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cadenze6 ok ok Pinti, Roberto Abbondanza, Myrtò Papatanasyu, Norman Shankle, Maiya Kovalevska,...

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cadenze Periodico di informazione musicale n.6 marzo-maggio 2006 Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCD VERONA
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c a d e n z ePeriodico di informazione musicale

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Mercoledì 8 marzo

TEATRO FILARMONICO

ANDRÀS SCHIFFBeethoven

Lunedì 27 marzo

SALA MAFFEIANA

QUATUOR YSAŸE, PAUL MEYERMozart, Brahms

Lunedì 10 aprile

TEATRO FILARMONICO

KÖLNER KAMMERCHOR, COLLEGIUM CARTUSIANUMPETER NEUMANN

Mozart Requiem

Lunedì 8 maggio

TEATRO FILARMONICO

FAZIL SAYJ.S. Bach, Beethoven, Ravel, Musorgski

Biglietteria in Via Roma 3. Nel giorno di ogni concerto e in quello che lo precede ore 10-12 e 17-19.30Informazioni tel. 045 8009108 - www.accademiafilarmonica.org

Agenzie abilitate Numero Verde 800.32.32.85

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C a d e n z ePeriodico musicale

dell’Accademia Filarmonicadi Verona

Direttore responsabileCesare Venturi

Segreteria di redazioneLuisa Mostarda

Hanno collaborato:Francesco Bletzo, Cesare Galla,

Luisa Mostarda, Alessandro Taverna, Gianni Villani, Hugh Ward-Perkins,

Fabio Zannoni, Chiara Zocca

Copertina di Giulia Ferrarini

RedazioneVia dei Mutilati 4/L

37122 VeronaTel. 045 8005616Fax 045 8012603

[email protected]

www.accademiafilarmonica.org

Proprietà editorialeAccademia Filarmonica di Verona

StampaPuntopiù Production s.r.l.

Registrato al Tribunale di Verona in data 27/11/2004

con numero 1626

Anno II n. 6 marzo-maggio 06

Tra chi sostiene che Mozart è già sufficientemente celebrato efesteggiato in ogni momento di ogni anno musicale e chi invece, incampo concertistico, discografico, editoriale, folkloristico ha volutoampiamente celebrare questo anniversario del 2006, ci saremmoschierati più dalla parte dei primi: crediamo che il senso di unaanniversario sia quello di scoprire o riscoprire un autore, studiarel’attualità del suo messaggio nel cambiare dei tempi, dei gusti, dellemode, cosa abbastanza inutile quando pensiamo a Mozart, semprepresente nella nostra vita musicale. Dunque nel preparare questo numero di Cadenze non c’era unaparticolare volontà di realizzare un numero quasi monografico,come di fatto è accaduto. Diciamo che la sua è stata una cordialeinvadenza… come la sua musica, che ci prende gentilmente perrivelarci le sue grandi verità, la forza di un pensiero musicale ine-sorabile. Ho cercato a lungo una frase che riassumesse la genialità di Mozartal di là i tutte le elaborate riflessioni che nel tempo a lui sono statededicate. Qualcosa che desse immediatamente l’idea della suagrandezza. E l’ho trovata: sono le parole di un violinista dilettante,più noto per altre cose: Alfred Einstein. Disse che “la musica diMozart era così pura che sembrava essere stata sempre presentenell’universo in attesa che il maestro la scoprisse”.Anche Uto Ughi recentemente in un’intervista parlava di una musi-ca angelica, che arriva dal cielo, mentre vorrei ricordare che nonsempre la sua proverbiale facilità di ispirazione corrisponde al vero:a proposito dei Quartetti dedicati ad Haydn e al Quintetto con cla-rinetto (che sentiremo in Sala Maffeiana per LunedìMusica), musi-che tra le più sublimi del Nostro, si nota come nella partiture sivedesse in controluce la fatica del comporre, tra cancellature eripensamenti. E la sua grandezza sta proprio nel non far sentirequesta difficoltà, nel rendere tutto così perfetto, equilibrato, sensa-to.Verona in questi mesi ci offre la possibilità di sentire i diversi aspet-ti della sua produzione. Dalla trilogia dapontiana, un progetto ambi-zioso della Fondazione Arena di presentare le tre opere in uno spa-zio temporale ravvicinato, la musica da camera già citata, la musi-ca sacra (naturalmente il Requiem, sempre per LunedìMusica) equella sinfonica, con un concerto d’eccezione, quello di DanielHarding con la sua Mahler Chamber Orchestra, in un concerto spe-ciale realizzato dal Mondatori Junior Festival, che quest’anno hadedicato uno spazio anche alla musica, diventando un nuovo pre-zioso soggetto per la vita musicale di Verona. E la”mania” mozar-tiana non si esaurisce in questi tre mesi, naturalmente. Una picco-la anticipazione: il “Settembre dell’Accademia” farà due incursioniin campo operistico, con Idomeneo proposto da William Christie, eDon Giovanni, in coproduzione con i Teatri di Treviso.

Editoriale

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Teatro FilarmonicoDomenica 2 aprile, ore 20.30 - Fuori abb.Venerdì 7 aprile, ore 20.30 (abb. turno D)

Le nozze di Figaro

Martedì 4 aprile, ore 20.30 (abb. turno A)Sabato 8 aprile, ore 20.30 (abb. turno E)

Così fan tutte

Merc. 5 aprile, ore 20.30 (abb. turno C)Dom. 9 aprile, ore 15.30 (abb. turno B)

Don Giovanni

Orchestra e coro dell’Arena di VeronaDirettore Jonathan Webb

Regia Daniele AbbadoScene, costumi e luci Gianni Carluccio

Interpreti principaliRachel Harnish, Julia Kleiter, Nicola Ulivieri,

Gabriella Sborgi, Alfonso Antoniozzi, Damiana Pinti, Roberto Abbondanza,

Myrtò Papatanasyu, Norman Shankle, Maiya Kovalevska, Riccardo Novaro,

Francesca Provvisionato, Christian Senn

“Che ne dici mio ben so far pulito?” chiede Don Giovanni a Zerlina, dopoaver scacciato con subdola prepotenza il suo futuro sposo Masetto,poco prima di proporle di fuggire insieme in un vicino casinetto di suaproprietà. E' lo strepitoso “parlato” veneto di Lorenzo Da Ponte, nato aCeneda, di religione israelita, convertitosi per necessità, sacerdote perforza, scrittore, intellettuale, avventuriero cosmopolita dell'Europa dellafine del Settecento e dei primi trent'anni dell'Ottocento.La sua lingua, quella dei tre libretti mozartiani, de “Le nozze di Figaro”,del “Don Giovanni” e di “Così fan tutte”, è una sorta di fascinoso fossi-le vivente, voce reale che sembra venire dalla strada, captata da con-versazioni vivaci, specchio veridico di volti, incontri, persone vive e pre-senti. Quel “pulito” che in origine e ancora oggi nel dialetto veneto,significa bonaria richiesta di adeguamento ad una norma, di fare i bravisoprattutto per i bambini, viene qui ribaltato in una sorta di impudenterichiesta di approvazione per aver allontanato il futuro marito proprioalla sposa stessa, introdotta di botto nelle spiazzanti antiregole dellacultura libertina. Sovversivo e dissacrante, attraverso i costumi privati, delle regole delmondo fideistico feudale, il libertinismo di Da Ponte era figlio del seve-ro e radicale Settecento riformatore. E benché si basasse sulla critica(giocosa ma non per questo meno spietata) della morale corrente edella sfera dei rapporti fra i sessi, riguardava soprattutto un profondocambiamento dei parametri etici e degli stessi elementi costitutivi dellasocietà settecentesca.Nei tre libretti mozartiani le storie sono, sotto questo aspetto, davveroemblematiche. Ne “Le nozze di Figaro” il tema narrativo che innesca ilprofluvio di situazioni successive è la pretesa anacronistica di esercita-re lo 'jus primae noctis' da parte del conte di Almaviva verso Susanna,futura sposa di Figaro. Nel “Don Giovanni” è la volontà del protagoni-sta, assunta orgogliosamente sino alla fine, di situarsi al di fuori delleleggi e delle 'convenienze' che regolano ancestralmente i rapporti socia-li tra uomo e donna, per esempio con il matrimonio. Nel “Così fan tutte”usando a fondo il meccanismo teatrale del travestimento, il tema nar-rativo consiste nello svelamento non sempre sorridente del relativismoe della fragilità dei rapporti amorosi. In più questo avviene provocato-riamente attraverso una scommessa dei due protagonisti Ferrando eGuglielmo, che mettono pericolosamente alla prova la fedeltà e l'attac-camento delle loro promesse Fiordiligi e Dorabella.In un'epoca che non conosceva neppure vagamente il concetto di copy-right è interessante notare l'onesta precisazione che Da Ponte mette nelfrontespizio delle “Nozze”. Egli dichiara il debito inventivo conBeaumarchais (autore de “La folle journée ou le mariage de Figaro”)

pur senza nominarlo e definisce il suo lavoro“un‘imitazione o vogliamo dire un estratto di questaeccellente commedia”.Mentre invece per il successivo “Don Giovanni”, chein effetti è un mito simbolico-letterario con molteimplicazioni e che viene da molto lontano, il testo'saccheggiato' fu il libretto scritto da GiovanniBertati per l'opera “Il Convitato di pietra” diGazzaniga. Proprio confrontando i due testi, che rac-contano appunto la stessa storia, si coglie l'enormearguzia linguistica di Da Ponte, la sua capacità dicolorare anche l'assurdo della vicenda di uno stra-niante istante reale e di dare sempre ai personaggiuna dimensione umana, un’inquietudine e un tor-

MOZART / DA PONTEIL TRITTICO

Le donne e l’amore, l’acre ritratto delle

passioni dalla penna dell’abate veneto

La Fondazione Arena presenta le tre opere

nell’arco di una settimana di Francesco Bletzo

Nozze di Figaro, il bozzetto

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mento a tratti addirittura preromantici,ad esempio quando, come dice GiovanniMacchia “partendo dal vano, dal frivolo,addirittura dallo scandaloso si tenta ilterribile e il demoniaco”.“Così fan tutte”, invenzione al contrariocompletamente di Da Ponte, compendiale sue idee sulle donne e l'amore, svi-luppando l'acre ritratto delle passioni edanche la loro delicatezza e fugacità, rac-contate con marcati toni realistici oltrele convenzioni per 'centrare' la veritàdell'amore-passione. Anche le“Memorie” di Da Ponte si inseriscononell'alveo di una grande tradizione set-tecentesca e insieme a quelle di Gozzi,di Goldoni, di Casanova, esportatoridella tradizione culturale italianaall'estero, forniscono un ritratto perso-nale e privilegiato di ambienti diversissi-mi, svelano scene e sfondi (nelle locan-de, durante i viaggi, nei teatri), evocanoe descrivono personaggi, incontri edamori. Indimenticabili tra gli altri,soprattutto per la vena sensuale e vita-listica, la giovane ostessa tedesca diGorizia e l'organizzazione pratica (ederotica...) della stesura delle primescene del “Don Giovanni”: “Andai altavolino e vi rimasi dodici ore continue.Una bottiglia di 'tockai' a destra, il cala-maio nel mezzo, e una scatola di tabac-co di Siviglia a sinistra. Una bella giovi-

Il pensiero di Mozart massone nellatrilogia dapontiana” è il titolo dell’in-contro con gli Amici del Filarmonicoproposto da Lidia Bramani, la cuiultima opera, Mozart massone e rivo-luzionario (recensito a pag. 29), èstata segnalata come una delle piùimportanti pubblicazioni dell’anniver-sario mozartiano. Lidia Bramani èdiplomata in pianoforte e in letteratu-ra greca, ha studiato oboe e composi-zione. Ha collaborato con le più impor-tanti istituzioni musicali e discografi-che, tra cui Scala, Ircam, BerlinerPhilharmoniker, Fondazione Siemens eRai. Ha curato per il Saggiatore l’auto-biografia di Henze e sta lavorandoall’edizione integrale delle lettere diMozart. Sue le Conversazioni conClaudio Abbado, Musica sopra Berlino. Lunedì 27 marzo in SalaMaffeiana, via Roma 1G alle 18.00

netta di sedici anni (che io non avrei voluto amare che come figlia,ma...) stava in casa mia con sua madre, ch'aveva la cura della famiglia,e venia nella mia camera a suono di campanello, che per la verità iosuonava assai spesso e singolarmente quando mi pareva che l'estrocominciasse a raffreddarsi: ella mi portava or un biscottino, or unatazza di caffè, or niente altro che il suo bel viso, sempre gaio, sempreridente, e fatto apposta per inspirare l'estro poetico e le idee spiritose”.A volte i toni sono autoelogiativi e anche vittimistici, con una folta schie-ra di più o meno misteriosi nemici, cattivi alla Carolina Invernizio, sem-pre pronti a colpirlo alle spalle, frapporsi ai suoi progetti artistici, tea-trali, amorosi. La fine della prima parte delle memorie si chiude conl'auto-esilio verso la città di Gorizia, allora appartenente al Friuli tede-sco. Materiali di vita vissuta che transitano potentemente negli scrittiteatrali, soprattutto quando l'intreccio si fa caotico e vibrante e, purcostretti all'interno di solide e a volte ripetitive convenzioni formali,certe situazioni si vestono di plausibilità e di verità. Nelle “Memorie” Da Ponte imputa la necessità di fuga alla sua amiciziacon il nobile barnabotto Giorgio Pisani che, a capo di un 'partito' rifor-matore ammantato di un’oscura simbologia massonica, si era inimicatoi poteri forti della Serenissima. La fuga fu dovuta però anche alla nasci-ta, socialmente insostenibile, di un figlio. Anche in questo caso per DaPonte 'libertino' faceva assonanza, e non solo linguistica, con libertà.Una libertà che andrà cercando davvero 'per mari e per monti' vivendoprima a Londra e poi, per lunghi anni, a New York, dedicandosi alle atti-vità più disparate: l'insegnamento dell'italiano, l'editoria, la vendita divolumi di letteratura italiana e da ultimo, poco prima di morire quasinovantenne, la fondazione di un Teatro dell'Opera italiana in America.Le “Memorie” sono una scrittura molto umana e vera anche quandomettono in secondo piano, quando non omettono del tutto, avvenimen-ti e situazioni imbarazzanti per il protagonista-narratore. Da questepagine si evince il carattere, la spregiudicatezza nei giudizi, l'adesioneimmediata alle novità culturali e politiche, il pragmatismo di stamposicuramente anglosassone, unito però ad un'ironia e ad una finezza digiudizio latine. Sono esclusi il facile pietismo e le preoccupazioni religio-se. Abbondano curiosità e coraggio, cifre che Da Ponte ha saputo, davero libertino, infondere nei personaggi che ha raccontato.

