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b. Analisi quantitativachimicapacinotti.pbworks.com/w/file/fetch/91823154... ·  ·...

Date post: 20-May-2018
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Inquadramento del processo analitico La Chimica analitica è nata e si è sviluppata per dare risposte alle necessità di analisi di campioni (acque, alimenti, metalli e leghe, fertilizzanti, ecc.), cioè per risolvere dei problemi analitici. Si definisce campione la porzione di materia che deve essere sottoposta ad analisi. All’interno del campione sono presenti: - Analita: uno o più componenti costituenti il campione - Matrice: altre sostanze diverse dall’analita (solvente, interferenze, ecc.) L’analisi chimica può essere finalizzata per due diversi scopi: - Analisi chimica qualitativa: finalizzata a determinare le specie chimiche presenti nel campione - Analisi chimica quantitativa: finalizzata a determinare le quantità (concentrazioni) delle specie chimiche presenti nel campione Ovviamente la sequenza temporale è di solito la seguente: a. Analisi qualitativa b. Analisi quantitativa Occorre sottolineare che l’analisi della medesima sostanza in materiali diversi può presentare problemi analitici anche sensibilmente differenti. La determinazione quantitativa di un dato analita in matrici diverse può comportare procedure analitiche diverse, anche a parità di metodo prescelto per la misura vera e propria: ad esempio la determinazione del ferro nel sangue, in una lega metallica o negli spinaci. La differenza nella composizione delle tre matrici citate potrebbe comportare problematiche analitiche differenti per quanto riguarda la determinazione del ferro, soprattutto per quanto riguarda la presenza di interferenze diverse. Questa situazione è indicata come “effetto matrice”; l’effetto matrice è quindi l’errore commesso nella determinazione dell’analita a causa degli altri componenti del campione. Nella determinazione analitica si utilizzano: tecniche, metodi, procedure, protocolli. Ogni termine ha un preciso significato: - Tecnica analitica: è l’insieme di principi teorici e accorgimenti sperimentali che sfrutta un fenomeno scientifico fondamentale per ottenere un’informazione sulla composizione di un certo campione. Esempi: spettroscopia, cromatografia, voltammetria, ecc. - Metodo analitico: è l’applicazione di una tecnica analitica per risolvere un problema analitico specifico. Esempio: determinazione spettrofotometrica del Cr(VI) nelle acque dove può essere presente come inquinante - Procedura analitica: è l’insieme delle istruzioni base necessarie per utilizzare un metodo analitico. La procedura è quindi la successione degli stadi operativi principali per quell’analisi. Esistono numerosi metodi standard indicati da vari Enti nazionali e internazionali (IUPAC, NBS, ISO, ecc.) sono in realtà procedure standardizzate; devono essere applicate in tutti i laboratori per ottenere risultati confrontabili e riconosciuti dalla normativa vigente - Protocollo analitico: è l’insieme delle istruzioni e direttive dettagliate da eseguire rigidamente affinché il risultato possa essere accettato per fini particolari. E’ quindi l’insieme delle istruzioni dettagliate da seguire rigidamente per eseguire l’analisi. Durante l’esecuzione di una analisi si ottengono dei risultati numerici cioè si effettuano delle misurazioni che producono delle misure: - Misurazione: è la determinazione analitica vera e propria - Misura: informazione costituita da un numero, un’incertezza ed una unità di misura. La misura viene effettuata utilizzando un metodo di misura: è il procedimento che permette di passare dal segnale fornito dallo strumento (variabile strumentale) alla determinazione qualitativa e/o quantitativa della sostanza ricercata nel campione, cioè dell'analita (variabile chimica). La variabile strumentale e quella chimica sono legate da una qualche legge di dipendenza (per es. la legge di Lambert-Beer della spettrofotometria) che le correla e che consente di trasformare il segnale letto in un dato numerico, come per esempio la concentrazione dell'analita. Questa trasformazione può essere realizzata con vari metodi (retta di lavoro, metodo delle aggiunte, standard interno, ecc.) La procedura analitica nel suo complesso Per risolvere un problema analitico (analisi di un campione in laboratorio richiesta da un cliente), è fondamentale la determinazione della procedura analitica nel suo complesso. La procedura analitica prevede varie fasi di scelta successiva:
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Inquadramento del processo analitico

