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"BOLLETTINO MISSIONARIO"Official Newsletter
ASSOCIAZIONECULTURALE"SAMARITAN"
"la si chiamo' Babele"(Gen 11,9)
È un vero e proprio attacco al “pensiero unico”, ad un'umanitàche parla la stessa lingua che non si apre alle differenze epeculiarità della persona. “Babele”, in ebraico “confondere” ed inaccadico “porta del Dio”, è l’esperienza dell’uomo che tenta dibastare a se stesso uniformandosi all'umanità e opprimendo ledifferenze che la animano. Babele è punto di partenza e di arrivo, affinché l'uomo trovi sestesso nell'abbandono di ogni pretesa di dominio su ciò che locirconda. Le differenze culturali permettono all'Io di riscoprire unAltro che non indebolisce la propria identità ma la fortifica e larende sempre nuova, l’Altro è continuo stimolo per una nuovascoperta di sé. In Babele le identità vengono confuse affinché il cammino diriscoperta, che da qui inizia, porti a Dio attraverso l’uomo.
di Vincenzo Saponaro
www.samaritanassociazioneculturale.wordpress.com
Il Buon Samaritano, Delacroix, 1849. (dettaglio)
"La grazia suppone la cultura"
Chernobyl: cegliesi aservizio
Sono gli anni ‘90 e anche la nostra città si colora di accoglienza,condivisione, solidarietà. Sono molti i bambini che arrivano a Ceglie Messapica in quegli anni esono molte le famiglie che aderiscono al “Progetto Chernobyl”.
Ma di cosa stiamo parlando? 26 aprile 1986: un gravissimo incidente nucleare colpisce la centraleatomica di Chernobyl. La radioattività rilasciata all’esterno ha colpito inparticolar modo la Bielorussia, l’Ucraina e la Russia, masse d’ariaradioattive si sono sparse per tutta l’Europa, siamo agli sgoccioli del crollodell’URSS e con esso della fine della Guerra Fredda. Sono ormai trascorsi molti anni, per noi tutto questo è un lontano ricordo,ma purtroppo le popolazioni locali, in particolar modo in Bielorussia eUcraina, pagano ancora oggi le conseguenze di quella catastrofe (sivedano gli incendi degli ultimi mesi). A causa della velocitàdell’accrescimento cellulare e dell’abbassamento delle difese immunitarie,i bambini sono i soggetti più colpiti dagli effetti delle radiazioni. Ecco in cosa consisteva il Progetto di cui oggi vi raccontiamo: le famiglieche vi aderivano, accettavano di ospitare bambini provenienti dalle zone arischio con lo scopo di “disintossicarli”, per farli vivere una vita più stabile,più agiata, più tranquilla, più giocosa, più colorata, dando loro la possibilitàper qualche mese di “respirare aria pulita”, è questo il ritornello chetornava spesso. Molte famiglie hanno conosciuto indirettamente il progetto,forse per pregiudizio non lo hanno preso in considerazione o magari perproblemi economici e di possibilità. Ma molte altre sono state le famiglieche vi hanno aderito e Samaritan ha voluto incontrarle perraccoglierne la memoria storica di una comunità intera.Cerchiamo di dare uno sguardo alla genesi di tutto questo: le famiglievenivano a conoscenza del progetto in vario modo, o attraverso il passaparola o, nella maggior parte dei casi, tramite le parrocchie e quindi laCaritas diocesana di Oria. Non era raro che quanti arrivassero attraversola Caritas Italiana fossero anche i più piccoli e i più poveri o certamenteprovenienti da fasce sociali più basse. Potevano essere ospitati per i mesi estivi o per quelli invernali a secondadelle possibilità delle famiglie, di sicuro il periodo invernale era quello piùimpegnativo poiché i bambini venivano anche inseriti nelle classiscolastiche con i propri coetanei. Vi furono certamente alcune peculiaritàorganizzative tra i diversi enti: nella maggior parte dei casi le famiglie sifacevano carico dell’intera spesa per il mantenimento dei bambini (viaggiinclusi), in alcuni casi era possibile partecipare a corsi di lingua russa perfacilitare i primi approcci… Ciò che li accomunava, almeno sino all’arrivo nei luoghi di “smistamento” èche tutti avessero con sé meno dell’essenziale… forse nulla, se non ciòche avevano addosso, quasi teletrasportati di punto in bianco dalle propriecase. Tutti, però, tornavano con qualcosa, scarpe, vestiti, giocattoli, valigiepiene di oggetti materiali e di ricordi, tanti ricordi. Sapori, immagini, colori.Calore. Bene.
di Vanessa Putignano
IL NOSTRO PROGRAMMA VUOLE
TENERE BEN SALDO IL CAMMINO
TEORICO/CULTURALE CON QUELLO
PRATICO/MISSIONARIO.