Teatro FilarmonicoVenerdì 28 aprile, ore 20.30(abb. turno A)Sabato 29 aprile, ore 20.30(abb. turno F)Domenica 30 aprile, ore 17(abb. turno B)Martedì 2 maggio, ore 20.30(abb. turno C)Mercoledì 3 maggio, ore 20.30(abb. turno D)

La bella addormentata nel boscoBalletto su musica di Pëtr Il'ic CajkovskijCoreografia Maria Grazia GarofoliScene Giuseppe De Filippi Venezia - Costumi Roberta Guido di BagnoMusiche riprodotte su nastro

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Diversamente da Mozart ma analogamente a quanto avvienein Haydn, nella produzione beethovenian, si riscontra chiara-mente una sorta di processo evolutivo. E’ anche questa unadelle sfide che caratterizza il lavoro dell’interprete?Si; dobbiamo sempre tener presente (anche con “le orecchie”) l’oriz-zonte temporale degli eventi. Questo riguarda non solo il singolo lavo-ro ma anche un ambito più vasto che comprende altri generi. In ter-mini concreti: io suono la sonata giovanile in fa minore op. 2 n 1 del1795 in maniera diversa, ovvero più drammatica e carica di energia,se so che dieci anni dopo la famosa “Appassionata” ripropone la stes-sa tonalità, portando alle estreme conseguenze la passionalità delbrano giovanile. A sua volta l’esecuzione dell’Appassionata potrebbegiovarsi di uno sguardo anticipatore sul quartetto per archi op. 95,scritto ugualmente in fa minore.Nella produzione sonatistica per pianoforte il periodo interme-dio comprende, dopo l’op. 31 e 53, altri cinque lavori. La sona-ta “Les Adieux” op. 81a segna qui il confine con l’ultimo grup-po. La varietà di forme risulta ancora una volta sorprendente.In effetti vi si riscontra un notevole percorso, anche se dopol’Appassionata vi è una cesura: dopo il 1805 la produzione sonatisti-ca per pianoforte si ferma, per riprendere poi nel 1809 con la sonatain fa diesis maggiore op. 78. In quelle cinque sonate Beethoven rie-sce a raggiungere una differenziazione di livello quasi sperimentale.L’”Appassionata op. 57 è preceduta dalla sonata in fa maggiore op.54, divisa in due movimenti, dal carattere in parte cantato e in parteenergicamente marcato. La sonata in fa diesis maggiore ci conduce inun ambito decisamente lirico, ma anche “capriccioso” nella scritturapianistica. A sua volta la successiva sonata in sol maggiore op. 79,indicata come “alla tedesca”, risulta nel complesso robusta ed estro-versa; infine la sonata “Les Adieux” ci presenta la meravigliosa atmo-sfera di un quadro interiore fra congedo, assenza e gioioso ritrovarsi.La sonata per pianoforte più famosa di Beethoven è la cosid-detta “Appassionata”. E’ possibile che dopo una così lungarecezione e tradizione si riesca ancora a renderla in manierafresca e nuova?A questo proposito vorrei citare Gustav Mahler: ciò che spesso si indi-ca come “tradizione”, non è altro che sciatteria. Infatti, nonostante lemolte esecuzioni sconsideratamente selvagge, la novità e la freschez-za resistono nel testo, a patto di saperlo leggere correttamente.Naturalmente l’opera è pervasa da una eccezionale passione e il tito-lo, anche se non voluto da Beethoven, è certamente pertinente. Macon ciò non deve intendersi che la libertà interpretativa trascenda inun’esecuzione priva di coerenza ritmica disgregantesi in stacchi ditempo troppo variegati. Uno degli elementi ritmici e metrici fonda-mentali da tener conto nel trattamento del primo movimento è datodall’indicazione 12/8: ciò significa che all’inizio non dobbiamo sentiredelle terzine, bensì un aspro ritmo puntato, in cui palpita la pulsazio-ne interiore del brano. Personalmente mi preparo all’esecuzione inconcerto in modo tale che già poco prima percepisco dentro di me lapulsazione in 12/8. Ne deriva una tensione che genera un senso dicompattezza e coesione per tutto il movimento.L’”Allegro assai” si apre con un unisono. Conosciamo altri inizidi sonata di simile fattura: si pensi all’inizio della sonata op. 10n. 3 , a quello della Sonata op. 2 n. 2 o anche all’entrata delsolista nel terzo concerto per pianoforte.Si, solo che nel caso dell’”Appassionata questo unisono evoca un’at-

Mercoledì 8 marzoTeatro Filarmonico ore 21

András Schiff pianoforte

Ludwig van Beethoven Sonata n. 22 in Fa maggiore op. 54

Sonata n. 23 in Fa minore op. 57“Appassionata”

Sonata n. 24 in Fa diesis magg. op. 78Sonata n. 25 Sol maggiore op. 79

Sonata n. 26 in Mi bem. magg. op. 81a “Les Adieux”

LunedìmusicaMusica per conoscitori

musica per il mondoIl pianista ungherese

András Schiff in conversazione con Martin Meyer

racconta il suo Beethoven

Foto Clive Barda, London

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riparte con lo sviluppo, dapprima con modulazioni elaborate contrap-puntisticamente, in seguito con una tecnica che comprime e tratta isingoli motivi come schegge e frammenti. Quando finalmente si rag-giunge l’enorme Coda, questa a sua volta sfocia nuovamente in unosviluppo conclusivo, in cui il primo tema si intreccia con il secondo, maancora una volta in frantumi disperatamente cupi.Il primo movimento si conclude su una lunga e pesante coro-na. Il tempo lento, “Andante con moto”, inizia, per affinità diterza, in re bemolle maggiore: pacato, disteso e tuttavia conun sentore di marcia.Quella fermata è un vero e proprio dono per la regia dell’interprete.Infatti dopo tali enormità si tratta di creare nuovamente pace nellasala. E finalmente qui possiamo tirare un sospiro di sollievo. Si, effet-tivamente vi è qualcosa della marcia, tuttavia incomparabilmentediversa dalla marcia di “soldatini” che caratterizza il tempo lento dellasonata op. 14 n. 2. Molto più pregnante risulta il gesto del solennecorale che emerge dagli accordi. Nonostante si susseguano poi solotre variazioni, di stampo decisamente lirico e caratterizzate da unacondotta melodica riconoscibile, si possono comunque notare duetendenze: da una parte il moto dei registri conduce dal basso all’alto,dal buio alla luce; d’altra parte dai valori ritmici più grandi derivanoquelli più piccoli, nel senso di una parcellizzazione temporale deglieventi sonori. Qui i timbri devono risuonare luminosi, ma attenzione:nel corso delle biscrome si insinua gradatamente l’imminente sventu-ra, preannunciata dall’accordo pianissimo di settima diminuita sullaprima corona; la seconda corona, invece, con la mano destra nonarpeggiata, ma da attaccare “secco”, come indicato, conduce comeuna fanfara in fortissimo alla selvaggia tempesta del finale.Molti interpreti scelgono un tempo rapido – ricordo il debuttodi Svjatoslav Richter alla Carnegie Hall di New York nell’otto-bre 1960: all’epoca regnava la velocità più esasperata.Tuttavia l’indicazione è “Allegro ma non troppo”! Chi inizia troppovelocemente, trascura innanzitutto tutte le correnti sommerse cheattraversano questo perpetuum mobile; inoltre, con uno stacco ditempo simile, mancherebbe la possibilità di aumentare ulteriormentel’intensità in vista del Presto conclusivo. Mi sta molto a cuore cherisultino chiari tutti gli elementi motivici e ritmici, dai sospiri intreccia-ti contrappuntisticamente fino ai passaggi in unisono in tormentosaaccelerazione. E soprattutto deve essere possibile percepire bene iltema in pianissimo che sorge dalle semicrome, e che sarà presto sot-toposto ad una quantità di metamorfosi e abbreviazioni. L’esposizione non viene ripetuta, nonostante Beethoven indi-chi la sua conclusione con una doppia stanghetta. Al contrario,il compositore richiede espressamente la ripetizione dello svi-luppo: un obbligo, dunque?Sicuramente. Le enormi dimensioni di questo sviluppo, alquanto sin-golare nella produzione sonatistica di Beethoven, devono essere asso-lutamente rispettate. Tanto più evidente risulta l’energia elementareche si manifesta nel breve Presto. Per le ultime crome al basso allabattuta 352 preferisco al fa il più profondo la bemolle, indicato nelmanoscritto, in quanto quest’ultimo produce una ulteriore tensione invista del successivo arpeggio di fa minore: il suono più basso produ-ce un effetto più potente. E, infine, anche l’ultimo tempo della battu-ta conclusiva – una pausa! – deve essere percepibile come prescrittoin tutta la sua suggestione; il silenzio con valore di musica.Traduzione di Anna Ficarella

mosfera espressamente densa di peri-coli. La distanza di due ottave mette inrisalto i bassi che risuonano scuri emisteriosi. Quando il tema si ripetemezzo tono sopra, la tonalità di solbemolle maggiore (con la sesta napole-tana) diffonde un’aura misteriosa. Tuttociò costituisce già il primo tema e nonuna introduzione. Il motivo percussivo(Klopf-Motiv) che appare alla battuta10 è affine a quello dell’inizio dellaquinta sinfonia, anche se ritmicamentediverso, presentandosi con lo stessocarattere inesorabile. Tenendo conto ditutta questa evoluzione fino alla setti-ma diminuita delle semicrome, dall’ef-fetto travolgente di un urlo, risultachiaro come il tempo non possa esseretroppo rapido, altrimenti i contorni per-dono di chiarezza. Tuttavia, molto spes-so nell’impianto iniziale si evidenziaprincipalmente l’effetto-tuono dellasuccessione sincopata di accordi.Il famoso secondo tema in Labemolle maggiore si presenta comeil rivolto (in senso ascendente) deltema principale: nonostante l’im-piego di mezzi molto economici,l’atmosfera risulta trasformata.Qui si dispiega un profondo lirismo,intriso anche di melanconia. Ma tuttociò non trova davvero compimento, silimita a tastare il terreno per sei battu-te per poi mutare completamenteatmosfera con gli accordi e i trillid’espressione altamente drammatici,protesi verso l’alto: ora avvertiamopaura e tremore, anche nella transizio-ne cromatica. Qui mi sembra inoltre diudire quel “... in dürren Blättern säuseltder Wind” dell’Erlkönig di Goethe,messo poi in musica da Schubert.Per la prima volta Beethoven nonprevede la ripetizione per il primomovimento di una sonata per pia-noforte: l’esposizione, infatti, sfo-cia direttamente nello sviluppo.Ancora una volta grande economiadei mezzi?Certamente. In ogni caso l’esposizionesi spegne in una spazialità enormemen-te dilatata: il la bemolle del basso distaben 5 ottave dal la bemolle del discan-to. Questo è un punto-chiave, pervasoda un forte senso di straniamento.Dopo questo momento la tensione

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LunedìmusicaIl quartetto del

“figlio” di HaydnPer la prima volta

a Verona il più celebre quartetto di Francia:

il Quatuor Ysaÿe suona Mozart

Lunedì 27 marzoSala Maffeiana ore 21

Quatuor Ysaÿe Paul Meyer clarinetto

Wolfgang Amadeus MozartQuartetto in Mi bem. maggiore K. 428

Johannes BrahmsQuintetto in Si minore Op. 115

Wolfgang Amadeus MozartQuintetto in La maggiore K. 581

“Al mio caro Amico HaydnUn Padre, avendo risolto di mandare i suoi figlj nel gran Mondo,stimò doverli affidare alla protexione, e condotta d'un Uomo moltocelebre in allora, il quale per buona sorte, era di piû il sui miglioreAmico. Eccoti dunque del pari, Uom celebre, ed Amico mio carissimoi sei miei figlij”.Di ventiquattr’anni più giovane, Mozart poteva essere figlio - e lo fusenz’altro musicalmente - di Franz Joseph Haydn. A lui dedicò i suoisei “figli”, bellissime creature quartettistiche, al vertice dell’intera let-teratura di questo genere, impegnando come non mai tempo e durolavoro, come si evince dal numero di correzioni riscontrabile neimanoscritti. Il Quartetto K. 428 fu composto tra giugno e luglio del1783 ed è tra i più elaborati armonicamente: si ascolti come la tona-lità di Mi bemolle del primo movimento, dopo l’esposizione all’uniso-no, sia difficile da riconoscere, nel lungo arco di elaborazione armo-nica e motivica. Il risultato dell’incontro tra la forte tensione dellelinee contrappuntistiche e le forme del modello classico haydniano,in questo come negli altri cinque quartetti della raccolta, non è sem-plicemente un’imitazione del modello, come Haydn stesso riconobbe.

Non fu solo perché ammirava l’arte del clarinettista Anton Stadlerche Mozart scrisse il Quintetto K. 581 ma anche per placare un suocreditore, un compagno di massoneria a cui doveva dei soldi perdebiti di gioco. Da una così prosaica occasione nasce una delle sueopere più ispirate e raffinate. Se nel Concerto per clarinetto Mozartutilizzò il clarinetto basso con il suo caratteristico registro grave, èpossibile che abbia pensato allo stesso strumento anche per ilQuintetto, opera che riassume perfettamente lo stile maturo mozar-tiano, per la splendida semplicità - quasi essenzialità - di scrittura,per uno slancio melodico perfetto (si pensi al tema di apertura) e peril senso infallibile del colore strumentale, reso ancora più ricco e pre-zioso, rispetto al quartetto d'archi, dal timbro suadente e intimo delclarinetto. Sebbene il Quintetto possa dare l’impressione di un’ascendenza sti-lìstica barocca per la sua struttura derivata da ritmi di danza, Mozartappare qui anticipare nuove soluzioni musicali, stimolate dal contat-to con un virtuoso quale Stadler. Contrariamente al mito romanticoche vede il compositore che scrivere musica nasce già perfetta comedettata da una voce divina, Mozart compose in situazioni contingen-

ti, con correzioni e ripensamenti e il fatto che l’operasembri così fluida e ispirata rende il compositore anco-ra più degno di meraviglia. Molto più travagliato era comunque il lavoro composi-tivo di Johannes Brahms, che attorno al 1890 era con-vinto di avere chiuso la sua carriera. Ma nell’estate del‘91 visitò Meiningen dove ascoltò l'ex violinista RichardMühlfeld suonare proprio il Quintetto di Mozart, assie-me al Concerto in Fa per clarinetto di Carl Maria vonWeber. Brahms fu conquistato in maniera tale da que-sto musicista da voler riascoltare continuamente lamusica di Mühlfeld, cercando di scoprire tutte le possi-bilità tecniche e timbriche dello strumento. E così sirimise a scrivere. Per "Fräulein Klarinette," come chiamava Mühlfeld,

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scrisse un Quintetto, l’Op. 115, che certamente affondava le radicinel classicismo, e Mozart era chiaramente il modello principale, maallo stesso tempo era figlio del gusto romantico per le danze boemee per una scrittura degli archi fortemente evocativa. Ciò che colpisce in ultimo di questo Quintetto è come Brahms riuscìa far esprimere dal clarinetto un carattere crepuscolare, poeticamen-te struggente. Questa malinconia diffusa, era un sentimento che esprimeva nonsolo la tarda età del musicista ma anche la sensazione della fine diun’epoca e di una grande civiltà musicale di cui Brahms era inconte-stabilmente l’ultimo alfiere. L’ammirazione e l’amicizia per Mühlfeldnon produssero solamente questo capolavoro, ma anche, nel 1894,due Sonate per clarinetto, tra le ultime splendide opere (si pensi poianche ai Vier Ernste Gesänge) di un grandissimo musicista. (c.v.)

“L’Accademia Filarmonica e i giovani” organizza in sala Maffeianamartedì 18 aprile alle 18.00 un concerto della pianista ElenaVorotko. In programma musiche di Bach, Mozart, Mendelssohn,Rachmaninov e Prokofiev.Elena Vorotko è nata in Russia nel 1980. Nel 1999 entra alla RoyalAcademy di Londra per studiare con Christopher Elton. Da allora siè esibita in tutto il mondo prendendo parte a numerosi festivalinternazionali. Ha recentemente vinto il premio “Bach” all’HarrietCohen. In questa serata l’Accademia Filarmonica di Verona prose-gue la felice collaborazione con il Keyboard Trust di Londra, per lavalorizzazione dei giovani pianisti a livello internazionale.

