed una veste a po-sizioni di diritto anteriormente incerte o non ancora mature, conregole sicure.D’altro canto, il nuovo dato normativo risulta certamente coe-rente sia con il dato costituzionale che con quello convenzio-nale, nonché esattamente in sintonia con il regolamento dellaparentela e della struttura del rapporto familiare.E difatti, giustamente, il legislatore delegato prende atto del-l’opzione proposta univocamente sia dal nuovo art. 315 bis,comma 2°, c.c., che dall’art. 2, comma 1°, lett. p), l. n. 219 del 2012.Ebbene, a fronte della ridetta norma statutaria sui diritti e do-veri del figlio, quest’ultima norma demandava al legislatoredelegato, testualmente, la “previsione della legittimazione degliascendenti a far valere il diritto di mantenere rapporti significativi coni nipoti minori”.L’obiettivo significato di tali espressioni non consente di poteravviare ragionevoli ricostruzioni alternative, dissonanti rispettoalla vigente previsione normativa, che riconosce il diritto sog-gettivo autonomo e iure proprio degli ascendenti, non foss’altroche per il canone secondo cui in claris non fit interpretatio; peral-tro, essendo indiscusso il cardine processuale per cui al dirittosoggettivo previsto dall’ordinamento positivo corrisponde il di-ritto d’azione a sua tutela e cioè, la legittimazione a proporre ladomanda in giudizio, secondo gli artt. 24 cost. e 99 c.p.c., l’ulte-riore previsione di una legittimazione a far valere in giudizioquel diritto ne rafforza inusualmente la sostanza, come a pre-venire ogni ipotetico dubbio in proposito; evidentemente, per lacircostanza che il contesto tutelato è una relazione affettiva dinatura familiare che vede protagonisti tutti i legami parentali e,pertanto, presenta posizioni speculari, la cui tutela non può cheessere affidata ad ognuno.In sostanza il d. lgs. n. 154 del 2013 in punto al riconoscimentodel diritto autonomo e iure proprio in capo agli altri ascendenti,di che trattasi, non tradisce la delega.

Diversamente, in punto alla sede processuale ove l’azione puòessere esperita, sempre nell’ipotesi che la norma superi il vagliopregiudiziale del denunziato eccesso di delega, la medesima di-sposizione legislativa delegata appare davvero incompleta, poi-ché non distingue neppure l’impedimento frapposto all’eserci-zio del diritto dell’ascendente che interviene in costanza diarmonica vita familiare tra i genitori, da quello che insorge inesito alla crisi del rapporto coniugale/genitoriale, crisi relazio-nale che il giudice è già stato chiamato a risolvere, anche sul ver-sante del regolamento dell’affidamento della prole in età mi-nore, come il caso annotato evidenzia in maniera lapalissiana.È proprio qui che insorgono forti perplessità sull’esattezza delpostulato premesso anche dal tribunale remittente (cit. in nota11) e dal tribunale annotato, e cioè che i nonni, pur pendendoun giudizio di separazione personale, di divorzio, od ex art. 316c.c., tra i genitori dei propri nipoti, siano costretti ad adire sol-tanto il giudice minorile ai sensi del nuovo art. 317 bis c.c.; taleipotesi peraltro è omologa alla pendenza di un giudizio a normadegli artt. 330 o 333, e 336 c.c., a tutela del diritto soggettivo deinipoti minorenni e, quindi, di quello speculare proprio, risultatilesi.Questo postulato doveva sottoporsi al tentativo di una sua let-tura costituzionalmente orientata, tra quelle possibili, prima didenunziarne la sua incostituzionalità, per assoluta impossibi-lità di giungere ad un utile risultato; purtroppo una tale analisiè allo stato mancante (come l’ha mancata il tribunale minoriledi Bologna e, seppur implicitamente, anche il tribunale di Mi-lano, dando per scontate conclusioni erronee).

5.- Nell’anteriore regime l’intervento in lite degli ascendenti, intutte le sue forme, è stato in buona sostanza sempre negato: lalegittimazione ad agire dei nonni infatti esclusa23 sul presup-posto che il diritto a conservare rapporti significativi risultava,a tenore dell’art. 155, comma 1°, c.c., attribuito al solo figlio inetà minore.Oggi, il mutato quadro normativo sopra descritto, finisce per in-cidere anche sulla costruzione teorica giustificativa di un giu-dizio rigorosamente chiuso, riservato ai soli coniugi/genitori24 ead un “distratto” organo pubblico (il quale sistema “personalis-simo” rispetto a tutti gli altri componenti la famiglia parentale,non è peraltro esente da rilievi di sostanziale ipocrisia).Nell’ambito delle tutele che attingono le relazioni familiari èemersa da tempo l’esigenza di consentire a tutti i soggetti in-teressati la “partecipazione” alla dinamica del confronto pro-cessuale, secondo i principi basilari costituzionalmente garan-titi del giusto processo25; si è così individuata la garanzia di unsimultaneus processus realizzando quella incisiva partecipazioneal contraddittorio di tutti i soggetti che propongano una do-manda connessa o collegata all’oggetto del decidere26, ovvero latrattazione in unica sede di domande che rispondono alla so-luzione di identiche questioni od intrinsecamente interdipen-denti seppur soggette a diverse competenze o riti27; questa pre-senza processuale di quanti sono attori del rapporto relazionalefamiliare, da regolare nel momento in cui insorge la sua crisi,nella stessa sede, realizza proprio quella funzione primaria delprocesso civile che si sostanzia nell’approfondita ed effettiva di-samina di tutte le istanze e delle ragioni che le sorreggono, ri-messe alla cognizione del giudice del merito chiamato a prov-vedere.Secondo l’interpretazione consolidata, l’ampliamento del con-traddittorio attraverso lo strumento processuale dell’interventoin lite28 presenta esattamente tali potenzialità e la sua diversi-ficazione consente peraltro una positiva modulazione in esattarispondenza al singolo caso concreto, dando giusto spazio atutte le posizioni soggettive sostanziali coinvolte nel rapporto,come tipicamente emerge nelle relazioni familiari, che devonotrovare una complessiva composizione decisoria; al di là del-l’ancillare intervento ad adiuvandum, secondo la previsione exart. 105, comma 2°, c.p.c., l’interesse giuridicamente qualifi-cato, la connessione ed il collegamento che legittima la facoltàdi intervento in un giudizio pendente tra altre parti, spazia dal-l’intervento autonomo (o principale) a quello adesivo auto-nomo (o litisconsortile), consentendo all’interveniente di do-mandare senza sottostare all’iniziativa già esercitata dalle partioriginarie del giudizio pendente, ovvero di domandare in sin-tonia con l’uno o l’altro e secondo tutte le possibili varianti.

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LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

