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Bruno Munari - Grafica e psico-pedagogia

Date post: 06-Mar-2016
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Tesina su Bruno Munari (1907-1998), artista, designer e genio italiano. In particolare si approfondiranno i temi di cosa e come vedeva lui la grafica e il suo aspetto pedagogico. Data:
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1 grafica e psico-pedagogia
Transcript

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gra�ca e psico-pedagogia

Davide De Rossisezione C1

matricola 747752

Abstract

Con questo elaborato cercherò di sinte-tizzare tutta la vita e la personalità, indub-biamente complesse, del “tuttofare” Bruno Munari. E’ veramente difficile classificare con una professione l’attività che svolse Munari, ap-punto perchè lo si ricorda per aver fatto il designer, il grafico, l’artista, lo psico-peda-gogo, divenendo così anche un pò filosofo... insomma, sin dai primi anni, Munari si fece notare in diversi campi. Spazierò dalla sua grafica alle sue pubblicazioni editoriali, dal-le sue produzioni di libri a quella di oggetti strani, dalle sue collaborazioni con etichette famose ai suoi insegnamenti scolastici cer-cando di dare un impasto generale delle sue capacità artistiche e non. In particolare ap-pronfondirò l’aspetto pedagogico di Munari e il suo interessamento nel divulgare un nuo-

vo metodo di apprendimento improntato sul labora-torio per i bambini, i quali diventeranno gli adulti del domani. Tuttora Munari viene ricordato per quello che ci ha lasciato e viene considerato come un maestro.

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Indice

Introduzione

Biografia

Grafica editoriale

Psico-pedagogia

Giocare con l’arte

Design industriale

Bibliografia

............................................................................................................................. pag. 4

.................................................................................................................................. pag. 6

..................................................................................................................... pag. 8

.................................................................................................................... pag. 10

................................................................................................................... pag. 14

................................................................................................................... pag. 18

............................................................................................................................. pag. 20

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Indubbiamente complessa è la personalità di Bruno Munari, del quale è difficile descrivere uno dei periodi o un particolare momento storico, ma è piuttosto ne-cessario inquadrare l’attività dell’intera sua vita. Mu-nari è stato contemporaneamente artista (nonostante egli avesse sempre ironizzato su tale definizione), de-signer, grafico, un po’ filosofo e anche, a modo suo, poeta, oltre che psico-pedagogo; per quest’ultimo aspetto basti pensare agli incontri con bambini e ra-gazzi sul “fare” artistico. Bruno Munari il perfettissimo domina la scena mi-lanese sin dagli anni Trenta in quanto è stato uno dei massimi protagonisti dell'arte, del design e della gra-fica del XX secolo, dando contributi fondamentali in diversi campi dell'espressione visiva (pittura, scultu-ra, cinematografia, design industriale, grafica) e non visiva (scrittura, poesia, didattica) con una ricerca poliedrica sul tema del movimento, della luce e dello sviluppo della creatività e della fantasia nell'infanzia

attraverso il gioco. Ha vissuto tutte le età più significative dell'arte e del progetto, diventandone un assoluto protagoni-sta con la creazione delle "macchine inutili" e con il contemporaneo lavoro di grafica editoriale, del tutto innovativo nel panorama europeo. Ma è nel secondo dopoguerra che Munari si afferma come uno dei pen-satori di design più fervidi: la collaborazione con tutte le aziende più importanti per la rinascita del Paese (dalla Einaudi alla Olivetti, dalla Campari alla Pirelli) e una serie di geniali invenzioni progettuali (spesso realizzate per la ditta Danese) ne fanno un personag-gio chiave per la grande stagione del design italiano. Come scrisse Marco Meneguzzo, «la progettazione di Munari è strettamente coerente col suo progetto conoscitivo globale, i cui strumenti sono il metodo, il dubbio, l’ironia, lo spiazzamento». Sua prerogativa è soprattutto lo spiazzamento come regola, nell’inten-to di arricchire la realtà con una nuova dimensione visiva. Grafica, oggetti, opere d'arte, tutto risponde a un metodo progettuale che si va precisando con gli anni, con i grandi corsi nelle università americane, come il MIT, e con il progetto più ambizioso di tutti, che è quello dei laboratori per stimolare la creatività infantile, che dal 1977 sono tuttora all'avanguardia nella didattica dell'età prescolare e della prima età scolare.

