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Bimestrale dell’UAAR n. 5/2003 (29) · scienziato: può essere una ragione per cui queste tre...

Date post: 18-Feb-2019
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Bimestrale dell’UAAR n. 5/2003 (29) 2,80 UAAR – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti ISSN 1129-566X Bimestrale – Spedizione in abbonamento postale – Tabella C – art. 2 comma 20/c legge 662/96 – Filiale di Firenze. n. 5/2003 (29) Costituzione europea La laicità indispensabile Roma, 29-30 novembre 2003 – Sala dei Dioscuri, Via Piacenza 1 (programma a pagina 17)
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Bimestrale dell’UAARn. 5/2003 (29)€ 2,80

UAAR – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti

ISSN 1129-566X

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2003

(29)

Costituzione europea

La laicità indispensabileRoma, 29-30 novembre 2003 – Sala dei Dioscuri, Via Piacenza 1

(programma a pagina 17)

In copertina

Immagine di Ron Sandford (da “Il popolo di Roma in 100 sonetti” di Giu-seppe Gioacchino Belli, Bardi Editore s.r.l., 1984)

Nell’interno vignette di

Pag. 7: Mund; pag. 11: Zap & Ida (da “L’hanno santo”, Massari Ed., 1999);pag. 20: W. Browkin (da “Il mondo con gli occhi del sud”, Studio d’ArteAndromeda, 1991); pag. 21: Franca & Toti (da “Quasi sufficiente”, Curcu& Genovese, 1997); pag. 28: Pino Zac (da “Una vita contro”, Stampa Al-ternativa, 2000).

L’ATEO n. 5/2003 (29)ISSN 1129-566X

EDITOREUAAR – C.P. 749 – 35100 Padova

Tel. / Segr. / Fax 049.8762305www.uaar.it

DIRETTORE EDITORIALERomano Oss

[email protected]

REDATTORE CAPOBaldo Conti

[email protected]

COMITATO DI REDAZIONEMarco Accorti, Massimo Albertin,

Mitti Binda, Raffaele Carcano, Francesco D’Alpa,

Calogero Martorana, Rosalba Sgroia, Maria Turchetto,

Lia Venturato, Giorgio Villella, Sabrina Zucca

CONSULENTILuca Bergamasco, Rossano

Casagli, Luciano Franceschetti,Paolo Ottaviani, Livio Rosini,

Carlo Tamagnone

GRAFICA E IMPAGINAZIONERiccardo Petrini

DIRETTORE RESPONSABILEEttore Paris

REGISTRAZIONEdel tribunale di Padovan. 1547 del 5/12/1996

Per le opinioni espressenegli articoli pubblicati,

L’Ateo declina ogni responsabilitàche è solo dei singoli autori.

L’Ateo si dichiara disponibilea regolare eventuali spettanze perla pubblicazione di testi, immagini,o loro parti protetti da copyright,

di cui non sia stato possibilereperire la fonte.

Contributi, articoli, lettere,da sottoporre per la pubblicazione,

vanno inviate per E-mail [email protected]

oppure per posta ordinaria aBaldo Conti

Redazione de L’AteoCasella Postale 10

50018 Le Bagnese S.G. (Firenze)Tel. / Fax 055.711156

STAMPATOnovembre 2003, Polistampa s.n.c.

Via Livorno 8, 50142 Firenze

SOMMARIOEditorialedi Romano Oss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

Intervista a Renato Dulbecco di Piergiorgio Odifreddi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

Questioni di anima: Cenni sulla sessualità maschilee femminile nel cattolicesimo di Carlo M. Pauer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .6

La costruzione dell’Europa e la necessaria laicitàdi Joan Carles Marset . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Della qualità del clero. I risultati di un’indagine e la loro verifica sul campo di Raffaele Carcano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

“Lo shock primario” di Luigi De Marchidi Rosalba Sgroia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .16

Programma del Convegno: La laicità indispensabilea cura di Vera Pegna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

La rivoluzione etica di Maria Elisa Zonta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

L’Europa e le “radici cristiane” ad ipoteca del presentedi Massimo Vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

Notizie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

Dai Circoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

Recensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

Lettere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

2 n. 5/2003 (29)

Alle cittadine e ai cittadini lettori deL’Ateo,

Il capo dello Stato vaticano continuaimperterrito a promuovere la sponso-rizzazione cristiana della Costituzio-ne europea, non tanto come principioriflettente la carità cristiana quantocome principio cui appellarsi in vistadella futura attività legislativa: inquesto modo l’Europa dovrà promul-gare leggi sottoposte più al vaglio deidogmi cristiano-cattolici piuttosto cheaderenti ai reali bisogni dei cittadini.Come si potrà conciliare il diritto na-turale di decidere della propria vitacon l’artificiosa costruzione teologicadel servile significato della vita che èfornito dalla chiesa cattolica? La no-stra ferma opposizione di laici, noncredenti o “altro credenti” a questaingerenza di un potere teologico sul-l’assetto democratico dell’Europa haanch’essa radici europee e i nostri ti-mori non sono campati in aria.

In un articolo apparso recentementesu la Repubblica a firma di Jean Da-niel e tradotto da Elisabetta Horvat,citando una “Lettera sulla Tolleran-za” di John Locke, antecedente la no-ta lettera di Voltaire, era riportato ilseguente testo: “… i papisti non de-vono godere dei vantaggi della tolle-ranza, dato che si considerano tenutia rifiutarla agli altri quando hanno inmano il potere […]; finché i papisti sa-ranno papisti, né l’indulgenza né laseverità potranno trasformarli in ami-ci del vostro governo dato che sono isuoi nemici, tanto per principio quan-to per interesse”. I papisti ora voglio-no porre un’ipoteca sulla nascenteCostituzione europea, non soddisfattiancora d’essere riusciti a far approva-re nella bozza della Costituzione l’art.51 che, di fatto, garantisce alla Chie-sa di Roma il mantenimento dello sta-tu quo con gli Stati firmatari di un con-cordato. La nostra speranza è chequest’orgia di dominio faccia nasceredei dubbi anche in chi, fino a questomomento, non ha visto la pericolositàdel fondamentalismo religioso di ma-trice europea.

Nell’ottica della futura Costituzioneeuropea e della discussione ancora incorso sulla modifica di alcuni articolidella Bozza, varata sotto la presiden-za del Presidente Valéry Giscard d’E-staing, l’UAAR ha organizzato per igiorni 29-30 novembre 2003 un impor-tante convegno che si terrà a Romanella sala dei Dioscuri. Il convegno dal

titolo “La laicità indispensabile” il cuiprogramma è riportato in altra pagi-na, si pone come scopo di dimostrareche solo l’autentica laicità delle isti-tuzioni è in grado di favorire la coesi-stenza pacifica delle persone, il ri-spetto delle diverse concezioni reli-giose e dei diversi atteggiamenti difronte alla vita. Laicità che diventaancora più indispensabile se si pensaalle divisioni che da sempre hanno la-cerato gli schieramenti religiosi e cheal giorno d’oggi sono evocate comebarriere nei confronti d’altre confes-sioni in una sorta di gara tra squadreavversarie. Il congresso rappresentaun punto importante dell’attività del-l’UAAR che rivolge la sua azione nonsolo all’interno dello Stato, ma cercail raccordo con le altre associazionieuropee in un’ottica di collaborazionee sinergia per fronteggiare la semprepiù aggressiva azione dei fondamen-talismi religiosi, in particolare di quel-lo cattolico. Un gran merito per l’or-ganizzazione di questo convegno vaattribuito a Vera Pegna, vicesegreta-ria dell’UAAR, responsabile di rappre-sentare l’UAAR in Europa, che si èsempre impegnata nella costruzionedi rapporti con le diverse associazionieuropee. Vera Pegna è anche vicepre-sidente della FHE – Federazione del-le Associazioni Laiche Europee. Inquest’occasione verrà presentato il vi-deo “2500 anni di pensiero libero inEuropa”, prodotto dal Centro LaicoAudiovisivi di Bruxelles, della duratadi 50 minuti in VHS che sarà in vendi-ta a € 12,00.

Per quanto riguarda l’attività svoltadurante l’anno in corso dal nostro se-gretario Giorgio Villella, intensissima,si deve riconoscere come il suo impe-gno e la disponibilità a essere presen-te nei diversi momenti della vita civi-le abbia portato a un aumento di in-teresse da parte dei media nei con-fronti dell’UAAR e di conseguenza ab-bia proiettato l’associazione versoquel tanto agognato obiettivo di es-sere considerata un importante pun-to di riferimento di elaborazione diidee e di azione sociale.

Un po’ d’aiuto c’è venuto sicuramen-te dalla cocciutaggine d’un curato dicampagna che nella sua arrogante di-vina sicurezza ha rifiutato lo “sbattez-zo” a un giovane e, quando il Garan-te della Privacy gli ha ordinato di pro-cedere ugualmente, ha denunciato lostesso Garante prima di ritirarsi inbuon ordine. Già lo scorso novembre,

infatti, la CEI – Conferenza Episcopa-le Italiana – aveva dovuto emettereuna circolare che obbliga i parroci adannotare, sul registro dei battezzati,la decisione di rinunciare a tale “pri-vilegio” a chi ne faccia richiesta. Conquesto episodio si può dire che laCampagna per lo Sbattezzo condottain questi anni, grazie anche alla mo-dulistica reperibile sul sitowww.uaar.it, sia giunta al suo massi-mo sviluppo. Dopo questo episodio,sul quotidiano la Repubblica è com-parso un articolo in cui si chiarivanobene i termini e la posizione del-l’UAAR. All’intervento si sono succe-dute altre due interviste, una suGrand Hotel, settimanale a larghissi-ma diffusione e un’altra sul supple-mento Donna del quotidiano la Re-pubblica che hanno fatto conosceremolto bene l’UAAR e i suoi obiettivi.

Si sta per dare inizio a una nuova cam-pagna: “Liberazione delle scuole dal-la propaganda cattolica in orario sco-lastico”. Tale pratica che permette apreti e vescovi di utilizzare ore dell’o-rario curricolare scolastico per cele-brare i loro riti e promuovere le lorocredenze, è permessa da dirigenti co-dini e compiacenti che con il loro com-portamento, oltre a fornire un pessi-mo esempio ai loro studenti, disobbe-discono di fatto alla legge italiana; at-tiveremo modalità di denuncia di que-sti episodi e pretenderemo procedi-menti disciplinari e giudiziari. Talipratiche sono molto diffuse sul terri-torio e spacciate come consuetudinise non come modalità consentite. Find’ora invitiamo chiunque ne venga aconoscenza d’indicarci la scuola, il no-me del dirigente e la data in cui si èverificato il fatto.

Per concludere ricordo i prossimi im-pegni dell’UAAR: manifestazione eu-ropea di Parigi indetta dalla Fédéra-tion Nationale de la Libre PenséeFrançaise e dall’inglese National Se-cular Society contro l’art. 51 della fu-tura Costituzione europea; partecipa-zione al Social Forum Europeo di Pa-rigi che ha inserito la laicità come te-ma prioritario di discussione; Settima-na Anticoncordataria 2004 in feb-braio; Darwin Day per il 12 dello stes-so mese durante il quale abbiamo in-tenzione di attivare un’importante ini-ziativa. Ricordo ancora a tutti l’appun-tamento del Congresso europeo diRoma.

Romano Oss, [email protected]

3n. 5/2003 (29)

EDITORIALE

4 n. 5/2003 (29)

CONTRIBUTI

La vita di Renato Dulbecco è stata po-polata, per non dire sovraffollata, dipremi Nobel: fra i suoi compagni discuola (Salvatore Luria e Rita LeviMontalcini), i suoi professori (lo stes-so Luria e Max Delbrück), i suoi stu-denti (Howard Temin e David Balti-more) e i suoi amici (Jim Watson e Ri-chard Feynman). Oltre, naturalmen-te, a lui stesso, vincitore nel 1975.Laureato in medicina a soli 22 anni,Dulbecco è stato il padre della virolo-gia moderna, uno dei pionieri dellostudio del cancro, l’alfiere della lottacontro il fumo, l’ideatore del ProgettoGenoma, un divulgatore di talento, unopinionista da prima pagina, il pre-sentatore di un Festival di Sanremo,il testimonial d’onore del Telethon e,“dulcis in fundo”, l’ispiratore di unpersonaggio di fumetti chiamatoDulby. Benché abbia già raccontato lasua ricca vita in “Scienza, vita e av-ventura” (Sperling & Kupfer, 1989), il10 settembre 2002 ha generosamen-te acconsentito a ripercorrerne alcu-ne tappe salienti con noi a Lugano,nella sua bella casa sul lago.

Lei ha studiato a Torino col professorLevi, dove ha avuto come compagni distudi Salvatore Luria e Rita Levi Mon-talcini. Non è strano che da una stes-sa scuola siano usciti tre premi Nobel?Statisticamente, è un po’ improbabi-le. Però bisogna tener presente la per-sonalità di Giuseppe Levi, che ha avu-to un’influenza molto utile e benefica.Lui incoraggiava molto a fare, ma eraestremamente critico: quando unoaveva un risultato e glielo faceva ve-dere, bisognava convincerlo. Il piùdelle volte trovava i punti deboli, cheè quello che ci vuole per fare unoscienziato: può essere una ragioneper cui queste tre persone sono poiarrivate a certi traguardi.

Siete stati molto uniti?Certo. Con Luria ho lavorato negli Sta-ti Uniti per due anni. Con la Levi Mon-talcini dividevamo l’ufficio a Torino, eper un caso siamo partiti per l’Ameri-ca sullo stesso vapore polacco, che sichiamava “Sovietsky”. Là non stava-mo lontani, io a Bloomington con Lu-ria e lei a San Louis, per cui ogni tan-to ci trovavamo, chiacchieravamo,

parlavamo di quello che facevamo. Èstato un gruppo sempre unito anchedopo.

Come mai, dopo la laurea in medicina,lei aveva anche studiato fisica a Tori-no?Dopo la guerra, quando sono ritorna-to a lavorare da Levi, l’idea dei genimi affascinava. Ma nessuno ne sape-va niente e non se n’era mai parlato amedicina, nessuno ce li aveva inse-gnati. Io credevo che l’unico modo perstudiarli fosse quello di usare radia-zioni, e mi sono iscritto a fisica per sa-pere come le radiazioni funzionano, ecome poterne analizzare gli effetti.

Non è stato dunque perché, come tan-ti altri, aveva letto “Che cos’è la vita”di Schrödinger?Non credo. Il fatto è che la fisica mi èsempre piaciuta, e anche la matema-tica. Già nella scuola media ero certoil più in gamba in quelle materie.

Negli anni ’50 i fisici hanno poi avutoun ruolo fondamentale nella biologia.Crick, ad esempio.Il suo contributo fondamentale fu laconoscenza della cristallografia a rag-gi X, che è stata essenziale per la sco-perta della struttura del DNA.

Diceva prima di essere andato a lavo-rare a Bloomington con Luria. Comelo ricorda?Era una persona molto affabile. Lui esua moglie mi trattavano come un fi-glio, benché fossimo quasi coetanei.Poiché agli inizi il mio inglese non eraadeguato, mi invitavano con gli amiciper sentire e parlare. Sono stati vera-mente fantastici.

Luria ha detto un giorno: “il mio piùgrande contributo alla biologia è statodi avervi portato Dulbecco”.Eh, eh. So che l’ha detto, ma non staa me giudicare.

E secondo lei qual è stato il più gran-de contributo di Luria?Il lavoro teorico che ha fatto con MaxDelbrück, che dimostrava in manierapuramente matematica la presenza dicloni in popolazioni. È stato molto im-portante, perché ha spronato la ricer-

ca in quella direzione. Ha fatto dei bat-teri l’elemento chiave e centrale: permolti anni tutta la biologia molecolareè stata lo studio di batteri e fagi.

Lei ha poi lavorato anche con Del-brück, che ha condiviso con Luria ilpremio Nobel del 1969.Lui ha avuto un’influenza notevolissi-ma. Era una strana miscela: molto al-l’avanguardia, ma allo stesso tempoconservatore. Mi ricordo che quandoJim Watson venne a Caltech dopo lascoperta della doppia elica, lui ed iopensavamo che bisognasse organiz-zare una biologia molecolare. Siamoandati a dirlo a Max, ma a lui nonpiacque: diceva che era troppo presto,che non c’erano dati, che non valevala pena pensarci. Da una parte avevaragione, perché avere idee senza ri-scontri precisi è pericoloso. Ma dal-l’altra parte uno deve pensare, altri-menti non fa niente.

A Caltech lei era amico del famoso fi-sico Richard Feynman, premio Nobelnel 1965.Ho addirittura seguito un suo corso difisica, sulla meccanica quantistica. In-segnava molto bene, era molto chia-ro: anche uno come me, che non ave-va mantenuto la connessione con lafisica, poteva seguirlo. Come personaera strana, con le sue manie dei bon-gos: gli interessavano specialmente iritmi anormali, tipo 5/6 o 6/7. E io riu-scivo a farli con lui.

Non mi dirà che anche lei suona il bon-go!No, no. Però potevo bilanciare il rit-mo, per cui andavamo d’accordo. Cer-cammo di fare un lavoro insieme, edè un peccato che non ci siamo riusci-ti. Tutto era chiaro, l’idea era perfet-ta, mancava solo un piccolo dettagliotecnico. Non funzionò, ma invece diandare a vedere come mai, io lasciaiperdere, perché avevo altre cose dafare. In fondo per me è andata megliocosì, perché altrimenti mi sarei orien-tato in un’altra direzione.

Prima parlava di Watson, col qualeaveva già diviso l’ufficio a Blooming-ton.

Intervista a Renato Dulbeccodi Piergiorgio Odifreddi, [email protected]

Avevamo tavoli vicini. Era molto paz-zerello, ma intelligentissimo. A quel-l’epoca il biologo danese Ole Maaloeaveva dimostrato che quando una cel-lula è infettata dal fago, ne eredita ilDNA. Molta gente pensava che ci fos-se un errore e che il ruolo importantel’avessero le proteine. Watson stavaancora facendo il Ph.D. con Luria, masospettava già che il materiale gene-tico del virus fosse il DNA. Quando hafinito è andato a lavorare con Maaloe.Ha avuto dei problemi, perché non vo-levano dargli una borsa di studio perstudiare il DNA: pensavano che fossetempo perso.

Parliamo invece di lei e dei lavori deglianni ’50 che le hanno meritato il titolodi “padre della virologia”.Luria aveva scoperto che, benché unfago venga inattivato dalla luce ultra-violetta, se più fagi infettano una cel-lula la loro sopravvivenza aumenta.Lui pensava che questa “molteplicityreactivation”, “riattivazione per mol-teplicità”, fosse dovuta a scambi tra ifagi che ne aumentavano la capacitàdi resistenza. Io invece scoprii, conmetodi matematici, che il fenomenoera provocato da una differenza strut-turale. Da lì ho potuto scoprire che idanni sono modificati da un’azioneenzimatica, e che i geni di questaazione stanno nel DNA del virus.

Questi erano i suoi lavori a Blooming-ton. Cambiò qualcosa, quando andò aCaltech?Capitò una cosa imprevedibile. Unamico del presidente dell’università,che aveva un herpes, stanziò unagrossa somma perché si cominciasse-ro a studiare i virus patogeni dellemalattie, invece dei virus giocattoloda laboratorio. Delbrück convocò Sey-mour Benzer e me, e ci chiese se era-vamo interessati. Benzer, che era unfisico, preferì continuare il suo lavoro.Io, che in fin dei conti ero un medico,accettai. Proposi un adattamento delmetodo quantitativo delle placcheche si usava coi fagi, che è poi statofondamentale per lo sviluppo dei vac-cini e lo studio degli anticorpi.

È per questo che ha ricevuto il premioNobel?No, no. È per le ricerche sul cancro,iniziate quando Peyton Rous dimostròl’esistenza del primo virus canceroge-no, in uno studio sul sarcoma dei pol-li che gli valse il premio Nobel nel1966. Due miei allievi, Harry Rubin eHoward Temin, studiarono una leuce-

mia dei polli diversa dal sarcoma diRous. Per spiegare come facesse il vi-rus ad avere un’azione permanentenella cellula nella quale entra, vennefuori l’idea che ci doveva essere un’in-terazione tra i geni del virus e quellidella cellula. Quando Temin discussela sua tesi, Delbrück disse che nonc’era nessuna prova: un altro esem-pio del suo pragmatismo.

Qual era il problema?Il genoma del virus era di RNA, e nonsi capiva come potesse andare a fini-re nei geni di una cellula il cui geno-ma era di DNA: naturalmente, non sisapeva che c’era un enzima che per-mette di fare il passo indietro, dal-l’RNA al DNA. Allora io ho pensato diusare virus che avessero il DNA: adesempio quello appena scoperto delpolioma, che causa il tumore nei topi,e anche l’SV40, che agisce su celluleumane. Alla fine siamo riusciti a di-mostrare chiaramente che c’è questainterazione.

Lei condivise il premio Nobel con Te-min e David Baltimore, un altro suostudente: che effetto le fece?Eh, eh. Fu interessante.

In occasione della premiazione lei hapreso una posizione molto netta con-tro il fumo.A me questa storia non aveva mai in-teressato prima, perché io non fumo.Ma ero in contatto col gruppo di Ri-chard Peto, che aveva dimostratoche il tabacco produce il cancro delpolmone. Avevano cercato di indur-mi a lavorare con loro, e quando hopreso il premio Nobel sono venuti adirmi che era un’occasione da nonperdere. Io mi sono entusiasmato eho fatto quella dichiarazione: sa,quando arriva il Nobel si diventa unpo’ matti.

Non è un po’ strano che ci sia il proi-bizionismo contro le droghe, ancheleggere, ma il libero commercio del ta-bacco?Beh, il tabacco lo producono gli StatiUniti, le droghe no.

Come le venne in mente, invece, l’ideadel Progetto Genoma?Dopo il premio Nobel decisi di concen-trarmi su cancri di significato medico,ad esempio quello del seno. Era chia-ro che molti geni dovevano cambiareattività col cancro, ma non si sapevaquali. A quell’epoca se ne conosceva-no pochissimi e ho pensato che biso-

gnava assolutamente studiarli siste-maticamente e sequenziare il geno-ma. Lo proposi nella primavera o all’i-nizio dell’estate del 1985, in una con-ferenza a Cold Spring Harbor e mi ri-cordo il grande scetticismo della gen-te che quasi pensava fossi matto. Poiperò qualcuno dei miei colleghi co-minciò a dire che non era poi un’ideacosì pazzesca, e ho deciso di scriverel’articolo per “Science” che uscì nelmarzo del 1986.

Lei immaginava, nel 1986, che sareb-bero bastati quindici anni?Sì. Avevo fiducia, e l’ho anche scritto.Non avevamo le tecnologie, ma se lagente ci si mette le tecnologie arriva-no. E infatti sono arrivate.

Non si poteva evitare di coinvolgerel’industria e i capitali privati?La collaborazione con l’industria è uti-le, se si vogliono ottenere dei risultatipratici: l’esistenza della Celera priva-ta ha spronato il Consorzio pubblico,che altrimenti sarebbe andato moltopiù lentamente. D’altra parte, la Ce-lera non avrebbe potuto fare quelloche ha fatto senza usare i dati delConsorzio: loro prendono il DNA, lospezzano con ultrasuoni, esaminano ipezzi separatamente, e poi li rimon-tano facendo combaciare le estremi-tà. Il problema è che l’ottanta per cen-to del genoma consiste di sequenzeripetute, e si fanno troppi errori: perrimediare, la Celera ha dovuto ricor-rere a lunghi tratti di genoma fornitidal Consorzio pubblico.