Fauré e i Quartetti di Brahms. Recentemente ha creato la propriaetichetta discografica Ysaye Records distribuita dalla Aeon. Leprime uscite sono state dedicate ai Quartetti di Schumann Op.41ed ai Quartetti di Haydn Op.54. Entrambi i cd sono stati premiaticon il Diapason d'Or, ffff di Télérama e Choc del Monde de laMusique.L'Ysaye ha celebrato i suoi primi 20 anni di attività nel 2004-05con tournées in Europa, Giappone e negli USA. In Italia è statoospite dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, della GOG aGenova e degli Amici della Musica di Pistoia.Nato a Mulhouse nel 1965, Paul Meyer è considerato comeuno dei clarinettisti più straordinari dei nostri giorni: hasuonato con le più importanti formazioni internazionali econ i più grandi direttori. Oltre ad un vasto repertorio clas-sico e romantico, Paul Meyer partecipa alle creazioni diautori contemporanei, tra cui il Concerto di Penderecki, ilConcerto di MacMillan e Alternatim di Luciano Berio.Appassionato di musica da camera, Meyer collabora coneminenti artisti e amici tra cui François-René Duchâble,Maria Joao Pires, Yo-Yo Ma, Jean-Pierre Rampal, YuriBashmet, Gidon Kremer, Mstislav Rostropovich, VladimirSpivakov, Heinrich Schiff, come pure con i QuartettiCarmina, Cleveland, Emerson, Hagen, Melos, Takacs eVogler. Di recente pubblicazione Le Quatuor pour la fin du temps diMessiaen con Myung-Whun Chung, Gil Shaham e Jian Wang(DGG).

Paul Meyer

Il Quatuor Ysaÿe - Guillaume Sutre e Luc-Marie Aguera (violini),Miguel da Silva (viola), Yovan Markovitch (cello) - è stato fondatonel 1984 mentre i suoi membri studiavano al Conservatorio diParigi. Il gruppo ha adottato il nome di Eugène Ysaÿe (1858-1931), celebre violinista, quartettista e compositore, la cuiinfluenza sul mondo musicale del suo tempo è rimasta una fontedi ispirazione per tante generazioni successive. Dopo la vittoria nel 1988 del Premier Prix del ConcorsoInternazionale per quartetto d'archi di Evian in Francia - assegna-to per la prima volta ad un quartetto francese - il Quatuor Ysaÿeha oramai consolidato la sua reputazione di principale quartettod'archi francese sulla scena attuale. Nel 1989 il quartetto hadebuttato al Festival di Salisburgo, dov'è stato invitato anche l'an-no successivo, per gli Schlosskonzerte, e di nuovo nel 1992 per leMozartwoche. Ha visitato Londra, Bruxelles, Lipsia, Dresda, Monaco di Baviera,Parigi, Brema, Los Angeles, New Orleans, Israele, Ungheria.Polonia, ecc. In Italia è stato ospite di tutte le maggiori istituzionimusicali, da Palermo a Milano, da Catania a Napoli, Roma,Firenze, Torino, Messina, Padova, Perugia, Genova e Trieste. Fuori d'Europa si è esibito in Giappone (Suntory Hall di Tokyo), inIsraele e negli Stati Uniti (Carnegie Hall) dove ritorna annualmen-te per una lunga tournée.La discografia per la Decca comprende i Quartetti di Ravel eDebussy (votata "Migliore Incisione Cameristica dell'Anno 1991"dall'autorevole rivista Musica), i sei Quartetti "Haydn" di Mozart,l'integrale dei Quartetti di Mendelssohn, i Quintetti e Quartetti di

Il clarinettista Paul Meyer si unirà agli

“Ysaÿe” per i due capolavori di Mozart

e Brahms

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L'insofferenza del giovane Mozart, all'età di 24 anni, per il suo ruolodi dipendente dell'arcivescovo di Salisburgo era ormai giunta al cul-mine. Tornato in patria dopo un lungo viaggio che lo avevano por-tato a Mannheim e Parigi, egli affronta con difficoltà crescente iltran tran della vita musicale cittadina. E in tutti quegli 'omaggi' chevengono tributati all'odiato arcivescovo Colloredo, sicuramentepoco palpitanti di vero affetto, nelle dediche delle musiche compo-ste per il suo ufficio, risalta evidente tutta la loro convenzionalità.Il Graduale Sancta Maria, mater Dei K. 273 e l'Offertorio-mottettoAlma Dei creatoris Mater K. 277 - scritti tra l'estate e l'autunno del'77 - appartengono al periodo immediatamente anteriore al viaggioparigino. Nella lettera che accompagna la richiesta di “licenza” WolfgangAmadeus si fa sottilmente ruffiano nel perorare la sua causa, per-ché : “Avendomi Ella graziosamente dichiarato che non avevo nullada sperare … avrei fatto meglio cercar fortuna altrove … Quandomaggiori sono le doti di ingegno che i figlioli hanno ricevuto da Dio… essi sono tenuti a farne buon uso per migliorare le condizioni”,concludendo: “Questa messa a frutto del nostro talento è il Vangelostesso che ce la insegna”. Nella musica sacra di Mozart esiste una produzione più 'sentita',che sgorga da un ingenuo, ma sicuramente autentico, sentimentoreligioso. Da un lato quindi composizioni scritte con uno spontaneospirito devozionale, come il Graduale K. 273 dedicato "alla Madre diDio” per invocarne la protezione di fronte alle incognite di un lungoviaggio in carrozza attraverso l'Europa, dall'altro, musiche scritteper dovere d'ufficio, per la routine salisburghese, come la MissaSolemnis K. 337: nel Graduale e nell'Offertorio-mottetto, si puòdunque avvertire, un’espressione più libera e spontanea, che anti-cipa il clima dell'Ave Verum, quasi nel tono semplice di un lied; poiuna pomposa “Missa aulica”, che appartiene ad un periodo conside-rato come uno dei più poveri dal punto di vista creativo di Mozart,in quel periodo con la testa altrove, tutto preso dalla scritturadell'Idomeneo. Composta quindi nello stile conciso di quelle messebrevi salisburghesi, voluta con decisione dal Colloredo, la MissaSolemnis si profila come dotata di colori forti e festosi, per un gustorococò e con un Benedictus fortemente caratterizzato. E la scrittu-ra sacra di Mozart si inserisce all'interno di quella tendenza chemescola i caratteri dell'antica polifonia e del contrappunto severocon quelli di un lessico più moderno, fatto di arie e recitativi; nelcosiddetto stylus mixtus, in cui le voci si confrontano nel dialogoconcertante con gli strumenti. Questa sarà una delle ultime messe

composte per le autoritàecclesiastiche: dopo, via daSalisburgo. C'è una bruscainterruzione dell'impegnocompositivo di Mozart inquesto settore e ciò vienegeneralmente attribuito alsuo distacco dagli obblighinei confronti dell'arcivesco-vado ma anche c'è chisostiene che tale fenomenosia attribuibile a cause stori-

LunedìmusicaRequiem per un

dilettanteL’opera funebre di

Mozart, capolavoroincomparabile della

musica sacra di tutti i tempi, scritto per un

ricco committente

di Fabio Zannoni

Lunedì 10 aprileTeatro Filarmonico ore 21

Kölner Kammerchor, Collegium Cartusianum

Peter Neumann direttore

Myung-Hee Hyun sopranoElisabeth Graf alto

Vincenzo di Donato tenoreTorben Juergens basso

Wolfgang Amadeus MozartMissa solemnis in Do magg. K. 337

Sancta Maria Mater Dei K. 273Alma Dei Creatoris K. 277

Requiem in Re minore K. 626

Foto Dorothea Heise

Peter Neumann

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co-politiche: ad un certo punto del suoregno infatti l'illuminista Giuseppe IIaveva posto delle limitazioni alle cele-brazioni liturgiche per contrastare ilmonopolio della Chiesa nell'educazio-ne popolare.Siamo nel '91: ultimo anno della brevevita di Mozart; il suo ultimo lavoro, unRequiem, resta incompiuto per la suamisteriosa morte prematura all'età di35 anni. C'è come un netto contrastotra l'aura di mistero, che circonda lacomposizione del Requiem, con tutti ipresagi di morte che accompagnano levicende della sua travagliata scrittura,con la prosaicità della realtà di unaricca commissione, da parte di undilettante, un certo conte Franz vonWalsegg-Stuppach, che voleva com-memorare la moglie defunta e aveva il

Un concorso di canto internazionale per l’Orfeo di Monteverdi

vezzo di attribuirsi la paternità delle opere che commissionava. Matant'è, e dove il capolavoro si arrestò, sulle parole “Judicandohomo reus” del Lacrimosa, fu la penna del fido allievo Süssmayr acompletare le parti rimanenti, integrando le sezioni orchestrali escrivendo ex novo le sezioni del Sanctus, del Benedictus,dell'Agnus Dei e della Communio. Si celebra qui una delle più mira-bili sintesi delle più antiche tradizioni della musica sacra, ma anchedi un musicista che ha conosciuto la lezione di Bach e Handel e cheha saputo sublimare il concetto di tradizione. Dove tendenze arcai-cizzanti, elaborati contrappunti (Rex tremendae), l'antico canone(Recordare) si associano e si affiancano a motivi tipici dell'opera,come nell'arioso respiro del Lacrimosa; ma anche con le sonorità ele armonie, da cerimoniale massonico, dei corni di bassetto assie-me ai fagotti. Si apre qui un livello espressivo assolutamentenuovo, che è stato definito come una sorta di drammatizzazionedel sacro; un'espressione, permeata di soavità e di una diffusa pie-tas, che può prospettare una visione terrificante dell'aldilà ma chepuò anche aprire la strada ad una disposizione emblematica, digrande modernità, per la scrittura del sacro.

24 febbraio 1607: a Mantova va inscena un’opera destinata ad entrarenella storia come il più compiuto capo-lavoro del teatro musicale all’epoca deisuoi primi fasti, Orfeo di ClaudioMonteverdi. 24 febbraio 2007: dopoquattrocento anni esatti, nelle stessesale in cui avvenne la “prima”, PalazzoDucale, l’opera torna in scena grazieall’Istituto Internazionale per l’Opera ela Poesia. Gianfranco De Bosio (nellafoto a fianco), regista ed ex sovrinten-dente dell’Ente Lirico Arena, presiededall’anno di fondazione, 1995, l’istitutoassociato all’Unesco, che promuove nelmondo l’opera lirica e si spende coninesauribile energia e passione per sco-prire e dare opportunità ai nuovi giova-ni cantanti. “Come per il Don Giovanni che abbia-mo portato al Filarmonico di Verona loscorso anno - spiega De Bosio nel suoufficio di Palazzo Barbieri - anche perl’Orfeo si sta preparando una selezionedi cantanti per la partecipazione allospettacolo che verrà messo in scena aMantova, realizzato in collaborazionecon l’Accademia Nazionale Virgiliana,con la supervisione del musicologoClaudio Gallico recentemente scompar-

so. Sua è la revisione della partitura cheverrà utilizzata, nell’edizione Eulenburg. Le selezioni di questo concorso di canto sisvolgono contemporaneamente in diversipaesi europei, dall’Italia all’Ungheria(dove c’è una tradizione monteverdianaviva e, ricordo, lo stesso Monteverdi fu alseguito dei Gonzaga per una campagnamilitare), Germania, Russia, Polonia.Corea, Sudafrica, Stati Uniti, Canada,Catalogna e Israele”.Le preselezioni si svolgeranno nell’autun-no di quest’anno (le informazioni si tro-

vano fin da ora nei conservatori, compreso il Dall’Abaco di Verona);ed è prevista un’esecuzione dell’Orfeo anche a Verona, in SalaMaffeiana, grazie alla collaborazione tra l’Istituto e l’AccademiaFilarmonica. Sarà l’occasione per sentire un capolavoro musicaleassoluto che però si ascolta raramente, anche per la difficoltà di tro-vare dei veri specialisti di uno stile vocale diverso da quello dell’ope-ra del Settecento e Ottocento. “E’ un concorso molto più impegnativo di quello realizzato per il DonGiovanni di Mozart - commenta De Bosio - anche perché il melo-dramma del Seicento e primo Settecento è meno commerciale e dàmeno opportunità di lavoro agli interpreti. Ma da un paio di decennic’è un generale risveglio di interesse - anche in paesi che non ciaspettavamo aderissero a promuovere il concorso - verso la musi-ca dell’epoca monteverdiana che fa ben sperare di arrivare alla fina-le con un cast eccellente, come fu quello del Don Giovanni, e di farascoltare anche a Verona nella maniera migliore (e la sala Maffeianaè perfetta per l’occasione) questa meravigliosa opera. (c.v.)

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Niente predisponeva questo giovane pianista, nato in Turchia nel 1970, adiventare uno dei più originali solisti di oggi. Proveniente da una famiglia dinon musicisti, Fazil Say ha studiato pianoforte e composizione alConservatorio di Ankara. A 17 anni una borsa di studio gli permette di per-fezionarsi con Robert Levine all'Istituto Robert Schumann di Dusseldorf. Nel1992 viene ammesso, come docente, all'Accademia di Berlino. A 25 anni gliviene assegnato il Premio Young Concert Artists International Auditions diNew York, che gli apre le porte della carriera. Fazil Say ha inoltre compostoe registrato molte opere: Black Hymns, scritto per il 750° anniversario dellacittà di Berlino e un Concerto per pianoforte e violino commissionatoglidall'Orchestra Sinfonica di Berlino. Nel 1996 ha suonato in prima mondiale ilsuo secondo Concerto per piano, Silk Road. Nei suoi recitals, Fazil Say suonaspesso alcune delle sue composizioni: le Danze Turche, le VariazioniPaganini e le Variazioni sul Rondò alla Turca di Mozart.In questi ultimi anni ha suonato a New York con Kurt Masur), Parigi, Londra,Amsterdam, Istanbul, Zurigo, Milano etc. Ha collaborato con l' OrchestraNazionale di Francia, la Filarmonica Ceca, l'English Chamber Orchestra,l'Orchestra Nazionale di Lione. Ha inciso due dischi dedicati a Bach e Mozart e dal 1999 è artista in esclu-siva della TELDEC per la quale ha già inciso un disco dedicato a Gershwincon la New York Philharamonic. Nel 2005 è uscito un disco di Sonate diBeethoven.

