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Calibrazione e Allineamento per Misure di Fisica con il ... · 3.2.2 Ricostruzione delle tracce nei...

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Alma Mater Studiorum · Universit ` a di Bologna FACOLT ` A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Corso di Laurea Specialistica in Fisica Calibrazione e Allineamento per Misure di Fisica con il Rivelatore TOF dell’Esperimento ALICE Relatore: Chiar.ma Prof.ssa Luisa Cifarelli Candidato: Barbara Guerzoni I Sessione Anno Accademico 2007-2008
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Alma Mater Studiorum · Universita di Bologna

FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea Specialistica in Fisica

Calibrazione e Allineamento

per Misure di Fisica

con il Rivelatore TOF

dell’Esperimento ALICE

Relatore:

Chiar.ma Prof.ssa

Luisa Cifarelli

Candidato:

Barbara Guerzoni

I Sessione

Anno Accademico 2007-2008

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Indice

Introduzione 1

1 Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP 3

1.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.2 Diagramma di fase della QCD . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

1.3 Transizione di fase di QCD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

1.3.1 Equazione di stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

1.3.2 Temperatura di transizione ed energia critica . . . . . . 14

1.3.3 Limite di Stefan-Boltzman . . . . . . . . . . . . . . . . 14

1.3.4 Energia libera dei quark pesanti e loro stati legati . . . 16

1.4 Collisioni nucleari ultra-relativistiche:caratteristiche generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

1.5 Interazioni tra ioni pesanti relativistici . . . . . . . . . . . . . 19

1.5.1 Prima della formazione del QGP . . . . . . . . . . . . 19

1.5.2 Termalizzazione, Espansione ed Adronizzazione . . . . 19

1.5.3 Congelamento Chimico e Cinetico . . . . . . . . . . . . 21

1.6 Osservabili del QGP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

1.6.1 Osservabili globali: densita di energia . . . . . . . . . . 22

1.6.2 Distribuzione in molteplicita di particelle cariche . . . . 28

1.6.3 Soft probe: rapporti di particelle . . . . . . . . . . . . . 36

1.6.4 Soft probe:spettri di particelle . . . . . . . . . . . . . . 38

1.6.5 Soft probe: aumento della stranezza . . . . . . . . . . . 40

1.6.6 Hard probe: produzione di quark pesanti . . . . . . . . 43

1.6.7 Hard probe: la soppressione anomala del charmonio . . 45

1.6.8 Hard probe: segnali elettromagnetici. Fotoni e coppieleptoniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

1.6.9 Hard probe: soppressione degli adroni ad alto impulsotrasverso e “jet-quenching” . . . . . . . . . . . . . . . . 55

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ii INDICE

2 L’esperimento ALICE 612.1 Rivelatori dell’esperimento ALICE . . . . . . . . . . . . . . . 61

2.1.1 I magneti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 652.1.2 ITS: Inner Tracking System . . . . . . . . . . . . . . . 652.1.3 TPC: Time Projection Chamber . . . . . . . . . . . . . 652.1.4 TRD: Transition Radiation Detector . . . . . . . . . . 662.1.5 TOF: Time Of Flight . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 662.1.6 PHOS: PHOton Spectrometer . . . . . . . . . . . . . . 672.1.7 HMPID: High Momentum PID . . . . . . . . . . . . . 672.1.8 FWM: Forward Muon Detector . . . . . . . . . . . . . 672.1.9 Rivelatori a grande pseudorapidita . . . . . . . . . . . 68

2.2 Il rivelatore TOF . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 692.2.1 La tecnica del tempo di volo . . . . . . . . . . . . . . . 692.2.2 Struttura del TOF . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71

3 Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone 793.1 Simulazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80

3.1.1 Generazione di particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . 823.1.2 Virtual Monte Carlo: il trasporto delle particelle . . . . 833.1.3 Moduli e rivelatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 833.1.4 File di configurazione (Config.C) . . . . . . . . . . . . 863.1.5 Hit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 863.1.6 Summable Digit (SDigit) . . . . . . . . . . . . . . . . . 873.1.7 Digit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 873.1.8 Raw Data . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87

3.2 Ricostruzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 873.2.1 Ricostruzione locale e ricerca del vertice primario . . . 903.2.2 Ricostruzione delle tracce nei rivelatori centrali . . . . 903.2.3 Associazione dei segnali sul TOF alle tracce ricostruite 96

3.3 Identificazione delle particelle cariche (PID) . . . . . . . . . . 993.3.1 Identificazione delle particelle cariche nel TOF . . . . . 1003.3.2 PID combinata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103

3.4 Calibrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1043.4.1 Time slewing ed effetti strumentali corretti tramite la

calibrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1063.4.2 Calibrazione on-line . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1073.4.3 Calibrazione off-line . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111

4 Allineamento del TOF 1174.1 Influenza del misallineamento sull’efficienza di matching . . . . 1184.2 Effetto del misallineamento sui parametri temporali . . . . . . 125

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INDICE iii

4.3 Procedure di allineamento del TOF . . . . . . . . . . . . . . . 1304.3.1 Allineamento con le tracce . . . . . . . . . . . . . . . . 1324.3.2 Allineamento con il survey . . . . . . . . . . . . . . . . 144

Conclusioni 147

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iv INDICE

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Introduzione

L’esperimento ALICE (A Large Ion Collider Experiment) presso LHC ha co-me finalita principale lo studio della materia nucleare in condizioni estremedi temperatura e densita raggiunte tramite collisioni di ioni pesanti ultra-relativistici (collisioni Pb − Pb con

√sNN = 5.5 TeV ). ALICE vuole cioe

verificare la previsione in ambito di QCD dell’esistenza di una transizionedi fase da materia adronica ordinaria ad uno stato di quark-gluon-plasma(QGP), in cui quark e gluoni non sono piu confinati negli adroni ma liberi.Poiche ALICE e l’unico esperimento ad LHC dedicato allo studio dell’intera-zione tra ioni pesanti, e stato progettato per per essere in grado di misurareil maggior numero di osservabili rilevanti su uno spazio delle fasi quanto piuampio possibile. In piu la sua struttura deve essere tale da permettere un’ot-tima risposta in ambienti caratterizzati da una molteplicita molto alta diparticelle cariche nella regione centrale di pseudorapidita.

La misura degli osservabili fisici e intrinsecamente legata all’identificazio-ne delle particelle (PID), per cui ALICE deve avere un’ottima capacita diPID. Cio e reso possibile dal fatto che i rivelatori che lo compongono imple-mentano procedure di PID tra esse complementari sia per il tipo di particelleidentificate, sia per la regione di impulso su cui possono operare, sia per letecniche che utilizzano. Inoltre, nel caso in cui per una traccia siano disponi-bili informazioni di PID provenienti da diversi rivelatori, esistono procedurebasate su un approccio Bayesiano per combinare le informazioni ed ottenereun’identificazione piu precisa.

Particolare rilievo assume l’identificazione delle particelle effettuata tra-mite la tecnica del tempo di volo dal rivelatore TOF in quanto opera nel-l’intervallo di impulsi in cui viene prodotta una gran quantita di particellecariche nella regione centrale di pseudorapidita. Per raggiungere prestazioniottimali, la risoluzione associata al tempo di volo non deve essere peggiore di100 ps. Tale risoluzione temporale e data dalla somma di diversi contributilegati alla risoluzione intrinseca del rivelatore, all’elettronica di read-out e adeffetti strumentali, che devono essere il piu possibile identificati e limitati. Inparticolare, due contributi sono dati dalle incertezze legate all’equalizzazione

1

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2 Introduzione

dei ritardi dei singoli canali e alla correzione di effetti di time slewing chepossono essere limitate a valori inferiori a 30 ps tramite opportune proceduredi calibrazione sia on-line che off-line esposte all’interno di questa tesi.

Un ulteriore effetto strumentale che influisce sulle prestazioni del TOF e ilmisallineamento dei suoi volumi sensibili, ovvero le deviazioni delle posizionireali di tali volumi rispetto a quelle ideali definite nelle schede di progetto.In questa tesi e presentato lo studio svolto per valutare l’influenza di talemisallineamento sulla ricostruzione del TOF, e in particolare sull’efficienzadi associazione tracce-segnale (matching) e sulle grandezze impiegate nelleprocedure di PID. Di seguito sono poi presentate le analisi svolte per svilup-pare e valutare le prestazioni di due procedure in fase di implementazioneche permettono di ricavare i misallineamenti dei volumi sensibili del TOF,e quindi di definirne la geometria reale. La prima procedura sfrutta la rico-struzione delle tracce, mentre la seconda (survey) la possibilta di conoscerele posizioni di particolari punti di riferimento (fiducial mark) tramite misuredi triangolazione.

Il lavoro presentato in questa tesi si articola in quattro capitoli. Nel primocapitolo e presentata una descrizione dello stato di QGP e delle osservabilifisiche sperimentali necessarie per la sua rivelazione.Nel secondo capitolo e riportata una descrizione della struttura dell’esperi-mento ALICE ponendo particolare attenzione al rivelatore TOF.Nel terzo capitolo sono descritti gli algoritmi per la simulazione e la ricostru-zione degli eventi, le procedure per l’identificazione delle particelle dandoparticolare rilievo al metodo del tempo di volo utilizzato dal rivelatore TOFe alle procedure di calibrazione sia on-line che off-line.Nell’ultimo capitolo e infine presentata l’influenza del misallineamento sull’al-goritmo di matching e sui parametri temporali impiegati nella PID del TOF,e sono descritte e analizzate le due procedure (tracce e survey) utilizzate perricavare i parametri di allineamento.

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Capitolo 1

Collisioni di Ioni PesantiUltrarelativistici ed il QGP

Lo studio e la verifica del Modello Standard, ovvero della teoria che descrivela fisica delle particelle elementari e delle loro interazioni fondamentali, e datempo oggetto di grande attenzione da parte dei fisici delle alte energie. So-lo recentemente pero, grazie alla costruzione di acceleratori con energia nelcentro di massa sufficientemente alta, si sta sviluppando la fisica degli ionipesanti ultrarelativistici per lo studio della materia nucleare in condizioniestreme di temperatura e densita. Tale studio e reso interessante dalla previ-sione in ambito di QCD dell’esistenza di una transizione di fase da materiaadronica ordinaria ad uno stato di quark-gluon-plasma (QGP), in cui quarke gluoni non sono piu confinati negli adroni ma liberi. E proprio in questocontesto che si colloca l’esperimento ALICE presso LHC.

In questo primo capitolo si vuole dare prima una breve descrizione del-le previsioni teoriche relative a questo aspetto della QCD, per poi eviden-ziare quali sono gli osservabili che, in esperimenti con ioni pesanti ultra-relativistici, sono evidenza della formazione del nuovo stato della materia ene permettono lo studio.

1.1 Introduzione

In generale, il Modello Standard prevede che l’esistenza di una transizionedi fase sia intimamente legata, in presenza di una certa densita di energiaindicata come energia critica, alla rottura di una simmetria della natura equindi alla generazione delle masse.

Entro tale schema, la QCD prevede che a densita di energia superioria εc ≃ 1 GeV/fm3, ovvero ad una temperatura critica di ≃ 170 MeV, la

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4 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

materia nucleare subisca una transizione di fase dal suo stato ordinario ad unocaratterizzato da quark e gluoni deconfinati (QGP), legata alla reintroduzionedella simmetria chirale ed alla ridefinizione delle masse dei quark (si passa daquella effettiva assunta all’interno degli adroni, a quella nuda molto minore).

Negli attuali esperimenti con ioni pesanti ultrarelativistici l’energia a di-sposizione e superiore a quella critica, per cui diventa possibile lo studio dellatransizione di fase e del QGP. L’interazione nucleo−nucleo produce un siste-ma in rapida evoluzione che, partendo da uno stato di materia ordinaria conproprieta note, passa per uno stato di QGP, per terminare con la produzioneancora di materia ordinaria. Il problema percio sta nell’avere una descrizioneteorica della QCD che definisca quali sono gli osservabili sperimentali chepermettono di determinare le proprieta dello stato intermedio del sistema,ovvero del QGP. Diventano allora necessari dei modelli numerici in quantola QCD entra in un regime non perturbativo che non permette uno sviluppoanalitico.

Utilizzando interazioni Pb − Pb e lavorando a densita di energia ε ≃1 − 1000 GeV/fm3, l’esperimento ALICE potra indagare la struttura deldiagramma di fase della QCD e dello stato di QGP oltre che il ruolo del-la simmetria chirale. L’esperimento ALICE studiera inoltre collisioni p − pe p − nucleo in quanto sara necessario, per essere certi che gli osservabilisperimentali individuati siano strettamente legati alla formazione del QGP,una comparazione sistematica anche con sistemi in cui non ci si aspetta lasua formazione. Saranno inoltre studiate collisioni fra nuclei piu leggeri, perevidenziare effetti dipendenti dalla massa dei nuclei incidenti.

Altri esperimenti [1] con interazioni nucleo− nucleo sono stati effettuatinegli ultimi 30 anni, ma con energie nel centro di massa molto inferiori ri-spetto ai

√sNN = 5.5 TeV1 di ALICE (che entrera percio in un regime di

densita di energia maggiore). Il primo esperimento (a bersaglio fisso) per laricerca del QGP e stato realizzato presso il BEVALAC (1975-1985), l’accele-ratore per ioni pesanti dell’universita di Berkeley che utilizzava fasci di Nb a√sNN ∼ 0.2GeV. Gli esperimenti successivi, sempre a bersaglio fisso, risalgo-

no al 1986, con fasci di 28Si presso l’AGS (Alternating Gradient Synchrotron)del BNL (Brookhaven National Laboratory) a

√sNN ∼ 5 GeV, e con fasci di

16O e 32S all’ SPS (Super Proton Synchrotron) del CERN, a√sNN ∼ 20GeV.

Spinti dall’interesse suscitato dai primi risultati, e stata sviluppata, a partiredal 1993-1994, una seconda generazione di esperimenti condotti con 197Aua√sNN ∼ 4.6 GeV all’AGS e con 208Pb a

√sNN ∼ 17.2 GeV all’SPS. Nel

2000 e poi entrato in funzione presso BNL un nuovo acceleratore, il Rela-tivistic Heavy-Ion Collider (RHIC), che ha permesso un grande incremento

1√sNN indica l’energia nel centro di massa per coppie di nucleoni incidenti.

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1.2. Diagramma di fase della QCD 5

dell’energia disponibile nel centro di massa anche grazie alla sua strutturaa collider piuttosto che a bersaglio fisso. Tale acceleratore e utilizzato da 4esperimenti (BRAHMS, PHENIX, PHOBOS e STAR) che studiano collisioniAu−Au fino a

√sNN ∼ 200 GeV.

Una rassegna di risultati recenti sulle collisioni nucleo− nucleo e presen-tata in [2].

1.2 Diagramma di fase della QCD

Ancora prima della formulazione della QCD come teoria fondamentale delleinterazioni forti, lo studio della materia nucleare a temperatura o densitaestreme aveva portato all’osservazione di un comportamento anomalo dellospettro di massa delle risonanze prodotte in collisioni adroniche [3]. Dopol’introduzione della QCD che prevede una regione di liberta asintotica perquark e gluoni, si penso che tale comportamento anomalo poteva essere legatoad una transizione di fase, la cui dimostrazione teorico-modellistica e stataottenuta recentemente con calcoli di QCD su reticolo (LQCD).

Come menzionato in precedenza, la transizione avviene se la temperaturao la densita di energia e sufficientemente alta. Il passaggio da materia adro-nica a QGP puo pero essere una vera e propria transizione di fase (del primoo secondo ordine) oppure un piu o meno lento crossover e cio dipende, inprima istanza, dai parametri della lagrangiana della QCD ed, in particolare,dal numero e dalla massa di quark leggeri (o, al limite, privi di massa). Insecondo luogo, fissati tali parametri, la natura della transizione di fase di-pende dal valore del potenziale chimico, legato alla densita barionica, e dallatemperatura T .

In particolare, la densita barionica della materia nucleare ρB e legataal valore del potenziale chimico di ogni flavour µf (con potenziale chimicobarionico µ = 3µf) dalla relazione:

ρB =1

3(Nq−Nq) =

nq3

f

d3p

(2π)3·(

1

e(p−µf )/T + 1− 1

e(p+µf )/T + 1

)

(1.1)

dove Nq ed Nq sono la densita di quark ed anti-quark del sistema, nq = 3 · 2e il fattore di degenerazione per il colore e lo spin, mentre la sommatoria esui tre flavour up, down e strange. Svolgendo l’integrale nell’approssimazioneµf/T ≪ 1, l’eq.1.1 diventa:

ρB =∑

f

(µf3T 2 +

µ3f

3π2) . (1.2)

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6 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

Notiamo che stiamo considerando solo 3 flavour in quanto i quark charm,top e bottom sono troppo pesanti per avere un ruolo alle scale di energia acui avviene la formazione del QGP.

Di seguito riportiamo alcuni diagrammi di fase della QCD, ottenuti concalcoli di QCD su reticolo, che indicano quale tipo di transizione tra unostato confinato ed uno deconfinato ci si aspetta in funzione dei parametriindicati precedentemente, ovvero numero di flavour, masse dei quark, poten-ziale chimico e temperatura. Le indicazioni sono in certa misura qualitativein quanto i risultati ottenuti con LQCD dipendono dal modello utilizzato edalle approssimazioni fatte nei calcoli oltre che, ovviamente, dai valori asse-gnati ai parametri come le masse dei quark. Inoltre, mentre simulazioni conpotenziale chimico nullo (µ = 0) sono ormai molto numerose e compatibilitra loro, risultati con µ 6= 0 sono stati ottenuti solo recentemente e sono menoconsolidati.

Figura 1.1: Diagramma di fase della materia nucleare in funzione della tempe-ratura T e del potenziale chimico barionico µ, ricavato considerando i quarkup e down privi di massa e il quark strange con massa infinita.

In Fig.1.1 e riportato il diagramma di fase della materia nucleare in fun-zione della temperatura T e del potenziale chimico barionico µ, ricavato con-

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1.2. Diagramma di fase della QCD 7

siderando i quark up e down privi di massa e il quark strange con massainfinita [4]. La linea continua rappresenta una transizione di fase del primoordine mentre quella tratteggiata del secondo. Il punto indicato in figura co-me tricritical point corrisponde al passaggio da una transizione del primoordine ad una del secondo. Dalla figura possiamo vedere che, a bassi valorisia di T che di µ, la materia si trova nello stato confinato (stato adroni-co), mentre, se uno dei due parametri assume valori sufficientemente elevatigrazie all’aumento dell’energia del sistema, si raggiunge la fase deconfinatadel plasma. In particolare, per basse T e µ ∼ 1 GeV, abbiamo la materianucleare stabile (nuclear matter). Aumentando l’energia del sistema, i nu-cleoni cominciano ad interagire anelasticamente, entrando in una fase di gasadronico in cui si trovano all’equilibrio termico anche specie adroniche chenon erano presenti nel nucleo come pioni o stati eccitati del nucleone. Au-mentando ancora l’energia si entra nella fase di plasma. Esiste anche unaterzo stato della materia, che si trova ad alta densita (µ > 1 GeV) e bassatemperatura, che e la regione di superconduttivita di colore in cui i quark upe down interagiscono formando delle coppie legate. La transizione tra questafase e quella del QGP e ancora del primo ordine.

Dipendenza dalle masse dei quark

Se alle masse dei quark leggeri vengono assegnati valori piccoli ma diversida zero e a quella dello strange un valore piu grande ma non infinito, ildiagramma di fase di Fig.1.1 muta radicalmente: la transizione del secondoordine diventa un crossover, mentre il tricritical point si sposta a valori piugrandi del potenziale chimico e diventa un punto critico che rappresentasempre il passaggio da una transizione del primo ordine ad una del secondo,ma quest’ultima avviene solo in corrispondenza del punto stesso.

In Fig.1.2 e riportato un altro diagramma di fase della QCD in cui, an-ziche fissare le masse e mantenere come parametri variabili T e µ, si fissa ilpotenziale chimico a zero e la temperatura al valore critico (Tc) e si mostrala dipendenza del tipo di transizione dal valore delle masse dei quark [5]. Nelcaso di masse tutte molto piccole o tutte molto grandi, la transizione e delprimo ordine, mentre per valori intermedi e un crossover. Il confine tra i dueregimi e dato da una transizione del secondo ordine. Se ci fissiamo sull’asseverticale, cioe consideriamo mu = md = 0, vediamo che per ms = ∞ la tran-sizione e del secondo ordine e rimane tale fino a che ms = mtric

s . Per valori dims inferiori a questo, la transizione diventa del primo ordine. Questo com-portamento corrisponde a quanto mostrato in Fig.1.1, dove il passaggio dauna transizione del primo ordine ad una del secondo si ha nel punto tricritico.

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8 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

Figura 1.2: Diagramma di fase della QCD, per potenziale chimico nullo, infunzione delle masse dei quark leggeri up e down (considerate degeneri) e diquella del quark strange (con ms > mu,d).

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1.2. Diagramma di fase della QCD 9

Figura 1.3: Diagramma di fase della QCD in funzione delle masse dei quarkleggeri up e down (considerate degeneri), di quella del quark strange e delpotenziale chimico barionico µ.

Dipendenza dal potenziale chimico

In Fig.1.3 e mostrato il diagramma di fase della QCD in funzione oltre chedelle masse dei quark leggeri up e down (considerate degeneri) e della massadel quark strange, anche del potenziale chimico. A causa di quest’ultima di-pendenza, la linea critica riportata in Fig.1.2 (in cui e determinata per µ = 0),diventa una superficie. Poiche questa ha una curvatura positiva, la regionecaratterizzata da una transizione del primo ordine si espande all’aumentaredi µ. Di conseguenza, il punto fisico (croce blu), ovvero il punto determina-to da valori realistici delle masse dei quark, che per µ = 0 appartiene allaregione di crossover, puo incrociare la superficie critica per un valore fissatodel potenziale chimico µ nel punto critico, in cui la transizione e del secon-do ordine. Incrementando ancora µ, si entra nella regione caratterizzata datransizioni del primo ordine.

In ultimo, in Fig.1.4 che rappresenta ancora il diagramma di fase dellamateria nucleare in funzione della temperatura T e del potenziale chimicobarionico µ, si vogliono sottolineare le condizioni in cui operano gli esperi-menti con collisioni di ioni pesanti relativistici, oltre che le condizioni checaratterizzano le stelle di neutroni e quelle che hanno caratterizzato l’univer-so nei primi istanti dopo il Big-Bang. Come si puo notare, la regione di QGPa basso potenziale chimico ed alta temperatura e quella che si suppone abbia

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10 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4

50

100

150

200

250

early universe

LHC

RHIC

baryonic chemical potential µB [GeV]

tem

per

atu

re T

[MeV

]

SPS

AGS

SIS

atomicnuclei neutron stars

chemical freeze-out

thermal freeze-out

hadron gas

quark-gluonplasma

deconfinementchiral restoration

Figura 1.4: Diagramma di fase della materia nucleare in funzione della tempe-ratura e del potenziale chimico barionico (qui indicato con µb) considerandodue quark leggeri ed uno pesante.

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1.3. Transizione di fase di QCD 11

caratterizzato l’universo nei suoi primi istanti di vita (10−5 s dal Big-Bang)mentre quella ad alto µ e bassa T e di interesse astrofisico perche si pensasia proprio delle stelle di neutroni nate da esplosioni di supernovae. L’internodelle stelle di neutroni potrebbe quindi essere formato da un plasma freddo diquark e gluoni ad alta densita barionica (con prevalenza di u e d preesistentidalla fase adronica). Inoltre si puo notare che, alle energie di RICH ed LHCsi attendono transizioni simili a quella avuta dall’universo primordiale conalta T e basso µ.

1.3 Transizione di fase di QCD

Per studiare le transizioni di fase della materia adronica e le proprieta delQGP, in cui intervengono aspetti non perturbativi dell’interazione tra quarke gluoni, si sono resi necessari approcci di carattere numerico e non analitico.Si ricorre quindi a calcoli di QCD su reticolo, che rappresentano appunto unmetodo non perturbativo basato sulla discretizzazione dello spazio-tempo.Tale discretizzazione risolve il problema delle divergenze delle teorie di gaugeper p→ ∞ 2, in quanto e il passo stesso del reticolo che definisce la distanzaminima da considerare e quindi un valore di cut-off per la scala di momento.Lo svantaggio di questo metodo e che e molto oneroso dal punto di vista dellerisorse di calcolo, che in sostanza determinano il valore minimo del passo delreticolo considerabile.

Di seguito sono riportate alcune previsioni teoriche ottenute con LQCDrelative alle variabili termodinamiche che caratterizzano la transizione di fasedella materia adronica da materia ordinaria a QGP.