ECCO LE NOSTRE INIZIATIVE:
TEORIA
- ALTERNA(V)I(T)E: PRESENTAZIONI DI ALTERNATIVEDI VITA CONTEMPORANEE E NON,
LEGATE AD ESPERIENZE SULCAMPO.
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INCONTRI DI FORMAZIONE ALLAMONDIALITÀ E DI PREPARAZIONE
AD ESPERIENZE ESTIVEMISSIONARIE.
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INCONTRI DI FORMAZIONE ALLETECNICHE DI ANIMAZIONE UTILI
ALLE ESPERIENZE ESTIVEMISSIONARIE.
- CAFFÈ FILOSOFICI:
ESPERIENZE DI DIALOGOFILOSOFICO CITTADINO.
PRATICA
- EDITORIA “BOLLETTINOMISSIONARIO”:
PICCOLA RIVISTA CURATA DAIGIOVANI SOCI SECONDO I DIVERSI
CAMPI DI INTERESSE E DIRICERCA, CON UNO SGUARDOATTENTO AL BENE COMUNE.
- ESERCIZI SPIRITUALI IN CONTESTO:ESPERIENZE MISSIONARIE ESTIVE
O INVERNALI IN PARTICOLARICONTESTI DIVERSI DALLA
QUOTIDIANITÀ NELLA QUALEVIVERE ESERCIZI SPIRITUALI.
- DONO X DONO:
ATTIVITÀ DI RACCOLTA FONDIUTILI ALLE ESPERIENZE
MISSIONARIE ATTRAVERSO ITALENTI DEI GIOVANI SOCI
(CONCERTI, MOSTRE, OPEREMUSICALI…).
- TI (IN)FORMO:
POSSIBILITÀ PER I NEOLAUREATIDI PUBBLICARE E PRESENTARE LEPROPRIE TESI SU APPROVAZIONE
DEL CONSIGLIO DIRETTIVO.
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E’ l’esempio di Igor, 8 anni, ucraino, di condizione sociale bassa. Arriva aCeglie nel 1993 con solo un sacchetto con qualche giocattolo. Ma torna inUcraina con valigie piene di vestiti e giochi. E questa storia si ripeté per altridue anni. Altre due estati. Presentando un netto miglioramento, di volta involta, della propria dignità di essere umano (seppur bambino) che la guerraaveva soppresso. Come tutti gli altri bambini, anche Igor non sapevaparlare bene l’italiano, in casa comunicava solo con i disegni o con i gesti.Non sapeva come si facesse una doccia… perché una doccia non l’avevaancora mai vista. L’ha imparato qui a Ceglie, e l’ha imparato con gli occhi diun bambino curioso, come se avesse fatto la scoperta più bella e autenticadella sua vita. Igor, stremato dal lunghissimo viaggio, vede per la primavolta la sua famiglia cegliese a Francavilla Fontana, quello era per lui ilcapolinea. Nella futura famiglia cegliese di Igor, i figli erano già tre, e lascelta del suo “esserci” fu presa a tavolino da tutta la famiglia (bambinicompresi e protagonisti) oltre che per solidarietà, ed empatia umana, anchecome stimolo ad un’educazione vicendevole: integrazione, la parolad’ordine! Voleva essere un esempio, per metterli a contatto con altre realtàe per imparare a rispettare queste stesse realtà, a rinunciare per dividerecon l’altro, all’aiuto reciproco, alla collaborazione fraterna metaforicamentee non. Oggi Igor è sposato e ha due bambini, e ciò lo sappiamo perché lasua famiglia adottiva cegliese è riuscita a restare in contatto con lui. [Graziealle numerose informazioni abbiamo potuto ricostruire un’ipotetica lettera.(allegato 1)] Tante potrebbero essere le storie, tra queste c’è anche quella di Oleg, 6anni, ucraino. È il maggio del 1993 e Ceglie è ormai colorata dal sole, daifiori e dal loro profumo che quasi si può toccare. Oleg, arriva e ci trova ilcaldo, l’accoglienza, ma ci arriva in punta di piedi, in silenzio, col broncio esenza nulla tra le mani. Offre solo timidi sorrisi, misti ad una smorfia didispetto che va raramente via. Anche dopo il lungo viaggio che ha dovutoaffrontare. Oleg arriva a Roma in aereo con i suoi pochi anni e con le suescarpette ai piedi, e di lì un pullman lo conduce a San Cosimo (Oria). Oleg soffre molto la mancanza del cugino che invece si trova presso unafamiglia in un paese poco distante, per questo quell’estate le due famigliesono riuscite a farli incontrare. Accadeva spesso che i bambiniappartenessero a piccoli nuclei famigliari e che venissero divisi in più luoghi. Che gioia nei loro occhi, anche se per poco tempo. Mancanze