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BOLLETTINO ANNO103N .17 1'QUINDICINA 1NOVEMBRE1979 SPEDIZIONEINABBONAMENTOPOSTALEGRUPPO2°(70) SALESIANO RIVISTADELLAFAMIGLIASALESIANAFONDATADASANGIOVANNIBOSCONEL1877
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BOLLETTINO ANNO 103 N.17 • 1' QUINDICINA • 1 NOVEMBRE 1979SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2° (70)

SALESIANORIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA FONDATA DA SAN GIOVANNI BOSCO NEL 1877

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ANNO 103-NUMERO 171 NOVEMBRE 1979

Foto Giuseppe ModenaServizio di copertina, pag . 8-10

Un anno con Don Bosco (Calendario Salesiano)Anche per l'anno 1980 il Calendario Salesiano offre le im-magini care : l'Ausiliatrice, Don Bosco, i ragazzi di casa no-stra e quelli del terzo mondo che sono tutti nel cuore delprogetto salesiano .Qualcuno scherzando ha detto che un calendario è sol-

tanto "roba da chiodi", perché appunto viene appeso a unchiodo. Ma può essere molto di più : il Calendario Salesianoè anche un modo per ricordare, per richiamare se stessiall'impegno operoso in favore della gioventù . Pag . 11-34

Missioni Salesiane. Aperte in Africa nuove frontiere, 3-5Salesiani in Africa, paese per paese, 5

Bolivia. Don Dante dei serpenti, 35-38Filippine. Il rione di Tondo non si riconosce più, 40Giappone . La signora Yoko è diventata Sabina, 39India . Ma i loro figli vanno a scuola nella missione, 40Italia . L'anno del fanciullo nel "Club dei centomila", 39Venezuela. Fare Chiesa nell'altra Caracas, 8-10

Asti . I fioretti di Don Alfredo, 6-7

Libreria, 10 - Brevi da tutto il mondo, 39 - Rin-graziano i nostri santi, 41 - Preghiamo per i nostri morti, 42 -Solidarietà missionaria, 43 .

VO& IRm

LR SCUOLA

DI RELIGI

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ommario I SALESIANO

RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANAfondata da san Giovanni Bosco nel 1877Quindicinale d'informazione e cultura religiosa

DIRETTORE RESPONSABILE DON ENZO BIANCOCollaboratori . Giuliana Accornero - Pietro Ambrosio - Marco Bon-gioanni - Teresio Bosco - Elia Ferrante - Adolfo L'ArcoFotografia Antonio GottardtArchivio salesiano : Guido CantoniArchivio Audiovisivi LDCDiffusione Arnaldo MontecchioFotocomposizione e ImpaginazioneScuola Grafica Salesiana Pio XI - RomaStampa Officine Grafiche SEI - TorinoAutorizzazione Tribunale di Torino n . 403 del 16.2 .1949

L'EDIZIONE DI META' MESEdel BS è particolarmente destinata ai Cooperatori Salesiani .Redattore don Armando Buttarelli, Viale dei Salesiani 9, 00175 Ro-ma . Tel . (06) 74 .80 .433 .

IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDOIl BS esce nel mondo in 39 edizioni nazionali e 20 lingue diverse(tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in :Antille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia - Austria - Belgio(in fiammingo) - Bolivia- Brasile- Centro America (a San Salvador)-Cile - BS Cinese (a Hong Kong) - Colombia - Ecuador - Filippine -Francia (per i paesi di lingua francofona) - Germania - Giappone -Gran Bretagna - India (in inglese e lingue locali malayalam, tamil etelugù) - Irlanda - Italia - Jugoslavia (in croato e in sloveno) - Koreadel Sud - BS Lituano (edito a Roma) - Malta - Messico (due edizioni)- Olanda - Perù - Polonia - Portogallo - Repubblica Sudafricana -Spagna - Stati Uniti - Thailandia - Uruguay - Venezuela .

DIREZIONE DEL BS ITALIANOVia della Pisana 1111 - Casella Postale 909200100 Roma-Aurelio . Tel . (06) 69 .31 .341Collaborazione . La Redazione invita a mandare notizie e foto ri-guardanti la Famiglia Salesiana, e s'impegna a pubblicarle secondole possibilità del BS .

DIFFUSIONEPer le seguenti operazioni rivolgersi a :Ufficio Propaganda .Via Maria Ausiliatrice 32 - 10100 Torino . Tel . (011) 48 .29 .24Abbonamenti. Il BS è gratuito ma si sostiene con il contributo liberodei lettori .E' per tutti il dono di Don Bosco ai componenti la FamigliaSalesiana, agli amici e sostenitori delle sue Opere .Copie arretrate o di propaganda, a richiesta, nei limiti del possibile.Cambio di Indirizzo .Comunicare l'indirizzo vecchio insieme col nuovo .

I LIBRI PRESENTATI SUL BS vanno richiesti alle Editrici- o contrassegno ( spese di spedizione a carico del richiedente) ;- o con versamento anticipato su conto corrente postale (spedi-zione à carico dell'Editrice) :LAS : Libreria Ateneo Salesiano - Piazza Ateneo Salesiano 1, 00139Roma. Ccp . 57 .49 .20 .01 .LDC : Libreria Dottrina Cristiana - 10096 Leumann (Torino). Ccp2/27196 .SEI: Società Editrice Internazionale - Corso Regina Margherita 176-10152 Torino . Ccp 00204107 .

AMMINISTRAZIONEIndirizzo: Via della Pisana 1111 - Casella Postale 9092 -00100 Roma-Aurelio . Tel . (06) 69 .31 .341 .Conto corrente postale numero 462002 intestato a :Direzione Generale Opere Don Bosco, Roma .

IL GRAZIE CORDIALE Di DON BOSCO al lettori che- contribuiscono a sostenere le spese per il BS,- aiutano le Opere Salesiane nel mondo, e soprattutto- le Missioni attraverso la Solidarietà missionaria o altre forme.

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MISSIONI SALESIANE411111111111111111

Apertein Africanuove

frontiereE' il "momento" dell'Africa : laChiesa vi è in piena espansione . IFigli di Don Bosco finora si eranooccupati poco del continente ne-ro; ma ora mettono a punto nuovi

programmi .

L a domenica due settembre scorso,Giovanni Paolo II era come al so-

lito fuori sede . Da Castelgandolfo, re-sidenza estiva, era sceso in riva al lagodi Albano in mezzo alla gente, e alleotto celebrava la messa per i pochiabitanti e i molti turisti . La funzione sisvolgeva nella nuova chiesa "Madon-na del Lago", che Paolo VI aveva vo-luto per la pietà dei fedeli . (Da quel-l'altare, l'anziano Papa si era comecongedato il giorno dell'Assunta didue anni fa, dicendo : «Chissà se avròancora- vecchio ormai come sono -il bene di celebrare con voi questa fe-sta? Vedo approssimarsi le soglie del-l'aldilà. . . ») .

Il due settembre scorso, ad acco-gliere il suo successore, c'era don Fio-rangelo Pozzi; il parroco salesiano diCastelgandolfo, che papa Wojtylachiama con arguzia «il nostro parro-co». Era un giorno speciale quello, perdon Fiorangelo . E non solo perché -come ha ammesso - «è difficile abi-tuarsi alla presenza del Papa : ogni in-contro è come se fosse il primo, l'uni-co». Quel giorno il Papa aveva in ser-bo per lui un dono, il crocifisso dimissionario. Glielo consegnò primadel Credo, e accompagnò il gesto conle parole : «Questa sua decisione diandare in missione ha segnato la par-rocchia di Castelgandolfo con unaimpronta della missione salvifica del-la Chiesa universale . Tutta la Chiesa,in ogni sua parte, si trova in stato dimissione. Il fatto che don Pozzi, dopoaver compiuto degnamente e fruttuo-samente il suo compito pastorale quivada in missione, significa che la par-rocchia di Castelgandolfo, la diocesidi Albano, la Congregazione Salesiana

partecipano attivamente alla missionedella Chiesa universale» .

Di fatto don Pozzi aveva in tasca lalettera di ubbidienza del suo superio-re, che lo destinava nel lontano Zaire .E proprio quel superiore, il RettorMaggiore, un mese prima aveva con-segnato il crocefisso missionario a trealtri salesiani, sul punto di partire perl'Etiopia e la Liberia . Disse allora donViganò: «Auguriamo a questi inizia-tori che possano avere la profonditàdella fede, la creatività della fede, perpoter fare di questa spedizione afri-cana l'inizio di una invasione salesia-na dell'Africa» .

Invasione, con la crisi di vocazioniche ha colpito la vita religiosa in que-sti anni, sa di iperbole ; ma si sa, biso-gna puntare in alto se si vuole ottenerequalcosa .Finora, troppo poco. I missionari

salesiani sul punto di partire per l'A-frica non mancano : provengono daItalia, Malta, Stati Uniti, Cile, Argenti-na, dalle Filippine . Sull'Africa c'è oggi,da parte salesiana, una convergenzadi attese e di interesse un tempo sco-nosciuta .

Il motivo? Va forse ricercato nellasensazione di aver fatto troppo pocofinora per il continente nero . I sale-siani presenti in Africa sono 357 ap-pena, mentre sono 2 .200 in Asia, 4 .700in America, 9 .800 in Europa. Le FMAin Africa sono anch'esse pochine, 261in tutto, su quasi 18 mila distribuitenegli altri continenti. E pochissimesono le vocazioni locali (53 soltantorisultano i salesiani di origine africa-na). I figli di Don Bosco si trovano in17 stati africani (da tre si sono dovutiritirare), ma in pochi hanno una pre-

senza consistente .Il motivo della nuova attenzione

salesiana all'Africa forse va ricercatoanche in un altro fatto : l'Africa cri-stiana oggi quest'attenzione se la me-rita, perché è giunta a un momentostorico cruciale e decisivo .L'Africa attende. L'Africa è in co-

stante espansione : oggi ha 425 milionidi abitanti, per il 2.000 sono previsti850 milioni. La Chiesa cattolica si di-lata in proporzione anche maggiore :nel 1900 i cattolici erano un milione emezzo, nel 1927 erano 4 milioni emezzo, oggi sono 50 milioni e conti-nuano a crescere di 2 milioni all'anno .Agli inizi del secolo erano solo il 2%della popolazione africana, nel 2 .000 siprevede saranno il 18% .C'è dunque in Africa una Chiesa

giovane (avrà avuto un passato illu-stre, ma esso è ora pressochè intera-mente sepolto) : l'evangelizzazione èricominciata quasi da zero da pochidecenni appena . Il suo clero è ancoralimitato, e i missionari provenienti dacristianità più antiche sono ancoraoggi quanto mai necessari . I sacerdotiin tutto sono 16 mila (troppo pochi per50 milioni di fedeli), e due terzi di essiprovengono dall'estero . I 360 vescovi,sono invece per tre quarti africani, eassicurano l'impronta africana alleloro Chiese .

Chiese ricche di problemi, ma an-che di iniziative e di capacità creativa .Ci sono problemi sociali e politici, co-me la rapida urbanizzazione (anche inAfrica avviene l'assalto alle città, leperiferie si gonfiano di emarginati chefaticano a inserirsi) . E problemi reli-giosi, come il matrimonio cristiano el'unità familiare, ritenuti in molte aree

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un vincolo troppo pesante ; come lanazionalizzazione delle scuole, che inmolti paesi priva le comunità cristianedi un canale fondamentale per l'e-vangelizzazione .

Per questi e tanti altri motivi l'Afri-ca attende con viva impazienza . E èun'impazienza già condivisa ai suoitempi da Don Bosco .

"E' uno dei miei sogni" . Se mai aDon Bosco si può riconoscere unhobby, forse è quello del mappamon-do: tante volte lo videro chino su quelgrosso globo a frugare con gli occhi intutti gli angoli della Terra, a congettu-rare le sue imprese missionarie . Poi lefantasie lo rivisitavano nei sogni, el'Africa era ben presente nei suoi so-gni missionari. Nel 1876, raccontò, « asud vidi gli africani . . . » ; e c'erano i suoisalesiani e le sue suore che prendeva-no per mano frotte di ragazzi . Nel 1885di nuovo : «Mi parve di essere nelcentro dell'Africa, in un vastissimodeserto. . . » . Nell'86 una pastorella chepareva ben informata lo invitava atracciare una linea da Pekino al Cile,col suo centro nel cuore dell'Africa ; elungo tutta quella linea egli scorgevatante stazioni missionarie con i suoisalesiani .Sogni. Ma quando a Parigi il card.

Lavigerie, intrepido missionario efondatore dei Padri Bianchi, lo salutòin pubblico (e con la retoria dell'epo-ca) : «L'Africa vi attende, o novello sanVincenzo! », Don Bosco rispose sem-plicemente: «Stia pur persuaso, si-gnor Cardinale, che se noi potremofare qualcosa in Africa, tutta la fami-glia salesiana è con me a sua disposi-zione. In quella terra io manderò imiei figli» .

Era il 1883 . Tre anni dopo, altri rap-presentanti della gerarchia africanatornavano a bussare alla sua porta ; eancora Don Bosco: « Questa missioneè un mio piano, è uno dei miei sogni.Se io fossi giovane, prenderei con medon Rua e gli direi : andiamo a Capo diBuona Speranza, in Nigeria, a Kar-tum, nel Congo. . . » . Poi, assorto, conti-nuò: «Che bel giorno sarà quando imissionari salesiani del Congo daran-no la mano a quelli dell'Africa delnord! » (Non molti anni prima, i gior-nali avevano raccontato la temerariaavventura del missionario Livingsto-ne smarrito nel cuore dell'Africa nera,e il mondo era rimasto col fiato so-speso finché Stanley non lo ebbe ri-trovato e gli ebbe stretto la mano . At-traversare l'Africa per stringersi lamano, allora poteva sembrare un'im-presa fascinosa anche per i missionarie i santi) .

Infine, un mese prima di lasciare laterra per il cielo, Don Bosco bisbiglia-va con un filo di voce all'orecchio delsuo vescovo missionario mons . Ca-4

gliero: «Con la protezione del Papa,voi andrete in Africa. Voi la traverse-rete, abbiate fiducia . . . » . E sarà così . Ilsuo sogno non fu realizzato da lui, matre anni dopo sette salesiani inviati dadon Rua lasciavano il porto di Marsi-glia diretti a Orario in Algeria .

Una sola Ispettoria. « Ci mancanomolte cose - scriveva appena giuntoa Orario il direttore della Comunitàsalesiana don Carlo Bellamy -. Mal'unica cosa indispensabile, la graziadi Dio, ci fa sopportare tutto con co-raggio». E come andare per il sottile,con tutto quel che capitava sotto i loroocchi? Orario aveva allora 60 milaabitanti, molti europei, e «molti fan-ciulli erravano per le strade come be-stiole, ignorando anche le cose più es-senziali per poter essere ammessi allaprima comunione» . Sotto, allora, conl'oratorio, le scuole esterne e un pic-colo internato . E due anni dopo arri-

Lago di Albano, 2 .9 .1979. Giovanni Paolo liconsegna il crocefisso missionario a don Fio-rangelo Pozzi, parroco di Castel Gandolfo, de-stinato alle missioni dello Zaire. (Foto : A. Mari)

vavano le FMA, che nel '98 aprivanouna seconda opera.