Se di tanto nessuno dubita, il diritto soggettivo ora riconosciutodal legislatore della novella sulla filiazione, con evidenza legit-timerebbe gli ascendenti ad esplicare l’intervento nell’even-tuale giudizio già pendente tra i coniugi/genitori, ove abbia adoggetto, come di norma, le modalità di affidamento e cura deifigli in età minore, potendo confliggere il relativo regolamentocon il diritto soggettivo in parola, nel momento in cui necessa-riamente incide su questa diversa relazione con gli stessi nipoti;e questo conflitto delle conclusioni ad opera di diversi giudici,su piani autonomi, si sostanzia in un potenziale conflitto di giu-dicati, oltre al deplorevole incentivo al fenomeno già di per sépreoccupante del cd. forum shopping.Ed allora, l’unico vero quesito è costituito dal se i giudizi di se-parazione coniugale, di divorzio, ovvero quello di cui all’art.316 c.c., comprese le correlate sedi di modificazione e revi-sione, siano esclusivamente riservati ai genitori (coniugati omeno che risultino), ovvero se il contraddittorio può essere ivieventualmente esteso agli ascendenti, fermo restando s’in-tende il limitato oggetto dell’azione esercitata da questi.A tal ultimo proposito giova fugare un diffuso timore, secondoil quale, i nonni, intervenendo in un giudizio tra coniugi/geni-tori, finiscono per “mettere il dito” anche in merito a questionidove è certo inopportuno; invero, questo timore (che forse è me-glio qualificare come mero pregiudizio) non ha fondamentoprocessuale nel momento in cui il domandare e l’argomentaredegli ascendenti è ammissibile soltanto ove risulti attinente alloro specifico diritto violato, sia pur specularmente a quello deinipoti, e non ad altro thema decidendum; se l’oggetto dell’agire ingiudizio intervenendo in lite è così correttamente limitato o, sesi vuole, misurato, ci si avvede che il rigore processuale conna-turato all’istituto fuga le residue perplessità.Il quesito, chiusa questa parentesi, è stato autorevolmente giàrisolto dalla nostra Corte di legittimità, in relazione ai figli mag-giorenni che intendano esercitare l’azione a tutela del diritto almantenimento di cui sono titolari, permanendo la condizionedi incolpevole non autosufficienza economica; con il noto ar-resto di Cass., sez. I, 19 marzo 2012, n. 429629, infatti, è stata ri-conosciuta la legittimità dell’intervento in giudizio del figliomaggiorenne, sia principale che litisconsortile, nella causa di se-parazione coniugale già pendente tra i propri genitori, volto adottenere il contributo al proprio mantenimento, in quanto con-cerne un diritto rientrante nell’oggetto della lite ed ampliandoil contraddittorio consente un simultaneus processus avanti lostesso giudice del merito che deve decidere in ordine all’entitàed alle modalità di versamento dell’assegno di mantenimentostesso, sulla base dell’analisi delle istanze proposte da tutti gliinteressati.Confrontando l’art. 155 quinquies c.c., ora 337septies c.c., con ilnuovo art. 317 bis c.c., ci si trova identicamente di fronte alla ne-cessità di regolare uno specifico diritto rientrante nell’oggettodella lite già pendente tra i genitori (coniugati o meno chesiano), che necessita di essere accertato e garantito in base alleistanze proposte da tutti gli interessati, siccome le modalità diaffidamento del figlio in età minore possono collidere con il di-ritto degli altri ascendenti e, comunque, la composita rela-zione familiare da salvaguardare consiglia un simultaneus pro-cessus avanti lo stesso giudice; se il tribunale minorile cuidovrebbero accedere gli ascendenti di un ramo genitoriale o dientrambi, per far valere il loro buon diritto, statuisce che que-sti potranno far visita o tenere presso di sé il loro nipote uncerto giorno ed in quel giorno vi è la previsione di altro dirittodi visita di uno dei genitori o di altra evenienza similare, evi-dente che un corretto governo delle condizioni e modalità di af-fidamento del figlio in età minore non può non correlarsi se-condo un unico criterio: la compatibilità reciproca di tutte talirelazioni parentali.L’esercizio dell’azione secondo le forme dell’intervento ex art.105 c.p.c. assolve puntualmente a tale funzione, né la nuovanorma di cui all’art. 317 bis c.c. può legittimamente interpretarsinel senso teso all’esclusione di una tale forma di tutela giudi-ziale, ma è più esatto dire di qualsiasi altra forma di tutela pre-figurata in via generale dall’ordinamento.Ulteriori argomenti confortano questa conclusione. In primo luogo i segni di incrinatura e fragilità che già mo-strava l’anteriore indirizzo di legittimità, come emerso negli ar-resti menzionati in note 21 e 22, evidenziata dagli autori30 che

intravedendo spiragli evolutivi avevano sottoposto a critical’esclusione degli ascendenti da quel contraddittorio, pur limi-tato alla specifica tutela della relazione nonno/nipote, rimar-cando come la riserva del ruolo di parte processuale ai soli co-niugi/genitori, con i noti corollari sistematici, non potevaneppure considerarsi un dogma assoluto; e così, l’argomento se-condo cui gli ascendenti subivano “la stessa sorte processualedei nipoti”, poiché neppure questi ultimi, nel giudizio di sepa-razione o divorzio pendente tra i genitori, possono assumere levesti della parte processuale, cosicché neppure l’intervento adadiuvandum risultava ammissibile.Invero, nei processi di separazione, divorzio, etc., gli stessi geni-tori possono ovviamente introdurre, nello specifico contraddit-torio del caso concreto, il tema della salvaguardia dei rapportidel loro figlio minore con i rispettivi rami parentali31, mentre,d’altro canto, nessuno ha mai dubitato che la presenza dell’or-gano requirente risponda alla logica della più ampia tuteladella posizione della prole minorenne e che il giudice abbia ti-tolo di occuparsi anche officiosamente di queste relazioni dasalvaguardare nel regolare il nuovo contesto di vita del minore,nel momento della disgregazione del rapporto tra i genitori, enel suo superiore interesse che deve ricevere tutela premi-nente; l’evoluzione normativa ed interpretativa ha visto d’al-tronde conferme in tal senso, come dimostra tra l’altro l’intro-duzione dell’art. 709 ter c.p.c.Univoca e di grande rilievo l’influenza sistematica che in talepercorso assume l’atto processuale dell’ascolto del figlio mi-nore32, del quale è onerato, ricorrendo la capacità di discerni-mento, il giudice stesso.Nel momento in cui la nuova norma attribuisce espressamenteagli ascendenti la qualità di parte processuale, com’è evidente,ognuna di queste obiezioni, che, lo si ripete, risultavano giàconnotate di una certa logica fragilità, risulta superata, dandoluogo al pieno esercizio del potere di azione secondo i principigenerali, e quindi anche secondo la previsione di cui all’art. 105del codice di rito, siccome non sussiste alcuna deroga espressa.

6.- Ulteriore argomento affolla l’analisi in tal senso. Come bennoto, in sede dei giudizi cd. de potestate, secondo le previsioni so-stanziali di cui agli artt. 330 e 333 c.c., il procedimento è rego-lato dall’art. 336 c.c. e vede già la naturale presenza (seppur con-corrente o, se si vuole, eventuale) dei “parenti”, che sonoannoverati tra i titolati all’esercizio dell’azione; in questa sede,al pari dei giudizi di separazione, divorzio e genitoriali, si rego-lano di norma anche le condizioni dell’affidamento e di salva-guardia delle relazioni assicurate dall’ordinamento al figlio inetà minore; ragione per cui risulterebbe davvero privo di con-gruenza un sistema che consenta la presenza degli ascendentisoltanto nei giudizi de potestate; infatti, il diritto degli ascendentia mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, spe-culare a quello - preminente - di questi ultimi, può essere “im-pedito” od anche più semplicemente reso difficile od ostacolato,secondo molteplici varianti da caso a caso e cioè, a titolo esem-plificativo, da uno o da entrambi i genitori chiamati all’eserci-zio della responsabilità genitoriale, con uno od entrambi inido-nei o di pregiudizio per il minore, da altri membri checompongono il ceto parentale; ed è questa la miglior logica ri-prova che una volta riconosciuto il diritto sostanziale, il suoesercizio non può che rispondere ai principi generali e, quindi,secondo il canone regolatore primo del diritto di azione, per cui,in difetto di una tassativa previsione specifica, tale diritto stru-mentale non può essere limitato rispetto a tutte le sue poten-ziali esplicazioni, garantendo l’ordinamento appunto, alla parteche agisce, la scelta della forma e della sede, secondo l’apprez-zamento ad essa riservato per quella che reputa la miglior tu-tela dei propri diritti soggettivi; pertanto, non si rinvengono realiragioni per escludere che la posizione soggettiva dei nonni a tu-tela della propria relazione con i nipoti minorenni, possa essereesercitata in ogni sede ove la questione è coinvolta od affermata,ivi compreso l’intervento in lite nel processo tra altre parti, inbase all’art. 105 c.p.c.Questa modulazione nelle stesse sedi processuali corrisponded’altronde ad una più adeguata tutela, secondo le diverse cir-costanze obiettive del singolo caso concreto, siccome le varia-bili possono spaziare dalla fattispecie in cui oggetto della veri-fica giudiziale è addirittura la decadenza dal ruolo genitoriale,

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sino alla più banale regolamentazione delle modalità di affida-mento e cura del figlio in età minore.