Introduzione

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Manifesto Campari, Bruno Bunari, 1960

Prima collezione di accessori Campari, ispirata alla celebre opera di Munari, 2010

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Biografia

Nato a Milano nel 1907 e ivi morto nel settembre del 1998. Bruno Munari passò l’infanzia e l’adolescenza a Badia Polesine. Nel 1925 conosce Marinetti, simpa-tizza con Balla e Prampolini, i futuristi che lo influenza-rono maggiormente. Dal 1927 partecipa alle collettive futuriste: espone alla milanese Galleria Pesaro, alla

Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e a Parigi. Sono del 1933 le sue prime “macchine inutili”, conce-pite secondo i presupposti dell’arte programmata, che lo rendono famoso negli ambienti artistici dell’epo-ca. Inventa “L’agitatore di coda per cani pigri”, studia “il motore per tartarughe stanche”. Nel 1939 diventa

art director della rivista Tempo. Con Max Huber colla-bora alla creazione dell’immagine della casa editrice Einaudi. Del 1948 i suoi “libri illeggibili”; del 1951 le “strutture continue” tridimensionali, gli esperimenti sul “negativo-positivo” e quindi successivamente quelli sulla luce polarizzata per proiezioni dalla materia; i numerosi film di ricerca, la progettazione di oggetti di arte cinetica; le sue famose “sculture da viaggio” in cartoncino piegabile (oggetti di ornamentazione estetica, progettati allo scopo di creare un punto di riferimento, in qualche modo coincidente col proprio mondo culturale, da collocare nelle anonime camere di albergo o in altri luoghi non caratterizzati). Seguono le “Xerografie originali”, i “Polariscop”, gli oggetti flessibili “Flexy”, i giochi per i bambini e tanti vari oggetti di arte cinetica. A questa intensa ricerca nel campo della sperimentazione visiva e attività nel campo della progettazione, si accompagna quella della grafica, in quello degli allestimenti e in quello del-la saggistica. Tra i suoi numerosi scritti, fondamentali sono “Design e comunicazione visiva” (1968), “Arte come mestiere” (1966), “Artista e designer” e “Codice ovvio” (1971). Premi e riconoscimenti gli giungono da ogni parte del mondo: il premio della “Japan Design Foundation” (1985), il premio Spiel Gut di Ulm (‘71, ‘73, ‘87) e nel 1989 la laurea ad Honorem in architet-tura dell’Università di Genova.

Bruno Munari, fotografia

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Macchina inutile, Bruno Munari, 1933

Motore per tartarughe stanche, Bruno Munari, 1933

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Grafica editoriale

realizzato nel 1960 per Campari, dove ancora una volta egli adotta la teoria dello spiazza-mento, secondo una concezione Zen, di cui Munari è stato cultore. Egli non disegna una nuova immagine, ma

riassume, in una composizione tenuta su un registro di sapiente equilibrio, tutti i logotipi dell’azienda utiliz-zati o progettati dai designer che lo hanno preceduto. In quel manifesto e nelle rielaborazioni del 1984-85, mostra come si possono applicare a uno strumento pubblicitario quegli elementi di sincronia visivo/con-cettuale sperimentati nei “Libri illeggibili”, in un certo senso anche inutilizzabili strumentalmente. Munari realizzò con Max Huber tra il 1962 e il 1972 la grafica delle collane Piccola Biblioteca (con il quadrato colorato in alto), Nuova Universale (con le strisce orizzontali rosse), Collezione di poesia (con i versi su fondo bianco in copertina), Nuovo Politecni-co (con il quadrato rosso centrale), Paperbacks (con il quadrato blu centrale), Letteratura, Centopagine, e delle opere in più volumi (Storia d’Italia, Enciclopedia, Letteratura italiana, Storia dell’arte italiana). Munari è stato anche il grafico-impaginatore di testate Monda-