E poi fu la volta della Tunisia, del-l'Egitto, Sud Africa, Mozambico, Zai-re, Marocco, ecc., fino all'Etiopia(1975), alla Liberia e Kenya (1979) . Ma- si è già rilevato - non si tratta diquella presenza massiccia che si èavuta in altre parti del mondo. Unosguardo alla "finestra" pubblicata quiaccanto lo rivela . Esiste una solaIspettoria salesiana africana (quella

comprendente Zaire, Rwanda e Bu-rundi), e tutte le altre opere, che nonsono poi molte, dipendono da lontaneIspettorie d'Europa. Salesiani e FMAinsieme raggiungono appena quota600, e le loro opere - contando anchequelle piccolissime - sono solo 79 . Ilsogno africano di Don Bosco finora èrimasto piuttosto mortificato .

Ma ora si sente il bisogno, e si èdeciso, di fare di più .La nuova frontiera . Era il centena-

rio delle missioni salesiane (1975), enella Famiglia salesiana si parlò di undoveroso rilancio missionario, di una"nuova frontiera" da aprire in Africa .Quell'anno stesso si cominciò, con laprima opera salesiana in Etiopia : unascuola professionale nel Tigrai, dovesi insegnano ai ragazzi del posto i me-stieri più semplici ; una scuola che hafatto dire di recente al locale Provve-ditore agli studi : «Ce ne vorrebbe unacosì per ogni città della nazione » .

Ma era un gesto simbolico, tantoper cominciare. Poi il Capitolo Gene-rale svoltosi nel 1977 fece sua l'idea, edecise : «I salesiani si impegnano adaumentare notevolmente la loro pre-senza in Africa» . Ora don BernardoTohill, il superiore delle missioni, pro-spetta in questi termini la nuovafrontiera: «Abbiamo la speranza diaprire almeno due centri, con tre oquattro confratelli per ciascuno, insette o otto nazioni ; potremo così es-sere presenti in Africa con circa 80 sa-lesiani in più entro il Capitolo Gene-rale del 1983» . Ottanta missionari nonsono una "invasione", ma sono pursempre qualcosa .

Per attuare il programma, sulla finedel '78 il Consiglio Superiore ha no-minato una commissione incaricata distudiare «la scelta di luoghi, tempi emodi per l'attuazione di nuove fron-tiere in Africa, e per esaminare altrerichieste di impegni missionari giuntial Rettor Maggiore» . Così don Viganò- sul cui tavolo fioccano le richiestedi aiuto firmate dai vescovi - ha de-scritto il lavoro gia svolto dalla com-missione : «Abbiamo cominciato aconsiderare le località più confacenticon la nostra specifica missione . Ab-biamo poi catalogato le domande se-condo criteri preferenziali a favore deigiovani poveri, e secondo la possibi-lità di vocazioni locali . Infine abbiamoprogrammato viaggi di membri delConsiglio verso differenti localitàafricane» .

I viaggi hanno fruttato copiosi rap-porti e piani di intervento (il vescovodi Luanda, capitale dell'Angola, hapresentato da solo 15 progetti diversi,purché almeno uno risultasse adatto) .E per coordinare le nuove fondazioniun salesiano è stato chiamato dagliStati Uniti - don Arrigo Rasmussen

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- col compito di collaborare nel di-castero delle missioni .

Intanto i primi missionari comin-ciano a recarsi nelle nuove destina-zioni . In Etiopia si sta rafforzando lacomunità di Makallé, allo scopo discinderla al più presto : alcuni suoicomponenti - quasi per venire in-contro al desiderio del Provveditoreagli studi del Tigrai - andranno adaprire in Addis Abeba una scuolaprofessionale ; tre salesiani sono giun-ti a Monrovia in Liberia, e un altropresto li raggiungerà, per occuparsi diuna parrocchia con centro giovanile edi una nuova scuola tecnica (specia-lizzazioni in falegnameria, ebaniste-ria, e per muratori) . In più il ConsiglioSuperiore ha approvato l'apertura diopere anche in Angola, Benin, Kenya,Senegal e Sudan ."Se andare non costasse niente" .

Ancora tanto necessari, i missionari inAfrica sono oggi chiamati a un ruolosovente ben diverso da quello tradi-zionale. Rispetto all'epoca coloniale, eper effetto delle aperture conciliari, sisentono nella chiesa locale più a ser-vizio, e più provvisori. Ma partono conla generosità di sempre .

Marco Bongioanni ha intervistatosu ANS alcuni degli ultimi partiti . Hachiesto al chierico Manuel, filippinoche si trasferirà a Makallé : «Hai no-stalgia delle Filippine?» «Sicuro! -ha risposto -. Ma se andare in mis-sione non costasse niente, non ci vor-rebbe nemmeno coraggio » .

Ha chiesto al salesiano coadiutoreDa Corte : «Lei è già stato in Africa?»« No - ha risposto - ma ci vado vo-lentieri . In missione sento di potermiveramente realizzare» .

Ha chiesto a don Caruana, oggi giàa Monrovia : « Lei sarà il direttore dellamissione? » « Sì, ma lavoreremo in co-mune. In famiglia non si parla mai dicapo, di direttore o dirigente» . «Non èla novità che vi spinge, un pizzico diavventura?» «L'avventura certo no!Sappiamo benissimo che cosa può at-tenderci. Andiamo per un pizzico difede, e vorremmo averne tanta dipiù » .

Il Rettor Maggiore consegnando lo-ro il crocefisso ha detto a nome di DonBosco: «Cari confratelli che partite,sentite la fraternità e solidarietà dicoloro che rimangono . Sentitevi por-tatori della vocazione salesiana, pio-nieri in una nuova ora di rilancio delcarisma di Don Bosco . Noi vi accom-pagniamo con le nostre preghiere econ tutto il nostro cuore » . Così la Fa-miglia Salesiana guarda a Manuel, aDa Corte, a don Caruana, al parroco diCastelgandolfo ; così guarda alle nuo-ve frontiere aperte in nome di DonBosco nell'Africa.

Enzo Bianco

Bambini dello Zaire col missionario. Lo Zaire (ex colonia belga, Indipendente dal 1960) èl'unico paese africano con presenza salesiana numerosa .

SALESIANI IN AFRICA PAESE PER PAESE

Algeria . La patria di Sant'Agostino èstata il primo paese del continente ne-ro in cui i figli di Don Bosco hannolavorato : dal 1891 i salesiani, dal '93 leFMA. Nel 1976, con la nazionalizza-zione delle scuole, si sono ritirati .Angola . Il Rettor Maggiore ha già

deciso l'apertura di opere (i missionariforse verranno dal Brasile) .Benin. L'ex colonia francese (già

Dahomey) è uno dei prossimi obiettivi .Burundi. I salesiani vi lavorano dal

1962, hanno aperto una scuola e unaparrocchia.Camerun. Un solo salesiano è al la-

voro, da pochi anni . Si studiano lepossibilità future .Canarie (formano parte integrante

della Spagna) . I salesiani vi lavoranodal 1923 e hanno tre opere ; le FMA,molto numerose, sono un buon centi-naio con sei opere .Capo Verde . Nel piccolo arcipelago,

indipendente dal 1975, i salesiani han-no un'opera dal 1943 .Congo Brazzaville . I salesiani sono

presenti dal 1959, con una parrocchiae una scuola professionale .

Costa d'Avorio. Due salesiani sol-tanto, dal 1978 .

Egitto . I figli di Don Bosco sono oltreun centinaio . I salesiani vi lavorano dal1896: hanno due importanti scuoleprofessionali al Cairo e ad Alessandria.Le FMA hanno cinque case, e sonopresenti dal 1915 .

Etiopia . Quattro salesiani dal 1975hanno aperto una scuola professiona-le a Makallé . Salesiano è il Vescovodella vicina Adigrat .Gabon . Nella terra del dottor

Schweitzer i salesiani sono al lavorodal 1964 ; vi dirigono due seminari dio-cesani e una missione. Le FMA hannoun centro sociale per indigeni .Guinea Equatoriale. Una scuola

aperta nel 1972 nell'ex colonia spa-gnola, è stata malinconicamente chiu-sa dopo pochi anni per l'ostilità delgoverno. Ma gli 8 salesiani rimpatriatisono pronti a tornare .

Kenya . Uno dei prossimi obiettivi .Liberia . Entro quest'anno vi si reca-

no quattro salesiani per aprire dueopere .

Libia . Nel 1939 fu affidato ai salesia-ni il Vicariato apostolico di Derna ; neldopoguerra si sono ritirati .Marocco . I salesiani sono presenti

dal 1929, hanno due parrocchie e unascuola .Mozambico. I salesiani (al lavoro dal

1907) e le FMA (dal 1952), hanno vistonazionalizzate e confiscate le scuolenel 1975, ma hanno organizzato nuoveforme di evangelizzazione .Ngwane . Nell'ex Swaziland i sale-

siani hanno dal 1953 una grandescuola professionale, di notevole im-portanza per il piccolo stato sudafri-cano .Repubblica Sudafricana . Presenti

dal 1896, 56 salesiani sono impegnatiin campo scolastico con cinque opere ;dal 1961 li affiancano le FMA con treopere per la gioventù .Rwanda . Al lavoro dal 1953, una

trentina di salesiani vi hanno duescuole e due parrocchie missionarie .

Senegal . E' uno dei prossimi obietti-vi . I missionari forse spagnoli (si pensadi chiamare prima in Spagna giovanisenegalesi per compiervi gli studi, eintanto insegnare ai missionari la lorolingua) .Sudan . Uno dei prossimi obiettivi .Tunisia . I salesiani vi lavoravano dal

1894; di recente si sono ritirati . LeFMA, giunte un anno dopo, vi hannouna grande scuola in lingua francese earaba .

Zaire . E' il paese africano con lamassima presenza dei figli di Don Bo-sco: 114 salesiani in 21 opere, e 59FMA in 6 case. In passato ai salesianifu affidata la missione del Katanga ;ora, nonostante le difficoltà sorte neltravagliato paese, le opere si sonoriorganizzate e l'evangelizzazione dàbuoni risultati .

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ASTI HA RICORDATO DON MARCOZ (1886-1954) NEL 25 ° DELLA MORTE

A sti, ottobre 1919 . Il parroco diSanta Maria Nuova accompagna

sul posto l'ispettore salesiano e donLuigi Castellotti, che sarà fondatoredell'opera. Un gruppo di ragazzaccistanno giocando. Visti i tre sacerdoti- siamo nell'Italia sbandata del 1919- non par loro vero di poterli insul-tare : «Cornacchie, sacchi di carbone,qua qua qua», gridano. Il suolo è co-perto di castagne d'india, cadute daigrandi ippocastani; i ragazzi le rac-colgono e le tirano . Una castagna col-pisce la berretta di don Castellotti, eallora don Castellotti, berretta in ma-no, dice ai monelli : «Avete gridato quaqua qua? Bene, è proprio qua che noiverremo. Apriremo l'oratorio di DonBosco, e voi ci verrete non soltantoper divertirvi ma anche per pregare ecantare» .

Fu profezia fin troppo facile . DonAlfredo Marcoz arrivò a «OratorioDon Bosco» già cominciato, due annidopo, nell'ottobre 1921 : aveva allespalle la prima guerra mondiale tra-scorsa sul fronte dell'Ortigara .

Sull'Ortigara . Papà Marcoz, da Ao-sta, aveva mandato i suoi figli a Lanzoperché studiassero con Don Bosco : glialtri figli erano tornati a casa, invecelui Alfredo aveva voluto restare conDon Bosco per sempre. Nel 1912 erasacerdote, e poco dopo sotto le armi,in un ambiente spregiudicato . « Avevospalle quadrate da alpino, e non te-mevo irrisioni o insulti», dirà più tar-di. Certo passò in quell'ambiente dif-ficile con dignità e coerenza .Ricordano quel giorno in trincea : se

ne stavano rannicchiati sotto un dilu-vio di fuoco; don Alfredo tirò fuori ilrosario e cominciò a bisbigliare le AveMaria. Il suo vicino era uno dei mi-scredenti provocatori . E proprio lui :«Vuoi recitare più forte? Così possounirmi anch'io » . A poco a poco tutti siunirono al coro, ripescando dal fondodel cuore il ricordo di quelle formuleantiche, imparate da bambini .

Altra volta - ma questo episodionon fu raccontato da lui - il ta-pumdei cecchini austriaci era implacabile,centrava tutto quello che si muoveva .E bisognava portare un ordine del co-mando superiore a un reparto pocolontano, perché compisse una mano-vra aggirante : bisognava portare l'or-dine, e riportare indietro la risposta, etutto questo passando lungo un sen-tiero in buona parte scoperto . Il co-mandante scelse un soldato, gli dettel'ordine, ma il soldato piangeva escongiurava: «A casa ho una moglie etre bambini! » Il capitano inflessibileimpugnò la pistola e ordinò a quel-l'infelice di partire. Allora don Alfredofece un passo avanti : «Signor capita-

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I fiorettidi don Alfredo

Era valdostano, alpino dell'Ortigara, prete d'oratorio . La gente disse :«E' morto il Don Bosco di Asti», e un exallievo lo volle nella sua tomba

di famiglia . Il perché, è in tanti episodi della sua vita .

no, dia a me quel biglietto. Se muoio,nessuno piangerà la mia morte chenon crea danno a nessuno» . E tra lepallottole che gli fischiavano attornoportò a termine la missione .

Due scarpe all'insù . All'oratorio diAsti dal 1921, don Alfredo risulta unafigura particolare di sacerdote . Testacoperta dalla berretta a tre coste conun folto fiocco al centro e lievementericurva in avanti, fronte rivolta inbasso verso due scarpe un po' lungheche guardano all'insù . Il resto del cor-po piegato leggermente ad arco .L'apparenza è quella di un bonaccio-ne montanaro valdostano. Suo pro-gramma: «Curando i giovani prepa-riamo gli uomini» . Suo metodo volerbene e farsi voler bene . Don Boscodiceva «Amate tutti i giovani, in modoche ciascuno creda di essere il prefe-rito» ; e proprio quest'impressioneavevano i ragazzi dell'oratorio riguar-do a don Alfredo .Vengono gli anni duri della crisi

economica, più tardi gli anni durissi-mi della guerra. La comunità salesia-na è povera, i ragazzi sono poveri, maall'oratorio si costruisce : si aggiunge ilpensionato per i ragazzi che vengonodalla provincia a studiare in città, siaggiungono le scuole . Per tirare avanti• costruire, don Alfredo si fa mendi-cante. E' sempre in giro a chiedere, etrova chi lo capisce e lo aiuta .

Il sacco di rape . Un giorno cammi-na lungo una distesa di orti ben tenuti• pieni di verdure. Alcuni ortolanistanno raccogliendo rape e hannoriempito un sacco enorme che giacesul margine del campo. Don Alfredoda un'occhiata al sacco, saluta, dice :«Dio ha benedetto la vostra fatica», eaggiunge: «Non si potrebbe darequalche rapa a chi ha poco o niente damangiare? »

« Reverendo - sbotta uno degli or-tolani - : se lei è capace di mettersi inspalla quel sacco, glielo regalo» .«Davvero?» «Parola di galantuomo! »,• gli ortolani ridono, sicuri che tuttofinirà lì . Ma il vecchio alpino, solidocome un armadio afferra con unamano l'imboccatura del sacco, con

l'altra un angolo in fondo, trattiene ilrespiro e oplà, con un colpo energicoissa il sacco in spalla . Poi col passosolido del montanaro risale l'argine eporta il sacco fin sulla strada.

