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Bollettino 32 Xpress6 - centrostudilibertari.it · Biografie Fabrizia Ramondino scrittrice ed...

Date post: 21-Sep-2020
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32 Memoria storica Ruben Prieto l’autogestione in pratica Informazioni editoriali Storia dei milieux libres Biografie Fabrizia Ramondino scrittrice ed educatrice Storia per immagini FBI vs. CAE bioterrorismo e Patriot Act Tesi e ricerche Per una storia dell’anarchismo milanese Incontri Albert Camus il dono della libertà bollettino ARCHIVIO G. PINELLI
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32Memoria storicaRuben Prietol’autogestione in pratica

InformazionieditorialiStoria dei milieux libres

BiografieFabrizia Ramondinoscrittrice ed educatrice

Storia per immaginiFBI vs. CAEbioterrorismo e Patriot Act

Tesi e ricerchePer una storiadell’anarchismo milanese

IncontriAlbert Camusil dono della libertà

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Cose nostre

• Una scultura per Pinelli• A vele spiegate con il pirata Misson• Ruben Prieto (1930-2008)

Tesi e ricerche

• Note introduttive per una storia dell’anarchismo milanesedi Fausto Buttà• Anarchismo e governamentalitàdi Nildo Avelino

Memoria storica

• La Comunidad del Surdi Ruben Prieto• García Lorca e i banderillerosanarchicidi Pietro MasielloBIOGRAFIE• Fabrizia Ramondino, scrittrice, educatrice, compagna libertariadi Giovanna Gervasio Carbonaro• Kurt Wafner, il cacciatore di farfalledi Hans Müller-Sewing

Informazioni editoriali

•Il milieu anarchico nella Belle époquedi Stefano Boni• Virus Editorial: breve autopresentazionea cura di Andrea Staid

Storia per immagini

• FBI VS. CAEdi Mauro GarofaloCOVER STORY• Ricordando John, ovvero Vincenzodi Paolo Finzi

Incontri

• Il dono della libertà: Albert Camus e i libertaridi Alec Mandic• Convegno di studi dell’Anarchist Studies Network

Varie ed eventuali

CURIOSITÀ• Mountain bike e bandiera rossoneradi Patrizio Biagi• La tredicesima prova della inesistenzadi dio• Anarchino abita quiEFFERATEZZE• Blob anarchia

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Hanno collaborato a questo numero, oltre agli autori delle varie schede:Amedeo Bertolo, Patrizio Biagi, Rossella Di Leo, Lorenzo Pezzica,

Andrea Staid, Paola Turino, Cesare Vurchio.Impaginazione grafica: Emilio Bibini.

Ricerca iconografica: Roberto Gimmi, Gianfranco Aresi.In copertina: Aldino Felicani (Vicchio 1891-Boston 1967), tipografo, nel1914, ricercato per attività sovversiva, emigra definitivamente negli USA,dove inizia a lavorare come giornalista. Stabilitosi a Boston, sarà in primalinea per tutto il caso Sacco-Vanzetti, pubblicando “L’Agitazione”, una

sorta di bollettino della vicenda politico-giudiziaria. Nel corso dei decennicontinuerà la sua attività editoriale, pubblicando tra l’altro il periodico

“Controcorrente”. Oggi il Fondo Felicani, che raccoglie la sua notevole biblioteca, è consultabile presso la Public Library di Boston.

Quarta di copertina: Ecolalia politica, scritta apparsa sui muri di Winterthur (Svizzera),2008 (foto di Luca Bertolo).

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Uno degli obiettivi principali che ci siamo posti nel 2008 èstato il rinnovamento radicale del sito (cui si accede digitandowww.centrostudilibertari.it). Non si tratta di un semplice re-styling grafico, ma di una ristrutturazione che amplia le infor-mazioni e i servizi proposti e che, grazie a una più ricca artico-lazione, consente di muoversi con facilità all’interno dellemolteplici sezioni che compongono il sito. Benché una buonaparte del lavoro sia stata fatta e sia già fruibile, molto rimane an-cora da fare e ci impegnerà sicuramente per tutto il 2009. L’attuale mappa del sito permette di accedere sia alle sezionipiù strettamente connesse all’attività dell’Archivio Pinelli, ov-vero la biblioteca, l’emeroteca e la sezione documentale, sia aquelle che invece rimandano alle attività di ricerca promosse dalCentro studi libertari negli ultimi tre decenni. Nel primo casostiamo lavorando per mettere disponibili on line gli schedari re-lativi alle categorie citate, così da rendere possibile la consulta-zione a distanza del materiale posseduto (programmazione fattain collaborazione con il CIRA di Lausanne, che ringraziamo perl’assistenza). Nel secondo caso stiamo arricchendo il sito con unanotevole mole di materiali liberamente scaricabili – anche in altrelingue quando questo è possibile – frutto delle ricerche fatte nelcorso del tempo (il che ovviamente comporta un considerevole la-voro di digitalizzazione). Un’attenzione particolare verrà data alla sezione iconografica,che prevede sia raccolte tematiche su personaggi, simboli o eventiparticolari, sia un’ampia selezione di foto storiche e contempora-nee provenienti da varie donazioni e collaborazioni (e anche qui èprevisto un consistente lavoro di digitalizzazione, peraltro già incorso).Una chiave per comprendere la struttura complessiva del sito lapuò fornire l’ottimo lavoro di Luigi Balsamini – interamente sca-ricabile dalla sezione La nostra storia – che ricostruisce non solola storia del Centro studi libertari/Archivio G. Pinelli ma anche lestrette interconnessioni che ha avuto con alcune iniziative parallele,soprattutto editoriali, che solo in una visione unitaria possono con-sentire una lettura esaustiva di questa esperienza (innanzi tutto “Arivista anarchica”, “Interrogations”, edizioni Antistato, Elèuthera,“Libertaria”...).Alla realizzazione del progetto – alquanto ambizioso per le nostrelimitate forze, soprattutto da un punto di vista economico – con-corrono varie persone e in particolare Dario Sabbadini diAlekos.net, Carlo Milani, Roberto Gimmi, Gianfranco Aresi edEmilio Bibini, che ringraziamo per l’impegno passato e futuro.Il nuovo sito è già visitabile on line e – trattandosi di un work inprogress – vi invitiamo a inviarci i vostri commenti, suggerimenti ecritiche.

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Una scultura per

Pinelli

Come annunciato sulloscorso numero scorso delBollettino, il 26 ottobre2008 si è tenuto alla Casadella Cultura di Milano unincontro per difendere lamemoria storica in unasocietà volutamente sme-morata e lanciare conte-stualmente l’idea di instal-lare in un luogo pubblicoil Monumento a Pinellirealizzato nel 1999 da ElisFraccaro e attualmentecollocato nella sede anar-chica milanese di vialeMonza 255 (peraltro sottosfratto).All’incontro, organizzatoda Federazione anarchicamilanese, Unione Sinda-cale Italiana, Circolo iMalfattori, “A rivista

anarchica”, “Libertaria” edal nostro centro studi, hapartecipato un foltissimopubblico a testimonianzache non siamo i soli avoler ricordare. E per laprima volta erano presentia una manifestazione perPino anche le due figlieSilvia e Claudia.Dopo la visione del fil-mato Il malore attivo del-

l’anarchico Pinelli, realiz-zato nel 2007 dagli stu-denti della Scuola civicadi cinema di Milano, conalcune interviste originali,tra l’altro al medico delpronto soccorso che ha vi-sitato Pinelli immediata-mente dopo il tragicovolo, i relatori invitati al-l’incontro – GoffredoFofi, Piero Scaramucci,Aldo Giannuli, MimmoFranzinelli, coordinati daLuciano Lanza – hanno ri-costruito da diverse pro-spettive l’intera vicendadella strage di piazza Fon-tana fino a toccare l’at-tuale amnesia storica e so-ciale.Rimane da parte nostral’impegno a trovare unacollocazione pubblicadella scultura. Per pro-muovere questa iniziativa

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Milano, Casa della Cultura, 26 ottobre 2008 (da sinistra a destra):Goffredo Fofi, Piero Scaramucci, Aldo Giannuli, Mimmo Franzinelli, Luciano Lanza.

Elis Fraccaro, artista e fabbroferraio veneziano, mentre presenta la sua opera durantel’incontro milanese.

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è possibile richiederci unastruttura leggera facil-mente montabile e tra-sportabile che riproducel’immagine del Monu-mento a Pinelli, compresala nuova parte ideata daElis Fraccaro che po-trebbe completare l’operauna volta collocata nellasua sede definitiva.

A vele spiegate

con il pirataMisson

È così che vi invitiamo aentrare nel 2009: su unvascello pirata in rotta in

rotta verso l’utopica Li-bertalia. Ovviamente nonci illudiamo di arrivarcidavvero (e d’altronde Li-bertalia probabilmentenon è mai esistita, e forseneppure il capitano Mis-son), ma l’immagine èquella che ci serve per af-frontare con spirito spa-valdo un anno che sipreannuncia impegnativo:pieno di progetti ma piùche in passato privo –drammaticamente privo –delle risorse economichenecessarie a realizzarli. Per ragioni di vario tipoquest’anno non possiamoneppure contare sulle do-nazioni che coprivano al-meno le spese di gestioneordinaria (luce, riscalda-mento, telefono, ecc.). Eoltretutto una serie dispese di manutenzionestraordinaria dell’edificioin cui siamo ospiti ha ulte-riormente aggravato le giàscarse finanze (ricor-diamo, en passant, cheper scelta non abbiamo fi-nanziamenti pubblici e dasempre ci basiamo suicontributi volontari).A fronte di questa gramasituazione abbiamo incantiere vari progetti lacui realizzazione implicamolto lavoro (e quellopossiamo garantirlo,anche se le collaborazionisono più che ben accette)e un minimo di capacitàeconomica. Oltre all’im-

plementazione del nuovosito, di cui abbiamo detto,stiamo portando avantiuna ricerca sui nuovianarchismi collegandocial dibattito in atto in varipaesi, ma soprattutto inquelli di lingua inglese(dunque con un lavoro ditraduzione non indiffe-rente). Se ne avremo lapossibilità, intendiamo or-ganizzare nel corso del-l’anno dei seminari di di-scussione cui invitare(anche dall’estero) alcunidi quelli che con piùacume e competenzastanno occupandosi – dal-l’interno – di questi nuovimovimenti. E poi ovvia-mente c’è tutto il lavoro diaggiornamento dell’Ar-chivio Pinelli – biblioteca,emeroteca, sezione docu-mentale – che seppur a ri-lento continua a procedere(e c’è ancora tanto dafare).Insomma, l’idea è sì di en-trare a vele spiegate versoun anno denso di attività,ma senza venti favorevolile vele non si gonfiano:siamo abituati a remare,certo, ma poter contare suuna brezza costante con-sentirebbe di tenere me-glio la rotta. Detto altri-menti, la quota annua diassociazione – sempre lastessa: 25,00 euro perquella ordinaria e 50,00euro per quella sosteni-trice – non è un atto for-

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Cesare Vurchio, amico e com-pagno di Pino, durante il suointervento. Per una sua testi-monianza scritta si rimandaall’intervista fattagli da Loren-zo Pezzica e pubblicata nellibro Pinelli, la diciassettesimavittima della BFS (Pisa 2006).

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male ma un’esigenza vi-tale. Come di consueto, tutticoloro che vorranno con-correre allo sforzo collet-tivo riceveranno il Bollet-tino semestrale, e chiversa la quota straordina-ria avrà in omaggio illibro Frammenti di antro-pologia anarchica diDavid Graeber, edito daelèuthera. Tuttavia, data la situa-zione particolarmente pre-caria, quest’anno vi pro-poniamo anche unadonazione straordinaria dialmeno 100,00 euro. Ilche vi varrà non solo ilprivilegio di un posto airemi ma anche l’imma-gine su stampa del va-scello pirata (qui ripro-dotta) nell’interpretazione

che nel 1982 ne ha datoFabio Santin per una co-pertina della rivista “Vo-lontà” (n. 2/82), in cui ap-punto si raccontava lastoria del capitano Mis-son. Grazie in anticipo peril vostro aiuto.

Per i versamenti:Centro studi libertariconto corrente postale n.14039200codice iban per bonificibancari IT53M0760101600000014039200

PS. Per favore segnalatecisempre i vostri indirizzimail sui versamenti po-stali o bancari

La storia del capitanoMisson e dell’esperimen-to utopico di Libertalia,una effimera repubblicapirata costituitasi in unaignota isola dell’Oceanoindiano e basata – centoanni prima della rivolu-zione francese – suiprincipi di uguaglianza,libertà e fraternità, com-pare in vari scritti sullapirateria, a partire da AGeneral History of thePyrates di Daniel Defoe.Probabilmente non sitratta di un evento stori-co preciso quanto piutto-sto del racconto di unapossibile utopia pirata.Però la storia è bella einfatti è stata ripresa piùvolte – ad esempio daHakim Bey e da WilliamS. Burroghs – sempre alconfine tra storia e fic-tion.

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Ruben PrietoMontevideo 1930-Caracas 2008

“La mia esperienza, il mio sa-pere, il mio piacere sono neglialtri, si formano con gli altri, sirealizzano tramite gli altri. Nonè il mio io che può vivere l’a-narchia ma l’incontro, cioèquella persona complessa che si risolve in un ‘noi’ che non èsemplicemente il plurale di molti ‘io’”.

Ruben è stato un militanteanarchico per tutta la suavita. Ma è stato anche tantealtre cose, come giustamentesottolinea l’annuncio per il tri-buto che gli è stato dedicatoa Montevideo il 22 dicembre2008 presso la Facoltà di Psi-cologia sociale. Nel corso della sua intensis-sima vita Ruben è infatti statoun docente, un educatore e alcontempo uno studente per-petuo, è stato un grafico e uneditore impegnato in variprogetti editoriali, è stato unoppositore sociale che ha co-nosciuto l’esilio negli annidella dittatura, e soprattutto èstato un coerente comunardoche ha dedicato tutte le sueenergie alla fondamentaleesperienza della Comunidaddel Sur (vedi p. 14 di questoBollettino).Fondata da un nucleo dianarchici alla metà degli anniCinquanta nella zona sud diMontevideo, la Comunidaddel Sur diventa subito una co-munità di vita e di lavoro, im-

piantando una tipografia cheper un lungo periodo sarà trale più importanti dell’Uru-guay.Violentemente repressa tra il1971 e il 1975, nell’epocadella dittatura militare, la Co-munidad è costretta a chiu-dere, la tipografia smantel-lata, e i suoi membri, dopoarresti, persecuzioni e in ta-luni casi torture, devono ripa-rare all’estero. Ruben e glialtri (tra cui molti bambini)vanno dapprima in Perù epoi in Svezia, dove vengonoaccolti come rifugiati politici. È proprio in questo periodoche entriamo in contatto con

Ruben e la Comunidad. Aparlarcene è Louis MercierVega, con il quale condivi-diamo in quel periodo l’av-ventura della rivista interna-zionale “Interrogations”:servono soldi per far scap-pare tutta la Comunidad dal-l’Uruguay e fare in modo chepossano raggiungere unpaese sicuro. Viene attivatauna sottoscrizione internazio-nale, alla quale contribuiamocon l’aiuto fondamentale di

Attilio Bortolotti. Da quel mo-mento instauriamo rapportisempre più intensi, che non sisono più interrotti, e diven-tiamo “i cari compagni”,come ci chiamava collettiva-mente Ruben prendendospunto dal classico iniziodelle nostre lettere alla Comu-nidad. A Stoccolma il gruppo di esi-liati rifonda la Comunidad,cui aderiscono nuovi membrisvedesi, mentre altri membristorici, dopo la diaspora pro-vocata dall’esilio, si stabili-scono in Spagna. In Svezianasce subito una nuova siglaeditoriale, le edizioni Nor-dan, che alla fine della ditta-tura militare seguono ilgruppo di ritorno in Uruguay. Ruben nonostante il passaredei decenni rimane infatica-bile, gira freneticamente pertutto il mondo, e non sor-prende quindi che sia morto il16 novembre 2008 lontanoda casa, alla Fiera del librodi Caracas dove era presentecon i libri della sua Nordan.L’abbiamo incontrato per l’ul-tima volta a Milano pochimesi fa. Stava girando l’Eu-ropa anarchica con i suoidue nipoti Zaya ed Erik quasia passare il testimone a unagenerazione più giovane conla quale condivideva senti-menti, sogni e progetti. Lo ri-cordiamo come l’abbiamovisto quella sera, come l’ab-biamo visto sempre: appas-sionato, lucido, inventivo e al-legro, non soltanto uncompagno ma anche unamico.

Desde la Universidad...