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In Turchia la musica è dominata dall'industria del pop (turco); inquesto panorama sonoro un pianoforte a coda su un palcoscenicoassurge quasi a simbolo del coté occidentale del paese: potrebbeessere un simbolo delle ambizioni europee della nuova Turchia. Inuna tale prospettiva il pianista Fazil Say sarebbe di diritto amba-sciatore del suo paese.“Spero di essere un vessillo della cultura del mio paese di origine,seppur oggi, avendo ormai lasciato il mio paese da tanti anni, nonso più se sono un musicista occidentale che prova ad andare dal-l'ovest all'est, o un interprete turco che prova a costruire un ponteverso l'occidente”. Così si esprimeva qualche anno fa Fazil Say inuna delle prime esibizioni concertistiche nel nostro paese. Alloraviveva a New York, la carriera internazionale suggeriva una pre-senza fisica nel cuore dell'occidente. Ora Fazil Say è tornato alleorigini; dopo aver vissuto in Europa negli anni di studio e poi negliStati Uniti, ha fatto armi e bagagli e con la famiglia ha compratouna casa nel cuore di Istanbul. In quella casa suona, progettaspettacoli, compone, crea musiche per balletto, si lancia in colla-borazioni con jazzisti e cantanti etnici del suo paese. Un vulcano di idee, spesso eterodosse. Come quella di qualcheanno fa, di presentare la versione per pianoforte a quattro manidella Sagra della Primavera da solo, registrando la parte di un pia-noforte con l'ausilio di un computer e suonando l'altra contempo-raneamente, in un’ideale gara di precisione con la macchina. E cosìsi presentava al pubblico, producendo un turbine di suoni stupefa-cente. E poi la sua personale rivisitazione della Marcia turca diWolfgang Amadeus Mozart? Ve la aspettereste, da un turco, tra-sformata in qualcosa di autenticamente turco… niente da fare, lavia più breve per Mozart è un travolgente swing. Ma la fama di Fazil Say è legata al pianoforte classico. Interpretesolidissimo, possiede tecnica, gusto e fantasia, anche se le sueinterpretazioni sono spesso giudicate eccentriche. Di fatto, il tipi-co pianista che divide ma appassiona. A Verona Say proporrà, per non smentire le sue ambizioni di com-

LunedìmusicaOriente-Occidente

andata e ritornoIl pianista turco

Fazil Say chiude la prima edizione dei concerti

dell’Accademia Filarmonica

di Cesare Venturi

Lunedì 8 maggioTeatro Filarmonico ore 21

Fazil Say pianoforte

Johann Sebastian Bach/Fazil SayTrascrizione della

Passacaglia in Do minoreLudwig van Beethoven

Sonata Op. 31 n. 2 “La Tempesta”Maurice Ravel

Sonatina

Modest P. Musorgski Quadri di un’esposizione

Capita che verso la fine della propria vita alcuniartisti abbiano lasciato opere molto complesse,talvolta così in anticipo sui tempi da non esserecomprese pienamente dai contemporanei e damanifestarsi nella loro modernità e perfezionesolo dopo generazioni. Queste opere sono spec-chio di un percorso tutto interiore, di un confron-to dell'artista con la morte, talora sono incompiu-te, spesso risultano ermetiche, ma quasi sempresono una spinta dell'autore ai limiti della propriaarte. L’Arte della Fuga di Bach è una summa composi-tiva, incompleta, della magistrale arte contrap-puntistica del maestro di Eisenach, stesa, proba-bilmente, a partire dal 1747 secondo un piano benpreciso che doveva comprendere 4 fughe sempli-ci, 4 controfughe (di cui una andò perduta), 4fughe doppie, 4 fughe canoniche, 4 fughe a spec-chio e una fuga tripla o, secondo alcuni, 4 fughetriple di cui una incompleta e tre non realizzate.Per dare un'idea di cosa significhi, in termini dicomplessità, la composizione anche di un solocanone si pensi alla difficoltà di realizzare comu-nemente un'armonizzazione senza errori; parten-do da qui pensiamo di volerci complicare un po' lavita realizzando due delle quattro voci in modoche procedano imitandosi l'una con l'altra, senzacreare scompiglio nelle altre parti. Un po' come seprovassimo a comporre un cruciverba (comporre,non risolvere!) con parole di senso compiuto chesi intersecano orizzontalmente e verticalmente.La perfezione architettonica di ogni singolo pezzosi coglie davvero solo con la partitura in mano:ogni linea melodica si dipana con meravigliosa

naturalezza e si va a incastrare perfettamente con lealtre senza creare dissonanze, dando anzi, l'effetto diuno straordinario equilibrio. Tutto si basa sul principiocostruttivo della variazione, come serie di derivazioni daun unico tema, semplice e ben “rivoltabile”, efficacemattone da cui scaturisce l'intero edificio compositivo.Eppure tutto questo è lontano da un mero esercizio spe-culativo, o dall'aridità di un'opera pensata a tavolino, lamusica di Bach riesce ad essere magnifica e commoven-te: la sensazione di vuoto e smarrimento che proviamonel momento in cui la fuga a tre soggetti rimane sospe-sa resta impressa con un'emozione forte su chiunque laascolti, probabilmente ben più che un'opera conclusa,dove ciascun elemento ha trovato la propria giusta col-locazione.Per provare queste emozioni e l'impatto con l'intera Artedella Fuga, doppio appuntamento l'11 e il 25 marzoalle 17.30 nel foyer del Teatro Nuovo per il ciclo “Un'Oradi Musica”, dove il Consort di viole dell'AccademiaStrumentale Italiana e la cembalista Patrizia Marisaldieseguiranno l'integrale, in due parti, del capolavorobachiano. Sulla scelta di affrontare la partitura con violee cembalo, il direttore Alberto Rasi si è rifatto, dal puntodi vista metodologico, a un libro di fughe di FrancoisRoberday che già nel 1660 scriveva la polifonia a partistaccate per poterne meglio osservare l'andamento efacilitarne l'esecuzione con le viole; qualche pezzo èstato riservato alla sola tastiera e in qualche contrap-punto a tre parti due di esse sono risolte dal cembalo ela terza da una delle viole.La rassegna si concluderà l'8 aprile con un concertodedicato a Schubert che vedrà impegnati il QuartettoMaffei e il violoncellista argentino Alejandro Biancotti.(Chiara Zocca)

L’Arte della fuga, all’ascolto di un monumento del contrappuntoPer “Un’ora di Musica” doppio appuntamento con l’Accademia Strumentale Italiana

positore, una personale trascrizione della Passacaglia in Do mino-re di Johann Sebastian Bach, uno dei primi amori del pianista findai tempi dei suoi studi ad Ankara. L'aspetto filologico della musi-ca antica non è un argomento che appassiona Say, dovremmodunque aspettarci un pianismo ben lontano dall'idea di un suonoo un fraseggio settecentesco. Beethoven è invece un’acquisizionerecente, che ha proposto in un disco uscito pochi mesi fa. La deli-ziosa Sonatine di Ravel è quasi un affilare le armi prima di affron-tare i Quadri di un'esposizione di Musorgski, opera che ben siadatta per fantasia sonora ed evocazioni timbriche al virtuosismodi questo curioso esploratore del mondo musicale a 360 gradi. C’è da scommettere che il concerto non si chiuderà con i Quadri:l’artista è disponibile a svelare l’altra faccia, quella orientale, dellasua personalità musicale. I fuori programma non sono scritti, mabasta evocarli.

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Ballavano tutti al concerto della Mahler Chamber Orchestra e diDaniel Harding. Ballavano i marinai e i cacciatori, ballavano leMuse e ballavano fantasmi dal forte accento slavo. Si ballava pertutta la serata. Si cominciò nella Francia del XVIII secolo scossadalle tragédies lyriques di Rameau e due secoli dopo si balla anco-ra a Parigi con i Ballets Russes e ancora si ballano tutte le possi-bili danze serbe, polacche, slovacche, insomma slave di cui si siaricordato Antonin Dvorak. Era un invito alla danza quel concertoma era anche una scommessa, una delle tante lanciate come untiro di dadi dal direttore inglese, perché da una musica all’altrapassano secoli e si travalicano stili. E il gioco si trasformava benpresto in una cascata di danze che ti colpivano per la vertiginosaesattezza con cui erano sgranate, per la strepitosa tenuta com-plessiva di un programma che è esaltato dalla funambolica bravu-ra dell’orchestra e dalla fantasia del suo direttore. Un grande ballodelle Nazioni Slave, come poteva intenderlo Rameau, dove l’im-pulso ritmico si imprime su un orizzonte sempre nuovo che laMahler Chamber Orchestra faceva balenare con una prodigiosa esensuale tavolozza di colori. Dunque si ballava per tutto il con-certo…

Ad un altro concerto ecco i ragazzi della Mahler ChamberOrchestra in piedi, suonare Mozart. Ma non è giusto così? Hardingci rammenta che ai tempi di Mozart la Serenata Haffner era musi-ca da consumare fuori da un teatro, magari pensando ad altro. El’abbinamento alla Sinfonia n. 14 di Sostakovich era un modo perricordarci che due secoli dopo non è più possibile ascoltare que-sta Serenata del Secolo Breve, questa Ballata in undici stazionicon la morte che incalza. Bianco e nero. Non si poteva immagina-re contrasto più violento fra le due pagine che però si affidano infondo in ambo i casi ad un’orchestra a ranghi ridotti. Archi in risal-to per Mozart e percussioni dilaganti in Sostakovich. La sequenzadi minuetti che cadenza gli otto movimenti della Serenata e lamusa che incombe dalle parole di Guillaume Apollinaire, diFederico Garcia Lorca, di Rainer Maria Rilke nella Sinfonia. Lapenultima Sinfonia di Sostakovich è in fondo una Serenata perchénon è una musica notturna da suonare per la Notte del XX seco-lo. Capita spesso che Harding costruisca il programma di un con-certo su risonanze paradossali. Quella volta per le serenate diMozart e Sostakovich, l’orchestra sprigionò un’energia che sem-bra fatta apposta per svelare il lato più perturbante nelle superfi-ci di smalto mozartiano. La stessa brillantezza sembrava fattaapposta per rendere intollerabile l’angoscia di Sostakovich. EHarding affilava gli archi mozartiani, rendeva il più possibile ela-stica la percussione sostakoviciana, piegando le voci del sopranoe del basso nelle undici parti della Sinfonia del compositore russo.E si arrivò alla fine del concerto elettrizzati da questa fredda cor-rente novecentesca…

Energia. Harding ha cominciato a comunicare energia dappertut-to, con una foga quasi adolescenziale fin dalle prime apparizioniin Italia e all’estero. Un Don Giovanni con tempi velocissimi, rom-picollo, scosse il pubblico di Aix-en-Provence anni fa e ancor piùscalpore sollevò la provocazione di Claudio Abbado che diresse

DANIEL HARDINGMondadori Junior Festival

ha coinvolto il grande direttore inglese

che con la sua MahlerChamber Orchestra apre leporte del teatro ai giovani

di Alessandro Taverna

Domenica 30 aprile Teatro Filarmonico ore 21

Prova generale ore 11 aperta agli studenti

Mahler Chamber OrchestraDaniel Harding direttore

Wolfgang Amadeus Mozart Così fan tutte (Ouverture)

Sinfonia n. 38 in Re maggiore K. 504 “Praga”

Ludwig van BeethovenSinfonia n. 5 in Do minore Op. 67

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27 Aprile - 1 Maggio 2006: sono igiorni della nuova edizione delMondadori Junior Festival. Un cen-tinaio le iniziative che animeranno lacittà di Verona e la sua Provincia, tracui questa incursione nella grandemusica, con degli interpreti giovani,Daniel Harding e la Mahler ChamberOrchestra, e di altissimo. livello.Bambini, ragazzi, i mondi della fami-glia, della scuola, delle istituzioni edelle aziende che hanno scelto di col-laborare, insieme per un giocosoviaggio dentro il sapere, la musica, losport, il divertimento , il gioco. Una casa editrice, la Mondadori, cheda sempre ha come obiettivo princi-pale quello di favorire la diffusionedelle idee, di intuire e anticipare icambiamenti, di offrire al mondo deigiovani lettori il meglio della produ-zione letteraria, e il Comune diVerona, che ha nel suo Statuto lavalorizzazione del patrimonio cultura-le della Città, la tutela dell'infanzia, lapromozione di politiche a favore diuna crescita collettiva, sono insiemeancora una volta per rendere indi-menticabili i cinque giorni del Festival. Si vorrebbe che la parola “indimenti-cabili” significasse anche capacità dicoinvolgere, voglia di curiosare den-tro alla città per scoprirla, interesseper le sue caratteristiche naturali,disponibilità verso gli altri, scoperta diaffinità, insomma tanti sinonimi posi-tivi per mettere in pratica quello chequesto Festival pensa di poter tra-smettere a tutti quanti vorranno, conla loro partecipazione, renderloappunto “indimenticabile”.(Margherita Forestan BarraCaracciolo per il Mondadori JuniorFestival)

l’opera mozartiana alternandosi con il maestro poco più che ven-tenne. L’orchestra era sempre la Mahler Chamber Orchestra, lastessa chiamata nelle altre imprese operistiche di Harding cheincludono anche, l’estate scorsa, Così fan tutte. Allora nessunoavrebbe potuto prevedere ancora che sarebbe stato Harding ainaugurare la stagione del Teatro alla Scala. Ultimo scalpore:Daniel Harding a Milano ha diretto Idomeneo di Mozart, sul podiodella Scala per la prima volta nella sua vita, succedendo aRiccardo Muti che per diciannove anni non aveva mai mancatoquesto appuntamento. E’ toccato stavolta al giovane direttoreinglese che era apparso in Italia sul podio di un’orchestra appenaformata, sotto l’ala protettiva di Abbado, ma capace di imporsisubito per flessibilità e pulizia. L’orchestra è cresciuta conHarding. Si può dire che siano nati insieme. Da allora il direttoreinglese si è imposto con le sue interpretazioni senza mezze misu-re, cariche di energia e fatte apposta per sorprendere e non si èfermato più. Non si è fermato nemmeno, Daniel Harding, nelle settimane dipreparazione dell’opera mozartiana, alla Scala. Ha diretto la Mcoin Italia e l’ha portata in tournée fino a Mosca mentre si appros-simava il fatidico 7 dicembre. E Harding non si è concesso nem-meno un giorno di riposo, volando da Milano a Stoccolma per pre-parare un concerto diretto poi all’indomani dell’inaugurazionedella Scala, per la prima volta sul podio dell’orchestra del teatro,in un’opera mozartiana affrontata a Salisburgo.

Un’altra volta era finito il concerto e lui ritornò frenetico sul podio.Con un balzo, stringendo la bacchetta per concedere il bis edomare l’entusiasmo. Sembrava che l’orchestra gli fosse scappa-ta di mano quando il pubblico capì che stava ascoltndo il bis piùincongruo nella storia dei bis, lanciato da un direttore un po’discolo, come si lancia un petardo. Era il primo tempo dellaSinfonia in Do minore n. 5 di Ludwig van Beethoven.

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Dopo 27 anni ritorna al Filarmonico il Requiem di Donizetti. LaMessa in memoria di Vincenzo Bellini, composta presumibilmentenegli ultimi mesi del 1835, non fu eseguita vivente l'autore.L'autografo non fu ritrovato e se ne conosce solo una copia mano-scritta, conservata nel Museo Donizettiano di Bergamo. La mancan-za dell'autografo non permette quindi di risolvere alcuni problemifilologici e critici, tuttavia lo spartito per canto e pianoforte fu pub-blicato senza data dall'editore Francesco Lucca di Milano e la primaesecuzione avvenne a Bergamo nel 1870. L'edizione del 1979 alFilarmonico godette anche della sua prima incisione discografica inassoluto, con la direzione di Gerhard Fackler e la partecipazione deicantanti Luciano Pavarotti, Viorica Cortez, Renato Bruson e PaoloWashington. Il Requiem andrà questa volta in scena con la direzio-ne di Lü Jia, nuovo direttore musicale della formazione orchestraleareniana, alla guida di un cast di assoluto riferimento.La restante parte della stagione sinfonica della Fondazione Arenarimane tutta concentrata al mese di maggio, con quattro interes-santi appuntamenti, che saranno diretti, da Ola Rudner, JulianKovatchev, György Györivany Ràth ed ancora da Lü Jia.Rudner avrà come partner la pianista coreana Ilia Kim, impegnatanel Concerto n° 2 di Shostakovich, un lavoro rivolto ai giovani,come provano la fluente agilità delle idee musicali e la semplicitàdella sua costruzione. Ma Rudner si misurerà ancora con la Tanz-Suite di Bartók e la Sinfonia n° 39 in Mi bemolle K. 543 di Mozart,prima delle sinfonie a formare la triade conclusiva della produzionesinfonica del musicista austriaco. Kovatchev dovrà invece affronta-re tre brani fra i più espressivi della letteratura del Novecento:Verklärte Nacht di Schoenberg nella verisone per orchestra d'archi,la suite da l'Uccello di fuoco di Stravinski ed il Bolero di Ravel, popo-larissimo e rimasto in repertorio soprattutto come pezzo da concer-to. Il bolero è un ritmo di danza spagnolo, nato a fine Settecento eRavel ne ha colto l'essenza ritmica, servendosene per creare unodei pezzi più sconcertanti che la storia della musica conosca. Con la direzione di Ràth sarà al Filarmonico un altro concertista difama: il violoncellista Mario Brunello, che eseguirà il Concerto n° 2di Nino Rota, una novità assoluta per Verona. Ràth dirigerà inseguito una pagina a lui molto cara, le Danze di Galanta del conna-zionale Zoltan Kodály, accanto ad altri lavori di compositori unghe-resi famosi, come: Ernest Dohnányi per Minuti sinfonici e Bartók perla suite dal balletto Il Mandarino miracoloso.A Lü Jia il compito di concludere infine la stagione con uno dei gran-di capolavori della letteratura novecentesca: la Quinta Sinfonia di

Gustav Mahler. L'espressione di questamemorabile pagina tende irresistibilmenteverso toni dolorosi, specialmente nellaMarcia funebre con cui inizia, delineataprima dalle trombe e poco dopo dai violinie dai violoncelli all'unisono e tutto il primotempo, anche nei momenti di maggioreempito espressivo, resta caratterizzato dauna tematica dolorosa, a volte quasi esa-sperata. Con essa Mahler traccia di nuovole vie principali entro cui si muove la suatormentata spiritualità.

