La tecnologia Bitcoin
8 minutiil tempo medio di una transazione in bitcoin
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4000 $cifra sopra la quale si trova attualmente il prezzo del Bitcoin
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Cambio bitcoin-Dollari
Bitcoin è una moneta virtuale completamente
decentralizzata, infatti non si basa su un organismo
centrale né per regolare l’offerta di moneta né per
verificare l’autenticità delle transazioni. La quantità di
valuta in circolazione è definita a priori, cresce come una
serie geometrica ogni quattro anni e tende
asintoticamente al limite di 21 milioni, mentre un
database distribuito in combinazione con potenti
algoritmi di crittografia garantisce che ogni transazione
avvenga in modo sicuro e anonimo, per questo motivo è
definita da molti come il primo esempio di
“criptovaluta”.
Il 3 marzo 2017 la BBC annunciava che il cambio bitcoin
dollaro aveva superato il valore di un’oncia d’oro. La
notizia ha creato sconcerto ed incredulità nel mercato ed
ha portato moltissimi analisti a domandarsi quali fossero
le ragioni per cui il Bitcoin, che nel 2015 valeva appena
250 dollari, arrivasse a scambiare sulla piattaforma
BitStamp a 1.298 dollari, contro 1.233 dollari necessari
per acquistare un’oncia d’oro. Le cause ipotizzate sono
molteplici e includono la forte crescita della domanda di
Bitcoin in Cina, le dichiarazioni di Trump in America e la
contrazione del valore dell’oro.
Nonostante il forte valore simbolico della notizia, la linea
di demarcazione che intercorre fra i Bitcoin e i beni
rifugio appare ancora molto netta. Infatti, solo una
settimana dopo, la decisione della SEC di negare il via
libera alla quotazione del primo strumento finanziario
legato alla criptomoneta, proposto dai gemelli
Winklevoss (i due canottieri olimpionici e imprenditori
digitali famosi per aver accusato Marc Zuckerberg di aver
rubato loro l'idea di Facebook) ha fatto nuovamente
crollare il valore nominale del Bitcoin di oltre il 20%.
Bitcoin supera l’oro
Il termine Bitcoin ha un doppio significato: si riferisce sia
alla tecnologia sottostante al servizio (Bitcoin maiuscolo)
sia alle singole monete utilizzate per acquistare beni e
servizi (bitcoin minuscolo). Questi ultimi non sono altro
che una “criptovaluta” elettronica, ossia una tipologia di
moneta digitale che attraverso il sistema Bitcoin consente
agli utenti di effettuare pagamenti e transazioni Peer to
Peer di qualunque entità senza la necessità di una
validazione bancaria e quindi di una vigilanza centrale
(Banca centrale). Tale moneta, se da un lato replica un
servizio tipicamente offerto dalle banche, consentendo il
trasferimento, pressoché immediato, di valuta fra gli
agenti ad un costo nell’ordine dei centesimi di dollaro per
transazione, dall’altro garantisce agli stessi alcuni dei
fondamentali vantaggi offerti dal circolante, quali
l’anonimato e la sicurezza. Bitcoin nasce, infatti, con
l’obiettivo di garantire l’anonimato nonostante i
cosiddetti “bizantinismi della sicurezza informatica”,
ovvero la necessità di far transitare dei dati
estremamente sensibili, attraverso una rete che di per sé
sicura non è, senza la possibilità di una verifica da parte di
un intermediario che possa garantire la regolarità delle
transazioni.
Tali problematiche sono gestite tramite un sistema
P2P (peer to peer) open source – pubblico e
controllabile da chiunque – che utilizza un database
distribuito tra i nodi, ossia tra tutti i computer degli
utenti che mettono a disposizione capacità di calcolo in
cambio di una minima remunerazione in bitcoin neo
emessi dal sistema. L’autenticità e la regolarità delle
transazioni viene garantita dalla crittografia ripetibile per
un numero indefinito di volte a doppia chiave pubblica e
privata: nessuno può spendere bitcoin di cui non sia
legittimamente proprietario e nessuno può spendere gli
stessi bitcoin più di una volta, ed ogni transazione,
seppur registrata in un database pubblico e distribuito
(blockchain), non potrà essere direttamente ricondotta
al mandante, e soprattutto non potrà essere ricondotta
in alcun modo ad altre transazioni effettuate o ricevute
dallo stesso utente. L’utilizzo di una rete Peer to Peer
permette alla tecnologia/economia Bitcoin di funzionare
senza passare per un ente centrale. Questo vuol dire che
non esiste un’azienda o una banca che si occupa di
controllare il traffico o il valore delle monete digitali e,
soprattutto, che non ci sono intermediari fra gli utenti,
per garantire costi di transazione minori.