1.3.1 Equazione di stato

Per studiare le transizioni di fase si rende necessaria la definizione di alcuniparametri d’ordine, ovvero di variabili termodinamiche che assumono valoridistinti, caratteristici della fase in cui si trova il sistema; nel nostro casopossiamo considerare ad esempio la densita di energia ε e la pressione P .

Nel limite di alta temperatura ci aspettiamo che le variabili termodina-miche proprie del sistema costituito dal QGP abbiano un comportamentoprossimo a quello previsto per i gas ideali [6]. In particolare, nel limite diparticelle non interagenti e prive di massa, ogni grado di liberta bosonicocontribuisce con un fattore π2

90T 4 alla pressione, mentre ogni grado di liberta

2Negli approcci perturbativi tali divergenze vengono eliminate a ciascun ordineattraverso procedure di rinormalizzazione.

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12 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

fermionico con un fattore 78π2

90T 4. Di conseguenza, ci aspettiamo che la pres-

sione del QGP assuma il valore definito dalla legge di Stefan-Boltzmann che,per un gas ideale di quark di massa nulla e di gluoni, vale:

PSB =

[

ng +7

8(nq + nq)

]

π2

90T 4 (1.3)

dove ng, nq ed nq sono il grado di degenerazione dei gluoni, dei quark edegli anti-quark rispettivamente. Per gli 8 gluoni ng = Ng · Npol = 8 · 2in quanto ci sono due stati di elicita, mentre per i quark e gli antiquarknq = nq = NC · NS · Nf = 18 poiche ci sono tre stati di colore, due di

spin e 3 flavour.3 In definitiva, per 3 flavour si ottiene 47.5π2

90T 4, un valore

nettamente maggiore di ∼ 3π2

90T 4 che si ha per un gas adronico con una

temperatura T < Tc in cui i gradi di liberta sono sostanzialmente solo le trespecie di pioni. Tornando alle variabili termodinamiche, aggiungiamo ancheche per un gas ideale vale PSB = εSB

3.

Tuttavia, lontano dalla zona limite in cui ci attendiamo un comportamen-to prossimo a quello di un gas ideale, l’andamento termodinamico del siste-ma deve essere definito tramite calcoli su reticolo. Nel seguito, sono riportatialcuni risultati ottenuti per µ = 0.

In Fig.1.5a) e riportato l’andamento della pressione in funzione del rap-porto tra temperatura e temperatura critica T/Tc [7], dal quale si vuoleevidenziare la dipendenza di P sia dal numero di flavour che dalla massa deiquark. I calcoli per 2 e 3 flavour sono stati sviluppati con masse m/T = 0.4mentre quelli per 2+1 flavour con 2 flavour leggeri con m/T = 0.4 ed unopiu pesante con m/T = 1. Se si considerano le due curve per “2 flavour” e“3 flavour” si puo subito notare come all’aumentare del numero di flavour cisia un incremento del valore della pressione spiegabile in termini dell’incre-mento dei gradi di liberta (vedi eq.1.3). Poiche pero si stanno considerandoquark massivi, l’eq.1.3 non e piu esatta ed Nf deve essere sostituito congf =

f=u,d,... g(mf/T ): i due valori coincidono solo nel caso di un gas diFermi a massa 0. Poiche g(m/T ) decresce all’aumentare di m/T , l’introdu-zione di un quark strange pesante influisce meno rispetto all’introduzionedi un quark leggero. Questo e il motivo per cui la curva “2+1 flavour” ecompresa tra quella “2 flavour” e quella “3 flavour”. Tuttavia si vede come,almeno fino a temperature T/Tc < 4, la pressione non raggiunge mai i valoriprevisti per un gas ideale di Stefan-Boltzman (PSB) ma mantiene una diffe-renza di ∼ 20%, e tale riduzione e tanto maggiore in presenza di un quark piu

3Si noti che si considerano solo 3 flavour (up, down, strange) perche, come detto pre-cedentemente, gli altri quark hanno masse molto maggiori della temperatura del sistemanella fase di transizione e quindi sono ininfluenti.

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1.3. Transizione di fase di QCD 13

Figura 1.5: a) Pressione per nf=2, 2+1, e 3 in funzione della temperaturanormalizzata al valore critico T/Tc. Le frecce indicano il limite per un gasideale nel caso di una QCD a 2 e 3 flavour con masse dei quark m/T = 0.4 eper una QCD con due flavour leggeri con m/T = 0.4 ed uno piu pesante conm/T = 1. b) Risultati di LQCD per la densita di energia ε in unita di T 4

in funzione della temperatura T del sistema. I calcoli sono stati fatti sia condue (“2 flavour”) che con tre (“3 flavour”) quark leggeri di massa m

T= 0.4

ma anche con due quark leggeri degeneri sempre con mT

= 0.4 ed uno piupesante (“2+1 flavour”) con m

T= 1. Da notare che quest’ultima curva segue

quella a due flavour per T . Tc e quella a tre per T & 2Tc in quanto la massadello strange e prossima alla temperatura di transizione.

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14 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

pesante (questo indica che la causa della riduzione della pressione dipendedalle masse dei quark).

Nella Fig.1.5b) si vede come la densita di energia, ad una temperaturaprossima a quella critica, passa rapidamente dal piccolo valore proprio dellafase adronica ad uno vicino a quello previsto per un gas ideale di quark egluoni (indicato con εSB/T

4), crescendo di un fattore 10 (sempre per la va-riazione del numero di gradi di liberta) [8]. Questo andamento e un’ evidenzadell’esistenza di una transizione di fase a Tc nel parametro d’ordine ε/T 4.Una considerazione analoga poteva essere fatta osservando la Fig.1.5a) an-che se la crescita della pressione non e cosı rapida come quella che si osservaper la densita di energia.

1.3.2 Temperatura di transizione ed energia critica

Il tipo di transizione, la temperatura critica Tc e la densita di energia criticaεc dipendono dal numero di flavour e dal valore delle masse dei quark [8].Per µ = 0, nel caso di tre flavour nel limite di gauge (massa infinita) latransizione e del primo ordine e la temperatura critica a cui avviene risultaessere Tc ∼ 170MeV. Nel limite chirale (quark di massa nulla), una QCD a 2flavour degeneri ha Tc = (175± 15) MeV, mentre si ha Tc = (155± 15) MeVper una QCD a 3 flavour. Percio, all’aumentare del numero di quark leggerisi ha una diminuzione di Tc. Infine, introducendo le masse dei quark nel caso“2+1 flavour” (conmu,d = 0.4Tc edms = Tc), Tc risulta prossima a quella per“2 flavour” per cui, aumentando la massa dei quark, la temperatura criticaaumenta.

Una stima del valore critico della densita di energia risulta essere εc ∼0.7 GeV/fm3 anche se, data la grande variabilita di ε a fronte di una piccolavariazione di temperatura, e la grande incertezza sulla Tc che e pari a 15MeV,e piu prudente considerare l’intervallo 500 MeV/fm3 < εc < 1 GeV/fm3 4.

1.3.3 Limite di Stefan-Boltzman

Abbiamo precedentemente sottolineato come sia la pressione che la densitadi energia nella fase deconfinata non raggiungono mai il valore previsto dallalegge di Stefan-Boltzmann (almeno fino ai piu alti valori di T/Tc fino ad orastudiati su reticolo), ma ne differiscono di ∼ 20%. Cio puo essere dovuto alfatto che, a temperature prossime a quella di transizione, per la presenzadi interazioni non perturbative i gluoni possono avere una massa effettiva

4In genere si preferisce usare εc = 1 GeV/fm3 in quanto corrisponde alla densita di unprotone.

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1.3. Transizione di fase di QCD 15

dell’ordine della temperatura T (per cui i gradi di liberta ad essi associatisono da considerarsi massivi). Inoltre, e stato notato come anche a T > Tcpermangono stati legati sia di quark leggeri che pesanti. Entrambe questieffetti portano ad una riduzione del numero di gradi di liberta effettivi.

Figura 1.6: Pressione normalizzata al valore atteso nel caso di gas ideali(p/pSB), ottenuta con calcoli di QCD perturbativa, in funzione della tem-peratura T/ΛMS. Sono riportati i risultati ottenuti considerando vari ordiniperturbativi, con ΛMS ∼ Tc. Sono inoltre riportati i risultati di un calcolo sureticolo.

In Fig.1.6 e mostrato l’andamento della pressione ottenuto tramite calcolidi QCD perturbativa oltre che tramite un calcolo su reticolo [6]. I risultatidipendono fortemente dall’ordine perturbativo che si considera, ma esisteun comportamento comune, ovvero la convergenza della pressione al valoreprevisto da Stefan-Boltzmann per una temperatura circa 1000 volte superiorea quella critica, che risulta percio essere il limite in cui il QGP puo esseregiustamente assimilato ad un gas perfetto. E stato inoltre osservato che ilQGP a temperature prossime a quella di transizione non e assimilabile ad un

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16 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

gas ideale ma un sistema di quark e gluoni fortemente interagente (SCQGP)[10].

1.3.4 Energia libera dei quark pesanti e loro stati le-gati

Figura 1.7: Nel grafico a sinistra e riportata l’energia libera dei quark pesantiin unita della radice quadrata della tensione di stringa Fqq/

√σ in funzione

della distanza quark -antiquark normalizzata sempre a√σ. Le diverse curve

indicano calcoli eseguiti per i differenti valori di T/Tc riportati nella legenda.Nel grafico a destra e riportata l’energia libera necessaria per separare unacoppia quark anti-quark da una distanza tipica del raggio di uno stato legatocc, cioe r = 0.5/

√σ ∼ 0.2 fm, all’infinito in funzione della temperatura. (Si e

usato√σ = 425 MeV).

Nel grafico a sinistra della Fig.1.7 [8, 9] e riportato l’andamento dell’e-nergia libera dei quark pesanti (Fqq/

√σ), a tre diversi valori di temperatura,

in funzione della distanza tra il quark e l’anti-quark che costituiscono unostato legato qq. Sono confrontati i risultati ottenuti considerando una teoriadi gauge (simboli vuoti) con quelli ottenuti considerando una QCD con 3flavour (simboli pieni). Nel limite di gauge (masse dei quark infinite), Fqq, incorrispondenza di r → ∞, diverge quando T < Tc mentre tende ad un valorecostante per T > Tc. Se si considerano quark pesanti ma con masse finite, Fqqtende invece, sempre per r → ∞, ad un valore finito per ogni temperaturaed, in particolare, ad un valore sempre piu piccolo al crescere di T .

Nel grafico a destra della Fig.1.7 e riportata la variazione del potenziale∆V = Fqq(∞) − Fqq(r = 0.5/

√σ) (energia di dissociazione) in funzione

della temperatura T/Tc nel caso di 3 flavour. La diminuzione di ∆V con

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1.4. Collisioni nucleari ultra-relativistiche:caratteristiche generali 17

l’aumentare di T , indica che diventa sempre piu facile separare un sistemalegato qq di quark pesanti. Infatti gia a T ∼ 0.9 Tc la loro energia libera adistanza infinita e piu grande di solo 500 MeV rispetto a quella che hanno sesono separati da 0.2 fm (corrispondente al raggio della J/Ψ). Per questo ci siattende che, alla temperatura critica, gli stati legati di quark pesanti cc e bbsiano soppressi (vedi 1.6.7).

1.4 Collisioni nucleari ultra-relativistiche:

caratteristiche generali

Poiche ad energie ultra-relativistiche la lunghezza d’onda di de Broglie (λ =h/p = h/(mvγ)) dei nuclei e molto piu piccola rispetto alle loro dimensioni,le collisioni nucleari possono essere considerate come sovrapposizione di in-terazioni tra i singoli nucleoni e non una collisione tra nuclei intesi nella lorointerezza. Inoltre, dato che le forze tra i nucleoni hanno un raggio d’azionedi solo 1− 2 fm, lunghezza inferiore al raggio dei nuclei, e possibile introdur-re il modello molto semplificato rappresentato in Fig.1.8 per definire alcuniparametri dell’interazione.

Intanto e possibile dire che una collisione e centrale se il parametro d’im-patto b, definito come la distanza tra i centri dei due nuclei incidenti nelpiano trasverso all’asse dell’interazione, e prossimo a zero, mentre e possibiledefinire bmax ≃ Rbersaglio+Rproiettile il valore massimo che esso puo assumere,perche si abbia un’interazione.

Sperimentalmente, cio che si cerca di avere e una minimizzazione del nu-mero di nucleoni spettatori, cioe si vogliono delle collisioni il piu centralipossibile. In questo modo viene massimizzato il trasferimento di energia allamateria interagente, ovvero viene massimizzata la densita di energia, ottenen-do le condizioni piu favorevoli per la formazione del QGP. Per selezionare urticentrali occorre misurare osservabili fisiche correlate o anticorrelate al para-metro d’impatto (ovvero al numero di partecipanti ed alla densita di energiaraggiunta nella regione centrale), come la molteplicita di particelle seconda-rie prodotte, l’energia emessa in direzione trasversa e l’energia longitudinaleresidua.

Ricordiamo che una grandezza fondamentale per la parametrizzazione delmoto delle particelle nella direzione longitudinale e la rapidita:

y =1

2lnE + pLE − pL

, (1.4)

(con E=energia e pL= impulso longitudinale) che, per boost di Lorentz longi-tudinale, si trasforma in modo additivo. Come conseguenza, la distribuzione

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18 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

Figura 1.8: Visione molto schematica di un urto tra nuclei nel sistema delcentro di massa. A sinistra: due nuclei prima di una collisione. A destra i duenuclei dopo la collisione in cui i nucleoni spettatori continuano imperturbati illoro moto mentre quelli che sono nella regione di sovrapposizione geometricadei due nuclei interagiscono e originano una fireball, che e un sisteme forte-mente eccitato. Notiamo come i due nuclei siano contratti longitudinalmenteper effetto del boost di Lorentz.

di rapidita ha la stessa forma sia nel sistema del laboratorio che in quello delcentro di massa; cio che varia e solo il valore assoluto, che viene incrementatodella rapidita del centro di massa ovvero di:

yCM =1

2ln

1 + βCM1 − βCM

≃ ln 2γCM . (1.5)

Nel limite ultra-relativistico la rapidita viene approssimata dalla pseudo-rapidita

η =1

2lnp+ pLp− pL

= − ln[tan(θ/2)] , (1.6)

con θ l’angolo tra l’impulso della particella e l’asse del fascio. Se siamo nelsistema del centro di massa, la regione centrale dell’interazione ha rapiditacirca nulla, mentre i frammenti provenienti dai nuclei incidenti assumonoη opposte rispetto al valore posseduto prima dell’urto. La rapidita di unaparticella puo essere ricavata dalle seguenti relazioni:

sinh y =pLmT

cosh y =E

mT(1.7)

in cui mT e la massa trasversa definita da mT =√

m2 + pT , con pT impulsotrasverso.

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1.5. Interazioni tra ioni pesanti relativistici 19

1.5 Interazioni tra ioni pesanti relativistici

Una volta avvenuta la collisione, il sistema prodotto nell’interazione di io-ni pesanti relativistici attraversa tre distinte fasi: termalizzazione, espansio-ne e disaccoppiamento (vedi Fig.1.9), di cui si dara in seguito una brevedescrizione.

1.5.1 Prima della formazione del QGP

Prima della termalizzazione, cioe prima della formazione del QGP, si ha laproduzione di quark pesanti e jet, cioe di particelle di grande massa o adalto impulso trasverso (pT ≫ 1 GeV/c). In realta, in interazioni ad energiesufficientemente elevate come a RHIC o LHC, si puo assistere alla produ-zione di particelle ad alto impulso trasverso o massa elevata anche nelle fasisuccessive della collisione.

Sempre nelle fasi iniziali, vengono prodotti fotoni diretti, irradiati dalmezzo in cui sono presenti numerose cariche (quark e anti-quark). Tali fotonipossono essere reali o virtuali e, in questo caso, diventano osservabili graziealla produzione di dileptoni cioe coppie di leptoni di segno opposto. In quantogenerati nelle fasi iniziali della collisione, sarebbero molto utili per ricostruirela distribuzione in impulso dei quark (e anti-quark) che li hanno prodottie, piu in generale, le proprieta delle fasi iniziali stesse, se non fosse che emolto difficile rivelarli a causa del fondo di fotoni e leptoni prodotti nelle fasisuccessive. Si stima che questa prima fase abbia una durata di circa 1 fm/c(∼ 0.3 · 1023 s).

1.5.2 Termalizzazione, Espansione ed Adronizzazione

Nelle collisioni nucleo − nucleo, le particelle prodotte nelle collisioni prima-rie non lasciano la zona dell’interazione, ma continuano ad interagire tra diloro producendo una zona ad alta densita di materia ed energia da cui saraoriginato il QGP (in tempi inferiori a 0.1 ÷ 0.3 fm/c).

A causa di tali interazioni, si ha una ripartizione dell’energia che portaalla fase di termalizzazione in cui si ha un completo equilibrio termico.

Grazie allo scattering anelastico si ha anche una ridefinizione delle ab-bondanze relative tra gluoni, quark up, down e strange. Dobbiamo inclu-dere, in questo caso, anche lo strange, nonostante la sua massa effettivams = 450MeV/c2 sembrerebbe renderne poco probabile la produzione. Que-sto perche, all’energia di formazione del QGP, per effetto della reintroduzionedella simmetria chirale ci si aspetta che la massa del quark s si approssimi

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20 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

Figura 1.9: Evoluzione di una collisione nucleo − nucleo ad energie ultra-relativistiche. Sia lo spazio che il tempo sono rappresentati nel sistema delcentro di massa dell’interazione e le iperboli rappresentano un tempo propriocostante (τ =

√t2 − x2).

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1.6. Osservabili del QGP 21

al valore della massa nuda ms ∼ 150 MeV/c2. A livello sperimentale, si do-vrebbe quindi notare un’incremento nel rate di produzione del quark s, e diconseguenza degli adroni strani, rispetto alle collisioni nucleone− nucleone.

A questo punto, data la pressione interna raggiunta dal sistema in equi-librio termico, ha inizio la fase di espansione della fireball con conseguenteriduzione sia della temperatura che della densita di energia: quando questaraggiunge nuovamente il valore critico εc ∼ 1 GeV/fm3, inizia l’adronizzazio-ne e la formazione dei primi stati legati. In questa fase, a fronte di una piccolavariazione della temperatura, che si mantiene approssimativamente costan-te intorno al valore critico Tc, si ha una rapida diminuzione della densita dienergia e un altrettanto rapido aumento del volume della zona di interazione.

1.5.3 Congelamento Chimico e Cinetico

Una volta avvenuta l’adronizzazione, si e in presenza di un gas di adroni an-cora in grado di interagire anche anelasticamente tra di loro: c’e cioe ancorala possibilita di una modifica della loro composizione in quark. Questo pro-cesso continua fino al cosiddetto freeze-out chimico, che si ha quando il ratedelle collisioni inelastiche diventa troppo basso per permettere un’ulterioreespansione e le interazioni avvengono ad un’energia troppo bassa per variarel’abbondanza delle diverse specie di adroni. Tuttavia, in questa fase, sono an-cora presenti interazioni elastiche, che possono influenzare le proprieta cine-matiche delle particelle prodotte. Infine, l’ultima fase che si incontra e quelladel freeze-out termico o cinetico, in cui le distanze tra gli adroni diventanomaggiori del range dell’interazione forte e le interazioni, anche elastiche, ven-gono soppresse. A questo livello, le distribuzioni cinematiche delle particellesono fissate.

1.6 Osservabili del QGP

In questo paragrafo saranno descritte le grandezze utilizzate per la carat-terizzazione delle proprieta globali del sistema prodotto in collisioni di ionipesanti relativistici e alcuni dei principali osservabili sperimentali legati allaformazione del QGP.

Le prime, che sono ad esempio il parametro d’impatto, la densita di ener-gia e l’entropia, sono quelle che possono essere determinate, in modo piu omeno dipendente dal modello, a partire da grandezze misurate come moltepli-cita delle particelle cariche, energia trasversa ed energia residua, e permettonodi definire le condizioni iniziali di una reazione tra ioni pesanti relativistici.

I secondi sono invece le indicazioni sperimentali che confermano in modo

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22 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

indiretto l’eventuale formazione di QGP. Questi ultimi vengono suddivisi indue gruppi a seconda della fase della collisione in cui sono stati originati:

• Soft probe: sono i segnali prodotti in istanti successivi della collisionee da interazioni a basso impulso trasferito. Questo tipo di osservabili,nonostante siano generati durante la fase di adronizzazione, conservanocomunque informazioni, anche se indirette, sulle proprieta della tran-sizione di fase e sulle caratteristiche del QGP. Sono ad esempio: spet-tri di particelle, incremento della stranezza, flusso radiale ed ellittico,correlazioni di particelle, fluttuazioni.

• Hard probe: sono i segnali prodotti nei primi istanti della collisione inseguito ad urti tra partoni ad alto impulso trasferito. Sono ad esempio:produzione di quark pesanti e loro stati legati (charmonio e bottomo-nio), jet quenching, fotoni e dileptoni termici.

Per evidenziare l’eventuale produzione di QGP, e quindi utilizzato unvasto numero di osservabili. Per parte di questi (soprattutto soft probe), unaproblematica sperimentale significativa e la loro estrazione dal fondo che siproduce dopo l’adronizzazione. E inoltre importante valutare se e in chemisura essi possono essere modificati dalle interzioni che avvengono durantela fase adronica.

1.6.1 Osservabili globali: densita di energia

La densita di energia (ε) raggiunta in una collisione tra ioni pesanti relati-vistici e il parametro fondamentale per stabilire se e avvenuta la transizionedi fase tra lo stato adronico e quello deconfinato. Precisiamo che si definiscela densita di energia come il rapporto tra l’energia associata alla massa inuna regione di spazio ed il volume della regione stessa con la condizione cheil momento totale della regione considerata sia nullo (in modo che ne vengagarantita l’invarianza se si varia il sistema di riferimento).

Nei regimi ultra-relativistici (√sNN > 100 GeV) le indicazioni su ε ven-

gono ricavate utilizzando una descrizione dinamica delle collisioni basata sulmodello di Bjorken [11]. Esso tratta le collisioni nell’ambito del modello idro-dinamico di Landau ma assumendo che esiste un plateau centrale nella pro-duzione inclusiva di particelle in funzione della rapidita ed esiste una regionecentrale di rapidita a numero barionico netto nullo.

In tale modello, i nuclei incidenti sono fortemente contratti per il boost diLorentz e vengono considerati come due dischi sottili (vedi Fig.1.10). Durantel’interazione essi sono quasi trasparenti l’uno all’altro per cui, dopo l’urto,si allontanano dal punto della collisione alla velocita della luce mantenendo

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1.6. Osservabili del QGP 23

costante il numero barionico posseduto inizialmente anche se con eventualimodifiche della loro struttura interna. Nella regione di rapidita centrale vienerilasciata una grande quantita di energia ma con contenuto barionico circanullo e la transizione di fase al QGP avviene per riscaldamento della materianucleare. Intorno a tale zona ci sono due regioni di frammentazione dovutealla presenza di barioni ad alti valori di |y|.

Figura 1.10: Geometria assunta dalle particelle prodotte durante le fasi ini-ziali della collisione ad un tempo t dopo l’interazione tra due nuclei quirappresentati come due piani. Tale schema e valido in ogni sistema di rife-rimento in cui i due nuclei hanno un’energia sufficientemente alta da esserecontratti longitudinalmente per il boost di Lorentz.

In generale, come si puo vedere dalla Fig.1.11, possono essere definite trediverse densita di energia corrispondenti a tre diverse fasi dell’evoluzione delsistema:

• la densita di energia iniziale che si ha quando i due nuclei incidenti sisovrappongono,

• la densita di energia alla formazione che e quella raggiunta al tempoproprio τform come conseguenza della formazione di particelle seconda-rie,

• la densita di energia alla termalizzazione che si ha al tempo proprioτterm quando e raggiunto un equilibrio termico locale.

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24 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

Figura 1.11: Andamento qualitativo della densita di energia in funzione deltempo come dedotto dalla trattazione dinamica di Bjorken della collisionetra nuclei.

E percio necessario sapere come ε puo essere dedotta a partire dalla molte-plicita di particelle cariche e dall’energia trasversa.

Densita di energia iniziale

Indica la densita di energia (ε) raggiunta nella zona di sovrapposizione trai due nuclei incidenti al momento della collisione. Nel caso in cui ognuno diessi abbia una densita di energia a riposo ρ0, vale ε = 2ρ0γ

2. Ad esempio,alle energie massime raggiunte a RHIC γ = 106 per cui, assumendo ρ0 =0.14GeV/fm3, si ottiene ε = 3150GeV/fm3 che e molto grande se confrontatacon ε ∼ 1GeV/fm3. In realta tale energia non e realistica in quanto si avrebbesolo nel caso in cui non ci fossero interazioni tra i nucleoni dei due nuclei. Sele interazioni tra i nucleoni fossero solo elastiche, cioe non ci fosse produzionedi particelle secondarie, l’alta densita di energia sarebbe mantenuta su tuttoil volume per un tempo massimo di t = 2R/γ con R raggio a riposo delnucleo, dopo di che tornerebbe al piccolo valore iniziale ρ0. Ad esempio, perR = 7 fm, raggio di un nucleo d’oro, a RHIC si ottiene t = 0.13 fm/c.