La produzione editoriale di Munari si estende per settant’anni, dal 1929 al 1998, comprendendo libri veri e propri (saggi tecnici, poesie, manuali, libri “arti-stici”, libri per bambini, testi scolastici), libri-opuscolo pubblicitari per varie industrie, copertine, sopracco-perte, illustrazioni, fotografie. In tutte le sue opere, è presente un forte impulso sperimentale, che lo spin-ge a esplorare forme insolite e innovative a partire dall’impaginazione, dai “Libri illeggibili” senza te-sto, all’ipertesto ante litteram di opere divulgative come il famoso “Artista e designer” (1971). Alla sua vasta produ-zione come autore vanno ag-giunte infine le numerose co-pertine e illustrazioni per libri di Gianni Rodari, Nico Orengo e altri. Famoso è un suo manifesto

Libri illeggibili, Bruno Munari, 1948

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dori come “Tempo” (dal 1939) ed “Epoca”. Egli tiene distinta la grafica editoriale differenziandola dagli altri suoi artefatti, applicandovi più rigore costruttivista e bauhausiano, rinunciando alle soluzioni più fantasio-se. Per valutare l’impatto che l’opera di progettazione di Munari ha avuto sull’immagine della cultura in Italia, si può prendere ad esempio l’opera per l’editore Einau-di. In questo senso è significativa la lunga collabora-zione con la casa editrice torinese, e la costruzione, collana dopo collana, di una corporate semplice ed essenziale, ma anche fortemente connotata, che si identifica proprio con lo “stile Einaudi”. Tra le altre realizzazioni grafiche di grande succes-so, si ricordano la Nuova Biblioteca di Cultura e le Opere di Marx-Engels per “Editori Riuniti”, e due col-lane di saggi per Bompiani.

Libri illeggibili, Bruno Munari, 1948

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Psico-pedagogia

Grazie alla divulgazione ed all’attenzione che ha ricevuto tra gli insegnanti, in particolar modo di scuole materne ed elementari, l’attività di Munari in quest’ambito è probabilmente quella più nota: se la diffusione geografica si potesse rappresentare con un fascio di bandiere, qui davvero si vedrebbero sventolare molti colori. Con i giochi e libri per bambini - il Gatto Meo in gommapiuma, i Prelibri di Danese, i Libri illeggibili di fogli variopinti e senza te-sto, i libri con i buchi, le pa-gine trasparenti, i tattili, i componibili, le fiabe riscritte visivamente, i libri oggetto, l’Alfabetiere, il letto Abi-tacolo e le molte altre invenzioni che hanno letteral-mente fatto scuola - Munari è entrato nelle camerette e nelle aule di molti paesi del mondo. Più che un metodo, come oggi è erroneamente de-

Conservare l’infanzia dentro di sé per tuttala vita, vuol dire conservare la curiosità di conoscere,il piacere di capire, la voglia di comunicare

finito, quello proposto da Munari è un modo di porsi e di proporsi nei confronti dei bambini; ed in questa assenza di una strutturazione rigida stanno la fortuna e la universale possibilità di attivazione dei laboratori che vi si ispirano, che dunque possono essere ap-plicati in contesti culturali molto differenti, facilitando l’integrazione, e la comunicazione. Mostrando con strappi di carta come si sviluppa un albero, facilitando la comprensione di un’opera d’ar-te, bucando le pagine di un libro per far vedere cosa c’è al di là delle apparenze, consentendo di scompor-re l’immagine di un volto per ricostruirne a piacimen-to l’espressione, l’autore ha come di consueto com-piuto gesti semplici e realizzato una delle opere più

grandi e complesse che si potessero prevedere. Con la sua straordinaria capacità di guardare, ha trovato la strada per pre-stare gli occhi, per trova-re gli occhi degli altri e

per portarli ovunque egli volesse. Persino a vedere l’assenza, che è una delle imprese più difficili, nell’ar-te. Munari, in uno dei tanti libri per bambini, scrisse la storia di Cappuccetto Bianco: “Assolutamente scono-sciuta fino al giorno in cui è andato in stampa questo