profonde, profumo di casa. Molta nostalgia, dalla bocca di Oleg solo frasi dispettose “io a casa mia ne ho due bagni!”, l’ingenuità di un bambino che non capisce cosa lo sta circondando e perché. Non è l’unica estate, Oleg torna per altri 2 anni, e con sé porta dei doni da parte della famiglia ucraina per quella cegliese: al papà un rasoio elettrico e alla mamma una matrioska (in foto l'originale) e un vaso. Per lui, come per tanti altri è difficile ricostruirne il futuro dopo quegli anni. Ultima storia che vogliamo raccontarvi è quella di Svetlana, 11 anni, arrivaa Ceglie dalla Bielorussia nel luglio del 1996 con le sue scarpette rosse equalche vestitino. La famiglia cegliese la fa subito avvicinare e la coinvolgenel mondo scout, e lì fa molta amicizia durante le uscite e le giornatepassate nella natura. Igor, Oleg e Svetlana, come molti altri diventanorealmente figli, partecipano alla vita attiva della famiglia cegliese ognunacon le proprie caratteristiche. Anche Svetlana non parla granché italiano,come per tutti ci sono stati problemi di conversazione e comunicazione.
IL “BOLLETTINO MISSIONARIO”
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GIOVANI DI CONFRONTARSI CON
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COPIE. LA DISTRIBUZIONE
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COVID-19, QUESTO NUMERO SARÀFRUIBILE SOLO IN FORMATO
DIGITALE.
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Solo l’ultimo giorno ha azzardato qualche parola in italiano. La sorellina sitrovava in un altro paese, e ne sentiva molto la mancanza, piangeva per
questo molto spesso. La sua storia è diversa dalle tante che
abbiamo ascoltato, proveniva da una classe sociale più agiata,
in Bielorussia aveva la possibilità di andare a scuola,
i genitori lavoravano come ingegneri.Negli anni seguenti
ha avuto la possibilità di tornare in Puglia riuscendo a congiungersi con la sorellina. Abbiamo una brevecorrispondenza epistolare (in foto le lettere originali) tenuta con la famigliacegliese più altri contatti con altri amici conosciuti proprio quell’estate. Inquesta storia c’è un elemento davvero importante da sottolineare, perché èil caso di una famiglia che impara ad essere tale mentre lo fa. La famigliaaveva una bambina di pochi mesi, si stava formando ed educando cometale, non sono certamente mancate le difficoltà di una neo-famiglia che sicuramente ha tratto da questa esperienza benefici. Un bellissimo esempio di “solidarietà”, quella parola che ci insegnano dapiccoli e che spesso da adulti dimentichiamo di mettere in atto. Unelemento accomuna tutte le famiglie, ossia il fine: servizio, prossimitàall’altro (un “altro” molto piccino in questo caso). Essere solidali con gli altri, entrare in empatia, comprenderli, comprenderecon vero senso di partecipazione, un momento che sta vivendo unapersona o un popolo e si desidera fare qualcosa, tendere una mano, dareun aiuto, mettersi in gioco, condividere con l’altro. Essere metà di qualcosae di qualcuno e sentirsi grati nel farlo. Homo sum: nihil humani a me alienum puto. Sono un uomo: nulla di ciò che riguarda gli uomini lo considero a meestra neo. Publio Terenzio
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Lawrence Ferlinghetti (1919) è unpoeta statunitense. Divenuto celebrecome appartenente al movimentobeat negli anni ’50, ha attraversato ilsecolo breve elaborando una poeticach’è a un tempo materiale e spirituale.Il lavoro qui riportato (The world is abeautiful place) risale al 2003.Rappresenta l’immagine dello spiritodell’uomo che, nella confusione enella incoerenza babelica del mondo,finisce per dare piena dignità ad ogniesperienza attraverso l’esercizioinstancabile dell’amore per la vita. SuSpotify potrete constatare la ritmicadelle sue opere.