7. - Le riflessioni che precedono sollecitano una rilettura del-l’apparato normativo in adeguata conformità al dato costitu-zionale, che impone di renderlo compatibile con i principi ge-nerali appena sopra enumerati.Partendo dal dato che la tutela di un diritto soggettivo violatodeve rispondere al canone dell’effettività e non può per ciòsolo essere relegata in una delle alternative possibili sedi oforme, ove questa non ne assicuri ragionevolmente il ripristino,in primo luogo v’è da chiedersi se il novellato art. 317 bis c.c.valga sempre e comunque. Un’ultima digressione è ancora opportuna.L’istituto familiare fondato sul matrimonio (e similarmente lacomunità familiare di fatto per quanto segnata dalla scelta di li-bertà), ove si svolge e realizza la personalità di ognuno dei suoicomponenti, appare incentrato sullo stretto nucleo familiare,prevalendo ovviamente genitori e figli, mentre la cosiddetta“famiglia parentale” ha mostrato segni di un certo declino, mal-grado le sue radici affondino sul dato di tradizione, che trova ri-conoscimento nella carta costituzionale e nelle fonti conven-zionali.Ciò precisato, il ruolo dei nonni è risultato sempre particolar-mente rilevante33; a tal punto che si rinviene in capo a loro an-che un vero e proprio obbligo di cura dei nipoti (pur configuratosecondo la previsione ex artt. 148 e 316 bis, c.c.), coerente con lostrettissimo vincolo di sangue e di affetto.Ad ogni modo, decisivo risulta il legame di parentela oggi fissatodal nuovo art. 74 c.c., i cui tratti sono in sostanza tracciati in-torno al figlio, il quale, alla nascita, entra a far parte della fa-miglia discendente dallo stipite dei genitori e, quindi, con giu-sto riferimento ad un rapporto familiare esteso.Nonostante la tutela riguardi tale rapporto relazionale, riferibilead una cerchia parentale così stretta, colpisce allora che sia stataindividuata una sede processuale sezionando quella stessacomplessa relazione in più tronconi, come si trattassero di am-biti peculiari, chiusi ed impermeabili tra loro; soltanto ciò con-sente di cogliere nitidamente come la norma non risponda af-fatto al canone in parola.Ed allora: la sede processuale del tribunale minorile eletta aluogo della tutela del diritto degli ascendenti a mantenere rap-porti significativi con i nipoti minorenni persiste anche nelcaso che la relazione affettiva tra i genitori di quel minore è en-trata in crisi, oppure è una competenza funzionale condizionataall’armonica prosecuzione della vita familiare dei genitori e diessi con i figli ?La risposta che propende per la soluzione secondo cui la nuovacompetenza del tribunale specializzato valga unicamente nelcaso in cui non sia in atto una crisi controversa del rapporto af-fettivo tra i genitori del figlio/nipote minorenne, appare non sol-tanto razionale, ma conforme al dato letterale come pure aquello sistematico.La norma infatti prende in esame la sola condizione secondo cuiil diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi coni propri nipoti risulti impedito, e non anche la diversa ipotesi incui risulti parimenti impedito l’esercizio di quel medesimo di-ritto poiché è già in atto una controversia tra i genitori checontiene anche le modalità di collocamento ed affidamentonel quotidiano dei loro figli, la quale necessariamente e logica-mente sta a monte di ogni altra possibile relazione parentale.Se la competenza del tribunale minorile è relegata alla sola ipo-tesi in cui, l’impedimento al legittimo esercizio del diritto degliascendenti è frapposto dai genitori (od anche da uno soltantopur apparendo l’evenienza non comune evidenziando un dis-sidio) che non mettono in discussione il loro rapporto affettivo,può considerarsi allora plausibile, almeno in astratto, in quantoevidentemente il legislatore l’ha assimilata ad una seria pato-logia relazionale del ceto parentale più stretto, avvicinabile alleipotesi dei giudizi de potestate, sede ove ugualmente gli ascen-denti sono già parte processuale, seppur eventuale.Una tale soluzione si armonizza con il rilievo sistematico dellaprevisione secondo cui anche i giudizi de potestate ex art. 333 c.c.vengono attratti alla competenza del tribunale ordinario nel-l’ipotesi che già penda un giudizio di separazione, divorzio, etc.,come indicato dal nuovo tenore dell’art. 38 disp. att. c.c., cosic-

ché cade anche la residua perplessità all’ammissione del-l’esercizio dell’azione in parola degli ascendenti attraverso l’in-tervento in lite nei medesimi giudizi enumerati.In questi termini, il tribunale minorile bolognese (cit. in nota 11),nonostante abbia lucidamente sollevato il dubbio di costitu-zionalità (e sempre ove si superi il vaglio di una promulgazionedella norma non eccedente rispetto alla delega legislativa), nonha percorso la possibile alternativa interpretazione idonea a sal-vare la bontà della norma, intrinsecamente valida ed orientatacostituzionalmente, secondo cui la competenza a decidere an-che in ordine alla tutela in favore degli ascendenti può rinvenirsiinnanzi al tribunale ordinario, ove questo sia già investito delcontenzioso genitoriale, mediante l’ammissione dell’interventoin lite.Negli stessi termini appare frutto di errore il dictum del tribunalemilanese, seppur incidentale, nel momento in cui ipotizza chealla sede processuale apertasi innanzi al tribunale ordinario, alcontempo, concorra necessariamente quella minorile, perpe-tuando quel pericoloso doppio binario, segno obiettivo dell’ir-razionalità del sistema di tutele, che per decenni ha costituitol’assillo di quanti sono chiamati a svolgere un ruolo nei processiche attingono relazioni affettive, vincoli di filiazione e rapportiparentali.In prospettiva, semmai, può ipotizzarsi la formulazione di unadiversa questione di legittimità costituzionale, in quanto lanorma prefigura comunque quella stridente divaricazione dellacompetenza a decidere nel merito tra il tribunale ordinario equello specializzato; ma, come ben noto, questo percorso so-stanzialmente fondato sulla irragionevolezza della norma, èsempre arduo, attesa la limitatissima possibilità di censura co-stituzionale della norma legislativa soltanto secondo tale pa-rametro34.

8.- La sede di competenza per l’esercizio dell’azione dei nonnidi cui all’art. 317 bis c.c., individuata dall’odierno art. 38 disp. att.c.c., introdotto con il d. lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, profilaobiettivamente un eccesso di attuazione della delega legislativaconferita con l’art. 2, comma 1°, lett. p), l. 10 dicembre 2012, n.219, non rinvenendosi in quest’ultima previsione alcun ele-mento che porti a disegnare una deroga alla competenza ordi-naria.I giudizi di separazione, divorzio ed i contenziosi genitoriali,come quelli de potestate, hanno una struttura che risulta com-patibile con la tutela di tutte le relazioni parentali che l’ordina-mento ha individuato come meritevoli di salvaguardia, pur pre-minente quella del soggetto in età evolutiva; e la concentrazionedi tali tutele occasionata dalla pendenza di uno di essi, la ri-sultante prima dei principi che regolano il giusto processo, sic-come assicura la realizzazione del diritto della parte ad agireadeguatamente in giudizio, l’estensione del contraddittorio inrelazione allo specifico caso concreto da regolare, il diritto di di-fesa di ognuno ed il corretto formarsi di un giudicato (ovverodella preclusione pro judicato), che tenga conto del quadro com-plessivo, come può assicurarsi proprio dal simultaneus processus,pur rispondente la materia alla clausola di salvaguardia rebus sicstantibus.In ognuna di queste sedi di merito, eventualmente già pendenti,può validamente essere esercitata l’azione degli ascendenti co-dificata dal nuovo art. 317 bis c.c., nonostante d’ordinario possadirsi attribuita al tribunale specializzato; ed a maggior ragionepotrà realizzarsi la stessa adeguata presenza processuale del-l’ascendente, nell’evenienza che assuma il ruolo di affidatario,ovvero di collocatario, del nipote in età minore.

1 L’originario art. 155 c.c., come modificato con la l. 19 maggio1975, n. 151, al comma 6°, così testualmente statuiva: “In ognicaso il giudice può per gravi motivi ordinare che la prole sia collocatapresso una terza persona o, nella imposssibilità, in un istituto di edu-cazione”

2 Cosiddetto affidamento etero familiare, cioè ad altra famiglia,preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, ingrado di assicuragli il mantenimento, l’educazione, l’istru-zione e le relazioni affettive.

