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Date post: 08-May-2020
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............................................................. 19 aprile 2013 ............................................................. PITIS Fabriano 750 anni di storia della carta – book concept
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1 9 a p r i l e 2 0 1 3

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pitis

Fabriano 750 anni di storia della carta– book concept

Pitis © all rights reserved

… Il testo sulla storia del libro è trattato come se fosse un saggio, con spazio per minimali e note.

… Questa sezione è su una carta avoriata (es. Bioprima Book). Il nome della tipologia e una breve frase sulle caratteristiche sono messe in verticale nella prima pagina della sezione.

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c o r p o c e n t r a l e.............................................................

carta, risalente alla prima metà del II secolo a.C., epoca degli Han Occidentali. Proprio in tale periodo storico, secondo alcuni studiosi, ha origine anche la sua invenzione. Secondo altri invece, la ricerca delle origini della carta conduce ancora più lontano, almeno un secolo avanti. Insomma, non c’è una data certa e non c’è un luogo preciso che l’uomo possa attestare. E allora pensiamo a un luogo fantastico, a un tempo mitico, perché propria del mito è la forza di questa storia, la storia di un’invenzione destinata a rivoluzionare la vicenda del genere umano.

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L’avventura inizia da qui, dal frammento di una mappa perduta, custodito per più di duemila anni in una piccola e modesta tomba rinvenuta quasi trent’anni fa nella città-prefettura di Tianshui. Siamo nel cuore dell’antica Cina, lungo la Via della Seta, e più precisamente a sud del Gansu, regione mosaico di paesaggi, percorsa dal fiume Giallo, divisa tra le montagne di Qilian e il deserto del Gobi. Molti paesaggi, ma non meno etnie: in poco più di 450 km2 convivono cinesi, tibetani, mongoli e ouïgou. Questo frammento di mappa è ad oggi una delle più antiche testimonianze dell’uso della

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Pitis © all rights reserved

3/32testo iniziale del saggio storico

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Tutto inizia da un gelso

Quando arriva l’inverno gli uomini sono già tutti intabar-rati. L’autunno, come ogni anno, è stato un continuo depositarsi di stracci e pellicce sui loro corpi, strato su strato, finché ogni angolo di pelle fosse coperto. E come ogni anno, dai campi gli alberi sem-bravano rispondere a una sfida, spogliandosi dei loro manti, foglia su foglia, fino a far risplendere il cielo tra i rami, là dove d’estate erano le foglie.

Ora il freddo è severo, se capita una giornata di sole scalda solo il morale. Il gelso sta ritto nel terreno come un Pierino Porcos-pino, un tronco statuario con linee increspate che puntano in ogni direzione. Sembra morto, o che dorma; in realtà cova un’intera gen-erazione. Tra i rami secchi dormono gli embrioni dei bachi da seta, in un letargo chiamato “diapausa”. Sono uova che si schiuderanno in primavera attirando a sé un lavoro minuzioso. Gli artigiani, di fronte al ciclo di vita del baco, impareranno ancora una volta ad aspettare, e dopo un mese coglieranno i bozzoli da cui svolgere il prezioso filamento.

Ma è ancora inverno, e le ore trascorrono nella nostalgia del futuro. Un artigiano percorre i campi e osserva i rami spogli e scuri del gelso. Nulla lo lascerebbe credere, ma sotto la corteccia scorre una forza chiara e paziente, che il sole sposerà per dare forma e colore alle foglie. Divorando quelle foglie, le larve dei bachi, insa-ziabili, cresceranno fino a trasformarsi in bruchi e poi in farfalle, protetti da un involucro di seta creato per metà dalla loro arte e per metà dal nutrimento della pianta.

La seta, in potenza, è già nei rami ora scuri e spogli. A ciò pensa l’artigiano. Così, quella che sembra soltanto una metafora prende vita nelle sue mani, nelle mani dell’uomo che raccoglie la corteccia del gelso, ne estrae la parte più interna, detta “libro”, e la fa cuocere in una miscela di acqua e cenere. La pasta fibrosa che ottiene la distribuisce su un setaccio, poi chiama di nuovo l’energia

1 Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

BIOPRIMA BOOK G/M2 100

Carta ad alta resa di stampa particolarmente adatta per edizioni.

la primaRibuscit animus si aut quaspere, aut porem et, eiciass usda

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Pitis © all rights reserved

4/32inizio del saggio storico

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Tutto inizia da un gelso

Quando arriva l’inverno gli uomini sono già tutti intabar-rati. L’autunno, come ogni anno, è stato un continuo depositarsi di stracci e pellicce sui loro corpi, strato su strato, finché ogni angolo di pelle fosse coperto. E come ogni anno, dai campi gli alberi sem-bravano rispondere a una sfida, spogliandosi dei loro manti, foglia su foglia, fino a far risplendere il cielo tra i rami, là dove d’estate erano le foglie.

Ora il freddo è severo, se capita una giornata di sole scalda solo il morale. Il gelso sta ritto nel terreno come un Pierino Porcos-pino, un tronco statuario con linee increspate che puntano in ogni direzione. Sembra morto, o che dorma; in realtà cova un’intera gen-erazione. Tra i rami secchi dormono gli embrioni dei bachi da seta, in un letargo chiamato “diapausa”. Sono uova che si schiuderanno in primavera attirando a sé un lavoro minuzioso. Gli artigiani, di fronte al ciclo di vita del baco, impareranno ancora una volta ad aspettare, e dopo un mese coglieranno i bozzoli da cui svolgere il prezioso filamento.

Ma è ancora inverno, e le ore trascorrono nella nostalgia del futuro. Un artigiano percorre i campi e osserva i rami spogli e scuri del gelso. Nulla lo lascerebbe credere, ma sotto la corteccia scorre una forza chiara e paziente, che il sole sposerà per dare forma e colore alle foglie. Divorando quelle foglie, le larve dei bachi, insa-ziabili, cresceranno fino a trasformarsi in bruchi e poi in farfalle, protetti da un involucro di seta creato per metà dalla loro arte e per metà dal nutrimento della pianta.

La seta, in potenza, è già nei rami ora scuri e spogli. A ciò pensa l’artigiano. Così, quella che sembra soltanto una metafora prende vita nelle sue mani, nelle mani dell’uomo che raccoglie la corteccia del gelso, ne estrae la parte più interna, detta “libro”, e la fa cuocere in una miscela di acqua e cenere. La pasta fibrosa che ottiene la distribuisce su un setaccio, poi chiama di nuovo l’energia

1 Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

BIOPRIMA BOOK G/M2 100

Carta ad alta resa di stampa particolarmente adatta per edizioni.

la primaRibuscit animus si aut quaspere, aut porem et, eiciass usda

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5/32dettaglio

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Tutto inizia da un gelso

Quando arriva l’inverno gli uomini sono già tutti intabar-rati. L’autunno, come ogni anno, è stato un continuo depositarsi di stracci e pellicce sui loro corpi, strato su strato, finché ogni angolo di pelle fosse coperto. E come ogni anno, dai campi gli alberi sem-bravano rispondere a una sfida, spogliandosi dei loro manti, foglia su foglia, fino a far risplendere il cielo tra i rami, là dove d’estate erano le foglie.

Ora il freddo è severo, se capita una giornata di sole scalda solo il morale. Il gelso sta ritto nel terreno come un Pierino Porcos-pino, un tronco statuario con linee increspate che puntano in ogni direzione. Sembra morto, o che dorma; in realtà cova un’intera gen-erazione. Tra i rami secchi dormono gli embrioni dei bachi da seta, in un letargo chiamato “diapausa”. Sono uova che si schiuderanno in primavera attirando a sé un lavoro minuzioso. Gli artigiani, di fronte al ciclo di vita del baco, impareranno ancora una volta ad aspettare, e dopo un mese coglieranno i bozzoli da cui svolgere il prezioso filamento.

Ma è ancora inverno, e le ore trascorrono nella nostalgia del futuro. Un artigiano percorre i campi e osserva i rami spogli e scuri del gelso. Nulla lo lascerebbe credere, ma sotto la corteccia scorre una forza chiara e paziente, che il sole sposerà per dare forma e colore alle foglie. Divorando quelle foglie, le larve dei bachi, insa-ziabili, cresceranno fino a trasformarsi in bruchi e poi in farfalle, protetti da un involucro di seta creato per metà dalla loro arte e per metà dal nutrimento della pianta.

La seta, in potenza, è già nei rami ora scuri e spogli. A ciò pensa l’artigiano. Così, quella che sembra soltanto una metafora prende vita nelle sue mani, nelle mani dell’uomo che raccoglie la corteccia del gelso, ne estrae la parte più interna, detta “libro”, e la fa cuocere in una miscela di acqua e cenere. La pasta fibrosa che ottiene la distribuisce su un setaccio, poi chiama di nuovo l’energia

1 Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

BIOPRIMA BOOK G/M2 100

Carta ad alta resa di stampa particolarmente adatta per edizioni.

la primaRibuscit animus si aut quaspere, aut porem et, eiciass usda

11la primaRibuscit animus si aut quaspere, aut porem et, eiciass usda

4. Ulla quatus nim aspe comni rem quamet fuga. Nem hit ullam qui ommolorest, quatur sequi dolorei ciaerep eleniendam re iusda sunt reius ratur sita solest ut fac-catusda derferi repra posa ipitas diatem que sus endem re verciiscit, corupieniti tem volorum volora

a Bagdad, viaggia fino a Damasco, poi dal Cairo raggiunge Tunisi e dalle coste africane sbarca in Sicilia. Prosegue fino in Spagna, Xàtiva e Toledo, e seguendo un’altra rotta da Bagdad e Damasco tocca Bisanzio, compare a Genova, Venezia, e improvvisamente a Fabriano, dove si ferma.

