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Blanchard, Macroeconomia, Il Mulino 2009Capitolo XXIV. La politica monetaria
Lezione 22
La politica monetaria
Corso di Economia Politica
Prof. Andrea Fumagalli
Blanchard, Macroeconomia, Il Mulino 2009Capitolo XXIV. La politica monetaria
Cosa sappiamo
Approccio keynesianoNel breve periodo la politica monetaria influisce sia sul livello sia sulla composizione della produzione.Nel lungo periodo «we are all dead»
Blanchard, Macroeconomia, Il Mulino 2009Capitolo XXIV. La politica monetaria
Approccio monetaristaNel breve periodo la politica monetaria influisce sia sul livello sia sulla composizione della produzioneNel medio e nel lungo periodo la politica monetaria è neutrale => no effetti realiLe variazioni del tasso di crescita della moneta si riflettono nel medio periodo solo in variazioni del tasso d’inflazione
Blanchard, Macroeconomia, Il Mulino 2009Capitolo XXIV. La politica monetaria
Approccio Nuova Macroeconomia Classica (teoria aspettative razionali)
Nel breve, nel medio e nel lungo periodo la politica monetaria è neutrale => no effetti realile variazioni del tasso di crescita della moneta si riflettono anche nel medio periodo solo in variazioni del tasso d’inflazioneVale sempre la Teoria Quantitativa della Moneta e la perfetta dicotomia tra sfera reale e sfera monetaria dell’economia
Blanchard, Macroeconomia, Il Mulino 2009Capitolo XXIV. La politica monetaria
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La politica monetaria comporta due decisioni fondamentali:
1) la scelta del tasso medio di inflazione e quindi di un corrispondente tasso medio di crescita della moneta nel medio periodo;
2) la scelta di quanto deviare da questa media per ridurre le fluttuazioni della produzione nel breve periodo.
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La moneta ha quattro funzioni:
1. unità di conto 2. mezzo di scambio 3. riserva di valore 4. funzione creditizia moneta finanza?
1. Il tasso ottimale di inflazione
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1.1. I costi dell’inflazione
Il costo delle suole.
Le distorsioni fiscali.
L’illusione monetaria.
La volatilità dell’inflazione.
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1.1. I costi dell’inflazione
Il costo delle suole delle scarpe.
Nel lungo periodo, un maggiore tasso di inflazione comporta maggiori tassi di interesse nominali e quindi un maggior costo-opportunità della moneta.
Le persone riducono i saldi monetari e si recano più spesso a prelevare.
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1.1. I costi dell’inflazione
Le distorsioni fiscali.
Il reddito ai fini fiscali è espresso in termini nominali e non in termini reali.
In presenza di elevata inflazione, i contribuenti passano a fasce di reddito superiori, in quanto il reddito nominale, ma non necessariamente il reddito reale, aumenta di valore.
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1.1. I costi dell’inflazione
L’illusione monetaria.
Le persone commettono errori sistematici nel distinguere tra grandezze nominali e grandezze reali.
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1.1. I costi dell’inflazione
La volatilità dell’inflazione.
Una maggiore inflazione è solitamente associata a un’inflazione più variabile.
Si confonde il segnale dei prezzi relativi.
Le attività finanziarie che promettono pagamenti futuri fissati in termini nominali diventano rischiose.
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1.2. I benefici dell’inflazione
Il signoraggio.
La possibilità di ottenere tassi di interesse
reali negativi per scopi di politica economica.
L’interazione tra illusione monetaria e
inflazione facilita la riduzione dei salari reali in
caso di necessità.
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Il signoraggio.
La creazione di moneta è uno dei modi in cui il governo può finanziare la sua spesa.
Tecnicamente, il governo emette titoli.
Alcuni di questi titoli vengono acquistati dalla banca centrale che crea moneta per pagarli.
1.2. I benefici dell’inflazione
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Tassi di interessi negativi.
Un’economia con un maggior tasso di inflazione ha più regime di manovra nell’uso della politica monetaria per combattere una recessione.
Un’economia con un basso tasso di inflazione potrebbe non essere in grado di usare la politica monetaria per far tornare la produzione al suo livello naturale.
1.2. I benefici dell’inflazione
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Un riesame dell’illusione monetaria.
Il fenomeno dell’illusione monetaria può costituire un’argomentazione a favore di un tasso di inflazione positivo.
Il processo di cambiamento che caratterizza le economie moderne comporta che alcuni lavoratori debbano subire tagli salariali in termini reali. In questo caso, un’inflazione positiva facilita l’aggiustamento.
1.2. I benefici dell’inflazione
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1.3. Il tasso ottimale di inflazione: il dibattito attuale
Coloro che preferiscono un’inflazione intorno al 3% sostengono che i costi di un tale tasso di inflazione siano bassi e che i benefici di un’inflazione moderatamente positiva siano rilevanti. (BCE = 2%)
Coloro che invece preferiscono un’inflazione nulla sottolineano la radicale differenza dell’obiettivo di un’inflazione allo 0% rispetto a tutti gli altri livelli: esso corrisponde alla stabilità dei prezzi, che è di per sé desiderabile.
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2.1. Obbiettivi di crescita della moneta nominale e intervalli obbiettivo
La banca centrale sceglieva un obiettivo di crescita della moneta nominale corrispondente al tasso di inflazione che voleva raggiungere nel medio periodo.