3 PALAZZO, La filiazione, in Trattato dir. civ. comm., CICU-MESSINEO-MENGONI, continuato da SCHLESINGER, Milano, 2013, 715; BUGETTI,Affidamento condiviso ed affidamento monogenitoriale, in SESTA-

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LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

ARCERI (a cura di), L’affidamento dei figli nella crisi della famiglia,Torino, 2012, 79; FERRANDO, L’affidamento dei figli, in FERRANDO-LENTI (a cura di), La separazione personale dei coniugi, Padova,2011, 291; GIACOBBE-VIRGADAMO, Separazione persona e divorzio, inTrattato dir. civ., SACCO, Torino, 2011, 326; GIACOBBE, Affidamentocondiviso ed esclusivo, in Trattato dir. fam., diretto da Zatti, I, Mi-lano, 2011, 1742; GATTO, La tutela della prole tra giudice minorilee giudice ordinario, in Fam. dir., 2010, 643; MARTINELLI e SPALLAROSSA,Gli effetti della separazione e del divorzio nei confronti dei figli, in Ilnuovo diritto di famiglia, Trattato diretto da FERRANDO, I, Matri-monio, separazione, divorzio, Bologna, 2007, 832; DOGLIOTTI, La po-testà dei genitori e l’autonomia del minore, in Trattato dir. civ.comm., CICU-MESSINEO-MENGONI, continuato da SCHLESINGER, Mi-lano, 2007, 226; ROSSI CARLEO, I “rapporti significativi con gli ascen-denti e con i parenti” tra riconoscimento e omissioni, in PATTI-ROSSI

CARLEO (a cura di), L’affidamento condiviso, Milano, 2006, 155; CA-SABURI, Il nuovo regime dell’affidamento, in Giur. merito, 2006, 46;RUSCELLO, Gli effetti riguardo ai figli, in FERRANDO (a cura di), Se-parazione e divorzio, II, Torino, 2003, 818; DOGLIOTTI-FIGONE, L’af-fido del minore al servizio sociale ed i limiti all’esercizio della pote-stà genitoriale, in Fam. dir., 2003, 397; LONGO, Coniugi separati inconflitto e affidamento del minore a terzi, in Fam. dir., 2002, 179; GA-BRIELLI, Mutamento di fede religiosa, separazione personale dei co-niugi e affidamento della prole a terzi, in Giur. it., 1996, I, 1, 539.

4 Tra i molteplici arresti di legittimità, si segnalano, Cass, sez. I,10 dicembre 2010, n. 24996, in banca dati Leggi d’Italia; Cass.,sez. I, 10 ottobre 2008, n. 24907, in Foro it., 2009, I, 836, con notadi CASABURI; Cass., sez. I, 27 giugno 2006, n. 14840, in Foro it.,2007, I, 138; Cass., sez. I, 12 dicembre 2005, n. 27385, in bancadati Pluris; Cass., sez. I, 8 maggio 2003, n. 6970, in Fam. dir., 2003,319, con nota di FIGONE; Cass., sez. I, 17 luglio 1997, n. 6557, inbanca dati Foro it.; Cass., sez. I, 7 febbraio 1995, n. 1401, in Giur.it., 1996, I, 1, 538, con nota di GABRIELLI; Cass. sez. I, 12 aprile1978, n. 1723, in Mass. Giust. civ, 1978, 716; Cass., sez. I, 10 giu-gno 1976, n. 2129, ivi 936. Per la giurisprudenza di merito:Trib. Mantova 2 febbraio 2010, in Fam. dir., 2010, 682, con notadi ARCERI; Trib. Napoli 21 aprile 2008, in www.affidamentocondi-viso.it; Trib. Bologna 1° ottobre 2007, in Fam. pers. succ., 2008,849; Trib. min. L’Aquila 15 maggio 2007, in Dir. fam. pers., 2008,221; Trib. min. Milano 6 ottobre 2006, in Fam. pers. succ., 2007,82; App. Milano 30 marzo 2001, Fam. dir., 2002, 177, con nota diLONGO; Trib. min. Perugia 22 luglio 1997, in Dir. fam. pers., 1998,1479; Trib. Napoli 28 gennaio 1997, in Dir. fam. pers., 1997, 1068;Trib. Napoli 3 aprile 1996, in Giur. it., 1996, I, 1, 640; App. Napoli9 novembre 1995, in Dir. fam. pers., 1997, 589, con nota di CO-SENTINO; App. Milano 3 gennaio 1994, in Fam. dir., 1994, 307, connota di FIGONE; Trib. min. Trento 18 febbraio 1993, in Dir. fam.pers., 1994, 206, con nota di NAPPI; Trib. Vigevano 18 dicembre1990, ivi, 1992, 207, con nota di COLUCCI; Trib. Genova 29 set-tembre 1987, in Giur. it., 1989, 1, II, 92, con nota di BOCCACCIO;Trib. min. Palermo 11 maggio 1984, in Dir. fam. pers., 1984,1032.

5 In tal senso, COMOGLIO, Difesa e contraddittorio nei procedimentiin camera di consiglio, in Riv. dir. proc., 1997, 753.

6 Così, CARNELUTTI, Diritto e processo - Tratt. proc. civile, Napoli,1958, 195.

7 La giurisprudenza intervenuta in proposito ha da tempo ri-conosciuto agli ascendenti la titolarità della contribuzioneindiretta gravante sui genitori; cfr., tra altri arresti, Cass., sez.I, 10 dicembre 2010, n. 24996, cit.; Cass., sez. I, 17 luglio 1997,n. 6557, cit.; e Trib. Monza 2 settembre 1995, in Dir. fam. pers.,1996, 1446, con nota di CONTE.

8 MONTESANO, La tutela giurisdizionale dei diritti, Torino, 1997, 18.9 Tra i primi commenti editi delle nuove norme, cfr., TOMMASEO,

I profili processuali della riforma della filiazione, in Fam. dir., 2014,526; DANOVI, Il d.lgs. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul ver-sante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla re-lazione affettiva, ivi, 535; CARRANO, Filiazione. Commento al decretoattuativo (a cura di M. Bianca), Milano, 2014, 16; QUERZOLA, La re-visione delle norme in materia di filiazione: profili processuali, in Riv.trim. dir. proc. civ., 2014, 181; BUFFONE, I rapporti con gli ascendenti:il nuovo art. 317-bis c.c., in Il Civilista, 2014 (speciale, Le novità del“decreto filiazione”), 66.

10 La pronuncia, rinvenibile anche in Giur. it., 2007, 2008, con notaredazionale, ed in Foro it., 2007, I, 2049, con notazioni di CASA-BURI, CIVININI e DE MARZO, è stata oggetto di ampia analisi e di-

battito; tra i numerosi contributi della dottrina, di vario segno,cfr., MERLIN, La Suprema Corte pone la parola fine al dibattito sulla“competenza” in tema di procedimenti di “separazione” della coppiadi fatto ed affido dei figli naturali, in Riv. dir. proc., 2008, 535; TOM-MASEO, Filiazione naturale ed esercizio della potestà: la Cassazioneconferma (ed amplia) la competenza del tribunale minorile, in Fam.dir., 2007, 453; DANOVI, Affidamento e mantenimento dei figli na-turali: la Cassazione sceglie il giudice minorile, in Fam. pers. succ.,2007, 508; SALVANESCHI, Ancora un giudice diverso per i figli natu-rali, in Corr. giur., 2007, 951; BALESTRA, Sul tribunale competente inordine all’affidamento e al mantenimento dei figli naturali: unacondivisibile presa di posizione della Cassazione, ivi, 958; GRAZIOSI,Ancora rallentamenti sulla via della piena equiparazione tra figli le-gittimi e figli naturali: la Cassazione mantiene inalterata la compe-tenza del Tribunale per i minorenni, in Dir. fam. pers., 2007, 1629.Cfr. anche, CARRATTA, I procedimenti sullo stato di adottabilità e depotestate dopo l’entrata in vigore della L. n. 149/2001: verso un“giusto” processo civile minorile, in Dir. fam. pers., 2010, 268.