ANGOLO DI-VERSIRubrica poetica a cura
di Gioia Gianpiero
The world is a beautiful place
Il mondo è un bel postoper esserci nati
se non v’importa che la felicitànon sia semprecosì divertente
se non v’importa un po’ d’infernouna volta tanto
proprio quando tutto va beneperché anche in paradiso
mica cantanosempre
Il mondo è un bel posto
per esserci natise non v’importa che qualcuno
muoiatutti i momenti
o magari solo di famequalche volta
e non è poi malese non siete voi
Oh il mondo è un bel posto
per esserci natise non v’importa moltoqualche cervello morto
nelle alte sfereo una bomba o due
di tanto in tantonei vostri visi alzati
o certe altre improprietàdi cui è preda
la nostra Societàcoi suoi uomini distinti
e quelli estintii suoi preti
e altri poliziotti
(continua a seguire)
Un ringraziamento speciale alle famiglie che ci hanno dato l'opportunità diraccogliere tutte le informazioni necessarie.
le sue varie segregazionile investigazioni congressuali
e altre costipazioniche la nostra carne sciocca
eredita
Sì il mondo è il migliore postoper un mucchio di cose come
far buffonatee fare all’amore
esser tristie cantare canzoni triviali e avere
ispirazionivagabondare
guardando ogni cosaodorando fiori
e dare pizzicotti alle statuee perfino pensare
e baciare la gente efar bambini e portare pantaloni
e agitare cappelli eballare
e andare a nuotare nei fiumia fare picnic
a mezza estatee insomma
godersi la vita
Giàma poi sul più bello di tutto
questoarriva sorridendo
l’imprenditore delle pompe
funebri.
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Ucraina, 2020
Cari lettori,
mi chiamo Igor e vi scrivo dall’Ucraina, qui, durante il regime
dell’URSS un grande disastro ci ha costretti a modificare totalmente
la nostra vita, soprattutto quelle di noi bambini. Avevo 8 anni quando
nel 1993 il governo mi catapultò in Italia, lontano dalla mia famiglia,
dai miei affetti…ma era per il mio bene: “dovevo respirare aria
buona, aria pulita” questo ci ripetevano e questo mi ripeteva la mia
mamma per tranquillizzarmi. Era per il mio bene.
Io e altri bambini arrivammo in aereo a Roma, ci accomunava la lingua
e il non avere nulla. In realtà qualcuno era riuscito a portare con sé
qualche macchinina, altri una maglia in più o altri le scarpette
preferite, io nulla se non quello che avevo addosso e come me molti
altri. Fummo smistati in altri luoghi, divisi in blocchi ancora più
piccoli, alcuni bambini imparentati tra loro ebbero la fortuna di
restare nello stesso blocco, io non avevo nessuno… Con dei
pullman viaggiammo per ore e fummo portati in luoghi diversi,
riducendoci sempre di più. Toccò anche il mio turno, ero troppo
stanco per cogliere i dettagli, chi mi accolse aveva una grande croce
rossa sulla maglia, qualcuno ci dava indicazioni parlando il russo,
questo mi rincuorava. Mi affidarono ad una famiglia, sarebbe stata la
“mia” famiglia per circa 2 mesi, ma ero troppo stanco. Dopo qualche
ora in macchina, arrivati: non volli mangiare nulla, dormii
profondamente. Mi aveva adottato una famiglia con tre figli, la
mamma si sforzava di parlare con me nella mia lingua, spulciava
continuamente un piccolo dizionario, così riuscivo a capire molte più
cose. I 3 figli mi aiutavano in tutto, ognuno aveva un ruolo ben
stabilito. Con qualcuno passeggiavo, con un altro giocavo e con un
altro mi lavavo. Lavarsi… già, che cosa nuova per me. Scoprii cosa
fosse una doccia, come ci si lavasse i capelli, a quanto pare non
bastava bagnarli e spesso il mio “fratello acquisito” mi ci obbligava
più e più volte finché non ne uscivo pulito. Quello era il compito che
gli era stato affidato. Avevano fatto una sorta di patto, solo dopo
anni mi raccontarono che avevano deciso insieme di adottarmi e che
fu una scelta che fece crescere tutti. Era estate, ero arrivato qui,
adottato da una famiglia per “respirare aria buona”, qui a Ceglie,
dovevo memorizzare bene questo nome, seconda casa per me e per
molti altri bambini, ci sarei tornato altre due volte. La diversità della
lingua diventava quasi un gioco, la mamma mi faceva disegnare
quando diventava difficile rispondere, disegnavo la mia casa, ben
diversa da quella che mi accolse… una sola stanzetta per tutti e
galline che scorrazzavano ovunque, ne soffrivo tanto la mancanza,
mi mancava la mia mamma, un po’ meno il mio papà che era finito
chissà dove.
