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BENEDETTO BUONMATTEI E LA QUESTIONE DELLA LINGUA NEL PRIMO SEICENTO

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BENEDETTO BUONMATTEI E LA QUESTIONE DELLA LINGUA NEL PRIMO SEICENTO Author(s): Michele Colombo Source: Aevum, Anno 77, Fasc. 3 (Settembre-Dicembre 2003), pp. 615-634 Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Stable URL: http://www.jstor.org/stable/20861491 . Accessed: 15/06/2014 16:40 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Aevum. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.73.86 on Sun, 15 Jun 2014 16:40:39 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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BENEDETTO BUONMATTEI E LA QUESTIONE DELLA LINGUA NEL PRIMO SEICENTOAuthor(s): Michele ColomboSource: Aevum, Anno 77, Fasc. 3 (Settembre-Dicembre 2003), pp. 615-634Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/20861491 .

Accessed: 15/06/2014 16:40

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Michele Colombo

BENEDETTO BUONMATTEI E LA QUESTIONE DELLA LINGUA NEL PRIMO SEICENTO

Nella Firenze tra la fine del Cinque e l'inizio del Seicento, Giovan Battista Strozzi, Benedetto Fioretti e Benedetto Buonmattei esprimono idee linguistiche dissonanti dalle tesi di Salviati e della Accademia della Crusca. In particolare Buonmattei, nell'elaborazione della grammatica Della lingua toscana e

nel carteggio con Paganino Gaudenzi, mostra l'aspirazione a realizzare una codificazione universal mente accettata e l'apertura all'uso di dialettismi toscanizzati, prestiti e neologismi. La sua rifles sione avra un certo influsso sulla terza edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca.

Nel tracciare gli sviluppi del dibattito sulla Questione della lingua nel secondo

Cinquecento e nel primo Seicento, comunemente si percorre una linea maestra che da Benedetto Varchi giunge a Leonardo Salviati e alia Crusca. In altre parole, secondo questo panorama la libera riformulazione delle teorie di Bembo nel quadro dell'apertura all'uso di Firenze approda infine a una visione caratterizzata dal culto indiscriminato per gli scrittori fiorentini del buon secolo e dall'ostilita per le soluzioni poetiche, ma soprattutto linguistiche, di Tasso (due facce della stessa

medaglia)1. Pur essendo senza dubbio corretta, la descrizione non risulta pero esauriente,

perche, per ragioni didascaliche, tende a considerare l'ambiente fiorentino come un blocco monolitico, tutto schierato sulle medesime posizioni. In realta e facile additare numerosi protagonisti della scena culturale di Firenze che, in fatto di lingua e letteratura, avevano opinioni assai differenti da Salviati e dalla Crusca.

D'altra parte va sottolineato che questi dissensi non si espressero mai in aperti scontri, che avrebbero indebolito il prestigio della capitale del Granducato verso la

provincia e gli altri stati italiani. Ci si trova di fronte, piu che a steccati ideologici, a divergenze nel modo di interpretare un patrimonio linguistico-culturale comune.

Un primo esempio di cio che si va dicendo e dato dall'Accademia degli Alterati, fondata nel 1569 e schierata a favore di Tasso. Le riunioni dell'Accademia si tenevano a palazzo Pitti, cioe in casa di uno dei suoi membri di spicco, Giovan Battista Strozzi il Giovane2. Strozzi, di una decina d'anni piu giovane di Salviati, era, a quanto pare, un suo caro amico: ?Negli Avvertimenti, nella "lista dei padroni delle copie" di cui il Salviati si servi per la compilazione della sua opera, ricorre spesso il nome di Giovan Battista, e nel primo vol. (p. 112)3, il Salviati scrive

1 Si vedano B. Migliorini, Storia della lingua italiana, Milano 1997 (Saggi tascabili, 31), 324

27, 334, 407-14 e C. Marazzini, // secondo Cinquecento e il Seicento, Bologna 1993 (La nuova

scienza. Serie di linguistica e critica letteraria), 149-92. 2 M. Maylender, Storia delle accademie d'ltalia, I, Bologna 1926 (= Bologna s.d.), 154-60. 3 Si fa riferimento all'edizione Degli Avvertimenti della lingua sopra 7 Decamerone del cavalier

Lionardo Salviati, I, Venezia 1584.

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M. COLOMBO

"Giovambattista Strozzi, gentiluomo giovane d'anni, ma di senno maturo, e

letterato, ed ingegnoso, e discreto al par d'ogni altro delle nostre contrade. II quale essendo in rima a questi tempi gentilissimo dicitore; in quella guisa spezialmente, che madrigali si chiamano, a i nostri giorni, il primo luogo, senza contrasto, s'e

guadagnato nella nostra favella"4. [...] Interessante osservare che il Salviati

approvava lo Strozzi come amico, come poeta e come linguista?5. Si tratta di una

prima conferma del fatto che posizioni diverse in materia di lingua e letteratura

potevano convivere cordialmente nella Firenze delPepoca. Per quanto riguarda i giudizi letterari, Strozzi era in realta piu favorevole ad

Ariosto che a Tasso, discostandosi in questo dagli altri accademici6. II fatto pero doveva essere determinato piu da ragioni di gusto che da problemi di lingua, come accadeva invece per Salviati e la Crusca. Diversamente non si spiegherebbero, tra V altro, le relazioni che il letterato fiorentino intrattenne con Gabriello Chiabrera, il poeta di nascita savonese che, pur seguendo una linea di ricerca separata da cio che si defmisce comunemente "il barocco letterario", presenta ?intime consonanze? con esso7, per esempio nell'inesausto sperimentalismo che si esprime anche sul piano linguistico, con l'uso di arditi neologismi di matrice greca e latina8. In ogni caso, andra tenuto in debito conto il rapporto preferenziale che

Chiabrera strinse con Firenze e i Medici, da cui fu protetto e vezzeggiato, e per cui scrisse il poema Firenze: gli apprezzamenti sul piano letterario vanno uniti anche alia convenienza politica.

A Giovan Battista Strozzi il savonese dedico uno dei suoi Elogi d'uomini

illustri, e lo fece figurare come personaggio del Vecchietti, ovvero del verso eroico

volgare, uno dei Dialoghi delVarte poetica, rimasto inedito fino all'Ottocento9. II titolo si riferisce all'altro interlocutore del dialogo, Giovan Battista Vecchietti:

anch'egli accademico alterato, fu una pittoresca figura di viaggiatore poliglotta, uomo di vasta cultura ma parco nello scrivere, tanto che 1'amico Strozzi lascio detto di lui: ?vuol far come quel filosofo che disse omnia mea mecum porto?10.

4 Gli oltre mille madrigali di Giovan Battista Strozzi il Giovane, considerati tra i migliori del

tempo, sono in gran parte inediti. Si vedano in proposito: A.S. Barbi, Un accademico mecenate e

poeta. Giovan Battista Strozzi il giovane, Firenze 1900 (Biblioteca critica della letteratura italiana), 69-75; Letteratura italiana. Gli Autori. Dizionario bio-bibliografico e Indici, II (H-Z), Torino 1991, 1677-78 (s.v. Strozzi, Giovan Battista, il Giovane). 5

L. Salviati, Regole della toscana favella, a c. di A. Antonini Renieri, Firenze 1991

(Grammatiche e lessici pubblicati dall'Accademia della Crusca), 128 (nota 2). 6 Barbi, Un accademico mecenate e poeta, 18-21.

7 V. Coletti, Storia dell'italiano letterario, Torino 1993 (PBE, 582), 189. 8 Su Chiabrera si vedano G. Chiabrera, Canzonette, rime varie, dialoghi, a c. di L. Negri,

Torino 1952 (Classici italiani); W.T. Elwert, La poesia lirica italiana del Seicento, Firenze 1967

(Saggi di ?Lettere italiane?, 10); G. Chiabrera, Opere di G. Chiabrera e lirici del classicismo barocco, a c. di M. Turchi, Torino 19742 (Classici italiani); N. Merola, Chiabrera, Gabriello, in DBI, XXIV, Roma 1980, 465-75; Coletti, Storia dell'italiano letterario, 188-89; G. Jori, Poesia lirica ?marinista? e ?antimarinista?, tra classicismo e barocco. Gabriello Chiabrera, in Storia della letteratura italiana, diretta da E. Malato, V, Roma 1997, 653-726, con la bibliografia annessa; G. Chiabrera, Maniere, Scherzi e Canzonette morali, a c. di G. Raboni, Parma 1998 (Biblioteca di scrittori italiani, 20); G.

Getto, Gabriello Chiabrera poeta barocco, in Id., II Barocco letterario in Italia, Milano 2000

(Sintesi) [1969]. 9 Chiabrera, Opere, 523-48.

10 Citato in Barbi, Un accademico mecenate e poeta, 17, dal ms. Firenze, Bibl. Naz. Centrale,

Magi. IX, 124.