ORCHESTRA DELL’ARENAFinale di stagione intenso,

chiusura in grande con la Quinta di Mahler

di Gianni Villani

Teatro FilarmonicoVenerdì 14 aprile, ore 20.30 (abb. turno A)Martedì 18 aprile, ore 20.30 (abb. turno B)

Lü Jia direttoreLucia Mazzaria, soprano

Annarita Gemmabella, mezzosopranotenore (da definire)

Alessandro Corbelli, baritonoMarco Spotti, basso

Donizetti Requiem in Re minore

Sabato 6 maggio, ore 20.30 (abb. turno A)Domenica 7 maggio, ore 17 (abb. turno B)

Ola Rudner direttoreIlia Kim piano

Bartók Tanz-SuiteSostakovic Concerto n. 2 op. 102

Mozart Cassazione in si bem. magg. K. 63a

Sinfonia in mi bem. magg. K. 543

Sabato 13 maggio, ore 20.30 (abb. turno A)Domenica 14 maggio, ore 17 (abb. turno B)

Julian Kovatchev direttoreWagner Rienzi, ouverture

Schönberg Verklärte Nacht op. 4Stravinski L'oiseau de feu, suite op. 20

Ravel Bolero

Sabato 20 maggio, ore 20.30 (abb. turno A)Domenica 21 maggio, ore 17 (abb. turno B)György Györivány Ràth direttore

Mario Brunello violoncelloPuccini Capriccio

Rota Concerto n. 2 per violoncello Dohnányi Minuti sinfonici

Bartók Il Mandarino miracoloso, SuiteKodály Danze di Galanta

Sabato 27 maggio, ore 20.30 (abb. turno A)Domenica 28 maggio, ore 17 (abb. turno B)

Lü Jia direttoreMahler Sinfonia n. 5 in Do diesis minore Lü Jia

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Il pianoforte, come da tradizio-ne, è il protagonista privilegiatodelle programmazioni degli“Amici della musica” e, in questoperiodo fino alla chiusura dellastagione, avremo tre appunta-menti di interesse e di sicurorichiamo. Torna a Verona la gio-vane pianista ucraina AnnaKravtchenko, già vincitrice nel92 all'età di sedici anni del“Busoni” e affermatasi ormaicome talento inserito a pienotitolo nel gotha dei pianisti piùgettonati; presenta un program-ma interamente romantico con ilChopin dei Notturni e la Sonatain Si minore fino al Liszt dellaRapsodia ungherese. Torna a Verona un altro talentoin crescita, per la seconda voltaagli “Amici della musica”, ilgenovese Andrea Bacchetti con

un solido programma di Suites bachiane, inframmezzate da unaparentesi contemporanea: i 4 Encores pour piano di Luciano Berio.In questi anni abbiamo avuto la possibilità di sentire il giovane pia-nista in diverse occasioni a Verona, dimostrando una crescentematurazione interpretativa; e con la sua recente registrazione dimusiche di Berio, realizzate in stretto contatto con il compositore,Bacchetti si è fatto notare dalla critica con un crescente numero diconsensi. A completare il quadro dei pianisti c'è il veronese Filippo Gamba,interprete mozartiano d'eccezione, che si presenta con un program-ma cameristico assieme al Quartetto di Cremona. Un segno chequalcosa sta cambiando anche per l'austero clima degli Amici dellaMusica è una serata tra il serio e il faceto, orientata verso un piùdisteso divertissement, con un gruppo italiano di ottoni, il GomalanBrass Quintet, che si muove “dalla classica al jazz senza trascura-re la leggera”: si comincia con l'antico e severo Giovanni Gabrieli,quindi con trascrizioni, nello spirito delle ottocentesche versionibandistiche, di celebri brani della grande tradizione, gli evergreendella musica classica come la “fuga di Bach” e le ouverture di Verdi,per saltare verso repertori più decisamente leggeri e canzonettisti-ci del tempo che fu, con Danzi e Fred Bongusto. A chiudere emblematicamente la rassegna ci penserà l'organistaUmberto Forni, insegnante al Dall'Abaco e protagonista della vitamusicale veronese, con le Variazioni Goldberg di Johann SebastianBach, eseguite sul celebre organo su cui suonò il piccolo Mozart,recentemente restaurato. Scegliendo l'organo della chiesa di S.Tomaso Cantuariense si dà atto agli “Amici della Musica” di avervoluto cambiare rotta e di orientarsi giustamente verso la scelta diorgani storici, a trasmissione meccanica, di cui le nostre chiesesono ricche, per eseguire in maniera più congeniale i repertoribarocchi e antichi.

Mercoledì 15 marzo Teatro Nuovo ore 21Anna Kravtchenko piano

Chopin 2 NotturniSonata Op. 35 n. 3

Schubert/Liszt 2 LiederSchumann Carnevale di Vienna Op. 26

Liszt Rapsodia Ungherese n. 12

Lunedì 20 marzo Teatro Nuovo ore 21Quartetto di Cremona

Filippo Gamba pianoforteMozart Quartetto K. 516Schnittke Quartetto n. 3Mozart Quartetto Kv 542

Lunedì 27 marzo Teatro Nuovo ore 21Gomalan Brass Quintet

Gabrieli Sonata Octavi Toni J. S. Bach Fuga

Verdi Trascrizioni da opereDanzi Divinamente musica

Bongusto Ciao Fred

Lunedì 10 aprile Teatro Nuovo ore 21Andrea Bacchetti pianoforte

J. S. Bach Suite Inglese n. 5 Suite Francese n. 5

Berio 4 Encores pour PianoJ. S. Bach Suite Inglese n. 4

Suite Francese n. 4

Venerdì 14 aprile Chiesa di S. Tomaso ore 21Umberto Forni organoJ. S. Bach Variazioni Goldberg

Kravtchenko,Bacchetti e Gamba

Per gli Amici dellaMusica di scena

il pianoforte con tre giovani, autorevoli

interpreti. Le Goldbergeseguite all’organo da Umberto Forni

chiudono la rassegna

di Fabio Zannoni

Il pianista genovese Andrea Bacchettisuonerà musiche di Bach e Berio

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Quando Bach assunse il nuovo incarico a Lipsia nella primavera del1723, era da tempo che non si occupava di musica sacra: per bencinque anni, alla corte di Köthen, aveva composto solo musica stru-mentale. Ma durante quel salutare riposo dal tran-tran liturgicoebbe tutto il tempo per schiarirsi le idee su come doveva essere lamusica per la chiesa. Arrivando a Lipsia, quindi, non rimanda nean-che di un minuto il suo progetto per una musica liturgica “ben orga-nizzata” e, a testa bassa, inizia l'immensa fatica di comporre i suoicicli di cantate, al ritmo di una cantata la settimana. Non solo. Allaprima occasione utile - in questo caso la pausa di Quaresima (noto-riamente un periodo di 'vacanza' per i musicisti) - progetta anchela sua prima 'grande opera': una Passione, da eseguirsi il VenerdìSanto. Parliamo, quindi, di un impegno intenso, sostenuto da idee precise,convinzioni salde e anche una certa dose di coraggio. Che le idee di Bach non erano quelle di tutti i cittadini di Lipsia eche la prima esecuzione della Passione secondo san Giovanni del1724 non fosse necessariamente quel trionfo che tutti oggi siaspetterebbero è un dubbio legittimo, seppur difficile da documen-tare. Tuttavia un possibile indizio di insofferenze e malumori è pro-prio la curiosa sostituzione dello straordinario coro iniziale “Herr,unser Herrscher…” in occasione della ripresa della Passione l'annosuccessivo: con le sue dissonanze assillanti e inedite, questo vio-lento avvio al racconto evangelico era probabilmente percepitodalla maggioranza degli ascoltatori come un vero e proprio assaltoai nervi. Era un po' troppo forse!Ma per capire meglio il pensiero della 'gente comune' su argomen-ti come questi, è utile indagare in alcune zone poco frequentate daimusicologi. Per esempio, sentiamo cosa ci dice Christian Gerber, semplicepastore luterano e autore di un 'best-seller' sui Peccati non ricono-sciuti del mondo (cioè, quelli trascurati dai teologi). Nella prima edi-zione del libro si limita a elencare solo 17 peccati, spaziando dal-l'ipocrisia e la prepotenza dei superiori a costumi più banali, comequelli di dormire in chiesa e lamentarsi del tempo. Ma visto l'enor-me successo del suo saggio Gerber esce prontamente con unaseconda edizione con altri 81 peccati, in cui tratta anche il cattivouso della musica nelle grandi chiese. Ora su questo argomento,accanto ai commenti più scontati (che la musica “deve giovareall'anima e non intrattenere l'orecchio”), troviamo anche un paio dichiarimenti interessanti: il primo, che è peccato spendere grossesomme sulla musica nelle chiese (assoldando solisti e strumentisti,costruendo grandi organi, ecc.); e il secondo, che è addirittura pec-cato “ingaggiare degli italiani, che spesso servono come musicistinelle chiese luterane” (precisando anche - per dovere di cronaca -che “molti musicisti, anche tedeschi, sono persone poco spiritua-li”). E avanti così. Da questo e da simili opuscoli si apprende cheBach - il quale non reclutava italiani (un'azione impensabile in unacittà conservatrice come Lipsia), ma si rifaceva apertamente aimodelli dell'opera italiana - violava tutte le buone regole e quindirischiava grosso. A gettar altra benzina sul dibattito infuocato ci pensavano i soste-nitori delle tesi opposte: un'alleanza tra teologi progressisti e musi-cisti, pochi ma determinati. Sostenevano questi che la musica è unDiego Fasolis

LA PASSIONE SECONDO GIOVANNI

La Fondazione Cariveronaoffre alla città

il capolavoro sacro di Bach Il sospetto che commuova

i fedeli con tecniche da melodramma...

di Hugh Ward-Perkins

Giovedì 6 Aprile ore 21Duomo

Coro della Radio SvizzeraI Barocchisti

Diego Fasolis direttore

Roberta Invernizzi soprano Maria Riccarda Wesseling contralto

Christoph Homberger tenore Antonio Abete basso

dono di Dio; che ha il dovere di commuovere i fedeli (predisponen-doli alla devozione); che la provenienza profana di certe musichenon è affatto un problema; che una cantata “è in fondo come unpezzo d'opera”. Idee chiare e semplici, ma che faticavano ad esse-re accettate (e in certi ambienti faticano ancora oggi…).Fra i vari 'progressisti' che Bach conobbe c'era Gottfried EphraimScheibel, un teologo dalle idee particolarmente aperte (tra l'altro,era uno dei primi a consigliare l'uso delle donne nei cori). Sullamusica sacra Scheibel non aveva dubbi: “non vedo perché il melo-dramma debba avere il privilegio esclusivo di commuoverci fino allelacrime, né perché questo sia considerato sconveniente in chiesa”.Per lui la musica doveva essere più, non meno, teatrale. E per l'applicazione pratica di siffatte idee non c'è miglior esempiodella Passione secondo san Giovanni...

La progressiva rarefazione, in alcuni casi la scomparsa, minac-ciata e attuata, dell’informazione critica sui fatti che riguardanola vita teatrale e musicale italiana è un dato di fatto e un segna-le allarmante. La cultura - già resa marginale nella vita sociale eoltraggiata dalle ricorrenti contrazioni del finanziamento pubbli-co statale e locale- non è considerata, come ha più volte chiestoil Presidente della Repubblica, un patrimonio da tutelare comeelemento primario e insostituibile di progresso. Condividendo lemanifestazioni a favore del diritto al lavoro dei professionistidello spettacolo che nei mesi scorsi hanno unito artisti e tecnici,autori e operatori, i critici teatrali e musicali ribadiscono chel’esercizio professionale della critica è un mestiere giornalisticospecializzato e impegnativo. Utile al pubblico e agli artisti,perché offre strumenti di informazione e documentazione.Indispensabile alla società, perché le recensioni oltre a essereuna preziosa notizia e memoria storica dell’attività di interpreti,autori e istituzioni, vigilano sulla qualità della produzione d’artee sulla correttezza delle politiche culturali nazionali.L’attuale contrazione in quantità e qualità dell’informazione spe-cifica su quotidiani, periodici e spazi radiotelevisivi, è un malin-teso culturale e un grave errore di valutazione editoriale. I let-tori-spettatori, in documentato aumento, esigono un’informazio-ne teatrale e musicale più presente e puntuale, cercano riflessio-ni culturali ampie e qualificate non cronache sensazionalistiche.Un numero crescente di spettatori vuole conoscere con regolari-tà il parere dei critici sugli eventi spettacolari come sui fatti cheriguardano la politica e le strategie del mondo dello spettacolo. Umiliare la funzione della critica, che è memoria e interventovalutativo consapevole è un errore di prospettiva storica e cul-turale. Giornalisticamente controproducente è un’aperta viola-zione del diritto all’informazione competente, e rischia di diven-tare una forma di censura preventiva sui fatti della vita teatrale,musicale e ballettistica italiana.I cittadini spettatori e lettori che non nutrono dubbi sulla funzio-ne della critica, e sono amareggiati e preoccupati dell’attualesituazione, facciano sentire anche la loro voce accanto ai prota-gonisti dello spettacolo, interpreti e istituzioni.

La protesta dei critici musicali

Il documentodell’associazione

denuncia l’assenza d’informazione sulla

vita musicale italiana

Primavera in Musica 2006 Circolo Unicredito Via Rosa,7

Domenica 12 marzo ore 11European Saxophone Quartet

Scarlatti, Ros, Iturralde, Gershwin,Glazounov

Domenica 19 marzo ore 11Klassica Duo

Corrette, Boccherini, Mozart, Beethoven

Domenica 26 marzo ore 11Renato Samuelli chitarra

Giuliani, Sor

Domenica 9 aprile ore 11Federico Gianello pianoforte

Beethoven, Schumann, Liszt

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to a fama mondiale all'età di dieci anni, grazie ad Isaac Stern e adun documentario “da Mao a Mozart” che gli aprì la porta della cele-brità. Frequentazioni anche nel terreno di repertori tardoromantici deiFilarmonici si sono avute con l'appuntamento con il russo PavelBerman, con il suo Guarnieri del Gesù. Ma anche parentesi cameri-stiche, con il flauto di Massimo Mercelli e il trio d'archi dei Solistidell'Accademia in un repertorio obbligatoriamente mozartiano, trascrittura cameristica e quella di concerti solisti in miniatura. Cosìcome l'interessante ed eccentrico programma pianistico presentatoda Kathrin Stott, tra la Sonatina di Ravel e lo Chopin della Sonata inSi minore e un programma novecentesco colorato e rutilante chespazia in territori poco battuti.Nei prossimi incontri compare il fortepiano, per presentarci un Mozartcameristico in versione filologica, sempre con Martini instancabileprotagonista: nel concerto del 5 marzo, ad eseguire i “trii divertimen-to”, e in quello del 2 aprile in un recital per violino con RobertoLoreggian al fortepiano. L'appuntamento che mette a confronto dueStabat Mater, di D'Amico e di Pergolesi, con la direzione di CorradoRovaris, è l'unico a non avere a che fare con il salisburghese.Ritroviamo Mozart affiancato ad esecuzioni di Poulenc con MicheleCampanella e il suo Quintetto Avant-Gard.