« Basta così, reverendo . . . Posi pure ilsacco. Mi dica dove devo portarglielo,e questa sera lo avrà» . E fu di parola .

L'ex-voto. Una signora che deside-rava sciogliere una promessa fatta al-la Madonna, incarica don Alfredo diacquistare un ex-voto e gli consegnauna somma più che sufficiente . DonAlfredo assicura, ma passa il tempo ela donatrice - che frequenta ognigiorno la cappella dell'oratorio - nonvede arrivare nella nicchia della Ma-donna l'ex-voto promesso. Affrontadon Alfredo, che spiega : «Vede, si-gnora, mentre andavo a fare l'acqui-sto, sono passato davanti a una casadove c'è una famiglia che conosco, emi sono ricordato che il padre è di-soccupato, la mamma è malata e nonsempre ci sono i soldi per le medicine,e in più il loro figliolo che va a scuolanon può comperarsi i libri» .«Bene - dice la signora -, non

parliamo più di quel denaro . Adesso ledo un'altra somma . Ma questa vol-ta . . . ». E anche quella volta l'ex-voto

La via di Asti dedicata a don Marcoz . A destra : il"Don Bosco" rimesso a nuovo nel 1964 . Ac-canto al titolo : don Alfredo con l'inseparabileberretta a coste .

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non arriva. La signora dopo qualchetempo va ad acquistare personalmen-te l'oggetto, poi lo colloca nella cap-pellina dell'oratorio . E qualche giornodopo, si imbatte in don Alfredo. . . Saràconfuso, disorientato? Macchè . Salutala signora, e le domanda se l'ex-votosta bene là dove è stato messo . Allasignora non rimane che stare al gioco,si dice molto contenta del posto, e sicongratula con lui per il buon gustoche ha avuto nello sceglierlo .

Il biglietto di andata . Don Alfredoassiste anche i malati dell'ospedalecivile ; li conforta, li confessa, e quan-do occorre li prepara all'ultimo passo .Una volta gli dicono che è stato rico-verato un vecchio singolare, un rotta-me umano a cui rimane ben poco davivere, e che non vuol saperne di pen-sare all'anima sua .

«Niente preti! - ha detto all'infer-miera -. Io non ho soldi da regalare » .«Non è questione di soldi, ma di ani-ma». «A me hanno sempre detto chequando un prete avvicina un malato,lo fa per carpirgli i soldi con la scusadel biglietto di andata . . . » « Ma vi faròconoscere un prete che di soldi non sacosa farsene » . « E' già tanto ricco? »Poco dopo arriva don Alfredo con la

solita tonaca rattoppata, con quellebarche sgangherate nei piedi . Fa il gi-ro della sala, saluta tutti, ha una buo-na parola per tutti, e tutti si dimostra-no contenti di parlargli . Il vecchiettolo studia con gli occhi aguzzi, vuolevedere se parlerà anche con lui, madon Alfredo se ne va senza una parola .«Ehi, che maniere sono queste? -salta su il vecchietto -. Cosa crede,reverendo, che io non abbia soldi co-me gli altri? Posso pagarmi il bigliettodi andata, e anche in prima classe» .«Ma io non sono un ferroviere, sonoun prete venuto a confessare» . «Siusano ancora queste cose? Ricordouna volta, da ragazzo, mi ero confes-sato anch'io». «Buon motivo per ri-tentare ora la prova » . « Gratis? » « Cer-to». «Allora ripassi questa sera» .

E il vecchietto chiama l'infermiera .Dice che lo ha colpito quella tonacarattoppata, le scarpacce, il cappellofrusto. «Dev'essere un brav'uomo » . Esi fa portare tre buste ; poi prende lagiacca che ha sempre tenuto vicina asè, ne scucisce la fodera interna, e tirafuori un involto : sono molte banco-note di grosso taglio . Fa scrivere suuna busta «A mio figlio», sulla secon-da « A mia figlia», e sulla terza «AIprete». Divide i soldi in due mucchiuguali, poi toglie alcune banconote daciascun mucchio, e ne forma un terzo .Poi mette i soldi nelle tre buste, easpetta .

Nel primo pomeriggio i due figli ar-rivano a fargli visita, e lui consegna leloro buste. Sul tardi arriva anche donAlfredo, che lo confessa e gli porta ilviatico . Allora il vecchietto, sereno esempre con aria scanzonata, gli con-segna la terza busta : «Ecco, prete, isoldi per rivestirsi con abiti nuovi dal-la testa ai piedi . E si ricordi che l'abitofa il monaco! »Don Alfredo gli promette che ac-

quisterà i vestiti, e sembra abbiamantenuto la promessa. Ma continuòa portare la solita tonaca rattoppata : ivestiti evidentemente erano stati ac-quistati per qualcun altro ."Chiamate Don Bosco" . Un ragaz-

zo di campagna, dieci anni, è cadutodal fienile sopra un mucchio di assiaccatastate : l'hanno portato grave al-l'ospedale, non c'è speranza. Don Al-fredo accorre, il bambino apre gli oc-chi e gli sorride. E' la prima volta chesorride da quando è all'ospedale . DonAlfredo gli parla del suo angelo cu-stode, del paradiso con la Madonna e isanti, e se ne va. Il bambino chiede chisia quel prete, gli dicono che viene dal"Don Bosco", e lui che non ha capitobene fa un po' di confusione e dice :«Mi piace tanto parlare con Don Bo-sco, ditegli che venga ancora a tro-varmi» .

Nella notte il piccolo si aggrava, neldelirio mormora : « Chiamate Don Bo-sco . . . » . Avvertono don Alfredo, che inpiena notte accorre. « Oh Don Bosco, èproprio bello come mi ha detto lei ilparadiso?» «Sì, e tra poco anche tuvolerai con gli angeli . . . » .

Attorno al lettino piangono. Il pic-colo poco dopo chiude gli occhi persempre. Don Alfredo invita i parenti anon rattristarsi troppo, perché orahanno un angelo protettore . Dice chepregherà per loro, e li lascia quandoormai è l'alba, confortati nel loro do-lore .

Con le persone più care . Ecco, ri-cordano di lui tanti episodi comequesti. Lo ricordano direttore neglianni più duri, quelli della guerra .Sanno che si è strapazzato . Il medicogli aveva parlato chiaro : potrà viverea lungo, ma deve usarsi dei riguardi . Einvece . . . Muore il 3 luglio 1954 .

Quello stesso giorno moriva in Vald'Aosta un suo fratello : che sorpresaarrivare al cielo insieme . Intanto incittà la gente dice : «E' morto il DonBosco di Asti» . Nel camposanto loaspetta il riparto riservato ai sacerdo-ti, ma un suo exallievo vuole che siamesso nella sua tomba di famiglia conle persone che ha più care .

Poi un giorno i vecchi edifici dell'o-ratorio sono stati demoliti e al loroposto è sorto un "Don Bosco" nuovo emoderno. Comprende sempre orato-rio e convitto, ma anche la parrocchia,la scuola media e il doposcuola, i coo-peratori, gli exallievi, e molte associa-zioni giovanili. E perché rimanga vivala memoria, a don Alfredo Marcozhanno dedicato una via della città . E25 anni dopo la morte, lo hanno com-memorato. Ben fatto .

Condensato dal numero unico "IlDon Bosco di Asti, testimonianze ememorie raccolte da Carlo Bussi".

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VENEZUELA

C aracas, come tante altre metropolimoderne, racchiude in sé molti

paradossi. Qui non ci interessa nume-rarli. Però vogliamo accennare a uno,forse il più irritante : il paradosso delledue Caracas. La Caracas dei quartierilussuosi, e quella delle periferie . LaCaracas dell'ostentazione, con le sueabitazioni abbacinanti, e l'altra con lepovere casette e i miseri tuguri. LaCaracas con i viali alberati e i comodimarciapiedi, e l'altra dalle viuzzestrette con i gradini primitivi che siarrampicano tra le casupole della col-lina. La "Caracas bene", con servizifunzionali come si dovrebbero trovaredappertutto ; e l'altra, quella chemanca di servizi pubblici, di acqua, direte fognaria, che si sente soffocarenell'immondizia e nei canali di scolo.La Caracas vigilata dalle forze di si-curezza, e quella abbandonata per-manentemente al suo destino. La Ca-racas che dispone di parchi, giardini ecampi sportivi, e l'altra in cui l'unicastretta stradicciola serve per tutti, an-che ai ragazzi per scorazzare e giocareal pallone, in mezzo alle auto in sosta ea quelle che circolano, e in mezzo aipedoni . . .

Quest'altra Caracas si trova esem-plificata nel "Rione Primo Novem-bre" .Il Rione Primo Novembre . Quel che

oggi costituisce un popoloso quartieredi 8.000 abitanti, fino a 18 anni fa erauna collina verde e ombrosa, con ap-pena qualche casetta . Ma a partire dal1961 queste case si sono moltiplicateprodigiosamente. E da allora, con rit-mo accelerato, il rione è cresciuto adismisura . E' gente che arriva nellagrande città in cerca di una vita mi-gliore, senza sospettare il destino cru-dele che la attende. Arriva da tutte leparti del Venezuela, dalle Ande lonta-ne, dalle pianure solcate dall'Orinoco .I tre quarti delle case del rione si tro-vano lontane dalla strada, appollaiatesulla collina, e si arriva fino a loro perle scalinate di cemento, o per viottolidi terra battuta, con le logiche diffi-coltà di accesso, di rifornimento etrasporto dei materiali .

In generale i tuguri vanno cedendoil passo a casette semplici, che a lorovolta diventano sempre più acco-glienti con successive migliorie . Ilproblema più angustiante è la man-canza di servizi : di acqua, impiantiigienici, zone verdi per i giochi e losport; e in compenso c'è l'accumula-zione dell'immondizia lungo le strade .Tre salesiani. Nel Rione Primo No-

vembre vivono tre sacerdoti salesiani .Formano una comunità piuttosto sin-golare: non hanno un collegio, né laparrocchia o altra attività del genere .

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Fare Ch iesanell'altra Caracas

C'è la "Caracas bene", con i larghi viali alberati, i conforti e la sicu-rezza sociale . E c'è la Caracas della periferia, senza strade, ingombradi immondizie e di gente che lotta . Tre salesiani dal 1972 in un quar-tiere dell'altra Caracas conducono la vita dei poveri, lavorano al lorofianco, costruiscono e condividono la speranza in un mondo migliore .

Vogliono solo essere una presenza .Stanno lì per rendere testimonianza .Per vivere la loro vocazione salesiana,religiosa e sacerdotale, di dedizione aipiù abbandonati . Per condurre avantiuna promozione umana, un'evange-lizzazione, un'organizzazione pasto-rale e giovanile tra gli abitanti dellazona. Sono almeno 10.000 quelli delrione che avvertono la loro presenza lìin mezzo a loro .

«Vogliamo - dice un sacerdotedella comunità - vivere veramentecome cristiani e come sacerdoti, perònelle stesse condizioni degli altri abi-tanti. Con essi compartiamo le soffe-renze, e cerchiamo di suscitare in lorola speranza. Vogliamo dimostrar loroche l'alcol, la violenza, il denaro nonsono la soluzione dei loro problemi.Vogliamo invece che prendano co-scienza delle loro possibilità comepopolo, del fatto che possono costrui-re un mondo migliore, più umano epiù cristiano» . E ha aggiunto: «Iocredo in Dio, ma credo anche nel no-stro popolo» .Attraverso un foglietto che esce

quando può, i tre salesiani presentanoalla comunità del Rione obiettivi am-biziosi: vogliono aiutare le persone

perché prendano coscienza della si-tuazione in cui vivono, e si sforzino ditrasformarla secondo il messaggioevangelico, nel senso dato dai Vescovilatino-americani nella conferenza diPuebla . I tre cercano di unificare leinquietudini delle persone sensibiliperché si facciano carico di responsa-bilità nei comitati di quartiere . Questicomitati si sforzano di risolvere i pro-blemi più urgenti, conoscono le ne-cessità degli abitanti e si organizzanoin modo da trovare le soluzioni giuste ;nascono sempre nuove aspettative, edessi difendono i diritti della comunitàdavanti agli organi competenti.

Nel progetto iniziale della comunitàsalesiana si propose una «testimo-nianza di povertà vicina all'eroismo» .Il personale di conseguenza «dovevavivere in una casa povera» . E di fattola casetta dei salesiani è a un solo pia-no, col pavimento in cemento, conpareti di blocchi, con recinto di mat-toni. I tre per vivere fanno la spesa, ilbucato, la cucina. Il piatto preferito -dicono giustamente - è il più facileda preparare : le tortillas . Ci vuole unasalute di ferro per tirare avanti cosìsenza ammalarsi .

La loro vita è molto semplice, vita di

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TRE SALESIANI DI PERIFERIA

uomini consacrati a Dio e ai fratelli,priva di comodità, senza interessimateriali. Uomini che liberamentevogliono vivere i problemi del popoloe col popolo cercano di risolverli . Conla loro presenza cercano di impregna-re di spirito cristiano la comunità delRione. E stando a quel che si vede, èuna presenza molto positiva .

Luci e ombre . Verso le 5 del mattinouna fiumana di gente si dirige lungo lastrada principale verso la città tenta-colare. Sono operai delle fabbriche edei cantieri, dipendenti pubblici edella nettezza urbana . Prendono ilmezzo pubblico per recarsi al loroposto di lavoro . In generale la gentedel rione è gente semplice, che ap-prezza i valori fondamentali del ri-spetto e della convivenza.

Per la sua configurazione geografi-ca il quartiere provoca una sensazionedi soffocamento, che porta a sentirsicome schiacciati . L'assoluta mancan-za di luoghi per ricreazione e attivitàsportive disumanizza ancor più, ren-dendo acuto il problema . Il sovraffol-lamento è impressionante . In una si-tuazione di forte promiscuità, i giova-ni si sentono portati a sposarsi moltopresto ; ma i matrimoni, come succedein questi casi, sono poco stabili . Bam-bini, adolescenti e giovani, nella mag-gioranza sono afflitti da problemi fa-miliari. L'alcol, la droga, il maschili-smo sono molto difficili da sradicare,anche se si sta lottando intensamenteper diminuirne l'influenza e ridurli alminimo.