La rivoluzione di Fabriano

In mano agli arabi la lavorazione della carta subisce diversi cambiamenti, il più importante riguarda le materie prime: non più corteccia di gelso o bambù, né paglia di riso o di tè, ma esclusiva-mente stracci chiari di lino e canapa, privi di sostanze incostanti da eliminare, come la lignina delle cortecce, e dai quali si possono isolare le fibre vegetali con più facilità. Grazie agli arabi la carta mette in relazione l’Oriente e l’Occidente, due universi storici e cul-turali prima separati. Se per circa mille anni l’invenzione rimane ai margini dell’Europa, ciò accade anche per la riluttanza del mondo cristiano-cattolico a dialogare e ad accogliere le altre culture, i di-versi prodotti e le diverse usanze che ne derivano. Così è con la lontana Cina, ma lo stesso meccanismo si ripete nei confronti della tradizione ebraica e poi col mondo musulmano. La spinta mili-tare e commerciale degli arabi nel bacino del Mediterraneo rompe queste barriere etnocentriche, porta vitalità e ricchezza nelle princi-pali città e nei porti del Medio Oriente e successivamente d’Europa.

In questo lungo viaggio, Fabriano rappresenta un luogo d’arrivo… e un punto di ripartenza. In questa piccola valle tra le colline e l’Appennino umbro-marchigiano, a settanta chilometri circa da Ancona e Perugia, la carta si trasforma in un nuovo pro-dotto: innovativo, unico e ambitissimo. Per questo, in breve si mol-tiplicano i tentativi di imitazione, dentro e fuori l’Italia, ovvero in tutta l’Europa, dove la produzione fabrianese è massicciamente esportata. Grazie al lavoro di mercanti e merciai, già tra XIII e XIV secolo le risme di carta “bambagina” vengono spedite ad An-cona, Fano, Rimini, Venezia, Perugia, Firenze, Pisa, Siena, Lucca e, all’estero, principalmente in Svizzera, Austria, Francia. Dai porti di Talamone, sul mar Tirreno, e di Aigues-Mortes, sul Mediterraneo francese, le creazioni dei maestri fabrianesi raggiungono la Proven-za, il Nord Europa e il Medio Oriente.

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del sole per farla asciugare. Dal setaccio, l’uomo raccoglie infine un nuovo oggetto, sottile, dal colore ambrato, che sembra un panno ma non è seta. Attraverso una rudimentale tecnica, detta “tapa” (tuttora adoperata nelle isole Tonga, in Nepal, Polinesia, Indonesia e America centromeridionale), nasce la prima forma di carta. Come da una magia, sulla scia di una visione.

Il lungo viaggio della carta

L’invenzione della carta attraversa lunghi secoli, secoli di pro-gresso e conservazione, durante i quali la ricetta subisce sensibili tras-formazioni pur rimanendo gelosamente custodita entro i confini dell’impero. Un passaggio cruciale è attestato dagli antichi annali dinastici cinesi, che indicano Ts’ai Lun, ministro dell’Agricoltura alla corte degli Han Orientali, come l’inventore della carta nel 105 d.C. Oggi sappiamo che Ts’ai Lun non fu inventore, ma si limitò a perfezionare una tecnica di produzione. Non per questo la notizia perde rilevanza; a essa si accompagnano importanti informazioni circa le materie utilizzate prima e dopo il 105 d.C.: le fibre estratte dal gelso, ma anche quelle ottenute dalla battitura degli stracci or-mai logori, e poi paglia di tè o di riso, canna di bambù, canapa. Ol-tre il dato tecnico, però, è importante ricordare la data del 105 d.C. in quanto segna una decisiva svolta politica. Il lavoro di ricerca del ministro Ts’ai Lun sulle materie prime e sui metodi di fabbricazi-one porta infatti la carta a livelli tanto alti da suscitare la meraviglia dell’imperatore Yuanxing, che approva ufficialmente l’invenzione e ne autorizza l’uso in tutto l’impero. Per lungo tempo la ricetta della carta rimane un segreto e non oltrepassa i confini dell’antica Cina: fino al VII secolo, quando arriva in Corea, e dalla Corea in Gi-appone, dove incontra usi nuovi e raffinati (--> scheda: washi, kami-yagami, ikebana, rito del capodanno con la sorte scritta in biglietti da appendere all’albero).

Nel secolo successivo, si narra, due cartai cinesi sono fatti prigionieri dai musulmani a Samarcanda. Il governatore generale del Califfato di Bagdad li mette sotto torchio fino a estorcere il loro segreto. È il 751, anno della conquista di Samarcanda. Da quel momento, la carta prosegue il suo lungo viaggio fino ai nostri gior-ni, incontrando molte innovazioni, chimiche e tecnologiche, ma conservando fondamentalmente la semplicità della “tapa”. Arriva

3. Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

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6/32doppia di testo con titoletti e minimali

11la primaRibuscit animus si aut quaspere, aut porem et, eiciass usda

4. Ulla quatus nim aspe comni rem quamet fuga. Nem hit ullam qui ommolorest, quatur sequi dolorei ciaerep eleniendam re iusda sunt reius ratur sita solest ut fac-catusda derferi repra posa ipitas diatem que sus endem re verciiscit, corupieniti tem volorum volora

a Bagdad, viaggia fino a Damasco, poi dal Cairo raggiunge Tunisi e dalle coste africane sbarca in Sicilia. Prosegue fino in Spagna, Xàtiva e Toledo, e seguendo un’altra rotta da Bagdad e Damasco tocca Bisanzio, compare a Genova, Venezia, e improvvisamente a Fabriano, dove si ferma.

La rivoluzione di Fabriano

In mano agli arabi la lavorazione della carta subisce diversi cambiamenti, il più importante riguarda le materie prime: non più corteccia di gelso o bambù, né paglia di riso o di tè, ma esclusiva-mente stracci chiari di lino e canapa, privi di sostanze incostanti da eliminare, come la lignina delle cortecce, e dai quali si possono isolare le fibre vegetali con più facilità. Grazie agli arabi la carta mette in relazione l’Oriente e l’Occidente, due universi storici e cul-turali prima separati. Se per circa mille anni l’invenzione rimane ai margini dell’Europa, ciò accade anche per la riluttanza del mondo cristiano-cattolico a dialogare e ad accogliere le altre culture, i di-versi prodotti e le diverse usanze che ne derivano. Così è con la lontana Cina, ma lo stesso meccanismo si ripete nei confronti della tradizione ebraica e poi col mondo musulmano. La spinta mili-tare e commerciale degli arabi nel bacino del Mediterraneo rompe queste barriere etnocentriche, porta vitalità e ricchezza nelle princi-pali città e nei porti del Medio Oriente e successivamente d’Europa.

In questo lungo viaggio, Fabriano rappresenta un luogo d’arrivo… e un punto di ripartenza. In questa piccola valle tra le colline e l’Appennino umbro-marchigiano, a settanta chilometri circa da Ancona e Perugia, la carta si trasforma in un nuovo pro-dotto: innovativo, unico e ambitissimo. Per questo, in breve si mol-tiplicano i tentativi di imitazione, dentro e fuori l’Italia, ovvero in tutta l’Europa, dove la produzione fabrianese è massicciamente esportata. Grazie al lavoro di mercanti e merciai, già tra XIII e XIV secolo le risme di carta “bambagina” vengono spedite ad An-cona, Fano, Rimini, Venezia, Perugia, Firenze, Pisa, Siena, Lucca e, all’estero, principalmente in Svizzera, Austria, Francia. Dai porti di Talamone, sul mar Tirreno, e di Aigues-Mortes, sul Mediterraneo francese, le creazioni dei maestri fabrianesi raggiungono la Proven-za, il Nord Europa e il Medio Oriente.

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del sole per farla asciugare. Dal setaccio, l’uomo raccoglie infine un nuovo oggetto, sottile, dal colore ambrato, che sembra un panno ma non è seta. Attraverso una rudimentale tecnica, detta “tapa” (tuttora adoperata nelle isole Tonga, in Nepal, Polinesia, Indonesia e America centromeridionale), nasce la prima forma di carta. Come da una magia, sulla scia di una visione.

Il lungo viaggio della carta

L’invenzione della carta attraversa lunghi secoli, secoli di pro-gresso e conservazione, durante i quali la ricetta subisce sensibili tras-formazioni pur rimanendo gelosamente custodita entro i confini dell’impero. Un passaggio cruciale è attestato dagli antichi annali dinastici cinesi, che indicano Ts’ai Lun, ministro dell’Agricoltura alla corte degli Han Orientali, come l’inventore della carta nel 105 d.C. Oggi sappiamo che Ts’ai Lun non fu inventore, ma si limitò a perfezionare una tecnica di produzione. Non per questo la notizia perde rilevanza; a essa si accompagnano importanti informazioni circa le materie utilizzate prima e dopo il 105 d.C.: le fibre estratte dal gelso, ma anche quelle ottenute dalla battitura degli stracci or-mai logori, e poi paglia di tè o di riso, canna di bambù, canapa. Ol-tre il dato tecnico, però, è importante ricordare la data del 105 d.C. in quanto segna una decisiva svolta politica. Il lavoro di ricerca del ministro Ts’ai Lun sulle materie prime e sui metodi di fabbricazi-one porta infatti la carta a livelli tanto alti da suscitare la meraviglia dell’imperatore Yuanxing, che approva ufficialmente l’invenzione e ne autorizza l’uso in tutto l’impero. Per lungo tempo la ricetta della carta rimane un segreto e non oltrepassa i confini dell’antica Cina: fino al VII secolo, quando arriva in Corea, e dalla Corea in Gi-appone, dove incontra usi nuovi e raffinati (--> scheda: washi, kami-yagami, ikebana, rito del capodanno con la sorte scritta in biglietti da appendere all’albero).

Nel secolo successivo, si narra, due cartai cinesi sono fatti prigionieri dai musulmani a Samarcanda. Il governatore generale del Califfato di Bagdad li mette sotto torchio fino a estorcere il loro segreto. È il 751, anno della conquista di Samarcanda. Da quel momento, la carta prosegue il suo lungo viaggio fino ai nostri gior-ni, incontrando molte innovazioni, chimiche e tecnologiche, ma conservando fondamentalmente la semplicità della “tapa”. Arriva

3. Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

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7/32doppia di testo con titoletti e minimali

11la primaRibuscit animus si aut quaspere, aut porem et, eiciass usda

4. Ulla quatus nim aspe comni rem quamet fuga. Nem hit ullam qui ommolorest, quatur sequi dolorei ciaerep eleniendam re iusda sunt reius ratur sita solest ut fac-catusda derferi repra posa ipitas diatem que sus endem re verciiscit, corupieniti tem volorum volora

a Bagdad, viaggia fino a Damasco, poi dal Cairo raggiunge Tunisi e dalle coste africane sbarca in Sicilia. Prosegue fino in Spagna, Xàtiva e Toledo, e seguendo un’altra rotta da Bagdad e Damasco tocca Bisanzio, compare a Genova, Venezia, e improvvisamente a Fabriano, dove si ferma.