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BENEDETTO BUONMATTEI 617

In fatto di lingua, le opinioni di Strozzi furono notevolmente aperte alle novita: la sua posizione si puo desumere dalle bozze delle lezioni degli Alterati e dalle tracce rimaste nel Diario delPAccademia. Era convinto che ?se vogliamo

mantenere alle lingue vita vigorosa e farle sempre meglio corrispondere al fine

loro, le dobbiamo continuamente ampliare e arricchire, o con rimettere in uso termini e parole che gia caddero, o con foggiarne di nuove, o con toglierle dai

linguaggi forestieri o dai dialetti popolari nostri; il popolo, poi, accettandone l'uso, avrebbe loro dato l'impronta dell'italianita: lo scrittore pero dev'esser parco e

prudente in codesto ampliamento?n. Inoltre e significativo il fatto che il letterato fiorentino fu chiamato a scrivere

un breve trattato sulla lingua volgare destinato ai principi medicei, composto nel 1583 e intitolato Osservazioni intorno al parlare e scrivere toscano12. II fatto che la lingua sia chiamata ?toscana? e non ?fiorentina? non e di scarso rilievo, e affonda le sue radici in motivazioni culturali e politiche. Com'e noto, la filologia senese nel Cinquecento aveva messo in crisi l'indiscussa superiority del fioren tino sulle altre varieta toscane: lo stesso Varchi, pur ribattendo tlqWHercolano alle tesi di Tolomei, non e, come scrive Antonio- Sorella, particolarmente interes sato alia loro confutazione, ?concedendo che la lingua si possa chiamare anche

toscana, purche si ammetta il primato del fiorentino?13. D'altro canto, la formazione del Granducato di Toscana induceva a prendere in considerazione un nome che non fomentasse divisioni interne e riuscisse sul piano linguistico-culturale uno

specchio della realta politica. Nelle Osservazioni si trovano a volte, assieme ai dettami ricavati dalla lingua

delle tre corone, alcune aperture interessanti all'uso moderno, come nei seguenti passi, significativi sia per il ruolo attribuito ai modelli linguistici, sia per il fatto di trattare, soprattutto il secondo, un argomento la cui soluzione, all'epoca, non era per niente ovvia:

11 Barbi, Un accademico mecenate e poeta, 31.

12 Redazioni manoscritte mutile del trattatello sono segnalate in G. Mazzatinti, Inventari dei

manoscritti delle biblioteche d'Italia, XII, Forli 1902-1903, 116 (Firenze, Bibl. Naz. Centrale, Magi. IV, 15 e 16), 118 (Firenze, Bibl. Naz. Centrale, Magi. IV, 30), 123 (Firenze, Bibl. Naz. Centrale,

Magi. IV, 65); L. Gentile et al, I codici palatini della R. Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, II, Roma 1890 (Indici e cataloghi, 4), 267 (Firenze, Bibl. Naz. Centrale, Palatino 727). Gli ultimi due codici sono gli stessi che contengono le Regole di Leonardo Salviati: Salviati, Regole della toscana favella, 125-29. Le redazioni nei mss. Magi. IV, 30 e 16 sono autografe e firmate dallo Strozzi. La prima edizione a stampa conosciuta, dove il testo si presenta integro, e in Discorso

dell'obbligo di ben parlare la propria lingua, di C D. [Carlo Dati] Osservazioni intorno al parlare e scriver toscano, di G. S. [Giovanbattista Strozzi] Con le declinazioni de' verbi, di Benedetto Buommattei. CoU'aggiunta in questa edizione della Declinazione de' Verbi Anomali. E la costru zione irregolare di Benedetto Fiorentino. Con un discorso in fine del medesimo, Firenze 1657 (circa vent'anni dopo la morte dello Strozzi). Le Osservazioni furono poi pubblicate a parte a Firenze nel 1674. I principi medicei sono ?il principe Giovanni, nato nel 1566 da Cosimo e da Eleonora degli Strozzi? e ?Antonio principe di Capistrano, nato nel 1576 da Francesco I e da Bianca Cappello?: Barbi, Un accademico mecenate e poeta, 40.

13 B. Varchi, L'Hercolano, a c. di A. Sorella, I, Pescara 1995 (Biblioteca linguistica, 1), 81.

Per l'influsso della scuola filologica di Siena sulle dispute riguardo al nome del volgare si veda R.G.

Faithfull, Teorie filologiche nell'Italia del primo Seicento con particolare riferimento alia filologia volgare, ?Studi di filologia italiana?, 20 (1962), 147-313: 266-70.

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Con sopportazione del buon secolo, e del Bembo, che dice, che si dica sempre gliele, e non mai altrimenti, direi piu volontieri: glielo, gliela, glieli, o il nostro gnene, succeduto in luogo del gliele14.

Io amava, io vedeva, io leggeva, io sentiva dissero sempre il Petrarca, il Boccaccio, ma in parlando, e scrivendo ancora familiarmente, direi: io amavo, e cosi gli altri15.

Giovan Battista Strozzi era nato nel 1551: la generazione successiva, dei nati intorno agli anni '80, e quella di chi, nel raggiungere la piena maturita, assistette alia pubblicazione del Vocabolario degli Accademici della Crusca (Venezia 1612). Anche in questo caso, com'e naturale, le posizioni non si presentano omogenee: basti citare il caso di Benedetto Fioretti, l'autore dei Proginnasmi Poetici, cinque volumi pubblicati dal 1620 al 1639, dove si tratta delle piu disparate questioni di lingua e poesia, classica e moderna16. Fioretti si schiero risolutamente contro YAnticrusca di Beni, e scrisse una pugnace difesa del Vocabolario intitolata Frullone dellAnticrusca: la pubblicazione del libello, pero, fu impedita dagli stessi

accademici, perche esso conteneva aspre censure all'Ariosto17. Tali giudizi risultano in linea con la netta preferenza di Fioretti per Tasso, che nei Proginnasmi e defmito ?unico lume di tutte le virtu che risplendono in poesia?18.

Dissonante dalla Crusca e anche la sua disponibilita, peraltro sempre cauta, ad arricchire la lingua della tradizione con l'accoglimento di voci nuove, vagliate ?dai ceti colti fiorentini, gli unici che abbiano diritto d'ergersi a giudici indiscussi della

proprieta delle singole voci dell'uso?19: non e difficile riconoscere qui l'influsso di

Varchi, sia nell'opzione a favore dell'uso vivo sia nell'acceso fiorentinismo. Delia generazione di Fioretti fa parte anche il grammatico Benedetto

Buonmattei, nato nel 1581, forse il piu autorevole portavoce di quelle posizioni che, pur convivendo pacificamente con le idee cruscanti, le tradussero in termini

piu moderati20. Buonmattei compi gli studi di ?gramatica? e ?lettere umane? nello Studio fiorentino21. Ordinato sacerdote, nel 1611 si reed a Roma; in una data

14 Si cita dall'edizione G.B. Strozzi, Osservazioni intorno alia nostra lingua, in Buonmattei,

Delia lingua toscana [...] aggiuntevi in fine molte regole ed osservazioni d'alcuni celebri autori,

Napoli 1759, 263-68: 265. 15

Strozzi, Osservazioni intorno alia nostra lingua, 266. 16

Sul Fioretti si vedano almeno G. Formichetti, Fioretti, Benedetto, in DBI, XLVIII, Roma

1997, 171-72 e C. Scavuzzo, Sui ?Proginnasmi poetici? di Benedetto Fioretti, ?Studi linguistici italiani?, 11 (1985), 90-104, con la bibliografia annessa.

17 M. Vitale, La questione della lingua, Palermo 1978, 173.

18 [B. Fioretti], Proginnasmi poetici di Udeno Nisiely da Vernio, accademico apatista, III,

Firenze, Cecconcelli, 1627, prog. 129, citato in Scavuzzo, Sui ?Proginnasmi poetici?, 104. Udeno

Nisiely e uno pseudonimo plurilingue (greco, latino ed ebraico) adottato da Fioretti, che significa ?di nessuno se non di Dio?. La definizione "accademico apatista" e precedente la fondazione

dell'Accademia degli Apatisti, come si spieghera oltre. 19

Scavuzzo, Sui ?Proginnasmi poetici?, 95. 20 Negli autografi Buonmattei, vergando il proprio nome, utilizza la forma etimologica in <nm>;

le stampe invece riportano quella assimilata Buommattei: si veda P. Fiorelli, // ?Trattato della

pronunzia? di Benedetto Buommattei, ?Studi linguistici italiani)), s. I, 1 (1960), 109-61: 109 (nota

1), che tuttavia adotta la soluzione opposta a quella qui privilegiata. 21 Le informazioni sulla vita di Buonmattei, qualora non sia specificato diversamente, si ricavano

da Dalisto Narceate [G.B. Casotti], Vita di Benedetto Buommattei, in B. Buonmattei, Della lingua toscana, I, Milano 1807, 1-92 (pubblicato per la prima volta in apertura della quarta impressione della grammatica: Firenze 1714); I. Calabresi, Buonmattei, Benedetto, in DBI, XV, Roma 1972,

264-68; A.M. Cinquemani, Glad To Go For a Feast. Milton, Buonmattei and the Florentine

Accademici, New York 1998 (Studies in Italian Culture: Literature in History, 22).

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imprecisata, ma certo precedente l'autunno del 162022, si trasferi a Padova, dove visse a stretto contatto con la societa dotta della citta.

Al 1623 risale la pubblicazione -

per i tipi di Alessandro Polo - del primo libro della sua grammatica, intitolato Delle cagioni della lingua toscana e diviso in sette trattati che, utilizzando una terminologia moderna, toccano i campi di

fonologia, grafematica e formazione delle parole23. A quanto pare, in realta, Buonmattei aveva composto 1' opera gia dieci anni prima a Roma, e aveva poi cominciato a farla circolare manoscritta per raccogliere consigli e correzioni. NelPavvertenza dello stampatore dell'edizione, pubblicata in calce al volume, si

parla anche di un secondo libro, ?nel quale in dodici Trattati [si] ragiona di ciascuna delle parti dell'orazione?, e di un terzo dedicato alia punteggiatura e alle

particelle enclitiche, di cui l'autore aveva scelto di rimandare la pubblicazione perche non gli pareva ?d'avergli ben limati a suo modo?. Nel 1626 l'opera conobbe una seconda emissione non autorizzata, allestita da Giovanni Salis sotto il nome di Introduzione alia lingua toscana. Ai fogli tipografici gia stampati si aggiun sero due nuovi trattati, Del nome e Del segnacaso, gia nella veste in cui sarebbero

comparsi nell'edizione definitiva24. Questa avrebbe visto la luce solo nel 1643 per Zanobi Pignoni, a Firenze, con il titolo Della lingua toscana'. il secondo libro, come gia anticipava lo stampatore dell'edizione del '23, consta di dodici trattati, uno per ognuna delle parti del discorso che Buonmattei individua25. Del terzo

libro, mai pubblicato, si trovano solo abbozzi manoscritti26. Nel 1626 Buonmattei torao a Roma per un breve periodo, per poi stabilirsi

a Firenze, salutato gia allora come grammatico di fama: accolto in seno a numerose

accademie, fu nominato lettore di lingua toscana nello Studio pisano nel 1632, e tenne la stessa cattedra in quello fiorentino dal 1637, svolgendo anche un corso

pubblico di lezioni sopra la Commedia. Mori il 1? gennaio del 1648. All'interno dei due libri Della lingua toscana non e frequente la menzione

di personality dell'epoca. In ogni caso, la lunga circolazione manoscritta dell'o

pera, a cui lo stesso autore fa riferimento in piu punti27, induce a ritenere che, specialmente negli anni precedenti la prima edizione, Buonmattei abbia maturato le proprie idee in fatto di lingua grazie anche alia consultazione di molti autore voli consiglieri. Meno chiaro e invece il peso dei venti anni trascorsi dalla prima stampa a quella definitiva: alcune prove fanno pensare che, per quanto attiene al secondo libro, almeno i contenuti fondamentali fossero elaborati gia nel 1623, e che a un certo punto Buonmattei, pur ritardandone la pubblicazione, lo conside rasse completo. A supporto di questa tesi concorrono sia la gia ricordata avvertenza

22 II terminus ante quern si ricava da alcune lettere di Buonmattei pubblicate in D. Landolfi,

Don Giovanni de'Medici ?principe intendentissimo in varie scienze?, ?Studi secenteschi?, 29 (1988), 125-62: 151-52.

