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Bollettino (II/2010)

Date post: 17-May-2015
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Il semestrale di documenti ufficiali dell'arcidiocesi di Pescara-Penne. Anno 2010, II semestre
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BOLLETTINO UFFICIALE

DELL'ARCIDIOCESI METROPOLITANA

DI PESCARA-PENNE

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periodico della diocesi di pescaraanno 62 - n° [email protected]

presidente:s. e. r. mons. tommaso [email protected]

direttore responsabile:dott. ernesto grippo

direttore:dott.ssa lidia [email protected]

programma editorialea cura del dott. simone [email protected]

amministratore:can. antonio di giulio

editore:curia arcivescovile metropolitana pescara-pennesede legale:curia arcivescovile metropolitana pescara-pennepiazza spirito santo, 565121 pescara

fotocomposizione e stampa:tipografia grafica ltd65016 montesilvano (pe)

rivista diocesanac..c.p. n° 16126658periodico registrato presso il tribunale di pescaraal n° 11/95 in data 24.05.1995spedizione in abb. postale 50% pescara

curia metropolitanapiazza spirito santo, 5 - 65121 pescara - tel. 085-4222571 - fax 085-4213149

www.diocesipescara.it

arcivescovadopiazza spirito santo, 5 - 65121 pescara - tel. 085-2058897

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INDICE

LA PAROLA DI BENEDETTO XVI

DISCORSI

7 Alla veglia di preghiera per la beatificazione del Cardinale John HenryNewman

12 All’incontro con i Vescovi d’Inghilterra, Galles e Scozia

16 All’incontro con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi nella Cat-tedrale di Palermo

20 All’ncontro con i ragazzi e i giovanissimi dell’Azione Cattolica Italiana

MESSAGGI

26 Pasqua 2010

29 Per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (2010)

LETTERE

32 Ai Seminaristi

OMELIE

39 Nella solennità del Natale del Signore

44 Nella Celebrazione dei Primi Vespri della solennità di Maria SS.ma Madre diDio Te Deum di ringraziamento

VARIE

48 Meditazione sulla Prima Congregazione Generale del Sinodo dei Vescoviall’Assemblea Speciale per il Medio Oriente

53 Preghiera per la vita nascente

LA PAROLA DEI VESCOVI ITALIANI

CEI - ORIENTAMENTI PASTORALI

57 Educare alla vita buona del Vangelo - Orientamenti pastorali dell’Episcopa-to Italiano per il decennio 2010-2020

MESSAGGI

127 Per la giornata del Ringraziamento

43ª MARCIA PER LA PACE

130 Cristo, nostra pace

LA PAROLA DI MONS. VALENTINETTI

NOMINE E DECRETI

141 Nomine

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INDICE

144 La Parrocchia dell’Immacolata Concezione della B.V. Maria diventa CuoreImmacolato della B.V. Maria

IN DIOCESI

149 Necrologio

NOTIZIE

150 Notizie in breve

151 Notizie in rassegna - La Caritas abruzzese dice stop alla povertà

152 “Sogno un mondo per tutti” - di Cristina Santonastaso

155 All’unisono per dare voce all’amore

156 Con Frisina per la “solidarietà sociale” - di Roberta Fioravante

APPROFONDIMENTI

158 La questione antropologica: sfide e prospettive - di S. E. Mons. Ignazio San-na

175 La proposta morale oggi: “La carità nella verità... per la costruzione di unabuona società e di un vero sviluppo integrale” (Caritas in veritate, n. 4)

SPECIALE “laPorzione.it”

189 LaPorzione.it... nel frammento, tutto - L’Arcidiocesi sceglie l’informazionedigitale

ESEMPIO DI “EDITORIALE”191 Borghezio e GF specchio di una Italia decadente - di Simone Chiappetta

ESEMPIO DI “B IANCO E NERO”194 La democrazia che cade in “basso” - di Simone Chiappetta

ESEMPIO DI “I NTERVISTA”196 “Vorrei avere il buon umore di Wojtyla” - di Davide De Amicis

ESEMPIO DI “L A PORZIONE”199 Teologia della Porzione - di Giovanni Marcotullio

ESEMPIO DI “TERZA WEB”202 La verità rosa - di Giovanni Marcotullio

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LA PAROLADI BENEDETTO XVI

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LA PAROLA DI BENEDETTO XVIDISCORSI

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Alla veglia di preghiera per la beatificazionedel Cardinale John Henry Newman

Hyde Park - LondonSabato, 18 settembre 2010

Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,

questa è una serata di gioia, di immensa gioia spirituale per tuttinoi. Siamo qui riuniti in questa veglia di preghiera per prepararci allaMessa di domani, durante la quale un grande figlio di questa Nazione,il Cardinale John Henry Newman, sarà dichiarato Beato. Quante per-sone, in Inghilterra e in tutto il mondo, hanno atteso questo momen-to! Anche per me personalmente è una grande gioia condividere que-sta esperienza con voi. Come sapete, Newman ha avuto da tanto tem-po un influsso importante nella mia vita e nel mio pensiero, come loè stato per moltissime persone al di là di queste isole. Il dramma dellavita di Newman ci invita ad esaminare le nostre vite, a vederle nelcontesto del vasto orizzonte del piano di Dio, e a crescere in comu-nione con la Chiesa di ogni tempo e di ogni luogo: la Chiesa degliApostoli, la Chiesa dei martiri, la Chiesa dei santi, la Chiesa che New-man amò ed alla cui missione consacrò la propria intera esistenza.

Ringrazio l’Arcivescovo Peter Smith per le gentili parole di benve-nuto pronunciate a vostro nome, e sono particolarmente lieto di vede-re molti giovani presenti a questa veglia. Questa sera, nel contestodella preghiera comune, desidero riflettere con voi su alcuni aspettidella vita di Newman, che considero importanti per le nostre vite dicredenti e per la vita della Chiesa oggi.Permettetemi di cominciare ri-cordando che Newman, secondo il suo stesso racconto, ha ripercorsoil cammino della sua intera vita alla luce di una potente esperienza diconversione, che ebbe quando era giovane. Fu un’esperienza imme-diata della verità della Parola di Dio, dell’oggettiva realtà della rivela-zione cristiana quale era stata trasmessa nella Chiesa. Tale esperienza,al contempo religiosa e intellettuale, avrebbe ispirato la sua vocazionead essere ministro del Vangelo, il suo discernimento della sorgente di

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insegnamento autorevole nella Chiesa di Dio ed il suo zelo per il rin-novamento della vita ecclesiale nella fedeltà alla tradizione apostolica.Alla fine della vita, Newman avrebbe descritto il proprio lavoro comeuna lotta contro la tendenza crescente a considerare la religione comeun fatto puramente privato e soggettivo, una questione di opinionepersonale. Qui vi è la prima lezione che possiamo apprendere dallasua vita: ai nostri giorni, quando un relativismo intellettuale e moraleminaccia di fiaccare i fondamenti stessi della nostra società, Newmanci rammenta che, quali uomini e donne creati ad immagine e somi-glianza di Dio, siamo stati creati per conoscere la verità, per trovare inessa la nostra definitiva libertà e l’adempimento delle più profondeaspirazioni umane. In una parola, siamo stati pensati per conoscereCristo, che è Lui stesso “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6).

L’esistenza di Newman, inoltre, ci insegna che la passione per laverità, per l’onestà intellettuale e per la conversione genuina compor-tano un grande prezzo da pagare. La verità che ci rende liberi nonpuò essere trattenuta per noi stessi; esige la testimonianza, ha bisognodi essere udita, ed in fondo la sua potenza di convincere viene da es-sa stessa e non dall’umana eloquenza o dai ragionamenti nei qualipuò essere adagiata. Non lontano da qui, a Tyburn, un gran numerodi nostri fratelli e sorelle morirono per la fede; la testimonianza dellaloro fedeltà sino alla fine fu ben più potente delle parole ispirate chemolti di loro dissero prima di abbandonare ogni cosa al Signore. Nellanostra epoca, il prezzo da pagare per la fedeltà al Vangelo non è tantoquello di essere impiccati, affogati e squartati, ma spesso implica l’es-sere additati come irrilevanti, ridicolizzati o fatti segno di parodia. Etuttavia la Chiesa non si può esimere dal dovere di proclamare Cristoe il suo Vangelo quale verità salvifica, la sorgente della nostra felicitàultima come individui, e quale fondamento di una società giusta eumana.

Infine, Newman ci insegna che se abbiamo accolto la verità di Cri-sto e abbiamo impegnato la nostra vita per lui, non vi può essere se-parazione tra ciò che crediamo ed il modo in cui viviamo la nostraesistenza. Ogni nostro pensiero, parola e azione devono essere rivoltialla gloria di Dio e alla diffusione del suo Regno. Newman comprese

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questo e fu il grande campione dell’ufficio profetico del laicato cristia-no. Vide chiaramente che non dobbiamo tanto accettare la verità co-me un atto puramente intellettuale, quanto piuttosto accoglierla me-diante una dinamica spirituale che penetra sino alle più intime fibredel nostro essere. La verità non viene trasmessa semplicemente me-diante un insegnamento formale, pur importante che sia, ma anchemediante la testimonianza di vite vissute integralmente, fedelmente esantamente; coloro che vivono della e nella verità riconoscono istinti-vamente ciò che è falso e, proprio perché falso, è nemico della bel-lezza e della bontà che accompagna lo splendore della verità, veritatissplendor.

La prima lettura di stasera è la magnifica preghiera con la quale sanPaolo chiede che ci sia dato di conoscere “l’amore di Cristo che supe-ra ogni conoscenza” (cfr Ef 3,14-21). L’Apostolo prega affinché Cristodimori nei nostri cuori mediante la fede (cfr Ef 3,17) e perché possia-mo giungere a “comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, lalunghezza, l’altezza e la profondità” di quell’amore. Mediante la fedegiungiamo a vedere la parola di Dio come una lampada per i nostripassi e luce del nostro cammino (cfr Sal 119, 105). Come innumerevo-li santi che lo precedettero sulla via del discepolato cristiano, New-man insegnò che la “luce gentile” della fede ci conduce a renderciconto della verità su noi stessi, sulla nostra dignità di figli di Dio, e sulsublime destino che ci attende in cielo. Permettendo a questa lucedella fede di risplendere nei nostri cuori e abbandonandoci ad essamediante la quotidiana unione al Signore nella preghiera e nella par-tecipazione ai sacramenti della Chiesa, datori di vita, diventiamo noistessi luce per quanti ci stanno attorno; esercitiamo il nostro “ufficioprofetico”; spesso, senza saperlo, attiriamo le persone più vicino al Si-gnore ed alla sua verità. Senza la vita di preghiera, senza l’interioretrasformazione che avviene mediante la grazia dei sacramenti, nonpossiamo – con le parole di Newman – “irradiare Cristo”; diveniamosemplicemente un altro “cembalo squillante” (1Cor 13,1) in un mondogià pieno di crescente rumore e confusione, pieno di false vie checonducono solo a profondo dolore del cuore e ad illusione.

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Una delle più amate meditazioni del Cardinale contiene queste pa-role: “Dio mi ha creato per offrire a lui un certo specifico servizio. Miha affidato un certo lavoro che non ha affidato ad altri” (Meditationson Christian Doctrine). Vediamo qui il preciso realismo cristiano diNewman, il punto nel quale la fede e la vita inevitabilmente si incro-ciano. La fede è destinata a portare frutto nella trasformazione del no-stro mondo mediante la potenza dello Spirito Santo che opera nellavita e nell’attività dei credenti. Nessuno che guardi realisticamente alnostro mondo d’oggi può pensare che i cristiani possano continuare afar le cose di ogni giorno, ignorando la profonda crisi di fede che èsopraggiunta nella società, o semplicemente confidando che il patri-monio di valori trasmesso lungo i secoli cristiani possa continuare adispirare e plasmare il futuro della nostra società. Sappiamo che in tem-pi di crisi e di ribellioni Dio ha fatto sorgere grandi santi e profeti peril rinnovamento della Chiesa e della società cristiana; noi abbiamo fi-ducia nella sua provvidenza e preghiamo per la sua continua guida.Ma ciascuno di noi, secondo il proprio stato di vita, è chiamato adoperare per la diffusione del Regno di Dio impregnando la vita tem-porale dei valori del Vangelo. Ciascuno di noi ha una missione, cia-scuno è chiamato a cambiare il mondo, ad operare per una culturadella vita, una cultura forgiata dall’amore e dal rispetto per la dignitàdi ogni persona umana. Come il Signore ci insegna nel Vangelo appe-na ascoltato, la nostra luce deve risplendere al cospetto di tutti, cosìche, vedendo le nostre opere buone, possano dar gloria al nostro Pa-dre celeste (cfr Mt 5,16).

Qui desidero dire una parola speciale ai molti giovani presenti. Carigiovani amici: solo Gesù conosce quale “specifico servizio” ha inmente per voi. Siate aperti alla sua voce che risuona nel profondo delvostro cuore: anche ora il suo cuore parla al vostro cuore. Cristo habisogno di famiglie che ricordano al mondo la dignità dell’amoreumano e la bellezza della vita familiare. Egli ha bisogno di uomini edonne che dedichino la loro vita al nobile compito dell’educazione,prendendosi cura dei giovani e formandoli secondo le vie del Vange-lo. Ha bisogno di quanti consacreranno la propria vita al persegui-mento della carità perfetta, seguendolo in castità, povertà e obbedien-za, e servendoLo nel più piccolo dei nostri fratelli e sorelle. Ha biso-

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gno dell’amore potente dei religiosi contemplativi che sorreggono latestimonianza e l’attività della Chiesa mediante la loro continua ora-zione. Ed ha bisogno di sacerdoti, buoni e santi sacerdoti, uomini di-sposti a perdere la propria vita per il proprio gregge. Chiedete a Diocosa ha in mente per voi! Chiedetegli la generosità di dirgli di sì! Nonabbiate paura di donarvi interamente a Gesù. Vi darà la grazia neces-saria per adempiere alla vostra vocazione. Permettetemi di concluderequeste poche parole invitandovi ad unirvi a me il prossimo anno aMadrid per la Giornata Mondiale della Gioventù. Si tratta sempre diuna splendida occasione per crescere nell’amore per Cristo ed essereincoraggiati nella vostra gioiosa vita di fede assieme a migliaia di altrigiovani. Spero di vedere là molti di voi!

Ed ora, cari amici, continuiamo questa veglia di preghiera prepa-randoci ad incontrare Cristo, presente fra noi nel Santissimo Sacra-mento dell’Altare. Insieme, nel silenzio della nostra comune adorazio-ne, apriamo le menti ed i cuori alla sua presenza, al suo amore, allapotenza convincente della sua verità. In modo speciale, ringraziamoloper la continua testimonianza a quella verità, offerta dal CardinaleJohn Henry Newman. Confidando nelle sue preghiere, chiediamo aDio di illuminare i nostri passi e quelli della società britannica, con laluce gentile della sua verità, del suo amore, della sua pace. Amen.

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All’incontro con i Vescovi d’Inghilterra,Galles e Scozia

Cappella del Francis Martin House dell’Oscott College - BirminghamDomenica, 19 settembre 2010

Venerati Fratelli nell’Episcopato,

questo è stato un giorno di grande gioia per la comunità cattolicain queste isole. Il Beato John Henry Newman, come ora lo possiamochiamare, è stato elevato all’onore degli altari quale esempio di fe-deltà eroica al Vangelo ed un intercessore per la Chiesa in queste ter-re, che egli amò e servì così bene. Qui proprio in questa cappella nel1852, diede voce alla nuova fiducia e vitalità della comunità cattolicain Inghilterra e Galles, dopo la restaurazione della gerarchia, e le sueparole possono essere applicate pure alla Scozia, venticinque anni do-po. La sua beatificazione odierna è un ricordo della continua azionedello Spirito Santo nell’elargire doni di santità su tutta la gente dellaGran Bretagna, così che da est ad ovest e dal nord al sud, sia elevatauna perfetta oblazione di lode e di ringraziamento alla gloria del no-me di Dio.

Ringrazio il Cardinale O’Brien e l’Arcivescovo Nichols per le loroparole e, ciò facendo, mi viene alla mente quanto poco tempo è tra-scorso da quando mi è stato dato di accogliervi tutti a Roma per le vi-site Ad limina delle vostre rispettive Conferenze Episcopali. In quellaoccasione abbiamo parlato di alcune delle sfide che vi stanno innanzinel vostro guidare la gente nella fede, particolarmente circa l’urgentenecessità di proclamare il Vangelo di nuovo in un contesto altamentesecolarizzato. Nel corso della mia visita mi è apparso chiaro come, frai britannici, sia profonda la sete per la buona novella di Gesù Cristo.Siete stati scelti da Dio per offrire loro l’acqua viva del Vangelo, inco-raggiandoli a porre le proprie speranze non nelle vane lusinghe diquesto mondo, bensì nelle solide rassicurazioni del mondo futuro.Mentre annunciate la venuta del Regno, con le sue promesse di spe-ranza per i poveri ed i bisognosi, i malati e gli anziani, i non ancora

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nati e gli abbandonati, fate di tutto per presentare nella sua interezzail messaggio vivificante del Vangelo, compresi quegli elementi che sfi-dano le diffuse convinzioni della cultura odierna. Come sapete, è statodi recente costituito un Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizza-zione dei Paesi di lunga tradizione cristiana, e desidero incoraggiarviad avvalervi dei suoi servigi per affrontare i compiti che vi stanno in-nanzi. Inoltre, molti dei nuovi movimenti ecclesiali hanno un carismaparticolare per l’evangelizzazione e son certo che continuerete adesplorare vie appropriate ed efficaci per coinvolgerli nella missionedella Chiesa.

Dalla vostra visita a Roma, i cambiamenti politici nel Regno Unitohanno concentrato l’attenzione sulle conseguenze della crisi finanzia-ria, che ha causato tante privazioni ad innumerevoli persone e tantefamiglie. Lo spettro della disoccupazione sta stendendo le proprie om-bre sulla vita di molta gente, ed il costo a lungo termine di pratiched’investimento dei tempi recenti, mal consigliate, sta diventandoquantomai evidente. In tali circostanze, vi saranno ulteriori appelli allacaratteristica generosità dei cattolici britannici, e sono certo che voisarete in prima linea per esortare alla solidarietà nei confronti dei bi-sognosi. La voce profetica dei cristiani ha un ruolo importante nelmettere in evidenza i bisogni dei poveri e degli svantaggiati, che pos-sono così facilmente essere trascurati nella destinazione di risorse li-mitate. Nel documento magisteriale Choosing the Common Good, i Ve-scovi d’Inghilterra e del Galles hanno sottolineato l’importanza dellapratica della virtù nella vita pubblica. Le circostanze odierne offronouna buona opportunità per rafforzare quel messaggio, e certamenteper incoraggiare le persone ad aspirare ai valori morali più alti in ognisettore della loro vita, contro un retroterra di crescente cinismo addi-rittura circa la possibilità di una vita virtuosa.

Un altro argomento che ha ricevuto molta attenzione nei mesi tra-scorsi e che mina seriamente la credibilità morale dei responsabili del-la Chiesa è il vergogno abuso di ragazzi e di giovani da parte di sacer-doti e di religiosi. In molte occasioni ho parlato delle profonde feriteche tale comportamento ha causato, anzitutto nelle vittime ma anchenel rapporto di fiducia che dovrebbe esistere fra sacerdoti e popolo,

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fra sacerdoti e i loro Vescovi, come pure fra le autorità della Chiesa ela gente. So bene che avete fatto passi molto seri per portare rimedioa questa situazione, per assicurare che i ragazzi siano protetti in ma-niera efficace da qualsiasi danno, e per affrontare in modo appropria-to e trasparente le accuse quando esse sorgono. Avete pubblicamentefatto conoscere il vostro profondo dispiacere per quanto accaduto eper i modi spesso inadeguati con i quali, in passato, si è affrontata laquestione. La vostra crescente comprensione dell’estensione degliabusi sui ragazzi nella società, dei suoi effetti devastanti, e della ne-cessità di fornire adeguato sostegno alle vittime, dovrebbe servire daincentivo per condividere, con la società più ampia, la lezione da voiappresa. In realtà, quale via migliore potrebbe esserci se non quella difare riparazione per tali peccati avvicinandovi, in umile spirito di com-passione, ai ragazzi che soffrono anche altrove per gli abusi? Il nostrodovere di prenderci cura della gioventù esige proprio questo e nientedi meno.

Mentre riflettiamo sulla fragilità umana che questi tragici eventi ri-velano in maniera così dura, ci viene ricordato che, per essere guidecristiane efficaci, dobbiamo vivere nella più alta integrità, umiltà esantità. Come scrisse una volta il beato John Henry Newman: “CheDio ci doni dei sacerdoti che sappiano sentire la propria debolezza dipeccatori, e che il popolo li sappia compatire ed amare e pregare perla loro crescita in ogni buon dono di grazia” (Sermon, 22 marzo1829). 191). Prego che fra le grazie di questa visita vi sia un rinnovatoimpegno da parte delle guide cristiane alla vocazione profetica chehanno ricevuto, e un nuovo apprezzamento da parte del popolo per ilgrande dono del ministero ordinato. Sgorgheranno così spontanea-mente le preghiere per le vocazioni, e possiamo esser fiduciosi che ilSignore risponderà inviando operai che raccolgano l’abbondante mes-se che ha preparato in tutto il Regno Unito (cfr Mt 9,37-38). A taleproposito sono lieto di avere l’opportunità di incontrare fra poco i se-minaristi dell’Inghilterra, della Scozia e del Galles per rassicurarli dellemie preghiere, mentre si preparano a far la loro parte per raccoglierequella messe.

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Infine vorrei parlarvi di due materie specifiche che riguardano inquesto tempo il vostro ministero episcopale. Una è l’imminente pub-blicazione della nuova traduzione del Messale Romano. In questa cir-costanza desidero ringraziare tutti voi per il contributo dato, con cosìminuziosa cura, all’esercizio collegiale nella revisione e nell’approva-zione dei testi. Ciò ha fornito un immenso servizio ai cattolici di tuttoil mondo anglofono. Vi incoraggio a cogliere l’occasione che questanuova traduzione offre, per una approfondita catechesi sull’Eucaristiae per una rinnovata devozione nei modi in cui essa viene celebrata.“Quanto più viva è la fede eucaristica nel popolo di Dio, tanto piùprofonda è la sua partecipazione alla vita ecclesiale che Cristo ha affi-dato ai suoi discepoli” (Sacramentum caritatis, 6). L’altro punto losollevai in febbraio con i Vescovi dell’Inghilterra e del Galles, quandovi chiesi di essere generosi nel porre in atto la Costituzione apostolicaAnglicanorum coetibus. Questo dovrebbe essere considerato un gestoprofetico che può contribuire positivamente allo sviluppo delle rela-zioni fra anglicani e cattolici. Ci aiuta a volgere lo sguardo allo scopoultimo di ogni attività ecumenica: la restaurazione della piena comu-nione ecclesiale nel contesto della quale il reciproco scambio di donidai nostri rispettivi patrimoni spirituali, serve da arricchimento per noitutti. Continuiamo a pregare e ad operare incessantemente per affret-tare il lieto giorno in cui quel traguardo potrà essere raggiunto.

Con tali sentimenti vi ringrazio cordialmente per la vostra ospitalitàdurante questi ultimi quattro giorni. Nell’affidare voi e il popolo cheservite all’intercessione di sant’Andrea, san Davide e san Giorgio, vo-lentieri imparto la Benedizione Apostolica a voi, al clero, ai religiosi eai laici dell’Inghilterra, della Scozia e del Galles.

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All’incontro con i sacerdoti, i religiosi,le religiose e i seminaristi

Cattedrale di PalermoDomenica, 3 ottobre 2010

Venerati Fratelli nell’Episcopato,

cari fratelli e sorelle!

In questa mia visita pastorale nella vostra terra non poteva mancarel’incontro con voi. Grazie per la vostra accoglienza! Mi è piaciuto ilparallelismo, nelle parole dell’Arcivescovo, tra la bellezza della Catte-drale e quella dell’edificio di “pietre vive” che siete voi. Sì, in questobreve ma intenso momento con voi io posso ammirare il volto dellaChiesa, nella varietà dei suoi doni. E, come Successore di Pietro, ho lagioia di confermarvi nell’unica fede e nella profonda comunione cheil Signore Gesù Cristo ci ha acquistato. A Mons. Paolo Romeo esprimola mia gratitudine, e la estendo al Vescovo Ausiliare. A voi, cari pre-sbiteri di questa Arcidiocesi e di tutte le Diocesi della Sicilia, a voi, ca-ri diaconi e seminaristi, e a voi, religiosi e religiose, e laici consacrati,rivolgo il mio saluto più cordiale, e vorrei farlo arrivare a tutti i confra-telli e le consorelle della Sicilia, in modo speciale a quelli che sonomalati e molto anziani.

L’adorazione eucaristica, che abbiamo avuto la grazia e la gioia dicondividere, ci ha svelato e ci ha fatto sentire il senso profondo di ciòche siamo: membra del Corpo di Cristo che è la Chiesa. Prostrato da-vanti a Gesù, qui in mezzo a voi, gli ho chiesto di infiammare i vostricuori con la sua carità, così che siate assimilati a Lui e possiate imitar-lo nella più completa e generosa donazione alla Chiesa e ai fratelli.

Cari sacerdoti, vorrei rivolgermi prima di tutto a voi. So che lavora-te con zelo e intelligenza, senza risparmio di energie. Il Signore Gesù,al quale avete consacrato la vita, è con voi! Siate sempre uomini dipreghiera, per essere anche maestri di preghiera. Le vostre giornatesiano scandite dai tempi dell’orazione, durante i quali, sul modello di

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Gesù, vi intrattenete in colloquio rigenerante con il Padre. Non è faci-le mantenersi fedeli a questi quotidiani appuntamenti con il Signore,soprattutto oggi che il ritmo della vita si è fatto frenetico e le occupa-zioni assorbono in misura sempre maggiore. Dobbiamo tuttavia con-vincerci: il momento della preghiera è fondamentale: in essa, agiscecon più efficacia la grazia divina, dando fecondità al ministero. Tantecose ci premono, ma se non siamo interiormente in comunione conDio non possiamo dare niente neppure agli altri. Dobbiamo sempreriservare il tempo necessario per “stare con lui” (cfr Mc 3,14).

Il Concilio Vaticano II a proposito dei sacerdoti afferma: “È nel cul-to eucaristico o sinassi che essi esercitano soprattutto il loro ministerosacro” (Cost. dogm. Lumen gentium, 28). L’Eucaristia è la sorgente e ilculmine di tutta la vita cristiana. Cari fratelli sacerdoti, possiamo direche lo è per noi, per la nostra vita sacerdotale? Quale cura poniamonel prepararci alla santa Messa, nel celebrarla, nel rimanere in adora-zione? Le nostre chiese sono veramente “casa di Dio”, dove la suapresenza attira la gente, che purtroppo oggi sente spesso l’assenza diDio?

Il Sacerdote trova sempre, ed in maniera immutabile, la sorgentedella propria identità in Cristo Sacerdote. Non è il mondo a fissare ilnostro statuto, secondo i bisogni e le concezioni dei ruoli sociali. Ilprete è segnato dal sigillo del Sacerdozio di Cristo, per partecipare al-la sua funzione di unico Mediatore e Redentore. In forza di questo le-game fondamentale, si apre al sacerdote il campo immenso del servi-zio delle anime, per la loro salvezza in Cristo e nella Chiesa. Un servi-zio che deve essere completamente ispirato dalla carità di Cristo. Diovuole che tutti gli uomini siano salvi, che nessuno si perda. Diceva ilSanto Curato d’Ars: “Il sacerdote dev’essere sempre pronto a risponde-re ai bisogni delle anime. Egli non è per sé, è per voi”. Il sacerdote èper i fedeli: li anima e li sostiene nell’esercizio del sacerdozio comunedei battezzati, nel loro cammino di fede, nel coltivare la speranza, nelvivere la carità, l’amore di Cristo. Cari sacerdoti, abbiate sempre unaparticolare attenzione anche per il mondo giovanile. Come disse inquesta terra il Venerabile Giovanni Paolo II, spalancate le porte delle

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vostre parrocchie ai giovani, perché possano aprire le porte del lorocuore a Cristo! Mai le trovino chiuse!

Il Sacerdote non può restare lontano dalle preoccupazioni quotidia-ne del Popolo di Dio; anzi, deve essere vicinissimo, ma da sacerdote,sempre nella prospettiva della salvezza e del Regno di Dio. Egli è te-stimone e dispensatore di una vita diversa da quella terrena (cfr Decr.Presbyterorum Ordinis, 3). Egli è portatore di una speranza forte, diuna “speranza affidabile”, quella di Cristo, con la quale affrontare ilpresente, anche se spesso faticoso (cfr Enc. Spe salvi, 1). E’ essenzialeper la Chiesa che l’identità del sacerdote sia salvaguardata, con la suadimensione “verticale”. La vita e la personalità di san Giovanni MariaVianney, ma anche di tanti Santi della vostra terra, come sant’AnnibaleMaria di Francia, il beato Giacomo Cusmano o il beato FrancescoSpoto, ne sono una dimostrazione particolarmente illuminante e vigo-rosa.

La Chiesa di Palermo ha ricordato recentemente l’anniversario delbarbaro assassinio di Don Giuseppe Puglisi, appartenente a questopresbiterio, ucciso dalla mafia. Egli aveva un cuore che ardeva di au-tentica carità pastorale; nel suo zelante ministero ha dato largo spazioall’educazione dei ragazzi e dei giovani, ed insieme si è adoperatoperché ogni famiglia cristiana vivesse la fondamentale vocazione diprima educatrice della fede dei figli. Lo stesso popolo affidato alle suecure pastorali ha potuto abbeverarsi alla ricchezza spirituale di questobuon pastore, del quale è in corso la causa di Beatificazione. Vi esor-to a conservare viva memoria della sua feconda testimonianza sacer-dotale imitandone l’eroico esempio.

Con grande affetto mi rivolgo anche a voi, che in varie forme edistituti vivete la consacrazione a Dio in Cristo e nella Chiesa. Un parti-colare pensiero ai monaci e alle monache di clausura, il cui servizio dipreghiera è così prezioso per la Comunità ecclesiale. Cari fratelli e so-relle, continuate a seguire Gesù senza compromessi, come viene pro-posto nel Vangelo, dando così testimonianza della bellezza di esserecristiani in maniera radicale. Spetta in particolare a voi tenere viva neibattezzati la consapevolezza delle esigenze fondamentali del Vangelo.

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Infatti, la vostra stessa presenza e il vostro stile infondono alla Comu-nità ecclesiale un prezioso impulso verso la “misura alta” della vita vo-cazione cristiana; anzi potremmo dire che la vostra esistenza costitui-sce come una predicazione, assai eloquente, anche se spesso silenzio-sa. Il vostro, carissimi, è un genere di vita antico e sempre nuovo, no-nostante la diminuzione del numero e delle forze. Ma abbiate fiducia:i nostri tempi non sono quelli di Dio e della sua provvidenza. E’ ne-cessario pregare e crescere nella santità personale e comunitaria. Il Si-gnore poi provvede!

Con affetto di predilezione saluto voi, cari seminaristi, e vi esorto arispondere con generosità alla chiamata del Signore e alle attese delPopolo di Dio, crescendo nell’identificazione con Cristo, il Sommo Sa-cerdote, preparandovi alla missione con una solida formazione uma-na, spirituale, teologica e culturale. Il Seminario è quanto mai prezio-so per il vostro futuro, perché, attraverso un’esperienza completa e unlavoro paziente, vi conduce ad essere pastori d’anime e maestri di fe-de, ministri dei santi misteri e portatori della carità di Cristo. Vivetecon impegno questo tempo di grazia e conservate nel cuore la gioia elo slancio del primo momento della chiamata e del vostro “sì”, quan-do, rispondendo alla voce misteriosa di Cristo, avete dato una svoltadecisiva alla vostra vita. Siate docili alle direttive dei superiori e dei re-sponsabili della vostra crescita in Cristo, e imparate da Lui l’amore perogni figlio di Dio e della Chiesa.

Cari fratelli e sorelle, mentre vi ringrazio ancora per il vostro affet-to, vi assicuro il mio ricordo nella preghiera, perché proseguiate conrinnovato slancio e con forte speranza il cammino di fedele adesionea Cristo e di generoso servizio alla Chiesa. Vi assista sempre la VergineMaria, nostra Madre; vi proteggano santa Rosalia e tutti i Santi patronidi questa terra di Sicilia; e vi accompagni anche la Benedizione Apo-stolica, che imparto di cuore a voi e alle vostre comunità.

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All’incontro con i ragazzi e i giovanissimidell’Azione Cattolica Italiana

Piazza San PietroSabato, 30 ottobre 2010

Domanda del ragazzo ACR:

Santità, cosa significa diventare grandi? Cosa devo fare per crescereseguendo Gesù? Chi mi può aiutare?

Cari amici dell’Azione Cattolica Italiana!

Sono semplicemente felice di incontrarvi, così numerosi, su questabella piazza e vi ringrazio di cuore per il vostro affetto! A tutti voi ri-volgo il mio benvenuto. In particolare, saluto il Presidente, Prof. Fran-co Miano, e l’Assistente Generale, Mons. Domenico Sigalini. Saluto ilCardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza EpiscopaleItaliana, gli altri Vescovi, i sacerdoti, gli educatori e i genitori che han-no voluto accompagnarvi.

Allora, ho ascoltato la domanda del ragazzo dell’ACR. La rispostapiù bella su che cosa significa diventare grandi la portate scritta voitutti sulle vostre magliette, sui cappellini, sui cartelloni: “C’è di più”.Questo vostro motto, che non conoscevo, mi fa riflettere. Che cosa faun bambino per vedere se diventa grande? Confronta la sua altezzacon quella dei compagni; e immagina di diventare più alto, per sentir-si più grande. Io, quando sono stato ragazzo, alla vostra età, nella miaclasse ero uno dei più piccoli, e tanto più ho avuto il desiderio di es-sere un giorno molto grande; e non solo grande di misura, ma volevofare qualcosa di grande, di più nella mia vita, anche se non conosce-vo questa parola “c’è di più”. Crescere in altezza implica questo “c’èdi più”. Ve lo dice il vostro cuore, che desidera avere tanti amici, cheè contento quando si comporta bene, quando sa dare gioia al papà ealla mamma, ma soprattutto quando incontra un amico insuperabile,buonissimo e unico che è Gesù. Voi sapete quanto Gesù voleva beneai bambini e ai ragazzi! Un giorno tanti bambini come voi si avvicina-

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rono a Gesù, perché si era stabilita una bella intesa, e nel suo sguardocoglievano il riflesso dell’amore di Dio; ma c’erano anche degli adultiche invece si sentivano disturbati da quei bambini. Capita anche a voiche qualche volta, mentre giocate, vi divertite con gli amici, i grandivi dicono di non disturbare… Ebbene, Gesù rimprovera proprio que-gli adulti e dice loro: Lasciate qui tutti questi ragazzi, perché hannonel cuore il segreto del Regno di Dio. Così Gesù ha insegnato agliadulti che anche voi siete “grandi” e che gli adulti devono custodirequesta grandezza, che è quella di avere un cuore che vuole bene aGesù. Cari bambini, cari ragazzi: essere “grandi” vuol dire amare tantoGesù, ascoltarlo e parlare con Lui nella preghiera, incontrarlo nei Sa-cramenti, nella Santa Messa, nella Confessione; vuole dire conoscerlosempre di più e anche farlo conoscere agli altri, vuol dire stare con gliamici, anche i più poveri, gli ammalati, per crescere insieme. E l’ACRè proprio parte di quel “di più”, perché non siete soli a voler bene aGesù - siete in tanti, lo vediamo anche questa mattina! -, ma vi aiutategli uni gli altri; perché non volete lasciare che nessun amico sia solo,ma a tutti volete dire forte che è bello avere Gesù come amico ed èbello essere amici di Gesù; ed è bello esserlo insieme, aiutati dai vo-stri genitori, sacerdoti, animatori! Così diventate grandi davvero, nonsolo perché la vostra altezza aumenta, ma perché il vostro cuore siapre alla gioia e all’amore che Gesù vi dona. E così si apre alla veragrandezza, stare nel grande amore di Dio, che è anche sempre amoredegli amici. Speriamo e preghiamo di crescere in questo senso, di tro-vare il “di più” e di essere veramente persone con un cuore grande,con un Amico grande che dà la sua grandezza anche a noi. Grazie.

Domanda della giovanissima:

Santità, i nostri educatori dell’Azione Cattolica ci dicono che per di-ventare grandi occorre imparare ad amare, ma spesso noi ci per-diamo e soffriamo nelle nostre relazioni, nelle nostre amicizie, neinostri primi amori. Ma cosa significa amare fino in fondo? Comepossiamo imparare ad amare davvero?

Una grande questione. E’ molto importante, direi fondamentale im-parare ad amare, amare veramente, imparare l’arte del vero amore!

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Nell’adolescenza ci si ferma davanti allo specchio e ci si accorge chesi sta cambiando. Ma fino a quando si continua a guardare se stessi,non si diventa mai grandi! Diventate grandi quando non permettetepiù allo specchio di essere l’unica verità di voi stessi, ma quando lalasciate dire a quelli che vi sono amici. Diventate grandi se siete capa-ci di fare della vostra vita un dono agli altri, non di cercare se stessi,ma di dare se stessi agli altri: questa è la scuola dell’amore. Questoamore, però, deve portarsi dentro quel “di più” che oggi gridate a tut-ti. “C’è di più”! Come vi ho già detto, anch’io nella mia giovinezza vo-levo qualcosa di più di quello che mi presentava la società e la men-talità del tempo. Volevo respirare aria pura, soprattutto desideravo unmondo bello e buono, come lo aveva voluto per tutti il nostro Dio, ilPadre di Gesù. E ho capito sempre di più che il mondo diventa belloe diventa buono se si conosce questa volontà di Dio e se il mondo èin corrispondenza con questa volontà di Dio, che è la vera luce, labellezza, l’amore che dà senso al mondo.

E’ proprio vero: voi non potete e non dovete adattarvi ad un amoreridotto a merce di scambio, da consumare senza rispetto per sé e pergli altri, incapace di castità e di purezza. Questa non è libertà. Molto“amore” proposto dai media, in internet, non è amore, ma è egoismo,chiusura, vi dà l’illusione di un momento, ma non vi rende felici, nonvi fa grandi, vi lega come una catena che soffoca i pensieri e i senti-menti più belli, gli slanci veri del cuore, quella forza insopprimibileche è l’amore e che trova in Gesù la sua massima espressione e nelloSpirito Santo la forza e il fuoco che incendia le vostre vite, i vostripensieri, i vostri affetti. Certo costa anche sacrificio vivere in modo ve-ro l’amore - senza rinunce non si arriva a questa strada - ma sono si-curo che voi non avete paura della fatica di un amore impegnativo eautentico, E’ l’unico che, in fin dei conti, dà la vera gioia! C’è una pro-va che vi dice se il vostro amore sta crescendo bene: se non escludetedalla vostra vita gli altri, soprattutto i vostri amici che soffrono e sonosoli, le persone in difficoltà, e se aprite il vostro cuore al grande Ami-co che è Gesù. Anche l’Azione Cattolica vi insegna le strade per impa-rare l’amore autentico: la partecipazione alla vita della Chiesa, dellavostra comunità cristiana, il voler bene ai vostri amici del gruppo diACR, di AC, la disponibilità verso i coetanei che incontrate a scuola,

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in parrocchia o in altri ambienti, la compagnia della Madre di Gesù,Maria, che sa custodire il vostro cuore e guidarvi nella via del bene.Del resto, nell’Azione Cattolica, avete tanti esempi di amore genuino,bello, vero: il beato Pier Giorgio Frassati, il beato Alberto Marvelli;amore che arriva anche al sacrificio della vita, come la beata PierinaMorosini e la beata Antonia Mesina.

Giovanissimi di Azione Cattolica, aspirate a mete grandi, perchéDio ve ne dà la forza. Il “di più” è essere ragazzi e giovanissimi chedecidono di amare come Gesù, di essere protagonisti della propria vi-ta, protagonisti nella Chiesa, testimoni della fede tra i vostri coetanei.Il “di più” è la formazione umana e cristiana che sperimentate in AC,che unisce la vita spirituale, la fraternità, la testimonianza pubblicadella fede, la comunione ecclesiale, l’amore per la Chiesa, la collabo-razione con i Vescovi e i sacerdoti, l’amicizia spirituale. “Diventaregrandi insieme” dice l’importanza di far parte di un gruppo e di unacomunità che vi aiutano a crescere, a scoprire la vostra vocazione e aimparare il vero amore. Grazie.

Domanda dell’educatrice:

Santità, cosa significa oggi essere educatori? Come affrontare le dif-ficoltà che incontriamo nel nostro servizio? E come fare in modoche siano tutti a prendersi cura del presente e del futuro delle nuovegenerazioni? Grazie.

Una grande domanda. Lo vediamo in questa situazione del proble-ma dell’educazione. Direi che essere educatori significa avere unagioia nel cuore e comunicarla a tutti per rendere bella e buona la vita;significa offrire ragioni e traguardi per il cammino della vita, offrire labellezza della persona di Gesù e far innamorare di Lui, del suo stile divita, della sua libertà, del suo grande amore pieno di fiducia in DioPadre. Significa soprattutto tenere sempre alta la meta di ogni esisten-za verso quel “di più” che ci viene da Dio. Questo esige una cono-scenza personale di Gesù, un contatto personale, quotidiano, amore-vole con Lui nella preghiera, nella meditazione sulla Parola di Dio,nella fedeltà ai Sacramenti, all’Eucaristia, alla Confessione; esige di co-municare la gioia di essere nella Chiesa, di avere amici con cui condi-

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videre non solo le difficoltà, ma anche le bellezze e le sorprese dellavita di fede.

Voi sapete bene che non siete padroni dei ragazzi, ma servitori del-la loro gioia a nome di Gesù, guide verso di Lui. Avete ricevuto ilmandato dalla Chiesa per questo compito. Quando aderite all’AzioneCattolica dite a voi stessi e a tutti che amate la Chiesa, che siete dispo-sti ad essere corresponsabili con i Pastori della sua vita e della suamissione, in un’associazione che si spende per il bene delle persone,per i loro e vostri cammini di santità, per la vita delle comunità cristia-ne nella quotidianità della loro missione. Voi siete dei buoni educatorise sapete coinvolgere tutti per il bene dei più giovani. Non potete es-sere autosufficienti, ma dovete far sentire l’urgenza dell’educazionedelle giovani generazioni a tutti i livelli. Senza la presenza della fami-glia, ad esempio, rischiate di costruire sulla sabbia; senza una collabo-razione con la scuola non si forma un’intelligenza profonda della fe-de; senza un coinvolgimento dei vari operatori del tempo libero e del-la comunicazione la vostra opera paziente rischia di non essere effica-ce, di non incidere sulla vita quotidiana. Io sono sicuro che l’AzioneCattolica è ben radicata nel territorio e ha il coraggio di essere sale eluce. La vostra presenza qui, stamattina, dice non solo a me, ma a tuttiche è possibile educare, che è faticoso ma bello dare entusiasmo airagazzi e ai giovanissimi. Abbiate il coraggio, vorrei dire l’audacia dinon lasciare nessun ambiente privo di Gesù, della sua tenerezza chefate sperimentare a tutti, anche ai più bisognosi e abbandonati, con lavostra missione di educatori.

Cari amici, alla fine vi ringrazio per aver partecipato a questo in-contro. Mi piacerebbe fermarmi ancora con voi, perché quando sonoin mezzo a tanta gioia ed entusiasmo, anche io sono pieno di gioia,mi sento ringiovanito! Ma purtroppo il tempo passa veloce, mi aspet-tano altri. Ma col cuore sono con voi e rimango con voi! E vi invito,cari amici, a continuare nel vostro cammino, ad essere fedeli all’iden-tità e alla finalità dell’Azione Cattolica. La forza dell’amore di Dio puòcompiere in voi grandi cose. Vi assicuro che mi ricordo di tutti nellamia preghiera e vi affido alla materna intercessione della Vergine Ma-ria, Madre della Chiesa, perché come lei possiate testimoniare che “c’è

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di più”, la gioia della vita piena della presenza del Signore. Grazie atutti voi di cuore!

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Pasqua 2010

“CANTEMUS DOMINO: GLORIOSE ENIM MAGNIFICATUS EST”.“CANTIAMO AL SIGNORE: È VERAMENTE GLORIOSO!”

(Liturgia delle Ore, Pasqua, Ufficio di Lettura, Ant. 1)

Cari fratelli e sorelle!

Vi reco l’annuncio della Pasqua con queste parole della Liturgia,che riecheggiano l’antichissimo inno di lode degli ebrei dopo il pas-saggio del Mar Rosso. Narra il Libro dell’Esodo (cfr 15,19-21) chequando ebbero attraversato il mare all’asciutto e videro gli egizianisommersi dalle acque, Miriam – la sorella di Mosè e di Aronne – e lealtre donne intonarono danzando questo canto di esultanza: “Cantateal Signore, / perché ha mirabilmente trionfato: / cavallo e cavaliere /ha gettato nel mare!”. I cristiani, in tutto il mondo, ripetono questocantico nella Veglia pasquale, ed una speciale preghiera ne spiega ilsignificato; una preghiera che ora, nella piena luce della Risurrezione,con gioia facciamo nostra: “O Dio, anche ai nostri tempi vediamo ri-splendere i tuoi antichi prodigi: ciò che facesti con la tua mano poten-te per liberare un solo popolo dall’oppressione del faraone, ora locompi attraverso l’acqua del Battesimo per la salvezza di tutti i popoli;concedi che l’umanità intera sia accolta tra i figli di Abramo e parteci-pi alla dignità del popolo eletto”.

Il Vangelo ci ha rivelato il compimento delle antiche figure: con lasua morte e risurrezione, Gesù Cristo ha liberato l’uomo dalla schia-vitù radicale, quella del peccato, e gli ha aperto la strada verso la veraTerra promessa, il Regno di Dio, Regno universale di giustizia, di amo-re e di pace. Questo “esodo” avviene prima di tutto dentro l’uomostesso, e consiste in una nuova nascita nello Spirito Santo, effetto delBattesimo che Cristo ci ha donato proprio nel mistero pasquale. L’uo-mo vecchio lascia il posto all’uomo nuovo; la vita di prima è alle spal-le, si può camminare in una vita nuova (cfr Rm 6,4). Ma l’“esodo” spi-rituale è principio di una liberazione integrale, capace di rinnovareogni dimensione umana, personale e sociale.

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Sì, fratelli, la Pasqua è la vera salvezza dell’umanità! Se Cristo – l’A-gnello di Dio – non avesse versato il suo Sangue per noi, non avrem-mo alcuna speranza, il destino nostro e del mondo intero sarebbe ine-vitabilmente la morte. Ma la Pasqua ha invertito la tendenza: la Risur-rezione di Cristo è una nuova creazione, come un innesto che può ri-generare tutta la pianta. E’ un avvenimento che ha modificato l’orien-tamento profondo della storia, sbilanciandola una volta per tutte dallaparte del bene, della vita, del perdono. Siamo liberi, siamo salvi! Eccoperché dall’intimo del cuore esultiamo: “Cantiamo al Signore: è vera-mente glorioso!”.

Il popolo cristiano, uscito dalle acque del Battesimo, è inviato intutto il mondo a testimoniare questa salvezza, a portare a tutti il fruttodella Pasqua, che consiste in una vita nuova, liberata dal peccato e re-stituita alla sua bellezza originaria, alla sua bontà e verità. Continua-mente, nel corso di duemila anni, i cristiani – specialmente i santi –hanno fecondato la storia con l’esperienza viva della Pasqua. La Chie-sa è il popolo dell’esodo, perché costantemente vive il mistero pa-squale e diffonde la sua forza rinnovatrice in ogni tempo e in ogniluogo. Anche ai nostri giorni l’umanità ha bisogno di un “esodo”, nondi aggiustamenti superficiali, ma di una conversione spirituale e mora-le. Ha bisogno della salvezza del Vangelo, per uscire da una crisi cheè profonda e come tale richiede cambiamenti profondi, a partire dallecoscienze.