Cosa è davvero il Bitcoin?
A prima vista l’idea di una moneta indipendente da una
banca centrale potrebbe apparire come un interessante
esperimento socioeconomico e tecnologico senza una
reale applicazione pratica, tuttavia non è così.
Attorno al bitcoin, inventato nel 2008 da Satoshi
Nakamoto, uno pseudonimo dietro al quale non
sappiamo ancora con precisione chi si nasconde, sono
nate tantissime applicazioni ed estensioni, che hanno
reso addirittura possibile convertire tali monete digitali in
altre valute o in buoni per alcuni dei maggiori siti di e-
commerce come Amazon, consentendo alla criptovaluta
di raggiungere le dimensioni attuali: una
«capitalizzazione» di circa 4 miliardi di dollari, 100.000
transazioni giornaliere, un volume annuo pari a 23
miliardi di dollari, 8 milioni di utenti, circa 100.000
esercenti che accettano pagamenti in bitcoin ed oltre 120
bancomat che li cambiano con altre valute (Mauro 2015).
A seguito della sua crescita esponenziale, Bitcoin non ha
impiegato molto tempo ad attrarre l’attenzione di
investitori, curiosi e media. L’altissima volatilità della
valuta ha permesso a chi ha riposto fiducia nel progetto
sin dagli albori di generare profitti incredibili. Tra questi
vi è un ragazzo norvegese che nel 2009 acquistò per soli
24 dollari 5.600 bitcoin, senza probabilmente sapere che
pochi anni dopo il suo valore sarebbe salito alle stelle,
ottenendo un guadagno di oltre 700 mila dollari. A
questo punto viene da chiedersi: tutto ciò è legale? Sì, o
meglio sembra non essere illegale in molti paesi. In un
articolo pubblicato dal Sole 24 Ore il 17 marzo 2017, Luca
Battanta tenta di far luce riguardo le leggi attualmente in
vigore a livello globale volte a regolamentare il mercato
della criptovaluta, concludendo che ad esclusione degli
Emirati - dove la criptovaluta è illegale - e della Cina -
dove ne è stato vietato il prelievo - le altre nazioni non
hanno mai vietato la circolazione della nuova moneta,
anzi, in USA hanno addirittura tentato di tassarla,
garantendole così il riconoscimento legale che era atteso
da tempo.
Un network incontinuo aumento
Una volatilità incredibile
Molti legislatori però si sono trovati ad affrontare il
difficile problema di ricondurre il bitcoin a fattispecie
note e normate, in particolare, osservano i professori
Massimo Amato e Luca Fantacci nel libro “Per un pugno
di bitcoin”, la “criptovaluta”, non avendo corso legale e
non essendo sottoposta al controllo degli organi di
vigilanza, è difficilmente assimilabile a una moneta
convenzionale, inoltre l’alta volatilità dei prezzi non lo
rende un mezzo e una misura affidabile per gli scambi.
Una possibilità, seguita ad esempio dalla Francia, è quella
di definire il bitcoin come un bene, seppur immateriale,
assimilandolo a quadri, opere d’arte e altri manufatti di
lusso che possono essere usati in casi particolari come
mezzo di pagamento. Un’altra strada consiste nel
considerare i bitcoin come una forma d’investimento, e
questa ipotesi, adottata da paesi come la Germania e la
Svezia, coglie quello che sembra essere l’utilizzo
preponderante della “criptovaluta”. A differenza di azioni
e titoli finanziari, però, il bitcoin non è un titolo di
credito, non offre al titolare il diritto a esigere una
quantità di denaro o la proprietà di una quota societaria,
non avendo un valore
intrinseco il bitcoin è infatti estremamente volatile, tanto
da portare l’Autorità Bancaria Europa a scoraggiare
l’acquisto o la vendita di valute virtuali da parte degli
istituti finanziari.