11 Emblematica l’ordinanza 5 maggio 2014 del Tribunale per i mi-norenni di Bologna, che ha già sollevato l’incidente di costi-tuzionalità, di indubbio pregio argomentativo, pubblicata suGazz. Uff. 10 settembre 2014, n. 38, reg. ordinanze n. 141, chesi rinviene anche nel sito istituzionale della Corte Costitu-zionale, www.cortecostituzionale.it. L’essenziale conclusione èquella secondo cui è rilevante e non manifestamente infon-data la questione di legittimità costituzionale dell’art. 38,comma 1°, disp. att. c.c., come introdotto dal d. lgs. n. 154 del2013, in virtù della delega ex art. 2, comma 1°, lett. p), l. n.219/2012, nella parte in cui prevede che “sono di competenzadel Tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplatidall’art. 317 bis c.c., per violazione degli artt. 3, 73, 77 e 111Cost.”.

12 Oltre le citazioni di cui in note precedenti, i vari profili emersinel dibattito dottrinale risultano densi di questioni e proble-matiche teorico-pratiche; cfr., TOMMASEO, Il Tribunale della fa-miglia: verso un nuovo giudice per la famiglia e per i minori, in Fam.dir., 2009, 411; ID., La nuova legge sulla filiazione: i profili proces-suali, ivi, 2013, 251; ID., I procedimenti de potestate e la nuovalegge sulla filiazione, in Riv. dir. proc., 2013, 558; ASTIGGIANO, Ripartodi competenza tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni: laSuprema Corte ha precorso la Legge n. 219/2012, in Fam. dir., 2013,498; LUPOI, Il procedimento della crisi tra genitori non coniugatiavanti al tribunale ordinario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, 1289;MONTARULI, Il nuovo riparto di competenze tra giudice ordinario e mi-norile, in Nuova giur. civ. comm., 2013, II, 218; VELLETTI, Il novellatoart. 38 disp. att. c.c. e le ulteriori disposizioni a garanzia dei dirittidei figli, ivi, 2013, II, 596; IMPAGNATIELLO, Profili processuali dellanuova filiazione e riflessioni a prima lettura sulla L. 10 dicembre2012 n. 219, in Nuove leggi civ. comm., 2013, 715; DANOVI, Nobili in-tenti e tecniche approssimative nei nuovi procedimenti per i figli (nonpiù) “naturali”, in Corr. giur., 2013, 537. Con peculiare riguardoalla speciale competenza monitoria del presidente del tribu-nale ordinario secondo l’anteriore art. 148 c.c., ora vigente incombinato disposto con l’art. 316 bis c.c., sia consentito rin-viare al mio scritto, in nota a Trib. Macerata 17 aprile 2009,Mantenimento del figlio naturale, procedimento ex art. 148 c.c.,competenza funzionale del giudice, in Fam dir., 2009, 1023, e conil titolo, Oneri di mantenimento del figlio naturale: per l’ingiunzioneex art. 148 c.c., una competenza a “discrezione” del genitore ina-dempiente”, in Dir. fam. pers., 2009, 1810. La questione oggi è su-perata per effetto dell’ampliamento stesso della competenzadel tribunale ordinario, nel momento che, per il procedimentodi cui all’artt. 316 c.c. (come per quello ex artt. 148 e 316 bisc.c.), l’art. 38 disp. att. c.c. non dispone più l’anteriore derogaa favore del tribunale specializzato.

13 Basti qui ricordare la recente, Corte cost., 24 ottobre 2012, n.272, in www.cortecostituzionale.it, ed il suo lineare percorsomotivo.

14 Oltre alle citazioni di note 9 e 12, si rinvia alle prime tratta-zioni, tra le quali, cfr., RESCIGNO (a cura di), Lo status di figlio, inGiur. it., 2014, 1261; C. M. BIANCA, La legge italiana conosce solo fi-gli, in Riv. dir. civ., 2013, 1; CARBONE-SESTA-TRIMARCHI-TOMMASEO-GRAZIOSI-DOGLIOTTI-DE FILIPPIS, La riforma della filiazione, in Fam.dir., 2013, 225 ss.; FERRANDO, La legge sulla filiazione. Profili so-stanziali, in Corr. giur., 2013, 525; CIPPITANI-STEFANELLI (a cura di),La parificazione degli status di filiazione, (atti del convegno di As-

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LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

sisi 24 e 25 maggio 2013), Perugia, 2013; DOSSETTI-M. MORETTI-C. MORETTI, La riforma della filiazione. Aspetti personali, successorie processuali. L. 10 dicembre 2012, n. 219, Bologna, 2013; LENTI, Lasedicente riforma della filiazione, in Nuova giur. civ. comm., 2013,II, 201; PALADINI-CECCHELLA (a cura di), La riforma della filiazione(la legge 10 dicembre 2012, n. 219), Pisa, 2013.

15 Invero, secondo l’arresto di Cass., sez. VI, 14 ottobre 2014, n.21633, in www.questionididirittodifamiglia.it, pur presentandotratto motivo fuggente che induceva a prudente valutazione,l’attrazione di questa competenza risultava estesa all’azioneex art. 330 c.c.; tale indirizzo è stato confermato in occasionedi un conflitto officioso di competenza, risolto, con esaustivadisamina, da Cass., sez. VI, 26 gennaio 2015, n. 1349, in www.il-caso.it.

16 Il principio del superiore interesse del minore costituisce unpostulato basilare del nostro ordinamento, così come ricom-posto anche attraverso il dato normativo convenzionale. Cfr.,tra i molteplici contributi, PALAZZO, La filiazione, in Trattato dir.civ. comm., CICU-MESSINEO-MENGONI, continuato da SCHLESINGER,Milano, 2013, 532; BALLARANI-SIRENA, Il diritto dei figli di crescerein famiglia e di mantenere rapporti con i parenti nel quadro del su-periore interesse del minore, in Nuove leggi civ. comm., 2013, 534;MOSCATI, Il minore nel diritto privato, da soggetto da proteggere a per-sona da valorizzare (contributo allo studio dell’ “interesse del mi-nore”), in Dir. fam. pers., 2014, 1141. Cfr. anche, QUERZOLA, Il pro-cesso minorile in dimensione europea, Bologna, 2010, passim; eTOMMASEO, L’interesse del minore e la nuova legge sull’affidamentocondiviso, in Fam. dir, 2006, 298.

17 BASINI, La riformulazione dell’art. 317 bis c.c.: l’espressa previsionedel diritto degli ascendenti “di mantenere rapporti significativi coni nipoti minorenni”, in Resp. civ. prev., 2014, 368.

18 Oltre al rilievo delle relazioni parentali di cui agli artt. 74 ss.c.c., della univoca considerazione del nucleo familiare se-condo le significative precisazioni dell’art. 315 bis c.c., e diquello costituzionale ricavabile dagli artt. 2, 29 e 30 cost., nu-merose previsioni ordinarie prendono in considerazione gliascendenti; a titolo esemplificativo, cfr. gli artt. 117, 148 e 316bis, 246, 348, co. 2, 361, 371, 433, 536, 538 c.c. e l’art. 12 l. ado-zione. Da tenere ben presente anche l’interpretazione conso-lidata della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, secondo cui,la vita familiare, tutelata dall’art. 8 della Convenzione, “ri-comprende quantomeno i rapporti tra prossimi congiunti, i quali pos-sono svolgervi un ruolo considerevole, ad esempio quelli tra i nonnie nipoti. Il ‘rispetto’ della vita familiare così intesa implica, per loStato, l’obbligo di agire in modo da permettere il normale sviluppodi tali rapporti”; così, testualmente, tra altre, CEDU, 13 giungo2000, caso Scozzari/Italia, in Fam. dir., 2001, 3, con notazioni diSONAGLIONI e PASCHETTI.

19 Giova evidenziare come nella casistica, anche risalente, ri-percorsa in nota 4, confermata dal provvedimento annotato,i figli minori contesi ben possono essere collocati stabilmentepresso i nonni od affidati agli stessi, ove questa soluzione ri-sponda al loro preminente interesse.