23 B. Buonmattei, Delle cagioni della lingua toscana, Venezia 1623.

24 B. Buonmattei, Introduzione alia lingua toscana, Venezia 1626. Per la complessa storia

editoriale della grammatica si rimanda a M. Colombo, Per Vedizione dei libri Della lingua toscana di Benedetto Buonmattei, in ?Parlar I 'idioma soave?. Studi di filologia, letteratura e storia della

lingua offerti a Gianni A. Papini, a c. di M.M. Pedroni, Novara 2003 (Studi, 37), pp. 219-29. 25

B. Buonmattei, Della lingua toscana, Firenze 1643. 26

Firenze, Bibl. Naz. Centrale, Magi. IV, 61, ff. lr-30r; 33r-67r. In proposito, si vedano

Mazzatinti, Inventari, XII, 121; Fiorelli, // ?Trattato della pronunzia?. 27 Buonmattei, Della lingua toscana, 138 (trattato VIII, capitolo 18: De' nomi indeclinabili),

338 (XVI, 2: Che differenza sia da avverbio a proposizione).

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dello stampatore della prima edizione sia il fatto che nella prima lezione

sull'Inferno di Dante, tenuta all'Accademia Fiorentina il 17 febbraio 1632, Buonmattei rinviasse i propri ascoltatori a consultare, in merito a un problema interpretativo, il proprio trattato DelVArticolo, che sarebbe comparso a stampa solo nel 1643 e che evidentemente, a quella data, circolava manoscritto in una versione ritenuta gia accettabile, se non definitiva28.

E dunque di un certo interesse, prima di esaminare le posizioni di Buonmattei sulle problematiche che si e soliti riassumere con l'espressione ?Questione della

lingua?, indagare quali furono i personaggi con cui entro in rapporto. Per quanto riguarda Firenze, numerosi indizi fanno supporre che abbia conosciuto Giovan Battista Strozzi. Entrambi furono membri dell'Accademia Fiorentina, e nel 1605

(anno dell'ammissione di Buonmattei), Strozzi era gia ritornato da Roma a Firenze. Inoltre Buonmattei fu in relazione con alcuni appartenenti all'Accademia degli

Alterati: innanzitutto Marcello Adriani il Giovane, suo maestro allo Studio fioren

tino, e famoso traduttore di Aristotele29. In secondo luogo Giovan Battista

Vecchietti30, nominato con riverenza nel primo libro Della lingua toscana a

proposito di un suo racconto volto a dimostrare la corrispondenza perfetta tra

grafemi e fonemi nel persiano:

... ho sentito alcuna volta dire a Giovambatista Vecchietti, gentiluomo di profonda dottrina e di perfettissima cognizion di lingue, che un gran litterato di Persia si messe a

imparar con grande ardor questa lingua, ma quando arrivo a sentir che il C sonava ora muto come ca e ora chiaro come ce, stimandola troppo faticosa impresa si ritiro piu che di fretta, come quel satiro che si fiiggi dall'uomo perche scaldava e freddava le cose col fiato. E in vero questo gli poteva parer cosa molto nuova, perche i Persiani, come afferma lo stesso Vecchietti, hanno trentadue elementi e trentadue caratteri da accennargli; e cosi la lor lingua viene ad esser piu pura, piu certa e piu brieve che non e la nostra o alcun'altra

d'Europa31.

Negli anni trascorsi in Veneto, Buonmattei conobbe inoltre don Giovanni de'

Medici, che nel 1587 era stato introdotto dallo stesso Giovan Battista Strozzi tra

gli Alterati ed era rimasto in rapporto epistolare con lui anche dopo la partenza da Firenze32. Pud essere interessante rammentare che don Giovanni aveva composto gli intermezzi per il Rapimento di Cefalo di Chiabrera, ?lo spettacolo clou dell'in tero ciclo di festeggiamenti organizzati nel 1600 a Firenze per le nozze di Maria

28 B. Buonmattei, [Quattro lezioni dette nell 'Accademia Fiorentina il 17 e il 24 febbraio, il 3

e il 10 marzo 1632 sopra il canto primo ^//'Inferno di Dante], in [C. Dati], Raccolta di prose

fiorentine, IV, Venezia 1734, 109-30: 113. 29

Sull'Adriani si veda G. Miccoli, Adriani, Marcello, il Giovane, in DBI, I, Roma 1960, 310. 30

Sul personaggio si vedano almeno G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, IV, Milano

1833, 407-08 e R Amat di S. Filippo, Biografla dei viaggiatori italiani col la bibliografia delle low

opere, Roma 1882 (Studi biografici e bibliografici sulla storia della geografia in Italia, I), 355-59. 31

Buonmattei, Delia lingua toscana, 24 (III, 3: Qual sia la materia degli elementi e quali i

caratteri che gli accennano). Nel trascrivere i passi della grammatica, si sciolgono le abbreviazioni, si distinguono <u> e <v> e si adattano all'uso moderno l'impiego di <h>, le maiuscole, gli accenti,

l'apostrofo e la punteggiatura. Qualora non siano evidenziate nell'originate, si riportano in corsivo le parole o lettere che compaiono in funzione citazionale, cioe che costituiscono oggetto della discus

sione. Si noti che il Vecchietti e uno dei pochi contemporanei citati nell'opera. 32 Landolfi, Don Giovanni de' Medici, 125-62: 125-26.

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BENEDETTO BUONMATTEI 621

de' Medici con Enrico IV?33. Ai dati documentari si aggiunge infine il fatto che alcune delle opinioni di apertura all'uso moderno sostenute nei trattati Delia lingua toscana ricordino le idee di Strozzi, a partire, naturalmente, dal nome dato al

volgare. Come per Giovan Battista Strozzi, e solo ipotizzabile che il grammatico fioren

tino abbia conosciuto Benedetto Fioretti negli anni della giovinezza: di certo i due si incontrarono dopo il suo ritorno in patria, partecipando entrambi alle sedute deH'Accademia degli Apatisti, fondata da Agostino Coltellini. II consesso prese il nome proprio dalPuso del Fioretti di firmarsi, prima ancora che Paccademia

esistesse, ?accademico apatista?, cioe, ?spassionato?. E forse di qualche momento ricordare anche che Coltellini aveva eletto come suoi maestri negli studi letterari

proprio Giovan Battista Strozzi e Benedetto Buonmattei, e che gli Apatisti nacquero prendendo a modello l'Accademia degli Alterati34.

Per quanto riguarda le conoscenze fuori dall'ambiente fiorentino, la persona lity su cui e pervenuta la documentazione piu cospicua e il canonico Albertino

Barisoni, che Buonmattei conobbe a Padova e al quale fu molto legato35. Barisoni e citato in un passo della grammatica, dove si riporta una sua opinione a proposito del plurale dei femminili in -ie (come superficie o requie):

Ma benche il singolare [delle forme spezia, superficia, requia] si mutasse e si facesse di spezia spezie, come di superficia e requia si dovette far superficie e requie, non si muto

gia il lor plurale, ma sempre s'e conservata la medesima terminazion nel maggior numero, dicendosi come prima le spezie, le superficie e le requie. II che non e stato anche senza misterio, come ingegnosissimamente discorre il dottissimo Albertino Barisoni, col quale ho conferito piu volte queste mie fatiche e sottopostole alia sua prudente censura. Di che io sommamente mi pregio, conoscendolo per uno de' piu fioriti ingegni d'ltalia. Dice egli che cid sia seguito perche la nostra lingua abbia voluto fuggire in terminazion femminile que' due ij, cosa non solo insolita nel genere femminile, ma poco grata anche nel maschile; poi che tutti i nomi riducon volentieri i due ij in un solo j lungo, e in luogo di sacrificij, uficij, palij, studij, occhij e principij si scrive piu frequentemente da' buon modemi sacrificj, uficj, palj, studj, occhj, principj e c. Ond'e' non si poteva con modo si stravagante e insolito, particolarmente della terminazion femminile, dire spezij, superficij e requij, e tantomeno spezj, superficj e requj che si sarebbon troppo dilungati dalla lor voce singulare, con pericolo che molti non li avesser potuti poi riconoscere. E questo sia detto per soddisfa zion degP ingegni curiosi36.

33 Landolfi, Don Giovanni de' Medici, 134-35.

34 E. Benvenuti, Agostino Coltellini e VAccademia degli Apatisti a Firenze nel secolo XVII,

Pistoia 1910, 17-23, 240, 250-51. Si veda anche A. Lazzeri, Intellettuali e consenso nella Toscana del Seicento. LAccademia degli Apatisti, Milano 1983 (Strumenti e ipotesi, 9), 1-30.

35 Sul Barisoni si vedano: G.E. Ferrari, Barisoni, Albertino, in DBI, VI, Roma 1964, 391-92;

per i suoi rapporti con Tassoni: A. Tassoni, Lettere, a c. di P. Puliatti, 2 voll., Roma-Bari 1978

(Scrittori d'ltalia, 262-63) e le Introduzioni di O. Besomi ai volumi da lui curati A. Tassoni, La secchia rapita, I (Prima redazione), Padova 1987 (Medioevo e Umanesimo, 68), XI-XLV e A.

Tassoni, La secchia rapita, II (Redazione definitiva), Padova 1990 (Medioevo e Umanesimo, 76), XI-XXVII; Barisoni conobbe anche Galileo Galilei durante il suo soggiorno a Padova: A. Favaro, Galileo Galilei e lo Studio di Padova, 2 voll., Padova 1966 (Contributi alia storia dell'Universita di

Padova, 3-4), I: 108 e II: 56, 63-64, 178. 36

Buonmattei, Della lingua toscana, 138-39 (VIII, 18: De' nomi indeclinabili). Si corregge ?Principi? in ?principj?.

