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BUK Festival 2014 - Modena

Date post: 21-Mar-2016
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Buk Modena 2014 - Festival della piccola e media editoria.
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BUK, Leggere, pensare, conoscere. Trimestrale. Anno 4. Reg. c/o Tribunale di Modena n. 2019 del 9/12/2010 Caterina Vertova pag. 8 Laure Mi Hyun Croset pag. 6 La Danza Basca pag. 18 LEGGERE PENSARE CONOSCERE N° 7 - Inverno 2014 Anne Etchegoyen pag. 16
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Caterina Vertovapag. 8

Laure Mi Hyun Croset pag. 6

La Danza Bascapag. 18

LEGGERE PENSARE CONOSCEREN° 7 - Inverno 2014

Anne Etchegoyenpag. 16

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SOMMARIO

Hanno collaborato a questo numero:Federica Angeli, Mariangela Bastico, Mariapia Cavani, Laura Corallo, Francesca Corrado, Laura Germano, Francesco Giubilei, Stefania Manni, Cristina Minutiello, Paola Nava, Rossella Ruggeri, Stefania Saltini, Giancarlo Scarpa, Francesco Zarzana

Direttore Responsabile:Mariapia Cavani

BUK Città del Libro 4

L’amore per la scrittura, scritta con amore 6

I Sogni di marzapane della signora del giornalismo televisivo 7

Conciliare stanca 8

Attivare la creatività per aumentare il benessere individuale e sociale 10

AGENDER: fare rete tra innovazione e creatività 11

Come si evolve l’editoria in Italia 12

Il posto bianco 13

Milesker: grazie 14

Il magico mondo musicale di Anne Etchegoyen 16

L’importanza dell’Istituto Culturale Basco 17

Danza Basca 18

Anne-Marie Mitterrand, una vita per la scrittura 19

L’atelier dell’artista: Idoutore 20

200° Giornale dei Viaggi IV e il Ducato di Modena 21

Pauline Delpech, tra charme e cause sociali 22

Ma che calcio dici! 24

Laura Lattuada: l’amore per i libri tra teatro e televisione 25

Filastrocche 26

Leggere ci fa bene? Incominciamo da piccoli! 27

Modena, capitale della lettura 28

Arte e cibo. Nuova ricchezza per il territorio 29

Xavier, tra informazione e letteratura 30

Arrivederci nel Paese Basco francese 31

Reg. Tribunale Modena n°2019 del 9/12/[email protected]. 346/6976504

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EDITORIALI

BUK - Festival della Piccola e Media Editoria torna il 22 e 23 febbraio al Foro Boario di

Modena, inaugurando ufficialmen-te la stagione culturale italiana. Quest’ultimo numero della rivista BUK - Leggere, Pensare, Conoscere è dedicato interamente alla settima edizione della kermesse che è en-trata a pieno titolo tra Le Città del

Libro, avendo ottenuto lo scorso mese questo impor-tante riconoscimento nazionale da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.Un riconoscimento che vogliamo condividere con voi lettori e con tutti i partecipanti al Festival perchè premia il nostro lavoro ma soprattutto la vostra passione per la lettura, il vostro amore per la cultura. Un grazie quindi anche a voi.Come da tradizione, la rivista propo-ne contributi a più mani dedicati agli eventi più significativi in programma durante al Festival. Non mancheran-no presentazioni, approfondimenti, tavole rotonde, premi letterari, rea-ding, convegni. E come ogni anno, anche qualche novità. Il Festival è dedicato quest’anno all’ospitalità, alla creatività, alla rete. La prima novità la trovate nelle pagi-ne centrali della rivista. Per la prima volta in Italia all’in-terno di un Festival verrà ospitata non una naziona ma una ‘cultura’: noi abbiamo pensato a quella millenaria del Paese Basco francese che sarà tutta da scoprire nel week end di Buk. Una seconda novità è rappresentata dal tema della crea-tività, file rouge di molti eventi ma che sarà anche il focus centrale del Creative cafè in programma il 22 febbraio.Infine tanto spazio anche all’Europa con grandi presenze internazionali e spazio alla costruzione di reti di collabo-razioni tra realtà locali ed europee.In un momento di crisi profonda del nostro Paese, pen-siamo sia vitale allargare sguardi, visioni, orizzonti; avvia-re un dialogo costruttivo con soggetti e istituzioni che operano nel contesto locale; costruire ponti con l’Europa per ridare slancio ad una Italia ricca di bellezza, cultura e insane contraddizioni.

Francesca Corrado – Francesco ZarzanaDirettori editoriali

Che cosa dire di me a chi prende in mano una rivista che parla di libri, e di piccoli editori che, no-

nostante il nostro Paese non si presen-ti certo ospitale per chi scrive, stampa e vende libri, si ostinano, tenaci, a pro-durre cultura?Io non ricordo qual è stato il primo li-bro che ho letto, ma so che dopo quel-lo non mi sono più fermata; nella mia

casa ci sono libri ovunque: non potrei pensare la mia vita così com’è senza le migliaia di pagine a stampa che mi han-no accompagnato fino a qui. Tra l’idea di salvare il mondo, curare i bimbi in Africa e fare la veterinaria, già alle medie pensavo che in fondo, fare della parola una professione sarebbe stato bello, e ce l’ho fatta, e mi reputo fortunata per questo. Per vivere scrivo e racconto, e ho il privilegio di incontrare le persone, accogliere le loro storie e raccontarle, storica del presente. Uno dei regali più belli del mio lavoro è proprio l’incontro con gli scrittori: presentare libri è un piacere immenso, offre la possibilità di fare, davvero, tutte le domande che, mentre leggi, vorresti rivolgere all’autore che ti appassiona.Come nasce l’intreccio, in che modo prende forma un per-sonaggio, che musica ascolti, se l‘ascolti, mentre scrive, se preferisce la tastiera o la penna, se parte dall’inizio o dalla scena clou…Buk l’ho amata da fruitrice, da giudice, da lettrice, da gior-nalista.. e ora ci sono dentro e ne sono felice, perché è un onore trovarsi a collaborare da dentro ad un progetto che hai apprezzato da fuori.Buk è un posto bello, uno di quelli in cui si annullano le di-stanze: qui sono nello stesso spazio, dalla stessa parte, mi viene da dire, chi legge, chi produce, scrive, pubblica e di-stribuisce libri. E questi sono libri scelti e amati, considerati belli, perché un piccolo editore segue con cura i progetti editoriali.E a che cosa serve una rivista, allora? E’ una specie di map-pa, uno strumento che vi indica, nell’offerta, alcune idee, qualcosa che ci è piaciuto e riteniamo possa piacere anche a voi. Tra un autore e l’altro, tra un libro e l’altro, però, voi andate in giro, sfogliate, domandate ed ascoltate: ci sono interviste, presentazioni, letture ad alta voce, ci sono autori, editori, curatori che realizzano libri da leggere, non solo da mettere in bella mostra su qualche scaffale. Noi siamo qui, a leggere con voi, alla ricerca di libri e raccon-ti piccoli solo per modo di dire. Arrivederci a Modena!

Mariapia CavaniDirettore responsabile

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BUK CITTA’ DEL LIBROdi Laura Germano

Si sta per aprire una nuova e promettente edizione di Buk – Festival della piccola e media editoria, che questa volta non vuole proprio passare inosservato. Il

Festival, dopo lo straordinario successo dello scorso anno, con oltre 20mila visitatori, si ripropone di favorire la diffusio-ne della piccola e media editoria, ma con tante novità che lo renderanno diverso da ogni altra edizione passata. L’appun-tamento è per il weekend del 22 e 23 febbraio presso il Foro Boario di Modena.

Il Festival, che ha dimostrato di funzionare egregiamente nei sei anni passati, non modifica i suoi caratteri fondamentali, tra i quali spicca la volontà di avvicinare editori e lettori attra-verso l’esposizione di ciò che li accomuna, i libri: giocano un ruolo importante le numerose iniziative collaterali alle quali il pubblico è invitato a partecipare, oltre 60 in questa edizione. Conferenze e dibattiti sui grandi temi dell’attualità, incontri con autori e personalità culturali e presentazioni di libri. Da non perdere la presentazione di “L’oste dell’ultima ora”, di Valerio Massimo Manfredi, nome tra i più amati dal pubblico italiano, che presenta in questa occasione un racconto che ci accompagnerà in un viaggio nel tempo. Questo e numerosi altri incontri avranno luogo nelle sale presentazioni del Foro Boario, quest’anno intitolate al compianto Vincenzo Cerami, scomparso di recente. Si è voluta onorare la memoria del gran-de scrittore attraverso i titoli di due celebri film da lui sceneg-giati ed uno spettacolo teatrale, che non potranno fare altro che provocare un sorriso sul volto di ognuno di noi: “La vita è bella”, “La tigre e la neve” e “Il signor Novecento”.Buk conferma inoltre la presenza di tre manifestazioni: la 3^ edizione del concorso nazionale di giornalismo scolastico “Prima Pagina”, i concorsi letterari “Buk – Scrivendo Volo” e “Parole Digitali”, alla sua 5^ edizione.Non cambiano i partners principali della manifestazione, che è stata organizzata dall’associazione culturale Progettarte in collaborazione con Well_B_Lab dell’Università di Modena e Reggio Emilia, con il sostegno della Fondazione Cassa di Ri-sparmio di Modena ed il patrocinio del Ministero peri Beni e le Attività Culturali, di Alda (Association of the Local Democracy Agencies), della Regione Emilia-Romagna, del Comune e della Provincia di Modena.

Numerose sono anche le novità che accompagnano il settimo anno di Buk, prima fra tutte il riconoscimento del Festival a li-vello nazionale con il suo ingresso nel novero delle “Città del Libro”, insieme ai più importanti eventi letterari italiani quali il Salone del Libro di Torino o Pordenonelegge. I curatori ed ideatori delle più importanti kermesse sono stati convocati a Roma, dal Centro per il libro e la lettura, organismo del Mini-stero dei beni e delle attività culturali e del turismo, per inter-rogarsi sul futuro dei festival letterari in Italia, sulle possibili collaborazioni future e su quali opportunità potrebbe offrire l’adozione di una prospettiva più europea. Buk non se lo fa ri-petere e raccoglie subito la sfida, così che quest’anno l’ospite d’onore del Festival sarà la cultura basca francese. Sarà quin-di ospite una cultura, non una nazione, una precisazione che potrebbe sembrare irrilevante, ma che non lo è affatto: è infat-ti la prima volta in Italia che si opera una scelta simile, che ci si concentra su una cultura in particolare – in questo caso mil-lenaria ma pressoché sconosciuta – presentandola e dandole risalto. Questa iniziativa, resa possibile dalla collaborazione dell’Ambasciata di Francia in Italia e dell’Institut Français, por-terà a Modena grandi nomi baschi, tra i quali la celebre can-tante disco d’oro in Francia Anne Etchegoyen, che si esibirà in un esclusivo concerto sabato 22 febbraio. Tra gli eventi più importanti una mostra fotografica sui paesaggi baschi della giovane artista Marie Etchegoyen, allestita in collaborazione

APPUNTAMENTI DA NON PERDERE

Tra gli appuntamenti da non perdere in questa 7° edizione di Buk- Festival della piccola e media editoria sabato 22 febbraio dalle ore 20.30 presso la chiesa San Carlo:

La cantante disco d’oro in Francia Anne EtchegoyenLa premiazione del concorso di giornalismo scolastico “Prima Pagina”La premiazione del concorso letterario “Scrivendo Volo”La prima nazionale dello spettacolo “Conciliare Stanca”, scrit-to da Francesco Zarzana e Mario Ventura, interpretato da Caterina Vertova accompagnata al piano da Angela Floccari.