Parallelamente in gennaio ha preso il via al Teatro Nuovo una ministagione, “Festival Atlantide”, con tematiche di carattere mono-grafico fortemente caratterizzate, che paiono come legate alle diver-se funzioni comunicative del linguaggio musicale, alle sue connessio-ni con la visualità, il cinema e il teatro. Il primo ha visto una straor-dinaria affluenza di pubblico; sfondando la porta aperta del rapportodei grandi compositori con la scrittura per il cinema, ha presentatoun programma che, partendo da Nyman ha delineato un percorso azig zag attraverso Morricone, Gershwin e Bernstein fino a Nino Rota,con i video e l'accompagnamento multimediale degli attori della com-pagnia del Teatro Stabile di Verona con la stessa pianista, KathrinStott, che è stata la protagonista del concerto-recital domenicale inSala Maffeiana. E il raffronto Vivaldi-Piazzolla, nella visione strumen-tale delle Quattro Stagioni del secondo appuntamento, nel concertotitolato 'Fantasie', è stato un bel corposo e piacevole programma, chel'ensemble ha già avuto modo di eseguire in diverse occasioni, cosìcome il Babar di Poulenc e il Pierino e il lupo è stata una ripresa diun'esperienza e di una collaborazione degli anni scorsi, nell'appunta-mento dedicato alle 'Favole'. Bruno Canino tornerà a suonare con la compagine veronese sotto ladirezione di Aldo Sisillo, con un programma dedicato a Shostakovich, Ci sarà quindi una serata dedicata all'Argentina con GianantonioMutto che da tempo esegue con successo repertori di tanghi con ilQuintetto Estravagario; esegue brani di autori argentini noti e menonoti, avremo anche la proiezione di video e l'esibizione di ballerini ditango. Infine l'immancabile Mozart per archi con Martini solista nelConcerto K 216, e il minimalismo di Philip Glass nel suo Music forMishima. La rassegna sta riscuotendo un notevole successo di pub-blico, merito di programmazioni accattivanti che possono attrarre ecoinvolgere anche chi non segue abitualmente i concerti; meritoanche di una politica dei prezzi molto popolare e di un rinfresco offer-to nel foyer alla fine di ogni concerto.

ACCADEMIA I FILARMONICI

Una stagione intensa,che viaggia su duebinari. Il successo

della formulamultimediale del

Festival “Atlantide”

di Fabio Zannoni

Folgorati sulla via di Damasco delleesecuzioni “filologiche” Alberto Martinie i suoi Filarmonici si sono presentatiquest'anno, al pubblico veronese deiConcerti della Domenica, alternandoecletticamente, a seconda del reperto-rio o degli interpreti-ospiti, l'uso distrumenti originali con quelli moderni.L'estremo attivismo e prolificità che hasempre caratterizzato questa formazio-ne si identifica nel modo di operare -ma anche di interpretare - dello stessoMartini, nella sua veste di primo violi-no, maestro concertatore, che fin dagliinizi ne è stato l'animatore più convin-to. Un impulso che ha fatto sì che inpochi anni la compagine veronese siaffermasse sulla scena musicale, colla-borando con diversi artisti di famainternazionale. E il cartellone dei“Concerti della Domenica” anche que-st'anno è stato proposto con numerosiappuntamenti, con tanto Mozart,pagando anche qui l'obolo delle cele-brazioni del 250°. I concerti che si sono succeduti in que-st’ultimo periodo hanno visto alternar-si diversi repertori: quelli barocchi, nelmese di dicembre, e quindi esecuzionicon strumenti originali, con ospiti comeil flautista Mario Folena e il controteno-re Roberto Balconi. Si sono avvicenda-ti solisti come l’eccezionale violinistaIsabelle Faust e Bruno Giuranna, cosìcome l'astro cinese, il violoncellistaJiang Wang, già bimbo prodigio, assur-

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Beaumarchais all’opera mozartiana, Cherubino non smette di canta-re. Il gesto di Da Ponte è semplice e risolutivo, quando toglie la facol-tà di comporre canzonette al maestro di musica Don Basilio– comeaccadeva nel Mariage – per ritrarre il paggio attraverso due arie chesono una il riflesso dell’altra, perfettamente consequenziali, sufficien-ti a definire Cherubino in una canzonetta che lui è pronto a barattarecon Susanna, pur di possedere un oggetto qualsiasi che abbia sfiora-to il corpo della Contessa. Un nastro per un foglio di musica che con-tiene la seconda aria di Cherubino: “Voi che sapete che cosa èamore…” Per la piccola comunità che ruota attorno ai dispotici voleridel Conte, la canzone è la pietra dello scandalo, la follia forse piùavventata nel mezzo di una giornata che scorre frenetica e inconsa-pevole.Il passo falso Cherubino lo ha già compiuto quando Beaumarchais faalzare il sipario sull’ultimo atto della trilogia di Figaro. Ne La mèrecoupable il paggio è già uscito di scena. Cherubino si è suicidato dopoaver avuto un figlio illegittimo dalla Contessa. Il foglio della canzonet-ta, quel pezzo di carta che il Conte non ha mai avuto per le mani eche suscitava tanta riprovazione a casa Almaviva, ha fatto in tempo atrasformarsi nel cupo seguito del Mariage, nella lettera di un uomo sulpunto di morire. Il Conte la legge e la storia non può andare oltre.Ma Chérubin, commedia cantata su musiche di Jules Massenet, dirot-ta la vicenda molto prima, lasciandosi suggerire le mosse dai segniprofondi che la trilogia dapontiana ha lasciato sull’immaginario occi-dentale e di cui il Novecento ha saputo riappropriarsi, dalle Nozze alDon Giovanni, fino all’approdo del disincanto rappresentato dal Cosifan tutte, tanto a lungo rimosso per la sua imbarazzante morale, perl’impulso verso l’astrazione più carnale. Chérubin è un’opera che nonpotrebbe esistere senza le premesse mozartiane, eppure non la sipotrebbe immaginare più distante da Mozart. Alla prima rappresentazione italiana, a Cagliari, per l’inaugurazionedella Stagione Lirica 2006, tutto si rivela chiaro. Chérubin è una raf-finata festa galante, nata per il palcoscenico mondanissimo delThéatre de Montecarlo, fra balli, duelli e una selva di personaggi ari-stocratici attratti nell’orbita del giovane Cherubino, giovane irresisti-bile alla moda che finirà per sposarsi allo scoccare della maggiore età.Massenet nel 1905 lo presenta come un personaggio en travesti, conla voce di un soprano, in una cornice spagnoleggiante e rococò. E diquesto elemento qualche anno dopo se ne servirà anche Strauss perOktavian, nel suo Rosenkavalier. Anche nella commedia apprestatada Hofmannsthal l’inquietudine e il turbamento preludiano ad unmatrimonio. Chérubin compie molti passi falsi durante l’opera, manessuno così fatale come quello prescritto da Beaumarchais.L’Ensolleilad, la Contessa, la Baronessa spasimano per lui, ma preva-le l’amore per Nina. A sorpresa Massenet ci trasporta in un’aura musi-cale spagnola che servì alla prima come passerella per l’apparizionedi Lina Cavalieri, diva bellissima della Belle Epoque che a Montecarlosi trovò davanti, travestita da uomo, la prima interprete dellaMelisande di Debussy, Mary Garden che a Cagliari era il sopranoMichelle Breedt. Bravissima. Nina era una commovente CarmelaRemigio e l’Ensoleillad una spiritosissima Patrizia Ciofi. Bravo ancheGiorgio Surjan nei panni del Filosofo precettore di Cherubino, BrunoLazzaretti in quelli del Conte e fra gli altri Alessandra Palomba (laBaronessa) e Teresa di Bari (la Contessa). Morbida direzione diEmanuel Villaume. Al Teatro Lirico di Cagliari, che da anni ha sceltoopere poco note per il battesimo di stagione, lo spettacolo sontuoso

Cartolina da...Cagliari

Una festa galante per Chérubin, irresistibile

giovane alla modanell’opera di Massenet,

imprescindibile dalleNozze mozartiane

di Alessandro Taverna

Cherubino. Facile abusare del perso-naggio e ancor più della sua inquietu-dine sessuale. Se ne potrebbe cogliere,a torto o a ragione, l’irritabilità, i mini-mi tic da precoce libertino, le accelera-zioni nella maturazione sessuale, il tur-bamento che ha da sempre causato ilsuo ingresso in scena. E il libertinaggio,appunto, è praticato dal paggio delConte d’Almaviva con un’audacia fruttodella più cieca assenza di consapevo-lezza, come accade nelle Nozze diFigaro, quando si imbatte nellaContessa travestita da Susanna e nonle dà tregua. Già Beaumarchais si erapreoccupato di difendere i contorni delpersonaggio che attraversava ilMariage, prefigurando un altro perso-naggio a cui lo scrittore francese certonon pensava: Don Giovanni.“Ma infine è il mio paggio che vi scan-dalizza? E l’immoralità che si rimprove-ra alla conclusione dell’opera sarebbeallora nell’elemento accessorio? O cen-sori delicati!… Un fanciullo tredicenne,che avverte i primi palpiti del cuore, checerca tutto senza risolvere nulla, idola-tra come si può esserlo a quell’età feli-ce, di un oggetto celeste quale il desti-no ha fatto diventare per lui la madrina,può essere un oggetto di scandalo?”E’ vero che, dalla commedia di

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Sale dell’Accademia, via dei Mutilati 4Giovedì 23 marzo Ore 21

Tra Beethoven e Schumann: creazionemusicale e riflessione filosofica

GUIDO SALVETTI

Sala Maffeiana, via Roma 1/G Giovedì 6 aprile Ore 21

Amabile conversazione con un egocentricocon QUIRINO PRINCIPE nel ruolo di

Richard Wagner,GUIDO SALVETTI nel ruolo del filosofo Karl Rosenkranz, CRISTINA MIATELLO

nel ruolo della cantante Emilie Genast,ALBERTINA DALLA CHIARA nel ruolo dellapianista Clara Schumann, e con FRANCO

SAVIGNANO, pittore e scenografo e altri ospiti appartenenti

alla più alta aristocrazia di corte

Sale dell’Accademia Giovedì 27 aprile Ore 21

Fatti e misfatti, avventure e disavventuredelle opere di Antonio Vivaldi

ALBERTO BASSO

Sale dell’AccademiaGiovedì 4 maggio Ore 21

La musica e l'origine della vitaCARLO SINI

L'Accademia Filarmonica di Verona propone quattro incontri tenuti dainsigni personalità della musica e della cultura italiana. Apre il musi-cologo Guido Salvetti con la conferenza 'Tra Beethoven e Schumann:creazione musicale e riflessione filosofica'. Salvetti, con l'aiuto diascolti, letture e esempi al pianoforte, si addentrerà nel mondo delprimo Ottocento dove Filosofia e Musica, in rapporto reciproco, sinutrono di due visioni contrapposte: da una parte volontarismi eroici,dall'altra una forte propensione verso l'irrazionale.Segue un evento particolare: 'Amabile conversazione con un egocen-trico' ideato dal musicologo e letterato italiano Quirino Principe.Musicologi, musicisti, scenografi ed altre personalità della culturaveronese si metteranno in gioco in una vera e propria rappresentazo-ne teatrale: nel palco della Sala Maffeiana si ricreerà idealmente unaserata avvenuta nel salotto della famosa pianista ottocentesca ClaraSchumann in onore della visita di Richard Wagner, sulla cui autentici-tà rimandiamo alla presentazione dello spettacolo dello stessoPrincipe. La scena si svolge nel 1870, Clara Schumann si è appenatrasferita da Düsseldorf a Francoforte e Wagner, che dal 1864 è entra-to nei favori del re Ludwig II di Baviera, sta completando l'Anello deiNibelunghi. Wagner invia un biglietto a Clara Schumann in cui mani-festa il desiderio di renderle omaggio con una visita. A casa di Clara,sono presenti a riceverlo il filosofo Karl Rosenkranz, la cantante EmilieGenast, il pittore e scenografo Franco Savignano e altre personalitàautorevoli del mondo culturale veronese che si presteranno a entrarenell'atmosfera dell'epoca e a discutere con Quirino Principe condutto-re della serata nel ruolo del grande Richard Wagner. “Fatti e misfatti, avventure e disavventure delle opere di AntonioVivaldi” è il titolo dell’incontro con Alberto Basso, per la prima volta aVerona. L'insigne musicologo ci narrerà tutte le peripezie degli auto-grafi di oltre 450 composizioni di Vivaldi, tra le quali 20 opere teatra-li, 91 concerti per violino, e numerose altre composizioni di musicasacra. Si tratta di una storia molto interessante e avventurosa checoinvolge vari collezionisti e la famiglia dei Durazzo di Genova e cheporta, tra il 1927 e il 1930, all'arrivo di 27 volumi autografi allaBiblioteca Nazionale di Torino, dove sono tuttora conservati. Chiude il filosofo Carlo Sini con la conferenza 'La Musica e l'originedella vita'. Sini, seguendo le ricerche di Daniel Stern, una delle figu-re di maggiore prestigio della psicoanalisi e della psicoterapia contem-poranea, parlerà del dialogo musicale tra la madre e il bambino almomento della nascita e nelle settimane successive, un dialogo in cuila musica riveste un ruolo importante che costituisce il fondamentoper la tutta la vita futura del neonato.

di Paul Curran, forse era poco indicato per cogliere tutte le finezzedrammaturgiche di quest’opera e più incline a moltiplicare i costumie le controscene in un clima caustico, che va oltre Massenet.Basterà la conclusione dell’opera a dare la chiave d’accesso a questofrutto sottilmente post-modern? Cherubino si fa sorprendere alla finecon un nastro della Contessa fra le mani. Si affretta a nasconderlo perandare incontro alla futura sposa. E due personaggi, mentre lo sor-prendono, rivelano una finzione cominciata ancora prima che si alzas-se il sipario. Perché nella coppia ritrovano i caratteri che poteva sug-gerirgli solo un’altra opera mozartiana.”C’est don Juan!” “C’estEluire!”. Pronunciati questi due nomi, l’incanto della recita si dissolvesulla reminescenza di una serenata mozartiana che dissolve la rap-presentazione, svelandone, una volta per tutte, l’inconsistenza.

Gli Incontridell'Accademia

Tre conferenze e una rappresentazione

teatrale, protagonistaWagner, nel salotto di

Clara Schumann

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re del Paesaggio Sonoro, traccia un bilancio su quanto è stato scritto,prendendo ispirazione dall’invenzione della ferrovia. Fra le associazionisarà lecito mettere in conto anche le più accese avversioni, come quel-la rossiniana?