Nonostante tutto, il sacerdote è vi-sto con simpatia, «con molta simpa-tia», assicurano i nostri tre . Perchéanche se lo vedono uomo, sanno cheporta loro il messaggio di Dio, che in-segna le verità della fede, li fa riflette-re e li rende consapevoli delle loroazioni e responsabilità. Questa gentein fondo è molto religiosa, sente vo-lentieri parlare di Dio, e vive in atteg-giamento di speranza . E' gente chedesidera riunirsi, condividere con glialtri, aiutarsi come fanno i fratelli . . .Scuola Champagnat, preti di Don

Bosco. Come è cominciata la presenzasalesiana nel quartiere? Un primo do-cumento sulla possibilità di una co-munità salesiana, in data luglio 1972,dice: «Ai primi di maggio di quest'an-no i Fratelli Maristi del collegioChampagnat di Chacao hanno conse-gnato a mons . Ovidio Pérez Morales,incaricato della pastorale nel quartie-re, una piccola scuola-residenza si-tuata nel centro del "Rione PrimoNovembre". Essi non potevano inca-ricarsi di quest'opera incipiente, permancanza di personale . D'altra partenon potevano lasciarla in mano ai lai-

ci, non preparati per un lavoro di veraevangelizzazione . Quella piccola ope-ra, frutto della generosità dei religiosidi quel collegio, era ancora in grado diprodurre frutti spirituali .

« Mons . Pérez cercò di affidare lascuoletta a una congregazione di suo-re, ma non riuscì a combinare . Alloraandò a trovare i salesiani della casapiù vicina, quelli di Boleita . Essi si re-carono sul posto a vedere, vi condus-sero il loro ispettore padre Velasco, etutti insieme conclusero che bisogna-va tentare, che erano pronti a rim-boccarsi le maniche » .

Così sulla fine del 1972 i figli di DonBosco entrarono nel Rione Primo No-vembre. Misero su un'insegna di legnoche dice : «Scuola Champagnat, pretidi Don Bosco» . Nella scuola funzio-nano ora l'asilo infantile, e quattroclassi elementari con doppio turnomattutino e pomeridiano. Le aule asera sono utilizzate per attività cultu-rali, sportive, di promozione e abilita-zione, di evangelizzazione a favore delquartiere. Nella piccola piazzuola an-

comunioni ; visite alle famiglie ; in-contri e conferenze . . .

Poi la catechesi, che occupa un po-sto preferenziale : ci sono sette gruppidi catechismi tra la mattina e la sera ;si provvede per di più alle ultimeclassi della scuola elementare statale .Due madri di famiglia collaboranocon loro in qualità di catechiste seco-lari .

Il "movimento associativo" è la ca-ratteristica principale della comunitàdel quartiere : gruppi di impegno cri-stiano e di crescita nella fede ; gruppimissionari ; gruppi che collaboranonel tenere incontri e organizzare le at-tività del quartiere .

Di sabato e domenica, sotto l'assi-stenza dei salesiani, hanno luogo leriunioni dei gruppi; in esse si riesami-nano i programmi d'azione realizzati,e si fanno le pianificazioni periodicheper il futuro secondo i diversi mo-menti dell'anno, come il Natale, ilgiorno della gioventù, la quaresima . . .Questi gruppi di quartiere coordina-no, animano le varie campagne, epromuovono ogni tipo di attività per i

La catechesi è attività fondamentale per 1 tre salesiani di periferia . Sopra il titolo : la strada, davantialla loro scuola, è 11 luogo d'incontro e dl mille attività per la gioventù del quartiere .

tistante la scuola, che è anche losbocco finale dell'unica strada, si rea-lizzano le feste e le manifestazionipopolari del rione .

Le iniziative . E' questa la situazionesociale e umana del quartiere, cosìcomplesso, in cui i tre salesiani vivonoe agiscono, e portano avanti una riccagamma di iniziative .

Ci sono le "attività di impatto", co-me le chiamano loro, e cioè : coordi-nazione della pulizia nelle strade ; in-contri per "motivare" la gente suqualche miglioria da apportare nel-l'ambiente; preparazione alle prime

giovani, dalle escursioni alle giornatedi nuoto ecc.

Libri per quelli che non ne hanno .Molto importanti sono le attività dettedi "espansione culturale", tra cui inprimo luogo le scuole di taglio e sar-toria. Sta nascendo un "circolo fem-minile di azione popolare", che vuoleresponsabilizzare le donne sul ruoloche sono chiamate a ricoprire nellasocietà. Attraverso il lavoro il circolocerca di autofinanziarsi . Anche lascuola di dattilografia, con un'ottimadotazione di macchine da scrivere,permette di capacitare in modo me-

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todico, e apre molte possibilità di im-piego.

Qualcosa di singolare, e che richia-ma l'attenzione, è la biblioteca, meglioconosciuta come "studio diretto" : visi sono raccolti numerosi testi scola-stici, e gli studenti, soprattutto dellemedie superiori, li vengono a consul-tare, risolvendo i loro dubbi e appro-fondendo le nozioni che hanno impa-rato a scuola .

Altra attività di largo successo nelquartiere è quella musicale, con uncomplesso di flauto, tromba, basso,organo e batteria, formato da ragazzi .Aspettano che qualcuno di buon cuo-re faccia dono di un saxofono e unclarinetto per formare un'orchestrinacompleta. Intanto si sono già esibiti, econ buon esito, in diverse occasioni, e

Ancora la scuola salesiana del Rione PrimoNovembre : si erige un palco, e si canta meglioche alla Scala di Milano .

hanno partecipato a concorsi .L'amore per la musica è così grande

che hanno formato una scuola di sol-feggio e un'altra di chitarre (peccatoche scarseggino gli strumenti), e uncoro femminile. Tanto il complessoche il coro si trovano cristianamenteimpegnati nel trasmettere un messag-gio, e in atteggiamento di servizioverso la comunità .

Nel campo sportivo di " Las Brisas"messo a disposizione dalla comunitàsalesiana di Altamira, si è organizzatoun campionato di baseball inter-rio-nale, a cui i ragazzi partecipano conaccanimento . Attraverso lo sport li siva educando sia allo sforzo personale

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che al lavoro in gruppo, perché sisentano comunitariamente uniti, ca-paci di sostenere una responsabilitàindividuale e nel gruppo.Aprire la strada. Da oltre sei anni i

figli di Don Bosco risiedono nel quar-tiere, e otto in tutto (compresi i treattuali) vi hanno lavorato. Hannomesso in pratica la raccomandazionedel poeta a quelli che lavorano per ilRegno di Dio: «Senza sapere chi rac-coglierà, seminate con calma e sereni ;sanza sapere chi raccoglierà, lasciateche le brezze spargano la semente » .

Una cosa è certa : hanno seminato .Vivono in povertà, condividono lasorte del popolo. Annunciano la paro-la. I risultati? Essi sanno molto beneche è Dio che fa crescere la messe . Lodiceva già l'Apostolo: «Paolo semina,Apollo irriga, ma è Dio che dà la cre-scita». E loro hanno seminato e irri-gato .

L'ambiente, i criteri della societàdei consumi, gli strumenti della co-municazione sociale, in parte hannoridotto i risultati che la buona semen-te faceva prevedere. L'azione educa-tivo-pastorale e la promozione umanain vista di una società nuova, hannoincontrato seri ostacoli . Però i giovani,anche quelli che si fossero allontanati,ricordano con gratitudine l'educazio-ne cristiana di base che hanno ricevu-to, ricordano la prima comunione, levarie tappe della loro crescita nellafede. E riconoscono che quei mo-menti sono stati importanti nella lorovita. Il confronto con una realtà disu-manizzata, la propria fragilità, l'am-biente insidioso, forse li hanno traditi .Però quando parlano dei loro educa-tori, di padre Luciano, Angel, Félix,Juan. . . si illuminano in volto e anche ipiù "lontani" lasciano trasparire unsorriso amico .

Il Rione vive. La Chiesa, segno dicomunione e partecipazione, vi hapiantato la sua tenda. Proprio comehanno detto i vescovi riuniti a Puebla :«in uno sforzo di convivere, dove siconsegue libertà e solidarietà. Dovel'autorità è esercitata con lo stile delbuon pastore. Dove si vive un atteg-giamento diverso di fronte alla ric-chezza . Dove si cercano forme di or-ganizzazione e strutture di partecipa-zione capaci di aprire breccia e cam-mino verso un tipo più umano di so-cietà . E soprattutto dove si manifestainequivocabilmente che senza unaradicale comunione con Dio in GesùCristo, ogni altra forma di comunionepuramente umana risulta incapace disostenersi e finisce fatalmente per ri-voltarsi contro l'uomo» .

Con semplicità e allegria, i tre figli diDon Bosco stanno facendo Chiesanell'altra Caracas.

Amador Merino Gómez

ALEM JEAN-PIERREMestiere di spia1 servizi segreti attraverso i secoliEd. SEI 1979. Pag. 306, lire 6 .500

Lo spionaggioesiste fin dalla piùlontana antichità, eil libro lo dimostraattraverso

milleesempi . Accantoalla storia cono-sciuta di generalied eserciti c'è lastoria parallela emisteriosa, e moltevolte decisiva, de-gli

scontri

fraagenti segreti . L'autore, che per essere

ì in clima si firma con uno pseudonimo,durante l'ultima guerra mondiale fu in-caricato dal suo paese (la Francia) dinumerose missioni para-diplomatiche indiversi paesi d'Europa . II suo è un saggioappassionante, che illustra attraversouna pioggia di aneddoti le tecniche dellospionaggio e il loro perfezionarsi attra-verso i secoli .

SUENENS CARD. LEO JOZEFIl tuo Dio?Conversazioni con i giovaniEd. LDC 1979 . Pag. 96, lire 1 .400

Due anni fa il card . Suenens, arcive-scovo di Malines (Belgio), su propostadegli universitari fu invitato a tenere una«missione» a Oxford in Gran Bretagna .Parlò agli studenti per 4 sere, e ogni serail teatro era più affollato . Alla fine lequattro conferenze sono state pubblica-te . Sono «tutte su Dio e tutte sull'uo-mo », perché « i veri problemi degli uo-mini sono problemi di Dio » .

AUTORI VARIGuida al catechismo dei giovaniEd. LDC 1979. Pag . 120, lire 2 .800

"Contributo per lo studio e l'utilizza-zione pastorale", precisa il sottotitolo .Va aggiunto che i contributi sono natinell'ambito di alcuni incontri di studiopromossi dall'Ufficio Catechistico Na-zionale, e che erano già apparsi in sva-riati fascicoli della rivista "Catechesi" .Ed era bene che i vari testi venisseroraccolti, armonizzati, pubblicati in unicovolume: quanto appare sulle riviste hasovente - non per colpa loro - il ca-rattere della precarietà .

FARINA R . - MARINONE N .MetodologiaEd. SEI 1979 . Pag. 166, lire 6.000Come spiega l'abbondante sottotitolo, sitratta di una "guida pratica alle eserci-tazioni di seminario e alle tesi di laurea,per le discipline umanistiche" . Il ma-nuale, spiegano ancora gli autori, «in-tende offrire un valido sussidio di carat-tere pratico a chi inizia gli studi univer-sitari, agli studenti impegnati in eserci-tazioni di seminario, e soprattutto ai lau-reandi e ai neolaureati che preparano la

g prima pubblicazione» . Ma è anche unaI1

utile rilettura e aggiornamento per chi datempo si considera "addetto ai lavori" .

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BOLIVIA

Don Dante Invernizzi, da vent'an-ni in missione, non ha pauranemmeno del diavolo ma deiserpenti sì ; e l'hanno inviato inuna località che, guarda caso, sichiama "monte delle vipere" . Inun'intervista

la storia d'undrammatico lavoro missionariofra i campesinos scesi nelleforeste del sud in cerca di con-

dizioni di vita più umane

Dante Invernizzi, 65 anni, missio-nario. Rattoppato dal bisturi del

chirurgo in tre o quattro parti. Cottodal sole e rotto alle avventure come uncapitano della Legione straniera. Incerto senso è un legionario anche lui :venuto nella foresta a 43 anni, a bat-tersi contro tutte le difficoltà della na-tura e le cattiverie degli uomini peramore di questa gente poverissima .Lombardo di razza, non ha pauranemmeno del diavolo. Di una cosaperò ha paura, e lo confessa : dei ser-penti. Ed è capitato in un luogo che sichiama Muyurina, cioè "monte dellevipere", perché c'è un serpente in ognibuco. Racconta .

Tra le casette che furono la nostraprima abitazione cresceva l'erba alta,e tra l'erba alta i serpenti ci stavano ameraviglia. C'erano serpenti a sonaglilunghi fino a tre metri, serpenti corallobellissimi con la pelle rossa a pallinirotondi neri, ma anche velenosissimi,e c'erano i boa, grossi come un braccioe anche come un tronco d'albero . Gliindi lasciavano che i boa si moltipli-cassero nelle piantagioni di canna dazucchero, perché mangiano i topi enon sono velenosi . Solo che il boastringe con la sua forza tremenda, finoa stritolare.Io ne ho molta paura. Nei primi

tempi non avevamo la luce elettrica incasa, ma solo candele . Mi alzavo mol-to presto : dovevo celebrare la messaalle 4,30 per essere alle 5 insieme aglioperai che venivano ad accudire glianimali della scuola agricola. Unamattina mi alzo, faccio per uscire dal-la camera per andarmi a lavare, conuna candela in mano che dà la luceche può. Ho visto una cosa nera sullamaniglia della porta. Assonnato, pen-sai che fosse un cappello o uno strac-cio appeso alla maniglia. Allungo lamano, e vedo che è un serpente arro-tolato che pende fino a terra .Non sono svenuto perché la paura

fu troppo forte . Non avevo un basto-ne, un palo. Con lucido terrore per

Don Dantedei serpenti

prima cosa misi in salvo la candelaprima che mi cadesse o si spegnessedurante la "lotta" . La collocai in cimaa un armadio . Poi presi ciò che avevo :una sedia. Mettendomi il più lontanopossibile toccai appena il serpente.Lui pum! Cadde giù di colpo con unrumore sordo, e come una saettaschizzò verso di me . Feci un salto ra-pidissimo sul letto . Lui si rintanò in unangolo . Rimasi qualche istante a ve-dere che intenzioni aveva. Stava fer-mo. Allora in punta di piedi, ma velo-cissimo, sono scappato chiudendomidietro la porta. Coi goccioloni allafronte raggiunsi gli operai, che giàstavano con gli animali. «Venite, c'èun lavoretto da fare» . Mi videro stra-lunato: « Ci sono i ladri? » « No, un'al-tra cosa» .

Vennero in due, aprirono la porta . Ilserpente era ancora nell'angolo . Pre-

Sagrado Corazón . Don Dante (a destra) con al-cuni campesinos che hanno strappato tronchigiganteschi alla foresta.

sero due pali (io stavo "coraggiosa-mente" fuori della porta a illuminarela scena con una candela) . Quellagente non ha paura . Lo fecero fuori inpochi secondi. Per loro è una cosa co-mune trovare in casa un serpente. Perquesto tengono i cani . Sono cani ma-gri come grovigli di filo di ferro, malottano con accanimento contro ogniserpente .

Un' altra volta, in maggio, un nostroprete aveva distribuito corone del ro-sario ai ragazzi. Al mattino venne inchiesa alle 5,30. Era ancora notte .Nella cappella qualche candela, con ilsolito «ti vedo - non ti vedo» . Luiscorge in terra una cosa un po' attor-cigliata con tanti punti neri, e pensa :«Ma guarda questi monelli! Si fannodare il rosario e poi lo perdono datutte le parti» . Si china per raccoglierequel "rosario", e vede sgusciar via, apochi centimetri dalla mano, un ser-pente corallo con i suoi punti neri .Velenosissimo . . .