La rivoluzione di Fabriano

In mano agli arabi la lavorazione della carta subisce diversi cambiamenti, il più importante riguarda le materie prime: non più corteccia di gelso o bambù, né paglia di riso o di tè, ma esclusiva-mente stracci chiari di lino e canapa, privi di sostanze incostanti da eliminare, come la lignina delle cortecce, e dai quali si possono isolare le fibre vegetali con più facilità. Grazie agli arabi la carta mette in relazione l’Oriente e l’Occidente, due universi storici e cul-turali prima separati. Se per circa mille anni l’invenzione rimane ai margini dell’Europa, ciò accade anche per la riluttanza del mondo cristiano-cattolico a dialogare e ad accogliere le altre culture, i di-versi prodotti e le diverse usanze che ne derivano. Così è con la lontana Cina, ma lo stesso meccanismo si ripete nei confronti della tradizione ebraica e poi col mondo musulmano. La spinta mili-tare e commerciale degli arabi nel bacino del Mediterraneo rompe queste barriere etnocentriche, porta vitalità e ricchezza nelle princi-pali città e nei porti del Medio Oriente e successivamente d’Europa.

In questo lungo viaggio, Fabriano rappresenta un luogo d’arrivo… e un punto di ripartenza. In questa piccola valle tra le colline e l’Appennino umbro-marchigiano, a settanta chilometri circa da Ancona e Perugia, la carta si trasforma in un nuovo pro-dotto: innovativo, unico e ambitissimo. Per questo, in breve si mol-tiplicano i tentativi di imitazione, dentro e fuori l’Italia, ovvero in tutta l’Europa, dove la produzione fabrianese è massicciamente esportata. Grazie al lavoro di mercanti e merciai, già tra XIII e XIV secolo le risme di carta “bambagina” vengono spedite ad An-cona, Fano, Rimini, Venezia, Perugia, Firenze, Pisa, Siena, Lucca e, all’estero, principalmente in Svizzera, Austria, Francia. Dai porti di Talamone, sul mar Tirreno, e di Aigues-Mortes, sul Mediterraneo francese, le creazioni dei maestri fabrianesi raggiungono la Proven-za, il Nord Europa e il Medio Oriente.

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del sole per farla asciugare. Dal setaccio, l’uomo raccoglie infine un nuovo oggetto, sottile, dal colore ambrato, che sembra un panno ma non è seta. Attraverso una rudimentale tecnica, detta “tapa” (tuttora adoperata nelle isole Tonga, in Nepal, Polinesia, Indonesia e America centromeridionale), nasce la prima forma di carta. Come da una magia, sulla scia di una visione.

Il lungo viaggio della carta

L’invenzione della carta attraversa lunghi secoli, secoli di pro-gresso e conservazione, durante i quali la ricetta subisce sensibili tras-formazioni pur rimanendo gelosamente custodita entro i confini dell’impero. Un passaggio cruciale è attestato dagli antichi annali dinastici cinesi, che indicano Ts’ai Lun, ministro dell’Agricoltura alla corte degli Han Orientali, come l’inventore della carta nel 105 d.C. Oggi sappiamo che Ts’ai Lun non fu inventore, ma si limitò a perfezionare una tecnica di produzione. Non per questo la notizia perde rilevanza; a essa si accompagnano importanti informazioni circa le materie utilizzate prima e dopo il 105 d.C.: le fibre estratte dal gelso, ma anche quelle ottenute dalla battitura degli stracci or-mai logori, e poi paglia di tè o di riso, canna di bambù, canapa. Ol-tre il dato tecnico, però, è importante ricordare la data del 105 d.C. in quanto segna una decisiva svolta politica. Il lavoro di ricerca del ministro Ts’ai Lun sulle materie prime e sui metodi di fabbricazi-one porta infatti la carta a livelli tanto alti da suscitare la meraviglia dell’imperatore Yuanxing, che approva ufficialmente l’invenzione e ne autorizza l’uso in tutto l’impero. Per lungo tempo la ricetta della carta rimane un segreto e non oltrepassa i confini dell’antica Cina: fino al VII secolo, quando arriva in Corea, e dalla Corea in Gi-appone, dove incontra usi nuovi e raffinati (--> scheda: washi, kami-yagami, ikebana, rito del capodanno con la sorte scritta in biglietti da appendere all’albero).

Nel secolo successivo, si narra, due cartai cinesi sono fatti prigionieri dai musulmani a Samarcanda. Il governatore generale del Califfato di Bagdad li mette sotto torchio fino a estorcere il loro segreto. È il 751, anno della conquista di Samarcanda. Da quel momento, la carta prosegue il suo lungo viaggio fino ai nostri gior-ni, incontrando molte innovazioni, chimiche e tecnologiche, ma conservando fondamentalmente la semplicità della “tapa”. Arriva

3. Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

Pitis © all rights reserved

… Su inserto di carta bianca, sono raccolti gli apparati iconografici dei capitoli.

… Anche in questo caso, il tipo di carta è segnalato sulla prima pagina della segnatura.

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i n s e r t i f o t o g r a f i c i.............................................................

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In questo lungo viaggio, Fabriano rappresenta un luogo d’arrivo… e un punto di ripartenza. In questa piccola valle tra le colline e l’Appennino umbro-marchigiano, a settanta chilometri circa da Ancona e Perugia, la carta si trasforma in un nuovo pro-dotto: innovativo, unico e ambitissimo. Per questo, in breve si mol-tiplicano i tentativi di imitazione, dentro e fuori l’Italia, ovvero in tutta l’Europa, dove la produzione fabrianese è massicciamente esportata. Grazie al lavoro di mercanti e merciai, già tra XIII e XIV secolo le risme di carta “bambagina” vengono spedite ad An-cona, Fano, Rimini, Venezia, Perugia, Firenze, Pisa, Siena, Lucca e, all’estero, principalmente in Svizzera, Austria, Francia. Dai porti di Talamone, sul mar Tirreno, e di Aigues-Mortes, sul Mediterraneo francese, le creazioni dei maestri fabrianesi raggiungono la Proven-za, il Nord Europa e il Medio Oriente.

2. Lecto tem. Lores-sita conet et erspero-ratur a sersperrum es repernatur?Am fugitatium, sunt,

la primaRibuscit animus si aut quaspere, aut porem et, eiciass usda

Pitis © all rights reserved

9/32inizio inserto immagini con occhiello che segnala la tipologia di carta

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lettere dei dogiRibuscit animus si aut quaspere, aut porem et, eiciass usda

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minervaRibuscit animus si aut quaspere, aut porem et, eiciass usda

ONYX G/M2 100

Carta e cartoncini opalini finissimi, di pura cellulosa ECF con superficie vellutata.

Pitis © all rights reserved

10/32pagine fotografiche

Pitis © all rights reserved

… È una sezione con grandi e famose personalità. Per separarla nettamente dal resto, si è pensato ad un inserto (un quartino ad esempio) di formato minore e su una carta differente.

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u s i e c c e l l e n t i.............................................................

19

La carta sinonimo di sicurezza

Samarcanda, Patrimonio UNESCO dell’umanità dal 2001, città da sogno, capitale gioiello dell’impero di Tamerlano sul finire del XIV secolo, grande emporio lungo la Via della Seta. E sede della prima cartiera araba, nel 751.Anche da Samarcanda passa la storia della carta. Un’invenzione che per più di otto secoli era rimasta gelosamente custodita in Cina, filtrando a fatica appena fuori dell’impero verso la Corea e il Giappone, a un certo punto arriva in mano agli Arabi. Il come lo abbiamo visto, ha i contorni di una leggenda, quella dei due cartai cinesi fatti prigionieri e costretti a confessare il loro segreto dal governatore generale del Califfato di Bagdad. Le conseguenze, di quella benefica estorsione, pure: portano a passi rapidi nel bacino del Mediterraneo. Ma se sostiamo un attimo sulla situazione, su quell’anno e sulla città, Samarcanda, scopriamo una vena del nostro discorso che rivela un carattere fondamentale della carta, fondamentale perché connaturato alla sua utilizzabilità, e che proprio nel periodo arabo ha la sua prima manifestazione.Quando accoglie l’invenzione cinese, Samarcanda è da poco sotto il dominio degli Abbasidi, califfi che governano il mondo arabo una volta decaduta la dinastia degli Omayyadi. Il califfato abbaside ha un approccio decisamente assolutistico, sia sul piano politico che militare, ma sa comunque favorire una fioritura delle scienze e delle arti. In questo contesto cresce e costruisce il suo potere Harun Al-Rashid, figlio del califfo Al-Mahdi e califfo a sua volta dal 786 all’809, anno della sua morte. Del suo regno si conserva memoria per l’eccellenza e la prosperità culturale e artistica, ma Al-Rashid rimane alla storia anche grazie alla suggestione letteraria. È lui uno dei personaggi centrali de Le mille e una notte, da cui emerge come un flâneur ante litteram. Si legge in una novella un vivido ritratto psicologico che pare rappresenti bene il suo sentimento: «A volte […] ci troviamo in preda a slanci di gioia così straordinari, che subito comunichiamo

1 Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

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fabriano: l’eccellenza

Giovanni Battista Bodoni

il manuale tipografico

Ribuscit animus si aut quaspere,

aut porem

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12/32quartino con approfondimento

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La carta sinonimo di sicurezza