Al Signore Gesù chiedo che in Medio Oriente, ed in particolare nel-la Terra santificata dalla sua morte e risurrezione, i Popoli compianoun “esodo” vero e definitivo dalla guerra e dalla violenza alla pace edalla concordia. Alle comunità cristiane, che, specialmente in Iraq, co-noscono prove e sofferenze, il Risorto ripeta la parola carica di conso-lazione e di incoraggiamento che rivolse agli Apostoli nel Cenacolo:“Pace a voi!” (Gv 20,21).

Per quei Paesi Latino-americani e dei Caraibi che sperimentano unapericolosa recrudescenza dei crimini legati al narcotraffico, la Pasquadi Cristo segni la vittoria della convivenza pacifica e del rispetto per ilbene comune. La diletta popolazione di Haiti, devastata dall’immane

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tragedia del terremoto, compia il suo “esodo” dal lutto e dalla dispera-zione ad una nuova speranza, sostenuta dalla solidarietà internaziona-le. Gli amati cittadini cileni, prostrati da un’altra grave catastrofe, masorretti dalla fede, affrontino con tenacia l’opera di ricostruzione.

Nella forza di Gesù risorto, in Africa si ponga fine ai conflitti checontinuano a provocare distruzione e sofferenze e si raggiunga quellapace e quella riconciliazione che sono garanzie di sviluppo. In parti-colare, affido al Signore il futuro della Repubblica Democratica delCongo, della Guinea e della Nigeria.

Il Risorto sostenga i cristiani che, per la loro fede, soffrono la per-secuzione e persino la morte, come in Pakistan. Ai Paesi afflitti dal ter-rorismo e dalle discriminazioni sociali o religiose, Egli conceda la for-za di intraprendere percorsi di dialogo e di convivenza serena. Ai re-sponsabili di tutte le Nazioni, la Pasqua di Cristo rechi luce e forza,perché l’attività economica e finanziaria sia finalmente impostata se-condo criteri di verità, di giustizia e di aiuto fraterno. La potenza salvi-fica della risurrezione di Cristo investa tutta l’umanità, affinché essasuperi le molteplici e tragiche espressioni di una “cultura di morte”che tende a diffondersi, per edificare un futuro di amore e di verità, incui ogni vita umana sia rispettata ed accolta.

Cari fratelli e sorelle! La Pasqua non opera alcuna magia. Come aldi là del Mar Rosso gli ebrei trovarono il deserto, così la Chiesa, dopola Risurrezione, trova sempre la storia con le sue gioie e le sue spe-ranze, i suoi dolori e le sue angosce. E tuttavia, questa storia è cam-biata, è segnata da un’alleanza nuova ed eterna, è realmente aperta alfuturo. Per questo, salvati nella speranza, proseguiamo il nostro pelle-grinaggio, portando nel cuore il canto antico e sempre nuovo: “Can-tiamo al Signore: è veramente glorioso!”.

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Per la Giornata Mondialedel Migrante e del Rifugiato (2010)

"I MIGRANTI E I RIFUGIATI MINORENNI"

Cari fratelli e sorelle,

la celebrazione della Giornata del Migrante e del Rifugiato mi offrenuovamente l'occasione di manifestare la costante sollecitudine che laChiesa nutre verso coloro che vivono, in vari modi, l'esperienza dell'e-migrazione. Si tratta di un fenomeno che, come ho scritto nell'Encicli-ca Caritas in veritate, impressiona per il numero di persone coinvolte,per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religio-se che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità na-zionali e a quella internazionale. Il migrante è una persona umanacon diritti fondamentali inalienabili da rispettare sempre e da tutti (cfrn. 62). Il tema di quest'anno - "I migranti e i rifugiati minorenni" toc-ca un aspetto che i cristiani valutano con grande attenzione, memoridel monito di Cristo, il quale nel giudizio finale considererà riferito aLui stesso tutto ciò che è stato fatto o negato "a uno solo di questi piùpiccoli" (cfr Mt 25, 40.45). E come non considerare tra "i più piccoli"anche i minori migranti e rifugiati? Gesù stesso da bambino ha vissutol'esperienza del migrante perché, come narra il Vangelo, per sfuggirealle minacce di Erode dovette rifugiarsi in Egitto insieme a Giuseppe eMaria (cfr Mt 2,14).

Se la Convenzione dei Diritti del Bambino afferma con chiarezzache va sempre salvaguardato l'interesse del minore (cfr art. 3), al qua-le vanno riconosciuti i diritti fondamentali della persona al pari dell'a-dulto, purtroppo nella realtà questo non sempre avviene. Infatti, men-tre cresce nell'opinione pubblica la consapevolezza della necessità diun'azione puntuale e incisiva a protezione dei minori, di fatto tanti so-no lasciati in abbandono e, in vari modi, si ritrovano a rischio di sfrut-tamento. Della drammatica condizione in cui essi versano, si è fattointerprete il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II nel messag-gio inviato il 22 settembre del 1990 al Segretario Generale delle Nazio-

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ni Unite, in occasione del Vertice Mondiale per i Bambini. "Sono testi-mone - egli scrisse - della straziante condizione di milioni di bambinidi ogni continente. Essi sono più vulnerabili perché meno capaci difar sentire la loro voce" (Insegnamenti XIII, 2, 1990, p. 672). Auspicodi cuore che si riservi la giusta attenzione ai migranti minorenni, biso-gnosi di un ambiente sociale che consenta e favorisca il loro sviluppofisico, culturale, spirituale e morale. Vivere in un paese straniero sen-za effettivi punti di riferimento crea ad essi, specialmente a quelli prividell'appoggio della famiglia, innumerevoli e talora gravi disagi e diffi-coltà.

Un aspetto tipico della migrazione minorile è costituito dalla situa-zione dei ragazzi nati nei paesi ospitanti oppure da quella dei figli chenon vivono con i genitori emigrati dopo la loro nascita, ma li raggiun-gono successivamente. Questi adolescenti fanno parte di due culturecon i vantaggi e le problematiche connesse alla loro duplice apparte-nenza, condizione questa che tuttavia può offrire l'opportunità di spe-rimentare la ricchezza dell'incontro tra differenti tradizioni culturali. Èimportante che ad essi sia data la possibilità della frequenza scolasticae del successivo inserimento nel mondo del lavoro e che ne vada faci-litata l'integrazione sociale grazie a opportune strutture formative e so-ciali. Non si dimentichi mai che l'adolescenza rappresenta una tappafondamentale per la formazione dell'essere umano.

Una particolare categoria di minori è quella dei rifugiati che chie-dono asilo, fuggendo per varie ragioni dal proprio paese, dove non ri-cevono adeguata protezione. Le statistiche rivelano che il loro numeroè in aumento. Si tratta dunque di un fenomeno da valutare con atten-zione e da affrontare con azioni coordinate, con misure di prevenzio-ne, di protezione e di accoglienza adatte, secondo quanto prevedeanche la stessa Convenzione dei Diritti del Bambino (cfr art. 22).

Mi rivolgo ora particolarmente alle parrocchie e alle molte associa-zioni cattoliche che, animate da spirito di fede e di carità, compionograndi sforzi per venire incontro alle necessità di questi nostri fratelli esorelle. Mentre esprimo gratitudine per quanto si sta facendo congrande generosità, vorrei invitare tutti i cristiani a prendere consape-

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volezza della sfida sociale e pastorale che pone la condizione dei mi-nori migranti e rifugiati. Risuonano nel nostro cuore le parole di Gesù:"Ero forestiero e mi avete ospitato" (Mt 25,35), come pure il comanda-mento centrale che Egli ci ha lasciato: amare Dio con tutto il cuore,con tutta l'anima e con tutta la mente, ma unito all'amore al prossimo(cfr Mt 22,37-39). Questo ci porta a considerare che ogni nostro con-creto intervento deve nutrirsi prima di tutto di fede nell'azione dellagrazia e della Provvidenza divina. In tal modo anche l'accoglienza e lasolidarietà verso lo straniero, specialmente se si tratta di bambini, di-viene annuncio del Vangelo della solidarietà. La Chiesa lo proclamaquando apre le sue braccia e opera perché siano rispettati i diritti deimigranti e dei rifugiati, stimolando i responsabili delle Nazioni, degliOrganismi e delle istituzioni internazionali perché promuovano oppor-tune iniziative a loro sostegno. Vegli su tutti materna la Beata VergineMaria e ci aiuti a comprendere le difficoltà di quanti sono lontani dallapropria patria. A quanti sono coinvolti nel vasto mondo dei migranti erifugiati assicuro la mia preghiera e imparto di cuore la BenedizioneApostolica.

Dal Vaticano, 16 ottobre 2009

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Ai Seminaristi

Cari Seminaristi,

nel dicembre 1944, quando fui chiamato al servizio militare, il co-mandante di compagnia domandò a ciascuno di noi a quale professio-ne aspirasse per il futuro. Risposi di voler diventare sacerdote cattoli-co. Il sottotenente replicò: Allora Lei deve cercarsi qualcos’altro. Nellanuova Germania non c’è più bisogno di preti. Sapevo che questa“nuova Germania” era già alla fine, e che dopo le enormi devastazioniportate da quella follia sul Paese, ci sarebbe stato bisogno più che maidi sacerdoti. Oggi, la situazione è completamente diversa. In vari mo-di, però, anche oggi molti pensano che il sacerdozio cattolico non siauna “professione” per il futuro, ma che appartenga piuttosto al passa-to. Voi, cari amici, vi siete decisi ad entrare in seminario, e vi siete,quindi, messi in cammino verso il ministero sacerdotale nella ChiesaCattolica, contro tali obiezioni e opinioni. Avete fatto bene a farlo.Perché gli uomini avranno sempre bisogno di Dio, anche nell’epocadel dominio tecnico del mondo e della globalizzazione: del Dio che cisi è mostrato in Gesù Cristo e che ci raduna nella Chiesa universale,per imparare con Lui e per mezzo di Lui la vera vita e per tenere pre-senti e rendere efficaci i criteri della vera umanità. Dove l’uomo nonpercepisce più Dio, la vita diventa vuota; tutto è insufficiente. L’uomocerca poi rifugio nell’ebbrezza o nella violenza, dalla quale proprio lagioventù viene sempre più minacciata. Dio vive. Ha creato ognuno dinoi e conosce, quindi, tutti. È così grande che ha tempo per le nostrepiccole cose: “I capelli del vostro capo sono tutti contati”. Dio vive, eha bisogno di uomini che esistono per Lui e che Lo portano agli altri.Sì, ha senso diventare sacerdote: il mondo ha bisogno di sacerdoti, dipastori, oggi, domani e sempre, fino a quando esisterà.

Il seminario è una comunità in cammino verso il servizio sacerdota-le. Con ciò, ho già detto qualcosa di molto importante: sacerdoti nonsi diventa da soli. Occorre la “comunità dei discepoli”, l’insieme di co-loro che vogliono servire la comune Chiesa. Con questa lettera vorrei

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evidenziare – anche guardando indietro al mio tempo in seminario –qualche elemento importante per questi anni del vostro essere incammino.

1. Chi vuole diventare sacerdote, dev’essere soprattutto un “uomodi Dio”, come lo descrive san Paolo (1 Tm 6,11). Per noi Dio non èun’ipotesi distante, non è uno sconosciuto che si è ritirato dopo il “bigbang”. Dio si è mostrato in Gesù Cristo. Nel volto di Gesù Cristo ve-diamo il volto di Dio. Nelle sue parole sentiamo Dio stesso parlarecon noi. Perciò la cosa più importante nel cammino verso il sacerdo-zio e durante tutta la vita sacerdotale è il rapporto personale con Dioin Gesù Cristo. Il sacerdote non è l’amministratore di una qualsiasi as-sociazione, di cui cerca di mantenere e aumentare il numero deimembri. È il messaggero di Dio tra gli uomini. Vuole condurre a Dioe così far crescere anche la vera comunione degli uomini tra di loro.Per questo, cari amici, è tanto importante che impariate a vivere incontatto costante con Dio. Quando il Signore dice: “Pregate in ognimomento”, naturalmente non ci chiede di dire continuamente paroledi preghiera, ma di non perdere mai il contatto interiore con Dio.Esercitarsi in questo contatto è il senso della nostra preghiera. Perciòè importante che il giorno incominci e si concluda con la preghiera.Che ascoltiamo Dio nella lettura della Scrittura. Che gli diciamo i no-stri desideri e le nostre speranze, le nostre gioie e sofferenze, i nostrierrori e il nostro ringraziamento per ogni cosa bella e buona, e che inquesto modo Lo abbiamo sempre davanti ai nostri occhi come puntodi riferimento della nostra vita. Così diventiamo sensibili ai nostri erro-ri e impariamo a lavorare per migliorarci; ma diventiamo sensibili an-che a tutto il bello e il bene che riceviamo ogni giorno come cosa ov-via, e così cresce la gratitudine. Con la gratitudine cresce la gioia peril fatto che Dio ci è vicino e possiamo servirlo.

2. Dio non è solo una parola per noi. Nei Sacramenti Egli si dona anoi in persona, attraverso cose corporali. Il centro del nostro rapportocon Dio e della configurazione della nostra vita è l’Eucaristia. Cele-brarla con partecipazione interiore e incontrare così Cristo in persona,dev’essere il centro di tutte le nostre giornate. San Cipriano ha inter-pretato la domanda del Vangelo: “Dacci oggi il nostro pane quotidia-

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no”, dicendo, tra l’altro, che “nostro” pane, il pane che possiamo rice-vere da cristiani nella Chiesa, è il Signore eucaristico stesso. Nella do-manda del Padre Nostro preghiamo quindi che Egli ci doni ogni gior-no questo “nostro” pane; che esso sia sempre il cibo della nostra vita.Che il Cristo risorto, che si dona a noi nell’Eucaristia, plasmi davverotutta la nostra vita con lo splendore del suo amore divino. Per la rettacelebrazione eucaristica è necessario anche che impariamo a conosce-re, capire e amare la liturgia della Chiesa nella sua forma concreta.Nella liturgia preghiamo con i fedeli di tutti i secoli – passato, presen-te e futuro si congiungono in un unico grande coro di preghiera. Co-me posso affermare per il mio cammino personale, è una cosa entu-siasmante imparare a capire man mano come tutto ciò sia cresciuto,quanta esperienza di fede ci sia nella struttura della liturgia della Mes-sa, quante generazioni l’abbiano formata pregando.

3. Anche il sacramento della Penitenza è importante. Mi insegna aguardarmi dal punto di vista di Dio, e mi costringe ad essere onestonei confronti di me stesso. Mi conduce all’umiltà. Il Curato d’Ars hadetto una volta: Voi pensate che non abbia senso ottenere l’assoluzio-ne oggi, pur sapendo che domani farete di nuovo gli stessi peccati.Ma – così dice – Dio stesso dimentica al momento i vostri peccati didomani, per donarvi la sua grazia oggi. Benché abbiamo da combatte-re continuamente con gli stessi errori, è importante opporsi all’abbru-timento dell’anima, all’indifferenza che si rassegna al fatto di esserefatti così. È importante restare in cammino, senza scrupolosità, nellaconsapevolezza riconoscente che Dio mi perdona sempre di nuovo.Ma anche senza indifferenza, che non farebbe più lottare per la san-tità e per il miglioramento. E, nel lasciarmi perdonare, imparo anche aperdonare gli altri. Riconoscendo la mia miseria, divento anche piùtollerante e comprensivo nei confronti delle debolezze del prossimo.

4. Mantenete pure in voi la sensibilità per la pietà popolare, che èdiversa in tutte le culture, ma che è pur sempre molto simile, perché ilcuore dell’uomo alla fine è lo stesso. Certo, la pietà popolare tende al-l’irrazionalità, talvolta forse anche all’esteriorità. Eppure, escluderla èdel tutto sbagliato. Attraverso di essa, la fede è entrata nel cuore degliuomini, è diventata parte dei loro sentimenti, delle loro abitudini, del

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loro comune sentire e vivere. Perciò la pietà popolare è un grandepatrimonio della Chiesa. La fede si è fatta carne e sangue. Certamentela pietà popolare dev’essere sempre purificata, riferita al centro, mamerita il nostro amore, ed essa rende noi stessi in modo pienamentereale “Popolo di Dio”.

5. Il tempo in seminario è anche e soprattutto tempo di studio. Lafede cristiana ha una dimensione razionale e intellettuale che le è es-senziale. Senza di essa la fede non sarebbe se stessa. Paolo parla diuna “forma di insegnamento”, alla quale siamo stati affidati nel battesi-mo (Rm 6,17). Voi tutti conoscete la parola di San Pietro, consideratadai teologi medioevali la giustificazione per una teologia razionale escientificamente elaborata: “Pronti sempre a rispondere a chiunque vidomandi ‘ragione’ (logos) della speranza che è in voi” (1 Pt 3,15). Im-parare la capacità di dare tali risposte, è uno dei principali compiti de-gli anni di seminario. Posso solo pregarvi insistentemente: Studiatecon impegno! Sfruttate gli anni dello studio! Non ve ne pentirete. Cer-to, spesso le materie di studio sembrano molto lontane dalla praticadella vita cristiana e dal servizio pastorale. Tuttavia è completamentesbagliato porre sempre subito la domanda pragmatica: Mi potrà servi-re questo in futuro? Sarà di utilità pratica, pastorale? Non si tratta ap-punto soltanto di imparare le cose evidentemente utili, ma di conosce-re e comprendere la struttura interna della fede nella sua totalità, cosìche essa diventi risposta alle domande degli uomini, i quali cambiano,dal punto di vista esteriore, di generazione in generazione, e tuttaviarestano in fondo gli stessi. Perciò è importante andare oltre le mutevo-li domande del momento per comprendere le domande vere e pro-prie e capire così anche le risposte come vere risposte. È importanteconoscere a fondo la Sacra Scrittura interamente, nella sua unità diAntico e Nuovo Testamento: la formazione dei testi, la loro peculiaritàletteraria, la graduale composizione di essi fino a formare il canonedei libri sacri, l’interiore unità dinamica che non si trova in superficie,ma che sola dà a tutti i singoli testi il loro significato pieno. È impor-tante conoscere i Padri e i grandi Concili, nei quali la Chiesa ha assi-milato, riflettendo e credendo, le affermazioni essenziali della Scrittu-ra. Potrei continuare in questo modo: ciò che chiamiamo dogmatica èil comprendere i singoli contenuti della fede nella loro unità, anzi,

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nella loro ultima semplicità: ogni singolo particolare è alla fine solodispiegamento della fede nell’unico Dio, che si è manifestato e si ma-nifesta a noi. Che sia importante conoscere le questioni essenziali del-la teologia morale e della dottrina sociale cattolica, non ho bisogno didirlo espressamente. Quanto importante sia oggi la teologia ecumeni-ca, il conoscere le varie comunità cristiane, è evidente; parimenti lanecessità di un orientamento fondamentale sulle grandi religioni, enon da ultima la filosofia: la comprensione del cercare e domandareumano, al quale la fede vuol dare risposta. Ma imparate anche a com-prendere e - oso dire – ad amare il diritto canonico nella sua necessitàintrinseca e nelle forme della sua applicazione pratica: una societàsenza diritto sarebbe una società priva di diritti. Il diritto è condizionedell’amore. Ora non voglio continuare ad elencare, ma solo dire anco-ra una volta: amate lo studio della teologia e seguitelo con attentasensibilità per ancorare la teologia alla comunità viva della Chiesa, laquale, con la sua autorità, non è un polo opposto alla scienza teologi-ca, ma il suo presupposto. Senza la Chiesa che crede, la teologiasmette di essere se stessa e diventa un insieme di diverse disciplinesenza unità interiore.

6. Gli anni nel seminario devono essere anche un tempo di matura-zione umana. Per il sacerdote, il quale dovrà accompagnare altri lun-go il cammino della vita e fino alla porta della morte, è importanteche egli stesso abbia messo in giusto equilibrio cuore e intelletto, ra-gione e sentimento, corpo e anima, e che sia umanamente “integro”.La tradizione cristiana, pertanto, ha sempre collegato con le “virtù teo-logali” anche le “virtù cardinali”, derivate dall’esperienza umana e dal-la filosofia, e in genere la sana tradizione etica dell’umanità. Paolo lodice ai Filippesi in modo molto chiaro: “In conclusione, fratelli, quelloche è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è pu-ro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciòche merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri” (4,8). Di que-sto contesto fa parte anche l’integrazione della sessualità nell’insiemedella personalità. La sessualità è un dono del Creatore, ma anche uncompito che riguarda lo sviluppo del proprio essere umano. Quandonon è integrata nella persona, la sessualità diventa banale e distruttivaallo stesso tempo. Oggi vediamo questo in molti esempi nella nostra

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società. Di recente abbiamo dovuto constatare con grande dispiacereche sacerdoti hanno sfigurato il loro ministero con l’abuso sessuale dibambini e giovani. Anziché portare le persone ad un’umanità maturaed esserne l’esempio, hanno provocato, con i loro abusi, distruzioni dicui proviamo profondo dolore e rincrescimento. A causa di tutto ciòpuò sorgere la domanda in molti, forse anche in voi stessi, se sia benefarsi prete; se la via del celibato sia sensata come vita umana. L’abuso,però, che è da riprovare profondamente, non può screditare la missio-ne sacerdotale, la quale rimane grande e pura. Grazie a Dio, tutti co-nosciamo sacerdoti convincenti, plasmati dalla loro fede, i quali testi-moniano che in questo stato, e proprio nella vita celibataria, si puògiungere ad un’umanità autentica, pura e matura. Ciò che è accaduto,però, deve renderci più vigilanti e attenti, proprio per interrogare ac-curatamente noi stessi, davanti a Dio, nel cammino verso il sacerdo-zio, per capire se ciò sia la sua volontà per me. È compito dei padriconfessori e dei vostri superiori accompagnarvi e aiutarvi in questopercorso di discernimento. È un elemento essenziale del vostro cam-mino praticare le virtù umane fondamentali, con lo sguardo rivolto alDio manifestato in Cristo, e lasciarsi, sempre di nuovo, purificare daLui.

7. Oggi gli inizi della vocazione sacerdotale sono più vari e diversiche in anni passati. La decisione per il sacerdozio si forma oggi spes-so nelle esperienze di una professione secolare già appresa. Crescespesso nelle comunità, specialmente nei movimenti, che favorisconoun incontro comunitario con Cristo e la sua Chiesa, un’esperienza spi-rituale e la gioia nel servizio della fede. La decisione matura anche inincontri del tutto personali con la grandezza e la miseria dell’essereumano. Così i candidati al sacerdozio vivono spesso in continenti spi-rituali completamente diversi. Potrà essere difficile riconoscere gli ele-menti comuni del futuro mandato e del suo itinerario spirituale. Pro-prio per questo il seminario è importante come comunità in camminoal di sopra delle varie forme di spiritualità. I movimenti sono una cosamagnifica. Voi sapete quanto li apprezzo e amo come dono dello Spi-rito Santo alla Chiesa. Devono essere valutati, però, secondo il modoin cui tutti sono aperti alla comune realtà cattolica, alla vita dell’unicae comune Chiesa di Cristo che in tutta la sua varietà è comunque solo

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una. Il seminario è il periodo nel quale imparate l’uno con l’altro el’uno dall’altro. Nella convivenza, forse talvolta difficile, dovete impa-rare la generosità e la tolleranza non solo nel sopportarvi a vicenda,ma nell’arricchirvi l’un l’altro, in modo che ciascuno possa apportarele sue peculiari doti all’insieme, mentre tutti servono la stessa Chiesa,lo stesso Signore. Questa scuola della tolleranza, anzi, dell’accettarsi edel comprendersi nell’unità del Corpo di Cristo, fa parte degli elemen-ti importanti degli anni di seminario.

Cari seminaristi! Con queste righe ho voluto mostrarvi quanto pen-so a voi proprio in questi tempi difficili e quanto vi sono vicino nellapreghiera. E pregate anche per me, perché io possa svolgere bene ilmio servizio, finché il Signore lo vuole. Affido il vostro cammino dipreparazione al Sacerdozio alla materna protezione di Maria Santissi-ma, la cui casa fu scuola di bene e di grazia. Tutti vi benedica Dio on-nipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo.

Dal Vaticano, 18 ottobre 2010, Festa di San Luca, Evangelista.

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Nella solennità del Natale del Signore

Santa messa di mezzanotteVenerdì, 24 dicembre 2010

Cari fratelli e sorelle!

“Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato” – con questa parola delSalmo secondo, la Chiesa inizia la liturgia della Notte Santa. Essa sache questa parola originariamente apparteneva al rituale dell’incoro-nazione dei re d’Israele. Il re, che di per sé è un essere umano comegli altri uomini, diventa “figlio di Dio” mediante la chiamata e l’inse-diamento nel suo ufficio: è una specie di adozione da parte di Dio, unatto di decisione, mediante il quale Egli dona a quell’uomo una nuovaesistenza, lo attrae nel suo proprio essere. In modo ancora più chiarola lettura tratta dal profeta Isaia, che abbiamo appena ascoltato, pre-senta lo stesso processo in una situazione di travaglio e di minacciaper Israele: “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sullesue spalle è il potere” (9,5). L’insediamento nell’ufficio del re è comeuna nuova nascita. Proprio come nuovo nato dalla decisione persona-le di Dio, come bambino proveniente da Dio, il re costituisce unasperanza. Sulle sue spalle poggia il futuro. Egli è il detentore dellapromessa di pace. Nella notte di Betlemme, questa parola profetica èdiventata realtà in un modo che al tempo di Isaia sarebbe stato ancorainimmaginabile. Sì, ora è veramente un bambino Colui sulle cui spalleè il potere. In Lui appare la nuova regalità che Dio istituisce nel mon-do. Questo bambino è veramente nato da Dio. È la Parola eterna diDio, che unisce l’una all’altra umanità e divinità. Per questo bambinovalgono i titoli di dignità che il cantico d’incoronazione di Isaia gli at-tribuisce: Consigliere mirabile – Dio potente – Padre per sempre –Principe della pace (9,5). Sì, questo re non ha bisogno di consiglieriappartenenti ai sapienti del mondo. Egli porta in se stesso la sapienzae il consiglio di Dio. Proprio nella debolezza dell’essere bambino Egliè il Dio forte e ci mostra così, di fronte ai poteri millantatori del mon-do, la fortezza propria di Dio.

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Le parole del rituale dell’incoronazione in Israele, in verità, eranosempre soltanto rituali di speranza, che prevedevano da lontano unfuturo che sarebbe stato donato da Dio. Nessuno dei re salutati inquesto modo corrispondeva alla sublimità di tali parole. In loro, tuttele parole sulla figliolanza di Dio, sull’insediamento nell’eredità dellegenti, sul dominio delle terre lontane (Sal 2,8) restavano solo rimandoa un avvenire – quasi cartelli segnaletici della speranza, indicazioniche conducevano verso un futuro che in quel momento era ancora in-concepibile. Così l’adempimento della parola che inizia nella notte diBetlemme è al contempo immensamente più grande e – dal punto divista del mondo – più umile di ciò che la parola profetica lasciava in-tuire. È più grande, perché questo bambino è veramente Figlio di Dio,veramente “Dio da Dio, Luce da Luce, generato, non creato, dellastessa sostanza del Padre”. L’infinita distanza tra Dio e l’uomo è supe-rata. Dio non si è soltanto chinato verso il basso, come dicono i Salmi;Egli è veramente “disceso”, entrato nel mondo, diventato uno di noiper attrarci tutti a sé. Questo bambino è veramente l’Emmanuele – ilDio-con-noi. Il suo regno si estende veramente fino ai confini dellaterra. Nella vastità universale della santa Eucaristia, Egli ha veramenteeretto isole di pace. Ovunque essa viene celebrata si ha un’isola dipace, di quella pace che è propria di Dio. Questo bambino ha accesonegli uomini la luce della bontà e ha dato loro la forza di resistere allatirannia del potere. In ogni generazione Egli costruisce il suo regnodal di dentro, a partire dal cuore. Ma è anche vero che “il bastone del-l’aguzzino” non è stato spezzato. Anche oggi marciano rimbombanti icalzari dei soldati e sempre ancora e sempre di nuovo c’è il “mantellointriso di sangue” (Is 9,3s). Così fa parte di questa notte la gioia per lavicinanza di Dio. Ringraziamo perché Dio, come bambino, si dà nellenostre mani, mendica, per così dire, il nostro amore, infonde la suapace nel nostro cuore. Questa gioia, tuttavia, è anche una preghiera:Signore, realizza totalmente la tua promessa. Spezza i bastoni degliaguzzini. Brucia i calzari rimbombanti. Fa che finisca il tempo deimantelli intrisi di sangue. Realizza la promessa: “La pace non avrà fi-ne” (Is 9,6). Ti ringraziamo per la tua bontà, ma ti preghiamo anche:mostra la tua potenza. Erigi nel mondo il dominio della tua verità, deltuo amore – il “regno della giustizia, dell’amore e della pace”.

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“Maria diede alla luce il suo figlio primogenito” (Lc 2,7). Con que-sta frase, san Luca racconta, in modo assolutamente privo di pathos, ilgrande evento che le parole profetiche nella storia di Israele avevanointravisto in anticipo. Luca qualifica il bambino come “primogenito”.Nel linguaggio formatosi nella Sacra Scrittura dell’Antica Alleanza,“primogenito” non significa il primo di una serie di altri figli. La parola“primogenito” è un titolo d’onore, indipendentemente dalla questionese poi seguono altri fratelli e sorelle o no. Così, nel Libro dell’Esodo(Es 4,22), Israele viene chiamato da Dio “il mio figlio primogenito”, econ ciò si esprime la sua elezione, la sua dignità unica, l’amore parti-colare di Dio Padre. La Chiesa nascente sapeva che in Gesù questaparola aveva ricevuto una nuova profondità; che in Lui sono riassuntele promesse fatte ad Israele. Così la Lettera agli Ebrei chiama Gesù “ilprimogenito” semplicemente per qualificarLo, dopo le preparazioninell’Antico Testamento, come il Figlio che Dio manda nel mondo (cfrEb 1,5-7). Il primogenito appartiene in modo particolare a Dio, e perquesto egli – come in molte religioni – doveva essere in modo parti-colare consegnato a Dio ed essere riscattato mediante un sacrificio so-stitutivo, come san Luca racconta nell’episodio della presentazione diGesù al tempio. Il primogenito appartiene a Dio in modo particolare,è, per così dire, destinato al sacrificio. Nel sacrificio di Gesù sulla cro-ce, la destinazione del primogenito si compie in modo unico. In sestesso, Egli offre l’umanità a Dio e unisce uomo e Dio in modo taleche Dio sia tutto in tutti. San Paolo, nelle Lettere ai Colossesi e agliEfesini, ha ampliato ed approfondito l’idea di Gesù come primogeni-to: Gesù, ci dicono tali Lettere, è il Primogenito della creazione – ilvero archetipo dell’uomo secondo cui Dio ha formato la creatura uo-mo. L’uomo può essere immagine di Dio, perché Gesù è Dio e Uomo,la vera immagine di Dio e dell’uomo. Egli è il primogenito dei morti,ci dicono inoltre queste Lettere. Nella Risurrezione, Egli ha sfondato ilmuro della morte per tutti noi. Ha aperto all’uomo la dimensione dellavita eterna nella comunione con Dio. Infine, ci viene detto: Egli è ilprimogenito di molti fratelli. Sì, ora Egli è tuttavia il primo di una seriedi fratelli, il primo, cioè, che inaugura per noi l’essere in comunionecon Dio. Egli crea la vera fratellanza – non la fratellanza, deturpata dalpeccato, di Caino ed Abele, di Romolo e Remo, ma la fratellanza nuo-

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va in cui siamo la famiglia stessa di Dio. Questa nuova famiglia di Dioinizia nel momento in cui Maria avvolge il “primogenito” in fasce e lopone nella mangiatoia. Preghiamolo: Signore Gesù, tu che hai volutonascere come primo di molti fratelli, donaci la vera fratellanza. Aiutaciperché diventiamo simili a te. Aiutaci a riconoscere nell’altro che habisogno di me, in coloro che soffrono o che sono abbandonati, in tut-ti gli uomini, il tuo volto, ed a vivere insieme con te come fratelli esorelle per diventare una famiglia, la tua famiglia.

Il Vangelo di Natale ci racconta, alla fine, che una moltitudine diangeli dell’esercito celeste lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel piùalto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama.” (Lc 2,14). LaChiesa ha amplificato, nel Gloria, questa lode, che gli angeli hanno in-tonato di fronte all’evento della Notte Santa, facendone un inno digioia sulla gloria di Dio. “Ti rendiamo grazie per la tua gloria immen-sa”. Ti rendiamo grazie per la bellezza, per la grandezza, per la tuabontà, che in questa notte diventano visibili a noi. L’apparire dellabellezza, del bello, ci rende lieti senza che dobbiamo interrogarci sullasua utilità. La gloria di Dio, dalla quale proviene ogni bellezza, faesplodere in noi lo stupore e la gioia. Chi intravede Dio prova gioia, ein questa notte vediamo qualcosa della sua luce. Ma anche degli uo-mini parla il messaggio degli angeli nella Notte Santa: “Pace agli uo-mini che egli ama”. La traduzione latina di tale parola, che usiamonella liturgia e che risale a Girolamo, suona diversamente: “Pace agliuomini di buona volontà”. L’espressione “gli uomini di buona volontà”proprio negli ultimi decenni è entrata in modo particolare nel vocabo-lario della Chiesa. Ma quale traduzione è giusta? Dobbiamo leggereambedue i testi insieme; solo così comprendiamo la parola degli an-geli in modo giusto. Sarebbe sbagliata un’interpretazione che ricono-scesse soltanto l’operare esclusivo di Dio, come se Egli non avessechiamato l’uomo ad una risposta libera di amore. Sarebbe sbagliata,però, anche un’interpretazione moralizzante, secondo cui l’uomo conla sua buona volontà potrebbe, per così dire, redimere se stesso. Am-bedue le cose vanno insieme: grazia e libertà; l’amore di Dio, che cipreviene e senza il quale non potremmo amarLo, e la nostra risposta,che Egli attende e per la quale, nella nascita del suo Figlio, addiritturaci prega. L’intreccio di grazia e libertà, l’intreccio di chiamata e rispo-

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sta non lo possiamo scindere in parti separate l’una dall’altra. Ambe-due sono inscindibilmente intessute tra loro. Così questa parola è in-sieme promessa e chiamata. Dio ci ha prevenuto con il dono del suoFiglio. Sempre di nuovo Dio ci previene in modo inatteso. Non cessadi cercarci, di sollevarci ogniqualvolta ne abbiamo bisogno. Non ab-bandona la pecora smarrita nel deserto in cui si è persa. Dio non si la-scia confondere dal nostro peccato. Egli ricomincia sempre nuova-mente con noi. Tuttavia aspetta il nostro amare insieme con Lui. Eglici ama affinché noi possiamo diventare persone che amano insiemecon Lui e così possa esservi pace sulla terra.

Luca non ha detto che gli angeli hanno cantato. Egli scrive moltosobriamente: l’esercito celeste lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nelpiù alto dei cieli…” (Lc 2,13s). Ma da sempre gli uomini sapevano cheil parlare degli angeli è diverso da quello degli uomini; che proprio inquesta notte del lieto messaggio esso è stato un canto in cui la gloriasublime di Dio ha brillato. Così questo canto degli angeli è stato per-cepito fin dall’inizio come musica proveniente da Dio, anzi, come in-vito ad unirsi nel canto, nella gioia del cuore per l’essere amati daDio. Cantare amantis est, dice sant'Agostino: cantare è cosa di chiama. Così, lungo i secoli, il canto degli angeli è diventato semprenuovamente un canto di amore e di gioia, un canto di coloro cheamano. In quest’ora noi ci associamo pieni di gratitudine a questocantare di tutti i secoli, che unisce cielo e terra, angeli e uomini. Sì, tirendiamo grazie per la tua gloria immensa. Ti ringraziamo per il tuoamore. Fa che diventiamo sempre di più persone che amano insiemecon te e quindi persone di pace. Amen.

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Nella Celebrazione dei Primi Vespridella solennità di Maria SS.ma Madre di Dio

Te Deum di ringraziamento

Venerdì, 31 dicembre 2010

Cari fratelli e sorelle!

Al termine di un anno, ci ritroviamo questa sera nella Basilica Vati-cana per celebrare i Primi Vespri della solennità di Maria SantissimaMadre di Dio ed elevare un inno di ringraziamento al Signore per leinnumerevoli grazie che ci ha donato, ma anche e soprattutto per laGrazia in persona, ossia per il Dono vivente e personale del Padre,che è il Figlio suo prediletto, il Signore nostro Gesù Cristo. Proprioquesta gratitudine per i doni ricevuti da Dio nel tempo che ci è datodi vivere ci aiuta a scoprire un grande valore iscritto nel tempo: scan-dito nei suoi ritmi annuali, mensili, settimanali e quotidiani, esso èabitato dall’amore di Dio, dai suoi doni di grazia; è tempo di salvezza.Sì, il Dio eterno è entrato e rimane nel tempo dell’uomo. Vi è entratoe vi rimane con la persona di Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, il Sal-vatore del mondo. È quanto ci ha ricordato l’apostolo Paolo nella bre-ve lettura poc’anzi proclamata: «Quando venne la pienezza del tempo,Dio mandò il suo Figlio…perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal4,4-5).

Dunque, l’Eterno entra nel tempo e lo rinnova in radice, liberandol’uomo dal peccato e rendendolo figlio di Dio. Già “al principio”, os-sia con la creazione del mondo e dell’uomo nel mondo, l’eternità diDio ha fatto sbocciare il tempo, nel quale scorre la storia umana, digenerazione in generazione. Ora, con la venuta di Cristo e con la suaredenzione, siamo ‘alla pienezza’ del tempo. Come rileva san Paolo,con Gesù il tempo si fa pieno, giunge al suo compimento, acquistan-do quel significato di salvezza e di grazia per il quale è stato volutoda Dio prima della creazione del mondo. Il Natale ci richiama a que-sta ‘pienezza’ del tempo, ossia alla salvezza rinnovatrice portata daGesù a tutti gli uomini. Ce la richiama e, misteriosamente ma realmen-

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te, ce la dona sempre di nuovo. Il nostro tempo umano è sì carico dimali, di sofferenze, di drammi di ogni genere – da quelli provocatidalla cattiveria degli uomini a quelli derivanti dagli infausti eventi na-turali –, ma racchiude ormai e in maniera definitiva e incancellabile lanovità gioiosa e liberatrice di Cristo salvatore. Proprio nel Bambino diBetlemme possiamo contemplare in modo particolarmente luminosoed eloquente l’incontro dell’eternità con il tempo, come ama espri-mersi la liturgia della Chiesa. Il Natale ci fa ritrovare Dio nella carneumile e debole di un bambino. Non c’è qui forse un invito a ritrovarela presenza di Dio e del suo amore che dona la salvezza anche nellebrevi e faticose ore della nostra vita quotidiana? Non è forse un invitoa scoprire che il nostro tempo umano – anche nei momenti difficili epesanti – è incessantemente arricchito delle grazie del Signore, anzidella Grazia che è il Signore stesso?

Alla fine di quest’anno 2010, prima di consegnarne i giorni e le orea Dio e al suo giudizio giusto e misericordioso, sento più vivo nelcuore il bisogno di elevare il nostro “grazie” a Lui e al suo amore pernoi. In questo clima di riconoscenza, desidero rivolgere un particolaresaluto al Cardinale Vicario, ai Vescovi Ausiliari, ai sacerdoti, alle perso-ne consacrate, come pure ai tanti fedeli laici qui convenuti. Saluto ilSignor Sindaco e le Autorità presenti. Un ricordo speciale va a quantisono in difficoltà e trascorrono fra disagi e sofferenze questi giorni difesta. A tutti e a ciascuno assicuro il mio affettuoso pensiero, che ac-compagno con la preghiera.

Cari fratelli e sorelle, la nostra Chiesa di Roma è impegnata ad aiu-tare tutti i battezzati a vivere fedelmente la vocazione che hanno rice-vuto e a testimoniare la bellezza della fede. Per poter essere autenticidiscepoli di Cristo, un aiuto essenziale ci viene dalla meditazione quo-tidiana della Parola di Dio che, come ho scritto nella recente Esorta-zione apostolica Verbum Domini, «sta alla base di ogni autentica spiri-tualità cristiana» (n. 86). Per questo desidero incoraggiare tutti a colti-vare un intenso rapporto con essa, in particolare attraverso la lectiodivina, per avere quella luce necessaria a discernere i segni di Dio neltempo presente e a proclamare efficacemente il Vangelo. Anche a Ro-ma, infatti, c’è sempre più bisogno di un rinnovato annuncio del Van-

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gelo affinché i cuori degli abitanti della nostra città si aprano all’incon-tro con quel Bambino, che è nato per noi, con Cristo, Redentore del-l’uomo. Poiché, come ricorda l’Apostolo Paolo, «la fede viene dell’a-scolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo» (Rm 10,17), un utile aiu-to in questa azione evangelizzatrice può venire – come già sperimen-tato durante la Missione Cittadina in preparazione al Grande Giubileodell’anno 2000 – dai “Centri di ascolto del Vangelo”, che incoraggio afar rinascere o a rivitalizzare non solo nei condomini, ma anche negliospedali, nei luoghi di lavoro e in quelli dove si formano le nuove ge-nerazioni e si elabora la cultura. Il Verbo di Dio, infatti, si è fatto car-ne per tutti e la sua verità è accessibile ad ogni uomo e ad ogni cultu-ra. Ho appreso con favore dell’ulteriore impegno del Vicariato nell’or-ganizzazione dei “Dialoghi in Cattedrale”, che avranno luogo nella Ba-silica di San Giovanni in Laterano: tali significativi appuntamenti espri-mono il desiderio della Chiesa di incontrare tutti coloro che sono allaricerca delle risposte ai grandi quesiti dell’esistenza umana.

Il luogo privilegiato dell’ascolto della Parola di Dio è la celebrazio-ne dell’Eucaristia. Il Convegno diocesano del giugno scorso, al qualeho partecipato, ha voluto evidenziare la centralità della Santa Messadomenicale nella vita di ogni comunità cristiana e ha offerto delle in-dicazioni affinché la bellezza dei divini misteri possa maggiormente ri-splendere nell’atto celebrativo e nei frutti spirituali che da essi deriva-no. Incoraggio i parroci e i sacerdoti a dare attuazione a quanto indi-cato nel programma pastorale: la formazione di un gruppo liturgicoche animi la celebrazione, e una catechesi che aiuti tutti a conosceremaggiormente il mistero eucaristico, da cui scaturisce la testimonianzadella carità. Nutriti da Cristo, anche noi siamo attirati nello stesso attodi offerta totale, che spinse il Signore a donare la propria vita, rivelan-do in tal modo l’immenso amore del Padre. La testimonianza della ca-rità possiede, dunque, un’essenziale dimensione teologale ed èprofondamente unita all’annuncio della Parola. In questa celebrazionedi ringraziamento a Dio per i doni ricevuti nel corso dell’anno, ricordoin particolare la visita che ho compiuto all’Ostello della Caritas allaStazione Termini dove, attraverso il servizio e la generosa dedizionedi numerosi volontari, tanti uomini e donne possono toccare con ma-no l’amore di Dio. Il momento presente genera ancora preoccupazio-

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ne per la precarietà in cui versano tante famiglie e chiede all’intera co-munità diocesana di essere vicina a coloro che vivono in condizioni dipovertà e disagio. Dio, infinito amore, infiammi il cuore di ciascuno dinoi con quella carità che lo spinse a donarci il suo Figlio unigenito.

Cari fratelli e sorelle, siamo invitati a guardare al futuro e a guar-darlo con quella speranza che è la parola finale del Te Deum: “In te,Domine, speravi: non confundar in aeternum! - Signore, Tu sei la no-stra speranza, non saremo confusi in eterno”. A donarci Cristo, nostraSperanza, è sempre lei, la Madre di Dio: Maria santissima. Come già aipastori e ai magi, le sue braccia e ancor più il suo cuore continuanoad offrire al mondo Gesù, suo Figlio e nostro Salvatore. In Lui sta tuttala nostra speranza, perché da Lui sono venute per ogni uomo la sal-vezza e la pace. Amen!

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Meditazione sulla Prima Congregazione Generaledel Sinodo dei Vescovi

all’Assemblea Speciale per il Medio Oriente

Aula del SinodoLunedì, 11 ottobre 2010

Cari fratelli e sorelle,

l'11 ottobre 1962, quarantotto anni fa, Papa Giovanni XXIII inaugu-rava il Concilio Vaticano II. Si celebrava allora l'11 ottobre la festa del-la Maternità divina di Maria, e, con questo gesto, con questa data, Pa-pa Giovanni voleva affidare tutto il Concilio alle mani materne, alcuore materno della Madonna. Anche noi cominciamo l'11 ottobre,anche noi vogliamo affidare questo Sinodo, con tutti i problemi, contutte le sfide, con tutte le speranze, al cuore materno della Madonna,della Madre di Dio.

Pio XI, nel 1930, aveva introdotto questa festa, milleseicento annidopo il Concilio di Efeso, il quale aveva legittimato, per Maria, il titoloTheotókos, Dei Genitrix. In questa grande parola Dei Genitrix,Theotókos, il Concilio di Efeso aveva riassunto tutta la dottrina di Cri-sto, di Maria, tutta la dottrina della redenzione. E così vale la pena ri-flettere un po', un momento, su ciò di cui parla il Concilio di Efeso,ciò di cui parla questo giorno.

In realtà, Theotókos è un titolo audace. Una donna è Madre di Dio.Si potrebbe dire: come è possibile? Dio è eterno, è il Creatore. Noisiamo creature, siamo nel tempo: come potrebbe una persona umanaessere Madre di Dio, dell'Eterno, dato che noi siamo tutti nel tempo,siamo tutti creature? Perciò si capisce che c'era forte opposizione, inparte, contro questa parola. I nestoriani dicevano: si può parlare diChristotókos, sì, ma di Theotókos no: Theós, Dio, è oltre, sopra gli av-venimenti della storia. Ma il Concilio ha deciso questo, e proprio cosìha messo in luce l'avventura di Dio, la grandezza di quanto ha fattoper noi. Dio non è rimasto in sé: è uscito da sé, si è unito talmente,

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così radicalmente con quest'uomo, Gesù, che quest'uomo Gesù è Dio,e se parliamo di Lui, possiamo sempre anche parlare di Dio. Non ènato solo un uomo che aveva a che fare con Dio, ma in Lui è natoDio sulla terra. Dio è uscito da sé. Ma possiamo anche dire il contra-rio: Dio ci ha attirato in se stesso, così che non siamo più fuori di Dio,ma siamo nell'intimo, nell'intimità di Dio stesso.

La filosofia aristotelica, lo sappiamo bene, ci dice che tra Dio el'uomo esiste solo una relazione non reciproca. L'uomo si riferisce aDio, ma Dio, l'Eterno, è in sé, non cambia: non può avere oggi questae domani un'altra relazione. Sta in sé, non ha relazione ad extra. Èuna parola molto logica, ma è una parola che ci fa disperare: quindiDio stesso non ha relazione con me. Con l'incarnazione, con l’avveni-mento della Theotókos, questo è cambiato radicalmente, perché Dio ciha attirato in se stesso e Dio in se stesso è relazione e ci fa partecipa-re nella sua relazione interiore. Così siamo nel suo essere Padre, Fi-glio e Spirito Santo, siamo nell'interno del suo essere in relazione, sia-mo in relazione con Lui e Lui realmente ha creato relazione con noi.In quel momento Dio voleva essere nato da una donna ed esseresempre se stesso: questo è il grande avvenimento. E così possiamo ca-pire la profondità dell’atto di Papa Giovanni, che affidò l’Assise conci-liare, sinodale, al mistero centrale, alla Madre di Dio che è attirata dalSignore in Lui stesso, e così noi tutti con Lei.