E che cosa pensa della brevettazionedei geni?Per me un brevetto è un prodotto ot-tenuto con mezzi non banali, e che ab-bia dimostrata utilità. Non so perchésia stato concesso di brevettare ungene soltanto perché lo si è identifi-cato, senza sapere né dov’è, né cosafa. Ma vedo che adesso si è creata unanotevole resistenza e penso che allafine ci sarà un cambiamento.

Qual è il ruolo dell’informatica nelle ri-cerche sul genoma?Molto sviluppato e molto importante.Per esempio, non sarebbe possibile ri-conoscere a mano i dettagli delle se-quenze che identificano i geni, e nem-meno far combaciare le estremità deipezzi per ricostruire il genoma.

E della teoria dell’informazione?Oggi si cerca di identificare quelli chevengono chiamati i sistemi dell’orga-

5n. 5/2003 (29)

CONTRIBUTI

Questioni di anima:Cenni sulla sessualità maschile e femminile nel cattolicesimodi Carlo M. Pauer, [email protected]

nismo, ad esempio i complessi forma-ti dalle proteine nelle cellule e c’è ungran bisogno delle teorie che descri-vono questi sistemi.

Un’ultima curiosità. Nel suo libro leiha fatto molti esempi di applicazionidella genetica al carattere.Perché sembra che queste cose inte-ressino la gente.

Sì, ma io volevo spingerla al limite echiederle se anche le scelte religiose

potrebbero avere un substrato geneti-co.Può essere benissimo, perché tutti ipopoli hanno qualche tipo di religio-ne: evidentemente, tutti si pongonola domanda di che cosa c’è al di fuo-ri di ciò che vediamo. Se questo pos-sa aver avuto un significato evoluti-vo ed essere determinato dai geni,non si sa. O meglio, io non lo so. Pen-so che ci sia un’influenza tra geneti-ca e religione, ma non so in che dire-zione: se è la religione a influenzare

la genetica, o viceversa. O se intera-giscono indipendentemente: forsequest’ultima possibilità è la più plau-sibile.

E lei è religioso?No. E sono senz’altro contrario alleposizioni religiose sulle cellule sta-minali e sugli embrioni sovrannume-rari.

(Dalla home page: http://www.vialattea.net/odifreddi/index.html).

6 n. 5/2003 (29)

CONTRIBUTI

Per comprendere la concezione dellasessualità nel cattolicesimo è benepartire dalla fine. Esiste, da tempo, iltema del sacerdozio femminile comequestione centrale da risolvere per ilrinnovamento della chiesa cattolica;un tema prevalentemente dovuto airisultati teologici del dibattito gene-rale del concilio Vaticano II, peraltroritenuto erroneamente “progressi-sta”. Grande impulso alle questionisessuali è venuto dal movimento fem-minista che ha, inevitabilmente, at-tratto le donne cattoliche, prime fratutte le teologhe, in prima linea suquesto fronte.

Per fare l’esempio più scontato, valgacome dimostrazione l’impatto socialedel movimento femminista della se-conda metà del ‘900 (il precedenteaveva già ottenuto il suffragio), con lastorica vittoria del 12 maggio 1974della battaglia per il divorzio e, neglianni immediatamente successivi,quella della tutela della maternità einterruzione della gravidanza (legge194/1978). In mezzo (1975) la riformadel diritto di famiglia, per cui venivaad esempio modificata, nella parolepredefinite per la celebrazione delmatrimonio, l’immagine della donnayorkshire che seguiva l’uomo ovun-que egli avesse voluto stabilire la dilui dimora. Il notevolissimo risultato èche, nella patria della chiesa cattoli-ca, nella Roma del santo padre, oggiè possibile divorziare e, quando è ne-cessario, abortire. Gli attacchi a que-

ste leggi, specialmente alla 194, sonoaltresì frequentissimi, sia ad opera deipolitici sedicenti cattolici, che conta-giano inevitabilmente anche i partitilaici, visto il mortale abbraccio defini-to “Ulivo”, sia ad opera del clero e delloro monarca. Più volte, infatti, il pa-pa si è pronunciato contro “gli omici-di” garantiti dalla legge 194, e, fattoassai chiarificatore della natura diquesto pontificato, anche contro il di-vorzio (ritenuto da tutti inattaccabilenel XXI secolo), in un appello agli av-vocati civilisti cattolici, invitandoli aostacolare di fatto tale pratica, esor-tandoli dunque ad anteporre le loroconvinzioni personali alle leggi delloStato, com’era già avvenuto con l’in-vito all’obiezione di coscienza dei far-macisti, all’indomani dell’arrivo sulmercato della pillola per abortireRU486.

Il fermento teologico, contemporaneoe successivo ai fatti dell’esempio ap-pena ricordato, ha determinato uncrescente numero di gruppi di rifles-sione, più o meno organizzati e più omeno “di base”, molto spesso anima-ti da donne, orientati a sollevare laquestione del celibato e del sacerdo-zio femminile. Proprio per rispondereuna volta per tutte alle istanze di ri-forma provenienti dalla periferia,Wojtyla si è definitivamente espresso(ma non ex cathedra) contro ogniqualsivoglia apertura alle donne nellagerarchia ecclesiastica. Questo atteg-giamento, che stupisce solo la sinistra

stolta, la quale crede che molto in fon-do vi sia di buono nel cattolicesimo, èinvece la prova di una lucida coeren-za teologica (peraltro inevitabile) chefonda la propria dottrina sulle defini-zioni poste dalla teologia di Tommaso(†1274). Già con la burla dell’enciclicaFides et Ratio, filosoficamente deso-lante e imbarazzante per pochezza dicontenuti, si era palesato, per chi nonlo avesse capito, che il dispositivo ca-techistico dell’evangelizzazione deveprendere le mosse, con Paolo, a parti-re da Agostino (†430) ed arrivare aTommaso, vere colonne fondatrici del-la cristianità. Dunque esaminiamo,molto sommariamente, la questionedella donna nella teologia cattolica.

La chiesa, sgombrando il campo dainesattezze, non ha mai escluso l’u-manità (dotazione dell’anima, da in-tendersi come coscienza di sé e dellapropria morte) della donna, se non al-tro perché la natura umana di un dio(Gesù), doveva quantomeno “passa-re” per una femmina, Maria, che nonpoteva per ovvie ragioni essere unanimale (torneremo più avanti su que-sto punto, a proposito dell’ovulo).Inoltre, come riferisce l’antico testa-mento in Genesi, dio crea l’uomo e ladonna. Detto questo, non significache la donna goda di una pari dignitàcomplessiva davanti all’uomo. Propriol’ordine della creazione, stabilisce unagerarchia da cui evidentemente con-segue sia il celibato (e la verginità co-me “purezza”), sia l’esclusione fem-

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minile dal sacerdozio. È a partire daquesta gerarchia originaria che si fadiscendere l’inferiorità della donna eun famoso film, protagonista la recen-temente scomparsa Katharine Hep-burn, sintetizza bene il concetto ri-prendendolo nel titolo La costola diAdamo (Adam’s Rib, G. Cukor, 1949),ironizzando sulla presunta (e falsa)minorità femminile, attraverso unamagistrale interpretazione dell’attri-ce quattro volte premio Oscar.

In Gen 1,27 si legge: “Dio creò l’uomoa sua immagine; a immagine di Dio locreò; maschio e femmina li creò”, l’uo-mo è ‘adam in ebraico, dalla parola‘adamah ossia che viene dalla terra,da cui Adamo. Infatti più avanti leg-giamo Gen 2,7: “allora il Signore Dioplasmò l’uomo con polvere del suoloe soffiò nelle sue narici un alito di vi-ta e l’uomo divenne un essere viven-te”. Dopo aver piantato il giardino,con il relativo albero della conoscen-za del bene e del male, detto Eden, edopo avervi sistemato l’uomo vietan-dogli di mangiare il frutto pena lamorte, e infine dopo aver fornito al-l’uomo l’aiuto di tutti gli animali, com-pare la donna; questa serve, eviden-temente, a riprodurre l’uomo (Gen1,28: “siate fecondi e moltiplicatevi”),signore e padrone del mondo: “Allorail Signore Dio fece scendere un torpo-re sull’uomo, che si addormentò; glitolse una delle costole e rinchiuse lacarne al suo posto. Il Signore Dio pla-smò con la costola, che aveva tolta al-l’uomo, una donna e la condusse al-l’uomo” (Gen 2,21-22). A questo pun-to entra in gioco il serpente “la piùastuta di tutte le bestie selvatiche”(Gen 3,1), e con l’inganno convince ladonna a mangiare il frutto e questa asua volta ne dà al compagno.

Questa subordinazione, che come ab-biamo visto esclude l’ipotesi che ladonna non abbia l’anima perché l’ali-to divino è trasferito anche a lei inquanto “carne della sua carne” (la co-stola), non esclude, volendo costruireuna teologia come quella cattolica, lapossibilità di interpretare questi pas-si biblici in chiave maschile, indipen-dentemente dalla contingenza stori-ca. L’immagine della donna ricavabiledallo studio del mondo antico, com’ènoto, è assai sconfortante. Una vastaletteratura documenta l’impianto pa-triarcale (fallocentrico, nel linguaggiofemminista) della civiltà occidentalesin dalle sue origini. Persino, ma stu-pisce solo l’inclita, Aristotele parla

della donna in termini di “maschiomutilato”. Questa è la via intrapresadai padri della chiesa, appunto “pa-dri”. È impossibile, nell’economia diun breve scritto, dare conto delle vio-lenze e degli orrori di cui la donna èfatta oggetto dalla immensa lettera-tura a lei dedicata nei venti secoli dicristianesimo/i. Certo è che il fattoche abbia un’anima è questione rela-tiva, se si esamina, anche solo rapida-mente, cosa ne è di lei nella lenta edinesorabile costruzione della sua figu-ra nell’immaginario cattolico.

La questione della gerarchia è presain considerazione quando si osservache la donna, e non l’uomo, subisce lesuggestioni del serpente. È Agostinol’artefice della orribile e odiosa teolo-gia del peccato originale. Nel De Civi-tate Dei egli sostiene che il rettile sirivolse “alla parte inferiore della pri-ma coppia umana” e che per amorel’uomo seguì la donna nel peccato. Diqui a sostenere che la donna in gene-re conduca per sua natura l’uomo allaperdizione è un tutt’uno, con chiareconseguenze sulla sessualità, sui rap-porti sessuali, sul matrimonio e dicontro, sul celibato, sulla verginità,sul sacerdozio, solo per rimanere inquesto ambito. Va ricordato che il ses-suofobico Agostino ha teorizzato lesue deliranti affermazioni in materiateologica, i cui esiti come si è visto perG. Paolo II gravano nel presente, ela-borando le sue personali convinzioni:una muffa, frutto di esperienze priva-te (un matrimonio, due amanti, uncomplesso di colpa, la conversione).

La teologia di Tommaso aggiunge aldiscorso agostiniano, intriso di plato-nismo, la biologia di Aristotele (†322a.C.), in accordo a quanto nel medioevo si stava tentando, attraverso la ri-

lettura del filosofo, per coniugare fe-de e ragione. Nel suo scritto fonda-mentale, la Summa Theologiae, il d’A-quino accetta il concepimento delladonna, come abbiamo detto “uomomutilato” in Aristotele, come prodot-to dei venti umidi del sud, il cui mag-gior contenuto d’acqua impedisce al’uomo di generare un essere perfettocome lui. Aristotele si era infatti do-mandato come mai nascessero le don-ne a partire dal seme maschile (vedre-mo più avanti la questione dell’ovuloancora sconosciuto), e ipotizzò un fat-tore climatico che modificava la den-sità dello sperma. La donna è dunquepiù “liquida” e, dice Tommaso, perquesto può essere più facilmente se-dotta dal piacere sessuale (il serpen-te, poi il demonio tout court, avantinei secoli fino alla protagonista “bam-bina” del noto film L’esorcista che re-cepisce nitidamente questo immagi-nario).

A questo punto ci si deve domandarequale sia la radice scritturale di que-sta delirante avversione per il piaceresessuale, vero motore della secolarediffamazione della donna e della ses-sualità nel cristianesimo, fondamentodel celibato, della gerarchia ecclesia-stica patriarcale e, complessivamen-te, di una teologia morale che nel cor-so della storia ha raggiunto vertici diviolenza protonazisti, fino ad accor-darsi con il nazismo storico quandoesso è apparso sulla scena nel secoloscorso. Molto complessa è la risposta,che richiederebbe un saggio etno-antropologico a parte. Qui sarà suffi-ciente suggerire alcuni richiami.

Sicuramente un ruolo fondamentaleha giocato l’invidia della maternità econ questa, per quanto in un conte-sto che ha ignorato fino al XIX secoloi meccanismi della riproduzione, la re-lativa tabuizzazione del sangue me-struale, presente in molte religioni. Ilmestruo come ciclica manifestazionesensibile della biologia femminile, co-me organizzatore della morfologia diun corpo differente. Leggiamo adesempio nel Levitico 20,18: “Se unoha un rapporto con una donna duran-te le sue regole e ne scopre la nudità,quel tale ha scoperto la sorgente dilei ed essa ha scoperto la sorgente delproprio sangue; perciò tutti e due sa-ranno eliminati dal loro popolo”. Si ri-teneva che durante le mestruazioninon avvenisse il concepimento, anzitale condizione era impura, poiché ilsangue aveva un effetto velenoso sul

seme maschile. Più tardi Plinio (†79d.C.) ipotizza che i figli deformi o natimorti fossero il prodotto di un conce-pimento in utero mestruato. Nei seco-li successivi i rapporti sessuali condonne mestruate saranno ritenutipeccato mortale.

A queste regole i “maschi”, attori pro-tagonisti esclusivi del dibattito teolo-gico, aggiungeranno una vasta produ-zione letteraria concernente la norma-lità del rapporto sessuale. Se proprionon se ne può fare a meno di conta-minarsi con questo essere inferiore,se proprio non si riesce a mantenerela purezza verginale che rende l’uo-mo simile a Gesù, che almeno il sessosia regolato e normalizzato. Si trattadi un dispositivo di dominio molto raf-finato, questo attivato dai padri cat-tolici (ma che ritroviamo altrove), or-ganizzato attraverso un discorso di-sciplinare sulla “invidiata” donna/ma-dre. Non potendo in nessun modo agi-re sull’oggettività biologica, questisanti uomini edificano un apparatonormativo che sottomette la donna; loscopo è di ridurre la maternità ad unameccanica organizzata teologicamen-te, e dunque linguisticamente in loropotere (ne possono parlare e decide-re). Il potere definisce in questo mo-do il corpo della donna, la sua naturabiologica e la sua attitudine riprodut-tiva, che non deve sfuggire al control-lo del maschio, angosciato dalla pri-vazione della gestazione. I suoi figlisono ospiti momentanei del ventrematerno. Questi dispositivi, organiz-zati nel tempo dalla teologia morale,costituiscono un biopotere le cui basisono rintracciabili nella stessa narra-zione evangelica, con la madre di Ge-sù nella misteriosa condizione di sem-per virgo, fino all’assurda esaltazio-ne/disumanizzazione definitiva conl’attributo di “madre di dio” [1]. So-stiene, infatti, la teologa cattolica UtaRanke-Heinemann, a proposito dellaperpetua verginità di Maria (prima,durante e dopo il parto), riferendosialle menzogne circa i fratelli di Gesùdivenuti “cugini”, che “gli argomentiche Girolamo [nel 383] adduce […] so-no più o meno gli stessi ai quali i teo-logi cattolici ricorrono ancora oggiquando uno si mette a parlare di fra-telli e sorelle. Secondo Girolamo, Ma-ria ha posto i fondamenti della vergi-nità di uomini e donne. In Maria sirende manifesta la superiorità moraledella verginità. In realtà […] non per-ché Maria era vergine si apprezzavala verginità, ma dal momento che si

idolatrava la verginità Maria dovevadiventare una vergine perenne” [2].

Avevamo accennato ad una discipli-na comunemente definita imitatioChristi. L’operazione che stravolge l’o-riginaria predicazione in ristretto am-bito ebraico di Joshua (Gesù) e deisuoi fratelli e seguaci, orientata dauna spinta inequivocabilmente “na-zionalistica”, si deve com’è noto aShaul (Paolo di Tarso). Egli è l’Attoreprincipale, in quanto “inventore” delcristianesimo universalista, nella de-finizione di questa disciplina, a parti-re dalla divinizzazione del latronescrocifisso, come molti prima e dopo dilui, dai Romani per motivi di ordinepubblico. Figlio del suo tempo, perquanto geniale, Paolo non è esentedalle convinzioni sulla natura delladonna che abbiamo accennato sin quie la sua teologia agirà, com’è stato an-ticipato, su Agostino e Tommaso (e sututta la patristica e la tradizione sinoa G.P. II). La sua predicazione, ricava-bile dalle Lettere apostoliche e dagliAtti, è tesa ad esaltare le virtù ma-schili sottraendole quanto più possi-bile alla tentazione della carne, diffa-mando la donna e le “deviazioni” ses-suali. È la fondazione della teologiacelibataria.

Partiamo anche in questo caso dallafine, cioè dal vigente Catechismo del-la Chiesa Cattolica (CCC). In materiadi “ordinazione” [3] il CCC al §1577scrive: “Riceve validamente la sacraordinazione esclusivamente il battez-zato di sesso maschile [vir]”, citandoil canone 1024 del Codice di diritto ca-nonico, e prosegue con la motivazio-ne di questa esclusione: “Il SignoreGesù ha scelto uomini [viri] per for-mare il collegio dei dodici Apostoli, egli Apostoli hanno fatto lo stessoquando hanno scelto i collaboratoriche sarebbero loro succeduti nel mi-nistero”. Appigli neotestamentari so-no Mc 3,14-15 [4] e Lc 6,13 [5], passievangelici assai discussi su cui non cisoffermiamo, ed inoltre 1 Tm 3,1-13;2 Tm 1,6; Tt 1,5-9, relativi alla ripeti-zione da parte degli apostoli dell’azio-ne di Cristo. Nello stesso §1577 leg-giamo in conclusione: “La Chiesa siriconosce vincolata da questa sceltafatta dal Signore stesso. Per questomotivo l’ordinazione delle donne nonè possibile”. Che suona quasi come:“ammettendo per assurdo che sia de-siderabile, Dio non vuole, ce l’ha im-pedito il figlio in persona”, risponden-do all’assurdo con l’assurdo per l’in-

caprettamento [6] nel quale li soggio-ga la teologia stessa davanti alla Sto-ria.

Veniamo dunque alla teologia celiba-taria. Nel CCC al §1579 il celibato èdescritto come un segno della vitanuova “al cui servizio il ministro dellaChiesa viene consacrato; abbracciatocon cuore gioioso, esso annuncia inmodo radioso il regno di Dio”. Comegià anticipato è a Paolo che si deveguardare per comprendere questa“radiosa gioia”. Scrive questi a pro-posito della donna (1 Cor 7,1-2): “È co-sa buona per l’uomo non toccare don-na”, anche se poi aggiunge un inquie-tante: “tuttavia per il pericolo dell’in-continenza, ciascuno abbia la propriamoglie e ogni donna il proprio mari-to”. Perciò il celibato è la condizioneprivilegiata, ma il pericolo della carne(e la necessità della procreazione) in-duce al matrimonio (sacramento alter-nativo). Ne deriverà, come dicevamo,un dispositivo disciplinare che argo-menta dettagliatamente le modalitàristrette della procreazione all’inter-no del matrimonio, alla luce della con-cezione della donna. Nei secoli suc-cessivi, questa sessuofobia originaria,peserà come un macigno nella defini-zione di quella teologia morale, cheha consegnato alla storia l’idea delladonna come essere inferiore, del pia-cere (sessuale) come peccato morta-le, della sacra famiglia come modellosociale e ha portato i “padri” dellachiesa alle elucubrazioni più assurdeed atroci sulle presunte devianze dicui ad esempio, primi fra tutti, fanno(ed hanno fatto) le spese gli omoses-suali. Bernardino da Siena (†1444), so-lo per fare un esempio tra i mille pos-sibili, potrà così dire per sostenere ivantaggi del celibato davanti al pec-cato: “I coniugi sono immersi in unariprovevole ignoranza come un maia-le nel suo porcile pieno di merda” eaggiungere “è cosa depravata se unuomo ha un rapporto con la propriamadre, ma cosa molto più grave è seegli ha un rapporto contro natura conla propria moglie” [7]. Il rapporto con-tro natura costituirà l’incubo della re-ligione cattolica: discussioni infinitesulla posizione dell’atto sessuale, sul-la fellatio, il cunnilingus, la sodomia,l’onanismo, ecc., saranno argomentodi una vastissima manualistica in ma-teria di morale sessuale e la condan-na del piacere porterà, in considera-zione alle estreme conseguenze delbiopotere sul corpo della donna, il me-dico, teologo morale, padre trappista

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J.C. Debreyne nel 1842 a pronunciar-si favorevolmente per l’asportazionedel clitoride nelle ragazze, che non sa-rebbe utile alla procreazione e servi-rebbe soltanto al piacere [8]. Apogeoallucinante della millenaria costruzio-ne dei corpi docili tanto amati da san-ta romana chiesa.

Note

[1] Si deve al concilio di Efeso del 431.Questo attributo sconvolgente è il prodot-to di una strategia mariologica (esaltazio-ne del culto di Maria) tesa a colmare ilvuoto del divino al femminile nella religio-ne cattolica. In questo senso, da un puntodi vista storico religioso, chi scrive sostie-ne che la formazione del cristianesimo haprodotto un politeismo (le schiere dei san-ti) governato da una tetrarchia primariadi “superdei”, indipendentemente dalla

costruzione della teologia elitaria mono-teista. Lo scarto governato di questa“santa eresia” ha consentito di fatto l’at-traversamento dei venti secoli di storia ela diffusione della religione cattolica cosìcome la conosciamo oggi.[2] Uta Ranke-Heinemann, Così non sia,Rizzoli, Milano 1993, p. 210.[3] L’ordine, secondo il paragrafo 1536 delCCC, è “il sacramento grazie al quale lamissione affidata da Cristo ai suoi Apo-stoli continua ad essere esercitata nellaChiesa sino alla fine dei tempi: è, dunque,il sacramento del ministero apostolico” [sitratta della c.d. Teologia sacramentale,matrice degli scismi successivi e dell’at-tuale crisi, come nel caso del sacerdoziofemminile. Va ricordato, inoltre, che l’ordoè una istituzione romana diffusa nella cri-stianità da Cipriano (†258). N.d.A.].[4] “Ne costituì Dodici che stessero con luie anche per mandarli a predicare e perché

avessero il potere di scacciare i demòni”(segue elenco dei nomi).[5] “Quando fu giorno, chiamò a sé i suoidiscepoli e ne scelse dodici, ai quali diedeil nome di apostoli” (segue elenco dei no-mi).[6] Si tratta di una pratica omicidiaria inuso nella tradizione della criminalità orga-nizzata di stampo mafioso. Il soggetto èlegato, con il ventre a terra, da una corda,più corta del corpo, che collega gli arti in-feriori con il collo, cosicché quando è im-possibile tenere più a lungo questa posi-zione ad U, inizia, con il rilassamento deimuscoli, lo strangolamento che condurràa rapida morte.[7] Cit. da Uta Ranke-Heinemann, Eunu-chi per il regno dei cieli, Rizzoli, Milano1990, p. 200.[8] Cit. da Uta Ranke-Heinemann, Eunu-chi per il regno dei cieli, Rizzoli, Milano1990, p. 308.