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622 M. COLOMBO

Le osservazioni qui attribuite a Barisoni, come ha fatto notare Piero Fiorelli37, coincidono con quelle di una ?serie di appunti grammaticali? contenuti in un codice a Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale38. Si tratta dunque delle annota zioni che l'erudito padovano vergo nel leggere una redazione dell'opera di Buonmattei precedente quella a stampa. Nel codice l'autografo di Barisoni e conservato insieme alle carte del grammatico fiorentino, abbozzi del terzo libro

Delia lingua toscana mai pubblicato. Gli appunti grammaticali, che facevano forse

parte di un insieme piu ampio, si riferiscono tutti al trattato ottavo, riguardante il nome: alia citazione di un passo (preceduta dall'indicazione del capitolo corrispondente) seguono, separate da una sbarretta trasversale, le correzioni e la loro argomentazione. Vi si ritrovano molti altri consigli, oltre a quello sui plurali in -ze, che si possono constatare accolti nell'edizione del 1626. Si veda per esempio una nota fatta da Barisoni a un passo del primo capitolo:

?Nome par che uenga da nozione, o da notizia?./ questa etimologia portata cosi par tirata troppo. Direi dunque piu tosto ch'i latini, e citerei anche Festo che '1 disse, stimarono, e con ragione, che nomen si dicesse quasi nouimen, cioe notizia, o nozione, da' quali non e dubbio che questo uocabolo non sia passato alia sua lingua39

comparata con la stesura della stampa:

Quanto all'etimologia del vocabolo, i Latini (come afferma Festo) dissero NOMEN

quasi NOVIMEN, cioe nozione o notizia, perche le cose non conosciute da noi ci si fanno

per lo nome palesi, come sarebbe se dicessimo: Cento novelle in dieci di dette da sette donne e da tre giovani uomini40.

Gli appunti manoscritti non contengono soltanto puntualizzazioni: arrivano a toccare i nodi della riflessione linguistica, come risalta in un passo in cui si riformula il modo di intendere uno degli accidenti del nome e, amichevolmente, si critica la

troppo stretta aderenza di Buonmattei al De causis linguae latinae di Giulio Cesare

Scaligero41,1'opera che costituisce il modello principale per le argomentazioni teoriche dei libri Della lingua toscana42. Commentando un passo della grammatica che

spiegava i casi del nome volgare tramite un esempio, Barisoni scrive:

Pensiamola ad un'altro modo. Lo scultor / di statue / a chi lo paga / caua l'imma

gine effigie I dalla pietra. E diciamo a questo modo. II primo caso si da all'efficiente; il

37 Fiorelli, // ?Trattato della pronunzia?, 111-12.

38 Magi. IV, 61. Gli appunti si trovano ai ff. 68r-73v; Tordine e turbato da un errore di legatura,

la successione corretta sarebbe: ff. 71, 72, 68, 73, 69. 39 Magi. IV, 61, f. 71r. Nella trascrizione del codice, si sciolgono le abbreviazioni e si riportano

in corsivo le parole aggiunte in interlinea in un secondo momento; le sbarrette oblique di separa zione, qui e nel passo successivamente citato, sono nell'originate. 40

Buonmattei, Della lingua toscana, 120 (VIII, 1: Nome che sia e onde detto). 41 I.C. Scaligeri De causis linguae latinae lihri tredecim, Lugduni 1540. 42 G.A. Padley, Grammatical Theory in Western Europe 1500-1700. Trends in Vernacular

Grammar I, Cambridge 1976, 254-68: 257 ?Buonmattei's Della Lingua [is] the first major vernacular

work in the Scaligeran tradition?. Dissente da Padley K. Jensen, Rhetorical Philosophy and

Philosophical Grammar. Julius Caesar Scaliger's Theory of Language, Munich 1990 (Humanistische

Bibliothek, Reihe I - Abh., 46), 185, secondo cui dipendenza di Buonmattei da Scaligero ?goes no

deeper than the mere adoption of his definitions)).

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BENEDETTO BUONMATTEI 623

2? al composito che ueramente e il generato; il 3? al fine, il quarto alia forma, il quinto alia materia, che non e mai scompagnata dalla priuazione fm che non e fatto il composito. Pensi Vostra Signoria a questi embrioni, e segua piu tosto il suo discorso ben pesato che Pautorita dello Scaligero, che se ben fu ingegno diuino, hebbe pero opinione che non

potesse mai uenirli alcun pensiero che non fosse infallibile, e per questo scrisse assai, e rumino poco43.

La versione a stampa accoglie il suggerimento:

II nome nel suo primo e semplice significato non fa altro che accennar la cosa che opera, cioe refficiente. Alcuna volta segna il composto, cioe quel che dalPefficiente si genera. Altra volta significa il fine, cioe in grazia di chi o per chi Pefficiente opero. Un'altra fiata accenna la forma, cioe l'effigie di quella cosa che refficiente genero o

compose. Ed altra dimostra la materia che non e mai scompagnata dalla privazione sin che non e fatto il composto. Potrem dire in poche parole "Lo scultore di statue a chi lo paga cava l'effigie dalla pietra". Dove SCULTORE sta per efficiente; DI STATUE: ecco '1 composto; A CHI LO PAGA: ecco '1 fine; CAVA L'EFFIGIE: ecco la forma; DALLA PIETRA: ecco la materia44.

In definitiva, gli appunti costituiscono una testimonianza documentaria del fatto che Buonmattei, nel comporre i suoi trattati grammaticali, si avvalse dei

consigli ?de' primi letterati e de' piu accurati censori dTtalia?45. II fatto poi che tali suggerimenti non solo furono richiesti, ma abbiano modificato anche in modo non trascurabile la stesura della grammatica, mostra a quale livello si gioco la

partita di mediazione tesa a realizzare una codificazione universalmente accettata. Durante il soggiorno in Veneto, e possibile che Buonmattei abbia avuto

occasione di incontrare Paolo Beni, il famoso autore delVAnticrusca46. Pur non esistendo alcuna certezza documentaria in tal senso, un manoscritto di Beni, che costituisce una sorta di inventario ragionato della sua biblioteca47, elenca tra i libri di argomento linguistico Pedizione del 1623 della grammatica del fiorentino, di cui si trova scritto:

Questo libretto abbraccia quelle minuzie le quali son fondamento del parlare, trattando delle lettere, delle sillabe, e delle parole, e dell'orazione. Ma non e necessario questo trattato: anzi reca superflua fatica e speculazione. Perche siccome ottimamente caminiamo e guardiamo, senza che speculiamo prima l'artificio della Natura in formar gl'instrumenti del caminare, contentandoci che l'istessa Madre Natura c'indirizzi nel caminare e nel vedere, si che naturalmente e senza tante speculazioni di Natura, camminiamo e vediamo; cosi senza tanto specular come si formi questa o quella lettera in bocca, o questa sillaba, parliamo. [...] Tuttavia ai curiosi puo servir questo trattato ancora, sebben il secondo e terzo libro promesso da questo autore, ma non ancora dato in luce puo riuscir men ozioso

43 Magi. IV, 61, f. 69r.

44 Buonmattei, Delia lingua toscana, 151 (VIII, 29: Del case). 45 [Casotti], Vita, 18.

46 Su Beni si vedano P.B. Diffley, Paolo Beni. A Biographical and Critical Study, Oxford 1988

(Oxford Modern Languages and Literature Monographs) e P. Beni, // Cavalcanti, a c. di G.

Dell'Aquila, Bari 2000, con la bibliografia annessa. 47

Diffley, Paolo Beni, 110.

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624 M. COLOMBO

a chi si diletta di specular queste minuzie. Oltra che sono comuni a tutte le lingue, e non

proprie dell'italiana o toscana se non forse in qualche cosetta48.

Date le divergenze teoriche tra Buonmattei e il professore dello Studio padovano, non stupisce che quest'ultimo minimizzi l'importanza dell'opera; tali dissensi trovano conferma d'altronde negli abbozzi manoscritti di una risposta polemica al Cavalcanti di Beni, conservati tra le carte del grammatico fiorentino49.

Nell'esplorare i rapporti che Buonmattei strinse con personality di spicco della sua epoca, un filo rosso lega Padova a Roma: fu infatti Albertino Barisoni a permettere l'incontro tra il grammatico fiorentino e Alessandro Tassoni, che in una lettera del febbraio 1626 al canonico padovano scrive: ?... Ho ricevuta dal

signor Buonmattei la lettera che V.S. mi scrive in materia della persona sua. Onde non ho lasciato di esibirmegli, come richiedevan gli oblighi ch'io devo a V.S. e i meriti del gentiluomo, e credo ch'egli avra conosciuto l'affetto deH'animo mio, pronto a servirlo in tutte Poccasioni che si presenteranno?50. Nel marzo dello stesso anno l'autore della Secchia rapita, scrivendo sempre a Barisoni, nomina di nuovo il ?signor Buonmattei?, senza pero lasciar intendere se quest'ultimo si trovi ancora a Roma e se al primo incontro ne siano seguiti altri51. Purtroppo, allo stato attuale delle ricerche, non molto si aggiunge a queste testimonianze. Va

segnalata l'osservazione di Pietro Puliatti, secondo cui ?Tassoni non manca di rifarsi in materia di ortografia? alle teorie di Buonmattei, ?ma non esita a opporsi? al grammatico per quanto riguarda ?la profilazione storica dell'eccellenza della

lingua del Trecento?. D'altra parte non e ben chiaro a quali tratti delPortografia tassoniana ci si riferisca: se si considerano le caratteristiche della scrittura del

modenese descritte dallo stesso Puliatti, sembra che le uniche consonanze certe con le prescrizioni di Buonmattei siano la scrizione del plurale dei nomi in -io con -j e l'uso della forma plurale superficie52. Si e visto pero che proprio tali indicazioni furono oggetto dei consigli di Albertino Barisoni: sembra dunque piu economico ritenere che la fonte di Tassoni sia stata il sodale padovano, sempre ammesso che, naturalmente, lo scambio di opinioni non si sia verificato nel senso inverso.