Lavorare, non guardare

Domanda . Valeva la pena andar afinire alla "Muyurina"?

Risposta . Sì. Questa scuola agraria"Muyurina" era stata voluta e finan-ziata dal governo boliviano, e dagliStati Uniti nel quadro degli aiuti aiPaesi sottosviluppati, per venire in-contro a una drammatica situazionedella Bolivia. Con una migrazionesterminata, la popolazione si stavatrasferendo lentamente dal Nord alSud, per sfruttare le grandi zone fertilie le grandi valli. Era ormai arrivata aibordi delle foreste, e cominciavano igrandi disboscamenti. Occorreva pre-parare con urgenza i tecnici agrari, gliagricoltori specializzati e qualificati,per non lasciar andare tutta questagente incontro all'ignoto . Fu il Papastesso che chiese al nostro superioredi accettare quella scuola.D. Come andarono le cose?R. Male. Appena arrivati noi (era-

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vamo 4 salesiani), cominciò a pioverecome sa piovere al tropico . Acqua eumidità dappertutto, gli animali co-minciarono a morire e non sapevamoperché . E quei trenta giovanotti cheerano già nella scuola ci accolsero ve-ramente male : «Questa scuola è no-stra. Credete mica di venir qui a co-mandare?» Dovemmo spendere ton-nellate di pazienza. Al lavoro dellacampagna erano abituati a andare ad"assistere", fumando sigarette. E io :«Ehi, giovanotti, voi dovete impararea lavorare, non a guardare. Quindi,sotto! Io sono dottore in agraria, lui èun tecnico, e non abbiamo paura asporcarci le mani. Non si può impara-re stando seduti! » Ci guardavanostorto . Ma noi pazienza e non mollare .Il lavoro fatto «insieme con loro» di-venne il primo elemento che ci unì .Vivevamo insieme dal mattino allasera. Alla sera l'altra grana grossa :erano abituati a uscire, a ubriacarsinella bettola. Noi duri : la sera a letto .Poco alla volta si arresero, e la scuolacominciò a funzionare a meraviglia .

I giovani che accettammo salironofino a 240. Dalla scuola, oltre a mol-tissimi agricoltori specializzati, sonousciti 380 con il titolo di perito agrario,con cui possono frequentare l'univer-sità. Posso dire che tutti hanno unagrande stima di noi, alcuni persinovenerazione. Ogni sera celebriamo lamessa e tutti possono partecipare .Vengono anche protestanti e buddisti .Ogni anno abbiamo cinque o sei bat-tesimi, giovanotti che domandano didiventare cristiani come noi . In que-sto 1979 è stato ordinato sacerdote unnostro allievo : la prima vocazione sa-cerdotale fiorita nella nostra scuola . Ealtre sono in cammino .

Sono sorti 7 o 8 paesi

D. Come siete passati dalla scuolaalla foresta?R. Il primo passo lo facemmo verso

i campesinos. Questa gente, che ma-gari veniva dagli altipiani e non sape-va niente di agricoltura, aveva biso-gno che noi ci mettessimo a loro di-sposizione subito, prima ancora chedalla "Muyurina" uscissero i tecnicipreparati per aiutarli . Iniziammo perloro una scuola pratica, per agricoltorie allevatori di bestiame : come colti-vare razionalmente un campo, cometrattare sementi, concimi, malattiedelle piante e degli animali . E poi in-segnamento rapido perché sappianoleggere, scrivere, parlare un po' dispagnolo, fare i conti . Dopo il primomese, a queste materie abbiamo ag-giunto igiene e pronto soccorso,perché nella foresta non c'è niente, edelle donne per recarsi al nostro am-bulatorio, magari solo per un'iniezio-3 6

ne, devono fare 40 chilometri con ilbambino sulle spalle . Insegnare aicontadini a fare iniezioni, disinfettareuna ferita, curare il morso di un ser-pente, curare un'infezione, vuol diresovente salvare la loro vita e la vita deiloro vicini.D. Ma questi contadini, per venire

alla vostra scuola, dovevano abbando-nare i loro campi. . .R. Questo fu il primo problema che

risolvemmo : non si poteva chiedere diabbandonare la campagna, avremmocondannato le famiglie a morire difame. Impostammo una scuola percampesinos che dura tre anni, e cheoccupa due mesi soli all'anno : i duemesi della stagione delle piogge,quando è impossibile lavorare la ter-ra . I campesinos si passarono la vocel'uno con l'altro, e giunsero alla nostrascuola fin da località lontane ottanta,cento chilometri, percorsi a piedi per i

sentierini della foresta .D. Poi giù dentro la foresta siete ar-

rivati anche voi. . .R. La cosa nacque così . Attorno al-

la Muyurina c'erano tanti campesinosche lavoravano a giornata-la terra de-gli altri, dei grandi padroni. Andavanoanche molto lontano a cercare lavoro .Abbiamo lanciato l'idea : perché nondissodiamo una bella fetta di terra, ecominciate a coltivarla per voi? Sonoandato io in persona dal governo, e misono fatto assegnare per i campesinosuna zona vasta 2000 ettari, a 90 chilo-metri dalla "Muyurina". L'abbiamochiamata "Colonia Sagrado Corazó-n". Abbiamo assegnato a ogni fami-glia 20 ettari e adesso quella zona è ungrande paese . Quando abbiamo aper-to le prime strade, altre famiglie cihanno seguito e sono penetrate nella

foresta, alla ricerca di zone fertili . So-no sorti così sette o otto paesi, con untrentamila persone . Più avanti, all'in-terno della foresta (mentre parla, suun foglio mi disegna la cartina di quellazona) si sono formati piccoli nuclei difamiglie, che noi chiamiamo "comu-nità". Sono anche molto lontane dallastrada che noi abbiamo aperto con leruspe, e che fa da asse lungo il qualesono sorti i paesi .

Il paùro è uno schifo

D. Come avete fatto a tenere i con-tatti con tante persone?R. Facevamo ciò che potevamo .

Con il coadiutore Feletti siamo andatiper anni nella foresta il sabato e ladomenica, cioè il tempo libero dallascuola. Nel 1976 i Superiori si accor-sero che ciò che stava capitando eraveramente grosso: abbandonare 30

Montero (Santa Cruz) : allievi della scuola agraria "Muyurina ", con i loro insegnanti . Mettonoinsieme teoria e pratica, e trasformeranno la foresta in fertili campi .

mila persone al loro destino sarebbestato un delitto . E mandarono in no-stro aiuto quattro suore colombiane,tre preti e un coadiutore, che ora vi-vono ai bordi della foresta, totalmentea disposizione di quella gente .

Noi in foresta portiamo anche i gio-vani della "Muyurina" . Lavorano,raccolgono denaro e viveri con ognimezzo (per esempio hanno rinunciatoalla divisa e alle passeggiate scolasti-che), e vanno a passare le vacanze ac-canto a quella gente. Hanno costruitocon i loro soldi i banchi di scuola peralcuni paesi . Anche le ragazze dellesuore (che lavorano vicino a noi) van-no in foresta per qualche decina digiorni . Insegnano a quelle donne a la-vorare e cucinare, insegnano gli ele-menti del pronto soccorso .D. Qual è il bisogno più urgente di

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quelle persone?R. L'acqua. Sono stato negli uffici

del governo, ho pregato e protestato, efinalmente sono venuti a scavarepozzi. Otto pozzi di acqua sorgiva,dopo essere andati con le trivelle allaprofondità di 160 metri . Ma 8 pozziper trentamila persone sono quasiniente. Le "comunità" che vivononella foresta, lontane dalla strada, do-vrebbero fare trenta o quaranta chi-lometri per portarsi a casa un secchiod'acqua. E allora usano ciò che qui èsempre stato usato : il paùro. E' unoschifo, ma è l'unica maniera per bere .Il paùro è una grossa buca scavata nelsuolo, di un metro circa di profondità,dove si raccoglie l'acqua delle venesuperficiali del terreno . Questo picco-lo pozzo rimane aperto alla polvere,agli insetti, ai rospi, ai topi e ai ser-penti. L'acqua sporca, color caffè,calda, piena di uova di vermi, è l'unicache può bere questa gente, che abbia-mo bevuto e beviamo anche noiquando andiamo in foresta. Noi inse-gniamo a farla bollire, ma non c'è unapersona su cento che ci ascolta . E' unafaccenda troppo lunga. E allora le in-fezioni, le dissenterie, le verminosi e lamorte dei bambini .

La giornata di René

D. Ci può raccontare la giornata diun ragazzo di 13 anni che vive in una"comunità" nella foresta? Non un ra-gazzo inventato, ma vero .R. (Ci pensa) Va bene . Un ragazzo

vero, che vedo davanti agli occhi co-me se fosse qui . E' un mio caro amico,si chiama René . 13 anni . Ha due fra-telli e due sorelle . Va a scuola con Pa-blito (11 anni) e Claudio (9) . Le sorellenon vanno alla scuola, perché è lon-tana: la "comunità" è a cinque chilo-metri dal più vicino paese fornito discuola. La sveglia al mattino è il soleche entra nella capanna . Non dalle fi-nestre che non ci sono, ma dalle tantefessure delle pareti di rami intrecciati .I ragazzi hanno dormito per terra, so-pra un mucchietto di foglie. Papà emamma si alzano col sole, spalancanola porta, le galline entrano a razzolaree fanno chiasso . Sono le 7,30 . I ragazziavrebbero ancora sonno, ma finisco-no per alzarsi. Non si lavano perchéacqua non ce n'è. Mamma sta scal-dando la colazione all'aperto : un po'di caffè molto lungo. Se è giornatabuona, mamma dà loro anche un po'di yuca (cioè mandioca, una patatalunga mezzo metro) ; se è giornatacattiva non c'è nemmeno il caffè .René, Pablito e Claudio prendono ilquaderno e la matita (tutto il loro ma-teriale scolastico) e partono per lascuola .D . Che strada fanno?

R. Imboccano il sentiero che è unagalleria scavata nella foresta a colpi dimachete. Ai lati e sopra la testa la gal-leria verde è un intrico di rami e liane .L'aria è afosa. Solo quando sbucanosugli spiazzi che sono stati liberati emessi a coltivazione dagli adulti, ve-dono finalmente il cielo inondato diluce, e si fermano a giocare .D. Sono possibili cattivi incontri?R. Sì, a volte i ragazzi tornano in-

dietro perché il sentiero è sbarrato daun serpente che non vuol lasciare vialibera. René è già capace di ammaz-zare. Non ha con sè il machete, maporta la fionda a elastici . Non è ungiocattolo, ma una vera arma cheusano anche gli adulti . Non sparasassi, perché qui un sasso non si trovanemmeno a piangere, ma palline diterra compressa, seccate al sole, du-rissime. René le tiene nel sacchetto di"munizioni" che porta sempre con sè .

Immagini di viaggio dalle parti di Sagrado Corazón : l'autocolonna è bloccata dalla pioggia che hacancellato un tratto di strada . Foto in alto: come gli autobus nelle ore di punta .

Con la fionda sa tirare bene e abbat-tere uccelli. Ma al serpente non tira, lofarebbe solo irritare. Occorre assalirlocon un bastone . Se il bastone non c'è,bisogna tornare indietro .D . Ma il più delle volte arrivano alla

scuola. . .R. Sì, e si dividono nelle varie clas-

si. Claudio, il più piccolo, soventesviene a scuola : non ha praticamentefatto colazione, è anemico, è pieno divermi per l'acqua che beve . Prima difare la lezione, il maestro deve capirechi sta per svenire e nutrirlo comepuò: latte in polvere, acqua zucchera-ta .D. A scuola si siedono nei banchi . .R. Dove ci sono. Nelle altre il posto

dei banchi è occupato da tronchi :tronchi piccoli per sedili, tronchigrandi per banchi, adagiati sul pavi-

mento di terra. Il maestro insegna ciòche può, perché ha una preparazionemolto limitata : a leggere e a scriveresul quaderno .D. E i libri?R. I libri costano, perciò non ci so-

no. Il maestro scrive sulla lavagnetta,e loro leggono e poi copiano sul qua-derno. Altre volte il maestro passa tra iragazzi il suo libro, e così possonoleggere uno a uno . L'ostacolo princi-pale però non è la mancanza di libri,ma la fame cronica, che toglie la vo-lontà e fa girare la testa . Come il fra-tellino di René, moltissimi bambinisvengono a scuola : sono denutriti,sfiniti . Il momento più brutto è quan-do viene il freddo : arriva il vento e latemperatura da 30 gradi scende a 15 . Iragazzini tremano, battono i denti .Non hanno calze, la maggior parte

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neanche le scarpe . Camicetta e pan-taloncini, bucherellati e strappati al-l'infinito . Nei giorni di freddo è facileche vengano colpiti dalla gripe, unnome generico con cui questa genteindica tutte le malattie della respira-zione : dal raffreddore alla polmonite .I bambini più deboli muoiono, perchéil loro organismo ha scarse difese im-munizzanti, e non hanno medicine.D. Quando finisce la scuola?R. A mezzogiorno . Il maestro li

porta fuori della capanna e dice«Buenos dias! », e tutto è finito . C'èallegria anche tra questi scolaretti,quando la scuola finisce. Ma non fan-no chiasso, "baldoria", come inten-diamo noi. Non ne hanno la forza .Chiacchierano fitto, ma sottovoce, eRené con i fratelli riprende il sentierodi casa. Il cammino è più pesante : ilsole picchia rovente, e la galleria ver-

Sagrado Corazón . Un missionario, padre Valentino Freddi, In viaggio per visitare le comunità dicampesinos sparse tutto attorno. E cavalcare alla stagione delle piogge diventa un'impresa .

de a tratti sembra un forno . A casa lamamma ha preparato il pranzo . Renénon impiega mai più di un quartod'ora a mangiare : una scodella di riso,un poco della solita yuca, una banana .C'è carne quelle pochissime volte cheil papà è riuscito a uccidere un ani-male selvatico. L'acqua è quella delpaùro .

"René, leggi il Vangelo"

D . Il pranzo, la famiglia lo fa in ca-sa?R. No, all'aria aperta. In casa non

c'è niente, né mobili, né suppellettili .C'è un cordone che attraversa la ca-panna, e su cui la mamma stende ivestiti ad asciugare. La mamma diRené ha pochissimo da fare in casa .Aiuta il marito a coltivare il pezzo di

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terra, semina, pulisce le piantine in-sieme alle due bimbe .D. E nel pomeriggio?R. René e i due fratelli scorrazzano

nella foresta. Vanno in cerca di frutta(gujaba, vapurù che cresce a grappolicome l'uva, mocolò) e a caccia di uc-celli. Per René è l'ultimo anno dichiasso in libertà. Con l'anno prossi-mo, finite le elementari, andrà a lavo-rare col papà e altre persone . Diven-terà un piccolo campesino : aiuterà adisboscare un altro pezzo di terra,darà una mano a seminare granturcoe riso, a piantare ananas e banani . Leragazze alleveranno le galline e conti-nueranno a lavare dopo pranzo i ve-stiti della famiglia : gli abiti sono po-chi, si sporcano facilmente, e bisognalavarli in continuazione. Forse impa-reranno a cucire . Per ora non lo sannofare, né loro né la loro mamma .