La costruzione dell’Europa e la necessaria laicità di Joan Carles Marset*, [email protected]

“L’Unione si fonda sui valori indivisibili euniversali di dignità umana, di libertà, diuguaglianza e di solidarietà, l’Unione si ba-sa sui principi della democrazia e dello Sta-to di diritto”

(Preambolo della Carta dei Diritti Fonda-mentali dell’Unione Europea)

I valori e i principi raccolti nel Pream-bolo della Carta dei Diritti Fondamen-tali dell’Unione Europea, approvatadal relativo Parlamento, dal Consiglioe dalla Commissione, il 7 dicembre2000 durante il vertice di Nizza, sonosenza dubbio condivisi dalla maggio-ranza dei cittadini europei e di tutti imembri dell’Unione. Questi valori so-no il principio della nostra cultura epresuppongono un deciso contributoper la convivenza pacifica e il progres-so della società, anche se oggi sem-bra indiscutibile debbano fungere daguida per il nostro mondo.

Eppure, l’entrata di questi valori nel-la nostra cultura, anzi, la loro configu-razione, non è stato un fatto fortuito,ma dopo una lunga storia di disunio-ne e conflitti si è potuto farli nostri.Per questo, mettere in discussione il

tema della loro provenienza e delle ra-dici di un’entità socio-politica tantocomplessa come l’Europa – proprio inquesto momento di elaborazione del-la Costituzione – crea una certa diffi-denza, anche perché di questi valori,provenendo da tradizioni culturali eideologiche diverse, sarebbe impossi-bile determinarne l’origine culturaleconcreta e specifica.

Evidenziata questa premessa, non c’èmotivo di non riconoscere che ci siastato un “qualche” contributo da par-te del cristianesimo e, in minor misu-ra, del cattolicesimo alla cultura euro-pea e, insomma, alla costruzione diquegli ideali. Uguali meriti potrebbe-ro avere altre “culture” quali l’elleni-stica, la romana, l’ebraismo – radicedel cristianesimo – l’islam, l’illumini-smo o i socialismi di diversa matrice.Queste tradizioni, insieme a quellequi non elencate, sono più o meno im-parentate con le nostre radici più pro-fonde, anche se alcune hanno svoltoun ruolo esecrabile. Di fronte a que-sta constatazione, aprire un dibattitoper stabilire l’apporto di ognuna nellacostruzione dell’Europa può essereinopportuno.

Il fatto che la Costituzione europeadebba essere fondata sulla base diuna serie di valori che siano parte delpatrimonio di tutti i cittadini è fuoridiscussione. Bisogna ricercare unconsenso più ampio per stabilire qua-li siano gli ideali comuni, ma la pole-mica su quale sia la loro origine o pro-venienza, se debbano distinguersi peravere una o un’altra tradizione, puòsignificare soltanto un proposito:quello di ottenere un riconoscimentospecifico che giustifichi un privilegio.Dando priorità a una tradizione o un’i-deologia contribuiremmo solo a pol-verizzare la coesione tra i cittadini chedovrebbe esistere alla base di ogniprogetto democratico.

L’Europa è un’entità pluralistica in cuidovrebbero vivere insieme cittadini didiverse culture, con credenze diffe-renti o senza alcun credo e le leggi del-l’Unione dovrebbero quindi interes-sarsi soltanto di tutelare la libertà discelta individuale, unico obiettivo le-gittimo in base ai nostri valori comuni.Questo potrà essere ottenuto soltantosostenendo il carattere laico delle isti-tuzioni. Le confessioni cristiane, spe-cialmente la Chiesa cattolica, richie-

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dono invece un riconoscimento del“proprio” contributo ed esigono met-terlo per iscritto nel testo costituzio-nale. Tutto questo ci obbliga a riflette-re sulle ragioni di questa richiesta,perché l’accettazione di un tale privi-legio potrebbe essere un grave incon-veniente per i diritti e la libertà deglioltre 450 milioni di cittadini che l’annoprossimo, concluso l’ampliamento,formeranno l’Unione Europea.

L’edificazione dell’Europa ha assuntouna speciale rilevanza per le confes-sioni religiose man mano che il pro-cesso d’integrazione si è venuto svi-luppando e si è resa evidente la ne-cessità di avere una Costituzione chefissi, al di là degli interessi nazionali,un ambito comune per tutti i cittadi-ni. Il Vaticano è stato consapevole findall’inizio dell’importanza di preser-vare i privilegi della Chiesa negli Sta-ti dove gode di uno statuto speciale edi creare le basi per ampliarli ed in-fluenzare altri Stati tradizionalmentereticenti a fare concessioni alle con-fessioni religiose, in genere, e allaChiesa cattolica, in particolare.

La prima grande sfida in questo sen-so fu il processo di redazione dellaCarta dei Diritti Fondamentali. LaChiesa tentò fin dall’inizio d’influen-zarne l’elaborazione; a metà del 1999papa Giovanni Paolo II effettuò un si-gnificativo intervento davanti al Par-lamento nazionale della Polonia du-rante il quale avvertì i politici dei pe-ricoli che, a suo parere, minacciavanoil continente alle porte del nuovo mil-lennio. Il Papa lanciò l’idea di fondareun’Europa unita quale grande “Co-munità Europea dello spirito”, sullabase dei valori morali cristiani, e av-vertiva della possibilità che “la demo-crazia si alleasse con il relativismomorale e negasse alla persona i suoidiritti essenziali. La democrazia sen-za valori degenera facilmente in untotalitarismo aperto o mascherato”.Malgrado ciò, durante la redazionedella Carta, il Vaticano si comportòcon una certa moderazione, forse con-siderando che fosse scontato un rico-noscimento preminente del cristiane-simo nel nuovo ambito legislativo. Ladiplomazia vaticana presto si reseconto, invece, che la sua arroganzanon avrebbe trovato spazio di fronteall’atteggiamento dell’Europa demo-cratica.

L’approvazione della Carta dei DirittiFondamentali durante il vertice di

Nizza – senza che si sia riconosciutoalcun riferimento concreto alla religio-ne e al cristianesimo, nel Preambolo –nonostante non avesse effetti vinco-lanti, ha significato il trionfo della lai-cità europea e dello sforzo per ottene-re la totale uguaglianza di tutti i cit-tadini. Questo fatto comporta, tutta-via, un forte ribaltamento delle aspet-tative del Vaticano che si è reso con-to del pericolo con cui si confronta eha perciò scelto di cambiare strategia.Ha iniziato dunque a mostrare il pro-prio malessere rispetto alle decisionidi Nizza, ma anche a spingere per ac-cattivarsi i settori sociali e politici piùinclini ai suoi interessi, offrendo incambio l’assoluto appoggio dei catto-lici al processo di costruzione euro-peo.

In un messaggio inviato da GiovanniPaolo II al cardinale Antonio María Ja-vierre – soltanto una settimana dopol’approvazione della Carta, col prete-sto della commemorazione del XIIcentenario dell’incoronazione impe-riale di Carlomagno da parte di PapaLeone III – era possibile leggere co-me: “la Chiesa ha seguito con grandeattenzione gli eventi dell’elaborazio-ne di questo documento. Al riguardo,non si può nascondere la delusioneper il fatto che nel testo della Cartanon si trovi inserita nemmeno un’al-lusione a Dio, colui che, d’altronde,rappresenta la fonte suprema della di-gnità della persona e dei suoi dirittifondamentali”. Un mese dopo il pon-tefice manifestava questa stessa de-lusione ai rappresentanti del corpo di-plomatico accreditato presso la SantaSede: “è verso l’Europa che tanti po-poli guardano come modello di ispira-zione. Che l’Europa non dimentichimai le suoi radici cristiane che hannoreso fertile il suo umanesimo!”.

Un’allusione espressa a quelle “radi-ci” nella futura Costituzione aprireb-be le porte a un trattamento specialeper il cristianesimo da parte delle isti-tuzioni comunitarie, creando le basiper la concessione di vantaggi allechiese cristiane punendo gli altri cit-tadini europei, tanto quelli di altre re-ligioni come quelli non credenti o atei.Inoltre tale legittimazione costituzio-nale permetterebbe alla Chiesa diaspirare ad avere privilegi in quegliStati dove oggi non gode di un tratta-mento privilegiato. All’orizzonte siprofila che la Chiesa cattolica, al di làdi nuovi accordi di collaborazione consingoli Stati o con le istituzioni euro-

pee, nutra la speranza di negoziare unconcordato con l’Unione Europea chele permetta di estendere a tutto il ter-ritorio comunitario tante prebendestoriche delle quali ormai gode soltan-to in alcuni Stati membri. Questa pos-sibilità dovrà restare in sospeso finoa quando le condizioni politiche nonsaranno credute propizie per iniziaretali negoziazioni, ma non si può pro-prio scartare come eventualità, dati iprecedenti. Non si devono dimentica-re i concordati, tanto nefasti per l’Eu-ropa, come quello firmato tra SantaSede e Serbia nel giugno del 1914 che,tralasciando altre circostanze stori-che, si tradusse in una chiara umilia-zione per l’Austria proprio quattrogiorni prima dell’assassinio a Saraje-vo dell’arciduca Francesco Ferdinan-do, elemento scatenante della guerratra l’Impero Austro-Ungarico e la Ser-bia e quindi della Grande Guerra.

Lo stesso potrebbe dirsi delle mano-vre che si conclusero con i Patti late-ranensi tra la Santa Sede e l’Italia fa-scista di Mussolini, che permisero al-la Chiesa di recuperare la sovranitàsul territorio della Città del Vaticano.Così pure gli intrighi con i quali si rag-giunse un accordo con la Germaniadegli anni Venti e che finirono con ilconcordato, firmato nel luglio del 1933tra il segretario del vaticano EugenioPacelli – anni dopo asceso al tronopontificio come Pio XII – e il vicecan-celliere del III Reich, Franz von Papen,con il quale la Chiesa cattolica otte-neva importanti benefici in cambiodella resa al nazismo del cattolicesi-mo politico tedesco. Questo patto rap-presentò un riconoscimento impor-tantissimo al regime di Hitler, fino aquel giorno isolato internazionalmen-te. Neanche si deve dimenticare ilruolo del concordato con la Spagnadel 1953, proprio nel momento in cuila dittatura, politicamente isolata,aveva un più grande bisogno d’ap-poggio esterno.

Ciononostante, l’ambizione del Vati-cano per aumentare la propria in-fluenza in Europa non gli ha fatto tra-scurare l’importanza di preservare lapropria attuale situazione. La Chiesacattolica è consapevole che le sareb-be difficile mantenere la posizione at-tuale senza i privilegi di cui gode intanti Stati. I progressi della secolariz-zazione in Europa e il desiderio d’am-pi settori di contare in un contestoneutrale in materia di diritti e libertà– com’è stato espresso in occasione

della redazione della Carta – hannoavuto un forte appoggio. Di fronte aquesta minaccia la Chiesa cattolica habrigato per rafforzare la propria posi-zione con ognuno degli Stati comuni-tari. Lo stesso Pio XII fu colui che, nel1948, aveva affermato l’idea del cri-stianesimo come “eredità culturalecomune” con lo scopo di garantire ilruolo preminente della Chiesa cattoli-ca nell’incerta Comunità Europead’allora.

L’iniziativa del Praesidium della Con-venzione europea di includere nellasua proposta di Costituzione un arti-colo non previsto nel disegno iniziale– integrato nell’enunciato della Di-chiarazione numero 11, allegata alTrattato d’Amsterdam del 1997, sullostatuto delle chiese e delle organizza-zioni non confessionali, che salva-guarda lo statuto nazionale delle co-munità religiose – risponde con fedel-tà a quelle idee. Il risultato è l’attualeprogetto dell’art. 51, nel quale si di-chiara: “Status delle chiese e delle or-ganizzazioni non confessionali. (1)L’Unione rispetta e non pregiudica lostatus, previsto nelle legislazioni na-zionali per le chiese e le associazionio comunità religiose degli Stati mem-bri. (2) L’Unione rispetta ugualmentelo status delle organizzazioni filosofi-che e non confessionali. (3) L’Unionemantiene un dialogo aperto, traspa-rente e regolare con tali chiese e or-ganizzazioni, riconoscendone l’identi-tà e il contributo specifico”. L’aggiun-ta del terzo punto, simile a quantoproposto nel progetto dell’art. 46 del-la Costituzione per le associazioni cherappresentano la società civile, ri-sponde al desiderio di garantire undialogo specifico delle chiese con leistituzioni.

Finora sono stati presentati 35 emen-damenti al progetto dell’art. 51, deiquali 15 richiedono la sua completaeliminazione e altre 5 l’eliminazionedel terzo paragrafo. Alcuni di questisono devastanti, perché mettono indiscussione il fatto che una dichiara-zione non vincolante del Trattatod’Amsterdam debba essere inclusa a“sorpresa” e senza giustificazione.Sostengono che la Carta dei DirittiFondamentali – inclusa nell’art. 7.1 –già protegga la libertà di tutti i citta-dini; che i progetti degli art. 1, 5 e 9ormai contemplino la questione del ri-spetto delle tradizioni nazionali; chetrattare lo status delle organizzazioniconfessionali nel Titolo VI riguardan-

te “la vita democratica della Unione”sia una aberrazione poiché queste or-ganizzazioni non hanno un spirito de-mocratico; hanno allertato – riguardoal diritto “illegittimo” – che il paragra-fo terzo dell’art. 51 conferirebbe allechiese il diritto d’intervenire negli af-fari dell’Unione, quando il dialogo conle associazioni e con la società civilein genere è ormai protetto per l’art.46. Inoltre, sollevano la questione chel’Unione europea debba avere compe-tenze riguardanti la teologia o la filo-sofia.

L’approvazione dell’art. 51 comporte-rebbe ancora un pericolo in più per lalaicità perché il rispettare e non pre-giudicare “allo stesso modo” lo statu-to delle confessioni e delle organizza-zioni non confessionali nelle legisla-zioni nazionali, consoliderebbe di fat-to le discriminazioni attualmente esi-stenti, negando per il futuro qualsiasiprogresso nell’applicazione del “prin-cipio di uguaglianza democratica”presente nel progetto dell’art. 44 del-la Costituzione. Il secondo paragrafodell’art. 51 lascia le mani libere agliStati per continuare a negare le “or-ganizzazioni filosofiche e non confes-sionali”, poiché non stabilisce l’ugua-glianza di tutte le associazioni, masoltanto il rispetto del loro status at-tuale in ogni nazione, senza entrarenel merito sulla loro situazione di par-tenza.

Così com’è stata presentata la propo-sta, appare evidente come il proposi-to reale del progetto dell’art. 51 sia dimantenere senza modifiche i privilegidelle comunità religiose e lasciaraperta la via a una possibile evoluzio-ne nelle negoziazioni bilaterali conognuno degli Stati. A questo punto,l’inclusione di un riferimento alle pre-sunte “radici cristiane” dell’Europanel Preambolo costituirebbe un argo-mento definitivo per aprire agli inte-ressi delle chiese cristiane e frenare isuoi potenziali concorrenti, come l’Is-lam. Questo riferimento fa anche di-ventare difficile l’adesione all’Europadella Turchia, rimandata sine die nelvertice di Copenaghen, uno Stato lai-co ma a maggioranza musulmana. Unaltro obiettivo di questa strategia sa-rebbe la riduzione del secolarismo,che minaccia ogni volta di più l’ege-monia cristiana sull’Unione. Per il mo-mento la proposta del Preambolo pre-sentata dal Praesidium della Conven-zione ha un succinto riferimento alle“eredità culturali, religiose e umani-

stiche dell’Europa”, senza nessunamenzione diretta al cristianesimo.

La Costituzione Europea dovrebbestabilire i fondamenti con i quali por-re fine ad ogni pretesa di privilegio,che costituisca un limite al processod’autentica coesione sociale. Il pro-getto dell’art. 2 sui “Valori dell’Unio-ne” consacra la “dignità umana, liber-tà, democrazia, Stato di Diritto e ri-spetto dei diritti umani” come sup-porti dell’Unione Europea. Non si os-serva che questi valori provengono edanno inizio ad un debito speciale neiconfronti di una religione che, stori-camente, è sempre stata contraria alprogresso della libertà e della demo-crazia. Oggi, 10 dei 15 paesi dell’Unio-ne europea hanno un regime di reli-gione di Stato o mantengono attivi evantaggiosi concordati con la SantaSede. La Costituzione dovrebbe costi-tuire l’antidoto necessario per supe-rare questi anacronistici resti dell’an-tico regime. Per quanto riguarda laSanta Sede, è uno Stato sovrano e perquesto non le dovrebbe essere per-messa alcuna intromissione negli af-fari interni dell’Unione europea. Iltrattamento riservato alla Chiesa cat-tolica non dovrebbe essere diverso daquanto assicurato alle altre organiz-zazioni sociali, incluse le confessionireligiose, né si dovrebbe permettereai suoi membri, in virtù del possessodi un trattamento privilegiato, di agi-re per conto della Santa Sede se que-sta va contro gli interessi dell’Unioneeuropea, altrimenti equivarrebbe astimolarne la disaffezione. Soltanto sel’Europa avesse un ambito assoluta-mente laico si potrebbe permetterealle confessioni di professare libera-mente le proprie fedi.

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Della qualità del clero.I risultati di un’indagine e la loro verifica sul campodi Raffaele Carcano, [email protected]

Per quanto riguarda i “diritti umani”,il contributo delle religioni è ancorapiù discutibile. Segnaleremo soltantocome la Santa Sede sia una monarchiaassoluta i cui principi non sono com-patibili con la democrazia, né ancoraha firmato la maggioranza dei trattatiinternazionali sui diritti umani propo-sti dalle Nazioni Unite, tra cui alcunicosì rilevanti quali il Patto Internazio-nale dei Diritti Civili e Politici, il cuiProtocollo primo e secondo sancisco-no l’abolizione della pena capitale, ilPatto Internazionale dei Diritti Econo-mici, Sociali e Culturali, la Convenzio-ne Internazionale sulla Eliminazione

di tutte le Forme di Discriminazioneverso la Donna, e così ancora un cen-tinaio di accordi diversi.

La nostra società non può rassegnar-si a essere un semplice amalgama dicomunità religiose o laiche, etniche onazionali, una semplice summa di col-lettivi con interessi egoistici, ma de-ve puntare invece a diventare un’en-tità composta da liberi e responsabilicittadini pronti a condividere unostesso destino. Questo comportereb-be rispettare le differenze, ma anchegarantire i diritti e le libertà di tutti icittadini e mantenere una rigorosa se-

parazione tra il bene di tutti e gli in-teressi dei gruppi particolari. L’Euro-pa ha di fronte un’opportunità stori-ca, ma avrà bisogno della laicità perraggiungere un’autentica coesionesociale e preservare quei valori che l’hanno portata alle più alte vette diprogresso, giustizia, pace e benesse-re per i suoi membri.

(Traduzione dallo spagnolo di AlbertoPizarro, [email protected]).

* Geologo e editore. Vicepresidente di“Ateus de Catalunya”.

1. Premessa

L’ateo e il prete non sono portati, qua-si per definizione, a dialogare fra loro.Hanno però in comune l’essere forseun po’ fuori dal tempo, in una societàche non si sofferma granché sui mas-simi sistemi: con il risultato che, cer-te volte, fanno la figura del marzianoe del venusiano che tentano di parlar-si nella lingua di un terzo pianeta. Ul-timamente capita che il “contatto” sistabilisca su iniziativa dell’acattolico,che scrive alla parrocchia dove fu bat-tezzato per comunicare ufficialmenteil proprio abbandono. La novità scuo-te il destinatario della missiva, chereagisce talvolta imprevedibilmente.Questo testo nasce per documentarealcune significative risposte, cercan-do di analizzarle alla luce di una re-cente pubblicazione sui sacerdoti etentare così di dare una valutazione,per quanto sommaria, della qualitàdel clero italiano.

2. Un’indagine sul clero

A cura del sociologo Franco Garelli,nel 2003 è stata pubblicata per i tipidel Mulino la ricerca Sfide per la Chie-sa del nuovo secolo – indagine sul cle-ro in Italia (356 pagine, 22 €). Condot-ta da Eurisko su un campione di 800sacerdoti impegnati nell’attività dibase, è commentata in otto saggi di

diversi autori (fra cui due teologi),preceduti da un’introduzione dellostesso Garelli. Nel testo non si accen-na quasi mai ai non credenti. Sonotuttavia presenti, quasi come un con-vitato di pietra, nella disamina del fe-nomeno della secolarizzazione, findall’incipit della prima analisi: “Quan-do si parla di secolarizzazione conven-zionalmente si fa riferimento alla per-dita d’influenza della religione deli-neatasi con l’avvento della moderni-tà. Per varie ragioni si è verificato ilpassaggio da un mondo tradizionale,in cui la religione costituiva la princi-pale risorsa simbolica per spiegare elegittimare l’esperienza, a un conte-sto socio-culturale in cui si affermanovisioni non religiose del mondo e del-la realtà”.

I sacerdoti sembrano consci della si-tuazione. I tre più rilevanti problemiecclesiali sono secondo loro la crisidelle vocazioni [1] (per il 53,6% delcampione), la difficoltà di trovare illinguaggio adeguato per annunciareil Vangelo (43,5%), la difficoltà di pro-porre il Vangelo in una società seco-larizzata (41,7%). “Per contro, i pretiitaliani sembrano meno preoccupatidelle minacce che derivano alla fedecristiana da fattori ritenuti esterni,rappresentati dalla concorrenza di al-tre fedi religiose e dalla presenza di

nuove offerte tipica di una societàpluralistica”. Ne consegue che unodei maggiori problemi pastorali per laChiesa è agire come se l’Italia fosseancora cattolica (67%). Secondo Raf-faella Ferrero Camoletto, “con il rag-giungimento della condizione adulta,i soggetti si emancipano dal mondoparrocchiale, alimentando l’erosionedi quell’asse famiglia-Chiesa che co-stituiva il tessuto connettivo della vi-ta ecclesiale. Ciò considerato, parevelleitario continuare a considerarel’Italia un paese cattolico”, e “sembraprevalere una mentalità che mal siconcilia con il nucleo del Vangelo, inuna società che di fatto pare sconfes-sare l’identità cattolica che pur anco-ra proclama”.

Secondo Garelli, “nella percezione delclero vi sono numerosi indizi che ilcattolicesimo vissuto e partecipato èormai un fenomeno di minoranza an-che nel nostro paese; e ciò guardan-do sia ai grandi numeri sia all’espe-rienza quotidiana”. Tale percezioneporterebbe i sacerdoti alla constata-zione che “le società occidentali stan-no perdendo la loro ispirazione cristia-na”. Garelli, benevolmente, sostieneche “il prete non è solo un uomo delsacro, ma anche un acuto sensore (di-retto o indiretto) delle dinamiche delnostro tempo”. Egli percepisce che

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gran parte dei parrocchiani si rivolgea lui richiedendo soprattutto un aiutomateriale, oltre a qualche sacramen-to ogni tanto: e constata come la pre-senza dei giovani, la pratica della con-fessione, la frequenza alla messa do-menicale siano notevolmente calatenegli ultimi 10-15 anni [2]. Per quantoriguarda la partecipazione alle funzio-ni, solo il 12,1% dei sacerdoti ritieneche essa superi il 30% della popola-zione di riferimento della parrocchia.Va rilevato, al proposito, che una re-cente indagine della stessa Euriskoha stimato al 29,3% la percentuale dipopolazione che si reca a messa alme-no una volta alla settimana [3]. Talecospicua differenza viene giustificatadagli autori o come una sottostima delfenomeno da parte del clero, oppurecome l’inizio di un processo di erosio-ne nella frequenza sulla falsariga dialtri paesi europei, anche cattolici, do-v’è precipitata sotto il 10% della po-polazione adulta: ritengo invece piùpersuasivo pensare che le stime deisacerdoti siano maggiormente vicineal vero, e che nei vari sondaggi demo-scopici le persone contattate si defi-niscano cattoliche praticanti anchequando non lo sono.