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con le Conseil Général du Pyrénée-Atlantique e dell’Institut Culturel Basque.Numerosi saranno gli ospiti in arrivo dalla Francia, tra i quali la scrittrice Itxaro Borda, il direttore dell’Istituto Culturale Basco Pantxoa Etchegoin, il giornalista e presentatore tv Xavier De Moulins e le autrici Anne-Marie Mitterand e Pauline Del-pech, che presenterà il suo nuovo libro “Souvenance”. Anche la Svizzera invierà una sua rappresentante, la scrittrice Laure Mi Hyun Croset, che presterà uno dei suoi testi per una vera e propria gara di traduzione, il “Translation Slam”, durante il quale due affermati traduttori italiani dal francese - Giovanni Zucca e Cristina Vezzaro – si sfideranno sotto l’occhio atten-to del pubblico, al quale spetterà il giudizio finale. Sarà inoltre presentato in prima nazionale il libro “Milesker” – “grazie” in Euskara, la lingua basca – scritto da Francesco Zarzana, un testo che si addentra nella cultura basca france-se cercando di carpirne l’essenza.Ma Buk non è solo editoria, ed accoglie tra gli eventi che lo compongono il teatro, con la prima nazionale dello spetta-colo “Conciliare stanca”, scritto da Francesco Zarzana in col-laborazione con il vice Prefetto di Modena Mario Ventura, sui temi del femminicidio, che vedrà in scena l’attrice Caterina Vertova accompagnata al pianoforte da Angela Floccari.Non mancheranno anche importanti ospiti italiani: saranno a Buk Iuliana Ierugan, conduttrice, modella e attrice; Laura Lattuada, che proporrà un reading con passi tratti dalle ope-re letterarie e cinematografiche più famose di Vincenzo Cera-mi e la giornalista Danila Bonito.Si conferma per di più il secondo appuntamento con Bio Buk che, nato da un’idea di Stefania Manni, si presenta in quest’an-

no bianco, ad evocare la pulizia, il vuoto da cui ripartire e co-struire – o scrivere – ciò che vogliamo. Il colore si carica per di più di una valenza simbolica, rappresentando il bianco la cultura basca. Come si direbbe in Francia, “tout se tient”, tutto si collega e si intreccia.Questa è solo una piccola parte di quanto Buk 2014 offrirà ai suoi visitatori, che saranno testimoni di una sintesi senza precedenti tra il carattere nazionale dell’offerta editoriale e lo slancio internazionale offerto dai tanti ospiti stranieri, chiamati a rappresentare non un’intera nazione ma una sua cultura in particolare. Il Festival si presenta dunque come una lente d’ingrandimento “culturale” che identificherà la VII edi-zione come unica nel suo genere.

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Laure Mi Hyun Croset è core-ana di Seoul.

Inizialmente ac-colta in un orfano-trofio coreano con il fratello, è rapi-damente adottata da una famiglia svizzera che de-cide di accoglierli entrambi. All’ar-rivo in Svizzera si concentra fin da subito sull’appren-dimento del fran-cese. Lo parlerà in fretta e bene, e scopre rapida-mente di avere un

marcato interesse per la letteratura francese. I suoi studi sono lunghi a causa dei numerosi viaggi: Laure si mostra infatti più curiosa nei confronti delle esperienze umane che non degli insegnamenti accademici. Scrive molto, ma si appassiona anche alla musica elettronica e al mon-do della notte. Ormai tornata in Svizzera, è redattrice free-lance e si specializza a poco a poco nel settore ga-stronomico. Un anno dopo la pubblicazione di “Velléit-aires” ha ripreso in mano il suo primo progetto letterario, “Polaroïds”. Laure Mi Hyun ha già in testa il soggetto del suo terzo libro, una biografia, ma che questa volta non avrà più niente a che vedere con lei! E io sono diventato un suo caro amico…

Da dove nasce il tuo amore per la scrittura?Come credo per ogni scrittore, nasce dalla passione per la lettura, la letteratura e la lingua; e dalla volontà di rifor-mulare le cose, di organizzare le idee in paragrafi, in ca-pitoli … in libri. Ho sempre amato la lettura perché mi fa vivere storie lontane dalla mia esperienza e mi fa capire il mondo, situazioni che non ho sperimentato direttamen-te. In più sentivo anche che la scrittura poteva essere la mia chance per arrivare ad un livello superiore di com-petenza tecnica, di sviluppo. In realtà il mio primo libro è il secondo. Quando ho deciso di voler scrivere ero solo una studentessa, senza molta esperienza della vita. Ho quindi scelto di parlare del tema più semplice, ovvero di me stessa, che era però al tempo stesso il più scottante. La letteratura permette di farlo, di esprimere le idee più dolorose in maniera delicata ma forte, di trovare la giu-sta distanza per esprimere l’esperienza narrata nel modo più dignitoso possibile, che sia però anche esteticamen-te bello. Tuttavia avevo la sensazione che qualcosa non

funzionasse, anche dal punto di vista stilistico. Sentivo che ci voleva un distanziamento ancora maggiore. Così sono passata a quello che poi è diventato il mio primo romanzo pubblicato, “Les velléitaires”. Ho scritto 50 rac-conti, ne ho tenuti 22 e ne ho messi da parte altri 28 sui quali a volte lavoro. Poi, alla fine, quando mi sono senti-ta pronta a mettermi alla prova e ad espormi al giudizio altrui, ho ripreso “Polaroïdes”. Sapevo che era giunto il momento, e adesso posso dire di amare quasi più la mia letteratura di me stessa.

Che consiglio daresti a chi volesse avvicinarsi alla scrittura?Gli direi di leggere, rileggersi e farsi leggere. Bisogna pri-ma di tutto leggere moltissimo per capire cosa ci piace e trovare un orientamento, una direzione dalla quale partire, che potrà poi cambiare col tempo. Poi, una volta passati alla fase creativa, è importante ad un certo punto raggiungere una sicurezza tale in quello che si è scritto da presentarlo a qualcun altro. Ed infine è anche impor-tante l’auto- rilettura.

Qual è la situazione dei festival letterari svizzeri?I festival letterari svizzeri sono di due generi: quelli della piccola e quelli della grande editoria. Del primo gruppo, che personalmente preferisco, fa parte il festival di Mor-ges, che sembra essere più un evento per gli autori che per gli editori. Per le sue dimensioni favorisce lo scambio di idee ed è piacevole anche per i suoi aspetti più con-creti, infatti si tiene a settembre sotto una tenda vicino ad un lago. Un festival che rappresenta invece la grande editoria è quello di Genève che è più simile a quello di Parigi, grande, caotico e dinamico. Si svolge in un’area in-dustriale e, anche se meno caloroso di quello di Morges, permette di conoscere tante persone: è lì che ho trovato l’editore dei miei primi due libri.

Cosa ne pensi della piccola editoria? Credo che sia la grande che la piccola editoria abbiano i loro pregi e difetti. Da un lato a tutti gli scrittori piacereb-bero le condizioni materiali vantaggiose per passare più tempo con i libri, che solo una grossa casa editrice può darti, facendoti conoscere al grande pubblico. D’altro canto però le piccole case editrici hanno più passione, sono ancora alla ricerca del talento vero, hanno voglia di meravigliarsi e leggono personalmente i testi sottoposti. In più il rapporto con l’editore è diretto.

L’amore per la scrittura, scritta con amore di Francesco Zarzana

Laure Mi Hyun Croset

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I sogni di marzapane della signora del giornalismo televisivo di Cristina Minutiello

Danila Bonito, gior-nalista, inviata e conduttrice tele-

visiva RAI, per mestiere si è sempre occupata della divulgazione di no-tizie relative alle storie e alle vite di altre perso-ne. Nel suo primo libro, Sogni di marzapane, l’autrice parla però della sua vita e, in particolare, della sua personale lotta contro il diabete di tipo 1, malattia irreversibile che la accompagna sin dall’adolescenza e per la

quale, ad oggi, non esiste ancora una cura definitiva.

Sebbene il filo rosso della narrazione sia proprio la pato-logia di cui la giornalista soffre tutt’ora, lei stessa precisa che la sua non vuole essere una trattazione sulle varia-zioni glicemiche né per soli malati di diabete. Sogni di marzapane è piuttosto un diario intimo, la confessione sincera di una donna che fin da giovane ha dovuto fare i conti con un problema indipendente sia da lei, che dalla fortuna e dal destino, non lasciandosi sopraffare da esso, ma imparando piuttosto ad avere controllo del suo cor-po e a gestire con determinazione la paura della morte.Il libro è rivolto sia a chi soffre in prima persona di malat-tie più o meno gravi ed invalidanti, sia a chi con queste persone ci convive e affronta la malattia da un punto di vista ugualmente importante. Spesso infatti, quando si ha a che fare con persone malate, si tende a pensare che queste siano le uniche a soffrire e ci si dimentica della sofferenza che provano i loro parenti, amici e confidenti più stretti, costretti a guardare l’evolversi della malattia dei loro cari, senza poter intervenire in alcun modo. Cer-to, ognuno vive il suo dolore e affronta le proprie paure e i propri problemi in maniera differente, ma la sensazione di impotenza che tutti ad un certo punto provano è la medesima.

Non serve a niente, e raramente comporta benefici, dare la colpa al destino, al karma o a qualsiasi altra cosa che possa essere tirata in ballo quando tutto sembra andare nel verso sbagliato. Quelli sono solo nomi che si attribu-iscono ai propri fallimenti e alle proprie angosce, sono gli ostacoli davanti a cui si dice “non ce la faccio”, quando non si ha nemmeno la voglia di provare a rendere le sof-ferenze quotidiane più lievi. Per usare le parole dell’au-trice, sono “i limiti che ci impediscono a volte di sorridere e che costruiamo noi stessi, attraverso condizionamen-

ti e convenzioni”. In questi casi, si ha la presunzione di dire “non me lo merito”, come se ci fosse un criterio per cui ammalarsi o meno e come se, una volta scoperta la diagnosi, il malato fosse tenuto a smettere di vedere le persone che gli sono sempre state vicine o di fare le cose che ha sempre amato fare. Per alcuni è necessario cam-biare stile di vita e bisogna fare delle rinunce, affrontare dei cambiamenti fisici e non, ma bisognerebbe trovare il coraggio di convivere serenamente con i propri mali, affrontandoli a testa alta e senza nascondercisi dietro.

Nel libro di Danila Bonito, il lettore scopre l’esperienza diretta della giornalista con la malattia, tenuta per molto tempo nascosta a conoscenti e colleghi, forse per la pau-ra di non essere compresa o, al contrario, di essere com-patita e infine divulgata. Senza la pretesa di voler essere a tutti costi d’aiuto a chi ha problemi di salute, Sogni di marzapane è la testimonianza coraggiosa di come, no-nostante tutto, si può condurre una vita senza rinunciare ai propri sogni e alle proprie aspirazioni e senza smettere di sperare che una malattia come il diabete possa essere curata.

Danila Bonito, giornalista, inviata e conduttrice televisiva RAI

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Conciliare stanca: tra teatro e veritàdi Francesco Zarzana

L’approccio di un autore a un testo teatrale è quasi sempre legato alla finzione. Ma Conciliare stanca inverte questo schema tradizionale. La verità delle

storie fa nascere prima il testo teatrale e successivamen-te si amplia con la voglia di approfondirlo, indagandone aspetti e declinandone momenti e vite drammaticamen-te vissute. E il teatro diventa così una continua indagi-ne portata avanti non attraverso un pensiero, ma una azione. Per queste ragioni ho pensato di scrivere un te-sto teatrale che racconti i tormenti di una donna che è stata appena uccisa dal suo compagno, una vicenda che rispecchia tante storie ma che ne può accelerare rifles-sioni e considerazioni…e non solo per le donne. Qui la finzione teatrale è quella forse più vicina a rispecchiare la dimensione del reale e ne condivide con essa alcuni elementi, perché l’azione dell’attrice in scena che recita e che finge, è di fatto reale e si muove nello spazio e nel tempo reali. La donna si confronta così con le condizioni e le sollecitazioni che le arrivano dall’esterno, in una tra-ma organica, armoniosa, ordinata ed equilibrata, in un momento della sua vita dove paradossalmente sta avve-nendo tutto il contrario. Rappresentando la donna sce-nicamente in questa maniera, ho ritenuto che il testo, e di conseguenza lo spettacolo, potesse essere anche una grande occasione per scoprire qualcosa di nuovo su se stessi che prima non si sapeva, o non si voleva sapere o accettare. E Caterina Vertova interpreta magistralmente la condizione umana di questa donna, in lunghissimo la-voro di ricerca che potrà trasmettere, replica dopo repli-ca, sensazioni ed emozioni. In questo difficile lavoro ho coinvolto l’amico Mario Ventura, penna raffinata e colta, dalla scrittura che rende reali i sogni e li trasmette quasi cinematograficamente in un immaginario schermo. Due uomini che scrivono di violenza contro le donne. Qui forse sta l’unicità del testo. Per avere per una volta un osservatorio diverso e, credo anche un momento di con-fronto. Questo intrico di strade, stanze e gallerie è mu-sicato da Angela Floccari che ha composto le musiche per pianoforte e le esegue dal vivo. E chissà se questo lavoro potrà essere un piccolo stimolo per le donne per far sì che in questo dedalo tendano preventivamente il filo rosso di Arianna, per non perdersi ed uscirne, per poi salpare montando vele bianche in segno di vittoria.