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1.6. Osservabili del QGP 25

Densita di energia alla formazione

Se ci si vuole riferire ad un’interazione realistica, bisogna considerare il casodi un urto in cui si abbia produzione di particelle. Nel caso di energie ultra-relativistiche (per il quale abbiamo detto e necessario utilizzare il modellodi Bjorken), la regione di sovrapposizione tra i due nuclei incidenti e moltosottile e dura per un tempo molto breve, per cui e possibile considerarele particelle secondarie come irradiate da un disco molto sottile, tutte allostesso istante. Facendo sempre riferimento alla Fig.1.10, la zona per la qualee rilevante definire la densita di energia e quella di spessore 2d 5 che contienele particelle secondarie prodotte a rapidita centrale.

In generale percio, la densita di energia al momento della formazione τforme determinata [6] dal volume V = ∆z · A, con A sezione trasversa dei nucleiincidenti, e dal numero di particelle in esso contenute ∆N , che sono quellecon velocita 0 ≤ βz ≤ ∆z

τform. In particolare ∆N vale:

∆N =

∫ ∆Zτform

0

dN

dβzdβz ∼=

∆z

τform

dN

dβz=

∆z

τform

dN

dy(1.8)

poiche a rapidita circa nulle y → βz. Inoltre, l’energia media di ogni particellapuo essere approssimata alla sua massa trasversa mt =

m2 + p2T in quanto

siamo in regioni con rapidita circa nulla. In definitiva:

〈ε(τform)〉 =∆N〈mt〉

∆zA=

∆z

τform

dN

dy

〈mt〉∆zA

=1

τformA

dEt(τform)

dy. (1.9)

L’espressione ottenuta

εBj =1

τformA

dEt(τform)

dy(1.10)

e la densita di energia di Bjorken, che vale se il tempo di formazione puoessere definito e se τform ≫ 2R/γ.

Vediamo come si puo definire il tempo di formazione.

Per il principio di indeterminazione, la formazione di una particella si haa t = ~

mtdopo la sua creazione. Percio, definendo come tempo di formazione

medio τform = ~/〈mt〉, il problema si sposta alla determinazione della massatrasversa media, che puo essere valutata studiando la distribuzione, per unitadi rapidita, dell’energia trasversa e della molteplicita di particelle prodotte

5Regione contenuta tra due dischi che rappresentano i due nuclei contratti per il boost

di Lorentz che si allontanano dalla zona di interazione.

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26 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

negli stati finali in quanto vale:

〈mt〉 =

[

dEt(τform)

dy

]

[

dN(τform)

dy

]

∼=

(

dEt

)

(

dNdη

) . (1.11)

In termini di pseudorapidita e distribuzione di particelle cariche a rapiditacentrale, si ha percio:

εBj =〈mt〉Aτform

dNch

dηfneutftras (1.12)

dove fneut e la correzione per le particelle neutre e ftras e per correggere latrasformazione da pseudorapidita a rapidita.

Come si puo vedere dalla Fig.1.12, il rapporto tra la distribuzione di ener-gia trasversa e la distribuzione della densita di particelle cariche entrambe intermini della pseudorapidita vale 0.85GeV all’energia massima, circa indipen-dente dalla centralita. Si ha una sostanziale indipendenza anche dall’energiadei fasci in quanto, a fronte delle variazione di un ordine di grandezza del-l’energia (da

√sNN = 200 GeV a

√sNN = 19.6 GeV), il rapporto passa da

0.85 GeV a 0.7 GeV. Per cui, considerando dNCH/dη = (2/3)dN/dη, mt ∼0.57GeV e τform ∼ 0.35 fm/c per collisioni Au−Au con

√200 GeV a RHIC.

Tale valore risulta > 2R/γ. Con questo valore per τform e dET/dη = 600GeVsi ottiene ε = 15 GeV/fm3, che sembrerebbe essere un valore sufficiente pergarantire l’esistenza della transizione di fase.

Si osservi inoltre che, poiche non esistono meccanismi che aumentanol’energia trasversa durante il processo di collisione rispetto i valori iniziali, ivalori ottenuti sono solo una sottostima di quelli reali.

Densita di energia alla termalizzazione

La densita di energia appena calcolata non e pero ancora quella strettamenteconnessa alla realizzazione di una transizione di fase, in quanto considera unsistema in cui sono state prodotte particelle secondarie, ma che non e ancoraall’equilibrio termico. Per raggiungerlo, le particelle devono iniziare ad inte-ragire e/o irradiare. Se il processo di termalizzazione e abbastanza rapido,la densita di energia sara sempre descritta dall’equazione di Bjorken sosti-tuendo pero τform con τterm. Una volta raggiunto l’equilibrio termodinamico,nelle fasi successive il sistema evolve idrodinamicamente e l’andamento diε(t) dipende fortemente dal valore delle equazioni di stato.

Per determinare τform, e necessario in principio avere una descrizione det-tagliata sia delle interazioni partone-partone che dell’evoluzione della densita

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1.6. Osservabili del QGP 27

Figura 1.12: Rapporto tra la distribuzione di energia trasversa e la distri-buzione della densita di particelle cariche, per unita di pseudorapidita, infunzione della centralita (espressa in termini del numero di nucleoni parte-cipanti alla reazione) per tre diverse energie a RHIC. Le misure sono statefatte per regioni di pseudorapidita centrale e per collisioni Au− Au.

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28 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

del sistema. Stime qualitative del suo valore possono pero essere inferite dallostudio di dati sperimentali ed, in particolare, dal flusso ellittico a RHIC.

In un contesto idrodinamico, il flusso ellittico e generato dall’anisotropiaspaziale della densita di energia nel piano trasverso al momento dell’equilibriotermico. Se l’entita delle interazioni tra le particelle secondarie e inizialmenteforte, l’equilibrio e anticipato e l’anisotropia che da’ origine al flusso ellitticoe piu forte viceversa, se l’entita delle interazioni tra le particelle secondarie einizialmente debole, l’equilibrio e ritardato e l’anisotropia che da’ origine alflusso ellittico e piu debole .

Sulla base dei dati sperimentali di RHIC, i modelli idrodinamici implicanotempi di termalizzazione piuttosto brevi, tra 0.6 e 1.0 fm/c, per cui la corri-spondente densita di energia (raggiunta in collisioni Au−Au a

√s = 200GeV

a RHIC) risulta essere compresa tra 5.4 e 9.0 GeV/fm3 comunque sopra illimite di 1 GeV/fm3 necessario per la transizione di stato.

Per cui abbiamo visto come le distribuzioni di particelle cariche e del-l’energia trasversa, unite alle stime del tempo di termalizzazione, forniscanoindicazioni sulla formazione del QGP a RHIC.

1.6.2 Distribuzione in molteplicita di particelle cariche

Come abbiamo detto, e possibile ottenere importanti informazioni sulla col-lisione tra ioni pesanti relativistici tramite misure della molteplicita totaledi particelle cariche, la sua distribuzione in pseudorapidita e la sua dipen-denza dalla centralita della collisione e dall’energia. Riportiamo percio diseguito alcuni dei risultati ottenuti dagli esperimenti a SPS ed RHIC. PerALICE esistono ovviamente solo delle simulazioni e delle previsioni basatesu estrapolazioni dei dati citati sopra.

Caratteristiche generali

Osservando la Fig.1.13 a) [12], e possibile vedere alcune caratteristiche fon-damentali della distribuzione di particelle cariche in funzione della pseudora-pidita η ad alte energie: si ha una regione approssimativamente piatta nellazona di rapidita centrale (estesa in questo caso fino a |η < 2|), seguita dauna regione fortemente decrescente per alti valori di η (in valore assoluto).

L’interesse nel determinare il valore di dNch/dη nella zona di rapiditacentrale (|η| < 1) sta nel fatto che tali particelle sono, in media, quelle a piualto impulso trasverso, cioe quelle emesse nelle fasi iniziali dell’interazione.Le misure di dNch/dη a rapidita centrale possono anche essere utilizzate perottenere una stima della densita di energia raggiunta dall’interazione nellafase di termalizzazione, come abbiamo visto nella formula 1.12.

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1.6. Osservabili del QGP 29

Figura 1.13: Distribuzione di particelle cariche per collisioni centrali Au −Au a

√sNN = 200 GeV a RHIC. a) Densita di pseudorapidita dNch/dη in

funzione di η. b) Distribuzione angolare corrispondente dNch/dθ in funzionedi θ (angolo relativo all’asse del fascio). c) dNch/dΩ in funzione di θ. Leregioni ombreggiate indicano gli angoli in cui il momento traverso e maggioredi quello longitudinale.

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30 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

Dipendenza dall’energia

Un’altra proprieta della densita di particelle cariche nella regione di rapi-dita centrale e la sua dipendenza dall’energia della collisione che, a livelloempirico, puo essere descritta da una parametrizzazione di tipo logaritmico.

Figura 1.14: Densita di particelle cariche nella regione di rapidita centrale infunzione dell’energia della collisione [12]. Dati ottenuti in collisioni Au−Au aRHIC (cerchi), in collisioni Pb−Pb a SPS (quadrati) e in collisioni Au−Aua bersaglio fisso ad AGS (rombi). dNch/dη (η = 0) e diviso per il numerodi coppie che partecipano all’interazione (Npart/2) per eliminare le differenzetra Pb− Pb ed Au−Au.

In particolare, in Fig.1.14, la curva rappresenta l’equazione

dNch(|η| < 1)

2

〈Npart〉= 0.77 ln

√sNN − 0.31 . (1.13)

Sempre in Fig.1.14, le righe orizzontali rappresentano le previsioni teo-riche ottenute per la molteplicita carica a rapidita centrale per collisioni aRHIC a

√sNN = 200 GeV tramite diversi modelli che descrivono le intera-

zioni nucleo− nucleo. I dati sperimentali cadono nella parte piu bassa delle

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1.6. Osservabili del QGP 31

previsioni mostrando forti discrepanze con la maggior parte dei modelli ri-portati. Prima dell’analisi dei dati sperimentali ottenuti a RHIC, si pensavainfatti che i mini-jet dovessero essere il canale principale per la produzionedi particelle. Ci si attendeva quindi un andamento della molteplicita caricaproporzionale al numero di collisioni binarie (Ncoll) tra nucleoni piuttostoche proporzionale al numero di coppie di partecipanti (Npart) in cui Ncoll puoessere anche molto maggiore di Npart data la possibilita di ogni nucleone diinteragire piu volte. Dato il rapido incremento di Ncoll con l’energia del centrodi massa, il modello a mini-jet prevede un aumento molto rapido della mol-teplicita carica in termini di

√sNN . Tale aumento si e rivelato essere troppo

elevato una volta confrontato con i dati sperimentali ottenuti da RHIC, inter-pretabili in termini di una dipendenza della distribuzione della molteplicitacarica da Npart.

E possibile percio vedere come dNch/dη sia una grandezza che permettedi confermare o meno alcuni modelli di descrizione delle interazioni tra ionipesanti relativistici.

Figura 1.15: Densita di rapidita di particelle cariche per coppie di partecipantiin funzione dell’energia del centro di massa per collisioni p− p ed A−A.

Per ora pero, nessun modello teorico riesce a riprodurre in maniera sod-disfacente l’andamento di dNch/dη con l’energia di collisione.

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32 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

In Fig.1.15 [14] sono riportati i dati sia per collisioni p−p che per collisioniA − A. I dati relativi a p − p sono ben interpolati con la linea continuadi equazione ρch(y = 0) ∼ 0.049 ln2 √s + 0.046 ln

√s + 0.96. I dati A − A

sono interpolati con diverse curve: la linea tratteggiata rappresenta un fit di0.68 ln(

√s/0.68), quella punteggiata di 0.7+0.028 ln2 s che fornisce una buona

descrizione dei dati per energie inferiori o uguali a quelle di RHIC e prevede1500 particelle cariche ad LHC, mentre quella a tratti lunghi segue il modelloa saturazione [15]. Come si puo osservare, anche se alcune di queste curveinterpolano abbastanza bene i dati fino ad ora disponibili, quando estrapolateall’energia di LHC portano a previsioni di molteplicita non compatibili traloro per cui solo i dati sperimentali potranno indicare se e quale di queste ela piu corretta (cioe si potra vedere se l’andamento di dNch/dη e ∼ ln

√s o

∼ ln2 √s o segue una legge di potenza come√sα). Il fatto che dNch/dη, ad

energia fissata, sia molto maggiore per il caso A−A rispetto a p−p, anche senormalizzato al numero di coppie di nucleoni partecipanti, puo essere spiegatodal fatto che l’energia nel centro di massa per collisioni p − p non e quellache viene effettivamente impiegata per la produzione di particelle in quantocirca il 50% di questa e assorbita dalle leading particle. Cio non e possibilenel caso di collisioni ione−ione a causa delle interazioni successive a cui sonosoggette le particelle incidenti.

Dipendenza dalla centralita della collisione

Dalla figura 1.16 [12] e possibile vedere la dipendenza dalla centralita del-l’urto, ovvero dal parametro di impatto (variando il quale cambia il volumedell’interazione), di dNch(|η| < 1)/dη scalato per il numero di coppie di par-tecipanti (punti neri) per 200 GeV (sinistra) e 19.6 GeV (destra). La lineatratteggiata indica il valore estrapolato da collisioni pp e (pp). E possibileosservare due proprieta di dNch(|η| < 1)/dη. Nel caso di collisioni Au − Au,la molteplicita carica normalizzata per il numero di partecipanti non corri-sponde al valore assunto nel caso di collisioni p − p ma e presente un offsetin quanto, come detto precedentemente, in queste ultime, solo circa il 50%dell’energia a disposizione viene utilizzata per la produzione di particelle. Insecondo luogo, dNch(|η| < 1)/dη cresce, anche se lentamente, all’aumentaredi Npart, per cui la molteplicita carica non risulta essere solamente propor-zionale al numero di coppie di partecipanti ma mostra anche una piccoladipendenza da Ncoll che cresce con la centralita dell’urto.

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1.6. Osservabili del QGP 33

Figura 1.16: dNch(|η| < 1)/dη scalato per le coppie di partecipanti in funzionedella centralita (〈Npart〉) per Au−Au a 200GeV (sinistra) e 19.6GeV (destra).I due quadrati rappresentano i valori per p − p (p − p) a 200 (19.6) GeVmentre la linea continua rappresenta le previsioni basate sul modello a mini-jet ovvero un andamento di dNch/dη proporzionale al numero di collisioniNcoll.

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34 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

Caratteristiche della distribuzione di dNch/dη

Dalla Fig.1.17 [12] che mostra l’evoluzione della forma di dNch/dη con l’ener-gia e possibile notare che: 1) il plateau aumenta con l’energia sia in altezzache in larghezza e 2) anche l’estensione della regione esterna al plateau cre-sce con l’energia, sebbene la pendenza resti circa costante. Il fatto che, a

Figura 1.17: Forma della densita di pseudorapidita dNch/dη in funzione di ηper collisioni centrali Au− Au a 19.6, 130 e 200 GeV

fronte di un aumento di un ordine di grandezza dell’energia della collisione,l’altezza del plateau cresca solo di un fattore 2 deriva dal rapido incrementodell’energia di una particella (E =

m20 + p2

t cosh2 η) con η. Di conseguenza,l’aumento dell’energia disponibile che si ha aumentando l’energia del fascio,si converte nell’incremento della larghezza della distribuzione.

Molteplicita totale

L’ultima considerazione che vogliamo fare e sulla molteplicita totale. Co-me si puo notare dalla figura 1.18 [12] il numero totale di particelle caricheprodotte cresce con la centralita della collisione mentre, quando viene nor-malizzato al numero di partecipanti, resta costante ad un valore maggiore diquello ottenuto con i dati pp nonostante dN/dη||η|<1/〈Npart/2〉 aumenti conla centralita. Questo significa che la larghezza della distribuzione diminui-sce per mantenere l’area costante come si puo vedere dagli ultimi tre grafici

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1.6. Osservabili del QGP 35

Figura 1.18: Nel pannello superiore e riportata la molteplicita totale di par-ticelle cariche in funzione della centralita 〈Npart〉 per tre energie diverse. Inquello centrale sono riportrati gli stessi valori ma rinormalizzati a 〈Npart〉/2.Nel terzo e riportata la larghezza a meta altezza (FWHM) della distribuzio-ne di dNch/dη. Le linee riportano i risultati ottenuti con simulazioni Monte-Carlo tramite HIJING [49], i quadrati corrispondono a collisioni p − p e irombi sono estrapolazioni a 19.6 GeV di dati p− p.

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36 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

della stessa figura. Si puo anche notare come FWHM aumenti al cresceredell’energia come si e visto nella Fig.1.17.

1.6.3 Soft probe: rapporti di particelle

Tramite lo studio del rapporto tra i tassi di produzione di diverse specie diadroni si possono ottenere informazioni sul sistema che si forma in collisionitra ioni pesanti relativistici al momento del freeze-out chimico cioe quandosono fissati i rapporti tra le diverse specie di particelle6. Tali rapporti possonoessere descritti tramite modelli statistici i cui parametri sono la temperaturadi freeze-out chimico (Tch), i potenziali chimici dei quark u, d, s (µ) ed ilfattore di saturazione della stranezza γs

7.

A RHIC sono stati misurati molti rapporti di particelle (adroni stranicompresi) in collisioni Au−Au a

√sNN = 130 GeV e

√sNN = 200 GeV.

Come mostrato nel grafico a destra in Fig.1.19, in cui si fa riferimento acollisioni a

√sNN = 200 GeV, si osserva un accordo tra i dati sperimentali

misurati a rapidita centrali ed i punti calcolati tramite il modello descritto in[28]. Sulla figura sono indicati anche i valori ottenuti per i diversi parametri.Notiamo un valore piccolo ma diverso da 0 per µq che indica una densitabarionica netta piccola ma non nulla nella regione di rapidita centrale inaccordo col fatto che, per collisioni tra ioni pesanti relativistici a RHIC edLHC, si assume un potenziale chimico prossimo a zero. Il parametro µs einvece, come previsto, consistente con zero in quanto la stranezza iniziale delsistema e nulla ed essa deve essere conservata nelle interazioni forti. Ancheγs risulta consistente con zero.

Studiando i rapporti di particelle in funzione della centralita (indicatain termini del numero medio di partecipanti alla collisione Ncoll), si osservache, come si puo vedere dal grafico a sinistra in Fig.1.19, Tch, µq, µs sono co-stanti con la centralita mentre γs cresce rapidamente fino a Npart ∼ 150 perpoi aumentare piu lentamente tendendo a 1 8. Il parametro γs e stato intro-dotto per tenere conto della possibilita che le particelle strane non riescanoa raggiungere completamente l’equilibrio chimico e che quindi il loro tassomisurato sia inferiore a quello previsto per un completo equilibrio (γs = 1

6Le informazioni sono relative al freeze-out e non al momento del raggiungimento del-l’equilibrio termico perche, in tale caso, si dovrebbero utilizzare i dati di particelle nonadroniche come i fotoni che, una volta prodotti, non interagiscono piu con la materiacircostante.

7Essi possono essere determinati tramite procedure di minimizzazione che adattano ilmodello statistico ai dati.

8Solo in collisioni centrali Au−Au a RHIC si raggiunge l’equilibrio anche per gli adronistrani; ad esempio ad SPS γs ∼ 0.5.

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1.6. Osservabili del QGP 37

Figura 1.19: A sinistra e riportato l’andamento con la centralita dei parametriTch, µq, µs e γs. A destra e riportato il confronto tra dati e punti calcolatitramite il modello descritto in [28] per i rapporti di particelle per collisionicentrali (Npart = 317) Au − Au a

√sNN = 200 GeV. Il grafico in basso

rappresenta la differenza dei rapporti misurati rispetto a quelli previsti dalmodello normalizzati all’errore sperimentale((rexp − rmodel)/∆rexp).

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38 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

significa equilibrio completo mentre γs < 1 per equilibrio parziale). I model-li termodinamici utilizzati possono infatti descrivere anche le abbondanze diadroni osservate in collisioni p−p, e+−e− e p−A, per cui i valori ottenuti perTch e per i potenziali chimici non e detto che rappresentino le proprieta ter-modinamiche di un sistema all’equilibrio termico e chimico. Per riconoscerel’eventuale raggiungimento di quest’ultima condizione, e necessario osservarele differenze che si hanno passando da un’interazione tra due partoni ad unatra due nuclei, ad esempio studiando l’andamento con la centralita del fattoreγs.

1.6.4 Soft probe:spettri di particelle

Lo studio dello spettro degli adroni in funzione dell’impulso trasverso pTpermette di ottenere informazioni sul sistema prodotto da collisioni tra ionipesanti relativistici al momento del freeze-out cinetico ovvero quando sonoterminate le collisioni elastiche tra gli adroni. Come per i rapporti di par-ticelle, lo spettro viene interpretato in termini di un modello idrodinamico[29] che, questa volta, descrive il moto trasverso tramite due parametri cheriflettono la componente casuale e collettiva del moto. Il primo parametroe legato alla temperatura di freeze-out cinetico (Tfo) mentre il secondo allavelocita del flusso radiale (〈vT 〉) che trae origine dal gradiente di densita dimateria che si ha passando dalle regioni centrali a quelle periferiche dellafire-ball prodotta nella collisione [30].

In Fig.1.20 [6] e riportata la distribuzione in impulso trasverso per pioni,kaoni, protoni ed antiprotoni in collisioni Au−Au a

√sNN = 200GeV a RHIC

per due diverse regioni di centralita. Si puo notare come tale distribuzioneabbia un andamento sostanzialmente esponenziale. Si e infatti stimato che,nel caso della formazione di una fase deconfinata all’equilibrio termico, ladistribuzione degli spetti di particelle debba assumere un’andamento del tipo:

dN

mTdmTdy∝ √

mT e−

mTT (1.14)

in cui mT e la massa trasversa definita come mT =√

m2 + p2T , in cui m

e la massa a riposo mentre pT e l’impulso trasverso. Il valore di T che siricava dall’esponenziale non e propriamente quello del mezzo al freeze-outcinetico (Tfo) in quanto questo si espande con un flusso radiale medio divelocita 〈vT 〉. In particolare, per alti valori di massa trasversa (mT ≫ m)

vale T ∼ Tfo

1+〈vT 〉1−〈vT 〉

, mentre nel limite non relativistico (pT ≪ m) vale

T = Tfo + 1/2m〈vT 〉2. Si e osservato inoltre che, aumentando la centralitadella collisione, Tfo decresce mentre il flusso collettivo aumenta.

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1.6. Osservabili del QGP 39

Figura 1.20: Distribuzione in impulso trasverso di pioni, kaoni, protoni edantiprotoni in collisioni Au−Au a

√sNN = 200 GeV a RHIC centrali (alto)

e periferiche (basso).

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40 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

1.6.5 Soft probe: aumento della stranezza

Uno dei primi segnali previsti come indicazione della formazione del QGPe l’aumento della stranezza nelle interazioni tra ioni pesanti relativistici ri-spetto a quelle tra nucleoni o ioni leggeri, ovvero un aumento, nei prodottidella collisione, di adroni contenenti uno o piu quark (anti-quark) s (s). Nelleinterazioni tra nucleoni e tra nuclei leggeri la creazione di quark s e soppressaa causa della grande massa “effettiva” rispetto a quella dei quark u e d. Inpresenza di QGP, invece, si ha una grandissima densita di gluoni alcuni deiquali possono dare origine a coppie ss tramite processi di fusione gluonica(gg → ss, se

√s > 2ms). Tali processi sono favoriti sia dal fatto che la mas-

sa del quark s, a seguito del ripristino della simmetria chirale, diventa piuprossima a quella “nuda” (ms ∼ 150MeV, minore della temperatura critica),sia dal fatto che l’abbondante presenza di quark u e d nella fase iniziale delQGP tende a impedire l’ulteriore produzione di stati identici per il principiodi Pauli.

L’incremento della stranezza risulta anche essere un eccellente segnale dalpunto di vista sperimentale, grazie al tempo di decadimento relativamentelungo delle interazioni deboli e alla conservazione della stranezza nelle in-terazioni forti. Quest’ultima proprieta si manifesta con la produzione, nellafase di adronizzazione, di un numero di particelle strane (mantenendo la sim-metria tra barioni e anti-barioni strani) superiore a quello che si avrebbe sela reazione non fosse passata attraverso la fase di plasma, e l’incremento etanto maggiore quanto piu alto e il numero di quark s (o s) in esse contenu-ti. Inoltre tale incremento risulta anche essere legato al numero di nucleonipartecipanti alla collisione.