Tributo a RUBEN G. PRIETO19/12/1930 - 16/11/2008

Nos reunimos en asamblea para

recordar-reconstruir su caminar

Convocan::

Lunes 22 de diciembre1900 - 2200

Facultad de PsicologiaAula Magna

Tristán Narvaja 1674

Facultad de Psicología

estudiantemilitantedocente

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libertarioanarquista

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Cantan:Daniel Viglietti

Ruben Olivera y Diego KuropatwaDi

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Comunidad del Sur

IENBAInstituto Escuela

Nacional de Bellas Artes

Licenciatura enCiencias de laComunicación

Movimientopor la tierra

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La storiografia dei movimenti anarchicilocali è un campo di studi relativamenterecente. Negli ultimi trent’anni è aumen-tato il numero di ricerche su persone,gruppi e movimenti anarchici sparsi perl’Italia e sembra che gli storici anarchiciabbiano seriamente raccolto l’indica-zione di Gaetano Salvemini, per cui “(S)egli anarchici non se ne curano, la storia lafaranno i loro nemici”. Tuttavia, il movi-mento anarchico milanese è rimasto im-mune da tale tendenza storiografica. Esi-stono quattro tesi di laurea, ma tutt’oggiil lavoro più completo, sebbene circo-scritto a un periodo di tempo moltobreve, rimane la ricerca di VincenzoMantovani sull’episodio dell’attentato alteatro Diana nel marzo 1921, ricerca pub-blicata nel 1979. Inoltre, que-sta mancanza di studi contri-buisce a reiterarenell’immaginario collettivo lacorrispondenza tra movimentoanarchico milanese e i due tri-sti episodi del Diana e dellamorte di Pinelli, seguita allastrage di Piazza Fontana. In-somma, volere o volare glianarchici milanesi sono ricor-dati o come carnefici o comevittime di attentati dinami-tardi. Se poi vengono sfogliatitesti di storia dell’anarchismoin Italia, Milano viene rappre-sentata tout court come il cen-

tro dell’anarchismo individualista e an-tiorganizzatore.Ci si potrebbe chiedere da che cosa de-riva questa deficienza storiografica, maciò aprirebbe una riflessione, estranea aquesto articolo, sulla natura “clande-stina” dei movimenti anarchici in Italia,l’atteggiamento di chiusura, quasi setta-rio che storicamente gli anarchici italiania volte per costrizione, a volte come rea-zione, e altre ancora per scelta, adotta-rono nei confronti di persone estranee almovimento. Indicative a tal proposito ri-sultano le parole di Paolo Finzi nella pre-fazione alla prima edizione del libro diMantovani: “Non avrebbe potuto il no-stro cordiale interlocutore occuparsi d’al-tro? Tra le tante pagine sconosciute, e

tutte più belle, della storiadegli anarchici italiani, perchéscegliere proprio quella che,nel pieno della campagna dicontroinformazione sullastrage di Stato, poteva ritor-cersi contro di noi?” (P. Finzi,Premessa. La (mia) lezionedel Diana, in V. Mantovani,Mazurka blu, la strage delDiana, Samizdat, p. 10). Pa-role significative e al tempostesso legittime e giustificatein un quel clima di caccia allestreghe verso gli anarchici mi-lanesi, nelle settimane imme-diatamente successive alla

Note introduttive per una storia dell’anarchismo milanese

di Fausto Buttà

Ricerca di dottorato in corso presso la University of Western Australia (Perth)

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strage di Piazza Fontana. Ma qua-rant’anni dopo i fatti del 12 dicembre1969 che suscitarono l’interesse di Man-tovani per l’argomento delle sue ricerche,è finalmente possibile far luce sulla storiadel movimento anarchico milanese?Una ricerca sul movimento anarchico mi-lanese dovrebbe cominciare dall’identifi-cazione del soggetto in esame: chi si de-finiva anarchico a Milano nel periododella Prima Internazionale? Cosa volevadire essere anarchici allora? Che diffe-renze c’erano con i socialisti eclettici,quelli legalitari e con gli operaisti? Nonpotendo utilizzare fonti orali, la ricercametodologica deve basarsi sullo studiodelle carte di polizia e sulla lettura di arti-coli di quotidiani pubblicati a Milano

come il “Gazzettino Rosa” e “La Plebe”che davano spazio agli internazionalisti.Utilissimi al fine della ricostruzione e in-terpretazione del quadro, sono gli scrittidi Guillaume, Nettlau, Rosselli, Masini eRomano che ci raccontano di personaggicome Vincenzo Pezza, “l’uomo di puntadell’Internazionale a Milano” (P.C. Ma-sini, Storia degli anarchici italiani, daBakunin a Malatesta, Milano, Rizzoli,1969), e Claudio Monticelli, il gerentedel “Tito Vezio”, “il quotidiano socialistadi più breve durata” (L. Bettini, Biblio-grafia dell’anarchismo, I, 1, Periodici enumeri unici anarchici in lingua italianapubblicati in Italia (1872-1971), Firenze,CP, 1972, ad nomen). Una ricerca suiprimi anni dell’anarchismo milanesemetterebbe in luce gli albori di una pro-duzione editoriale che non ha eguali:moltissimi sono i periodici anarchicipubblicati nella capitale lombarda, a talpunto che l’editoria anarchica milanesemeriterebbe forse una ricerca a parte.Le relazioni tra anarchici milanesi e laclasse operaia nella Milano di fine Otto-cento costituiscono un tema importante,in cui le celebrazioni del Primo Maggionon hanno solo una valenza simbolicama anche e soprattutto un’occasione diriscatto, di organizzazione e di partecipa-zione al divenire del movimento operaio.Significativi a tal riguardo sono gli studicondotti da Maurizio Antonioli sulle ori-gini e sviluppi del sindacati lombardi e leinfluenze biunivoche con il movimentoanarchico fino alla costituzione di unvero e proprio organo sindacalista rivolu-zionario, l’USI. Nel maggio 1908 il settimanale anar-chico milanese “La Protesta Umana”propose a tutti gli anarchici, socialisti,anticlericali e libertari di occupare ilDuomo di Milano, simbolo della capitalelombarda, come atto di protesta contro il

La copertina del libro di Vicenzo MantovaniMazurka Blu, uscito presso Rusconi nel 1978 eora ristampato da Samizdat con la prefazione diPaolo Finzi qui citata.

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clima di repressione che colpiva la testataanarchica e i suoi collaboratori. Il pro-getto di occupazione del Duomo non sicompì e “La Protesta Umana”, nata nel1906 fu costretta a chiudere nel 1909 nonsolo a causa dei guai finanziari ma ancheperché in quei pochi anni di vita il gior-nale fu costretto a subire quaranta pro-cessi e pesanti condanne contro i suoiquattordici gerenti (questo episodio è ci-tato in G. Berti, Errico Malatesta e il mo-vimento anarchico italiano e internazio-nale, 1872-1932, Milano, Franco Angeli,2003, p. 442, che riporta le cifre da Glianarchici e i rivoluzionari milanesi, Indifesa della libertà, “Il Libertario”, LaSpezia, 18 giugno 1908). L’idea di occu-pare la cattedrale era un atto simbolicoche dimostrava da parte degli anarchici ilrifiuto di qualsiasi autorità, fosse essa se-colare o religiosa. All’inizio del vente-simo secolo “La Protesta Umana” e “IlGrido della Folla” erano i giornali più

letti all’interno del milieu anarchico mi-lanese. Entrambe le testate esprimevanouna corrente particolare dell’anarchismoitaliano: quella individualista e antiorga-nizzatrice. Ma più significativamente en-trambi i giornali esprimevano l’atteggia-mento di molti anarchici verso letrasformazioni in atto nella società ita-liana in quegli anni: all’interno dello svi-luppo di una società di massa dove gli es-seri umani non erano più persone ma“folla” e dove i suoni dominanti erano irumori meccanici delle fabbriche e leloro sirene, nulla era rimasto se non gridadissenzienti e voci di protesta. Emblema-ticamente in quel processo di moderniz-zazione che colpiva quasi tutti i paesi eu-ropei, la perdita dell’identità individualeera simbolizzata da un grido e il nuovosenso di modernità era rappresentato dalpiù famoso urlo, quello del pittore norve-gese Munch (1895).Come già accennato, Milano vienespesso descritta come il centro dell’anar-chismo individualista e antiorganizza-tore. Tuttavia, ricerche approfondite con-dotte in particolare sullo studio deidocumenti presenti nell’Archivio di Statodi Milano dimostrano che anche a Mi-lano erano presenti in anni diversi ten-denze organizzatrici e comunarde. Am-brogio Galli e Italo Bianchi per esempiosi adoperarono negli anni Ottanta del-l’Ottocento per costituire circoli anar-chici posti in corrispondenza delle Portelungo i Bastioni spagnoli. Eppure questicircoli non ebbero presa sul territorio eanzi, il movimento anarchico milanesesubì le spinte di una forza centrifuga cheallontanò pian piano gli anarchici dalcentro di Milano verso le periferie. Ana-loga pressione spinse l’intero movimentooperaio ai margini della città dove si con-centravano le nuove industrie milanesi.Ma se è vero che l’intera classe operaia

Il celebre dipinto L’urlo dell’artista norvegeseEdvard Munch, originariamente realizzato nel1893 e poi rielaborato in vari dipinti successivi.

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subì questa spinta centrifuga, la domandaa cui non si è ancora risposto esauriente-mente è perché, al contrario del sociali-smo legalitario, il movimento anarchicomilanese non attecchì sul territorio. Anto-nioli ha in parte risposto a tale quesito:l’assenza di un movimento anarchico or-ganizzato si spiegherebbe non solo con ilfatto che Milano fosse una città fram-mentata ed eterogenea, senza un polo in-dustriale unificante per l’intera classeoperaia, ma anche perché rappresentavaper molti lavoratori e migranti una cittàdi passaggio, fatta di gente che andava eveniva, e che quindi non facilitava il ra-dicarsi di tendenze organizzatrici stabili edurature (M. Antonioli, Il movimentoanarchico milanese agli inizi del secolo,in Anna Kuliscioff e l’età del riformismo,Roma, Ed. Avanti!, 1978, pp. 275-290).Ciò nonostante, uno studio serio e rigo-roso potrebbe dimostrare che a Milanoun movimento anarchico organizzato èesistito, fatto di molteplici individualismi

(notare il plurale), costituito soprattuttoda iniziative culturali (in buona parte edi-toriali), fatto da donne e uomini che siconoscevano e comunicavano tra loro,dove lo scopo non era semplicementel’instaurazione di una società anarchica(a cui pochi credevano), ma la propa-ganda dell’Idea tramite attività politichesociali e culturali circoscritte nel tempo enello spazio. Una ricerca sul movimentoanarchico milanese potrebbe far luce sulfatto che a Milano le diverse tendenzedell’anarchismo sono sempre esistite eche il prevalere di tendenze individuali-stiche è stato determinato dalla configu-razione e natura stessa della città di Mi-lano. Uno studio a tutto campo delmovimento anarchico milanese potrebbeinfine rompere la dicotomia, ormai radi-cata nella storiografia anarchica, tra indi-vidualisti e non, organizzatori e antiorga-nizzatori, che tanto ha influito sullamancanza di ricerche sul movimentoanarchico milanese.

Foto segnaletica di Mario Mantovani, attivo a Milano dall’attentato al Diana al secondo dopoguerra.

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Affermando l’esistenza di una problema-tica chiamata “anarchia e governamenta-lità” – che consiste nel comprendere lasingolarità dell’anarchismo a partire dauna prospettiva critica nei confronti delpotere, prospettiva da cui si analizza ilgoverno non tanto attraverso le forme el’origine del potere, quanto piuttosto apartire dalle pratiche di governo e dall’e-sercizio del potere governamentale – hocercato di dimostrare che è possibile unapproccio di tipo anarchico a quelli chesono attualmente noti come “studi sullagovernamentalità” e vedere in che misurasia possibile parlare dell’anarchismoproudhoniano come anticipazione deglistudi sulla governamentalità.Per un accostamento positivo tra anar-chia e studi sulla governamentalità sonoricorso a un’analisi in termini di relazionidi forza nella sfera politica. Nell’analiz-zare il governo Foucault si è sbarazzatodelle teorie sociologiche che davanodello Stato un’immagine di realtà unifi-cata e ha sostituito i problemi del fonda-mento della sovranità e dell’obbedienzacon una analisi delle operazioni multiplesottostanti ai meccanismi di potere e didominio. Ha adottato inizialmente il lin-guaggio della guerra e del dominio perprovocare una riconcettualizzazione dellerelazioni di potere. Tuttavia, a partire daicorsi del 1978-1979, Foucault ha volutoridiscutere i problemi del potere fuori daldiscorso della sovranità e della guerra,partendo piuttosto dalle pratiche di go-verno. Il problema era quello di ripensare

la legge e il dominio disciplinare all’in-terno delle forme governamentali con-temporanee. Per fare ciò c’è bisogno diun’analisi che metta in evidenza la logicastrategica del potere: un’analisi di questotipo si può trovare tanto in Proudhonquanto in Malatesta.Proudhon si rifiutò di analizzare il go-verno sia attraverso l’origine del potere,sia attraverso la forma del regime di po-tere, sia attraverso l’organizzazione delpotere; propose un’analisi che metteva indiscussione l’idea stessa di governo, apartire dal sue esercizio effettivo e dicome viene esercitato il potere governa-mentale. La critica di Proudhon non è di-retta alle forme possibili che può assu-mere un governo, bensì al principio diautorità che qualunque governo implica.La sua analisi sistematica consiste nelnon prendere come oggetto le nozioni diStato, legge, democrazia, popolo, monar-chia, repubblica etc., bensì nel conside-rare le pratiche di governo e vedere comequeste stesse nozioni di Stato, legge, de-mocrazia etc. furono costituite ed emer-sero in un determinato contesto. Nellepratiche di governo è in gioco la stessarazionalità del potere, ovvero ciò cheProudhon chiamò principio d’autorità,che, iscrivendosi in queste pratiche,svolge in esse un ruolo cruciale, perquanto ignorato e tenuto sotto silenziodalle tradizioni politico-giuridiche.Tra la fine del XIX secolo e l’inizio delXX, il problema posto da Malatesta fuquello del principio di organizzazione e

Anarchismi e governamentalitàdi Nildo Avelino

dottorato in Scienze sociali presso la PUC-SP di São Paulo, Brasile, 2008

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le sue connessioni con il dominio. Taleproblematica, quella dell’organizzazionequale strategia di dominio, attraversal’intero ventesimo secolo, passa dal so-cialismo al fascismo e costituì uno deicrucci maggiori per Malatesta. A partireda questa problematica è stato possibilecogliere la portata della sua riflessione.Individuando l’esercizio del potere nelpunto d’incrocio tra stati del dominio tec-nologie di governo e resistenze, Malate-sta non solo interpretò il governo comeun organo di dominio, ma notò anche cheil governo “deve pur fare o fingere di farequalche cosa in favore dei dominati pergiustificare la sua esistenza e farsi sop-portare” [Scritti, v. 1, p. 123]. Affermavache “mai o quasi ha potuto esistere (...)un governo che oltre le funzioni oppres-sive e spogliatrici, non se ne attribuissealtre utili o indispensabili alla vita so-ciale. Ma ciò non infirma il fatto che ilgoverno è per sua natura oppressivo espogliatore, e che è, per l’origine e la po-sizione sua, fatalmente portato a difen-dere e rinforzare la classe dominante;anzi lo conferma ed aggrava” (L’anar-chia, corsivo mio). Il governo è un peg-gioramento delle relazioni di dominio,opera come meccanismo che perfeziona,corregge e perpetua gli stati di dominio.Malatesta considerò il governo comemodo di organizzazione, come meccanicadelle forze sociali che altera una compo-sizione data, come tecnica. Notando l’ag-gravarsi dell’attività di governo che siesplica attraverso strategie sempre piùcomplesse, Malatesta pensa il governocome rapporti di forza che attraversano lasocietà e l’organizzano. Egli pensa al go-verno non già come attributo o sostanza,ma come a una qualsiasi cosa che si com-batte, si affronta, qualsiasi cosa contro laquale si deve lottare o verso cui mante-nere una posizione di lotta. C’è un limite

all’intensità del conflitto politico che ècompito del governo sorvegliare. Così, ilcompito elementare dell’anarchico è dioltrepassare questo limite. Questo èl’ethos dell’anarchismo malatestiano:egli ha dato alla lotta contro il governouna “importanza pratica superiore” e unruolo originario, ha espresso il valore po-sitivo della lotta contro il governo, hacolto in questa lotta un elemento etico eun divenire rivoluzionario dei soggetti.Per questa tesi di dottorato ho consultatoi seguenti centri: l’Archivio Centraledello Stato di Roma, l’Archivio G. Pi-nelli di Milano, la Biblioteca NazionaleCentrale di Firenze, la Bibliothèque Na-tionale de France di Parigi, la BibliotecaComunale dell’Archiginnasio di Bolo-gna, la Biblioteca Serantini di Pisa, la Bi-bliothèque de Sciences Politiques di Pa-rigi, la Bibliothèque des études italienneset roumaines dell’Université de la Sor-bonne nouvelle di Parigi, la BibliothèqueGénérale du Collège de France di Parigi,il Centre International de Recherches surl’Anarchisme di Losanna...

traduzione di Luca B.