Samarcanda, Patrimonio UNESCO dell’umanità dal 2001, città da sogno, capitale gioiello dell’impero di Tamerlano sul finire del XIV secolo, grande emporio lungo la Via della Seta. E sede della prima cartiera araba, nel 751.Anche da Samarcanda passa la storia della carta. Un’invenzione che per più di otto secoli era rimasta gelosamente custodita in Cina, filtrando a fatica appena fuori dell’impero verso la Corea e il Giappone, a un certo punto arriva in mano agli Arabi. Il come lo abbiamo visto, ha i contorni di una leggenda, quella dei due cartai cinesi fatti prigionieri e costretti a confessare il loro segreto dal governatore generale del Califfato di Bagdad. Le conseguenze, di quella benefica estorsione, pure: portano a passi rapidi nel bacino del Mediterraneo. Ma se sostiamo un attimo sulla situazione, su quell’anno e sulla città, Samarcanda, scopriamo una vena del nostro discorso che rivela un carattere fondamentale della carta, fondamentale perché connaturato alla sua utilizzabilità, e che proprio nel periodo arabo ha la sua prima manifestazione.Quando accoglie l’invenzione cinese, Samarcanda è da poco sotto il dominio degli Abbasidi, califfi che governano il mondo arabo una volta decaduta la dinastia degli Omayyadi. Il califfato abbaside ha un approccio decisamente assolutistico, sia sul piano politico che militare, ma sa comunque favorire una fioritura delle scienze e delle arti. In questo contesto cresce e costruisce il suo potere Harun Al-Rashid, figlio del califfo Al-Mahdi e califfo a sua volta dal 786 all’809, anno della sua morte. Del suo regno si conserva memoria per l’eccellenza e la prosperità culturale e artistica, ma Al-Rashid rimane alla storia anche grazie alla suggestione letteraria. È lui uno dei personaggi centrali de Le mille e una notte, da cui emerge come un flâneur ante litteram. Si legge in una novella un vivido ritratto psicologico che pare rappresenti bene il suo sentimento: «A volte […] ci troviamo in preda a slanci di gioia così straordinari, che subito comunichiamo

1 Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

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il torchioRibuscit animus si aut

quaspere, aut porem

il manuale tipografico

Ribuscit animus si aut quaspere,

aut porem

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Ehendam nonsequid molupta tinullia invel millupt aquassundis eum aliquia dellessimus, quidebi squaest iisciatiur maximeni aut reped eum ratum autem dolupti busantis abo. Unt.Porit, quam nissit as estia vellant iatem. Videnim sapeditatia delitis res sedipsa perestiust as exped quo berions equam, ommolum recae nempora cume quatius aspic tore nima debitae sit, quidem fugit voluptius as min consecatus samus.Es autemquatur adi tem lant exerehenda nes expliqui demo

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13/32doppia di un quartino con approfondimento

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La carta sinonimo di sicurezza

Samarcanda, Patrimonio UNESCO dell’umanità dal 2001, città da sogno, capitale gioiello dell’impero di Tamerlano sul finire del XIV secolo, grande emporio lungo la Via della Seta. E sede della prima cartiera araba, nel 751.Anche da Samarcanda passa la storia della carta. Un’invenzione che per più di otto secoli era rimasta gelosamente custodita in Cina, filtrando a fatica appena fuori dell’impero verso la Corea e il Giappone, a un certo punto arriva in mano agli Arabi. Il come lo abbiamo visto, ha i contorni di una leggenda, quella dei due cartai cinesi fatti prigionieri e costretti a confessare il loro segreto dal governatore generale del Califfato di Bagdad. Le conseguenze, di quella benefica estorsione, pure: portano a passi rapidi nel bacino del Mediterraneo. Ma se sostiamo un attimo sulla situazione, su quell’anno e sulla città, Samarcanda, scopriamo una vena del nostro discorso che rivela un carattere fondamentale della carta, fondamentale perché connaturato alla sua utilizzabilità, e che proprio nel periodo arabo ha la sua prima manifestazione.Quando accoglie l’invenzione cinese, Samarcanda è da poco sotto il dominio degli Abbasidi, califfi che governano il mondo arabo una volta decaduta la dinastia degli Omayyadi. Il califfato abbaside ha un approccio decisamente assolutistico, sia sul piano politico che militare, ma sa comunque favorire una fioritura delle scienze e delle arti. In questo contesto cresce e costruisce il suo potere Harun Al-Rashid, figlio del califfo Al-Mahdi e califfo a sua volta dal 786 all’809, anno della sua morte. Del suo regno si conserva memoria per l’eccellenza e la prosperità culturale e artistica, ma Al-Rashid rimane alla storia anche grazie alla suggestione letteraria. È lui uno dei personaggi centrali de Le mille e una notte, da cui emerge come un flâneur ante litteram. Si legge in una novella un vivido ritratto psicologico che pare rappresenti bene il suo sentimento: «A volte […] ci troviamo in preda a slanci di gioia così straordinari, che subito comunichiamo

1 Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

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14/32chiusura di un quartino con approfondimento

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La carta sinonimo di sicurezza

Samarcanda, Patrimonio UNESCO dell’umanità dal 2001, città da sogno, capitale gioiello dell’impero di Tamerlano sul finire del XIV secolo, grande emporio lungo la Via della Seta. E sede della prima cartiera araba, nel 751.Anche da Samarcanda passa la storia della carta. Un’invenzione che per più di otto secoli era rimasta gelosamente custodita in Cina, filtrando a fatica appena fuori dell’impero verso la Corea e il Giappone, a un certo punto arriva in mano agli Arabi. Il come lo abbiamo visto, ha i contorni di una leggenda, quella dei due cartai cinesi fatti prigionieri e costretti a confessare il loro segreto dal governatore generale del Califfato di Bagdad. Le conseguenze, di quella benefica estorsione, pure: portano a passi rapidi nel bacino del Mediterraneo. Ma se sostiamo un attimo sulla situazione, su quell’anno e sulla città, Samarcanda, scopriamo una vena del nostro discorso che rivela un carattere fondamentale della carta, fondamentale perché connaturato alla sua utilizzabilità, e che proprio nel periodo arabo ha la sua prima manifestazione.Quando accoglie l’invenzione cinese, Samarcanda è da poco sotto il dominio degli Abbasidi, califfi che governano il mondo arabo una volta decaduta la dinastia degli Omayyadi. Il califfato abbaside ha un approccio decisamente assolutistico, sia sul piano politico che militare, ma sa comunque favorire una fioritura delle scienze e delle arti. In questo contesto cresce e costruisce il suo potere Harun Al-Rashid, figlio del califfo Al-Mahdi e califfo a sua volta dal 786 all’809, anno della sua morte. Del suo regno si conserva memoria per l’eccellenza e la prosperità culturale e artistica, ma Al-Rashid rimane alla storia anche grazie alla suggestione letteraria. È lui uno dei personaggi centrali de Le mille e una notte, da cui emerge come un flâneur ante litteram. Si legge in una novella un vivido ritratto psicologico che pare rappresenti bene il suo sentimento: «A volte […] ci troviamo in preda a slanci di gioia così straordinari, che subito comunichiamo

1 Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

LE CARTE D’AUTORE:

GeorgiaO'Keeffe

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15/32quartino con un’opera prodotta su carta fabriano

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La carta sinonimo di sicurezza

Samarcanda, Patrimonio UNESCO dell’umanità dal 2001, città da sogno, capitale gioiello dell’impero di Tamerlano sul finire del XIV secolo, grande emporio lungo la Via della Seta. E sede della prima cartiera araba, nel 751.Anche da Samarcanda passa la storia della carta. Un’invenzione che per più di otto secoli era rimasta gelosamente custodita in Cina, filtrando a fatica appena fuori dell’impero verso la Corea e il Giappone, a un certo punto arriva in mano agli Arabi. Il come lo abbiamo visto, ha i contorni di una leggenda, quella dei due cartai cinesi fatti prigionieri e costretti a confessare il loro segreto dal governatore generale del Califfato di Bagdad. Le conseguenze, di quella benefica estorsione, pure: portano a passi rapidi nel bacino del Mediterraneo. Ma se sostiamo un attimo sulla situazione, su quell’anno e sulla città, Samarcanda, scopriamo una vena del nostro discorso che rivela un carattere fondamentale della carta, fondamentale perché connaturato alla sua utilizzabilità, e che proprio nel periodo arabo ha la sua prima manifestazione.Quando accoglie l’invenzione cinese, Samarcanda è da poco sotto il dominio degli Abbasidi, califfi che governano il mondo arabo una volta decaduta la dinastia degli Omayyadi. Il califfato abbaside ha un approccio decisamente assolutistico, sia sul piano politico che militare, ma sa comunque favorire una fioritura delle scienze e delle arti. In questo contesto cresce e costruisce il suo potere Harun Al-Rashid, figlio del califfo Al-Mahdi e califfo a sua volta dal 786 all’809, anno della sua morte. Del suo regno si conserva memoria per l’eccellenza e la prosperità culturale e artistica, ma Al-Rashid rimane alla storia anche grazie alla suggestione letteraria. È lui uno dei personaggi centrali de Le mille e una notte, da cui emerge come un flâneur ante litteram. Si legge in una novella un vivido ritratto psicologico che pare rappresenti bene il suo sentimento: «A volte […] ci troviamo in preda a slanci di gioia così straordinari, che subito comunichiamo

1 Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

Georgia O'Keeffe (1887-1986)NO. 12 SPECIAL, 1915

Charcoal on Fabriano laid paper (PMF watermark)

61.3 x 47cm

Alfred Stieglitz Collectionaccession# 1992.89.2

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16/32quartino con un’opera prodotta su carta fabriano, con immagine incollata

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La carta sinonimo di sicurezza