La Chimica analitica è nata e si è sviluppata per dare risposte alle necessità di analisi di campioni (acque, alimenti, metalli e leghe, fertilizzanti, ecc.), cioè per risolvere dei problemi analitici. Si definisce campione la porzione di materia che deve essere sottoposta ad analisi. All’interno del campione sono presenti:

- Analita: uno o più componenti costituenti il campione - Matrice: altre sostanze diverse dall’analita (solvente,

interferenze, ecc.) L’analisi chimica può essere finalizzata per due diversi

scopi:

- Analisi chimica qualitativa: finalizzata a determinare le specie chimiche presenti nel campione - Analisi chimica quantitativa: finalizzata a determinare le quantità (concentrazioni) delle specie

chimiche presenti nel campione Ovviamente la sequenza temporale è di solito la seguente:

a. Analisi qualitativa b. Analisi quantitativa

Occorre sottolineare che l’analisi della medesima sostanza in materiali diversi può presentare problemi analitici

anche sensibilmente differenti. La determinazione quantitativa di un dato analita in matrici diverse può comportare

procedure analitiche diverse, anche a parità di metodo prescelto per la misura vera e propria: ad esempio la

determinazione del ferro nel sangue, in una lega metallica o negli spinaci. La differenza nella composizione delle

tre matrici citate potrebbe comportare problematiche analitiche differenti per quanto riguarda la determinazione del

ferro, soprattutto per quanto riguarda la presenza di interferenze diverse. Questa situazione è indicata come

“effetto matrice”; l’effetto matrice è quindi l’errore commesso nella determinazione dell’analita a causa degli altri

componenti del campione. Nella determinazione analitica si utilizzano: tecniche, metodi, procedure, protocolli. Ogni termine ha un preciso significato:

- Tecnica analitica: è l’insieme di principi teorici e accorgimenti sperimentali che sfrutta un fenomeno scientifico fondamentale per ottenere un’informazione sulla composizione di un certo campione. Esempi: spettroscopia, cromatografia, voltammetria, ecc.

- Metodo analitico: è l’applicazione di una tecnica analitica per risolvere un problema analitico specifico. Esempio: determinazione spettrofotometrica del Cr(VI) nelle acque dove può essere presente come inquinante

- Procedura analitica: è l’insieme delle istruzioni base necessarie per utilizzare un metodo analitico. La

procedura è quindi la successione degli stadi operativi principali per quell’analisi. Esistono numerosi

metodi standard indicati da vari Enti nazionali e internazionali (IUPAC, NBS, ISO, ecc.) sono in realtà

procedure standardizzate; devono essere applicate in tutti i laboratori per ottenere risultati confrontabili e

riconosciuti dalla normativa vigente - Protocollo analitico: è l’insieme delle istruzioni e direttive dettagliate da eseguire rigidamente

affinché il risultato possa essere accettato per fini particolari. E’ quindi l’insieme delle istruzioni dettagliate da seguire rigidamente per eseguire l’analisi.

Durante l’esecuzione di una analisi si ottengono dei risultati numerici cioè si effettuano delle misurazioni che producono delle misure:

- Misurazione: è la determinazione analitica vera e propria - Misura: informazione costituita da un numero, un’incertezza ed una unità di misura. La misura viene

effettuata utilizzando un metodo di misura: è il procedimento che permette di passare dal segnale fornito

dallo strumento (variabile strumentale) alla determinazione qualitativa e/o quantitativa della sostanza

ricercata nel campione, cioè dell'analita (variabile chimica). La variabile strumentale e quella chimica sono

legate da una qualche legge di dipendenza (per es. la legge di Lambert-Beer della spettrofotometria) che

le correla e che consente di trasformare il segnale letto in un dato numerico, come per esempio la

concentrazione dell'analita. Questa trasformazione può essere realizzata con vari metodi (retta di lavoro,

metodo delle aggiunte, standard interno, ecc.) La procedura analitica nel suo complesso

Per risolvere un problema analitico (analisi di un campione in laboratorio richiesta da un cliente), è fondamentale la determinazione della procedura analitica nel suo complesso. La procedura analitica prevede varie fasi di scelta successiva:

1. Definizione generale del problema (cliente). Ad esempio la determinazione del Cd in un acciaio,

dei componenti volatili in un aroma, degli anticrittogamici nella frutta 2. Definizione analitica del problema (cliente ↔ analista). Si definiscono i dettagli tecnici, analisi

quantitativa o qualitativa, quanto materiale è a disposizione, cosa è noto della composizione, quanto è il tempo a disposizione, l’errore consentito, il costo probabile