La simmetria tra barioni e antibarioni strani, l’incremento del tasso diproduzione con il contenuto in stranezza e con la centralita della collisio-ne sono stati studiati sia a SPS (esperimenti WA97, NA57) che a RHIC(esperimento STAR).

In Fig.1.21 sono mostrati i dati ottenuti da WA97 [17]. In ordinata vieneriportato l’incremento del tasso di produzione a rapidita centrale di barionistrani in interazioni Pb−Pb a

√sNN = 17.2 GeV rispetto a quello osservato

in interazioni p− Pb:

E =

(〈Y ield〉〈Npart〉

)

Pb−Pb

/

(〈Y ield〉〈Npart〉

)

p−Pb

(1.15)

normalizzato al numero medio di nucleoni partecipanti 〈Npart〉. Notiamo comea sinistra sono riportate le particelle che contengono quark di valenza incomune con quelli presenti originariamente nel sistema interagente (h− ∼du, Λ = uds, Ξ− = dss e K0

s per la quale contribuiscono ds e ds) mentre

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1.6. Osservabili del QGP 41

Figura 1.21: Incremento nella produzione di stranezza in funzione del numerodi nucleoni partecipanti alla collisione Npart (ovvero della centralita) misuratoda WA97.

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42 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

a destra quelle che non ne contengono (Λ = uds, Ξ+ = sss, Ω− = sss,

ω+ = sss). Come previsto E(Ω− + Ω+) > E(Ξ

+) > E(Λ) e E(Ξ) > E(Λ) >

E(h−) e l’incremento massimo e di un fattore ∼ 15. E possibile anche notarecome, nel range di partecipanti alla collisione studiato, ovvero Npart > 100,sembra che il tasso di produzione aumenti proporzionalmente a Npart. Infine,il discostarsi di E dall’unita indica che la collisione Pb − Pb non e unaperfetta sovrapposizione di collisioni elementari N − N (e stato mostratoche il confronto della produzione di stranezza con eventi p−Pb piuttosto chep− p non comporta variazioni importanti). Infatti, come detto all’inizio delparagrafo, diventano importanti altri processi per la produzione di stranezzaprobabilmente legati alla transizione di fase.

Figura 1.22: Incremento nella produzione di stranezza in funzione del numerodi nucleoni partecipanti alla collisioneNpart (ovvero della centralita). I simbolipieni rappresentano i dati ottenuti da collisioni Au−Au a

√sNN = 200GeV a

RHIC, mentre quelli vuoti rappresentano i dati ottenuti da collisioni Pb−Pba√sNN = 17.3GeV da NA57, entrambi per rapidita centrali. I dati di RHIC

sono rapportati a collisioni p− p mentre quelli di NA57 a collisioni p− Be.(Per maggiori dettagli vedi [18]).

In Fig.1.22 e riportato l’incremento del tasso di produzione, a rapiditacentrale, di barioni strani misurato da RHIC (simboli pieni) [19] e da NA57

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1.6. Osservabili del QGP 43

(simboli vuoti) [20]. Facendo un confronto con la Fig.1.21, per i dati di RHICsi osserva ancora un eccesso nella produzione di adroni strani (E > 1) masembra che l’incremento non scali piu linearmente con Npart ma abbia unadipendenza piu forte. (L’andamento della produzione di p che ha una dipen-denza lineare da Npart e riportato a titolo di confronto.) Lo stesso comporta-mento si osserva nei risultati ottenuti da un altro esperimento di SPS, NA57,che e quindi in disaccordo con quello ottenuto da WA97. Ulteroriori dati aRHIC, ed in futuro a LHC, permetteranno di chiarire questa discrepanza.

Un altro dato da spiegare e il fatto che l’incremento nella produzionedi stranezza sia simile sia a RHIC che a SPS, quando i modelli teorici neprevedono una diminuzione con l’aumento dell’energia.

1.6.6 Hard probe: produzione di quark pesanti

I quark pesanti (c e b) sono prodotti nelle collisioni iniziali tra i partoniincidenti, principalmente tramite fusione gluonica. Di conseguenza, la lorosezione d’urto e fortemente dipendente dalla densita di gluoni nelle fasi ini-ziali dell’interazione. Essendo prodotti in coppie, si possono produrre statiQQ, oltre che Qq e Qq dove Q = c, b mentre q = u, d, s. I primi stati sonointeressanti in quanto permettono di analizzare l’effetto del QGP su di unostato legato di quark pesanti, ed in particolare sulla J/ψ (vedi 1.6.7), men-tre i secondi (open charm ed open bottom) permettono di studiarne l’effettosul tasso di produzione dei quark pesanti e sulla loro perdita di energia nelmezzo.

A RHIC, sono stati effettuati numerosi studi sui mesoni charmati D.Sperimentalmente, i mesoni D possono essere identificati sia tramite il lorodecadimento adronico in pioni e kaoni sia tramite quello elettronico. Nelprimo caso, a causa della breve vita media, a RHIC non e possibile unaricostruzione diretta del vertice di decadimento, per cui e necessario il calcolodella distribuzione della massa invariante di tutti i pioni e kaoni rivelati inquanto, una volta sottratto il fondo, dovrebbe fornire il tasso di produzionedei mesoni D. I problemi relativi a questo metodo sono che il rapporto didecadimento nel canale adronico (K, π) e piccolo (∼ 4%) e l’identificazionee possibile solo a bassi impulsi trasversi (pT ). Per estendere l’identificazionedei mesoni D a pT maggiori, occorre utilizzare il canale di decadimento semi-leptonico. In questo caso, il fondo maggiore per il segnale di singolo elettroneviene dagli e− fotonici ovvero quelli prodotti in conseguenza della conversionedei fotoni per l’interazione con il materiale del rivelatore e quelli prodotti daldecadimento Dalitz del π0.

In Fig.1.23 [19] e riportato l’andamento con l’energia della sezione d’urtoσNNcc di produzione di cc per interazione N − N misurata da diversi esperi-

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44 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

menti. Si puo osservare come il comportamento di σNNcc con l’energia, sia lostesso sia in sistemi in cui e presente uno stato deconfinato, sia in sistemi incui questo e assente (ad esempio p− p).

Figura 1.23: Andamento con l’energia della sezione d’urto di produzione dicc per interazione N −N misurata da diversi esperimenti.

Interessanti sono anche i dati di singolo elettrone ottenuti da PHENIX[27]. PHENIX ha misurato il tasso di produzione di singolo elettrone dasorgenti non fotoniche in collisioni Au − Au a

√sNN = 130 GeV e

√sNN =

200 GeV. Supponendo che il decadimento semi-leptonico del charm sia lasorgente dominante di questo segnale per pT < 3GeV/c, la produzione totaledi charm puo essere determinata dal suo integrale sull’impulso. Come si puovedere dalla Fig.1.24, il tasso di produzione di elettroni dal decadimento delcharm dipende linearmente dal numero di collisioni (Ncoll).

Cio indica che gli effetti del sistema prodotto in collisioni A−A a RHICsul charm come la perdita di energia, ne influenzano le proprieta dinamichema non la produzione.

Alle energie disponibili a LHC, anche la sezione d’urto per la produzionedel quark b e rilevante per cui ad ALICE sara possibile lo studio sia deisistemi legati bb, sia degli open bottom. Inoltre, la presenza di un rivelatore amicrovertice (ora assente a RHIC), permettera un incremento del rapportosegnale-rumore legato all’identificazione degli adroni contenenti quark b o c.

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1.6. Osservabili del QGP 45

Figura 1.24: Segnale di singolo elettrone non-fotonico per 0.8 < pt < 4GeV/cdominato dal decadimento semi-leptonico del charm misurato in collisioniAu − Au a

√sNN = 200 GeV scalato per il numero di collisioni in funzione

di Ncoll. Per riferimento e mostrato anche il valore ottenuto in collisioni p−psempre a

√sNN = 200 GeV.

1.6.7 Hard probe: la soppressione anomala del char-

monio

I quark pesanti b e c, a differenza del quark s, possono essere prodotti solonella fase iniziale della collisione e non durante la fase di plasma in quantola loro massa e superiore alla temperatura raggiunta alla termalizzazione.Questo significa che sono presenti nel QGP9 ma in quantita fissata prima dellasua formazione. Di seguito analizziamo l’effetto del QGP su di un particolarestato legato di quark pesanti, la J/ψ [22].

La J/ψ e uno stato legato di quark cc con un raggio molto piccolo (r ∼0.2 fm) e fortemente legato (E ∼ 659MeV) percio molto compatto, prodottonelle collisioni nucleari in seguito a processi di fusione del tipo gg → cce di annichilazione qq → cq. La sua sezione d’urto inelastica sugli adroniJ/ψ + h → D + D (con D ed D stati opencharm) e molto piccola, percioe fondamentalmente trasparente ad un gas adronico. In presenza di QGPpero, il legame tra c ed c e piu debole per cui la J/ψ puo scindersi nei quarkcostituenti.

Dovrebbe quindi essere evidente nelle collisioni tra ioni pesanti relativi-stici (in cui e possibile stimare il numero di interazioni elementari N-N) unasoppressione anomala di tale stato legato rispetto alle J/ψ prodotte in un

9Essendo prodotti in coppie, si possono produrre stati QQ oltre che Qq e Qq doveQ = c, b mentre q = u, d, s.

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46 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

numero equivalente di collisioni nucleone-nucleone, tenendo conto che il 40%delle J/ψ osservate provengono da decadimenti radiativi di stati eccitati delcharmonio (Ψ′, χc) per i quali non e detto che valgano le stesse proprieta disoppressione della J/ψ.

Cerchiamo di vedere a cos’e dovuta questa soppressione anomala (vedianche 1.3.4).

Il legame quark -antiquark che tiene legata la J/ψ puo essere espressotramite il potenziale

V (r) = −αr

+ kr (1.16)

dove, il primo e il termine coulombiano indotto dallo scambio di un gluonetra q ed q. mentre il secondo e quello di confinamento che tiene conto dieffetti non perturbativi. L’hamiltoniana del sistema diventa percio

H =~p2

2µ− α

r+ kr (1.17)

(dove µ e la massa ridotta) che descrive bene lo spettro degli stati delcharmonio con α = 0.52, k = 0.926 GeV/fm, µ = mc/2 = 1.84 GeV.

Se lo stato legato J/ψ e prodotto in un QGP, il termine di confinamentosi annulla e l’alta densita di colore scherma la parte coulombiana ottenendo

V (r) = −αre−r/λD (1.18)

cioe un potenziale alla Yukawa dove λD e il raggio di Debye che e legato allamassima distanza alla quale due cariche di colore possono formare uno statolegato e decresce all’aumentare della temperatura T.

Tale effetto e analogo alla schermatura dell’interazione elettromagneticaper effetto, questa volta, delle cariche elettriche. Per questo, in un QGP sipuo avere una dissociazione degli stati del charmonio (e bottomonio).

In particolare, in termini piu quantitativi, l’hamiltoniana con questo nuo-vo potenziale, diventa:

H =~p2

2µ− α

re−r/λD =

1

2µr2− α

re−r/λD (1.19)

dove abbiamo sostituito 〈~p2〉 ∼ 1/r2 per il principio di indeterminazione. Glistati legati sono il minimo dell’energia in r ovvero x(x+1)e−x = 1/(αµλd) conx = r/λD e, guardando la forma della funzione in x, si trova che l’equazioneche definisce gli stati legati ha soluzioni solo se 1/(αµλD) < 0.84. A T =200 MeV, λD = 0.36 fm per cui, con α = 0.52 e µ = mc/2 = 920 MeV, siottiene λD > 1/(0.84αµ). Di conseguenza, cc non puo restare legato nel QGPa T = 200 MeV.

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1.6. Osservabili del QGP 47

Poiche i vari stati legati cc hanno diverse energie di legame e dimensio-ni, la condizione di legame trovata sopra si realizza a temperature diverseper le varie risonanze per cui e possibile cercare di dedurre la temperaturaT ottenuta nella collisione identificando le risonanze che scompaiono (vediFig.1.25).

Figura 1.25: Lunghezza di Debye in funzione della temperatura normalizzataa quella critica. E evidenziato l’ordine con cui scompaiono gli stati legati cc.

Nonostante ogni risonanza ha una sua soglia di dissociazione, per os-servare la soppressione degli stati legati e sufficiente misurare lo stato piulegato in quanto le risonanze meno legate hanno un branching ratio (BR) didecadimento radiativo non nullo verso questo.

Quindi, tenendo conto dei tassi di produzione misurati e dei BR di de-cadimento, vale la seguente relazione approssimata: Nmeas

J/ψ = 0.6NJ/ψ +

0.3Nχc→J/ψJ/ψ + 0.1N

ψ′→J/ψJ/ψ .

Brevemente, il metodo piu usato per la misura della J/ψ in collisioni aioni pesanti relativistici, e lo studio del decadimento J/ψ → µ+µ−.

Come si puo vedere dalla figura 1.26 in cui e mostrato lo spettro invariantedelle coppie muoniche rivelate in interazioni Pb − Pb, i picchi relativi aldecadimento del charmonio hanno un grosso fondo costituito dai processi diDrell-Yan e dal decadimento di pioni e kaoni.

I processi di D-Y sono comunque importanti in quanto, essendo origi-nati dalle singole collisioni primarie tra nucleoni, la loro sezione d’urto e

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Figura 1.26: Spettro di massa invariante per coppie µ+µ−.

proporzionale al numero di nucleoni partecipanti alla reazione che vengonousati come elemento di normalizzazione per valutare la produzione di J/ψ indiversi sistemi di collisione.

E comunque da tenere presente che la produzione della J/ψ presenta unadecrescita in funzione delle dimensioni del sistema interagente indipendentedalla formazione del QGP ma dovuta a processi inelastici del tipo π+J/ψ →DDX. Per cui quello che interessa e un’eventuale soppressione anomala.Questa e stata studiata in diversi esperimenti. I primi risultati sono statiottenuti con collisioni O − U nel 1986 da NA38, poi si sono avuti NA51,NA60 ed NA50 a SPS mentre ora si stanno sviluppando i dati raccolti aRHIC da PHENIX e STAR.

In Fig.1.27 [23] sono riportati i dati relativi alla soppressione anomalaottenuti da NA50 per collisioni Pb − Pb, da NA38 per S − U e p − A eda NA51 per p − p. Essi mostrano l’esistenza di un ulteriore meccanismodi soppressione nelle collisioni Pb − Pb non presente in quelle S-U con uncaratteristico effetto di soglia che si ha per collisioni piu centrali cioe adenergie piu elevate. In effetti sembra esserci una doppia soglia: la prima aε = 2.3 GeV/fm3 potrebbe essere legata alla dissociazione della χc mentrela seconda a ε = 3.1 GeV/fm3 potrebbe essere legata alla soppressione dellaJ/ψ.

In Fig.1.28 viene riportato il fattore di modifica nucleare della J/ψ RAA =

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1.6. Osservabili del QGP 49

Figura 1.27: Rapporto tra valori misurati della J/ψ e quelli attesi nell’ipotesidi soppressione ordinaria dovuta ad assorbimento del mezzo nucleare (otte-nuto con interazioni di protoni su vari bersagli ed interazioni zolfo-uranio) infunzione della densita di energia per diversi sistemi. Si puo notare la comparsadi un processo anomalo per ε > 2.2 GeV/fm3

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Figura 1.28: Fattore di modifica della J/ψ in funzione di Npart misurato daPHENIX [31] a RHIC.

(dNAA/dpT )/(Npart · dNpp/dpT ) in cui dNAA/dpT e il tasso di produzionedifferenziale della J/ψ in collisioni A−A mentre dNpp/dpT e il corrispondentetasso di produzione in interazioni p−p in funzione di Npart. Come specificatosulla figura, sono riportati i dati di PHENIX relativi a collisioni Au − Au,Cu−Cu e d−Au a

√sNN = 200GeV/c per diversi intervalli di rapidita. (Per

indicazioni relative alle curve rappresentate vedi [24]). Anche in questo casosi vede un aumento della soppressione della produzione della J/ψ con Npart

ma l’estrapolazione alle energie di RHIC dei modelli che interpolano i datidi NA50 prevede una sovrastima della soppressione anomala. Questo fatto espiegato da alcuni modelli che prevedono una ricombinazione preferenziale,durante l’adronizzazione, in stati cc riducendo cosı l’effetto della soppressionedella J/ψ. Comunque manca ancora un modello teorico globale che riesca aspiegare il tasso di produzione della J/ψ alle diverse energie [31].

1.6.8 Hard probe: segnali elettromagnetici. Fotoni ecoppie leptoniche

I segnali elettromagnetici permettono di ottenere informazioni relative allostato del sistema al tempo della loro formazione in quanto, una volta prodotti,non interagiscono con il mezzo circostante. Il problema e dato sia dalla loro

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1.6. Osservabili del QGP 51

bassa intensita, sia dal fatto che devono essere distinti dall’abbondante fondoproveniente dai processi di decadimento elettromagnetico degli adroni.

I fotoni

La produzione di fotoni avviene nelle diverse fasi delle collisioni di ioni pesantirelativistici con le seguenti proprieta:

1. Durante le fasi iniziali della collisione vengono prodotti i fotoni prompt(con energia fino a qualche centinaia di GeV) dallo scattering nucleone-nucleone con uno spettro che va come l’inverso del momento trasverso.Il fondo principale e dato dal decadimento elettromagnetico dei mesonineutri ed in particolare π0 → γγ prodotti nelle stesse collisioni N −N .

2. Nella fase successiva, quando si e raggiunto lo stato di QGP, i fotonidiretti o termici vengono prodotti dall’interazione tra quark e gluoni (iprocessi piu importanti sono lo scattering Compton qg → γq e l’annichi-lazione qq → γq) con uno spettro che, nonostante sia esponenzialmentedecrescente, dovrebbe estendersi fino a qualche GeV.

3. Successivamente, il plasma si espande e si raffredda e, una volta rag-giunta la temperatura critica (150−200 MeV), si entra nella fase adro-nica in cui i fotoni sono prodotti nello scattering degli adroni e nel de-cadimento delle risonanze fino a quando viene raggiunta la temperaturadi freeze-out (∼ 100 MeV). Lo spettro energetico dovrebbe estendersitra qualche centinaia di MeV e qualche GeV.

4. Dopo il freeze-out, ulteriori fotoni possono essere prodotti dal deca-dimento di π0, η0 ed altre risonanze con un’energia non superiore aqualche centinaia di MeV.

Per lo studio del QGP, i fotoni interessanti sono quelli termici in quantoil loro tasso di produzione e la loro distribuzione in momento dovrebberoessere fortemente legati a quelli di quark, antiquark e gluoni nel plasma;ovvero dovrebbero portare informazioni sullo stato termodinamico del QGPal momento della loro formazione.

Per ottenere pero il rate di produzione dei fotoni termici e necessariosottrarre quelli prodotti dal decadimento dei π0, che possono essere calcolatiesplicitamente, e quelli prompt che possono invece solo essere stimati adesempio tramite il confronto con le interazioni p− p.

I primi risultati sperimentali ottenuti da NA34, WA80, WA98 che hannomisurato lo spettro di fotoni emessi in collisioni centrali S-Au e Pb−Pb, nonavevano rivelato alcun eccesso rispetto alle collisioni p− p mentre i risultati

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52 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

piu recenti di WA98 sembrano averlo trovato per le sole collisioni Pb − Pbcentrali.

In Fig.1.29 sono riportate le misure di fotoni diretti ottenute in collisioniAu − Au a

√sNN = 200 GeV da PHENIX [26]. L’eccesso di fotoni diretti e

ottenuto confrontando γ/π0 misurato con γ/π0 di fondo prodotto dal deca-dimento degli adroni (principalmente del π0). Come si puo notare esiste uneccesso di fotoni ad alti pT con un’intensita che cresce all’aumentare dellacentralita della collisione.

Figura 1.29: Rapporto γ/π0 misurato su γ/π0 di background in collisioniAu−Au a

√s = 200 GeV a PHENIX per 5 valori di centralita.

Le coppie leptoniche

Le coppie di leptoni sono considerate il mezzo migliore per studiare gli effettidel ristabilimento della simmetria chirale principalmente in quanto non sonosoggette alle interazioni forti per cui non interagiscono con il QGP una voltaprodotte e permettono di analizzare le proprieta di risonanze adroniche comela ρ.

Il problema principale e che sono di difficile misura in quanto hanno unfondo molto elevato costituito dai processi di Drell-Yan (qq → l+l−) che si

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1.6. Osservabili del QGP 53

Figura 1.30: Sorgenti principali di coppie leptoniche in funzione della massainvariante.

originano nelle collisioni primarie tra nucleoni, dal decadimento degli adronied in particolare dal decadimento Dalitz del π0 e dalla conversione dei foto-ni come si puo vedere dalla Fig.1.30. Il vantaggio rispetto ai fotoni e datodalla possibilita di calcolare la massa invariante che aiuta a distinguere trai diversi processi di produzione e a studiare i mesoni vettori tramite il lorodecadimento diretto.

A causa della vita media molto breve (τ ∼ 1.3 fm/c) rispetto alla duratadella fireball (τ ∼ 10 fm/c), la maggior parte dei mesoni ρ decadono dentroil QGP, dando percio la possibilita di vedere gli effetti di questo sulle suecaratteristiche (massa/larghezza). I mesoni ω e φ invece hanno una vita mediapiu lunga per cui decadono principalmente dopo la dissoluzione della fireballper cui il loro spettro di decadimento e meno sensibile agli effetti del QGP.

Presso l’esperimento CERES al CERN [35] per collisioni Pb − Au a√sNN = 17.2 GeV/c e stato misurato un eccesso di coppie di elettroni nel-

l’intervallo m = 0.2 − 0.6 GeV/c2 rispetto a quanto misurato per collisionip − p (vedi Fig.1.31). Tali risultati possono essere spiegati tramite modelliche si basano su di una modifica da parte del mezzo prodotto nella collisionedelle proprieta della ρ ed in particolare sulla diminuzione della sua massa e/osull’aumento della sua larghezza. I dati ora non permettono di definire qualedi queste due ipotesi sia corretta.

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Figura 1.31: Spettro di massa invariante e+e− nell’intervallo di rapidita 2.1 <η < 2.65 misurati da NA45/CERES in interazioni Pb− Au a 158GeV/c.

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1.6. Osservabili del QGP 55

1.6.9 Hard probe: soppressione degli adroni ad alto

impulso trasverso e “jet-quenching”

I partoni (sia quark che gluoni) altamente energetici (E > 3−5GeV ) prodot-ti nelle fasi iniziali della collisione tra ioni pesanti relativistici forniscono unpotente mezzo di indagine sulle proprieta del mezzo che si produce durante lacollisione. Questo perche, essendo prodotti nelle fasi iniziali dell’interazione(possono essere originati solo in processi “duri” ovvero nello scattering tradue nucleoni dei nuclei incidenti), sono sensibili alle proprieta del mezzo incui si trovano. In particolare, se si propagano in un mezzo denso, si preve-de che perdano energia a causa delle interazioni forti con i gluoni presenti(bremsstrahlung) in quantita dipendente dalle caratteristiche e dal tipo delmezzo stesso e si prevede che la perdita sia maggiore nel caso di QGP. Taleeffetto si dovrebbe tradurre in una riduzione della produzione di adroni adalto impulso trasverso (pT > 2 GeV/c) originati dalla frammentazione deipartoni energetici. Per questo motivo, a RHIC e stata studiata la produzionedi particelle ad alto impulso trasverso.

Per evidenziare un’eventuale soppressione ad alto pT , e utile riportare lemolteplicita di particelle per unita di rapidita e impulso trasverso in collisioniA−B in termini della molteplicita prodotta in collisioni p−p e normalizzataal numero di collisioni binarie Nbin ovvero tramite il fattore di modificazionenucleare RAB.

RAB(pt) =d2NAB/dηdpTd2Npp/dpTdη

· 1

Nbin(1.20)

Come si puo vedere dalla Fig.1.32 [31] che riportaRdA edRAu−Au per pionineutri (π0) in termini di pT , gli adroni ad alto impulso trasverso prodotti nellecollisioni centrali Au − Au sono soppressi di un fattore 5 rispetto al valoreatteso nel caso in cui la collisione tra nuclei fosse una semplice sovrapposizionedi collisioni N−N senza modifiche del mezzo prodotto (in tal caso RAB = 1).Poiche tale soppressione non e presente nelle collisioni d−Au, si puo dire chenon e conseguenza di effetti nucleari nello stato iniziale ma e conseguenzadell’interazione nello stato finale dei partoni energetici o dei loro prodotti diframmentezione con il mezzo prodotto nell’interazione Au−Au. Notiamo chel’aumento rivelato in collisioni d − Au in corrispondenza di pT ∼ 3 GeV/ce legato allo scattering multiplo dei partoni nella materia nucleare “fredda”prima dell’interazione responsabile della produzione degli adroni ad alto pT(effetto Cronin).