L’andamento del bitcoin, sin dalla sua nascita, è sempre
rimasto instabile e variabile: il 17 agosto 2010 il primo
bitcoin viene venduto per 7,96 centesimi di dollaro,
rimanendo sotto la soglia psicologica di un dollaro fino a
febbraio 2011 e oscillando intorno a quel valore per
diversi mesi, poi, fra aprile e giugno 2011, la moneta
registra il suo primo boom raggiungendo in poche
settimane il valore di 35 dollari . A seguire inizia una
vertiginosa corsa al rialzo, interrotta periodicamente da
improvvisi crolli che portano il bitcoin ad un cambio di
600 dollari nel 2014 e circa 300 nel 2015, sfiorando la
volatilità dell’euro; nel 2016-2017 il definitivo exploit
porta il valore di cambio del bitcoin-dollaro ad eguagliare
quello dell’oro, per arrivare infine all’estate 2017 dove il
Bitcoin ha superato ampiamente la soglia dei 4000
dollari.
Sono i bitcoin una moneta affidabile?
La volatilità della moneta è fondamentalmente insita nel
meccanismo di funzionamento della piattaforma stessa. Il
cambio di una valuta determinato dal prezzo di mercato
deriva dal rapporto fra la domanda e l’offerta, dunque,
essendo l’offerta di bitcoin predeterminata e decrescente
nel tempo (sul modello di una funzione logaritmica che
tende a stabilizzarsi ad una quota asintotica di 21 milioni
entro il 2030) ed essendo la sua domanda totalmente
libera, un tasso di crescita della domanda superiore a
quello dell’offerta genera un innalzamento del valore del
Bitcoin.
Tuttavia, data la scarsa offerta e la bassa capitalizzazione
della moneta stessa, anche una relativamente minima
riduzione della domanda può causare una drastica
contrazione del cambio dello stesso, come è avvenuto a
seguito della bocciatura della proposta dei gemelli
Winklevoss da parte della SEC. Tale enorme volatilità è
misurata solo in termini di tasso di cambio fra moneta e
dollaro, ma poiché non esiste né un listino di prezzi fissati
in bitcoin né alcun mezzo simile all’IPC utilizzato dall’Istat
con le monete tradizionali per valutarne l’effettivo
potere d’acquisto,
questo genera un enorme rischio per qualunque azienda
decida di accettare pagamenti in bitcoin.
La risposta è semplice: il bitcoin è utilizzato più come
mezzo speculativo che come moneta. Questo è forse uno
dei fenomeni che ha contribuito in misura maggiore a
rendere evidente il fatto che, anche se a livello di
funzionamento l’oro e il Bitcoin possono essere
considerati simili, a livello funzionale sono due realtà
estremamente differenti. Infatti il detentore di bitcoin,
come il possessore d’oro è un “creditore senza debitori”,
ovvero possessore di un bene che costituisce un’attività
per il detentore senza essere la passività di nessuno,
diversamente da quanto avviene con le monete
tradizionali. Infatti il valore del bitcoin, come quello
dell’oro, non dipende dalle politiche fiscali attuate dalla
banca centrale, ma dalla loro scarsità di offerta che, a
differenza dell’oro in cui è in cui determinata
naturalmente, per i bitcoin è artificiosamente imposta dal
sistema.
Il valore di mercatodel Bitcoin non èinfluenzato dallepolitche fiscalimesse in atto dallaBC
Da cosa dipende dunque la volatilità?
Alcune caratteristiche della criptomoneta, tra cui la
volatilità, la scarsa capitalizzazione e la difficoltà di
conversione in moneta tradizionale, scoraggiano gli
investitori rendendo difficile per il bitcoin affermarsi
come bene rifugio alternativo all’oro, per lo meno nel
breve periodo. Tuttavia, osservando come la volatilità
tenda a ridursi con il passare degli anni, non possiamo
escludere che dopo il 2030, una volta stabilizzatosi
attorno alla quota dei 21 milioni, la volatilità possa ridursi
drasticamente e la moneta possa diventare molto
più affidabile.
Le monete digitali possono avere diversi scopi. Mentre il
bitcoin è pensato per garantire assoluta indipendenza e
segretezza nelle transazioni, altre monete, cosiddette
“complementari”, ambiscono a contrastare la grave crisi
di liquidità che affligge le imprese. La recente crisi ha
reso evidente l’incapacità dei mercati finanziari di
erogare con continuità nel tempo finanziamenti alle
imprese, le quali perciò incontrano numerose difficoltà
nello svolgere le loro attività. Tale problema
macroeconomico è definito Credit Crunch e si verifica
solitamente al termine di una forte fase espansiva
inasprendo la seguente fase recessiva.