Questo lavoro non avrebbe potuto realizzarsisenza l’aiuto di tante persone che voglio quiringraziare di cuore: gli amici della FAI SalvoVaccaro, Francesco “Fricche”, Alberto, GigiDi Lembo, Massimo Varengo, Maria Matteo,Alfonso (in memoriam), Raffaele Spagna etanti altri; Giampietro Berti, Franco Schi-rone, Maurizio Antonioli; gli amici FrancoBertolucci e Furio Lippi della BFS di Pisa; gliamici Rossella Di Leo e Paolo Finzi del CSL diMilano; gli amici Sandra Profili e Marc Le-vecque (Paris), Daniel Colson (Lyon), MarisaAmmendolia (Bensançon), Paula Albouze eCarlos Carignani (Paris), Max e Loren (Li-brairie Publico); gli amici del CIRA e della“Laiterie” occupata di Lausanne.

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Già tre generazioni convivono nella stessaesperienza comunitaria nata negli anniCinquanta, e a queste se ne dovrebbe ag-giungere una quarta, formata da coloroche nel frattempo sono morti, ma che con-tinuano a vivere nei nuovi eventi e nellenuove generazioni. Le vicissitudini che sisono avute in quasi trentacinque anni, inquesto tentativo di autogestione che hasempre voluto comprendere in sé ogniaspetto della vita sociale, sono difficili daricordare; soprattutto per chi, coinvolto inquesta storia, la ricorda con al-legria e dolore secondo unaprospettiva personale.Creata a Montevideo, dopo unperiodo di incubazione nellaprima metà degli anni Cin-quanta, con il nome con cuiancor oggi è conosciuta, ha do-vuto, nel periodo della dittaturamilitare che aveva repressoogni dissenso, trasferirsi inSvezia. Qui ha vissuto dodicianni di esilio, nota come Co-munidad-Nordan, e poi hafatto ritorno a Montevideo, ri-prendendo la storia interrotta.Questa doppia presenza, conmezzi tanto diversi, perfino

contrari quanto a circostanze e fondi, mo-stra che questa dimensione sperimentaledi relazioni solidali può recepire aspettispecifici diversi, non definendosi per ca-ratteristiche locali, nazionali o di costume.La comunità mantiene la propria consi-stenza pur appartenendo a differenti luo-ghi geografici e in congiunture assai di-verse, in quanto realizzazione cherisponde a valori di solidarietà e libertà.

Oggi: un’emergenza rinnovata

Per un’esperienza di libertà eautogestione, l’importantenon è la durata ma la capacitàdi rinnovare e ricreare. […]L’aspetto più significativo èl’intenzione di istituire unnuovo modello completa-mente differente rispetto allacultura autoritaria che caratte-rizza tutti i sistemi sociali oggiesistenti. Sistemi che, nelleloro crisi, sono giunti a unacrescente militarizzazionedella vita sociale, soprattutto alivello della vita quotidiana, eche hanno prodotto, come ri-sposta, modi alternativi di

Questa breve storia della Comunidad del Sur, scritta nel 1989 per la rivista“Volontà” da uno dei suoi fondatori (di cui qui pubblichiamo alcuni stralci), riper-corre i primi decenni di quello che è sicuramente stato uno degli esperimenti comu-

nitari più innovativi e longevi. Nata nel 1955 e tuttora attiva, questa comunità diMontevideo è arrivata a contare una sessantina di membri e ha messo insieme gene-razioni diverse di comunardi. Proprio questa storia lunga e strettamente intrecciatacon le vicende politiche e sociali dell’ultimo mezzo secolo ha fatto della Comunidadun vero e proprio laboratorio di utopia, dove è stato possibile sperimentare, con i

suoi successi e insuccessi, i modi del vivere l’anarchia nel qui e ora.

La Comunidad del Surdi Ruben Prieto

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vita. In genere dispersi, questi, che conFélix Guattari potremmo definire una “ri-voluzione molecolare”, seppur insuffi-cienti risultano però indispensabili, perchérendono possibile la nascita di un nuovoimmaginario sociale. La Comunidad del Sur, già dalla sua ori-gine e molto prima di quel movimentoculminato in Europa nel 1968, si definivacome un laboratorio, un’azione tesa allacreazione di spazi che mirano alla costru-zione di una cultura realmente alternativarispetto al modo di vivere comune e chenon si limita a meri cambiamenti all’in-terno del sistema attuale. Sia il suo inseri-mento in Svezia, in una società altamentetecnologicizzata retta dal capitalismo piùavanzato e con uno Stato che si è appro-priato di tutte le funzioni della società, siala sua rifondazione in Uruguay, in una re-gione dipendente, con un capitalismo pe-riferico e uno Stato sempre più autoritarioe militarizzato, mostrano la sua rinnovatavitalità e la sua capacità di adattamento:resistendo in diverse circostanze, ma sem-

pre all’interno di una ricreata matrice li-bertaria. Le crisi che attraversano la vitasociale a tutte le latitudini hanno aumen-tato l’emarginazione della campagna e diampi settori della città, i livelli di disoccu-pazione e di ingiustizia economica, e ildeterioramento della qualità della vita digran parte della popolazione. A questo siaggiunge il deterioramento non occulta-bile e irreversibile dell’ambiente naturaleche minaccia un collasso ecologico.In America Latina tutto ciò acquista di-mensioni abnormi, poiché queste crisirafforzano fenomeni strutturali ampia-mente stabilizzati e inerenti agli stili disviluppo sostenuti tanto dal potere quantodall’opposizione istituzionalizzata. II fal-limento del progetto liberale tradizionale edei progetti di modernizzazione, come diquello dei suoi pretesi sostituti di originetecno-burocratica fondati sul pensieromarxista, stanno sempre più mostrandol’insufficienza e l’inadeguatezza di questericette convenzionali.La matrice dominante che ieri ha provo-

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Venezia settembre 1979, Convegno internazionale di studi sull’autogestione: Ruben Prieto insieme aEduardo Colombo e Carla Cacianti (foto di Heloisa Castellanos).

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cato questi molteplici processi di esclu-sione (in ambito politico, economico eculturale) sembra oggi essersi trasformatafacendo proliferare innumerevoli gruppidi piccole dimensioni che sono diventatioggetto di studio per la sociologia sotto ilnome di nuovi movimenti sociali. Questenuove formazioni organizzano l’azionesociale per autogestire produzione e con-sumo, come pure diversi servizi, o perunirsi in comune secondo determinateesigenze di vita. Attraverso tutto questoribollire, in certo modo marginale (ma alcontempo contrapposto ai valori domi-nanti e agli apparati di potere) si eviden-zia l’emergenza di un nuovo discorso uto-pico, credibile e verificabile. Nelle sue realizzazioni più radicali le co-munità mirano alla promozione dell’iden-tità individuale e di libere forme organiz-zative, a una esaltazione dell’autonomia,della partecipazione e della creatività, allasfiducia in ogni progetto di sviluppo ba-sato sulle tecnologie dello sviluppo capita-lista, ponendo un forte accento sulla cul-tura del quotidiano e sull’azione dal bassoverso l’alto e dal particolare al generale. Inquesta prospettiva le esperienze comunita-rie e, nel caso specifico della Comunidaddel Sur, con la tenacia e ricchezza di speri-mentazioni, inclusi gli errori e i relativi in-successi, hanno realizzato un nuovo mo-dello aggregativo. Analizzando tuttoquesto nella sua dimensione storica, ap-pare pertinente l’ipotesi esposta da Kro-potkin in Il mutuo appoggio, che spiegaquesti fenomeni emergenti come una ri-sposta che si manifesta sempre quando leistituzioni vigenti perdono la loro legitti-mità e si evidenziano le dimensioni paras-sitarie che le trasformano in ostacoli peruno sviluppo sociale soddisfacente. La nostra ipotesi attuale è che i nuovi mo-vimenti sociali, e le esperienze comunita-rie in particolare, sono le forze emergenti

che cercano, partendo da principi di soli-darietà, di ricreare immagini e realtà ade-guate a un ideale di libertà che possa pre-sentarsi come un’alternativa reale.Uno dei punti di partenza che ha motivatola nascita della Comunidad del Sur, e dimolte altre organizzazioni alternative, sifonda sulla convinzione, confermata dal-l’esperienza diretta, che “la repressionesia militare sia civile obbedisce a un com-plesso di fattori strutturali e istituzionaliradicati o sedimentati nella cultura autori-taria e che pertanto non si spiega con ilcapriccio di individui isolati o con abusidi potere. La cultura autoritaria si trovanella fabbrica e nell’ufficio, nella fami-glia, nel partito politico, nei rapporti fraamministratori e abitanti, nella distribu-zione sociale della ricchezza, nel sistemapenale che discrimina fra ricchi e poveri,nella diversità di genere e di nazionalità.Diffuso nella società, e riprodotto nellarelazione fra Stato e società civile, questosistema coercitivo ha le sue radici piùprofonde nel quotidiano, nella casa e nellavoro, nelle relazioni interpersonali”. Daqui l’urgente necessità di inventare strut-ture che realmente possano impedire la ri-produzione dell’autoritarismo e i processiche ne derivano.Murray Bookchin nel suo libro Towardsan Ecological Society ha ben sintetizzatol’approccio teorico e la prassi del movi-mento comunitario. Lo sviluppo di unmovimento capace di un cambiamento ra-dicale, sostiene, implica la diffusione digruppi di affinità, di comuni e di collettivinelle città e in campagna, nei centri distudio, nella produzione e nei diversi ser-vizi connessi alla vita sociale. […]

Ieri: la storia di un’esperienza

Avvicinarci troppo a un’esperienza comequella della Comunidad del Sur può por-

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tarci a una descrizione senza senso, per-ché la cosa più significativa di un’espe-rienza analizzata da una prospettiva di au-togestione e libertà, non è data solamentedalla sua riuscita ma dai processi di auto-organizzazione e di gestione diretta. Inquesto senso la realizzazione di un’auto-gestione generalizzata si fonda sul rinno-vamento permanente di modi e forme,poiché la sua validità è determinata dallapartecipazione diretta di coloro che sonocoinvolti nell’azione. Sarà la somma deiprocessi istituiti in queste strutture, che sipretendono aperte, attraverso i quali gliesseri umani lì riuniti vanno delineando lecondizioni della loro esistenza in comune,a definire il profilo e la validità dell’agiree della rappresentazione sociale.In ogni modo pare necessario selezionarealcune immagini per poter conoscere a di-stanza ciò che si potrebbe comprenderesolo attraverso l’esperienza diretta. Ilfatto che chi scrive queste righe sia statocompletamente coinvolto in ciò che de-scrive è al contempo un vantaggio e uninvito a prendere con riserva le valuta-zioni sicuramente influenzate dalle vi-cende personali.Autodefinita come “un’esperienza di vitacooperativa integrale”, la Comunidad delSur, dopo un primo periodo di consolida-mento, si stabilì in un podere di poco piùdi due ettari vicino a Montevideo. Lì sisviluppò fino al momento in cui la ditta-tura militare ordinò la sua dispersione el’esilio, conclusosi in Svezia. La sala dapranzo con la cucina in comune, in cui simangiava insieme e che serviva da luogodi riunione, la lavanderia, la biblioteca,spazi per la cura dei bambini secondol’età e spazi aperti per i giochi, forma-vano il “centro urbano”. Si aggiungevanole case per tutti i partecipanti, i laboratorid’artigianato e gli impianti per l’alleva-mento di volatili e un piccolo orto suffi-

ciente per il fabbisogno della comunità.L’attività economica principale era una ti-pografia situata nel centro della città dovesi recavano ogni giorno coloro che vi la-voravano.Il numero dei suoi componenti, verso lafine degli anni Sessanta, era di circa ses-santa persone, tra bambini, uomini edonne in parti uguali, oltre a due anzianidi circa settant’anni. A questi si aggiun-geva una quindicina di persone che, senzafar parte integrante della vita comunitaria,partecipavano in luoghi diversi al lavoroautogestito. In un articolo scritto durantel’esilio si descrive la struttura adottata:

La gestione diretta dell’intera vita sociale esi-geva un’organizzazione che evitasse ogniforma di autorità e burocrazia. Date queste pre-messe, l’organismo di elaborazione e decisioneera l’assemblea generale dei suoi componenti.In essa si definivano le linee generali per ciòche riguardava l’economia e l’educazionecome l’ideazione di un progetto sociale.

Nello stesso tempo e in modo da articolarein maniera organica la dinamica dell’auto-gestione, ogni settore di attività (stampa,frutteto, nursery, artigianato, cucina e ap-provvigionamento, educazione) teneva leproprie assemblee autonome responsabilidell’andamento e dell’attuazione degli ac-cordi presi nelle assemblee generali. D’al-tra parte le funzioni specifiche di organiz-zazione e amministrazione erano a caricodi singoli o di commissioni specifiche,create per la circostanza o permanenti, re-vocabili in qualsiasi momento dalle rela-tive assemblee. Il lavoro di coordinamentosi realizzava attraverso un nucleo di coor-dinamento generalmente formato dai dele-gati dei diversi settori di attività. Tutte leriunioni specifiche e settoriali erano aperteagli altri membri della comunità. La struttura economica si basava sulla pro-

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prietà comune e sull’attenzione agli aspettimateriali della vita dei suoi componenti infunzione delle loro necessità e delle risorsedisponibili. […]A questi aspetti è necessario aggiungere leriflessioni e le pratiche di educazione li-bertaria, evidenziando come tutta l’azionee la teoria comunitaria abbiano datoestremo rilievo all’educazione, visto comel’atto umano più importante in quantocomprende in sé tutti gli aspetti propri auna cultura antiautoritaria e solidale. […]I temi educativi esigevano una rielabora-zione continua e determinavano moltiaspetti della vita della comunità: gli oraridi lavoro e le vacanze erano definiti infunzione del tempo necessario per facili-tare il contatto fra genitori e figli, adulti ebambini, dei bambini fra di loro e per pro-muovere uno sviluppo permanente deglistessi adulti. Crescendo, i bambini si uni-vano in gruppi della stessa età, seguiti daadulti che avevano scelto questo compito,e le madri riassumevano incarichi nelle at-tività che desideravano.A sei anni i bambini cominciavano un’e-sperienza che per alcuni è stata la più si-gnificativa tra quelle realizzate nella co-munità, e cioè andavano a vivere inun’abitazione propria insieme al gruppo dicoetanei, dove rimanevano fino ai dodicianni. Lì, con l’appoggio di due o treadulti, ogni gruppo di bambini realizzavaun’esperienza di autogestione e auto-orga-nizzazione. Tutti i temi che potevano af-frontare – alimentazione, pulizie, attivitàricreativa, studio, analisi dei conflitti inter-personali e personali – erano discussi e ri-solti fra loro attraverso modalità che anda-vano creando con l’appoggio degli adulti.A partire da questa stessa età comincia-vano a integrarsi un po’ alla volta in la-vori produttivi, fino ad arrivare, compiutii dodici anni, a lavorarare per tre ore algiorno, bilanciate con altre ore di studio.

Ognuno riceveva una quota di denaro perle proprie spese personali, pari a quelladegli adulti. Periodicamente c’erano riu-nioni di valutazione, con la partecipazionedegli adulti, in cui si analizzavano i pro-gressi del gruppo e di ogni bambino. A do-dici anni andavano a vivere in abitazioniindipendenti e partecipavano, se volevano,alle assemblee generali o a quelle dei luo-ghi di lavoro. Compiuti i diciotto anni siprogrammava l’uscita di un anno, per fareesperienza in altri gruppi comunitari, e unviaggio in America Latina per conoscerealtre realtà sociali e culturali. Tutto questocon l’intenzione di dar loro gli strumenticonoscitivi per poter scegliere il propriomodo di vivere. […]Va detto che sin dalle sue origini la Comu-nidad del Sur ha avuto come modello lacreazione di una “comunità di comunità”e l’inserimento nell’ambiente circostantecon l’intenzione di divenire un vettore delpiù generale processo di cambiamento so-ciale. La sua storia è nello stesso tempoquella di un’esperienza integrale e inte-grata e quella di uno sforzo per creare unmovimento intercomunitario. […]

Domani: un nuovo mondo

A partire da questo bagaglio sperimentalee concettuale, e in base alle nuove circo-stanze storiche in America Latina e soprat-tutto nel Cono Sur, vediamo come si sonosviluppate le nuove tappe di questa espe-rienza. A tal proposito ci pare opportunoriportare due documenti molto diversi traloro che però possono essere complemen-tari. Nel primo caso potremmo conside-rarli come un test che mostra quali sono icambiamenti nel mondo simbolico di co-loro che nascono in queste nuove strutture. Il documento che segue è stato pubblicatonel 1982 sul giornale svedese “StockolmTidningen” con il titolo La città del futuro.