Le conseguenze che traggono i prela-ti dalle loro stesse riflessioni non so-no però quelle che ci aspetteremmo:“Qualora fossero chiamati a compiereuna scelta netta fra una Chiesa forte-mente testimoniale e ben curata maminoritaria e una Chiesa più dimessae meno lucida nel proporre il messag-gio evangelico, ma più accogliente emeno esigente, la maggior parte di lo-ro opterebbe per la seconda”. È il te-ma, discusso tante volte ed inevita-bilmente riproposto anche da questaindagine, della mancanza di coerenzadella Chiesa cattolica, della fratturanetta tra le impegnative richieste aipropri fedeli e la supina accettazionedi qualsiasi rito di passaggio (battesi-mi, comunioni, cresime, matrimoni,funerali) venga richiesto da personeche si recano in parrocchia solo in talioccasioni. Un sacramento lo si conce-de a tutti: solo il 9,5% del campionesostiene di averlo “talvolta” negato.

La strategia adottata per fronteggia-re la secolarizzazione non può quindiche essere conservativa, come si evin-ce da diverse affermazioni degli auto-ri dei saggi. “Alla difficoltà oggettivadi parlare di Dio in una società seco-larizzata fa dunque da contraltare latendenza al ripiegamento difensivo,

per cui l’obiettivo diventa mantenerele posizioni consolidate e non perde-re terreno”, così che i problemi sem-brano risolubili “con un disegno di ag-giornamento”, senza che si metta indiscussione “la plausibilità stessadella fede cristiana nella società con-temporanea”. E nessun esame di co-scienza: certo sono soprattutto “i sa-cerdoti più anziani e che operano incontesti più tradizionali che sottoli-neano come il problema sia più nellagente e nel mondo che nella Chiesa”.Ma comune al clero giovane o urbanoè l’opinione che “la sfida trasversaleè contrastare la secolarizzazione del-le coscienze attraverso un’azione pa-storale sinergica nei confronti dellefamiglie da un lato e dei singoli dal-l’altro”, e che “la missio ad gentes(l’annuncio del Vangelo a chi ancoranon lo conosce) sia la vera vocazionedegli ambienti religiosi”. Il 34,6% deisacerdoti si sente e si percepisce co-me un missionario in una società se-colarizzata: è con costoro, probabil-mente, che finiscono per impattare gliatei e gli agnostici.

3. Una verifica sul campo

Sembrerebbe che gli italiani non nu-trano un’opinione lusinghiera nei con-fronti della parrocchia: il voto che ledarebbero, in una scala da 0 a 10, èad esempio 5,1 [4], mentre secondo il56,7% della popolazione, se la parroc-chia chiudesse, la vita sociale dellacomunità non ne risentirebbe [5]. Giu-dizio probabilmente condiviso da co-loro che hanno incontrato probleminel vedere soddisfatta la propria vo-lontà di non essere più consideraticattolici [6]. In qualità di responsabiledel sito, attraverso il quale l’UAAR hadiffuso il facsimile di richiesta, ho avu-to modo di raccogliere molte lamen-tele verso le parrocchie. La stragran-de maggioranza di queste riguardaancora oggi la mancanza di una rispo-sta: nonostante diversi parroci abbia-no perso tutti i ricorsi davanti al Ga-rante della privacy che abbiamo sug-gerito di fare a coloro che non ricevo-no risposta o la ricevono negativa,nonostante la stampa si sia interes-sata alla questione, nonostante laConferenza Episcopale abbia divulga-to circostanziate istruzioni per il trat-tamento delle istanze [7]. Quando lerisposte vengono fornite, però, ancheil contenuto lascia talvolta perplessi.

A.A. [8] ad esempio, riceve una lette-ra con cui il suo parroco rifiuta di ef-

fettuare l’annotazione sul registro, senon in presenza di “un’ingiunzione”da parte del vescovo. Aggiunge istin-tivamente, da buon confessore, di vo-lerne conoscere il motivo, per poipiazzare la zampata: “Mi tengo la ‘ri-sposta’ che istintivamente mi sorge”,concludendo poi con un “mi perdoni,ma la freddezza del suo ‘documento’[9], non riesco a qualificarlo come unalettera, non mi stimola ad aggiungerealtro”.

B.B. riceve anche una lezione di cate-chismo: “Il battesimo è indelebile, co-me lei ben sa. D’altra parte un fattoche è avvenuto, come il battesimo,non può essere dichiarato non avve-nuto, a capriccio; fa parte del passatoe non può più essere cambiato; lei, na-turalmente, può decidere di non vive-re più secondo il battesimo ricevuto,è una sua responsabilità davanti aDio, anzitutto, e davanti alla sua fa-miglia e alla chiesa, ma io, per fedeltàal mio compito di parroco e, quindi dicustode del patrimonio documentaledella parrocchia, non sono abilitato afare ciò che lei mi chiede”.

Anche il parroco di C.C. insiste chenon si può modificare l’atto di batte-simo: “Nessuno può modificare il Re-gistro o l’Atto storico. Le faccio pre-sente che in ogni caso di fatto il Sa-cramento del Battesimo rimane ineterno. Come credente e parroco, purprendendo atto con grande doloredella sua richiesta e rispettando lasua libertà, le assicuro che se lei aquesta richiesta intende rifiutare laChiesa Cattolica, né la Chiesa e tantomeno Dio, la rifiutano”.

Anche la richiesta di D.D. s’imbatte inun parroco teologo: “Mi dispiace chelei sia così tormentato al punto da ri-correre al tribunale civile per affron-tare una questione religiosa e facileda risolversi senza scomodare l’art. 13della legge n. 675/1996. Le faccio pre-sente che i suoi dati sono nell’archi-vio parrocchiale e io non posso mano-metterli né stracciarli. Se pur tutti idocumenti siano distrutti, la ‘copiaoriginale’ del Battesimo è in Dio e Dionon cancellerà mai un atto sancito an-che se nella pratica c’è rifiuto e nonsi vive: nessun atto umano è tanto po-tente da superare un atto divino. Nel-la mia libertà posso rifiutarlo, però”.In tutti questi casi, dunque, si frain-tende palesemente il contenuto dellarichiesta (di annotazione e non di can-cellazione): si rimprovera la non cono-

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scenza della dottrina al richiedente,quando invece è il parroco a ignorarela giurisprudenza e la stessa normati-va interna ecclesiastica.

Talvolta dall’invio della lettera scatu-risce un faccia a faccia. E.E., in man-canza di una risposta, si reca dal par-roco, che gli ribadisce però che “nonse la sente” e che “non può scrivereniente sul registro dei battezzati”.Nel caso di F.F. è invece lui a riceverela visita: “Il parroco mi ha fatto riave-re la lettera dicendo che lui dai suoisuperiori non ha avuto disposizioniper annotazioni nel registro dei bat-tezzati e che la mia volontà di rinun-ciare alla fede cattolica è ben testimo-niata dalla lettera che gli ho fatto ave-re (e che mi ha restituito!). E poi hadetto che se in un futuro io rinuncias-si a questa volontà (cioè volessi tor-nare ad essere battezzato) lui non sa-prebbe come muoversi”. G.G. segna-la: “Il parroco si presenta a casa miacomunicando di aver ricevuto la let-

tera, ma di non essere in grado di darseguito alla mia richiesta. Egli così so-stanzialmente motiva il diniego: (1) ècustode del registro, ma non può ap-porvi note se non viene espressamen-te autorizzato dalla curia; (2) non es-sendo stato lui l’estensore dell’attonon può modificarlo. Io avrei indiriz-zato il modulo alla persona sbagliata:il parroco anziché il vescovo”.

Abbiamo quindi un’altra serie di te-stimonianze nelle quali il rifiuto del-l’annotazione viene motivato con l’as-senza di istruzioni dall’alto: istruzioniperaltro già in possesso dei parroci,risalendo infatti il Decreto CEI addi-rittura all’ottobre del 1999. Se ne puòtrarre una prima conclusione: in pre-senza di un’istanza redatta ai sensi dilegge, ed in assenza di cognizioni sul-la stessa, il clero italiano non si infor-ma sui contenuti della legge, ma cer-ca conforto nella dottrina cattolica: enon essendo quest’ultima una fontericonosciuta dalla giurisprudenza ita-

liana, si espone così ai ricorsi pressoil Garante.

Sarebbe però semplicistico pensareche l’intimazione a procedere li per-suada. È assurto agli onori della cro-naca nazionale il caso del nostro so-cio Gianni C., il cui parroco ha addi-rittura denunciato il Garante stesso,prima di ritirarsi in buon ordine su in-vito della stessa CEI [10]. Ma H.H. ciha informato che “sul registro dei bat-tezzati era stato anche annotato, in-spiegabilmente, che ero entrato a farparte dei testimoni di Geova, il che èassolutamente falso”, e deve quindiproseguire nel ricorso. Il parroco diI.I., che già in precedenza, sollecitatodal Garante, aveva presentato comememoria difensiva un patchwork difrasi di un monsignore, dopo aver per-so il ricorso riceve la richiesta di pa-gamento delle spese. Così replica aI.I.: “Ritengo la sua estremamente of-fensiva e che poco si addice alle buo-ne regole di comportamento che de-

Un certificato di battesimo e relativa annotazione del parroco di abbandono della Chiesa cattolica.

vono regolare i rapporti tra le perso-ne (bastava una telefonata oppure re-carsi presso l’ufficio parrocchiale). Senon ha percepito i 125 Euro a lei do-vuti questo è semplicemente da im-putarsi al fatto che lei non mi ha maifatto pervenire la banca d’appoggioper relativo bonifico: quindi non mianegligenza!!! (N.d.A.: il parroco sem-brerebbe non conoscere altre formedi pagamento). Provvederò dunqueentro ‘dieci giorni’ al bonifico a suo fa-vore: La informo altresì che le speserelative all’annotazione a margine delregistro ed altri disguidi arrecatimiammontano a 350 Euro da liquidarsial più presto”. Richiesta strampalataa cui, ovviamente, non è stato dato al-cun seguito.

Diverso ancora il caso di chi ottienesoddisfazione, magari dopo alcunisolleciti. Si riceve conferma dell’avve-nuta annotazione, non senza peròche venga ammannita una solennepredica. Ad esempio L.L., atea, rice-ve da un monsignore della Curia diTorino questa missiva: “Spero che laSua ricerca di fede abbia un seguitoe che Lei possa un poco alla volta ri-scoprire il valore oggettivo di molterealtà che al presente possono risul-tarLe per tanti motivi, anche contin-genti, offuscate. Mi unisco volentierinella preghiera e La ossequio”. M.M.viene invece considerato un emargi-nato: “Il parroco mi ha fatto un lungoresoconto cronologico sulle tappe delmio ‘cammino spirituale nella suachiesa’, con ripetuti richiami alle in-tenzioni dei miei genitori, dei padrini,della comunità ecc. nonché al fattoche ‘a 13 anni, e precisamente in da-ta 23 aprile 1978, M.M. fa richiesta diprima persona al parroco di allora diaccostarsi al sacramento della confer-mazione’, concludendo che avrei ri-chiesto l’auto esclusione dalla ‘comu-nità di xy’, concetto quest’ultimo ri-badito più volte, nel tentativo oltre-tutto maldestro di creare un’ugua-glianza e una simbiosi tra la comuni-tà in cui vivo e la chiesa che egli rap-presenta”.

Certo è che la peggior situazione sicrea quando il parroco, violando lalegge, avvisa la famiglia del richie-dente. N.N. scrive: “Con mia grandesorpresa, vengo informato da mia ma-dre in persona, decisamente sciocca-ta a giudicare dal tono di voce, che midice che il Parroco ha ricevuto la mialettera e ha pensato bene di chiedereconferma a lei delle mie intenzioni ...

Sinceramente non ho parole”. Ancorapeggio va ad O.O.: “Questo prete haricollegato di chi ero figlio, ha contat-tato mia nonna, mettendola in agita-zione (ha 87 anni), dicendole che suonipote aveva rinnegato la fede catto-lica. Mia nonna, allarmata, telefona amia madre amplificando ancor di piùl’accaduto, dicendole che avevo com-binato un macello. Io quel giorno ri-entro a casa (ancora non sapevo nien-te), mi ritrovo mio padre e mia madreincazzati neri, con la tipica faccia cheassumono quando mi devono sforna-re il sermone di rimprovero. Nono-stante i miei 20 anni, ho dovuto la-sciar cadere la questione per evidenticontrasti in casa; mia madre ha tele-fonato al prete dicendogli che mi erosbagliato; io per adesso ho deciso dinon insistere, almeno fino a che nonme ne vado di casa”.

Si può notare come la casistica sia as-sai variegata. Potrà forse cambiare laforma, ma la sostanza è quella di unosmaccato fastidio per le richieste ri-cevute. Sono casi isolati, o spie di unatteggiamento diffuso? Per risponde-re alla domanda può tornare ancorauna volta utile l’Indagine sul clero.Scrive Enzo Pace nel contributo dedi-cato all’identità del prete: “Tornare ditanto in tanto ad ascoltare voci ester-ne al mondo strettamente clericale,per capire che cosa accade nella so-cietà, appaiono attività non essenzia-li alla maggior parte degli intervista-ti” [11]. Leggiamo anche quali requi-siti siano oggi ritenuti necessari persvolgere al meglio la missione di pre-te: l’86,1% risponde “una spiritualitàe una vita di preghiera”, ma solol’11,3% “uno spirito sereno con capa-cità di sdrammatizzare”, e solo il10,7% “l’intelligenza e il buon senso”.Infine, analizziamo meglio la statisti-ca dei problemi ritenuti più rilevanti:le vocazioni e la secolarizzazione, co-me già detto, ma non la qualità dei sa-cerdoti; solo il 17,6% del campione ci-ta l’impreparazione del clero e solo il13,1% pensa che i vescovi non sianoall’altezza. Il quadro che emerge èquindi sufficientemente delineato:siamo in presenza di un clero molto“spirituale”, che non ritiene che laformazione, la preparazione e il con-fronto siano qualità fondamentali. Lerisposte sono peraltro in sintonia conla strategia conservativa di cui si par-lava in precedenza: la “colpa” è deicittadini, non certo della Chiesa. So-no i non più credenti che non se nerendono conto. Ed il loro comporta-

mento non è comprensibile, alla lucedella dottrina [12].

Rimane un ultimo dubbio: quanto inalto si spinge questo atteggiamento?Abbiamo già visto che sono pochi i sa-cerdoti a ritenere i loro vescovi non al-l’altezza. Eppure le segnalazioni per-venuteci coinvolgono anche le più al-te gerarchie. P.P. è costretto a solleci-tare l’arcivescovo di Spoleto, che daquasi un anno non evade la richiestatrasmessagli dal parroco. Esattamen-te all’opposto, Q.Q. riceve l’invito dal-la diocesi di Padova a rivolgersi al par-roco, con la richiesta perentoria di in-dicare esattamente la data di battesi-mo: data che gli è evidentemente sco-nosciuta, essendo i genitori da tempodefunti. Lo stesso monsignore di To-rino che ha appioppato una predica aL.L. deve essere sollecitato più volteda R.R. a rispondere per iscritto e nonverbalmente, cosa che infine esegueclonando la risposta precedente. Lasignora S.S., non conoscendo il nomedella parrocchia dove era stata bat-tezzata da neonata, ha inoltrato la ri-chiesta alla Curia di Napoli: questa,oltre a dichiararsi incapace di indivi-duare la parrocchia, si è rifiutata diprocedere ad alcuna annotazione, re-stituendo anzi la missiva originale al-la richiedente. Un vescovo toscanosolletica T.T.: “Se vorrà presentarsipersonalmente potrò darle una mialettera ragionata su la vera identità diGesù che scrissi tre anni or sono ...”.La diocesi di Milano invita U.U. a re-carsi personalmente presso la parroc-chia di battesimo. Esponenti del vica-riato di Roma hanno chiesto a V.V.,Z.Z. ed altri ancora di presentarsipresso di loro per discutere personal-mente la questione.

La situazione descritta presenta po-che rose e molte spine. Il clero italia-no si rivela impreparato di fronte aduna delle sfide che la proteiforme so-cietà contemporanea gli presenta. Aldi là della tematica specifica, che ri-veste indubbiamente caratteristichepeculiari, andrebbe sempre tenutopresente che i sacerdoti sono, perquanto indirettamente, stipendiatidallo Stato attraverso il gettito dell’8per mille. E lo Stato è formato da tut-ti i cittadini, anche da quelli non cat-tolici. Quantomeno dovrebbero esse-re assicurati una maggiore consape-volezza del proprio ruolo, un più altorispetto verso il prossimo, una miglio-re conoscenza della legge. Bastereb-be soltanto, forse, convincersi che agli

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italiani, in materia di fede, è concessoda tempo pensarla diversamente.

Note

[1] Confermata dall’invecchiamento delclero. Il 18,3% dei 37mila sacerdoti in ca-rico all’Istituto per il sostentamento delclero ha più di 75 anni, il 43,1% ha più di64 anni, il 64% ha più di 55 anni.[2] Peraltro già nel 1990, secondo un son-daggio Doxa pubblicato da “Avvenire”, ilproblema principale per i sacerdoti nellosvolgimento della loro attività era ritenu-to il fare avvicinare i non praticanti allachiesa (secondo il 71% del campione).[3] Dato pubblicato dal quotidiano “la Re-pubblica” il 22 giugno 2003.[4] Dato pubblicato dal quotidiano “il Mes-

saggero” il 15 febbraio 2000, tratto da unsondaggio di Ermeneia-Ac Nielsen.[5] Dato tratto da Vincenzo Cesareo (a cu-ra di), La religiosità in Italia, Mondadori1995.[6] Per una più ampia trattazione di que-sto tema rimando al mio articolo Atei allameta. I vescovi hanno riconosciuto il dirit-to di non far parte della Chiesa cattolica,apparso sul n. 1/2003 (25) di questa rivi-sta. [7] Tuttavia, dalla stessa Indagine sul cle-ro emerge che solo il 30,4% dei sacerdotilegge con una certa regolarità i documen-ti della CEI.[8] Tutte le iniziali utilizzate sono ovvia-mente di fantasia.[9] Il “documento” non è altro che il facsi-mile scaricabile dal website del Garante:

a cui andrebbe quindi attribuita la respon-sabilità della presunta freddezza.[10] Cfr. l’articolo di Jenner Meletti, La mialunga battaglia per essere sbattezzato, su“la Repubblica” del 13 luglio 2003. [11] La scarsa propensione all’ascolto èuna caratteristica conclamata dello stes-so Karol Wojtyla: cfr. Juan Arias, L’enigmaWojtyla, Borla 1986, pp. 32, 106 e 149; Fi-lippo Gentiloni, Karol Wojtyla, Baldini &Castoldi 1996, p. 21; Marcello Vigli, I giu-bilei del Novecento, Datanews 1999, p.135.[12] Da notare che l’ateismo è anche ma-teria d’insegnamento nel percorso forma-tivo dei preti, in base al Regolamento de-gli studi teologici dei seminari maggiorid’Italia. Cfr. Marcello Offi, I preti, il Muli-no 1998, pp. 40-41.

“Lo shock primario” di Luigi De Marchidi Rosalba Sgroia, [email protected]

Lo schema interpretativo propostonel libro consente di rendersi conto,non solo delle molteplici elaborazionipsicologiche e culturali dell’angosciadi morte, ma anche come queste ab-biano causato una serie di danni gra-vissimi all’umanità.

Abbandonato l’assunto, prima soste-nuto, che considerava l’essere umano– fondamentalmente sereno e pacifi-co – trasformato di volta in volta in vit-tima e carnefice dalle strutture socialioppressive e repressive (dalla “socie-tà malata”, secondo il determinismosociologico), l’autore ha ultimamenteconcepito uno schema interpretativodell’intero processo dell’evoluzioneculturale umana per spiegare, in ter-mini psicologico-esistenziali, propriola natura negativa di una società cheda sempre ha provocato infelicità, di-struzione, sfruttamento, violenze,ecc. Come si sarebbe originata, spe-cialmente in epoca pre-culturale, que-sta struttura malata e violenta, par-tendo da una base umana tendenteall’armonia e alla bontà? Ripercorren-do le tappe teoriche di noti filosofi, so-ciologi e psicologi, specialmente rie-saminando gli studi di Freud sull’i-stinto di morte e quelli di Reich sul-l’angoscia dell’orgasmo, il De Marchiinizia ad ipotizzare che la morte, o me-

glio, l’angoscia di morte, abilmente ri-mossa in tutte quelle teorie interpre-tative (proprio secondo il noto mecca-nismo difensivo freudiano), abbia pro-vocato nell’uomo primordiale “… unareazione di terrore e di panico […] de-finita shock esistenziale che sta allabase della nascita e di molti sviluppidella cultura umana, se per culturas’intende […] la produzione di idee,fantasie, miti, credenze …”. Il De Mar-chi è consapevole che è impossibiledimostrare, senza ombra di dubbio,quando la scimmia umana iniziò adarsi questo tipo di cultura (non quel-la cosiddetta “materiale”, privilegia-ta dagli studi marxisti); tuttavia notache “… il più antico documento di cul-tura umana […] finora conosciuto […]sono le sepolture neandertaliane delpaleolitico medio”.

La particolare posizione rannicchiata,i resti di cibo fossilizzati, insommatutta una ritualizzazione della sepol-tura deducibile da questi elementi, la-scerebbe supporre (l’autore affermacon certezza) l’esistenza di una capa-cità ideativa, un’elaborazione mitico-fantastica, secondo la quale s’inizia-va a credere ad una vita oltre la mor-te, proprio negando la morte stessa;una sorta, quindi di difesa psichicacontro lo shock primario, cioè l’inevi-

tabilità della propria morte. Anche iriti d’iniziazione, caratterizzati dalpassaggio da una morte simbolica aduna rinascita, sembrano essere “…un’altra testimonianza dal carattereprimario e prioritario della negazionedella morte rispetto a ogni altra moti-vazione culturale”. Anche in altre ci-viltà antichissime si nota l’ossessionee il terrore di morire, per esempio inquella egizia. Dunque, l’autore sostie-ne che ogni tipo di cultura ha posto lebasi sullo shock esistenziale e sul bi-sogno emozionale immediato e nonconsapevole di difendersi dall’ango-scia di morte, sopraggiunta contem-poraneamente alla nascita della co-scienza.

Ma a questo punto è naturale chie-dersi: cosa ha spinto, allora, l’uomo adaccanirsi contro le altre genti? Nonsarebbe bastata la capacità di crede-re in una vita ultraterrena, per esor-cizzare la morte? La spiegazione, ov-viamente, va data in chiave psicologi-ca. Tra gli egizi ed in altre culture, laconcezione della morte, come castigoe punizione e la parallela necessitàd’espiare la colpa presunta o quella disedare l’ira delle divinità offese,avrebbe innescato un meccanismo

(continua a pag. 18)

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CONTRIBUTI

COSTITUZIONE EUROPEA

EHF/FHE UAARFederazione Umanista Unione degli Atei e

Europea degli Agnostici Razionalisti

LA LAICITÀ INDISPENSABILEper l’uguaglianza dei cittadini davanti alle istituzioni

Roma, 29-30 novembre 2003 – Sala dei Dioscuri, Via Piacenza 1

Sabato 29 novembre: Rapporti Stati-Chiese09.30 Apertura dei lavori: Presiede Valerio Pocar (Docente di Sociologia del Diritto, Università degli Studi Milano-Bicocca,

Presidente della Consulta di Bioetica)

Vera Pegna (Vice segretaria UAAR, Vice presidente EHF/FHE): Le ragioni di un convegno

Mario Alighiero Manacorda (Storico della Pedagogia, Università La Sapienza, Roma): Il valore della laicità nella formazione dell’uomo

Giuseppe Ugo Rescigno (Docente di Diritto Costituzionale, Università La Sapienza, Roma): La Costituzione europea, quali prospettive di laicità per l’Europa

Piero Bellini (Docente di Diritto Ecclesiastico, Università La Sapienza, Roma): Titolo da definire

Georges Liénard (Segretario generale EHF/FHE, Bruxelles): Che cosa nasconde l’articolo 51 della Costituzione europea?