Gli autori Francesco Zarzana e Mario Ventura

Angela FloccariHa composto le musiche per pianoforte e le esegue dal vivo

Iuliana IeruganConduttrice della serata

PRIMA NAZIONALE DI “CONCILIARE STANCA”LA PRIMA NAZIONALE DI “CONCILIARE STANCA” SI TERRA’ SABATO 22 FEBBRAIO NELLA SUG-GESTIVA CORNICE DELLA CHIESA DI SAN CARLO A MODENA ALLE ORE 20.30. CON CATERI-NA VERTOVA E AL PIANOFORTE ANGELA FLOCCARI. CONDUCE LA SERATA IULIANA IERUGAN

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Caterina Vertova

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La creatività e la capacità di innovare sono due com-petenze chiave per lo sviluppo personale, sociale ed economico.

Non è un caso che creativo ed innovativo sono tra le 10 parole più utilizzate dagli utenti linkedIn nel 2013 per descrivere le proprie competenze professionali; creati-vità e capacità innovativa sono tra le qualità più comu-nemente ricercate dai datori di lavoro nel Regno Unito nel 2013 e sono anche le due leve strategiche per lo svi-luppo economico e sociale, secondo il manifesto per la creatività e l’innovazione dell’Unione Europea.La creatività non è una capacità innata, un talento che appartiene a pochi eletti, una caratteristica esclusiva dell’artista o del genio solitario. Ogni individuo è poten-

zialmente creativo: la creatività è un processo che genera idee di valore, in qualsiasi campo; che producono valore economico, crescita ed occupazione; che contribuiscono al benessere individuale e sociale.Non è un caso che negli ultimi venti anni l’interesse verso la cosiddetta economia creativa è cresciuto di pari passo al valore generato dai settori che producono beni e ser-vizi creativi. Il Creative Economy Report, pubblicato dal 2010 dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp) e dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco), dimostra il ruolo attivo dell’economia della creatività nello sviluppo di una na-zione, ed in particolare dei paesi in via di sviluppo su cui si focalizza il report del 2013.Creative Europe è invece il programma dell’Unione Euro-pea con il quale s’intende sostenere gli investimenti nel campo culturale e nei settori creativi ritenuti centrali per la crescita economica, l’occupazione e la coesione socia-le. Creatività e innovazione sono infatti la base della stra-tegia dell’Unione per gli anni 2014-2020.È dimostrato che la creatività cresce quando culture di-verse si incontrano; è dimostrato che si generano molte più idee creative quando persone diverse per provenien-

za, genere, etnia, età, formazione e competenze lavora-no insieme.Consapevoli di ciò, agendER e ALDA, due realtà - una locale e l’altra europea - che nascono con l’obiettivo di creare reti tra persone, associazioni e imprese, hanno de-ciso di adottare la metodologia chiamata Conversazione al Cafè per il Creative Cafè che si terrà sabato 22 febbraio dalle 13.30 alle 15 all’interno di Buk, con il quale si inten-de fare rete progettando insieme.Il tema scelto è quello della creatività: prendendo spun-to dal programma Creative Europe saranno formati sei network tematici. Ogni tavolo tematico è gestito da un relatore con il compito di facilitare il dialogo tra i parte-cipanti.L’obiettivo del Creative Cafè è di raccogliere un primo nucleo di idee e proposte da approfondire in altri incon-tri, per la costruzione di un partenariato con il quale par-tecipare a uno o più bandi di Europa Creativa.Stiamo vivendo in un periodo di grande trasformazione economica e sociale e in questo processo di cambiamen-to, che investe ogni società tecnologicamente avanzata, la creatività è uno dei fattori produttivi centrali: l’innova-zione, scientifica e tecnologica, ha bisogno di creatività, arte, conoscenza e cultura. Non dobbiamo però subire il cambiamento, ma condizio-narlo con program-mi a sostegno del potenziale creativo, con una strategia di sviluppo basata sul-la cooperazione tra imprese e i settori creativi, sfruttando gli effetti trasversali positivi prodotti da questa sinergia. Solo investendo nell’economia cre-ativa, favorendo la nascita di una nuova classe creativa potremmo produrre nuova ricchezza e un maggiore be-nessere. Solo armonizzando i collegamenti tra cultura, creatività, innovazione e sviluppo socio economico, po-tremmo guardare al futuro con meno insicurezza.

Attivare la creatività per aumentare il benessere individuale e socialedi Francesca Corrado

INFORMAZIONI UTILI

ALDA - Associazione delle Agenzie della Democrazia Locale - è un’ organizzazione non governativa che promuove la buona go-vernance, la partecipazione dei cittadini a livello locale e la co-operazione tra autorità locali e società civile. Nata nel 1999 su iniziativa del Congresso di poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa, raccoglie più di 150 soci tra Autorità locali, Associazioni di Autorità locali e organizzazioni non governative, provenienti da oltre 30 Paesi. Per ulteriori informazioni sul lavoro di ALDA vi-sitate il sito: www.alda-europe.eu

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AgendER e’ una rete di persone che si sono ag-gregate intorno all’obiettivo di raccogliere in una visione di insieme quanto si produce a

Modena nel campo della cultura, con uno sguardo attento alla società e ai potenziali sviluppi verso in-novazione e creatività.La cultura è perciò intesa in un’accezione estesa, che va dall’offerta delle istituzioni culturali, alla fruizione degli spazi della città, fino a comprendere la cultura delle relazioni, in particolare quelle tra i generi. Lo sguardo di genere, la consapevolezza cioè di essere uomini e donne, insieme e diversi, è un’ottica che permette da un lato di arricchire la lettura del conte-sto, dall’altro di progettare e costruire relazioni.L’idea di agendER nasce nel maggio 2013 da un gruppo di persone e successivamente si amplia e si struttura in un progetto che coinvolge genderCAPP del Dipartimento di Economia dell’Università di Mo-dena e Reggio Emilia.Attualmente ne fanno parte persone molto diverse per attività, competenze e interessi, che collabora-no con continuità, anche attraverso gruppi di lavoro tematici in grado di affrontare, con idee e proposte, le urgenze sociali e culturali della nostra provincia e lanciare su questi temi un confronto fattivo tra le re-altà istituzionali, culturali, economiche e sociali del territorio.AgendER ha già conseguito alcuni importanti obiet-tivi, tra i quali l’avvio di un dialogo con i soggetti che si occupano della cultura a Modena sui temi della città e per la realizzazione di progetti comuni; il coin-volgimento di nuove soggettivita’ e giovani energie per aprire verso il cambiamento di prospettive, pro-gettualità e stili di vita; la collaborazione con la Gaz-zetta di Modena, che ha prodotto la pubblicazione di numerosi articoli proposti da agendER e dai suoi sostenitori; e infine la creazione di una pagina Face-book dedicata, continuamene aggiornata, che vede un successo costante.Ma è dall’inizio del 2014 che, grazie ad un finanzia-mento della Fondazione Cassa di Risparmio di Mo-dena, le iniziative sono entrate nel vivo del progetto che mira a realizzare una piattaforma web, incontri ed eventi per favorire la nascita di una rete locale da costruire con molti e vari soggetti. Si tratta di un percorso in-progress, aperto ai contributi di chi si muove a Modena ma non solo – in un’ottica di rac-

cordo e dialogo con esperienze condotte almeno a livello regionale - volto al potenziamento delle ca-pacità dei singoli individui e della comunità nel suo complesso, per favorire una migliore vivibilità della città e dei suoi spazi.In questa prospettiva agendER sostiene l’iniziativa di BUK, che si va rapidamente consolidando e ar-ricchendo ad ogni edizione, anche perché l’editoria modenese, che è attualmente un’importante risorsa della città, ha una storia che viene da lontano e ne rappresenta quindi un elemento identitario di rilievo.

agendER: fare rete tra innovazione e creatività di Mariangela Bastico e Rossella Ruggeri per agendER

INFORMAZIONI UTILI

Nel nome agendER si ritrovano condensati i tre elementi chiave del progetto: - agenda ovvero la sua finalità operativa;- gender ovvero l’attenzione verso le differenze di genere;- ER ovvero lo sguardo allargato alla regione per lo scambio delle buone pratiche e la condivisione delle esperienze.

“Per accrescere il valore culturale di una città agendER ritiene sia fondamentale valorizzare i talenti, stimolare la creatività e met-terla in gioco, sperimentare progetti innovativi, affinché la cultu-ra non sia esclusivamente “consumata”, ma potenzi le capacità di tutti e ognuno.” (dal Manifesto di agendER)

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L’editoria sta vivendo un momento di transizione, do-minato da tendenze talvolta tra loro contraddittorie, che stanno portando a una trasformazione dell’inte-

ro settore.Se da un lato assistiamo a un calo delle vendite dei libri cartacei, in Italia il mercato degli ebook non è stato an-

cora caratterizzato dal boom di altri paesi. Ciò è dovuto a vari fattori: innanzitutto la tradizionale lentezza con cui vengono accolte le novità nel nostro paese, in secondo luogo una digitalizzazione della popolazione inferiore rispetto agli altri stati europei e soprattutto un merca-to del libro anomalo sorretto dai cosiddetti “lettori forti” (opinabile la definizione di lettore forte, per chi legge al-meno 12 libri l’anno, sarebbe più adatto definirlo lettore medio ma tant’è) che ad oggi preferiscono continuare ad acquistare libri cartacei.In attesa di comprendere come si evolverà il mercato degli ebook nei prossimi anni, ci sono altri nuovi aspetti che stanno sconvolgendo il mercato del libro in Italia.Partiamo da un presupposto: nel nostro paese si pub-blicano troppi libri, secondo le statistiche quasi 170 al giorno. Il mercato editoriale italiano si fonda su un peri-coloso assioma: “troppa offerta e poca domanda”. Circa 60.000 i libri pubblicati in un anno e poche decine di co-pie la media del venduto di ogni singolo libro.Perché si pubblica così tanto? Le cause sono molteplici. Innanzitutto l’abbassamento del costi di stampa rispet-to al passato. Oggi, con le tipografie digitali, si possono stampare anche 50-100 copie, molti editori decidono così di pubblicare libri con micro tirature. Dall’altro lato i grandi editori immettono sul mercato quotidianamente nuovi libri per aumentare il proprio fatturato e alimen-tare un sistema malato come quello della distribuzione. Non è raro il caso di editori di medie dimensioni con

fatturati di tutto rispetto che avvallando il sistema della distribuzione, in cui vengono pagati i libri ordinati dalle librerie e non il venduto (salvo poi dover restituire al di-stributore gli importi dei libri effettivamente non vendu-ti nel momento dei resi), sono falliti, non riuscendo più a reggere i costi. Altro fenomeno che aumenta il numero

di libri pubblicati è la cosiddetta “vanity press”, un tipo di editoria in cui è l’autore a pagare l’editore per pubbli-care. Ancora più sconvolgente la nuova tendenza che si sta diffondendo: il self publishing (auto pubblicazione).Gli autori, attraverso alcuni siti internet che stampano anche solo una copia del libro (printing on demand), di-ventano editori di se stessi con conseguenze drammati-che. Si può anche acquistare un codice ISBN e mettere in commercio il proprio libro. Il problema di fondo è la mancanza di una figura che si sia occupata della selezio-ne, valutazione, correzione del testo, ruolo che spetta all’editore. Venendo meno l’intermediazione dell’editore, scompare anche il controllo della qualità dei testi e non è raro di imbattersi in libri, oltre che impaginati e stampati in modo amatoriale, pieni di errori grammaticali e dallo scarso valore letterario.Quali sono le soluzioni per il futuro? I lettori dovranno sempre più cercare di compiere una selezione nei libri da leggere e potranno farlo seguendo il lavoro di poche e selezionate case editrici indipendenti. Riconoscendo il catalogo, la progettualità di un marchio editoriale, la cura al prodotto libri, l’attenta selezione dei testi da pub-blicare. La strada da intraprendere, che alla lunga paga, è quella della qualità, pochi testi accuratamente selezio-nati ed editati con cura.