D. Poi arriva la sera . . .R. Il sole tramonta molto presto, e

non c'è crepuscolo. La notte "piom-ba" dal cielo. L'unica luce che rimaneè il lume a petrolio : poca luce e moltofumo. Se René ha aspettato fino aquesto momento a fare il compito,farà molta fatica a scrivere . Ma perfortuna di compiti il maestro ne dàpochi .D . Finalmente dovrebbe essere il

tempo della cena. . .R. Sì, per la famiglia di René è il

pasto principale della giornata . Stan-no seduti fuori della capanna tutti in-sieme, e mangiano la comida, cioè ilcibo. Yuca pestata nel mortaio e cottacon acqua, a cui mescolano banana emagari carne stracciata . Dopo, seRené ne ha portato a casa, un po' difrutta . Dopo cena, il papà conta un po'

le vicende della sua giornata, i bam-bini raccontano della loro scuola .Quando la conversazione si spegne,papà dice a René : «Adesso ci leggiuna pagina del Vangelo» . Il Padremissionario ha dato a ogni famigliauna Bibbia. Papà e mamma non san-no leggere, e René legge adagio, ac-canto al lume a petrolio, una paginettamentre tutti l'ascoltano in silenzio . Poila mamma intona il Padre Nostro el'Ave Maria. Non sanno altre preghie-re, ma capita sovente che pregano ilSignore così come viene, raccoman-dandogli la famiglia, il raccolto, i vici-ni, con parole semplicissime . Unavolta alla settimana, il venerdì sera,tutta la "comunità" si raduna perpregare insieme . Un ragazzo legge ilVangelo, poi recitano il Rosario e i ra-gazzi cantano le melodie che hannoimparato alla scuola . Il Padre missio-nario arriva una volta al mese . Soloallora René può partecipare alla mes-sa e fare la comunione .La notte è lunga, fa molto caldo

(quasi come di giorno : dai 28 ai 30gradi) . La famiglia indugia sulla portadella capanna ad ascoltare la radio apile che tutti hanno . Purtroppo la ra-dio trasmette solo musica, niente diculturale, di educativo . E' il nostrosogno : una radio trasmittente per icampesinos con programmi culturali .Occorrono 65 mila dollari, ma conl'aiuto della Misereor quest'anno spe-riamo di farcela .D. Poi, tutti a dormire?R. Sì, nonostante il caldo bisogna

entrare nella capanna . E' stretta (me-tri 4 per 4), eppure bisogna chiudere laporta perché non entrino le bestie .L'unico pericolo della notte sono i pi-pistrelli e gli insetti. I pipistrelli non sipossono chiudere fuori della porta,perché hanno il nido nella paglia deltetto. Ci sono anche i vampiri, chescendono a sfiorare le orecchie e pos-sono anche succhiare il sangue . . .D. Don Dante, come mai è finito in

quella missione?R. In un modo incredibile . Io non

avevo mai pensato alle missioni . Eroprete salesiano nella scuola agraria diMontechiarugolo, e mi trovavo bene .Un giorno andai a Torino a protestarecon il Rettor Maggiore perché ci ave-vano tolto un bravo coadiutore. Il su-periore, appena mi vide, prima di la-sciarmi aprire bocca mi fa : «Ti mandail Signore! Don Dante, ho bisogno dimandarti in Bolivia. Non dirmi di no .Ho proprio bisogno che vada a orga-nizzare un' importantissima scuola diagricoltura che ci vogliono affidare .Stai due anni . Due anni soli e poi tor-ni». Cosa potevo fare? Avevo 43 anni .Partii dopo nemmeno un mese . I 2anni di Bolivia sono diventati venti .

Teresio Bosco

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Brevi da tutto íl mondo

GIAPPONE* LA SIGNORA YOKOE' DIVENTATA SABINA

«A un certo punto ho sentito, malgradouna strana forza che mi tratteneva dalcompiere il passo definitivo, che non po-tevo più fare a meno di credere nel Signo-re Gesù Cristo . E ora sono veramente feli-ce» . Così la signora Yoko Kashiwagi,giapponese, in un'intervista rilasciata allaRadio Vaticana dopo il battesimo .

Il suo itinerario alla fede si è conclusofelicemente a Roma nell'agosto scorso,nel suggestivo scenario delle Catacombe

Roma, Catacombe di Santa Babila . La signora Yoko Kashiwagl col battesimo diventa Sabina .

di Santa Priscilla . Le era accanto il babbocomm. Tatsuro Takatsu, l'ha rigenerata alfonte battesimale il Rettor Magnifico del-l'Università Pontificia salesiana don Raf-faele Farina .

La presenza di un salesiano in quellacircostanza non era occasionale : il centrouniversitario salesiano è legato da motividi gratitudine alla famiglia Takatsu, cheper parte sua in questi anni non ha na-scosto una viva simpatia verso la Chiesa .

I membri di questa famiglia, con esem-plare generosità, hanno fondato e sosten-gono in Giappone le case di cura per bi-sognosi di "Kaisei-en" e "Aizen-en", eun'analoga istituzione sull'isola di Okina-wa; la signora Yoko, che è sposata e ma-dre di due bambini, dedica la sua vita e lasua attività professionale ai malati e an-ziani dell'istituto Aizen-en . Inoltre, daqualche tempo, i signori Takatsu stanzia-no fondi destinati a mantenere agli studipresso I'UPS studenti poveri del TerzoMondo, e cooperano alla formazione del

personale che dovrà operare nella stessaUniversità, soprattutto nel campo dellescienze dell'educazione .

Questo loro contributo, che favorisce lapresenza apostolica e caritativa dellaCongregazione e della Chiesa nel campodell'educazione dei giovani, non potevarimanere senza riconoscimento . Difatti ilPapa Paolo VI nel 1973 riceveva in udien-za il signor Tatzuro e lo creava "Cavalieredi Gran Croce dell'Ordine di San GregorioMagno"; quanto all'UPS, il suo RettorMagnifico nel '78 gli conferiva la "Laureaad Honorem in Scienze dell'Educazione" .

desiderio di conoscere sempre meglioGesù Cristo, hanno portato ora la signoraYoko a chiedere il battesimo .

Essa si è preparata con impegno e hapercorso con intensa partecipazione epreghiera le tappe dell'iniziazione cristia-na. Il suo ingresso nella Chiesa, avvenutoil 29 .8 .1979, ha avuto il suo momento cul-minante nelle Catacombe di Santa Priscil-la presso le tombe dei martiri : lì ha ricevutoda don Raffaele Farina il Battesimo, laCresima e l'Eucaristia . Al rito hanno presoparte, con la preghiera e il canto, quasi 40connazionali giapponesi, cattolici e bud-disti, ai quali alcuni professori e studentigiapponesi dell'UPS facevano da guidaalla comprensione del mistero cristiano .

A sera la signora Yoko, che aveva as-sunto il nome di Sabina, prendeva parteall'udienza generale in piazza San Pietro,e poi era ricevuta da Giovanni Paolo Il inadunanza particolare .

Nell'intervista richiestale dalla RadioVaticana, ha raccontato la sua storia : "Ho

La simpatia di questa singolare famigliagiapponese per la Chiesa cattolica, e il36 anni . Durante la mia vita avevo pensatotante volte di diventare cristiana; però miero sempre confrontata con questa even-tualità da un punto di vista solo intellet-tuale . Ora mi sono resa conto che c'è ve-ramente qualcosa in più, che la grazia delSignore lavorava dentro di me. A un certopunto ho sentito che non potevo più fare ameno di credere nel Signore Gesù Cristo .E ora sono veramente felice» .

L'incontro con il Papa? « E' stato un av-venimento al quale proprio non pensavo dipoter partecipare, e non so esprimere lagioia provata» .Perché ha preso il nome di Sabina?

«Perché questa santa ha dato tutto ciòche possedeva ai poveri » .

Il suo programma per il futuro? «Vogliotornare in Giappone dove mio padre hadonato quanto aveva agli ammalati e aipoveri . Voglio continuare sulla scia di miopadre e della santa di cui ora porto il no-me, nello spirito di Cristo, nella carità cri-stiana» .(Da una relazione di D.Tarcisio Berto-ne)

ITALIA * L'ANNO DEL FANCIULLODEL "CLUB DEI CENTOMILA"

Il "Club dei Centomila", l'organizzazio-ne di padre Giuseppe Baracca per soc-correre il Terzo Mondo, aveva proposto aisuoi aderenti per l'Anno del fanciullo lamicro-realizzazione "adozioni sul posto" .Le missioni salesiane dell'India risultanopiene di orfani, e gli orfani accolti sareb-bero in numero anche maggiore se i mis-sionari potessero mantenerne di più . Cosìoltre 300 amici di padre Baracca hannoaccettato di adottare un bambino . Hannoricevuto una foto e una breve biografia delloro pupillo, il suo indirizzo, e gli mandano10.000 lire ogni mese .Altri aderenti del Club, anche in questo

caso qualche centinaio, hanno sottoscrit-to l'iniziativa "un sacco di riso" : riso dadistribuire ai bambini affamati .

La relazione di don Baracca - da cuisono attinte queste notizie - continuacon l'elenco delle tante altre micro-realiz-zazioni : qualche casetta costruita qua e là,una tenda in Ecuador, una scuola termi-nata in Brasile, le refezioni in un'altrascuola. . .Don Baracca - delegato nazionale per

le missioni salesiane - aveva diffuso larelazione poco prima delle ferie . E in fon-do al testo, dopo aver fatto il confronto tracoloro che hanno una seconda casa aimonti o al mare e coloro che di case nonhanno neppure la prima, questo guasta-feste di don Baracca ha augurato ai suoiamici allegre vacanze .

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INDIA * MA I LORO FIGLIVANNO A SCUOLA NELLA MISSIONE

Due foto da Azimganj, nel cuore delBengala occidentale, dove 11 salesianiindiani lavorano tra i Santhals . Nella zonaci sono anche molti hindù e musulmani,ma i missionari lavorano con i più poveri, i

FILIPPINE * IL RIONE DI TONDOOGGI NON SI RICONOSCE PIU'

Cirillo Tescaroli ha presentato sull'A-genzia SIS, in un testo denso e completo,la storia e la realtà attuale del «Centrogiovanile Don Bosco» sorto nel rione diTondo alla periferia di Manila .Il quartiere di Tondo, sorto venticinque

anni fa alla periferia della capitale delleFilippine, è abbastanza conosciuto nelmondo per la visita fatta da Paolo VI nel1971 in occasione del suo viaggio in Asia.Dopo aver messo piede in alcune barac-che, gli occhi del Papa si inumidirono dipianto .Tra le bidonvilles di Tondo c'è il Barrio

Magsaysay, che ospita nello spazio d'unchilometro quadrato 70 .000 persone, di-stribuite in 12 .000 famiglie . In un'unicastanza di metri 4 per 5 vive in media ungruppo familiare di 8-9 persone . Magsay-say prima di accogliere tanta povera genteera un centro di scarico per le immondizie

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Santhals appunto . La prima foto mostrauna delle capanne più misere, dove c'ègente che nasce, vive e muore . Ma i ra-gazzi vanno a scuola nella missione, e 230dei più sfortunati vi sono accolti come in-terni (foto in basso : una loro classe) . Im-parano un mestiere, e il loro avvenire saràdiverso .

della città . Dieci anni fa arrivarono alcuniSalesiani per iniziarvi una parrocchia . Illoro approdo non fu privo di sospetti e didifficoltà : la gente temeva che i preti ve-nissero a rubar loro il terreno. Rimboccatemaniche e calzoni, quei missionari co-minciarono a metter in piedi le strutturepiù urgenti.La situazione interna del rione era

esplosiva : ogni settimana si registravaqualche morto . Bande organizzate di gio-vinastri si davano battaglia con tanto diarchi e frecce . L'unica maniera per boni-ficare socialmente e moralmente, era ditestimoniare alla gente l'amore di Dio at-traverso il lavoro ; e si costruirono due ca-pannoni dove si iniziarono corsi di mec-canica, falegnameria e saldatura .

«Nei primi tempi - racconta don PietroZago, il salesiano quarantaquattrenneoriginario di Padova che dirige oggi l'ope-ra - bisognava andare in cerca degli al-lievi con il lanternino e supplicarli di venirea scuola . Oggi invece il nostro grosso

problema è quello della scelta. Sono cen-tinaia le domande che dobbiamo rifiuta-re!» Non appena il governo convalidò icorsi e i relativi diplomi, le famiglie si af-frettarono a spingere i figli a scuola .

Ora la parrocchia del Barrio Magsaysayè una fucina di opere educative e assi-stenziali. Una scuola frequentata da 250alunni offre corsi semestrali per la prepa-razione di marinai per la marina mercantileinternazionale. Finora ne sono usciti2.500, che hanno trovato subito impiego eun buon guadagno . I filippini sono quotaticome marinai: per la conoscenza chehanno dell'inglese, e soprattutto per il lorocarattere mite . Nel giorno delle iscrizioni sivedono migliaia di persone che hannotrascorso la notte all'aperto per entrarenel numero dei 250 fortunati .

La scuola materna ospita 250 bambinitra i più poveri del rione. I parenti si radu-nano ogni settimana per imparare a far damangiare, tenere in ordine la casa, ecc .Una clinica diretta dalle Figlie di MariaAusiliatrice, l'unica della zona, costruitacon gli aiuti donati da Paolo VI, si occupagiornalmente di 145 pazienti .

« Una delle più belle realizzazioni - di-ce don Zago - è stata la costruzione,nello spazio di un anno, di 210 casette adue piani per famiglie povere . Ciò è statopossibile grazie al lavoro prestato dagliinteressati, e agli aiuti giunti dall'Europa . El'iniziativa continua» .

Il governo concede alle famiglie resi-denti nella zona da almeno 15 anni un ter-reno di 5 metri per 10, a patto che la casavenga costruita entro un tempo determi-nato. In tal modo si sta realizzando il "re-blocking", cioè la ristrutturazione del rio-ne. Questo importante progetto ha favori-to l'unione tra la gente, divisa in passatodai tribalismi .

La parrocchia ha un ufficio di colloca-mento che procura lavoro ai disoccupati,un posto in ospedale ai malati, e offre as-sistenza ai poveri. L'Olanda fornisce ognianno alla parrocchia la somma di 50 mi-lioni per l'acquisto di riso da distribuirealle famiglie più bisognose . E' stato costi-tuito anche un fondo per aiutare i giovanipiù dotati a proseguire gli studi all'univer-sità .

Il lavoro apostolico è condotto comuni-tariamente da 9 sacerdoti salesiani (treitaliani, tre filippini, due spagnoli, uno bel-ga), da un coadiutore jugoslavo e da 5suore filippine. Essi sono coadiuvati da140 giovani impegnati nella catechesi per icirca 9000 ragazzi del rione .Chi rivede oggi il Magsaysay dopo

qualche anno di assenza, stenta a ricono-scerlo. Le 25 persone che assistevano ot-to anni fa alla messa domenicale, sonodiventate ora migliaia . Ciascuna delle no-ve messe della domenica raccoglie dalle 7alle 800 persone, stipatissime nella chiesadivenuta insufficiente . Sono circa 4000 iragazzi che tutte le domeniche gravitanoin parrocchia per la messa, i giochi e iraduni di vario genere .