Samarcanda, Patrimonio UNESCO dell’umanità dal 2001, città da sogno, capitale gioiello dell’impero di Tamerlano sul finire del XIV secolo, grande emporio lungo la Via della Seta. E sede della prima cartiera araba, nel 751.Anche da Samarcanda passa la storia della carta. Un’invenzione che per più di otto secoli era rimasta gelosamente custodita in Cina, filtrando a fatica appena fuori dell’impero verso la Corea e il Giappone, a un certo punto arriva in mano agli Arabi. Il come lo abbiamo visto, ha i contorni di una leggenda, quella dei due cartai cinesi fatti prigionieri e costretti a confessare il loro segreto dal governatore generale del Califfato di Bagdad. Le conseguenze, di quella benefica estorsione, pure: portano a passi rapidi nel bacino del Mediterraneo. Ma se sostiamo un attimo sulla situazione, su quell’anno e sulla città, Samarcanda, scopriamo una vena del nostro discorso che rivela un carattere fondamentale della carta, fondamentale perché connaturato alla sua utilizzabilità, e che proprio nel periodo arabo ha la sua prima manifestazione.Quando accoglie l’invenzione cinese, Samarcanda è da poco sotto il dominio degli Abbasidi, califfi che governano il mondo arabo una volta decaduta la dinastia degli Omayyadi. Il califfato abbaside ha un approccio decisamente assolutistico, sia sul piano politico che militare, ma sa comunque favorire una fioritura delle scienze e delle arti. In questo contesto cresce e costruisce il suo potere Harun Al-Rashid, figlio del califfo Al-Mahdi e califfo a sua volta dal 786 all’809, anno della sua morte. Del suo regno si conserva memoria per l’eccellenza e la prosperità culturale e artistica, ma Al-Rashid rimane alla storia anche grazie alla suggestione letteraria. È lui uno dei personaggi centrali de Le mille e una notte, da cui emerge come un flâneur ante litteram. Si legge in una novella un vivido ritratto psicologico che pare rappresenti bene il suo sentimento: «A volte […] ci troviamo in preda a slanci di gioia così straordinari, che subito comunichiamo

1 Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

Georgia O'Keeffe (1887-1986)NO. 12 SPECIAL, 1915

Charcoal on Fabriano laid paper (PMF watermark)

61.3 x 47cm

Alfred Stieglitz Collectionaccession# 1992.89.2

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17/32quartino con un’opera prodotta su carta fabriano, con immagine incollata

Georgia O'Keeffe (1887-1986)NO. 12 SPECIAL, 1915

Charcoal on Fabriano laid paper (PMF watermark)

61.3 x 47cm

Alfred Stieglitz Collectionaccession# 1992.89.2

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La carta sinonimo di sicurezza

Samarcanda, Patrimonio UNESCO dell’umanità dal 2001, città da sogno, capitale gioiello dell’impero di Tamerlano sul finire del XIV secolo, grande emporio lungo la Via della Seta. E sede della prima cartiera araba, nel 751.Anche da Samarcanda passa la storia della carta. Un’invenzione che per più di otto secoli era rimasta gelosamente custodita in Cina, filtrando a fatica appena fuori dell’impero verso la Corea e il Giappone, a un certo punto arriva in mano agli Arabi. Il come lo abbiamo visto, ha i contorni di una leggenda, quella dei due cartai cinesi fatti prigionieri e costretti a confessare il loro segreto dal governatore generale del Califfato di Bagdad. Le conseguenze, di quella benefica estorsione, pure: portano a passi rapidi nel bacino del Mediterraneo. Ma se sostiamo un attimo sulla situazione, su quell’anno e sulla città, Samarcanda, scopriamo una vena del nostro discorso che rivela un carattere fondamentale della carta, fondamentale perché connaturato alla sua utilizzabilità, e che proprio nel periodo arabo ha la sua prima manifestazione.Quando accoglie l’invenzione cinese, Samarcanda è da poco sotto il dominio degli Abbasidi, califfi che governano il mondo arabo una volta decaduta la dinastia degli Omayyadi. Il califfato abbaside ha un approccio decisamente assolutistico, sia sul piano politico che militare, ma sa comunque favorire una fioritura delle scienze e delle arti. In questo contesto cresce e costruisce il suo potere Harun Al-Rashid, figlio del califfo Al-Mahdi e califfo a sua volta dal 786 all’809, anno della sua morte. Del suo regno si conserva memoria per l’eccellenza e la prosperità culturale e artistica, ma Al-Rashid rimane alla storia anche grazie alla suggestione letteraria. È lui uno dei personaggi centrali de Le mille e una notte, da cui emerge come un flâneur ante litteram. Si legge in una novella un vivido ritratto psicologico che pare rappresenti bene il suo sentimento: «A volte […] ci troviamo in preda a slanci di gioia così straordinari, che subito comunichiamo

1 Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

COLORE +

G/M2 170 È una serie di cartoncini colorati, “acid free”, prodotti con il 100% di cellulosa E.C.F. (Elemental Chlorine Free), certificata F.S.C. (©1996 Forest Stewardship Council A.C.) proveniente da foreste gestite secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.

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18/32chiusura con indicazione della carta

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La carta sinonimo di sicurezza

Samarcanda, Patrimonio UNESCO dell’umanità dal 2001, città da sogno, capitale gioiello dell’impero di Tamerlano sul finire del XIV secolo, grande emporio lungo la Via della Seta. E sede della prima cartiera araba, nel 751.Anche da Samarcanda passa la storia della carta. Un’invenzione che per più di otto secoli era rimasta gelosamente custodita in Cina, filtrando a fatica appena fuori dell’impero verso la Corea e il Giappone, a un certo punto arriva in mano agli Arabi. Il come lo abbiamo visto, ha i contorni di una leggenda, quella dei due cartai cinesi fatti prigionieri e costretti a confessare il loro segreto dal governatore generale del Califfato di Bagdad. Le conseguenze, di quella benefica estorsione, pure: portano a passi rapidi nel bacino del Mediterraneo. Ma se sostiamo un attimo sulla situazione, su quell’anno e sulla città, Samarcanda, scopriamo una vena del nostro discorso che rivela un carattere fondamentale della carta, fondamentale perché connaturato alla sua utilizzabilità, e che proprio nel periodo arabo ha la sua prima manifestazione.Quando accoglie l’invenzione cinese, Samarcanda è da poco sotto il dominio degli Abbasidi, califfi che governano il mondo arabo una volta decaduta la dinastia degli Omayyadi. Il califfato abbaside ha un approccio decisamente assolutistico, sia sul piano politico che militare, ma sa comunque favorire una fioritura delle scienze e delle arti. In questo contesto cresce e costruisce il suo potere Harun Al-Rashid, figlio del califfo Al-Mahdi e califfo a sua volta dal 786 all’809, anno della sua morte. Del suo regno si conserva memoria per l’eccellenza e la prosperità culturale e artistica, ma Al-Rashid rimane alla storia anche grazie alla suggestione letteraria. È lui uno dei personaggi centrali de Le mille e una notte, da cui emerge come un flâneur ante litteram. Si legge in una novella un vivido ritratto psicologico che pare rappresenti bene il suo sentimento: «A volte […] ci troviamo in preda a slanci di gioia così straordinari, che subito comunichiamo

1 Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

COLORE +

G/M2 170 È una serie di cartoncini colorati, “acid free”, prodotti con il 100% di cellulosa E.C.F. (Elemental Chlorine Free), certificata F.S.C. (©1996 Forest Stewardship Council A.C.) proveniente da foreste gestite secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.

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19/32chiusura con indicazione della carta

COLORE +

G/M2 170 È una serie di cartoncini colorati, “acid free”, prodotti con il 100% di cellulosa E.C.F. (Elemental Chlorine Free), certificata F.S.C. (©1996 Forest Stewardship Council A.C.) proveniente da foreste gestite secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.

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La carta sinonimo di sicurezza

Samarcanda, Patrimonio UNESCO dell’umanità dal 2001, città da sogno, capitale gioiello dell’impero di Tamerlano sul finire del XIV secolo, grande emporio lungo la Via della Seta. E sede della prima cartiera araba, nel 751.Anche da Samarcanda passa la storia della carta. Un’invenzione che per più di otto secoli era rimasta gelosamente custodita in Cina, filtrando a fatica appena fuori dell’impero verso la Corea e il Giappone, a un certo punto arriva in mano agli Arabi. Il come lo abbiamo visto, ha i contorni di una leggenda, quella dei due cartai cinesi fatti prigionieri e costretti a confessare il loro segreto dal governatore generale del Califfato di Bagdad. Le conseguenze, di quella benefica estorsione, pure: portano a passi rapidi nel bacino del Mediterraneo. Ma se sostiamo un attimo sulla situazione, su quell’anno e sulla città, Samarcanda, scopriamo una vena del nostro discorso che rivela un carattere fondamentale della carta, fondamentale perché connaturato alla sua utilizzabilità, e che proprio nel periodo arabo ha la sua prima manifestazione.Quando accoglie l’invenzione cinese, Samarcanda è da poco sotto il dominio degli Abbasidi, califfi che governano il mondo arabo una volta decaduta la dinastia degli Omayyadi. Il califfato abbaside ha un approccio decisamente assolutistico, sia sul piano politico che militare, ma sa comunque favorire una fioritura delle scienze e delle arti. In questo contesto cresce e costruisce il suo potere Harun Al-Rashid, figlio del califfo Al-Mahdi e califfo a sua volta dal 786 all’809, anno della sua morte. Del suo regno si conserva memoria per l’eccellenza e la prosperità culturale e artistica, ma Al-Rashid rimane alla storia anche grazie alla suggestione letteraria. È lui uno dei personaggi centrali de Le mille e una notte, da cui emerge come un flâneur ante litteram. Si legge in una novella un vivido ritratto psicologico che pare rappresenti bene il suo sentimento: «A volte […] ci troviamo in preda a slanci di gioia così straordinari, che subito comunichiamo

1 Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

LE CARTE D’AUTORE:

VijaCelmins

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20/32quartino con un’opera prodotta su carta fabriano (secondo esempio)

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La carta sinonimo di sicurezza