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libro era la storia di Cappuccetto Bianco. Ora è qui in queste pagine ma non si vede. Si sa che c’è questa bambina tutta vestita di bianco, sperduta nella neve. Si sa che c’è una nonna, una mamma, un lupo. Si sa che c’è una panchina di pietra nel piccolo giardi-no coperto dalla neve, ma non si vede niente, non si vede la cuccia del cane, non si vedono le aiuole, non

I bambini di oggi sono gli adulti di doma-ni; aiutiamoli a cresce-re e liberi da stereotipi; aiutiamoli a sviluppare tutti i sensi; aiutiamoli a diventare più sensibili; un bambino creativo è un bambino più felice

si vede niente, proprio niente, tutto è coperto dalla neve. Mai vista tanta neve”. Le pagine di quel libro sono tutte candide. Le giri, e sono completamente bianche, una dopo l’altra. Ma all’improvviso proprio nell’ultima facciata spuntano un paio di occhioni azzurri, solo quelli, che ti guardano, cristallini e curiosi.

Gatto Meo Romeo, Bruno Munari, 1952

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Alfabetiere, Bruno Munari, 1960

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Cappuccetto Bianco, Bruno Munari, 1981

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Giocare con l’arte

Negli scritti, nelle interviste, negli incontri con il pub-blico, si può ritrovare il pensiero, l’ideologia di vita di Bruno Munari ed è proprio la sua aspirazione alla tra-sformazione “della capacità sociale” attraverso l’edu-cazione dei piccoli (gli adulti di domani) che ispira la realizzazione dei laboratori “Giocare con l’Arte”. I laboratori sorgono negli anni ’70 e sono centro attivo all’inter-no di un museo tradizionalmente visto come luogo chiuso e silen-zioso dove si andava in punta di piedi ad ammirare e contem-plare i capolavori tramandatici da artisti famosi, incommen-surabilmente lontani dalla vita quotidiana del fruitore passivo e stupefatto. Il primo laboratorio fu realizzato a Brera, il filmato che lo documenta ci mostra i bambi-

ni mentre entrano gioiosi e festanti e rompono con la loro allegria il silenzio delle stanze del museo che ospiteranno la loro attività. Negli anni ’70 non era fa-cile trasformare lo schema/stereotipo del museo por-tandolo a divenire luogo di sperimentazione e cono-scenza e quindi a tutti gli effetti laboratorio scientifico. La rottura non significa sregolatezza ma piuttosto tra-sformazione feconda vista come rispetto delle regole e delle tecniche necessarie per essere attivi insieme agli adulti/educatori all’interno dei laboratori. Gli orientamenti pedagogico/didattici più attuali e innovativi ipotizzano un ambiente educativo molto simile ad un grande laboratorio dove i bambini pos-sano godere di plurime occasioni di apprendimento

e formazione all’interno di tale ambiente il materiale di lavoro diviene offerta di conoscenza plurisensoriale e l’adulto diviene la guida che predispone l’am-biente oltre ad essere l’indica-tore di metodi e di possibilità diverse di lavoro che il bambino potrà scegliere a suo piacimento divenendo così capace di espri-mere se stesso superando que-gli stereotipi spesso tacitamente richiesti dalle aspettative adulte.

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L’AMBIENTE come laboratorio

Il MATERIALE come offerta di conoscenza

L’ADULTO come guida e indicatore di metodi di lavoro

di cambiare posto in funzione delle esigenze di lavo-ro. Nel laboratorio non si trovano verità precostituite o modelli da trasmettere ma la possibilità di ricercare più verità e più modelli. Qui si scopre, attraverso un lavoro creativo, una sperimentazione sia personale che collettiva, una gamma di possibilità e di variabili da conoscere e mettere a confronto per poi scegliere vivendo così un continuo e ricco rapporto con le cose e le persone. I bambini sono attivi ed essere attivi nel laboratorio Munari vuol dire poter liberamente prova-re le diverse tecniche, poter variare gli stili proposti per la sperimentazione, uscire dalle regole apprese ed essere capaci di mescolare il tutto, di scegliere un comportamento tra i tanti proposti e provati, il com-