13.00 Dibattito

13.30 Pausa pranzo

15.00 Ripresa dei lavori: Presiede Steinar Nilsen (Presidente EHF/FHE, Norvegia)

Henri Peña-Ruiz (Docente di Filosofia del Diritto, Institut d’Études Politiques, Parigi): La laicità per l’uguaglianza dei diritti in Europa

Anthony C. Grayling (Docente di Filosofia del Diritto, Birbeck College, Università di Londra): Perché la sfera pubblica deve essere laica

Marco Chiauzza (Comitato Torinese per la Laicità della Scuola): Proposte per una scuola laica

16.30 Dibattito Interventi programmati di:Giorgio Bogi (Camera dei Deputati, Italia): La Chiesa in ParlamentoAdam Cioch (giornalista di “Fakty i mity”, Varsavia): Lo stato conquistato: rapporti Stato-Chiesa in PoloniaMonika Zorn (Bund gegen Anpassung, Friburgo): Il concordato di Hitler e il diritto vigente in GermaniaFlorian Ballhysa (Comitato di Helsinki, Tirana): Il caso dell’Albania, uno stato laico

18.30 Proiezione Video: 2500 anni di pensiero libero prodotto dal Centro di Azione Laica, Bruxelles

Domenica 30 novembre: Esperienze di laicità09.30 Apertura dei lavori: Presiede Vera Pegna (Vice segretaria UAAR, Vice presidente EHF/FHE)

Franca Eckert Coen (Consigliera delegata alle politiche di multietnicità, Comune di Roma): Le politiche di non discriminazione della Città di Roma

Marianne Marchand (ex Presidente della Humanistisch Verbond België, Bruxelles): Lo sviluppo della laicità in Belgio

Marie-Ange Cornet (Centre d’Action Laïque, Bruxelles): La pratica popolare della laicità

Valeria Ajovalasit (Presidente Arcidonna, Palermo): La laicità indispensabile per la libertà della donna

Giorgio Villella (Segretario nazionale dell’UAAR, Padova): Lotte laiche in Italia

Nicolas Pomiès (Union des Familles laïques, Parigi): La laicità, un obiettivo delle lotte sociali

12.00 Dibattito

13.00 Steinar Nilsen (Presidente EHF/FHE, Norvegia): Chiusura del convegno

Traduzione simultanea in francese, inglese e italianoInfo: Vera Pegna – tel. 06 9905500, e-mail: [email protected]

COMUNE DI ROMAPolitiche della Multietnicità

la Consigliera Delegata

18 n. 5/2003 (29)

CONTRIBUTI

proiettivo (cioè attribuire ad altri lacolpa della propria morte) tanto da in-veire su un altro individuo o grupporitenuto malefico o contrario alla VeraFede.

Quasi tutte le religioni storiche (conparziale eccezione del buddismo e delconfucianesimo) hanno collegato l’im-mortalità con gli obblighi morali e ri-tuali, ma è con lo zoroastrismo che sisviluppò una “teoria dell’aldilà”, pre-vedendo castighi tremendi ai pecca-tori, che indusse i suoi seguaci a farguerra agli infedeli per convertirli osterminarli. Si arriva così al fanatismoreligioso per cui la Vera Fede divental’unica via di salvezza ultraterrena egli infedeli rappresentano gli alleatidel demonio. Uscendo dal territorioiraniano, in cui lo zoroastrismo rima-se circoscritto, la storia ci narra dellecarneficine attuate dai cristiani e da-gli islamici, guerre sanguinarie voluteproprio da queste religioni messiani-che e catastrofiche. L’aggressivitàespansionistica e l’intransigenza reli-giosa sono risultate, però, meno ac-centuate nel taoismo, nel buddismo enel confucianesimo proprio perché inesse il mito paradisiaco è più sfumatoe la negazione della morte individua-le è meno categorica.

L’autore, nel suo libro espone detta-gliatamente e con coerenza le argo-mentazioni sulla difesa religiosa, maanche su quella politica e quella filo-

sofica. Nei periodi di crisi delle certez-ze religiose (Rinascimento, Illumini-smo, Novecento e Terzo millennio),“… la psiche e la cultura occidentalehanno tentato di rimpiazzare i mille-narismi religiosi con due millenarismi‘laici’: quello naturalista e quello stori-cista”. Tra i due, ovviamente, quellopiù rovinoso fu quello storicista cheprodusse i totalitarismi, sia di destrasia di sinistra. Anche queste formepolitiche, non religiose, sono caratte-rizzate dal De Marchi come fanatismimillenaristi a sfondo dogmatico nontrascendentale, che ebbero, appunto,rapida diffusione proprio perché riu-scirono a compensare la crescente cri-si delle certezze ultraterrene, spo-stando l’interesse e l’enfasi su proget-ti mitici di universale felicità terrena.Fino ad oggi si è assistito e si assistead un’intercambiabilità di millenari-smi di varia natura (dal terrorismo po-litico, al terrorismo islamico, al misti-cismo orientale, al movimento no-global, ecc.), tutti tentativi per difen-dersi da una crisi che è soprattuttoesistenziale e non soltanto economi-ca, demografica, ecologica e militare.

L’autore, in modo sofferto e accorato,ritiene che piano piano tutte questedifese estreme stiano crollando: “…Resta da vedere se l’essere umano riu-scirà a sopravvivere senza di esse, sesarà costretto a regredire a livelli co-scienziali e intellettivi che ne consen-tano la ricostruzione, o, infine, se riu-

scirà ad elaborare una nuova cultura,non più millenaristica e salvazionista,ma risanata dai funesti deliri espiatorie paranoicali di tutta la sua storia, e ,quindi aperta all’amore autentico tragli uomini, alla loro solidale alleanzacontro il comune destino”. Ho preferi-to riportare interamente questo bra-no, perché ritengo che racchiuda il“senso” di questo grande lavoro. Loschema interpretativo proposto dalDe Marchi è sicuramente affascinan-te e originale, fermo restando che sitratta essenzialmente di un’altra in-terpretazione della cultura umana,che si differenzia dalle principali econtrapposte concezioni antropologi-che fin ora conosciute. Il suo merito èquello di aver individuato l’importan-za dei meccanismi psicologici che sot-tostanno a tutte le ideologie, religio-se e non, in questo caso la difesa pa-ranoicale dall’angoscia di morte. Sic-come non è pensabile di rendereesaustiva la trattazione di questo de-licato argomento in poche pagine,consiglio la lettura del testo del DeMarchi, per rendersi personalmenteconto di tutte le sfumature e le rifles-sioni sfuggite alla mia elaborazione eper poterlo apprezzare o meno.

LUIGI DE MARCHI, Lo shock primario. Leradici del fanatismo da Neandertal al-le Torri gemelle, ISBN 88-397-1208-9,Edizioni RAI Radiotelevisione Italiana(www.eri.rai.it), Roma 2002, pagine254, € 13,00.

La rivoluzione eticadi Maria Elisa Zonta, [email protected]

L’etica tradizionale della sacralità del-la vita, ferocemente difesa dalla chie-sa cattolica, ormai non regge più. Ap-plicata nei contesti delle società avan-zate o ai problemi della sovrappopo-lazione del pianeta, porta ad esiti ri-pugnanti per qualsiasi persona dibuon senso e incompatibili col pro-gresso scientifico e tecnologico. Lo di-mostra il testo della legge sulla fecon-dazione assistita in corso di approva-zione in Parlamento. Quel testo, volu-to dai cattolici di entrambi gli schie-ramenti politici in conformità ai dik-tat del vaticano ed esplicitamente

animato dalla volontà di imporre atutti, con la forza del diritto, il dogmacattolico della sacralità dell’embrione,prevede tra l’altro che possano esse-re creati, per ogni intervento di fecon-dazione, solo tre embrioni, da impian-tarsi contemporaneamente senza po-ter effettuare alcuna selezione.

La limitazione al numero di embrionida creare comporta che, in caso di fal-limento del primo tentativo, non es-sendo stati accantonati embrioni diriserva, per riprovare, la donna dovràriprendere da capo tutta la fase pre-

paratoria, fatta di pesanti terapie or-monali. L’obbligo di impiantare i treembrioni contemporaneamente, laesporrà al rischio di gravidanze mul-tiple. Inoltre, se l’embrione ottenutocon la fecondazione in provetta risul-terà malformato o portatore di malat-tie, andrà lo stesso obbligatoriamen-te impiantato nell’utero per dare cor-so a una gravidanza. Già un’altra nor-ma del resto esclude che i portatoridi malattie genetiche possano ricor-rere alla fecondazione assistita perevitare di trasmetterle ai figli. Benvengano tutti gli handicap, purché

non si distrugga nemmeno un soloembrione!

Tutto questo appare contrario a ognideontologia medica. Diciamo pure cheè una infamia ai danni di tutte le per-sone sterili, delle donne e dei malatiin particolare. Tuttavia, applicandocoerentemente l’etica della sacralitàdella vita, queste norme sono unaconseguenza inevitabile. Per rifiutarequesta e altre assurdità dello stessotipo abbiamo bisogno di un’altra eti-ca. Questo articolo vuole mostrare co-me una nuova etica sia già profonda-mente entrata nelle convinzioni diffu-se e come abbia già determinato del-le svolte epocali, senza che quasi cene rendessimo conto.

La legalizzazione dell’aborto, avvenu-ta in quasi tutti i paesi avanzati nelcorso degli anni ‘70-‘80, è stata unadelle prime e più eclatanti sconfittedell’etica cattolica a vantaggio di unaconcezione alternativa emergenteche considera valore da tutelare nonla vita meramente biologica, comequella degli embrioni, ma la vita per-sonale e la sua qualità. Questa nuovaetica ha sviluppato una forte capacitàdi risposta ai problemi della vita nellesocietà avanzate e ha ormai raggiun-to, sia pure con diverse formalizzazio-ni, una notevole forza concettuale. Lasua portata va molto al di là dell’abor-to, ovviamente: investe tutto il com-plesso delle questioni bioetiche, dal-l’eutanasia alla ricerca sugli embrio-ni, dalla fecondazione assistita ai tra-pianti d’organo … Il dibattito sull’a-borto è però un bell’esempio sia di co-me venga adottata implicitamente,sia delle difficoltà che la politica an-cora incontra nel farla propria in mo-do coerente e corretto.

Gli argomenti usati a favore della le-gislazione abortista sono stati soprat-tutto i seguenti due: (i) quello che di-ce che l’aborto è certo un male, mameglio una legge che lo regolamentipiuttosto che lasciare la “piaga socia-le” a se stessa, cioè piuttosto che la-sciare le donne ad abortire in cattivecondizioni igieniche (argomento di ri-duzione del danno sociale); (ii) quello,più coraggioso, che afferma la libertàdi scelta della donna, per cui gli abor-tisti si dicono pro-choise. Su questo sibasava in parte anche la storica sen-tenza Roe vs Wade, con cui la Supre-ma Corte USA nel 1973 radicò il dirit-to all’aborto nel diritto costituzionalealla privacy: la privacy comprende la

libertà di abortire fino al momento incui il feto diventa vitale, cioè in gradodi vivere autonomamente al di fuoridel corpo della madre.

Entrambe le argomentazioni, centra-te come sono sulla salute e sull’auto-determinazione della donna, glissanosulla questione che i cattolici hannoinvece sempre considerato (giusta-mente) decisiva, e cioè sullo statusetico di embrione e feto. Certo: que-gli argomenti presuppongono che em-brione e feto non siano organismi acui riconoscere gli stessi diritti che ri-conosciamo agli esseri umani dopo lanascita (altrimenti il diritto della don-na ad abortire equivarrebbe al dirittodell’assassino di uccidere). Ma nonspiegano il perché.

Dalla sentenza Roe vs Wade si potreb-be dedurre che, finché il feto non è vi-tale, va considerato una propagginedel corpo materno su cui la donnaesercita gli stessi diritti che ha sul re-sto del proprio organismo. Ma è basta-to che passassero alcuni decenni: losviluppo tecnologico consente oggi difar sopravvivere fuori dal corpo dellamadre feti sempre più prematuri, tan-to che si ritiene possibile, in un futuroprossimo, far svolgere tutta la gravi-danza in un utero artificiale (cosiddet-ta ectogenesi) dopo una fecondazionein provetta: a questo punto non èplausibile sostenere che embrione efeto siano un’appendice del corpofemminile. Ma l’argomento era poveroin partenza: il fatto che una vita nonsia autonomia (perché ha bisogno delsupporto di un altro corpo o di unastruttura artificiale di sostegno) nonsignifica che abbia meno valore se ècaratterizzata da quel livello di co-scienza che ha la vita di un adulto.

Sono stati usati cioè argomenti di persé insufficienti a giustificare l’abortoe con portata limitata: si intervieneoggi sull’embrione in situazioni in cuila questione della salute della donnao non si pone (esempio, ricerca sullestaminali) o si pone in tutt’altri termi-ni (esempio, fecondazione assistita):le cattive argomentazioni hanno legambe corte. Salute e autodetermina-zione delle donne non sono affatto ir-rilevanti, sia chiaro. Ma restano sullesabbie mobili finché non si affronta laquestione vera che sta al fondo. Cioè:qual è la vita umana che per noi rap-presenta un valore da tutelare anchedi fronte a interessi contrapposti. Eperché. Un’etica plausibile deve farsi

carico di questo più vasto problema,di cui la questione dell’aborto è solouna delle tante punte emergenti.

C’è un filosofo che, a mio parere, piùdi chiunque altro ha saputo vedere ilfondale unitario delle questioni bioe-tiche e ha compreso e messo sotto lalente di ingrandimento la profondacrisi dell’etica tradizionale, la sua ina-deguatezza rispetto alla medicina mo-derna, facendo insieme emergere ilchiaro profilo dell’etica nuova di cuiabbiamo bisogno. Si tratta di PeterSinger. Un ebreo australiano nato nel1946 a Melbourne da genitori di origi-ne austriaca sfuggiti al genocidio. At-tualmente è, tra le tante altre cose,docente di Filosofia Morale a Prince-ton. Il suo pensiero in materia, che quiposso illustrare solo in alcuni punti, èmagistralmente espresso in Rethink-ing Life & Death del 1994 (edizioneitaliana: Ripensare la vita. La vecchiamorale non serve più, Il Saggiatore1996, ristampa 2000). Sono 230 pagi-ne di una sorprendente capacità di fa-re filosofia dal basso, in stile giornali-stico e senza perdere un grammo dirigore. Si divora come un romanzogiallo, ma lascia una intelaiatura con-cettuale di straordinaria chiarezza eforza. Un cult capace di cambiare ilmodo di pensare di chi lo legge.

“Dopo aver regolato per quasi duemi-la anni i nostri pensieri e le nostre de-cisioni sulla vita e sulla morte, l’eticatradizionale dell’Occidente è andataincontro a un collasso”. Il collasso vie-ne raccontato passando tra le sale diterapia intensiva, le vicende persona-li e le aule di tribunale in cui si sonosvolti e dibattuti gli atti di questa cri-si in corso. Il primo scenario sono duecasi di donne che hanno portato avan-ti una gravidanza in stato di morte ce-rebrale. L’adozione della morte delcervello come criterio di morte legaleè stato “il primo di una serie di muta-menti drammatici” della nostra etica,non meno significativo della legaliz-zazione dell’aborto. Eppure non hasollevato quasi nessuna reazione av-versa perché la morte cerebrale è sta-ta presentata come una ridefinizione,scientificamente aggiornata, del con-cetto tradizionale di morte, anzichécome una decisione squisitamenteetica sulla qualità della vita, quale inrealtà è.

La Commissione di Harvard, che nel1968 avanzò la proposta di ridefinizio-ne, mirava a risolvere due problemi

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CONTRIBUTI

molto sentiti da tutti: (a) evitare di te-nere in vita gli individui col cervellomorto, che riempivano le unità di te-rapia intensiva senza alcuna speran-za di tornare alla coscienza; (b) avereorgani a disposizione per i trapianti.La Commissione sostenne che la mor-te è un processo graduale e che lascelta di un momento piuttosto cheun altro è arbitraria. Quindi suggerìdi scegliere come momento della mor-te legale una fase in cui la perdita del-la coscienza fosse irreversibile e altempo stesso fosse ancora possibileprelevare gli organi per i trapianti. Da-to che all’epoca non c’era altro mododi accertare la perdita irreversibiledella coscienza che accertando lamorte di tutto il cervello, quello fu ilcriterio di morte suggerito e in segui-to adottato quasi ovunque.

Un approccio diverso fu indicato varianni dopo dalla Consulta etica dane-se, che tenne separate tre questioni:(1) Quando muore un essere umano?Con la cessazione di respirazione ecircolazione (criterio tradizionale). (2)A che condizioni è lecito sospenderele cure? Quando sono cessate tutte lefunzioni del cervello. (3) A che condi-zioni è lecito espiantare gli organi?Quando sono cessate tutte le funzio-ni cerebrali e il paziente è registratotra i donatori di organi o i parenti nonsi oppongono … Questa soluzioneconseguiva gli stessi risultati. Impli-cava però l’abbandono esplicito del-l’etica della sacralità della vita uma-na e l’altrettanto esplicita adozione diun’etica della qualità della vita. Il Go-verno danese, per evitare imbarazzi,nel 1990 preferì allineare la sua legis-lazione a quella degli altri paesi euro-pei e adottò il criterio della morte ce-rebrale.

Il criterio della morte cerebrale è dun-que una finzione conveniente perché

permette di lasciare formalmente sal-vo il principio di sacralità della vita. Ètuttavia una finzione instabile perchéormai sottoposto alla pressione di chivorrebbe spostare il momento dellamorte più indietro, alla fase della co-siddetta morte corticale, che è la ve-ra fine della persona (cioè dell’io, del-la possibilità di coscienza) e che oggi,a differenza del 1968, può essere ac-certata con le nuove tecnologie dispo-nibili. Questo consentirebbe ad esem-pio di sospendere le cure a coloro chesi trovano in stato vegetativo persi-stente. Costoro hanno la corteccia ce-rebrale (sede della coscienza) distrut-ta, ma il tronco cerebrale (che control-la le funzioni vegetative e riflesse chenon passano per la coscienza, come ilbattito cardiaco, la respirazione, la se-crezione di ormoni …) ancora funzio-nante e quindi sono ancora conside-rati legalmente vivi.

La morte corticale avrebbe molti van-taggi, ma presentarla come una ride-finizione della morte significherebbespingere la finzione a un livello inac-cettabile: come si fa a dichiarare mor-to qualcuno che respira ancora auto-nomamente? La scelta di ovviare alleproibizioni dell’etica della sacralitàdella vita spostando i confini della vi-ta biologica, è astuta ma ha le gambecorte. La soluzione proposta dallaconsulta danese è più in grado di ri-spondere alle nostre esigenze. Peròimplica l’abbandono aperto della vec-chia etica.

Qualcosa di simile accade all’altro ca-po della vita. La posizione etica con-traria all’aborto in termini formali èespressa da questo sillogismo:1. Premessa maior: la vita umana è sa-cra ed è sempre proibita la sua sop-pressione.2. Premessa minor: dal concepimentoin poi l’embrione è una vita umana.3. Conseguenza: la vita dell’embrioneè sacra ed è sempre proibita la suasoppressione.

In questo caso la chiesa cattolica hadeciso di fissare da sé quando iniziala vita umana, cioè al concepimento,senza lasciarlo decidere a una com-missione scientifica. Chi è favorevoleall’aborto, alla ricerca sulle staminali… spesso ritiene di dover contestarela premessa minor e sostiene chel’embrione non è una vita umana insenso biologico. Ma fino a dove puòessere spinto il punto di inizio dellavita umana? Neanche il feto è una vi-

ta umana? È il momento della nascita(per molti aspetti casuale) che trasfor-ma improvvisamente un feto nonumano in un neonato umano? DiceSinger: questa linea debole non è con-vincente: bisogna contestare la pre-messa maior, perché è quella che ge-nera ogni sorta di problemi e che, secambiata, ci offre un nuovo quadroetico complessivo.

La linea forte si articola in questi ter-mini:

1. Premessa maior: va tutelata non lavita umana in senso meramente orga-nico, ma la vita (solo umana?) perso-nale, cioè caratterizzata dalla presen-za della capacità di sentire dolore opiacere (soglia minima perché si co-stituisca un diritto a non soffrire), e diavere autocoscienza (soglia minimaperché si costituisca un diritto a con-tinuare a vivere).

2. Premessa minor: l’embrione e il fe-to sono organismi che appartengonoalla specie Homo sapiens, ne sono leprime fasi di sviluppo, ma non hannoancora raggiunto quel livello che giu-stifica la tutela della loro vita.

3. Conseguenza: è lecito sopprimeregli embrioni e anche i feti fino ad uncerto livello del loro sviluppo.

La linea di Singer ha conseguenzemolto vaste, che nello spazio di que-sto articolo non possono essere trat-tate. Essa offre una base etica coeren-te per i problemi della bioetica. Si trat-ta di una linea che è già inconsape-volmente accolta da molti, forse dallamaggioranza degli occidentali. Final-mente impugnata in modo aperto dailaici consentirebbe loro di contestaredalle fondamenta l’impostazione cat-tolica, che resta in piedi solo perchémanca il coraggio di lanciarle la sfidaal cuore. Rattrista vedere, anche di re-cente, che alcuni sono convinti di po-ter contestare la legge sulla feconda-zione assistita con meri appelli albuon senso, al rischio che la gentecorra all’estero et similia … senza sfi-dare la chiesa cattolica sul piano eti-co. Anzi, magari criticandola perchépretende di sottomettere la scienzaall’etica. Nessuna persona di buonsenso può volere una scienza sgan-ciata dall’etica, senza limiti. Ci vuolealtro: bisogna contestare sul pianoetico e con argomenti etici che quelladella chiesa cattolica sia una buonaetica. E indicarne un’altra.

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CONTRIBUTI

21n. 5/2003 (29)

CONTRIBUTI

Occorre oggi non cadere nell’errore diconferire una qualche primogenituraalla nascente Costituzione europea,che non sia quella della pari dignitàdi tutti i cittadini europei. Non si de-ve cedere alle pretese ecclesiali, incambio del loro “impegnarsi per la pa-ce”, poiché ciò è fondato sull’ambigui-tà. Perciò no al proposito di porre levecchie, insanguinate, radici cristia-ne a fondamento della nuova Europa,nata da quelle macerie, per non ripro-porre le macerie stesse.

Certo da questo papa si sono uditi ri-petuti appelli per la pace, soprattuttoin questo ultimo periodo. Già da tem-po la politica mediatica fa uso dei suoiamplificatori verso le grandi questionisociali solo per far risaltare la voce“neutrale” del papa e i “valori cristia-ni”, opposti a quelli di “pericolosi sov-versivi” che, a loro volta, per dimostra-re la propria legittimità democratica,vanno ripetendo le parole del papa,piuttosto che le loro. Per il resto la po-litica bipartisan è routine elettorale epratica di palazzo. Tutto questo fa par-te dell’anomalia italiana oppure no?