3. Scelta di: tecnica, metodo, procedura e di eventuale protocollo (analista) 4. Campionamento (cliente ↔ analista). E’ la fase più critica dell’intero processo analitico perché il

campione prelevato e successivamente analizzato deve essere rappresentativo di tutto il materiale; un campionamento non significativo può falsare tutta l’analisi

5. Trattamento del campione (analista): è una fase che può essere più o meno complessa. Può

comprendere: separazione, dissoluzioni (attacco del campione), fusioni, diluizioni, concentrazioni,

derivatizzazione (introduzione di gruppi in grado di produrre un segnale analitico: ad esempio la

metilazione degli oli per produrre esteri metilici volatili in grado di essere analizzati mediante GC) 6. Analisi (analista): va effettuata con metodi idonei a contenere gli errori nei limiti richiesti e di solito si

devono effettuare un numero di repliche sufficiente a diminuire il rumore (fluttuazioni casuali dei valori ottenuti) in modo da produrre un risultato medio significativo

7. Elaborazione (analista): i dati ottenuti possono essere sottoposti ad opportune elaborazioni statistiche per valutare lo scarto di eventuali dati aberranti (ad esempio il test di Dixon), l’accuratezza e la precisione (ad esempio utilizzando il t di Student)

8. Relazione (cliente ↔ analista): deve contenere in modo esauriente, conciso e chiaro i risultati ottenuti dall’analista

Aspetti relativi alla risoluzione di un problema analitico

La soluzione di un problema analitico non è sempre immediata e spesso è anche legata all'esperienza

dell'operatore che deve risolverlo; in ogni caso è opportuno tener presente che l'approccio al problema

analitico deve essere sistematico, cioè non si deve improvvisare ma di solito è opportuno considerare gli

elementi descritti di seguito, che dovrebbero guidare l'analista ad una scelta ragionata e motivata della

metodica analitica:

1. Componenti del campione: è necessario distinguere analita e matrice, considerando la provenienza

del campione e quindi la sua probabile composizione. Ad esempio volendo analizzare il Ca in un

acqua, si ha un campione relativamente semplice in cui la maggior parte della matrice è l'acqua

stessa, che ovviamente non interferisce; se si utilizza una normale titolazione complessometrica con

EDTA e NET come indicatore si avrà l'interferenza del Mg, mentre utilizzando un indicatore specifico

del Ca (muresside o acido calconcarbonico) ed un particolare pH si riuscirà a dosare solo il Ca.

Inoltre la scelta della procedura analitica dovrà anche tener conto del rapporto analita/matrice,

ovvero della quantità di analita effettivamente presente nel campione analizzato

1. Aspetto merceologico: il tipo e la provenienza del campione incognito sono determinanti per: a. avere un'idea preliminare della composizione del campione b. valutare il tipo di precisione richiesta nel referto finale, cioè nel risultato che si deve fornire. Ad esempio

dovendo determinare il K nel sangue (analisi cliniche) o in un fertilizzante potassico, si avrà un

problema analitico ben diverso: varieranno le potenziali interferenze (nel campione di sangue si hanno

anche altri metalli come il Na, mentre nel fertilizzante non si avranno questi problemi) e varierà la

precisione richiesta (nel campione di sangue la quantità di analita presente è molto più bassa e quindi

sarà richiesta una precisione maggiore). Questa analisi si potrebbe effettuare con la tecnica

fotometrica in emissione

2. Aspetto legislativo: le analisi tecniche di prodotti commerciali o naturali sono regolate da precise

norme di legge, che stabiliscono molto spesso direttamente l'intera procedura analitica ed il modo di

presentare i risultati. Ad esempio l'analisi dell'acqua (realizzata in una struttura come l’ARPA o l'ASL

di un qualsiasi Comune) è soggetta a norme precise per il dosaggio dei vari elementi; per fare un

esempio la determinazione dell'ammoniaca prevede, per legge, l'uso del reattivo di Nessler e la

tecnica spettrofotometrica nel VS: l'uso di un'altra metodica analitica, per quanto valida, non produce

risultati riconosciuti ufficialmente

3. Letteratura chimica: poiché esistono già, opportunamente codificate, moltissime procedure

analitiche, di fronte ad un problema analitico è opportuno consultare la letteratura specializzata, per

verificare se esistano procedure analitiche già sperimentate e codificate.