Legai molto con i miei fratelli cegliesi e con loro sono ancora in
contatto. Oggi ho 35 anni, sono sposato e ho due splendidi bambini.
Con la mia famiglia cegliese appena posso condivido le gioie che
sono anche merito loro.
A Ceglie ho potuto respirare quell’aria buona che poi mi ha
accompagnato per tutta la vita.
Igor
Allegato 1
Visualizza la poesia in linguaoriginale inquadrando con lafotocamera del tuo cell il QR-Code (Allegato 2):
E se nemmeno in paradiso si puòsempre cantare ("[...]Even in heaventhey don't sing all the time") alloraperchè disperare in terra?Ferlinghetti ci regala il canto di unuomo per l'Uomo, chiudendo in uncerchio perfetto la vita e la morte etutto il mistero di ciò che puòaccadere tra l'una e l'altra.
E vicevesa dall'Albania
Mai quanto adesso è chiaro nelle nostre coscienze di quanto siaimprevedibile la vita e di come, difronte alla natura, possiamo diventaresemplici pedine che si scambiano vivacemente nel corso del tempo edelle stagioni. Oggi, ci troviamo a fronteggiare una pandemia, nessunescluso, senza alcuna distinzione. Ci sentiamo persi, vulnerabili, piccoli,come quelle famose pedine e con che fiducia avanziamo? Con lafiducia nell’altro, del prossimo. Mentre inciampiamo nello sconforto enella paura, c’è ancora qualcosa che ci può salvare ed è al di fuori dinoi e dal nostro mondo egoista. Non siamo soli. Lo scambio, lareciprocità fa sì che ci sia una comunità a cui aggrapparci, affidarci ed ècosì che andiamo avanti.“…Ma forse è perché noi non siamo ricchi e neanche privi di memoria,non possiamo permetterci di non dimostrare all’ Italia che l’Albania e glialbanesi non l’abbandonano”. E’ così che il premier Edi Rama hagiustificato il suo nobile gesto e di quello di tutta l’Albania; 30 albanesitra infermieri e medici, inviati all’indomani dell’emergenza Coronavirusin Italia. Il premier Edi Rama, parla di memoria, una memoria specificaquella del cuore, la gratitudine. Un sentimento nobile a disposizionedell’animo di ogni essere umano, che comporta affetto verso chi ci hafatto del bene e il successivo, puro e sincero desiderio di poterricambiare.In quanto socia Samaritan, porto alta la missione verso il prossimo ed èin casi come questo che mi rendo conto quanto fare del bene possagenerare solo bene. “La raccolta giocattoli per l’Albania”, donare ungiocattolo, all’indomani del terremoto in Albania, dove il dolore regnava,proprio come adesso, era solo una piccola ma grande iniziativapromossa dalla mia associazione in collaborazione con i Salesianidell’IME, ma che si rivela grande se nasconde l’essenza, il coraggio diessere umani che come il più raro e prezioso dei regali, ci tornainaspettatamente indietro.
di Lidia MarinosciPROSSIMI EVENTI:
(post covid-19)
- ALTERNA(V)I(T)E: "UN GALLO ED UNA CHITARRA -
L'UOMO, L'AMORE E DIO SECONDO
F. DE ANDRÈ E A. GALLO".
(RAPPRESENTAZIONE MUSICALE)
- TI (IN)FORMO: PRESENTAZIONE DELLA PRIMA
PUBBLICAZIONE DI SAMARITAN:
"CHE FORMA HA IL MIO DIO?", (A
CURA DI) A. SABATELLI - V.
SAPONARO.
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Nel numero precedente...
La giornalista Agata Scarafilo apre il primo numero del BollettinoMissionario ricordando quanto la vera "missione" sia esserepresenti nella Storia a partire dai propri talenti.
Vincenzo Saponaro analizza le mete turistiche scelte dai cegliesi nel2019 e la loro vicinanza a territori di conflitti o l'impattoambientale. Top 3: III. Crociere o Altro, II. Caraibi, I. Sharm el Sheikh.
Nasce Art Move. Vanessa Putignano ci parla della "resistenza" deigiovani nel nostro territorio ed il loro strabigliante impatto socialea favore delle nuove generazioni.
"Non dire: sono giovane" (Ger 1,7)
Dì: io sono una Missione!
Giovani X Giovani
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