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Realizzato con bambini in età scolare, ilgiornale aveva pubblicato anche i disegniricevuti, che ovviamente riflettevano l’im-maginario sociale dei gruppi coinvolti,mostrando la ricchezza/povertà dei lorovalori e delle immagini di una vita socialepossibile/desiderabile/credibile. Nono-stante una predominante partecipazione dibambini svedesi, con sorpresa degli orga-nizzatori risultò che: “Le due proposte piùrilevanti per un quartiere futuro proven-gono da due bambini latinoamericani: Al-varo, dieci anni e Martin, dodici anni.Sono venuti dall’Uruguay come profughie vivono a Stoccolma in una comunità didieci adulti e tre bambini”. La contrappo-sizione di immagini commentata dallagiornalista mostra che “la maggioranzadei bambini svedesi hanno dipinto la casadei loro sogni come una casa di campa-gna, uno chalet, una villa e perfino un ca-stello. Solo pochi hanno aggiunto case divicini e strade fra loro. La maggior parteha disegnato una sola casa, isolata in ungran terreno, in mezzo al bosco o su un’i-sola”. I diversi progetti, che nella rassegnasi riuniscono sotto il titolo di Vivere per sestessi, mostrano una grande omogeneità diaspettative. Non si notano differenze diclasse o di ideologia. Le aspirazioni sonocomuni. Al contrario, sotto il titolo Abi-tuati a dividere, la giornalista commenta:

Si nota nella proposta di Alvaro e Martin chesono abituati a tener conto non solo della lorofamiglia, ma anche di molti altri adulti e bam-bini. Per loro è normale dividere ciò che pos-seggono e pensare come potrebbe vivere in co-mune tutto il quartiere. Inoltre hanno pensato acome vivere con un basso impiego di energiautilizzando energia solare, eolica e idraulica.

Più avanti, con il titolo Tutti dividonotutto nel quartiere sognato da Alvaro, lagiornalista descrive il progetto:

Nel disegno di Alvaro ci sono case grandi epiccole per individui, famiglie o gruppi piùgrandi. Però la cosa più importante è che tutticooperano e decidono insieme come si dividefra tutti in maniera giusta ciò che si ottiene conle coltivazioni, l’allevamento delle capre e lafabbricazione di barche, biciclette, auto elettri-che e altri prodotti. Secondo Alvaro, le casesono intorno a una scuola nel centro. Quello èil luogo per incontrarsi e decidere su qualsiasicosa. Da tre a cinque persone di ogni casavanno in quel luogo per discutere quantohanno concordato nel gruppo. Nella scuola c’èanche una biblioteca. Più che una scuola è unacasa comune, c’è anche una sala da pranzo permangiare insieme. Però la cosa più importanteè che lì si decide in comune.

L’altro documento si riferisce invece alnuovo progetto comunitario di Montevi-deo ed è stato elaborato da coloro che nel-l’agosto 1987 si sono definiti “il grupporifondatore della Comunidad del Sur”:

Propositi. Creare cellule sociali che compren-dano tutti gli aspetti della vita sociale, soprat-tutto a livello di vita quotidiana. La loro fun-zione sarà di aprire spazi di socializzazionepositiva da cui imparare a vivere in modo soli-dale, in cui partecipare direttamente a tutte lesituazioni che concorrono al conseguimento diun progetto comune. Le tre dimensioni che siconsiderano essenziali in un organismo comu-nitario sono: a) come matrice sociale, un’edu-cazione che procuri il massimo sviluppo dellapersonalità in un contesto di solidarietà; un’u-nità di riproduzione socioculturale che superila struttura familiare ed eviti le strutture dimassa; b) come prefigurazione della societàdesiderata, una sperimentazione autogestiona-ria a tutti i livelli; c) come mezzo per un inseri-mento nella società globale, una struttura ca-pace di provocare al suo interno unatrasformazione, una presenza interrogante ecritica e allo stesso tempo una nuova forma

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creativa di vita in comune che permetta l’auto-determinazione a livello sociale e personale.Mezzi scelti. Eco-comunità che nei loro mec-canismi decisionali si basino sulla partecipa-zione di tutti i loro componenti (struttura liber-taria, antiautoritaria e antigerarchica).Processo di integrazione. È chiaro che unanuova forma di vita esige un processo di ap-prendistato e che nel nostro caso dev’essere ilrisultato di una libera elezione naturale. D’altraparte questa libertà è possibile solo attraversoun processo di apprendimento che dovrà com-prendere tre livelli: pratica di vita comunitaria(guardare il prossimo e le sue necessità comeproprie); tecniche di gruppo che facilitino ilfunzionamento interno e un miglior interventonel gruppo; apprendimento di tecniche produt-tive sia per facilitare la rotazione sia per evitarela dipendenza da tecnici e specialisti.

In seguito all’elaborazione di questo do-cumento, il gruppo fondatore ha acqui-stato un edificio, la Casa encuentro, cheha costituito la prima tappa del nuovoprogetto eco-comunitario. […]

Sempre: un commento finale perricominciare

La novità che presentano i nuovi movi-menti sociali si basa sul fatto che nonstanno mettendo in dubbio una forma spe-cifica di potere politico, ma proprio ilmeccanismo fondamentale del potere. Daquesta novità è possibile creare una nuovacoscienza storica che si lanci nella trasfor-mazione radicale della società. Una nuovacoscienza capace di dar vita a una societàgiusta, in cui individui autonomi, liberi euguali vivano nel riconoscimento reci-proco della loro diversità. Fare il bilanciodi un’esperienza specifica come quelladella Comunidad del Sur è un lavoro com-plesso, perché il suo valore e la sua vali-dità si realizzano in una proiezione futurae perché la sua formazione corre sempre ilrischio di fallire. Il lavoro da fare è duro edifficile, ma come diceva Errico Malate-sta: “Non si tratta di fare l’anarchia oggi odomani o fra dieci secoli, ma di avanzareverso l’anarchia oggi, domani e sempre”.

Venezia, settembre 1984, Incontro internazionale anarchico: Silvia Ribeiro (a sinistra) e Laura Prieto (adestra), anche loro della Comunidad, parlano di pratiche comunitarie durante il convegno Tensioni autorita-rie e tendenze libertarie nelle società contemporanee; sullo sfondo (in piedi) Ruben mentre tiene in braccioZaya, il membro più giovane della comunità.

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La brutale persecuzione franchista controtutto ciò che rappresentava l’“altra” Spa-gna fu uno dei presupposti fondamentalidel golpe militare del luglio 1936. Mi-gliaia di militanti libertari e di tutta la si-nistra, anarcosindacalisti della CNT o so-cialisti dell’UGT, insegnanti, intellettuali,operai e semplici contadini, furono im-prigionati e trucidati. Non si trattò di unaconseguenza dello scontro in atto, ma diun piano ben preciso. Gonzalo de Agui-lera Munro, capo ufficio stampa diFranco, dichiarò al giornalista statuni-tense John T. Whitaker: “…il nostro pro-gramma consiste nello sterminare unterzo della popolazione maschile dellaSpagna. In questo modo si ripulirebbe ilpaese e ci disfaremmo del proletariato”. Come è noto, tra le vittime della ferociafranchista vi fu anche il poeta FedericoGarcía Lorca. Fino a pochi anni fa le cir-costanze della sua morte, compresa l’ubi-cazione del luogo della sua uccisione,erano ancora sconosciute. Ma la vicendasi è venuta via via dipanando fino a es-sere ripetutamente ripresa nei titoli deigiornali spagnoli ed europei. Da alcunianni infatti da più parti viene fortementemesso in discussione quel pacto del ol-vido che fu sancito alla morte di Franco:transizione indolore alla democrazia incambio del silenzio sui crimini franchisti.È in questo clima che è maturata l’appro-vazione della cosiddetta Ley de la Memo-ria Histórica così come la decisione delgiudice Baltasar Garzón di permettere,appunto, la riapertura delle fosse comuniin cui giacciono ancora migliaia di sco-nosciute vittime antifasciste. E proprio la

riesumazione dei resti del famoso poetaandaluso è stata al centro di una recentecontesa legale, non ancora conclusa, cheha visto protagonisti i familiari di Lorca equelli delle altre persone che con lui fu-rono fucilati. Quella notte del 17 agosto1936 infatti, nella fattoria “Las Colo-nias”, García Lorca non aspettò la morteda solo. L’indomani fu condotto fino albordo del burrone della località andalusadi Víznar legato ad altre tre persone. È lìche furono tutti e quattro fucilati ed è lìche ancora giacciono. Ma chi erano glialtri tre? Le loro biografie sono narrate inun libro pubblicato nel 2007 in Spagna,opera del giornalista Francisco ViguerasRoldán, Los paseados con Lorca: el mae-stro cojo y los dos banderilleros (Comu-nicación Social Ediciones y Publicacio-nes, Pedro Crespo Editor, 2007). Sichiamavano Dióscoro Galindo Gonzáles,Francisco Galadí Melgar (detto El Colo-res) e Joaquín Arcollas Cabezas (dettoMaganza). Il primo era un maestro ele-mentare repubblicano di sessant’anni ori-ginario della provincia di Valladolid mache viveva e lavorava a Pulianas nellaprovincia di Granada; Galadí e Arcollasinvece, entrambi di Granada, erano duebanderilleros anarchici, sindacalisti dellacentrale libertaria CNT (nella tauromachiaiberica il banderillero è il torero che con-ficca la lancia nella cervice del toro). Galadí per vivere lavorava anche comeidraulico. Sia lui sia Arcollas erano moltoconosciuti a Granada, specialmente nel-l’ambiente taurino, dove arrivarono a go-dere di una grande fama, tanto che an-cora oggi sono ricordati in riviste

García Lorca e i banderilleros anarchicidi Pietro Masiello

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spagnole dedicate alla tauromachia. Entrambi erano due “uomini d’azione”della CNT, impegnati anima e corpo nelladifesa dei diritti dei lavoratori in un’e-poca in cui un padronato dispotico e vio-lento rispondeva, nel migliore dei casi,col licenziamento di fronte a qualunquerivendicazione sindacale. Entrambi parte-ciparono alla resistenza antigolpista nellostorico barrio granadino dell’Albaicín.Alla caduta del quartiere, prima di intra-prendere la sortita che avevano organiz-zato per raggiungere le milizie antifran-chiste, Galadí volle salutare il propriobambino di dieci anni, con un incontrosegreto. Ma una spiata permise ai fran-chisti di catturarlo assieme ad Arcollas,suo compagno inseparabile. Furono por-tati nel centro di Granada e lì picchiatiselvaggiamente in pubblico, come am-monimento al resto della popolazione. Ilprincipale responsabile della repressione,il comandante Valdés, li odiava in modoparticolare, per lo spirito ribelle e di nonsottomissione che avevano sempre mo-strato. Dopo averli assassinati i falangistiperquisirono le loro abitazioni e diederofuoco a quasi tutti i loro documenti e ri-cordi di famiglia. Rimasero solo alcunefoto in abito da torero. Al di là delle vicende giudiziarie legatealla riapertura delle fosse comuni, c’è daaugurarsi che le fino ad ora anonime vit-time del franchismo non siano più utiliz-

zate strumentalmente da una pesante ge-stione tutta istituzionale dei “martiri dellademocrazia” che non si domanda se perquei militanti antifranchisti era davveroquesta democrazia il tipo di mondonuovo a cui pensavano e per il quale sierano battuti fino a pagarne le conse-guenze estreme. Una riparazione auten-tica sarebbe quella che più che agli ossaripensasse a ciò che di vivo c’era in quelpassato soffocato nel sangue. Non solo lapoesia di García Lorca. Perché Lorca non“es todos los muertos” come ha stupida-mente titolato “El País”. Come se unavolta riesumato e sepolto degnamente ilpoeta granadino si fosse resa giustizia atutti i perseguitati. Ma, appunto, ripararesignifica anche ripensare alle idee e alleesperienze libertarie e anarcosindacalistedi autogestione e solidarietà. Quelle percui uomini come Galadí e Arcollas hannodato la vita. Ma il potere non ha certo in-teresse ad adoperarsi per qualcosa che,nel trarre ispirazione dalle idee e dallavita dei nonni, portasse i nipoti a una pe-ricolosa voglia di agire nel presente.

Per queste e altre biografie di vittimedella persecuzione franchista si veda ilsito www.todoslosnombres.org/ curatodalla Asociación Andaluza Memoria Hi-stórica y Justicia e dalla sezione anda-lusa della centrale sindacale libertariaCGT.

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I quattro fucilati, da sinistra: Dióscoro Galindo Gonzáles (maestro), Joaquín Arcollas Cabezas (bande-rillero), Francisco Galadí Melgar (banderillero e idraulico), Federico García Lorca (poeta).

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Per l’ultimo saluto degli amici di Fabri-zia, nella sala del Comune di Itri, la figliaLivia donò una sua fotografia che la ritraeridente a ridosso di un antico muro dellacittà, bella come poteva esserlo con il suosorriso comprensivo.Il sorriso e gli occhi ridenti che vedonolontano sono lo specchio dell’animo diFabrizia, aperto al mondo, fermo, corag-gioso, che non si ritraeva dal penetrarenon solo la bellezza della natura e dellecose umane, ma anche il profondo doloreche le ingiustizie della società provocano.Incarnava questi sentimenti in azioni dicomprensione e di condivisione verso ipiù deboli, maltrattati e offesi: bambini,giovani, adulti, vecchi che fossero, dive-nendo loro amica partigiana e unendo alleidee di giustizia sociale un amore grandeper la libertà individuale e collettiva. Laricordo nella nostra piccola ma entusiastacomunità dell’ARN, l’associazione che Fa-

brizia aveva creato a Napoli e che ave-vamo rinvigorito con l’apporto di amici diNapoli (Vera Lombardi, Guido Giannini,Maria Pia Marroni, Anna Maria Girosi,Tonino Niego, Francesco Alberto Carac-ciolo...) e di altre città, fra i quali Lam-berto Borghi, Aldo Capitini, FrancescoCompagna, Gustavo Jacono, Franca Ri-dente, Antonio Carbonaro, Ettore Gelpi,Paola Besana... a giocare con i bambini,studiare con i ragazzi e gli adulti, parlarecon loro in modo serio, ma sempre dolcis-simo e fermo nello stesso tempo. Liberanella sua vita, in tanti momenti pronta adaffrontare con impeto le battaglie per lalibertà di tutti coloro che, uomini e donne,patiscono una condizione di ingiustizia edi subalternità sociale. L’ARN (Associa-zione per il Risveglio di Napoli – chenome presuntuoso! ma ai giovani si per-dona l’esagerata dose di onnipotenza)svolgeva un’azione educativa attraverso

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BIOGRAFIE

Fabrizia Ramondino scrittrice, educatrice,

compagna libertariadi Giovanna Gervasio Carbonaro

Fabrizia Ramondino (Napoli 1936-Itri 2008). Il suo ultimo romanzo, intitolato La via (Einaudi, Torino 2008), è arrivato postumo in libreria a pochi giorni dalla morte.

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attività come: una scuola per l’infanzia, ilrecupero scolastico dei ragazzini lavora-tori e altre iniziative per combattere il la-voro minorile, consulenza psicologica,una scuola serale per giovani e adulti, se-minari di studio e conferenze, partecipa-zione alle iniziative di quartiere (la sededell’ARN era a San Biagio dei Librai)...Negli anni della nostra “compagneria” nellavoro volontario nel centro comunitariodell’ARN e nel consultorio AIED (a quell’e-poca chi prendeva posizione sui temidella procreazione volontaria, del con-trollo delle nascite e di una libera educa-zione sessuale rischiava la galera) Fabri-zia dimostrava le sue rare capacitàd’ascolto, coinvolgimento e comunica-zione. Questa sensibilità, insieme alle sueconvinzioni politiche, la trasfuse, neglianni successivi, nella scuola media supe-riore statale e nelle sue opere letterarie.La pedagogia attiva – Fabrizia fu tiroci-nante al CEIS di Rimini [si veda il Bollet-tino 18] – ebbe una grande influenza suFabrizia, ma la sua azione educativa andòanche oltre. Non amava, invece, il movi-mento montessoriano, cui rimproveravauna tendenza all’elitarismo sociale e alcompromesso con i “potenti” – leggi mi-nistero della Pubblica Istruzione, classidirigenti in politica e in economia.Ma più che dai testi di pedagogia la suaoriginale azione di educatrice traeva le ra-dici dalla sua infanzia, che così bene de-scrisse ed “elaborò” (come si usa direoggi nel linguaggio degli psicologi) neisuoi libri Athénopis e Guerra d’infanzia edi Spagna. Ci si può chiedere come maiscegliemmo il lavoro volontario in anni incui questo non era certamente ben vistonella “sinistra”. Anzi, allora il volonta-riato era da una parte considerato un osta-colo alla lotta per la rivoluzione e daun’altra – quella più “riformista” – un ri-piegamento verso un’azione individuale

che non solo toglieva lavoro ai disoccu-pati, ma sottraeva forza alle lotte per l’av-vento di una società più giusta. Soltanto ilsegretario della Camera del Lavoro di Na-poli, Carlo Fermariello, ci dette la suaadesione e il suo appoggio, soprattuttoper la nostra azione di recupero scolasticodei ragazzi lavoratori e i nostri interventicontro il lavoro minorile. Fabrizia avevacertamente un grande interesse per “loscavo nel profondo dell’esistenza indivi-duale”. Fu infatti di quegli anni il suo trai-ning di analisi junghiana con il noto psi-coanalista Aldo Carotenuto. Fabriziasarebbe potuta diventare un’eccellenteeducatrice oppure una notevole psicoana-lista, ma la sua sete di libertà interiore laportò verso altri orizzonti. Scelse, neglianni della sua maturità, la letteratura, di-venendo una delle scrittrici più “impe-gnate” della nostra disastrata Italia. Senzadimenticare, tuttavia, anzi traendone temidi rappresentazione, la lotta politica el’impegno educativo.Già negli anni dell’ARN a Napoli avevapartecipato alle lotte per un radicale cam-biamento della nostra società. Nel campodelle lotte per il cambiamento della con-dizione femminile avevamo fatto, in-sieme, un tentativo di “attualizzazione”della politica dell’UDI, entrando, con l’ap-poggio di molte donne conosciute soprat-tutto attraverso il nostro lavoro nell’AIED

e nell’ARN, nel direttivo dell’UDI. Ma nonfu un’esperienza felice: Fabrizia ed io,convinte dall’esperienza fatta nella diffu-sione dei metodi anticoncezionali, porta-vamo le rivendicazioni femminili per unalegge sulla liberalizzazione dei metodianticoncezionali, una legge sul divorzio,la prevenzione e la difesa delle donnecontro le violenze che si perpetravano sulloro corpo e la loro psiche. Non accetta-vano di essere considerate estranee al vo-lere delle masse lavoratrici femminili, che