In generale, le proprieta della soppressione degli adroni ad alto pT a causadella perdita di energia nel QGP possono essere cosı riassunte [32]:

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56 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

Figura 1.32: RdA ed RAu−Au per pioni neutri (π0) in termini di pT ottenutiper collisioni a

√sNN = 200 GeV da PHENIX.

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1.6. Osservabili del QGP 57

• Soppressione comune a tutti gli adroni leggeri: π0, η ed adroni carichi(principalmente π+ e π−) con pT > 5 GeV/c mostrano tutti un fattoredi soppressione di ∼ 5 rispetto ad RAA = 1 che corrisponde proprioal caso di hard probe del tipo fotoni diretti ovvero insensibili alle inte-razioni forti nello stato finale (vedi Fig.1.34). Il fatto che il fattore disoppressione sia universale e compatibile con l’idea che sono i partonida cui hanno origine gli adroni a perdere energia prima della fase diadronizzazione.

• Andamento asintotico: RAA resta costante per pT > 5 GeV/c fino aipiu alti momenti trasversi oggi misurati (pT ∼ 14 GeV/c) (vedi sempreFig.1.34).

• Dipendenza dalla centralita: il fattore di soppressione decresce con l’au-mentare del parametro d’impatto in accordo con il fatto che i parto-ni, all’aumentare della centralita, devono attrvarsare zone piu estese edense di QGP (vedi Fig.1.33).

• Dipendenza dall’energia del centro di massa: il fattore di soppressionecresce con l’energia nell’intervallo

√sNN ∼ 20 − 200 GeV in quanto

cresce sia la densita dei partoni iniziali che la durata della fase di QGP(vedi fig:1.34).

Altre indicazioni sul mezzo prodotto nelle interazioni A−A possono essereottenute tramite lo studio della modifica della struttura dei jet nel QGP ed inparticolare tramite l’osservazione delle correlazioni in φ ed η a due particellead alto pT .

Tali correlazioni sono studiate selezionando una particella ad alto pT in-dicata come trigger particle e misurando la distribuzione in angolo (∆φ =φ− φtrig) e rapidita ∆η = η − ηtrig degli adroni ad essa associati (pT,assoc <pT,trig). Nel caso in cui l’interazione partone-partone non e influenzato dalmezzo prodotto nella collisione A−A, il segnale di di-jet dovrebbe apparirecome due picchi distinti back-to-back 10 a ∆φ ∼ 0, ∆η ∼ 0 e a ∆φ ∼ π. Incollisioni Au − Au a RHIC, le correlazioni a due particelle mostrano inveceforti differenze rispetto a quanto appena indicato [32]. In particolare:

• Graduale scomparsa del picco a ∆φ ∼ π con l’aumentare della centra-lita in accordo con l’assorbimento delle particelle appartenenti al jetche deve attraversare uno spessore maggiore del mezzo (Fig.1.35).

10Poiche la produzione di jet avviene in collisioni dure che conservano l’impulso tra-sverso, in generale si osserva la loro produzione in coppie con impulsi opposti nel pianotrasverso.

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58 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

Figura 1.33: Confronto tra i dati di pioni neutri in funzione dell’impulsotrasverso misurati da PHENIX in collisioni Au − Au centrali a

√sNN =

200 GeV a diversi valori di centralita.

Figura 1.34: Sinistra: RAA(pT ) misurato in collisioni centrali Au−Au a RHICa√sNN = 200 GeV per i mesoni π0 ed η, per gli adroni carichi e per i fotoni

diretti. Destra: insieme di RAA(pT ) misurati per pioni neutri ad alto pT incollisioni centrali Au − Au nell’intervallo di energie

√sNN = 20 − 200 GeV

[33][32].

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1.6. Osservabili del QGP 59

• Allargamento del picco a ∆φ ∼ 0.

• La scomparsa del picco a ∆φ ∼ π e accompagnato da un aumento dellaproduzione di adroni a basso pT che produce una struttura a doppiopicco a ∆φ ∼ π ± 1.3.

Figura 1.35: Correlazione a due particelle ottenuta da STAR nella regione dipT > 2GeV/c nel caso di collisioni p−p e d−Au in alto e per collisioni p−p,d−Au e Au−Au centrali in basso. Nel caso di collisioni centrali Au−Au sinota una completa soppressione della componente back-to-back dovuta allapresenza di QGP in quanto non presente nel caso di interazioni p− p.

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60 Capitolo 1. Collisioni di Ioni Pesanti Ultrarelativistici ed il QGP

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Capitolo 2

L’esperimento ALICE

L’esperimento ALICE (A Large Ion Collider Experiment) presso LHC ha co-me finalita principale lo studio della materia nucleare in condizioni estreme ditemperatura e densita raggiunte tramite collisioni di ioni pesanti ultrarelati-vistici (collisioni Pb−Pb con

√sNN = 5.5TeV ). ALICE vuole cioe verificare

la previsione in ambito di QCD dell’esistenza di una transizione di fase damateria adronica ordinaria ad uno stato di quark-gluon-plasma (QGP), in cuiquark e gluoni non sono piu confinati negli adroni ma liberi. Poiche ALICE el’unico esperimento ad LHC dedicato allo studio dell’interazione tra ioni pe-santi, e stato progettato per per essere in grado di misurare il maggior numerodi osservabili rilevanti su uno spazio delle fasi quanto piu ampio possibile.In piu la sua struttura deve essere tale da permettere un’ottima risposta inambienti caratterizzati da una molteplicita molto alta di particelle carichenella regione centrale di pseudorapidita (dnch/dη|η=0 ∼ 2000 − 8000) e dauna frequenza di eventi minimum-bias di 8 kHz (la luminosita nominale diLHC per collisioni Pb− Pb e di circa 1027 cm−2s−1, mentre la sezione d’urtovale σ ∼ 8 b). In questo secondo capitolo si vuole dare una breve descrizionedella struttura dei rivelatori dell’esperimento ALICE.

2.1 Rivelatori dell’esperimento ALICE

In Fig.2.1 e riportato lo schema del complesso di acceleratori presenti alCERN, in cui possiamo anche vedere la posizione dell’esperimento ALICE. Irivelatori dell’esperimento ALICE sono divisi in tre gruppi di sottorivelatori:

• Rivelatori centrali: situati all’interno di un magnete solenoidale cheproduce un campo di intensita fino a 0.5 T, coprono un intervallo dipseudorapidita −0.9 ≤ η ≤ 0.9 corrispondente ad un’accettanza polaredi π/4 ≤ θ ≤ 3π/4. L’accettanza azimutale e invece completa, cioe

61

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62 Capitolo 2. L’esperimento ALICE

Figura 2.1: Schema del complesso di acceleratori presenti al CERN con indi-cazione sia del tipo di particelle accelerate in ogni settore sia delle posizionidegli esperimenti.

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2.1. Rivelatori dell’esperimento ALICE 63

0 ≤ φ ≤ 2π. Il loro scopo e l’identificazione delle particelle prodottenell’interazione (nell’intervallo di pseudorapidita sopra riportato) e ladeterminazione del loro impulso. Partendo dalla zona di interazione edandando verso l’esterno i rivelatori presenti sono:

– ITS: sistema di tracciamento interno di rivelatori al silicio;

– TPC: camera a proiezione temporale;

– TRD: rivelatore a radiazione di transizione;

– TOF: rivelatore a tempo di volo.

Nella regione di pseudorapidita centrale, ci sono anche due rivelatoriad accetanza limitata:

– HMPID: rivelatore a luce Cherenkov;

– PHOS: calorimetro elettromagnetico.

• Spettrometro per muoni: posto in avanti lungo la direzione del fascio(2.5 ≤ η ≤ 4), e costituito da un grande magnete dipolare equipaggiatocon camere di tracciamento e di trigger, ottimizzato per la rivelazionedi risonanze degli stati di charmonio e bottomonio;

• Rivelatori a grande rapidita: posizionati nella regione delle alte pseudo-rapidita, ovvero a piccoli angoli rispetto alla direzione del fascio, sonoin generale dei rivelatori di piccole dimensioni il cui scopo e la misuradei parametri legati ad osservabili globali dell’evento. Essi sono:

– PMD: rivelatore di molteplicita di fotoni nella regione in avanti;

– FMD: rivelatore di molteplicita nella regione in avanti;

– ZDC: calorimetro adronico a zero gradi per la misura del parame-tro d’impatto;

– T0: rivelatore per la misura del tempo iniziale dell’interazione;

– V0: rivelatore per la misura del vertice dell’interazione.

In Fig.2.2 e riportata una rappresentazione schematica dell’esperimento ALI-CE con evidenziati i rivelatori centrali e lo spettrometro per muoni. Neiparagrafi seguenti saranno descritti brevemente alcuni dei rivelatori dell’e-sperimento ALICE.

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64 Capitolo 2. L’esperimento ALICE

Figura 2.2: Schema dei rivelatori centrali e dello spettrometro per muonidell’esperimento ALICE. La parte centrale e quella racchiusa all’interno delmagnete di L3 (struttura ottagonale rossa); dal punto di interazione versol’esterno si trovano il sistema ITS, la TPC, il TRD ed il TOF. Disposti lungola verticale e diametralmente opposti si vedono il sistema di HMPID (in alto)e il rivelatore PHOS (in basso). La parte a destra del cono di assorbimento(muon fitter) e lo spettrometro per muoni composto dal magnete dipolare,da camere di tracciamento e camere di trigger.

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2.1. Rivelatori dell’esperimento ALICE 65

2.1.1 I magneti

Il magnete solenoidale all’interno del quale sono posti i rivelatori centrali elo stesso utilizzato dall’esperimento L3 a LEP. Il valore nominale del campouniforme da esso generato e variabile, fino a 0.5T che rappresenta un compro-messo tra la risoluzione in impulso, l’accettanza a bassi impulsi e l’efficienzanella ricostruzione delle tracce.Lo spettrometro per muoni utilizza un magnete dipolare che genera un campoperpendicolare alla direzione del fascio il cui valore nominale e B ∼ 0.2 T.

2.1.2 ITS: Inner Tracking System

L’ITS [36] e il rivelatore piu interno cioe piu vicino al punto di interazione(IP). I suoi scopi principali sono: la determinazione del vertice primario dellacollisione con una risoluzione migliore di 100 µm, la ricostruzione dei verticisecondari di decadimento per barioni e mesoni con quark pesanti, l’identifica-zione ed il tracciamento delle particelle cariche a basso pT , il miglioramentodella misura angolare e della risoluzione in impulso fatta dalla TPC per par-ticelle ad alto impulso. La sua struttura geometrica e a sei strati cilindriciconcentrici al punto di interazione. Data l’alta densita di particelle (fino a90 cm−2), i quattro strati piu interni (4 ≤ r ≤ 24 cm) sono caratterizzati darivelatori a pixel e a deriva di silicio. Gli altri due strati piu esterni, in cui ladensita di tracce e inferiore a 1 cm−2, sono formati da rivelatori a microstripdi silicio a doppia faccia. I quattro piani piu esterni hanno canali di letturaanalogici per la misura della carica e quindi l’identificazione delle particelletramite la misura della perdita di energia dE/dx nella regione non relativisti-ca. Cio fa sı che l’ITS sia in grado di identificare le particelle a basso impulsotrasverso (pT ≤ 500 MeV/c per kaoni e pioni e pT ≤ 1GeV/c per protoni).

2.1.3 TPC: Time Projection Chamber

Il compito principale della TPC [37] e la ricostruzione delle tracce. La suastruttura e stata percio progettata in modo da ottimizzare il tracciamen-to in condizioni di elevata molteplicita. La TPC e una camera a deriva agas di forma cilindrica, lunga 5 m; il raggio interno (rin ∼ 85cm) e deter-minato dalla massima densita di tracce accettabile, mentre quello esterno(rext ∼ 250cm) dalla lunghezza di traccia minima affinche la risoluzionedella dE/dx sia < 10%. I piani di lettura della TPC, sui quali viene letto ilsegnale indotto sulle pad catodiche, sono divisi in 18 settori contenenti came-re proporzionali a multifili. La buona risoluzione in dE/dx fa sı che la TPCpossa essere utilizzata anche per identificare particelle con momenti inferiori

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66 Capitolo 2. L’esperimento ALICE

ad 1 GeV/c. L’efficienza di tracciamento nella TPC alla piu alta densita diparticelle attesa (dN/dη|η=0 = 8000) e > 90% per pT superiori a 100 MeV/c;a questi valori di impulso, l’elemento limitante e lo scattering multiplo. Tra-mite la misura della deflessione nel campo magnetico, ITS e TPC permettonoanche la determinazione del momento delle particelle cariche, con una riso-luzione in impulso migliore dell’1% a bassi impulsi e migliore del 10% perpT ∼ 100 GeV/c.

2.1.4 TRD: Transition Radiation Detector

Gli altri rivelatori centrali, ovvero TRD, TOF, HMPID e PHOS hanno comescopo principale l’identificazione di particelle di impulso piu elevato per lequali il metodo della dE/dx non e piu funzionale.

Il TRD [38] permette di identificare gli elettroni (discriminandoli dai pio-ni) con impulso trasverso maggiore di 1 GeV/c. Poiche, insieme ad ITS eTPC ne fornisce anche una misura precisa dell’impulso, il TRD rende pos-sibile la ricostruzione della massa invariante necessaria per l’identificazionedei mesoni vettoriali pesanti (J/ψ,Υ,Υ′, . . .) tramite il loro decadimento nelcanale leptonico e+e−. Il TRD e costituito da sei piani di camere nella di-rezione radiale. Seguendo la segmentazione della TPC, e anche diviso in 18settori in φ mentre lungo la direzione del fascio ogni settore e diviso in 5moduli. Ogni modulo e costituito da un radiatore spesso 4.8 cm e da unacamera di lettura dotata sia di una regione di deriva che una di amplifica-zione. Il numero di canali di elettronica e di circa 106, per cui alla massimamolteplicita l’occupancy delle pad sara del 34%. Poiche la risoluzione spazialee di ∼ 600µm, il TRD puo essere anche utilizzato per la ricostruzione delletracce.

2.1.5 TOF: Time Of Flight

Lo scopo principale del TOF [39] e la separazione e l’identificazione di π,K, pcon impulso trasverso compreso tra 0.5 e 2.5GeV/c (per K/p fino a 4 GeV/c).La misura fornita dal TOF e il tempo impiegato dalle particelle che lo attra-versano a percorrere lo spazio tra il vertice di interazione e la sua superficiesensibile. Tale misura, insieme a quella dell’impulso, permette la definizionedelle masse e quindi l’identificazione delle particelle. Le caratteristiche delTOF devono essere tali da permettergli di avere un’ottima efficienza anchein presenza della massima molteplicita. La segmentazione del rivelatore deveessere percio molto grande per minimizzare la possibilita di avere due o piutracce in uno stesso canale. Il numero di canali totali e di 157248 su tuttol’angolo azimutale e per la regione di rapidita centrale (|η| < 0.9) in quanto

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2.1. Rivelatori dell’esperimento ALICE 67

il livello di occupancy ottimale dovrebbe essere non superiore al 10 − 15%. Altro vincolo sulle caratteristiche strutturali del TOF e il limite massimoaccettabile per la risoluzione temporale, che e stato fissato a 100 ps in mododa poter avere una separazione K/π entro 3σ almeno fino a p3σ = 2.1GeV/c;tale risoluzione deve comprendere tutte le sorgenti di errore comprese quellelegate alla risposta dell’elettronica. Per rispettare questi vincoli e manteneresia costi che dimensioni relativamente contenuti, per il TOF e stata scel-ta la tecnologia delle MRPC (Multigap Resistive Plate Chamber). Maggioriinformazioni sulle caratteristiche del TOF saranno riportate nel paragrafo2.2.

2.1.6 PHOS: PHOton Spectrometer

Il PHOS [40] ha come obbiettivo l’identificazione dei fotoni prodotti nell’in-terazione, sia quelli diretti che quelli derivanti dal decadimento di π0 e η.Esso e un calorimetro elettromagnetico con una superficie di ∼ 8 m2 posto5 m sotto il punto d’interazione e con un’accettanza limitata, di |η| < 0.12e ∆φ = 100. Il PHOS e costituito da prismi di PbWO4, un cristallo scintil-lante inorganico con un piccolo raggio di Moliere (che permette di limitarel’occupancy), e un buon guadagno di luce in uscita.

2.1.7 HMPID: High Momentum PID

Lo scopo dell’HMPID [41] e l’identificazione di particelle con impulso piuelevato (fino a 5 GeV/c per K/p). Esso e un rivelatore RICH (Ring ImagingCHerenkov) posto a circa 4.5 m dal punto di interazione ed e costituito dasette moduli di 1.5×1.5m2, per un totale di 160000 canali di lettura. Data lasua struttura, dara la possibilita di estendere l’identificazione delle particellead un intervallo maggiore di impulso, seppure per una regione η−φ limitata(|η| < 0.6,∆φ = 57.6).

2.1.8 FWM: Forward Muon Detector

Il FWM [42] ha come scopo l’identificazione dei mesoni con quark pesanti(J/ψ, ψ′,Υ,Υ′,Υ′′) tramite il loro decadimento in µ+µ−. Tale obbiettivo emotivato dal fatto che la QCD prevede una riduzione della produzione dirisonanze con quark pesanti in presenza di QGP. Il FWM copre l’intervallodi pseudorapidita 2.5 ≤ η ≤ 4 (corrispondente a 2 ≤ θ ≤ 9) ed e costituitoda diverse parti: un assorbitore conico di carbonio ricoperto da uno strato ditungsteno lungo 3.5 m e posto ad una distanza di 0.9 mm dal punto di colli-sione; un altro assorbitore conico lungo 18.1 m con un’apertura angolare di

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68 Capitolo 2. L’esperimento ALICE

2, costituito da un materiale ad alto Z per schermare il rivelatore dalle par-ticelle prodotte nell’interazione a bassissimi angoli; un magnete di dipolo chegenera un campo di 3 T · m; un assorbitore di ferro. Il rivelatore vero e pro-prio e invece formato da quattro piani che costituiscono il sistema di trigger(che utilizza camere RPC in regime di streamer) che deve selezionare eventicon una coppia µ+µ− ad alto pT , e dieci camere traccianti per muoni ad altagranularita. Quattro di queste ultime sono poste tra il primo assorbitore edil magnete, due all’interno del magnete e quattro tra il dipolo e l’assorbitorefinale. La risoluzione per la massa invariante della J/ψ dovrebbe essere di70 MeV/c2 mentre per quella della Υ di 100 MeV/c2.

In Fig.2.3 e mostrato uno schema riassuntivo delle capacita di identi-ficazione delle particelle (PID) di ALICE specificate per ogni rivelatore infunzione dell’impulso.

Figura 2.3: Capacita di PID specificata per ogni rivelatore dell’esperiemntoALICE in funzione dell’impulso delle particelle. La linea continua corrispondead una capacita di separazione entro 3σ mentre quella tratteggiata entro 1σ.

2.1.9 Rivelatori a grande pseudorapidita

Per la misura dei parametri legati agli osservabili globali dell’evento e per unprimo livello di selezione degli eventi nel trigger, viene utilizzata una serie dipiccoli rivelatori (ZDC, PMD, FMD, T0, V0) posti a grande pseudorapidita.La misura del parametro d’impatto, ovvero della centralita della collisione, e

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2.2. Il rivelatore TOF 69

fatta dallo ZDC (Zero Degree Calorimeter) [43] tramite la stima del numerodi nucleoni partecipanti all’interazione, anche se cio che viene effettivamentemisurato e il numero di nucleoni spettatori. La misura del numero di proto-ni e neutroni spettatori puo essere fatta in due calorimetri distinti (ZDCP,ZDCN) in quanto i neutroni che non prendono parte all’interazione proseguo-no in un percorso rettilineo lungo l’asse dei fasci, mentre i protoni vengonodeflessi dal campo magnetico e possono essere rivelati al di fuori della beampipe. Lo ZDCP e lo ZDCN sono calorimetri a fibre di quarzo posti a circa116 m dal punto di interazione (IP) (in entrambi i lati rispetto all’IP).Il rapporto tra il numero di fotoni e di particelle cariche prodotte nell’intera-zione e le coordinate del piano della reazione sono misurati dal PMD (PhotonMultiplicity Detector) [44] che e un sistema di rivelatori gassosi che copronoun’area di pochi m2 nell’intervallo di pseudorapidita −3.5 ≤ η ≤ −2.5.La distribuzione in η delle particelle cariche prodotte a grande pseudora-pidita e misurata dal FMD (Forward Multeplicity Detector), un rivelatorecomposto da pad di silicio posizionato a −5.1 ≤ η ≤ −1.7 e 1.7 ≤ η ≤ 3.4intorno all’asse del fascio.Il tempo ed il vertice dell’interazione sono determinati rispettivamente da T0e V0. T0 e un sistema di contatori Cherenkov con una risoluzione temporaleinferiore a 50 ps, mentre V0 e un sistema di scintillatori in grado di fornire,oltre che la posizione del vertice dell’interazione, una rapida misura dellamolteplicita dell’evento.

2.2 Il rivelatore TOF

In questo paragrafo si vuole dare una descrizione piu dettagliata delle pro-prieta e della struttura del rivelatore di tempo di volo (TOF) dell’esperimentoALICE [14][39][45]. Il TOF e un rivelatore a geometria cilindrica che coprela regione di pseudorapidita centrale (|η| ≤ 0.9), finalizzato all’identificazio-ne delle particelle (PID) tramite la tecnica del tempo di volo, con momentocompreso tra 0.2 e 2.5 GeV/c. Poiche il 97% delle particelle cariche prodot-te nell’interazione Pb − Pb hanno impulsi compresi in questo intervallo, leprestazioni del TOF sono di assoluta rilevanza per l’esperimento.

2.2.1 La tecnica del tempo di volo

Per riuscire ad identificare univocamente una particella e necessario definiresia la sua massa che la sua carica. Mentre la carica puo essere misurata di-rettamente, la massa puo essere ricavata tramite la combinazione di almenodue variabili cinematiche dipendenti da essa. Generalmente una di queste

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70 Capitolo 2. L’esperimento ALICE

grandezze e l’impulso che puo essere determinato dalla curvatura della tra-iettoria di una particella in presenza di un campo magnetico. Vale infatti larelazione p = q ·R ·B⊥, in cui R e il raggio di curvatura della traiettoria, B⊥

e l’intensita del campo magnetico perpendicolare alla direzione del moto, pe l’impulso e q e la carica elettrica. La seconda grandezza potrebbe essere ladE/dx, ovvero la perdita di energia per unita di lunghezza, ma essa non hapotere discriminante per gli intervalli di momenti riportati precedentemente.E invece conveniente, per questi impulsi, utilizzare la misura della velocitadella particella, come rapporto tra la lunghezza L della traiettoria ed il tem-po t impiegato per percorrerla. Noto il momento p, la massa m puo esserericavata tramite la formula:

m = p

t2

L2− 1

c2(2.1)

La sua risoluzione, ricavabile dalla differenziazione della (2.1), dipende da tretermini:

∂m

∂p

1

m=δp

p(2.2)

∂m

∂t

1

m= (

E

m)2 δt

t(2.3)

∂m

∂L

1

m= (

E

m)2 δL

L(2.4)

Sommando in quadratura i tre termini precedenti si ha:

δm2 = (m

p)2δp2 +

p2 +m2

t2δt2 +

p2 +m2

L2δL2 (2.5)

Di conseguenza, se p≫ m, l’incertezza sulla massa e determinata principal-mente dall’errore sul tempo di volo e sulla lunghezza della traccia. Se con unrivelatore di tempo di volo si vogliono distinguere due particelle con stesso pe stessa L ma con m diversa, e necessario che la differenza tra il tempo di volodelle due particelle sia maggiore dell’incertezza su questa stessa grandezza.In particolare, la differenza tra il tempo di volo di due particelle diverse macon stesso impulso e stessa lunghezza di traccia vale:

∆t =L

2c

m21 −m2

2

p2(2.6)

La capacita di distinguere le due particelle e data dal numero di deviazionistandard di separazione generalmente indicate con:

n =∆t

δt=L(m2

1 −m22)

2p2cδt. (2.7)

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2.2. Il rivelatore TOF 71

in cui δt e la risoluzione temporale del rivelatore.

Dalla Fig.2.4 che riporta la differenza ∆t tra i tempi di volo, per unatraiettoria di 4 m, di coppie di particelle diverse ma con impulsi uguali infunzione dell’impulso stesso, si puo vedere che per avere una separazioneπ/K di almeno 3σ per impulsi fino a 2.5 GeV/c il rivelatore deve avere unarisoluzione temporale migliore di 100ps comprensiva di tutte le fonti di errorecomprese quelle legate all’elettronica.