*Direttore editoriale Historica – Giubilei Regnani editore

Come si evolve l’editoria in Italiadi Francesco Giubilei*

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Un anno fa nacque lo spazio BioBuk; voleva essere un angolo di accoglienza viva, un’area dove fer-marsi per ascoltare e domandare, per riposare e

ripartire, per raccontare o “solo” per scambiare un libro con un altro. E’ stato un successo, un’esperienza profon-da e, quindi, uno stimolo a riproporlo e a ripensarlo, aggiungendo qualcosa per… colorare l’aria, l’anima e le cose.

E’ il colore di un importante “disco”, di una “house” co-nosciuta da tutti, di un “vestito di un uomo” che parla al mondo, di un “abito di una donna” che corona un sogno, del più “dolce dei dolci”, di un “pezzo di carta” dove scri-vere ricette, nomi o parole d’amore.

Quest’anno BioBuk si avvolgerà di BIANCO e lo farà colo-rando la filosofia del ri-uso e del ri-ciclo, che siano mobili o idee. Bianchi saranno il reading corner, dove si po-

trà sfogliare un libro e l’ambito speech corner, dove ci si racconterà; bianco sarà l’appoggio per lo swap mar-ket, dove portando un libro letto se ne potrà prendere uno da leggere; bianche saranno le pagine da riempire con tante parole e, per finire, bianchi (e neri) saranno gli scatti alle pareti: immagini da osservare, da leggere e da interpretare.

Anche per questa edizione, all’interno di un’atmosfera li-bera e conviviale, saranno organizzati tre incontri con lo scopo di condividere sapere ed esperienze.

Il primo speaker sarà, sabato pomeriggio alle ore 16.30, Luigi Parmeggiani, fondatore e anima di Verde Natura, Bio Tour Operator con esperienza trentennale in viaggi su due piedi e due ruote. Nella bio-intervista, intitolata “Sulla strada”, si parlerà, partendo dall’ultima pedalata da Parigi a Londra, di viaggiare liberi, sostenibili e non convenzionali, per essere “persona in viaggio” e non tu-rista e per scegliere uno “style of life” anche in vacanza.

La domenica mattina sarà dedicata alla cultura enoga-stronomica : alle ore 11.00, in “Vino e dintorni”, Sandro Bellei, affermato giornalista e grande esperto di tradi-zioni locali, nonchè figura di riferimento del territorio, ci condurrà, partendo dal suo nuovo libro “La rivincita del lambrusco”, verso la conoscenza e l’apprezzamento di questo vino vero, della sua affermazione a livello mon-diale e del suo terroir.

Ultimo intervento, la domenica pomeriggio alle ore 16.30, con uno scambio di ruoli: Laura Scapinelli titolare de “La Bottega di Merlino” e ideatrice di “Cuochi per un giorno”, primo festival nazionale di cucina per bambi-ni, dialogherà con Stefania Manni di “Serendipity555” (moi!) in “Una sposa conveniente”. Prendendo spunto dal titolo del romanzo di Elsa Chabrol, si cercherà, simpati-camente, di scoprire come ci si appassiona al mestiere di wedding planner e come, matrimonio “fai da te” e ma-trimonio con wedding, possano coesistere, divertire ed emozionare, il tutto in una prospettiva di “elegante so-brietà” e di stampo economically correct ! BioBuk14 con il suo Posto Bianco e la sua filosofia vuo-le contribuire, nel suo piccolo, alla storia personale di ciascuno, alimentando, con gli spazi e i racconti che gli appartengono, quell’energia che serve per superare la propria asticella, per cominciare e per ricominciare, per scalare e per correre, per festeggiare, per vivere e per sperare, sempre!

Che il Bianco sia con tutti Noi.

Il posto biancodi Serendipity555

SERENDIPITY555

Serendipity555 è una giovane impresa della modenese Stefa-nia Manni, che si occupa dell’organizzazione di eventi, wedding e idee di viaggio.

La filosofia che sposa è quella del Buono, Pulito e Giusto, cer-cando di applicare i principi della Decrescita (Serena) e valutan-do, anche, soluzioni unconventional: l’essere umano non può smettere di festeggiare, di conoscere e di viaggiare, ma lo può fare in modo più vero e responsabile.

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Ci sono tanti modi per fare un viaggio: di pia-cere, di lavoro, di affari,

di relax. Ci sono anche un nu-mero enorme di modi di viag-giare; ad occhio e croce, direi almeno quanti sono i viaggia-tori... nel senso che ognuno viaggia a modo suo, e per le proprie personalissime ed im-portantissime ragioni. Questo non significa che ogni modo di viaggiare vada bene per tutti, ovviamente: a volte le li-mitazioni pratiche come la lin-gua o il tempo a disposizione rischiano, appunto, di limitare la propria esperienza; altre volte possono essere la voglia di non pensare ai dettagli, ma solo decidere la meta, oppure il desiderio di approfon-dire quegli stessi dettagli in maniera maggiore, a far sì che si scelga di non fare un viaggio da soli. Io questa volta il viaggio proprio non lo volevo fare ma in qualche maniera lo stavo già facendo…per ore ho ascol-tato una cara amica francese che mi raccontava con en-fasi, amore e con gli occhi luccicanti dalla gioia di una cultura millenaria... quella, a me totalmente sconosciuta, del Paese Basco francese. Come francese? Ma il Paese Basco non è in Spagna? Macchè!!! C’è un posto incantevole in quella Fran-cia meno conosciuta e lontana dai grandi boulevards, dai ca-stelli, dai monumenti imponenti e bistrot conosciuti e apprezzati dai turisti di tutto il mondo. C’è una Francia che si affaccia sull’At-lantico ed è cullata e protetta da quella suggestiva catena mon-tuosa che sono i Pirenei. Ma quel-la stessa Francia ha la caratteri-stica di non essere né Francia né Spagna. E’ il Paese Basco con la sua incredibile cultura millenaria. At-tratto dai racconti della mia amica, ho deciso di prendere un bagaglio ed andare a vedere e scoprire questo magico luogo…incantevole…avvolgente.Mi aspettavo, devo essere sincero, qualcosa di molto folcloristico con qualche particolarità del cibo, o mo-numenti che avrebbe caratterizzato tutta la zona. E in-

vece no. Mi sbagliavo. E di tanto. La scoperta è stata sensazionale. Una cultura che basa le sue fon-damenta sulla danza, la musica e la letteratura in particolare, cre-do che non abbia eguali in tutto il mondo. Mi ha colpito la dispo-nibilità di questo popolo, il sen-so di accoglienza e della gioia di raccontarmi la loro cultura e le loro tradizioni ma senza retorica e senza che mi dovesse piacere per forza. Ma ascoltare un basco è musica per le orecchie. E io ne sono rimasto incantato.A Bayonne in particolare ho avu-to la maggior parte degli incontri con sempre al mio fianco il Diret-tore dell’Istituto Cultural basco Pantxoa Etchegoin e grazie a lui

ho conosciuto tanti amici come il coreografo Roger Goyhénèche, il direttore del Museo Basco Rafael Zu-laika, Daniel Landart, scrittore, drammaturgo e gran-de conoscitore della letteratura e del teatro basco. Ho avuto la gioia di incontrare e conoscere Marie Cosnay, scrittrice con la passione per i classici, che mi ha aiuta-to non poco nell’approfondire alcune tematiche della nuova cultura basca. E poi Anne Etchegoyen, straor-

dinaria voce, diventata in poco tempo punto di riferimento della musica contemporanea francese, e la sorella Marie, fotografa, che con il suo occhio riesce a cattura-re suggestivi attimi, caratteristica propria dei grandi fotografi.E allora ho deciso di far cono-scere questa cultura in Italia e portarla al mio festival letterario. Per me un vero e proprio atto d’amore, per dare un piccolo contributo alla conoscenza di questa magica terra e di questo straordinario popolo. E questo viaggio è diventato un libro. E a tutte le persone che ho incon-trato e che mi ringraziavano

per il lavoro che stavo facendo, proprio a tutti loro voglio dire che sono io che devo esprimere la mia gratitudine per la disponibilità, l’affetto e la vo-glia di raccontare dimostratomi. A loro voglio dedicare questa presenza al Buk e il libro che ho pubblicato con un sentito GRAZIE... MERCI... MILESKER.

Milesker: graziedi Francesco Zarzana

Francesco Zarzana

MILESKERScoprire la cultura del Paese Basco francese

Francesco Zarzana

M

ILESKER

- scoprire la cultura del Paese Basco francese

Giornalista, scrittore, autore teatrale, è fondatore e curatore della rassegna

teatrale T… come Teatro e di Buk-Festival della piccola e media editoria

di Modena. È presidente dell’associazione culturale Progettarte e direttore

editoriale della rivista letteraria “Buk – Leggere, Pensare, Conoscere”.

Ha collaborato alla stesura di diversi testi e ha scritto il volume La scure

su Davide. Le leggi razziali del 1938 (Franco Angeli Editore, 2005 con

Susanna Miselli), Il Pascolo dei Cammelli (Infinito Edizioni, 2006 con

Susanna Miselli), Il cimitero dei pazzi (2010), L’ultima bracciata –Brema

1966: la tragedia dimenticata della Nazionale italiana di nuoto (2012), Ma

che calcio dici! (A.Car Edizioni, 2014). Per il teatro ha scritto La grande

volata, Con Buona Pace, Il fuoco di Hanifa, La città di plastica (con Silvia

Resta), Conciliare stanca (con Mario Ventura).

“Un Basco, un berretto.

Due Baschi, una partita di pelota.

Tre baschi, una corale.”

isbn: 978-88-6490-095-7

€ 16,50

coperta paesi baschi.indd 1

12/02/14 17:25

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Milesker non è solo un libro, ma è anche una suggestiva picco-la mostra fotografica. La bravissima Marie Etchegoyen, nata a Saint-Palais nel Paese Basco, dove ha studiato fotografia al

Lycée Molière a Orthez. Conosciamo Marie ancora meglio. Nel 2003 si trasferisce a Parigi dove svolge uno stage presso Yann Arthus- Ber-trand. Lo stesso anno entra nella rivista “Attitude Rugby” come assi-stente di Michel Birot. In seguito a questa esperienza, Marie si lancia nella realizzazione della sua prima opera “Femmes du Pays Basque, Esquisse” nella quale segue la quotidianità di varie personalità fem-minili del Paese Basco: la giornalista Laurence Ostolaza, la cantante Anne Etchegoyen, la viticoltrice Agnès Go-rostiague, il ministro Michèle Alliot- Marie, ecc … Il 2010 segna l’inizio della sua colla-borazione con l’agen-zia Story Box Photo, gestita dal fotografo Stéphane Ruet. Vi re-alizza packshot per la rivista Be, numerosi reportages per Euro-pe 1, all’Assemblea

Nazionale, al Senato, … Inoltre assiste Stéphane Ruet. Nel 2011, Ma-rie inaugura “Politiques réalité” a Parigi. Quest’esposizione mostra i nuovi volti della politica francese: Najat Vallaud- Belkacem, Benoist Apparu, Nathalie Kosciuko- Morizet, Cécile Duflot, Rama Yade, ecc. Sono fotografie al naturale, che ritraggono i soggetti nell’esercizio della loro funzione politica. Oggi, Marie Etchegoyen collabora con le reti televisive: M6, Téva, Paris Première, TF1, 6Ter, la radio Europe 1, la rivista BE, e ancora il CSA, SONY. È regolarmente pubblicata in riviste e quotidiani nazio-nali: Libération, Téle 7 jours, Le Parisien, Aujourd’hui en Fran-ce, Libération, Les Inrocks, TV Grandes Chaînes. A Mode-na ha portato i suoi scatti del Paese ba-sco che lasceranno sicuramente un’e-mozione al pubblico che le vedrà.

Marie Etchegoyen

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Il magico mondo musicale di Anne Etchegoyendi Francesco Zarzana

Incontrare Anne e chiacchierare con lei mi ha dato il senso della semplicità e disponibilità del popolo basco. L’amore per la propria terra, per le proprie tradizioni è

un tratto distintivo di ogni basco francese. Lo si legge da-gli occhi e lo si sente dal cuore. Ascoltando Anne mi sono immerso nel suo magico mondo musicale.