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invece, secondo le donne di potere del-l’UDI, erano su posizioni ancora tradizio-naliste (sacralità della famiglia, indissolu-bilità del matrimonio, ecc.). In realtàerano gli organi dirigenti dell’UDI lontani,o addirittura avulsi, dal sentire delledonne della “società civile”, molto piùconsapevoli dei loro diritti in famiglia, nellavoro, nella società. Fabrizia militava,prima del nostro incontro, nel Partito so-cialista napoletano, diretto da De Martino.Ma anche lì aveva avuto vita difficile perle sue idee rivoluzionarie, sia sul pianodella vita personale che di quello sociale epolitico. Non le rimase, dunque, che rom-pere questi legami politici e confidare neimovimenti spontanei dei cittadini, donnee uomini. Le sue posizioni negli anni suc-cessivi sono note, a partire dalla sua parte-cipazione al movimento dei disoccupati (acura di Fabrizia il libro Napoli. I disoccu-pati organizzati, Feltrinelli, Milano 1977),al gruppo napoletano “Mensa proletaria”e alle lotte del ’68.Molti sono i libri di Fabrizia Ramondino.Ne cito solo alcuni fra quelli non ancoramenzionati in questo scritto. Sono i libri-testimonianza di lotte (anche in se stessa,contro i pregiudizi della sua famiglia diorigine e le malattie) cui questa donna co-raggiosa, sostenuta da ideali libertari, hapartecipato: Un giorno e mezzo (Einaudi,Torino 1988), Polisario. Un’astronave di-menticata nel deserto (Gamberetti, Roma1997), Passaggio a Trieste (Einaudi, To-rino 2000).Molte cose ancora si potrebbero scriveredi Fabrizia Ramondino, ma vi invito aleggere il ricordo di lei scritto da Gof-fredo Fofi nel n. 98/99 della rivista “Lostraniero” da lui diretta. Soltanto poche parole ancora: la sua pre-senza appassionata, libera, sincera fino al-l’impopolarità, perspicace, sempre voltaal futuro luminoso, forse utopico, della

nostra società, ci mancherà. Ma di Fabri-zia rimangono i ricordi, gli scritti e la ri-nascita dell’ARN, ad opera di un nuovogruppo di giovani, nel 2006.

Firenze, 9 dicembre 2008

Fabrizia Ramondino era una scrittrice dal-l’evidente pathos sociale libertario, e come talela conoscevamo. Quello che invece non sape-vamo era che avesse avuto duraturi rapporticon l’ambiente anarchico, soprattutto napole-tano, come appunto ci racconta GiovannaGervasio Carbonaro in questo suo ricordo.Noi siamo entrati in contatto con lei solo intempi piuttosto recenti e per vie editoriali, cioèin quanto giornalista culturale che non man-cava mai di segnalare – e con entusiasmo – ititoli sull’anarchismo pubblicati da elèuthera.Solo con il tempo abbiamo capito il perché diquesto interesse, risalendo alla sua ricca sto-ria di impegno sociale libertario. Abbiamocosì ritrovato anche gli scritti che Fabrizia hapubblicato sulla “Volontà” di Giovanna Ber-neri e Cesare Zaccaria – P.-J. Proudhon, testi-mone della società e della cultura del suotempo (n. 10/1966) e Razionalismo antireli-gioso in P.-J. Proudhon (n. 12/1966) – fruttodella sua ricerca proudhoniana per la tesi uni-versitaria. Proprio all’inizio del 2008 avevamostretto i rapporti sollecitando una sua collabo-razione al libro A-cerchiata, storia veridica edesiti imprevisti di un simbolo, al quale stava la-vorando elèuthera, e puntualmente Fabrizia ciha mandato il suo contributo, senza sapereche sarebbe stato il suo ultimo scritto: l’articolo,infatti, ci è arrivato il 5 giugno, poco primadella sua morte avvenuta il 23 giugno. E que-sto ce lo rende ancora più prezioso.

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Nei giorni della rivoluzione del 9-10 no-vembre 1918 sua madre si trovava in unappartamento nel centro di Berlino si-tuato lungo una strada nella quale si spa-rava violentemente: “E così capitò chegià nel ventre di mia madre io fossi unmembro attivo della Rivoluzione di no-vembre.” Il 29 dello stesso mese Kurtvenne finalmente al mondo e non fu maibattezzato. Crebbe nella zona est di Ber-lino, perdendo il padre già all’età di quat-tro anni. In seguito a problemi con gli in-segnanti della scuola popolare chefrequentava, sua madre lo iscrisse a unascuola libera non confessionale.Quando ebbe all’incirca dieci anni sitrovò fra le mani il libro Guerra allaguerra dell’anarchico Ernst Friedrich, cheoltre ad animare il gruppo giovanile anar-chico Freie Jugend (Gioventù libera)aveva fatto erigere un Museo contro laguerra. Più tardi, Kurt partecipò alle riu-nioni dell’Anarchistische Vereinigung(Unione anarchica) di Berlino-Weissen-see, un raggruppamento di individualitàche coscientemente, senza direttive orga-nizzative, si dava da fare per promuoverel’anarchia, la cultura e la formazione es’impegnò in queste attività. Ma pocodopo si entusiasmò per Erich Mühsam,che andava spesso nella capitale in qua-lità di oratore ai comizi. Molti decennidopo, Kurt ricordava ancora molto beneun articolo di Mühsam, Arte e proleta-riato, in cui aveva scritto: “L’entusiasmo

è una cosa che proviene dallo spirito. Ilcompito di coloro che vogliono condurrel’arte al proletariato non è quello di edu-care l’opinione, bensì di portare lo spiritoverso l’opinione. Lo spirito dell’arte nonsopporta catene. Né la dialettica né il ma-terialismo storico hanno a che fare conl’arte, soltanto l’arte può entusiasmare ilproletariato”. Le sue conferenze sull’a-more libero ebbero in particolare un forteinflusso sul giovane Kurt.Verso la fine degli anni Venti si scontrònella scuola con un crescente atteggia-mento antisemita, principalmente daparte del proprio insegnante. Poiché c’e-rano ebrei anche nella sua famiglia, aiquali era sentimentalmente molto legato,iniziò a confrontarsi con il giudaismo,lesse i lavori di Heine, Tucholsky e altri,e andò alla scoperta del quartiere ebraicodi Berlino. Sua madre, inoltre, accolseuna coppia ebrea come inquilini, graziealla quale l’appartamento divenne unluogo di dibattito della sinistra. Qui peròanarchismo, comunismo e messianismoebraico di tipo libertario vennero ben pre-sto in collisione. L’antisemitismo infattic’era anche a sinistra e Kurt ne riconobbei segnali tra i comunisti che insultavanosia i socialdemocratici sia gli ebrei defi-nendoli socialfascisti.Il 27 febbraio 1933 Kurt fu casualmentetestimone oculare dell’incendio del Rei-chstag, e pensò: “Che bruci!”. In quelmomento non poteva ancora valutarne le

BIOGRAFIE

Kurt Wafneril cacciatore di farfalle

di Hans Müller-Sewing

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conseguenze. Di fatto, si scatenò imme-diatamente dopo la prima ondata di ter-rore, di cui rimase vittima anche Müh-sam.I libri dei locali anarchici furono salvatinascondendoli nelle case dei singoli com-pagni, contribuendo così a una educa-zione letteraria clandestina. Proprio que-sta letteratura anarchica da cantina fece diKurt un autodidatta. La Freie Anarchistische Jugend (Gio-ventù anarchica libera) continuava a or-ganizzare incontri clandestini su base lo-cale. A livello sovra-regionale gli incontriavvenivano sotto forma di camminatecollettive. “Tenevamo contatti con laFreie Arbeiter Union Deutschland - FAUD

(Unione libera dei lavoratori della Ger-mania) e con 1’Anarchistische Vereini-gung Berlin. Divulgavamo le notizie, in-nanzi tutto sul destino dei molti internatidel regime. In quella fase storica i nazistitenevano ancora nascosti molti dei lorocrimini. Noi ci preoccupavamo quindi difar circolare queste informazioni nellescuole, nei luoghi di lavoro e nelle case”.Il gruppo anarchico giovanile entrò anchea far parte di un gruppo regionale di cam-

minatori, che appariva come un insospet-tabile gruppo di cacciatori di farfalle. Nel 1936 iniziò a lavorare come assi-stente di fisica alla Siemens-Plania, Nel1939 venne inviato per un periodo di la-voro obbligatorio nella Prussia orientale,dove l’addestramento militare era combi-nato con il lavoro di vangare a favoredella patria. Mezzo anno più tardi ritornòa Berlino. Il gruppo anarchico illegale siera nel frattempo sciolto e continuavanosoltanto i contatti a due. Poco dopo vennedichiarato abile al servizio militare. Ri-mase nel Baltico e nella Russia biancafino all’estate del 1943, quando per unadebolezza visiva – che aveva finto già daanni – fu congedato e ritornò a Berlino.Qui riprese il suo vecchio lavoro alla Sie-mens, dove era ancora attiva una cellularivoluzionaria clandestina.Nell’agosto del 1943 incontrò Barbel,con cui ebbe un figlio che però morì pocodopo la nascita. Appena prima della finedella guerra venne richiamato come for-matore del Volkssturm, ossia per adde-strare uomini molto vecchi o molto gio-

Durante il nazismo gli oppositori dovevano ingegnarsi per potersi riunire con un minimo di sicurezza: andare “a caccia di farfalle” è statauna di queste soluzioni.

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Kurt Wafner (1918-2007), berlinese, ha attraver-sato tre distinti periodi storici che hanno profon-damente influenzato la sua esistenza: il periodonazista e la lotta clandestina, il regime comunistadella DDR e la dissidenza, e infine la riunificazionedella Germania e le sue contraddizioni.

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vani per l’ultimo dispiego di forze invista della vittoria finale. Negli ultimigiorni di guerra, trovò riparo a Berlino inun rifugio anti-aereo fino a quando non fuliberato dall’Armata rossa.Dopo la liberazione le prime delusioninon si fecero aspettare troppo. Una vicinavenne violentata due volte, un ragazzosparò a un suo nemico, e per questo attoun intero blocco del condominio fu ri-dotto in cenere. Kurt nel frattempo di-venne capocaseggiato, con il compito didividere le tessere per il cibo, buttarefuori i nazisti dalle loro case, operare re-quisizioni presso i fiancheggiatori dei na-zisti (apparecchi radio...). Entrò a farparte del Partito comunista e della miliziapopolare per contribuire alla ricostru-zione, anche se tutto questo avvenivasotto la dittatura stalinista. Nel 1947 glivenne richiesto di partecipare alla fonda-zione del servizio di sicurezza dello Stato(la famigerata Stasi), ma si rifiutò. Pocodopo, anche a causa di una tubercolosi,lasciò la milizia e divenne bibliotecario; omeglio, al mattino lavorava come biblio-tecario e al pomeriggio insegnava lettera-tura.Proprio facendo questo mestiere si reseconto del fatto che molte delle stesseopere che i nazisti avevano bandito, veni-vano adesso bruciate anche dai comunistiin quanto imperialiste (ovvero opere dicubisti, dadaisti, surrealisti, espressioni-sti, astratti...). Dato che a Berlino Ovest era rinata unarete anarchica, lui pensava di uscire dal partito, ma gli fu consigliato da unamico di non farsi schedare come anar-chico: “I devianti di sinistra sono più inpericolo. Come borghese o come ex nazi-sta avresti meno problemi. Questa gente,per come la pensano i funzionari, po-trebbe ancora essere convertita. Ma nonquelli dell’estrema sinistra, che sono in-

vece considerati dei traditori”.Nel 1950 lasciò il partito e per questoperse il lavoro. Iniziò una nuova attivitàpresso la casa editrice della Società perl’amicizia sovietico-tedesca, ma a causadel suo atteggiamento critico nei con-fronti della linea del partito fu nuova-mente licenziato. Nella fattispecie, si erarifiutato di trovare un piccolo spazio dadedicare a Stalin, una sorta di altarinocon il busto del dittatore. Licenziandolo ilsuo capo gli disse: “Per Stalin ci devesempre essere posto!”.Nel 1953 divenne finalmente redattoreindipendente, svolgendo principalmenteun lavoro di editing. Divorziò da Barbel esposò un anno più tardi Ingrid. Nel 1989, la caduta del muro di Berlinoriportò vento anarchico nella sua vita.Cercò contatti con i giovani anarchici,scrivendo alcuni articoli sulle sue perso-nali esperienze. Tuttavia rimase relativa-mente in disparte, soprattutto di fronte alsostegno dato alla lotta di classe. Il fetici-smo delle classi era un punto nevralgicodell’ideologia della DDR, ed egli si scon-certò del fatto che anche gli anarchici, so-prattutto gli anarcosindacalisti, potesserocondividere questa impostazione. Kurtobietterà citando un’affermazione di MaxNettlau: “La divisione delle classi è unfeticismo ridicolo, poiché ogni classe èmessa insieme con gli stessi elementi:ambizione, falsità e invidia da una parte euna minoranza di saggi, di progrediti e dipersone che amano imparare dall’altra.Ogni classe contiene da destra a sinistragli stessi elementi asociali e sociali, e ilprogresso va avanti attraverso stimoli eazioni delle sue parti eticamente e spiri-tualmente più progredite”.Kurt Wafner muore il 10 marzo 2007.

traduzione di Patrizia Grassiccia

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Il milieuanarchiconella Belle

époquedi Stefano Boni

Alcuni anarchici non vo-gliono lasciarsi deprimeredalle condizioni ogget-tive, non vogliono atten-dere che le masse sianopronte alla trasformazionelibertaria e non voglionoaspettare un domani pervivere in un mondo dieguali. A partire da fineOttocento, individui conqueste volontà si rimboc-cano le maniche per met-tere in pratica, nel vissutoquotidiano, le loro aspira-zioni. L’implementazionedi uno stile di vita anar-chico e naturista prende laforma dei milieux libres,letteralmente “ambienti li-beri”. Ne nascono unaquindicina solo in Francia(e altri in Belgio, Francia,Gran Bretagna), caratte-rizzati da un radicale ri-fiuto di una vita dedicataal binomio lavoro-con-sumo e fondati su varieforme di collettivismo li-bertario. Recentemente leEditions Libertaires hannoproposto due studi ap-profonditi su tali espe-rienze. Offro al lettore una

breve discussione dellavita e del significato poli-tico di tali esperienze, cer-cando di tracciare, in pe-riodi storici più recenti, ilasciti teorici e l’emergeredi esperienze analoghe. Nel periodo della Belleépoque francese la costru-zione di una mobilitazionelibertaria centrata sullostile di vita sorge da con-statazioni che hanno unaloro attualità. Ci si inter-roga, ora e allora, da unlato, su come vivere daanarchici in una societàgerarchica e sfruttatrice e,dall’altro, su come conta-minare di principi libertari

una società sostanzial-mente indifferente,quando non apertamenteostile. I partecipanti ai mi-lieux libres constatano ilfallimento dei tentativiavanguardisti armati: ladistruzione dello Stato el’instaurazione della so-cietà libertaria appare lon-tana, allora come ora, no-nostante i proclami diimminenti trasformazionirivoluzionarie. Sono scon-tenti della dimensioneesclusivamente teorica eintellettuale di una parteconsistente del mondoanarchico che ritiene ine-vitabile la dissociazionetra i nobili principi enun-ciati e un vissuto quoti-diano segnato dallo sfrut-tamento e dalla gerarchia.Non hanno, inoltre, parti-colare fiducia nella mobi-litazione della classe ope-raia e sono, quindi,pessimisti sull’imminenzadi un riscatto guidato dalsindacalismo. Di conse-guenza, gli sforzi di anar-chici con convinzioni va-riegate, da individualisti acomunisti libertari, si con-centrano sulla costruzionedi spazi di vita comunitarie autonomi finalizzati auna emancipazione collet-tiva. André Lorulot rias-sume la volontà che lianima: “Vogliamo vivere,non un domani ipotetico,ma una realtà liberata epotente. L’uomo liberoIn