Figura 2.4: Differenza tra i tempi di volo per π/K e K/p con lo stesso im-pulso su una traiettoria di 4 m in funzione dell’impulso. Quanto riportatorappresenta sostanzialmente la situazione che si ha nel TOF che si trova a3.7m dal fascio (per cui 4 m rappresenta la lunghezza media della traiettoriaper |η| < 0.9).

2.2.2 Struttura del TOF

Per quanto detto nella sezione precedente, la risoluzione temporale del TOFnon puo essere peggiore di 100 ps. La sua struttura deve quindi essere pro-gettata di conseguenza, in modo tale che questa richiesta venga soddisfattapena la perdita di efficienza nell’identificazione delle particelle e quindi nellostudio delle proprieta del QGP, scopo ultimo dell’esperimento ALICE. Unsistema di tempo di volo con una tale risoluzione potrebbe essere realizzatocon la tecnologia degli scintillatori accoppiati ai fotomoltiplicatori; questasoluzione e pero impraticabile nel caso del TOF di ALICE a causa delle sue

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72 Capitolo 2. L’esperimento ALICE

grandi dimensioni (160 m2). La tecnologia che e stata adottata, in quanto erisultata essere il compromesso migliore tra prestazioni e costi, e quella di unrivelatore gassoso a piani paralleli resistivi (Resistive Plate Chamber, RPC).

RPC e MRPC

Le RPC sono camere a ionizzazione la cui geometria ad armature parallelecostituite da materiale ad alta resistivita (che fungono da anodo e catodo) etale per cui il campo elettrico prodotto e uniforme su tutto il volume sensibile.Quando una particella carica le attraversa induce una ionizzazione primariache, se il campo e sufficientemente intenso, da origine al processo di moltipli-cazione ‘a valanga’. E proprio il moto dovuto al campo elettrico di elettroni eioni positivi creati nella valanga ad indurre il segnale fisico sugli elettrodi dipick-up (pad) posti su anodo e catodo. Il vantaggio di questa configurazione,rispetto a quella tradizionale delle camere a fili in cui il campo e radiale, e cheviene eliminato l’effetto di deriva degli elettroni: essendo il campo uniforme,essi non devono percorrere un certo tragitto prima di raggiungere una zona incui il campo ha un’intensita tale da permettere la valanga. In sostanza vieneeliminata ogni incertezza temporale legata alla dipendenza dal punto in cuie avvenuta la ionizzazione primaria che influisce solo sulla carica prodotta esull’efficienza. L’unica condizione per la formazione del segnale e che la va-langa possa percorrere una distanza sufficiente per produrre un segnale soprasoglia. Il valore di quest’ultima non influisce sulla risoluzione temporale, masolo sul tempo t0 che intercorre tra il passaggio della particella e l’arrivo delsegnale.Le incertezze legate alla formazione del segnale sono dovute a due elementi:le fluttuazioni nel numero di coppie primarie, che hanno una distribuzionepoissoniana dipendente solo dal tipo di gas e non dal campo elettrico e cheinfluenzano solo l’efficienza del rivelatore, e le fluttuazioni nello sviluppo dellavalanga, che influiscono sulla risoluzione temporale. La risoluzione temporaleintrinseca del rivelatore e infatti data dall’indeterminazione del tempo neces-sario perche il numero di elettroni prodotti nella valanga sia tale da generareun segnale superiore alla soglia, e puo essere stimata da

σt ∼1

(α− η)vD, (2.8)

in cui α e il coefficiente di Townsend, η e il coefficiente di attachment mentrevD e la velocita di deriva degli elettroni, parametri dipendenti dal tipo di gase dall’intensita del campo elettrico.

Le caratteristiche delle RPC convenzionali non sono pero adeguate peressere utilizzate come elemento attivo del TOF. Come detto, esse sono costi-

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2.2. Il rivelatore TOF 73

tuite da due elettrodi piani paralleli di materiale ad alta resistivita, a cui eapplicato un potenziale e al cui interno e racchiuso un gas a pressione atmo-sferica. Poiche i piani hanno un’alta resistivita che impedisce il prodursi diuna scarica all’interno del rivelatore, il potenziale applicato puo essere moltoelevato ed e quindi possibile operare nella regione di streamer. Conseguente-mente, l’efficienza delle RPC e prossima al 100% e la risoluzione temporale edell’ordine del ns. Il problema che le rende inutilizzabili nel TOF e che nonpossono lavorare in regimi di alti flussi di particelle incidenti se non degra-dando efficienza e risoluzione temporale. Ad alti rate, la carica indotta suipiani resistivi tende ad accumularsi producendo una diminuzione del campoelettrico, con conseguente deterioramento delle prestazioni del rivelatore. Sipotrebbe ovviare al problema diminuendo la resistivita per permettere unadissipazione piu rapida della carica indotta, ma in tal caso si perdebbe in ef-ficienza in quanto il segnale sara indotto su un numero maggiore di canali dilettura. Si potrebbe alternativamente diminuire la carica prodotta lavorandonel regime di valanga anziche in quello di streamer riducendo lo spessore delgap o l’intensita del campo elettrico. Nel primo caso si perderebbe pero in ef-ficienza in quanto il processo di prima ionizzazione dipende dalla quantita digas attraversato mentre nel secondo peggiorerebbe la risoluzione temporale(vedi eq. 2.8).

Per risolvere il problema delle RPC nell’operare in regimi di alto flusso diparticelle, pur mantenendo un’alta efficienza e una buona risoluzione tempo-rale, sono state sviluppate le MRPC (Multigap Resistive Plate Chamber). Unconfronto schematico tra RPC ed MRPC e riportato in Fig.2.5. Una MRPC

Figura 2.5: Confronto schematico tra una RPC (a) ed una MRPC (b).

e sostanzialmente una RPC il cui gap e suddiviso in intervalli equidistanti

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74 Capitolo 2. L’esperimento ALICE

tramite piani resistivi paralleli a quelli esterni e fatti dello stesso materia-le. Come conseguenza, a differenza delle RPC, le MRPC possono operare inregime proporzionale anche a fronte di potenziali applicati e quindi campielettrici generati estrememente intensi. Cio e dovuto al fatto che le dimensio-ni della valanga e la quantita di carica raccolta sono limitate superiormentedalle piccole dimensioni dei gap. L’intenso campo elettrico, con la conseguen-te velocita di deriva elevata, permette di avere risoluzioni temporali ottimementre il regime proporzionale, con una carica prodotta inferiore a quellache si avrebbe in regime di streamer, e responsabile della possibilita di la-vorare ad alto rate di particelle incidenti. Quando una particella attraversail rivelatore crea una ionizzazione primaria nei vari gap in ognuno dei qualiavra origine il processo di moltiplicazione a valanga. A causa della loro altaresistivita, i piani interni sono trasparenti al segnale indotto dal movimentodelle cariche, per cui il segnale finale prelevato sugli elettrodi sara la sommaanalogica di quelli indotti dalle singole valanghe. Di conseguenza, il volumeattivo del rivelatore e dato dalla somma dei singoli gap per cui e possibileraggiungere un’efficienza pari a quella che si ha con le RPC ovvero del 100%soltanto aumentando il numero di gap. Nel regime di proporzionalita, a cuicorrisponde un guadagno di elettroni fino a 108, il numero di elettroni pre-senti nella valanga vale eαL < 108 dove L e l’ampiezza di un singolo gap.Di conseguenza, se il campo applicato e E ∼ 100 kV/cm, a cui corrispondeα ∼ 100mm−1, le dimensioni dei gap devono essere L ∼ 10−1 mm. Poiche pertali campi le velocita di deriva sono dell’ordine di 100 µm/ns, la risoluzionetemporale sara dell’ordine dei 100 ps, che e proprio cio che si vuole ottenere.

Le MRPC utilizzate per il TOF di ALICE

Le MRPC utilizzate nel TOF sono del tipo a doppio stack cioe con un anodocentrale e due catodi disposti in maniera simmetrica attorno ad esso (vediFig.2.6).

Rispetto alla configurazione con un solo anodo ed un solo catodo, a paritadi spessore e numero totale dei gap, si hanno diversi vantaggi:

• si puo ottenere lo stesso campo elettrico applicando meta della tensione;

• i segnali finali sono la somma di quelli indotti in entrambe gli stack,per cui l’ampiezza e la stessa in entrambe i casi;

• gli elettrodi sono piu vicini tra loro, per cui l’impronta della valanga sudi essi e inferiore; si riducono cosı gli effetti di bordo tra pad adiacenti;

Nel TOF, le MRPC sono assemblate in una geometria a strip. Ogni stripha una superficie totale di 122 · 13 cm2 di cui l’area attiva e di 120 · 7.4 cm2.

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2.2. Il rivelatore TOF 75

active area

74 mm

130 mm

active area

74 mm130 mm

A

B

B

C

H

D

E

F

G

I

Figura 2.6: Sezione trasversale di una MRPC a doppio stack. Si riconoscono iseguenti elementi: (A) pannello di honeycomb; (B) PCB con le pad catodiche;(C) viti di plexiglass utilizzate per la stesura del filo di nylon; (D) vetri esterni;(E) vetri interni; (F) gap di 250 µm di ampiezza; (G) PCB centrale conle pad anodiche; (H) pin metallici utilizzati per trasportare i segnali dallepads catodiche al PCB centrale e per consolidare la struttura della strip;(I) connettore per cavi flat attraverso i quali il segnale viene prelevato dalrivelatore ed inviato all’elettronica di front-end.

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76 Capitolo 2. L’esperimento ALICE

I gap sono 5 + 5, ognuno con uno spessore di 250 µm. Ogni strip contiene 96pad di lettura di dimensione 3.7 ·2.5cm2, disposte su due file. I piani resistivisono realizzati con un particolare tipo di vetro con una resistivita volumetricadi ∼ 1013 Ωcm; quelli esterni hanno uno spessore di 550 µm, mentre quelliinterni di 400 µm.

I SuperModuli

Il TOF ha una struttura modulare. Nell’angolo azimutale φ e segmentato in18 settori ognuno dei quali corrisponde ad un SuperModulo (SM) che ven-gono inseriti, durante l’installazione, in una struttura di sostegno cilindrica,denominata space-frame, nella regione compresa tra un raggio interno di 370cm ed uno esterno di 399 cm (vedi Fig.2.7).

Figura 2.7: Struttura di supporto cilindrica (space frame) che ospita i SMdel TOF di ALICE.

Ogni SM (vedi Fig.2.8), lungo circa 750 cm, e costituito da 5 modulidisposti lungo l’asse del fascio. Tutti i moduli hanno la stessa larghezza di128 cm, ma lunghezza crescente dal centro verso l’esterno del SM. I duemoduli esterni e i due moduli intermedi contengono 19 strip MRPC mentrequello centrale solo 15. Ogni modulo e diviso in due zone: quella a tenuta

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2.2. Il rivelatore TOF 77

Figura 2.8: Particolare dello space frame con un SM inserito. Si puo osservarela struttura a cinque moduli ed i crates con l’elettronica di read-out e dicontrollo, posizionati ai due estremi del SM.

stagna contenente gas ed MRPC e quella piu esterna contenente l’elettronicadi front-end con discriminatori ed amplificatori.

In Fig.2.9 e riportata una sezione trasversale di un modulo, in particolarequello centrale, in cui si puo notare la particolare disposizione delle strip.Esse sono poste perpendicolarmente rispetto la direzione del fascio e ruotatein modo da essere mediamente ortogonali alla direzione delle particelle pro-venienti dal vertice di interazione, per minimizzare il numero di particelleche attraversano il rivelatore obliquamente (al fine di ridurre l’occupancy emigliorare la risoluzione temporale). Per evitare zone morte, le strip adiacen-ti sono disposte in modo tale da avere una sovrapposizione di 2 mm tra lerispettive aree attive. Anche i moduli sono stati progettati in modo da mini-mizzare le perdite di area sensibile lungo il SM, nelle zone in cui si affiancanodue moduli. In Fig.2.10 si puo vedere la soluzione adottata per limitare lazona d’ombra tra due moduli e gli angoli delle diverse strip rispetto al pianoperpendicolare al fascio.

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78 Capitolo 2. L’esperimento ALICE

Figura 2.9: Disposizione delle strip all’interno di un modulo (in questo casoe riportato un modulo centrale). Le MRPC sono ruotate in modo da esserein media ortogonali alla direzione di volo delle particelle uscenti dal centrodi interazione.

Figura 2.10: Dettaglio della sovrapposizione dei bordi di un modulo centralee di uno intermedio.

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Capitolo 3

Simulazione, Ricostruzione,PID e Calibrazone

L’esperimento ALICE, come piu volte menzionato, ha lo scopo di verificarela previsione in ambito di QCD dell’esistenza di una transizione di fase damateria adronica ordinaria ad uno stato di quark-gluon-plasma (QGP), incui quark e gluoni non sono piu confinati negli adroni ma liberi. Dovendostudiare interazioni Pb-Pb, ALICE deve essere in grado di avere un’ottimarisposta in ambienti caratterizzati da una molteplicita molto alta di particellecariche nella regione centrale di pseudorapidita (dnch/dη|η=0 ∼ 2000−8000).Essendo poi l’unico esperimento ad LHC dedicato allo studio dell’interazionetra ioni pesanti, esso deve essere in grado di misurare il maggior numerodi osservabili rilevanti su uno spazio delle fasi quanto piu ampio possibile.Tutto cio, oltre ad essere una grande sfida a livello hardware, lo e ancheper il software. Quest’ultimo infatti deve essere tale da permettere sia unaprecisa ricostruzione dell’evento, che un’efficiente analisi dei dati finalizzataall’individuazione degli osservabili rilevanti per studi di fisica.

Il codice impiegato nell’esperimento ALICE per la simulazione, la rico-struzione e l’analisi degli eventi e AliROOT [46]. Esso si basa su ROOT [47],un software object-oriented, che fornisce un insieme di strumenti per l’analisidei dati legati alla fisica delle alte energie. Fatta eccezione per qualche libre-ria, AliROOT e sviluppato nell’ambito della programmazione object-orienteded e scritto in linguaggio C++. In Fig.3.1 e riportato uno schema generaledella sua architettura.

In questo capitolo si vuole dare una descrizione generale in merito sia delleprocedure sviluppate in AliROOT per la simulazione (3.1) e la ricostruzione(3.2) di un evento, sia di quelle impiegate per l’identificazione delle particelle(3.3.1). In ultimo verra introdotto uno degli argomenti di questa tesi cioe lacalibrazione del TOF.

79

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80 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

Figura 3.1: Schema generale dell’architettura di AliROOT.

3.1 Simulazione

Per poter valutare la funzionalita e l’efficienza del software impiegato per laricostruzione e l’analisi degli eventi e per capire quali sono i segnali fisici chepossono essere estratti, e necessario avere la possibilita di simulare realistica-mente un interazione Pb− Pb. Cio significa essere in grado di riprodurre leparticelle prodotte nella collisione, la loro propagazione all’interno dei rive-latori e la risposta che questi ultimi forniscono quando vengono attraversati.Il problema, nel caso di ALICE, e che i meccanismi che stanno alla basedelle collisioni Pb − Pb sono noti con un certo grado di incertezza, cosı co-me, ad esempio, la molteplicita e la distribuzione in impulso delle particelleche saranno prodotte, in quanto i dati attualmente disponibili sono legati adesperimenti operanti ad energie molto inferiori. Esistono numerosi modelliteorici, ma questi portano a previsioni anche significativamente diverse traloro (vedi Cap.1) 1. A livello di simulazione, questa incertezza si traduce nel-l’assenza di un generatore di particelle unico che permetta di simulare unacollisione Pb − Pb. Ci sono infatti numerosi generatori di collisioni tra ionipesanti (basati su modelli teorici diversi) ma il problema e che fornisconorisultati sostanzialmente differenti tra loro alle energie di LHC; cio vale adesempio per la molteplicita, la dipendenza in impulso e rapidita. Anche se-gnali fisici come open charm, produzione di iperoni, fenomeni ad alto pT ,

1ad esempio, a seconda del modello, la molteplicita carica per unita di pseudorapiditadN/dη prevista ad LHC per interazioni Pb− Pb varia da 1400 a 8000

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3.1. Simulazione 81

etc. non sono correttamente riprodotti dai generatori esistenti. Un ulterioreproblema e che la simulazione di fenomeni con piccola sezione d’urto richiedeun tempo ed una potenza di calcolo troppo elevate per riuscire ad avere unastatistica paragonabile ai dati che verranno realisticamente prodotti.

Per cercare di ovviare a questi ed altri problemi e per avere una simu-lazione realistica, e stato sviluppato un framework di simulazione dinamicoche permette ad esempio di:

• avere un’interfaccia con generatori esterni quali HIJING [49], HERWIG[14], DPMJET [51](tramite la classe AliGenerator);

• generare (tramite la classe AliGenParam e le classi derivate) underly-ing event ovvero eventi privi di segnali fisici in cui la molteplicita ela distribuzione sia in η che in pT delle particelle sono passate comeparametri dall’utente. Tali eventi risultano cosı indipendenti da qual-siasi modello teorico di collisione tra ioni pesanti (sui quali sono invecesviluppati i generatori esterni) e sono molto utili sia nei casi in cui ledistribuzioni in rapidita e momento trasverso sono note a priori, sia inquelli in cui deve essere investigato proprio l’effetto della variazione diquesti parametri (ad esempio negli studi che riguardano l’andamentodell’efficienza di ricostruzione delle tracce in funzione della molteplicitainiziale e dell’occupancy);

• generare segnali fisici (signal event) rari utilizzando generatori esternicome PYTHIA [52] oppure generatori interni di eventi parametrizzati(AliGenParam). L’importanza di tali eventi deriva dal fatto che moltadella fisica ad LHC sara legata alla ricerca di segnali rari su un fondoimportante di particelle emesse;

• combinare segnali prodotti con generatori diversi (event cocktails, tra-mite AliGenCocktail);

• combinare underlying events e signal events sommando le particellegenerate (cocktail) oppure i segnali (summable digit) da esse indottisui rivelatori (merging);

• modificare l’impulso di particelle gia generate per introdurre specifichecorrelazioni (afterburners).

Simulare un evento non significa soltanto pero generare le particelle pro-dotte in un’interazione ma anche riprodurre la loro propagazione all’internodei rivelatori, il deposito di energia (Hit) nei volumi sensibili, e la produzione

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82 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

dei segnali corrispondenti generati nel read out del rivelatore (Summable Di-git). Deve essere poi possibile avere procedure di merging tra eventi diversie trasformare Summable Digits in Digits o Raw Data. La classe che fornisceun’interfaccia con l’utente per la simulazione e AliSimulation. Di seguito so-no riportate alcune informazioni sulle diverse fasi appena elencate in cui siarticola il processo di simulazione.

3.1.1 Generazione di particelle

Le particelle che originano dalle collisioni primarie possono essere prodottetramite diversi generatori che si interfacciano con AliROOT grazie alla classeastratta AliGenerator. Poiche, come detto precedentemente, non si ha unaconoscenza completa della fisica alla base delle interazioni tra ioni pesanti equindi delle proprieta delle particelle che verranno prodotte alle energie diLHC, esistono diversi generatori ognuno dei quali e associato ad un modelloteorico diverso, in grado di riprodurre solo alcune delle caratteristiche attese(quali produzione di jet, di open charm, . . . ). Tra i generatori esterni chepossono essere interfacciati con AliGenerator ci sono ad esempio PYTHIA(AliGenPythia) ed HIJING (AliGenHijing) [49]. Il primo e utilizzato per lasimulazione di interazioni p − p e per la generazione di jets da impiegarein eventi di merging. HIJING (Heavy-Ion Jet INteraction Generator) simulainvece la produzione di particelle in collisioni p− p, p−A e A−A ponendoparticolare attenzione sul ruolo dei minijet 2. Esso combina un modello perla produzione di jet ispirato alla QCD con il modello di Lund [50] per laframmentazione dei jet stessi. Confronti sistematici tra dati HIJING e datisperimentali hanno sottolineato che questo tipo di generatore e in grado diriprodurre molti spettri inclusivi delle correlazioni a due particelle e puospiegare la dipendenza del momento trasverso medio dalla composizione inflavour e dalla molteplicita. HIJING non simula le interazioni secondariema fornisce all’utente la possibilita di attivare il jet quenching ed il nuclearshadowing. Oltre a PYTHIA ed HIJING, sono disponibili anche numerosialtri generatori come DPMJET [51], MEVSIM, ISAJET, HERWIG . . . (vedi[14]). AliROOT fornisce anche la possibilita di combinare in un singolo eventodifferenti canali di fisica. Cio viene fatto tramite AliGenCocktail che delegala generazione delle particelle ad una lista di oggetti di tipo AliGenerator,configurati dall’utente.

2questo perche ci si aspetta che le collisioni tra ioni pesanti relativistici siano dominatedalle interazioni hard o semi-hard tra partoni con un momento trasverso di qualche GeV

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3.1. Simulazione 83

3.1.2 Virtual Monte Carlo: il trasporto delle particelle

Il Virtual Monte Carlo e l’interfaccia virtuale sia con il codice che simulail trasporto all’interno dei rivelatori delle particelle prodotte nell’interazione(Geant3 [48], Geant4, Fluka), sia con quello che crea ed inizializza la geome-tria dei rivelatori stessi, definita tramite le classi derivate da TGeo, il pacchet-to di geometria implementato in ROOT. Queste procedure sono gestite dallaclasse AliMC, in cui sono definite funzioni del tipo ConstructGeometry(),BeginEvent(), FinishEvent() . . . . Un altro insieme di classi invece gestisce ildecadimento delle particelle. 3

In Fig.3.2 e riportata una rappresentazione schematica della struttura delMonte Carlo.

Figura 3.2: Rappresentazione schematica della struttura del Monte Carlo.

3.1.3 Moduli e rivelatori

Tutti i moduli del rivelatore ALICE (sensibili e non sensibili) sono descrittidalle classi derivate dalla classe virtuale AliModule, che e responsabile anchedella gestione degli Hit, Digit ed SDigit prodotti nella simulazione. In par-ticolare, ciascun rivelatore e descritto da classi derivate da una sottoclassevirtuale di AliModule, AliDetector. Ad esempio, la classe derivata da AliDe-tector che definisce le proprieta generali del TOF e AliTOF, che ha diverseimplementazioni che si differenziano per il dettaglio crescente con cui e de-scritto il rivelatore e la conformita della descrizione con il rivelatore reale. In

3Generalmente, il decadimento delle particelle durante il trasporto e gestito daAliDecayerPythia.

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84 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

particolare, AliTOFv6T0 e la versione piu recente e dettagliata, che indicauna precisa descrizione della geometria attuale del rivelatore e dei moduli at-tivi e passivi. Inoltre non sono simulati i moduli centrali per i Super Moduli13, 14 e 15 per ridurre il materiale passivo prima del rivelatore per fotoni(PHOS). La geometria del TOF inizializzata in AliTOFv6T0 e definita nellaclasse AliTOFGeometry.

La geometria dei rivelatori costruita durante la simulazione (utilizzandoil pacchetto di geometria di ROOT) viene salvata nel file “geometry.root”esplorando il quale risulta evidente la struttura modulare e gerarchica (pro-pria di ROOT [47]) con cui vengono simulati i rivelatori stessi 4. Per renderepiu evidente questa struttura modulare, in Fig.3.3 e riportata una visualizza-zione della struttura globale ideale di ALICE come salvata in “geometry.root”(ALIC).

Figura 3.3: Struttura globale dei rivelatori centrali di ALICE implementatain simulazione. I diversi colori si riferiscono a diversi sotto-rivelatori o allospace-frame. (Visione frontale nel piano r-φ).

4Quando si crea con ROOT una geometria, per prima cosa bisogna definire il“volume universo” in cui vengono poi inseriti, l’uno dentro l’altro, i volumi ne-cessari. Ad esempio, per quanto riguarda ALICE, ALIC e il top volume, mentrela prima strip del primo SuperModulo del TOF e un’oggetto identificato dal path

“ALIC 1/B077 1/BSEGMO0 1/BTOF0 1/FTOA 0/FLTA 0/FSTR 1” in cui ogni ele-mento indica un nodo (e quindi un volume) contenuto in quello specificato alla sua sinistra,fino ad arrivare a cio che coincide con l’ “universo”, ALIC.

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3.1. Simulazione 85

In Fig.3.4 sono riportati i volumi contenuti in “ALIC 1/B077 1”, in Fig3.5quelli contenuti in “ALIC 1/B077 1/BSEGMO02 1” e in Fig.3.6 quelli conte-nuti in “ALIC 1/B077 1/BSEGMO0 1/BTOF0 1” ovvero quelli costituentiil primo supermodulo. Si puo notare come aggiungendo elementi nel path, siconsiderino volumi sempre piu interni.

Figura 3.4: Esempio di visualizzazione dei volumi implementati in simulazio-ne contenuti in “ALIC 1/B077 1”. A sinistra e riportata una visione lateralein prospettiva mentre a destra e riportata una visione frontale nel piano r−φ.