Il Concilio ha cominciato con l'icona della Theotókos. Alla fine PapaPaolo VI riconosce alla stessa Madonna il titolo Mater Ecclesiae. Equeste due icone, che iniziano e concludono il Concilio, sono intrin-secamente collegate, sono, alla fine, un’icona sola. Perché Cristo nonè nato come un individuo tra altri. È nato per crearsi un corpo: è nato— come dice Giovanni al capitolo 12 del suo Vangelo — per attiraretutti a sé e in sé. È nato — come dicono le Lettere ai Colossesi e agliEfesini — per ricapitolare tutto il mondo, è nato come primogenito dimolti fratelli, è nato per riunire il cosmo in sé, cosicché Lui è il Capodi un grande Corpo. Dove nasce Cristo, inizia il movimento della rica-pitolazione, inizia il momento della chiamata, della costruzione delsuo Corpo, della santa Chiesa. La Madre di Theós, la Madre di Dio, è

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Madre della Chiesa, perché Madre di Colui che è venuto per riunircitutti nel suo Corpo risorto.

San Luca ci fa capire questo nel parallelismo tra il primo capitolodel suo Vangelo e il primo capitolo degli Atti degli Apostoli, che ripe-tono su due livelli lo stesso mistero. Nel primo capitolo del Vangelo loSpirito Santo viene su Maria e così partorisce e ci dona il Figlio di Dio.Nel primo capitolo degli Atti degli Apostoli Maria è al centro dei di-scepoli di Gesù che pregano tutti insieme, implorando la nube delloSpirito Santo. E così dalla Chiesa credente, con Maria nel centro, na-sce la Chiesa, il Corpo di Cristo. Questa duplice nascita è l’unica na-scita del Christus totus, del Cristo che abbraccia il mondo e noi tutti.

Nascita a Betlemme, nascita nel Cenacolo. Nascita di Gesù Bambi-no, nascita del Corpo di Cristo, della Chiesa. Sono due avvenimenti oun unico avvenimento. Ma tra i due stanno realmente la Croce e la Ri-surrezione. E solo tramite la Croce avviene il cammino verso la totalitàdel Cristo, verso il suo Corpo risorto, verso l'universalizzazione delsuo essere nell'unità della Chiesa. E così, tenendo presente che solodal grano caduto in terra nasce poi il grande raccolto, dal Signore tra-fitto sulla Croce viene l'universalità dei suoi discepoli riuniti in questosuo Corpo, morto e risorto.

Tenendo conto di questo nesso tra Theotókos e Mater Ecclesiae, ilnostro sguardo va verso l'ultimo libro della Sacra Scrittura, l'Apocalis-se, dove, nel capitolo 12, appare proprio questa sintesi. La donna ve-stita di sole, con dodici stelle sul capo e la luna sotto i piedi, partori-sce. E partorisce con un grido di dolore, partorisce con grande dolore.Qui il mistero mariano è il mistero di Betlemme allargato al misterocosmico. Cristo nasce sempre di nuovo in tutte le generazioni e cosìassume, raccoglie l'umanità in se stesso. E questa nascita cosmica sirealizza nel grido della Croce, nel dolore della Passione. E a questogrido della Croce appartiene il sangue dei martiri.

Così, in questo momento, possiamo gettare uno sguardo sul secon-do Salmo di questa Ora Media, il Salmo 81, dove si vede una parte diquesto processo. Dio sta tra gli dei – ancora sono considerati in Israe-le come dei. In questo Salmo, in un concentramento grande, in una

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visione profetica, si vede il depotenziamento degli dei. Quelli che ap-parivano dei non sono dei e perdono il carattere divino, cadono a ter-ra. Dii estis et moriemini sicut homines (cfr Sal 81, 6-7): il depotenzia-mento, la caduta delle divinità.

Questo processo che si realizza nel lungo cammino della fede diIsraele, e che qui è riassunto in un'unica visione, è un processo verodella storia della religione: la caduta degli dei. E così la trasformazio-ne del mondo, la conoscenza del vero Dio, il depotenziamento delleforze che dominano la terra, è un processo di dolore. Nella storia diIsraele vediamo come questo liberarsi dal politeismo, questo ricono-scimento — «solo Lui è Dio» — si realizza in tanti dolori, cominciandodal cammino di Abramo, l'esilio, i Maccabei, fino a Cristo. E nella sto-ria continua questo processo del depotenziamento, del quale parlal'Apocalisse al capitolo 12; parla della caduta degli angeli, che non so-no angeli, non sono divinità sulla terra. E si realizza realmente, pro-prio nel tempo della Chiesa nascente, dove vediamo come col sanguedei martiri vengono depotenziate le divinità, cominciando dall'impera-tore divino, da tutte queste divinità. È il sangue dei martiri, il dolore, ilgrido della Madre Chiesa che le fa cadere e trasforma così il mondo.

Questa caduta non è solo la conoscenza che esse non sono Dio; èil processo di trasformazione del mondo, che costa il sangue, costa lasofferenza dei testimoni di Cristo. E, se guardiamo bene, vediamo chequesto processo non è mai finito. Si realizza nei diversi periodi dellastoria in modi sempre nuovi; anche oggi, in questo momento, in cuiCristo, l'unico Figlio di Dio, deve nascere per il mondo con la cadutadegli dei, con il dolore, il martirio dei testimoni. Pensiamo alle grandipotenze della storia di oggi, pensiamo ai capitali anonimi che schia-vizzano l'uomo, che non sono più cosa dell’uomo, ma sono un potereanonimo al quale servono gli uomini, dal quale sono tormentati gliuomini e perfino trucidati. Sono un potere distruttivo, che minaccia ilmondo. E poi il potere delle ideologie terroristiche. Apparentementein nome di Dio viene fatta violenza, ma non è Dio: sono false divinità,che devono essere smascherate, che non sono Dio. E poi la droga,questo potere che, come una bestia vorace, stende le sue mani su tut-te le parti della terra e distrugge: è una divinità, ma una divinità falsa,

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che deve cadere. O anche il modo di vivere propagato dall'opinionepubblica: oggi si fa così, il matrimonio non conta più, la castità non èpiù una virtù, e così via.

Queste ideologie che dominano, così che si impongono con forza,sono divinità. E nel dolore dei santi, nel dolore dei credenti, della Ma-dre Chiesa della quale noi siamo parte, devono cadere queste divinità,deve realizzarsi quanto dicono le Lettere ai Colossesi e agli Efesini: ledominazioni, i poteri cadono e diventano sudditi dell'unico SignoreGesù Cristo. Di questa lotta nella quale noi stiamo, di questo depoten-ziamento di dio, di questa caduta dei falsi dei, che cadono perchénon sono divinità, ma poteri che distruggono il mondo, parla l'Apoca-lisse al capitolo 12, anche con un'immagine misteriosa, per la quale,mi pare, ci sono tuttavia diverse belle interpretazioni. Viene detto cheil dragone mette un grande fiume di acqua contro la donna in fugaper travolgerla. E sembra inevitabile che la donna venga annegata inquesto fiume. Ma la buona terra assorbe questo fiume ed esso nonpuò nuocere. Io penso che il fiume sia facilmente interpretabile: sonoqueste correnti che dominano tutti e che vogliono far scomparire lafede della Chiesa, la quale non sembra più avere posto davanti allaforza di queste correnti che si impongono come l'unica razionalità,come l'unico modo di vivere. E la terra che assorbe queste correnti èla fede dei semplici, che non si lascia travolgere da questi fiumi e sal-va la Madre e salva il Figlio. Perciò il Salmo dice – il primo salmo del-l’Ora Media – la fede dei semplici è la vera saggezza (cfr Sal 118,130).Questa saggezza vera della fede semplice, che non si lascia divoraredalle acque, è la forza della Chiesa. E siamo ritornati al mistero maria-no.

E c'è anche un'ultima parola nel Salmo 81, “movebuntur omniafundamenta terrae” (Sal 81,5), vacillano le fondamenta della terra. Lovediamo oggi, con i problemi climatici, come sono minacciate le fon-damenta della terra, ma sono minacciate dal nostro comportamento.Vacillano le fondamenta esteriori perché vacillano le fondamenta inte-riori, le fondamenta morali e religiose, la fede dalla quale segue il ret-to modo di vivere. E sappiamo che la fede è il fondamento, e, in defi-

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nitiva, le fondamenta della terra non possono vacillare se rimane fer-ma la fede, la vera saggezza.

E poi il Salmo dice: “Alzati, Signore, e giudica la terra” (Sal 81,8).Così diciamo anche noi al Signore: “Alzati in questo momento, prendila terra tra le tue mani, proteggi la tua Chiesa, proteggi l'umanità, pro-teggi la terra”. E affidiamoci di nuovo alla Madre di Dio, a Maria, epreghiamo: “Tu, la grande credente, tu che hai aperto la terra al cielo,aiutaci, apri anche oggi le porte, perché sia vincitrice la verità, la vo-lontà di Dio, che è il vero bene, la vera salvezza del mondo”. Amen

Preghiera per la vita nascente

Basilica VaticanaSabato, 27 novembre 2010

Signore Gesù, che fedelmente visiti e colmi con la tua Presenza la Chiesa e la storia degli uomini; che nel mirabile Sacramento del tuo Corpo e del tuo Sangue ci rendi partecipi della Vita divina e ci fai pregustare la gioia della Vita eterna; noi ti adoriamo e ti benediciamo.

Prostráti dinanzi a Te, sorgente e amante della vita realmente presente e vivo in mezzo a noi, ti supplichiamo.

Ridesta in noi il rispetto per ogni vita umana nascente, rendici capaci di scorgere nel frutto del grembo materno la mirabile opera del Creatore, disponi i nostri cuori alla generosa accoglienza di ogni bambino che si affaccia alla vita.

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Benedici le famiglie, santifica l'unione degli sposi, rendi fecondo il loro amore.

Accompagna con la luce del tuo Spirito le scelte delle assemblee legislative, perché i popoli e le nazioni riconoscano e rispettino la sacralità della vita, di ogni vita umana.

Guida l'opera degli scienziati e dei medici, perché il progresso contribuisca al bene integrale della persona e nessuno patisca soppressione e ingiustizia.

Dona carità creativa agli amministratori e agli economisti, perché sappiano intuire e promuovere condizioni sufficienti affinché le giovani famiglie possano serenamente aprirsi alla nascita di nuovi figli.

Consola le coppie di sposi che soffrono a causa dell'impossibilità ad avere figli, e nella tua bontà provvedi.

Educa tutti a prendersi cura dei bambini orfani o abbandonati, perché possano sperimentare il calore della tua Carità, la consolazione del tuo Cuore divino.

Con Maria tua Madre, la grande credente, nel cui grembo hai assunto la nostra natura umana, attendiamo da Te, unico nostro vero Bene e Salvatore, la forza di amare e servire la vita, in attesa di vivere sempre in Te, nella Comunione della Trinità Beata.

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Conferenza Episcopale Italiana

EDUCARE ALLA VITA BUONA DEL VANGELO

Orientamenti pastorali dell’Episcopato italianoper il decennio 2010-2020

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PRESENTAZIONE

Gli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 intendono of-frire alcune linee di fondo per una crescita concorde delle Chiese inItalia nell’arte delicata e sublime dell’educazione. In essa noi Vescoviriconosciamo una sfida culturale e un segno dei tempi, ma prima an-cora una dimensione costitutiva e permanente della nostra missione direndere Dio presente in questo mondo e di far sì che ogni uomo pos-sa incontrarlo, scoprendo la forza trasformante del suo amore e dellasua verità, in una vita nuova caratterizzata da tutto ciò che è bello,buono e vero. È questo un tema a cui più volte ci ha richiamato PapaBenedetto XVI, il cui magistero costituisce il riferimento sicuro per ilnostro cammino ecclesiale e una fonte di ispirazione per la nostraproposta pastorale.

La scelta di dedicare un’attenzione specifica al campo educativoaffonda le radici nel IV Convegno ecclesiale nazionale, celebrato a Ve-rona nell’ottobre 2006, con il suo messaggio di speranza fondato sul“sì” di Dio all’uomo attraverso suo Figlio, morto e risorto perché noiavessimo la vita. Educare alla vita buona del Vangelo significa, infatti,in primo luogo farci discepoli del Signore Gesù, il Maestro che noncessa di educare a una umanità nuova e piena. Egli parla sempre al-l’intelligenza e scalda il cuore di coloro che si aprono a lui e accolgo-no la compagnia dei fratelli per fare esperienza della bellezza del Van-gelo. La Chiesa continua nel tempo la sua opera: la sua storia bimille-naria è un intreccio fecondo di evangelizzazione e di educazione. An-nunciare Cristo, vero Dio e vero uomo, significa portare a pienezzal’umanità e quindi seminare cultura e civiltà. Non c’è nulla, nella no-stra azione, che non abbia una significativa valenza educativa.

La scelta dell’Episcopato italiano per questo decennio è segno diuna premura che nasce dalla paternità spirituale di cui siamo rivestitiper grazia e che condividiamo in primo luogo con i sacerdoti. Siamoben consapevoli, inoltre, delle energie profuse con tanta generositànel campo dell’educazione da consacrati e laici, che testimoniano lapassione educativa di Dio in ogni campo dell’esistenza umana. A cia-scuno consegniamo con fiducia questi orientamenti, con l’auspicio

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che le nostre comunità, parte viva del tessuto sociale del Paese, diven-gano sempre più luoghi fecondi di educazione integrale.

Maria, che accompagnò la crescita di Gesù in sapienza, età e gra-zia, ci aiuti a testimoniare la vicinanza amorosa della Chiesa a ognipersona, grazie al Vangelo, fermento di crescita e seme di felicità vera.

Roma, 4 ottobre 2010Festa di San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia

Angelo Card. BagnascoPresidente della Conferenza Episcopale

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INTRODUZIONE

Alla scuola di Cristo, maestro e pedagogo

1. Nel corso dei secoli Dio ha educato il suo popolo, trasformandol’avvicendarsi delle stagioni dell’uomo in una storia di salvezza: «Eglilo trovò in una terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo cir-condò, lo allevò, lo custodì come la pupilla del suo occhio. Comeun’aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, eglispiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali. Il Signore, lui solo loha guidato, non c’era con lui alcun dio straniero» (Dt 32,10-12).

Di questa storia noi ci sentiamo partecipi.

La guida di Dio, in tutta la sua forza e tenerezza, si è fatta piena-mente e definitivamente visibile in Gesù di Nazaret. Clemente Ales-sandrino, un autore del II secolo, gli attribuì il titolo di “pedagogo”: èLui il maestro e il redentore dell’umanità, il pastore le cui orme guida-no al cielo.

Clemente individua nella Chiesa, sposa e madre del maestro, la“scuola” dove Gesù insegna, e conclude con questa esortazione: «Oallievi della divina pedagogia! Orsù, completiamo la bellezza del voltodella Chiesa e corriamo, noi piccoli, verso la Madre buona; diventan-do ascoltatori del Logos, glorifichiamo il divino piano provvidenziale,grazie al quale l’uomo viene sia educato dalla pedagogia divina chesantificato in quanto bambino di Dio: è cittadino dei cieli, mentre vie-ne educato sulla terra; riceve lassù per Padre colui che in terra imparaa conoscere»1.

Mentre risuonano in noi le parole del Vangelo – «uno solo è il vo-stro Maestro e voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8) – vorremmo poter direcon Sant’Agostino: «Parliamo a voi come a condiscepoli alla stessascuola del Signore… Sotto questo Maestro, la cui cattedra è il cielo – èper mezzo delle sue Scritture che dobbiamo essere formati – fate dun-que attenzione a quelle poche cose che vi dirò»2.

All’educazione, dunque, intendiamo dedicare questo decennio.

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Un rinnovato impegno ecclesiale

2. Da sempre la Chiesa riserva peculiare attenzione all’educazione.La nostra scelta intende, in particolare, riproporre e approfondire l’in-segnamento del Concilio Vaticano II: «La santa madre Chiesa, nell’a-dempimento del mandato ricevuto dal suo divin Fondatore, che èquello di annunziare il mistero della salvezza a tutti gli uomini e diedificare tutto in Cristo, ha il dovere di occuparsi dell’intera vita del-l’uomo, anche di quella terrena, in quanto connessa con la vocazionesoprannaturale; essa perciò ha un suo compito specifico in ordine alprogresso e allo sviluppo dell’educazione»3.

Molti passi del recente cammino della Chiesa in Italia hanno trova-to convergenza sul tema educativo. Il decennio appena concluso èstato illuminato dall’esperienza spirituale del Grande Giubileo del2000, che incoraggiava a “prendere il largo”, come fecero un giornogli Apostoli, rispondendo all’invito del Signore (cfr Lc 5,4). La coinci-denza del Giubileo con l’inizio del nuovo millennio ha aiutato a collo-care con ancora maggiore chiarezza il mistero di Cristo nel grandeorizzonte della storia della salvezza. Il cristianesimo, infatti, è religionecalata nella storia. Lo scriveva Giovanni Paolo II, spiegando che l’in-carnazione del Figlio nel grembo di Maria, culminata nella Pasqua enel dono dello Spirito, «costituisce il cuore pulsante del tempo, l’oramisteriosa in cui il Regno di Dio si è fatto vicino (cfr Mc 1,15), anzi hamesso radici, come seme destinato a diventare un grande albero (cfrMc 4,30-32), nella nostra storia»4 .

Frutto di questa consapevolezza sono stati gli Orientamenti pastora-li pubblicati nel 2001, Comunicare il Vangelo in un mondo che cam-bia 5. A essi seguì nel 2004 la Nota pastorale Il volto missionario delleparrocchie in un mondo che cambia 6, dove l’attenzione si rivolgevain modo speciale a queste comunità, perché in esse trova concretezzala vocazione della Chiesa a essere segno della fecondità del Vangelonel territorio.

Al centro del decennio, si è situato il IV Convegno ecclesiale nazio-nale, tenuto a Verona nell’ottobre 2006. In esso si è manifestato il vol-to di «un popolo in cammino nella storia, posto a servizio della spe-ranza dell’umanità intera, con la multiforme vivacità di una comunità

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ecclesiale animata da una sempre più robusta coscienza missionaria»7.A Verona siamo stati sostenuti dalla parola di Benedetto XVI, il qualeci ha riproposto il grande sì che in Gesù Cristo «Dio ha detto all’uomoe alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelli-genza»8 .

3. Alla luce di questa esperienza, sono state focalizzate alcune scel-te di fondo: il primato di Dio nella vita e nell’azione delle nostre Chie-se, la testimonianza quale forma dell’esistenza cristiana e l’impegno inuna pastorale che, convergendo sull’unità della persona, sia in gradodi «rinnovarsi nel segno della speranza integrale, dell’attenzione allavita, dell’unità tra le diverse vocazioni, le molteplici soggettività eccle-siali, le dimensioni fondamentali dell’esperienza cristiana»9. Al tempostesso ha incontrato un consenso crescente l’opzione di declinare latestimonianza nel mondo secondo gli ambiti fondamentali dell’esisten-za umana, cercando nelle esperienze quotidiane l’alfabeto per com-porre le parole con le quali ripresentare al mondo l’amore infinito diDio 10.

In tal modo si è fatta strada la consapevolezza che è proprio l’edu-cazione la sfida che ci attende nei prossimi anni: «ci è chiesto un inve-stimento educativo capace di rinnovare gli itinerari formativi, per ren-derli più adatti al tempo presente e significativi per la vita delle perso-ne, con una nuova attenzione per gli adulti»11.

Il Santo Padre ci incoraggia in questa direzione, mettendo in evi-denza l’urgenza di dedicarsi alla formazione delle nuove generazioni.Egli riconosce che l’educare, se mai è stato facile, oggi assume caratte-ristiche più ardue; siamo di fronte a «una grande “emergenza educati-va”, confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro inostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con glialtri e di dare un senso alla propria vita»12.

4. Queste ragioni ci inducono a impegnarci nel decennio pastorale2010-2020 in un’approfondita verifica dell’azione educativa della Chie-sa in Italia, così da promuovere con rinnovato slancio questo servizioal bene della società. In piena docilità allo Spirito, vogliamo operare

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con disponibilità all’ascolto e al dialogo, mettendo a disposizione ditutti la buona notizia dell’amore paterno di Dio per ogni uomo.

In qualità di pastori, posti a servizio delle comunità che ci sono af-fidate, proponiamo le nostre riflessioni sull’educazione a partire dal-l’incontro con Gesù Cristo e il suo Vangelo, del quale quotidianamen-te sperimentiamo la forza sanante e liberante.

A noi sta a cuore la proposta esplicita e integrale della fede, postaal centro della missione che la Chiesa ha ricevuto dal Signore. Questafede vogliamo annunciare, senza alcuna imposizione, testimoniandocon gioia la bellezza del dono ricevuto, consapevoli che porta fruttosolo quando è accolto nella libertà.

Il Vangelo fa emergere in ognuno le domande più urgenti eprofonde, permette di comprenderne l’importanza, di dare un ordineai problemi e di collocarli nell’orizzonte della vita sociale.

Una speranza affidabile, anima dell’educazione

5. Tra i compiti affidati dal Maestro alla Chiesa c’è la cura del benedelle persone, nella prospettiva di un umanesimo integrale e trascen-dente 13. Ciò comporta la specifica responsabilità di educare al gustodell’autentica bellezza della vita, sia nell’orizzonte proprio della fede,che matura nel dono pasquale della vita nuova, sia come prospettivapedagogica e culturale, aperta alle donne e agli uomini di qualsiasi re-ligione e cultura, ai non credenti, agli agnostici e a quanti cercanoDio. Chi educa è sollecito verso una persona concreta, se ne fa caricocon amore e premura costante, perché sboccino, nella libertà, tutte lesue potenzialità. Educare comporta la preoccupazione che siano for-mate in ciascuno l’intelligenza, la volontà e la capacità di amare, per-ché ogni individuo abbia il coraggio di decisioni definitive14. Riecheg-gia in queste parole l’insegnamento del Concilio Vaticano II: «Ogni uo-mo ha il dovere di tener fermo il concetto della persona umana inte-grale, in cui eccellono i valori della intelligenza, della volontà, dellacoscienza e della fraternità, che sono fondati tutti in Dio Creatore esono stati mirabilmente sanati ed elevati in Cristo»15.

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Non ignoriamo, certo, le difficoltà che l’educazione si trova oggi afronteggiare. Fra queste, spicca lo scetticismo riguardo la sua stessapossibilità, sicché i progetti educativi diventano programmi a brevetermine, mentre una corrente fredda scuote gli spazi classici della fa-miglia e della scuola. Noi stessi ne siamo turbati e sentiamo l’esigenzaimpellente di ribadire il valore dell’educazione proprio a partire daquesti suoi luoghi fondamentali.

Come pastori della Chiesa il nostro pensiero va pure a tutte le altreresistenze, provocate dal peccato che distoglie e indebolisce la vo-lontà dell’uomo e lo induce ad azioni malvagie 16. Cogliamo in tutta laloro gravità le parole del Papa, quando avverte che «oggi la nostrasperanza è insidiata da molte parti e rischiamo di ridiventare anchenoi, come gli antichi pagani, uomini ‘senza speranza e senza Dio inquesto mondo’, come scriveva l’apostolo Paolo ai cristiani di Efeso (Ef2,12). Proprio da qui nasce la difficoltà forse più profonda per una ve-ra opera educativa: alla radice della crisi dell’educazione c’è infattiuna crisi di fiducia nella vita»17.

«Anima dell’educazione, come dell’intera vita, può essere solo unasperanza affidabile»18. La sua sorgente è Cristo risuscitato da morte.Dalla fede in lui nasce una grande speranza per l’uomo, per la sua vi-ta, per la sua capacità di amare. In questo noi individuiamo il contri-buto specifico che dalla visione cristiana giunge all’educazione, per-ché «dall’essere ‘di’ Gesù deriva il profilo di un cristiano capace di of-frire speranza, teso a dare un di più di umanità alla storia e pronto amettere con umiltà se stesso e i propri progetti sotto il giudizio di unaverità e di una promessa che supera ogni attesa umana»19.

Mentre, dunque, avvertiamo le difficoltà nel processo di trasmissio-ne dei valori alle giovani generazioni e di formazione permanente de-gli adulti, conserviamo la speranza, sapendo di essere chiamati a so-stenere un compito arduo ed entusiasmante: riconoscere nei segni deitempi le tracce dell’azione dello Spirito, che apre orizzonti impensati,suggerisce e mette a disposizione strumenti nuovi per rilanciare concoraggio il servizio educativo.

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6. Ci rivolgiamo anzitutto alle nostre comunità, cui intendiamo of-frire le linee pastorali che emergono dalla scelta dell’educazione comeattenzione portante di questo decennio e che si intrecciano con tuttol’agire della Chiesa. Confidiamo in tal modo di offrire una proposta si-gnificativa per ogni persona a cui sta a cuore il futuro dell’umanità edelle nuove generazioni.

A partire dalle linee guida contenute in questo documento, neglianni a venire saranno indicati ulteriori approfondimenti e sviluppi suaspetti specifici, connessi con il tema dell’educazione. Fin da ora chie-diamo alle comunità cristiane di procedere alla verifica degli itinerariformativi esistenti e al consolidamento delle buone pratiche educativein atto.

Invitiamo specialmente i presbiteri e quanti condividono con loro ilservizio e la responsabilità educativa ad accogliere con cuore apertoquesti orientamenti: essi non intendono aggiungere cosa a cosa, mastimolano a esplicitare le potenzialità educative già presenti, aprendosicon coraggio alla fantasia dello Spirito e al soffio della missione. Soloun’educazione che aiuti a penetrare il senso della realtà, valorizzando-ne tutte le dimensioni, consente di immettervi germi di risurrezionecapaci di rendere buona la vita, di superare il ripiegamento su di sé,la frammentazione e il vuoto di senso che affliggono la nostra società.

Con umiltà e con vivo senso dei nostri limiti, ma pure con evange-lica parresía e confidenza nel tesoro che il Signore ha posto nelle no-stre mani, ci esortiamo a vicenda a metterci a servizio del Vangelo perl’educazione integrale di quanti vorranno accogliere il dono che ab-biamo ricevuto e che offriamo a tutti.

1 CLEMENTE ALESSANDRINO, Pedagogo III, 99, 1.2 SANT’AGOSTINO, Discorso 270, 1.3 CONCILIO VATICANO II, Dichiarazione Gravissimum educationis, proemio.4 GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Novo millennio ineunte, 6 gennaio 2001, n. 5.5 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che cam-

bia. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, 29giugno 2001.

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6 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Nota pastorale Il volto missionario delle par-rocchie in un mondo che cambia, 30 maggio 2004.

7 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, “Rigenerati per una speranza viva” (1Pt 1,3):testimoni del grande “sì” di Dio all’uomo. Nota pastorale dopo il 4° Convegno ecclesia-le nazionale, 29 giugno 2007, n. 1.

8 BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti al IV Convegno nazionale della Chiesa ita-liana, Verona, 19 ottobre 2006.

9 “Rigenerati per una speranza viva”, n. 4.10 Cfr ib., n. 12.11 Ib., n. 17.12 BENEDETTO XVI, Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’e-

ducazione, 21 gennaio 2008.13 Cfr BENEDETTO XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, 29 giugno 2009, n. 18.14 Cfr BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti al IV Convegno nazionale della Chiesa

italiana.15 CONCILIO VATICANO II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 61.16 Cfr ib., n. 13.17 Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione.18 Ib.19 “Rigenerati per una speranza viva”, n. 7.

Capitolo 1 – Educare in un mondo che cambia

È tempo di discernimento

7. L’opera educativa della Chiesa è strettamente legata al momentoe al contesto in cui essa si trova a vivere, alle dinamiche culturali dicui è parte e che vuole contribuire a orientare. Il “mondo che cambia”è ben più di uno scenario in cui la comunità cristiana si muove: conle sue urgenze e le sue opportunità, provoca la fede e la responsabi-lità dei credenti. È il Signore che, domandandoci di valutare il tempo,ci chiede di interpretare ciò che avviene in profondità nel mondod’oggi, di cogliere le domande e i desideri dell’uomo: «Quando vedeteuna nuvola salire da ponente, subito dite: ‘Arriva la pioggia’, e così ac-cade. E quando soffia lo scirocco, dite: ‘Farà caldo’, e così accade.Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai que-

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sto tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciòche è giusto?» (Lc 12,54-57).

«Bisogna, infatti, conoscere e comprendere il mondo in cui vivia-mo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso dramma-tico», ci ha ricordato il Concilio Vaticano II, indicando pure il metodo:«Per svolgere questo compito, è dovere permanente della Chiesa discrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, cosìche, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai pe-renni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura esulle loro relazioni reciproche»20. Tutto il popolo di Dio, dunque, conl’aiuto dello Spirito, ha il compito di esaminare ogni cosa e di tenereciò che è buono (cfr 1Ts 5,21), riconoscendo i segni e i tempi dell’a-zione creatrice dello Spirito. Compiendo tale discernimento, la Chiesasi pone accanto a ogni uomo, condividendone gioie e speranze, tri-stezze e angosce e diventando così solidale con la storia del genereumano.

Mentre sperimentiamo le difficoltà in cui si dibatte l’opera educati-va in una società spesso incapace di assicurare riferimenti affidabili,nutriamo una grande fiducia, sapendo che il tempo dell’educazionenon è finito. Perciò vogliamo metterci alla ricerca di risposte adeguatee non ci scoraggiamo, sapendo di poter contare su una “riserva esca-tologica” alla quale quotidianamente attingere: la speranza che nondelude (cfr Rm 5,5).

Così sostenuti, vogliamo prendere coscienza, insieme a tutti glieducatori, di alcuni aspetti problematici della cultura contemporanea –come la tendenza a ridurre il bene all’utile, la verità a razionalità em-pirica, la bellezza a godimento effimero – cercando di riconoscere an-che le domande inespresse e le potenzialità nascoste, e di far leva sul-le risorse offerte dalla cultura stessa.

8. Un segno dei tempi è senza dubbio costituito dall’accresciutasensibilità per la libertà in tutti gli ambiti dell’esistenza: il desiderio dilibertà rappresenta un terreno d’incontro tra l’anelito dell’uomo e ilmessaggio cristiano. Nell’educazione, la libertà è il presupposto indi-spensabile per la crescita della persona. Essa, infatti, non è un sempli-

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ce punto di partenza, ma un processo continuo verso il fine ultimodell’uomo, cioè la sua pienezza nella verità dell’amore. «L’uomo puòvolgersi al bene soltanto nella libertà. I nostri contemporanei stimanograndemente e perseguono con ardore tale libertà, e a ragione… Ladignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevolie libere… L’uomo perviene a tale dignità quando, liberandosi da ognischiavitù di passioni, tende al suo fine mediante la scelta libera delbene»21. Questa ricerca diffusa di libertà e di amore rimanda a valori apartire dai quali è possibile proporre un percorso educativo, capace dioffrire un’esperienza integrale della fede e della vita cristiana.

Un’autentica educazione deve essere in grado di parlare al bisognodi significato e di felicità delle persone. Il messaggio cristiano ponel’accento sulla forza e sulla pienezza di gioia (cfr Gv 17,13) donatedalla fede, che sono infinitamente più grandi di ogni desiderio e atte-sa umani. Il compito dell’educatore cristiano è diffondere la buonanotizia che il Vangelo può trasformare il cuore dell’uomo, restituendo-gli ragioni di vita e di speranza. Siamo nel mondo con la consapevo-lezza di essere portatori di una visione della persona che, esaltandonela verità, la bontà e la bellezza, è davvero alternativa al sentire comu-ne.

Nei nodi della cultura contemporanea

9. Considerando le trasformazioni avvenute nella società, alcuniaspetti, rilevanti dal punto di vista antropologico, influiscono in modoparticolare sul processo educativo: l’eclissi del senso di Dio e l’offu-scarsi della dimensione dell’interiorità, l’incerta formazione dell’iden-tità personale in un contesto plurale e frammentato, le difficoltà didialogo tra le generazioni, la separazione tra intelligenza e affettività.Si tratta di nodi critici che vanno compresi e affrontati senza paura,accettando la sfida di trasformarli in altrettante opportunità educative.

Le persone fanno sempre più fatica a dare un senso profondo all’e-sistenza. Ne sono sintomi il disorientamento, il ripiegamento su sestessi e il narcisismo, il desiderio insaziabile di possesso e di consu-mo, la ricerca del sesso slegato dall’affettività e dall’impegno di vita,l’ansia e la paura, l’incapacità di sperare, il diffondersi dell’infelicità e

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della depressione. Ciò si riflette anche nello smarrimento del significa-to autentico dell’educare e della sua insopprimibile necessità. Il mitodell’uomo “che si fa da sé” finisce con il separare la persona dalleproprie radici e dagli altri, rendendola alla fine poco amante anche dise stessa e della vita.

Le cause di questo disagio sono molteplici – culturali, sociali edeconomiche – ma al fondo di tutto si può scorgere la negazione dellavocazione trascendente dell’uomo e di quella relazione fondante chedà senso a tutte le altre: «Senza Dio l’uomo non sa dove andare e nonriesce nemmeno a comprendere chi egli sia»22.

Siamo così condotti alle radici dell’“emergenza educativa”, il cuipunto cruciale sta nel superamento di quella falsa idea di autonomiache induce l’uomo a concepirsi come un “io” completo in se stesso,laddove, invece, egli diventa “io” nella relazione con il “tu” e con il“noi”. Tale distorsione è stata magistralmente illustrata dal Santo Pa-dre: «Una radice essenziale consiste – mi sembra – in un falso concet-to di autonomia dell’uomo: l’uomo dovrebbe svilupparsi solo da sestesso, senza imposizioni da parte di altri, i quali potrebbero assistereil suo autosviluppo, ma non entrare in questo sviluppo. In realtà, è es-senziale per la persona umana il fatto che diventa se stessa solo dal-l’altro, l’‘io’ diventa se stesso solo dal ‘tu’ e dal ‘noi’, è creato per ildialogo, per la comunione sincronica e diacronica. E solo l’incontrocon il ‘tu’ e con il ‘noi’ apre l’‘io’ a se stesso. Perciò la cosiddetta edu-cazione antiautoritaria non è educazione, ma rinuncia all’educazione:così non viene dato quanto noi siamo debitori di dare agli altri, cioèquesto ‘tu’ e ‘noi’ nel quale si apre l’‘io’ a se stesso»23.

10. Oggi la formazione dell’identità personale avviene in un conte-sto plurale, caratterizzato da diversi soggetti di riferimento: non solo lafamiglia, la scuola, il lavoro, la comunità ecclesiale, ma anche ambien-ti meno definiti e tuttavia influenti, quali la comunicazione multime-diale e le occasioni del tempo libero.

La molteplicità dei riferimenti valoriali, la globalizzazione delle pro-poste e degli stili di vita, la mobilità dei popoli, gli scenari resi possi-bili dallo sviluppo tecnologico costituiscono elementi nuovi e rilevan-

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ti, che segnano il venir meno di un modo quasi automatico di pro-spettare modelli di identità e inaugurano dinamiche inedite. La culturaglobale, mentre sembra annullare le distanze, finisce con il polarizzarele differenze, producendo nuove solitudini e nuove forme di esclusio-ne sociale.

Anche i rapporti con culture ed esperienze religiose diverse, resipiù intensi dall’aumento dei flussi migratori e dalla facilità delle comu-nicazioni, possono costituire una risorsa feconda, da valorizzare senzaindulgere a irenismi e semplificazioni o cedere a eccessivi timori e dif-fidenze.

Queste condizioni, in cui si colloca oggi il percorso formativo, secomportano maggiore fatica e rischi inediti rispetto al passato, accre-scono lo spazio di libertà della persona nelle proprie decisioni e fan-no appello alla sua responsabilità. Ciò è di fondamentale importanzaanche per la scelta religiosa, perché al centro della relazione dell’uo-mo con Dio c’è la libertà.

In una società caratterizzata dalla molteplicità di messaggi e dallagrande offerta di beni di consumo, il compito più urgente diventa,dunque, educare a scelte responsabili. Per questo, sin dai primi annidi vita, l’educazione non può pensare di essere neutrale, illudendosidi non condizionare la libertà del soggetto. Il proprio comportamentoe stile di vita – lo si voglia o meno – rappresentano di fatto una pro-posta di valori o disvalori. È ingiusto non trasmettere agli altri ciò checostituisce il senso profondo della propria esistenza. Un simile travisa-mento restringerebbe l’educazione nei confini angusti del sentire indi-viduale e distruggerebbe ogni possibile profilo pedagogico.

Di fronte agli educatori cristiani, come pure a tutti gli uomini dibuona volontà, si presenta, pertanto, la sfida di contrastare l’assimila-zione passiva di modelli ampiamente divulgati e di superarne l’incon-sistenza, promuovendo la capacità di pensare e l’esercizio critico dellaragione.

11. In tale contesto è importante individuare un’altra radice dell’e-mergenza educativa nello scetticismo e nel relativismo, che BenedettoXVI interpreta come esclusione delle «due fonti che orientano il cam-

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mino umano», cioè la natura e la Rivelazione: «La natura viene consi-derata oggi come una cosa puramente meccanica, quindi che noncontiene in sé alcun imperativo morale, alcun orientamento valoriale:è una cosa puramente meccanica, e quindi non viene alcun orienta-mento dall’essere stesso. La Rivelazione viene considerata o come unmomento dello sviluppo storico, quindi relativo come tutto lo svilup-po storico e culturale, o – si dice – forse c’è rivelazione, ma non com-prende contenuti, solo motivazioni. E se tacciono queste due fonti, lanatura e la Rivelazione, anche la terza fonte, la storia, non parla più,perché anche la storia diventa solo un agglomerato di decisioni cultu-rali, occasionali, arbitrarie, che non valgono per il presente e per il fu-turo»24.

Per questo, prosegue il Santo Padre, «fondamentale è quindi ritro-vare un concetto vero della natura come creazione di Dio che parla anoi; il Creatore, tramite il libro della creazione, parla a noi e ci mostrai valori veri. E poi così anche ritrovare la Rivelazione: riconoscere cheil libro della creazione, nel quale Dio ci dà gli orientamenti fonda-mentali, è decifrato nella Rivelazione, è applicato e fatto proprio nellastoria culturale e religiosa, non senza errori, ma in una maniera so-stanzialmente valida, sempre di nuovo da sviluppare e da purificare.Così, in questo ‘concerto’ – per così dire – tra creazione decifrata nellaRivelazione, concretizzata nella storia culturale che sempre va avanti enella quale noi ritroviamo sempre più il linguaggio di Dio, si apronoanche le indicazioni per un’educazione che non è imposizione, marealmente apertura dell’‘io’ al ‘tu’, al ‘noi’ e al ‘Tu’ di Dio»25.

12. L’educazione è strutturalmente legata ai rapporti tra le genera-zioni, anzitutto all’interno della famiglia, quindi nelle relazioni sociali.Molte delle difficoltà sperimentate oggi nell’ambito educativo sono ri-conducibili al fatto che le diverse generazioni vivono spesso in mondiseparati ed estranei. Il dialogo richiede invece una significativa pre-senza reciproca e la disponibilità di tempo.

All’impoverimento e alla frammentazione delle relazioni, si aggiun-ge il modo con cui avviene la trasmissione da una generazione all’al-tra. I giovani si trovano spesso a confronto con figure adulte demoti-vate e poco autorevoli, incapaci di testimoniare ragioni di vita che su-

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scitino amore e dedizione. A soffrirne di più è la famiglia, primo luo-go dell’educazione, lasciata sola a fronteggiare compiti enormi nellaformazione della persona, senza un contesto favorevole e adeguati so-stegni culturali, sociali ed economici. Lo sforzo grava soprattutto sulledonne, alle quali la cura della vita è affidata in modo del tutto specia-le. La famiglia, tuttavia, resta la comunità in cui si colloca la radice piùintima e più potente della generazione alla vita, alla fede e all’amore.

13. La formazione integrale è resa particolarmente difficile dalla se-parazione tra le dimensioni costitutive della persona, in special modola razionalità e l’affettività, la corporeità e la spiritualità. La mentalitàodierna, segnata dalla dissociazione fra il mondo della conoscenza equello delle emozioni, tende a relegare gli affetti e le relazioni in unorizzonte privo di riferimenti significativi e dominato dall’impulso mo-mentaneo. Si avverte, amplificato dai processi della comunicazione, ilpeso eccessivo dato alla dimensione emozionale, la sollecitazionecontinua dei sensi, il prevalere dell’eccitazione sull’esigenza della ri-flessione e della comprensione.

Questa separazione tra le dimensioni della persona ha inevitabili ri-percussioni anche sui modelli educativi, per cui educare equivale afornire informazioni funzionali, abilità tecniche, competenze profes-sionali. Non raramente, si arriva a ridurre l’educazione a un processodi socializzazione che induce a conformarsi agli stereotipi culturali do-minanti 26.

Il modello della spontaneità porta ad assolutizzare emozioni e pul-sioni: tutto ciò che “piace” e si può ottenere diventa buono. Chi educarinuncia così a trasmettere valori e a promuovere l’apprendimentodelle virtù; ogni proposta direttiva viene considerata autoritaria.

Già Paolo VI, indicando alcune linee fondamentali di quella cheegli chiamava «l’arte sovrana di educare», osservava: «Se l’educatorefermasse la sua fatica soltanto ad un paziente, meticoloso, e, se vole-te, scientifico rilievo dell’ambiente, in cui oggi il ragazzo svolge la suavita, fa la sua esperienza e plasma la sua personalità, non farebbeopera completa... L’educatore non è un osservatore passivo dei feno-meni della vita giovanile; deve essere un amico, un maestro, un alle-

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natore, un medico, un padre, a cui non tanto interessa notare il com-portamento del suo pupillo in determinate circostanze, quanto preser-varlo da inutili offese e allenarlo a capire, a volere, a godere, a subli-mare la sua esperienza»27. Benedetto XVI, a sua volta, spiega che l’e-ducazione non può risolversi in una didattica, in un insieme di tecni-che e nemmeno nella trasmissione di principi; il suo scopo è, piutto-sto, quello di «formare le nuove generazioni, perché sappiano entrarein rapporto con il mondo, forti di una memoria significativa che non èsolo occasionale, ma accresciuta dal linguaggio di Dio che troviamonella natura e nella Rivelazione, di un patrimonio interiore condiviso,della vera sapienza che, mentre riconosce il fine trascendente della vi-ta, orienta il pensiero, gli affetti e il giudizio»28.

Una vera relazione educativa richiede l’armonia e la reciproca fe-condazione tra sfera razionale e mondo affettivo, intelligenza e sensi-bilità, mente, cuore e spirito. La persona viene così orientata verso ilsenso globale di se stessa e della realtà, nonché verso l’esperienza li-berante della continua ricerca della verità, dell’adesione al bene e del-la contemplazione della bellezza.

Dall’accoglienza all’integrazione

14. In questo tempo di grande mobilità dei popoli, la Chiesa è sol-lecitata a promuovere l’incontro e l’accoglienza tra gli uomini: «i varipopoli costituiscono infatti una sola comunità. Essi hanno una solaorigine»29.

In tale prospettiva, la nostra attenzione si rivolge in modo particola-re al fenomeno delle migrazioni di persone e famiglie, provenienti daculture e religioni diverse. Esso fa emergere opportunità e problemi diintegrazione, nella scuola come nel mondo del lavoro e nella società.Per la Chiesa e per il Paese si tratta senza dubbio di una delle piùgrandi sfide educative.

Come sottolinea Benedetto XVI, «l’avvenire delle nostre societàpoggia sull’incontro tra i popoli, sul dialogo tra le culture nel rispettodelle identità e delle legittime differenze»30. I diritti fondamentali dellapersona devono costituire il punto focale dell’impegno di correspon-sabilità delle istituzioni pubbliche nazionali e internazionali, che riu-

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sciranno a offrire prospettive di convivenza tra i popoli solo «tramitelinee oculate e concertate per l’accoglienza e l’integrazione, consen-tendo occasioni di ingresso nella legalità, favorendo il giusto diritto alricongiungimento familiare, all'asilo e al rifugio, compensando le ne-cessarie misure restrittive e contrastando il deprecabile traffico di per-sone»31 .

All’accoglienza deve seguire la capacità di gestire la compresenzadi culture, credenze ed espressioni religiose diverse. Purtroppo si regi-strano forme di intolleranza e di conflitto, che talora sfociano anche inmanifestazioni violente. L’opera educativa deve tener conto di questasituazione e aiutare a superare paure, pregiudizi e diffidenze, pro-muovendo la mutua conoscenza, il dialogo e la collaborazione. Parti-colare attenzione va riservata al numero crescente di minori, nati inItalia, figli di stranieri.

L’acquisizione di uno spirito critico e l’apertura al dialogo, accom-pagnati da una maggiore consapevolezza e testimonianza della pro-pria identità storica, culturale e religiosa, contribuiscono a far crescerepersonalità solide, allo stesso tempo disponibili all’accoglienza e capa-ci di favorire processi di integrazione.

La comunità cristiana educa a riconoscere in ogni straniero unapersona dotata di dignità inviolabile, portatrice di una propria spiritua-lità e di un’umanità fatta di sogni, speranze e progetti. Molti di coloroche giungono da lontano sono fratelli nella stessa fede: come tali laChiesa li accoglie, condividendo con loro anche l’annuncio e la testi-monianza del Vangelo.

L’approccio educativo al fenomeno dell’immigrazione può essere lachiave che spalanca la porta a un futuro ricco di risorse e spiritual-mente fecondo.

Per la crescita integrale della persona

15. In questo quadro si inserisce a pieno titolo la proposta educati-va della comunità cristiana, il cui obiettivo fondamentale è promuove-re lo sviluppo della persona nella sua totalità, in quanto soggetto inrelazione, secondo la grandezza della vocazione dell’uomo e la pre-

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senza in lui di un germe divino. «La vera formazione consiste nellosviluppo armonioso di tutte le capacità dell’uomo e della sua vocazio-ne personale, in accordo ai principi fondamentali del Vangelo e inconsiderazione del suo fine ultimo, nonché del bene della collettivitàumana di cui l’uomo è membro e nella quale è chiamato a dare il suoapporto con cristiana responsabilità»32. Così la persona diventa capacedi cooperare al bene comune e di vivere quella fraternità universaleche corrisponde alla sua vocazione 33.

Per tali ragioni la Chiesa non smette di credere nella persona uma-na: «il primo contributo che possiamo offrire è quello di testimoniarela nostra fiducia nella vita e nell’uomo, nella sua ragione e nella suacapacità di amare. Essa non è frutto di un ingenuo ottimismo, ma ciproviene da quella ‘speranza affidabile’ (Spe salvi, 1) che ci è donatamediante la fede nella redenzione operata da Gesù Cristo»34.

Impegnandosi nell’educazione, la Chiesa si pone in fecondo rap-porto con la cultura e le scienze, suscitando responsabilità e passionee valorizzando tutto ciò che incontra di buono e di vero. La fede, in-fatti, è radice di pienezza umana, amica della libertà, dell’intelligenzae dell’amore. Caratterizzata dalla fiducia nella ragione, l’educazionecristiana contribuisce alla crescita del corpo sociale e si offre come pa-trimonio per tutti, finalizzato al perseguimento del bene comune.

Le virtù umane e quelle cristiane, infatti, non appartengono ad am-biti separati. Gli atteggiamenti virtuosi della vita crescono insieme,contribuiscono a far maturare la persona e a svilupparne la libertà, de-terminano la sua capacità di abitare la terra, di lavorare, gioire e ama-re, ne assecondano l’anelito a raggiungere la somiglianza con il som-mo bene, che è Dio Amore.