Questi sono tre punti cardine del pensiero pedagogi-co dell’epoca attuale e sono la base teorica dell’im-postazione pratica dei laboratori “Giocare con l’Arte”. Munari offre ai bambini quella possibilità di azio-ne così importante per lo sviluppo di una personalità con mente elastica e pensiero dinamico. Qualità fon-damentali per le prossime generazioni che dovranno essere formate da uomini più liberi da stereotipi e più pronti a capire e ad adattarsi alle situazioni difficili che troveranno da risolvere sul proprio cammino. I piccoli, futuri adulti di domani, dovranno riuscire a mantenere la voglia e la curiosità di provare a mettere insieme quanto hanno sperimentato nell’ambiente laboratori e così potranno esplorare tutte le varianti che si posso-no ipotizzare sulle caratteristiche di un oggetto e di una forma con la quale si vuole giocare. Il laboratorio di Bruno Munari non ha banchi ma tavoli da lavoro perciò permette totale libertà di gesti, di movimenti e, diversamente dalla scuola, possibilità

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sei capaci di accogliere accanto alle loro collezioni le manifestazioni più variegate e diverse.

Bruno Munari mostra gioco a bambino,fotografia

portamento più rispondente alla propria personalità (diversa da quella degli altri). Nel laboratorio viene ad essere di primaria importanza non tanto il prodot-to finale quanto piuttosto il modo con cui si perviene al risultato, risultato che potrà essere l’inizio di una nuova sperimentazione. I bambini esprimono la pro-pria creatività liberi di manifestare sé stessi, liberi dal timore, contenti di presentarsi agli altri per quello che sono, sicuri di una accettazione profonda da parte dell’adulto. Un adulto sensibile permetterà ad ognu-no di scegliere il percorso che gli è più congeniale per esprimere sé stesso. Ma non è facile intendersi quando si parla di libertà di espressione, spontanei-tà, creatività; sono infatti vocaboli abusati nel linguag-gio degli insegnanti e vengono indicati come traguar-di che spesso si pensa di raggiungere lasciando il bambino completamente libero di fare ciò che vuole e abbandonandolo a se stesso in una falsa libertà di espressione oppure sostituendosi al piccolo con suggerimenti che sottolineano ciò che si chiede di cambiare e in questo modo il prodotto finale non sarà più del bambino ma dell’adulto che lo avrà guidato. Oggi possiamo godere di questa idea di “museo aperto” (al mondo) fortemente voluta da Munari che ha anticipato con il suo fare quanto attualmente av-viene con maggiore facilità (ma non sempre senza qualche diffidenza) all’interno dei più prestigiosi mu-

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Bruno Munari e bambini ai laboratori “Giocare con l’Arte”,fotografie

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Design industriale

Come libero professionista, Munari ha disegnato dal 1935 al 1992 diverse decine di oggetti d’arredamento (tavoli, poltrone, librerie, lampade, posacenere, car-relli, mobili combinabili), la maggior parte dei quali per Bruno Danese. E proprio nel campo del disegno industriale Munari ha creato i suoi oggetti di più gran-de successo, come il giocattolo scimmia Zizi (1953), la “scultura da viaggio” pieghevole, per ricreare un ambiente estetico familiare nelle anonime camere d’albergo (1958), il portapenne Maiorca e il posa-cenere Cubo (1958), la celebre lampada Falkland (1964), l’Abitacolo (1971) e la lampada Dattilo (1978).Oltre alla progettazione di oggetti d’arredamento, Munari realizzò anche allestimenti di vetrine (La Rina-scente, 1953), abbinamenti di colori per le vernici del-le automobili (Montecatini, 1954), elementi espositivi (Danese, 1960, Robots, 1980), e persino dei tessuti (Assia, 1982). A 90 anni, firmò la sua ultima opera, l’orologio “Tempo libero” Swatch, del 1997.

Posaceneri Cubo, Bruno Munari, 1958Lampada Falkland, BrunoMunari, 1964

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La sedia per visiste brevissime, Bruno Munari, 1945(Letto) Abitacolo, Bruno Munari, 1971

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Bibliografia

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Scimmia Zizi, giocattolo, Bruno Munari, 1953


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