Figura 3.5: Esempio di visualizzazione dei volumi implementati in simulazio-ne contenuti in “ALIC 1/B077 1/BSEGMO02 1”, corrispondenti al super-moduli del TOF e del TRD. A sinistra e riportata una visione laterale inprospettiva mentre a destra e riportata una visione frontale.

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86 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

Figura 3.6: Esempio di visualizzazione dei volumi implementati in simula-zione contenuti in “ALIC 1/B077 1/BSEGMO02 1/BTOF0 1”. Tali volumisono quelli che caratterizzano la geometria del primo supermodulo.

3.1.4 File di configurazione (Config.C)

Il file di configurazione e una macro eseguita prima dell’inizio della simula-zione in cui vengono creati e configurati il generatore, l’oggetto che gestisce idecadimenti, il Monte Carlo, il campo magnetico, i rivelatori (viene definita lageometria che deve essere simulata) e l’insieme dei parametri che gestisconola simulazione del processi fisici.

3.1.5 Hit

Il Monte Carlo e responsabile del trasporto delle particelle all’interno deirivelatori ovvero della simulazione dell’interazione di queste con i volumisensibili che consiste nella deposizoine di una certa quantita di energia (Hit).5.La risposta fornita dai rivelatori sotto forma di Hit e pero quella idealeovvero quella che si avrebbe prima della conversione in segnale digitale edella formattazione dell’elettronica di front-end.

5Per il trasporto e utilizzato un metodo passo-passo ovvero il trasporto altro non eche una successione di piccoli spostamenti in ognuno dei quali viene chiamato il metodoStepManager del modulo in cui la particella si trova responsabile della creazione degli Hit.

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3.2. Ricostruzione 87

3.1.6 Summable Digit (SDigit)

Un primo passo verso la formazione di un segnale realistico e la creazionedegli SDigit ovvero di un segnale digitale privo di rumore a cui sono stateapplicate soglie non realistiche. I Summable Digit possono essere creati dagliHit e salvati in un file tramite il metodo Hits2SDigits implementato nelleclassi derivata da AliDetector. I Summable Digit sono interessanti in quantopermettono la combinazione di segnali prodotti con generatori diversi ovveropermettono procedure di merging.

3.1.7 Digit

I dati piu simili a quelli prodotti realmente dai rivelatori sono i Digit ovveroi Summable Digit combinati con il rumore ed espressi in una forma digitalein cui si tiene conto della soglia propria dei rivelatori. I Digit possono essereprodotti convertendo i Summable Digits tramite metodi definiti nelle classiderivate da AliDigitizer oppure convertendo direttamente gli Hits tramiteil metodo Hits2Dgits. Con gli SDigit non sono pero possibili procedure dimerging.

3.1.8 Raw Data

I Raw Data, che contengono la stessa informazione fisica dei Digit, espressatuttavia nel formato dati fornito dall’elettronica di front-end, possono esserecreati dalla conversione dei Digit tramite il metodo Digits2Raw implementatosempre nelle classi derivate da AliDetector.

In Fig.3.7 e riportata una rappresentazione schematica dei passaggi se-guiti dalle procedure di simulazione (box in verde) in cui sono evidenziate letrasformazioni tra i diversi tipi di segnale (Hit,SDigit,Digit,Raw Data).

3.2 Ricostruzione

Una volta che un evento e stato simulato, e necessario essere in grado di ri-costruirlo per poter ricavare le informazioni fondamentali per l’analisi fisica.La classe che fornisce un’interfaccia per la gestione della ricostruzione e Ali-Reconstruction che, a sua volta, chiama le singole procedure di ricostruzionedefinite separatamente per ogni rivelatore e implementate nelle classi deriva-te da AliReconstructor. La ricostruzione di un evento e sviluppata in diversefasi: prima si ha la ricostruzione locale dei cluster svolta indipendentementeda ogni rivelatore, poi si ha la ricostruzione del vertice primario, quindi quel-la delle tracce e, in ultimo, l’identificazione delle particelle. I dati che devono

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88 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

Figura 3.7: Rappresentazione schematica dei passagi seguiti dalle proceduredi simulazione e di ricostruzione.

essere forniti in ingresso sono Digit sotto forma di un tree 6 Root, o di Rawdata, mentre quelli che vengono prodotti in uscita, e salvati nel file “AliE-SDs.root”, sono tree di oggetti del tipo AliESDEvent. Il tipo di dato ESD(Event Summary Data) contiene informazioni sulle tracce e sulle particellericostruite, oltre che sulle proprieta globali dell’evento.

Nel seguito di questo paragrafo sara analizzata a linee generali la proce-dura di ricostruzione. A tal fine risultano necessarie alcune definizioni:

• Digit : segnale digitale prodotto da una cella sensibile del rivelatore adun certo istante di tempo;

• Cluster : insieme di Digit adiacenti nel tempo o nello spazio che sisuppone siano stati prodotti dal passaggio di una stessa particella;

• Space point : stima della posizione in cui si suppone che una parti-cella abbia intersecato un elemento sensibile del rivelatore (spesso ta-le space point e ottenuto calcolando il centro di gravita del clustercorrispondente);

• Traccia ricostruita: e definita da un set di cinque parametri che carat-terizzano la traiettoria della particella, e dalla matrice di covarianzacorrispondente;

6gli oggetti TTree implementati in Root forniscono la possibilita di salvare di grossequantita di dati con un grosso risparmio di spazio disco, nel caso in cui tali dati siano tuttioggetti appartenenti alla stessa classe.

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3.2. Ricostruzione 89

• Sistema di riferimento: il sistema di riferimento (s.d.r.) globale di ALI-CE e un sistema di coordinate destrorso in cui l’asse z coincide conl’asse dei fasci e punta nella direzione opposta a quella del rivelatoredi muoni, l’asse y e verticale e punta verso l’alto, mentre l’origine eposta in corrispondenza dell’intersezione con l’asse z del piano centraledella TPC. In ricostruzione, per i rivelatori ITS, TPC e TRD, i clustere le tracce sono sempre definiti nel s.d.r. locale legato all’elemento delrivelatore a cui appartengono (es. settore della TPC, modulo dell’ITS).Tali s.d.r. locali rispettano una convenzione comune: sono sistemi dicoordinate cartesiane destrorse con l’origine e l’asse z coincidenti conquelli del s.d.r. globale e l’asse x perpendicolare al piano sensibile delvolume considerato. Tale convenzione rende piu agevole la trasforma-zione tra il s.d.r. locale e quello globale in quanto essa consiste solo inuna rotazione attorno all’asse z. In Fig.3.8 sono riportati il s.d.r. globaledi ALICE e gli angoli polare ed azimutale.

Figura 3.8: S.d.r. globale di ALICE e angoli polare ed azimutale.

Una caratteristica fondamentale della procedura di ricostruzione e la fles-sibilita, che permette la ricostruzione di un evento in un rivelatore anchequando gli altri non sono presenti. Ogni modulo di un rivelatore deve percio

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90 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

essere in grado di: ricostruire le tracce partendo dai semi (seeds) forniti daun altro rivelatore (external seeding); trovare le tracce senza utilizzare infor-mazioni provenienti da altri rivelatori (internal seeding); combinare le dueprecedenti possibilita; propagare le tracce sia nella direzione interna che inquella esterna.

3.2.1 Ricostruzione locale e ricerca del vertice prima-rio

Il primo passo e la ricostruzione locale che e svolta indipendentemente da ognirivelatore che, in questo caso, non puo scambiare informazioni con gli altririvelatori. Generalmente, la ricerca dei cluster e svolta in questa fase. Suc-cessivamente si passa alla ricostruzione del vertice primario dell’interazioneutilizzando i cluster ricostruiti nei 2 strati piu interni dell’ITS. In collisioniPb − Pb centrali, e possibile raggiungere una risoluzione di ∼ 5 µm lungol’asse z e di ∼ 35 µm nel piano trasverso.

3.2.2 Ricostruzione delle tracce nei rivelatori centrali

Caratteristiche generali

I metodi per la ricostruzione delle tracce sono classificati in globali e locali aseconda di come sono utilizzate le informazioni. Nei metodi globali, tutte lemisure disponibili sulle tracce vengono utilizzate simultaneamente, e la de-cisione di includere o meno una misura e presa quando tutte le informazionisulla traccia sono note. Algoritmi di questo tipo sono ad esempio Hough tran-sform, templates, conformal mappings. I vantaggi sono la stabilita rispettoal rumore e agli errori di misura, oltre che la possibilita di lavorare diretta-mente sui Raw Data. Lo svantaggio e che risulta necessaria la conoscenza diun modello dettagliato che permetta di descrivere globalmente e con grandeprecisione le traiettorie associate alle tracce. Questo spesso non e pero possi-bile, in quanto il trasporto delle particelle nei rivelatori e affetto da processistocastici e non analiticamente descrivibili quali lo scattering multiplo, per-dite di energia anomale dovute ad esempio a disomogeneita del materiale,traiettorie deflesse da disomogeneita del campo magnetico. . . . Per questo, inALICE, metodi globali sono stati utilizzati principalmente nell’HLT (Hight-Level Trigger) in cui risulta fondamentale la velocita di calcolo, e le traccedi maggiore interesse sono quelle ad alto impulso. Nei metodi locali non einvece necessario un modello globale per la descrizione delle tracce, in quantoi loro parametri sono stimati localmente e la decisione di accettare o menouna misura viene presa utilizzando l’informazione proveniente dalla storia

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3.2. Ricostruzione 91

precedente di tale traccia. Il vantaggio e che possono essere considerate piufacilmente particolarita locali, mentre gli svantaggi sono la necessita di poten-ti algoritmi di ricostruzione degli space point e la forte sensibilita al rumore,alle misure errate e alla parametrizzazione non precisa sull’errore dei punti.In ALICE vengono utilizzati dei sistemi di tracciamento locali e, nello speci-fico, il piu avanzato tra essi che e il Kalman filter [54]. Esso presenta diversivantaggi:

• permette di svolgere contemporaneamente la ricognizione ed il fittingdi una traccia;

• permette di escludere direttamente, durante il tracciamento, i puntierrati (ad esempio punti dovuti al rumore o ad altre tracce). Neglialtri metodi, l’esclusione di tali punti deve essere fatta in un passaggiosuccessivo di fitting ;

• rispetto ai metodi globali, permette di trattare in modo piu semplicescattering multiplo e perdite di energia;

• permette, in modo semplice, l’estrapolazione di una traccia da un rive-latore ad un altro.

Metodo di tracciamento in ALICE

In ALICE e necessario avere una buona efficienza di tracking per tracce conpT > 100 MeV/c. Per questo e d’obbligo riuscire ad affrontare i problemilegati alla presenza, in alcuni rivelatori centrali (ITS, TRD), di uno spessoredi materiale passivo notevole che non permette di trascurare ne lo scatteringmultiplo ne la perdita di energia e alla presenza di zone morte tra un rivelatoree l’altro o tra moduli adiacenti di uno stesso, che complicano l’estrapolazionedelle tracce.

E gia stato ripetuto che la ricostruzione nei rivelatori centrali di ALICEsi articola in diverse fasi: la prima (“local reconstruction”) consiste nell’iden-tificazione dei cluster in ITS, TPC, TRD, TOF, HMPID, PHOS, la secondanella stima della posizione del vertice primario e la terza nel tracking vero eproprio. In realta, le fasi di tracking e di ricerca dei cluster non sono sequen-ziali ma interative: il numero e la posizione definitiva dei cluster vengonoinfatti definiti solo al termine del tracking in quanto molti cluster risulta-no sovrapposti a causa dell’alta occupancy. Nel caso in cui fosse presenteuna sovrapposizione tra cluster dovuti a tracce diverse e non fosse possibileindividuarla, si avrebbe come conseguenza che il numero dei cluster sareb-be minore di quello reale e le loro posizioni, determinate con il metodo del

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92 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

centro di gravita, sarebbero errate. Anche la misura della carica depositatadall’interazione della particella con l’elemento sensibile del rivelatore risul-terebbe sistematicamente sovradimensionata con il conseguente errore nellavalutazione dell’energia rilasciata e quindi nell’aggiornamento dei parametridell’ipotetica traccia. (E possibile cercare di separare i cluster parzialmen-te sovrapposti studiando i massimi locali ma le capacita di questo meto-do dipendono sostanzialmente dalla distanza tra le due tracce che li hannogenerati.)

Una volta effettuata la local reconstruction, si procede alla ricostruzionecombinata delle tracce, in cui si accumulano le informazioni ottenute conrivelatori diversi. Anche in questo caso la procedura e organizzata secondouna struttura software modulare. Infatti, la ricostruzione delle tracce in ognirivelatore e eseguita da un oggetto derivato dalla classe AliTracker (ad es.,per il TOF, AliTOFTracker) istanziato dal metodo CreateTracker dell’A-liReconstructor proprio del rivelatore. Prima dell’inizio della ricostruzione,vengono caricati i tree contenenti i cluster (LoadCluster) che sono poi chiusial termine della procedura.

La ricostruzione delle tracce nei rivelatori centrali e articolata in diver-si passi: dopo aver individuato le possibili tracce (seed) nella TPC, questevengono propagate verso il vertice primario dell’interazione all’interno dellaTPC e dell’ITS, successivamente sono propagate nella direzione esterna, at-traverso il TRD, il TOF e gli altri rivelatori centrali (HMPID e PHOS) e,infine, sono estrapolate nuovamente verso il vertice. Si riportano di seguitoalcune informazioni relative a queste tre azioni.

• Come si e detto, per prima cosa vengono presi in considerazione i clusterricostruiti nella TPC (sistema principale di tracking in ALICE) ed inparticolare sulla sua superficie piu esterna in cui l’occupancy e minore.Si cercano poi di individuare le possibili tracce (seed) che altro nonsono che un insieme di cluster che si ipotizzano dovuti al passaggiodi una stessa particella. Da questi seed viene fatta una prima stimadei parametri della traccia che sara pero ancora troppo poco precisaper permetterne un’estrapolazione nei rivelatori piu esterni. A questolivello e possibile richiedere la ricostruzione delle sole tracce primarieimponendo come criterio di selezione che puntino verso la posizione delvertice primario.

• Il passaggio successivo e il prolungamento delle traccie all’interno dellaTPC, in direzione della sua superficie piu interna, tenendo sempre inconsiderazione lo scattering multiplo e la perdita di energia nell’ipotesiche la particella sia un pione. In questa fase si cerca di associare alla

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3.2. Ricostruzione 93

traccia ulteriori cluster che permettono di migliorare progressivamentei parametri della stessa. Per definire se e quali cluster associare, perogni step di propagazione della traccia si definisce un intorno del puntoin cui essa si dovrebbe trovare (se i parametri ricostruiti fossero esatti)con una dimensione dipendente dall’errore sulla posizione della tracciae da quello atteso sulla posizione del cluster. Tra tutti i cluster trovatiin tale intorno, si cerca poi quello che ha la maggiore probabilita diappartenere alla traccia.

Per quanto riguarda l’algoritmo di ricostruzione nella TPC, e possibi-le definire due tipi di efficienza: l’efficienza dell’algoritmo e l’efficienzafisica. Mentre la prima e il semplice rapporto tra il numero di traccecorrettamente ricostruite ed il numero di quelle generate, la secondatiene in considerazione anche altri fattori quali zone morte del rive-latore, inefficienza dell’elettronica, decadimenti, etc. Entrambe questeefficienze sono riportate in Fig.3.9 in funzione di pT .

• Una volta estrapolati i seed fino al raggio piu interno della TPC, siprocede con la ricostruzione nell’ITS fino a raggiungere il punto piu vi-cino possibile al vertice di interazione. In questa fase, parte dei clusterdell’ITS vengono associati alle tracce ricostruite nella TPC con un ulte-riore miglioramento dei parametri delle stesse. A causa del taglio su pTe delle zone morte tra i settori della TPC, non tutte le tracce presentinell’ITS possono essere rivelate nella TPC; di conseguenza, al terminedel procedimento sopra indicato, nell’ITS saranno presenti dei clusterliberi (non assegnati ad alcuna traccia) per i quali viene chiamato unprocedimento di tracking indipendente.

• Per migliorare ulteriormente i parametri delle tracce, il tracking ripartedal vertice primario procedendo verso l’esterno attraverso ITS e TPC.In Fig.3.10 [53] e riportata l’efficienza di tracking combinata per ITS eTPC in funzione dell’impulso e per diversi valori di molteplicita.

• Arrivati alla parete esterna della TPC, le tracce vengono estrapolate nelTRD dove e chiamata una procedura di tracking analoga alle precedenti(che migliora ancora la conoscenza dei parametri delle tracce grazieall’associazione di ulteriori cluster). Dopo l’estrapolazione nel TRD,si ha l’associazione delle tracce con i segnali del TOF, dell’HMPIDe del PHOS che forniscono altre informazioni di PID. Per le traccesupposte primarie, vengono poi calcolati diversi tempi di volo basandosisu diverse ipotesi di massa. Tali ipotesi saranno impiegate nel TOF perl’identificazione (PID) delle particelle.

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94 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

Figura 3.9: In alto: efficienza dell’algoritmo di tracking impiegato nella TPCin funzione di pT . Si puo vedere come il valore rimanga costante su tutto l’in-tervallo di impulso (a parte una piccola decrescita per pT < 0.2 GeV/c). Inbasso: efficienza fisica dell’algoritmo di tracking impiegato nella TPC in fun-zione di pT per tre diverse specie di particelle. In questo caso, la diminuzionedell’efficienza nella regione dei bassi impulsi e piu accentuata ed e dovutaalla perdita di energia, all’interazione nel materiale e ai decadimenti. Poichel’intensita di tali effetti e dipendente dal tipo di particella, l’andamento del-l’efficienza sara diverso a seconda che si considerino pioni, protoni o kaoni. Irisultati sono stati ottenuti in collisioni Pb− Pb centrali con dN/dη = 6000.

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3.2. Ricostruzione 95

Figura 3.10: Efficienza di tracking combinata per ITS e TPC in funzionedell’impulso, per diversi valori di molteplicita. L’efficienza e sempre superioreal 90% per dN/dy < 6000. La percentuale di fake (tracce con piu del 10% diHit non realmente appartenenti alla traccia) e invece molto limitata.

• In ultimo, tutte le tracce sono nuovamente interpolate, sempre con ilkalman filter, procedendo a ritroso verso il vertice di interazione (overso il raggio piu interno possibile nel caso di tracce secondarie).

• Una volta che tutte le tracce sono state ricostruite, sono utilizzate per ladeterminazione dei vertici secondari. In realta, essi possono essere cer-cati anche durante il processo di tracking, minimizzando cosı il rischioche tracce secondarie vengano estrapolate fino al vertice primario grazieall’associazione di cluster appartenenti a tracce diverse (questo rischioesiste in quanto nelle fasi iniziali del tracking si cerca di estrapolare letracce fino al vertice primario).

Tutte le informazioni sulle tracce vengono poi salvate nel file “AliE-SDs.root” sotto forma di oggetti AliESDtrack.

In conclusione possiamo dire che ogni rivelatore che contribuisce alla rico-struzione di una traccia permette di migliorare la conoscenza dei suoi para-metri. Si osserva tuttavia che richiedere che una traccia sia ricostruita in tuttii rivelatori, rappresenta una condizione piuttosto restrittiva. Infatti, mentrel’efficienza dell’algoritmo di tracking resta circa costante su tutto l’intervallodi impulso considerato, l’efficienza fisica varia fortemente col numero di rive-latori presi in considerazione (in quanto essa e vincolata dal decadimento e

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96 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

dall’interazione col materiale delle particelle oltre che dalla presenza di zonemorte nel rivelatore stesso). In particolare, come si puo notare dalla Fig.3.11,la maggior perdita di efficienza fisica si ha nel TRD, che e il rivelatore in cuie presente la maggior quantita di materiale passivo.

Figura 3.11: Efficienza fisica in funzione del momento trasverso per TPC,ITS+TPC, ITS+TPD+TRD.

3.2.3 Associazione dei segnali sul TOF alle tracce ri-costruite

Le tracce utilizzate nella procedura di matching con i segnali indotti sul TOFsono tutte quelle ricostruite nella TPC che possono essere estrapolate dallasua superficie esterna (r ∼ 2.6 m) fino a quella interna del TOF (r ∼ 3.7 m).La prima fase di tale estrapolazione e la ricostruzione della traccia all’internodel TRD; questo permette di introdurre ulteriori vincoli spaziali sulla tracciae quindi di definirne con piu precisione i parametri. Tuttavia, a causa deicriteri di qualita restrittivi applicati nella fase di ricostruzione delle traccenel TRD, che comportano l’arresto della loro estrapolazione quando lo spes-sore di materiale passivo attraversato diventa troppo grosso, una frazionesignificativa delle tracce che rilasciano un segnale sul TOF non viene pro-lungata fino allo stesso rivelatore. Poiche questo significa una grossa perditadi efficienza nell’identificazione delle particelle (effettuata con il TOF), vieneeseguita un’ulteriore procedura di estrapolazione per recuperare quelle tracce

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3.2. Ricostruzione 97

che sono state arrestate durante la ricostruzione nel TRD 7. In questo modo,quasi tutte le tracce ricostruite nella TPC che hanno dato un segnale sulTOF vengono incluse nel campione utilizzato per la procedura di matching(vedi Fig.3.12). L’inclusione di questo secondo insieme di tracce si traduce

Figura 3.12: Dipendenza dal momento a) e dalla pseudorapidita b) dellafrazione delle tracce della TPC che rilasciano un segnale sul TOF e che sonoestrapolate fino al raggio interno del TOF applicando solo l’algoritmo ditracking del TRD (istogramma scuro) o anche l’ulteriore procedura descrittanel testo (istogramma chiaro) per collisioni centrali Pb− Pb.

in un guadagno nell’efficienza di matching, a cui corrisponde una crescitalimitata delle associazioni errate. Completata la procedura di estrapolazionesul TOF, le tracce sono selezionate in base alla loro curvatura, in modo chela procedura di matching sia applicata prima a quelle con impulso maggiore(questo accorgimento permette di ridurre la frazione di associazioni errate).Il primo passo della procedura di matching consiste nella definizione, per ognitraccia, di una finestra [dϕ, dz], la cui larghezza dipende dai parametri dellatraccia e dal loro errore, e nella ricerca, tra le pad contenute al suo inter-no, di quelle che hanno dato un segnale: queste pad diventano le candidateper l’associazione. Nel passo successivo, ogni traccia e propagata attraversoil TOF fino a che non interseca una delle pad precedentemente selezionate.Nel caso cio accada, il segnale di tale pad e associato alla traccia. Successi-vamente, la stessa procedura, ma con criteri meno restrittivi, e applicata atutte quelle tracce che non hanno intercettato nessuna delle pad candidate.In questa fase, alla traccia viene associato il segnale sul TOF piu vicino alla

7Tale procedura consiste nell’estrapolazione delle tracce senza applicare i criteri di qua-lita restrittivi sopra menzionati ma cosiderando i valori medi per la densita e la lunghezzadi radiazione del materiale attraversato per tenere comunque in considerazione gli effettidi perdita di energia e di scattering multiplo.

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98 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

sua traiettoria, a condizione che la distanza non sia superiore a dmax. Nellecollisioni Pb−Pb dmax = 3cm, valore che ottimizza il rapporto tra efficienzadi matching e contaminazione (per collisioni p − p, dmax = 9 cm in quantola densita di tracce e molto inferiore). In ogni caso, per evitare ambiguitanell’associazione tra i tempi e le tracce, un segnale TOF puo essere messo inrelazione con una sola traccia.

Le prestazioni dell’algoritmo di matching possono essere definite in ter-mini di efficienza (εm) e contaminazione (Cm) definite in (3.1):

εm =Nm,t

Nreco,TOF, Cm =

Nm,f

Nm,t +Nm,f(3.1)

in cui Nreco,TOF e il numero di tracce ricostruite nella TPC che lasciano unsegnale sul TOF, Nm,t e il numero di tracce associate con il corretto segnaleTOF mentre Nm,f e il numero di quelle associate con un segnale prodottoda una diversa particella. In Fig.3.13 e riportato l’andamento dell’efficienzae della contaminazione in funzione del momento per pioni, protoni e kaoniprimari prodotti in collisioni Pb− Pb centrali.

Figura 3.13: Andamento dell’efficienza (istogramma bianco) e della conta-minazione (istogrammi grigi) della procedura di matching in funzione delmomento per pioni (a),kaoni (b) e protoni (c) primari prodotti in collisioniPb − Pb centrali. L’istogramma piu scuro (chiaro) rappresenta la contami-nazione dovuta a quelle tracce che hanno (non hanno) rilasciato un segnalesul TOF.