Un petit train de plaisir è la più moderna e aggiornata applicazione del-l’antica immagine lucreziana, del naufragio con spettatore. Rossini su untreno era salito presto, nel 1836, per un viaggio da Parigi a Bruxelles. Ilsistema nervoso messo a dura prova spinse il musicista a dichiarare ilsuo odio profondo per le locomotive. Rossini non sale più su un treno,lasciato deragliare dalla tastiera di un pianoforte, come uno spettacologuardato da lontano. L’Album des enfants dégourdis, settima raccoltadei Pechée de Veillesse contiene Un petit train de plaisir, che sta nelmezzo di un curioso inventario di entità grottesche, degne della fantasiadi Grandville: una Valse torturé, una Fausse couche de polka mazurca,L’Etude Asmatique… Un petit train è designato come pezzo “comico-imi-tatif”. Facile rileggerlo come lo spartito per un balletto surreale. Rossiniè prodigo di ironiche didascalie. “La cloche d’appel” serve a richiamare iviaggiatori in carrozza. Seguiamo la salita sul vagone: “en avant machi-ne” a cui Rossini presta un suo effetto di crescendo che culmina nel “sif-flet satanique”. Segue “la douce mélodie du frein”. All’arrivo in stazioneRossini attacca un Andante molto impettito destinato ad evocare gli ele-gantoni parigini che porgono il braccio alle damigelle per aiutarle a scen-dere dai vagoni. La ripresa dell’Allegro segna la funesta “suite du voya-

ge” che conduce presto alla catastrofe: “terrible deraillementdu convoi”. Si contano i feriti e soprattutto i decessi, fraarpeggi ascendenti: “premier mort en Paradis” e discenden-ti: “premier mort en Enfer”. Segue un accenno di cantofunebre, con un amen in Do maggiore. Sembra tutto fini-to, ma attacca un valzer, per cui Rossini inventa un'altraadeguata didascalia: strazio degli eredi. Non è l’ultima

perché il musicista si riserva di aggiungere che “Toutceci est plus que naïf, c’est vrai”.

I binari di ferro battuto e le caldaie in ghisa deivecchi locomotori hanno qualcosa in comune con gli smorzatori ed iltelaio monoblocco del pianoforte. Di ferrovia e pianoforte sarebbe dascrivere una storia parallela, consumata sul filo della tecnologia, dellasiderurgia, dello stupore nello scatenare un virtuosismo di scale rapidis-sime o nel bruciare le distanze in un soffio, come le ottave. Treno e grancoda sono strumenti che possono evolvere grazie ai progressi della tec-nica. E la meraviglia ferroviaria seduce subito il pianoforte. Si contanonei primi decenni di strade ferrate decine di polke e walzer al piano, tal-volta estese anche all’orchestra. A Vienna Johann Strauss nel 1836aveva già scritto un Eisenbahn-Lust Waltz mentre in Russia Glinka quat-tro anni dopo inaugura il primo Lied concepito sulle sensazioni di unWanderer ferroviario. Da parte sua Alkan, firma un pezzo celebre nelgenere: Le Chemin de Fer, prima che la pioggia di polke e di mazurkeferroviarie si faccia più insistente per tutto l’Ottocento. Il ritmo ferrovia-rio contagia anche i musicisti del nuovo secolo, quando ormai le lineeelettriche avranno la meglio sul carbone. Si accoda alla musica ferrovia-ria anche il maggior compositore inglese del XX secolo. Nel 1936 NightMail di Britten, su versi di Auden per un documentario dedicato alla lineaferroviaria Britain East Coast, ripropone lo sferragliare della locomotivasui binari.

TRAME MUSICALIDa Rossini a Philip Glass

il ritmo ferroviario finisce nel pentagramma

Le associazioni sentimentali

legate ai treni hanno da sempre ispirato

i musicisti

di Alessandro Taverna

Il debutto della prima strada ferrata ita-liana – sette chilometri da Napoli a Porticipercorsi in undici minuti in una cerimoniapresenziata da Federico II di Borbone –precede di solo qualche settimana nel1839 il debutto nell’opera di Verdi – alTeatro alla Scala con Oberto Conte di SanBonifacio. Fra rallentamenti e accelera-zioni è la curiosa coincidenza di unaduplice svolta storica, una doppia rivolu-zione che per un po’ cova quasi inavver-tita, inconsapevole delle conseguenzedirompenti - sia per i trasporti che per ilmelodramma… “Di tutti i suoni della RivoluzioneIndustriale, quello dei treni sembra averserbato attraverso il tempo le maggioriattrattive per le associazioni sentimen-tali”. Il musicista Murray Schafer, l’auto-

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mente i pistoni di una locomotiva a vapore.La locomotiva, appunto. Ad un certo punto l’attenzione musicale provaa concentrarsi sulla macchina in moto e non sui fischi o la sinfonia deglistantuffi. Melesio Morales si concentra su di lei: La locomotiva, nel suopezzo sinfonico scritto in occasione del taglio del nastro del tratto ferro-viario Messico Puebla. Nel 1869 ecco già pronto il prototipo della mac-china motrice finita in musica. Arthur Honegger – siamo però nel 1923- si ricorderà di citare il modello oggetto della partitura. Pacific 231 è unclassico del figuralismo musicale applicato alla civiltà delle macchine.In 150 anni il treno resta un oggetto trascurato dall’opera lirica. Troppoavveniristico perché possa finire fra gli attrezzi spettacolari di un grand-opera. Neppure Meyerbeer, lui che era pronto a far aprire il sipariodell’Africana, sulla sezione interna di un galeone, si spinse a tanto.Furono le esequie del compositore, concepite come un maestoso spet-tacolo funebre, ad aver luogo in una stazione, sotto la volta di vetro eferro della Gare du Nord.

Ma se non un treno, almeno una stazione: La vie parisienne di JacquesOffenbach è l’occasione per vedere per la prima volta rappresentatasulla scena del teatro musicale una stazione ferroviaria. La gare del’Ouest accoglie i viaggiatori che da tutta Europa arrivano a Parigi attrat-ti dagli splendori dell’Esposizione Universale. Il primo atto dell’opéra-bouffe è un coro di fattorini e ferrovieri che fendono la folla fra i cam-panelli e i fischi dei treni: “Nous sommes employés de la ligne del’Ouest/ qui dessert Saint Malo, Batignolles et Brest / Conflans, Triel,Poissy / Barentin, Pavilly / Vernon, Bolbec, Noimot / Motteville, Yvetot /Saint-Aulin, Viroflay / Landerneau, Malauny / Laval, Condé, Guingamp /Saint- Brieuc et Fecamp…” Tutto è molto in anticipo sul fervore proustia-no per i nomi di paese ritrovati consultando l’orario dei treni…

Un treno farà finalmente il suo ingresso trionfale nell’opera di ErnstKrenek Johnny spielt auf. E’ il treno dell’utopia con cui il protagonistapotrà raggiungere il suo Eldorado, certo, ma è un treno vero. Il veicolonon appare incongruo in un’opera che i nazisti si affrettarono a bollarecome esempio di arte degenerata. Krenek fu accusato di essere conta-giato di jazz e di cattivi pensieri dodecafonici. Non smetterà lo stesso dioccuparsi di treni, di applicarne i richiami al pianoforte. E un composito-re americano – caso unico - arriva ad ambientare una sezione di operalirica su un treno. Ma Einstein on the beach di Philip Glass ha perso tuttii connotati di un’opera lirica tradizionale. Controllare però libretto e dida-scalie: il primo ed il secondo atto si svolgono in parte su un treno dellanotte, meglio identificato come “The train of the theory of relativity”.

E portare la musica sul treno, dentro il treno, ideare un treno di musi-ca? Ci sarebbero le orchestrine montate sui vecchi vagoni americani, mameglio: un treno può essere ‘preparato’, come un pianoforte, a confer-ma che il nostro paragone regge perfino nelle eccezioni. E poteva riusci-re solo a John Cage, il quale ‘prepara’ sette vagoni carichi di attrezzatu-re elettroacustiche e video e dalla stazione di Bologna nel 1978, presad’assalto dai curiosi, lancia il suo treno nella notte, verso le colline roma-gnole, “alla ricerca del silenzio perduto”. In un bilancio provvisorio, ad un secolo e mezzo dall’apparizione deiprimi convogli ferroviari, l’inventario musicale è ancora ricco di fischi dilocomotive, treni in corsa che si rincorrono fra loro. Ma il deragliamentorossiniano è restato senza imitazioni. Una catastrofe solitaria.

Hector Berlioz è responsabile di un curio-so lapsus ferroviario, quando con legge-rezza ineffabile racconta di aver sbaglia-to treno e invece di ammirare gli ozi delsoprano Jenny Lind, si ritrova aGreenwich, a contemplare un modestocirco di bestiole ammaestrate. Ma Berliozscrive anche Le Chant de Chemin de Fer,una commissione da sbrigarsi rapida-mente, nel 1846 per festeggiare l’inaugu-razione della linea Lione-Parigi: “Avevanoappena terminato la ferrovia del Nord,così rinomata per i piccoli incidenti che haavuto la ventura di provocare”. Il testodel poeta Jules Janin è un saluto conven-zionale agli operai che hanno permesso ilcompimento di quest’opera del progres-so. Ma Berlioz è meno convenzionale,quando si mette in ascolto del nuovomezzo di trasporto, lasciandosi contagia-re dall’inarrestabile moto dei pistoni dellalocomotiva e la cantata acquista uncurioso, ostinato ritmico che fa venire in

I binari di ferro battuto ele caldaie in ghisa

dei vecchi locomotorihanno qualcosa

in comune con gli smorzatori ed il telaio

monoblocco del pianoforte

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Mentre i festeggiamenti per l'anniversario mozartiano catalizzanol'attenzione del mondo, l'anno in corso si accinge a celebrareun'ulteriore ricorrenza di interesse artistico, assai più silenziosa eriservata, ma non per questo priva di influenza culturale.Nel medesimo anno di nascita del figlio Wolfgang, Leopold Mozartconsegna la sua esperienza di grande didatta e fine musicista allepagine di un trattato per violino: la prima edizione della Versucheiner gründlichen Violinschule ("Scuola di Violino") risale, infatti,al 1756. Tralasciando gli influssi esterni, in particolare italiani, suiquali molto spesso si è dibattuto, quest'opera teorica manifestaun intrinseco valore nella storia e nell'insegnamento della musi-ca; suddivisa in numerosi capitoli, ciascuno dei quali inerenteall'illustrazione di un particolare argomento tecnico, essa presen-ta una struttura notevolmente completa, ove tutto è indagatosecondo logica. L'insieme di queste caratteristiche, e soprattuttol'innovativo elemento razionale, classificano tale metodo comeun'espressione imprescindibile della didattica germanica sette-centesca. Nella "Violinschule", la riflessione musicale divieneetica e valica i limiti imposti dallo stile. Il Maestro concepisce unasimbiosi profonda tra virtuosismo e sensibilità, in grado di gene-rare un modello artistico profondamente elevato: egli traccia icontorni di un'ideale esecutivo epurato dagli eccessi che possonotroppo vincolarlo a un determinato panorama, e implicitamente,apre un varco sul futuro, giacché i parametri di intelligenza inter-pretativa da lui proposti costituiscono una costante sfida per ilmusicista. Una scuola, per essere tale, presuppone una riflessio-ne capace di unire musica e tecnica, tradizione e rielaborazione,passato e futuro. Desiderando raccontare concretamente l'esperienza della"Violinschule", abbiamo scelto di dialogare con Veronica Kröner,raffinata violinista e stimata docente a Vienna.

In una sintesi introduttiva, quali riflessioni possono pre-sentare adeguatamente il metodo di Leopold Mozart?E' un testo molto attuale in quanto si riferisce a ogni aspetto delloscibile violinistico, superando i confini dell'insegnamento; puòessere letto come materia di perfezionamento per individuarenuovi suggerimenti tecnici, assolutamente in contatto con il pen-siero musicale. Il Maestro considera soprattutto il suono, per ilquale la mano destra riveste un'indiscussa importanza. Di fre-quente, quest'opera è riferita in modo esclusivo alla tecnicabarocca: in realtà, sorprende notare quanto sia possibile utilizza-re i principi trattati, raggiungendo uno stile violinistico modernoe versatile.L'interpretazione moderna e quella barocca sono statespesso ambiti di acceso confronto artistico, dimostrandoun interesse particolare all'arco e al vibrato. LeopoldMozart non esita a trattare proprio quest'ultima tematica:come deve essere interpretato tale intervento?In Leopold Mozart, il vibrato è scelto nel momento in cui l'arconon è in grado di produrre un suono ancora più espressivo, perun effetto di profonda bellezza. Al contrario, nello stile violinisti-co moderno il vibrato è continuo. Sembrerebbero due situazioni

LEOPOLD MOZARTNell’anno in cui nasceva

Wolfgang Amadeus, il padre dava alle stampe

il suo metodo di violinoUn modello e una sfida

per le generazioni future di violinisti

di Luisa Mostarda

Ritratto di Leopold Mozart

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inconciliabili...Eppure, anche in questo caso, il Maestro presentauna direttiva illuminante: impiegare il vibrato in modo naturale,gestendolo in relazione al contesto, senza turbare l'articolazionedella melodia.Leopold Mozart, quindi, concepisce la tecnica, nelle suevarie forme, come mezzo di espressività, per comunicareemozioni e sentimenti...Sì, soprattutto l'arco è deputato alla mozione degli affetti.L'articolazione dell'arco traduce ogni sfumatura, ogni intimo sus-sulto dello spirito: l'essenza del violino è l'arco stesso, poiché sel'arco è privo di vita, non si ode nulla. Volgendosi al cuore del metodo, si intuisce un'idea dellarelazione che il Maestro postula tra esecutore e tecnica?Certo, ma non quale imposizione, mossa da un atteggiamentoassolutistico. Occorre la giusta severità nelle questioni tecniche,nell'intonazione; dal contesto, però, non risulta che si debba,indiscutibilmente, avere un determinato comportamento artisti-co, identico a quanto scritto. E' fondamentale piuttosto la consa-pevolezza di ciò o di come si suona, in una sintesi tra mente ecorpo.Si avverte, in questo, un'esternazione di grande apertura.Immedesimandosi nella concretezza del vissuto, cosa puòsignificare un'esperienza di contatto con il trattato diLeopold Mozart, ad una valutazione generale? Come già detto, in ambito artistico la precisione acquista un ruolofondamentale: al riguardo, Leopold Mozart è risoluto, instillando,al contempo, una vena di umorismo. Penso sia un ottimo approc-cio alla propria attività riuscire a conciliare la massima serietàprofessionale con un arguto sorriso, pensando di poterne gode-re. Questa scuola di violino fu pubblicata per la prima volta allametà del XVIII secolo e, a ragione, si può pensare che il Maestroscrivesse riferendosi principalmente al passato: nel corso deicapitoli, le nozioni esposte compongono un'ideale mappaturarelativa alle consuetudini musicali dell'epoca barocca, tralascian-do la spettacolarità artificiosa a favore dell'eleganza estetica. E'perciò naturale che molte dissertazioni, illustrate da Leopold,siano comprensibili a chiunque nutra un vivo interesse per lamusica, anche se non violinista.Nel fluire della conversazione emerge un ritratto vitale dellaViolinschule, che riesce a coniugare realtà molto distanti fra loro,generando così le opportunità per un confronto stilistico.Significativo è il capitolo dedicato alle prassi di archeggiatura.Innalzandosi dallo sterile ambito tecnico, Leopold indaga le piùintime potenzialità dell'arco e restituisce, in modo analitico,un'abilità capace di trasmettere ogni sfumatura emozionale, con-giungendola al coerente moto delle parti. Nello spazio dell'inter-pretazione, l'unica verità risiede all'interno del contenuto sonoroed emotivo della scrittura musicale: in questo anelito, la padro-nanza tecnica rappresenta la condizione precipua.Adeguatamente valutato, questo argomento può suggerire nuoveprospettive nell'approccio interpretativo alle opere di WolfgangAmadeus Mozart, la cui personalità violinistica era stata intera-mente forgiata dal padre.