48 Faithfull, Teorie filologiche nelVItalia del primo Seicento, 304-08: ?Estratto della Bibliotheca

a se instructa o Beniana Bibliotheca di Paolo Beni (Bibl. Naz. Marciana - Cod. Lat. Cl. XIII, lxxxvii

3998, 247-53)?; si vedano anche le pagine 184-86, 202-03 (a pagina 203 i passi che qui si riportano sono trascritti da Faithfull con un criterio diverso da quello usato in Appendice, e, per alcuni partico lari, in una lezione differente). Un'altra trascrizione parziale della Beniana Bibliotheca si trova in F.

Foffano, // catalogo della biblioteca di Paolo Beni, ?Giornale storico e letterario della Liguria?, II,

1901, 327-36. 49 B. Allocati, Vita e opere di Benedetto Buommattei, tesi di laurea della Regia Universita

degli Studi di Firenze, Facolta di Lettere, a.a. 1929-30, 27-29 (Firenze, Accademia della Crusca, segn.

Tesi.365) ne segnalo la presenza nei codici a Firenze, Bibl. Naz. Centrale, II VIII 20 e Magi. IX 122. 50

Tassoni, Lettere, II, n? 734 (?Di Roma li 7 di Febbraio 1626?). 51

Tassoni, Lettere, n? 739 (?Di Roma li 14 di Marzo 1626. [poscritto] II Brogiotti e il libraro

dal sole conosciuto dal signor Buonmattei?). 52 A. Tassoni, Scritti inediti, a c. di P. Puliatti, Modena 1975 (Biblioteca. Nuova Serie, 31),

218-34: 225, 232.

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BENEDETTO BUONMATTEI 625

La grammatica di Buonmattei si presenta, a prima vista, ossequiente alia linea tracciata da chi, nel corso del Cinquecento, aveva additato, con accenti anche notevol

mente divergenti, il fiorentino del Trecento come modello di lingua. Tale confor

mismo e evidente innanzitutto negli esempi addotti per giustificare la precettistica grammaticale, in larga maggioranza attinti dal Decamerone. In piu punti del testo,

inoltre, Pautore afferma a chiare lettere Pintenzione di rifarsi in via privilegiata al

capolavoro di Boccaccio: ?Decameron [...] e quella fmissim'opera della quale ci

siam serviti per regolo sicurissimo, per base e per fondamento saldissimo di tutta

la presente nostra opera?53; ?La finissim'opera del Decameron che ci ha sin'ora

somministrati esempi in grand'abbondanza per chiara prova del nostro dire?54, ecc.

L'omaggio alle auctoritates nel campo della riflessione linguistica e esplici tamente espresso sul principio dell'opera: nella dedicatoria a Ferdinando II si

nominano come principali punti di riferimento Bembo, Castelvetro (sempre indicato con la perifrasi "Pautor della Giunta") e Salviati55, e nel primo trattato

(cap. 2) Buonmattei afferma di voler parlare

di quella lingua toscana che si parla ne' miglior paesi della provincia, di quella nella

quale hanno scritto Dante, il Petrarca, il Boccaccio, con quegli altri valentuomini del

miglior secolo, di quella della quale il Bembo, Pautor della Giunta, il Salviati, il Varchi e tant'altri nobili autori hanno dottamente trattato. Dalle venerande vestigie de' quali non intendo partirmi giammai, se non quanto ci potessimo abbattere in alcuna di quelle cose che dall'uso moderno fossero state scacciate: che in tal caso, Pantica regola posta, soggiu gneremo poi per modo di eccezione quel che sia mutato in essa dall'uso di que' paesi che in materia di lingua son dalPuniversal consenso de gli uomini tenuti i migliori56.

Come si vede, in questa dichiarazione di intenti, si affiancano alia fedelta alia tradizione due elementi "eterodossi": la specificazione che la lingua di cui si tratta e ?toscana? (non strettamente fiorentina, dunque) e la funzione attribuita all'uso vivo.

Proprio il medesimo primo trattato contiene una discussione sul ruolo delPuso, nell'ambito della problematica, di stretta ascendenza varchiana, ?se le lingue si debban apprendere da gli scrittori o dal popolo?51. La conclusione e che, se gli scrittori sono essenziali per la loro funzione normativa, il popolo costituisce il riferimento inevitabile per le regole che i primi non hanno discusso e per la

pronunzia, inattingibile dagli scritti. Scrittori e popolo, inoltre, contribuiscono alia ricchezza del lessico attraverso Puso o la coniazione dei vocaboli ?naturali? (cioe ?originarij di quella lingua dov'e' si parlano?, siano arcaismi o neologismi), ?traslati? (termini usati in accezione metaforica), ?forestieri? (prestiti) o

?composti?. Le due categorie di attori che compaiono sul proscenio delPuso linguistico

53 Buonmattei, Delia lingua toscana, 121 (VIII, 1).

54 Buonmattei, Della lingua toscana, 352 (XVII, 3: Se la congiunzione abbia sempre uflcio di

unire). 55 Buonmattei, Della lingua toscana, cc. |3r-t4v. 56 Buonmattei, Della lingua toscana, 4 (I, 2: In quanti modi si possa dinominare una lingua

e perche la nostra si dica da noi toscana). 57 Buonmattei, Della lingua toscana, 9-11 (I, 5: Se le lingue si debban apprender da gli scrittori

o dal popolo).

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626 M. COLOMBO

vanno pero chiarite: ?si come io piglio per popolo non la sola feccia della plebe, ma il corpo tutto della cittadinanza unita insieme, cosi per iscrittori intendo non

ogni vano compositor di leggende, ma quelli che scrivon regolatamente e intendon la proprieta della lingua?58. Questa definizione e interessante su entrambi i suoi versanti. Su quello del popolo, perche e alia base della riprensione mossa in piu luoghi della grammatica verso gli idiotismi tosco-fiorentini59. Su quello degli scrittori, perche nel settimo trattato sono nominati con lode due poeti contempo ranei (o quasi), Chiabrera e Rinuccini60, proprio riguardo a un'innovazione poetica:

L'ultime de' periodi, de' versi e delle sentenze non si troncan mai, come dicemmo nell'altro capitolo, perche l'orazione resterebbe troppo appiccata e riuscirebbe troppo rotonda. Bisogna adunque posare alcuna volta la voce e ripigliare il fiato, il che non si

pud far su la parola tronca. S'eccettuan da questa regola alcuni versi introdotti con molta

vaghezza da' nostri moderni poeti nella nostra lingua, come:

Non sa che sia dolor chi non ha 7 mai d'amor61

e altre simili, delle quali il gentilissimo Ottavio Rinuccini e '1 dottissimo Gabbriel Chiabrera ne hanno, oltre a molt'altri, in abbondanza arricchiti62.

In effetti, i troncamenti in fine di verso furono introdotti nella poesia italiana

proprio da Chiabrera, salvo qualche sporadico precedente. II poeta difese l'inno vazione nel secondo dei Dialoghi delVartepoetica, L'Orzalesi, cercando di ricolle

gare le proprie scelte alia tradizione e in particolare agli endecasillabi tronchi della Commedia dantesca63.

Sempre riguardo agli scrittori, e interessante notare che, nella messe di esempi dalle tre corone, il capitolo 26 del trattato VIII riserva una sorpresa, cioe una citazione dalla Gerusalemme liberata di quel Tasso contro cui Salviati e la Crusca si erano scagliati64.

58 Buonmattei, Delia lingua toscana, 9-10.

59 Per esempio: ?... si dice sapro, saprai e c, saprei, sapresti e cosi gli altri. Non saperd, saperai, saperei e c, che si lascian a' contadini?: Buonmattei, Della lingua toscana, 287 (XII, 39:

Declinazion de gli anomali della seconda). 60 Ottavio Rinuccini (Firenze, 1560-1621) e concordemente considerato l'inventore del genere

melodrammatico. La favola per musica Euridice, il suo capolavoro, fu rappresentata nel 1600 in

occasione delle nozze tra Maria de' Medici e Enrico IV di Francia (con musiche di Iacopo Peri e

Giulio Caccini), conseguendo un grande successo. II ruolo di caposcuola del Rinuccini fu immedia tamente riconosciuto dai contemporanei e alcune delle sue composizioni (come il lamento Lasciatemi

morire deWArianna a Nasso, musicata da Claudio Monteverdi) rimasero popolarissime per tutto il

Seicento. Si veda Teatro del Seicento, a c. di L. Fasso, Milano-Napoli 1956 (La letteratura italiana. Storia e testi, 39), VII-X, 3-5, con l'annessa bibliografia. 61

In Buonmattei, Della lingua toscana, I, 1807, 302 e segnalato che i versi citati sono di

Rinuccini: non figurano pero ne in O. Rinuccini, Poesie, Firenze 1622, ne in Id., Dafne, Euridice e Arianna, in Teatro del Seicento, 7-87.

62 Buonmattei, Della lingua toscana, 99 (VII, 15: Quai parole possan troncarsi avanti a

consonante). 63 In proposito si vedano A. Menichetti, Metrica italiana, Padova 1993 (Medioevo e

Umanesimo, 83), 102 e Chiabrera, Opere, 548-70, dove e pubblicato L'Orzalesi, anch'esso, come

// Vecchietti, inedito nel Seicento. 64 I versi citati sono: ?Clorinda fui: ne sol qui spirto umano / albergo in questa pianta?

(Gerusalemme liberata, XIII, 43).

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BENEDETTO BUONMATTEI 627

Da questa breve panoramica risulta chiara 1'influenza delle tesi di Benedetto Varchi suirimportanza dell'uso vivo della lingua, riproposte nel primo Seicento - come si e ricordato - da un quasi coetaneo di Buonmattei, Benedetto Fioretti, nei suoi Proginnasmi poetici. L'accento con cui queste posizioni vengono riprese e pero inconfondibilmente diverso dal fiorentinismo di Varchi e Fioretti, e testimonia un'apertura, seppur parziale, alia maggior liberta linguistica rivendi cata dalla societa letteraria e erudita secentesca.