Come è nata la tua passione per la musica?Da mia mamma Rosalie che, da volontaria presso la Féd-ération des choeurs du Pays Basque, mi ha iscritta ad un corso e mi ha quindi fatto conoscere il mondo del canto corale. È stato quindi un processo naturale. Qual è il legame tra la modernità e la tradizione che esprimi nella tua musica?È nell’arrangiamento che creiamo il legame tra gli ele-menti musicali moderni ed i canti tradizionali. Gli arran-giamenti sono fatti prevalentemente con la chitarra acu-stica e le percussioni, sempre ricercando un effetto finale che sia sobrio, folk e acustico.

Qual è la cosa più importante della cultura basca per te?La cosa più importante è la sua trasmissione e diffusione. Per prima cosa la cultura va apprezzata e rispettata, per farlo un primo passo è saper parlare la lingua che la vei-cola. Io ad esempio non parlo bene il basco nonostante ci lavori, cosa che dovrò migliorare. È poi fondamentale che la cultura sia diffusa e trasmessa e, perché questo sia possibile, deve essere accessibile. È sempre la conoscen-za della lingua che permette l’accesso alla cultura.

La famiglia è ancora al centro dell’universo basco?Assolutamente. La società basca è fondamentalmente matriarcale, il capofamiglia è la donna. Per noi è poi mol-to importante la proprietà, della casa ad esempio, per-ché ci dà un senso di appartenenza, di stabilità.

Come spieghi l’attenzione della Francia per la musica regionale?Da un lato Internet gioca un ruolo importante perché ci dà rapido accesso a tante cose, informazioni e proposte musicali; dall’altro risveglia in noi l’interesse in ciò che ci è vicino, che è a portata di mano, come i prodotti bio e la musica regionale, che ci dà qualcosa in più rispetto ad una star americana che pesa 55 kg ed è alta 2.50.

La musica è ancora un veicolo di trasmissione della tradizione?Certo, in quanto rappresenta un canale molto accessibile di diffusione della lingua e della cultura. È quello che abbiamo voluto ricreare con il disco “Les voix basques”, un mezzo di diffusione accessibile, eclettico e abbordabile per tutti. La musica è stata definita come il miglior mezzo d’e-spressione della popolazione basca. È ancora vero?

Sì, tutti amano le musiche popolari, questo è un paese che canta.

E la danza?Anche la danza è ancora molto importante, ha mantenu-to in parte il ruolo di veicolo culturale e linguistico che ha ricoperto totalmente assieme al canto fino alla fine del XV- inizio XVI sec., quando le tradizioni erano trasmesse attraverso questi canali, perché la parola scritta non era così diffusa.

Qual è secondo te il futuro della musica basca?Il futuro della cultura basca sta nella sua maggiore acces-sibilità attraverso la lingua francese, perché per attirare le persone bisogna usare qualcosa che possano capire. Adesso ad esempio, anche solo per prenotare uno spet-tacolo basco bisogna conoscerne la lingua e questo ti toglie una parte molto consistente di pubblico.

Pensi che i giovani si interessino meno alla musica basca che non ad altri generi come il rock?Non proprio, è solo che come nella musica in generale sono un po’ meno attirati da quella che si suona in una chiesa con due chitarre, sono più attratti dai generi che ti fanno scatenare, che ascolti nei locali. Ma ci sono co-munque sempre più giovani che si avvicinano alla musi-ca tradizionale.

Qual è l’emozione che provi ad esibirti nelle chiese e che ti porta a scegliere questi luoghi?Le cose che preferisco sono l’acustica e la prossimità con la gente.

Cosa conosci dell’Italia?Ci sono stata qualche volta, da giovane ho anche assisti-to ad un’udienza del Papa. Dell’Italia mi piace il suo lato latino, che è poi simile in tante cose al Paese Basco. In-somma, io che arrivo dalla frontiera non mi ci sento spa-esata. Trovo la cultura italiana affine a quella francese e quella basca, della quale ricalca la gioia di vivere.

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L’importanza dell’Istituto Culturale Bascodi Francesco Zarzana

L’Istituto Culturale Basco ha lo scopo di incoraggiare lo sviluppo e l’influenza della cultura basca.E’ stato istituito nel 1990 sotto la guida di associa-

zioni che operano nei settori della lingua e della cultura basca attraverso la volontà politica da parte dello Stato, il Consiglio regionale d’Aquitania, il Consiglio Generale dei Pirenei Atlantici e Syndicat Inter-comunale per sostenere la cultura basca (146 comuni).Sulla base fin dalla sua nascita nel comune di Ustaritz, l’ICB promuo-ve la conservazione, trasmissione e distribuzione di cultura basca, allo stesso tempo incoraggia la creazione. L’ICB supporta associa-zioni culturali quotidiane che ani-mano le aree delle arti dello spet-tacolo, la letteratura, il patrimonio e audiovisivo (140 associazioni). E’anche un volano per l’azione culturale. Così sviluppa progetti pluriennali (Kantuketan, Batekmi-la, Eleketa, Hogei’ta), in stretta col-laborazione con le organizzazioni partner. E’ riconosciuto come un centro di risorse di cultura basca e svolge un ruolo importante nelle relazioni transfrontaliere, anche attraverso una partner-ship speciale con il governo basco (Eusko Jaurlaritza).Il suo team di professionisti è composto da 9 dipenden-ti, diretti da Pantxoa Etchegoin.Le finalità dell’ICB sono molteplici, dal sostenere deci-sioni istituzionali nella definizione delle politiche cultu-rali pubbliche sulla cultura basca, al trasmettere e pro-muovere il patrimonio culturale basco, ma soprattutto sostenere gli attori culturali nei settori della creazione, formazione e diffusione e diffondere, attraverso reti di comunicazione moderni, tutti gli elementi di informa-zione sulla cultura basca.

Le finalità quindi sono quelle di promuovere lo sviluppo sostenibile e l’influenza della cultura basca nella loro di-mensione permanente ed evolutiva, attraverso i settori di intervento sulla lingua, l’Euskara, sulla letteratura e l’editoria, ma anche e soprattutto sul teatro e l’improvvi-sazione, audiovisivo e digitale, la danza, il canto e la mu-sica, le arti visive, il patrimonio e l’ambiente, il turismo e la gastronomia, i festivals, le attività ricreative, i giochi e gli sport baschi.Nell’ambito delle sue attività, l’ICB nelle arti dello spetta-colo, per essere addirittura impresario.

Le funzioni principali sono: assistenza nella gestione dei

progetti per lo sviluppo delle politiche culturali pubbli-che, il project management di progetti in collaborazio-ne con le autorità locali e regionali, il project manage-ment per progetti di strutturazione e di mediazione per un nuovo pubblico, supporto per gli attori culturali nel campo della creazione artistica, la diffusione delle opere

realizzate, attività culturali e di for-mazione degli artisti.

A differenza di quanto avviene in Italia per tutto il tessuto associati-vo, l’Istituto dà concreto sostegno alle associazioni, secondo alcuni principi basilari che iniziano con rendere l’associazione membro dell’Istituto Culturale Basco pagan-do una quota annuale di € 30 (nel 2013). Il progetto culturale presen-tato da un’associazione deve coin-volgere la lingua e la cultura basca obbligatoriamente. L’associazione prende il partenariato dell’Istituto Culturale Basco e si impegna a for-nire l’equilibrio morale e finanzia-ria alla fine dell’operazione.Anche gli impegni dell’associazio-ne che hanno ricevuto il contribu-

to finanziario dell’ICB sono chiari: l’associazione è l’unico responsabile dell’organizzazione tecnica e della gestione del progetto. Come partner esecutivo, garantisce la riso-luzione di tutte le spese, comprese le imposte, sociale e diritti d’autore, informa l’ICB sullo stato del progetto e lo invita a qualsiasi evento. A rendicontazione dettagliata avvenuta, l’ICB pagherà il 70% del contributo finanziario e il saldo al momento del ricevimento dei bilanci morali e finanziari. www.eke.org

In alto: Itxaro Borda. Qui sopra Pantxoa Etchegoin

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Danza bascadi Laura Germano

Il Paese Basco francese è detentore di una cultura millenaria composta da innumerevoli elementi, in molti casi sconosciu-ti, e che vale la pena scoprire. Tra questi c’è la danza, tratto

fortemente rappresentativo della comunità basca che la vive non solo come forma artistica, ma anche e soprattutto iden-titaria. Abbiamo intervistato il coreografo Roger Goyhénèche per cercare di capire più a fondo cosa rappresenta la danza per il popolo basco e quale parte occupi nella sua cultura.

Come si potrebbe definire la danza basca?La danza basca è un repertorio rituale, eseguito in occasione di specifiche feste, soprattutto dagli uomini. Queste manife-stazioni, molto spesso antiche, riuniscono intere comunità attorno ai loro ballerini. Queste danze si sono sviluppate pa-rallelamente a quelle di gruppo, interpretate dai due sessi, in un’epoca lontana, e sono trasmesse di generazione in gene-razione da maestri riconosciuti ed autorevoli in materia, in ra-gione anche dell’alto livello tecnico che questa danza a volte raggiunge.

È stata influenzata da altre forme di danza?Per rispondere a questa domanda R. Goyhénèche cita un’ope-ra che tratta proprio di danza basca, “La Tradition de danse en Béarn et Pays Basque Français” di Jean- Michel Guilcher: “nel prendere in considerazione le fonti di quest’arte popolare estremamente ricca, bisogna iniziare dal sottolineare un’in-dubbia e precoce attitudine al prestito. Prenderne atto non equivale per nulla a diminuire l’evidentissimo potere di con-servazione della tradizione basca né negare che questa possa includere elementi di grande antichità. Si deve semplicemente convenire che in essa il potere di conservazione si sdoppia in un non meno impressionante potere di acquisizione (…) Sono poche le società rurali che hanno provato di essere allo stesso tempo così innovatrici ed attaccate alla loro eredità e valori.”Più in generale, numerosi passi sono forme coreografiche ispi-rate ad un modello di danza arcaico comunemente praticato tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI in tutta la società fran-cese.

Ha a sua volta lasciato la sua impronta in altre?Sempre dal testo di Guilcher si apprende che la danza basca non è solamente stata ricettiva ai modelli coreografici esoge-ni, ma anche che altre forme di danza di sono ispirate ad essa. Nello specifico, i balli popolari baschi hanno fortemente in-fluenzato le tendenze coreografiche dell’aristocrazia, che sono confluite in svariati passi oggi fondamentali nella danza clas-sica. Tutti conoscono il Pas de Basque ed il Saut de Basque, un passo che può prendere forme particolarmente spettacolari.

Da chi è praticata oggi questa forma artistica?Al giorno d’oggi, nel solo Paese Basco francese, che conta meno di 300.000 abitanti, varie migliaia di bambini, adolescen-ti ed adulti la praticano con grande regolarità; un dato che ne fa, dal punto di vista quantitativo, la prima attività culturale basca. Il suo repertorio raggiunge tutti gli strati della società e tutte le generazioni, comprese anche persone da poco instal-late nel Paese Basco, poiché costituisce per molti un vettore ludico di integrazione.

Che rapporto c’è tra la danza basca e la Francia? Gli anni tra il 1950 ed il 1970 potrebbero, sul piano artistico, sicuramente essere definiti come l’epoca d’oro della danza ba-sca, anche dal punto di vista del suo livello di apprezzamento al di fuori del solo paese basco. Qui due compagnie, Etorki e Oldarra, si contendevano la gloria con spettacoli diffusi sia in

tutta la Francia che all’estero, anche in luoghi spesso prestigio-si: il Théâtre de l’Empire a Parigi, il Théâtre Albert Hall a Lon-dra, il Carnegie Hall di New York, l’Opéra di Chicago, il Théâtre Royal di Bruxelles, il Teatro Coliseo di Buenos Aires, e molti al-tri. Gli spettacoli erano elogiati in recensioni pubblicate su tut-ti i giornali più importanti - Le Figaro, Le Monde, l’Humanité, New York Post, Chicago Sun Times, The Times – cosa che dimo-strava l’entusiasmo dei critici e, verosimilmente, del pubblico.

Qual è il futuro della danza basca?Purtroppo, i principali attori della danza basca non hanno sa-puto negoziare la via della professionalizzazione all’inizio de-gli anni ’80, condannando anche un progetto di compagnia professionale portato avanti troppo timidamente dal Ministe-ro della Cultura. Tuttavia, questo appuntamento mancato con una vera professionalizzazione dello spettacolo di danza ba-sca non ha annientato completamente l’ambizione artistica, oggi attivamente rappresentata da una nuova generazione di ballerini e musicisti di talento, il collettivo Etorkizuna Kontzep-tuak. Questo, sostenuto dall’Istituto Culturale Basco ed il Ma-landain ballet Biarritz / Centro Coreografico Nazionale, inseri-sce la danza e la musica basche in un percorso risolutamente artistico aperto a ballerini, musicisti, coreografi e compositori provenienti da realtà diverse, una dinamica inedita che è di certo portatrice di speranza per la danza basca.