Anche sabato 15 febbraio 2003, men-tre in tutto il mondo si svolgevanograndi manifestazioni per la pace, inquel di Roma, pur da un’informazionecostretta in sordina, spiccavano so-prattutto le immagini e le dichiarazio-ni dei partecipanti cattolici, certamen-te meritevoli, ma ripetitive e logoratedall’uso. Quando, non più di 16 orepiù tardi, nell’omelia domenicale delgiorno 16, il Papa, sorvolando veloce-mente sull’obiettivo concreto di quel-la multiforme partecipazione, ponevaall’incasso “il suo successo”, chieden-do ancora quel tributo per sé e per lasua chiesa di porre a fondamento del-la Costituzione europea le radici cri-

stiane le quali “non toglieranno nullaalla giusta laicità delle strutture poli-tiche” (leggi al palazzo della politica),e al popolo sovrano? Nel passo che se-gue la natura dello scambio si fa an-cora più evidente ed eloquente: “mala preserverà dal laicismo ideologicoe dall’integralismo settario”.

Allora, rigettando insinuazioni e ac-cuse di così basso livello, altrettantochiaramente bisogna affermare chec’è da dubitare sull’autenticità del pa-cifismo di questo Papa. Infatti il suopontificato, dall’ultimo scorcio dellaguerra fredda, non è nato per ragionidi pace. Dunque è più interessante ri-flettere su quali guerre piacciano onon piacciano alla sua chiesa.

Così che, guardando dalla necessariadistanza, si può vedere che tutte lebattaglie preferite dalla Chiesa roma-na sono state fin qui combattute afianco dell’alleato americano e soloora sembrano trovarsi su fronti diver-si. Ma questa non è affatto una novi-tà che appartiene solo alla ChiesaCattolica, bensì a tutti coloro che congli americani hanno combattuto le lo-ro guerre di religione: talebani ed ira-cheni compresi.

Se noi oggi vogliamo costruire l’Euro-pa su basi solide e pacifiche e su sal-di principi laici e democratici, occorredavvero molto equilibrio, anche sulpiano diplomatico.

Perciò occorre rimandare al mittentele accuse di chi vorrebbe “preservarel’Europa dal laicismo ideologico e dal-l’integralismo settario”, perché s’in-contra sempre di nuovo puntualmen-te un qualche “uomo della provviden-za”.

La laicità non è un’ideologia, né lo puòessere, poiché raccoglie una moltepli-cità di pensieri che non hanno velleitàdi reciproca esclusione, né di occupa-re spazi collettivi di libertà individual-mente garantibili (come appuntoquelli delle religioni o scelte filosofi-che). Semmai esistono delle ferme ri-vendicazioni laiche, a cui in nessunmodo si può derogare e che difendonoanche i cattolici dalla loro stessa chie-sa e questi spazi comuni. Il laicismo èaperto, su un piano di parità, a tutte leidee: dunque senza privilegi istituzio-nali, né precondizionamenti culturali.Cosa che invece è solita chiedere laChiesa Cattolica per se stessa, usan-do per i suoi interessi persino la guer-ra. Dunque occorre che i veri laici com-prendano il ricatto ideologico di que-sta assurda pretesa di porre il proprioprimato sui valori, rispetto a quelli al-trui. Da ciò si mina, fin dall’inizio, il di-ritto alla pari dignità di cittadinanzasociale e, di conseguenza, politica. Diciò si fa “religioso strumento” chiun-que voglia imporre agli altri le proprie“indiscutibili verità”: non i laici!, e suqueste basi si fonda anche sia il veroamericanismo sia l’antiamericanismopericoloso (di americani e non), per noie per gli americani.

È così evidente che se alle guerre ser-vono le religioni, le religioni non pos-sono servire alla pace, né mai le chie-se si sono opposte. Basta ricordare letante guerre e il tanto sangue cheproprio questa Europa ha dovuto ve-der versato per le guerre di religione,anche quando i germogli della repul-sione si sono prodotti nel suo stessopopolo (ricordiamoci l’Inquisizione):tanto sono stati sempre imparentati itroni e gli altari, proprio in questi stes-si paesi liberamente laici e liberamen-te uniti.

L’Europa e le “radici cristiane” ad ipoteca del presentedi Massimo Vettori, Firenze

da <Newsletter> UAAR(N. 32, del 29 settembre 2003)

Il bonus fiscale a favore delle scuoleprivate

Dopo la pausa estiva, la newsletter ri-prende con il problema di sempre: laprogressiva ri-confessionalizzazionedella società italiana, impresa in cuisi distingue per il suo particolare zelola signora Letizia Brichetto in Morat-ti, ministro dell’Istruzione. Il mese disettembre ha rappresentato un Nata-le anticipato per le famiglie che man-dano i propri figli a studiare presso lescuole private (per due terzi cattoli-che, lo ricordiamo). Il “dono” è uncontributo finanziario, indipendentedal reddito, per le famiglie che inten-dono iscrivere i propri figli alle scuolecosiddette parificate (elementari, me-die e primo anno delle superiori). Sitratta di un congruo intervento eco-nomico – 30 milioni di euro per ognianno, dal 2003 al 2005 – per “la liberascelta delle famiglie”, come ha preci-sato il ministro dell’Istruzione.

Il problema va ben oltre questa som-ma: se tutti gli studenti delle scuoleprivate chiederanno il rimborso, allefamiglie arriverebbero circa 100 europro capite, una somma certo insuffi-ciente ad assicurare il pagamento del-le sontuose rette degli istituti privati(che provvederanno magari già di pro-pria iniziativa ad un aumento dellestesse, stornardo il beneficio dalle fa-miglie alle scuole). Come è stato giu-stamente fatto notare, quella dellaBrichetto Moratti è dunque una bat-taglia di principio, volta da un lato arafforzare il sostegno del Vaticano algoverno, dall’altro ad iniziare a sca-vare un vulnus al dettato costituzio-nale, quello che ribadisce l’assenza di“oneri per lo Stato”, già messo a duraprova dai finanziamenti regionali. Co-me ha affermato Luigi Pedrazzi su “laRepubblica”, “la nostra Costituzione,semmai, contempla l’esigenza di so-stenere i ‘capaci e meritevoli, anchese privi di mezzi’, consentendogli diaccedere agli studi superiori. Nessuncriterio di merito, nessuna indaginepersonalizzata sul singolo studentemi pare sia alla base del decreto Mo-ratti”. Il governo avrebbe potuto cam-biare la Costituzione: ma evidente-mente mancava del coraggio neces-sario. È stato quindi inventato un bo-nus, distribuito grazie ad un decretointerministeriale (una specie di circo-lare interna), peraltro non impugna-

bile davanti alla Corte Costituzionale,se non ricorrendo contro la legge fi-nanziaria per il 2003 che l’ha reso pos-sibile. Nonostante i reiterati attacchi,la legge 62 del 2000, il blocco dei fi-nanziamenti alla scuola pubblica, icontributi delle regioni ed ora anchequesto decreto, è confortante consta-tare come solo il 7% degli studenti ita-liani si rivolga al diplomificio privato,in costante calo di iscrizioni. E comepiù di sette italiani su dieci (73,7%) ri-sultino da un sondaggio preferire lascuola pubblica a quella privata, e co-me i contrari al provvedimento sianodue volte e mezzo quelli che lo appro-vano. Ma solo con una nuova genera-zione di politici più resistente alle in-gerenze del Vaticano le opinioni dellapopolazione potranno trovare ascolto.

Raffaele [email protected]

Non c’è niente di scrittonelle stelle!

L’astrologia negata da un autorevoletest scientifico

Uno studio scientifico condotto a lun-go termine da ricercatori britannici,prova che il principio base dell’astro-logia non è valido ed è proprio senzafondamento. Esso mette fine all’anti-ca e fantasiosa idea che pretendevache la configurazione delle stelle e deipianeti, al momento della nascita, in-fluenzerebbe o meglio condizionereb-be il carattere d’un individuo ed il cor-so della sua esistenza.

Lo studio “Gemelli cronologici” è ini-ziato nel 1958 a Londra come progettodi ricerca medica. Registrando più di2000 bambini nati nello spazio di qual-che minuto lo stesso giorno all’iniziodi marzo, si dava come obiettivo dicomparare l’evoluzione di questi “ge-melli cronologici” dal punto di vistadella loro salute. Ma il campo d’inda-gine fu presto allargato: l’équipe sor-vegliò gli individui in questione perparecchie diecine d’anni, registrando-ne osservazioni per più di 100 parame-tri in rapporto con la loro salute, la lo-ro attività, la loro situazione coniuga-le, il loro livello d’ansietà, di aggressi-vità, di socievolezza, il loro quoziented’intelligenza, le loro attitudini nelcampo della musica, delle arti, dellosport, della matematica, della lingua,ecc. I ricercatori si sono sforzati di rac-cogliere prove in appoggio ad una so-

miglianza tra questi “gemelli cronolo-gici”. E tuttavia, nessuna similaritàpoté essere messa in evidenza.

“Le condizioni del test non sarebberopotute essere più favorevoli, ma i ri-sultati sono stati invariabilmente ne-gativi”, ha dichiarato un astrologo di-venuto poi scienziato, il dottor Geof-frey Dean di Perth (Australia), in unresoconto di questo studio pubblica-to nell’ultimo numero del “Giornale diStudi sulla Coscienza”. Sviluppandola loro analisi, il dottor Dean ed il suocollega il professor Ivan Kelley, psico-logo all’Università di Saskatchewan(Canada), hanno trovato che non esi-steva alcun carattere speciale o ten-denza condivisa dai “gemelli cronolo-gici”. Essi sono così differenti gli unidagli altri come gli individui nati qual-siasi altro giorno sotto qualsiasi altraconfigurazione planetaria.

L’idea che i pianeti e le stelle possa-no influenzare il carattere e la vita de-gli esseri umani è stata abbandonatada molto tempo dai razionalisti e da-gli scienziati, poiché in base ai princi-pi scientifici conosciuti, non esiste al-cun tipo d’azione immaginabile in vir-tù della quale una tale influenza pos-sa aver luogo. Lo studio mostra chia-ramente che le predizioni astrologi-che basate su coordinate astrali dalmomento della nascita non hanno al-cun rapporto con la realtà: queste nonsono altro che pratiche ingannevoli.Tutto ciò dovrebbe mettere fine aduna delle più antiche superstizioni,ma non è difficile prevedere che lacommedia proseguirà: ci sono eviden-temente troppe persone che amanoessere ingannate, e troppe personeche guadagnano tanto denaro imbro-gliando …

(da Rationalist International, Bolletti-no n. 112 del 27 agosto 2003, tradu-zione dal francese di Baldo Conti, [email protected]).

L’UAAR e la Regione Toscana

L’UAAR ha tra i propri fini statutari la“riaffermazione, nella concreta situa-zione italiana, della completa laicitàdello Stato lottando contro le discri-minazioni giuridiche e di fatto, apertee subdole, contro atei ed agnostici”.Affinché queste non rimangano mereaffermazioni di principio, l’associazio-ne cerca, fin dalla sua nascita, di in-

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NOTIZIE

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NOTIZIE

staurare rapporti duraturi con le am-ministrazioni locali. I risultati di que-sta azione di sensibilizzazione non so-no stati finora eclatanti: la classe po-litica italiana è fin troppo sensibile al-le “sirene” delle gerarchie ecclesia-stiche che, a dire il vero, sanno farebenissimo il proprio lavoro che consi-ste nel vendere come ancora attualeun prodotto la cui quota di mercato siriduce anno dopo anno. Tant’è: l’indi-vidualismo innato degli atei e degliagnostici, se da una parte è l’elemen-to che contribuisce a renderli perso-ne vere e non semplici numeri, dall’al-tro sottrae purtroppo alle idee laichee razionaliste quella forza di coesionenecessaria per imporsi. Tuttavia i ri-sultati non sono neppure completa-mente assenti. Al contrario, un impor-tante canale di comunicazione è sta-to recentemente aperto con la Regio-ne Toscana.

Il 29 maggio 2003, infatti, il segreta-rio UAAR Giorgio Villella, il coordina-tore del Circolo di Firenze Baldo Con-ti ed il socio fiorentino Marco Accortihanno incontrato il Presidente dellaRegione Toscana, Claudio Martini.

Nel corso del colloquio la delegazioneUAAR, oltre a presentare l’associazio-ne, ha avuto modo di discutere di al-cuni temi che stanno particolarmentea cuore ai propri soci quali, tra gli al-tri, l’insegnamento alternativo all’oradi religione, il conforto umanisticonelle strutture obbliganti, la promo-zione della cremazione, la necessitàdi luoghi idonei alla celebrazione dicerimonie laiche.

Questi temi sono stati ulteriormenteapprofonditi in una riunione operati-va tenutasi il 9 ottobre successivo conil Dott. Antonio Cirri, capo di Gabinet-to del presidente Martini, e col Dott.Edo Bernini, responsabile della suasegreteria. Facevano sempre partedella delegazione UAAR, Villella, Con-ti, Accorti ed il sottoscritto. In questasede sono state analizzate le stradeda percorrere affinché, sul territoriotoscano, si riesca ad affermare con-cretamente il principio della laicitàdello Stato.

Pochi giorni dopo, il 13 ottobre, unadelegazione UAAR è stata convocatadalla Commissione incaricata di ela-

borare il nuovo Statuto regionale to-scano, per un’audizione tenutasipresso la Sala del Gonfalone in via Ca-vour. Baldo Conti ha colto l’occasioneper presentare l’UAAR e i suoi scopi,mentre Marco Accorti ha illustrato neldettaglio le modifiche al testo sugge-rite dalla nostra associazione, consi-stenti nella richiesta di identica tute-la della religione e dell’ateismo e nelriconoscimento esplicito dei dirittidelle coppie di fatto. Al termine del-l’audizione è stata lasciata a tutti iconsiglieri una memoria scritta illu-strante le posizioni dell’UAAR ed unacopia de L’Ateo.

L’auspicio è che questi incontri, avvia-ti non a caso nella regione italianastoricamente più “miscredente”, sia-no solo l’inizio di un rapporto conti-nuativo volto a prestare ascolto, ognivolta che l’argomento lo richieda, an-che alle ragioni dei non credenti. Unastrada che l’UAAR cercherà di percor-rere anche nei confronti di altre am-ministrazioni pubbliche.

Raffaele [email protected]

DAI CIRCOLI

Dal Circolo di Venezia

Breve resoconto sulla giornata del 14 luglio 2003 a SS. ApostoliCom’è stato deciso dall’AssembleaAnnuale del Circolo UAAR di Venezia,svoltasi il 15 giugno 2003, il 14 luglioabbiamo organizzato un tavolino in-formativo in Campo SS. Apostoli perfesteggiare la presa della Bastiglia eper ribadire la necessità della laicitàdella futura Costituzione Europea:abolizione dell’art. 37 (ora art. 51) enessun riferimento alle religioni nellabozza del preambolo.

Per questa occasione abbiamo prepa-rato un manifesto che ha riscosso uncerto successo e che è stato espostosul nostro tabellone a libro di fiancoal tavolino, il cui testo era: “Perun’Europa laica, tollerante, in cui tut-ti possano esprimere in pace le pro-prie convinzioni, senza alcun privile-gio”. Sul tavolino oltre le copie de L’A-teo, erano disposti i moduli per la ri-chiesta dello “sbattezzo”, copie del

nostro comunicato dal titolo: “Com-menti alla bozza dell’art. 37 della fu-tura Costituzione europea”, i pieghe-voli e dei volantini multilingue chespiegavano chi siamo. Dalle 10.00 al-le 17.30 si sono fermate diverse per-sone, alcune delle quali hanno com-perato la rivista ed hanno preso il mo-dulo per lo “sbattezzo” dicendo che ilgiorno prima avevano letto l’articolodi “Repubblica” che descriveva la vi-cenda di Fossalta di Piave, pubbliciz-zando la nostra campagna per l’anno-tazione a margine nel registro dei bat-tezzati della volontà di non aderirepiù alla chiesa cattolica. Altri hannopreso il nostro pieghevole e si sonofermati a parlare; alcuni stranieri in-curiositi hanno chiesto il nostro volan-tino in più lingue. Il tempo è trascor-so velocemente e, oltre a fornire leinevitabili informazioni di carattereturistico ai soliti stranieri che si eranopersi, si è avuto modo di confrontarsie di conoscere nuove persone interes-sate alle nostre tematiche.

Attilio Valier, [email protected]

Dal Circolo di Verona

Martedì 30 settembre 2003, il Circoloveronese ha scavato nel profondo del-l’UAAR, proponendo il dibattito:“Ateismo e agnosticismo a confronto.Come e perché atei e agnostici nellastessa associazione”. L’incontro, svol-tosi in un clima amichevole, ha vistola partecipazione di una ventina di so-ci in un avvincente dibattito. Dappri-ma si è tentato di unificare i due ter-mini “ateo” e “agnostico” in “noncredente”, motivo di ciò sarebbe sta-ta la maggior disponibilità da partedei fideisti al dialogo. Infatti, secondoalcuni, presentarsi come ateo deter-mina la chiusura aprioristica dei dog-matici, troncando la discussione sulnascere. Si è riconosciuto questo rifiu-to nell’instaurare un dialogo con unateo, ma la proposta di definirci tutti“non credenti” è stata scartata perdue motivi: (1) “non credente” non siriferisce a nulla e sembrerebbe piùadatto ad uno scettico nichilista, inpiù per i cattolici i non credenti sonotutti coloro che non credono al loro

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DAI CIRCOLI

culto, dunque compresi tutti i fideistinon cattolici; (2) definirci come nega-zione di qualcosa è stato da tutti po-co apprezzato ed inoltre lascia inten-dere una forte correlazione tra i cre-denti e i non credenti, una correlazio-ne inversa, è vero, ma sempre un for-te legame di interdipendenza.

Il dibattito ha messo in luce comemoltissime persone, e perfino alcunisoci, non sappiano il vero significatodel termine “agnostico”. Vista la for-te diffusione dell’ignoranza del termi-ne si capisce il motivo per il quale sesi è agnostici ci si evitano tante discri-minazioni, che devono subire gli atei.La discussione è poi entrata nel meri-to delle differenze tra le due posizionifilosofiche. L’ateo, sappiamo tutti,esclude la possibilità che esista undio, mentre l’agnostico semplicemen-te riconosce la sua impossibilità nelpronunciarsi definitivamente sullaquestione; il fatto è che l’ateo, comeil credente, non ha prove per sostene-re la sua tesi. A questa affermazionealcuni atei hanno risposto che l’oneredella prova è di chi afferma, ma nondi chi nega: se qualcuno afferma cheesiste un asino volante, sta a lui di-mostrarmi che effettivamente i fattistanno così, e non sta a me portareprove a sfavore della sua tesi. Questaposizione è stata puntualmente criti-cata dagli agnostici i quali fanno no-tare che anche “Dio non esiste” èun’affermazione al pari dell’afferma-zione antitetica. Penso che la doman-da chiave da proporci sia: “L’esisten-za di Dio è impossibile?”; allora se sirisponde affermativamente (come ne-gativamente) bisogna dimostrare leragioni di ciò.

Tutto vero, ma si presenta un proble-ma: prima di chiarire l’esistenza o me-no di una cosa bisogna definirla; dun-que per esser atei bisogna smontarele teorie di tutti gli dei (altamente dif-ferenti da persona a persona) in cuiogni fideista crede? Ciò è inattualiz-zabile perciò l’ateo è giustificato anon dar motivazioni. Ma se come Diointendessimo: essere individuale,eterno, onnisciente, onnipotente, de-miurgo dell’Universo, come potrem-mo essere convinti assolutamentedella sua inesistenza? Alcuni filosofici hanno insegnato che le “materie difatto” (la cui esistenza non dipendedall’esistenza di un altro essere, os-sia tutto ciò che non riguarda il mon-do del pensiero), tra cui troviamo pu-re Dio, possono esistere o non esiste-

re; solo gli elementi che il loro non-esistere è una contraddizione sononecessari. Dio, essendo “materia difatto”, non è necessariamente esi-stente e neppure necessariamenteinesistente.

Si è presentata poi un’interessantecorrente agnostica alternativa, al con-fine tra agnosticismo e ateismo: Dio èsì possibile, ma la probabilità che esi-sta è molto misera, tendente più omeno allo zero, a seconda del percor-so individuale del soggetto. Questo èforse l’anello che può collegare que-sti due mondi. Comunque dietro aqueste grandi o piccole differenze in-tellettuali, l’ateo e l’agnostico si tro-vano uno accanto all’altro nella conti-nua lotta contro le discriminazionidelle religioni predominanti, nellasperanza di costruire un mondo feli-ce, basato sui nostri bisogni e deside-ri e non sui capricci di divinità inso-lenti o uomini frustrati.

Matteo [email protected]

Dal Circolo di Firenze

“Per la Scuola della Repubblica” a Firenze

Informata da Vera Pegna che nella no-stra città, il 7 settembre 2003 alle ore10, si teneva l’Assemblea nazionaledell’Associazione “Per la scuola dellaRepubblica”, nell’Archivio storico del‘68, mi sono recata all’appuntamentoper due motivi: riprendere contattocon i compagni di tante lotte di “Scuo-la e Costituzione” e propagandare trai soci il Convegno organizzato a Romain novembre dall’UAAR e le iniziativedel nostro Circolo fiorentino. Comeospite volontaria sono stata accoltamolto bene e ho avuto lo spazio neces-sario per parlare dell’UAAR, del Con-vegno di novembre sulla “Laicità indi-spensabile: per l’uguaglianza dei cit-tadini davanti alle istituzioni” che siterrà a Roma il 29-30 novembre, già aconoscenza dei due partecipanti ro-mani Antonia Sani e Marcello Vigli delCoordinamento nazionale. Presentianche Carlo Otino direttore responsa-bile di “Laicità” e Corrado Maucerifondatore dell’Associazione. I presen-ti si sono tutti mostrati interessati an-che al ciclo di conferenze del nostroCircolo, in modo particolare a quelle diPancho Pardi dell’Università di Firen-ze e Mauro Romanelli responsabile

nazionale dei Verdi per la scuola, ri-spettivamente su “Laicità della cultu-ra, laicità della scuola” e “Scandalizzafinanziare le scuole confessionali?Niente paura, si smonta la scuola pub-blica”. Uno degli scopi dell’Associa-zione è di cercare d’organizzare unarete di consensi tra i partiti, i movi-menti, il personale scolastico, i COBAS e le associazioni, per impu-gnare legalmente alcuni decreti e leg-gi ministeriali come l’inserimento inruolo degli insegnanti di religione sen-za il dovuto iter, l’abbassamento del-l’obbligo scolastico a 15 anni non te-nendo in considerazione la legge 99, ifinanziamenti ai genitori i cui figli fre-quentano le scuole private, ed altroancora. Sono stata autorizzata a darela completa disponibilità dell’UAARper sostenere tali iniziative che saran-no attuate tramite documenti operati-vi che ribadiscono i principi su cui sideve basare la scuola pubblica e le ini-ziative legali da stabilire. La seduta siè prolungata nel pomeriggio per lastesura della traccia dei documenti dapresentare e, prima di lasciare la riu-nione, mi sono iscritta a “Per la Scuoladella Repubblica”.