20 Limitandoci a contributi recenti, cfr., M. BIANCA, Il diritto del mi-nore all’ “amore” dei nonni, in Riv. dir. civ., 2006, I, 155; BASINI, Lanonna, Cappuccetto Rosso, e le visite: del c.d. “diritto di visita” de-gli avi, in Fam. pers. succ., 2006, 433; VACCA, Gli anziani. I dirittidella persona. Tutela civile, penale, amministrativa, a cura di CEN-DON, III, Torino, 2005, 610; ATTENA, “Diritto di visita” degli avi e re-lazione personale con i nipoti, in Nuova giur. civ. comm., 2004, II,401; PUTTI, Il diritto di visita degli avi: un sistema di relazioni af-fettive che cambia, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, 897; cfr., pe-raltro, ZUCCONI GALLI FONSECA, I soggetti del processo, in SESTA-AR-CERI (a cura di), L’affidamento dei figli nella crisi della famiglia,Torino, 2012, 666.

21 Importante il numero di precedenti, tra i quali appare op-portuno menzionare, per la giurisprudenza di legittimità, gliarresti di, Cass., sez. I, 11 agosto 2011, n. 17191, in Fam dir.,2012, 57; Cass., sez. I, 14 maggio 2005, n. 10126, in Giust. civ.,2006, I, 2487; Cass., sez. I, 14 novembre 2003, n. 17298, in Dir.fam. pers., 2004, 61; Cass., sez. I, 9 maggio 2002, n. 6629, inNuova giur. civ. comm., 2003, I, 657, con nota di DOGLIOTTI; Cass.,sez. I, 25 settembre 1998, n. 9606, in Fam. dir., 1999, 17, connota di DE MARZO; Cass., sez. I, 10 giugno 1996, n. 5351, ivi,1996, 584; Cass., sez. I, 17 gennaio 1996, n. 364, ivi, 1996, 227,con nota di VENCHIARUTTI; Cass., sez. I, 7 febbraio 1995, n. 1401,

in Giur. it., 1996, I, 1, 538, con nota di GABRIELLI; Cass., sez. I, 9febbraio 1990, n. 903, in Giust. civ., 1990, I, 1523; Cass., sez. I,24 febbraio 1981, n. 1115, ivi, 1982, I, 742, con nota di DOGLIOTTI.Per la vasta giurisprudenza di merito, cfr., App. Roma 8 giu-gno 2011, in Corr. merito, 2011, 1037, con nota di ATTADEMO; Trib.min. Palermo 15 novembre 2010, in www.minoriefamiglia.it;Trib. min. Milano 5 ottobre 2010, in Dir. fam. pers., 2011, 143;Trib. Salerno 29 aprile 2009, in Giusto proc., 2010, 830; Trib. Bari27 gennaio 2009, in Fam. dir., 2009, 497, con nota di BUGETTI;Trib. Bari 16 luglio 2008, in Resp. civ., prev., 2009, 1519, con notadi MASTRANGELO; App. Perugia 27 settembre 2007, in Giur. me-rito, 2008, 1913, con nota di MEZZANOTTE; Trib. Reggio Emilia 17maggio 2007, in Fam. pers. succ., 2008, 227; App. Trento 28 set-tembre 2006, in Fam. minori, 2007, 2, 50; Trib. Firenze 22 aprile2006, in Fam dir., 2006, 291, con nota di TOMMASEO; App. Napoli27 febbraio 2004, in Giur. nap., 2004, 285; App. Lecce 27 mag-gio 2002, in www.filodiritto.it; Trib. Napoli 10 marzo 2001, in Dir.giur., 2002, 331, con nota di ATTENA; Trib. min. Messina 19marzo 2001, in Dir. fam. pers., 2001, 1522; Trib. min. Cagliari 23marzo 2000, in banca dati Foro it.; Trib. min. Roma 9 dicembre1999, in Dir. fam. pers., 2000, 1126, con nota di DANOVI; App. Na-poli 5 dicembre 1996, ivi, 1998, 64; Trib. min. Venezia 16 aprile1993, ivi, 1994, 1011, con nota di MASCHIO; Trib. min. Trento 18febbraio 1993, ivi, 1994, 206, con nota di NAPPI; Trib. min. Bari10 gennaio 1991, in Giur. merito, 1992, 571, con nota di MANERA;Trib. Napoli 18 giugno 1990, in Dir. fam. pers., 1991, 624; Trib.Catania 7 dicembre 1990, ivi, 1991, 652; App. Torino 10 no-vembre 1990, ivi, 1991, 565.

22 Con riguardo ai giudizi di separazione e divorzio, ove la que-stione è insorta con maggior pregnanza, cfr., Cass., sez. I, 16ottobre 2009, n. 22081, in Giur. it., 2010, 794, con nota redazio-nale, ed in Fam. pers. succ., 2010, 31, con nota di C. IRTI, Il dirittodel minore all’affetto dei nonni non trova voce in giudizio; e Cass.,sez. I, 27 dicembre 2011, n. 28902, in Foro it., 2012, I, 779, connota redazionale di CASABURI, ed in Fam. dir., 2012, 348, con notadi VULLO, Inammissibile l’intervento degli ascendenti nei giudizi diseparazione e di divorzio.

23 Cfr. gli arresti giurisprudenziali di legittimità di cui alla nota-zione precedente, nonché COSTANZO, I rapporti personali tra ge-nitori e figli nella prospettiva giurisprudenziale, in SESTA-ARCERI (acura di), L’affidamento dei figli nella crisi della famiglia, Torino,2012, 581.

24 Senza che ciò possa significare voler mettere in discussioneil tenore del canone espresso dagli artt. 150 c.c. e 3, comma 1°,l. div.; cfr., per tutti, SCARDULLA, La separazione personale dei co-niugi ed il divorzio, Milano, 2003, 629. In ordine all’eventualequalità di parte assicurata dall’ordinamento al figlio in età mi-nore è d’uopo comunque il richiamo di, Corte Cost., 30 gen-naio 2002, n. 1, in Foro it., 2002, I, 3302, con notazioni di PROTO

PISANI, Battute d’arresto nel dibattito sulla riforma del processo mi-norile (cfr. dello stesso A., Ancora sul processo e sul giudice mi-norile, in Foro it., 2003, V, 213, e Garanzia del giusto processo e tu-tela degli interessi dei minori, in Questione Giustizia, 2000, 467), edi SERGIO, La tutela civile del minore e le cosiddette prassi distorsivedella giustizia minorile; ed in Fam. dir., 2002, 229, con nota diTOMMASEO, Giudizi camerali de potestate e giusto processo; cfr.inoltre, Corte cost., 9 dicembre 2011, n. 83, ivi, 2011, 545, connota di TOMMASEO; Corte cost., 12 giugno 2009, n. 179, ivi, 2009,869, con nota di ARCERI; e Corte cost., 14 luglio 1986, n. 185, inGiur. it., 1988, I, 1, 1112, con nota di DI GIULIO.

25 Artt. 2, 3, 24 e 111 Cost., ed un processo è giusto nella misurain cui sia strutturato in modo da indirizzarsi, nel rispettodelle garanzie, a produrre risultati accurati, ossia provvedi-menti cognitivi corretti, sia quanto alla soluzione delle que-stioni di fatto che a quelle di diritto; cfr. i contributi di, MON-TESANO, La garanzia costituzionale del contraddittorio e i giudizi civilidi “terza via”, in Riv. dir. proc., 2000, 929; TROCKER, Il nuovo art. 111Cost. e il “giusto processo” in materia civile, in Riv. trim. dir. proc. civ.,2001, 381; PROTO PISANI, Giusto processo e valore della cognizionepiena, in Riv. dir. civ., 2002, 265; CARRATTA, Prova e convincimentodel giudice nel processo civile, in Riv. dir. proc., 2003, 26; ID., Processocamerale (dir. proc. civ.), in Enc. Dir. (annali III), Milano, 2010, 928;COMOGLIO, Etica e tecnica del “giusto processo”, Torino, 2004, 276;BRACCIALINI, Spunti tardivi sul giusto processo, in Questione giust.,2005, 1208; TARUFFO, Poteri probatori delle parti e del giudice in Eu-ropa, in Riv. trim. dir. proc. civ, 2006, 276; CHIARLONI, Giusto pro-

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LE ULTIMISSIME DELLA GIURISPRUDENZA

cesso, garanzie processuali, giustizia della decisione, ivi, 2008, 129;BERTOLINO, Contributo allo studio della relazione tra garanzie pro-cessuali e accertamento dei fatti nel processo civile, Torino, 2010;TRAVI, Gli artt. 24 e 111 Cost., come principi unitari di garanzia, inForo it., 2011, V, 165; SCARSELLI, Il processo civile tra tutela di inte-ressi pubblici e diritti delle parti, ivi, 2012, V, 230.