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Anne-Marie Mitterrand, una vita per la scrittura di Francesco Zarzana

Parigi rega-la sempre emozioni,

non solo quan-do si visita No-tre Dame o il Louvre, ma an-che quando si incontrano per-sonaggi stra-ordinari come A n n e - M a r i e

Mitterrand, grande scrittrice prima che nipote dell’ex Presidente della Repubblica francese. Cordiale, spiri-tosa, sensibile e attenta, conversare con Anne-Marie è come incontrare l’amica che hai sempre sperato di avere. E mentre davanti a noi si erge imponente la Tour Eiffel, le nostre chiacchiere spaziano in tutti i campi.

Madame, quando è nato il suo amore per la scrittura?Io ho sempre scritto; prima da ra-gazzina e poi da adolescente non mi fermavo di scrivere. La scrittura è una fatalità alla quale non si può resistere quando ti cade addosso. Io scrivo ai miei figli, ai miei amici, anche al pre-

fetto della Polizia. Mi viene meglio scrivere che parlare e così posso dire che amo la conversazione. La scrit-tura permette di pesare le parole, mentre la parola può oltrepassare i pensieri e ferire involontariamen-te. Impossibile rinnegare ciò che è scritto, mentre le parole lanciate dall’emozione o dalla collera posso-no essere deformate. Sì, penso che la scrittura è essenziale nella mia vita. Peraltro mi permette di ascoltare l’opera lirica poiché non poteri farlo se non passassi i miei pomeriggi a scrivere. Lei ha scritto nove libri: quale ama di più?Per la verità ne ho scritti dieci, ma il settimo l’ha firmato mia figlia. E’ la storia di sua nonna, nonché mia madre, che lei adorava, ma di fatto il libro l’ho scritto io. Amo ciò che scri-vo, lavoro tanto sui mei libri e li trovo commoventi, intensi. Io penso tutta-via che il mio preferito sia “La donna della sua vita” (“La femme de sa vie” pubblicato da Albin Michel) un affre-sco della borghesia francese del XX secolo, dai sentimenti forti, dai per-

sonaggi emozionanti. Ma gli ultimi “ Attends-moi, j’arrive” (Aspettami, io arrivo) e “Reste avec moi “ (Resta con me) mi piacciono moltissimo. Nel libro ”Un nom dur à porter” (Un cognome duro da portare) lei parla della sua famiglia: Mitter-rand è ancora un cognome duro da portare?Io penso che portare un nome ce-lebre è sempre difficile, perché la persona si affaccia dietro alla fama. Mi sono domandata talvolta chi sono e ho desiderio di rispondere. In Francia ci sono ancora persone che, attribuendo a Mitterrand il cambia-mento dello scenario politico della Francia, non mi invitano ai loro ta-voli, ma all’estero c’è ancora un tap-peto rosso che si srotola per me e le porte mi si aprono facilmente. François Mitterrand aveva un cari-sma incontestabile che si è esteso in tutta Europa ed è un vantaggio per chi porta il suo cognome. Negli ultimi due romanzi “At-tends-moi, j’arrive” lei parla del-la Parigi occupata della seconda guerra mondiale e in “Reste avec moi” del ’68: due epoche che sem-brano lontaneSono due epoche molto importanti che hanno segnato il secolo e che io ho voluto trattare al contrario di come scrivo di solito. In “Attends-moi, j’arrive” io non racconto dei francesi che hanno sofferto sotto l’occupa-zione, ma al contrario di quelli che ne hanno approfittato per guada-gnare soldi e prendersi dei piaceri vietati che non esistono nei periodi di pace. Anche in “Reste avec moi” vado controcorrente perché parlo di studenti, di lavoratori e di borghesi che non vogliono la rivoluzione, una maggioranza silenziosa che ottie-ne una grande vittoria. Certamente sono epoche un po’ lontane, ma che hanno cambiato la faccia del mondo e non bisogna dimenticarlo.

Anne-Marie Mitterrand

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L’atelier dell’artista: Idoutoredi Francesco Zarzana

Incontro Idoutore in quello che a prima vista potrebbe sembrare un normale appartamento un po’ decaden-te, una stanza enorme e luminosa, che è un vero atelier

con decine di bozzetti attaccati ai muri e matite, tante matite. Quadri sì ma soprattutto disegni, che mi colpiscono per i soggetti un po’ animali e un po’ umani, creature di fan-tasia che sembrano un’ istantanea su un mondo onirico che si svela quando di notte chiudiamo gli occhi.

Idoutore, partiamo dal nome, cosa significa? Idoutore è nato dalla sintesi di un nome più lungo (che era, comunque, uno pseudonimo). L’altro nome aveva un significato particolare e perfettamente comprensibi-le: ho voluto trasformarlo in qualcosa di indistinto per non rischiare di ingabbiarlo in un’ idea, un nome insi-gnificante si adatta perfettamente ad ogni tipo di evo-luzione.

A vedere i tuoi disegni si direbbe che raccontino una storia.In qualche modo si, ma in una immagine sola.

Quindi, come il nome, sono una sintesi.Credo di si, ma nell’ accezione chimica del termine, come interazione di elementi, fino ad arrivare ad un ennesimo, completamente diverso da quelli di partenza.

Perché non qualcosa di più descrittivo, cronologico (tipo un fumetto) per raccontare una storia?Perché sono incapace di descrivere le cose in modo li-neare, cronologico, e non mi aiuta la memoria, visto che tendo a dimenticare qualsiasi cosa. Di solito anche quello che mi accade resta soltanto sotto forma di sensa-zione. Io digerisco e rielaboro senza sapere mai quando comincio, come finirò.

Nei tuoi disegni ci sono elementi ricorrenti: frecce, matite che trafiggono i tuoi personaggi. Hanno un significato?Gli scenari che propongo sono aperti sull’ interiorità e tutti gli elementi interagiscono con esso, non c’è nulla di esistente (e visibile) che non provenga da lì. Ovviamen-te sono simboli evocativi, ma non hanno un significato statico, derivano da una idea iniziale che con il tempo si è evoluta, che continua ad evolversi e che comunque va contestualizzata: in questi termini non mi è possibile darne una chiave di lettura, almeno non una che sia sem-pre valida.

Libero spazio all’immaginazione quindi.I miei lavori non hanno la pretesa di spiegarsi, non per una questione di presunzione, anzi, piuttosto di apertura

ad ogni possibile interpretazione, ed ancor di più all’ al-trui immedesimazione. Per queste, e più in generale per le stesse motivazioni di cui parlavo a proposito del nome, mi piacerebbe lasciare le conclusioni a chi guarderà.

Artisti a cui ti ispiri o che ammiri, se ci sono.Ce ne sono diversi, Francis Bacon su tutti. Yerka per i suoi mondi sensazionali.

Prossimi progetti?Ho in programma una personale non appena avrò ter-minato una serie abbastanza omogenea di lavori, inoltre un mio disegno sarà pubblicato nel mese di marzo su una importante rivista di settore. Spero poi di riuscire a contribuire artisticamente al prossimo Festival Filosofia. Intanto mi auguro di aver contribuito positivamente a questo numero di Buk, e per questo ringrazio.

Contatti:[email protected]

matita su carta27 x 25 cmanno 2012

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Idoutore per BUKmatita su carta

27 x 35 cmanno 2014

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200° Giornale dei Viaggi IV e il Ducato di Modena I Dominj Estensi nell’800, i viaggi e lo Stato

Duecento anni fa Francesco IV entrando nel Modenese, da Ponte Losco, su mandato delle maggiori potenze europee, prendeva

possesso dei suoi domini, obbedendo al volere re-staurativo che tentava di ridisegnare la geografia italiana. Modena, Reggio, Massa e la Garfagnana tornavano sotto il dominio dell’Aquila bianca, fortemente le-gata alla casa d’Austria, che metteva sul trono duca-le il principe-duca Francesco IV, milanese di nascita, estense per parte di madre e con paternità reale austriaca. I 45 anni del Ducato rappresentano, a detta degli storici, un’ appendice diversa dalla storia del Duca-to (o ducati) estense del vecchio regime. Due figure quelle dei due duchi Francesco IV e V, forse ancora poco conosciute così come poco conosciuto è lo Stato che essi amministrarono anche con lungimi-ranza e sobrietà.La casa editrice Antiche Porte di Reggio Emilia pro-pone per questa ricorrenza due volumi che aiuta-no a capire quel tempo e le realtà socio-economi-co-territoriali esistenti nella prima metà dell’800 fino all’Unità. Il primo volume è Giornale dei Viaggi VI (undicesimo della collana Le Tracce, pag. 138,

€10) prosegue la serie dei viaggi ducali fatti tra Modena e il Cattajo negli anni 1816-18, quando la Corte spesso si spostava in territorio veneto nella residenza maniero che in pratica era una seconda residenza. Il diario descrive, come al solito, peculia-rità, caratteristiche e particolarità di ciò che il Duca incontra e vede lungo il tragitto a cavallo e in barca e, al lettore, fa capire quale fosse il mondo del viag-gio allora. Il volume si avvale della presentazione del professor Piero LuxardoIl secondo libro invece è una edizione anastatica del volume che, nel 1854, uscì descrivendo il Du-cato di Modena nelle sue caratteristiche geografico - fisiche e politico - amministrative, per opera di un dotto modenese Mauro Sabbatini, che lo curò per un’opera più vasta negli ultimi anni di vita del Duca-to. Un documento importante che aiuta lo studioso e l’appassionato di storia risorgimentale e austro-e-stense. Il volume consta di 102 pagine e costa 12 €.

Info: 0522433326, [email protected]

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Pauline Delpechtra charme e cause sociali

di Francesco Zarzana

La menzogna permet-te a volte di avvicinare due esseri. È quello che

vuole sottolineare Pauline Delpech, nel suo nuovo ro-manzo “Souvenance”. È la storia di una madre, che sa di essere condannata, e di sua figlia. Due donne che si nascondono dietro sorpren-denti segreti per riappro-priarsi della loro vita.Pauline Delpech, nata il 20

agosto 1981, è figlia del cantante Michel Delpech, ma ha tracciato la sua carriera di scrittrice ed attri-ce senza l’aiuto di nessuno. È per esorcizzare i pro-blemi di salute che la attanagliavano da giovane, si interessa alla scrittura, attraverso l’elaborazione di una saga di tre romanzi polizieschi che diventeran-no dei best- sellers.Nel 2007 grazie all’editore Michel Lafont, pubblica il suo primo romanzo intitolato Sous la Neige Noir. Il libro ha un successo incredibile, vendendo oltre 30 mila copie e il suo protagonista, il commissario Barnabé, diviene popolare e il libro rapidamente un best seller. L’anno dopo è ancora il commissa-rio Barnabé il protagonista del libro Le Sang des Tourterelles (Dans les Brumes du Nord). Ed è un al-tro successo letterario. Fa parte della giuria di Miss Francia 2011 con Alain Delon. Pauline utilizza il suo

naturale charme per difendere cause che le stanno a cuore, come la lotta contro il cancro al seno dove è testimonial. Pauline stupisce e continuerà a stu-pirci piacevolmente.

Pauline Delpech

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Ma che calcio dici!