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29 Informazioni editoriali

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deve cercare di adope-rarsi, per quanto gli è pos-sibile, a rendere i suoi atticonformi alla teoria enun-ciata”. Gli fa eco l’affer-mazione utopica di For-tuné Henry: “Sono venutoqui, in questo angolo per-duto della foresta, percreare la cellula inizialedell’umanità futura”.Tra fine Ottocento e inizioNovecento, appoggiatidalla Société Instituéepour la Création et le Dé-veloppement d’un MilieuLibre en France. che contacentinaia di aderenti, sicreano una quindicina diluoghi “fuori norma”,chiamati “Commune anar-chiste”, “Colonie libre desolidarité fraternelle”,“Essai” (Prova), “Phalan-stère” (Falansterio) e, ap-punto, “Milieu libre”(Ambiente libero). Seb-

bene vengano tentate conun certo successo espe-rienze urbane, le coloniepiù note sono fondate inzone rurali: Montreuil(1892-1893), Vaux (1902-1907), Aiglemont (1903-1908), Ciorfoli (1906), LaRize (1907), Saint-Ger-main-en-Laye (1906-1908), Bascon (1911-1957), La Pie(1913-1914), La Ruche(1904-1917), Choisy-le-Roi (1912). Si tratta, inva-riabilmente, di luoghi incui viene sperimentata unavita in comunità, in generetra le cinque e le venti per-sone, coniugata, in diversedi queste esperienze, acooperative operaie,scuole libertarie, giornalimilitanti. I comunardi siraggruppano in base alleloro affinità, e quindi lesingole esperienze pote-

vano privilegiare una dietavegetariana, la diffusionedella pedagogia e dellapropaganda libertarie, ov-vero la pratica del nudi-smo o del libero amore,sebbene la maggior partedelle colonie combina-vano queste prassi caratte-rizzanti. Nel suo libro, Cé-line Beaudet, sottolineaminuziosamente gli alti ebassi delle colonie che siispirano al “comunismosperimentale”. Note bio-grafiche e allegati permet-tono di comprendere lavita dei luoghi e le traiet-torie esistenziali di alcunimilitanti (Georges Butaud,Sophia Zaïkowska, É. Ar-mand, Fortuné Henry,André Lorulot, Émile La-motte, Libertad, HenriZisly, Rirette Maîtrejean,Émile Gravelle, EugénieRey-Rochat). L’opera ècompletata da una solidabibliografia e abbondantiillustrazioni, tratte princi-palmente da cartoline.Tony Legendre si concen-tra invece sul milieu libredi Vaux e sulla colonia na-turalista e vegetariana diBascon, nell’Aisne.I milieux libres danno vitaa un vivace dibattito sullastampa anarchica francesedell’epoca (“Le Liber-taire”, “L’En-dehors”,“L’Anarchie”, “L’Ere nou-velle”, “La Nouvelle hu-manité”, “L’Ordre Natu-rel”, “La Vie naturelle”). I

Le copertine dei due libri recentemente editi dalle Editions Libertaires.

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giornali libertari diffon-dono appelli e sottoscri-zioni, ma anche prese didistanza, critiche e ana-temi. Noti anarchici, tracui Kropotkin, pensanoche queste colonie comu-niste allontanano i mi-gliori elementi dalla pra-tica rivoluzionaria,accettando di fatto l’esi-stente e indebolendo unatrasformazione generale insenso anarchico. Sui gior-nali si trova anche tracciadi aspre polemiche tra co-munardi che si erano tro-vati in disaccordo nellagestione della vita comu-nitaria. Gli ambienti libe-rati vengono, inoltre, ac-cusati di essere fugaci e dinon lasciare traccia; nevengono sottolineate am-biguità e contraddizioni. Le comuni si trovano inun ambiente ostile in cuiagli attacchi feroci daparte di vicini, politici(anche socialisti), giorna-listi si aggiungono le diffi-coltà incontrate per rag-giungerel’autosufficienza. Per so-pravvivere alcuni comu-nardi si trovano costrettiad accettare lavori sala-riati, ma più spesso lavo-rano in attività coopera-tive che gestiscono attivitàin proprio (calzoleria, al-levamento, maglieria, fa-legnameria, sartoria) perla comunità e per i simpa-tizzanti. Si cerca, per

quanto possibile, un’auto-sussistenza che significaautonomia dal mondo in-dustriale e dall’incipienteconsumismo. Il principioillegalista, comune amolte di queste espe-rienze, si manifesta in unricorso a furti. Per farfronte a entrate scarse eper una alimentazione piùsana, si minimizzano iconsumi e alcune coloniesi privano di carne, alcol,tabacco, caffè, the. Nonostante siano stati ac-cusati di isolamento e discarso attivismo politico,la maggior parte delle co-lonie è dotata della pro-pria biblioteca, scuola e ti-pografia e sono numerosi icomunardi che si impe-gnano, soprattutto nei din-torni del proprio insedia-mento, in convegni e nella

diffusione di pubblica-zioni. La specificità del-l’azione politica dei mi-lieux libres va peròcercata – a mio avviso – inun tipo diverso di comuni-cazione rispetto alla pro-paganda anarchica preva-lente: il loro principalecontributo è la diffusionedelle idee libertarie tra-mite l’esempio, piuttostoche la diffusione di scrittio l’organizzazione di in-contri. La prassi comestrumento di divulgazionedi idee anarchiche ha ilvantaggio di sperimentarenel vissuto, promuovendocircuiti di trasformazioneculturale, la sostenibilitàdelle proposte libertarie edi mostrarne le possibili eimmediate applicazioni. Ilsuperamento tra teoria eprassi politica prende

Una cartolina che riproduce la colonia di Aiglemont (1903-1908).

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forma nella joie de vivre,una sperimentazione li-bera delle sensazioni fisi-che tramite esperienze di-rette e uno spontaneismonell’organizzazione quoti-diana. La diffusione delleidee libertarie e naturisteviene amplificata, inmolte esperienze, da unagrande ospitalità nei con-fronti di curiosi, vicini,militanti, fino ad acco-gliere riposanti gite dome-nicali organizzate dai cit-tadini. Le comuniorganizzano pranzi sulprato, escursioni in fore-sta, incontri sulla “guerrasociale”, ritrovi poetici econcerti, presentando unaconvivialità che smentiscei luoghi comuni suglianarchici banditi e crimi-nali veicolata da moltigiornali. Il lascito di que-ste esperienze, per quantoriguarda le riflessioni li-

bertarie più tradizionali,va cercato quindi nell’at-taccamento alla pratica,che rimane una loro pecu-liarità. È l’umile vita deicomunardi, condotta se-condo principi di sempli-cità, armonia con la naturae collettivismo, l’ispira-zione per mettere in di-scussione la famiglia pa-triarcale e proporrerapporti sociali fondatisulla solidarietà fraterna;per riconsiderare i rapportitra generi e il matrimonio;per concepire e praticare,almeno per alcuni, unasessualità meno stabile edesclusiva; per riformularel’educazione in vista dellacreazione di uomini liberi;per rifiutare l’autoritari-smo (sebbene molte espe-rienze ruotino intorno acoppie carismatiche); perdiffidare della medicinaufficiale; per difendere il

controllo delle nascite; perrifiutare alcuni dei cosid-detti avanzamenti tecnolo-gici. Il contributo forsepiù rilevante dei milieuxlibres al pensiero anar-chico è individuabile nellecritiche innovatrici e radi-cali al capitalismo e allagestione dell’ambienteche, sebbene censurate neicircuiti anarchici di allora,hanno avuto negli ultimidecenni una notevole dif-fusione. La denuncia del-l’autoritarismo si coniuga,in linea con il clima natu-rista diffuso all’epoca, condenunce sugli effetti deldisboscamento, della mec-canizzazione e dell’urba-nizzazione e, in questicontesti, si formulano emotivano le condannedella civiltà e dellascienza, allora idolatratadalla maggior parte deimovimenti rivoluzionari. Quasi tutte le esperienzedi questo ciclo di anarchi-smo collettivista rurale siestinguono alla vigiliadella prima guerra mon-diale. A una prima letturasembrerebbe che in Italial’impatto dei milieux li-bres sia stato marginale: leesperienze isolate non rag-giungono l’importanza el’efficacia di quelle che sisono sviluppate oltralpe.Una storia di lungo pe-riodo, che considera comecerti principi e certe prati-che a essi associate pos-

Un’altra prospettiva della colonia di Aiglemont.

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sano riemergere a distanzadi decenni, offre però unquadro più complesso chepermette di apprezzarel’attualità di tali espe-rienze. Il lascito del ciclodei milieux libres va cer-cato, da un lato, nella vo-lontà di sperimentare degliambienti rurali alternativiche hanno ripreso consi-stenza, in particolare neglianni Settanta e nell’ultimodecennio. Molti libertariscelgono (tra cui, permenzionare solo alcunetra le esperienze più dura-ture Urupia nel Salento,Bagnaia nel senese, la co-munità degli Elfi sull’Ap-pennino pistoiese, Campa-nara, il coordinamentodenominato CIR, Corri-spondenze InformazioniRurali) di sperimentareforme collettive, più omeno organizzate, chehanno, pur nella loro va-rietà, evidenti analogiecon le esperienze di inizioNovecento francese: unariduzione – a volte drastica– dei consumi; un’organiz-zazione egualitaria; la cen-tralità di un lavoro politicosul territorio di ispirazionelibertaria; la sottrazionedalla civiltà prevalente;l’accoglienza di simpatiz-zanti e curiosi per divul-gare con l’esempio e lapartecipazione; un buongrado di autosussistenza;tendenze all’illegalismo. Illascito teorico dei milieux

libres, seppure oggi ilnesso con gli anarchici diinizio Novecento vengararamente esplicitato, è in-dividuabile nelle pubblica-zioni dell’anarchismo am-bientalista radicale, nellacrescente messa in discus-sione della civiltà da partedi molti giovani anarchiciche si ritrovano sulle posi-zioni di giornali quali“Terra selvaggia”. Un’ul-teriore somiglianza tral’attuale situazione equella francese di inizioNovecento è la diffidenzareciproca tra l’anarchismopratico-rurale e il movi-mento anarchico cittadino,intellettuale, istituzionale;diffidenza che la storia do-vrebbe averci insegnato asuperare, avviando per-corsi di reciproco ricono-scimento e confronto co-struttivo.

Céline BEAUDETLes milieux libres. Vivre en anarchiste à laBelle époqueEditions Libertaires Parigi, 2006

Tony LEGENDREExpériences de vie com-munautaire anarchiste enFrance. Le milieu libre deVaux et la colonie naturiste de Bascon(Aisne)Editions Libertaires Parigi, 2006

EditorialVirus: breve autopresen-

tazionea cura di Andrea Staid

La casa editrice Virus ènata a Barcellona nel 1991per iniziativa di un gruppodi persone che avevano incomune la partecipazionea movimenti sociali, pro-getti di cooperazione edesperienze editoriali, prin-cipalmente per riviste li-bertarie e antimilitaristecome “La lletra A” o “LaPulga y el general”.È stato un po’ per caso,come spesso accade, chesiamo riusciti a trovare unpiccolo capitale inizialecon cui avviare il progettoeditoriale, che, ovvia-mente, non è iniziato par-tendo da zero perchéaveva alle spalle l’infra-struttura di base offerta dalcentro anarchico El Lokal.Nessuna delle persone cheha dato inizio a questoprogetto editoriale venivadalla stessa esperienza,anzi le diverse esperienzeci hanno reso consapevolidelle difficoltà che ci sononell’affrontare lavori col-lettivi che vivono all’in-terno dei movimenti so-

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ciali. Molti dei progettieditoriali di sinistra esi-stenti rientravano nell’or-bita delle organizzazioni odei partiti politici, e glieditori commerciali, se in-teressati, ponevano condi-zioni draconiane per lapubblicazione di un libro(che spesso hanno dovutopagare i collettivi stessi). Questo è uno dei motiviche ci ha fatto prendere inconsiderazione la neces-sità di costruire una casaeditrice a disposizione deimovimenti sociali, deigruppi e delle persone cheruotano all’interno del mo-vimento libertario, cheesprimesse una linea edi-toriale chiaramente antiau-toritaria e apartitica.Nata con l’esplicita vo-lontà di fluttuare tra le retialternative e quelle com-merciali, questa scelta èservita anche a creare unavasta rete di gruppi alter-nativi presenti in tutto ilpaese. Abbiamo così po-tuto sostenere i collettiviin due modi: pubblicandoo pubblicizzando il loromateriale per uscire daambiti ristretti e cedendo ilibri con uno sconto alto inmaniera da consentire diauto-finanziarsi con levendite.Per ora sono circa cento ititoli pubblicati in diversecollane: Virus della memo-ria, Cronici del Virus, AntiVirus, Virus della manone-

gra, Virus narrativa,Pamphlet Virus, Virus pa-nopticon, Fili d’erbaVirus, e altre ancora dovesi sono trattati argomenticome la storia contempo-ranea spagnola, il movi-mento libertario e rivolu-zionario, i movimentisociali, l’antisemitismo,l’antisessismo, la criticadelle istituzioni totali, lascuola, il lavoro, la critica

della società automobili-stica, la globalizzazione, lademografia, l’uso di stupe-facenti e molti altri. La maggior parte dei titolisono in forma testuale, maabbiamo anche fatto al-cune incursioni nel campodel fumetto e nella lettera-tura (noir e fiction). In più di dieci anni di atti-vità, le esperienze sonostate molto diverse. Ab-biamo vissuto momentidifficili, ma oggi possiamodire che il progetto è abba-

stanza stabile e in gradualeespansione, con cinquepersone che lavorano per ilcoordinamento, l’editing,la traduzione, il desktoppublishing, la distribu-zione e l’amministrazione. Il panorama editoriale an-tagonista si è arricchitomolto negli ultimi diecianni, e il nostro apporto aquesto nuovo clima puòessere quello di fare daponte tra la tradizioneanarchica, il pensiero cri-tico contemporaneo e leesperienze della militanzapolitica antiautoritaria nonspecificamente anarchicama propria all’area liberta-ria per le modalità diazione.Un anno fa abbiamo av-viato un coordinamentoformale con altri editori edistributori alternativi spa-gnoli, la maggior parte dinuova creazione e attivinell’ambito antiautoritario,con i quali ci siamo soste-nuti a vicenda negli sforzivolti a diffondere il rispet-tivo lavoro. Abbiamoanche creato un sito webcomune che è possibile ve-dere alla pagina: www.altediciones.com.Coloro che vogliono sa-perne di più sul lavoro diVirus, possono consultareil nostro sito web www.comalter.net/virus.

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Steve Kurtz e Steven Barnes hanno fon-dato, una decina di anni fa, il CAE, dandovita a numerosi progetti: libri, esperi-menti e performance biotech, mediantel’utilizzo di azioni e media tattici(www.critical-art.net) con loscopo di creare interventi mo-lecolari e shock semiotici checontribuiscano alla negazionedella montante cultura autori-taria”. A partire dalle loro ricerche,sempre in bilico tra arte escienza, sono stati realizzatiprogetti di teatro partecipatosu tematiche complesse: Gen-Terra, sugli organismi transge-nici, Free Range Grain sugliOGM e Molecular Invasion(tradotto in Italia da Elèutheranel 2006 con il titolo L’inva-sione molecolare, biotech:teoria e pratiche di resi-stenza).Nel 2004, mentre i coniugiKurtz (Steve e la moglie

Hope) si preparavano a presentare il pro-getto artistico-scientifico Free RangeGrain, Hope moriva improvvisamenteper infarto nel sonno. La polizia locale,chiamata da Steve, insospettita dalle at-

trezzature trovate in casa, al-lertava l’FBI. La mattina del30 maggio, così, gli agentidell’FBI e della Joint Terro-rism Task Force arrestavanoSteve Kurtz, docente di Arte aBuffalo presso la New YorkState University, e RobertFerrell, docente di Geneticaalla Graduate School of Pu-blic Health della PittsburghUniversity, in base al PatriotAct emanato da Bush dopol’11 settembre 2001. Nei la-boratori installati nelle casedei docenti erano infatti statetrovate “molecole sospette”(la Serratia marcescens e ilBacillus atrophaeus): in realtàmicrorganismi inoffensivi,utili al lavoro di controinfor-

Il Critical Art Ensemble (CAE) è un collettivo americano noto a livello internazionale per le sue azioni sperimentali al confine tra arte e scienza.

Due esponenti del CAE, Steve Kurtz e Robert Ferrell, hanno recentemente subìto unprocesso per bioterrorismo, accusa per la quale – in base al Patriot Act voluto da Bush – si rischiano fino a venti anni di reclusione. I due attivisti-scienziati

sono stati assolti dal tribunale locale, ma è possibile che l’FBI, all’origine dell’accusa di bioterrorismo, possa ancora impugnare la sentenza

in base agli ordinamenti federali.Sul loro caso Lynn Hershman Leeson, una regista indipendente americana, ha girato il film Strange Culture, presentato con successo all’edizione 2007

del Sundance Film Festival e del Berlin Film Festival.