20 Gaudium et spes, n. 4.21 Ib., n. 17.22 Caritas in veritate, n. 78.23 BENEDETTO XVI, Discorso alla 61ª Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010 (cfr

Appendice).24 Ib.25 Ib.

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26 Cfr COMITATO PER IL PROGETTO CULTURALE, La sfida educativa. Rapporto-propo-sta sull’educazione, Laterza, Bari-Roma 2009, pp. 8-10.

27 PAOLO VI, Discorso per il 40° anniversario del Movimento Aspiranti della GIAC, 21marzo 1964.

28 Discorso alla 61ª Assemblea Generale della CEI, 27 maggio 2010.29 CONCILIO VATICANO II, Dichiarazione Nostra aetate, n. 1.30 BENEDETTO XVI, Discorso all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della pasto-

rale per i migranti e gli itineranti, 28 maggio 2010.31 Ib.32 PAOLO VI, Discorso alla Federazione Europea per l’educazione cattolica degli adulti, 3

maggio 1971.33 Cfr Gaudium et spes, n. 3; Caritas in veritate, n. 11.34 BENEDETTO XVI, Discorso alla 59ª Assemblea Generale della CEI, 28 maggio 2009.

Capitolo 2 – Gesù, il Maestro

16. Di fronte ai nodi che oggi caratterizzano la sfida educativa, cimettiamo ancora una volta alla scuola di Gesù. Lo facciamo con gran-de fiducia, sapendo che egli è il «Maestro buono» (Mc 10,17), che haparlato e ha agito, mostrando nella vita il suo insegnamento. Nel ge-sto della lavanda dei piedi dei suoi discepoli, nell’ora in cui li amò si-no alla fine, egli si presenta ancora come colui che ci educa con lasua stessa vita (cfr Gv 13,14).

Gesù è per noi non “un” maestro, ma “il” Maestro. La sua autorità,grazie alla presenza dinamica dello Spirito, raggiunge il cuore e ci for-ma interiormente, aiutandoci a gestire, nei modi e nelle forme piùidonee, anche i problemi educativi.

«Si mise a insegnare loro molte cose»

17. «Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassio-ne di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mi-se ad insegnare loro molte cose… E ordinò loro di farli sedere tutti, agruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta.Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la be-nedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuis-

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sero a loro» (Mc 6,34.39-41). Questa pagina del Vangelo secondo Mar-co è un testo ricco di risonanze anticotestamentarie 35: ci mostra Gesùnell’atteggiamento del pastore che raccoglie le sue pecore e se neprende cura mediante l’insegnamento e, con una prodigiosa frazionedel pane, sfama cinquemila persone.

La folla segue Gesù mossa dalla speranza di ricevere qualcosa didecisivo. Pur provenendo da città e situazioni diverse, appare animatada un desiderio comune. Gesù stesso si fa interprete delle atteseprofonde dei presenti. Lo sguardo che rivolge loro non è distaccato,ma partecipe, perché non scorge una folla anonima, bensì persone, dicui coglie il bisogno inespresso. Gesù vede in loro «pecore che nonhanno pastore»: è una metafora che rivela la situazione di un popoloche soffre per la mancanza di una guida autorevole o è disorientatoda maestri inaffidabili.

Lo smarrimento della folla suscita in Gesù una “compassione”, chenon è un’emozione superficiale, ma è lo stesso sentire con cui Dio,nella vicenda dell’esodo, ha ascoltato il gemito del suo popolo e se neè preso cura con vigore e tenerezza. Il bisogno delle persone interpel-la costantemente Gesù, che risponde ogni volta manifestando l’amorecompassionevole del Padre.

18. La prima azione di Gesù è l’insegnamento: «si mise a insegnareloro molte cose». Potrebbe sorgere spontanea la domanda se non sa-rebbe stato più opportuno provvedere subito al nutrimento di tantagente. Gesù, però, è cosciente di essere anzitutto il Maestro: per que-sto, con l’autorevolezza che viene dal Padre, comincia con l’indicarele vie della vita autentica. Egli rivela il mondo nuovo voluto da Dio echiama a esserne parte, sollecitando ciascuno a cooperare alla suaedificazione nella pace. Il popolo che egli pasce è invitato ad ascolta-re la sua parola, che conduce e fa riposare su pascoli erbosi (cfr Sal23,2). Gesù non smetterà di insegnare, parlando al cuore, neppure difronte all’incomprensione della folla e dei suoi stessi discepoli.

Il dono della parola si completa in quello del pane: «spezzò i panie li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero». L’ascolto della pa-rola costituisce la premessa indispensabile della condivisione. Si vede

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già, in filigrana, la prassi eucaristica della comunità cristiana. Nellostesso tempo, Gesù si prende cura dei bisogni concreti delle persone,preoccupandosi che tutti abbiano da mangiare.

Nel gesto della moltiplicazione dei pani e dei pesci è condensata lavita intera di Gesù che si dona per amore, per dare pienezza di vita.Neppure il suo corpo ha tenuto per sé: «prendete» «mangiate». L’inse-gnamento del Maestro trova compimento nel dono della sua esisten-za: Gesù è la parola che illumina e il pane che nutre, è l’amore cheeduca e forma al dono della propria vita: «Voi stessi date loro da man-giare» (Mc 6,37).

Dio educa il suo popolo

19. Non mancano, certo, nel Vangelo altri episodi in cui Gesù mo-stra il suo volto di educatore. Anche nel racconto dei due discepoli diEmmaus, ad esempio, Gesù è il Maestro che apre la mente dei disce-poli e scalda loro il cuore spiegando «in tutte le Scritture ciò che si ri-feriva a lui» (Lc 24,27). Nella prima moltiplicazione dei pani, però, Ge-sù è presentato come il pastore del tempo ultimo, il depositario dellapremura di Dio per il suo popolo. Alla luce di Cristo, compimento ditutta la rivelazione, possiamo leggere nella storia della salvezza il pro-getto di Dio che educa il suo popolo. Ripercorriamone le tappe fon-damentali.

L’esodo dall’Egitto è il tempo della formazione d’Israele, perché,accogliendo e mettendo in pratica i comandamenti di Dio, diventi ilpopolo dell’alleanza (cfr Dt 8,1). Il cammino nel deserto ha un caratte-re esemplare: le crisi, la fame e la sete, sono descritte come atti edu-cativi, «per sapere quello che avevi nel cuore… per farti capire chel’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto escedalla bocca del Signore» (Dt 8,2-3). L’esortazione divina crea la consa-pevolezza interiore: «Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uo-mo corregge il figlio, così il Signore, tuo Dio, corregge te» (Dt 8,5).

Anche nell’annuncio dei profeti la storia è intesa come un camminoeducativo, segnato da conflitti e riconciliazioni, perdite e ritrovamenti,tensioni e incontri. Come negli scritti sapienziali, Dio è presentato at-traverso le figure del padre, della madre e del maestro.

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L’immagine paterna è proposta dal profeta Osea. Il Signore ama eperciò chiama il suo figlio, Israele: gli insegna a camminare, lo prendein braccio e lo cura, lo attrae a sé con legami di bontà e vincoli d’a-more, lo solleva alla guancia e si china per nutrirlo, mettendo in contoanche i fallimenti (cfr Os 11,3-4).

Isaia, a sua volta, propone un’immagine materna di toccante tene-rezza: «Voi sarete allattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sareteaccarezzati. Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò; aGerusalemme sarete consolati» (Is 66,12-13).

Nel libro del Siracide, infine, Dio appare come educatore attraversola mediazione degli uomini, specialmente nella relazione fra maestro ediscepolo. Il maestro si sente padre del discepolo, che chiama «figliomio»; gli si presenta anzitutto come innamorato della sapienza e gli sipropone come modello (cfr Sir 24,30-34), esortandolo a seguirlo conzelo e a frequentarlo ogni giorno, fino a consumare la soglia della suacasa (cfr Sir 51,23-27). Nell’opera d’insegnamento egli genera il giova-ne discepolo, aiutandolo a diventare adulto, capace di giudicare e discegliere.

Nella storia della salvezza, dunque, si manifestano la guida provvi-denziale di Dio e la sua pedagogia misericordiosa, che raggiungono lapienezza in Gesù Cristo; in lui trovano compimento e risplendono lalegge e i profeti (cfr Mc 9,2-10). «È Lui il Maestro alla cui scuola risco-prire il compito educativo come un’altissima vocazione alla quale ognifedele, con diverse modalità, è chiamato»36.

Gesù Cristo è la via, che conduce ciascuno alla piena realizzazionedi sé secondo il disegno di Dio. È la verità, che rivela l’uomo a sestesso e ne guida il cammino di crescita nella libertà. È la vita, perchéin lui ogni uomo trova il senso ultimo del suo esistere e del suo ope-rare: la piena comunione di amore con Dio nell’eternità.

Prima di ritornare al Padre, Gesù promette ai suoi discepoli il donodello Spirito Santo, attraverso il quale continuerà la sua opera educati-

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va. Lo Spirito di verità è mandato per aiutare coloro che lo riceveran-no a comprendere e interiorizzare tutto quello che Gesù ha detto e in-segnato e per parlare delle cose future (cfr Gv 16,13).

La Chiesa discepola, madre e maestra

20. La Chiesa è luogo e segno della permanenza di Gesù Cristonella storia. Anche nel suo compito educativo, come in tutto ciò cheessa è e opera, attinge da Cristo e ne diventa discepola, seguendonele orme, grazie al dono dello Spirito Santo 37.

Gli Atti degli Apostoli descrivono in forma tipica la vita della Chie-sa appena nata e la sua crescita nella fede: «Erano perseveranti nell’in-segnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane enelle preghiere. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosain comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevanocon tutti, secondo il bisogno di ciascuno.

Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando ilpane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lo-dando Dio e godendo il favore di tutto il popolo» (At 2,42-47).

Ascolto assiduo della parola di Dio, celebrazione liturgica e comu-nione nella carità sono, dunque, le dimensioni costitutive della vitaecclesiale; esse hanno un’intrinseca forza educativa, poiché medianteil loro continuo esercizio il credente è progressivamente conformato aCristo. Mentre testimonia la fede in letizia e semplicità, la comunità di-viene capace di condividere i beni materiali e spirituali. Già così ilcompito educativo si mostra quale «esigenza costitutiva e permanentedella vita della Chiesa»38.

21. La Chiesa educa in quanto madre, grembo accogliente, comu-nità di credenti in cui si è generati come figli di Dio e si fa l’esperien-za del suo amore. A lei si rivolgeva Sant’Agostino: «Oh Chiesa cattoli-ca, oh madre dei cristiani nel senso più vero… tu educhi ed ammae-stri tutti: i fanciulli con tenerezza infantile, i giovani con forza, i vecchicon serenità, ciascuno secondo l’età, secondo le sue capacità non solocorporee ma anche psichiche. Chi debba essere educato, ammonito o

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condannato, tu lo insegni a tutti con solerzia, mostrando che non sideve dare tutto a tutti, ma a tutti amore e a nessuno ingiustizia»39.

Avendo il compito di servire la ricerca della verità, la Chiesa è an-che maestra. Essa «per obbedire al divino mandato: ‘Istruite tutte legenti’ (Mt 28,19), è tenuta ad operare instancabilmente ‘affinché la pa-rola di Dio corra e sia glorificata’ (2Ts 3,1)... Per volontà di Cristo laChiesa cattolica è maestra di verità e sua missione è di annunziare edi insegnare autenticamente la verità che è Cristo, e nello stesso tem-po di dichiarare e di confermare autoritativamente i principi dell'ordi-ne morale che scaturiscono dalla stessa natura umana»40.

Formare alla vita secondo lo Spirito

22. La Chiesa promuove nei suoi figli anzitutto un’autentica vitaspirituale, cioè un’esistenza secondo lo Spirito (cfr Gal 5,25). Essa nonè frutto di uno sforzo volontaristico, ma è un cammino attraverso ilquale il Maestro interiore apre la mente e il cuore alla comprensionedel mistero di Dio e dell’uomo: lo Spirito che «il Padre manderà nelmio nome vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi hodetto» (Gv 14,26).

Lo Spirito forma il cristiano secondo i sentimenti di Cristo, guida al-la verità tutta intera, illumina le menti, infonde l’amore nei cuori, forti-fica i corpi deboli, apre alla conoscenza del Padre e del Figlio, e dà «atutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità»41.

La formazione spirituale tende a farci assimilare quanto ci è stato ri-velato in Cristo, affinché la nostra esistenza possa corrispondere ognigiorno di più al suo dono: «Non conformatevi a questo mondo, ma la-sciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poterdiscernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto»(Rm 12,2).

L’azione dello Spirito plasma la vita in questa prospettiva: «Il cultogradito a Dio diviene così un nuovo modo di vivere tutte le circostan-ze dell’esistenza in cui ogni particolare viene esaltato, in quanto vissu-to dentro il rapporto con Cristo e come offerta a Dio»42.

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Rinati nel battesimo per mezzo dello Spirito Santo, possiamo cam-minare in una vita nuova, liberi dalla schiavitù del peccato e resi ca-paci di amare Dio e i fratelli con lo stesso amore di Cristo: «camminatesecondo lo Spirito – ci esorta San Paolo – e non sarete portati a soddi-sfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari alloSpirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si op-pongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste» (Gal5,16-17).

I santi rivelano con la loro vita l’azione potente dello Spirito che liha rivestiti dei suoi doni e li ha resi forti nella fede e nell’amore. Ognicristiano è chiamato a seguirne l’esempio, cogliendo il frutto delloSpirito, che è «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà,fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22).

Promuovere un’autentica vita spirituale risponde alla richiesta, oggidiffusa, di accompagnamento personale. Si tratta di un compito deli-cato e importante, che richiede profonda esperienza di Dio e intensavita interiore. In questa luce, devono essere attentamente vagliati i se-gni di risveglio religioso presenti nella società: essi possono rivelarel’azione dello Spirito e la ricerca di un senso che dia unità all’esisten-za.

23. L’accoglienza del dono dello Spirito porta ad abbracciare tuttala vita come vocazione. Nel nostro tempo, è facile all’uomo ritenersil’unico artefice del proprio destino e pertanto concepirsi «senza voca-zione»43. Per questo è importante che nelle nostre comunità ciascunoimpari a riconoscere la vita come dono di Dio e ad accoglierla secon-do il suo disegno d’amore.

Come ha affermato il Concilio Vaticano II, Gesù Cristo, manifestan-doci il mistero del Padre e del suo amore, ha rivelato anche l’uomo ase stesso, rendendogli nota la sua altissima vocazione 44, che è essen-zialmente chiamata alla santità, ossia alla perfezione dell’amore 45.

La nostra azione educativa deve «riproporre a tutti con convinzionequesta ‘misura alta’ della vita cristiana ordinaria: tutta la vita dellacomunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questadirezione»46. La Chiesa attinge alla sua grande tradizione spirituale,

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proponendo ai fedeli cammini di santità, con un’adeguata direzionespirituale, necessaria al discernimento della chiamata.

24. Lo Spirito del Signore Gesù suscita e alimenta le molteplici di-mensioni dell’azione educativa. Ne richiamiamo alcune in dettaglio.

La dimensione missionaria. «Riceverete la forza dallo Spirito Santoche scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, intutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8). È loSpirito a formare la Chiesa per la missione, la testimonianza e l’annun-cio. Grazie alla sua forza, la Chiesa diventa segno e strumento dellacomunione di tutti gli uomini tra loro e con Dio, manifesta l’amorefraterno da cui ciascuno può riconoscere i discepoli del Signore (cfrGv 13,35) e proclama in ogni lingua le grandi opere di Dio tra i popo-li (cfr At 2,9-11).

La dimensione ecumenica e dialogica. Lo Spirito è principio diunità: «un solo corpo e un solo Spirito, come una sola è la speranzaalla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione» (Ef 4,4).Egli unisce intimamente in Cristo tutti i battezzati, suscitando in loro ildesiderio della comunione visibile; ispira l’incontro tra le diverse con-fessioni cristiane, perché convergano verso l’unità voluta dal Signore;incoraggia il dialogo con i credenti di altre religioni e con ogni uomodi buona volontà.

La dimensione caritativa e sociale. Il punto culminante della forma-zione secondo lo Spirito è l’amore: «Se parlassi le lingue degli uominie degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rim-bomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profe-zia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se posse-dessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità,non sarei nulla» (1Cor 13,1-2). Con la sua opera educativa la Chiesaintende essere testimone dell’amore di Dio nell’offerta di se stessa;nell’accoglienza del povero e del bisognoso; nell’impegno per unmondo più giusto, pacifico e solidale; nella difesa coraggiosa e profe-tica della vita e dei diritti di ogni donna e di ogni uomo, in particolaredi chi è straniero, immigrato ed emarginato; nella custodia di tutte lecreature e nella salvaguardia del creato.

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La dimensione escatologica. L’educazione cristiana orienta la perso-na verso la pienezza della vita eterna. È lo Spirito che «attesta che sia-mo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coe-redi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per par-tecipare anche alla sua gloria» (Rm 8,16-17). Ciò non allontana dall’im-pegno nelle realtà terrene, ma preserva dal cadere nell’idolatria di sestessi, delle cose e del mondo 47. La persona umana, infatti, «è un’unitàdi anima e corpo, nata dall’amore creatore di Dio e destinata a vivereeternamente. L’essere umano si sviluppa quando cresce nello spirito,quando la sua anima conosce se stessa e le verità che Dio vi ha ger-minalmente impresso, quando dialoga con se stesso e il suo Creato-re»48.

35 Cfr Nm 27,17; 1Re 22,17; Gdt 11,19; Ez 34,8; Zc 10,2.36 Discorso alla 59ª Assemblea Generale della CEI, 28 maggio 2009.37 Cfr CONCILIO VATICANO II, Costituzione dogmatica Dei Verbum, n. 8.38 Discorso alla 59ª Assemblea Generale della CEI, 28 maggio 2009.39 SANT’AGOSTINO, I costumi della Chiesa cattolica e i costumi dei Manichei, I, 30, 62-63.40 CONCILIO VATICANO II, Dichiarazione Dignitatis humanae, n. 14.41 Dei Verbum, n. 5.42 BENEDETTO XVI, Esortazione apostolica Sacramentum caritatis, 22 febbraio 2007, n. 71.43 PONTIFICIA OPERA DELLE VOCAZIONI ECCLESIASTICHE, Nuove vocazioni per una

nuova Europa, 8 dicembre 1997, n. 11c.44 Cfr Gaudium et spes, n. 22.45 Cfr Lumen gentium, cap. V.46 Novo millennio ineunte, n. 31.47 Cfr Gaudium et spes, nn. 33-39.48 Caritas in veritate, n. 76.

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Capitolo 3 – Educare, cammino di relazione e di fiducia

Un desiderio che trova risposta

25. In Gesù, maestro di verità e di vita che ci raggiunge nella forzadello Spirito, noi siamo coinvolti nell’opera educatrice del Padre e sia-mo generati come uomini nuovi, capaci di stabilire relazioni vere conogni persona. È questo il punto di partenza e il cuore di ogni azioneeducativa.

Una delle prime pagine del Vangelo secondo Giovanni ci aiuta a ri-trovare alcuni tratti essenziali della relazione educativa tra Gesù e isuoi discepoli, fondata sull’atteggiamento di amore di Gesù e vissutanella fedeltà di chi accetta di stare con lui (cfr Mc 3,14) e di mettersialla sua sequela.

Giovanni Battista posa il suo sguardo su Gesù che passa e lo indicaai suoi discepoli. Due di loro, avendo udito la testimonianza del Batti-sta, si mettono alla sequela di Gesù. A questo punto, è

lui a volgersi indietro e a prendere l’iniziativa del dialogo con unadomanda, che è la prima parola che l’evangelista pone sulle labbradel Signore.

«Che cosa cercate?» (1,38): suscitare e riconoscere un desiderio. Ladomanda di Gesù è una prima chiamata che incoraggia a interrogarsisul significato autentico della propria ricerca. È la domanda che Gesùrivolge a chiunque desideri stabilire un rapporto con lui: è una “pro-vocazione” a chiarire a se stessi cosa si stia cercando davvero nella vi-ta, a discernere ciò di cui si sente la mancanza, a scoprire cosa stiarealmente a cuore. Dalla domanda traspare l’atteggiamento educativodi Gesù: egli è il Maestro che fa appello alla libertà e a ciò che di piùautentico abita nel cuore, facendone emergere il desiderio inespresso.In risposta, i due discepoli gli domandano a loro volta: «Maestro, dovedimori?». Mostrano di essere affascinati dalla persona di Gesù, interes-sati a lui e alla bellezza della sua proposta di vita. Prende avvio, così,una relazione profonda e stabile con Gesù, racchiusa nel verbo “di-morare”.

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«Venite e vedrete» (1,39): il coraggio della proposta. Dopo una suc-cessione di domande, giunge la proposta. Gesù rivolge un invitoesplicito («venite»), a cui associa una promessa («vedrete»). Ci mostra,così, che per stabilire un rapporto educativo occorre un incontro chesusciti una relazione personale: non si tratta di trasmettere nozioniastratte, ma di offrire un’esperienza da condividere. I due discepoli sirivolgono a Gesù chiamandolo Rabbì, cioè maestro: è un chiaro se-gnale della loro intenzione di entrare in relazione con qualcuno chepossa guidarli e faccia fiorire la vita.

«Rimasero con lui» (1,39): accettare la sfida. Accettando l’invito diGesù, i discepoli si mettono in gioco decidendo d’investire tutto sestessi nella sua proposta. Dall’esempio di Gesù apprendiamo che larelazione educativa esige pazienza, gradualità, reciprocità distesa neltempo. Non è fatta di esperienze occasionali e di gratificazioni istanta-nee. Ha bisogno di stabilità, progettualità coraggiosa, impegno duratu-ro.

«Signore, da chi andremo?» (6,68): perseverare nell’impresa. L’itine-rario educativo dei discepoli di Gesù ci conduce a Cafarnao (cfr 6,1-71). Dopo aver ascoltato le sue parole esigenti, molti si erano scorag-giati e non erano più disposti a seguirlo. Il loro abbandono suscita lareazione di Gesù, che pone ai Dodici una domanda sferzante: «Voleteandarvene anche voi?» (6, 67). I discepoli misurano così il prezzo dellascelta. La relazione con Gesù non può continuare per inerzia. Ha, in-vece, bisogno di una rinnovata decisione, come dichiara pubblica-mente Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna enoi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (6, 68-69). Egli solo ha parole che rendono la vita degna di essere vissuta.

«Signore, tu lavi i piedi a me?» (13,6): accettare di essere amato. NelCenacolo, prima della festa di Pasqua, la relazione di Gesù con i di-scepoli vive un nuovo e decisivo passaggio quando questi apre il suoanimo compiendo il gesto della lavanda dei piedi (cfr 13,2-20). L’e-vangelista prepara il lettore al sorprendente racconto con un’espres-sione che ricapitola tutta la vita di Gesù: «Avendo amato i suoi cheerano nel mondo, li amò fino alla fine» (13,1). La lavanda dei piedi èun gesto rivoluzionario che rovescia i rapporti abituali tra maestro e

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discepoli, tra padrone e servi. Il rifiuto di Pietro di farsi lavare i piedilascia intuire l’incomprensione del discepolo davanti a un’iniziativacosì sconvolgente e lontana dalle sue aspettative. Pietro fa fatica adaccettare di essere in debito: è arduo lasciarsi amare, credere in unDio che si propone non come padrone, ma come servitore della vita.È difficile ricevere un dono con animo libero: nell’atto di essere “lava-to” da Cristo, Pietro intuisce di dovergli tutto.

«Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri»(13,34): vivere la relazione nell’amore. Prima di congedarsi dai suoi,Gesù consegna loro il suo testamento. Tra le sue parole spicca il co-mandamento dell’amore fraterno (cfr 13,34-35; 15,9-11). L’amore è ilcompimento della relazione, il fine di tutto il cammino. Il rapporto tramaestro e discepolo non ha niente a che vedere con la dipendenzaservile: si esprime nella libertà del dono. Tre sono le sue caratteristi-che: l’estrema dedizione («Nessuno ha un amore più grande di questo:dare la sua vita per i propri amici»: 15,13); la familiarità confidente(«tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi»:15,15); la scelta libera e gratuita («Non voi avete scelto me, ma io hoscelto voi»: 15,16). Il frutto di questa esperienza è la missione che Ge-sù affida ai suoi discepoli: «Da questo tutti sapranno che siete miei di-scepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (13,35; cfr 15,12-17).

Un incontro che genera un cammino

26. «Cristiani si diventa, non si nasce»49. Questo notissimo detto diTertulliano sottolinea la necessità della dimensione propriamente edu-cativa nella vita cristiana. Si tratta di un itinerario condiviso, in cuieducatori ed educandi intrecciano un’esperienza umana e spiritualeprofonda e coinvolgente.

Educare richiede un impegno nel tempo, che non può ridursi a in-terventi puramente funzionali e frammentari; esige un rapporto perso-nale di fedeltà tra soggetti attivi, che sono protagonisti della relazioneeducativa, prendono posizione e mettono in gioco la propria libertà.Essa si forma, cresce e matura solo nell’incontro con un’altra libertà; siverifica solo nelle relazioni personali e trova il suo fine adeguato nellaloro maturazione.

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27. Esiste un nesso stretto tra educare e generare: la relazione edu-cativa s’innesta nell’atto generativo e nell’esperienza di essere figli 50.L’uomo non si dà la vita, ma la riceve. Allo stesso modo, il bambinoimpara a vivere guardando ai genitori e agli adulti. Si inizia da una re-lazione accogliente, in cui si è generati alla vita affettiva, relazionale eintellettuale.

Il legame che si instaura all’interno della famiglia sin dalla nascitalascia un’impronta indelebile. L’apporto di padre e madre, nella lorocomplementarità, ha un influsso decisivo nella vita dei figli. Spetta aigenitori assicurare loro la cura e l’affetto, l’orizzonte di senso e l’orien-tamento nel mondo. Oggi viene enfatizzata la dimensione materna,mentre appare più debole e marginale la figura paterna. In realtà, èdeterminante la responsabilità educativa di entrambi. È proprio la dif-ferenza e la reciprocità tra il padre e la madre a creare lo spazio fe-condo per la crescita piena del figlio. Ciò è vero perfino quando i ge-nitori vivono situazioni di crisi e di separazione.

Il ruolo dei genitori e della famiglia incide anche sulla rappresenta-zione e sull’esperienza di Dio. Il loro compito di educare alla fede siinserisce nella capacità generativa della comunità cristiana, volto con-creto della Chiesa madre. Pure in questo ambito, si tratta di avviare unprocesso che dal battesimo si sviluppi in un percorso di iniziazioneche accompagni, nutra e porti a maturazione.

28. La risposta al dono della vita si attua nel corso dell’esistenza.L’immagine del cammino ci fa comprendere che l’educazione è unprocesso di crescita che richiede pazienza. Progredire verso la matu-rità impegna la persona in una formazione permanente, caratterizzatada alcuni elementi chiave: il tempo, il coraggio, la meta.

L’educazione, costruita essenzialmente sul rapporto educatore ededucando, non è priva di rischi e può sperimentare crisi e fallimenti:richiede quindi il coraggio della perseveranza. Entrambi sono chiamatia mettersi in gioco, a correggere e a lasciarsi correggere, a modificaree a rivedere le proprie scelte, a vincere la tentazione di dominare l’al-tro.

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Il processo educativo è efficace quando due persone si incontranoe si coinvolgono profondamente, quando il rapporto è instaurato emantenuto in un clima di gratuità oltre la logica della funzionalità, ri-fuggendo dall’autoritarismo che soffoca la libertà e dal permissivismoche rende insignificante la relazione. È importante sottolineare cheogni itinerario educativo richiede che sia sempre condivisa la metaverso cui procedere.

Al centro dell’esperienza cristiana c’è l’incontro tra la libertà di Dioe quella dell’uomo, che non si annullano a vicenda. La libertà dell’uo-mo, infatti, viene continuamente educata dall’incontro con Dio, chepone la vita dei suoi figli in un orizzonte nuovo: «Abbiamo creduto al-l’amore di Dio – così il cristiano può esprimere la scelta fondamentaledella sua vita. All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione eti-ca o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con unaPersona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzionedecisiva»51.

La meta del cammino consiste nella perfezione dell’amore. Il Mae-stro ci esorta: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste»(Mt 5,48). Nell’itinerario verso la vita piena, Gesù ci invita a seguirlosulla via delle beatitudini, strada di gioiosa pienezza, e sul sentierodella croce, supremo atto d’amore consumato sino alla fine (cfr Gv19,30; 13,1).

Con la credibilità del testimone

29. Ogni adulto è chiamato a prendersi cura delle nuove genera-zioni, e diventa educatore quando ne assume i compiti relativi con ladovuta preparazione e con senso di responsabilità.

L’educatore è un testimone della verità, della bellezza e del bene,cosciente che la propria umanità è insieme ricchezza e limite. Ciò lorende umile e in continua ricerca. Educa chi è capace di dare ragionedella speranza che lo anima ed è sospinto dal desiderio di trasmetter-la. La passione educativa è una vocazione, che si manifesta comeun’arte sapienziale acquisita nel tempo attraverso un’esperienza matu-rata alla scuola di altri maestri. Nessun testo e nessuna teoria, perquanto illuminanti, potranno sostituire l’apprendistato sul campo.

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L’educatore compie il suo mandato anzitutto attraverso l’autorevo-lezza della sua persona. Essa rende efficace l’esercizio dell’autorità; èfrutto di esperienza e di competenza, ma si acquista soprattutto con lacoerenza della vita e con il coinvolgimento personale. Educare è unlavoro complesso e delicato, che non può essere improvvisato o affi-dato solo alla buona volontà.

Il senso di responsabilità si esplica nella serietà con cui si svolge ilproprio servizio. Senza regole di comportamento, fatte valere giornoper giorno anche nelle piccole cose, e senza educazione della libertànon si forma la coscienza, non si allena ad affrontare le prove dellavita, non si irrobustisce il carattere.

Infine, l’educatore si impegna a servire nella gratuità, ricordandoche «Dio ama chi dona con gioia» (2Cor 9,7). Nessuno è padrone diciò che ha ricevuto, ma ne è custode e amministratore, chiamato aedificare un mondo migliore, più umano e più ospitale. Ciò vale pureper i genitori, chiamati non soltanto a dare la vita, ma anche ad aiuta-re i figli a intraprendere la loro personale avventura.

Passione per l’educazione

30. Quanti accettano la scommessa dell’educazione possono talvol-ta sentirsi disorientati. Viviamo, infatti, in un contesto problematico,che induce a dubitare del valore della persona umana, del significatostesso della verità e del bene e, in ultima analisi, della bontà della vi-ta. Ciò indebolisce l’impegno a «trasmettere da una generazione all’al-tra qualcosa di valido e di certo, regole di comportamento, obiettivicredibili intorno ai quali costruire la propria vita»52. Tali difficoltà,però, non sono insuperabili; «sono piuttosto, per così dire, il rovesciodella medaglia di quel dono grande e prezioso che è la nostra libertà,con la responsabilità che giustamente l’accompagna»53.

Illuminati dalla fede nel nostro Maestro e incoraggiati dal suoesempio, noi abbiamo invece buone ragioni per ritenere di essere allesoglie di un tempo opportuno per nuovi inizi. Occorre, però, ravviva-re il coraggio, anzi la passione per l’educare. È necessario formare glieducatori, motivandoli a livello personale e sociale, e riscoprire il si-gnificato e le condizioni dell’impegno educativo. Infatti, «a differenza

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di quanto avviene in campo tecnico o economico, dove i progressi dioggi possono sommarsi a quelli del passato, nell’ambito della forma-zione e della crescita morale delle persone non esiste una simile pos-sibilità di accumulazione, perché la libertà dell’uomo è sempre nuovae quindi ciascuna persona e ciascuna generazione deve prendere dinuovo, e in proprio, le sue decisioni. Anche i più grandi valori delpassato non possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostrie rinnovati attraverso una, spesso sofferta, scelta personale»54.

Una relazione che si trasforma nel tempo

31. La credibilità dell’educatore è sottoposta alla sfida del tempo,viene costantemente messa alla prova e deve essere continuamente ri-conquistata. La relazione educativa si sviluppa lungo tutto il corso del-l’esistenza umana e subisce trasformazioni specifiche nelle diverse fa-si.

Le età della vita sono profondamente mutate: oggi è venuto menoquel clima di relazioni che agevolava, con gradualità e rispetto delmondo interiore, il passaggio alle età successive. Si parla di “infanziarubata”, cioè di una società che rovescia sui bambini messaggi e sti-moli pensati per i grandi.

La sete di conoscenza e di relazioni amicali caratterizza i ragazzi,che accolgono l’azione educativa quando essa è volta non solo al sa-pere, ma anche al fare e alla valorizzazione delle loro capacità. L’e-sperienza cattura il loro interesse e li rende protagonisti: è riscontrabi-le quando sono coinvolti come gruppo in servizi verso gli altri. Il pro-cesso educativo è fortemente legato alla sfera affettiva, per cui è rile-vante la qualità del rapporto che l’educatore riesce a stabilire con cia-scuno. Per crescere serenamente, il ragazzo ha bisogno di ambientiricchi di umanità e positività.

Gli adolescenti percorrono le tappe della crescita con stati d’animoche oscillano tra l’entusiasmo e lo scoraggiamento. Soffrono per l’insi-curezza che accompagna la loro età, cercano l’amicizia, godono nellostare insieme ai coetanei e avvertono il desiderio di rendersi autonomidagli adulti e in specie dalla famiglia di origine. In questa fase, hannobisogno di educatori pazienti e disponibili, che li aiutino a riordinare

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il loro mondo interiore e gli insegnamenti ricevuti, secondo una pro-gressiva scelta di libertà e responsabilità. Nella vita di relazione e nel-l’azione maturano la loro coscienza morale e il senso della vita comedono. Un tratto centrale della crescita, che oggi per vari aspetti assu-me caratteri problematici, è quello dello sviluppo affettivo e sessuale:va affrontato serenamente, ma anche con la massima cura, perché in-cide profondamente sull’armonia della persona.

32. Ai giovani vogliamo dedicare un’attenzione particolare. Molti diloro manifestano un profondo disagio di fronte a una vita priva di va-lori e di ideali. Tutto diventa provvisorio e sempre revocabile. Ciòcausa sofferenza interiore, solitudine, chiusura narcisistica oppureomologazione al gruppo, paura del futuro e può condurre a un eser-cizio sfrenato della libertà. A fronte di tali situazioni, è presente neigiovani una grande sete di significato, di verità e di amore. Da questadomanda, che talvolta rimane inespressa, può muovere il processoeducativo. Nei modi e nei tempi opportuni, diversi e misteriosi perciascuno, essi possono scoprire che solo Dio placa fino in fondo que-sta sete.

Benedetto XVI, dopo aver riconosciuto quanto nell’odierno conte-sto culturale sia difficile per un giovane vivere da cristiano, aggiunge:«Mi sembra che questo sia il punto fondamentale nella

nostra cura pastorale per i giovani: attirare l’attenzione sulla sceltadi Dio, che è la vita. Sul fatto che Dio c’è. E c’è in modo molto con-creto. E insegnare l’amicizia con Gesù Cristo»55.

Questo cammino, con le sue esigenze radicali, deve tendere all’in-contro con Gesù mediante il riconoscimento della sua identità di Fi-glio di Dio e Salvatore; l’appartenenza consapevole alla Chiesa; la co-noscenza amorevole e orante della Sacra Scrittura; la partecipazioneattiva all’Eucaristia; l’accoglienza delle esigenze morali della sequela;l’impegno di fraternità verso tutti gli uomini; la testimonianza della fe-de sino al dono sincero di sé.

Particolarmente importanti risultano per i giovani le esperienze dicondivisione nei gruppi parrocchiali, nelle associazioni e nei movi-menti, nel volontariato, nel servizio in ambito sociale e nei territori di

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missione. In esse imparano a stimarsi non solo per quello che fanno,ma soprattutto per quello che sono. Spesso tali esperienze si rivelanodecisive per l’elaborazione del proprio orientamento vocazionale, cosìda poter rispondere con coraggio e fiducia alle chiamate esigenti del-l’esistenza cristiana: il matrimonio e la famiglia, il sacerdozio ministe-riale, le varie forme di consacrazione, la missione ad gentes, l’impe-gno nella professione, nella cultura e nella politica 56.

Occorre tenere presenti, poi, alcuni nodi esistenziali propri dell’etàgiovanile: pensiamo ai problemi connessi a una visione corretta dellarelazione tra i sessi, alla precarietà negli affetti, alla devianza, alle diffi-coltà legate al corso degli studi, all’ingresso nel mondo del lavoro e alricambio generazionale.

La comunità cristiana si rivolge ai giovani con speranza: li cerca, liconosce e li stima; propone loro un cammino di crescita significativo.I loro educatori devono essere ricchi di umanità, maestri, testimoni ecompagni di strada, disposti a incontrarli là dove sono, ad ascoltarli, aridestare le domande sul senso della vita e sul loro futuro, a sfidarlinel prendere sul serio la proposta cristiana, facendone esperienza nel-la comunità.

I giovani sono una risorsa preziosa per il rinnovamento della Chie-sa e della società. Resi protagonisti del proprio cammino, orientati eguidati a un esercizio corresponsabile della libertà, possono davverosospingere la storia verso un futuro di speranza.

Negli ambiti della vita quotidiana

33. L’opera educativa si gioca sempre all’interno delle relazionifondamentali dell’esistenza; è efficace nella misura in cui incontra lapersona, nell’insieme delle sue esperienze. Come è emerso dal Conve-gno ecclesiale di Verona, gli ambiti della vita affettiva, del lavoro edella festa, della fragilità umana, della tradizione e della cittadinanzarappresentano un’articolazione molto utile per rileggere l’impegnoeducativo, al quale offrono stimoli e obiettivi.

Si mostra così la rilevanza antropologica dell’educazione cristiana esi favorisce una considerazione unitaria della persona nell’azione pa-

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storale. Attraverso questa multiforme attenzione educativa, potrà«emergere soprattutto quel grande ‘sì’ che in Gesù Cristo Dio ha dettoall’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla no-stra intelligenza; come, pertanto, la fede nel Dio dal volto umano por-ti la gioia nel mondo»57. In questo modo, la comunità dei credenti te-stimonia l’amore profondo della Chiesa per l’uomo e per il suo futuroe l’atteggiamento di servizio che la anima.

Una storia di santità

34. Nell’opera educativa della Chiesa emerge con evidenza il ruoloprimario della testimonianza, perché l’uomo contemporaneo ascoltapiù volentieri i testimoni che i maestri, e se ascolta i maestri lo fa per-ché sono anche testimoni credibili e coerenti della Parola che annun-ciano e vivono 58. Nella storia della Chiesa in Italia sono presenti e do-cumentate innumerevoli opere e istituzioni formative – scuole, univer-sità, centri di formazione professionale, oratori – promosse da diocesi,parrocchie, istituti di vita consacrata e aggregazioni laicali. Molte sonole figure esemplari – tra cui non pochi santi – che hanno fatto dell’im-pegno educativo la loro missione e hanno dato vita a iniziative singo-lari, parecchie delle quali mantengono ancora oggi la loro validità esono un prezioso contributo al bene della società.

L’azione di questi grandi educatori si fonda sulla convinzione cheoccorra «illuminare la mente per irrobustire il cuore» e sull’intima per-cezione che «l’educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è il pa-drone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne in-segna l’arte e non ce ne mette in mano la chiave»59. Nell’opera deigrandi testimoni dell’educazione cristiana, secondo la genialità e lacreatività di ciascuno, troviamo i tratti fondamentali della azione edu-cativa: l’autorevolezza dell’educatore, la centralità della relazione per-sonale, l’educazione come atto di amore, una visione di fede che dàfondamento e orizzonte alla ricerca di senso dei giovani, la formazio-ne integrale della persona, la corresponsabilità per la costruzione delbene comune.

Insieme a tali figure, dobbiamo ricordare il segno lasciato da tantieducatori che, in ogni stato di vita, con la loro testimonianza umile e

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quotidiana, hanno inciso in modo profondo sulla nostra maturazione.Mentre va riconosciuto e apprezzato il lavoro straordinario di numero-si insegnanti, animatori e catechisti, si avverte il bisogno di suscitare esostenere una nuova generazione di cristiani che si dedichi all’operaeducativa, capace di assumere come scelta di vita la passione per i ra-gazzi e per i giovani, disposta ad ascoltarli, accoglierli e accompagnar-li, a far loro proposte esigenti anche in contrasto con la mentalità cor-rente.

Particolare importanza assume la formazione dei seminaristi, deidiaconi e dei presbiteri al ruolo di educatori. La vicinanza quotidianadei sacerdoti alle famiglie li rende per eccellenza i formatori dei for-matori e le guide spirituali che, nella comunità, sostengono il cammi-no della fede di ogni battezzato.

49 TERTULLIANO, Apologetico, 18,4.50 Cfr GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie Gratissimam sane, 2 febbraio 1994, n. 16.51 BENEDETTO XVI, Lettera enciclica Deus caritas est, 25 dicembre 2005, n. 1.52 Lettera alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione.53 Ib.54 Ib.55 BENEDETTO XVI, Incontro quaresimale con il clero romano, 7 febbraio 2008.56 Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Per un Paese solidale. Chiesa italiana e

Mezzogiorno, 21 febbraio 2010, n. 17.57 Discorso al IV Convegno nazionale della Chiesa italiana.58 Cfr PAOLO VI, Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, 8 dicembre 1975, n. 41.59 EUGENIO CERIA, Memorie biografiche di san Giovanni Bosco, vol. XVI, SEI, Torino

1935, p. 447.

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Capitolo 4 – La Chiesa, comunità educante

«Un solo corpo e un solo spirito»

35. Nell’unico corpo di Cristo, che è la Chiesa, ogni battezzato haricevuto da Dio una personale chiamata per l’edificazione e la crescitadella comunità: «Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è lasperanza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione...Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti,ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri,per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificareil corpo di Cristo» (Ef 4,4.11-12).

Nella Chiesa unità non significa uniformità, ma comunione di ric-chezze personali. Proprio esprimendo nella loro diversità l’abbondan-za dei doni di Gesù risorto, i vari carismi concorrono alla vita e allacrescita del corpo ecclesiale e convergono nel riconoscimento della si-gnoria di Cristo: «finché arriviamo tutti all’unità della fede e della co-noscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungerela misura della pienezza di Cristo… agendo secondo verità nella ca-rità, cerchiamo di crescere in ogni cosa, tendendo a lui, che è il capo,Cristo» (Ef 4,13.15).

Dall’unità in Cristo scaturisce l’impegno a vivere questo dono neidiversi ambiti della vita, a cominciare dalla famiglia: tra coniugi (cfr Ef5,21-33) e tra genitori e figli: «Figli, obbedite ai vostri genitori nel Si-gnore, perché questo è giusto… E voi, padri, non esasperate i vostrifigli, ma fateli crescere nella disciplina e negli insegnamenti del Signo-re» (Ef 6,1.4). Anche nella vita sociale i cristiani sono chiamati a mani-festare questo spirito di comunione e di unità (cfr Ef 6,5-9).

La complessità dell’azione educativa sollecita i cristiani ad adope-rarsi in ogni modo affinché si realizzi «un’alleanza educativa tra tutticoloro che hanno responsabilità in questo delicato ambito della vitasociale ed ecclesiale»60. Fede, cultura ed educazione interagiscono, po-nendo in rapporto dinamico e costruttivo le varie dimensioni della vi-ta. La separazione e la reciproca estraneità dei cammini formativi, siaall’interno della comunità cristiana sia in rapporto alle istituzioni civili,

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indebolisce l’efficacia dell’azione educativa fino a renderla sterile. Sesi vuole che essa ottenga il suo scopo, è necessario che tutti i soggetticoinvolti operino armonicamente verso lo stesso fine. Per questo oc-corre elaborare e condividere un progetto educativo che definiscaobiettivi, contenuti e metodi su cui lavorare.

Il primato educativo della famiglia

36. Nell’orizzonte della comunità cristiana, la famiglia resta la primae indispensabile comunità educante. Per i genitori, l’educazione è undovere essenziale, perché connesso alla trasmissione della vita; origi-nale e primario rispetto al compito educativo di altri soggetti; insosti-tuibile e inalienabile, nel senso che non può essere delegato né surro-gato 61.

Educare in famiglia è oggi un’arte davvero difficile. Molti genitorisoffrono, infatti, un senso di solitudine, di inadeguatezza e, addirittu-ra, d’impotenza. Si tratta di un isolamento anzitutto sociale, perché lasocietà privilegia gli individui e non considera la famiglia come suacellula fondamentale.

Padri e madri faticano a proporre con passione ragioni profondeper vivere e, soprattutto, a dire dei “no” con l’autorevolezza necessa-ria. Il legame con i figli rischia di oscillare tra la scarsa cura e atteggia-menti possessivi che tendono a soffocarne la creatività e a perpetuar-ne la dipendenza 62. Occorre ritrovare la virtù della fortezza nell’assu-mere e sostenere decisioni fondamentali, pur nella consapevolezzache altri soggetti dispongono di mezzi potenti, in grado di esercitareun’influenza penetrante.

La famiglia, a un tempo, è forte e fragile. La sua debolezza non de-riva solo da motivi interni alla vita della coppia e al rapporto tra geni-tori e figli. Molto più pesanti sono i condizionamenti esterni: il soste-gno inadeguato al desiderio di maternità e paternità, pur a fronte delgrave problema demografico; la difficoltà a conciliare l’impegno lavo-rativo con la vita familiare, a prendersi cura dei soggetti più deboli, acostruire rapporti sereni in condizioni abitative e urbanistiche sfavore-voli. A ciò si aggiunga il numero crescente delle convivenze di fatto,delle separazioni coniugali e dei divorzi, come pure gli ostacoli di un

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quadro economico, fiscale e sociale che disincentiva la procreazione.Non si possono trascurare, tra i fattori destabilizzanti, il diffondersi distili di vita che rifuggono dalla creazione di legami affettivi stabili e itentativi di equiparare alla famiglia forme di convivenza tra personedello stesso sesso.

Nonostante questi aspetti, l’istituzione familiare mantiene la suamissione e la responsabilità primaria per la trasmissione dei valori edella fede. Se è vero che la famiglia non è la sola agenzia educatrice,soprattutto nei confronti dei figli adolescenti, dobbiamo ribadire conchiarezza che c’è un’impronta che essa sola può dare e che rimanenel tempo. La Chiesa, pertanto, si impegna a sostenere i genitori nelloro ruolo di educatori, promuovendone la competenza mediante cor-si di formazione, incontri, gruppi di confronto e di mutuo sostegno.

37. L’educazione alla fede avviene nel contesto di un’esperienzaconcreta e condivisa. Il figlio vive all’interno di una rete di relazionieducanti che fin dall’inizio ne segna la personalità futura. Anche l’im-magine di Dio, che egli porterà dentro di sé, sarà caratterizzata dall’e-sperienza religiosa vissuta nei primi anni di vita. Di qui l’importanzache i genitori si interroghino sul loro compito educativo in ordine allafede: «come viviamo la fede in famiglia?»; «quale esperienza cristianasperimentano i nostri figli?»; «come li educhiamo alla preghiera?».Esemplare punto di riferimento resta la famiglia di Nazaret, dove Gesù«cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc2,52).