Una post fazione su un libro che parla di calcio? Che meravi-glia. Grazie per aver pensato a

me”. Questa è stata la risposta ufficia-le. Ma per una come me che di calcio ne capisce quanto un coltivatore di granturco al Polo sud la vera risposta (mentale) è stata “Nooo, un libro sul calcio: che palle (inteso ovviamente

come sfera con cui i calciatori si sfi-dano in campo)”.Prendo in mano il libro, scoraggia-ta nell’anima e con thermos di caf-fè, pocket coffee e polvere di cacao purissima da sniffare all’uopo. Tanto per tenermi sveglia e non perdere mai la concentrazione.Leggo, sfoglio, volto pagina... mi credete se vi dico che il sorriso non mi ha lasciato neanche un istante? E che il ritmo, l’ironia e l’umorismo dis-sacrante ed elegante dell’autore rie-scono a dare più adrenalina di cen-tosessanta cioccolatini col liquore al caffè dentro? Penso che non abbiate difficoltà a credermi e in zona cesari-ni (incredibile! ho finalmente capito cosa significa) entro in scena anch’io nel libro.Dal nipote della Merkel al Movimen-to Cinque Palleggi, dalla filosofia di Prandelli al black out del Carpi Diem fino ad arrivare all’interessantissima etimologia dello Stadio Arechi: un crescendo di simpatia, educati sfot-tò, rovesciate carnascialesche, umo-

rismo a zona, assist per reti di buon umore.Dovrebbero leggerlo tutte le don-ne. Per riuscire a sorridere ogni vol-ta che, passando in salotto, trovano mariti, fidanzati, nonni e figli am-massati sui divani con gli occhi fissi allo schermo e concentratissimi alla

vittoria della propria squadra. Do-vrebbero leggerlo per capire quanto struggente pathos c’è in ogni discus-sione del dopo-partita, in ogni critica post-partita, in ogni moviola mima-ta per spuntarla in dibattiti su rigori non concessi.

E dovrebbero leggerlo tutti gli incal-liti appassionati di calcio, quelli che piangono (di gioia) quando la squa-dra del cuore si salva della retroces-sione, quelli che soffrono e piangono per un pareggio a due giornate dal-la fine, che li lascia col fiato sospeso fino all’ultimo match di campionato,

quelli che piangono per infortuni in campo dei beniamini pluristipendia-ti... dovrebbero leggerlo, almeno ri-dono invece di piangere sempre.Grazie Francesco Zarzana. Per essere riuscito, attraverso le tue pagine, a farmi capire che, nella setta del cal-cio, ci sono estimatori del pallone ca-paci di prendere e prendersi in giro.

di Federica Angeli

Federica Angeli

Francesco Zarzana

Ezio Luzzi

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Laura Lattuada: l’amore per i libri tra teatro e televisionedi Mariapia Cavani

Cortese e cordiale, Laura Lat-tuada, che sarà a Buk per un reading del libro dell’amica

Danila Bonito, e ci racconta qual è il suo rapporto con i libri, la lettura e la nostra città.Attrice, di teatro prima di tutto, di cinema e fiction successivamente, conduttrice ed autrice, Laura Lattua-da conosce e ama i libri: “Ho una in-tensa frequentazione con il romanzo come fatto in sé: recito in spettacoli tratti da romanzi, Roberto Cotroneo e Susanna Tamaro i più recenti. Amo anche la formula del reading, perché credo sia un’ottima interazione tra l’attore ed i testo, un modo efficace per far vivere le pagine di un libro. E sono una lettrice onnivora: i libri che devo ancora leggere abitano la

casa, i tavoli, sono a portata di mano, mentre quelli già letti invece trovano posto nella libreria. Non ho un gene-re preferito, mi piace un po’ di tutto. E faccio mia anche la riflessione sul-la bellezza di rileggere, di trovare il tempo per soffermarsi su qualcosa che ci colpisce, che troviamo bello, interessante, di godere della pagina che abbiamo appena letto. E c’è una cosa che mi manca, forse non solo a me, e che potrebbe ap-passionare al romanzo: la lettura, alla radio, a puntate, dei classici. La lettura ad alta voce invita ad entra-re, incuriosisce e cattura, io ricor-do alcuni classici russi assaporati in questo modo. L’ascolto è un passo in più rispetto alla lettura individua-le, aggiunge al testo l’emotività che l’attore sa mettere, ti conduce al suo interno, ti permette di entrare in profondità”.Gli appassionati di teatro l’hanno vista più volte in scena, anche nella nostra città. Le chiediamo che cosa pena della platea modenese: “L’Emi-lia è una regione fertile, per quanti-tà e bellezza degli spazi dedicato al teatro. Ci sono teatri minuscoli, con cartelloni di alta qualità, in paesi piccoli, che altrove non avrebbero alcuna possibilità di sopravvivere: questo significa che ci sono sia la vo-lontà di proporre che la risposta del pubblico. A Modena trovo interes-sante la proposta del Michelangelo: un cartellone di qualità, che avvicina al teatro anche chi potrebbe averne soggezione, perché il pregiudizio

che sia un’esperienza colta, anche noiosa, per pochi eletti, anche un po’ fuori moda, è duro a morire. Ben ven-gano, dunque, anche gli spettacoli leggeri, di qualità, che invogliano ad esserci, e non solo per una sera. Un modo efficace per far scoprire a tanti la magia del teatro.”.Laura Lattuada ha lavorato in teatro, portando in scena classici e testi contemporanei, in televisione, come conduttrice, come attrice di produ-zioni televisive: qual è il lavoro che la diverte di più, in cui si sente a suo agio? “Non c’è un mezzo che mi di-verte di più, hanno caratteristiche di-verse: la televisione ha tempi più ve-loci, ma la relazione con il pubblico è differita e se sbagli puoi fermarti. Il teatro è splendido, immediato, met-te in circolo l’adrenalina, forse fa an-che più paura. Io sono curiosa, amo conoscere le persone, incontrarle; nelle relazioni bisogna applicarsi, il momento dell’incontro è il più im-portante, qualunque cosa si faccia, l’incontro e lo scambio. Io sono una donna fortunata: il lavoro che faccio mi permette di incontrare molte per-sone, diverse tra loro, e questa è una grande ricchezza”.A che cosa sta lavorando ora? “Sono in tournèe con il monologo L’inferno non esiste, il testo di Susan-na Tamaro, sul tema della violenza domestica contro le donne”: ancora una volta il teatro si fa strumento per comprendere e decifrare la com-plessità ed il dolore.

Laura Lattuada

PRIMA PAGINA: concorso nazionale di giornalismo scolasticoUna conferma dell’interesse dei giovani per il giornalismo: anche quest’anno sono aumentati i giornali scolastici concorrenti a “Pri-ma Pagina”. Oltre 150 in gara, dai quindicinali agli annuari, passan-do per webzine, siti, e anche telegiornali, molti collegamenti con i

social network: i giornali sono diversi e non solo “per” ragazzi. Han-no i giovani come lettori principali, ma servono anche agli adulti per guardare, e magari comprendere meglio, come si vedono i gio-vani oggi, come vedono il mondo, le loro passioni, il tempo libero.

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Filastrocchedi Laura Corallo

Se ti è negato il piacere di vivere, se non hai la pos-sibilità di evadere, hai pur sempre il potere di ren-dere fiabesca – o addirittura meravigliosa – la tua

cattività». E’ così che Rossella Fusco, immobilizzata a cau-sa della SLA (sclerosi laterale amiotrofica) compendia il senso della sua vita nel volume “La Finestra sul mondo (Edizioni Artestampa), illustrato da artisti e illustratori del calibro di Bros, Maurizio Radici, Cristina Roncati e Tullio Pericoli, per citarne alcuni, e arricchito dai disegni di bam-bini ispiratisi alle filastrocche di Rossella. Il volume è stato pro-mosso dall’AISLA di Modena (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) e ideato e progettato dalla Dott.ssa Tina de Falco, docente ed esperta di arte infantile. Lucana di nascita Rossella Fusco sceglie poco più che giovinetta la città di Mode-na per cercare un lavoro. Ma a soli quanrant’anni, inaspetta-tamente, arriva la SLA, malattia che la porterà alla morte nel 2007 all’età di quarantacin-que anni. E proprio nell’ultimo periodo della malattia, si dedica a dettar filastrocche a sua sorella. Versi rivolti al mondo dell’infanzia ma anche agli adulti desiderosi di recuperare la propria ingenuità e la capacità di sognare. La sola che permette a tutti noi di cambiare la realtà che ci circonda. Come fa Rossella nella filastrocca dal titolo “Un Sogno” dove la sua mente immagina, a suon di versi, la città ideale: Se rosso sarà di sera/ questo sogno prima o poi si avvera. / Ho sognato una città speciale / senza scuola né ospedale, / senza neanche un cimitero... / più

mi sveglio e più mi sembra vero. / Una città piena di ma-gia dove si vive con filosofia / e si pensa che, se la vita è fatta a scale, / prenderemo l’ascensore, / poco male! (...)Contro il caro petrolio / altro che macchine a gasolio, / viaggeremo nelle bolle di sapone / senza fare il biglietto alla stazione. (…) Casetta mia, per piccina che tu sia, / quanto mi costi mamma mia, / ma alloggeremo in un ca-

stello in aria, / nella nostra vita immaginaria.Se chi trova un amico trova un tesoro, / non ci sarà bisogno di nessun lavoro. / Non avrà più nessun valore il denaro / e le banche se lo potranno tenere caro-caro. Fra il dire e il fare ce ne andremo al mare, / risalire-mo la cresta dell’onda / e chi non sogna affonda. (...)«I componimenti di Rossella Fusco – ha scritto il giornalista e scrittore Dario Biagi, nell’intro-duzione alla Finestra sul mon-do – sgorgano da una princi-piante assoluta, senza filtri e

suggestioni letterarie, e stanno in piedi. Non solo: li ha creati di punto in bianco, sotto l’assedio della malattia, quando cioè, non potendo più immergersi nel mondo, lei, così curiosa e aperta, cercò di portare la vita, quanta più vita possibile, dentro la sua stanza: animando e uma-nizzando quanto le stava intorno, dal divano al frigorife-ro, alla caffettiera, al dizionario. E tuttavia, Rossella non viola mai lo statuto del genere filastrocca. Che impone di essere lievi e scherzosi. Sublima la sua immobilità coatta, rendendo meraviglioso quel che la circonda».

INFORMAZIONI UTILI

La pubblicazione del volume “Una finestra sul mondo” di Rossella Fusco è stata promossa dall’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amio-trofica di Modena, per sostenere l’assistenza ai malati e alle famiglie. Varie le attività seguite dall’associazione tra cui ascolto e consulenza, gruppi di auto aiuto, reperimento fondi e partecipazione a Telethon. Il progetto del libro è stato voluto e realizzato da Tina de Falco dopo oltre 8 mesi di lavoro che ha visto il coinvolgimento di artisti internazionali e l’organizzazione di laboratori e approfondimenti con adulti e bambini.

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Leggere ci fa bene? Incominciamo da piccoli!di Stefania Saltini

I dati diffusi dall’Istat sulla lettura in Italia ci mostrano un pae-se con sempre meno lettori: nel 2013 la percentuale di lettori con più di 6 anni che hanno letto almeno un libro per motivi

non strettamente scolastici o professionali è diminuita rispet-to all’anno precedente (dal 46% del 2012 al 43% del 2013) e anche i lettori forti (coloro che leggono almeno 12 libri all’an-no ) sono passati dal 14,5 al 13,9%.Colpiscono però, in questo panorama, i dati sui libri per bam-bini e ragazzi che consolidano la crescita ed arrivano a coprire il 14,6% delle vendite rispetto al 13,3% del 2012. I dati Nielsen parlano di un boom dei libri per i giovani e giovanissimi, in particolare con riferimento ai piccoli editori, per i quali una su quattro delle copie vendute sono libri per l’infanzia. Un mercato in controten-denza quello dei bambini, come com-menta Marco Polillo, presidente dell’A-IE (Associazione Italiana Editori), sul quale vale la pena di riflettere. E che è confortante se pensiamo all’importan-te ruolo che la lettura ha sia nello svi-luppo cognitivo dei bambini sia nella formazione dei futuri lettori (e quindi per il “futuro” del libro).Numerosi sono i benefici della lettura messi in evidenza da recenti ricerche nel settore dell’infanzia e adolescenza. I bambini e i ragazzi che si dedicano in maniera abituale alla lettura per proprio piacere ne traggono numero-si vantaggi: da migliori risultati a scuola, a effetti positivi sul comportamento emotivo e sociale. La lettura favorisce la cre-scita personale, sviluppa la creatività e l’immaginazione, forni-sce gli strumenti per comprendere meglio noi stessi, i nostri sentimenti, ed il mondo in cui viviamo. E, non secondario, in-trattiene e ci diverte in maniera coinvolgente.Ma l’idea che la propensione alla lettura sia una qualità innata deve essere ridimensionata. La passione per la lettura si tra-smette, e i bambini vengono accompagnati in questo per-corso. Così come affermato recentemente da Istat, un ruolo fondamentale nella propensione alla lettura è svolto sia dalla scuola che dall’ambiente familiare. Già nel 2006 Istat aveva messo in evidenza la stretta relazione tra la presenza di una piccola biblioteca in casa, genitori lettori-narratori, e la pas-sione per la lettura dei figli. Ma anche la scuola è chiamata a svolgere un ruolo fondamentale. A questo proposito trovo bellissimi i tanti progetti scolastici che già dal nido e dalla scuola dell’infanzia prevedono un appuntamento settimanale durante il quale i bimbi, col le loro sportine colorate in spal-la entusiasti vanno nella biblioteca della scuola a scegliere “il loro libro della settimana”. Trovo bellissimo che alla mattina, nel “salotto” della classe, le maestre circondate dai bambini ini-zino la giornata con la lettura di un libro, e l’entusiasmo con cui i bimbi si portano da casa un libro della “propria biblioteca” per poterlo condividere con i compagni di scuola. Così come le diverse iniziative portate avanti dalle biblioteche e dai centri per l’infanzia e la famiglia a supporto e diffusione della lettura tra i più piccoli. Ed infine è un segnale entusiasmante quando, anche se sfiniti, i bimbi chiedono di leggergli un libro alla sera nel letto prima di addormentarsi. Diventa un appuntamento immancabile. Così il primo importante passo verso l’abitudine