Il processo analitico nei dettagli La qualità del risultato di un’analisi dipende dalla accuratezza di tutte le procedure sperimentali che a partire dal

materiale grezzo da analizzare portano al risultato finale: gli errori compiuti nei vari stadi della procedura determinano

l’errore complessivo del risultato; e’ quindi necessario prestare la massima attenzione a tutte le procedure sperimentali

presenti nel processo analitico e non solo all’analisi vera e propria. Nel seguente schema sono indicati i principali passaggi in cui si articola il processo analitico:

1. Campionamento 2. Trattamento del campione 3. Analisi

Le analisi possono essere classificate in base alla quantità di campione da analizzare, come indicato nel

seguente grafico; molte tecniche utilizzate per macro analisi non possono essere utilizzate per le ultramicro

analisi:

Inoltre è altrettanto importante la percentuale di analita del campione: gli analiti presenti in tracce richiedono

tecniche più sensibili e le loro determinazioni sono particolarmente soggette ad errori dovute ad interferenze

e contaminazioni.

Analizzare un campione di piccole dimensioni non è equivalente a determinare un analita presente in tracce

in un campione di grandi dimensioni, anche se la quantità assoluta di analita può essere simile.

La precisione e l’accuratezza “accettabili” di un’analisi dipendono anche dalla frazione di analita nel campione: per analiti presenti in tracce ed ultratracce sono tollerate accuratezze e precisioni molto minori rispetto a quelle accettate per i costituenti principali di un campione.

Il campionamento Spesso il campione è troppo grande per potere essere analizzato completamente, oppure la procedura analitica è inserita in un processo produttivo ed ha la funzione di controllare le caratteristiche di una materia prima o del prodotto finito. In entrambi i casi è necessario prelevare una parte del campione per l’analisi mediante un campionamento. Il risultato finale del campionamento è il campione da laboratorio, dal quale vengono ottenute le aliquote per effettuare le analisi successive del medesimo campione, in modo da

presentare alla fine un risultato medio. Il campionamento può essere diviso in due fasi distinte:

La procedura di campionamento rappresenta uno stadio chiave del processo analitico: è critica in particolare

nel caso di materiali eterogenei in cui la composizione può variare da un punto all’altro. L’incertezza

connessa all’operazione di campionamento, spesso compiuto al di fuori del laboratorio, concorre infatti a

determinare l’incertezza complessiva dell’analisi. Se l’incertezza sul campionamento è elevata, la misura non

sarà accurata indipendentemente dalla precisione del metodo analitico utilizzato, poiché sarà l’incertezza sul

campionamento a determinare l’incertezza complessiva dell’analisi. In tal caso non è vantaggioso investire

risorse nella messa a punto di un metodo analitico più preciso poiché il miglioramento dell’incertezza

dell’analisi non si riflette in un parallelo miglioramento dell’incertezza totale. All’opposto metodi meno precisi

ma più veloci ed economici potrebbero permettere l’analisi di un numero più elevato di campioni (migliorando

quindi la deviazione standard della media).

1. Campione grossolano: la procedura comune per ottenere un campione grossolano è quella di

prelevare un certo numero di aliquote del campione da analizzare (elementi di campionamento)

selezionate in modo tale da garantire che il campione grossolano sia rappresentativo del materiale

da analizzare nel suo complesso.

Le procedure di campionamento vengono stabilite in funzione di: a. Quantità del materiale da analizzare b. Stato fisico del materiale da analizzare (solido, liquido, gassoso) c. Eterogeneità del materiale da analizzare (solido particolato, sospensione, soluzione) d. Composizione chimica del materiale da analizzare (la procedura di campionamento non deve

distruggere od alterare l’analita: ad esempio, il campionamento più richiedere operazioni di tipo

meccanico nel caso in cui il campione da analizzare abbia una natura compatta).