FBI vs. CAEdi Mauro Garofalo

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FILM

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mazione scientifica sulla quale il gruppoimpostava le proprie performance. Cio-nonostante FBI, JTTF, Homeland Security,polizia di Buffalo e ufficio dello Sceriffo,dopo aver isolato il quartiere in cui vive-vano i Kurtz, sequestravano il gatto, l’au-tomobile, i PC, i manoscritti, i libri, l’e-quipaggiamento e il corpo di Hope. Dopouna settimana, lo Stato di New York an-nunciava che i campioni rinvenuti nonrappresentavano una minaccia. Ma an-cora oggi l’FBI si rifiuta di chiudere ilcaso e restituire i materiali sequestrati. Ma perché l’FBI si è interessata così tantodi scienziati-artisti che trattano gli OGM

come informazioni da portare al pub-blico? È a questa domanda che intenderispondere il documentario Strange Cul-ture, girato prima della recente sentenzaassolutoria, nel pieno della campagna diappoggio al CAE. Le immagini mostranole vicende umane e scientifiche di SteveKurtz: dalle azioni di ricerca ai prepara-tivi per le performance artistiche (glishock semiotici) fino all’arresto. E an-cora, il processo, la morte di Hope, gli in-terrogatori e le riflessioni – sempre moltolucide, a tratti divertite – contro le assur-dità della Macchina statunitense in cercadi “terroristi” a tutti i costi. La privatizzazione dell’informazione èun dato essenziale del capitalismo. Allastessa maniera, i progressi della proprietàin campo biologico sono una frontiera diinvestimento, seconda esclusivamente alpetrolio. La preservazione della biodiver-sità è un valore proprio di ogni eco-si-stema. Immettere degli agenti genetica-mente modificati significa romperequell’equilibrio. Del resto, non contenerela riproduzione di questi agenti iper-resi-stenti significherebbe dare il via a colti-vazioni dominanti, senza controllo. L’a-zione del CAE, che si sia contro o a favorel’utilizzo di OGM, mira a fornire cono-

scenza anche ai non addetti ai lavori. At-traverso performance artistiche a carat-tere scientifico informa i consumatori –un soggetto importante dell’attuale fasestorica – della presenza di OGM nei cibi.L’immagine di copertina del libro L’inva-sione molecolare riprende, infatti, unodegli shock semiotici del gruppo: per di-mostrare la presenza di OGM nel mais, imembri del CAE introdussero un colo-rante chimico innocuo in alcune partite dimerce. I consumatori, quando andaronoad aprire le scatolette comprate al super-mercato, si trovarono di fronte mais blu.Lo “spiazzamento creativo” costringevaa vedere un’evidenza sottesa, palesavaun’informazione altrimenti sussurratadalle multinazionali che, spesso, testanoprodotti senza avvertire il bisogno di in-terpellare la società civile. Un altro aspetto interessante delle azioni

La locandina del film Strange Culture

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del CAE riguarda il caso dei semi transge-nici, proprietà intellettuale delle Corpo-rations. Questi semi in quanto “mutati”sono ibridi e dunque non si possono ri-produrre. Per ottenere i semi, gli agricol-tori firmano contratti che li privano deldiritto di riprodurre, salvare, vendere,condividere o distribuire i semi che, altri-menti, si riprodurrebbero da soli (la Mon-santo, negli ultimi anni, ha denunciatooltre cinquecento agricoltori negli StatiUniti per violazioni di questo accordo diproprietà). Nel caso dei batteri trovati a casa diKurtz, invece, il problema era diverso.Quando l’FBI ha perquisito la casa diSteve, il CAE stava sviluppando dei pro-getti che criticavano la politica statuni-tense di difesa batteriologica (a seguito diuna lettera firmata da circa ottocentoscienziati, che denunciava al National In-stitute of Healths come milioni di dollarifossero spesi, invece che per curare ma-lattie frequenti, per finanziare ricerche sumisteriosi agenti patogeni utili a tracciareil rischio di attacchi bioterroristici). Le azioni del CAE partono dunque dall’a-nalisi di decisioni altamente rilevanti perla cittadinanza, dalle quali i cittadini sonoquasi sempre esclusi. La loro ricerca –ora ripresa dopo la conclusione della vi-cenda giudiziaria (almeno in primogrado) – sottolinea che la minaccia delbioterrorismo sia altamente improbabileperché, dal punto di vista bellico, con l’u-nica eccezione dell’antrace, gli agentibatterici sono instabili, difficili da mani-polare e molto più problematici degliesplosivi e delle tossine chimiche. L’au-mentata spesa per la biodifesa è quindidel tutto inutile e va solo a scapito dellaspesa per la ricerca sulle malattie infet-tive comuni che ogni anno uccidono mi-lioni di persone. Queste tematiche sonoargomentate nel libro The Marching Pla-

gue, di prossima pubblicazione pressoelèuthera con il titolo La peste in marcia.

Strange Culturedi Lynn Hermann Leesoncon Tilda Swinton, Peter Coyote e il“vero” Steve Kurtz che interpreta sestesso2007, durata 75', film girato in modalitàdiretta, in lingua originale

Official Selection Sundance 2007Official Selction Berlin Film Festival2007

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Del Critical Art Ensemble presso elèuthera è giàuscito nel 2006 il titolo L’invasione molecolare.

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Il vecchietto che ci accoglie nella suaproprietà – una piccolissima casetta e unpo’ di verde intorno – è piegato in due,con la schiena quasi parallela con il ter-reno. Ci racconta che oltre un’ottantina dianni prima era stato incornato da un ani-male e ridotto così. Ora ha oltre no-vant’anni e vive da solo, coltiva qualcheortaggio, si prepara una volta alla setti-mana una zuppa che gli dura appuntosette giorni e che costituisce la base dellasua alimentazione.Era l’estate del 1979 quando con la miacompagna Aurora e Attilio Bortolotti (unvecchio compagno emigrato in Canadanegli anni Venti, di cui più volte si è par-lato in questo Bollettino) feci un viaggiodi oltre ventimila chilometri attraverso ilNord America (Canada e USA) andando atrovare centinaia di militanti anarchiciitalo-americani (un resoconto di quelviaggio è apparso sul n. 77, ottobre 1979,della rivista anarchica “A”). Una partico-lare concentrazione di questi vecchi com-pagni e compagne resisteva – tutti sopragli 80 anni – in California, principal-mente nell’area di San Francisco e –molte centinaia di chilometri a sud – inquella di Los Angeles. Il vecchietto di cuisopra stava qualche decina chilometri asud di San Francisco).Ne conoscevamo solo il soprannome:John the Cook, Giovanni il cuoco. An-dammo a trovarlo, noi tre, accompagnatida Menico (Domenico Sallitto), un anar-chico più giovane di John di una decina

di anni almeno, in quel 1979 uno deipochi sopravvissuti della grossa comu-nità di anarchici italo-americani di LosGatos e dintorni. Oggi, di tutto quel grup-pone di compagni, sopravvive solo JoeCono.John ci accoglie con cortesia. È sveglis-simo, si parla subito del movimento, cicolpisce per il suo spirito “giovane”. Ri-

COVER STORY

Ricordando John, cioè Vincenzo

di Paolo Finzi

La foto di Vincenzo Ferrero, detto John the Cook,pubblicata sulla copertina del Bollettino n. 31

(fondo iconografico Max Sartin).

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corda, tra l’altro, le aspre polemiche al-l’interno del movimento anarchico di lin-gua italiana negli USA a proposito diEmma Goldman, accusata da molti diinopportunità per aver ampiamente par-lato nelle proprie memorie anche delleproprie relazioni affettive e sessuali. Johnricorda di averla sempre difesa da questecritiche di natura bigotta. Questo vec-chietto, piccolo piccolo con una grandebarba bianca, ci affascina. Chiede notiziedi altri compagni, la maggior parte sonomorti. Si parla per un paio d’orette, poi èora di andare, ci da un po’ di soldi per larivista (che riceve e legge), un abbraccioe via.Un incontro piacevole, una bella figura.Ma è solo dopo che i contorni del perso-naggio si delineano ai nostri occhi. Ve-niamo a sapere che John è quell’uno dicui tante volte abbiamo scritto il nomenell’elenco delle sottoscrizioni per “A”.Quei soldi fanno parte della sua pensioneche lui devolve interamente in sostegnodi iniziative anarchiche. Per sé non trat-tiene nemmeno un cent: dallo Stato luinon accetta niente. Ci eravamo spessochiesti chi era quell’uno da cui riceve-vamo regolarmente importi significativi(cento o duecento dollari) a mezzo di altricompagni d’oltreoceano.E scopriamo che con lo Stato americanoha un conto in sospeso da oltre una qua-rantina d’anni. John the Cook si chia-mava infatti Vincenzo Ferrero e la sua vi-cenda (e quella congiunta di Menico, chequel giorno ci accompagnò a trovarlo) hopoi scoperto essere quella riportata nelvolume Un trentennio di attività anar-chica (1914-1945), L’Antistato, Cesena1953, pp. 168-169, nella parte relativaagli anarchici italiani negli Stati Unitid’America. Eccola:

11 aprile 1934. Vincenzo Ferrero e Domenico

Sallitto sono arrestati a Oakland, California,dove dimorano, dalle autorità federali prepo-ste all’immigrazione e sottoposti a procedi-mento di deportazione come anarchici, Laloro indesiderabilità deriva dal fatto che il loroindirizzo è anche l’indirizzo del periodico“Man!”, pubblicazione mensile anarchica re-datta da Marcus Graham, venuto minorennenegli S.U. e minacciato di deportazione fin dal1919. Liberati sotto cauzione, Ferrero (già re-dattore del periodico “Emancipazione” di SanFrancisco) e Sallitto seguono le peripezie so-lite dei candidati alla deportazione: ogni tantoriarrestati, interrogati e poi rimessi in libertàmentre intorno ai loro nomi si inizia un’agita-zione contro la deportazione per motivo d’o-pinione e in favore del diritto d’asilo, agita-zione che dura diversi anni. La deportazionedi Sallitto, che ha figli nati negli S.U., vienesospesa. Ferrero si rende irreperibile quando,sul finire del 1938, riceve l’ordine di costi-tuirsi per essere deportato in Italia… dondemanca da un quarantennio.

Ai miei occhi John the Cook assurge asimbolo (un simbolo concretissimo) diquei tanti, tantissimi militanti anarchiciche con scelte coraggiose e pagate di per-sona hanno contribuito a fare la storia, acombattere contro il fascismo, a diffon-dere le nostre idee di libertà, in assoluta(anche eccessiva) modestia, senza nientepretendere, senza niente far sapere. Genteche – come si dice oggi – non se l’è maitirata, mai vantandosi di quel che hannofatto, serenamente e intimamente soddi-sfatti di averlo fatto e di aver così contri-buito alla vita di quel movimento di cuianche chi si “firmava” uno – definizioneal contempo anonima e assolutamente in-dividuale – si è sentito orgogliosamenteparte.

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Il dono della libertà:

AlbertCamus

e i libertaridi Alec Mandic

Quando Albert Camus,dopo aver vinto il premioNobel nel 1957, sentì l’e-sigenza di condurre unavita lontana dai clamoriscelse di vivere a Lourma-rin, un piccolo villaggiodella Provenza, Franciadel sud. Qui si è svolta, il10-11 ottobre 2008, laXXV edizione dei Rencon-tres Méditerranéennes Al-bert Camus. Una duegiorni che quest’annoaveva per tema Il donodella libertà. AlbertCamus e i libertari.Albert Camus non avevamai nascosto la sua sinto-nia politica e intellettualecon il pensiero e il movi-mento libertario, mante-nendo un’autonomia do-vuta al suo ruolo diintellettuale critico e mili-tante senza partito. Man-cava però un approcciocomplessivo riguardo airapporti e alle reciprocheinfluenze tra Camus e i li-bertari, un vuoto che lequattro sessioni di lavoro

di questo convegno, tra-smesse in diretta radiofo-nica da Radio libertaire,hanno cercato di colmare.Dopo aver lasciato il Par-tito comunista nel 1937,Camus si avvicinò pro-gressivamente a una vi-sione socialista libertaria,che maturò pienamente ecoerentemente nel dopo-guerra, con la critica delleideologie, della società dimassa, la rottura con Sar-tre, e una costante presa diposizione a favore dellacausa spagnola, dei diritticivili, dell’obiezione dicoscienza. Sylvain Boulouque, au-tore di Les anarchistesface aux guerres colonia-les, ha introdotto i lavorispiegando come Camusnel dopoguerra sia diven-tato un “interlocutore fra-

terno” degli anarchici at-traverso una fitta rete in-ternazionale di contatticon intellettuali e mili-tanti. Marianne Enckelldel CIRA di Lausanne a suavolta ha spiegato perchéCamus fosse consideratonon tanto un interlocutorema un vero e propriocompagno, partendo daun’analisi dell’articolo diLouis Mercier Vega pub-blicato su “Révolutionproletarienne” nel 1957Albert Camus, un copain.Alcuni interventi succes-sivi hanno analizzato que-sti contatti nei singolipaesi: Progresso Marin,scrittore francese figlio diesuli antifranchisti, ha svi-scerato i contatti costantie amichevoli con i compa-gni spagnoli basandosi sulsuo libro La pensée politi-que d’Albert Camus, pub-blicato dalla CNT spa-gnola; Lou Marin,scrittore, traduttore, edi-tore e militante anarchicononviolento, tedesco tra-piantato a Marsiglia, haesposto la ricezione del-l’opera di Camus negliambienti libertari e non-violenti dei paesi an-glofoni e germanofoni. Larelazione di Lou Marin haspecialmente messo inluce contatti con DwightMcdonald negli StatiUniti, e la filiazione alpensiero camusiano diHerbert Read, Colin Ward

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e Peter Marshall in Inghil-terra. Per quanto riguardal’Italia, Alessandro Breso-lin, vecchio collaboratoredi “A rivista anarchica” ecuratore dell’antologia ca-musiana La rivolta liber-taria per Elèuthera, ha af-frontato i rapporti umani epolitici dello scrittorefrancese con Nicola Chia-romonte, Andrea Caffi eIgnazio Silone.Due esperienze di AlbertCamus in ambito liberta-rio sono state affrontate daPhilippe Vanney e CharlesJacquier: Vannery ha ri-percorso la storia deiGroupes de liaison inter-nationale (GLI), cheCamus ha animato tra il1948 e il 1949 e che siproponevano di aiutareconcretamente le vittimedi tutti i totalitarismi; Jac-quier ha ripercorso invecela vita di “Témoins”, rivi-sta libertaria diretta daJean Paul Samson allaquale collaborò attiva-mente dal 1953 al 1957. Un momento ironico emovimentato quello diWally Rosell, editore emembro di Radio liberta-rie, che ha affrontato l’in-fluenza del calcio comegioco popolare in Camuse in alcuni aspetti del mo-vimento libertario agliinizi del XX secolo. La di-scussione si è animata peralcune divergenze tra i li-bertari sul senso della

competizione nello sport.Da segnalare l’interventodi Séverine Gaspari che hadato una lettura attuale erigorosa de L’uomo in ri-volta, l’opera di Camusche può essere definitacome il maggior tentativodi ridefinizione del pen-siero libertario della se-conda metà del Nove-cento. Le giornate sono state se-guite da un pubblico nu-meroso e attento, un inte-ressante incrocio diappassionati letterari e mi-litanti politici, con l’ami-chevole accoglienza degliorganizzatori, AndréeFosty, Jean Louis Meu-nier, Franck Planeille,Manfred Stassen e Cath-rine Camus.

Convegno di studi

dell’AnarchistStudies

Network Lo scorso 4-6 settembre siè tenuto a Loughborough(Inghilterra) un convegnosull’anarchismo organiz-zato dall’Anarchist Stu-dies Netowork (ASN)–un’associazione di stu-diosi, per lo più universi-tari, nata nel 2005 a par-tire da redattori ecollaboratori dell’eccel-lente rivista semestralebritannica “Anarchist Stu-dies” – in collaborazionecon il Department of Poli-tics, International Rela-tions and European Stu-dies dell’Università diLoughborough. Nellequattro mezze giornate delconvegno sono state te-nute diverse sessioni con-temporanee, per un totaledi settanta relazioni artico-late in quattordici work-shops, su tematiche cheandavano dall’etica allapsicologia, dalla filosofiaagli anarchismi religiosi,da Proudhon a “re-imma-ginare la rivoluzione”.

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Per leggere un Camus politico sirimanda alla breve antologia Mi

rivolto, dunque siamo da pocopubblicata da Elèuthera.

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L’unica lingua del conve-gno era l’inglese (tranneper una sessione fran-cofona) e i partecipanti egli assistenti sono staticentocinquanta circa, pro-venienti dalla Gran Breta-gna (in ovvia prevalenza),Stati Uniti, Canada, Ir-landa, Australia, Belgio,Francia, Israele, Svezia,Olanda e Italia. L’approc-cio generale (ma nonesclusivo) è stato di tipoaccademico, com’era pre-vedibile, e ha bene eviden-ziato il sorprendente rin-novato interesse per ilpensiero politico e filoso-fico dell’anarchismo oggiriscontrabile nell’ambitouniversitario soprattuttodel mondo anglofono.Riportiamo qui di seguitoil programma del conve-

gno. Parte delle relazioni sipossono scaricare dal sitodell’ASN:www.anarchist.studies.network.org.uk.