Nel breve periodo, la banca centrale consentiva deviazioni della crescita della moneta nominale dall’obiettivo.
Per comunicare al pubblico quanto voleva raggiungere nel medio periodo e che cosa intendeva fare nel breve periodo, la banca centrale annunciava un intervallo desiderato per il tasso di crescita della moneta nominale.
Nel corso del tempo le banche centrali si sono disilluse circa questo modo di condurre la politica monetaria.
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2.2. Crescita della moneta e inflazione: un riesame
La formulazione della politica monetaria a partire dalla crescita della moneta nominale si basa sull’ipotesi che ci sia una stretta relazione tra inflazione e crescita della moneta nominale nel medio periodo => STABILITA’
Il problema è che, in pratica, questa relazione non è molto stretta...ma dipende dall’aggregato monetario
Instabilità domanda di moneta
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2.2. Crescita della moneta e inflazione: un riesame
Fig. 24.1. Crescita di M1 e inflazione: medie decennali dal 1970.
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L’inflazione come fenomeno monetario
Interpretazi-one BCE: L’evidenza disponibile suggerisce che nell’area euro esiste una funzione di domanda di moneta stabile
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2.3. Obbiettivi di inflazione: INFLATION TARGETING
Le banche centrali si concentrano sempre più spesso su un tasso di inflazione obiettivo.
La politica monetaria è considerata sempre più in termini di tasso di interesse nominale, che in termini di tasso di crescita della moneta.
Le banche centrali definiscono come loro obiettivo principale il raggiungimento di un basso tasso di inflazione nel medio periodo.
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Se la BC tenesse fisso il tasso d’inflazione al livello obiettivo nel breve periodo, eliminerebbe tutti gli scostamenti della produzione dal suo livello naturale (ricorda la Curva di Phillips).
Come conseguenza di questa politica monetaria attiva, la produzione rimane sempre al proprio livello naturale.
Tale risultato è troppo forte per due ragioni: la banca centrale non può sempre raggiungere il tasso di inflazione che vuole nel breve periodo; la curva di Phillips non vale esattamente.
Nel medio periodo, o in media, l’inflazione obbiettivo rimane valido, permettendo di stabilizzare la produzione intorno al proprio livello naturale.
2.3. Obbiettivi di inflazione: INFLATION TARGETING
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2.4. Regole sul tasso di interesse
Come raggiungere il tasso di inflazione obiettivo? L’inflazione non è direttamente sotto il controllo diretto della banca centrale. Una volta scelto il tasso di inflazione obiettivo, la banca centrale dovrebbe cercare di raggiungerlo aggiustando il tasso di interesse nominale. Regola di Taylor:
Con a e b, coefficienti positivi.
)(*)(* nttt uubaii
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La costruzione della moneta unica in Europa
Dicembre 1991: Trattato di Maastricht
Fissazione di 4 parametri da rispettare entro il 1996:
a. rapporto deficit/Pil < 3% e rapporto debito/Pil < 60%
b. tasso d'inflazione di un dato Stato membro non deve superare di oltre l'1,5% quello dei tre Stati membri più virtuosi;
c. i tassi di interesse nominali a lungo termine non devono superare di più del 2 % quelli dei tre Stati membri più virtuosi
d. Tassi di cambio stabili (interni al SME)
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3. Il Sistema europeo di banche centrali: struttura e obiettivi
Fig. 24.2. Gli organi decisionali della Banca centrale europea.
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3.1. Gli obiettivi di politica monetaria
L’art. 105.1 del Trattato di Maastricht attribuisce assoluta priorità all’obiettivo della stabilità dei prezzi.
Altri obiettivi, in particolare quello di coadiuvare le politiche economiche dell’Unione Europea, sono formulati in termini piuttosto vaghi e possono essere perseguiti solo se compatibili con l’obiettivo della stabilità dei prezzi.
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3.2. Strategie di politica monetaria e comportamento della Bce
I due possibili approcci:
la strategia del «monetary targeting» si basa sull’annuncio da parte della banca centrale di un tasso di crescita della quantità di moneta;
con «inflation targeting» si identifica invece una strategia basata sull’annuncio da parte della banca centrale di un sentiero desiderato per l’inflazione futura.
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La Bce ha deciso di perseguire un approccio, che è stato ufficialmente denominato strategia di politica monetaria orientata alla stabilità, nel quale confluiscono elementi delle due diverse strategie: 1° pilastro: riguarda la quantità di moneta. Il Consiglio direttivo
della Bce annuncia un valore di riferimento per la crescita della moneta: il valore non è considerato un obiettivo vincolante.
2° pilastro: riguarda la stabilità dei prezzi.
Revisione della strategia nel maggio del 2003
La Bce si comporta di fatto come un inflation targeter.
3.2. Strategie di politica monetaria e comportamento della Bce
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3.3. I primi dieci anni della Bce: un tentativo di valutazione
Fig. 24.3. Quanto diversa è la Bce dalla Bundesbank?
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3.3. I primi dieci anni della Bce: un tentativo di valutazione
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BMBCE, Novembre 2009
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3.4. La Bce di fronte all’allargamento dell’Unione Europea
Fig. 24.5. Possibili coalizioni nel Consiglio Direttivo della Bce.