Ogni famiglia è soggetto di educazione e di testimonianza umana ecristiana e come tale va valorizzata, all’interno della capacità di gene-rare alla fede propria della Chiesa. A essa sacerdoti, catechisti e ani-matori devono riferirsi, per una stretta collaborazione e in spirito diservizio. L’impegno della comunità, in particolare nell’itinerario dell’i-niziazione cristiana, è fondamentale per offrire alle famiglie il necessa-rio supporto. Spetta ai genitori, insieme agli altri educatori, promuove-re il cammino vocazionale dei figli, anche attraverso esperienze condi-vise, nelle quali i ragazzi possano affrontare i temi della crescita fisica,affettiva, relazionale per una positiva educazione all’amore casto e re-

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sponsabile 63. Una particolare attenzione dovrà essere offerta, inoltre,ai genitori rimasti soli, per sostenerli nel loro compito.

La preparazione al matrimonio deve assumere i tratti di un itinera-rio di riscoperta della fede e di inserimento nella vita della comunitàecclesiale 64. Il tempo del fidanzamento può essere valorizzato comeun’occasione unica per introdurli alla bellezza del Vangelo, che essipossonopercepire in modo più profondo perché la sperimentano nel-la ricerca di una relazione d’amore. È quindi auspicabile che nelle co-munità parrocchiali incontrino coppie mature da cui essere incorag-giate e sostenute nel passo decisivo. La cura delle giovani coppie è al-trettanto importante: si tratta di custodire le fasi iniziali della vita co-niugale, di farsi loro compagni e di porre le basi di un cammino diformazione che duri per tutta la vita.

38. La famiglia va dunque amata, sostenuta e resa protagonista atti-va dell’educazione non solo per i figli, ma per l’intera comunità. Devecrescere la consapevolezza di una ministerialità che scaturisce dal sa-cramento del matrimonio e chiama l’uomo e la donna a essere segnodell’amore di Dio che si prende cura di ogni suo figlio 65.

Corroborate da specifici itinerari di spiritualità, le famiglie devono aloro volta aiutare la parrocchia a diventare «famiglia di famiglie»66.Gruppi di sposi possono costituire modelli di riferimento anche per lecoppie in difficoltà, oltre che aprirsi al servizio verso i fidanzati e i ge-nitori che chiedono il battesimo per i figli, verso le famiglie segnateda gravi difficoltà, disabilità e sofferenze. Si sente il bisogno di coppiecristiane che affrontino i temi sociali e politici che toccano l’istituto fa-miliare, i figli e gli anziani. Sostenere adeguatamente la famiglia, conscelte politiche ed economiche appropriate, attente in particolare ainuclei numerosi, diventa un servizio all’intera collettività.

Nel cantiere dell’educazione cristiana

39. Ogni Chiesa particolare dispone di un potenziale educativostraordinario, grazie alla sua capillare presenza nel territorio. In quan-to luogo d’incontro con il Signore Gesù e di comunione tra fratelli, lacomunità cristiana alimenta un’autentica relazione con Dio; favoriscela formazione della coscienza adulta; propone esperienze di libera e

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cordiale appartenenza, di servizio e di promozione sociale, di aggre-gazione e di festa.

La parrocchia, in particolare, vicina al vissuto delle persone e agliambienti di vita, rappresenta la comunità educante più completa inordine alla fede. Mediante l’evangelizzazione e la catechesi, la liturgiae la preghiera, la vita di comunione nella carità, essa offre gli elementiessenziali del cammino del credente verso la pienezza della vita inCristo.

La catechesi, primo atto educativo della Chiesa nell’ambito dellasua missione evangelizzatrice, accompagna la crescita del cristianodall’infanzia all’età adulta e ha come sua specifica finalità «non solo ditrasmettere i contenuti della fede, ma di educare la ‘mentalità di fede’,di iniziare alla vita ecclesiale, di integrare fede e vita»67. Per questo lacatechesi sostiene in modo continuativo la vita dei cristiani e in parti-colare gli adulti, perché siano educatori e testimoni per le nuove ge-nerazioni.

La liturgia è scuola permanente di formazione attorno al Signore ri-sorto, «luogo educativo e rivelativo»68 in cui la fede prende forma eviene trasmessa. Nella celebrazione liturgica il cristiano impara a «gu-stare com’è buono il Signore» (Sal 34,9; cfr 1Pt 2,3), passando dal nu-trimento del latte al cibo solido (cfr Eb 5,12-14), «fino a raggiungere lamisura della pienezza di Cristo» (Ef 4,13). Tra le numerose azioni svol-te dalla parrocchia, «nessuna è tanto vitale o formativa della comunitàquanto la celebrazione domenicale del giorno del Signore e della suaEucaristia»69.

La carità educa il cuore dei fedeli e svela agli occhi di tutti il voltodi una comunità che testimonia la comunione, si apre al servizio, simette alla scuola dei poveri e degli ultimi, impara a riconoscere lapresenza di Dio nell’affamato e nell’assetato, nello straniero e nel car-cerato, nell’ammalato e in ogni bisognoso. La comunità cristiana èpronta ad accogliere e valorizzare ogni persona, anche quelle che vi-vono in stato di disabilità o svantaggio. Per questo vanno incentivateproposte educative e percorsi di volontariato adeguati all’età e allacondizione delle persone, mediante l’azione della Caritas e delle altre

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realtà ecclesiali che operano in questo ambito, anche a fianco dei mis-sionari.

40. Esperienza fondamentale dell’educazione alla vita di fede è l’i-niziazione cristiana, che «non è quindi una delle tante attività dellacomunità cristiana, ma l’attività che qualifica l’esprimersi proprio dellaChiesa nel suo essere inviata a generare alla fede e realizzare se stessacome madre»70. Essa ha gradualmente assunto un’ispirazione catecu-menale, che conduce le persone a una progressiva consapevolezzadella fede, mediante itinerari differenziati di catechesi e di esperienzadi vita cristiana. La celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristia-na, seguita da un’adeguata mistagogia, rappresenta il compimento diquesto cammino verso la piena maturità cristiana.

In un ambiente spesso indifferente se non addirittura ostile al mes-saggio del Vangelo, la Chiesa riscopre il linguaggio originario dell’an-nuncio, che ha in sé due caratteristiche educative straordinarie: la di-mensione del dono e l’appello alla conversione continua. Il primo an-nuncio della fede rappresenta l’anima di ogni azione pastorale. Anchel’iniziazione cristiana deve basarsi su questa evangelizzazione iniziale,da mantenere viva negli itinerari di catechesi, proponendo relazionicapaci di coinvolgere le famiglie e integrate nell’esperienza dell’annoliturgico. Il primo annuncio è rivolto in modo privilegiato agli adulti eai giovani, soprattutto in particolari momenti di vita come la prepara-zione al matrimonio, l’attesa dei figli, il catecumenato per gli adulti 71.

La parrocchia, crocevia delle istanze educative

41. Solo una comunità accogliente e dialogante può trovare le vieper instaurare rapporti di amicizia e offrire risposte alla sete di Dioche è presente nel cuore di ogni uomo 72. Oggi si impone la ricerca dinuovi linguaggi, non autoreferenziali e arricchiti dalle acquisizioni diquanti operano nell’ambito della comunicazione, della cultura e del-l’arte 73. Per questo è necessario educare a una fede più motivata, ca-pace di dialogare anche con chi si avvicina alla Chiesa solo occasio-nalmente, con i credenti di altre religioni e con i non credenti. In taleprospettiva, il progetto culturale orientato in senso cristiano stimola inciascun battezzato e in ogni comunità l’approfondimento di una fede

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consapevole, che abbia piena cittadinanza nel nostro tempo, così dacontribuire anche alla crescita della società 74.

La parrocchia – Chiesa che vive tra le case degli uomini – continuaa essere il luogo fondamentale per la comunicazione del Vangelo e laformazione della coscienza credente; rappresenta nel territorio il riferi-mento immediato per l’educazione e la vita cristiana a un livello ac-cessibile a tutti; favorisce lo scambio e il confronto tra le diverse gene-razioni; dialoga con le istituzioni locali e costruisce alleanze educativeper servire l’uomo.

Essa è animata dal contributo di educatori, animatori e catechisti,autentici testimoni di gratuità, accoglienza e servizio. La formazione ditali figure costituisce un impegno prioritario per la comunità parroc-chiale, attenta a curarne, insieme alla crescita umana e spirituale, lacompetenza teologica, culturale e pedagogica.

Questo obiettivo resterà disatteso se non si riuscirà a dar vita a una“pastorale integrata” secondo modalità adatte ai territori e alle circo-stanze, come già avviene in talune sperimentazioni avviate a livellodiocesano 75.

42. Un ambito in cui tale approccio ha permesso di compiere passisignificativi è quello dei giovani e dei ragazzi. La necessità di rispon-dere alle loro esigenze porta a superare i confini parrocchiali e ad al-lacciare alleanze con le altre agenzie educative. Tale dinamica incideanche su quell’espressione, tipica dell’impegno educativo di tante par-rocchie, che è l’oratorio. Esso accompagna nella crescita umana e spi-rituale le nuove generazioni e rende i laici protagonisti, affidando lororesponsabilità educative. Adattandosi ai diversi contesti, l’oratorioesprime il volto e la passione educativa della comunità, che impegnaanimatori, catechisti e genitori in un progetto volto a condurre il ra-gazzo a una sintesi armoniosa tra fede e vita. I suoi strumenti e il suolinguaggio sono quelli dell’esperienza quotidiana dei più giovani: ag-gregazione, sport, musica, teatro, gioco, studio.

43. Nelle diocesi e nelle parrocchie sono attive tante aggregazioniecclesiali: associazioni e movimenti, gruppi e confraternite. Si tratta diesperienze significative per l’azione educativa, che richiedono di esse-

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re sostenute e coordinate. In esse i fedeli di ogni età e condizionesperimentano la ricchezza di autentiche relazioni fraterne; si formanoall’ascolto della Parola e al discernimento comunitario; maturano lacapacità di testimoniare con efficacia il Vangelo nella società.

Tra queste realtà, occupa un posto specifico e singolare l’AzioneCattolica, che da sempre coltiva uno stretto legame con i pastori dellaChiesa, assumendo come proprio il programma pastorale della Chiesalocale e costituendo per i soci una scuola di formazione cristiana. Lefigure di grandi laici che ne hanno segnato la storia sono un richiamoalla vocazione alla santità, meta di ogni battezzato.

44. La pietà popolare costituisce anche ai giorni nostri una dimen-sione rilevante della vita ecclesiale e può diventare veicolo educativodi valori della tradizione cristiana, riscoperti nel loro significato piùautentico. Purificata da eventuali eccessi e da elementi estranei e rin-novata nei contenuti e nelle forme, permette di raggiungere con l’an-nuncio tante persone che altrimenti resterebbero ai margini della vitaecclesiale. In essa devono risaltare la parola di Dio, la predicazione ela catechesi, la preghiera e i sacramenti dell’Eucaristia e della riconci-liazione e, non ultimo, l’impegno per la carità verso i poveri.

45. Un ruolo educativo particolare è riservato nella Chiesa alla vitaconsacrata. Prima ancora che per attività specifiche, essa rappresentauna risorsa educativa all’interno del popolo di Dio per la sua indoleescatologica76. In quanto caratterizzata da una speciale configurazionea Cristo casto, povero e obbediente, costituisce una testimonianzafondamentale per tutte le altre forme di vita cristiana, indicando lameta ultima della storia in quella speranza che sola può animare ogniautentico processo educativo.

Gli istituti di vita consacrata, poiché hanno per lo più una presenzache va oltre la singola diocesi e spesso sono composti anche da mem-bri provenienti da altri Paesi, possono favorire la comunione tra le di-verse Chiese particolari e la loro apertura alla mondialità.

Una particolare attenzione va riservata a quegli istituti che per cari-sma specifico si dedicano espressamente a compiti educativi: «questoè uno dei doni più preziosi che le persone consacrate possono offrire

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anche oggi alla gioventù, facendola oggetto di un servizio pedagogicoricco di amore»77. È importante, al fine di valorizzarne la presenza sulterritorio, percorrere vie di più stretta collaborazione e intesa con leChiese locali.

Anche quando difficoltà vocazionali impongono agli istituti la sceltasofferta di concentrare attività e servizi, è bene che ogni decisione inmerito tenga conto di un dialogo previo e di una valutazione comunecon la Chiesa locale interessata.

La scuola e l’università

46. La scuola si trova oggi ad affrontare una sfida molto complessa,che riguarda la sua stessa identità e i suoi obiettivi. Essa, infatti, ha ilcompito di trasmettere il patrimonio culturale elaborato nel passato,aiutare a leggere il presente, far acquisire le competenze per costruireil futuro, concorrere, mediante lo studio e la formazione di una co-scienza critica, alla formazione del cittadino e alla crescita del sensodel bene comune. La forte domanda di conoscenze e di capacità pro-fessionali e i rapidi cambiamenti economici e produttivi induconospesso a promuovere un sistema efficiente più nel dare istruzioni sul“come fare” che sul senso delle scelte di vita e sul “chi essere”. Diconseguenza, anche il docente tende a essere considerato non tantoun maestro di cultura e di vita, quanto un trasmettitore di nozioni e dicompetenze e un facilitatore dell’apprendimento; tutt’al più, un divul-gatore di comportamenti socialmente accettabili78.

Consapevole di ciò, la comunità cristiana vuole intensificare la col-laborazione permanente con le istituzioni scolastiche attraverso i cri-stiani che vi operano, le associazioni di genitori, studenti e docenti, imovimenti ecclesiali, i collegi e i convitti, mettendo in atto un’adegua-ta ed efficace pastorale della scuola e dell’educazione.

Occorre investire, con l’apporto delle diverse componenti del mon-do scolastico, ecclesiale e civile, in una scuola che promuova, anzitut-to, una cultura umanistica e sapienziale, abilitando gli studenti ad af-frontare le sfide del nostro tempo. In particolare, essa deve abilitareall’ingresso competente nel mondo del lavoro e delle professioni, al-l’uso sapiente dei nuovi linguaggi, alla cittadinanza e ai valori che la

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sorreggono: la solidarietà, la gratuità, la legalità e il rispetto delle di-versità. Così la scuola mantiene aperto il dialogo con gli altri soggettieducativi – in primo luogo la famiglia – con i quali è chiamata a per-seguire obiettivi convergenti. Il carattere pubblico non ne pregiudical’apertura alla trascendenza e non impone una neutralità rispetto aquei valori morali che sono alla base di ogni autentica formazionedella persona e della realizzazione del bene comune.

In questa prospettiva, è determinante la formazione degli insegnan-ti, dei dirigenti scolastici e del personale amministrativo e ausiliario,chiamati a essere capaci di ascolto delle esperienze che ogni alunnoporta con sé, accostandosi a lui con umiltà, rispetto e disponibilità.

47. Al raggiungimento di questi obiettivi può dare un qualificatocontributo il docente di religione cattolica, che insegna una disciplinacurriculare inserita a pieno titolo nelle finalità della scuola e promuo-ve un proficuo dialogo con i colleghi, rappresentando – in quanto fi-gura competente e qualificata – una forma di servizio della comunitàecclesiale all’istituzione scolastica.

L’insegnamento della religione cattolica permette agli alunni di af-frontare le questioni inerenti il senso della vita e il valore della perso-na, alla luce della Bibbia e della tradizione cristiana. Lo studio dellefonti e delle forme storiche del cattolicesimo è parte integrante dellaconoscenza del patrimonio storico, culturale e sociale del popolo ita-liano e delle radici cristiane della cultura europea. Infatti, «la dimen-sione religiosa... è intrinseca al fatto culturale, concorre alla formazio-ne globale della persona e permette di trasformare la conoscenza insapienza di vita»79. Per questo motivo «la scuola e la società si arricchi-scono di veri laboratori di cultura e di umanità, nei quali, decifrandol’apporto significativo del cristianesimo, si abilita la persona a scoprireil bene e a crescere nella responsabilità, a ricercare il confronto ed araffinare il senso critico, ad attingere dai doni del passato per megliocomprendere il presente e proiettarsi consapevolmente verso ilfuturo»80.

48. La scuola cattolica e i centri di formazione professionale d’ispi-razione cristiana fanno parte a pieno titolo del sistema nazionale di

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istruzione e formazione. Nel rispetto delle norme comuni a tutte lescuole, essi hanno il compito di sviluppare una proposta pedagogicae culturale di qualità, radicata nei valori educativi ispirati al Vangelo.

Il principio dell’uguaglianza tra le famiglie di fronte alla scuola im-pone non solo interventi di sostegno alla scuola cattolica, ma il pienoriconoscimento, anche sotto il profilo economico, dell’opportunità discelta tra la scuola statale e quella paritaria. La scuola cattolica potràessere così sempre più accessibile a tutti, in particolare a quanti versa-no in situazioni difficili e disagiate. Il confronto e la collaborazione apari titolo tra istituti pubblici, statali e non statali, possono contribuireefficacemente a rendere più agile e dinamico l’intero sistema scolasti-co, per rispondere meglio all’attuale domanda formativa.

La scuola cattolica costituisce una grande risorsa per il Paese. Inquanto parte integrante della missione ecclesiale, essa va promossa esostenuta nelle diocesi e nelle parrocchie, superando forme di estra-neità o di indifferenza e contribuendo a costruire e valorizzare il suoprogetto educativo. In quanto scuola paritaria, e perciò riconosciutanel suo carattere di servizio pubblico, essa rende effettivamente possi-bile la scelta educativa delle famiglie, offrendo un ricco patrimonioculturale a servizio delle nuove generazioni.

49. L’università svolge un ruolo determinante per la formazionedelle nuove generazioni, garantendo una preparazione che consentedi orientarsi nella complessità culturale odierna.

Il mondo universitario ha il compito di promuovere competenzeche abbraccino l’ampiezza dei problemi, attente alle esigenze di sensoe alle implicazioni etiche degli studi e delle ricerche nei diversi campidel sapere. «Tale capacità – scriveva il Beato John H. Newman – è ilrisultato di una formazione scientifica della mente; è una facoltà ac-quisita di giudizio, chiarezza di visione, sagacia, sapienza, ampiezzafilosofica della mente e auto-controllo e serenità intellettuali»81.

«Che cosa è l’università? Qual è il suo compito? … Penso si possadire che la vera, intima origine dell’università stia nella brama di co-noscenza che è propria dell’uomo. Egli vuole sapere che cosa sia tuttociò che lo circonda. Vuole verità»82. L’università rappresenta pertanto

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un luogo di incontro e di dialogo tra studenti, docenti e personale tec-nico e amministrativo, che condividono un ambiente ricco di risorseper l’intera società. Il raccordo tra l’università e la Chiesa locale è pro-mosso attraverso la pastorale universitaria, pienamente inserita nel-l’impegno di evangelizzazione della cultura e di formazione dei giova-ni. Va valorizzato il particolare contributo reso dai cristiani: con il «ser-vizio del pensiero, essi tramandano alle giovani generazioni i valori diun patrimonio culturale arricchito da due millenni di esperienza uma-nistica e cristiana»83.

In dialogo con le istituzioni universitarie statali, un ruolo peculiarespetta alle Facoltà teologiche e agli Istituti superiori di scienze religiosepresenti su tutto il territorio nazionale, all’Università Cattolica del Sa-cro Cuore e alla LUMSA. Essi mirano alla formazione integrale dellapersona, suscitando la ricerca del bello, del buono, del vero e dell’u-no; a far maturare competenze per una comprensione viva del mes-saggio cristiano e a renderne ragione nel contesto culturale odierno;«a promuovere una nuova sintesi umanistica, un sapere che sia sa-pienza capace di orientare l’uomo alla luce dei principi primi e deisuoi fini ultimi, un sapere illuminato dalla fede»84.

La responsabilità educativa della società

50. La comunità cristiana offre il suo contributo e sollecita quello ditutti perché la società diventi sempre più terreno favorevole all’educa-zione. Favorendo condizioni e stili di vita sani e rispettosi dei valori, èpossibile promuovere lo sviluppo integrale della persona, educare al-l’accoglienza dell’altro e al discernimento della verità, alla solidarietà eal senso della festa, alla sobrietà e alla custodia del creato, alla mon-dialità e alla pace, alla legalità, alla responsabilità etica nell’economiae all’uso saggio delle tecnologie85.

Ciò richiede il coinvolgimento non solo dei genitori e degli inse-gnanti, ma anche degli uomini politici, degli imprenditori, degli artisti,degli sportivi, degli esperti della comunicazione e dello spettacolo. Lasocietà nella sua globalità, infatti, costituisce un ambiente vitale dalforte impatto educativo; essa veicola una serie di riferimenti fonda-mentali che condizionano in bene o in male la formazione dell’iden-

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tità, incidendo profondamente sulla mentalità e sulle scelte di ciascu-no.

Inoltre, i vari ambienti di vita e di relazione – non ultimi quelli deldivertimento, del tempo libero e del turismo – esercitano un’influenzatalvolta maggiore di quella dei luoghi tradizionali, come la famiglia ela scuola. Essi offrono perciò preziose opportunità perché non man-chi, in tutti gli spazi sociali, una proposta educativa integrale.

La comunicazione nella cultura digitale

51. La comunità cristiana guarda con particolare attenzione al mon-do della comunicazione come a una dimensione dotata di una rile-vanza imponente per l’educazione. La tecnologia digitale, superandola distanza spaziale, moltiplica a dismisura la rete dei contatti e la pos-sibilità di informarsi, di partecipare e di condividere, anche se rischiadi far perdere il senso di prossimità e di rendere più superficiali i rap-porti.

La crescita vorticosa e la diffusione planetaria di questi mezzi, favo-rite dal rapido sviluppo delle tecnologie digitali, in molti casi acuisco-no il divario tra le persone, i gruppi sociali e i popoli. Soprattutto, noncresce di pari passo la consapevolezza delle implicazioni sociali, eti-che e culturali che accompagnano il diffondersi di questo nuovo con-testo esistenziale.

Agendo sul mondo vitale, i processi mediatici arrivano a dare for-ma alla realtà stessa. Essi intervengono in modo incisivo sull’esperien-za delle persone e permettono un ampliamento delle potenzialitàumane. Dall’influsso più o meno consapevole che esercitano, dipendein buona misura la percezione di noi stessi, degli altri e del mondo.Essi vanno considerati positivamente, senza pregiudizi, come delle ri-sorse, pur richiedendo uno sguardo critico e un uso sapiente e re-sponsabile.

Il loro ruolo nei processi educativi è sempre più rilevante: le tradi-zionali agenzie educative sono state in gran parte soppiantate dal flus-so mediatico. Un obiettivo da raggiungere, dunque, sarà anzitutto

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quello di educare alla conoscenza di questi mezzi e dei loro linguaggie a una più diffusa competenza quanto al loro uso.

Il modo di usarli è il fattore che decide quale valenza morale pos-sano avere. Su questo punto, pertanto, deve concentrarsi l’attenzioneeducativa, al fine di sviluppare la capacità di valutarne il messaggio egli influssi, nella consapevolezza della considerevole forza di attrazio-ne e di coinvolgimento di cui essi dispongono. Un particolare impe-gno deve essere posto nel tutelare l’infanzia, anche con concreti edefficaci interventi legislativi.

Pure in questo campo, l’impresa educativa richiede un’alleanza fra idiversi soggetti. Perciò sarà importante aiutare le famiglie a interagirecon i media in modo corretto e costruttivo, e mostrare alle giovani ge-nerazioni la bellezza di relazioni umane dirette. Inoltre, si rivela indi-spensabile l’apporto dei mezzi della comunicazione promossi dallacomunità cristiana (tv, radio, giornali, siti internet, sale della comunità)e l’impegno educativo negli itinerari di formazione proposti dallerealtà ecclesiali. Un ruolo importante potrà essere svolto dagli anima-tori della comunicazione e della cultura, che si stanno diffondendonelle nostre comunità, secondo le indicazioni contenute nel Direttoriosulle comunicazioni sociali86.

L’impegno educativo sul versante della nuova cultura mediatica do-vrà costituire negli anni a venire un ambito privilegiato per la missio-ne della Chiesa.

60 Discorso alla 59ª Assemblea Generale della CEI, 28 maggio 2009.61 Cfr GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica Familiaris consortio, 22 novembre

1981, n. 36.62 Cfr La sfida educativa, pp. 25-48.63 Cfr Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 7.64 Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALI ANA, Direttorio di pastorale familiare per la

Chiesa in Italia Annunciare, celebrare, servire il “Vangelo della famiglia”, 25 luglio1993, cap. 3.

65 Familiaris consortio, n. 39.66 CONFERENZA EPISCOPALE ITALI ANA, Comunione e comunità nella Chiesa domesti-

ca, 1° ottobre 1981, n. 24.

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67 COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LACATECHESI, Annuncio e catechesi per la vita cristiana, 4 aprile 2010, n. 2; cfr Gravis-simum educationis, n. 4.

68 Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 49.69 GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Dies Domini, 31 maggio 1998, n. 35.70 UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, La formazione dei catechisti per l’iniziazione

cristiana dei fanciulli e dei ragazzi, 4 giugno 2006, n. 6.71 Cfr COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA

CATECHESI, Questa è la nostra fede. Nota pastorale sul primo annuncio del Vangelo,15 maggio 2005.

72 Cfr COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LACATECHESI, Lettera ai cercatori di Dio, 12 aprile 2009.

73 Cfr BENEDETTO XVI, Incontro con gli artisti nella Cappella Sistina, 21 novembre2009.

74 Cfr “Rigenerati per una speranza viva”, n. 13.75 Cfr Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 11.76 Cfr GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica Vita consecrata, 25 marzo 1996, n. 26.77 Ib., n. 96.78 Cfr La sfida educativa, pp. 49-71.79 BENEDETTO XVI, Discorso agli insegnanti di religione cattolica, 25 aprile 2009.80 Ib.81 J.H. NEWMAN, L’idea di università, VII, 1, in Scritti sull’università, Bompiani, Milano

2008, p. 313.82 BENEDETTO XVI, Allocuzione per l’incontro con l’Università degli studi di Roma “La

Sapienza”, 17 gennaio 2008.83 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica Ecclesia in Europa, 28 giugno 2003, n. 59.84 BENEDETTO XVI, Discorso ai docenti dei Pontifici atenei romani e ai partecipanti al-

l’Assemblea generale della federazione internazionale delle università cattoliche, 19novembre 2009.

85 Cfr Caritas in veritate, n. 36.86 Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Direttorio sulle comunicazioni sociali nella

missione della Chiesa. Comunicazione e missione, 18 giugno 2004, cap. VI; cfr ancheBENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti al Convegno nazionale “Testimoni digitali”,24 aprile 2010.

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Capitolo 5 – Indicazioni per la progettazione pastorale

52. Le indicazioni che seguono intendono suggerire alcune linee difondo, perché ogni Chiesa particolare possa progettare il proprio cam-mino pastorale in sintonia con gli orientamenti nazionali. La condivi-sione di queste prospettive, accolte e sviluppate a livello locale, favo-rirà l’azione concorde delle comunità ecclesiali, chiamate ad assumereconsapevolmente la responsabilità educativa nell’orizzonte culturale esociale.

Esigenze fondamentali

53. Alla base del nostro cammino, sta la necessità di prendere co-scienza delle caratteristiche e dell’urgenza della questione educativa.L’educazione, infatti, se è compito di sempre, si presenta ogni voltacon aspetti di novità. Per questo non può risolversi in semplici ripeti-zioni, ma deve anzitutto prestare la giusta attenzione alla qualità e alledinamiche della vita sociale.

Oggi è necessario curare in particolare relazioni aperte all’ascolto,al riconoscimento, alla stabilità dei legami e alla gratuità. Ciò significa:

- cogliere il desiderio di relazioni profonde che abita il cuore di ogniuomo, orientandole alla ricerca della verità e alla testimonianza del-la carità;

- porre al centro della proposta educativa il dono come compimentodella maturazione della persona;

- far emergere la forza educativa della fede verso la pienezza dellarelazione con Cristo nella comunione ecclesiale.

L’intera vita ecclesiale ha una forte valenza educativa. La comunitàcristiana, a partire dalle parrocchie, deve avvertire l’urgenza di stareaccanto ai genitori per offrire loro con disponibilità e competenzaproposte educative valide. In particolare, l’azione pastorale andrà ac-compagnata da una costante opera di discernimento, realisticamentecalibrato sull’esistente, ma volto a mettere in luce le risorse e le espe-rienze positive su cui far leva.

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Nell’ottica della corresponsabilità educativa della comunità ecclesia-le, andrà condotta un’attenta verifica delle scelte pastorali sinora com-piute:

- A livello nazionale, sarà opportuno valutare gli effetti dei progettieducativi e gli strumenti elaborati dalla Conferenza Episcopale nei variambiti pastorali. Avendo particolare attenzione all’impostazione emer-sa dal Convegno ecclesiale di Verona, occorrerà considerare quantoessa abbia favorito lo sviluppo di una pastorale integrata e missiona-ria. A tale verifica potranno offrire un valido contributo anche le Con-ferenze Episcopali Regionali.

- A livello locale, si tratta di considerare con realismo i punti di de-bolezza e di sofferenza presenti nei diversi contesti educativi, comepure le esperienze positive in atto. In particolare, si suggerisce un esa-me attento sia dei cammini di formazione dei catechisti, degli operato-ri pastorali e degli insegnanti di religione cattolica, sia dei percorsieducativi delle associazioni e dei movimenti.

È evidente che la valutazione dell’impegno educativo per un suo ri-lancio progettuale può essere attuata solo in riferimento all’integralitàe alla centralità del soggetto umano. Alla base della progettazione pa-storale vi è la visione cristiana della persona: l’idea di educazione cheda essa proviene possiede una sua specifica originalità, anche se èaperta a diversi apporti e si pone in dialogo con tutti, in particolarecon le scienze umane. Appare urgente valorizzare la dimensione tra-scendente dell’educazione, per la formazione di persone aperte a Dioe capaci di dedicarsi al bene della comunità.

Obiettivi e scelte prioritarie

54. La lettura della prassi educativa, alla luce dei cambiamenti cul-turali, stimola nuove scelte di progettazione, riferite ad alcuni ambitiprivilegiati.

a. L’iniziazione cristiana

L’iniziazione cristiana mette in luce la forza formatrice dei sacra-menti per la vita cristiana, realizza l’unità e l’integrazione fra annun-cio, celebrazione e carità, e favorisce alleanze educative. Occorre con-

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frontare le esperienze di iniziazione cristiana di bambini e adulti nelleChiese locali, al fine di promuovere la responsabilità primaria dellacomunità cristiana, le forme del primo annuncio, gli itinerari di prepa-razione al battesimo e la conseguente mistagogia per i fanciulli, i ra-gazzi e i giovani, il coinvolgimento della famiglia, la centralità delgiorno del Signore e dell’Eucaristia, l’attenzione alle persone disabili,la catechesi degli adulti quale impegno di formazione permanente87.

In questo decennio sarà opportuno discernere, valutare e promuo-vere una serie di criteri che dalle sperimentazioni in atto possano deli-neare il processo di rinnovamento della catechesi, soprattutto nell’am-bito dell’iniziazione cristiana. È necessario, inoltre, un aggiornamentodegli strumenti catechistici, tenendo conto del mutato contesto cultu-rale e dei nuovi linguaggi della comunicazione88.

b. Percorsi di vita buona

Ogni ambito del vissuto umano è interpellato dalla sfida educativa.Dobbiamo domandarci come le indicazioni maturate nel Convegnoecclesiale di Verona siano state recepite e attuate in ordine al rinnova-mento dell’azione ecclesiale e alla formazione dei laici, chiamati a co-niugare una matura spiritualità e il senso di appartenenza ecclesialecon un amore appassionato per la città degli uomini e la capacità direndere ragione della propria speranza nelle vicende del nostro tem-po.

- Tra i processi di accompagnamento alla costruzione dell’identitàpersonale, merita particolare rilievo l’educazione alla vita affettiva, apartire dai più piccoli. È importante che a loro in modo speciale siaannunciato «il Vangelo della vita buona, bella e beata che i cristianipossono vivere sulle tracce del Signore Gesù»89. È urgente accompa-gnare i giovani nella scoperta della loro vocazione con una propostache sappia presentare e motivare la bellezza dell’insegnamento evan-gelico sull’amore e sulla sessualità umana, contrastando il diffusoanalfabetismo affettivo90. Particolare cura richiede la formazione al ma-trimonio cristiano e alla vita familiare. Il rinnovamento di tali itinerariè necessario per renderli cammini efficaci di fede e di esperienza spi-rituale91. Questo percorso dovrà continuare anche mediante gruppi di

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sposi e di spiritualità familiare, animati da coppie preparate e testimo-ni di unità e fedeltà nell’amore.

- La capacità di vivere il lavoro e la festa come compimento dellavocazione personale appartiene agli obiettivi dell’educazione cristiana.È importante impegnarsi perché ogni persona possa vivere «un lavoroche lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livellopersonale, familiare e spirituale»92, prendendosi cura degli altri nellafatica del lavoro e nella gioia della festa, rendendo possibile la condi-visione solidale con chi soffre, è solo o nel bisogno. Oltre a promuo-vere una visione autentica e umanizzante di questi ambiti fondamen-tali dell’esistenza, la comunità cristiana è chiamata a valorizzare le po-tenzialità educative dell’associazionismo legato alle professioni, altempo libero, allo sport e al turismo.

- L’esperienza della fragilità umana si manifesta in tanti modi e intutte le età, ed è essa stessa, in certo modo, una “scuola” da cui impa-rare, in quanto mette a nudo i limiti di ciascuno. Per queste ragioni iltema della fragilità entra a pieno titolo nella dinamica del rapportoeducativo, nella formazione e nella ricerca del senso, nelle relazioni diaiuto e di accompagnamento. Pur nella particolarità di tali situazioni,che non si lasciano rinchiudere in schemi e programmi, non possonomancare nelle proposte formative la contemplazione della croce diGesù, il confronto con le domande suscitate dalla sofferenza e dal do-lore, l’esperienza dell’accompagnamento delle persone nei passaggipiù difficili, la testimonianza della prossimità, così da costruire un ve-ro e proprio cammino di educazione alla speranza.

- La Chiesa esiste per comunicare: è essa stessa tradizione vivente,trasmissione incessante del Vangelo ricevuto, nei modi culturalmentepiù fecondi e rilevanti, affinché ogni uomo possa incontrare il Risorto,che è via, verità e vita. Nel suo nucleo essenziale, la tradizione è tra-smissione di una cultura – fatta di atteggiamenti, comportamenti, co-stumi di vita, idee, conoscenze, espressioni artistiche, religiose e poli-tiche – e di un patrimonio spirituale all’interno del quale crescono e siformano le persone nel volgere delle generazioni. Nell’ampio venta-glio di forme in cui la Chiesa attua questa responsabilità, un aspettoparticolarmente importante è l’educazione alla comunicazione, me-

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diante la conoscenza, la fruizione critica e la gestione dei media. An-che questa nuova frontiera passa attraverso le vie ordinarie della pa-storale delle parrocchie, delle associazioni e delle comunità religiose,avvalendosi di apposite iniziative di formazione. Mentre resta necessa-rio investire risorse adeguate – di persone e mezzi – in questo ambito,occorre sostenere l’impegno di quanti operano da cristiani nell’univer-so della comunicazione.

- Avvertiamo infine la necessità di educare alla cittadinanza re-sponsabile. L’attuale dinamica sociale appare segnata da una forte ten-denza individualistica che svaluta la dimensione sociale, fino a ridurlaa una costrizione necessaria e a un prezzo da pagare per ottenere unrisultato vantaggioso per il proprio interesse. Nella visione cristianal’uomo non si realizza da solo, ma grazie alla collaborazione con glialtri e ricercando il bene comune. Per questo appare necessaria unaseria educazione alla socialità e alla cittadinanza, mediante un’ampiadiffusione dei principi della dottrina sociale della Chiesa, anche rilan-ciando le scuole di formazione all’impegno sociale e politico. Una cu-ra particolare andrà riservata al servizio civile e alle esperienze di vo-lontariato in Italia e all’estero. Si dovrà sostenere la crescita di unanuova generazione di laici cristiani, capaci di impegnarsi a livello poli-tico con competenza e rigore morale93.

c. Alcuni luoghi significativi

Nell’ottica di una decisa scommessa per l’educazione e della ricercadi sinergie e alleanze educative, un’attenzione specifica andrà rivoltaad alcune esperienze peculiari.

- La reciprocità tra famiglia, comunità ecclesiale e società. Questiluoghi emblematici dell’educazione devono stabilire una feconda al-leanza per valorizzare gli organismi deputati alla partecipazione; pro-muovere il dialogo, l’incontro e la collaborazione tra i diversi educato-ri; attivare e sostenere iniziative di formazione su progetti condivisi. Inquesta alleanza va riconosciuto e sostenuto il primato educativo dellafamiglia. Nell’ambito parrocchiale, inoltre, è necessario attivare la co-noscenza e la collaborazione tra catechisti, insegnanti – in particolaredi religione cattolica – e animatori di oratori, associazioni e gruppi. La

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scuola e il territorio, con le sue molteplici esperienze e forme aggre-gative (palestre, scuole di calcio e di danza, laboratori musicali, asso-ciazioni di volontariato…), rappresentano luoghi decisivi per realizza-re queste concrete modalità di alleanza educativa.

- La promozione di nuove figure educative. Occorre promuovereuna diffusa responsabilità del laicato, perché germini la sensibilità adassumere compiti educativi nella Chiesa e nella società. In relazionead ambiti pastorali specifici dovranno svilupparsi figure quali laicimissionari che portino il primo annuncio del Vangelo nelle case e tragli immigrati; accompagnatori dei genitori che chiedono per i figli ilbattesimo o i sacramenti dell’iniziazione; catechisti per il catecumena-to dei giovani e degli adulti; formatori degli educatori e dei docenti;evangelizzatori di strada, nel mondo della devianza, del carcere e del-le varie forme di povertà.

- La formazione teologica. Per questi obiettivi, un particolare contri-buto è richiesto alle Facoltà teologiche, ai Seminari, agli Istituti supe-riori di scienze religiose, alle scuole di formazione teologica. Si potràcosì contare su educatori e operatori pastorali qualificati per un’educa-zione attenta alle persone, rispondente alle domande poste alla fededalla cultura e in grado di rendere ragione della speranza in Cristo neidiversi ambienti di vita.

55. Consideriamo urgente puntare nel corso del decennio su alcu-ne priorità, al fine di dare impulso e forza al compito educativo dellenostre comunità.

- La cura della formazione permanente degli adulti e delle famiglie.Questa scelta qualificante, già presente negli orientamenti pastorali deidecenni passati, merita ulteriore sviluppo, accoglienza e diffusionenelle parrocchie e nelle altre realtà ecclesiali. Un’attenzione particolareandrà riservata alla prima fase dell’età adulta, quando si assumononuove responsabilità nel campo del lavoro, della famiglia e della so-cietà.

- Il rilancio della vocazione educativa degli istituti di vita consacra-ta, delle associazioni e dei movimenti ecclesiali. Si tratta di riproporrela tradizione educativa di realtà che hanno dato molto alla formazione

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di sacerdoti, religiosi e laici. Bisogna perciò che le parrocchie e gli al-tri soggetti ecclesiali sviluppino una pastorale integrata e missionaria,in particolare negli ambiti di frontiera dell’educazione.

- La promozione di un ampio dibattito e di un proficuo confrontosulla questione educativa anche nella società civile, al fine di favorireconvergenze e un rinnovato impegno da parte di tutte le istituzioni e isoggetti interessati.

87 Oltre ai documenti della CEI già citati, cfr le tre Note pastorali del Consiglio EpiscopalePermanente sull’iniziazione cristiana: L’iniziazione cristiana 1. Orientamenti per il ca-tecumenato degli adulti, 30 marzo 1997; L’iniziazione cristiana 2. Orientamenti per l’i-niziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni, 23 maggio 1999; L’i-niziazione cristiana 3. Orientamenti per il risveglio della fede e il completamento dell’i-niziazione in età adulta, 8 giugno 2003.

88 Cfr Annuncio e catechesi per la vita cristiana, n. 17.89 Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 57.90 Cfr “Rigenerati per una speranza viva”, n. 12.91 Cfr UFFICIO LITURGICO NAZIONALE - UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE - UFFI-

CIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLA FAMIGLIA - SERVIZIO NAZIONALE PERLA PASTORALE GIOVANILE, Celebrare il “mistero grande” dell’amore. Indicazioni perla valorizzazione pastorale del nuovo Rito del matrimonio, 14 febbraio 2006.

92 Caritas in veritate, n. 63.93 Cfr BENEDETTO XVI, Omelia nella Celebrazione eucaristica sul sagrato del Santuario

di Nostra Signora di Bonaria, Cagliari, 7 settembre 2008.

Affidati alla guida materna di Maria

56. Il volto di un popolo si plasma in famiglia. È qui che “i suoimembri acquisiscono gli insegnamenti fondamentali. Essi imparano adamare in quanto sono amati gratuitamente, imparano il rispetto diogni altra persona in quanto sono rispettati, imparano a conoscere ilvolto di Dio in quanto ne ricevono la prima rivelazione da un padre eda una madre pieni di attenzione”94.

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Soprattutto grazie alla donna è possibile riscoprire i valori che ren-dono umana la società: ella “conserva l’intuizione profonda che il me-glio della sua vita è fatto di attività orientate al risveglio dell’altro, allasua crescita, alla sua protezione”95.

Maria, donna esemplare, porge alla Chiesa lo specchio in cui essa èinvitata a riconoscere la propria identità, gli affetti del cuore, gli atteg-giamenti e i gesti che Dio attende da lei.

Con questa disponibilità, ci poniamo sotto lo sguardo della Madredi Dio, perché ci guidi nel cammino dell’educazione.

Maria, Vergine del silenzio,

non permettere che davanti alle sfide di questo tempo

la nostra esistenza sia soffocata dalla rassegnazione o dall’impotenza.

Aiutaci a custodire l’attitudine all’ascolto,

grembo nel quale la parola diventa feconda

e ci fa comprendere che nulla è impossibile a Dio.

Maria, Donna premurosa,

destaci dall’indifferenza che ci rende stranieri a noi stessi.

Donaci la passione che ci educa a cogliere il mistero dell’altro

e ci pone a servizio della sua crescita.

Liberaci dall’attivismo sterile,

perché il nostro agire scaturisca da Cristo, unico Maestro.

Maria, Madre dolorosa,

che dopo aver conosciuto l’infinita umiltà di Dio nel Bambino di

Betlemme,

hai provato il dolore straziante di stringerne tra le braccia il corpo

martoriato,

insegnaci a non disertare i luoghi del dolore;

rendici capaci di attendere con speranza quell’aurora pasquale

che asciuga le lacrime di chi è nella prova.

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Maria, Amante della vita,

preserva le nuove generazioni

dalla tristezza e dal disimpegno.

Rendile per tutti noi sentinelle

di quella vita che inizia il giorno in cui ci si apre,

ci si fida e ci si dona.

94 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera ai Vescovi della Chiesacattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, 31maggio 2004.

95 Ib.

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APPENDICE

Discorso di Sua Santità Benedetto XVI alla 61ª AssembleaGenerale della Conferenza Episcopale Italiana, 27 maggio 2010

Venerati e cari Fratelli,

nel Vangelo proclamato domenica scorsa, Solennità di Pentecoste,Gesù ci ha promesso: “Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre man-derà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciòche io vi ho detto” (Gv 14, 26). Lo Spirito Santo guida la Chiesa nelmondo e nella storia. Grazie a questo dono del Risorto, il Signore re-sta presente nello scorrere degli eventi; è nello Spirito che possiamoriconoscere in Cristo il senso delle vicende umane. Lo Spirito Santo cifa Chiesa, comunione e comunità incessantemente convocata, rinno-vata e rilanciata verso il compimento del Regno di Dio. È nella comu-nione ecclesiale la radice e la ragione fondamentale del vostro conve-nire e del mio essere ancora una volta con voi, con gioia, in occasio-ne di questo appuntamento annuale; è la prospettiva con la quale viesorto ad affrontare i temi del vostro lavoro, nel quale siete chiamati ariflettere sulla vita e sul rinnovamento dell’azione pastorale della Chie-sa in Italia. Sono grato al Cardinale Angelo Bagnasco per le cortesi eintense parole che mi ha rivolto, facendosi interprete dei vostri senti-menti: il Papa sa di poter contare sempre sui Vescovi italiani. In voisaluto le comunità diocesane affidate alle vostre cure, mentre estendoil mio pensiero e la mia vicinanza spirituale all’intero popolo italiano.

Corroborati dallo Spirito, in continuità con il cammino indicato dalConcilio Vaticano II, e in particolare con gli orientamenti pastorali deldecennio appena concluso, avete scelto di assumere l’educazionequale tema portante per i prossimi dieci anni. Tale orizzonte tempora-le è proporzionato alla radicalità e all’ampiezza della domanda educa-tiva. E mi sembra necessario andare fino alle radici profonde di questaemergenza per trovare anche le risposte adeguate a questa sfida. Ione vedo soprattutto due. Una radice essenziale consiste – mi sembra –in un falso concetto di autonomia dell’uomo: l’uomo dovrebbe svilup-parsi solo da se stesso, senza imposizioni da parte di altri, i quali po-

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trebbero assistere il suo autosviluppo, ma non entrare in questo svi-luppo. In realtà, è essenziale per la persona umana il fatto che diventase stessa solo dall’altro, l’“io” diventa se stesso solo dal “tu” e dal“noi”, è creato per il dialogo, per la comunione sincronica e diacroni-ca. E solo l’incontro con il “tu” e con il “noi” apre l’“io” a se stesso.Perciò la cosiddetta educazione antiautoritaria non è educazione, marinuncia all’educazione: così non viene dato quanto noi siamo debitoridi dare agli altri, cioè questo “tu” e “noi” nel quale si apre l’“io” a sestesso. Quindi un primo punto mi sembra questo: superare questa fal-sa idea di autonomia dell’uomo, come un “io” completo in se stesso,mentre diventa “io” anche nell’incontro collettivo con il “tu” e con il“noi”.

L’altra radice dell’emergenza educativa io la vedo nello scetticismoe nel relativismo o, con parole più semplici e chiare, nell’esclusionedelle due fonti che orientano il cammino umano. La prima fonte do-vrebbe essere la natura secondo la Rivelazione. Ma la natura vieneconsiderata oggi come una cosa puramente meccanica, quindi chenon contiene in sé alcun imperativo morale, alcun orientamento valo-riale: è una cosa puramente meccanica, e quindi non viene alcunorientamento dall’essere stesso. La Rivelazione viene considerata o co-me un momento dello sviluppo storico, quindi relativo come tutto losviluppo storico e culturale, o – si dice – forse c’è rivelazione, ma noncomprende contenuti, solo motivazioni. E se tacciono queste due fon-ti, la natura e la Rivelazione, anche la terza fonte, la storia, non parlapiù, perché anche la storia diventa solo un agglomerato di decisioniculturali, occasionali, arbitrarie, che non valgono per il presente e peril futuro. Fondamentale è quindi ritrovare un concetto vero della natu-ra come creazione di Dio che parla a noi; il Creatore, tramite il librodella creazione, parla a noi e ci mostra i valori veri. E poi così ancheritrovare la Rivelazione: riconoscere che il libro della creazione, nelquale Dio ci dà gli orientamenti fondamentali, è decifrato nella Rivela-zione, è applicato e fatto proprio nella storia culturale e religiosa, nonsenza errori, ma in una maniera sostanzialmente valida, sempre dinuovo da sviluppare e da purificare. Così, in questo “concerto” – percosì dire – tra creazione decifrata nella Rivelazione, concretizzata nellastoria culturale che sempre va avanti e nella quale noi ritroviamo sem-

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pre più il linguaggio di Dio, si aprono anche le indicazioni per un’e-ducazione che non è imposizione, ma realmente apertura dell’“io” al“tu”, al “noi” e al “Tu” di Dio.