Tale atteggiamento di mediazione si ritrova anche nella scelta dell'aggettivo ?toscana? per definire la lingua, un'opzione che rammenta le Osservazioni intorno al parlare e scrivere toscano di Giovan Battista Strozzi e che certo fu motivata dalle stesse ragioni che mossero quest'ultimo, con l'aggiunta del fatto che, nel

primo Seicento, il fiorentino stava perdendo nell'opinione dei dotti italiani la nomea di lingua dalla pronuncia piu ?dolce?, incalzato dal senese. Si noti pero che la condiscendenza sull'aggettivo ?toscana? da parte di Buonmattei non esclude una certa prudenza nelPammettere certe forme:

AMERO, AMEREI con tutte l'altre voci di questi tempi, abbiam detto, non AMARO, AMAREI e c, perche cosi si dice nella nostra lingua. Ben sappiamo che popoli nobilis simi e principali della Toscana dicono amard, amarei e c, ma noi ci ricordiamo quel che dicemmo nel 2? capitolo del 1? trattato, al quale ci rimettiamo. Non si dice che amard non sia voce toscana, giacch'ella si usa da persone erudite e da popoli numerosi della Toscana, ma ch'ella non e di quella lingua della quale qui si ragiona65.

Segue la citazione delle prescrizioni in materia nelle opere di Pietro Bembo, di Alberto Acarisio e di Jacopo Gabriele, e alia fine Buonmattei specifica: ?Non adduco i nostrali, perche non mi sien giurati a sospetto. Ne registro gli autori, che tutti dicono nella stessa maniera. Senza riprendere adunque o biasimare gli altri, che non si dee, dico che amero, non amard, e della nostra lingua?66. L'argomentazione e tutta impostata sulla differenza tra il fiorentino e le altre varieta toscane. La forma in -ar- del futuro, pero, si era diffusa anche a Firenze dal Quattrocento in poi, ed era stata adottata tra gli altri da Varchi67. E dunque lecito vedere nella prescrizione di Buonmattei, non a caso suffragata da Bembo, anche una scelta orientata a favore della tradizione trecentesca fiorentina.

Cio nonostante le opinioni espresse nei libri Della lingua toscana cercano, come ben ha notato Giuseppe Patota, un ?equilibrio tra autorita ed uso moderno?, senza allinearsi con il rigorismo arcaizzante della Crusca68: Buonmattei infatti tende a preferire Puso contemporaneo in alcuni casi in cui ha soppiantato defini tivamente quello trecentesco. Per esempio, per quanto riguarda Pimpiego al plurale degli aggettivi indefiniti, scrive: ?So che noi abbiamo in diverse scritture (come raccolse il Salviati) [...] come desinato ogni huomo ebbero e [...] in qualche etade in qualche strani liti, ma dicasi che questi sono modi di parlari antichi e oggi non credo che fosse lodato chi gli frequentasse?69. Altrove, dopo aver spiegato

65 Buonmattei, Delia lingua toscana, 283 (XII, 37: Osservazioni di tutte le predette coniugazioni). 66 Ibidem.

67 P. Manni, Ricerche sui tratti fonetici e morfologici del fiorentino quattrocentesco, ?Studi di

grammatica italiana?, 8 (1979), 115-71: 154; Varchi, L'Hercolano, I, 123-24, 265. 68

G. Patota, I percorsi grammaticali, in Storia della lingua italiana, a c. di L. Serianni - P.

Trifone, I, Torino 1993, 93-137: 115. 69

Buonmattei, Della lingua toscana, 141 (VIII, 22: De' nomi che non hanno plurale): gli

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628 M. COLOMBO

che nei trecentisti la prima persona dell'imperfetto indicativo terminava ?sempre e in tutte le coniugazioni in A: io era, io amava, temeva, sentiva, pensava, e c.?, Buonmattei si preoccupa di aggiungere che

e stato introdotto da alcun tempo in qua di terminarla in O e dire io ero, amavo, temevo, sentivo, pensavo. II che essendo senz'alcun danno, anzi con qualche guadagno della favella, e stat'abbracciato da molti, almeno nella viva voce, e nelle scritture non cosi

gravi; e s'io non mi inganno, potrebbe introdursi in breve comunemente, perche divero in questa maniera tutte le persone in quel numero son distinte: io ero, tu eri, colui era, dove, seguitando lo stile antico, la prima dalla terza non si distingue. Ma noi per non introdurre novita di nostro capriccio, non ci essendo ancora autori di momento sopra' quali possiam fondarci, porremo l'antica voce colla terminazione usata; senza dannare o in alcun modo

riprendere chi la nuova usasse70.

La grammatica contiene numerosi altri passi di questo tenore71, tra cui bastera

scegliere un'ultima illustrazione, particolarmente significativa: il capitolo intito lato ?DeWalterazion naturale delle parole? spicca infatti per la sua esplicitezza e novita. Le parole ?alterate naturalmente? per Buonmattei sono tutte quelle che, per le piu diverse ragioni (troncamento, come pie da piede; alterazione, come

piazzetta da piazza', sincope, come torre da togliere; ecc), presentano due o piu forme comunemente attestate nell'uso (per lo meno scritto). Una sottoclasse dei termini alterati sono quelli mutati, cioe i vocaboli che hanno subito dal Trecento al Seicento un'evoluzione fonetica, come ?FERIRE, PENTIRE, STIA, DIENO, MORIVANO, GUARIRE e si fatte, le quali gia si dissero FEDIRE, PENTERE, STEA, DEANO, MORIENO, GUERIRE?. In proposito, l'autore sente il bisogno di precisare che le parole arcaiche della seconda lista

sono oggi in Toscana avute per antiche e come tali rifiutate, pero non e bene averle cosi tutto di fra mano. Anzi io stimo ch'e' sia meglio astenersi dalle mutate che dalle dismesse in tutto o dalle nuove. Perche le dismesse, rinovandosi, diventan nuove, e le nuove posson per la novita loro nobilitar l'orazione rendendola in un certo modo ammira

bile, come fanno tutte le cose inusitate mentre altri se ne serve a proposito. Ma le mutate, avendo il lor contraccambio che gia l'ha cavate di possesso, farebbon riuscir l'orazione scabrosa e affettata e odiosa a tutto '1 popolo che le dice altrimenti. Onde io non biasimerei chi si servisse a proposito di SCHERANO, CHENTE e altre tali parole antiche, Ne meno

riprenderei chi, parlando di rizzarsi a seder sul letto, dicesse LEVARSI IN SENTONE, o

gettar la PIETTA IN CALISELLA per 'gettar la coperta dietro al letto', voci non ancora sentite in Toscana. Ma non mi risolverei io gia di dire CAREGGIARE, RUBALDO, DILICANZA, FORTUNAGGIO, FEDIRE o altra tale, avendole il buon uso di Toscana

esempi citati sono tratti dal Decameron di Boccaccio (VI 10, 30, secondo la notazione del volume a c. di V Branca, Firenze 1976, dove la lezione e ?come desinato ebbero ogni uomo?) e dal

Canzoniere di Petrarca (CCLX, 6: nell'edizione a c. di G. Contini, Torino 1964, si legge ?in qual ch'etade, in quai che strani lidi?).

70 Buonmattei, Delia lingua toscana, 257-58 (XII, 25: Di alcune prime persone oggi alter ate

dall'uso), su cui si veda anche il commento di Patota, /percorsi grammatically 116-17. 71

Buonmattei, Della lingua toscana, 178 (X, 5: Dove si metta Varticolo per uso), sull'oppo sizione tra il tipo tutte fortezze e quello moderno tutte le fortezze\ 188-89 (X, 8: Se dato Varticolo a un nome, si debba dare anche a gli altri che da quella [sic] dependono), sul fenomeno oggi chiamato legge Migliorini; 269 (XII, 32: Osservazioni intorno alle voci de'verbi essere e avere), rifiuto di suto forma arcaica del participio passato del verbo essere, ecc.

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BENEDETTO BUONMATTEI 629

dismesse e introdotto in lor luogo ACCAREZZARE, RIBALDO, DILICATEZZA, TEMPESTA e FERIRE72.

Per quanto riguarda Papertura alPuso vivo toscano, il brano, pur essendo

particolarmente chiaro e netto, non aggiunge molto a quanto si e gia esposto. E

quasi superfluo specificare che tutte le forme qui rifiutate erano state lemmatiz zate dal Vocabolario della Crusca del 161273. Costituisce invece una novita inaspet tata il fatto che un grammatico fiorentino dichiari che si possono accettare espres sioni di altri dialetti italiani, purche siano adattate alia fonetica toscana: levarsi in sentone e gettar la pietta in calisella sono infatti dei venetismi schietti, probabil

mente un retaggio degli anni passati nella Serenissima74. Alia luce di tali acquisi zioni si rende quindi necessario avanzare qualche distinguo a riguardo di giudizi troppo netti sul municipalismo linguistico della Firenze di primo Seicento. Inoltre, limitatamente alia grammatica Della lingua toscana, si pud forse gettare uno

sguardo diverso al contenuto del suo primo libro, considerandolo non solo un insieme di regole sulla pronuncia, la grafia e la formazione delle parole toscane,

ma anche lo strumento offerto ai lettori delle diverse regioni italiane per adeguare a tali norme i vocaboli dei loro dialetti nativi.

Un'ulteriore testimonianza della moderata apertura del grammatico fiorentino alle innovazioni lessicali, in particolare ai neologismi e ai prestiti, e fornita dal

carteggio con Paganino Gaudenzi (o Gaudenzio), professore dal 1628 al 1649 nello Studio di Pisa, dove Buonmattei - come s'e detto - fu lettore di lingua toscana dal 1632 al 163775. II 21 aprile 1633 Gaudenzi scrisse per conoscere

Popinione del collega sull'utilizzo letterario di alcune espressioni76:

Uno dei principali pensieri che dee aver qualunque si professa studioso d'una lingua credo esser il procurar d'arricchirla con nuovi vocaboli, quando ella e ancora di uso. Cosi veggiamo aver fatto tutti gli uomini eloquenti antichi e moderni in maniera che mi par di poter dire che ciascheduno di loro ha dilatati i confmi di quell'idioma nel quale ha parlato. La qual considerazione fa che talvolta io vado osservando nei piu moderni autori alcune parole non usate dagli antichi toscani e faccio il tutto a fin che 'n me cresca sempre la

72 Buonmattei, Della lingua toscana, 91-92 (VII, 9: Dell'alterazion naturale delle parole). 73 Vocabolario degli Accademici della Crusca, Venezia 1612 (= Firenze 1974), 157 per careggiare

(accarezzare e carezzare, lemmatizzati alle pagine 9 e 157, rimandano a careggiare), 175 per chente, 266 per dilicanza (definite- con dilicatezza, che a sua volta e un lemma separato nella stessa pagina), 337 per fedire (anche ferire e a lemma: 339), 361 per fortunaggio (lemmatizzato anche tempesta: 877), 738 per rubaldo (rimanda a ribaldo, 699: la voce e intestata ribaldo e rubaldo), 761 per scherano.