26 Cfr., Cass., sez. I, 10 gennaio 2014, n. 359, in banca dati Pluris;Cass., sez. I, 19 marzo 2012, n. 4296, in Giur. it., 2012, 1288; Cass.,sez. II, 11 luglio 2011, n. 15208, in banca dati Foro it.; Cass., sez.VI (ord.), 23 marzo 2011, n. 6703, ivi; Cass., sez. II, 28 dicembre2009, n. 27398, ivi; Cass., sez. III, 27 giugno 2007, n. 14844, ivi.

27 Cass., sez. un., 8 aprile 2007, n. 8462, cit.28 Sufficiente il richiamo in merito, per tutti, a MANDRIOLI-CAR-

RATTA, Diritto processuale civile, Torino, 2012, I, 454; LUISO, Dirittoprocessuale civile, Milano, 2011, I, 315; MONTESANO-ARIETA, Trattatodi diritto processuale civile, Padova, versione ipertestuale dvd,2011, XXXIV, 180 ss.; CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale ci-vile, Torino, 2010, II, 342; CHIZZINI, Intervento in causa, in Dig. civ.,Torino, 1993, X, 112; MONTELEONE, Intervento in causa, in Novis-simo Dig. it., Torino, 1983, (Appendice), IV, 345; PROTO PISANI, Del-l’esercizio dell’azione, in Comm. c.p.c., diretto da ALLORIO, Torino,1973, I, 1142.

29 In Giur. it., 2012, 1288, con mia notazione, Legittimazione del fi-glio maggiorenne ad intervenire nel giudizio di separazione coniu-gale dei genitori, preceduta dall’altro scritto che ne aveva pre-corso la soluzione, Intervento del figlio maggiorenne nei giudiziconiugali/genitoriali aventi ad oggetto il proprio mantenimento, innota a Trib. Macerata 22 ottobre 2009, ancora in Giur. it., 2011,82, ove sono rinvenibili più ampi riferimenti sistematici.

30 Tra i quali, oltre alle riflessioni e spunti argomentativi cheemergono negli scritti già citati, TOMMASEO, L’interesse dei minori

e la nuova legge sull’affidamento condiviso, cit. in nota 16; FIGONE,Profili processuali, in AA.VV., Affidamento condiviso e diritto dei mi-nori, a cura di DOGLIOTTI, Torino, 2008, 228; TEDIOLI, Il diritto di vi-sita dei parenti: interesse legittimo o diritto soggettivo condizionato,ma pur sempre non azionabile da parte dei nonni, in Fam. pers. succ.,2008, 230; MORANI, Ancora sulla legittimazione attiva dei nonni achiedere l’instaurazione di normali, adeguati rapporti con i nipoti inetà minorile, in Dir. fam. pers., 2012, 450; pur tutti con peculiareriguardo all’ammissibilità dell’intervento ad adiuvandum, di cuial comma 2°, dell’art. 105 c.p.c. Cfr., inoltre, CONTIERO, L’affida-mento dei minori, Milano, 2009, 182. Ad ogni modo si rinvia allarassegna dei precedenti giurisprudenziali enumerati in note21, 22, 24, 26, ed alle notazioni di cui sono stati oggetto.

31 Da ultimo, cfr., la significativa, Trib. Milano, ord. 20 marzo2014, in www.ilcaso.it, pubbl. 17/4/2014, 10322.

32 La cortesia del lettore è rinviata all’ampia ricognizione rinve-nibile in SAVI, L’atto processuale dell’ascolto e i diritti del figlio mi-nore, in Dir. fam. pers., 2013, 1345; ID., Il ruolo processuale del mi-nore, in CIPPITANI-STEFANELLI (a cura di), La parificazione deglistatus di filiazione, op. cit. in nota 14, 295. Inoltre, con riguardoad una vicenda di ascolto del minore proprio in punto aimancati rapporti con gli ascendenti di un ramo parentale, purvigendo l’anteriore art. 155 c.c., cfr., Cass., sez. I, 5 marzo2014, n. 5097, in banca dati Juris.

33 In tal senso tutte le opere citate; cfr. in particolare, PALAZZO, LaFiliazione, op. cit., 537; nonché, C. M. BIANCA, Diritto civile, 2.1, Lafamiglia, Milano, 2014, 335.

34 Risuona in punto, per quanto criticabile, e per quanto nel no-stro caso potrebbe meglio argomentarsi, il percorso negati-vamente sperimentato di cui alla recente, Corte cost., 5 marzo2010, n. 82, in Fam. dir., 2010, 221, con nota di TOMMASEO.

74 | Avvocati di famiglia | gennaio-marzo 2015

In libreriaa cura dell’avv. MARIA LIMONGI

GILDA FERRANDOIl matrimonioGiuffrè Editore, 2015

Il volume è parte dell’opera “Trat-tato di diritto civile e commerciale”già diretto da Antonio Cicu, Fran-cesco Messineo, Luigi Mengoni econtinuato da Piero Schlesinger.Il matrimonio è pubblicato nellaseconda edizione da Gilda Fer-rando. L’Autrice introduce il concetto dimatrimonio come fondamentodella famiglia esaminandone lasua evoluzione storica, la disci-plina costituzionale, i principi didiritto europeo e approfondisce,altresì, la questione relativa airapporti personali e patrimonialitra i coniugi - dall’ancien régime alcodice civile del 1942 - alla lucedella riforma del diritto di fami-glia del 1975 ed ancor di più dellalegge n. 219/2012 in materia di fi-liazione.

Particolarmente interessante ri-sulta la disamina delle problema-tiche relative alle unioni non co-niugali e, dunque, le coppie dellostesso sesso o di sesso diversonella recente giurisprudenza eu-ropea ed interna.Brevi cenni sulla promessa dimatrimonio ovvero sulla sua effi-cacia non vincolante, sui donifatti a causa della promessa,sulla restituzione degli stessinonché sull’obbligo di risarci-mento dei danni e sul danno ri-sarcibile.Vengono, dunque, approfonditele fasi che contraddistinguono ilmatrimonio civile: dalle condi-zioni per contrarre matrimonio alprocedimento di formazione delmatrimonio (pubblicazioni, oppo-sizioni e celebrazione). L’Autrice analizza brevemente gliaspetti caratterizzanti il matri-monio del cittadino italiano al-l’estero e quello dello straniero inItalia nonché il matrimonio nelleconfessioni religiose non cattoli-che.Particolarmente interessanti eben approfonditi risultano i capi-toli dedicati al matrimonio con-cordatario. Dopo un breve excur-sus storico, dal Concordato del1929 all’Accordo del 1984 fino al-l’attuale sistema concordatario,l’Autrice esamina il procedi-mento per l’attribuzione degli ef-fetti civili al matrimonio e, dun-que, le pubblicazioni, le opposi-zioni, la celebrazione e il regimedella trascrizione con particolareriguardo agli impedimenti dero-gabili e inderogabili, le impugna-zioni della trascrizione, la trascri-zione tempestiva e la trascrizionetardiva. Chiude il capitolo la se-zione dedicata all’efficacia civiledelle sentenze ecclesiastiche dinullità e il relativo procedimentodi delibazione ponendo l’accentosui presupposti su cui si fonda ilriconoscimento delle sentenzeecclesiastiche: la non contrarietàad altra sentenza italiana e lapendenza di un giudizio dinanzial giudice italiano per la mede-sima controversia; la non contra-