Alba Tenti, Firenze

Cosmologia e ateismo

L’oggetto della Cosmologia scientifi-ca è lo studio dell’Universo inteso co-me l’insieme di tutti gli elementi co-nosciuti (osservati) e di quelli ignoti(non osservati) e dello spazio-tempoin cui questi elementi si collocano.Generalmente l’atteggiamento delnon specialista nei confronti della Co-smologia è di rispettosa diffidenza:per millenni, infatti, quelli che oggipotremmo anche accettare come pri-mi ingenui modelli interpretativi difatti osservati sono stati imposti co-me verità, spesso sostenute col san-gue, basate su assurde tradizioni mi-tiche e religiose. Oggi questa diffiden-za non sembra più giustificata datoche i metodi della Cosmologia scien-tifica sono quelli di tutte le altre scien-ze. Fare della Cosmologia significa,infatti, formulare dei modelli, permezzo di un processo difficilmentedefinibile nel quale non entrano sol-tanto procedimenti logico-induttivima anche elementi scaturiti dall’im-maginazione e, successivamente,trarre dai modelli proposti, per mezzodi procedimenti logico-deduttivi, con-clusioni che possano essere verificatecon l’osservazione.

L’apporto che la Cosmologia può of-frire all’ateismo è limitato alla criticadell’attributo di Dio “creatore dell’U-niverso”. La critica degli altri nume-rosissimi e spesso immaginifici attri-buti deve essere oggetto di altrescienze quali logica, paleontologia,antropologia, sociologia, mitologia,psicologia, psichiatria, politica, eco-nomia.

È evidente che se l’Universo ha avutouna origine sussiste una condizionenecessaria (ma non sufficiente!) perl’esistenza di un ente creatore. Ma sel’Universo non ha avuto un iniziomanca anche una condizione neces-saria per l’esistenza di un ente crea-tore.

Sin dal 1917 deduzioni teoriche dallaTeoria Generale della Relatività ave-vano dimostrato l’esistenza di model-li di Universo in espansione. Nel 1927il prete belga G.E. Lamaitre introdus-se il concetto di Big Bang (grandescoppio): se l’Universo è in espansio-ne, invertendo il corso del tempo,dobbiamo trovare un istante in cuitutto era concentrato in un punto sin-golare da cui tutto ha avuto origine.È interessante notare che l’espressio-ne Big Bang, che è divenuta ormai fa-miliare, è stata formulata con una con-notazione umoristica-dispregiativa daFred Hoyle, autore di un modello al-ternativo. Nel 1929 E.P. Hubble scoprìla famosa legge per cui le galassie siallontanano con una velocità propor-zionale alla loro distanza. Tutto avvie-ne, dunque, come apparente conse-guenza di uno scoppio iniziale chelancia nello spazio i suoi detriti convelocità diversa: ad un certo istantesaranno più lontani i detriti più velo-ci. Questa scoperta consolidò il mo-dello del Big Bang per una ventinad’anni sino a quando, nel 1948, Hoyleed altri cosmologi introdussero il mo-dello di Universo allo stato staziona-rio che interpretava i fatti osservatisenza far ricorso ad un evento singo-lare. Il modello di Universo allo statostazionario si affiancò per quasi ventianni a quello del Big Bang sino aquando, nel 1964, venne scoperta laradiazione di fondo a tre gradi asso-luti che i cosmologi avevano previstadagli anni ’40 come residuo del BigBang e quest’ultimo modello parve or-mai non avere più rivali. Ma dal 1975ricerche teoriche hanno dimostratoche in un vuoto cosmologico fluttua-zioni quantistiche possono generaredensità locali di particelle: secondo

Ilya Prigogine ed altri, se queste den-sità locali fossero buchi neri essi po-trebbero rapidamente convertirsi inradiazione producendo condizioni ti-piche di un Big Bang. La probabilitàdel verificarsi di questi processi è pic-colissima, ma in uno spazio-tempo in-finito essa diventa certezza. Inoltredal 1990 ad oggi famosi cosmologi, fracui Arp, Hoyle, Burbidge, Narlikar,hanno dimostrato come una creazio-ne continua di materia possa avveni-re nei nuclei di galassie particolar-mente attivi (generalmente si ritene-va che i fenomeni parossistici osser-vati in questi nuclei fossero dovuti al-la presenza di buchi neri) e come tut-ti i fatti osservati, compresa la radia-zione di fondo, possano essere inter-pretati nell’ambito di un modello cheescluda peculiarità iniziali. Inoltrequesto modello riesce ad interpretarefatti (come le velocità anomale di ga-lassie che si trovino in ammassi aven-ti la stessa distanza) inspiegabili nelmodello del Big Bang.

Possiamo quindi affermare che, seb-bene, ancora oggi, grande parte deicosmologi e astrofisici inquadrino leloro ricerche nell’ambito del modellodel Big Bang, da più di 25 anni nellefrontiere più competenti e avanzatedella cosmologia si lavora nell’ambitodi un modello di Universo, estenden-tesi in uno spazio-tempo infinito, chenon presuppone un’origine e, quindi,un atto creativo.

(Sintesi della conferenza tenuta dalProf. Giovanni Godoli, al CircoloUAAR di Firenze, il 18 settembre2003).

Giovanni [email protected]

Dal Circolo di Roma

Porta Pia: l’UAAR alla celebrazionedel XX Settembre 1870-2003

“Ha senso celebrare il XX Settem-bre?”. Corrado Augias, nella sua ru-brica dedicata alle lettere (la Repub-blica 20 settembre 2003), si pone ladomanda e risponde di sì, soddisfa-cendo la richiesta di due lettori che ri-vendicavano l’importanza di menzio-nare una data importante. Rispondedi sì “per ribadire la laicità dello Sta-to”, finalmente unificato, laicità che“dispone che Dio resti un fatto priva-to” [...], “che autorizza a cambiare re-

ligione o a dichiararsi atei, ad obbedi-re solo alle leggi che sono uguali pertutti”. Ringraziare Augias per avercancellato il torpore della memoria,anche se solo per un momento, misembra il minimo, tenuto conto del si-lenzio, pressoché unanime dellastampa.

La celebrazione è avvenuta nella mat-tinata, come ogni anno, a Porta Pia equesta volta in modo più solenne e al-la presenza di molte più persone ri-spetto allo scorso anno. La fanfara deiBersaglieri ha richiamato l’attenzionedei passanti, sorpresi e sicuramenteignari dell’evento, e dopo la deposizio-ne delle corone in memoria dei caduti,da parte delle Autorità, il Presidentedella Commissione Cultura, AntonioTrinchieri, in rappresenza del Munici-pio I “Roma Centro Storico” ha affer-mato nel suo discorso che “i valori dilibertà e laicità delle nostre Istituzio-ni, affermatisi allora, vanno non soloricordati ma anche difesi senza ambi-guità, ogni giorno”. Ha ricordato, a fi-ne evento, l’adesione dell’On. FrancoGrillini dei DS, ha ringraziato i presen-ti e le Associazioni che con il loro im-pegno civile e culturale contribuisco-no a fare di Roma una città libera epluralista: il Capogruppo municipaledella Lista Civica per Veltroni, ClaudioCaterisano; il Delegato alle PoliticheGiovanili del Municipio I e Consiglieredella Margherita a Roma Centro, An-drea Casu; il Consigliere municipaledei DS, Gianpiero Savastano; Gian-paolo Silvestri, responsabile “DirittiCivili” dei Verdi; Riccardo Mastrorillodei Verdi di Roma; Mauro Cioffari delPRC di Roma; l’UAAR con il Coordina-tore romano Sergio D’Afflitto; la Presi-dente della sezione romana dell’Asso-ciazione Nazionale “Libero PensieroGiordano Bruno” Maria Mantello;l’Associazione Mazziniana Italiana;l’Associazione “Democrazia Laica”con l’On. Enrico Modigliani; la “Tava-ni Arquati” con il Dott. Sandro Masini;la “No-God – atei per la laicità degliStati” con Giulio Vallocchia; la “WIA”con Anna Costantin; il Direttore di“Lettera Internazionale” Dott. Federi-co Coen; lo scrittore Massimo Consoli;il Direttore di “Guide Magazine” Ro-berto Schena; l’editore Fabio Croce;Giustizia e Libertà con Franca Panico-ni. A fine celebrazione avanzava, co-me di consueto “Militia Christi” … dalCorriere della Sera citata sotto falsonome: “Pax Christi”! Ah, il potere del-l’informazione! Pardon: della disinfor-mazione …

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DAI CIRCOLI

26 n. 5/2003 (29)

DAI CIRCOLI

Contemporaneamente alla celebra-zione della mattina, il segretario Gior-gio Villella per l’UAAR e la vice-segretaria Vera Pegna per la FHE,erano presenti come relatori al con-gresso promosso dai Radicali Italiani,sempre per commemorare il XX Set-tembre. Nel pomeriggio un gruppo diuaarini ha sfilato nel corteo che si èspinto fino a Piazza S. Pietro.

Rosalba Sgroia, [email protected]

La Radio di Stato tedesca

Lunedì 22 settembre 2003, SergioD’Afflitto – Coordinatore del Circoloromano – ed il sottoscritto sono statiintervistati dalla Radio di Stato tede-sca sul problema dei rapporti con l’Is-lam. È stata ribadita la posizione inbase alla quale l’UAAR è contraria aqualsiasi forma d’intesa tra Stato e re-ligioni, e comunque anche ad un’inte-sa tra Stato e religione musulmanache non preveda anche un’intesa conle altre religioni e associazioni laicheche di intese con lo Stato ancora nonne hanno. In particolare, è stato poisottolineato: che la religione è unascelta individuale di ciascuno e nonpuò essere istituzione di Stato e quin-di non può e non deve essere impo-

sta, e questo vale tanto per i cattoliciquanto per i musulmani; che i musul-mani hanno il diritto di praticare lapropria fede senza subire imposizionie senza imporre la loro stessa fede achi non è d’accordo con loro; chel’UAAR è contraria a qualsiasi tipo diconflitto, in particolare quando que-sto è basato sullo scontro di religioni;che le differenze religiose non posso-no essere utilizzate per alimentareodio e contrasti ed in particolare peralimentare la disinformazione prebel-lica che è mirata a creare il conflittonella mente delle persone e ad ali-mentare contrasti che sono solamen-te latenti sulla base del mito contem-poraneo della “guerra al terrorismo”;che l’UAAR è contraria all’esposizio-ne di qualsiasi simbolo religioso, ed èfavorevole all’esposizione del solostemma della Repubblica Italiana odella Dichiarazione Universale dei Di-ritti dell’Uomo (recepita dalla nostraCostituzione).

Francesco [email protected]

La Consulta delle Religioni

Mercoledì 8 ottobre 2003, un rappre-sentante dell’UAAR insieme con quel-

li di altre associazioni laiche ha incon-trato i rappresentanti della Consultadelle Religioni presso gli uffici dell’as-sessore alle politiche per la multietni-cità Franca Coen. È stata proposta lacostituzione di una consulta laica checollabori con la consulta delle Religio-ni attraverso un protocollo d’intesa. Èstato annunciato per il 25 febbraio2004 un convegno della Consulta del-le Religioni presso la protomoteca delComune di Roma a cui parteciperan-no anche dei relatori delle associazio-ni laiche (tra cui l’UAAR). Si è discus-so anche del problema dell’ora di reli-gione. La consulta (in collaborazionecon i gruppi laici) ha in progetto uncomunicato di protesta per l’iscrizio-ne a ruolo degli insegnanti di religio-ne. Attualmente la linea generale èquella per: (i) togliere l’ora di religio-ne, (ii) fare un’ora per ogni religioneciascuno con i propri insegnanti, (iii)sostituzione con un’ora d’insegna-mento sui diritti umani e temi sociali.Il rappresentante UAAR ha propostodi estendere il tema di discussionesull’esposizione dei simboli religiosi edelle funzioni religiose in orario d’uf-ficio o scolastico.

Francesco [email protected]

RECENSIONI

� ROSALBA SGROIA, Nero assenso: Poe-sie, ISBN 88-87323-81-X, Fabio CroceEditore (www.edizionicroce.com),Roma 2003, pagine 59, € 8,00.

Leggendo queste poesie quello cheprende è il profondo senso civile del-la vita, impreziosito da una “religiosi-tà” priva di quei misticismi e di queifronzoli trascendenti a cui il fideismoricorre per strapparci dal “Qui edora,” dove “su questa Terra adorata einfame / lascio l’impronta della miaesistenza / che solo nel ricordo di unapersona amica / può rimaner vitale edinfinita”.

Rosalba rivendica il diritto e la libertàdel non credere “Ci chiamano superbi/ per non avere un dio / a cui affidarel’anima …”, senza però rinunciare alsenso di responsabilità che ci con-traddistingue e che ci obbliga a farei conti qui ed ora, ogni momento, sen-

za i patteggiamenti, i condonicchi o leamnistie elargite dai confessionali:“C’è un credo anche nell’ateo / chenon ha meno valore / ed è in questa ein nessun’altra vita”. Insomma siamoin presenza di un manifesto di eticaatea. Già, perché quello di Rosalbanon è un filosofeggiare per evane-scenti ed opinabili congetture, ma èun progetto concreto costruito giornoper giorno, strappato coi denti “Conlo scalpello del coraggio / ho dato fog-gia all’esplosione”. Un coraggio che hafatto i conti con un’ombra malignache ogni tanto fa capolino, ma che in-vece di indurre una paura paralizzan-te fa scattare la molla del “non molla-re” mai, perché “È tempo d’annusarogni minuzia, / ogni impercettibile de-lizia, / ogni perla di vita”. E non è, co-me si dice a Roma, un “consolarsi conl’aglietto”, ovvero con quel che, bon-tà sua, passa il convento. Non c’è vit-timismo né passiva rassegnazione.

No. Rosalba sa bene quanto costi vi-vere “… Ho tremato trovando il calo-re del sole rinato …”, quanto sia im-portante voler vivere.

Il suo “testamento” è fiero e leggero,perché non riguarda le ultime volon-tà, ma quel che si è, quel che si vuo-le, quello per cui siamo qui “Non vo-glio tonache / quando vi dirò / addio./ Nell’aria vorrò essere. / Cenere spar-sa / e libera di accarezzare / altre terre… / Né sermoni, / né tristi preghiere, /a me lontane e ipocrite, / ma un sorri-so sincero / da chi ha conosciuto / lemie vesti …”. Già, se vogliamo vera-mente contare su quel sorriso dobbia-mo cercarlo, farlo sbocciare, difender-lo giorno per giorno. Per tutta la vita.

Nel leggere queste poesie ho trovatoanche un pezzetto della mia vita cheho sempre gelosamente custodito econdiviso solo con la mia dolce com-

pagna. Eravamo in un’estate assolatadi tanti anni fa a spasso sull’acciotto-lato di una vecchia strada di Roma,quando a un certo momento ci guar-dammo stupiti perché per la primavolta la metropoli caotica, irrealmen-te ammutolita per il caldo, ci aveva re-galato lo scalpiccio dei nostri zoccoli.Ci stringemmo stupiti e felici e anco-ra oggi con tenerezza ricordiamo “Là,dove dei passi il calpestio / spensiera-to risuona …”.

Non so se sia un luogo comune o unapillola di saggezza, ma si usa dire che“i poeti hanno capito tutto”, inten-dendo che solo loro sono capaci di far-si interpreti dell’altrui sensibilità. Oranon so se Rosalba abbia già capitotutto, né posso saperlo perché non laconosco e probabilmente non ci in-contreremo neppure mai. Oppure no.Ci siamo già incontrati e continuiamoa ritrovarci “Su grandi bolle di sapo-ne” dove “la storica memoria / è inci-sa”. Che bello non essere soli. Rosal-ba è una poetessa? Io posso solo direche ha dato voce a una parte di me.

Marco Accorti, [email protected]

� GIUSEPPE FERRARA, L’assassinio diRoberto Calvi, In appendice Lettere diCarlo Calvi e il testo del film sotto se-questro giudiziario “I Banchieri diDio”, ISBN 88-457-0179-4, MassariEditore (C.P. 144, 01023 Bolsena, VT;E-mail: [email protected]), 2002,pagine 160, € 11,00.

Quando si dice il tempismo. L’Ateocon la recensione del film “I Banchie-ri di Dio” di Giuseppe Ferrara era ap-pena andato in stampa quando in re-dazione è arrivato il libro del registacontenente, oltre alla sceneggiaturaed alcune foto di scena, le lettere ri-cevute dal figlio di Calvi e i documen-ti su cui è basato. Ragion per cui neconsigliamo la lettura. Anzi, la consul-tazione.

Ma non basta. Proprio negli stessigiorni, dopo “appena” 21 anni, anchela magistratura ha finalmente appu-rato che “Calvi fu ucciso dalla mafia”.Migliaia di pagine, 20 faldoni, alcuniindagati noti (il boss Pippo Calò, il fac-cendiere Carboni con l’amica Manue-la e il costruttore Diotallevi) e sei no-mi top secret legati alla malavita ro-mana e alla massoneria che aspettia-mo di conoscere con gran curiosità. I

rinvii a giudizio sono basati sulla con-vinzione che Calvi fu ucciso dalla ma-fia per la sua maldestra gestione deifondi affidatigli, per togliere di mezzoil testimone chiave del riciclaggio didenaro sporco attraverso il BancoAmbrosiano e lo Ior, ed infine comemezzo di persuasione nei confrontidei complici della P2 e dello stesso Iorcon cui la mafia aveva condiviso gliintrallazzi finanziari. Quasi quasi sem-bra che i pm romani Anna Maria Mon-teleone e Luca Tescaroli abbiano con-sultato gli stessi documenti di Ferra-ra, letto le lettere di Carlo Calvi e ma-gari visto anche il film “I Banchieri diDio”.

Marco Accorti, [email protected]

� MARIE JEAN-ANTOINE NICOLAS DE CA-RITAT DE CONDORCET, Elogio dell’istru-zione pubblica, Manifestolibri, Roma2002, pagine 223, € 13,00.

È un utile testo che ci richiama alleradici delle nostre battaglie laiciste eanticlericali, cioè ai valori di ugua-glianza, libertà, progresso sociale eculturale proposti dalla RivoluzioneFrancese. La “verità” cui si riferiscequesto libro è quella razionalista, di-mostrabile, verificabile e riproducibi-le e non quella rivelata da una settareligiosa nella Palestina di duemilaanni fa. La “libertà” per Condorcet ènon solo quella di parola, di stampa,di religione, ma anche la possibilitàdi sviluppare un sapere autonomo daveti e condizionamenti. L’autore, filo-sofo, politico, matematico, economi-sta, del secolo XVIII, denuncia il du-plice ruolo retrivo svolto dal clero pri-ma della Rivoluzione Francese: nonsolo manipolava le menti iniettando-vi preconcetti e falsità di ogni gene-re, ma limitava al massimo l’istruzio-ne popolare. Tutto ciò al fine di so-stenere il potere delle classi aristo-cratiche come già avvenuto più voltenella storia: “È così che, presso gliEgiziani e gli Indiani, alcune casteche si erano riservate la conoscenzadei misteri della religione e dei se-greti della natura, erano giunte adesercitare, su quei popoli disgraziati,il dispotismo più assoluto che si pos-sa immaginare”.

In vari Stati europei dell’epoca, l’istru-zione era monopolizzata da corpora-zioni religiose contro le cui usurpazio-ni si scaglia l’autore: “L’istruzione che

impartiranno avrà sempre per finel’accrescimento del loro potere”. Inol-tre, Condorcet afferma che “i principidella morale monastica non sono népuri, né giusti, né elevati”. L’istruzio-ne, da carità deve divenire un dirittoe per garantirla non c’è che l’istruzio-ne pubblica fondata sulla ragione enon sulla religione. Basta quindi conl’educazione servile addomesticata alclero e al dispotismo. Si deve passaread un’educazione critica la quale nonpuò che essere laica e ad orientamen-to multinazionale: “Così ogni nazioneprofitterebbe dei progressi di tutti ipopoli”. È da evitare la presenza dichi esercita funzioni ecclesiastichenel campo dell’istruzione poiché “Ipopoli che hanno i loro preti per mae-stri non possono restare liberi”.

L’autore mette in guardia dal credereai libri di storia scritti da preti e lorofautori, messi sullo stesso piano degli“stipendiati della corte”. Bisogna ri-prendere la battaglia lasciata a metàda Voltaire: “Voltaire stesso, il primodegli storici moderni, così grande nel-l’ambito mondiale della storia, non hapotuto, nell’ambito politico, essere al-l’altezza del suo genio. Costretto a so-stenere uno dei nemici della specieumana per avere il diritto di attacca-re l’altro con impunità, egli vinse lasuperstizione …”. È chiaro che “i ne-mici della specie umana” cui si riferi-sce Condorcet sono il dispotismo mo-narchico, ma soprattutto quello cleri-cale.

Pierino Marazzani, Milano

� FERRAN LORENTE e JORDI VILAMITJA-NA, Propuestas para una liturgia fune-raria laica (Proposte per una liturgiafunebre laica), ISBN 84-95483-18-1,Curbet CG Edicions, Girona, Spagna(www.curbetcg.com), 2001, pagine152, € 16,80 (in catalano).

La proposta di Ferran Lorente e JordiVilamitjana contribuisce in manieraassai lodevole a progredire nella dire-zione di qualcosa che, da tanto tem-po, dovrebbe essere più una realtàche una semplice possibilità nel no-stro paese: la laicità. Siamo immersiin una società ogni giorno più secola-rizzata e differenziata, nella quale lacontaminazione culturale si fa stradain un contesto fino a poco tempo faassolutamente monopolizzato dallaChiesa Cattolica e dalla sua liturgia.

27n. 5/2003 (29)

RECENSIONI

Il contributo degli autori consente unbel passo in avanti, perché si introdu-ce in un ambito del tutto inedito e ri-sponde alla necessità di tanti cittadi-ni di potere avere referenti civili coe-renti con il loro percorso vitale. Ognu-no di noi ha la necessità di dire addioai propri cari nel momento in cui tut-to finisce. L’osservanza di rituali è unelemento antropologico importanteche si radica nei sentimenti più pro-fondi dell’uomo, quindi anche i noncredenti hanno tutto il diritto di vede-re rispettate le proprie convinzioni nelmomento estremo della morte.

La liturgia laica deve necessariamen-te far riferimento al passato, quellodella persona scomparsa, e al presen-te, quello di coloro che restano prov-visoriamente in questo mondo per ri-cordarla e renderle omaggio. Gli au-tori suggeriscono per il rituale fune-bre laico di non scartare indiscrimina-tamente tutti gli elementi dei ritualireligiosi, soltanto per sottolineare ledifferenze, bensì propongono di con-servare tutto ciò che possa sembrarecomunque appropriato, perché “i ri-tuali funerari sono radicati nei simbo-lismi più antichi e devono essere com-presi come comunicatori di un’eredi-tà culturale dei popoli”.

Il libro raccoglie le possibili fasi di unacerimonia funebre di tipo laico e pro-pone diverse raccomandazioni per uncorretto comportamento da tenersinei momenti critici, rilevando l’impor-tanza di rispettare la volontà del de-funto, ma senza entrare in conflittocon i desideri della famiglia, la quale,in alcune occasioni, può tenere atteg-giamenti contrastanti. L’opera descri-ve anche gli elementi che possono en-trare a fare parte del rituale funebrelaico, segnalando varianti e introdu-cendo altre questioni, come gli aspet-ti legali previsti in merito in Spagna.

Una serie di allegati offre esempi e ri-sorse pratiche – modelli di testamen-to, necrologi, accompagnamenti mu-sicali possibili, esposizioni funebri,simbologia – per agevolare l’attivitàdi quanti, senza esperienza, possanotrovarsi nella situazione di organizza-re un funerale laico nel rispetto dellavolontà di un familiare o di amico, te-nendo conto di come tali circostanzearrivino solitamente in modo repenti-no e implichino un coinvolgimentoemotivo tale da non lasciar comune-mente spazio alle improvvisazioni.

(Traduzione dallo spagnolo di AlbertoPizarro, [email protected])

Joan Carles [email protected]

(La Redazione de L’Ateo sta attualmentevalutando la possibilità di tradurre il librodal catalano all’italiano, in modo da poter-lo mettere a disposizione dei lettori e ditutti coloro che ne fossero interessati).