74 D. Durante - G. Turato, Dizionario etimologico Veneto-Italiano, Padova 1975, 503 (s.v.

senton) e 379 (s.v. pieta). 75 Nato nel 1595 a Poschiavo da genitori protestanti, in seguito alia conversione al cattolice

simo Paganino Gaudenzi si trasferi a Roma (1619), dove insegno greco alia Sapienza. Si conservano lettere che gli scrissero Gabriello Chiabrera, Giovan Battista Strozzi e, con tono di familiarita,

Alessandro Tassoni. Gaudenzi mori nel 1649. Si vedano: F. Menghini, Paganino Gaudenzio letterato

grigionese del '600, Milano 1914 (Raccolta di studi storici sulla Valtellina, 3); G. Godenzi, Paganino Gaudenzi, Berna-Francoforte/M. 1975 (Pubbl. Universitarie Europee, Sez. IX, 6); Id., Epistolario (1633-1640) di Paganino Gaudenzi (1595-1649), [Poschiavo 1991]; G. Brunelli, Gaudenzi, Paganino, in DEI, LII, Roma 1999, 676-78; G. Godenzi, Paganino Gaudenzi. Uno scrittore barocco in bianco e new nel quarto centenario della nascita 1595-1995, s.n.t. [1995?]. 76

Si riporta la trascrizione pubblicata in Faithfull, Teorie fllologiche nell 'Italia del primo Seicento, 308-09; si noti che essa differisce in piu punti da quella che si pud leggere in Godenzi, Paganino Gaudenzi. Uno scrittore barocco, 264-65. L'originate e conservato nel ms. Vat. Urb. Lat.

1625, ff. 467-68 {Codices Urbinates Latini, recensuit C. Stornajolo, III, Romae 1921, 517).

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630 M. COLOMBO

facilita di favellar Toscanamente. Faro menzione di alcune appresso a V. S. da me molto stimata ove si tratta di questo linguaggio.

Quartiero, o quartiere nel significato militare per dinotare il luogo ove alloggiano i soldati; viene dalla lingua Francese, e tanto usato da tutti, che mi parebbe superstizione non ammetterlo. Indi si deriva il verbo acquartierarsi, che molto ha dell'espressivo. Tal

significazione del quartiere viene tralasciata da la Crusca per non trovarne esempio ne' scrittori classici.

Nella medesima professione non e da esser sprezzato il vocabolo ammuttinare [sic], onde si chiamano gli ammuttinati, e l'atto dicesi ammuttinamento. La Crusca l'ammette scrivendo abbottinare da bottino, ma non apporta esempio alcuno. Nei moderni ho visto scritto ammuttinare non abbottinare, il che poco mi gusta. Leggesi ancora l'aggettivo infrangibile, che fuor di modo mi piace. Disse un mio amico:

Infrangibile tempra adamantina

il quale e un bellissimo verso.

Coloquintida e una specie d'erba; il nome e di sua origine greco. Un modemo disse:

Trangugia coloquintida il dolore e bee cicuta, aconito e napello.

Bench'io non sappia perche coloquintida signiflchi quello, che merita andar in

compagnia della cicuta, aconito, e napello. Ove similmente V. S. vede che la parola aconito manca nel vocabolario.

Siccome da torre disse Dante torreggiar, comparir a guisa di torre, cosi non e mancato chi prendendo tal licenzia ha proferito isoleggiare.

In luogo d'artico hanno detto certi arto, e trasferito il tutto a dire settentrione, e la

parte del polo artico. Ed hanno preso la facolta di dire Trione. Un modemo scrive:

La sotto l'Arto il mostro il passo move ver l'albergo dell'orse e de' Trioni

Se io volessi andar raccogliendo simili vocaboli non scriverei una lettera. Sentiro volentieri quello che V. S. ne dice. Intanto le bacio affettuosamente le mani.

La lettera del poschiavino non e certo sconosciuta: fu citata da Bruno

Migliorini nella sua Storia della lingua italiana a proposito dell'aggettivo infran

gibile, e fu commentata nel suo ampio articolo sulla linguistica secentesca da Robert Faithfull, cui si deve l'avvertenza che gli ultimi due versi citati sono tratti dalVAdone di Giovan Battista Marino77. Cio che finora non si era mai notato, per la mancanza di strumenti di ricerca adeguati, e che in realta quasi tutti i vocaboli e le citazioni possono essere ricondotti, in modo piu o meno diretto, all'opera di

Marino78. Si tratta dunque di un caso di secentesca dissimulazione, dove Gaudenzi

77 Si vedano: Migliorini, Storia della lingua italiana, 438; Faithfull, Teorie fllologiche

nellItalia del primo Seicento, 283-85. G.B. Marino, L'Adone, a c. di G. Pozzi, I, Milano 19882

(Classici, 52), 657 (canto XII, stanza 32). 78

Isoleggiare e un neologismo mariniano: Marino, L'Adone, I, 1181 (XIX, 137) e C. Colombo, Cultura e tradizione nelVAdone di GB. Marino, Padova 1967 (Miscellanea erudita, 17), 130.

Trangugia coloquintida il dolore / e bee cicuta, aconito e napello e un distico di Marino, LAdone,

I, 655 (XII, 25). II verso Infrangibile tempra adamantina e probabilmente ispirato ai due esempi rinvenibili in Marino, LAdone, I, 408 (VII, 196): ?D'un infrangibil filo adamantino? e 533 (X, 58)

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BENEDETTO BUONMATTEI 631

rivolge domande tutt'altro che innocenti, da ricondurre alle polemiche tra rambiente fiorentino e le liberta linguistiche della poesia barocca. La risposta di Buonmattei (del 30 aprile) non chiarisce se questi avesse "mangiato la foglia" per tutti i casi citati daH'interlocutore o - come appare piu probabile

- solo per quelli piu evidenti. In ogni caso, resta il fatto che il grammatico espresse un'opinione basata in sostanza sul principio delPaccettazione dei prestiti (e neologismi) di

necessita, funzionali alPespressione di nuovi significati79:

Ho sempre avuto il med.o pensiero anch'io che V. S. mostra d'avere che lodevole sia Parricchir di nuovi vocaboli le lingue che ancora vivono, tutto si faccia con quella

modestia che si ricerca: e per quelle cagioni che dagli autori sono insegnate, come ella benissimo sa. Lodo per tanto quartiere e acquartierarsi come significanti e voler bene

esplicanti, quel termine militare. Ne so che questo sia di peggior condizione di Rucellino, Pasticcio, Baluardo, Cordina, Margalano, Corazza, Venturiere, Buonavoglia, Breccia,

all'Arme, all'Erba, Marciare, Caracollare, Far'alto, Dar pieaterra e altre voci notissime a

Moderni, ma agli antichi del tutto incognite80.

?infrangibili, eterni, adamantini?. Quartiere, nell'accezione 'complesso di fabbricati adibiti ad alloggio di truppe', e invece attestato dal 1550 (M. Cortelazzo - P. Zolli, Dizionario Etimologico della

Lingua Italiana, a c. di M. e M.A. Cortelazzo, Bologna 19992, 1296, d'ora in poi: DELF) e manca

effettivamente nel Vocabolario degli Accademici della Crusca, 1612, 671. Marino lo impiega nclYAdone, I, 576 (X, 228). II verbo acquartierarsi e documentato prima del 1639 (DELP, 56), ma non si ritrova fino a tutto il Seicento in LIZ 3.0. Letteratura Italiana Zanichelli. Cd-Rom dei testi della letteratura italiana, a c. di P. Stoppelli - E. Picchi, Bologna 19973. Ammutinare, ammutinato e ammutinamento sono attestati dalla prima meta del Cinquecento (DELP, 97, s. vv.; da notare la citazione da Varchi: ?i Corsi... s'abbottinarono, o, come si dice oggi, s'ammotinarono?). Per quanto riguarda le occorrenze nell'opera di Marino si vedano Marino, LAdone, I, 574 (X, 221), 1383 (XX, 505) per ammutinati; G. Marino, Dicerie sacre e La strage degVinnocenti, a c. di G. Pozzi, Torino 1960 (Nuova raccolta di classici italiani annotati, 5), 133 (rigo 7) per ammutinamento. Come scrive

Gaudenzi, abbottinare e registrato nel Vocabolario degli Accademici della Crusca, 1612, 6. 79 La lettera e conservata nel ms. Vat. Urb. Lat. 1624, f. 291 (Codices Urbinates Latini, III,

511). La citazione si basa sulla trascrizione di Menghini, Paganino Gaudenzio letterato grigionese del '600, 71-72. In alcuni punti il testo appare di difficile interpretazione, probabilmente a causa di errori di lettura: dove possibile, si propongono tra parentesi quadre le correzioni piu plausibili. La lettera e pubblicata anche in Godenzi, Paganino Gaudenzi. Uno scrittore barocco, 266.

80 Rucellino: non e registrato in DELP; Grande dizionario della lingua italiana, diretto da S.

Battaglia (poi da G. Barberi Squarotti) 21 voll., Torino 1961-2002 (d'ora in poi: GDLI); G.