Session 1Proudhon and ModernAnarchismAlex Prichard, Proudhon’sPolitical Philosophy,Edward Castleton,Proudhon and Property,James Rubin, Proudhonand the Nineteenth-Cen-tury Avant Garde: Lessonsfor Today?9/11 Half-Truth Move-mentPaul Stott & LarryO’Hara, Presentation anddiscussionReligious AnarchismsBojan Aleksov, ReligiousDissenters and Anarchistsin Turn of the Century

Hungary, André de Raaij,The International Frater-nity Which Never Was –Dutch Christian Anar-chism Between Optimismand Near-Defeat 1893-1906, Peter Pick, A Theo-logy of Revolution: Abie-zer Coppe and the Uses ofTraditionRe-imagining Revolu-tion: New departures inrevolutionary theory Benjamin Franks, Revolu-tionary Modesty?, DavidGraeber, Revolution in Re-verse, Richard Day, “Isaid to my soul, be still”:Can We ‘Win’ The Anar-chist Revolution?Libertarian CommunismSaku Pinta, Being Com-mon Without Being Ordi-nary: The Political Theoryof Libertarian Commu-nism, Trevor Bark, Anar-chist Sterility, Just likeMarxist Sterility

Session 2Conference Plenary:David Goodway

Session 3Proudhon and ModernAnarchismLucian Ashworth,Proudhon’s Influence onDavid Mitrany: Towardsan Anarchist Approach toInternational Relations,Erik Buelinckx, Proudhonin Belgium (1858-1863):Nationalism and Culture,Anne-Sophie Chambost,

Tra i numerosi relatori che hanno partecipato al convegno c’eraanche Peter Marshall (a sinistra nella foto con una persona dellostaff), autore di un importante tomo sulla storia dell’anarchismo:Demanding the Impossibile, A History of Anarchism (Harper Col-lins, 1993, cui è seguita una nuova edizione rivista e aggiornata).

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The Value of Proudhon’sIdeas for ContemporaryDebates About Demo-cracy Anarchism and EthicsBenjamin Franks, Anar-chist Meta-Ethics, PatrickMarcolini, From Anomieto Autonomy: AnarchismAnd Ethics Today, Mi-chael Vaughan, Was Berg-son An Anarchist? TheMetaphysics and Ethics ofCreativityReligious AnarchismsKeith Hebden, The NeedFor Subversive Foreign-ness In Liberation Theolo-gies, Richard Davis,Kierkegaard and a Chri-stian Politics of Indiffe-rence, Alexandre Chri-stoyannopoulos,Responding to the State:Romans 13, “render untoCaesar” and the Questionof Civil DisobedienceRe-imagining Revolu-tion: The living legacy ofrevolutionary romanti-cismRuth Kinna, Patience andFailure as Virtues of Re-volutionary Change, Lau-rence Davis, Three Revo-lutionary RomanticAlternatives to Insurrec-tion, James Horrox, Rein-venting Resistance: Con-structive Activism inGustav Landauer’s SocialPhilosophy, Uri Gordon,Re-Imagining Revolution:(A)vant Garde PoliticsWithout Promises

Libertarian CommunismAndrej Grubacic/Staugh-ton Lynd, HaymarketSynthesis: Chicago Anar-chists, Wobblies and theZapatistas, Martin Miller,The Perils of Power:Anarchists in the State Kropotkin, Reclus andAnarchism in HigherEducationRobert Haworth, Anar-chism and Multidimensio-nal Research Practices:Representation, Participa-tion and Mutuality, DanaWard, Alchemy in Cla-rens: Kropotkin and Re-clus and the Origins ofAnarcho-Communism,Quinn Casal, KeenanFerar, Zak Hoyt, AdamCrawford, Robert Living-ston, Andrew Grubb andBrian Orser: Film Con-ceptions of Anarchism anddiscussion

Session 4Anarchism, Labour &SyndicalismCarl Levy, Errico Malate-sta’s Relationship to theItalian and InternationalLabour Movements, YannBéliard, From GustavSchmidt to Gus Smith: ATale of Labour Integration(Hull, 1880s-1914), Rei-ner Tosstorff, Mission Im-possible. Ángel Pestaña’sEncounter as CNT Dele-gate with the BolshevikRevolution in 1920Anarchism and Ethics

Jones Irwin, Is Nietzschean Anarchist? – Some Re-flections on the AffinityBetween NietzscheanThought and Anarchism,Seferin James, Problemswith the Phenomenologi-cal Reduction and theState, Stephen Condit,Ecosophy and the Anar-chist CharacterReligious AnarchismsMohamed Jean Veneuse,Paths to becoming a Mu-slim Anarchist, AnthonyFiscella, Imagining anIslamic Anarchism, JohnRapp, Anarchism or Nihi-lism?: The Buddhist-In-fluenced Thought of WuNengziRe-imagining Revolu-tion: (Post) modernityand revolution Daniel Colson, L’anarchi-sme et la révolution,Eduardo Colombo, Disso-lution du concept de révo-lution au sein des posi-tions postmodernes, IrènePereira, Que signifie la ré-volution aujourd’hui?Libertarian Communism Patrick Baud, ReductionistMisreadings of Althusserin Richard Day and SaulNewman’s Post-Anar-chism, Simon Boxley,Red, Black and Green:Dietzgen’s PhilosophyAcross the Divide, Chri-stos Memos, The Conceptof Technique in Marx:Rethinking Castoriadis’sCritique

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Session 5Anarchism and EthicsCostas Athanasopoulos,Duty and Anarchism: Whythe Anarchist Has a Dutyto Disregard the State,Paul McLaughlin, In De-fence of PhilosophicalAnarchism, SébastianCaré, Anarcho-Capitalismand Moral Philosophy:Deontological versusConsequentialist EthicsSocial Histories of Anar-chismCarl LevyListeningAnthony McCann, Liste-ning as Methodology,Jamie Heckert, Listening,Caring and Becoming:Anarchism as an Ethics ofRelationships, StephenShukaitis, Listeningwithout endsRe-imagining Revolu-tion: Land and freedomJoanna Adamiak, Concep-tualising Rurality: AnAnarchist Perspective onRural Spaces and the Roleof Small-Scale Agricultu-ral Producers in the So-cial Revolution, PedroGarcia Guirao, The Criti-cal Masses and the Key ofActual Revolution: A Re-flection on Anarchist So-cial Revolution in Fede-rica Montseny, StefanoBoni, The “Osmotic” Re-volution: ContemporaryLibertarian Praxis in Tu-scany, Lara Coleman, The“Life Plan”: Surplus Po-

pulation and Revolutio-nary Imagination in Co-lombiaLibertarian CommunismSara Motta, Old Tools andNew Movements in LatinAmerica: Social Scienceas Gatekeeper or Agent inSolidarity?, Tom Purcell,Radical Endogenous De-velopment and the Co-operative Experiment inVenezuela’s BolivarianRevolution

Session 6Anarchism and EthicsSam Clark, Anarchist Per-fectionism: Structure, Hi-story, Prospects, StefanRiegelnik, The Failure ofMoral Philosophy, MattWilson, Rules Without Ru-lers: Freedom, Conflictand ValuesAnarchism, Labour &SyndicalismGuillaume Davranche,Anarchism-communismand unionism in France,1897-1997 (from the CGT’sToulouse Congress to theFirst Concerted AnarchistIntervention In a NationalSyndicalist Congress, tothe Constitution of the SUD

Galaxy), Dieter Nelles,Alfons Pilarski and Anar-cho-syndicalism in UpperSilesiaAnarchist Approaches inEmpirical PoliticalAnalysisDavid Bailey, Beyond theNew Relativist Consensus

in Comparative PoliticalEconomy: An Anarchistand Marxist Critique,Polly Pallister-Wilkins,Building a New Theory inthe Shell of the Old: HowAnarchism Offers an Al-ternative to the Limits ofSocial Movement Theory,Andy Robinson, Royaland Nomad ScienceRe-imagining Revolu-tion: Beyond lifestyleanarchism? IPeter Marshall, DemandThe Impossible Before It’sToo Late, Isa Fremeauxand John Jordan, PathsThrough Utopias: Every-day Life Despite Capita-lism, Sasha Roseneil,Anarchist Feminism in Ac-tion: RememberingGreenhamEnergy and ClimateChangeKostas Latoufis, Short in-troduction on grass-rootsactivity followed by opendiscussionPossibilities for an Anar-chist PsychologyJohn Cromby, PoliticalPsychologies and Possibi-lities, Steven D. Brown, Alife of immanence: Deleu-ze’s route to an anarchistpsychology, StephenShukaitis, Thoughts onComposition, Collectivity,and Affect, John Cromby,Becoming, Subjectivityand Experience: pointersand pitfalls

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Session 7Anarchism and EthicsAlex Prichard, The MoralSociology of War: A Ten-tative Vindication ofProudhon and Kropotkin,Niall Scott, AnarchistEthics, Responsibility andHealth, Andrew Beck,Owning CommunalKnowledge: An AnarchistEthical Approach to Lear-ningAnarchism, Labour &SyndicalismRalph Darlington, Syndi-calism and the Influenceof Anarchism, ConstanceBantman, From TradeUnionism to SyndicalismeRévolutionnaire to Syndi-calism (1880-1914): TheBritish Origins of FrenchSyndicalism, Rafal Chwe-doruk, Polish Anarchismand SyndicalismAnarchist Approaches inEmpirical PoliticalAnalysisGal Kirn and AntoniosVradis, The Rise and Fallof the Alter-GlobalisationMovement? An AnarchistPerspective and an Out-line for Action, Jean Al-lain, Bull versus Chom-sky: International Lawand the Anarchic SocietyRe-imagining Revolu-tion: Beyond lifestyleanarchism? II Peter Seyferth, Cri-methInc.’s Lifestyle Anar-chism: Is it Revolutionaryor Just a Petty-Bourgeois

Prank?, Jill Fenton, Sur-realist Revolutionary-Poe-try in the Playing of theGame La Marelle des Ré-voltes, Donagh Davis,Rethinking Materialism:Anarchism, Class Strug-gle, Counter-Culture andHuman Needs9/11 Half-Truth Move-mentPaul Stott & LarryO’Hara, Presentation anddiscussion

Session 8Anarchism, Labour &SyndicalismBert Altena, Analyzing Re-volutionary Syndicalism:The Importance of Com-munity, Keith Hodgson,“The Invincible PhalanxWhich Can Withstand AnyAssault”: The Centralityof Anarcho-Syndicalism toRevolution, Jason RoyceLindsey, Function Repre-sentation and Its Anar-chist OriginsCrossing BoundariesSandra Jeppensen, TheBorder vs. the new no-border politics: competingdiscourses of globalizedborders, Kimberly Cro-swell, Post-Industrialism:Traversing Tradition andModernity in ColonialIndia, Allan Antliff, Dis-solving Boundaries, Ac-tualizing IndividualismRe-imagining Revolu-tion, ¡Autogestión ya!’the promises and chal-

lenges of self-manage-ment in Argentina’sworker-recuperated en-terprises Graciela Monteagudo, Re-defining Gender Roles inan Argentine RecuperatedFactory, Sean Smith, Ar-gentina’s Worker Recupe-rated Enterprises andCommunity-Based LabourOrganizing: What CanCanadian Labour LearnFrom Argentina?, Mar-celo Vieta, Self-Manage-ment, Workers’ Cooperati-vism and the WorkerRecuperated Enterprisesin Argentina: The Poten-tial for ReconstitutingWork and RecomposingLife, Alberto Prunetti,Cross-Breeding Anar-chismCommunity ActionWorkshop – What Peo-ple Can Do Where TheyLive to Change TheWorldRamsey Kanaan on theAnti-Poll Tax Campaign,Sasha Lilley on LocalRadio Anarchism, Globaliza-tion and the ThirdWorldSharif Gemie, Intifadasand Anarchism, SureyyyaEvren, Anarchism and theThird World

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Mountainbike e

bandierarossonera

di Patrizio Biagi

Essere internauti vuol direpartire per viaggi in cui ècerto il punto di partenzama mai quello di arrivo.Si cerca qualcosa e se netrova un’altra che non sicercava, oppure si incappain qualcosa di veramentecurioso e simpatico comeè capitato a me che sonoincappato per puro caso inun blog dal significativonome di Malatesta blog(si proprio lui il “nostro”Errico). Il blog è dell’As-sociazione Malatesta,un’associazione che sioccupa di diversi tipi disport tra cui mountainbike, trekking e snow-board. All’interno del blog è pre-sente la foto della lapideche a Letino ricorda i fattidel Matese dell’aprile1877, la trascrizione di ciòche è inciso sulla lapide euna foto del cartello stra-dale che indica la via cheil comune di Letino hadedicato a Malatesta (unadelle poche vie intestate

ad anarchici nel nostropaese). È bello il trafilettoche è stato postato sotto lafoto e che trascrivo inte-gralmente perché da anchel’idea di quello che animacoloro che fanno parte diquesta associazione. “Il comune di Letino haintitolato anche una stradaal Malatesta, noi la nostraassociazione. Le nostreesperienze su questi montivogliono essere il nostro

grido di libertà, fraternitàe sensi più umani. Ritenia-mo il Malatesta nostroispiratore di ideali”.Anche noi lo riteniamotale!!!Per coloro che fosserointeressati a visitare i duesiti dell’associazione:Associazione Malatesta http://assmalatesta.net-sons.org/Malatesta blog http://www.assmalatesta.altervista.org/pivot/entry.php?id=47&usg=__ApRoSs0DoApIauvQsQ1A7znbPFA

La tredicesima

prova della

inesistenzadi dio

Al di là delle dodici proveavanzate da SébastienFaure nel suo famosolibretto, un devoto creden-te originario dell’Azer-baijan, di religione nonprecisata ma sicuramentemonoteista (“Corrieredella sera”, edizione onli-ne, 15-6-2006), ne ha for-nito una tredicesima, sep-pur empirica. La scena siè svolta nello zoo di Kievdavanti a molti testimoni,V

arie

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CURIOSITÀASSOCIAZIONE

MALATESTA

SPORT NATURA AVVENTURa

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i quali hanno riferito chel’uomo ha improvvisa-mente scavalcato la recin-zione intorno alla gabbiadei leoni, calandosi quindial suo interno con unacorda che si era portato dacasa. Poi si è tolto le scar-pe e le ha lanciate controgli attoniti felini, gridan-do: “Se dio esiste, mi sal-verà”. Infastidito da tantochiasso un leone lo haazzannato uccidendolo sulcolpo. Se la storiella non èvera, è bella lo stesso.

Anarchinoabita qui

Nell’Alto maceratese,arroccato tra i monti, c’èun paese chiamato Pioraconoto per i nomi inconsuetidei suoi abitanti e dellasua toponomastica. Pertutto il Novecento gli abi-tanti si sono sfidati a chia-mare i figli con i nomi piùbizzarri, ripresi da unamiriade di fonti: opere liri-che, campi di battaglia,linguaggio tecnico...Ovviamente non potevamancare il filone politicoche – data la zona – havisto proliferare nomidella tradizione anarchicacome Ateo, Ideale, Ribellee Libertà (anche se non èsempre chiaro se sianonomi attribuiti a maschi o

a femmine). Ancor piùesplicito è stato quel padreche non solo ha volutodare al figlio l’impegnati-vo nome di Anarchino mache oltretutto lo ha fattoall’inizio dell’era fascista.Non a caso il prete che hatrascritto la nascita non havoluto lasciare la A inizia-le, registrandolo comeNarchino, e lo stesso Mus-solini (che evidentementenon aveva cose più impor-tanti cui pensare) ha poiimposto di cambiare ilnome in Mansueto (cheben illustra il suo progettosociale nei riguardi delladisillusa classe popolareitaliana). Privato del suonome, Anarchino comun-que si consolerà sposandouna compaesana dall’evo-cativo nome di Solidea.Oggi invece si chiamanotutte Jessica e Deborah.

Blob anarchia

Se per mere ragioni dispazio ultimamente nonabbiamo potuto aggiorna-re il nostro blob anarchia,possiamo però assicuraretutti che le testate italianecontinuano a utilizzare iltermine, magari nellostesso numero, per affer-

mare una cosa e il suocontrario. Qui solo un pic-colo assaggio di questaaltalena che ci regala la“crudele anarchia” istitui-ta in Somalia dai capi-

clan islamisti (“Repubbli-ca” 23-11-07), insiemeall’“anarchia pura” sugge-rita in positivo da WoodyAllen nel titolo del suoultimo libro.

EFFERATEZZE

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DICEMBRE 2008Centro Studi Libertari / Archivio Giuseppe Pinelli

via Rovetta 27, 20127 Milano - corrispondenza: C.P. 17005, 20170 Milanotel. 02 28 46 923- fax 02 28 04 03 40

orario di apertura 10:00-18:00 dei giorni feriali - orario di consultazione 14:00-18:00e-mail: [email protected] - web: http://www.archiviopinelli.it

c/c postale n. 14039200 intestato a Centro studi libertari, Milano

tutti i numeri precedenti sono liberamente scaricabili dal sito

stampato e distribuito daelèuthera editrice – via Rovetta 27 – 20127 Milano

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