« II pianto d'un Papa - commenta donZago - ha prodotto il miracolo che nes-suno avrebbe osato lontanamente sperareprima della visita di Paolo VI . Gente calatada tutte le zone delle Filippine, emargina-ta, abbrutita dalla miseria e dal vizio, haripreso un volto umano» .

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Ríngrazíanoi nostri santi

« VAI CHE SEI SALVA!»

Nel luglio 1977,mentre ero al lavoro,mi accorsi di avere ilseno gonfio, e do-lente a ogni contatto .Andai in infermeria : ilmedico mi disse chedovevo essere ope-rata subito, perchéavevo un tumore ga-loppante . Telefonai aTorino, a mia sorella

che presta servizio presso lo studio di unprofessore di chirurgia generale, che midisse di raggiungerla subito . La sera stes-sa anche quel professore mi diede il me-desimo responso, ma per una diagnosi piùsicura mi consigliò la mammografia . Il ri-sultato fu lo stesso, e a quanto sembravanon potevo evitare l'operazione .

Andammo allora al Santuario di MariaAusiliatrice, della quale mia sorella è mol-to devota . Mi accostai ai santi sacramenti,e pregai tanto perché mi ottenesse la gra-zia di salvarmi da quella dolorosa situa-zione. Uscendo dalla chiesa, mi fermaidavanti all'altare del Sacro Cuore, e rimasicome in estasi : non riuscivo a muoverminé a sentire mia sorella che mi invitava auscire . Ebbi l'impressione di vedere allamia destra il Sacro Cuore che mi diceva :« Vai, che sei salva! »

Tornammo a casa, in attesa di un postoall'ospedale, per l'operazione. Frattantomio cognato volle ancora recarsi dal pro-fessore per sapere se non c'era propriopiù neanche un barlume di speranza . Ilprofessore, osservando i risultati delle la-stre, rispose che avrei potuto provare unnuovo prodotto svizzero, purché la re-sponsabilità della cura se la prendessemia sorella . Così iniziai la cura, sempresotto controllo, e dopo sei mesi ne usciiguarita, senza intervento . Un anno dopol'ultimo controllo, tornai dal professore : miassicurò che ogni traccia del male erasparita . E sono sempre tornata al Santua-rio dell'Ausiliatrice, per ringraziarla diquello che Suo Figlio ha fatto per me .Latina

Jole Valente

Scrive Assunta Giampiero (Napoli) :«Ricorsa al Signore con fiducia, ricono-scente ringrazio per essere stata miraco-lata per intercessione di Maria Ausiliatri-ce, san Giovanni Bosco e san DomenicoSavio» .

Suor P.G . (Torino) ha raccomandato asan Domenico Savio una parente che datanto desiderava una creatura, ma urtavacontro difficoltà insormontabili . Non solole difficoltà furono superate, ma anche ipericoli insorti durante l'attesa. Ora un belbimbo è la gioia di quella famiglia .

NON ERA IL MALE TEMUTO

II 28 gennaio 1979ricevetti una telefo-nata da mia sorella :mia cognata, a lettoda una settimana,era stata dichiarataaffetta da un maleincurabile. Era il pri-mo giorno del triduoin preparazione allafesta di san GiovanniBosco, e ci racco-

mandammo con fiducia alla sua interces-sione. II 29 il medico curante fece sotto-porre la cognata alle analisi nell'ospedaledi Palermo . Risultato: tumore maligno allostomaco. Ma noi, mia sorella suor Mar-gherita, anch'essa FMA, e tutti i familiari,intensificammo le preghiere. Il medicocurante, non soddisfatto del referto, volleun consultorio con i professori del Policli-nico di Palermo . Uno di essi azzardò l'i-potesi che poteva trattarsi di ciste daechinococco. Dopo altri accertamenti, l'8febbraio l'ammalata entrò in sala operato-ria . L'intervento durò quattro ore, ma il re-sponso fu favorevole : si trattava proprio diciste . Ora mia cognata si è ristabilita .San Cataldo (Palermo)

Sr. Maria Vincenza Nicosia FMA

SANTA MARIA MAZZARELLODIVENNE LA SUA «FIDUCIARIA»

Qualche anno fa ilsignor Pretto, com-merciante di PortoAlegre e fornitore delnostro collegio MariaAuxiliadora, fu colpi-to da un improvvisomalore che si mani-festò tanto grave darichiedere un'imme-diato ricovero nell'o-spedale. Dopo otto

giorni di esami clinici, che non riuscironoa individuare il male, egli era ridotto al li-mite delle forze . Una Figlia di Maria Ausi-liatrice andò a visitarlo e gli lasciò una re-liquia di Madre Mazzarello, che egli rice-vette con fede .

Quando i medici tentarono l'interventochirurgico, si trovarono di fronte a un casodisperato : i tessuti organici risultavanoconsunti da una grave infezione, e la suasopravvivenza sembrava impossibile . Al-lora le suore di Porto Alegre intensificaro-no il loro fiducioso ricorso a Madre Maz-zarello, e poco a poco il malato ricuperò lasalute, sotto lo sguardo incredulo dei me-dici che non riuscivano a spiegarsi taleripresa .

Tornato a casa, il signor Pretto sistemòper bene anche gli affari della sua co-

scienza, e cominciò una vita nuova, fer-vente e apostolica . Madre Mazzarello di-venne la sua «fiduciaria» . La pregava, einvitava chi si trovasse in difficoltà a rivol-gersi a lei, e ha potuto constatare diversiinterventi prodigiosi . L'ultimo risale - aqualche anno fa .

Una giovane di nome Marzia si era la-sciata adescare dalle idee errate di ungruppo di esaltati : frequentava le loro riu-nioni e partecipava ai riti diabolici (ma-cumba) che la setta organizzava. La suafamiglia, di saldi princìpi cristiani, quandosi accorse del suo cambiamento, fece ditutto per strapparla da quella rete insidio-sa, ma Marzia non cedeva. E un tristegiorno scomparve da casa. . .

Disperati, i genitori iniziarono le ricer-che, e incoraggiati dal signor Pretto invo-carono l'aiuto di Madre Mazzarello. Pocodopo la giovane venne rintracciata in unospedale presso Montevideo . Dei malvi-venti l'avevano rapita, stavano portandolain Uruguay decisi a sfruttarla in tutti i sensie poi disfarsene ; però la loro macchinadurante il viaggio era incappata in un gra-ve incidente: alcuni di loro avevano persola vita, e Marzia ferita gravemente era sta-ta soccorsa dalla polizia stradale . A que-sto punto la preghiera a Madre Mazzarellosi fece più intensa, sia per la salute fisicache per il ricupero morale della ragazza . Iriti dei macumba avevano fortemente in-ciso nella sua anima .

Un primo risultato fu che Marzia accettòdi portare al collo una reliquia della Santa,e dopo 38 giorni di cure potè tornare acasa guarita se non altro nella salute fisi-ca.

Ma non nello spirito . Si verificarono al-cuni episodi impressionanti (compreso untentativo di tagliarsi la gola con un vetro),che facevano pensare a intervento diabo-lico. Ma la giovane continuò a portare sudi sé la reliquia, rientrò in se stessa, ebbe ilcoraggio di chiedere aiuto spirituale, e lotrovò in un bravo sacerdote che le ha re-stituito l'amicizia di Dio e la serenità dellospirito .Porto Alegre (Brasile)

Suor Maria Bosio, FMA

HANNO PURE SEGNALATO GRAZIEAcuto Maria - Alberici Coniugi - Alberti Maria - AmbrogiBenilda-Andreani Ida- Arfiero Palmira-Balbiani Savina- Barabino Rosanna - Barbara Emma - Benazzo Madda-lena - Berera Sandrina - Beroldo Giovanni - Bertot Ce-sarina - Bisio Rosa - Bonetti Rosaria (Brooklin USA) -Bonfante Maria - Bonelli Rita - Caccialenza Letizia -Calcagno Agostina-Cali Giuseppina-Camerino Luigia-Campana Disolina - Catalano M . Angela - Cavassa Paolo- Cenzi Guglielmina - Cerri Sr . Antonietta - Crippa Fam . -Crispino Francesco - Cometa Rosa - Cossa Oreste -Dattaro Antonio - Del Curto Carolina - Didona Biagio -Dondeyaz F. Anita - Duranti Amalia - Facelli Vittorio -Ferrero Elda - Fontana Teresita - Frattin Pietro - FusariGina - Garis Luigi - Genco Giuseppina - Gianello Mario -Gorini Luigina - Greco Rosaria - Grosselli Nicolina -Guarducci Bruna - lemmi Famiglia - Ingrassia Maria -Lapi Fosca - Lima Giuseppina - Lugli Antonia - MagliettoLilia - Maida Giuseppe - Manca Martino - Manicioto Lu-crezia - Marchi Anna - Marin Luigi - Mastalli Lucio - MelisAssunta - Mino a . Ida - Mongelli Giuseppe - MongiliPasquale - Monticavalli Agostina - Muraglio Bernardo -Mura Mario - Oliverio Clara - Pagano Maria - PaglianoGiuseppina - Papetti Giuseppina - Perini Paola - PerrinTeresa - Picone Salvatore - Pollastro Pierina - Polli San-tina - Ponte Benedetto - Ribaldone Sabina - Rosa Vin-cenzo - Rota Elvira - Rotiroti Giuseppina - Saviotti Gi-netta - Scattina M . Teresa - Scoffone Savina - ScottiAnna - Severi Nella - Sidoti Maria - Sorrentino Colombo -Tacchino Gemma - Timossi Margherita - Tirendi Rosatte- Traversa Pierfranco - Vanzetti Bartolo - Vanzolini Ca-terina - Vinci Emanuele.

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Preghiamoper í nostri morti

SALESIANI

Bernardi Coad. Giovanni t 41 anniDetend Coad. Leonardo t 34 anniScremin Coad. Giuseppe t 41 anniTornavano in macchina dalla loro terraveneta e dall'abbraccio dei familiari, dopoaver partecipato ai funerali di un giovaneexallievo . Una macchina potente e veloce,in uno sconsiderato tentativo di sorpasso,piombò loro addosso e li massacrò.Appartenevano tutti e tre alla comunitàsalesiana del Colle Don Bosco . Sgomentoe lacrime nelle loro famiglie e nel mondosalesiano . Una enorme, irreparabile per-dita. Erano uomini maturi ed equilibrati,pienamente qualificati nel servizio profes-sionale, fedeli e coerenti alla loro voca-zione religiosa e apostolica laicale, dellacui validità erano testimoni convinti .Giovanni Bemardi era impegnato nellascuola agraria e nell'azienda rurale checirconda sul Colle la casetta di Don Bo-sco. Amava il suo lavoro e sapeva arric-chirlo con sentimenti di profonda religio-sità, partecipando al lavoro educativodella comunità . Coltivava il teatro, la mu-sica, il canto, i tipici elementi salesiani permaturare i giovani nella bontà mediantel'allegria.Leonardo Defend era capo laboratoriocompositori . Gli studi e l'impegno perso-nale l'avevano reso un esperto nell'artegrafica, riconosciuto come tale da entitecnici e scolastici, e gli avevano consen-tito di perfezionare l'insegnamento e lapratica di tecniche moderne. Si era pro-posto questo programma di vita: «Amare ilSignore sempre più, e avere la gioia didonarmi completamente al servizio deigiovani . .Giuseppe Scremin era insegnante eistruttore dell'istituto Grafico a capo dellalegatoria . Non aveva altra ambizione chequella di aggiornarsi per guidare operai eallievi a un serio apprendimento del me-stiere . La sua bontà d'animo e la sua affa-bilità creavano un clima di fraterna col-laborazione che rendevano accetti i suoiinviti al bene, all'impegno, alla coerenzacristiana.Tre vite, tre vocazioni, un obiettivo solo :amare Cristo e testimoniarlo ovunque. Euno stile solo: quello del salesiano coa-diutore creato da Don Bosco .

Smisi Sac . Vincenzo t a Palermo a 58anniLa chiarezza della dottrina, la limpidezzadel pensiero, alimentati da preghiera e

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studio costanti, la discrezione e la delica-tezza d'animo hanno contraddistinto lanobile figura di questo salesiano : umileservitore della verità e vigilante nella fe-deltà a Dio e all'uomo. Insegnò storia efilosofia in vari licei salesiani, tenne corsidi teologia ai seminaristi, diresse spiri-tualmente varie comunità di suore, gruppidi cooperatori e gruppi di preghiera, conrigorosa preparazione dottrinale e stile ti-picamente salesiano. La sua malattia èstata un appassionato .Dio mio, perchémi hai abbandonato?» per chiudersi conun altrettanto appassionato . Padre, nelletue mani affido il mio spirito . .

COOPERATORI

Alessandrini Silvano t a Querceta (Luc-ca) a 58 anniAveva studiato dai salesiani a Collesalvet-ti, e teneva a dire che lì aveva plasmato ilsuo carattere . Appassionato di musica e diletteratura, fu il più genuino esponentedella cultura popolare versiliese. Sbizzarrìla sua fantasia in composizioni teatrali,poesie, libri gialli, e fu un insegnante d'a-vanguardia nell'applicare sistemi speri-mentali. Divideva con tutti la sua cordia-lità, e in ogni competizione sapeva conci-liare vincitori e vinti in un fraterno abbrac-cio.

Balblano Maria Carmela contessa d'Ara-mengot a TorinoE' mancata serenamente dopo una vitaconsacrata con umile e generosa dedi-zione a varie attività apostoliche diocesa-ne: all'Azione Cattolica come segretariadelle Donne Cattoliche e alle Conferenzedi San Vincenzo . Era patronessa delleopere salesiane e generosa cooperatrice .II suo nome resterà legato alla "Casa Bal-biano" di Chieri, che ella donò ai Salesianiperché vi fondassero un oratorio, l'attualeSan Luigi di Chieri .

Balegno Paola ved . Gianetto t a Villareg-gia (Torino) a 77 anniRimasta vedova in giovane età, dedicò lavita alla famiglia, all'apostolato nell'AzioneCattolica e all'insegnamento. Per i com-paesani è rimasta "la maestra Paola". Futra coloro che con maggior zelo promos-sero e ottennero la venuta delle Figlie di M .A . nella scuola materna e nella cura dellagioventù di Villareggia. Il suo esempio fuseguito dalle due figlie, esse pure inse-gnanti, e dal figlio Ubaldo, divenuto sa-

A quanti hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE-ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, ricono-sciuta giuridicamente con D .P . del 2-9-1971 n . 959, e L'ISTITUTOSALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente perso-nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n . 22, possono legalmente ri-cevere Legati ed Eredità .

Formule valide sono :

- se si tratta d'un legato : « . . .lascio alla Direzione Generale OpereDon Bosco con sede in Roma (oppure all'istituto Salesiano per lemissioni con sede in Torino) a titolo di legato la somma di lire . . .,(oppure) l'immobile sito in . . . per gli scopi perseguiti dall'Ente, 'a parti-

cerdote salesiano . Si impegnò per varianni nell'amministrazione pubblica, anchese contro le inclinazioni personali, por-tandovi volontà di partecipazione conispirazione cristiana e spirito di dovere .