Grassi, Dizionario militare italiano, 4 voll., Torino 18332; A. Soliani Raschini, Dizionario militare

istorico-critico, Venezia 1759. Pasticcio: non reg. in DELP; GDLI, XII, 792 cita da Grassi, Dizionario militare italiano, III, 184 (?In franc. Pate. Opera di fortificazione irregolare, che prende la figura dell'andamento del terreno sul quale e fabbricata?); la lettera di Buonmattei permette quindi una datazione. Baluardo: DELP, 173 (dal francese antico boloart e varianti; attestato avanti il 1535 in Francesco Berni). Cordina: probabilmente variante di cortina, DELP, 404 (?tratto di cinta muraria tra le torri e i bastioni?, non si indica la provenienza dell'accezione militare; av. 1565 in Benedetto

Varchi). Margalano: non reg. in DELP; GDLI, Grassi, Dizionario militare italiano, Soliani Raschini, Dizionario militare-istorico-critico. Corazza: DELP, 396 (giunto in fiorentino dal Settentrione; 1284 nei Nuovi testi fiorentini del Dugento e dei primi del Trecento, a c. di A. Castellani, Firenze 1952). Venturiere: non reg. in DELP; GDLI, XXI, 757 ('soldato di ventura'; la prima citazione e del 1559 da Giovanni Maria Angiolello). Buonavoglia: non reg. in DELP; GDLI, II, 441 (forse indica ?chi, pur non avendo subito condanna, serviva sulle galere al remo, per poter pagare un debito? o un altro

tipo di volontario; 1? cit. 1618 da Michelangelo Buonarroti il Giovane). Breccia: DELP, 245 (dal francese breche; 1582 in Antonio Lupicini; secondo E. Zaccaria, L'elemento iberico nella lingua italiana, Bologna 1927, 66 gia attestato nel 1566 in Alfonso Ulloa). AU'arme: DELP, 83 (s.v. allarme) (la voce e passata dall'italiano al francese; av. 1348 in Giovanni Villani). All'erba: non reg. in DELP; GDLI, V, 229 (s.v. erba) (andare all'erba vale 'andare a pascolare' cavalli, armenti, ecc; 1? cit.

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632 M. COLOMBO

Infrangibile in verso, e di rado 1'ammetterei, come Arto e Trione ma in prosa ne [ne] penserei.

Mi si rende bene alquanto difficile la costruzione e il concetto di quell'

Infrangibile tempra adamantina

e molto piu quell'altro

Trangugia coloquintida il dolore

ne so quel che voglia dire il dolore trangugia la coloquintida. Isoleggiare. Se vuol dir che quel di che di ragione [si ragiona] stia tra l'onde come

l'isole: si potra usare a similitudine del torreggiar di Dante, che altro non vuol dire nel 31 dell'Inferno che quei giganti stanno intorno a quel pozzo come tante torri intorno ad una terra murata.

Essendoci la voce abbottinare, crederei che in nostra lingua non occorresse cercar di cosa nuova, e agli orecchi nostri piu strana, come forse sarebbe ammutinare.

Pure in questa come in ogni altra cosa mi rimetto al prudentissimo giudizio di V. S. che avendo quella cognizione che ha, so che mi fa tali questioni per pigliarsi spasso del fatto mio: sapendo pur ch'io in questa, e in ogni altra cosa vaglio pochissimo. Pure a me e gratissimo viver nella sua memoria in qualunque modo. Pero ringraziandola del favor fattomi con le sue domande, le bacio rev.te la mano.

*

La grammatica Delia lingua toscana, come scrisse Ciro Trabalza, ?divenne facilmente in Italia il codice piu rispettato?, tanto che ?regolo [...] l'uso e la lingua letteraria? per oltre un secolo81. Non e dunque irragionevole supporre che essa abbia esercitato una certa influenza anche sull'Accademia della Crusca e sulla terza edizione del Vocabolario. Tale influsso, come spesso accade nel campo degli studi umanistici, non e direttamente quantificabile: nondimeno e possibile additarne alcuni indizi.

Dopo la prima edizione del Vocabolario del 1612 e la revisione del '23, l'atti vita della Crusca era entrata in una fase di stagnazione: la ripresa dei lavori si ebbe la sera del 25 novembre 1640, in casa di Piero de' Bardi (?il Trito?), con una seduta in cui fu eletto segretario Benedetto Buonmattei, che fu chiamato ?il

Ripieno?82. II nome non era casuale, perche si riferiva a una categoria introdotta dal grammatico per designare tutti gli elementi a suo parere non significanti, come i pronomi in funzione di soggetto neutro o gli articoli indeterminativi83. Nello stesso anno fu ammesso tra i cruscanti anche Carlo Dati (?lo Smarrito?)84.

1581 da Torquato Tasso). Marciare: DELP, 933 (dal francese antico marchier; av. 1535 in Francesco

Berni; nella forma marchiare 1530 nell'epistolario di Paolo Giovio). Caracollare: DEEP, 295 ('volteg

giare col cavallo', dallo spagnolo caracolear; 1618 in Michelangelo Buonarroti il Giovane). Far alto:

DELP, 88 (s.v. alt) ('arrestarsi', dal medio alto tedesco halt; 1482 in Niccolo da Correggio). Dar

pieaterra: non reg. in DELP; GDLI, XIII, 383 (s.v. piede) (mettere il piede a terra vale 'sbarcare' e

'scendere da cavallo'; in questa seconda accezione, che sembra quella qui pertinente, la cit. e del 1611 da Lodovico Melzi). 81 C. Trabalza, Storia della grammatica italiana, Milano 1908 (= Bologna 1963), 313 e 315.

82 S. Parodi, Quattro secoli di Crusca 1583-1983, Firenze 1983, 53-54. 83

Buonmattei, Delia lingua toscana, 367-76 (Del ripieno. Trattato diciannovesimo). 84 M. Vigilante, Dati, Carlo Roberto, in DBI, XXXIII, Roma 1987, 24-28; Catalogo degli

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BENEDETTO BUONMATTEI 633

Secondo il Diario dell'Accademia, che Buonmattei redasse dal '40 al '44, quando fu costretto a lasciare l'incarico per una grave malattia, ?si comincio a

leggere il Vocabolario il giorno 10 maggio 1641? per effettuarne la revisione85. Oltre a correggere gli errori e introdurre nuovi spogli da autori fiorentini del

Trecento, gli accademici, com'e stato mostrato dagli studi di Maurizio Vitale e Severina Parodi, miravano ad ampliare lo spettro lessicografico, da un lato inserendo tra le fonti autori che erano stati precedentemente rifiutati (come Tasso), dall'altro riferendosi liberamente all'uso contemporaneo di Firenze86.

Alia guida dell'Accademia della Crusca succedette a Buonmattei Carlo Dati, che - com'e noto - fu una delle figure fondamentali nello svolgimento dei lavori

per la terza impressione del Vocabolario. Oltre all'attivita cruscante, Dati e Buonmattei avevano condiviso anche la partecipazione all'Accademia degli Apatisti di Coltellini, dove il grammatico aveva esercitato una forte influenza nell'indiriz zare gli interessi degli accademici verso lo studio del volgare e delle tre corone87.

Forse non e semplicemente una casualita che il Discorso dell 'obbligo di ben

parlare la propria lingua, lo scritto in cui Dati espresse piu dettagliatamente le

proprie convinzioni in fatto di lingua, sia nato come introduzione alle Osservazioni intorno al parlare e scrivere toscano di Giovan Battista Strozzi e alia Declinazion de' verbi, un estratto della grammatica di Buonmattei88. Entrambi questi autori, come si e detto, erano stati i maestri a cui Coltellini si era affidato e che avevano influenzato la formazione e gli indirizzi degli Apatisti. Benche il Discorso datiano

segua una linea di difesa della tradizione tosco-fiorentina, si nota poi al suo interno Paccenno alia necessita di seguire Puso, inteso come ?consenso degli eruditi?: un concetto non lontano dalle idee espresse nei libri Della lingua toscana*9.

Comunque si voglia intendere la portata di tali accostamenti, e certo che Buonmattei fu inserito tra le auctoritates grammaticali della terza edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca. Alessandro Segni, nella prefazione A' lettori, stila una lista degli studiosi autorevoli della lingua del Trecento, che

comprende il ?Cafdinal Bembo, i Deputati alia correzione del Boccaccio dell'Anno 1573. il Cavaliere Lionardo Salviati, L'autor della Giunta, Benedetto Buommattei,

Benedetto Varchi, il Cinonio Accademico Filergita [Marcantonio Mambelli], Ferrante Longobardi [Daniello Bartoli]?; poi, quando chiarisce che ?delle Lettere, ovvero Elementi di questa lingua, non si e fatto discorso particolare?, rinvia i lettori a ?quanto ne e stato scritto da molti valentuomini, e spezialmente dal Cavalier Lionardo Salviati, da Giorgio Bartoli e da Benedetto Buommattei?90.

accademici dalla fondazione, a c. di S. Parodi, Firenze 1983, n? 244; Parodi, Quattro secoli di

Crusca, 55-56, 61-75 passim; M. Vitale, La III edizione del ?Vocabolario della Crusca?. Tradizione e innovazione nella cultura linguistica fiorentina secentesca, in Id., L'oro nella lingua, Milano-Napoli 1986, 273-333: 287-99; orig. in ?Acme?, 19 (1966), 109-53. 85

Parodi, Quattro secoli di Crusca, 57; Calabresi, Buonmattei, Benedetto, 266. 86

Parodi, Quattro secoli di Crusca, 53-61; Vitale, La III edizione del ?Vocabolario della

Crusca?, in particolare le pagine 281-86, 299-325. 87

Benvenuti, Agostino Coltellini e VAccademia degli Apatisti, 21-23, 250-51, 258-68. 88 Discorso dell'obbligo di ben parlare la propria lingua, di CD. [Carlo Dati] Osservazioni

intorno al parlare e scriver toscano, di G.S. [Giovanbattista Strozzi] Con le declinazioni de' verbi, di Benedetto Buommattei. Si cita dall'edizione C. Dati, Discorso dell'obbligo di ben parlare la

propria lingua, in Buonmattei, Delia lingua toscana, 1759, 236-43. 89

Dati, Discorso, 242. 90 Vocabolario degli Accademici della Crusca, Firenze 16913, 14, 18.

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634 M. COLOMBO

Per concludere, va pero segnalato che le aperture del grammatico fiorentino all'uso moderno furono per certi versi piu ampie di quelle della terza impressione del Vocabolario: tra i termini che nel capitolo Della lingua toscana sull'?altera zion naturale delle parole? erano stati sconsigliati come ?parole antiche?, infatti, solo dilicanza e segnalato dai redattori della terza Crusca come voce antica91.

91 Vocabolario della Crusca, 169V, 289 (careggiare), 322 (chente), 512 (dilicanza), 669 (fedire), 714 (fortunaggio), 1414 (rubaldo), 1460 (scherano).

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