Quindi le difficoltà sono grandi: ritrovare le fonti, il linguaggio del-le fonti, ma, pur consapevoli del peso di queste difficoltà, non possia-mo cedere alla sfiducia e alla rassegnazione. Educare non è mai statofacile, ma non dobbiamo arrenderci: verremmo meno al mandato cheil Signore stesso ci ha affidato, chiamandoci a pascere con amore ilsuo gregge. Risvegliamo piuttosto nelle nostre comunità quella passio-ne educativa, che è una passione dell’“io” per il “tu”, per il “noi”, perDio, e che non si risolve in una didattica, in un insieme di tecniche enemmeno nella trasmissione di principi aridi. Educare è formare lenuove generazioni, perché sappiano entrare in rapporto con il mon-do, forti di una memoria significativa che non è solo occasionale, maaccresciuta dal linguaggio di Dio che troviamo nella natura e nella Ri-velazione, di un patrimonio interiore condiviso, della vera sapienzache, mentre riconosce il fine trascendente della vita, orienta il pensie-ro, gli affetti e il giudizio.

I giovani portano una sete nel loro cuore, e questa sete è una do-manda di significato e di rapporti umani autentici, che aiutino a nonsentirsi soli davanti alle sfide della vita. È desiderio di un futuro, resomeno incerto da una compagnia sicura e affidabile, che si accosta aciascuno con delicatezza e rispetto, proponendo valori saldi a partiredai quali crescere verso traguardi alti, ma raggiungibili. La nostra ri-sposta è l’annuncio del Dio amico dell’uomo, che in Gesù si è fattoprossimo a ciascuno. La trasmissione della fede è parte irrinunciabiledella formazione integrale della persona, perché in Gesù Cristo si rea-lizza il progetto di una vita riuscita: come insegna il Concilio VaticanoII, “chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uo-mo” (Gaudium et spes, n. 41). L’incontro personale con Gesù è lachiave per intuire la rilevanza di Dio nell’esistenza quotidiana, il se-greto per spenderla nella carità fraterna, la condizione per rialzarsisempre dalle cadute e muoversi a costante conversione.

Il compito educativo, che avete assunto come prioritario, valorizzasegni e tradizioni, di cui l’Italia è così ricca. Necessita di luoghi credi-

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bili: anzitutto la famiglia, con il suo ruolo peculiare e irrinunciabile; lascuola, orizzonte comune al di là delle opzioni ideologiche; la parroc-chia, “fontana del villaggio”, luogo ed esperienza che inizia alla fedenel tessuto delle relazioni quotidiane. In ognuno di questi ambiti restadecisiva la qualità della testimonianza, via privilegiata della missioneecclesiale. L’accoglienza della proposta cristiana passa, infatti, attraver-so relazioni di vicinanza, lealtà e fiducia. In un tempo nel quale lagrande tradizione del passato rischia di rimanere lettera morta, siamochiamati ad affiancarci a ciascuno con disponibilità sempre nuova, ac-compagnandolo nel cammino di scoperta e assimilazione personaledella verità. E facendo questo anche noi possiamo riscoprire in modonuovo le realtà fondamentali.

La volontà di promuovere una rinnovata stagione di evangelizza-zione non nasconde le ferite da cui la comunità ecclesiale è segnata,per la debolezza e il peccato di alcuni suoi membri. Questa umile edolorosa ammissione non deve, però, far dimenticare il servizio gra-tuito e appassionato di tanti credenti, a partire dai sacerdoti. L’annospeciale a loro dedicato ha voluto costituire un’opportunità per pro-muoverne il rinnovamento interiore, quale condizione per un più inci-sivo impegno evangelico e ministeriale. Nel contempo, ci aiuta anchea riconoscere la testimonianza di santità di quanti – sull’esempio delCurato d’Ars – si spendono senza riserve per educare alla speranza,alla fede e alla carità. In questa luce, ciò che è motivo di scandalo,deve tradursi per noi in richiamo a un “profondo bisogno di ri-impa-rare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una par-te il perdono, ma anche la necessità della giustizia” (Intervista ai gior-nalisti durante il volo verso il Portogallo, 11 maggio 2010).

Cari Fratelli, vi incoraggio a percorrere senza esitazioni la stradadell’impegno educativo. Lo Spirito Santo vi aiuti a non perdere mai lafiducia nei giovani, vi spinga ad andare loro incontro, vi porti a fre-quentarne gli ambienti di vita, compreso quello costituito dalle nuovetecnologie di comunicazione, che ormai permeano la cultura in ognisua espressione. Non si tratta di adeguare il Vangelo al mondo, ma diattingere dal Vangelo quella perenne novità, che consente in ognitempo di trovare le forme adatte per annunciare la Parola che non

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passa, fecondando e servendo l’umana esistenza. Torniamo, dunque,a proporre ai giovani la misura alta e trascendente della vita, intesacome vocazione: chiamati alla vita consacrata, al sacerdozio, al matri-monio, sappiano rispondere con generosità all’appello del Signore,perché solo così potranno cogliere ciò che è essenziale per ciascuno.La frontiera educativa costituisce il luogo per un’ampia convergenzadi intenti: la formazione delle nuove generazioni non può, infatti, chestare a cuore a tutti gli uomini di buona volontà, interpellando la ca-pacità della società intera di assicurare riferimenti affidabili per lo svi-luppo armonico delle persone.

Anche in Italia la presente stagione è marcata da un’incertezza suivalori, evidente nella fatica di tanti adulti a tener fede agli impegni as-sunti: ciò è indice di una crisi culturale e spirituale, altrettanto seria diquella economica. Sarebbe illusorio – questo vorrei sottolinearlo –pensare di contrastare l’una, ignorando l’altra. Per questa ragione,mentre rinnovo l’appello ai responsabili della cosa pubblica e agli im-prenditori a fare quanto è nelle loro possibilità per attutire gli effettidella crisi occupazionale, esorto tutti a riflettere sui presupposti di unavita buona e significativa, che fondano quell’autorevolezza che solaeduca e ritorna alle vere fonti dei valori. Alla Chiesa, infatti, sta a cuo-re il bene comune, che ci impegna a condividere risorse economichee intellettuali, morali e spirituali, imparando ad affrontare insieme, inun contesto di reciprocità, i problemi e le sfide del Paese. Questa pro-spettiva, ampiamente sviluppata nel vostro recente documento suChiesa e Mezzogiorno, troverà ulteriore approfondimento nella prossi-ma Settimana Sociale dei cattolici italiani, prevista in ottobre a ReggioCalabria, dove, insieme alle forze migliori del laicato cattolico, vi im-pegnerete a declinare un’agenda di speranza per l’Italia, perché "leesigenze della giustiziadiventino comprensibili e politicamente realiz-zabili" (Deus caritas est, n. 28). Il vostro ministero, cari Confratelli, e lavivacità delle comunità diocesane alla cui guida siete posti, sono lamigliore assicurazione che la Chiesa continuerà responsabilmente adoffrire il suo contributo alla crescita sociale e morale dell’Italia.

Chiamato per grazia ad essere Pastore della Chiesa universale edella splendida Città di Roma, porto costantemente con me le vostre

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preoccupazioni e le vostre attese, che nei giorni scorsi ho deposto –con quelle dell’intera umanità – ai piedi della Madonna di Fatima. ALei va la nostra preghiera: “Vergine Madre di Dio e nostra Madre caris-sima, la tua presenza faccia rifiorire il deserto delle nostre solitudini ebrillare il sole sulle nostre oscurità, faccia tornare la calma dopo latempesta, affinché ogni uomo veda la salvezza del Signore, che ha ilnome e il volto di Gesù, riflesso nei nostri cuori, per sempre uniti altuo! Così sia!” (Fatima, 12 maggio 2010). Di cuore vi ringrazio e vi be-nedico.

Città del Vaticano, 27 maggio 2010

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INDICEPresentazione

Introduzione (1-6)Alla scuola di Cristo, maestro e pedagogoUn rinnovato impegno ecclesialeUna speranza affidabile, anima dell’educazione

Capitolo 1 – Educare in un mondo che cambia (7-15)È tempo di discernimentoNei nodi della cultura contemporaneaDall’accoglienza all’integrazionePer la crescita integrale della persona

Capitolo 2 – Gesù, il Maestro (16-24)«Si mise a insegnare loro molte cose»Dio educa il suo popoloLa Chiesa discepola, madre e maestraFormare alla vita secondo lo Spirito

Capitolo 3 – Educare, cammino di relazione e di fiducia (25-34)Un desiderio che trova rispostaUn incontro che genera un camminoCon la credibilità del testimone †Passione per l’educazioneUna relazione che si trasforma nel tempoNegli ambiti della vita quotidianaUna storia di santità

Capitolo 4 – La Chiesa, comunità educante (35-51)«Un solo corpo e un solo spirito»Il primato educativo della famigliaNel cantiere dell’educazione cristianaLa parrocchia, crocevia delle istanze educativeLa scuola e l’universitàLa responsabilità educativa della societàLa comunicazione nella cultura digitale

Capitolo 5 – Indicazioni per la progettazione pastorale (52-55)Esigenze fondamentaliObiettivi e scelte prioritarie

Affidati alla guida materna di Maria (56)Appendice

Discorso di Sua Santità Benedetto XVI alla 61ª Assemblea Generaledella Conferenza Episcopale Italiana, 27 maggio 2010

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Per la Giornata del Ringraziamento

Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro,

la giustizia e la pace

(14 novembre 2010)

"TU APRI LA TUA MANO E SAZI IL DESIDERIO DI OGNI VIVENTE"(Sal 144,16)

Anche quest’anno celebriamo la giornata del Ringraziamento per ifrutti della terra e del lavoro dell’uomo: è un’occasione sempre prezio-sa per esprimere riconoscenza a quanti operano nel mondo rurale e ciprocurano il nutrimento quotidiano mediante un lavoro impegnativo espesso faticoso. Dio li benedica.

L’Anno Sacerdotale da poco concluso ci ha lasciato il profumo delpane, consacrato dalle mani del sacerdote, ma prima ancora dono del-la terra e del lavoro umano. Non c’è Eucaristia senza la dedizione delmondo rurale, che con noi condivide il pane. L’intero anno pastorale2010-2011 sarà orientato verso il Congresso Eucaristico nazionale, checelebreremo nel settembre prossimo ad Ancona.

Questa giornata è anche un’occasione importante di riflessione suiproblemi che il mondo rurale sta vivendo, acuiti dal protrarsi degli ef-fetti di una crisi economica e finanziaria di portata mondiale. Tutti ab-biamo toccato con mano i pericoli in una finanza disgiunta da un’eco-nomia di produzione reale. Siamo anche consapevoli della fragilità diun sistema economico che, per sostenersi, ha bisogno di accrescere adismisura i consumi di massa. È sempre più difficile il corretto bilan-ciamento fra la salvaguardia dell’ambiente e la necessità di assicurareposti di lavoro alle nuove generazioni.

A partire da questi semplici spunti, ci è chiesto di riflettere su comel’agricoltura italiana, nelle differenti situazioni che la caratterizzano,possa raccogliere e affrontare la sfida imposta dalla globalizzazione.Puntando sulla multifunzionalità, cioè sulla sua capacità come settore

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primario di dare luogo a produzioni congiunte, la nostra agricolturadovrà essere in grado di creare un nuovo modello di sviluppo, capacedi rispondere adeguatamente alle attese del Paese.

È fondamentale che anche il lavoro agricolo e rurale si caratterizziper una rinnovata e chiara consapevolezza etica, all’altezza delle sfidesempre più complesse del tempo presente. In questa linea, sarà im-portante impegnarsi nell’educazione dei consumatori. Questo legamerelazionale, da basare sulla fiducia reciproca, costituisce una granderisorsa: sempre più il consumatore è chiamato a interagire con il pro-duttore, perché la qualità diventi prevalente rispetto alla quantità. Sitratta di diffondere comportamenti etici che facciano emergere la di-mensione sociale dell’agricoltura, fondata su valori perenni, da sem-pre fecondi, quali “la ricerca della qualità del cibo, l’accoglienza, lasolidarietà, la condivisione della fatica nel lavoro” (Nota pastoraleFrutto della terra e del lavoro dell’uomo, n. 14).

Troveranno così spazio di dignità tutti coloro che lavorano nelmondo rurale, in particolare i braccianti, soprattutto se provengonodall’estero, spesso ancora vittime dello sfruttamento e dell’emargina-zione. Ognuno deve sentirsi accolto, rispettato e valorizzato. In talmodo il mondo agricolo sarà palestra di integrazione sociale e levapreziosa di crescita economica, quale premessa e condizione del pro-gresso sociale.

In questo tempo di crisi, un segnale positivo è rappresentato dal ri-torno all’impresa agricola di giovani laureati, che sentono questo la-voro come una “vocazione”, che dona loro dignità e piena valorizza-zione. A noi la gioia di saperli accogliere, sostenendoli con motivazio-ni etiche, in grado di sostenerli nel tempo.

Essenziale sarà, in questa linea, l’azione delle aggregazioni laicali edelle organizzazioni di settore di ispirazione cristiana, senza le quali ilfermento del Vangelo difficilmente raggiunge in maniera efficace glisnodi della vita quotidiana e penetra gli ambienti più fortemente se-gnati dal processo di secolarizzazione. Riemerge, così, l’importanza diuna pastorale d’ambiente, attenta al mutare delle situazioni, che si af-fianca all’azione delle parrocchie per coinvolgere la Chiesa nelle pro-

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blematiche vitali delle persone, nelle diverse questioni culturali, socialied economiche. Gli ambienti di vita sono l’orizzonte della missioneecclesiale, perché ogni esistenza sia resa migliore dalla forza radiosadel Vangelo di Gesù Cristo, che “ha lavorato con mani d’uomo, hapensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amatocon cuore d’uomo” (Gaudium et spes, n. 22).

Un ulteriore segno di speranza è rappresentato dalle cooperativeagricole. Sono un dono grande per la costruzione di un modello eco-nomico ispirato ai principi etici. Il pluralismo delle forme d’impresacostituisce, infatti, un elemento imprescindibile per uno sviluppoequilibrato. Al suo interno, la forma cooperativistica, per la sua strut-tura a rete, sa reggere meglio di altre gli effetti di una crisi anche pro-lungata. Spetta a noi rilanciare in alto tali motivazioni, puntando allaformazione dei giovani, dentro il solco della scelta educativa, che laChiesa in Italia ha coraggiosamente deciso di fare propria in questodecennio.

Lo sguardo al Pane del cielo dia fecondità al nostro impegno per ilpane della terra: senza cielo non si può vivere, mentre con il cielo lenostre terre diventeranno un giardino.

Ci assista la Vergine Maria, perché questi propositi siano da noi tuttitradotti in percorsi concreti di impegno solidale.

Roma, 15 agosto 2010Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria

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Cristo, nostra pace

In concomitanza con la 44ª Giornata Mondiale della Pace, la Com-missione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e lapace, la Caritas Italiana e Pax Christi Italia hanno organizzato, per lasera del 31 dicembre, la 43ª Marcia per la pace, per invocare dalSignore il dono della pace nel mondo intero e sulle nostre comunitàdiocesane.

La Marcia per la pace si è svolta ad Ancona, nel desiderio di costi-tuire un significativo momento preparatorio al Congresso Eucaristico,che si celebrerà nel mese di settembre 2011. Il tema della 43a Marciacoincide con quello della 44ª Giornata Mondiale della Pace: “Libertàreligiosa, via per la pace”. Il Messaggio che il Santo Padre ci ha re-galato per il 1° gennaio 2011 ha guidato la riflessione nei vari momen-ti della Marcia.

La libertà religiosa, come via per la pace, è un argomento di grandeattualità, che rappresenta il compimento di quel cammino della pacenel quale il Santo Padre Benedetto XVI ha preso quasi per mano l’u-manità, conducendola passo dopo passo a una riflessione sempre piùprofonda. Dal 2006 a oggi i temi sono stati: la verità (“Nella verità, lapace”, 2006), la dignità della persona umana (“La persona umana,cuore della pace”, 2007), l’unità della famiglia umana (“Famiglia uma-na, comunità di pace”, 2008), la lotta contro la povertà (“Combatterela povertà, costruire la pace”, 2009) e infine la custodia del creato (“Sevuoi coltivare la pace, custodisci il creato”, 2010). Un percorso sapien-te che affonda le radici nella vocazione alla verità dell’uomo, capaxDei, e che, avendo come stella polare la dignità umana, giunge alla li-bertà di ricercare la verità stessa.

L’annuale Marcia per la pace è iniziata, alle ore 17.30, con il salutodi S.E. Mons. Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo,“siamo qui, insieme per salutare il 2010 nel segno della pace e di unpopolo in cammino”, e il benvenuto delle autorità comunali, provin-

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ciali e regionali alle migliaia di persone radunate nell’oratorio dellaParrocchia dei Salesiani.

Tutti siamo invitati a vivere la Marcia nel digiuno e nella preghie-ra e ad offrire nella Santa Messa in elemosina, il corrispettivo dellacena a favore dell’“Opera Segno” del Congresso Eucaristico. Tale ope-ra consiste nel continuare e rafforzare l’esperienza di accoglienza eapertura alla persona che in vario modo è già effettuata nelle molte-plici realtà ecclesiali del territorio anconetano.

Il canto "Vieni, Santo Spirito di Dio, … rinnova la Tua Chiesa; illu-mina le menti, dai pace al nostro mondo" ha aperto la preghiera ecu-menica, alla quale hanno partecipato esponenti delle diverse confes-sioni cristiane. A presiedere S.E. Mons. Giovanni Giudici, vescovo diPavia e presidente di Pax Christi Italia, che ricordando gli inizi dell’e-sperienza della Marcia per la pace ha dato il via al cammino e ha ri-cordato come tutto sia “nelle nostre mani di uomini leali e responsabi-li, ed è la nostra scelta personale che ci chiede di agire come agivaGesù, uomo di pace”.

Il lungo e composto cammino per le vie di Ancona vede giovani,adulti, famiglie con bambini provenienti dalle diocesi italiane, soprat-tutto quelle marchigiane, e dalle associazioni e dai movimenti eccle-siali. I volontari aprono il corteo tenendo alto lo striscione bianco chereca il tema scelto quest’anno per la Marcia: “Libertà religiosa, via perla pace” e i loghi degli enti organizzatori e quello del Congresso Euca-ristico. Oltre 2.000 persone, nella notte dell’ultimo dell’anno, marcia-no con le torce in mano per le strade di Ancona per affermare l’im-portanza della libertà nel vivere la propria fede.

Il corteo si muove fino alla Parrocchia del Crocifisso. Ove, intornoalle 19.00, S.E. Mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidentedi Caritas Italiana, guida una riflessione dal titolo “Chiamati alla caritànella verità”. La nostra “testimonianza coraggiosa della verità, nel ri-spetto della libertà di ogni persona e sempre con l’atteggiamento dellacarità, rappresenta una prospettiva indispensabile nella vita della no-stra società sempre in bilico tra l’assenza di convinzioni e l’eccessoverbale del dibattito”.

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Ripresa la Marcia, camminando insieme ai rappresentanti dellecomunità islamica, ebraica e cristiana, giungiamo alla chiesa disan Domenico, colmata dal gran numero di partecipanti, che prendo-no posto anche a terra, sul presbiterio e nei corridoi. Qui, e sono le20.00, si svolge una tavola rotonda interreligiosa su “Lo sviluppo uma-no e la libertà religiosa”. È proprio bello vedere la capacità di cammi-nare insieme e di dialogare con stima reciproca dei vari esponenti re-ligiosi!

Frida Di Segni Russi, della Comunità ebraica di Ancona, nel ri-spetto dello Shabbat non parla, ma affida a una giornalista il suo mes-saggio, nel quale auspica la benedizione di Dio come dono di pace,citando il Libro dei Numeri: “Il Signore rivolga a te il suo volto e ticonceda pace” (6,26); ricordando poi che il proprio nome “Frida”, inebraico significa “pace” e che è nata il 1° gennaio, ripercorre gli annidell’infanzia, insieme all’amico Edoardo Menichelli, ora arcivescovo diAncona. Prima del canto in ebraico “Evenu Shalom”, conclude: “Se ve-ramente crediamo e cerchiamo la pace dobbiamo guardarci negli oc-chi con gli occhi dei bambini che eravamo”.

Dopo aver rivolto una preghiera al Dio Misericordioso e Clemente,Izzedin Elzir, imam di Firenze e presidente dell’Unione delle comu-nità e organizzazioni islamiche in Italia (Ucoii), auspica “un’alleanzaper una libertà religiosa che non sia contro qualcuno, ma per l’uma-nità” e chiede “un dialogo interreligioso partecipato e una libertà reli-giosa che nel nostro Paese non rimanga articolo costituzionale da leg-gere, ma venga applicata”. Forte la condanna dell’imam verso quegliatti che violano la dignità delle persone, che in molte parti del mondo“non solo non hanno un luogo degno di preghiera, ma vengono addi-rittura uccise per la loro fede”.

È la volta di S.E. Mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo diCampobasso-Bojano e presidente della Commissione episcopale per iproblemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, che afferma: “abbia-mo bisogno di cielo perché la terra senza cielo resta fango, ma la terracon il cielo si fa giardino”. Il Messaggio del Santo Padre “parla al cuo-re di ogni persona, alla famiglia e alla società”. Perché è importante“cercare la verità, dare identità, comprendere e rispettare la dignità di

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ogni persona”, ricordando che “la verità va cercata nell’esperienza re-ligiosa, dentro quella libertà che aiuta a guardare al Cielo”. È la “li-bertà religiosa a fondare la libertà morale nella capacità di mettere inordine le proprie scelte”.

Chiude la tavola rotonda p. Silvano Zoccarato, missionario del Pi-me, con la sua testimonianza cristiana sull’integrazione nel territorioalgerino. “La mia prima evangelizzazione non è la predicazione oqualche aiuto materiale, ma l’amicizia e il contatto umano con tutti”.Semplicemente “stare con loro: visitare i malati, il lasciami avvicinaredai bambini, il salutare tutti”. Nonostante le difficoltà e le persecuzio-ni, “la nostra missione deve continuare nello stile di sempre, presenzareale, umile, silenziosa, continua, anche nella sofferenza. È lo stile diCristo!”.

Alle 21.15, ricostituito il corteo, il nostro cammino prosegue fian-cheggiando il Teatro delle Muse, dove il 28 aprile 2003, Placido Do-mingo cantò la Preghiera per la Pace, pronunciata da Giovanni Pao-lo II all’incontro di Assisi il 24 gennaio 2002. L’animazione che accom-pagna la Marcia ne propone alcuni brani: “La Tua Parola ci insegneràad inventare la pace… la civiltà dell’amore racconti del Regno che è eche viene”.

Subito dopo, mentre continua il nostro cammino, inizia una rifles-sione in preparazione all’incontro con Gesù Eucaristia. Sul sagratodella chiesa di Santa Maria della Piazza è posizionato un ostensoriocon l’Eucaristia per permettere a tutti i partecipanti alla Marcia di so-stare brevemente nell’adorazione eucaristica. La sosta davanti a Gesùsi svolge in religioso silenzio, ciascuno apre il cuore al “Principe dellapace” (Is 9,5) e affida a Lui le sorti della propria vita. L’adorazione èmolto bella e colma tutti i nostri cuori. Lungo il cammino della nostravita occorre trovare dei “porti sicuri” dove poter sostare e riposare,per poi ripartire con rinnovato vigore.

Man mano che ciascuno compie la propria sosta davanti a GesùEucaristia, ripartiamo e iniziamo a salire il monte Guasco alla cui som-mità si erge la Cattedrale di san Ciriaco. Mentre saliamo il pensiero vaall’immagine di Maria, Regina di tutti i santi, custodita nella Cattedra-

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le, il passo è deciso e la torce ardono come i nostri cuori, che ringra-ziano Maria per il dono del suo Figlio Gesù, come fece quel marinaioche scampato da una brutta tempesta in mare, a piedi nudi portò l’im-magine di Maria in questa Cattedrale.

La Marcia trova il suo culmine, alle 22.30, nella celebrazione euca-ristica, trasmessa in diretta da Tv2000, che si svolge nella cattedraledi san Ciriaco ed è presieduta dall’arcivescovo Edoardo Menichelli.Attorno a lui 10 vescovi, 46 sacerdoti e un popolo che vive in pienez-za il proprio impegno per la pace a partire da Gesù Eucaristia comefonte adorata e celebrata. Il pensiero va alle ultime edizioni della Mar-cia svolte a L’Aquila, l’anno scorso, per esprimere solidarietà alla po-polazione colpita dal terremoto, e a Palermo, due anni fa, nel ricordodella testimonianza di giustizia di p. Pino Puglisi.

L’Arcivescovo nell’omelia ha ricordato che il 7 dicembre del 1992,da questo porto di Ancona, con circa 500 volontari, don Tonino Bel-lo, allora presidente di Pax Christi, partiva alla volta della costa dal-mata, per dare inizio a una marcia a piedi che lo avrebbe condottodentro la città di Sarajevo, da diversi mesi sotto assedio serbo a causadella guerra civile.

A distanza di diciotto anni, prosegue l’arcivescovo Menichelli: “que-sto lembo di mare che Dio ha posto tra la nostra terra e quella dell’al-tra sponda ha fatto sì che ci siano state risparmiate le scene di fratellimorti o feriti in quella guerra fratricida, che tuttavia ha segnato anchela storia di questa parte dell’Adriatico. Il mare che è stato da sempreteatro di traffici e mezzo di comunicazione, abbraccia questa città diAncona e vi conduce popoli di razze e di etnìe diverse, aiutandola adessere accogliente e generosa”.

“La pace è, come sappiamo, un dono e un compito. È dono diDio, ma anche compito dell’uomo e di ogni donna”. Dobbiamo “con-sacrarci alla verità e alla carità di Dio e ci dobbiamo liberare dalla sot-tile e fastidiosa tentazione della supremazia poiché solo lo Spirito, ani-matore di verità, è al di sopra, mentre noi della verità siamo servi ecustodi”.

LA PAROLA DEI VESCOVI ITALIANI43ª MARCIA PER LA PACE

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Il tema “Libertà religiosa, via per la pace”, scelto dal Santo Padreper la Giornata del 1° gennaio 2011, sottolinea infatti l’urgenza che afarsi carico di questo compito siano le grandi religioni che debbonoessere capaci di trovare nella loro identità e nella loro missione il mo-do di relazionarsi ubbidendo al Signore Onnipotente che della pace èla vera sorgente. “Le stesse religioni devono essere messe nella condi-zione di esercitare con libertà la loro missione, ma devono, altresì, es-sere capaci di un dialogo rispettoso tra loro – afferma mons. Meni-chelli –. La religione non dovrebbe mai essere armata per una conqui-sta, piuttosto deve presentarsi con la forza dell’Amore di Dio e dellafraternità. Dio e la verità non possono essere mai arma controqualcuno, chi ama veramente Dio non toglie a nessuno la libertà diricercarlo”

Terminata la celebrazione, ci ritroviamo nel tendone, montato sulsagrato dalla Protezione Civile, per lo scambio degli auguri, tra canti eballi con i Frati minori delle Marche per un nuovo anno ricco di ognibene nel Signore, consapevoli che è bene iniziare un nuovo tratto delcammino della nostra vita, ponendosi con decisione sulla via dellapace.

È Cristo la “nostra pace” (Ef 2,14). La pace è anche virtù umanada realizzare nelle nostre città e tra i popoli, ma affonda le sue radicinel mistero di Cristo. “Ecco la pace: non promessa, ma inviata; nondifferita, ma donata; non profetata, ma presente” (San Bernardo, Di-scorso 1 per l'Epifania). È Cristo Gesù la pace inviata, nel mistero delNatale e della vita nascosta a Nazaret; donata, nel mistero della Pas-sione e della Pasqua di Risurrezione; presente, nel mistero della Chie-sa e dell’Eucaristia.

La pace di Cristo, inviata, donata e presente colmi i nostricuori.

d. Angelo Casile

LA PAROLA DEI VESCOVI ITALIANI43ª MARCIA PER LA PACE

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LA PAROLA DEI VESCOVI ITALIANI43ª MARCIA PER LA PACE

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LA PAROLA DEI VESCOVI ITALIANI43ª MARCIA PER LA PACE

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AVVENIRE 5 gennaio 2011

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LA PAROLADI MONS. VALENTINETTI

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LA PAROLA DI MONS. VALENTINETTINOMINE E DECRETI

Nomine

• Il 20 agosto il Sac. Paolo Sabatini è stato nominato AmministratoreParrocchiale di S. Giovanni Battista in Catignano.

• L’8 settembre il Sac. Tommaso Fallica è stato nominato Direttoredell’Ufficio Diocesano per i Beni Culturali e Direttore del MuseoStorico diocesano.

• Il 20 settembre il Sac. Nicola Della Rocca, proveniente dalla diocesidi Sulmona-Valva, è stato nominato Cappellano dell’Ospedale Civiledi Pescara.

• Il 21 settembre il Sem. Andrea Cericola è stato ordinato Diacononella Parrocchia Madonna del Rosario in Pescara.

• Il 21 settembre il Sac. Venanzio Dell’Aquila è stato nominato Parro-co di S. Giacomo Ap. In Montefino e della B.V. Maria in Villa Bozzadi Montefino.

• Il 21 settembre Padre Tony J. Pannikodu è stato nominato Ammini-stratore Parrocchiale di S. Giovanni Battista in Catignano e di S.Rocco in Vicoli.

• Il 21 settembre il Sac. Josè Alirio Contreras Roa è stato nominatoAmministratore Parrocchiale della B. V. Maria del Soccorso in Pic-ciano e di S. Rocco in Piccianello.

• Il 21 settembre Padre Thomas Matteo Mannada è stato nominatoamministratore Parrocchiale della B. V. Maria delle Grazie in Civita-quana.

• Il 21 settembre P. Antonio Levita ofm cap. è stato nominato VicarioParrocchiale della B. V. Maria Addolorata in Pescara.

• Il 21 settembre il Sac. Tommaso Fallica è stato nominato ammini-stratore Parrocchiale della Trasfigurazione del Signore in Pescara.

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LA PAROLA DI MONS. VALENTINETTINOMINE E DECRETI

• Il 21 settembre Padre Stefano Salviucci sj è stato nominato VicarioParrocchiale di Cristo Re in Pescara.

• Il 21 settembre il Sac. Paolo Sabatini è stato nominato Amministra-tore Parrocchiale di S. Vittoria V. e M. in Castilenti (Te)

• Il 7 ottobre Suor Rita Esposito, Missionaria comboniana, è stata no-minata direttrice dell’Ufficio Migrantes.

• Il 10 ottobre il Sac. Ettore Gianni Caldarelli è stato nominato Retto-re del Santuario del B. Nunzio Sulprizio ed Amministratore di S.Giovanni Battista in Pescosansonesco.

• Il 23 ottobre il Sem. Giampaolo Galeazzi del Seminario DiocesanoRedemptoris Mater in Macerata, è stato ordinato Diacono dal Ve-scovo Mons. Claudio Giuliodori.

• Il 1 ottobre P. Maurizio Erasmi ofm Conv. è stato nominato VicarioParrocchiale di S. Antonio di Padova in Pescara.

• Il 1 ottobre il Sac. Giovanni Cianciosi è stato nominato Amministra-tore Parrocchiale dell’Assunzione della B. V. Maria in Castiglione aCasauria.

• Il 1 ottobre il Sac. Krzysztof Skorupka è stato nominato Amministra-tore Parrocchiale di S. Silvestro Papa in Cermignano.

• Il 1 ottobre il Sac. Rafael Malecki è stato nominato AmministratoreParrocchiale di S. Nicola V. in Farindola.

• Il 9 ottobre Padre Michelino Vittorino Di Fonzo è stato nominato Vi-cario Parrocchiale di Stella Maris in Pescara.

• Il 5 novembre il Sac. Giovanni Campoverde è stato nominato Cap-pellano della Casa Circondariale in Pescara.

• L’8 dicembre Padre Windel Pastoriza ocd è stato nominato VicarioParrocchiale di San Gabriele dell’Addolorata in Pescara.

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OMISSIS

• Nel precedente Bollettino è stata omessa la nomina il 19 marzo2010 del Sac. Roberto Bertoia a Consulente Ecclesiastico dell’Asso-ciazione dei Giuristi Cattolici di Pescara per il triennio 2010-2013.

Incardinazioni

• In data 1 novembre 2010 i Sac. Krzysztof Skorupka e Rafael Ma-lecki, provenienti entrambi dal Clero della Diocesi di Sosnowiec inPolonia, sono stati incardinati nel Clero di Pescara-Penne.

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LA PAROLA DI MONS. VALENTINETTINOMINE E DECRETI

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LA PAROLA DI MONS. VALENTINETTINOMINE E DECRETI

La Parrocchia dell’Immacolata Concezionedella B.V. Maria diventa

Cuore Immacolato della B.V. Maria

Il Santuario del Cuore Immacolato di Maria fu edificato a Pescaracome segno di speranza, e di rinascita sociale e spirituale, in seguitoal grande bombardamento subito dalla Città l'8 dicembre 1943. Essoveniva ad essere anche il primo tempio sorto in Italia in risposta alleapparizioni e al messaggio di Fatima, e come tale è divenuto negli an-ni un centro di evangelizzazione, di pietà eucaristica e mariana. Il 17aprile 1960 il Vescovo Mons. Antonio Iannucci scelse il sacro tempiocome degna sede della erigenda Parrocchia del popoloso quartiere diPorta Nuova, alla quale diede il titolo parrocchiale del Cuore Immaco-lato della Beata Vergine Maria. Successivamente, a seguito del genera-le riordino degli Enti ecclesiastici dell'Arcidiocesi, si ritenne di mutareil titolo del solo Ente parrocchiale in quello dell'Immacolata Concezio-ne della Beata Vergine Maria, mentre restò immutato il titolo del San-tuario mariano.

Nel corso della Visita Pastorale, che di recente abbiamo svolto nellasuddetta Comunità parrocchiale, i componenti del Consiglio Pastoraledella medesima ci hanno manifestato il comune desiderio che la de-nominazione canonica della Parrocchia torni ad essere quella origina-ria, coincidente col titolo del Santuario, e in data 19 aprile 2010, il Par-roco Don Emilio Lonzi ha formalizzato l'istanza, scritta a nome di tuttii fedeli.

Considerato che di fatto la Parrocchia è individuata da tutti col no-me del Santuario mariano in cui ha sede, e volendo perpetuare il ri-cordo della consacrazione dell'intera Città al Cuore Immacolato di Ma-ria, che avvenne nel 1947, abbiamo ritenuta valida la suddetta richie-sta. Pertanto, in forza del Can. 515 del Codice di Diritto Canonico,

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LA PAROLA DI MONS. VALENTINETTINOMINE E DECRETI

DISPONIAMO

1. Alla Parrocchia dell'Immacolata Concezione della Beata VergineMaria, nella Città di Pescara, viene mutato il titolo in quello di“Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria”.

2. Vengono conservati la sede, il territorio, i beni e i diritti patrimonia-li, e parimenti gli oneri, della sopraddetta Parrocchia.

3. Al Parroco viene affidato il compito di curare l'iter documentaledella variazione del titolo dell'Ente parrocchiale presso i competentiorganismi dello Stato, perché continui a godere del riconoscimentocivile e della personalità giuridica pubblica conseguiti nel passato.

Dato a Pescara, dalla Nostra Residenza Arcivescovile, il giorno 8 di-cembre dell’Anno del Signore 2010, Solennità dell'Immacolata Conce-zione della Beata Vergine Maria.

Tommaso ValentinettiArcivescovo

Sac. Roberto BertoiaCancelliere

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IN DIOCESI

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IN DIOCESI

Necrologio

Domenica 18 Luglio 2010, nell’abitazione di famiglia a Montesilva-no, ha risposto alla chiamata al premio eterno il Rev.do Don MarioNistri, all’età di anni novantuno e sessanta di sacerdozio.

Don Mario era nato il 20 ottobre 1919 a Santa Fiora (Grosseto) nel-la Diocesi di Città della Pieve (Perugia) dove ricevette il Sacramentodel Battesimo il giorno 25 dello stesso mese.

Frequentò il Ginnasio presso l’Istituto “don Bosco” dapprima a Ve-rona e poi a Trento; gli studi liceali presso lo studentato filosofico sa-lesiano di Nove (Brescia) e quelli teologici presso lo studentato sale-siano in Monteortone (Padova).

S. E. Rev.ma Mons. Giuseppe NOGARA, Arcivescovo di Udine, il 23settembre 1950 gli conferì la Sacra Ordinazione presbiterale per laDiocesi di Penne-Pescara.

Il 1 ottobre 1950 il Vescovo Mons. Benedetto Falcucci lo nominavaCappellano dell’Istituto “Ravasco” di Pescara, e successivamente, il 1novembre 1953, lo inviava parroco di “San Pietro Apostolo” in Bisenti(Teramo); vi svolse il suo giovanile ministero sino al primo ottobre1959, quando il Vescovo Mons. Antonio Iannucci lo trasferisce nell’o-monima e popolosa Parrocchia di Loreto Aprutino (Pescara).

Il 24 ottobre 1972 venne inviato come primo parroco nella comu-nità di “San Giovanni Apostolo ed Evangelista” in Montesilvano (Pe-scara). Qui realizza l’edificazione della chiesa parrocchiale e l’avvia-mento di una comunità giovane e intraprendente, dove rimane sino al1 febbraio 1990, divenendone emerito.

Le esequie sono state celebrate il giorno successivo nella Parroc-chia di San Giovanni Apostolo in Montesilvano, con numerosa parte-cipazione di clero e di fedeli; ad esse hanno fatto seguito la traslazio-ne della salma e la sepoltura nel Cimitero di Loreto Aprutino (Pe).

Pie Jesu dona ei requiem sempiternam

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IN DIOCESINOTIZIE

Notizie in breve

• XIII Convegno Regionale per Operatori di Pastorale FamiliarePescasseroli (AQ), dal 27/08/2010 al 29/08/2010

• III Pellegrinaggio nazionale delle Famiglie, Scafati - Pompei, 11Settembre 2010

• Mese Missionario 2010Parrocchia B. Nunzio Sulprizio, il 29/09/2010 dalle 16:30 alle 19:00

• Veglia missionaria diocesana “Spezzare pane per tutti i popoli”Parrocchia San Luigi - Pescara, il 21/10/2010 dalle 20:30 alle 22:30

• laPorzione.it, onlinesala Mons. Iannucci (Centro Emmaus), Pescara, il 23/10/2010 dalle10:00 alle 11:00 la presentazione del notiziario della diocesi di Pe-scara-Penne, a laPorzione.it è dedicato lo Speciale di questo nume-ro.

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IN DIOCESINOTIZIE

Notizie in rassegna

La Caritas abruzzese dice stop alla povertàdi Davide De Amicis

A PESCARA IL CONVEGNO REGIONALE CARITAS IN OCCASIONE

DELLA GIORNATA MONDIALE PER LA LOTTA ALLA POVERTÀ

da www.laporzione.it17 ottobre 2010

Un dibattito che ha fatto sedere intorno allo stesso tavolo Chiesalocale, scuola, volontariato e istituzioni, per rilanciare il tema della lot-ta alla povertà. Tutto questo, ieri mattina, è stato “Povertà zero, agi-sci ora”, il convegno regionale organizzato dal Gruppo Mondialitàdella Caritas Abruzzo – Molise, ospitato nella sala consiliare a Palaz-zo di Città.

Il dibattito, aperto agli studenti del liceo scientifico pescarese “Gali-leo Galilei” e dell’Itc “Emilio Alessandrini” di Montesilvano, ha discus-so su quanto fatto e quanto ancora da fare per raggiungere i quattroobiettivi posti dalle Nazioni Unite nella “campagna del millennio” atti-va dal 2002, aumentare l’aiuto pubblico allo sviluppo, eliminare il de-bito dei paesi poveri, modificare le regole dello scambio internaziona-le a favore di questi ultimi, trasferire le tecnologie, e ridurre la povertànel mondo entro il 2015: «É assurdo – esclama monsignor TommasoValentinetti, arcivescovo di Pescara – che oggi il 20% della popolazio-ne consumi l’80% delle risorse disponibili, mentre al restante 80% del-la popolazione, sfortunata, resti il 20% dei beni. Ultimamente, solo inItalia, i poveri sono aumentati di 500.000 unità. Ormai, quello dellapovertà è un fenomeno che ci interpella da vicino».

I dati sono allarmanti: «Nel mondo – spiega Fabrizio Cavalletti, re-sponsabile dell’ufficio Afriche di Caritas Italiana – troviamo 2,7 miliar-

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di di persone che vivono con meno di 2 dollari al giorno, di cui unmiliardo soffre la fame, contrapposti ai 1.100 uomini più ricchi, conall’attivo molto più di quei 2,7 miliardi. Per non parlare dei 1.531 mi-liardi di dollari spesi, recentemente, in armamenti. Insomma, è evi-dente che di fronte a casi, la povertà il lascia posto all’ingiustizia didoversi confrontare con un modello economico generatore di poveri edisuguaglianza».

Una grande attenzione è stata quindi rivolta allo stato di “salute”del continente africano, su cui è intervenuto il sindaco di Pescara, diritorno dal Togo per l’inaugurazione di un orfanotrofio: «Qualche im-becille della politica – ha polemizzato sarcasticamente Luigi AlboreMascia – ha detto che ero a fare un viaggio, ma andare in Togo nonvuol dire andare a Montecarlo, dove si trovano case a buon prezzo.Noi, abbiamo stanziato 60.000 euro l’anno per 5 o 6 progetti che crei-no infrastrutture per migliorare la vita di queste popolazioni».

Successivamente, un ulteriore contributo alla riflessione è giunto dachi, in Africa, ci ha vissuto per 10 anni in missione: «Laddove – spie-ga in una video-intervista padre Giulio Albanese, comboniano e diret-tore della rivista “Popoli e Missione” – l’ingordigia dei potenti crea in-stabilità, mediante lo sfruttamento delle risorse locali per meri inte-ressi di parte, solo l’informazione potrà far sì che il divario fra norde sud del mondo non aumenti ancora».

Comunque, gli ultimi vent’anni hanno fatto registrare risultati positi-vi nell’ottica di una drastica riduzione della povertà estrema nel mon-do, tanto da raggiungere con ampio margine l’obiettivo dell’anno2015: «Nonostante paesi come il nostro - illustra Marta Guglielmetti,coordinatrice per l’Italia della “campagna del millennio” – donino sololo 0,16% del Prodotto Interno Lordo in aiuto pubblico allo sviluppo ,contrariamente allo 0,7% previsto, la percentuale di popolazione vi-vente con meno di un dollaro al giorno, che nel 1990 partiva dal 46%,arriverà a toccare quota 15% fra cinque anni, rispetto all’obiettivo mi-nimo previsto del 23%».

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“Sogno un mondo per tutti”di Cristina Santonastaso

LA MOSTRA DELLE OPERE “GLI AMICI” AL BELLISARIO DI PESCARA

da www.laporzione.it13 novembre 2010

Inaugurata, ieri, presso il nuovo liceo artistico “V. Bellisario” di Pe-scara la mostra, intitolata “Sogno un mondo per tutti”, delle operedi artisti disabili, “Gli Amici” della comunità di Sant’Egidio di Ro-ma. L’iniziativa, patrocinata dall’amministrazione comunale di Pescara,affronta il delicato tema della diversità, fisica, ma anche culturale e so-ciale, in un mondo, come quello di oggi, che le è ostile, se non ag-gressivo.

L’esposizione, portatrice di un’imponente carica emotiva, ha vistouna consistente affluenza da parte di molti interessati, a cominciaredal sindaco di Pescara, Luigi Albore Mascia e la conferenza, nell’aulamagna dell’istituto, ha offerto l’occasione per spiegare il valore, nonsolo artistico, della mostra e del laboratorio Museo d’arte sperimentaledi Tor Bella Monaca, quartiere della periferia di Roma.

«I laboratori sono luoghi di relazione e di comunicazione, soprattut-to per quanti hanno problemi fisici o difficoltà espressive – spiega Ma-ria Carosio, responsabile del Museo – gli Amici sono riusciti, attraver-so le opere esposte, a rappresentare un tessuto che abbraccia tutto ilmondo, fatto di colori, odori e sapori diversi. La loro è l’arte del con-vivere, che rende la differenza una ricchezza».

Olio, tempere, carbone su tela o carta, ma anche plastica, legno, ra-me o semplici scontrini. Tutto, per esprimersi, far riflettere, far ascolta-re.

«Abbiamo iniziato due anni fa il progetto “Sogno un mondo per tut-ti”, portando le nostre opere in molte città italiane – afferma DiegoProietti, portavoce degli artisti – noi realizziamo i nostri lavori nel Mu-

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seo d’arte sperimentale, dove ci troviamo in amicizia. Un mondo pertutti è possibile, e vogliamo lavorare insieme alla comunità di Sant’E-gidio per realizzarlo».

«Abbiamo riscoperto la gioia di stare e lavorare insieme, diventan-do, così, costruttori e portatori di pace; ognuno può esserlo – aggiun-ge Roberto Porzi, della comunità di Sant’Egidio – ascoltare e vederela diversità con gli occhi dell’accoglienza fa nascere la gioia, ele-mento fondamentale della mostra, che è la visione plastica di quantolavorare in amicizia riesca a superare la decadenza del mondo in cuiviviamo».

Così ha scritto Sonia Sospirato, l’artista che ha dato il titolo alla mo-stra:

Pace è il sogno di popoliIo sogno un mondoSogno un mondo per tuttiCombatto per questoCon i miei amici.

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All’unisono per dare voce all’amoredi Roberta Fioravante

A VILLA RASPA L’INCONTRO DIOCESANO DEI CORI PARROCCHIALI

PER LA FESTA DI SANTA CECILIA

da www.laporzione.it18 novembre 2010

Chiamata a raccolta dei cori parrocchiali dell’arcidiocesi di Pesca-ra-Penne in occasione della festa di santa Cecilia, patrona della musicae del canto.

«L’incontro è fissato per domenica 21 novembre dalle ore 15.30alle 19.30 presso la parrocchia san Camillo de Lellis a Villa Raspa diSpoltore – spiega don Vito Cantò, direttore dell’Ufficio liturgico dioce-sano – e nasce dall’esigenza, sempre più condivisa, di favorire in ognimodo la crescita spirituale e apostolica di quanti nelle nostre comu-nità parrocchiali si dedicano al servizio liturgico».

A tal fine il programma dell’incontro prevede un momento di pre-ghiera iniziale, animato dal coro della parrocchia ospitante, un ap-profondimento teorico-pratico sul canto liturgico e la celebrazione eu-caristica, presieduta dall’arcivescovo Tommaso Valentinetti e animatadal coro liturgico Pro Sanctitate.

«Uno sguardo ai documenti prodotti a partire dal Concilio VaticanoII – dichiara la musicista e musicologa Cristina Di Zio, che presenteràle caratteristiche del canto liturgico – aiuterà a comprendere chenon tutta la musica sacra può essere considerata liturgica e quindi uti-lizzata all’interno della liturgia. Il nostro intento – prosegue la pianista,docente di Storia della musica medievale e rinascimentale presso l’u-niversità di Padova – è anzitutto quello di rendere i nostri cori parroc-chiali più consapevoli del ruolo a cui sono chiamati e degli ordina-menti liturgici a cui devono porre attenzione».

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La speranza degli organizzatori è che questo evento trovi ampia ac-coglienza e che sia per tutti i partecipanti un’esperienza di gioiosacondivisione, perché – scriveva Sant’Agostino – «cantare è proprio dichi ama».

Con Frisina per la “solidarietà sociale”di Roberta Fioravante

ALLO SPIRITO SANTO, DOMENICA, SERATA DI BENEFICENZA IN CONCERTO

PER IL PROGETTO “PROVITA”

da www.laporzione.it16 dicembre 2010

Se la beneficenza è per definizione “la virtù del fare del bene aglialtri”, viene da chiedersi in che modo un concerto possa realizzarequesto scopo. L’idea di coniugare la presentazione di un nuovo pro-getto della Caritas diocesana di Pescara-Penne e il concerto di nataledell’assessorato alle politiche sociali del comune di Pescara nasce dal-la convinzione condivisa che la musica è un efficace mezzo di comu-nicazione, un immediato luogo di incontro, un potente strumento didialogo e di pace.