Samarcanda, Patrimonio UNESCO dell’umanità dal 2001, città da sogno, capitale gioiello dell’impero di Tamerlano sul finire del XIV secolo, grande emporio lungo la Via della Seta. E sede della prima cartiera araba, nel 751.Anche da Samarcanda passa la storia della carta. Un’invenzione che per più di otto secoli era rimasta gelosamente custodita in Cina, filtrando a fatica appena fuori dell’impero verso la Corea e il Giappone, a un certo punto arriva in mano agli Arabi. Il come lo abbiamo visto, ha i contorni di una leggenda, quella dei due cartai cinesi fatti prigionieri e costretti a confessare il loro segreto dal governatore generale del Califfato di Bagdad. Le conseguenze, di quella benefica estorsione, pure: portano a passi rapidi nel bacino del Mediterraneo. Ma se sostiamo un attimo sulla situazione, su quell’anno e sulla città, Samarcanda, scopriamo una vena del nostro discorso che rivela un carattere fondamentale della carta, fondamentale perché connaturato alla sua utilizzabilità, e che proprio nel periodo arabo ha la sua prima manifestazione.Quando accoglie l’invenzione cinese, Samarcanda è da poco sotto il dominio degli Abbasidi, califfi che governano il mondo arabo una volta decaduta la dinastia degli Omayyadi. Il califfato abbaside ha un approccio decisamente assolutistico, sia sul piano politico che militare, ma sa comunque favorire una fioritura delle scienze e delle arti. In questo contesto cresce e costruisce il suo potere Harun Al-Rashid, figlio del califfo Al-Mahdi e califfo a sua volta dal 786 all’809, anno della sua morte. Del suo regno si conserva memoria per l’eccellenza e la prosperità culturale e artistica, ma Al-Rashid rimane alla storia anche grazie alla suggestione letteraria. È lui uno dei personaggi centrali de Le mille e una notte, da cui emerge come un flâneur ante litteram. Si legge in una novella un vivido ritratto psicologico che pare rappresenti bene il suo sentimento: «A volte […] ci troviamo in preda a slanci di gioia così straordinari, che subito comunichiamo

1 Loressita conet et ersperoratur a sersper-rum es repernatur?Am fugitatium, sunt,Hent a dolendam dolest haruptas et ulla comni odignam, is dolo omnimeni beation sedici nat et et dellab ium ut abore eaquibus alitatem. Nonsed que

Georgia O'Keeffe (1887-1986)JUPITER MOON-

CONSTELLATION, 1983

Etching and mezzotint on Fabriano Rosaspina white

60 x 47.2cm

Gift of Gemini G.E. L.accession # 1988.74.14

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21/32quartino con un’opera prodotta su carta fabriano, con immagine incollata

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… L’impaginato avrà anche tipologie diverse per sottolineare i cambi di registro del discorso (dal racconto storico, ai sei gradi di separazione, al discorso più tecnico).

… È inoltre previsto un leporello per mostrare meglio un diagramma che spiega la macchina che produce la carta.

.............................................................

a l t r e t i p o l o g i e.............................................................

lingue della Banca centrale europea sul bor-do alto, scorrono sopra filigrane in chiaro-scuro, sfiorano lo spessore dei fili di sicurezza al centro, tra un dito e l’altro lasciano bril-lare i riflessi della striscia argentata sul lato destro. Le mani manovrano tanta complessi-tà senza troppo soffermarsi su quello straor-dinario accumulo di tecnologia nello stretto di cento centimetri quadrati scarsi.Una di quelle banconote torna fuori dalla cassa per finire in mano al cliente successivo, che chiuso il portafogli si dirige in fretta nel liceo dove insegna. I suoi studenti aspettano in classe, ognuno col proprio classico albo F2, come praticamente in tutte le scuole d’Italia da generazioni e generazioni, con superficie ruvida per la grafite morbida, i carboncini, i pastelli; liscia per matite, cera, pennarelli e china. Nell’istituto tecnico accanto al liceo si lavora invece sugli albi F4, la cui carta è stata sottoposta a una collatura speciale per ottenere più resistenza alle mine dure e alle gomme fortemente abrasive che gli studenti sfregano in continuazione per correggere un

tratto, ridisegnarne un altro, intervenendo più volte sul lavoro senza il rischio di com-promettere la superficie della carta.Il collega docente che insegna arte nello stesso istituto, per gli acquerelli suggerisce ai suoi studenti carta Fabriano Artistico o Watercolour, in cotone e cellulosa priva di lignina, e nel privato coltiva la propria attività artistica, realizzando bulini e ac-queforti su carta Tiepolo e Rosaspina di Fabriano, con maggiori e minori quantità di cotone nella ricetta. Quando gli viene confermata la notizia di una prima mostra all’estero delle sue incisioni, in Nuova Ze-landa, il professore acquista un biglietto ae-reo e il giorno prima della partenza stampa il check-in online, caricando la stampante con una risma di Fabriano Copy Bio Eco-logy, una carta naturale, ecologica, la cui materia prima proviene da foreste gestite se-condo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.E quando atterra a Auckland, prima di raggiungere l’uscita dell’aeroporto, si tro-

la carta, quotidianamente Andrea Cirolla

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1 Loressita conet et ersperoratur a sersperrum es reper-naturNonsed que

La stessa mano che cercando di spegnere la radiosveglia alla mattina si scontra con la superficie di un libro

lasciato la sera prima sul comodino (il lettore non sa, ma quella carta bianca vergata ha un nome: Ingres, e una provenienza certificata: Fabriano), quella mano si flette qualche minuto più tardi nell’aria della cucina armata di pennarello; scrive un elenco della spesa sul suo quaderno EcoQua, color del lampone, poi strappa il bel foglio dai rilassanti toni avorio e lo consegna a

un’altra mano. Questa rigira il foglio con l’aiuto della sua compagna, lo stira, lo piega; il foglio esce di casa.

1264-2014

LA CARTA È QUI

LA CARTA,QUOTIDIANAMENTE

Le parole prima impresse sulla carta Biopri-maBook (del tutto priva di cloro e di acidi, destinata a durare a lungo) sono corrisposte dopo qualche minuto dagli oggetti reali nel carrello di un supermercato. Finito il giro, in risposta al battito di altre dita sui tasti della cassa, e di uno strappo alla carta lunga e stretta dello scontrino, le mani lasciano la lista e prendono dal portafoglio un paio di banconote, da 20 e 5 euro. Toccano incon-sapevolmente i rilievi della sigla in cinque

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23/32layout simile a rivista

gno di carta. Così va da più di duemila anni, in progressione. In una metamor-fosi continua di colori, modelli, formati e utilizzi. Ma c’è una data fondamenta-le, più di quella della sua invenzione, in cui inizia la vera storia della carta. Nel 1264 se ne comincia a produrre nella sua forma definitiva, pressappoco quel-la che ancora oggi utilizziamo. Accade a Fabriano, dove essa guadagna la fiducia della civiltà, si dimostra cioè finalmente un supporto di scrittura affidabile e no-bile al tempo stesso. Nel XIII secolo l’u-manità comincia a consegnare alla carta la propria memoria storica, scientifica e artistica; 750 anni più tardi la carta la ri-consegna a noi, intatta e soprattutto viva.Nella ricetta qualcosa è cambiato, anzi più di qualcosa a dirla tutta, e anche nell’aspetto: la “faccia” della carta lavo-ra come uno specchio, mostrando nel tempo la progressiva distanza dai primi fogli. Si prenda ad esempio la rivolu-zione di metà Ottocento. Da una parte

la difficile reperibilità degli stracci, fino allora unica materia prima, dall’altra una domanda che dalla metà del XV secolo non aveva mai smesso di crescere, spin-sero nella direzione di una innovazione tecnologica, col passaggio dalla produ-zione artigianale a quella industriale e con l’individuazione di una nuova mate-ria prima: il legno.La “carta di legno” era all’inizio piutto-sto scura e di scarsa qualità, utilizzata in prevalenza per stampare i giornali. I car-tai cercarono di migliorarne l’aspetto e le prestazioni, attraverso tutta un’altra serie di nuovi trattamenti, per lo più chimici. Il contrappasso fu un innalzamento del livello di acidità della carta, e con esso quello della sua deperibilità. Ad esem-pio l’ossidazione col cloro ne garantiva lo sbiancamento, ma non era immune da effetti nocivi sulla resistenza del fo-glio e soprattutto sull’ambiente, con gli inevitabili scarti di diossina; la collatura «in massa», cioè applicando le colle di-

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va a osservare un viaggiatore neozelandese in partenza. Si sofferma in particolare sul suo passaporto, gli sembra di riconoscere o ricordare qualcosa nella fattura. Per un caso fortunato le pagine del passaporto sono ben visibili nelle mani del suo intestatario, e si mostrano in controluce tra le dita, lasciando scorgere nella carta il disegno di due profili simmetrici dell’animale simbolo della Nuo-va Zelanda: il kiwi.Le mani del viaggiatore neozelandese sono le stesse che hanno toccato poche settimane prima una partecipazione di matrimonio arrivata da un Paese lontano, spedita da una parente che lui non vede da molto, grande appassionata di carta, nata in quella terra che della carta ne è considerata a ra-gione la culla. La sposa è ovviamente italia-na, e le sue partecipazioni ci riportano per un’ultima volta a Fabriano: le ha scritte in bella calligrafia su cartoncini Medioevalis, prodotti a macchina in tondo secondo una lunga tradizione, iniziata cento anni fa, nel 1904.

Secondo la famosa teoria dei sei gradi di separazione, due persone sconosciute tra loro possono essere messe in contatto attraverso una catena di sole altre cin-que persone, sfruttando la conoscenza reciproca della prima con la seconda, la seconda con la terza ecc. arrivando infi-ne alla settima con sei semplici passaggi.

Come si è visto, la teoria può benissimo applicarsi anche ai diversi usi della car-ta. La produzione odierna è infatti va-sta e variegata, al punto che dalla stessa azienda possono uscire articoli destinati a sfere della realtà talmente separate da rischiare di non incontrarsi mai. È il caso di Fabriano, che dal 1264 a oggi ha co-nosciuto una diversificazione progressi-va della sua offerta, applicandosi agli usi casalinghi e d’ufficio, senza mai venir meno alla qualità promossa dalle carte raffinate, destinate all’arte e all’editoria, che l’hanno resa unica nel mondo.Il mondo è pieno di carta, quello occi-dentale almeno, in tutti i suoi angoli, in ogni spazio e scompartimento. Se ne incontra a ogni passo, in ogni città, di ogni impasto e formato, carte lisce o carte ruvide, spesse o sottili, buone per scrivere o per soffiare il naso, per pulire o per non sporcare, al bar e al ristorante, sulla parete di un’officina o nel cassetto di un ragioniere.

La produzione odierna è infatti vasta e variegata, al punto che dalla stessa azienda possono uscire articoli destinati a sfere

della realtà talmente separate da rischiare di

non incontrarsi mai.