Le monete complementari grazie alla loro particolare
struttura anticiclica si dimostrano particolarmente efficaci
nel contrastare un Credit Crunch, hanno infatti come
unica funzione quella dell’unità di conto, cioè di
strumento per fissare i prezzi e registrare debiti, lasciando
quella di riserva di valore alle monete convenzionali,
sempre più soggette a cicli di inflazione e deflazione e
quindi sempre più sottoposte a restrizione del credito.
Le monete complementari, solitamente, pur non essendo
convertibili, hanno un valore collegato ad una moneta
convenzionale, il loro funzionamento infatti si basa
essenzialmente sulla compensazione di crediti e debiti all’
interno di un sistema di scambi di beni e servizi tra
imprese locali, facenti parte del circuito, le quali nutrono
fiducia reciproca. L’ imprenditore, interessato a entrare
nel circuito, può richiedere un prestito denominato in
moneta complementare, i gestori del circuito valutano la
Soluzione alle problematiche macroeconomiche
Fonte di finanziamento per le imprese?
proposta, e se il prodotto ha un potenziale di vendita tra
le altre aziende del circuito, il credito viene erogato. L’
imprenditore inizia quindi a vendere i suoi prodotti agli
altri membri del circuito fino a quando non ha ripagato il
suo debito, se poi produce un attivo, quest’ultimo non è
convertibile in moneta convenzionale e, in questo
modo, le imprese sono obbligate a reinvestire le proprie
attività all’interno del circuito locale, generando nuove
transazioni. In alcuni casi può anche essere applicato un
tasso di interesse negativo sui depositi come ulteriore
stimolo all’economia. Questo meccanismo incentiva lo
scambio, alimentando quindi l’economia locale senza
dover iniettare un’ulteriore liquidità che nel medio
periodo provocherebbe inflazione. Le stesse transazioni
permettono alle imprese di creare moneta senza
ricorrere alla mediazione degli istituti di credito
convenzionali. Quest’ultimo è un fattore critico di
successo, in quanto trasforma il credito da bilaterale a
multilaterale: la singola impresa non è più creditrice nei
confronti di un singolo agente, ma nei confronti
dell’intero circuito, il quale crea e distrugge moneta
locale al verificarsi di ogni operazione sul mercato.
L’aumentare degli scambi tra le imprese appartenenti al
circuito permette inoltre di incrementare l’occupazione
locale, contrastando
la sempre più diffusa delocalizzazione produttiva.
Così facendo verrebbero preservate sul territorio
maggiori competenze e favorita ulteriormente
l’integrazione territoriale; il lavoro non sarebbe più
considerato come una risorsa da sfruttare in modo da
massimizzare il rendimento degli investimenti, ma come
un insieme di competenze.
Un esempio particolarmente virtuoso di moneta
complementare è il Sardex, la risposta alla stagnazione
economica sarda da parte di un gruppo di imprenditori
locali. Il Sardex rispetta tutte le caratteristiche distintive
della moneta complementare e i dati dimostrano come
negli ultimi anni abbia incentivato in modo significativo il
numero di scambi all’interno della regione, ciò ha attirato
l’attenzione di uno dei maggiori venture capitalist italiani,
Innogest che, insieme a una banca storica come Sella e al
ministero dell’Economia, attraverso Invitalia, ha deciso di
investire nel progetto.
Il caso SARDEX
Il continuo successo del Sardex è dovuto ai vantaggi
apportarti congiuntamente a imprese, le quali riescono
ad ottenere credito senza l’intermediazione dei sistemi
bancari e quindi a minor costo, e a cittadini privati, che
usufruiscono di un maggior numero di servizi e che
possono essere retribuiti in Sardex uniti ad euro, in modo
da stimolare la domanda locale di beni e servizi. Anche
il settore pubblico risulta uno dei beneficiari principali nel
circuito, in quanto le operazioni all’interno del sistema
vengono regolarmente tassate senza la possibilità di
transazioni “in nero”. Grazie al ruolo maggiormente
significativo del terzo settore diminuiscono i servizi di
assistenza pubblica forniti dallo stato e di conseguenza la
spesa pubblica.
Fonti“Per un pugno di Bitcoin”, Amato, Mauro 2015