I problemi maggiori si incontrano ovviamente nel caso di materiali da analizzare solidi e di grandi dimensioni, caratterizzati da un elevato grado di eterogeneità Campionamento di solidi: ad esempio per l’analisi di un terreno, la superficie viene divisa in una griglia e si effettuano prelievi in tutti i punti significativi della griglia, a distanze regolari Campionamento di liquidi: il campionamento dei liquidi presenta minori problemi, anche se su grande scala l’approccio

è simile a quello utilizzato per i solidi. La situazione è più complessa per le sospensioni, se nel campione devono

venire inclusi anche i solidi: se le particelle della sospensione sono presenti in piccolo numero, è difficile ottenere

un’aliquota rappresentativa del campione nel suo complesso

Campionamento di gas: I campioni gassosi tendono ad essere relativamente omogenei, e quindi il

prelievo è relativamente semplice. Le specie gassose che si vogliono analizzare possono però

essere concentrate in piccoli volumi (preconcentrazione) durante il prelievo mediante una delle

seguenti procedure:

• Condensazione: prelievo mediante passaggio allo stato liquido o solido per raffreddamento

• Intrappolamento: durante il prelievo l’analita viene legato chimicamente in una soluzione o su un solido mediante una opportuna reazione chimica (es. CO2(g) + NaOH → Na2CO3)

• Adsorbimento: l’analita viene legato fisicamente sulla superficie di un adeguato materiale solido adsorbente (es. carbone attivo)

2 Campione da laboratorio: Pur essendo rappresentativo del campione nel suo complesso, il

campione grossolano non è di solito omogeneo. In genere esso ha la dimensione minima necessaria

per garantire che esso sia rappresentativo del campione originale, quindi non è possibile prelevare

direttamente le aliquote per l’analisi. Prima dell’analisi esso deve essere reso omogeneo, in modo

che ogni sua aliquota abbia la stessa composizione. L’operazione può consistere in una semplice

agitazione (soluzioni, sospensioni) o implicare procedimenti meccanici (frantumazione, macinazione,

miscelazione della polvere risultante) per la riduzione delle dimensioni delle particelle. Queste

operazioni possono però alterare la composizione del campione:

- Perdita di componenti volatili in conseguenza del riscaldamento derivante dalla macinazione - Variazioni dello stato di ossidazione dell’analita od altre trasformazioni legate al contatto con

l’aria - Variazione del contenuto di acqua del campione

Il campione non dovrebbe subire alterazioni nel tempo che intercorre fra il campionamento e l’analisi. I fenomeni di

alterazione dipendono da un insieme di fattori (temperatura di conservazione, umidità, pH, contenuto di ossigeno,

esposizione alla luce) oltre che dal tempo. Possono essere dovuti a: - Processi fisici (evaporazione, sublimazione, degradazione fotochimica…) - Processi chimici (reazioni con la matrice, ossidazione da parte dell’aria…) - Processi biologici (attività enzimatica, contaminazione microbica…)

Atri fattori da tenere in considerazione, in particolare per basse concentrazioni di analita, sono le possibili

interazioni con il contenitore del campione, deve essere scelto in funzione dell’analita (es. le materie plastiche

possono adsorbire analiti apolari o poco polari, il vetro può rilasciare ioni metallici, adsorbire analiti polari o

catalizzare reazioni di decomposizione). Per analiti relativamente instabili può essere necessario effettuare le

analisi direttamente sul luogo del prelievo usando strumenti portatili (analisi in situ) o mediante strumenti on line

che prelevano il campione ed eseguono direttamente l’analisi. Il trattamento del campione

- Il trattamento del campione ha la funzione di convertire l’analita presente nel campione nella forma più adatta per l’analisi. L’analita si trova normalmente in una matrice dalla quale deve essere recuperato.

Nella maggioranza dei casi il procedimento analitico richiede che la specie da determinare sia in soluzione, quindi il campione deve venire decomposto (se l’analita non è presente in una forma immediatamente solubile) e quindi solubilizzato. L’operazione di trattamento del campione è spesso un’operazione critica per l’analisi nel suo complesso:

- Il trattamento del campione non deve comportare perdita di analita. Una perdita di analita può derivare sia da un processo di decomposizione o solubilizzazione incompleta che da perdite dovute a volatilizzazione, soprattutto in trattamenti ad alta temperatura.

- Il trattamento del campione non deve introdurre analita sotto forma di contaminante. I solventi ed i

reagenti utilizzati nella preparazione del campione vengono impiegati in forte eccesso: se non

vengono usati prodotti sufficientemente puri, questo può portare all’introduzione di quantità

significative di analita, in particolare nel caso di analiti presenti in tracce. In trattamenti drastici, come

la fusione, piccole quantità di analita possono anche derivare dall’attacco delle pareti del recipiente

da parte dei reagenti utilizzati.