Berrutl Aristide t a Varazze (Savona)Ecco un exallievo che ha meritato in pienoil titolo di cooperatore . Il collegio di Va-razze era la sua seconda casa . Per tantianni è stato il presidente degli exallievi : lesue relazioni, i suoi brindisi, le sue battuteanimavano e trascinavano specialmente igiovani . Amò tanto Don Bosco, e riuscì afar intitolare al suo nome una delle galleriedell'autostrada Genova-Savona . Su uncolle, in mezzo al verde e a un meraviglio-so panorama, gli costruì un santuarietto,meta di pellegrinaggi e di liete feste sale-siane .

Cappellani Asmundo baronessa Maria ta Catania a 77 anniCooperatrice convinta e entusiasta, tra-scorse la sua lunga vedovanza nella gioiadi appartenere alla Famiglia Salesiana, vi-vendone intensamente ogni aspetto emomento . Piissima e delicatissima di spi-rito, nonostante le sue considerevoli so-stanze volle vivere in reale povertà, e negliultimi 15 anni non cessò di far dono di ognicosa che le sembrasse non strettamentenecessaria . Fu generosa verso i Salesianie le FMA, e per essi offerse anche le ultimesofferenze che la portarono alla visione diDio.

Cucinotta Rosa In Rizzo t a Coriglianod'Otranto (Lecce) a 80 anniIn una vita piena di sofferenze seppe con-servare fino alla fine la serenità e il corag-gio . Il suo grande amore per Dio si espri-meva nell'amore alla famiglia e ai parenti .Cooperatrice fervente, seppe educarecristianamente i suoi sette figli . La sua piùgrande soddisfazione fu il dono, fattod'accordo col marito, di una figlia al Si-gnore nella Famiglia di Don Bosco .

Finazzi Sac. Luigi t a Leffe (Bergamo) a65 anniDon Luigi fu un pastore entusiasta dellasua missione, attento a tutto e a tutti,sempre cordiale ed espansivo . In lui erainvidiabile l'altruismo, la vitalità, l'intra-prendenza (quanti lavori realizzati a Leffein 16 anni!), sempre pronto nell'aiutare chiaveva bisogno. Era cooperatore salesia-no, amavà Don Bosco, e lavorava col suostile in mezzo ai giovani . Perciò seppe su-scitare non poche vocazioni, anche per lanostra Congregazione . Un male inguaribi-

le lo strappò troppo presto al lavoro ; nesofferse molto, ma - disse - .la soffe-renza è una scuola necessaria per chi vuoivivere da vero cristiano! . Spirò assistitodai due fratelli sacerdoti, e offrendo la vitaper la Chiesa e per il Papa .

Gina Maddalena ved . Monteu Fassiot t aTorino a 62 anniSposa e madre di esemplare bontà, haconsacrato la vita al bene della famiglia,educando i figli al dovere e alla vita cri-stiana . Devotissima di Maria Ausiliatrice edi san Giovanni Bosco, è tornata al Cielosilenziosa come era vissuta .

Giro Mona. Mario t a Ferrara a 83 anniApparteneva alla famiglia salesiana adoppio titolo : come exallievo e come coo-peratore, decano dei cooperatori . Era en-trato ancora ragazzo nell'istituto Salesia-no di Ferrara, ed era diventato segretariodi don Lingueglia prima e di don De Ago-stini poi . Aveva aiutato don Martina acomporre la sua famosa Antologia Italia-na, e il coad . Marchesi a pigiare quintali dipomodori e di uva. . . Nel 1907 partecipòall'entusiasmo della sua città per la visitadi don Rua. Come sacerdote si distinseper zelo apostolico, capacità di sacrificio eamore per i giovani . I I suo modello era DonBosco, che egli esaltò in tutta Italia con lasua parola calda e suadente che lo reseoratore apprezzato e ricercato a livellonazionale .

Gorini Natale t a Ferrara a 82 anniEra stato capitano dei bersaglieri nellaprima guerra mondiale, poi presidentediocesano della gioventù di A .C ., e segre-tario provinciale della DC . Come parla-mentare si impegnò in modo particolarenella ricostruzione della città e dei centridella provincia danneggiati dalla guerra, ein importanti iniziative agricole. Era pro-fondamente affezionato ai salesiani . Fumerito suo se si riuscì a ricostruire il cele-bre tempio rossettiano di San Benedettodistrutto dalla guerra : restituita alla primi-tiva grandezza, questa chiesa parroc-chiale è ora una delle più belle della Con-gregazione .

La Barbera Giuseppina ved. Di Carlo t adAltofonte (Palermo) a 88 anniCooperatrice ed exallieva, cercava tutte leoccasioni per parlare con giovanile entu-siasmo di Don Bosco e di Maria Ausiliatri-ce, e diffonderne il culto . Durante i 22 annidella sua presidenza della locale UnioneExallieve, rese attivissimo il laboratoriomissionario. Era fiera di avere due figlie,una sorella e sei cugine tutte FMA. L'unicodispiacere, quello che anche il terzo figlionon fosse stato chiamato alla vita religio-sa, e di non aver potuto avere altri figli . IIsuo amore a Dio si esprimeva nella dona-zione gioiosa a quanti avevano bisognodel suo aiuto. La sua lunga vita terminòcome aveva sempre chiesto al Signore :rendendosi utile fino all'ultimo, senza al-lontanare le figlie dal loro lavoro perché,soleva dire, le aveva date a Dio come donototale e non in prestito .

colarmente di assistenza e beneficienza, di istruzione e educazione, diculto e di religione » .

- se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno ol'altro dei due Enti su indicati :

« . . .annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria . Nomi-no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco consede in Roma (oppure l'istituto Salesiano per le Missioni con sede inTorino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo, pergli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente di assistenza e bene-ficenza, di istruzione e educazione, di culto e di religione» .

(luogo e data)

(firma per disteso)

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Borsa : Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, a suffragio della Mamma Monica, acura della figlia Maria Diemoz L . 500 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, in suffragio di A.M.P., a cura di A .P. L.200 .000

Borsa : In memoria di Don Carlo Saino,salesiano, a cura di B.P .M . Torino L .120 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, implorando protezione e grazie sullafamiglia, a cura di T .I ., Torino L. 110 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice, con ricono-scenza, a cura di Marcosanti Adriana, Bo-logna, L . 100 .000

Borsa : Maria Auslllatrice e Santi Salesia-ni, a cura di Benedet Tina, Aosta, L.100 .000

Borsa : Maria Auslllatrice e S . GiovanniBosco, in suffragio di Regalia Mario, a cu-ra della Consorte L . 100 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice, implorando unagrazia particolare e protezione sulla fami-glia, a cura di A .D ., Torino, L . 100.000

Borsa : Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, per grazia ricevuta, a cura diBianchi Diego, Ivrea (TO), L . 100.000

Borsa : Maria Ausiliatrice, per grazia rice-vuta, a cura di Lanfranco Luigi, Torino, L .100 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, in suffragio di Saro Spadaro, a cu-ra della famiglia, Modica (RG), L. 100 .000

Borsa : In suffragio di Sr. Onorina Lan-franco, a cura di Lanfranco Luigi, Torino,L .100.000

Borsa : Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, chiedendo protezione per sé e fa-miglia, a cura di Locatelli Alessio, Germa-gnano, L. 100 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice, Santi Salesiani,Papa Giovanni, ringraziando e imploran-do protezione, a cura di A .P ., Torino, L.100.000

Borsa : S . Domenico Savio, in ringrazia-mento per grazia ricevuta, a cura di N .N .,Galbiate (CO), L . 100.000

Borsa : S. Domenico Savio, perché pro-tegga sempre la mia famiglia, a cura diN .N ., Galbiate (CO), L . 100.000

Borsa : Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, aiutateci sempre, a cura di Fonta-na Ermanno e Maria Cristina, L . 100 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice, in suffragio deidefunti e in ringraziamento per laureaconseguita, a cura di M .C .M . Micheletti,Borgomanero (NO), L . 100 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, raccomandando tutti i miei cari, a curadi D .S ., Como L . 100.000

Borsa : Maria Auslllatrice e Santi Salesia-ni, in suffragio dei defunti e invocando unagrande grazia, a cura di N.N., L . 100 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, in suffragio di mio marito e dei ge-nitori, a cura di Gusmaroli Rachele, (BG),L .100 .000

Borsa : In memoria di Don Alfredo Ruaro,Salesiano, a cura di Andrea Ribolli, Alas-sio (SV), L. 100 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bosco, inringraziamento e invocando protezione, acura di Campagnoli Antonietta (BS), L.100.000

Borsa : Don Bosco, patrono di tutta la fa-miglia, a cura di Zanon Giuseppe, PioveneRocchette (VI), L . 100 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice, in memoria esuffragio di Amelia Borghi, a cura dellafiglia Marina, Roma, L . 100.000

olídaríetà míssíonaría

Borsa : Giuliano e Giovanni Achille Zaffa-roni, a cura di Zaffaroni Riccardo, Castel-lanza (VA), L . 100.000

Borsa: S. Cuore di Gesù e'Marla Ausilia-trice, in suffragio dei miei genitori, a curadi N .N ., Palermo, L . 100 .000

Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco,invocando protezione, a cura di G .E ., L.100 .000

Borsa: Maria Ausiliatrice, in suffragio diPasquale, a cura di Improta Piccardi Rita,Napoli, L. 100 .000

Borsa: Giovanni Paolo I, in memoria esuffragio dei miei genitori G . Battista eMargherita, a cura di Matteotti Prof. Giu-seppe (PD), L. 100 .000

Borsa: In suffragio dei nostri defunti e inriparazione di tante omissioni, a cura diN . N ., Aosta, L . 100.000

Borsa: Divina Provvidenza, a cura di Bo-glione Francesco, Torino, L . 90.000

Gioia di cantare : il coro salesiano di Ensdorf (Germania) .

Borsa : Maria Ausiliatrice, a cura di Maria-ni Marisa, Novara

Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, invocando grazie, a cura di N .N ., Poiri-no (TO)

Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bosco,invocando particolare grazia, a cura diTealdi Dott . Prof . Clelia, Mondovì (CN)

Borsa: Maria Ausiliatrice, S . Dom . Savio,implorando protezione per il nipotinoMarco, a cura di Bertarelli Bava, Asti

Borsa: S. Giovanni Bosco, in ringrazia-mento, a cura di Biglia Maria, Torino

Borsa: Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, in suffragio defunti e invocandoprotezione, a cura Famiglie Colombara ePalladino, Genova

Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, in suffragio defunti e invocando prote-zione, a cura di Maria e Pierina, Torino

Borse di studio per giovani missionari salesianipervenute alla Direzione Generale Opere Don Bosco

Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, in ringraziamento, a cura della famigliaBarbero, Torino

Borsa: Don Filippo Rinaidi, a cura di Con-sol Filippo, Issime (AO)

Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, in suffragio del marito, a cura di AlzateGiovanna, Fossano (CN)

Borsa: Don Botta e Anime del Purgatorio,a cura di Etisia, Giaveno (TO)

Borsa : Maria Ausiliatrice, per grazia rice-vuta e implorando protezione, a cura diCastronovo Salvatore, Torino

Borsa : Maria Ausiliatrice, invocando con-tinua protezione, a cura di Piscitelli Ga-briella, Roma

Borsa : Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, implorando protezione, a cura diBasiglio Anna

Borsa: Maria Ausiliatrice, per grazia rice-vuta e invocando protezione sulla fami-

glia, a cura di F .F ., Torino

Borsa : Maria Ausiliatrice, a cura di BertErcole, Torino

Borsa : Maria Ausiliatrice, a cura di L.G .,Andezeno (TO)

Borsa : Gesù Sacramentato, Maria Ausi-liatrice e S. Giov . Bosco, ringraziando einvocando protezione, a cura di GonellaMaria, Torino

Borsa: In suffragio defunti delle famiglieBruno Ferraro, a cura di Ferraro Teresa,Torino

Borsa: In memoria e suffragio di PerettoGiovanni, a cura della figlia .

Borsa : In memoria e suffragio di PerettoGiuseppina, a cura della figlia

Borsa: Maria Ausiliatrice e Papa Giovan-ni, in suffragio di Albera Giovanni, a curadella moglie .

Borsa : Maria Ausiliatrice, per grazia rice-vuta, a cura di Deliò Piero, Romano diLombardia (BG)

Borsa: Don Bosco, a cura di Bersano Do-menico, Milano

Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, ringraziando per lavoro ottenuto, a cu-ra di N .N ., Chiari (BS)

Borsa : Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, ringraziando e invocando prote-zione sui figli, a cura di Magnoni G ., Milano

Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bosco, insuffragio dei defunti e invocando grazie, acura di Larocchi M ., Milano

Borsa : Maria Ausiliatrice, Santi Salesiani,invocando grazie e protezione, a cura diRover Maria, Genova

Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesla-ni, ringraziando e invocando protezione, acura di Ruggirello Antonia, Caltavuturo(PA)

Borsa : In suffragio dei genitori ComitiniPaolo e Federico Cesarina, a cura dellafiglia Caterina, Catania

Borsa : Maria Ausiliatrice, in memoria diZanetta Sergio, a cura della mamma, Bor-gomanero (NO)

Borsa : Maria Ausiliatrice, in memoria diTeolato Vittorio, Borgomanero (NO)

Borsa : Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, in ringraziamento e a suffragio deidefunti, a cura di Taverna Renata, LittaParodi (AL)

Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, ringraziando per il bambino Matteo, acura di Pasini Rosina, Fittà di Scave (VR)

porsa: Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, ringraziando e invocando graziaparticolare, a cura di Galli Teodora, Vare-se

Borsa: Maria Ausiliatrice, Santi Salesiani,invocando protezione su nipotina France-sca e famiglia, a cura di Brandi Braulia,Tolentino (MC)

Borsa : Sacro Cuore dl Gesù e Maria Au-slliatrice, per grazia ricevuta, a cura diBiase Castronuovo (USA)

Borsa: S. Giovanni Bosco e Papa Giovan-ni, a cura di Biase Castronuovo (USA)

Borsa: Maria Ausiliatrice, per grazie rice-vute e invocando protezione, a cura di DiGirolamo Sr. Maria, Taranta Peligna (CH)

Borsa: Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, a cura di Cafagna D . Donato, Bar-letta (BA)

Borsa : Don Bosco, in suffragio del Cav.Giuseppe De Lorenzi, aa cura della moglieIda

Borsa : S . Giovanni Bosco, in memoria diDon Giovanni Gherardi, a cura di CipolliVeronica, Fornacette (PI)

Borsa: Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, in memoria dei defunti e invocan-do protezione, a cura di Cricchi Ottavio,Roma

Borsa : Don Bosco, invocandone prote-zione sulla famiglia, a cura di De CamillisDr. Camillo, Roma

Borsa: Don Bosco, invocandone benedi-zione sui neosposi Tulli Fabrizio e Rosalia,Roma

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DD

Mosè narra ai bimbi di oggi la storia più bellae più antica del mondo : la creazione, Adamoed Eva, Abramo e Isacco, il lungo viaggiodel popolo d'Israele verso la Terra Promessa .La narrazione, illustrata da delicati disegni -a colori, si sviluppa come una piacevolissimafiaba, consentendo ai piccoli lettori una immediatainterpretazione del messaggio divinoÈ un'opera stupenda, che affascineràgrandi e piccini .

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