� ANDREW NEWBERG e EUGÈNE D’AQUI-LI, Dio nel cervello, ISBN 88-04-51035-8, Mondadori, Milano 2003, pagine210, € 15,80.

Nonostante abbia seguito quasi sem-pre solo i consigli di recensori fidati,sono incappato ugualmente spesso insevere cantonate, comperando libri lacui carta si sarebbe resa più utile perscopi meno nobili, per esempio igie-nici. Trovo pertanto utile uffizio quel-lo di contro-recensire quei libri che bi-sognerebbe evitare di acquistare pernon dar credito agli autori, incorag-giandoli a perseverare nel mestiere.

Il volume di Newberg e d’Aquili cheattira l’attenzione dell’ateo per l’intri-gante argomento, sta riscuotendo unsuccesso mondiale (venduto fino inCina), anche perché inspiegabilmen-te accolto con favore dagli addetti ailavori. Nella prima parte il libro descri-ve i meccanismi cerebrali che presie-dono alle esperienze mistiche estati-che: l’inibizione dell’Area Associativadell’Orientamento (lobo parietale su-periore posteriore) causa la perditadella funzione di collocazione spazia-le del Sé corporeo e l’incapacità di di-stinguere tra Io e non-Io, da cui la per-cezione di unione con il tutto cosmicoe di fusione con il divino o con il Nul-la Assoluto delle tradizioni orientali.Le esperienze di contatto con presun-

te entità e realtà trascendenti, che imistici d’ogni tempo hanno descritto,dipendono, dunque, da un modificatofunzionamento di certe strutture delcervello e sono innescate da praticherituali e da tecniche meditative.

Dopo che argomentazioni ben soste-nute da una nutrita bibliografia han-no raccolto il consenso del lettore,scatta la trappola New Age che espo-ne la teoria secondo la quale: (a) letrance mistiche sono state seleziona-te per permetterci di cogliere realtàtrascendenti definite come EssereUnitario Assoluto (EUA); (b) l’esisten-za dell’EUA è probabile perché lascienza non la smentisce (sic!) e per-ché se no che cosa ci starebbero a fa-re i meccanismi cerebrali della trancenel cervello? (c) dato che la scienzaci fornisce aspetti parziali della real-tà, approfittiamo tutti delle possibili-tà del nostro cervello di esperire al-tre realtà. In definitiva, il libro misce-la insegnamenti buddisti, idealismoplatonico, relativismo gnoseologico,cattiva interpretazione dell’evoluzio-nismo (se abbiamo certe facoltà men-tali è perché esse possono essere uti-li, non perché esse ci fanno conosce-re il vero, cari autori!) e spinte irra-zionalistiche: niente di nuovo sotto ilcielo.

All’irritazione personale per il succes-so del libro tra il pubblico colto, devoaggiungere la preoccupazione per loscarso impegno degli scienziati nelcontrastare teorie e idee che diffon-dono memi di idiozia e stupidità, con-sentendo ai moderni ciarlatani tutto-dire di imbonire le masse alfabetizza-te, ma altrettanto vulnerabili che inpassato, perché insidiate da apparen-ti argomentazioni scientifiche e logi-che e che invece nascondono obietti-vi di irrazionalità e superstizione.

Maurizio [email protected]

28 n. 5/2003 (29)

RECENSIONI

� Vacanze in OlandaVolevo porvi all’attenzione questa cu-riosità. Sono stato 10 giorni in vacan-za nei Paesi Bassi. Prima di partire holetto alcune pubblicazioni su questoPaese e avevo con me due guide turi-stiche, quella del Touring Club e uninserto de La Repubblica, entrambeun po’ datate, ma ancora valide. Intutte le letture che ho effettuato lacomposizione dei cittadini è semprerisultata (con poche discordanze):35% cattolici, 35% protestanti più un5% misto di cui in maggioranza mu-sulmani “sebbene un terzo degli abi-tanti si dichiari agnostico”. A parte laprecisione dei dati che ho riportato,tutte le fonti concordavano: in Olan-da non si conta in percentuale ma inpersettantale! Chi sono il circa 30% dicittadini olandesi non citati? Cosafanno? Dove vivono? Mistero. In piùla guida TCI riportava con dovizia diparticolari solo la descrizione dellechiese cattoliche, dallo stipite dellaporta d’ingresso alla manifattura del-le sedie, descrizione dei quadri neimusei solo se inerenti alla religione,se una città fosse sede vescovile omeno, se a maggioranza cattolica enelle note storiche maggiore risalto aipolder cattolici, mentre tralasciavadescrizioni complete dei musei, di edi-fici d’interesse storico o di chiese ma-gari più importanti di altre religioni.Io invece ho visto chiese trasformatein musei d’arte moderna o in negozi,e grazie a queste guide non ho nean-che trovato il monumento agli omo-sessuali ad Amsterdam.

Elio A. [email protected]

� Gli insegnanti, l’infanzia e il pensiero critico

Gli articoli “Necessità e coscienza del-l’ateismo” di L. Franceschetti e “Doyou believe in magic?” di P. Odifreddi– pubblicati sul n. 4/2003 (28) de L’A-teo – mi hanno indotto a rifletteremaggiormente sulla questione dell’e-ducazione dei “piccoli umani”. Essen-do insegnante elementare affronto,quotidianamente, la realtà dell’infan-zia e sono consapevole dell’importan-za della mia professione, in quanto hoa che fare con un mondo di coscienzeplasmabili in cui è doveroso muoversicome in un negozio di cristalli. Teori-camente molti colleghi sanno che ilnostro compito è quello di consentireun’alfabetizzazione culturale e critica

ai propri alunni. Sono stati versati fiu-mi d’inchiostro su Programmi Ministe-riali redatti da autorevoli (o meno)esperti pedagogisti, ma non sempretutti i docenti ne applicano i principi.Di solito si parla di democrazia, ma siutilizzano comportamenti autoritari,si programma privilegiando il metodoscientifico ed esperienziale per cono-scere la realtà, ma poi ci si abbandonaall’improvvisazione e al travaso di no-zioni, si valorizza la ricerca, la scoper-ta, il confronto, ma poi ci si affida com-pletamente ai libri di testo. Ed è pro-prio su questo che vorrei porre l’atten-zione. Insegnando storia, sono rima-sta sorpresa per come è descritta, suvari sussidiari, la vicenda del popoloebraico (per non parlare di quella deicristiani!). Si parla d’Abramo, della vo-ce di Dio, di Mosè abbandonato sulleacque del Nilo come se tutto fosserealmente accaduto. Le colleghe han-no organizzato uno spettacolo su Mo-sè, appunto, e quando ho fatto notareche l’argomento era più attinente al-l’ambito religioso hanno obiettatoaspramente e in modo convinto che sitrattava di storia. È ovvio che le leg-gende, i miti, le favole hanno la loroimportanza ed è giusto conoscerli,drammatizzarli, ma ritengo sia dove-roso far notare che sono dei miti! Lostesso dicasi per Adamo ed Eva. Inuna seconda, a fine anno, ho accenna-to all’evoluzione dell’uomo e i bambi-ni, inorriditi, hanno esclamato: “Macome, siamo animali? Ma non siamo fi-gli di Dio fatti a sua immagine e somi-glianza?”. È chiara la responsabilità diquell’ora di religione che catechizza,anche a partire dalle materne! Chie-do, allora, a quei colleghi “distratti” diponderare bene sul proprio lavoro e diconseguire realmente gli obiettiviconcernenti le distinzioni tra storia emito, tra religione e scienza, altrimen-ti il pensiero critico sarà dato in pastoa quello magico da cui sarà sempre piùdifficile liberarsi!

Rosalba Sgroia, [email protected]

� Sul pensiero di Leopardi

Chiunque abbia approfondito la lettu-ra dei testi del Leopardi può facilmen-te rendersi conto di quanto sia com-plesso e variegato il pensiero del poe-ta. Non sfuggirebbe all’attenzione diun lettore sensibile e attento il razio-nalismo estremo con cui Leopardi “il-lumina” l’esistenza umana, ma nem-meno si potrebbe fare a meno di avver-

tire la profonda umanità e umiltà delpoeta, caratteristiche queste che fan-no dello stesso un umanista razionali-sta. Leopardi era razionalista dunque,ma anche, in tema religioso, un agno-stico. Eleggeva il dubbio a verità rite-nendo essere possibile avvicinarsi alvero in un solo modo, cioè dubitando(Zibaldone, …. la verità consiste essen-zialmente nel dubbio …). Il percorso fi-losofico e poetico del poeta fonda lasua ragione nella razionalità e nel pen-siero logico, elementi questi ultimi deiquali il Leopardi va orgogliosamentefiero, ma dei quali riconosce i limiti ein ultima analisi, li identifica come con-causa inevitabile della Sua infelicità.In altri termini si può affermare che ilLeopardi esercita l’estremo atto di ra-zionalità riconoscendo lucidamente ilimiti del pensiero razionale.

È opportuno chiarire che l’ammissio-ne dei limiti del pensare razionale nonporterà mai, né avvicinerà mai il Leo-pardi a qualsivoglia forma di religiosi-tà; semmai il percorso culturale e filo-sofico intrapreso lo spingerà, nel cor-so degli anni, ad un sempre maggioragnosticismo e a una sempre maggio-re solidarietà col genere umano. Ilconcetto di compassione nasce ap-punto dalla consapevolezza della co-mune e sventurata sorte del genereumano a cui nessuno è sottratto. Gio-va rammentare che lo Zibaldone viene“chiuso” nel 1832 con la seguente af-fermazione: Due verità che gli uominigeneralmente non crederanno mai: l’u-na di non saper nulla, l’altra di non es-sere nulla. Aggiungi la terza, che hamolta dipendenza dalla seconda: dinon aver nulla a sperare dopo la mor-te. Invito chi ancora osasse credereche l’elezione del dubbio a verità, pro-pria del pensare del Leopardi, arrivas-se fino a ricomprendere la possibilitàdell’esistenza di un Dio, a riflettereleggendo e rileggendo la Ginestra(scritta nel 1836): ... E piegherai (gine-stra) sotto il fascio mortal non renitente/ il tuo capo innocente: / ma non piega-to insino allor indarno / codardementesupplicando innanzi / al futuro oppres-sor; ma non eretto / con forsennato or-goglio inver le stelle, / né sul deserto,dove / e la sede e i natali / non per volerma per fortuna avesti; / ma più saggia,ma tanto / meno inferma dell’uom,quanto le frali / tue stirpi non credesti /o dal fato o da te fatte immortali.

Leopardi era un uomo sofferente, pie-gato nel fisico da un’infinità di malan-ni e incompreso dai contemporanei.

29n. 5/2003 (29)

LETTERE

La sua infelicità è un’infelicità cosmi-ca, stimolata e aggravata dalla suacondizione fisica, ma che non trovaorigine esclusiva dalla stessa condi-zione. È improprio ricondurre tutto ilpensiero leopardiano alla sua condi-zione di salute e di vita. Sarebbe rico-noscere come irrazionale il suo filoso-fare, ritenere immotivate e illogichele sue speculazioni sull’esistenzaumana; il pensiero del poeta è un pen-siero che, seppur tragga stimolo dalsuo stato, tuttavia è pienamente con-divisibile, razionale e strutturato coe-rentemente. Dio non trova spazio nel-la vita del filosofo e dell’uomo; ardi-sco infine una riflessione del tuttopersonale. Se Leopardi avesse per unsolo istante ritenuto possibile l’esi-stenza di un Dio creatore e sovrain-tendente delle sorti del cosmo e del-l’uomo, ebbene credo che Leopardi loavrebbe sinceramente disprezzato,odiato e maledetto … “la vita è male”… dolore e sofferenza … e un eventua-le Dio, necessariamente onnipotente eche ha l’assoluta disponibilità rispettoalle scelte che fa, ben poteva appresta-re un vita migliore per gli esseri viven-ti (Zibaldone). L’eventuale Dio potevadonarci sorte più “felice” anziché co-stringerci ad una vita miserabile insi-diata da una natura matrigna e/o in-differente e spietata. Grazie a Dio,Leopardi era ateo.

Antonio Bruno, Verona

� Una precisazione

Nel n. 4/2003 de L’Ateo Carlo Tama-gnone fa un lungo ragionamento par-tendo da un presupposto che non cor-risponde alla realtà. Scrive Tamagnoneche, mentre soltanto il 30% circa degliitaliani osserva il precetto festivo,un’ampia parte dei contribuenti italia-ni destina l’8 per mille alla chiesa cat-tolica. Gli ultimi dati a disposizione so-no quelli della dichiarazione del 1999per i redditi del 1998. Il totale dei de-nuncianti è pari a 36.152.252. La mag-gior parte di essi (22.929.366) non haeffettuato nessuna scelta oppure hafatto una scelta non valida. Le sceltevalide sono state 13.222.886, cioè il36,58 dei dichiaranti. Le scelte a favoredella chiesa cattolica sono state11.526.402, che rappresentano il31,88% dei contribuenti dichiaranti,una percentuale che non è molto lonta-na da quella degli italiani osservanti ilprecetto festivo. Come fa Tamagnonead affermare che “larghe fasce di citta-

dini italiani non-osservanti ritengonoopportuno continuare a foraggiare ab-bondantemente la chiesa cattolica e leattività da essa promosse”? I numeri cidicono che la larghissima maggioranzadei non-osservanti non fa alcuna sceltafavorendo oggettivamente la chiesacattolica. Cordiali saluti.

Silvio [email protected]

� Un giorno di lutto per l’umanità:ricordando il 12 ottobre 1492

Ci sono alcune date che ricordiamo vo-lentieri, altre passano inosservatementre altre ancora – forse inconscia-mente – le rimuoviamo proprio. Nellanostra cultura europea certamente il14 luglio 1789, oltre che la presa dellaBastiglia e l’inizio della RivoluzioneFrancese ci fa ripensare ad essenzialiconquiste per l’umanità anche se noncompletamente decollate e realizzate.In Italia si ricorda con un po’ di fatica(visto l’attuale imperante clericalismoda Controriforma) il 20 settembre1870, con la Breccia di Porta Pia, chevide finalmente cadere il potere tem-porale del papato. Tutti – concorde-mente – invece, cerchiamo di dimenti-care e rimuovere quel lontano 12 otto-bre 1492, sì proprio la scoperta dell’A-merica (si fa per dire), che rappresen-ta per l’Europa una vera e propria on-ta per lo sterminio e la schiavitù dellepopolazioni amerinde che tuttora pro-segue silenziosamente con l’uso dinuove tecniche, roba da far invidia aHitler & C. Dovremmo invece ricordar-ci questa data e non certo festeggiar-la come si usa fare nelle Americhe, maconsiderarla giorno di lutto per l’uma-nità. Evangelizzazione e schiavitù –che non sono altro che sinonimi – han-no caratterizzato il nostro passato:due flagelli che purtroppo proseguo-no anche oggi, basta andare in Ameri-ca (tanto per rimanere in zona) e vede-re con i nostri occhi.

Alba Tenti, Firenze

� Rispetto della vita e legge 194

La legge 194 ammette e regola l’inter-ruzione volontaria di gravidanza(IVG), ma consiglia altresì di non usar-la come metodo contraccettivo (ma iconsultori fanno veramente preven-zione contraccettiva?). La 194 è consi-derata come una conquista per la don-

na, ma non distingue tra diversi tipid’aborto e tra diversi scopi decisionalidella donna, se non formalmente.

Io sono ginecologo 58enne e sonosempre stato obiettore di coscienza!Io sono ateo e iscritto all’UAAR, masono rimasto fedele al giuramentod’Ippocrate (non scandalizzatevi!). Ecioè, per motivi deontologici, il medi-co non può provocare danno ai pa-zienti e quindi provocare la morte diun essere umano; e l’embrione è unessere umano fin dal concepimento!Non cerchiamo alibi! A questo puntochi legge questa lettera si domande-rà: che razza d’ateo è questo? Mispiego: la legge 194 non distingue ve-ramente nelle sue motivazioni traIVG perché la donna o il partner nonhanno voluto fare contraccezione(paura, ignoranza) e i casi veramenteumani (fallimento o impossibilità fisi-ca di fare contraccezione, stupro,ecc.) e inoltre l’aborto eugenetico(malformazioni fetali gravi o comun-que incompatibili con una vita nor-male) e l’aborto terapeutico (malattiematerne gravi che la gravidanza ag-graverebbe mettendo in pericolo lavita della donna). La 194 costringe ilmedico a scegliere drasticamente traessere favorevole a tutto o esserecontrario a tutto, senza distinguo. Perinciso, la spirale (IUD) e la “pillola delgiorno dopo” non provocano l’aborto,come dice il Vaticano facendo disin-formazione (eufemismo), sia perchénon è certo che ci sia stato il conce-pimento (che statisticamente è unevento relativamente raro rispetto alnumero di cicli) sia perché si defini-sce gravidanza un embrione (in real-tà una blastocisti) già impiantato inutero.

Noi dell’UAAR (vedi Statuto) abbiamorispetto per la vita degli altri, ma tra glialtri non ci sono pure gli embrioni uma-ni? Abbiamo rispetto per gli animaliabbandonati, perché non avere rispet-to per gli embrioni sani della nostraspecie? Naturalmente, la vita deve es-sere degna di essere vissuta e non de-ve comportare un danno psicofisicograve per la gestante! Ma ormai la IVGè diventata una formalità! Visto cheabbiamo solo questa vita terrena, con-sideriamola preziosa, ma degna di es-sere vissuta con “rigore, autodiscipli-na, ragione, perseguimento di ciò cheè nobile senza quella vecchia grucciache è Dio” (Salman Rushdie).

Paolo Profita, [email protected]

30 n. 5/2003 (29)

LETTERE

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32 n. 5/2003 (29)

L’UAAR, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, èl’unica associazione italiana di atei e di agnostici ed è com-pletamente indipendente da forze politiche o da gruppi dipressione di qualsiasi genere. Essa si è costituita di fattonel 1987 e legalmente nel 1991, presentandosi al pubblicocon dibattiti e altre iniziative.

Scopi generalidall’articolo 2 dello Statuto, approvato dal

IV Congresso Nazionale, Firenze 2001.

a) promozione della conoscenza delle teorie atee e agnosti-che e di ogni concezione razionale del mondo, della vita edell’uomo;b) sostegno alle istanze pluralistiche nella divulgazione dellediverse concezioni del mondo e nel confronto fra di esse, op-ponendosi all’intolleranza, alla discriminazione e alla preva-ricazione;c) superamento del principio della libertà di religione in fa-vore del principio del pari trattamento da parte degli stati edelle loro articolazioni di tutte le scelte filosofiche e conce-zioni del mondo, comprese ovviamente quelle non religiose.d) riaffermazione, nella concreta situazione italiana, dellacompleta laicità dello Stato lottando contro le discriminazio-ni giuridiche e di fatto, aperte e subdole, contro atei ed agno-stici, pretendendo l’abolizione di ogni privilegio accordatoalla religione cattolica e promuovendo la stessa abrogazionedell’articolo 7 della Costituzione che fa propri i Patti latera-nensi fra Stato italiano e Vaticano.

Come si qualifica

L’UAAR si qualifica sul piano filosofico. Essa si propone di ri-unire le persone che hanno fatto una scelta filosofica di tipoateo o agnostico; una scelta, cioè, che nega o pone in dubbiol’esistenza di ogni forma di divinità e di entità spirituale.L’aggettivo razionalisti, riferito sia agli atei sia agli agnosti-ci, intende esprimere anzitutto la fiducia nella ragione co-me termine di riferimento fra gli uomini; non può aderire al-l’UAAR chi, anche non seguendo alcuna delle religioni uffi-ciali, crede nella vita ultraterrena, nella metempsicosi, nel-l’astrologia, ...Il nostro obiettivo strategico è quello di ottenere l’elimi-nazione di ogni intrusione dello Stato in materia di sceltefilosofiche personali. In questo modo si rispetta il caratte-re individuale e privato della scelta e si evitano interfe-renze e discriminazioni. In generale, l’UAAR rivendicapari diritti per tutte le concezioni del mondo. Al diritto dilibertà di religione va dunque sostituito quello di ugualidiritti per tutte le concezioni del mondo, quindi anche perquelle non religiose.Di conseguenza l’UAAR combatte contro tutte le discrimi-nazioni di cui sono fatti oggetto i cittadini atei e agnostici, ele loro associazioni. Ove permangano prerogative concessea qualche confessione (citazione nella Costituzione, intesacon lo Stato, insegnamento nella scuola, esposizione delsimbolo, contributi regionali, toponomastica locale, e simi-li), tali prerogative sono rivendicate anche dall’UAAR, pro-prio per non accettare discriminazioni nei confronti delleconcezioni del mondo di carattere non religioso.

L’UAAR dice basta con l’invadenza, nella politica e nelleleggi dello Stato, della chiesa cattolica che, anche attraver-so partiti da essa ispirati o facendo leva sul servilismo deigoverni, cerca di imporre a tutti i cittadini i valori che sonopropri dei cattolici quali la sessuofobia, la sudditanza delladonna, l’accettazione della condizione di povertà, la ghet-tizzazione dei bambini nella scuola in base alla religione deigenitori, la celebrazione dei propri fasti a spese delle ammi-nistrazioni pubbliche.L’UAAR intende far emergere l’esistenza di una quota dellapopolazione italiana atea e agnostica, che è consistente ein crescita, e che ha diritto di interloquire con lo Stato, alpari delle confessioni religiose, in particolare di quella cat-tolica, su morale, istruzione, bioetica, unioni di fatto, con-traccezione, aborto, eutanasia, e così via.

Attività

L’azione dell’UAAR si sviluppa mediante dibattiti, protestee altre iniziative organizzate dal Comitato di Coordinamen-to nazionale o dai Circoli locali.L’UAAR ha tenuto congressi nazionali a Venezia nel 1992, aBologna nel 1995, a Trento nel 1998 e a Firenze nel 2001.

Rivista

L'UAAR manda ai suoi soci la rivista bimestrale L'Ateo. Larivista esce cinque o sei volte all'anno, è in vendita nelle li-brerie Feltrinelli a € 2,80, e la si può avere anche per abbo-namento.

Sito Internet

L’UAAR ha un proprio Sito Internet, www.uaar.it, frequen-temente aggiornato, dove si possono trovare notizie sul-l’associazione, articoli, documenti, riferimenti a siti di altreassociazioni e altro. Si possono anche trovare le istruzioniper iscriversi alle mailing-list [ateismo] aperta a tutti, [uaar]riservata ai soli soci e alla news-letter mensile.

IHEU e FHE

L’UAAR è in contatto con organizzazioni analoghe in tuttoil mondo; in particolare è membro associato dell’IHEU, In-ternational Humanist & Ethical Union (Unione Internazio-nale Umanista ed Etica), la maggiore confederazione di as-sociazioni di ispirazione laica e aconfessionale, con sede aLondra.L’IHEU comprende oggi circa 100 organizzazioni in 35 statidi tutti i continenti ed è consulente ufficiale dell’ONU, del-l’UNESCO, dell’UNICEF, del Consiglio d’Europa, del Parla-mento e dell’Unione Europea, dove rappresenta il punto divista e gli interessi dei milioni di membri associati.La FHE, Fédération Humaniste Européenne, con sede aBruxelles è, in Europa, l’organismo più rappresentativo del-la laicità, coordina e promuove le istanze laiche nazionalinell’ambito dell’Unione Europea. Ha già influito positiva-mente nell’ispirare la Carta dei diritti dell’UE, in cui anchel’UAAR ha potuto far sentire la sua voce.

Membro associato dell’IHEU – International Humanist & Ethical Union

UAAR


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