Esistono numerose tecniche di trattamento del campione:

Decomposizione in recipiente aperto: prevede il trattamento del campione con un adatto reagente ed il riscaldamento fino alla sua completa dissoluzione. La temperatura del trattamento in genere coincide con la temperatura di ebollizione del reagente utilizzato.

Si possono utilizzare reattivi diversi a seconda della natura chimica del campione da trattare, come mostrato nella seguente tabella:

Decomposizione assistita da microonde: utilizza gli stessi reagenti impiegati nella decomposizione in recipiente

aperto, ma risulta in genere molto più rapida grazie alla diversa modalità di riscaldamento, che permette un

trasferimento di calore molto più rapido ed omogeneo. In questo caso le microonde prodotte da un apposito

apparecchio di decomposizione (digestore) vengono assorbite dall’acqua e la vibrazione conseguente dei legami

molecolari, per attrito, dissipa una grande quantità di calore. Questi vantaggi vengono sfruttati nel modo migliore utilizzando recipienti per digestione sigillati, costruiti in

materiali trasparenti alle microonde (vetro, materiale plastico). Durante l’impiego questi recipienti

raggiungono pressioni elevate, che determinano un innalzamento delle temperature di ebollizione dei

reagenti usati per la digestione.

Decomposizione per combustione: può venire utilizzata per campioni organici, e consiste nel riscaldamento

del campione fino a completa conversione del materiale organico in anidride carbonica, seguita dall’analisi

effettuata sui componenti non volatili rimasti. Siccome la combustione all’aperto può portare facilmente a

perdite di materiale, vengono in genere preferiti trattamenti effettuati in ambiente chiuso, in presenza di

ossigeno per facilitare la combustione e di un opportuno solvente che assorbe i prodotti di reazione prima

dell’analisi. Anche l’analisi elementare di un composto organico (determinazione del contenuto percentuale di C, H, N e, con una procedura diversa, O) viene effettuata mediante una decomposizione per combustione. Il campione viene bruciato in presenza di un eccesso di ossigeno e di un catalizzatore che garantisce l’ossidazione completa, quindi il gas prodotto della combustione viene analizzato per determinarne il contenuto di CO2, H2O e N2, dal quale si risale alla composizione elementare del campione.

Decomposizione in mezzi di fusione: è un trattamento drastico nel quale il campione viene mescolato con un eccesso (10 o 20 volte la massa del campione) di un sale di un metallo alcalino o di un altro materiale a carattere acido, basico od ossidante (mezzo di fusione). La miscela viene poi riscaldata ad alta temperatura in modo da formare un fuso omogeneo; dopo la reazione, il materiale viene raffreddato ed il solido risultante viene disciolto in un solvente opportuno. La maggiore efficienza della decomposizione in mezzi di fusione può essere attribuita ai seguenti fattori:

- Alta temperatura: la temperatura del fuso (300–1000°C) è molto maggiore di quella di ebollizione delle normali

soluzioni acquose di acidi e basi utilizzate nella decomposizione con reagenti acquosi (100–200°C)

- Elevata concentrazione: la concentrazione “effettiva” dei reagenti (10–20 M) è molto più elevata di quella delle normali soluzioni acquose (1–2 M)

- Alta reattività chimica: nella fusione il potere ossidante, come pure l’acidità o la basicità, del mezzo di fusione non sono limitate dalla presenza dell’acqua

Uno dei problemi che si incontrano nel processo di fusione è la contaminazione del campione, sia da parte di impurezze del

mezzo di fusione che in conseguenza dell’attacco del recipiente utilizzato per il processo. In realtà spesso è impossibile trovare

un contenitore completamente inattaccabile, e quindi devono essere utilizzati recipienti di un materiale che non deve essere

determinato e che comunque non interferisca nella procedura analitica. Di seguito sono riportati alcuni dei fondenti più usati:

Estrazione: un’altra comune tecnica di preparazione del campione è l’estrazione solido-liquido: in questo processo il campione solido viene trattato con un opportuno solvente in grado, almeno idealmente, di dissolvere l’analita ma non i costituenti della matrice. La preferenza dei vari componenti del campione per una fase oppure per l’altra è

descritta dal coefficiente di distribuzione KD (tanto più è alto il valore di KD, tanto più il componente in oggetto è

facilmente separabile dalla fase solida).