Ed è per questo che la città adriatica ospiterà, domenica 19 di-cembre, alle 20, nella Chiesa dello Spirito Santo, il coro delladiocesi di Roma e l’orchestra Fideles et Amati, diretti dal M°mons. Marco Frisina. «Desidero anzitutto esprimere a nome mioe di mons. Frisina, direttore del coro – dichiara Riccardo Rossi,segretario generale del coro della diocesi di Roma –il più profon-do ringraziamento per averci dato la possibilità di contribuire con ilnostro canto a questa importante iniziativa per le famiglie in difficoltàdella vostra città Con grande entusiasmo tutti i 250 coristi hanno ap-

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preso la notizia, che è giunta in special modo gradita, perché mai pri-ma d’ora una diocesi ci aveva coinvolto per sensibilizzare ad un temacosì importante come la solidarietà sociale».

L’occasione permetterà, infatti, di sostenere e presentare il Provita,progetto di microcredito per famiglie in difficoltà sostenuto dall’arci-diocesi, dalla Provincia di Pescara, dai Comuni di Pescara e Montesil-vano, dalla Bcc di Cappelle sul Tavo.

«Vista la straordinarietà dell’evento molti – continua il responsabiledel coro – si sono resi disponibili a partecipare con mezzi propri pervenire a Pescara ed essere presenti alla serata, in cui faremo del no-stro meglio per lodare Dio con brani ispirati al Santo Natale di nostroSignore Gesù Cristo. Nelle quasi due ore di concerto monsignor Fri-sina dirigerà l’orchestra sinfonica Fideles et Amati, il coro della dioce-si di Roma e i sei solisti in canti tratti dal repertorio nazionale e inter-nazionale e da diversi generi musicali, dal gregoriano a Bach allo spi-ritual, perché tutti i popoli e tutte le culture hanno cantato e annun-ciato l’evento che ha cambiato per sempre la storia dell’uomo, il Dioche si fa Bambino per amore di tutti. Trovo il contesto particolarmen-te adatto a sostenere il gesto concreto che la diocesi e il comune diPescara stanno compiendo a favore di chi è nel bisogno, perché il se-gno di speranza che viene dall’Incarnazione del Signore deve necessa-riamente continuare da parte di tutti gli uomini di buona volontà.Quindi – conclude Riccardo Rossi – con immensa gioia e con tutto ilnostro impegno ci siamo preparati a questo concerto di musica e dicarità fraterna».

Il concerto sarà trasmesso in diretta streaming attraverso la web tvdel sito www.corodiocesidiroma.it per tutti coloro che non potrannoessere presenti perché malati, impossibilitati o lontani geograficamen-te.

Un ultimo pensiero va a quanti da settimane stanno lavorando si-lenziosamente e alacremente per la riuscita di questa serata e a tuttiquelli che hanno dato il loro contributo generoso e fattivo, perchéquesto Natale sia un “buon natale” per tutti o almeno per qualcuno dipiù.

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La questione antropologica: sfide e prospettivedi S. E. Mons. Ignazio Sanna

Arcivescovo Metropolita di Oristano1

1. Questione antropologica o questione teologica?

Il Concilio Vaticano II e il magistero postconciliare di Paolo VI,Giovanni Paolo II, Benedetto XVI hanno difeso con coraggio e profe-zia la visione cristiana della natura e del destino dell'uomo alla lucedel mistero di Cristo. Soprattutto Giovanni Paolo II, difensore strenuodei diritti dell'uomo, ha indicato ripetutamente l'uomo come la viafondamentale della Chiesa. Negli ultimi decenni, tuttavia, si è doloro-samente registrata una distanza sempre più accentuata tra la visionecristiana dell'uomo e quella della cultura liberale-radicale. Con l'affer-marsi delle biotecnologie e del riduttivismo scientista da una parte, eil diffondersi dell'indifferenza religiosa dall'altra, si è drammaticamenteimposta la cosiddetta "questione antropologica". “E' in corso infatti,con una forza e una radicalità che si sono accresciute negli ultimi de-cenni, una trasformazione o ridefinizione dei modelli di vita, dei com-portamenti diffusi e dei valori di riferimento, e sempre più anche dellescelte legislative, amministrative e giudiziarie, che cambia in profon-dità gli assetti sociali e i profili di una civiltà formatasi attraverso i se-coli con il contributo determinante del cristianesimo. Ciò avviene conparticolare evidenza negli ambiti della tutela della vita umana, dellafamiglia, della procreazione e di tutto il complesso dei rapporti affetti-vi, che rappresentano, insieme al lavoro, al guadagno e al sostenta-mento, e naturalmente alla sicurezza del vivere, i fondamentali inte-ressi e le preoccupazioni quotidiane della gente” (Card. Camillo Rui-ni).

E’ importante precisare, ora, che l'origine della questione antropo-logica è strettamente intrecciata con la questione teologica. Il proble-ma dell'uomo, cioè, è direttamente intrecciato con il problema di Dio.La crisi di Dio, infatti, ha condotto lentamente alla crisi dell'uomo. La

1 Relazione tenuta all’incontro del clero dell’Arcidiocesi il 16 novembre 2010 presso il sa-lone “Mons. Iannucci” di Pescara

IN DIOCESIAPPROFONDIMENTI

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prima conseguenza dell'indebolimento del concetto di Dio è l'indebo-limento del concetto dell'uomo. All'idea forte della natura umana,considerata immutabile perché creata da Dio, si è sostituita, perciò, l'i-dea debole di una natura umana, considerata manipolabile, perchéprodotta dalla biotecnologia. La conseguenza terribile di questa tra-sformazione è che tutto ciò che è "fatto" può essere anche "disfatto".L'uomo postmoderno non vuole accettare i limiti della natura umana etenta di creare nuovi modelli di esistenza, determinati non dalla "sa-cralità" della vita ma dalla "qualità" della medesima. L'avvento dellecorrenti del post-umanesimo e del trans-umanesimo nel mondo dellabioetica e dell'ingegneria genetica rende più difficile la ricerca delletracce di Dio nella vita, perché la traccia divina più eloquente è l'uo-mo stesso, sia perché egli è stato creato a immagine di Dio, sia, so-prattutto, perché Dio stesso è diventato uomo. Se l'uomo non è pro-creato ma clonato, viene considerato una fotocopia dell'uomo e nonun dono di Dio. Inoltre, se l'uomo è trasformato in similmacchina, siammira la potenza della macchina ma si dimentica l'onnipotenza diDio, il cui "nome è grande su tutta la terra"(Sal 8). La creazione divinadel "settimo giorno" viene sostituita da quella umana dell'"ottavo gior-no".

Quest'uomo della postmodernità ha sete della trascendenza ma cer-ca inutilmente di estinguere tale sete con le cose immanenti di questaterra: beni materiali, gratificazioni culturali, successo professionale, le-gami affettivi. Si sono moltiplicati i pozzi della tecnologia e dell'ideo-logia, capaci di creare nuovi desideri ma incapaci di estinguere la setedi senso. Abbondano i mezzi. Ma scarseggiano i significati. Si dilatanoi desideri, e questi, non gratificati, producono la rivalità mimetica cheè all'origine della violenza e del conflitto sociale. La civiltà dei desideriha preso il posto della società dei bisogni. Però la soddisfazione deidesideri materiali produce solo il "ben-essere" dell'uomo, mentre solola soddisfazione dei bisogni spirituali arricchisce l'"essere" del medesi-mo. Per legare i desideri ai bisogni è urgente la coniugazione d'unagiusta antropologia del limite con una sapiente pedagogia della crea-turalità, nonché l'attenta l'individuazione delle domande vere cui daredelle risposte giuste.

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La mia tesi è che l'indebolimento della concezione di Dio non puònon condurre all'indebolimento della concezione dell'uomo, che, peressenza e destino, è aperto all'Assoluto e dall'Assoluto prende signifi-cato ed importanza. Se si elimina il Creatore, si elimina anche la crea-tura. Se scompare la persona di Dio, scompare anche la persona del-l'uomo. Non si può separare la causa di Dio dalla causa dell'uomo.D'altra parte, non è l'uomo che fa Dio, ma è Dio che fa l'uomo, cosicome non è il finito che fa l'infinito, ma l'infinito che fa il finito. Svol-go il mio intervento in due tempi. In un primo tempo riassumo le sfi-de dell'antropologia postmoderna al messaggio cristiano in tre doman-de fondamentali che, a livello riflesso o irriflesso, ognuno di noi si po-ne di fronte al cambiamento culturale in corso. In un secondo tempoavanzo alcune risposte a queste domande, desumendone i contenutidall'antropologia cristiana dell'immagine.

2. Le domande

2.1. La prima domanda è una domanda di identità. In un'epoca dipluralismo distruttivo dei mondi religiosi e culturali, essa risponde al-l'esigenza fondamentale di sapere chi si sia: chi sono? Questa identitàè messa in pericolo anzitutto, in senso verticale, da una prima formadi pluralismo: quello dell'indifferenza. L'antropologia cristiana hasempre rappresentato la concezione dell'uomo come immagine diDio, come il tu di un Dio personale, e questa rappresentazione ha an-cora oggi tutta la sua validità teoretica e valenza pedagogico-pastora-le. Dio è l'archetipo in cui rispecchiarsi e configurarsi, in cui trovare ilsenso della vita e della morte, della buona e della cattiva sorte, delpresente e del futuro. Oggi, tuttavia, questa visione antropologica sideve confrontare con un'epoca nella quale Dio va progressivamenteperdendo la sua dimensione personale, la sua centralità della storia, lasua unicità di ispirazione dei processi di liberazione e di salvezza. Ilconcetto di onnipotenza divina si è indebolito di fronte all'atrocità deimali del mondo ed al dramma inspiegabile dei tanti santuari della sof-ferenza innocente. I salvatori si sono moltiplicati e, moltiplicandosi, sisono relativizzati e condizionati a vicenda. La stessa persona di GesùCristo ha perso la sua singolarità di salvatore unico ed assoluto dell'u-manità, ed è diventata uno dei tanti liberatori e salvatori o uno dei

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maestri di morale del genere umano. Essa, nella sua pienezza profeti-ca di umanità, non è più lo specchio nel quale l'uomo possa contem-plare e ritrovare la sua identità.

La conseguenza più grave di questo indebolimento del concetto diDio è l'indebolimento del concetto dell'uomo. L'io umano, perdutal'autonomia e la consistenza della sfera interiore della coscienza chetradizionalmente lo rapportava a Dio, e rescisso il suo rapporto conl'Assoluto, è diventato facile preda di altri uomini di potere e di sape-re, che hanno colonizzato la sua coscienza. Se si poteva dire che lamodernità era costruita in acciaio e cemento e, di conseguenza, per-metteva la formazione di una forte soggettività, oggi si deve ricono-scere che la postmodernità è costruita in plastica biodegradabile edespone questa soggettività ad ogni possibile deformazione.

La stessa identità è messa in pericolo, in senso orizzontale, da unaseconda forma di pluralismo: quello delle differenze. Questa forma dipluralismo è prodotta dalla globalizzazione, che ha cambiato la con-cezione dello spazio e del tempo, ampliando il primo e riducendo ilsecondo, ed ha trasformato le comunità umane in società multietnichee multireligiose. Ieri, le distanze geografiche facevano convivere paci-ficamente le differenze di cultura, di religione, di etnia. Il poeta ameri-cano Robert Frost diceva ironicamente che buone staccionate fannobuoni vicini. Oggi, la globalizzazione ha fatto cadere queste stacciona-te, e questo fatto, in sé, è molto positivo. Lo straniero, l'altro non èpiù uno oltre i nostri confini e con il quale tutt'al più ci confrontiamoper avere conferma di noi stessi e della nostra identità etnica. Lo stra-niero ora ci raggiunge nelle nostre città, è lo straniero tra noi. E que-sto cambia tutto. Cambiano sentimenti e forme di appartenenza, pro-cessi di costruzione dell'identità e del riconoscimento, modi e regoledella cittadinanza, rapporto con la memoria e la cultura. La conse-guente riduzione delle distanze di protezione, prodotta dai processi diimmigrazione e dal pendolarismo culturale, costringe alla convivenzapersone di diversa cultura, di diversa religione, di diversa etnia. Laconvivenza, oltre che occasione di arricchimento culturale, di creazio-ne di rapporti di solidarietà, di allargamento di orizzonti sociali, diven-ta spesso confronto-scontro di convinzioni religiose e politiche, con-

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fronto-scontro di modelli e paradigmi di civiltà. Con le distanze lun-ghe, gli altri rimangono "prossimo". Con le distanze ravvicinate, gli al-tri diventano concorrenti. Il villaggio globale ha aumentato senz'altrola conoscenza fra i popoli di tradizioni, usi, costumi, credenze, ma haanche prodotto caricature e fatto danni, perché ha messo in circolo l'i-gnoranza dei pregiudizi e la stupidità dei luoghi comuni. E' molto si-gnificativo, a questo riguardo, il testo di un manifesto d'un centro so-ciale d'una cittadina tedesca che dice: il tuo Cristo è ebreo; la tua autoè giapponese; la tua pizza è italiana; la tua democrazia è greca; il tuocaffè è brasiliano; la tua vacanza è turca; i tuoi numeri sono arabi; latua scrittura è latina; e il tuo prossimo è solo uno straniero?

2.2. Una seconda domanda è una domanda di spiritualità. In un'e-poca di umanitarismo secolarizzato, di antropologie materialiste delcomunismo e del consumismo, che negano la dimensione spiritualedella vita e propongono miraggi di felicità e di benessere con ideolo-gie alienanti e mistificanti (Cf Centesimus annus, 29; 41), essa rispon-de all'esigenza fondamentale di sapere da dove si venga: da dovevengo? L'origine trascendente dell'uomo, la sua creaturalità che fa rife-rimento a Dio creatore è messa in pericolo da una concezione pura-mente materialistica o scientista della natura dell'uomo

2.2.1. Per un verso, una sorta di illuminismo economico ha pro-mosso la logica del mercato, che, con la sua mano invisibile, ha mer-cificato tutti i rapporti sociali e anche la stessa natura dell'uomo. La lo-gica mercantile contribuisce ad annullare la fondamentale "differenzaantropologica", che è alla base della verità cristiana per cui l'uomo è"l'unica creatura che Dio ha voluto per se stessa" (GS, 24). Già Kant(1724-1804) aveva messo in risalto questa differenza quando, nellaFondazione della metafisica dei costumi, affermava che: "Nel regnodei fini tutto ha un prezzo o una dignità. Ciò che ha un prezzo puòessere sostituito anche da un qualcosa di equivalente; ciò che ha di-gnità, invece, si eleva sopra ogni prezzo, e non consente un equiva-lente". E ciò asserendo, il filosofo di Koenigsberg prendeva chiara-mente le distanze da Thomas Hobbes (1588-1679), che, nel 1651, ave-va scritto: "Il valore o pregio di un uomo è, come in tutte le altre co-se, il suo prezzo, vale a dire quanto si darebbe per l'uso del suo pote-

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re; non è perciò una cosa assoluta, ma dipendente dal bisogno e dalgiudizio altrui. Un abile condottiero ha un prezzo in tempo di guerra,presente o imminente, ma non così in pace. Un giudice dotto e incor-ruttibile ha molto pregio in tempo di pace, ma non altrettanto in guer-ra. E come in altre cose, così negli uomini non è il venditore, ma ilcompratore a determinare il prezzo" (Th. Hobbes, Leviathan, 84).

La logica del mercato, perseguita dalla razionalità strumentale, inbuona sintesi, ha promosso l'antropologia dell'avere, che è alla basedell'uomo degli affari, ed ha penalizzato l'antropologia dell'essere, cheè alla base dell'uomo dei principi. Ha mercificato la trascendenza de-gli ideali e dei costumi, perché ha reso tutto mercantile e valuta anchei sentimenti dell'anima secondo la logica dei costi e ricavi. Una do-manda molto banale ma molto comune che, consciamente o incon-sciamente, molto spesso accompagna il ricevimento di un regalo, èquella che vuole conoscere quanto quest'ultimo sia costato, perché siritiene, di solito, che il prezzo del dono determini l'importanza dellapersona donata

Penso che l'antropologia dell'avere sia descritta molto bene da unnoto apologo che S. Kierkegaard ha lasciato nei suoi diari: "La nave èin mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette il megafono del co-mandante non è la rotta ma ciò che mangeremo domani". La preoccu-pazione principale della gente comune, cioè, è sapere che cosa si de-ve mangiare, che vestiti si devono indossare, quale moda bisogna se-guire. L'uomo viene considerato non come una persona con la sua di-gnità trascendente, ma come un consumatore. Tutti gli appelli dei me-dia, le proposte della società e della politica sono perché consumi dipiù. Anche la religione spesso considera il cristiano come un consu-matore di servizi. Per questa gente comune manca una voce che indi-chi la rotta, il senso della vita, che interpelli sul bene e sul male, sulgiusto e sull'ingiusto, sul vero e sul falso, sull'esistere e sul morire.Una voce che contribuisca a trasformare il consumatore in cittadino,lo spettatore in protagonista, l'individuo in persona. Una voce che diamotivazioni non emozioni.

Per un altro verso, la forma di illuminismo tecnologico-scientista,subentrato a quello filosofico, presenta una visione riduzionista del-

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l'uomo, riducendolo a materia, la materia prima più preziosa. In baseal riduzionismo scientifico, la biologia dell'essere vivente finisce perprevalere sulla biografia della persona. La prima attesta un dato dellanatura umana, che, come tale, è la stessa in tutti quanti gli uomini. Laseconda racconta la storia di una libertà, che, in quanto proprietà del-la persona, rende questa unica ed irripetibile. In una società della dit-tatura dei geni, nella quale il riduzionismo scientifico è diventato ridu-zionismo antropologico, e le tecnologie della vita hanno cambiato ilsignificato degli eventi naturali dell'esistenza, l'uomo viene considera-to sempre più frequentemente come una riserva d'organi, un esseremodulare che può essere smontato e rimontato, un organismo ciber-netico, un soggetto tecno-uomo, un prodotto che si può acquistare alsupermercato dei geni, dove si possono comprare i geni degli occhiazzurri o quelli del bernoccolo della matematica, a seconda dei gustidel compratore. Un esempio triste di come la prevalenza della ragionestrumentale e del primato della tecnologia abbiano impoverito il sensotrascendente dell'uomo, riducendolo a materia e a cosa, è la profana-zione linguistica del mistero della morte. Si parla con disinvoltura del"trattamento" del cadavere umano, considerato alla stregua dei rifiuti.Esso, infatti, deve essere rimosso in modo razionale con la cremazionee l'eliminazione delle ceneri. Gli organi del morto possono esserereimpiegati o "riciclati", e ciò che rimane del cadavere può essere in-cenerito o "smaltito" (Cf la denuncia del degrado umano contenuta inEvangelium Vitae, 22; Fides et Ratio, 46).

2.2.2. Queste forme di illuminismo economico e tecno-scientista,nel cosificare la natura personale e trascendente dell'uomo, indiretta-mente, vorrebbero ridurre anche la Chiesa da custode della trascen-denza ad un gestore dell'immanenza e ad una maestra di etica pubbli-ca e ad un'agenzia religiosa, la quale, al massimo, sbrigherebbe dellepratiche di filantropia e di solidarietà. Ma il carattere religioso di que-sto genere di attività non è automaticamente anche quello cristiano. Ildeismo diffuso, che caratterizza un'indistinta attività religiosa, è solo ilcontrario dell'ateismo, ma non l'equivalente del cristianesimo. Non ba-sta essere religiosi per essere cristiani, anche se l'essere cristiani, ov-viamente, porta ad essere religiosi. La semplice attività religiosa ap-piattisce gli ideali evangelici sulla pur utile promozione di valori di un

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umanitarismo civile. Bisogna ricordare con san Paolo che "il vangeloda noi annunciato non è modellato sull'uomo, non l'abbiamo ricevutoné imparato da uomini" (Gal, 1, 11-12). Il filosofo danese S. Kierke-gaard, che abbiamo già citato per l'evocazione dell'antropologia del-l'avere, descrisse molto bene il rapporto trascendente tra l'amore crea-tore di Dio e l'amore creato dell'uomo con l'immagine del piccolo la-go ed asserì: "Come il lago tranquillo che ha la sua origine profondanella sorgente nascosta che nessun occhio riesce a vedere, così l'amo-re dell'uomo ha un'origine ancor più profonda nell'amore di Dio. Senon ci fosse nessuna sorgente nel fondo, se Dio non fosse l'amore,non ci sarebbe il piccolo lago, né l'amore dell'uomo. Come il laghettoha la sua origine nella profonda sorgente, così l'amore dell'uomo sifonda direttamente in quello di Dio."

L'orizzonte della visione cristiana sull'uomo anche oggi rimane ilprogetto divino di salvezza, che non è facile comprendere con l'in-telligenza della mente o vedere con gli occhi del corpo, pure se qual-che elemento della natura, come l'indeterminismo neuronale, rimandidi fatto ad una caratteristica umana fondamentale quale è la libertà.Va ribadito, tuttavia, che, con le parole del piccolo principe, "l'essen-ziale è invisibile agli occhi". Agli occhi della scienza, infatti, la vitapuò essere ridotta a biologia, l'anima a un risultato di un processoneurobiologico che dipende da un piccolo gruppo di cellule cerebrali,il futuro a destino. Agli occhi della fede, invece, l'uomo di cui Dio "siricorda" (Sal, 8, 5) e che chiama per nome come le stelle (Sal 146, 4),è un riflesso dell'Invisibile divino, nascosto nel visibile umano.

2.3. Una terza domanda è la domanda di speranza. In un'epoca diterrorismo transnazionale, di un mondo più frammentato, più instabi-le, più imprevedibile, essa risponde all'esigenza di sapere dove si va-da. Dove vado? L'avvento della società mondiale del rischio e dell'in-sicurezza ha acuito, se non proprio provocato, una domanda dispera-ta di futuro. L'atteggiamento degli anni sessanta era stato quello delgrande entusiasmo per il futuro, delle grandi riforme, del pensare ingrande, dell'immaginazione al potere. In seguito, l'ottimismo di que-gli anni lasciò il passo ad un tempo di stagnazione, dovuto al senso diinquietudine di fronte alle prime crisi energetiche, alla presa di co-

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scienza della complessità dei processi di liberazione, alla percezionedei limiti di un progresso scientifico e tecnologico. Al futuro si guardòcon sempre meno speranza e sempre più paura: la paura della guerraatomica, la paura di disastri generati da meccanismi tecnologici, le cuiconseguenze possono sfuggire alle mani dell'uomo. Queste preoccu-pazioni dominarono soprattutto gli anni ottanta. Il decennio scorso,subito dopo la grande crisi delle ideologie, è stato segnato dalla disil-lusione, dalla sfiducia, dall'incertezza sul futuro. E' iniziata, appunto,la stagione del rischio e dell'insicurezza, che l'etnologo dei "non luo-ghi" Marc Augé ha paragonato all'anno Mille, cioè all'anno della gran-de paura, la paura della fine del mondo. "Oggi, ha scritto egli in un'in-tervista, la stessa paura vive e prospera in modo diverso. Riguarda iterrori legati ai consumi alimentari. I cibi transgenici faranno male, sa-ranno cancerogeni? Oggi il terrore è la mucca pazza diventata canni-bale perché alimentata fuori dall'ordine naturale. Oggi il terrore èl'Aids, una malattia che contagia tutti, è il terrorismo che incrina lecertezze di chi pensava di essere al riparo. La paura dell'Occidente èaccogliere troppi immigrati e di non essere più quello di un tempo."

Sono molteplici, quindi, le forme di insicurezza che si sono impa-dronite della vita degli uomini sia in Occidente che al di fuori di esso.Una prima forma di insicurezza (uncertainty) deriva dalla difficoltà dicapire il mondo che cambia. Il cambiamento rapidissimo delle societàcontemporanee produce e diffonde disorientamento e isolamento. E'una insicurezza che agisce soprattutto a livello esistenziale e persona-le. Il cittadino reticolare si trova immerso nelle trasformazioni e rara-mente riesce a dominarle. E' una insicurezza che tocca la stessa visio-ne del mondo, il sistema dei rapporti civili, la stabilità e il prestigiodelle istituzioni, la sopravvivenza delle comunità politiche. Una secon-da forma di insicurezza (unsecurity) è provocata dall'erosione delleprotezioni sociali e del welfare state cui in modo particolare il cittadi-no delle società occidentali era abituato. I cittadini del cosiddetto "pri-mo mondo" vivono nella compressione progressiva delle garanzie so-ciali tradizionali. E' una insicurezza, normalmente di tipo sociale oeconomico, che incide in profondità nella struttura della vita sociale efamiliare. Una terza forma di insicurezza (unsafety) è provocata dallecrescenti minacce alla incolumità, alla salute, alla vita, alla libertà. E'

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legata, per esempio, all'imprevedibilità degli inquinamenti ambientalio degli alimenti contaminati o delle attività criminose nelle diverseparti del mondo. E' una insicurezza che insidia gli stili di vita quotidia-ni. Il solo essere cristiani, di per sé, non rende immuni dal diventarecarnefici ed autori di atrocità criminali, come si dimostra nel caso del-l'America Latina, dove i carnefici e le vittime della violenza sono cri-stiani. Si pensi, inoltre, che il Rwanda è il paese più cristiano d'Africa,e proprio lì, nel 1994, si è verificato un genocidio tra i più terribili. Siè parlato di un milione di morti in tre mesi!

3. Le risposte

3.1. Di fronte a questi aspetti problematici dell'antropologia con-temporanea che minacciano la perdita della identità cristiana e cultu-rale, la mercificazione della trascendenza, l'avvento d'una stagione dipaura e d'insicurezza; di fronte alla contrazione dell'orizzonte e allaperdita dello sguardo lungo, ci si chiede, ora, quali risposte cristianesiano in grado di aiutare l'uomo di oggi a varcare la soglia della spe-ranza. Chi sia in grado di accogliere l'invito magisteriale a prendere illargo (NMI, 58), senza la paura di un naufragio. Chi sia in grado didare spessore culturale ed esistenziale alla promessa divina, che havinto il mondo (Gv 16, 33), ma non ha eliminato il male da esso. Larisposta a questi interrogativi può essere retorica e, allora, lascia iltempo che trova. La sfida che essi pongono, però, è molto seria e varaccolta con coraggio. James Watson, che con Francis Crick mise apunto nel 1953 il modello di doppia elica che è diventato un'iconadella nostra era, ha detto: "Chi non è religioso non ha molti problemi,ed io non lo sono. Non penso in termini di offese alle leggi naturali,che credo siano un prodotto dell'evoluzione. Mi considero molto for-tunato a essere senza Dio, così non ho da pensare a certe cose. L'uni-co problema è se vogliamo o no migliorare la qualità della vita, senzafar del male a chi ci sta attorno" (Risposta all'intervista di PiergiorgioOdifreddi in La Repubblica, 28. 2. 2003, p. 55). Ebbene, noi ci consi-deriamo fortunati ad essere con Dio. Ma questa fortuna non ci dispen-sa, bensì ci obbliga a "pensare la fede". Vorrei, quindi, ora, dare unpiccolo contributo a pensare la fede, proponendo alcune risposte de-rivate dall'antropologia cristiana dell'immagine.

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Alla domanda di identità, penso che una risposta tradizionale, mavalida ancora oggi, sia data dalla concezione cristiana dell'uomo comeimmagine di Dio.

Anzitutto, va rilevato che il messaggio biblico dell'immagine sottoli-nea che tutto l'uomo è immagine di Dio, nel senso che la dimensionedell'immagine, in stretto rapporto di dipendenza dall'archetipo perso-nale che è Dio, si estende anche alla realtà corporea e non rimaneconfinata solo nella realtà spirituale. Nel passato, lontano e vicino, èspesso prevalsa nella teologia e nella pedagogia spirituale del mondooccidentale un'antropologia dualistica che, penalizzando il corpo eprivilegiando lo spirito, produsse un soggetto angelicato, slegato davincoli corporei e materiali. Nel presente, soprattutto nel mondo ado-lescenziale e giovanile, si avverte una situazione di disagio nel mododi gestire il rapporto con la propria corporeità, quasi si facesse fatica aconcepire in unità esistenziale la dimensione spirituale-mentale-psichi-ca e quella materiale corporea. Gli estremi opposti di questo disagio simanifestano con il rifiuto del corpo o con la sua esaltazione quasi feti-cistica, che producono una "corporeità inventata". Una corretta teolo-gia dell'immagine corregge questa visione riduttivistica dell'uomo edella donna e ne rivaluta la dimensione integrale di spirito incarnato.E' molto significativo che i volontari israeliani di Zaka, acronimo di"identificazione vittime di disastri", siano sempre i primi ad accorrerenei luoghi dei disastri e degli attentati, per raccogliere ogni frammentoumano, fino all'ultima goccia di sangue. Essi sentono l'obbligo moraledi recuperare i resti umani, perché sono profondamente convinti cheil corpo donato da Dio deve essergli interamente restituito. Perciò, re-cuperano ogni corpo, incluso quello dell'autore della strage, con lostesso rispetto, senza distinzione alcuna.

Il messaggio biblico dell'immagine sottolinea anche che tutti gli uo-mini sono immagine di Dio. L'estensione dell'immagine a tutti gli uo-mini, oltre a costituire la base della vera universalità della natura uma-na, è anche la base di una vera democraticità ed uguaglianza degliuomini. Mentre, infatti, nella tradizione delle religioni orientali solo isovrani erano considerati rappresentanti delle divinità nazionali, nellatradizione biblica ogni uomo in quanto tale è una manifestazione di

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Dio. L'iscrizione geroglifica della statua di Dario I eretta presso la por-ta del suo palazzo a Susa, recita che il re è "immagine vivente del Diore, immagine fatta a completa somiglianza del Dio perfetto", risale al500 ca. avanti Cristo e cioè allo stesso periodo in cui i sacerdoti deltempio di Gerusalemme esiliati a Babilonia redigevano il testo vetero-testamentario sull'immagine di Dio. La Bibbia aggiunge a questa de-mocratizzazione dell'immagine anche una dimensione relazionale, in-terpersonale, coniugale. Gli uomini, cioè uomini e donne, sono imma-gine di Dio, come precisa il testo di Gn 1,27 e Gn 5,1: "Dio creò l'uo-mo a sua immagine, a immagine di Dio li creò, maschio e femmina licreò". L'immagine di Dio si fonda su una relazione interpersonale esul riconoscimento della differenza sessuale, per il fatto che la donnanon deve essere pensata sul modello dell'uomo, ma come la sua part-ner, senza la quale non esiste rapporto di reciprocità e di interperso-nalità io-tu.

In secondo luogo, l'immagine di Dio afferma che l'uomo è uomodavanti a Dio. Questo fatto evidenzia la radicale relazionalità di ogniessere umano, documentata sin dai primordi della storia della salvez-za. Nel racconto genesiaco degli inizi dell'umanità, la prima parolaumana è nata dal confronto e dall'accettazione dell'altro: "Questa voltaè osso delle mie ossa e carne della mia carne!" (Gn 2, 23). Il momentoin cui il grido animale si fece parola umana, in una primitiva estasipoetica, fu precisamente quello in cui l'uomo si aprì alla relazione, al-la comunione. E' esperienza condivisa, d'altra parte, che l'uomo vivedi relazione, che ha bisogno dello sguardo d'un altro per essere vera-mente se stesso. Questo altro, per l'autore biblico, non può che esse-re Dio. L'uomo è immagine non di se stesso, ma di un Altro che eglinon riuscirà mai ad afferrare e che gli sfuggirà continuamente. Perchél'altro aspetto dell'immagine di Dio è che Dio, giustamente, non haimmagine. L'uomo allora è l'immagine di un Dio senza immagine. Ilmodello che è all'origine della copia non è un'immagine originale,bensì un Nome originale, un Dio senza immagine ma non senza sto-ria. I due termini ebraici che indicano immagine e somiglianza, seleme demut, evocano una copia che esiste solo in dipendenza dal suomodello. Perciò, il testo biblico intende affermare che per l'uomo vi-vere in dialogo non solo con il suo simile, la donna, ma anche con il

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suo dissimile, Dio, è una necessità assoluta. Come la copia non la sipuò capire se non in rapporto al suo modello, così non si può com-prendere l'uomo se non in rapporto e in dipendenza da Dio. L'uomoè il tu di Dio nella stessa misura in cui Dio è il tu dell'uomo.

In terzo luogo, la concezione cristiana dell'uomo come immaginedi Dio costituisce la base teorica e pratica del concetto della dignitàdell'uomo, che fonda e solidifica la sua "umanità". Il fallimento del-l'onnipotenza della ragione ed i terribili insuccessi di questa nei campidella politica, della vita sociale, del progresso morale dell'umanitàhanno obbligato la riflessione teologica a ricentrare l'antropologia cri-stiana sulla categoria della dignità dell'uomo, che trova il suo ultimofondamento nell'immagine di Dio. La dichiarazione conciliare sulla li-bertà religiosa Dignitatis humanae, sulla scia dell'enciclica giovanneaPacem in terris, ha come punto di partenza della propria argomenta-zione e come base di un'antropologia cristiana precisamente la dignitàdella persona umana, che deve essere rispettata in modo fondamenta-le da tutte le istituzioni. L'idea della dignità dell'uomo è una categoriapiù universale di quella della razionalità del medesimo, perché essa èaperta a valori che non sono solo quelli razionali ed è aperta soprat-tutto a molteplici razionalità che non sono solo quelle della filosofiaoccidentale. La fede cristiana collega questo concetto di dignità del-l'uomo con Dio stesso, e quindi con il trascendente, che è allo stessotempo al di sopra e al fondamento dei valori umani.

Ora, secondo quanto ribadisce la Scrittura, Gesù è la vera "immagi-ne dell'invisibile Iddio" (Col 1, 15), l'uomo perfetto che ha restituito aifigli di Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agliinizi a causa del peccato. Poiché, con l'incarnazione, il Figlio di Diosi è unito in certo modo ad ogni uomo" (GS 22), e, poiché, essendostata assunta in lui la natura umana, senza per questo venire annienta-ta, perciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità su-blime, è chiaro che l'uomo consegue la sua vera identità nella misurain cui si lascia configurare a Gesù Cristo. L'essere uomo di Gesù di-venta paradigmatico per quello di tutti gli altri uomini. Il principio del-la nostra esistenza è lo stesso che animò quella di Gesù. Come in Ge-sù l'unione ipostatica non significa diminuzione né detrazione dell'u-

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manità ma il suo potenziamento massimo, così anche nel credente lapresenza dello Spirito che riproduce l'immagine di Gesù implica lamassima perfezione del suo essere personale. Se Gesù è persona inquanto pura relazione al Padre, anche il credente sarà persona nellamisura in cui è chiamato a partecipare a questa relazione, benché apartire dalla sua contingenza creaturale. Lo Spirito di Gesù, presentein lui, rende possibile la sua apertura a Dio, la sua essenziale relazio-ne a Dio, e contribuisce così a realizzare la sua perfezione umana.Maggiore unione con Dio significa, infatti, maggiore realizzazionepossibile della propria essenza e del proprio essere creaturale. Ma l'i-dentità di Gesù si manifesta soprattutto nella sua filiazione divina, nel-la sua relazione unica e irripetibile con il Padre. Perciò, anche l'uomo,nella misura in cui è stato chiamato alla configurazione con Cristo, èstato per ciò stesso chiamato a condividere la sua unica e irripetibilerelazione con il Padre. Come non possiamo comprendere l'essere diGesù Cristo se non consideriamo la sua filiazione divina (Mc 1, 11),così non possiamo comprendere l'essere dell'uomo se non consideria-mo la sua conformazione al Figlio Gesù Cristo; e come nel modo con-creto di vivere la filiazione divina di Gesù ha un ruolo fondamentalelo Spirito Santo, che rende possibile l'incarnazione (Lc 1, 35; Mt 1, 20),propizia la predicazione del regno e la vittoria sui demoni (Lc 10, 21:Mt 12, 28), costituisce il Figlio di Dio nella potenza mediante la risur-rezione dai morti (Rm 1, 4), così lo stesso Spirito Santo ha un ruolofondamentale nella vita dei cristiani, nei cui cuori riversa l'amore diDio (Rm 5,5), di cui trasforma l'incapacità di pregare nel modo giustonella debita invocazione all'Abba (Gal 4,6, Rm 8, 15), che guida e diri-ge in una vita secondo la volontà di Dio. La filiazione divina è la mas-sima dignità e perfezione a cui Dio ha destinato l'umanità.

3.2. La domanda di spiritualità trova una valida risposta nell'asser-zione che l'uomo è un mistero, per quanto non assoluto ma parteci-pato, proprio perché immagine del Dio invisibile. Nella proposta del-l'annuncio cristiano, diamo per scontato che quando parliamo del mi-stero ci riferiamo alla realtà divina e quando parliamo dell'evidenza ciriferiamo alla realtà umana. Forse troppo ingenuamente si pensa chesolo la realtà divina sia misteriosa, mentre quella dell'uomo sia evi-dente. Quando nel fare la professione di fede affermiamo che Dio si è

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fatto uomo, pensiamo di trasferire una realtà dal mondo del mistero aquello di una realtà conosciuta. Invece, anche l'uomo è un mistero,pur con i limiti che abbiamo poc'anzi ricordato, e lo è doppiamenteoggi più che ieri, perché oggi, in una prospettiva antropologica spo-gliata di riferimenti trascendenti, si può descrivere la sua condizionema non definire la sua natura. Pascal ha scritto che l'uomo supera infi-nitamente l'uomo ed Heidegger ha scritto che mai come in questaepoca sono abbondate le definizioni dell'uomo e mai come oggi si sapoco dell'uomo. Nella prospettiva teologica, l'uomo è mistero, soprat-tutto perché la prima parola su di lui non è una parola umana, ma èla parola creatrice di Dio. Solo questa, pronunciata sin dall'eternità nelmistero stesso dell'Incarnazione, illumina la vera origine e il vero de-stino dell'uomo. Nel tempo in cui ogni assoluto sembra essere relati-vizzato ed ogni verità dimezzata nella sola dimensione del fattuale, laprospettiva teologica afferma che l'uomo è un assoluto, non prevari-cabile da nessun'altra forma ideologica e idolatrica. Quando si ignoraquesta parola rivelata e si preferisce dare al fenomeno umano inter-pretazioni ideologiche e razionalistiche, si rimane dipendenti da spie-gazioni vagamente fatalistiche e lacunose. Come abbiamo già visto, lastoria insegna che quando Dio si eclissa nascono gli idoli, il principaledei quali fu la Dea ragione, che, sostituitasi a suo tempo al Dio perso-nale della Rivelazione, non è mai riuscita a sciogliere gli enigmi umanidella nascita e della morte, dell'amore e dell'odio.

3.3. La domanda di speranza e di futuro può trovare una rispostavalida nella concezione cristiana dell'uomo come pellegrino, perchéla formazione dell'immagine dura tutta la vita. Il fatto che l'uomo siaconsiderato come immagine non solo per natura ed essenza, ma cheanche lo debba diventare sempre di più attraverso un dinamismo diuna progressiva assimilazione che si realizza lungo tutto l'arco dellasua vita, esprime molto bene il concetto di immagine in un frammen-to che si avvia a diventare immagine in un tutto. L'uomo viatore e pel-legrino non possiede mai l'immagine completa, ma solo la sua par-ziale realizzazione nel tempo e nella storia. L'uomo è una immaginedi Dio, ma non l'immagine di Dio. E' una fra le molte immagini attra-verso le quali Dio si rende presente nel mondo, una immagine finitache non può esaurire la rappresentazione dell'infinito. La chiara fragi-

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lità di questa immagine è documentata soprattutto dalla realtà delpeccato, che se anche non distrugge con la sua potenza e la sua mali-zia l'essenza dell'immagine, ne offusca certamente lo splendore e nesvigorisce la potenza spirituale.

La concezione dell'uomo pellegrino porta con sé il passaggio dal-l'avventura umana alla promessa divina, il passaggio, cioè, dalla con-cezione di una esistenza vissuta come un'avventura umana a quella diun'esistenza vissuta come fedeltà alla promessa divina. Ulisse qualerappresentante dell'avventura umana viene sostituito da Abramo qualerappresentante della promessa divina. All'inizio del cammino di Abra-mo, padre di tutti i credenti della storia e modello di vita umana re-sponsoriale, c'è una promessa. Questa promessa ha cambiato allora lasua storia umana in storia di salvezza divina, e trasforma oggi il vaga-re di ogni nomade della terra in un cammino di pellegrini del cielo. Lavita umana ha una meta, una finalità intrinseca, e la vocazione del-l'uomo consiste precisamente nel raggiungimento di questa meta. Nes-suno nasce per caso e muore per caso. Il caso nella prospettiva cri-stiana della storia non esiste. Giustamente, è stato scritto da AnatoleFrance che il caso è lo pseudonimo di Dio quando egli non si firmaper esteso. In realtà, la storia ha una fine, perché ogni evento passa,perché tutto tramonta e muore, ma allo stesso tempo ha anche un fi-ne, perché oltre ogni tramonto su questa terra c'è una nascita nell'e-ternità. La morte, per il cristiano, è il dies natalis, la conclusione del-l'esistenza e la nascita alla vita.

In buona sostanza, alla domanda di speranza e di futuro la conce-zione dell'immagine risponde con la promessa di una comunione de-finitiva con l'Assoluto. L'idea di questa comunione futura crea inquie-tudine interiore e desiderio profondo di condivisione, di accettazione,di ricongiungimento dell'immagine con l'archetipo. Dio, in effetti, nonè all'infuori del cuore umano, ma nel suo intimo. E' agostinianamentepiù intimo di quanto non lo sia l'uomo a se stesso. Questa presenzadivina nel cuore dell'uomo, nascosta ma reale, procura un sentimentodi speranza ed un desiderio di ulteriorità, di perfezione, di pienezza,di completezza, di ritorno all'ordine del "principio". Il ritorno al "prin-cipio" non va inteso come un riandare indietro all'inizio, collocato inun lontano passato, bensì come ad una sorta di proiezione del futuro,

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di profezia della fine. Proprio a partire dal rinnovato sentimento disperanza è possibile intravvedere nelle fessure del tempo il sole del-l'eternità, che getta sprazzi di luce sul tempo presente.

4. Conclusione

Per parlare a Dio bisogna trovare le parole giuste. Per parlare diDio bisogna evitare le parole vane. Le parole giuste sono quelle delcuore e della vita. Le parole vane sono quelle delle mode culturali edei luoghi comuni. C'è un certo consumo di parole, quali grazia, sal-vezza, amore, pace, democrazia, diritti umani. Queste parole sono di-ventate come delle monete svalutate, con le quali non si compra nien-te e non si parla a nessuna coscienza. Alla mancanza di testimoni e dimaestri ed al valore della persona che annuncia non si può supplirecon i persuasori mediatici ed i sensali delle opinioni. Un approcciopuramente intellettualistico ai problemi della vita personale e socialegratifica il desiderio di erudizione ma non promuove alcun incontrointerpersonale che, solo, può sostenere convinzioni ideali e comporta-menti pratici. Il processo della comunicazione delle verità cristianedovrebbe partire dalla ragione per approdare all'esperienza, e partiredall'esperienza per approdare alla ragione. E' stato opportunamentesottolineato il fatto che Gesù fa breccia sulla coscienza di Zaccheocon un autoinvito a pranzo, e non con un ragionamento (Cf Lc 19, 1-10). Nella storia della salvezza e nel suo annuncio, quindi, gioca unruolo molto importante la relazionalità, l'incontro, l'esperienza, perquanto quest'ultima non vada assolutizzata. La tradizione cristiana de-scrive la vita umana come una risposta ad una vocazione e, quindi,come realizzazione dell'identità espressa da un nome che viene gra-tuitamente e liberamente assegnato a ciascuno fin dall'inizio. "Prima diformarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi allaluce, ti avevo consacrato" (Ger 1, 5). La vita dell'uomo, secondo PaulRicoeur, non comincia al nominativo ma all'accusativo, perché è la ri-sposta alla chiamata divina.

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La proposta morale oggi:“La carità nella verità … per la costruzione di una

buona società e di un vero sviluppo integrale”(Caritas in veritate, n. 4)1

p. Sabatino MAJORANO cssr

Quando sono stato invitato per quest’incontro, mi è stato suggeritodi articolare le mie riflessioni intorno alla morale fondamentale: al co-me articolare oggi la proposta morale, alle sfide e alle possibilità cheessa incontra.

Il riferimento alla Caritas in veritate, che ho inserito come sottotito-lo, vuole indicare, fin dall’inizio, la prospettiva di fondo che guida lemie riflessioni: la necessità di mantenere in costante e fecondo rap-porto carità e verità.

Naturalmente, il nostro cammino non può prescindere dai due testimagisteriali, pubblicati in questi ultimi mesi:* Educare alla vita buona del Vangelo (4 ottobre 2010), cioè la ne-

cessità che la proposta morale sia elaborata con una chiara accen-tuazione pedagogica;

* Verbum Domini (30 settembre 2010), cioè la preoccupazione che,mediante un chiaro radicamento nei dati biblici, la proposta moralefaccia sperimentare il dono di dialogo/comunione che in essa siconcretizza. Alla luce di queste considerazioni mi è sembrato giusto proporre

per il nostro incontro un cammino che cerchi dapprima di approfon-dire l’impegno per una proposta morale significativa, richiamando poil’importanza di aiutare le coscienze a vivere costruttivamente nellacomplessità della nostra società affrancandosi dall’ipoteca della paura.

1 Relazione tenuta al clero dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne presso l’Oasi dello Spirito(Montesilvano) il 21 dicembre 2010

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1. Per più chiara significatività

Chi guarda in maniera attenta al contesto attuale non può non re-stare colpito dal clima di indifferenza e perfino di estraneità che si fasempre più forte nella mentalità sociale nei riguardi della propostamorale cristiana.

I fattori sono diversi e hanno radici socio-culturali che vanno lonta-no. Parimenti è innegabile l’influsso dei media e delle prospettiveconsumistiche al servizio del profitto. Non vanno però sottovalutateresponsabilità proprie della comunità cristiana: crisi di credibilità eticain forza anche di scandali in diversi settori; nuove forme di incom-prensione nei riguardi della cultura attuale; pigrizia nel ricercare lin-guaggio e argomentare che mettano in sintonia con l’uomo d’oggi...

Se sono numerose e gravi le difficoltà che la proposta morale oggideve affrontare, lo sono anche i “segni” che parlano di un nuovo bi-sogno di morale e aprono possibilità di dialogo e di incontro. Si pen-si, ad esempio, alla crescente consapevolezza che la qualità non è da-ta dalla sola quantità; alla nuova sensibilità ecologica; alle conseguen-ze nefaste di una politica e un’economia senza etica.

Occorre partire da questi “segni di speranza” per dare risposte ef-fet-tivamente significative anche agli aspetti problematici. Al credenteinfatti non può bastare il fare il bene, ma occorre che lo compia inmaniera che arrivi e sia sperimentato dagli altri come bene. Diversa-mente non sarebbe fedele alla sua missione di essere sale e luce (cfMt 5,13-16).

A questo fine è necessario rapportarsi e leggere la realtà con losguardo misericordioso del Cristo: «Lo smarrimento della folla, ricorda-no i nostri vescovi, suscita in Gesù una “compassione”, che non èun’emozione superficiale, ma è lo stesso sentire con cui Dio, nella vi-cenda dell’esodo, ha ascoltato il gemito del suo popolo e se ne è pre-so cura con vigore e tenerezza. Il bisogno delle persone interpella co-stantemente Gesù, che risponde ogni volta manifestando l’amore com-passionevole del Padre» (Educare, n. 17).