rietà della sentenza ecclesiasticaal principio di ordine pubbliconell’ambito del quale si appro-fondiscono i concetti di ordinepubblico e specificità dell’ordina-mento canonico, riserva mentalee tutela dell’affidamento incolpe-vole, ordine pubblico e convi-venza come coniugi. L’ultima parte del volume è dedi-cata all’invalidità del matrimoniocivile: il matrimonio nullo e an-nullabile, l’inesistenza del matri-monio e il matrimonio putativo.Vengono, dunque, analizzate lecause di invalidità del matrimo-nio: la bigamia, l’incesto e il de-litto sono le cause più gravi dinullità per le quali è prevista lapiù ampia legittimazione adagire; il matrimonio contratto dalminore, dall’interdetto e dall’in-capace; il matrimonio annulla-bile per vizio del consenso (dolo,violenza ed errore) la cui legitti-mazione attiva spetta al solo co-niuge il cui consenso è stato vi-ziato; infine il matrimonio simu-lato. L’Autrice esamina, inoltre,gli aspetti processuali e interna-zionalprivatistici dell’azione diannullamento del matrimonio. Infine, interessante risulta l’ul-timo capitolo del volume che svi-scera ed esamina approfondita-mente gli effetti del matrimonioinvalido. In particolare, l’Autriceesamina la disciplina degli effettidel matrimonio invalido nei con-fronti del coniuge e dei figli, l’am-bito di applicazione dell’art. 128c.c., i diritti del coniuge in buonafede, la responsabilità del co-niuge in mala fede e del terzononché il danno risarcibile.

ROGER FISHERSCOTT BROWNTroviamo un accordoNel lavoro come nella vita privataè importante imparare a stabilirerapporti sinceri, stabili e vantag-giosi per entrambe le parti coin-volte. Questo libro, scritto da dueesperti di negoziazione dell’Har-vard Negotiation Project, analizzacon precisione e chiarezza tutti

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gennaio-marzo 2015 | Avvocati di famiglia | 75

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gli aspetti delle relazioni inter-personali e, passando con disin-voltura dall’ambito internazio-nale a quello privato, ne mette inluce le difficoltà. I due autori mo-strano, ad esempio, come de-cenni di negoziazione fra Usa eUrss le questioni tecniche si di-mostrano superabili con relativafacilità, mentre i problemi più in-sidiosi si manifestano su un altropiano, quello della comunica-zione carente, dei pregiudizi, deifraintendimenti… Esattamentecome accade a tutti noi nel mo-mento in cui dobbiamo trovareun accordo con qualcun altro,ricco di aneddoti, di esempi pra-tici e di spunti di riflessione, que-sto manuale si rivela una guidapreziosa alla negoziazione ingrado di aiutarci a risolvere con-cretamente problemi di relazionee di comunicazione a ogni livello.

GEORGE KOHLRIESERLa scienza delle negoziazione Siamo al volante e proviamo unimprovviso moto di collera neiconfronti del ragazzo in motorinoche ci ha tagliato la strada. Uncollega non ricambia il nostro sa-lut, e cominciamo a lamentarcicon gli altri di lui. Rimproveriamoun dipendente davanti a tutti,impedendogli di spiegare le sueragioni. Rispondiamo a una cri-tica del capo attaccandolo e

dando la colpa a terzi. In par-tenza per un viaggio d’affari, nonriusciamo a reprimere il senso dicolpa per aver lasciato nostro fi-glio in lacrime sulla porta di casae ci sentiamo “genitori incapaci”.In tutti questi casi non siamo cheostaggi. Ostaggi di emozioni ne-gative, di decisioni inadeguate, dipaure e insicurezze, vittime dinoi stessi o in balia di individuiprivi di intelligenza emotiva. Perquesto un grande esperto di ne-goziazione come George Kohlrie-ser ha molto da insegnare a tutti,non solo a chi si occupa profes-sionalmente di trattative. Laprima delle sue regole è, permolti, la più spiazzante: bisognaaffrontare sempre il conflitto. Laseconda spazza via un comodoalibi: occorre smettere fin da su-bito di pensare come una vittima.Ricco di storie vere e accurata-mente documentato, La scienzadella negoziazione descrive i prin-cipi fondamentali cui ricorrereper risolvere i conflitti di variogenere, e illustra la necessità diinstaurare sempre un legameemoticoi con l’avversario, sfrut-tare la forza del dialogo e dellatrattativa, imparare a gestire ilproprio “occhio della mente”e ca-pire appieno che il problema nonsta mai nella persona che ab-biamo di fronte. Quello che te-nete in mano è un libro diversoda tutti. Insegna a gestire le emo-

zioni nostre e altrui, a sviluppareuna mentalità libera e positiva, adiventare un leader, un managere - soprattutto - una persona mi-gliore.

ALESSANDRA COLONNAIl manager della negoziazione

La negoziazione non è, come dif-fusamente si crede, sinonimo di“compromesso”. Non consiste inmacchinose pratiche di persua-sione o, peggio ancora, di coerci-zione e non è frutto di reciprocherinunce e concessioni che por-tano spesso a un grande impove-rimento e allo scontento delleparti implicate, in termini siaeconomici sia relazionali. La ne-goziazione è un’attività strate-gica profondamente differente ri-spetto ad altre modalità di ge-stione delle trattative, indispen-sabile per le organizzazioni chevogliano vantare una solida lea-dership interna, costruire rela-zioni esterne proficue e durature,impattare positivamente sulconto economico e sulle margi-nalità aziendali. Il processo sot-teso a quest’attività è, tuttavia,sempre il medesimo, a prescin-dere da cosa si stia negoziando,da chi negozia e dal risultato chesi vuole ottenere. Il processo ne-goziale, se consapevolmente pa-droneggiato attraverso l’uso di

76 | Avvocati di famiglia | gennaio-marzo 2015

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una serie di tecniche, consente igestire con efficacia una tratta-tiva e concluderla al meglio.

ROGER FISHERWILLIAM URYBRUCE PATTONL’arte del negoziato

Tutti i giorni ci capita di nego-ziare, anche quando non ce nerendiamo conto. Si negozia con lapropria moglie o il proprio maritosu dove andare a cena e con il fi-glio sull’ora in cui deve rientraredalla discoteca. Il negoziato è ilmezzo fondamentale per otte-nere dagli altri quello che vo-gliamo. In tutti i campi - dal la-

voro all’amore, dalla vita fami-gliare a quella sociale, dalla sem-plice spesa quotidiana all’acqui-sto di un’autoo di una casa - sa-per trattare significa ottenere,vincere, avere ragione. Conoscerele tecniche della trattativa è unasso nella manica, un vantaggionella vita. Ecco perché questo li-bro è diventato un bestseller in-ternazionale. Gli autori, docentidi Harvard e tra i maggiori espertidi quest’arte, hanno capito che lestesse tecniche insegnate ai di-plomatici e ai politici di profes-sione potevano essere messe adisposizione di tutti. Così è natal’idea di questo libro, destinato adiventare un classico: uno stru-mento di studio nelle universitàe un manuale utile e prezioso pertutti i lettori.

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agli avvocati compiti e compe-tenze inedite per la soluzione dicontroversie su diritti disponibilicon l’obiettivo di produrre cam-biamenti significativi nel funzio-namento della giustizia.La valorizzazione dell’autonomianegoziale coinvolge anche settoriin cui la nostra tradizione giuri-dica non aveva mai prima rinun-ciato al controllo pubblicistico,come la separazione e il divorzioche d’ora in avanti saranno pos-sibili anche senza passare per iltribunale.Il libro aiuta ad affrontare questicambiamenti illustrando le no-vità e gli adempimenti previstiper applicare correttamente lanuova normativa.

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dell’Osservatorio sul diritto di famiglia

La riforma della filiazione

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sistemazione generale la attuazione data

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dell’Osser

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vatorio sul diritto di famiglia

di unitario status sullo civile compimento a legislatore

stata è quale il con 2013,

mento di prima interpretazione critica e l’occasione di un dibattito.dell’OsserScuola La

coordinamento che invece ha contraddistinto i primi.per Paladini, e

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perciò è Si figlio. generale

mento di prima interpretazione critica e l’occasione di un dibattito.del curatori i e vatorio dell’Osser

coordinamento che invece ha contraddistinto i primi.questi processuali, aspetti gli

per Bardaro, Mureden, Al Renda, della processuali e sostanziali

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