"Versuch einer gründlichen Violinschule": frontespizio dell'edizione originale tedesca

L. Mozart, "Violinschule": illustrazionecontenuta nel II Capitolo,

relativa alla presa dell'arco

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Mentre imperversano sotto le specie più diverse le celebrazioni perl'anniversario mozartiano, che s'irradiano dalla natìa Salisburgo alpiù sperduto borgo del pianeta dotato di un teatro o di un audito-rium, o di un negozio di dischi, il mercato editoriale si mostra tuttosommato meno effervescente, più compassato. Certo, le uscite nonmancano (numerose rispetto al deserto che c'è intorno ad altri auto-ri pure in situazione “celebrativa”), ma sembrano più meditate. Valela pena di soffermarsi su due di esse, di carattere essenzialmentebiografico (ma con larghi agganci musicologici “puri”) perché sonosignificative di due maniere diametralmente opposte di affrontare ilproblema Mozart. Intendiamo Vita di Wolfgango Amadeo Mozartscritta da lui medesimo di Piero Rattalino (il Saggiatore, pagg. 308,€ 17) e Mozart massone e rivoluzionario di Lidia Bramani (BrunoMondadori, pagg. 466, € 30).Rattalino sceglie la divulgazione sulla strada della biografia pura, efa ricorso a un espediente che può sembrare ingenuamente “roman-zesco” (o, meno ingenuamente, appropriato a una fiction televisi-va), quello di fingere appunto che esista un'autobiografia di Mozart.Il mondo accademico avrà sicuramente storto il naso, ma in realtàil “trucco” funziona, perché gli ingredienti della confezione sono diprimissima qualità. C'è innanzitutto - alle fondamenta - la puntiglio-sa e minuziosa conoscenza di tutti i documenti e una solidissimaesperienza della bibliografia. Dire che Rattalino non inventa nulla èfin troppo ovvio. L'evidenza delle sue pagine non è solo che eglidimostra di avere navigato sotto tutte le latitudini l'epistolario e isuoi annessi, di avere dissodato accuratamente le testimonianze deicontemporanei, le prime biografie, l'immensa mole di quelle chesono seguite, ma anche e soprattutto che si è preso la responsabi-lità di scegliere, di interpretare, di fornire una “immagine”, come èdovere troppo spesso ignorato di ogni biografo. E visto che l'argo-mento è Mozart, ovvero uno dei grandi “misteri” biografici della sto-ria della musica (a dispetto del profluvio di carte che lo riguardano),l'obbligo viene assolto con la giusta dose di psicologia, oltre che conl'opportuno incrocio e confronto dei documenti.E dunque, la figura del padre emerge a tutto tondo, non solo nellacomplessità del rapporto con il figlio prodigioso, ma anche in unaluce autonoma, indispensabile per capire meglio una personalità piùsfaccettata di quanto si sia portati a credere. Poi, vengono messi afuoco con ampiezza di argomentazioni e di apporti documentarialcuni episodi trascurati ma importanti: il mese trascorso da ragaz-zino a Venezia ad esempio, decisivo per l'educazione sentimentalemozartiana, oppure gli ultimi giorni, e il ruolo avuto dalla sua ultimaallieva Magdalena Hofdemel, pietra di uno scandalo che percorrevaVienna ancora molti anni dopo la morte del compositore.L'immagine che Rattalino offre di Mozart è quella di un uomo “ina-datto” al suo tempo e alla società in cui viveva, innamorato del-l'amore ma troppo cattolico e timoroso (delle malattie veneree) peressere davvero un conquistatore di gonnelle, dominato dal suogenio e conscio di esso, eppure perennemente in cerca di un'affer-mazione “banale”, di un riconoscimento che possa coincidere anchecon un posto prestigioso e remunerativo. Un frustrato senza speran-za di “vittoria” che attraversa la vita con gioia e con rimpianto.Il tutto è raccontato con una prosa limpida, scorrevole, accattivan-te, capace di autentica comunicazione: l'obiettivo della divulgazionecolta e motivata è nobilissimo e Piero Rattalino lo centra in pieno.

Libri / L’anniversarioDue pubblicazioni

di carattere biografico ma diametralmente

opposte nell’affrontare il problema Mozart

di Cesare Galla

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Su un piano molto diverso si pone il vasto lavoro di Lidia Bramani.Anche la studiosa milanese ripercorre con minuziosa acribia tutta lasterminata distesa dei documenti e della bibliografia mozartiana, mafin dall'inizio, fin dal titolo del suo libro dichiara di avere una tesi,per dimostrare la quale si allontana dalla pura biografia per adden-trarsi nell'analisi musicologica, specialmente in quella del teatromusicale.La tesi è dunque che Mozart sia stato “massone e rivoluzionario”. Ilche da un lato significa ribadire una palmare ovvietà, visto che è bennoto che Mozart aderì alla massoneria, e lo fece con convinzione. Madall'altro - ecco la novità - vuole attribuire al compositore salisbur-ghese una consapevolezza culturale, storica, perfino politica tale daporlo nella difficile situazione di essere stato un artista “eversivo”rispetto alla società in cui viveva. E soprattutto, consapevolmente evolutamente “eversivo”.C'è forse un giudizio a posteriori di stampo storicistico, in questaanalisi, che si dipana a lungo, con scrittura faticosa, in un viluppo dinote dalle quali è impossibile districarsi. Sostenere che Mozart - insostanza - fosse massone prima ancora di diventarlo formalmente,per la sua ideologica e quasi naturale adesione agli astratti ideali dilibertà ed elevazione propugnati dal movimento non significa molto,così come lascia il tempo che trova indagare minuziosamente letracce di questo “attivismo” anche nelle opere che tradizionalmentenon sono ascrivibili alla linea massonica.Bramani afferma in sostanza la stretta vicinanza di Mozart alla settaestremistica, e quasi “comunista” degli Illuminati di Baviera (oggi sidefinirebbe “massoneria deviata”, ma la maggioranza dei biografinega tale prossimità); prende per buone le esternazioni della vedo-va, che molti anni dopo la morte parlava con gli editori della volon-tà del marito di fondare una setta segreta chiamata Grotta; indagascrupolosamente la biblioteca del musicista per capire dalle sue let-ture quali fossero le farraginose linee ideologiche che animavano lasua azione, in un periodo della storia durante il quale intanto matu-rava un piccolo evento chiamato Rivoluzione francese. Ripercorre legrandi opere per rileggerle alla luce della diversa immagine delmusicista che pazientemente costruisce: quella di un intellettualeimpegnato “ante litteram”, che attraverso la sua arte fa passare unmessaggio sociale e culturale di liberazione. Una lettura politica,dunque, che vuole fare a pezzi l'altra immagine, stucchevole e fasti-diosa, del genio inconsapevole, indifferente, vacuamente immorale,resa comune dal pur interessante film di Milos Forman. E pazienzase non si possono eliminare certe manifestazioni sconcertanti di cat-tolicesimo reazionario come la moralistica condanna di Voltaire allanotizia della sua morte. Ma certo, se si presume che per larga partedella sua vita Mozart abbia dissimulato come un agente segreto“coperto” in missione, tutto ritorna, anche le sciocchezze e le bana-lità politiche che infiorano l'epistolario.La tesi, insomma, non è certo inattaccabile, anche se ha le sue moti-vazioni, un po' troppo unilateralmente sviluppate. Però, e soprattut-to, non aiuta a capire. Non svela il mistero dell'arte di Mozart più diquanto abbiano fatto generazioni di biografi e musicologi prima diLidia Bramani. Non dice davvero la parola “che mondi possa aprire”.Non offre la chiave di volta. Mozart, questo pirandelliano “uno, nes-suno e centomila”, anche dopo questo libro si sottrae alla compren-sione globale e continua a pretendere un atto di fede.

Rattalino inventa una “autobiografia” di Mozart

come uomo inadatto al suo tempo

Lidia Bramani propone ilritratto di un musicista

consapevolmente rivoluzionario

Una giornata internazionale di studioper il 250° della nascita di Mozart: il27 e 28 aprile si svolgerà un con-vegno a cui partecipano studiosi edesperti italiani e stranieri, organizza-to dall’Accademia di Agricoltura,Scienze e Lettere e dall’AccademiaFilarmonica. La prima sessione, il 27aprile si svolgerà in via Leoncino 6,mentre la giornata del 28 si svolge-rà in Sala Maffeiana. Sempre inMaffeiana la sera del 27 ci sarà inol-tre un concerto con la OrchestraBarocca Il Tempio Armonico direttada Alberto Rasi, solista il sopranoRoberta Invernizzi. Musiche diDall’Abaco e Mozart.

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Uno spettacolo che ha avuto molto successo e chissà mai se vedre-mo in Italia, visto che il teatro musicale contemporaneo da noi èstato quasi definitivamente bandito, è L’amour de Loin, che debut-tò nel 2000 a Parigi, e ora viene proposto in Dvd. Anche qui in peri-feria dunque possiamo farci un’idea su cosa può nascere dall’incon-tro di tre grandi artisti: la compositrice finlandese Kaija Saariaho, illibrettista Amin Maalouf e il regista australiano Peter Sellars. La sto-ria dell’amore idealizzato di un trovatore del dodicesimo secoloJaufré Rudel per Clemence, la Contessa di Tripoli, che pure non hamai visto ma di cui esalta la bellezza interiore con splendide paro-le, viene raccontato in questa opera con una grande attenzione allavita intima dei personaggi, che sono tre in tutto (si aggiunge lamessaggera) più l’intervento del coro, invisibile in scena.Naturalmente il progetto è ambizioso: raccontare l’impalpabile, l’in-dicibile, rinunciare completamente all’azione esteriore prende deirischi, e lo spettacolo a volte si indebolisce nel ritmo, ma la raffina-tezza della musica e della scena (tutta da vedere la varietà di colo-ri e la particolare illuminazione) creano una trama che avvolge lospettatore, specialmente nelle parti corali, dove la fantasia coloristi-ca della compositrice è più libera di sprigionarsi, mentre non deltutto risolto sembra essere il rapporto tra canto e orchestra, dove iprotagonisti, gli ottimi Gerard Finley e Dawn Upshaw, rievocano echidebussiani che poco si conciliano con la modernità complessiva del-l’opera. Probabilmente un tentativo da parte di Saariaho di esserepiù facilmente comunicativa rispetto a come la conoscevamo inopere degli anni precedenti (e che si possono trovare in dischi dellaOndine).

Dal canto suadente di Saariaho a quello dello Schubert di DieSchöne Müllerin, la bella mugnaia, il salto non è così profondo comeci si potrebbe aspettare. Anche Schubert canta di un amore impos-sibile, sofferto, in cui il paesaggio esteriore è solo un accenno deimoti dell’anima. Thomas Quasthoff è uno dei pochi interpreti chepossono proporsi senza temere l’eredità immensa di FischerDieskau in questo campo. Il suo canto è sorvegliatissimo nell’esal-tare ogni cambio di stato d’animo, ogni evoluzione dal risveglio del-l’amore alla finale amarezza del racconto in 20 Lieder di WilhelmMüller, la sua capacità di interpretare il testo è da grande artista.E’ forse preferibile una voce di tenore per questo ciclo, ma il barito-no Quasthoff, e il sensibile pianista che lo accompagna, JustusZeyen, ce lo fanno dimenticare dopo poche battute.

Infine non poteva mancare una segnalazione mozartiana e la scel-ta è andata sul disco di due giovani musiciste, la violinista HilaryHahn e la pianista Natalie Zhu. Giovani, talentuose, glamour comevuole lo stile Deutsche Grammophon (che a volte - vedi Yundi Li -sa essere autenticamente orribile), e sorprendentemente fuori stile.Le Sonate interpretate in questo modo, con suono bello ma così finea se stesso (e lo si sente negli Adagi, dove la Hahn sembra nonsapere bene cosa fare delle note lunghe) danno l’impressione chel’evoluzione imprescindibile nello stile mozartiano degli ultimi anninon abbia nemmeno sfiorato la violinista. Il talento di Hilary Hahnha avuto e avrà sicuramente modo di farsi ammirare in altri reper-tori!

i dischidi Cesare Venturi

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La fatica di suonare in santapace. . . anche lui l ’ha provata.Chi è?“La mia famiglia ed io eravamo all’albergo, dove mi era impossi-bile suonare il pianoforte. La mia grande preoccupazione fu dun-que di trovare un pianoforte e un locale dove poter lavorare tran-quillamente. Non ho mai potuto comporre, se non con la certezzache nessuno mi ascolti. Un negoziante di musica, al quale perprima cosa mi rivolsi, mi segnalò una specie di ripostiglio doveerano accatastate delle casse vuote di “cioccolato Suchard” chedava su di un pollaio e dove si trovava un piano verticale nuovis-simo e scordato. Era tale il freddo in questa camera senza riscal-damento che le corde non tenevano l’accordatura. Per due giornitentai di lavorarvi, con la pelliccia sulle spalle, un berretto di peloin testa, i piedi dentro un paio di snowboots e uno scialle sulleginocchia. Così non potevo resistere. Finalmente riuscii ad affitta-re in paese una camera spaziosa e confortevole in una casa di pic-coli borghesi agiati, che erano assenti tutto il giorno. Vi feci collo-care un pianoforte e riuscii finalmente a lavorare”.

I primi 5 lettori che indovinano il nome del compositore che inqueste righe racconta di sé vincono un CD a scelta, telefonandoal 045 8005616 o mandando una e-mail a: [email protected]

quiz

Wolfgang Amadeus MozartDivertimenti K. 136, 137, 138, 251Amsterdam Baroque OrchestraTon Koopman

Questo è il Mozart più leggero e spensierato, quel-lo con un piede nella scarpa dello stile galante, unoin quella del nascente classicismo e un altro in unascarpa tutta sua. Perché con brevi pezzi come que-

sti, scritti tra i 16 e i 20 anni per la corte del Principe Arcivescovo diSalisburgo, il nostro Amadigi/Amadé/Gottlieb affronta un repertorio “diroutine” che si potrebbe paragonare alla lounge music di oggi, ma restacomunque almeno una spanna sopra tutti gli altri, calandosi alla perfezio-ne nei panni del geniale, astuto, ruffianissimo intrattenitore.Quanto all'esecuzione, conosciamo tutti l'immenso valore e l'eclettismo diTon Koopman e della sua Amsterdam Baroque Orchestra, ma in questaoccasione riescono ancora a stupirci, tanto ogni cosa sembra al suo posto:agogica, dinamica, carattere…si direbbe che suonino questi pezzi da sem-pre!

Alessio PortaMusica Classica Fnac Verona, via Cappello 34

M a r c - A n t o i n eCharpentierTe Deum, GrandOffice des MortsLes ArtsFlorissantsWilliam Christie

Il rispetto cheWilliam Christie si èguadagnato presso la critica francese sispiega certo con la sua perseveranza neldedicarsi al barocco francese, ma anchecon la sua attenzione verso tutto ciò cherende “francese” questa musica. Uno deipunti di forza di questo disco (oltre all'in-discutibile bellezza della musica) è propriola versatilità con cui Christie si pone difronte alle varie anime di Charpentier:francesissimo nelle parti più ritmate efastose, ma assolutamente italiano quan-do affronta pagine corali degne diMonteverdi o di Carissimi (che diCharpentier fu maestro). Da notare che lapronuncia francese del latino, per quantopossa a volte suonare bizzarra all'orecchioitaliano, rispetta una tradizione secolareancora oggi vigente ed è perciò l'unicascelta possibile.

www.fnac.it

L’autore dell’ottimo ritratto di Camilleripubblicato nello scorso numero diCadenze, Andrea Musso, ci ha scritto perraccontare la storia di questo disegno: “Sitratta di un disegno appositamente realiz-zato come regalo per Andrea Camilleri ericordo con gioia la cena a Vigevano in cuiho potuto consegnarlo. E' stato moltoapprezzato e mi dicono faccia bella mostranel suo studio. La moglie di Camilleri hasentenziato: è identico!!!.”

Soluzione del quiz precedente(Cadenze n. 5):

i personaggi nella foto erano, da sinistra,Bruno Walter, Thomas

Mann e Arturo Toscanini

ACCADEMIA FILARMONICA DI VERONA


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