Per poter concretizzare questo sguardo, mi limito a richiamare alcu-ni passi evangelici:

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* lo sguardo di Gesù sulla peccatrice in casa di Simone il fariseo,molto diverso da quello del padrone di casa (Lc 7,36ss);

* lo sguardo del samaritano in contrasto con quello del levita e delsacerdote (Lc 10,29ss);

* lo sguardo del Padre nella parabola di Lc 15: scruta per accoglierecon prontezza e con gioia, a differenza del figlio maggiore;

* lo sguardo del padrone nelle parabole degli operai dell’ultima ora(Mt 20,1-16) e della zizzania (Mt 13,24-30) in contrasto con losguardo degli operai chiamati alla prima ora o dei servitori;

* lo sguardo sofferente di Gesù su Pietro nel pretorio, che fa piange-re amaramente l’apostolo (Lc 22,61-62). Lo sguardo misericordioso impedisce di chiudersi in giudizi fretto-

losi, spinge a cercare le cause più profonde dei rifiuti e dei sospettidella nostra cultura nei riguardi della proposta morale, si lascia mette-re in discussione, non scarica le responsabilità sugli altri. È lo sguardodella Gaudium et spes, anche quando legge le problematiche dell’atei-smo: «nella genesi dell’ateismo possono contribuire non poco i cre-denti, nella misura in cui, per aver trascurato di educare la propria fe-de, o per una presentazione ingannevole della dottrina, o anche per idifetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piutto-sto che nascondono e non che manifestano il genuino volto di Dio edella religione» (Gaudium et spes, n. 19).

E in realtà non possiamo non riconoscere che più volte la propostamorale si è lasciata contagiare dall’individualismo e dall’astrattismo; hatroppo privilegiato la via autoritativa, evitando la fatica dell’argomen-tare; non è stata sempre critica nei riguardi delle diverse forme di po-tere…

Se ci lasceremo mettere in discussione e soprattutto riusciremo acogliere i segni di speranza, potremo delineare una proposta moralemaggiormente significativa, insistendo su: * la serietà storica, da cui il decidere dell’uomo non può mai prescin-

dere. Sono in gioco non solo l’attuale qualità della vita personale esociale, ma anche la sopravvivenza di tanti uomini alle prese con lafame, la povertà e l’ingiustizia, anzi il futuro stesso della umanità edel nostro pianeta. La solidarietà a tutti i livelli si svela sempre piùcome orizzonte imprescindibile;

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* la concretezza e la unitarietà che il nuovo senso del corpo dà atutta la nostra vita. Conseguentemente l’inadeguatezza di un’eticaarticolata sul sospetto nei riguardi della corporeità. Il bene chiededi essere proposto e sperimentato come bene di tutta la persona,evitando tagli e riduzioni. Restano stimolanti le affermazioni dellaGaudium et spes sulla persona e la sua dignità alla luce del «corpo-re et anima unus” dell’uomo (n. 14);

* la caduta del sospetto verso la libertà; al riguardo è significativoquanto scrivono i nostri vescovi: «Un segno dei tempi è senza dub-bio costituito dall’accresciuta sensibilità per la libertà in tutti gli am-biti dell’esistenza: il desiderio di libertà rappresenta un terreno d’in-contro tra l’anelito dell’uomo e il messaggio cristiano. Nell’educa-zione, la libertà è il presupposto indispensabile per la crescita dellapersona. Essa, infatti, non è un semplice punto di partenza, ma unprocesso continuo verso il fine ultimo dell’uomo, cioè la sua pie-nezza nella verità dell’amore» E dopo aver citato il n. 17 della Gau-dium et spes, aggiungono: «Questa ricerca diffusa di libertà e diamore rimanda a valori a partire dai quali è possibile proporre unpercorso educativo, capace di offrire un’esperienza integrale dellafede e della vita cristiana» (Educare…, n. 8);

* il rapporto costante con i risultati della ricerca scientifica. Pur nellalimitatezza e provvisorietà che è loro propria, essi vanno ascoltati evalorizzati attentamente, pur ricordando che non possono essereconsiderati come la risposta ultima;

* il senso come orizzonte decisivo di tutta l’esperienza morale: la do-manda morale, ha scritto Giovanni Paolo II, «prima che una doman-da sulle regole da osservare, è una domanda di pienezza di signifi-cato per la vita. E, in effetti, è questa l'aspirazione che sta al cuoredi ogni decisione e di ogni azione umana, la segreta ricerca e l'inti-mo impulso che muove la libertà. Questa domanda è ultimamenteun appello al Bene assoluto che ci attrae e ci chiama a sé, è l’ecodi una vocazione di Dio, origine e fine della vita dell'uomo. Proprioin questa prospettiva il Concilio Vaticano II ha invitato a perfezio-nare la teologia morale in modo che la sua esposizione illustri l'al-tissima vocazione che i fedeli hanno ricevuto in Cristo, unica rispo-

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sta che appaga pienamente il desiderio del cuore umano» (Veritatissplendor, n. 7).

Sarà così possibile una proposta morale che contribuisca efficace-mente all’opera educativa della Chiesa centrata sul «formare alla vitasecondo lo Spirito», come ricordano i nostri vescovi: «la Chiesa pro-muove nei suoi figli anzitutto un’autentica vita spirituale, cioè un’esi-stenza secondo lo Spirito (cf Gal 5,25). Essa non è frutto di uno sforzovolontaristico, ma è un cammino attraverso il quale il Maestro interio-re apre la mente e il cuore alla comprensione del mistero di Dio edell’uomo: lo Spirito che “il Padre manderà nel mio nome vi insegneràogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26). LoSpirito forma il cristiano secondo i sentimenti di Cristo, guida alla ve-rità tutta intera, illumina le menti, infonde l’amore nei cuori, fortifica icorpi deboli, apre alla conoscenza del Padre e del Figlio, e dà “a tuttidolcezza nel consentire e nel credere alla verità” (Dei Verbum, n. 5)»(Educare…, n. 22).

2. Superare l’etica individualistica

Nonostante i passi compiuti, l’istanza della Gaudium et spes a supe-rare l’etica individualistica, resta fortemente attuale:

La profonda e rapida trasformazione delle cose esige, con più ur-genza, che non vi sia alcuno che, non prestando attenzione al corsodelle cose e intorpidito dall’inerzia, si contenti di un’etica puramenteindividualistica. Il dovere della giustizia e dell’amore viene sempre piùassolto per il fatto che ognuno, interessandosi al bene comune secon-do le proprie capacità e le necessità degli altri, promuove e aiuta an-che le istituzioni pubbliche e private che servono a migliorare le con-dizioni di vita degli uomini. Vi sono di quelli che, pur professandoopinioni larghe e generose, tuttavia continuano a vivere in pratica co-me se non avessero alcuna cura delle necessità della società.

Anzi molti, in certi paesi, tengono in poco conto le leggi e le pre-scrizioni sociali. Non pochi non si vergognano di evadere, con varisotterfugi e frodi, le giuste imposte o altri obblighi sociali. Altri trascu-rano certe norme della vita sociale, ad esempio ciò che concerne la

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salvaguardia della salute, o le norme stabilite per la guida dei veicoli,non rendendosi conto di metter in pericolo, con la loro incuria, lapropria vita e quella degli altri. Che tutti prendano sommamente acuore di annoverare le solidarietà sociali tra i principali doveri dell'uo-mo d’oggi, e di rispettarle.

Infatti quanto più il mondo si unifica, tanto più apertamente gli ob-blighi degli uomini superano i gruppi particolari e si estendono a po-co a poco al mondo intero. E ciò non può avvenire se i singoli uomi-ni e i gruppi non coltivano le virtù morali e sociali e le diffondononella società, cosicché sorgano uomini nuovi, artefici di una umanitànuova, con il necessario aiuto della grazia divina (n. 30).

Dovremmo rileggere e riproporre più spesso questo importante pa-ragrafo della Gaudium et spes. La realtà sociale, con la gravità dei pro-blemi e l’acuirsi delle tensioni, rende particolarmente urgente questatestimonianza da parte di tutta la comunità cristiana. È quanto mai ur-gente una proposta morale che, senza perdere la profondità persona-le, ponga in luce che per il credente il sì della fede è un sì a una sto-ria nuova; convertirsi significa anche impegno sincero per riscrivere inmaniera nuova tutti i rapporti; «la speranza escatologica non diminui-sce l’importanza degli impegni terreni, ma anzi dà nuovi motivi a so-stegno dell'attuazione di essi» (Gaudium et spes, n. 21).

La sfida della globalizzazione

«La novità principale – scrive Benedetto XVI – è stata l’esplosionedell’interdipendenza planetaria, ormai comunemente nota come glo-balizzazione. Paolo VI l’aveva parzialmente prevista, ma i termini el’impetuosità con cui essa si è evoluta sono sorprendenti. Nato dentroi Paesi economicamente sviluppati, questo processo per sua natura haprodotto un coinvolgimento di tutte le economie. Esso è stato il prin-cipale motore per l’uscita dal sottosviluppo di intere regioni e rappre-senta di per sé una grande opportunità. Tuttavia, senza la guida dellacarità nella verità, questa spinta planetaria può concorrere a creare ri-schi di danni sconosciuti finora e di nuove divisioni nella famigliaumana. Per questo la carità e la verità ci pongono davanti a un impe-gno inedito e creativo, certamente molto vasto e complesso. Si trattadi dilatare la ragione e di renderla capace di conoscere e di orientare

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queste imponenti nuove dinamiche, animandole nella prospettiva diquella “civiltà dell’amore” il cui seme Dio ha posto in ogni popolo, inogni cultura» (Caritas in veritate, n. 33).

Perché questo si realizzai, credo che sia indispensabile innanzituttonon perdere di vista due prospettive fondamentali:* la globalizzazione è un dato di fatto: sottovalutarla e ancor più fin-

gere di ignorarla ci mette fuori della storia;* è giusto invece porle l’interrogativo della qualità umana, in maniera

da contribuire a metterla al servizio della dignità e del bene di ogniuomo e di tutti gli uomini.Questo ci permetterà di non cadere nelle estremizzazioni “integrali-

ste” o “apocalittiche”. Come tutti i fenomeni umani, la globalizzazioneè un intreccio complesso di fattori e processi che occorre discernerecon saggezza evangelica, per cogliere le possibilità e arginare le nega-tività presenti a diversi livelli.

Si tratta evidentemente di un’impresa non facile, per la resistenzadei processi oggettivi; per l’ipoteca che il profitto di pochi impone allescelte di tanti; per l’accentuarsi della conflittualità e la conseguenteipoteca della paura sempre più forte…

I processi di interdipendenza – a livello di popoli, di gruppi sociali,di attività... – diventano infatti sempre più accentuati e rapidi, trasfor-mando il mondo in un unico mercato (in cui tutti possono vedere ecomprare tutto da tutti), in un solo “villaggio” (in cui tutti sanno tuttodi tutti), con stili e criteri di vita improntati al consumismo. Si trattaperò di processi che la crisi della politica ha lasciato in mano al profit-to e ai potere di pochi, con conseguenze di ingiustizia e di sofferenzadei deboli e dei poveri. La crisi finanziaria internazionale di questi ul-timi anni ne è una riprova eloquente.

Le conseguenze a livello più propriamente etico sono numerose.Occorre una proposta morale che se ne faccia carico, per aiutare lecoscienze a vivere in maniera costruttiva nella complessità. Mi limito aricordare alcuni aspetti che mi sembrano più urgenti: * il volto concreto che assume l’oggetto del decidere: non solo ciò

che è considerato in se stesso, ma l’insieme di relazioni di cui èespressione e ulteriore attuazione;

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* il disagio determinato dalla frammentazione spesso contraddittoriadei punti di riferimento etico;

* l’intreccio di “appartenenze” condizionate e perciò segnate daprovvisorietà, in forza anche dello “sradicamento” dalle apparte-nenze primarie e la proiezione su orizzonti sempre più ampi;

* l’affermarsi di identità e di valori “deboli”; * il rischio di frustrazione della responsabilità personale (ampliata

sempre più e al tempo stesso sottratta dall’intreccio dei fattori og-gettivi).La proposta morale, mentre apre sugli orizzonti sempre più ampi

che la globalizzazione pone dinanzi alle coscienze, deve porre in luceche la responsabilità concreta va alla possibilità (spesso molto umile)individuata dalla coscienza in ricerca sincera e in dialogo con gli altri.

L’ipoteca della paura

Dinanzi alle incognite per il futuro, determinate dallo strapoteredelle scienze e delle tecnologie, H. Jonas, già a metà del secolo scor-so, aveva richiamato l’attenzione su una nuova euristica: quella ap-punto dettata dalla paura, che riconosce come proprio il «compito piùmodesto, dettato dalla paura e dal rispetto, di preservare all’uomo,nella residua ambiguità della sua libertà, che nessun mutamento dellecircostanze può mai sopprimere, l’integrità del suo mondo e del suoessere contro gli abusi del potere» (Il principio responsabilità. Un’eticaper la civiltà tecnologica, Torino 1990, XXIX).

Queste affermazioni di Jonas sono state in qualche modo profeti-che, dal momento che in questi ultimi decenni l’ipoteca della paurasulla mentalità e sui rapporti sociali si è fatta ancora più forte, fino adiventare uno degli elementi che più incidono sulla vita sociale oggi.

È vero che nella seconda metà del secolo scorso abbiamo vissutomomenti di speranza molto intensi: * gli anni Cinquanta, con lo slancio lo slancio di ricostruzione e nuo-

vi orizzonti di pace (Dichiarazione della Carta dei Diritti dell’uo-mo…);

* gli anni Sessanta/Settanta, con la carica utopica di rinnovare ognicosa per permettere la piena affermazione dell’uomo (Concilio, teo-logie della speranza, fermenti del 1968…);

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* gli anni Novanta, con quel senso di liberazione dalle contrapposi-zioni e la possibilità di poter affrontare i problemi per quello cheeffettivamente erano.La speranza di questi periodi storici è stata però ben presto schiac-

ciata da nuove paure: * la contrapposizione in blocchi e la guerra fredda con la crescente

minaccia nucleare; * la radicalizzazione della conflittualità sfociata in violenza sociopoli-

tica;* l’assolutizzazione del profitto con il conseguente allargamento delle

disparità;* il rinascere dei fondamentalismi religiosi e culturali che hanno por-

tato alle tragiche pagine del terrorismo; * l’insicurezza generalizzata scaturita dalla crisi economico-finanziaria

di questi ultimi anni.Se però guardiamo la realtà con una corretta ermeneutica (cioè non

con gli occhi dei “profeti di sventure”, come soleva dire Papa Giovan-ni) riusciremo a cogliere a tutti i livelli numerosi segni di speranza: bi-sogno e volontà di solidarietà, evidenziati dalle diverse forme di vo-lontariato e di mobilitazione in occasione di emergenze particolar-mente gravi; ricerca e tentativi di dialogo interculturali; crescente sen-sibilità ecologica…

La proposta morale deve valorizzare attentamente tutti questi segnipositivi proponendo con franchezza l’euristica evangelica della spe-ranza, in maniera da porre in crisi l’ipoteca sociale della paura. Saràcosì possibile formare al discernimento nei riguardi delle conseguenzedel prevalere sociale della paura. Penso in maniera particolare a: * la rinunzia agli ideali e l’assolutizzazione del “sopravvivere”, che

porta a legittimare ogni compromesso e a trasformare il “minimo”in “massimo” etico;

* l’atteggiamento di “sospetto” e di “difesa” che sembra contrassegna-re sempre più i rapporti, a livello sia interpersonale che internazio-nale: la diversità invece che ricchezza diventa sempre più minaccia;

* la riduzione del povero e del bisognoso a “nemico”, nei riguardidel quale è giusto evocare il principio della legittima difesa, che si

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cerca di coprire con una solidarietà che diventa “spettacolo” o “af-fare”;

* la chiusura al futuro, che porta a cercare sempre più il “tutto e su-bito” o a rifugiarsi nel “così fan tutti”. In risposta a questa complessa realtà, la proposta morale è chiama-

ta a strutturasi come pedagogia di speranza: senza per nulla diminuirela gravità dei problemi, deve aprire a una lettura e a un impegno chesi lascino guidare dalla speranza nuova che lo Spirito incessantementedona.

Alcuni suggerimenti bibliografici

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Alla ricerca di un’etica universale. La proposta della legge morale rinnovata, inRivista di Teologia Morale 42 (2010) n. 167, 387-426,

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COMPAGNONI F. – PRIVITERA S. (a cura), Il futuro come responsabilità etica,San Paolo, Cinisello Balsamo 2002.

GENGHINI A. (a cura), Valori politici e valori religiosi. Un ethos condiviso per lasocietà multiculturale, Messaggero, Padova 2010.

KEENAN J. F. (a cura), Etica teologica cattolica nella Chiesa universale. Atti delprimo Congresso interculturale di teologia morale, EDB, Bologna 2009.

MATTEO A., Presenza infranta. Il disagio postmoderno del cristianesimo, Citta-della, Assisi 2008.

MORANDINI S., Da credenti nella globalizzazione, EDB, Bologna 2008.

PIANA G., L’agire morale tra ricerca di senso e definizione normativa, Cittadella,Assisi 2001.

IN DIOCESIAPPROFONDIMENTI

Page 186: Bollettino (II/2010)

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QUINZI G. – MONTISCI U. – TOSO M. (a cura), Alla ricerca del bene comune.Prospettive teoretiche e implicazioni pedagogiche per una nuova solidarietà, Las, Ro-ma 2008.

SANNA I., L’antropologia cristiana tra modernità e postmodernità, Queriniana,Brescia 2002.

SIMONE M. (a cura), Il bene comune oggi: un impegno che viene da lontano. Attidella 45ª Settimana sociale dei cattolici italiani, EDB, Bologna 2008.

VIDAL M., L’etica teologica nell’era della globalizzazione,SRivista di Teologia Mo-rale 42 (2010) n. 166, 181-208.

ZAMAGNI S., L’economia del bene comune, Città Nuova, Roma 2007.

IN DIOCESIAPPROFONDIMENTI

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Page 188: Bollettino (II/2010)

SPECIALE“laPorzione.it”

www.laporzione.it

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LaPorzione.it… nel frammento, tuttoL’Arcidiocesi sceglie l’informazione digitale

Lo speciale di questo semestre è dedicato a LaPorzione.it, ilnuovo network della arcidiocesi di Pescara-Penne.

LaPorzione.it, “nel frammento, tutto”, è uno strumento diinformazione online e vuole inserirsi nel web come una possi-bilità di riflessione offrendo ai lettori, non solo le novità dellaChiesa abruzzese, ma anche e soprattutto le più importantinews internazionali, nazionali e locali. La notizia viene trattatacon l’occhio della “piccola parte” – nel frammento, tutto – at-traverso interviste ed interventi degli “addetti ai lavori” locali.

Una diversa colorazione e il bollino di identità caratterizza ilservizio in:

GLOBALE, Notizie dal Mondo con una attenzione particolareai fatti meno pubblicati.

GLOCALE, Notizie locali e ecclesiali di interesse globale.

LOCALE, Notizie del territorio regionale e provinciale e newsdi vita diocesana.

Diverse le rubriche di laPorzione.it:

Bianco e Nero, rubrica politica che tratterà l’argomento con-siderando gli interventi delle opposizioni ed il punto di vistadella Chiesa.

Editoriale: Intervento “critico” del direttore della testata o diun esperto sulle situazioni socioculturali del momento.

Intervista del personaggio della settimana.

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SPECIALE“laPorzione.it”

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SPECIALE“laPorzione.it”

La Porzione: Rubrica di nicchia, con aggiornamenti teologicie biblici.

Terza Web: Pagina altezzosamente “culturale”, luogo del su-perfluo, spazio per pensatori creativi.

Filmiamoci qui: Proposta settimanale e recensione di un filme un cartoon al cinema, e di due home video.

LaPorzione.it, inoltre, prevede un settore in partnership conRadio Speranza, la radio della diocesi, con la possibilità diascoltare in podcast i programmi più interessanti.

In questo speciale proponiamo un articolo per ogni Rubrica,scegliendo i titoli più “visitati”. Dal 23 settembre, data di inau-gurazione del sito, laPorzione.it ha ospitato circa 40.000 letto-ri e viaggia, per il momento, su una media sempre crescentedi 600 visite al giorno! I lettori sono in aumento anche graziealla presenza della pagina su Facebook e Twitter.

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Borghezio e GF specchio di una Italia decadente– di Simone Chiappetta –

11 gennaio 2011

LA VOLGARITÀ NON CHIEDE ALTRA VOLGARITÀ, MA “AUTOCRITICA”

Fa più auditel un litigio in diretta tra gente “comune”, messaappositamente dentro una casa, o il linguaggio oltraggioso dipolitici di secondo piano? Una frase volgare, simil bestemmia,del Grande fratello o un’affermazione irriverente di un leghi-sta? Sono le domande dal sorriso amaro che hanno “stimolato”l’editoriale del martedì di LaPorzione.it, dopo aver sfogliato,stamane, pagine di quotidiani e fatto un po’ di zapping tra no-tiziari televisivi.

«Il comportamento di molte parti delle zone terremotatedell’Abruzzo è stato singolare – è l’affermazione risuonata nel-l’etere di Mario Borghezio, politico piemontese della legaNord, al programma tv in onda su You Tube KlausCondicio –abbiamo assistito per mesi a lamentele e sceneggiate, eccezio-ni ci sono dappertutto, ma complessivamente è stata un po’una riedizione rivista e corretta dell’Irpinia».

L’Abruzzo dei “forti e gentili”, quell’Abruzzo che al piantodel dolore per le centinaia di vittime del terremoto – o meglio,presumibilmente, delle negligenze nelle costruzioni dellestrutture – ha sostituito la forza di reagire, di rimboccarsi lemaniche, seppur nell’impotenza di una ricostruzione ripensatadall’alto, quella stessa Regione del centro sud, sostenuta datante associazioni del Nord, è diventata, ora, un peso per l’Ita-lia, frignante come la maggior parte dei partecipanti al pro-gramma più lungo, più criticato e perciò “visto” della tv.

Tante le risposte di disapprovazione alla “genialità” dell’im-prudente avvocato ed ex presidente del cosiddetto “Governo

SPECIALEESEMPIO DI “EDITORIALE” “laPorzione.it”

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della Padania”, da Cialente a Chiodi, da sinistra a destra, dalcentro in alto, ma tante, anche, le repliche cadute sullo stessopiano che fanno dell’idea del federalismo più una divisionerazziale, che una autogestione responsabile!

Certo è che le parole dell’ex sottosegretario alla Giustizianon possono essere usate solo politicamente – nell’accezioneormai “volgare” della parola. Il leghista viene accusato di fare“elettoralismo” anche con una affermazione tanto idiota e im-previdente e rispondendo alle sue provocazioni si continua acercare il consenso popolare, o di una parte di popolo. Insom-ma, il gioco, da una parte e dall’altra, è sempre lo stesso!

Ben vengano le critiche degli italiani, degli aquilani, di tuttigli abruzzesi, della gente comune, vere ed uniche “vittime” delsisma dell’aprile 2009 e di due anni di liti, di rimbalzi di re-sponsabilità. Ben vengano le rischiste di scuse e di espulsionedal partito di personaggi che non sanno dosare le parole econtinuare ad essere politici “diplomatici” – del resto al Gf, itre peccatori, pur passando dal perdono del confessionale –sono stati eliminati. Ben vengano le prime pagine di giornali,gli editoriali – anche quelli di LaPorzione.it – le interviste in tvscandalizzate dall’ennesima offesa dei “foulards” verdi. La di-chiarazione di Borghezio, però – che tra l’altro ha successiva-mente precisato, parlando con l’agenzia AdnKronos, che il suodisappunto è per l’atteggiamento che le amministrazioni delmeridione mettono in campo di fronte ai problemi – deve, an-che, far riflettere e deve stimolare una autocritica, perché ilpadano non ha fatto altro che affermare ad alta voce, senzal’intelligenza retorica, ciò che tanti suoi colleghi, non solo nelnord-est dello stivale, pensano e non dicono – o sanno dire me-glio – a seguito dell’amministrazione del post-terremoto e del-lo scandalo sanitopoli – solo per citare due realtà di cui tantosi è parlato, in Abruzzo, negli ultimi due anni.

La sensazione è che si continui a fare i moralisti per qualchevolgare affermazione – simil bestemmia – pronunciata sotto-

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SPECIALE“laPorzione.it” ESEMPIO DI “EDITORIALE”

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voce, giustamente punita, ma non disturbino le coscienze,ugualmente, tette e cosce mostrate spudoratamente in tv, unapolitica che litiga e non costruisce, orgasmi in diretta seppurvelati da una coperta, accuse e bugie di governo ed opposizio-ni, discorsi banali in prima serata – e qui non serve il paralleli-smo. Insomma è proprio vero che il Gf è lo specchio di questaItalia.

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SPECIALEESEMPIO DI “EDITORIALE” “laPorzione.it”

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La democrazia che cade in “basso”– di Simone Chiappetta –

15 dicembre 2010

ANCHE LA FUCI DENUNCIA LA PROTESTA CAPITOLINA E CHIEDE

TONI PACATI DI DISCUSSIONE E CONFRONTO

«La democrazia non si fa in Parlamento, viene dal basso del-le piazze». È stato questo il sentire comune che ha caratteriz-zato le manifestazioni di protesta prima, durante e dopo la fi-ducia al governo.

Una “democrazia”, però, che ha stravolto il significato deltermine “Kratos” non così ovviamente conciliabile con le cari-che alla polizia, con le auto incendiate, con le bombe carta,con un centro capitolino distrutto e con tante vetrine infrante.

È un popolo, o meglio una parte di popolo, che non si senteascoltato o che forse non vuole essere ascoltato e che preferi-sce l’imposizione con la violenza alla fiducia espressa attraver-so le elezioni. Un popolo – una parte di esso – che predica de-mocrazia e pratica la dittatura, che non accetta la diversità, ilconfronto, che probabilmente non sente l’esigenza di lavorareper il Paese con la pazienza del contadino, ma che continua adessere burattino senza fili di subdoli potenti – immischiati nel-la folla – e sfrutta la confusione per scaricare e sfogare ansie etensioni, insieme ad un odio stupido alimentato dalla ignoran-za e dalla cattiva informazione.

«Le manifestazioni pacifiche degli studenti sono un segnaledi cui il Governo deve tenere conto – hanno affermato al SirSara Martini e Alberto Ratti, presidenti nazionali della Federa-zione universitaria cattolica italiana – Così come l’occupazionedei monumenti, un’assoluta novità che può essere il segnaleper tornare a valorizzare la cultura come ricchezza dell’Italia

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SPECIALE“laPorzione.it” ESEMPIO DI “BIANCO E NERO”

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intera. Ma quello che è accaduto oggi a Roma non è degno diun Paese civile».

Un popolo – una parte di esso – sceso sulle strade di Romae sostenuto dai protestanti di Palermo, Catania e Milano pro-babilmente ignaro dei motivi per cui manifestava: «ci chiedia-mo il motivo delle manifestazioni sulla riforma universitaria –continuano i presidenti della Fuci – perché oggi, in Parlamen-to, non si discuteva di questo».

Fino a mezzogiorno e mezza, circa, la manifestazione è ri-masta pacifica ma «nel momento in cui si è unita ai centri so-ciali e a movimenti vari è iniziata una vera e propria guerrigliaurbana contro la polizia e le Istituzioni».

Il bianco e nero, oggi, non presenta le due facce, perché peruna volta tutti sono d’accordo nel denunciare – o nel peggioredei casi, nel prendere le distanze dalla manifestazione – unaprotesta che fa paura e ricorda i movimenti degli anni ’70. Tut-ti sono d’accordo che la responsabilità non è solo di chi a Ro-ma è arrivato già munito di caschi e martelli, di spranghe ebombette, ma di una Politica che non riesce ad usare toni civilidi discussioni. Per questo, raccogliendo il monito del Presiden-te Napolitano, anche la Fuci invita ad allentare le tensioni nelPaese: «È necessaria una maggiore responsabilità e pacatezza– concludono Martini e Ratti – sia da parte delle Istituzioni,perché le scene che si sono viste alla Camera dei Deputati nonaiutano il clima di dialogo e costruttività in Italia, sia da partedei manifestanti».

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SPECIALEESEMPIO DI “BIANCO E NERO” “laPorzione.it”

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“Vorrei avere il buon umore di Wojtyla”– di Davide De Amicis –

18 novembre 2010

L’ESPERIENZA DI NAVARRO VALLS: “IL GIORNALISMO RESPONSABILE SI REA-LIZZA MANTENENDO IL CONTATTO CON LA REALTÀ ED IL DISTACCO DALLE

OPINIONI PERSONALI”

Per oltre vent’anni, dal 1984 al 2006, Joaquìn Navarro Vallsè stato il direttore della Sala Stampa vaticana. Per 22 anni, ilgiornalista spagnolo ha servito fedelmente il Santo Padre, Gio-vanni Paolo II, contribuendo nel fare del Papa polacco quelgrande comunicatore che la storia ricorderà. Navarro Valls, lascorsa settimana ha visitato Pescara e in quanto membro laicodell’Opus Dei, la Prelatura personale della Chiesa impegnata adiffondere la fede attraverso la santificazione del lavoro, hapartecipato alla cerimonia di intitolazione di una strada citta-dina al fondatore del suo movimento, San Josemarìa Escrivade Balaguer. In quella occasione, Joaquìn Navarro Valls ha par-tecipato a l’intervista de “La Porzione.it”

Professor Navarro Valls, ha tenuto un convegno dedicato al tema“Realismo Umano della Santità”. Ma al giorno d’oggi, come si in-carna questo valore?

«Si esprime come si è sempre espresso. Per una persona comela maggior parte di quelle che svolgono un’attività ordinaria,siano essi professionisti o casalinghe, se cristiani possono im-pegnarsi a cercare Dio solo nell’ambito di quelle stesse attivitàordinarie. Questo è il “messaggio rivoluzionario” che fin dal1928 Escrivà diffondeva consentendo, anni dopo, al ConcilioVaticano II di far proprio questo insegnamento».

Qual è stato il compito più importante, portato a termine daEscrivà e più in generale dall’Opus Dei?

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SPECIALE“laPorzione.it” ESEMPIO DI “INTERVISTA”

Page 198: Bollettino (II/2010)

«Loro ci hanno ricordato un aspetto importante, quello dell’u-niversalità della chiamata alla santità. Infatti, non sono chia-mati alla santità solo coloro i quali scelgono una vocazione,una professione esplicita cambiando la loro vita, perché quellaalla santità è una chiamata rivolta a tutti i cristiani».

Per oltre vent’anni è stato il direttore della Sala Stampa Vaticana.Oggi, con una Chiesa improntata ad un suo rilancio nel mondo, co-me possiamo valutare la sua comunicazione?

«È già da qualche anno che non ho più il mio incarico nellaSanta Sede, quindi è difficile rispondere. Ciononostante, pos-siamo dire che la Chiesa è depositaria di un universo di valoriumani e cristiani, i quali vanno riproposti continuamente. Delresto, su questi temi, il riscontro della gente è stato semprepositivo e dovrebbe mantenersi sempre tale, nonostante le dif-ficoltà culturali insite soprattutto nella parte del mondo in cuici troviamo».

Come indirizzare i media verso un’informazione che si possa defi-nire corretta, viste le “tante scorciatoie” che puntano su ascolti evendite a scapito della qualità?

«Stiamo affrontando un tema complesso, ma sintetizzandopossiamo dire che comunicare vuol dire trasmettere un’espe-rienza personale, quella del giornalista, un’esperienza conside-rata vera dagli altri. Se manca l’esperienza, non si sta facendogiornalismo, ma fiction, si inventa una storia senza viverla. Seinvece, quello che si trasmette non si considera vero, anche inquel caso non si fa giornalismo, ma propaganda. I pilastri perlo svolgimento di un giornalismo responsabile sono il manteni-mento del contatto con la realtà e l’effettuazione di una tra-smissione che vada avanti indipendentemente dalle opinionipersonali di chi conduce il programma».

Cosa porterà sempre con sé di Giovanni Paolo II e dell’esperienzavissuta al suo fianco?

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SPECIALEESEMPIO DI “INTERVISTA” “laPorzione.it”

Page 199: Bollettino (II/2010)

«Nemmeno io saprei dirlo. Alle volte, delle persone influisconosu di noi in maniera tale che nemmeno ne siamo coscienti. Co-munque, vorrei dire che una delle cose che ho sempre apprez-zato in lui e che vorrei sforzarmi di avere anch’io, per quantopossa sembrare semplicistico, è il buon umore: quel senso po-sitivo con cui vedeva ogni cosa. Questo è un aspetto che con-serverò sempre come mio ricordo personale».

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SPECIALE“laPorzione.it” ESEMPIO DI “INTERVISTA”

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Teologia della Porzione– di Giovanni Marcotullio –

31 ottobre 2010

LA RUBRICA PIÙ “GLOCALE” CHE CI SIA, UNA TEOLOGIA CHE NON VOLI

SOPRA LE TESTE MA CHE PROVI A RACCOGLIERE LE ISTANZE DEGLI UOMINI

SENZA PERDERSI PER STRADA: L’AMBIZIOSA VIA CHE LAPORZIONE.IT SI

PROPONE INSIEME COI SUOI LETTORI”

Capita spesso che, quando s’imboccano discussioni di teo-logia e le si può svolgere appena quel tanto che basta a evita-re la banalizzazione delle questioni e la superficialità dei ter-mini, gli interlocutori esclamino: «Che bello! Ma perché nessu-no spiega queste cose?». Delle molte osservazioni che si po-trebbero fare sull’argomento, già fin d’ora, senz’altro va messoin rilievo che non si tratta di spiegare, ma propriamente didialogare. Senza fare del facile populismo, e senza miscono-scere le credenziali di chi ha dedicato anni e magari decennî distudio ai fenomeni religiosi (nelle loro componenti storiche ein quelle più squisitamente speculative), dobbiamo però direapertamente che non sono possibili “lezioni di teologia” cheprescindano da un dialogo franco e sereno tra due o più per-sone.

Il verbo greco che sta alla radice della temutissima parolaitaliana “omelia” non vuol dire altro che “conversare”; e questonon perché tutte le parole e tutte le opinioni abbiano il mede-simo valore, ma perché la teologia, nel suo senso più intimo e– diremmo – primordiale, è la conversazione eterna in cui con-sta il cuore di Dio. Il Dio vivente è un Dio che parla, il Dio lacui vita è un’eterna Parola. Se evitiamo d’identificare frettolo-samente questa Parola con la Bibbia (e con ciò che di essa pre-sumiamo di sapere), ci resta la possibilità di scorgere qualche

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SPECIALEESEMPIO DI “LA PORZIONE” “laPorzione.it”

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linea dei profili ineffabili di quelle tre Persone divine che han-no voluto manifestarsi al mondo (che liberamente avevanocreato) con-vocandolo a un dia-logo.

Ecco perché spesso le omelie sono mortalmente noiose: nondi rado esse sono dei dialoghi solo fittizî, in cui l’omileta sisforza di figurarsi le domande e le proposte dell’intelocutore.Inutile dire che, malgrado i suoi sforzi, spesso essi non fini-scono che in un pugno di mosche (e nel rischio che qualcunadi esse venga ingoiato da uno sbadiglio); quello che però ge-neralmente si sottovaluta, nel fare queste considerazioni, èche l’impoverimento della relazione omiletica (la quale già diper sé ha il potere di mostrare qualcosa del divino) intiepidi-sce e raffredda anzitutto l’omileta.

LaPorzione.it ha scelto per sé un nome tecnico del DirittoCanonico – un nome che, lungi dall’essere conforme alla pro-verbiale aridità delle formule giuridiche, affonda profondissi-me radici proprio fin nel terreno della Rivelazione di Dio. Eranecessario un concetto che sapesse dire quel modo di essere“parte di un tutto” tale che il “tutto” non sia la mera sommadelle “parti” e che la “parte” non sia una semplice briciola del-l’enorme “tutto”. Sembrano concetti astrusi, ma se ci si pensapermeano la nostra quotidianità fin nelle espressioni più sem-plici: dire di qualcuno «Lei (o “lui”) è la mia metà» significa af-frontare, senza l’imbarazzo della contraddizione, l’equazione“1 = 1/2” – chi ama sa che in uno dei due amanti (ossia in una“parte” dell’amore) c’è già tutto dell’amore, e che senza quella“parte” non ci sarebbe niente dell’amore. Questa “parte” cherap-presenta efficacemente il “tutto” è ciò che in Teologia e inDiritto hanno voluto chiamare “porzione”. La radice supremadi questo affascinante modo d’essere è – come dicevamo – inciò che a Dio è piaciuto mostrarci di sé: Dio è l’unità dinamicadi tre distinte Persone, eppure nessuno direbbe che ciascunadi queste Persone è “un terzo di Dio”.

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SPECIALE“laPorzione.it” ESEMPIO DI “LA PORZIONE”

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Allo stesso modo, quelli che bazzicano i concetti elementaridel Diritto, e sanno che “porzione” è il termine tecnico con cuiviene definita l’entità della “Diocesi” in rapporto alla “Chiesa”,capiscono bene il nesso analogico tra i due rapporti: anche laDiocesi, infatti, che è una porzione della Chiesa, non è taleperché di Diocesi la Chiesa è formata, ma perché nella Diocesiè rappresentata efficacemente tutta la Chiesa – tanto che il Ve-scovo è in una Diocesi il rappresentante e il vicario non del Pa-pa, ma di Cristo stesso (cf. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costitu-zione Dogmatica “Lumen Gentium”, nn. 21-24 –http://bit.ly/9zmJlD).

Perciò “LaPorzione.it”; perciò, pure, LaPorzione.it ha volutoproporre una rubrica specifica in cui si possa dar spazio siste-maticamente al genio teologico dei cristiani. Una teologia chenon voli “sopra le teste” è in un certo senso, sì, una teologia“dal basso”, ma nutriamo fiducia che questo non la condannialla miseria: nutriamo fiducia che le vostre domande, le vostrequestioni, possano suggerirci piste da aprire perché poi lebattiamo insieme, nel rispetto dei passi e delle storie di ciascu-no. Corriamo il “rischio” di scoprire che «tutto ciò che avrestesempre voluto sapere su Dio e non avete mai osato chiedere»dica alle nostre vite molto più di quanto avremmo mai imma-ginato.

Parlare di Dio è contagioso perché in un dialogo simile sisottendono necessariamente almeno due cose: che davveronoi uomini abbiamo qualcosa che ci rende tutti fratelli; chequesto qualcosa è la sete di un Dio che ci ha fatti per Sé – unasete che lascia inquieto il nostro cuore finché non lo lasciamoandare alla Sorgente.

Facciamo strada, seguiamo la Via.

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SPECIALEESEMPIO DI “LA PORZIONE” “laPorzione.it”

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La verità rosa– di Giovanni Marcotullio –

17 novembre 2010

QUALCOSA PUÒ RESTARE INTATTO NELL’INIMMAGINABILE

TRASFORMAZIONE DI UNA DELLE FIABE PIÙ AMATE DELL’EVO MODERNO...

«Voglio una vita che sia mistero, amore e lieto fine», diceenfatica Belle al padre, sul palcoscenico del Brancaccio; ai suoipiedi una platea verosimilmente molto eterogenea, che ascol-ta, sorride, si commuove. Il Broadway’s Musical “The Beautyand the Beast” (di Alan Menken, Howard Ashman e Tim Rice)calca la scena romana dal 22 ottobre dopo aver toccato a Mila-no il tetto dei trecentomila spettatori: la bella versione di Fran-co Travaglio poggia testi ben misurati e gradevoli su melodieche generazioni d’italiani hanno impresse in mente dal 1991 –l’anno della produzione cinematografica del meraviglioso filmd’animazione Disney.

La ribalta è un tripudio di luci, colori, fiamme, fumi; le sce-nografie, “faraonicamente fiabesche”, mutano con una radica-lità repentina impressionante; il versante drammaturgico, poi,eccelle con un casting di giovani professionisti (tra i quali bril-la una brava Arianna), con coreografie letteralmente stupefa-centi e ricercate fin nei minimi dettagli, e per finire con bellevoci e un’eccellente orchestra (le musiche sono dal vivo). Nes-suno va via dalla sala rimpiangendo il prezzo del biglietto, e laspettacolarità è tale che tornando con nostalgia alle consuetescene del film d’animazione si rischia perfino, in linea di mas-sima, di trovarle “sbiadite”. In linea di massima, certo, perchéil passaggio di genere dal cartoon al musical non è indoloreper i personaggi, che sulla scena si vedrebbero trasformati in“tempi morti” ciò che sui fogli colorati erano “pause meditati-ve”: così la Belle che rifiuta oggi di scendere a cena con la Be-

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SPECIALE“laPorzione.it” ESEMPIO DI “TERZA WEB”

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stia è addirittura più determinata di quella del 1991, ma moltomeno di lei brilla per modestia e compostezza (il personaggioanimato, del resto, non doveva ballare che alla fine del film epoco prima, e quando cantava poteva permettersi il lusso difarlo “tra sé e sé”); la Bestia che ordina sommessamente aisuoi domestici di far entrare gli assalitori è oggi molto più rab-biosa e meno rassegnata del suggestivo disegno di due de-cennî fa… Resta intatto Gaston che, personaggio-limite, nonpuò certo diventare una caricatura della caricatura che già è.

La fiaba è veramente “perfetta”: anche senza ricorrere allesolite funzioni di Propp, chiunque saprebbe dire – come per si-curo intuito – che non manca alcun ingrediente e che tutti so-no nelle giuste dosi. Ciononostante, sarebbe certamente digrande interesse risalire diacronicamente lungo la storia diquesta fiaba tanto fortunata, che certamente non è stata scrit-ta alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso: la maggiorparte di quelli che giudicassero quest’osservazione un’ovvietàresterebbe poi a bocca aperta nello scoprire quante versionicinematografiche di questa storia hanno già visto la luce dellesale, e quante versioni operistiche ed editoriali, prima ancora,essa ha avuto. Non solo: si resterebbe esterrefatti anche aconsiderare quanto, dei contenuti della storia, è cambiato dalgiorno in cui Jeanne-Marie Le Prince de Beaumont ne scrisse laversione “canonica” (anche lei, del resto, aveva attinto al rac-conto di Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve, pubblicatouna quindicina d’anni prima, nel 1740, e nessuno ci garantisceche possiamo fermare a quest’ultima la ricerca – per ora peròdobbiamo). Per esemplificare con un tantino d’efficacia, limi-tiamoci a dire che le due novellatrici francesi non sapevanoche la famosa rosa era incantata, e non avevano la minimaidea di chi fosse Gaston: il bellimbusto borioso è un’invenzio-ne che vede la luce ne “La Belle et la Bête” di Jean Cocteau(1946), mentre lo scintillante Lumière e gli altri personaggiche popolano il castello incantato della Bestia sono un’inven-zione tutta disneyana.

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SPECIALEESEMPIO DI “TERZA WEB” “laPorzione.it”

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Ora, cercando di fuggire le nostalgie passatiste e gli scrupo-li archeologistici dei filologi, proviamo a dire qualcosa in piùriguardo alla versione che il mondo cinematografico globaliz-zato (e, non dimentichiamolo, la complicità della contempora-neità) ha imposto come quella “canonica”: è tipico della “fiabadisney”, ad esempio, che accanto alla severa asciuttezza dellafonte originale (completamente e volutamente intatta nel Pro-logo) brillino varie trovate atte a rompere l’incanto del misterocon la magia della risata; ovvio che non tutte hanno la stessavalenza, e che gli aspetti “farseschi” vengono ulteriormenteaccentuati nel già menzionato “passaggio al musical”, ma èstraordinario notare come – a dispetto di tutto questo – l’in-cantesimo della storia permanga intatto.

Anzi, il moltiplicarsi dei personaggi del mondo della Bestianon ha fatto che accentuare fortemente la valenza del raccon-to, che è più e meno che esemplare, più e meno che allegori-ca, più e meno che storica – essa è, specialmente in quell’ante-fatto che nelle versioni più antiche il lettore veniva a conosce-re soltanto in un’apodosi molto avanzata, quella di un mitoeziologico. Chi è la Bestia? Chi e/o che cosa ha fatto che sia ta-le? Ci sono vie d’uscita dalla sua penosa condizione? Su questetre domande va ad appendersi propriamente ciò che non puòvariare nelle più disparate versioni della storia, finché questaresta essenzialmente ciò che è. Scrisse Cristina Campo (e l’o-scurità in cui il suo nome è lasciato per i più dice della seriacrisi culturale del nostro Paese) che «come i Vangeli, la fiaba èun ago d’oro, sospeso a un nord oscillante, imponderabile,sempre diversamente inclinato, come l’albero maestro di unvascello su un mare ondoso» (Della fiaba, in Gli imperdonabili,Adelphi, Milano 1987). L’oscillazione del nord che la Campoevoca tanto suggestivamente è l’area immaginifica socchiusanel triangolo tracciato dalle tre domande che dicevamo.

La luccicante pluralità dei personaggi incantati, poi, richia-ma il formicolio del pléroma divino nei sistemi delle dottrinegnostiche – così come fa già, e in modo musicalmente altissi-

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mo, la Zauberflöte di Mozart-Schikaneder. Ancora più del car-toon, il musical scende a motivare discorsivamente la ragionedel coinvolgimento di tutto il castello nel maleficio della Be-stia: la “colpa originaria” ha una dimensione collettiva – socialenel senso che l’egoismo del principe era stato fomentato dallaservitù; esistenziale nel senso che la piaggeria con cui la ser-vitù assecondava il vizio del signore non era qualitativamentediversa dal vizio che essa produceva in lui. Così, collettivosarà anche l’effetto che un’opera di redenzione potrà apporta-re, pur in gradazioni diverse riferite alla qualità della corri-spondenza dei singoli personaggi – anche questo aspetto (chemolto ricorda del Tamino e del Papageno della Zauberflöte)viene enormemente fatto risaltare dal musical. La Bestia, percosì dire, viene radicalmente trasformata e redenta, mentre isuoi domestici, pur tornando allo stato umano e professandodi “aver imparato la lezione”, conservano pressoché intatti gliimpasse dei loro precedenti vizi.

Un delizioso libretto è stato scritto in direzione di una ricer-ca “analoga e contraria a questa”, dall’acuta penna di LuisaMuraro (Le Rose e la verità, in Ruàh, il femminile di Dio, Milleli-re, Roma 1994): riferendosi alla versione “originaria”, la Mura-ro amava illustrare la storia con suggestive digressioni teologi-co-favolistiche (forse non le dispiacerebbe vederle qualificatecosì) che vedrebbero proprio nella mostruosa bestia “la volpedivina”, la cui «ingenuità è solo un modo della sua furbizia,quello che rende di più» (p. 6).

La Bestia è dunque il povero buon Dio? Può darsi, ma si fafatica a immaginarlo sulla base della versione disneyana, laquale piuttosto riecheggia lo schema della redenzione gnosti-co-massonica più volte accennata. Che si potrebbe fare? Unaricerca da fare ci sarebbe, e senz’altro succulenta: nei mitignostico-massonici normalmente la parte peccaminosa è quel-la femminile della coppia protologica (come anche nella Genesibiblica, del resto); qui, ricostruito tutto il panorama mitico-eziologico, la parte femminile è propriamente quella del Re-

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SPECIALEESEMPIO DI “TERZA WEB” “laPorzione.it”

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dentore (anzi, della “Redentrice”), che “deve” liberamente farsiprigioniera della bruta parte da redimere; in questo anch’essacompie il suo cammino (è una “Redentrice-redenta” per cui va-le il «dein Verlieren ist dein Fund» di Taulero) e conduce lui –in forza di un potere sempre altro e mai direttamente visibile –alla redenzione personale e alla restaurazione globale del“mondo decaduto”. Un principe azzurro donna. Solo un “ag-giornamento rosa”? O come mai?

SPECIALE“laPorzione.it” ESEMPIO DI “TERZA WEB”

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Finito di stampare nel mese diMarzo 2011

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