A parità di volume di solvente, la massima efficienza si ottiene effettuando una serie di estrazioni con volumi

relativamente piccoli. Esistono inoltre apparecchiature apposite, come l’estrattore di Soxhlet, che permettono

di effettuare numerosi stadi di estrazione, ognuno con solvente “fresco”, pur utilizzando una quantità ridotta

di solvente. Procedure più drastiche di estrazione solido-liquido comprendono l’estrazione con fluidi

supercritici (SFE) e l’estrazione accelerata con solvente (ASE) che utilizzano come agente estraente fluidi

supercritici (ad esempio CO2) oppure solventi organici ad alta pressione, con il vantaggio di potere operare a

temperature maggiori della normale temperatura di ebollizione del solvente stesso. Una tecnica di estrazione molto utilizzata attualmente è l’estrazione in fase solida (SPE). Questo tipo di estrazione prevede il passaggio della soluzione contenente l’analita attraverso una fase solida che lega in modo selettivo le specie di interesse, scelta in funzione delle loro caratteristiche chimico-fisiche (si usano in genere piccole colonne con un impaccamento di fase solida di 1–2 cm di spessore). L’analita legato alla fase solida viene poi eluito dalla colonna usando un piccolo volume di un opportuno solvente, spesso organico. I vantaggi principali di questa tecnica di estrazione sono:

- Possibilità di concentrare l’analita (il volume di fase estraente è molto minore di quello del campione) - Riduzione del volume di solvente organico necessario - Possibilità di eseguire l’estrazione mediante procedure automatizzate e/o ad alta produttività

L’analisi del campione

Dopo aver preparato il campione di laboratorio è finalmente possibile effettuare l’analisi vera e propria che, pertanto, può essere preceduta da numerose altre fasi del processo analitico. Ad esempio la determinazione dell’indice di rifrazione di un olio di oliva è immediata, la determinazione della caffeina nel cioccolato richiede complesse estrazioni e separazioni preliminari. Dopo l’eventuale determinazione qualitativa, l’analisi del campione procede con la determinazione quantitativa dell’analita, che può essere effettuata in due diversi modi:

1. Metodi analitici assoluti: La correlazione fra la grandezza misurata e la quantità di analita è univocamente determinata

da leggi fisiche (es. tecniche gravimetriche). A tale categoria appartengono anche le titolazioni, nelle quali la quantità

di analita viene determinata sfruttando una reazione chimica con un reagente a concentrazione nota aggiunto fino

all’equivalenza stechiometrica con l’analita presente nel campione

2. Metodi analitici relativi: Richiedono la costruzione di una curva/retta di calibrazione, che descrive la relazione fra il segnale misurato e la concentrazione dell’analita. A questa categoria appartiene la maggior parte dei

metodi analitici strumentali. La curva/retta di calibrazione si ricava attraverso la misura di standard chimici

(campioni a concentrazione nota di analita) e permette di tradurre il segnale fornito dall’apparecchio di

misura in un valore di concentrazione Il segnale misurato in un metodo strumentale può avere varia natura, e talvolta è possibile scegliere fra diverse

possibilità: ad esempio in un’analisi cromatografica si possono utilizzare sia le altezze che le aree dei picchi

cromatografici. Solitamente in un’analisi strumentale non si utilizza direttamente il segnale misurato, ma si

corregge il segnale sottraendogli il segnale del “bianco”, misurato in genere prima di tutti gli altri campioni, in modo

da tenere conto di tutti i fattori (chimici, strumentali, ecc.) che influenzano la risposta in modo indipendente dalla

concentrazione dell’analita, cioè dell’effetto della matrice Il bianco dovrebbe essere idealmente identico al campione in analisi, ma non contenere l’analita, ed essere misurato utilizzando esattamente la stessa procedura impiegata per i campioni. In pratica, in particolare per campioni complessi, non è possibile ottenere un vero e proprio bianco poiché non è possibile simulare esattamente la composizione del campione. In tal caso si usano spesso:

- bianco del solvente: contiene semplicemente lo stesso solvente nel quale è disciolto il campione - bianco dei reagenti: contiene il solvente più tutti i reagenti utilizzati nella preparazione del campione

o necessari alla produzione del segnale che viene misurato Esistono varie procedure di calibrazione: Calibrazione con standard esterni: la curva/retta di calibrazione viene ricavata dall’analisi di una serie di standard esterni a concentrazione nota di analita preparati separatamente dal campione. La concentrazione dei campioni incogniti, trattati nello stesso modo degli standard esterni , viene poi determinata per interpolazione del segnale misurato sulla curva/retta di calibrazione

La calibrazione con standard esterno è la procedura di calibrazione più comunemente usata se si ha a

disposizione uno standard con caratteristiche adeguate (stabilità, purezza, ecc.) poiché ha le seguenti

caratteristiche:

- Semplice - Rapida (una singola curva di calibrazione può essere utilizzata per tutte le analisi) - Richiede un piccolo numero di standard (soprattutto se la curva di calibrazione è una retta)

Questo metodo presuppone però che la risposta all’analita nello standard e nel campione sia identica: la forma chimica

dell’analita negli standard deve essere identica a quella dell’analita presente nel campione e non si devono avere

interferenze da parte della matrice del campione. Questa condizione può essere difficile da soddisfare, soprattutto per

campioni a composizione complessa (es. leghe metalliche, materiali biologici, ecc.)

Calibrazione con standard interno: Nella calibrazione con standard interno una quantità nota di una specie di

riferimento (standard interno - SI) che può essere determinata separatamente dall’analita viene aggiunta prima

dell’analisi di standard, campioni e bianco. Il segnale di risposta, utilizzato per la costruzione della curva di

calibrazione, è il rapporto fra il segnale dell’analita e quello della specie di riferimento.

Il metodo della standard interno può compensare

diversi tipi di errori a condizione che essi influenzino

nello stesso modo sia l’analita che la specie di

riferimento, in questo modo si può limitare fortemente

l’effetto della matrice. Perché ciò avvenga, la specie di riferimento deve avere caratteristiche chimico-fisiche quanto più possibile simili a quelle dell’analita.

Nella calibrazione con standard interno la specie di riferimento viene aggiunta alla stessa concentrazione a standard, campioni e bianco:

Calibrazione mediante aggiunta standard multipla: nel metodo dell’aggiunta standard il campione viene

analizzato sia da solo che in presenza di quantità note di soluzione standard dell’analita. L’aggiunta di analita

può essere singola (metodo dell’aggiunta standard singola) o possono essere effettuate più aggiunte a

concentrazioni crescenti (metodo dell’aggiunta standard multipla). La concentrazione dell’analita viene

determinata sulla base della risposta assumendo una relazione lineare tra la risposta e la concentrazione

dell’analita.

Poiché il segnale dello standard viene misurato in presenza della matrice del campione, questo metodo

permette in linea di principio di compensare qualunque effetto di interferenza da parte della matrice, anche se

non noto a priori, assumendo che la matrice influenzi nello stesso modo l’analita aggiunto e quello già

presente nel campione. Per evitare errori eccessivi le concentrazioni dell’analita aggiunto dovrebbero essere

dello stesso ordine di grandezza di quelle già presenti nei campioni, partendo da una soluzione standard

molto più concentrata del campione, in modo da aggiungere volumi minimi, non modificando la matrice in

modo sostanziale.

Le limitazioni principali di questo metodo sono:

- L’analisi richiede un tempo maggiore, poiché nel metodo dell’aggiunta standard multipla deve essere costruita e misurata una curva di calibrazione per ogni campione in esame

- E’ indispensabile avere una risposta lineare alla concentrazione dell’analita nella matrice del campione (questo può essere comunque verificato direttamente nel corso dell’analisi se si utilizza il metodo dell’aggiunta standard multipla).

- L’analita aggiunto deve essere esattamente nella stessa forma chimica di quello già presente nel campione e

subire le stesse interferenze (è possibile che alcuni tipi di interferenze da parte della matrice si instaurino solo

dopo un certo tempo – es. reazioni di complessazione relativamente lente)

- E’ fondamentale avere a disposizione un bianco adeguato, che permetta di eliminare qualunque segnale di tipo aspecifico.

Nel metodo dell’aggiunta standard multipla la concentrazione dell’analita nel campione si può ricavare in modo molto

semplice mediante un metodo grafico, che prevede una estrapolazione della curva/retta di calibrazione (per questo

motivo è indispensabile verificare la sua linearità prima di utilizzare questo metodo).


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