alla lettura è stato fatto.Chi sviluppa l’abitudine a leggere in giovane età, continuerà a sentirne il bisogno per il resto della vita. Il segreto sta tutto li. Imparare sin da piccoli ad amare i libri, accompagnati dai libri giusti, che permettono lo sviluppo delle capacità critiche, linguistiche ed estetiche del bambino. Se tra i compiti degli editori possiamo riconoscere anche quello di creare lettori, di-ciamo che il lavoro che si sta facendo sui giovani e giovanissi-mi sta andando nella giusta direzione.All’ultimo Salone Internazionale del Libro di Torino, si è re-gistrata un’altissima affluenza alla libreria dei bambini, ed al festival della Piccola e Media Editoria di Roma il padiglione de-

dicato all’infanzia ha riscosso un suc-cesso quasi inaspettato, con un boom di piccoli lettori, ed il segnale che la piccola editoria resiste alla crisi parten-do dai giovani.Anche il Festival Buk, nella sua immi-nente prossima edizione, dedicherà uno spazio all’editoria per i bambini ed i ragazzi...Ed è proprio sui giovanissimi che è importante puntare. Come sostiene il premio nobel per l’economia Heck-

man, investire nel capitale umano (con riferimento sia alle abilità cognitive sia a quelle non cognitive, socio-emotive e relazionali) sin dalla giovane età genera effetti di lungo perio-do. Ma è prevista una sorta di ordine temporale, di priorità, nell’acquisizione di tali abilità affinchè da queste si possa trar-re il miglior beneficio in termini di acquisizione di nuove abi-lità nel periodo di vita successivo. Mentre le abilità cognitive si sviluppano principalmente durante l’infanzia, in particolare nel periodo della prima infanzia, quelle non cognitive nell’a-dolescenza: se un’abilità non viene acquisita in quel determi-nato momento, difficilmente potrà essere “recuperata” in futu-ro. Ma una volta che sono state acquisite, entrano a far parte del nostro patrimonio.È riscontrabile quindi una relazione tra lo sviluppo delle abilità cognitive e non cognitive e gli effetti riscontabili in diversi am-biti della vita dell’individuo, a partire dalla performance scola-stica, all’inserimento nel mondo del lavoro, nei livelli salariali, fino alla prevenzione della devianza sociale.Se è vero che la lettura stimola nei bambini una maggiore con-sapevolezza, autostima, favorisce lo sviluppo delle abilità co-gnitive, emotive ed il successo scolastico, possiamo affermare anche che la capacità di leggere, di comprendere e di scrivere un testo è un indicatore di benessere. E se, come osserviamo, esiste una stretta relazione tra il benessere generato dalla let-tura e numerose altre dimensioni del benessere, allora va da se che sollecitare alla lettura, assecondare l’entusiasmo dei bambini nei confronti dei libri, è uno dei più bei doni che gli possiamo fare.

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Modena, capitale della letturadi Giancarlo Scarpa

Assieme a tortellini, balsamico e Ferrari ci sarà an-che la vocazione letteraria un giorno, forse, tra le eccellenze per le quali si evoca Modena: nel frat-

tempo la nostra città si «accontenta» di entrare nell’olim-po ministeriale della letteratura grazie al Buk. Il nuovo

anno, infatti, ha portato in dote la convocazione del fe-stival creato da Francesco Zarzana e gestito da Proget-tarte all’incontro di «Città del libro»: ovvero quella rete delle città italiane, grandi e piccole che siano, che orga-nizzano kermesse e saloni dedicati al libro, letteratura e cultura editoriale. A sovrintendere il Centro per il libro e la lettura, organismo del Ministero dei beni e delle attivi-tà culturale e del turismo guidato da Massimo Bray, che evidentemente è consapevole dell’ascesa della manife-stazione di stanza al Foro Boario.Il vertice si è tenuto a Roma il 9 gennaio, ospitato dal Te-atro dei Dioscuri, e per il coordinamento delle «Città del libro» era il secondo appuntamento dopo la fondazio-ne nell’aprile dell’anno scorso. Erano presenti ideatori, curatori e responsabili di 70 eventi culturali: dal Salone internazionale del libro di Torino al Festivaletteratura di Mantova; dal Festival della mente di Sarzana al Pordeno-nelegge dell’omonima località friulana. Sono state con-vocate le principali manifestazioni del Paese, insomma, che grazie anche a questa istituzione nata a Palazzo del Collegio romano intendono costruire una serie di rela-zioni e di spunti culturali, sociali, economici e, perché no, turistici. Zarzana, che ovviamente ha rappresentato Buk, ha pre-so appunti. D’altronde una realtà relativamente giovane come il festival modenese, con i suoi sette anni di vita, la collaborazione del Comune di Modena e il patrocinio del già citato Ministero, della Regione e della Provincia, non può che beneficiare del confronto con «mostri sacri» come l’allestimento nel capoluogo piemontese. «Sono molto contento di questa convocazione - ha fat-to sapere Zarzana - ma soprattutto dell’inserimento del festival tra i più importanti avvenimenti letterari italia-ni. Un riconoscimento che premia tanti anni di lavoro e

che ormai identifica Modena quale punto di riferimento nazionale della piccola e media editoria». Come dargli torto?Entrando nel dettaglio del confronto nella capitale, ha aperto i lavori il presidente Anci e sindaco di Torino Piero

Fassino con un intervento sul ruolo dei Comuni nella si-tuazione normativa e finanziaria attuale e in prospettiva. Quindi si sono succeduti gli interventi introduttivi di Ro-lando Picchioni, presidente della Fondazione per Libro, musica e cultura, e di Rosanna Rummo, direttore gene-rale per le Biblioteche, gli istituti culturali e il diritto d’au-tore. La direttrice del Centro per il libro e la lettura Flavia Cristiano ha quindi presentato il nuovo portale web del Cepell stesso, che metterà in rete le offerte e le propo-ste delle «Città del libro», il monitoraggio delle quali è stato illustrato dal ricercatore Guido Guerzoni. Un’ipotesi coordinamento nazionale tra le varie kermesse è stato invece il cuore del discorso dell’ideatrice del Festival di Sarzana Giulia Cogoli e del presidente della Fondazione Cassa di risparmio della Spezia Matteo Melley, mentre il presidente Censis Giuseppe De Rita ha affrontato il rap-porto fra comunità e identità locali e promozione degli eventi culturali.A seguire il presidente del Cepell Gian Arturo Ferrari e il ministro per la Coesione territoriale Carlo Trigilia hanno messo a bilancio lo scenario italiano con quello degli al-tri Paesi europei; ha concluso Bray con un bilancio delle proposte emerse e una road map degli impegni futuri. Il ministro ha richiamato l’attenzione sull’importanza «del-la cultura come strumento di crescita sociale ma anche economica di una nazione» e sull’esigenza «di stimolare soprattutto le nuove generazioni alla lettura». Una scom-messa da vincere, va da sé.

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Arte e cibo. Nuova ricchezza per il territoriodi Paola Nava

Prendete un territorio segnato da fiumi, pianure, colline; aggiungetevi il lavoro dell’uomo dai tem-pi della preistoria, nei campi, nelle botteghe, nelle

imprese; pensate a un modello di vita aperto, ospitale, creativo; a una comunità coesa, a soggetti uniti nel dia-logo anche se non sono mai mancati momenti duri di contrapposizione.Tutto questo è un paese in provincia di Modena che ha trovato nella lavorazione della carne di maiale e nella produzione di salumi identità e ricchezza.

Ma questo processo viene da lontano, da una prima trasformazione del paese che avviene intorno agli anni trenta del novecento; c’è un laboratorio artigianale che pian piano si fa fabbrica, c’è un passaggio da un’econo-mia di sussistenza di contadini, fornaciai, muratori, arti-giani ad un paese che trova nuovi ritmi e spazi intorno ad una fabbrica; ci sono nuovi quartieri, nuovi bisogni, nuovi comportamenti, nuovi modelli.Questa fabbrica si chiama Villani, esiste dal 1886, si è tra-sformata negli anni e oggi rappresenta una delle realtà più significative della salumeria italiana. Il paese si chia-ma Castelnuovo Rangone, fa parte dell’Unione Terre di Castelli, ha attraversato la storia passando dalla Terrama-ra all’oggi, un caso di microstoria dove esplorare, nel cor-so degli anni, la complessità degli eventi tra tradizione e mutamento nel nuovo.Oggi la Villani ha costruito un museo che raccoglie la storia che è insieme dell’azienda e del paese; un museo – si chiama MUSA, Museo della Salumeria - che dedica spazio a testimonianze orali, che raccontano la produ-zione dei salumi tra lavori antichi e nuove tecnologie, a macchinari vecchi e nuovi, reperti legati alla lavorazione, materie prime come spezie e aromi, insomma tutto ciò che rappresenta il processo di produzione.Ma la ricchezza del contesto non è rappresentata soltan-to dalla salumeria; basta allargare lo sguardo per trovare altre eccellenze gastronomiche: l’aceto balsamico a Spi-lamberto, il lambrusco a Castelvetro, la ciliegia a Vignola, il formaggio nei caseifici.

E basta percorrere le strade, attraversare i paesi, girare nei campi per trovare altre meraviglie: castelli, rocche, borghi antichi, pievi, santuari...Un contesto di vivacità e cultura che si inserisce in un sistema economico ricchissimo. Che deve però porsi nuovi obiettivi, sperimentando nuovi modi di creare va-lore aggiunto dato dal collaborare, condividere le risor-se, puntare - insieme - su scenari globali. Insomma, fare rete territoriale puntando sulla eccellenza nella qualità dei prodotti, sulla capacità di riqualificare le risorse archi-

tettoniche e culturali favorendone la tenuta, gestendo le aperture, in definitiva investendo sulla valorizzazione d’insieme che la rete offre.E’ questo il formidabile motore per un’efficace, innovati-va, creativa azione di promozione turistica.Ci vuole una regia, ci vuole la consapevolezza, a partire dai cittadini, del patrimonio culturale presente nel ter-ritorio. Si possono creare posti di lavoro a livello locale, così come ci si può muovere su un piano davvero mon-diale con contatti con tutti i paesi del mondo.

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Xavier, tra informazione e letteraturadi Francesco Zarzana

Xavier de Moulins, è uno dei volti più noti della tele-visione francese che alterna la sua attività di con-duttore e giornalista a quello di scrittore.

Inizialmente freelance, collabora con i grandi giornali transalpini quali Le Monde, L’expansion e Vogue in par-ticolare ed appare in tv per la prima volta nel 1999 nella trasmissione Nowhere. Da qualche tempo conduce sul canale M6 il programma di approfondimento dal titolo 66 Minutes.Ma si diceva della sua intensa attività di scrittore e l’ul-timo nato ha un titolo abbastanza suggestivo e forte come “Que ton regne vienne” (“Che venga il tuo regno” edito da Lattes). Il romanzo narra di Paul che, due anni dopo la sepoltura di suo padre, torna poco alla volta alla vita e alle sue normali attività. Un libro che è un atto d’a-more tra un padre e un figlio e al loro forte legame filiale. Un testo scritto con grande sensibilità e cura che avverte subito il lettore che un padre ha sempre due vite. La sua e quella di suo figlio.

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Arrivederci nel Paese Basco francese

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