Il tempo tira dritto come da tradizione, e tra un iPod e un e-reader non dimentica di confermare ogni giorno il vivo biso-

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24/32doppia con layout simile a rivista

1. Nem sit facilia nus molupturibus dolloria comnis mos sit il invelia nossitibust, veribus moluptam quis sant eaque nobistr uption paruptatur auta nihillecae. 2. Nem in rempel ium cum harum, venem quas es nost eossi od qui consequunt verumquatium doluptus dolore, nectum vellaut atiustis quameni menimagnis aut quam que num vellaut et ex et ad magnimo loribus apelluptas aut ducid untur mod earum elia imus et veleni officatur, cuptaecea

Nem sit facilia nus molupturibus dolloria comnis mos sit il invelia nossitibust, veribus moluptam quis sant eaque nobistr uption paruptatur auta nihillecae. Nem in rempel ium cum harum, venem quas es nost eossi od qui consequunt verumquatium doluptus dolore, nectum vellaut atiustis quameni menimagnis aut quam que num vellaut et ex et ad magnimo loribus apelluptas aut ducid untur mod earum elia imus et veleni officatur, cuptaecea

LA MACCHINA PER LA PRODUZIONE DELLA CARTA

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25/32ipotesi di impaginato di leporello con schema per la macchina

3. Nem sit facilia nus molupturibus dolloria comnis mos sit il invelia nossitibust, veribus moluptam quis sant eaque nobistr uption paruptatur auta nihillecae. Nem in rempel ium cum harum, venem quas es nost eossi od qui consequunt.4. Verumquatium doluptus dolore, nectum vellaut atiustis quameni menimagnis aut quam que num vellaut et ex et ad magnimo5. loribu rate voluptasped quundunt lis velique eatium iur am, senihil lorporro temquia ectios eiunt eaque cus aspel int.

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f a b r i a n o

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19 aprile 2013

pitis

Struttura del libro

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27/32che cos’è la carta?La carta è un foglio costituito da fibrevegetali come cellulosa, cotone, canapa,fra loro feltrate nell’acqua e poi essiccate.Nell’impasto si aggiungono talvolta pigmenti coloranti e alcune sostanzeminerali per diminuire la trasparenza in modo che la carta possa essere scritta o stampata su ambo i lati. Per lo stesso motivo una volta ottenuto il foglio vi si spalmano delle materiecollanti che lo rendono meno assorbente.La carta esce dalla cartiera, alla fine del processo di produzione, sotto forma di grandi bobine o fogli.

il cilindro olandeseNel xvii secolo arrivò dall’Olandauna notevole innovazione: un cilindro munito di lame metallicheche tagliavano, strappavano e riducevano gli stracci in poltiglia. Non era più necessario lasciare a macerare gli stracci per sfilacciarlisolo dopo molte ore di riposo, quindi i tempi di lavorazione divennero più veloci e la qualità della carta migliorò notevolmente.

le invenzioni italianeA Fabriano nacquero nel 1300 le più importanti innovazioni per la produzione moderna della carta:• la pila a magli multipli per battere meccanicamentegli stracci da cui si ricava la pasta per la carta;• l’impiego della gelatina animale sulla superficie dei fogli per rendere la carta resistente ai liquidi,quindi più facilmente scrivibile con inchiostro;• la filigrana, inizialmente dei semplici segni visibiliin controluce, fino ad arrivare poi a riproduzioni sempre più complesse multitonali e tridimensionali. La carta si a≠erma così come supporto privilegiato a cui l’uomo a∞derà per secoli la parola scritta per comunicare e per tramandare il pensiero, le conoscenze e le opere del suo ingegno.

a cosa serve la cartaLa carta è il materiale più flessibile, economico ed ecologico per la scritturae la stampa, per il trasporto e l’imballaggio (buste, sacchetti, astucci). Si trova in tutte le stanze della casa, dalla carta per cucina e bagno ai paralumi del soggiorno, dal quaderno nello zaino al bicchiere da picnic.

Nel 1986 a Dunhuang, scavi archeologici in una tomba della prima metà del ii secolo a.C. portarono alla luce della carta su cui

era disegnata una mappa. Questo ritrovamento lascia supporre che la cartafosse già nota in quell’epoca anche se secondo la tradizione fu inventata

in Cina intorno al 105 d.C. dal dignitario di corte Ts’ai Lun.

Ai tempi di Marco Polo la carta in Cina era realizzata con paglia di tè oppure riso, canna di bambù e stracci

di canapa. Oggi invece è costituita soprattuto da fibre di kozo e di gelso, solo raramente di riso.

Nel 751, durante una spedizione militare verso le frontiere della Cina, il governatore generale del Cali≠ato di Bagdad catturò

a Samarcanda due fabbricanti di carta cinesi. Valendosi del loro aiuto, impiantò una cartiera in quella città, località propizia perché

ricca di acqua, canali di irrigazione e campi di lino e di canapa.In questo modo l’arte della fabbricazione della carta

venne appresa anche dagli arabi.

Per duecento anni almeno Fabrianodominò incontrastata il mercato europeo

della carta, sostituendosi del tutto ai precedenti fornitori spagnoli e siriani.

prima della cartaCyperus Papyrus, è il nome botanico del papiro, una pianta acquatica originaria dell’Africa nord-occidentale e della Sicilia. Dal 3000 a.C. gli egizi utilizzarono il papiro come supporto per la scrittura. I fogli, uniti ai margini venivano arrotolati attorno ad un bastoncino, creando un libro chiamato Volumen dai romani. Anche i greci utilizzarono il papiro fino a quando nel vi secolo d.C. fu sostituito dalla pergamena, la cui materia prima non è di originevegetale ma è la pelle di agnello o vitello.

Prima venivano recisi gli steli della pianta 1 veniva poi tolta la sottile corteccia 2

e tagliata a striscioline 3 che erano posizionate in una tavola di legno in mododa formare un graticcio 4 .Coperte da una pezza di lino 5 erano bagnate, pestate con un sasso 6 o con una mazza 7 perché le fibre si impastassero.Infine i fogli venivano fatti essicare al sole.

i formatiLo standard internazionale del formato carta si chiama iso 216 e si basa sullo standard tedesco din 476. Il formato base è un foglio di carta di 1 mq (A0) in cui il rapporto tra base e altezza è fisso ed è radice quadrata di 2.I formati successivi (A1, A2, A3 e così via) si ottengono semplicemente tagliando a metà la carta sul lato più lungo. Il formato più usato e conosciuto è l’A4 (210 x 297 mm).

l’impasto oggiIl 12% del legname tagliato nel mondo ogni anno è destinato alla produzione di carta (il 52% è usato come combustibile e il 36% per mobili e costruzioni). Se le foreste sono gestitecorrettamente tagliando e ripiantando piccole porzioni alla volta di alberi, la produzione di carta non arreca danniall’ambiente: le piante ricrescono, e una foresta giovaneassorbe anche più anidride carbonica. Organismi di controllocertificano le produzioni di legname rispettose dell’ambiente.

i vari tipi di cartaCi sono tanti tipi di carta. Liscia o ruvida, opaca o brillante, bianca o colorata, patinata o naturale o di peso diverso, come carta, cartoncino e cartone. Si misura in due modi: per spessore e per peso a metro quadrato (grammatura). la filigrana

I cartai di Fabriano furono i primi a servirsi di filigrane per contrassegnare la propria carta, usanza assolutamente sconosciuta ai cinesi e agli arabi. La filigrana è l’immagine che si vede in alcuni fogli se messi in controluce. L’immagine è formata con il filo di rame cucito direttamentesul telaio. Questo rende il foglio unico e la sua origine certa.Spesso le filigrane sono utilizzate per fare la carta moneta, in modo da renderla di∞cilmente falsificabile.

suminagashi La tecnica usata per realizzare questo e≠etto sulla carta si chiama Suminagashi.È un’antica tecnica di decorazione inventata in Cina più di 2000 anni fae praticata anche in Giappone dal dodicesimo secolo.Si disegna con inchiostri sulla superficiedell’acqua contenuta in una bacinella larga e piatta, e quando il disegno è pronto lo si raccoglie con un foglio di carta appoggiando quest’ultimo sulla superficie liquida.

© Fabriano 2011 • progetto grafico Silvana Amato • disegno Julia Binfield

Lo scienziato tedesco Georg Christoph Lichtenberg aveva avuto l’idea di creare un formato carta standard già nel 1786. Sempre in Germania nel 1922 Walter Porstmann riutilizzò l’idea di Lichtenberg creando il sistema din (din 476). Il Nord America usa uno standard leggermente diverso.

Un pacco di carta viene chiamato risma e contiene 500 fogli.

1 Carta fino a 150 gr spessore tra 0,03 e 0,3 mm2 Cartoncino da 150 a 400 gr

spessore tra 0,3 mm e 2 mm3 Cartone più di 400 gr

spessore oltre i 2 mm

canada

oslo

stati uniti

mosca

polonia

stevenage

olanda

marly

norim

berga

troyes

fabriano

xàtiva

fez

cordoba

il cairo

india

damasco

bagdad

samarcan

da

nepal

giappone

corea

cina

1802 1695 1690 1690 1491 1490 1428 1400 1390 1338 1264 1150 1100 1036 900 850 850 793 751 650 610 500 105

fare la carta a mano

l’atlante della carta

Quartino usi eccellenti

Apertura Stile: classic testo: ca.30,000 battute=30 pag

da aggiungere: – notizie fl ash– minimali

2. La storia della carta

img sugli usi img sugli usiStile: come una rivista testo:

ca.10,500 battute=5 pag

1. Gli usi della carta

Apertura

Cam

bio

cart

a

Indice IndiceColophon FrontespizioOcchielloRisvolto: atlante della carta

8. 10. 12. 14. 16. 9. 11. 13. 15. 17.

2. 4. 6. 1. 3. 5. 7.

18. 20. 22. 24. 26. 19. 21. 23. 25. 27.

28. 30. 32. 29. 31. 33.

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Stile:? testo: ca.25,000 battute=12 pag

3. SicurezzaQuartino usi eccellenti

Img storia

34.

44. 46. 48. 50. 52. 45. 47. 49. 51. 53.

36. 38. 40. 42. 35. 37. 39. 41. 43.

54. 56. 58. 55. 57. 59.

60. 62. 64. 66. 68. 61. 63. 65. 67.

Cam

bio

cart

a

Cam

bio

cart

a?

69.

Img sicurezza

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fine 8vo leporello con schema macchina

Img archivi

Quartino usi eccellenti

4. Tecnologia Stile: come una rivista? testo: come capitolo

industria? 14,000?

5+6. Industria illuminata e archivi

7. Fabriano: stabilimenti e boutique

Stile: ? testo: 14,000=7pag

Stile: testi e foto alternati

testo: ? ritratti?

80. 82. 84. 86. 83. 85. 87.

74. 76. 78. 73. 75. 77.

88. 90. 92. 94. 96. 89. 91. 93. 95.

98. 100. 102.

97.

99. 101. 103.

Cam

bio

cart

a?

81.

70. 71. 72.

Cam

bio

cart

a?

79.

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Img Fabriano, foto prodotti da

campionari in archivio

9. Fabriano: nel mondo

10. Officine Fabriano

Stile: testi e foto alternati

8. Fabriano: nel mercato

foto di apertura

Quartino usi eccellenti

breve testo introduttivo

104.

114. 116. 118. 120. 122. 115. 117. 119. 121. 123.

106. 108. 110. 112. 105. 107. 109. 111. 113.

124. 126. 128. 130. 125. 127. 129.

132. 134. 136. 138. 131. 133. 135. 137. 139.

Cam

bio

cart

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la colonna traianaLa forma più antica delle lettere alfabetiche occidentali è quella delle maiuscole greche incise su pietra, tracciate a mano libera e senza grazie. Con il tempo i tratti di queste lettere divennero più spessi e apparvero le grazie (il cui uso nasce proprio dai caratteri lapidari in cui era molto di∞cile incidere con lo scalpello nel marmo gli angoli di novanta gradi necessari a terminare le aste). Le nuove forme fissarono il modello di scrittura della Roma imperiale. In particolare, si fa risalireall’iscrizione posta sulla base della Colonna Traiana a Roma, incisa nel 113 d.C., il modello per le evoluzioni della lettera maiuscola degli ultimiduemila anni. Le lettere minuscole invece si basanosulla scrittura umanistica, un adattamento a sua volta della minuscola carolina del ix secolo.

magon

za / johann

gutenberg / bibbia

subiaco / conrad sweynheym

, arnold pannartz / prima stam

peria in italia

venezia / n

icolas jenson

/ il carattere uman

istico

venezia / fran

cesco gri≠o / il corsivo / aldo m

anuzio

parigi / claude garamon

d

roma / giovan

francesco cresci / il perfetto can

cellaresco corsivo

londra / w

illiam caslon

birmin

gham / john

baskerville

parigi / françois-am

broise didot

parma / giovan

battista bodoni / m

anu

ale tipografico

londra / robert besley / claren

don / rivoluzion

e industriale

lechlade / william

morris / kelm

scott press

londra / edward johnston / w

riting &

illum

inatin

g & letterin

g/ eric gill

san jose / robert slim

bach / min

ion

1462 1464 1469 1499 1545 1579 1702 1738 1751 1784 1788 1848 1891 1906 1923 1927 1931 1947 1953 1955 1957 1957 1989 1990 1996

l’atlante della tipografia

rivoluzione industrialeNell’Ottocento, con l’inserimento delle macchine a motore nei mestieri legati alla stampa, le cose cambiarono radicalmente dopo che per circa trecento anni erano rimaste più o meno immutate. La prima macchina e∞ciente per la produzione della carta fu brevettata nel 1799. La prima stampante cilindrica a motore era in uso al Times nel 1814. La produzione di stampatiinizia ad aumentare vertiginosamente, a volte a scapito della qualità. Si introduce anche l’uso di caratteri pesanti per dare enfasi all’interno di un testo. Nasce quindi quella che oggi è una variante applicata a tutti gli stili: il carattere bold (nero).

garamondÈ il carattere più di≠uso nell’editoria libraria. Ne esistono moltissime versioni che solo apparentemente si somigliano. Questa confusione nasce dal fatto che anche allo stesso Claude Garamond vennero attribuiti caratteri che non erano stati da lui disegnati. Forse la versione digitalepiù vicina all’originale matrice in piombo di Garamond è quella disegnata da Robert Slimbach nel 1989. In Italia una fortuna enorme ha avuto invece il GaramondSimoncini che caratterizza tutt’ora gran parte dell’editoria.

bodoniÈ il carattere che si sceglie quando si vuole dare un tono spiccatamente classico al testo. E in e≠etti le sue forme rimandano proprio al periodo neoclassico in netta opposizione al frastuono dei caratteri usati nell’Ottocento come conseguenzadella rivoluzione industriale. Deve il suo nome a Giovan Battista Bodoni che ne è il disegnatore, e, data l’epoca, anche l’incisore. Bodoni era inoltrestampatore ed editore: i suoi libri erano famosi per l’eleganza dei caratteri usati, per la qualità della carta e degli inchiostri impiegati.

i caratteri si disegnanoQuesti accenni, che toccano argomenti, tempi e luoghi diversi, sono solo un piccolo stimolo per una riflessione su ciò che quotidianamente leggiamo. Spesso si dà per scontata la forma del testo e ci si concentra solo sul contenuto. Ma la scrittura, nella sua forma, ha una genesi antichissima che si intreccia con la storia, il pensiero e le rivoluzioni tecnologiche. Le singole lettere che compongono un testo sono sempre disegni immaginati e realizzati da qualcuno con la propria cultura e il proprio modo di progettare. Amanuensi con il pennino, incisori di caratteri mobili o disegnatori di curve digitali hanno costantemente dato forma nei secoli al nostro linguaggio, e c’è ancora molto da scoprire e inventare nella scrittura come sistema di comunicazione.

caratteri chiaveCi sono alcune lettere dell’alfabeto la cui forma è più complessa di quella di altre e sono proprio queste che fanno sì che un carattere si riconosca più facilmenterispetto ad un altro. La R e la Q ad esempio hanno un disegno sicuramente più articolato e significativo di quello di una semplice ed essenziale L o di una I.

johann gutenbergNato a Magonza nel 1397, è ritenuto l’inventore della stampa a caratteri mobili. La sua formazione da orafo lo aiuta nell’incisionedelle lettere alfabetiche sulle piccole matrici di piombo. Il primolibro ad essere realizzato con questo sistema, che permetteva l’abbandono della trascrizione manuale a vantaggio di una produzioneseriale, è la Bibbia delle 42 linee. Furono necessari quattro anni per la composizione del testo, che venne stampato in forma definitiva nel 1462. Ne furono tirate 150 copie in carta e 35 in pergamena.

tipografiaIn questo manifesto la parola tipografia è usata sempre nell’accezione letterale di scrittura con i tipi (altro nome usato tradizionalmente per indicare i caratteri) e non come luogo in cui si stampa.

times new romanViene progettato dall’inglese Stanley Morison per il quotidiano The Times. Carattere poco elegante ma estremamente e∞ciente e leggibileanche nelle dimensioni più piccole, avrà un’enormefortuna anche al di fuori dell’ambito giornalistico.

corpo del carattereÈ il parametro che ne definisce la dimensione e si esprime in punti tipografici. In origine si trattavadella misura della faccia del blocchetto di metallo su cui veniva fusa ogni lettera. Anche oggi, in ambitodigitale, corrisponde al rettangolo immaginario chedefinisce lo spazio riservato ad ogni segno alfabetico.Abitualmente i libri sono stampati con un carattere il cui corpo può variare dai 9 ai 12 punti.

con le grazie o senzaUna prima divisione nell’ambito del disegno dei caratteri è quella che li distingue in caratteri con le grazie (serif ) o caratteri lineari, cioè senza grazie (sans serif ). Le grazie sono le parti terminali che caratterizzano l’inizio e la fine dei tratti principali delle lettere. Possono essere lunghe o brevi, spesse o sottili,acuminate o tozze, piatte, triangolari e così via.

tondo e corsivoSono i nomi che si usano per definire i caratteri che hanno un disegno dritto (tondo) e inclinato (corsivo). Derivano entrambidagli stili di scrittura a mano praticati nel Quattrocento. Il corsivo, inciso per la prima volta da Francesco Gri≠o per il tipografo ed editore Aldo Manuzio, ha come modello la corsiva cancelleresca utilizzata nella cancelleria vaticana, il tondo invece si sviluppa dalla minuscola carolina del ix secolo. Si basano, in particolare nei caratteri con le grazie, su disegni diversi fra loro,quindi il corsivo non è semplicemente un tondo inclinato. Oggi si usano generalmente insieme in un unico testo, a∞dando al corsivo il compito di distinguerne determinate parti o parole.

helveticaÈ il più famoso e probabilmente il più utilizzato negli ultimi cinquant’anni tra i caratteri lineari. Viene scelto anche per i testi editoriali, ma è soprattutto nella composizione di titoli, di manifesti, di segnaletica e di marchi che ha trovatola sua maggiore applicazione. È stato disegnato dallo svizzero Max Miedinger nel 1957.

boston /

matthew

carter / verdana

parigi / philippe grandjean

/ roman

du roi / pierre simon

fournier

berlino / el lissitzky / topographie der typographie

francoforte / paul ren

ner / futura / bauhaus

salfords / stanley m

orison / tim

es

londra / jan

tschichold / penguin

books

marsiglia / roger exco≠

on / m

istral

francoforte / herm

ann

zapf / optima

mün

chenstein

/ max m

iedinger / helvetica

berna / adrian

frutiger / univers

berlino / erik spiekermann / fontshop /

info o∞ce

© Fabriano 2012 • un progetto di Silvana Amato • disegnato da Steven Guarnaccia • il testo è composto in Miller di Matthew Carter

Apparati fi nali

140. 142. 144. 146. 141. 143. 145.

Risvolto: atlante della tipografia

caratteristiche

n.pagine 146

cambi carte 7 (non necessariamente 7 carte diverse)

quartini di “usi eccellenti” (n.4)

1 leporello (n.1) schema macchina da stampa

risvolti stampati con atlanti (da rivedere / rifare: adattamento grafico e contenutistico)

formato 17x24

_ grazie

pitis

19 aprile 2013


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