Per tutte e tre le specie di particelle l’efficienza aumenta con l’impulso inquanto si riduce l’influenza del multiplo scattering sull’estrapolazione dellatraccia sul TOF. L’associazione errata che determina la contaminazione, puoessere dovuta a due cause. La piu importante (riportata in Fig:3.13 nell’isto-gramma grigio chiaro) e legata alle tracce che non raggiungono fisicamenteil TOF (a causa delle loro interazione nel materiale o del decadimento delle

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3.3. Identificazione delle particelle cariche (PID) 99

particelle a cui sono associate) ma che vengono ugualmente estrapolate fino alTOF ed associate ad un segnale ovviamente non correlato. La seconda com-ponente (riportata in Fig:3.13 nell’istogramma grigio scuro) e invece dovutaalle tracce che hanno effettivamente raggiunto il TOF e vi hanno prodottoun segnale, ma che sono state associate con un segnale errato. Le prestazionidell’algoritmo di matching dipendono dalla molteplicita dell’evento (e quindidalla centralita della collisione) non tanto per il peggioramento dell’efficienzacon l’aumentare della densita di tracce (che e di qualche percento passandoda dN/dη = 2000 a dN/dη = 6000) quanto per il forte aumento della conta-minazione (quasi il il 50% nello stesso intervallo di dN/dη). In Fig.3.14 sonoriportate le prestazioni dell’algoritmo di associazione (per collisioni centraliPb−Pb) in termini della frazione di pioni (a), kaoni (b), e protoni (c) prima-ri generati nella regione |θ − 90| < 45 che sono stati associati con il giusto(istogramma grigio chiaro) o sbagliato (istogramma scuro) segnale sul TOF.Come riferimento (istogramma bianco) e riportata la frazione di particelleprimarie che raggiungono i volumi sensibili del TOF e rilasciano un Hit.

Figura 3.14: Frazione di pioni (a), kaoni (b), e protoni (c) primari generatinella regione |θ−90| < 45 che sono stati associati con il giusto (istogrammagrigio chiaro) o sbagliato (istogramma scuro) segnale sul TOF. Come riferi-mento (istogramma bianco) e riportata la frazione di particelle primarie cheraggiungono i volumi sensibili del TOF e rilasciano un Hit.

3.3 Identificazione delle particelle cariche (PID)

L’esperimento ALICE e in grado di identificare le particelle cariche con im-pulso compreso tra 0.1GeV/c e qualche GeV/c, grazie al fatto che i rivelatoriche lo compongono implementano procedure di PID tra esse complementari,sia per il tipo di particelle identificate, sia per la regione di impulso su cui

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100 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

possono operare, sia per la procedura che utilizzano. Nel caso in cui per unatraccia siano disponibili informazioni di PID provenienti da diversi rivela-tori, esistono procedure basate su un approccio Bayesiano per combinare leinformazioni ed ottenere un’identificazione piu precisa.

Per quanto riguarda i rivelatori centrali, l’insieme ITS e TPC fornisce ilvalore del momento delle tracce, tramite la misura della loro deflessione nelcampo magnetico, e l’identificazione delle particelle di impulso inferiore ad1GeV/c (regione non relativistica), tramite la misura della perdita di energiadE/dx. Per identificare particelle di impulso maggiore, vengono impiegatiTRD, TOF, HMPID e PHOS (il PHOS e utilizzato specificatamente per π0,η e fotoni diretti). La combinazione delle misure di tempo di volo, di dE/dxe di pT , permette l’identificazione di protoni, pioni e kaoni con separazionea 3σ, per π/K, tra 0.5 GeV/c e 2.5 GeV/c e per K/p, tra 0.5 Gev/c e 4GeV/c. Di seguito verra data qualche indicazione in merito alla tecnica deltempo di volo impiegata dal rivelatore TOF (si veda anche paragrafo 2.2.1).

3.3.1 Identificazione delle particelle cariche nel TOF

La tecnica del tempo di volo e applicata a tutte quelle tracce che, tramitela procedura di matching, sono state associate ad un segnale sul TOF. InFig 3.15 e riportata la capacita di PID del TOF in termini della correlazioneesistente tra il momento di una traccia (p) e la massa (M) della particellaad essa associata, calcolata a partire dal tempo di volo misurato tTOF , dallalunghezza della traccia l e dal momento p:

M =p

βγ= p

(ctTOF )2

l2− 1. (3.2)

La procedura di identificazione e basata su un approccio Bayesiano in cuiil tempo di volo misurato tTOF e scelto come parametro di discriminazione,mentre gi(t

TOF ) e la funzione di risposta del rivelatore per diverse ipotesi dimassa mi = mπ, mp, mK :

gi(tTOF ) ∼ 1

σexp−(tTOF − texpi )2/2σ2. (3.3)

In (3.3) texpi e il tempo di volo atteso per l’ipotesi di massa i, mentre σ e larisoluzione temporale totale sulla misura di tTOF 8. Il tempo di volo attesoe calcolato durante la ricostruzione della traccia come somma, per ogni step

8σ tiene in considerazione sia la risoluzione temporale propria del TOF, sia l’incertezzalegata alla lunghezza della traccia e al suo momento.

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3.3. Identificazione delle particelle cariche (PID) 101

Figura 3.15: Capacita di PID del TOF in termini della correlazione esistentetra il momento di una traccia e la massa della particella ad essa associata.I diversi colori indicano il contributo di pioni (rosso), kaoni (blu) e protoni(verde).

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102 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

di propagazione, di elementi del tipo:

∆tk =

p2k +m2

i

pk∆lk, (3.4)

in cui pk e la stima locale del momento della traccia, mentre ∆lk e la lunghezzadello step. Nota gi, ad ogni traccia e associata la probabilita condizionataPi(t

TOFi ) che essa sia dovuta ad una particella di tipo i, ovvero:

Pi(tTOF ) =

Cigi(tTOF )

Cpgp(tTOF ) + Cπgπ(tTOF ) + Ckgk(tTOF )(3.5)

in cui gi e pesato per la probabilita “a priori” Ci. L’identita della particellae definita in base a quale, tra tutte le probabilita Pi(t

TOFi ), assume il valore

maggiore. Le prestazioni di PID del TOF possono essere valutate in terminidi efficienza εPID e contaminazione CPID (definite in (3.6)),

εPID(i) =N tid(i)

N(i), CPID(i) =

Nwid(i)

N tid(i) +Nw

id(i), (3.6)

in cui N(i) e il numero di particelle del tipo i (i=π,K, p) associate con unsegnale sul TOF, N t

id(i) e il numero di particelle di tipo i correttamenteidentificate e Nw

id(i) il numero di particelle non di tipo i ma identificate cometali. In Fig. 3.16 si puo vedere come l’efficienza di identificazione per i pionisia molto alta (> 90%) e circa costante su tutto l’intervallo di impulso 0.5 <p < 6 GeV/c, mentre quella per protoni e kaoni sia leggermente inferiore edabbia una dipendenza da p. A bassi momenti cio e legato alle associazioni

Figura 3.16: Efficienza (istogramma bianco) e contaminazione (istogrammigrigi) dell’algoritmo di PID del TOF per pioni (a), kaoni (b) e protoni (c)primari prodotti in collisioni Pb− Pb centrali, in funzione dell’impulso.

errate traccia-segnale sul TOF, oltre che al decadimento dei kaoni, mentre,

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3.3. Identificazione delle particelle cariche (PID) 103

ad alti momenti, alla diminuzione del potere separatore per K/π e K/p (ipioni sono meno soggetti a questo effetto in quanto sono le particelle piuabbondanti).

Figura 3.17: Dipendenza dall’impulso dell’efficienza totale della proceduradi PID del TOF per pioni (a) kaoni (b) e protoni (c) primari generati nellaregione |θ − 90| < 45.

In Fig. 3.17 e riportata l’efficienza totale della procedura di PID del TOFrispetto alle tracce primarie generate nella regione |θ − 90| < 45. Essa elimitata dall’efficienza di ricostruzione delle tracce stesse, dalle zone mortedel TOF e dal decadimento e dall’interazione delle particelle.

L’efficienza di PID dipende anche dalla risoluzione temporale del TOF,dalla centralita dell’evento, dalla densita delle tracce (vedi [53]) oltre chedalla concentrazione relativa delle particelle (per i risultati sopra riportatisono state assunte le seguenti concentrazioni: 85% per pioni, 5% per protonie 10% per kaoni).

3.3.2 PID combinata

Nel caso in cui, per una singola traccia, siano disponibili informazioni sul pos-sibile valore della massa associata provenienti da piu rivelatori, e impiegatoun metodo di identificazione basato su un approccio Bayesiano, che permettedi combinare tutte le informazioni disponibili.

Definita la funzione di risposta di un rivelatore r(s|i) (che indica la pro-babilita che esso fornisca un segnale di PID s nel caso in cui la particella inesame sia di tipo i), la probabilita w(s|i) che la particella sia di tipo i quandoe osservato un segnale s dipende da r(s|i), ma anche dalla probabilita a priori

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104 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

Ci di trovare questo tipo di particella 9. Vale quindi la relazione:

w(i|s) =r(s|i)Ci

k=e,k,p r(s|k)Ck. (3.7)

Se consideriamo ora il sistema di N rivelatori utili per la PID come un “super-rivelatore”, la probabilita che la particella sia di tipo i a fronte del segnale s(che in questo caso e un vettore s = s1, s2, . . . , sN di segnali di PID ottenuticon ognuno degli N rivelatori) vale:

W (i|s) =R(s|i)Ci

k=e,k,pR(s|k)Ck, (3.8)

in cui Ci sono le stesse probabilita a priori di (3.7), mentre R(s|i) e la funzionedi risposta combinata per il sistema di N rivelatori. Nel caso in cui i segnalidi PID sj siano indipendenti, la funzione di risposta combinata e il prodottodelle singole r(sj|i), cioe:

R(s|i) =N∏

j=1

r(sj|i). (3.9)

Di conseguenza, la probabilita (3.8) diventa:

W (i|s) =Ci

∏Nj=1 r(sj|i)

k=e,k,pCk∏N

j=1 r(sj|k). (3.10)

In Fig. 3.18 sono riportati i risultati di efficienza e contaminazione della PIDdi kaoni, in cui sono impiegati singolarmente e in modo combinato ITS, TPC,TOF [53].

3.4 Calibrazione

Come menzionato in precedenza, per riuscire a soddisfare gli obbiettivi difisica l’esperimento ALICE dovra essere in grado di fornire una precisa iden-tificazione delle particelle prodotte nell’interazione. Questo implica che i ri-velatori impiegati nelle procedure di PID devono avere un’ottima risoluzioneche, per quanto riguarda il tempo di volo fornito dal TOF, non deve esserepeggiore di 100 ps.

9nel caso in cui Ci ed r(s|i) non sono correlate, r(s|i) riflette le sole proprieta delrivelatore, mentre Ci dipende dalle condizioni esterne.

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3.4. Calibrazione 105

Figura 3.18: Efficienza (linea continua) e contaminazione (punti) della proce-dura di PID per kaoni in funzione dell’impulso, nel caso in cui siano impiegatisingolarmente, o in modo combinato, i rivelatori ITS, TPC e TOF.

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106 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

La risoluzione temporale globale del TOF (σTOF ) e determinata dallasomma di diversi contributi ovvero:

σ2TOF = σ2

MRPC + 2σ2TDC + σ2

Clock + 2σ2ClTRM + σ2

T0 + σ2FEE + σ2

Cal (3.11)

in cui σMRPC e la risoluzione intrinseca del rivelatore (∼ 40 ps), σTDC e larisoluzione dell’HPTDC (∼ 20 ps), σClock e σClTRM sono le risoluzioni legatealle fluttuazioni sul segnale di clock (σClock ∼ 15 ps) e sulla sua distribuzioneverso le schede di front-end (σClTRM ∼ 10 ps), σT0 e l’incertezza su tempo dicollisione (∼ 50 ps) mentre σFEE e la risoluzione data dal jitter temporaledell’elettronica di front-end (∼ 10 ps). Infine, σcal indica l’incertezza residuasulla calibrazione dei ritardi caratteristici di ciascun canale (dovuti alle di-verse lunghezze dei cavi e delle piste sulle schede di elettronica) e dell’effettodi time slewing.

Come illustrato in seguito, tramite le procedure di calibrazione sia on-lineche off-line che sono state sviluppate e che verranno descritte nei prossimiparagrafi, sara possibile ottenere incertezze σcal legate al time-slewing e allaequalizzazione temporale dei canali del TOF inferiori a 30 ps.

3.4.1 Time slewing ed effetti strumentali corretti tra-

mite la calibrazione

Come la maggior parte dei rivelatori di tempo di volo, il TOF impiega ileading-edge discriminators (LED) che permettono di determinare il momen-to in cui il segnale prodotto dal rivelatore supera un valore di soglia fissato.Tale istante e fortemente influenzato dall’ampiezza del segnale e quindi dallarapidita del suo fronte di salita; questo e cio che viene definito time-slewing(vedi Fig.3.19). Esso, insieme al time jitter dovuto al rumore e alle fluttua-zioni statistiche del segnale, e il maggior responsabile dei ritardi imputabiliall’elettronica. La correzione dell’effetto di time slewing e possibile nel casoin cui siano disponibili informazioni sia sull’ampiezza del segnale che sul mo-mento in cui questo supera la soglia. Durante la calibrazione e pero possibileimpiegare anche altri parametri comunque ricavabili dai due precedenti, comela rapidita del fronte di salita o la carica rilasciata (che e proporzionale all’in-tegrale del segnale stesso). Nell’algoritmo di calibrazione off-line del TOF, sie deciso di utilizzare la larghezza del segnale che corrsponde all’intervallo trail momento in cui, prima il fronte di salita poi quello di discesa, attraversanola soglia, ovvero al Time over Threshold (ToT).

L’altra sorgente di errore che puo essere corretta con la calibrazione e il ri-tardo temporale, peculiare per ogni canale, introdotto dalla diversa lunghezzadei cavi e dalle piste di elettronica impiegate per la lettura del segnale. Infat-ti, a seconda della distanza del canale considerato dall’elettronica di read-out

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3.4. Calibrazione 107

Figura 3.19: Effetto di time slewing : due segnali, prodotti nello stesso istante,ma con ampiezze diverse superano la soglia in momenti differenti.

posta all’estremita dei supermoduli, ci si aspettano differenze dell’ordine deinanosecondi nella risposta temporale (molto maggori dei ritardi introdottidall’elettronica).

3.4.2 Calibrazione on-line

Tramite la calibrazione on-line, e possibile avere una stima preliminare deiritardi introdotti dall’elettronica su ogni canale del TOF tramite un’analisidelle distribuzioni di tTOF − texp; texp e il tempo di volo atteso nell’ipotesiche le particelle che arrivano sul TOF siano pioni partiti esattamente dalvertice dell’interazione, con velocita molto prossima a c (β ∼ 1) e traiettoriarettilinea, mentre tTOF e il tempo di volo misurato dal TOF.

In assenza di ritardi, la distribuzione tTOF − texp ha una risalita moltorapida e centrata a zero, che corrisponde al segnale prodotto dall’arrivo delleparticelle piu veloci (vedi Fig.3.20). Lo spostamento del picco dallo zero equindi una misura diretta del ritardo associato al canale.

Si osservi inoltre che il fronte di salita di tTOF−texp ha una pendenza finitasia per effetto della risoluzione temporale del TOF (σTOF = 80 ps), sia pereffetto della risoluzione con cui e noto il punto di interazione (vedi Fig. 3.21).In particolare, se il fronte di salita viene interpolato con una distribuzione diLandau, si vede che la sua σ cresce man mano che si considerano canali chesi trovano ad angoli maggiori rispetto all’asse dei fasci in quanto, per questiangoli, il contributo dovuto alla risoluzione finita del vertice di interazione e

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108 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

Figura 3.20: Spettro di tTOF −texp per un canale del TOF. E visibile un piccoin prossimita dello zero, legato al segnale prodotto all’arrivo delle particellepiu veloci (β = 1). Questo e l’andamento atteso in assenza di ritardi.

maggiore 10.

Dal punto di vista tecnico, nella procedura di calibrazione on-line, laposizione del picco viene definita a livello empirico facendo la media deivalori di tTOF − texp su un intervallo di 320 ps (∼ 4 σTOF ) partendo dalprimo bin che, insieme ai tre successivi, possiede piu dell’ 1% dei conteggitotali della distribuzione. In Fig.3.22 e riportata la distribuzione della media〈tTOF − texp〉 (posizione del picco di salita) ottenuta per un insieme di canalidel TOF.

La RMS, che corrisponde all’incertezza media per canale sulla determi-nazione del limite inferiore dello spettro (posizione del picco di salita), vale16 ps, mentre la media si discosta dallo zero di soli 9 ps 11. Andando invecea studiare l’andamento della media 〈tTOF − texp〉 in funzione del numero dimisure (N) impiegate per ogni canale si osserva che essa mantiene un valoresostanzialmente costante entro 10 ps (grafico a destra della Fig. 3.23), mentrela RMS associata mostra il tipico andamento con 1/

√N , rappresentato dalla

curva mostrata nel grafico a sinistra di Fig.3.23.

10la posizione del vertice di interazione influisce sulla larghezza della distribuzione manon sulla sua media in quanto il punto di interazione e in media centrato sullo zero.

11tale valore e probabilmente un bias residuo legato al metodo.

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3.4. Calibrazione 109

Figura 3.21: Spettri di tTOF − texp per un particolare canale del TOF. L’isto-gramma nero rappresenta uno spettro ideale mentre quello blu uno spettrorealistico. Il primo e determinato nell’ipotesi di una perfetta risoluzione siadel tempo di volo che della posizione del vertice di interazione. Il secondo einvece ricavato sulla base di misure di tempo di volo a cui e stato aggiuntosia l’effetto dovuto alla risoluzione temporale del TOF (σTOF = 80 ps) siaquello dovuto allo spostamento del vertice di interazione.

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110 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

Figura 3.22: Distribuzione della media 〈tTOF − texp〉 (posizione del picco disalita) ottenuta per un insieme di canali del TOF.

Figura 3.23: Andamento della RMS e della media in funzione del numero ditracce impiegate per ogni canale.

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3.4. Calibrazione 111

3.4.3 Calibrazione off-line

Tramite la calibrazione off-line che, rispetto alla procedura on-line si basaanche sull’informazione proveniente dal sistema di tracciamento, sara possi-bile sia perfezionare la misura dei ritardi temporali (gia ottenibile tramite lacalibrazione on-line), sia correggere per l’effetto di time-slewing(par. 3.4.1).

Per valutare le prestazioni dell’algoritmo di calibrazione, sono stati uti-lizzati eventi di Monte Carlo opportunamente simulati. In particolare, perdescrivere l’effetto di time-slewing sono stati utilizzati i risultati di test suprototipi di MRPC effettuati al PS del CERN con fasci collimati di π− e µ−

con impulso p = 7 GeV/c. Durante questi test sono state misurate le possibi-li distribuzioni del ToT (Time over Treshold), una delle quali e riportata inFig. 3.24 (a) (la struttura a piu picchi e dovuta alle caratteristiche del chipdi front-end [55]). In Fig.3.24 (b), e indicato l’andamento del corrispondentetempo di arrivo del segnale (hit time), in funzione del ToT stesso. Poiche ilvalore medio del tempo di arrivo e stato posto a zero, la distribuzione mo-stra sia valori positivi che negativi e gli spostamenti dallo zero rappresentanoproprio l’effetto di time-slewing (le zone piu dense corrispondono ai picchidel grafico (a) ) 12.

Figura 3.24: a) distribuzione di ToT ottenuta con i dati di test beam. b)tempo di arrivo, con la media centrata a zero, in funzione del ToT definitoin a). Gli scarti rispetto allo zero sono dovuti agli effetti di time-slewing.

Per riuscire a simulare tale effetto, e quindi necessario trovare una fun-

12Nella realta, ogni canale sara calibrato indipendentemente dagli altri, in quanto po-trebbe mostrare proprieta di time slewing peculiari. Nei dati simulati si e assunto persemplicita un comportamento comune per tutti i canali.

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112 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

zione che ne descriva la dipendenza dal ToT. Tale funzione e mostrata inFig.3.25 che riporta, per ogni bin del ToT della figura precedente, il valoremedio di tutti i tempi di arrivo appartenenti al bin stesso. La curva e un fitdei dati con un polinomio di quinto grado.

Figura 3.25: Tempo medio di arrivo del segnale centrato a zero in funzionedel ToT. Le curve rappresentano il fit dei dati fatto con un polinomio diquinto grado. Gli scarti rispetto allo zero dei tempi misurati (hit time) sonodovuti agli effetti di time slewing.

Per sviluppare la procedura di calibrazione, per ogni traccia di un campio-ne di eventi HIJING Pb−Pb, e stato generato un segnale di ToT in accordocon la distribuzione di Fig. 3.24. Il contributo di time slewing e stato quindiintrodotto a livello di digitizzazione dei segnali del TOF, in accordo con ladistribuzione polinomiale del quinto ordine. E stato poi inserito un ulterioreritardo di 2 ns per simulare un eventuale shift introdotto dal cablaggio. Inquesto modo, ad ogni traccia e associato un segnale temporale mis-calibrato.

La procedura di calibrazione dovrebbe essere in grado di identificare iritardi introdotti e di estrarre il segnale iniziale.

A tal fine, l’algoritmo di calibrazione considera, per ogni canale, tracceben ricostruite che rilasciano un segnale in quella pad ed e basato sull’analisidella distribuzione delle differenze temporali ∆t = texp − tTOF , dove texp e iltempo aspettato calcolato durante il tracking per una certa ipotesi di massa(vedi par. 3.4.3). Questo fa si che la procedura sia indipendente sia dalladispersione dovuta allo spettro in impulso delle tracce considerate, sia dalle

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3.4. Calibrazione 113

differenti risposte in termini di tempo di volo dovute alle diverse specie diparticelle presenti. Nel caso di una corretta identificazione di particelle (chedefinisce il valore di texp) e di assenza di decalibrazione (che influenza invecetTOF ), il valore medio della distribuzione di ∆t dovrebbe essere centrato azero, con una larghezza determinata solo dalla risoluzione del TOF. A questolivello, le procedure di PID impiegate non possono pero essere quelle descrittein par. 3.3.1 in quanto assumono che i segnali temporali del TOF non sianoaffetti da alcuna sorgente di ritardo. Con un approccio di tipo combinatoria-le, l’identita delle particelle viene invece assegnata sfruttando la tecnica diminimizzazione del χ2. Una volta assegnata l’identita della traccia, la distri-buzione del ∆t ha una larghezza maggiore rispetto a quella definita dalla solarisoluzione del TOF, a causa degli effetti di time-sleving che peggiorano larisoluzione temporale e la sua media e spostata dallo zero, a causa dei ritardiintrodotti. Lo spostamento della media rispetto a zero e l’allargamento delladistribuzione sono i due fattori che devono essere valutati dalla procedura dicalibrazione.

Algoritmo combinatoriale di PID

Poiche la calibrazione e sensibile alla corretta identificazione delle particelle,devono essere definiti dei criteri stringenti per ridurre al minimo la possibi-lita di un’identificazione errata. Di conseguenza, solo particolari tracce sonoselezionate per essere impiegate nella calibrazione:

• sono considerate solo le tracce che hanno raggiunto il TOF e vi hannoprodotto un segnale in quanto si ha bisogno dell’informazione di tempodi volo;

• le tracce con momento p < 0.8 GeV/c sono escluse in quanto in questaregione l’efficienza dell’associazione tra le tracce ed i segnali sul TOFe scarsa inoltre, le tracce con p > 1.8 GeV/c sono escluse in quanto laseparazione di π, k, p e ottimale al di sotto di questa soglia;

• le tracce devono avere un’ottima estrapolazione al vertice primario perassicurare un corretto calcolo dei tempi attesi.

Al campione di tracce cosı selezionato, viene applicata la procedura com-binatorale di identificazione delle particelle. Le tracce sono suddivise in setdi N tracce ciascuno, e per ogni set e applicato l’algoritmo combinatorialeche cerca la combinazione migliore Cbest(m1, ·, mN) tra le 3N ipotesi di massatramite la minimizzazione del χ2:

χ2(C) =∑

i=1...,N

[t0i (mi) − 〈t0(C)〉]2σ2i

, (3.12)

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114 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

in cui t0i (mi) = texpi (mi)− tTOFi e la differenza tra il tempo misurato e quelloatteso nell’ipotesi di massa mi, σi e l’errore su t0i :

σ2i = σ2(texpi (mi)) + σ2(tTOFi ), (3.13)

mentre

〈t0(C)〉 =∑

i=1,...,N

t0i (mi)/σ2i

σ2i

, (3.14)

e la media degli offset t0 per la combinazione di massa Cbest(m1, m2, ·, mN).La combinazione di massa Cbest corrispondente al valore minimo di χ2 e sceltaper assegnare ad ogni traccia la sua identita.

Dopo la selezione delle tracce e l’applicazione dell’algoritmo combinato-riale per la PID, e svolto l’ultimo passaggio dalla procedura di calibrazioneovvero la determinazione dei parametri della calibrazione stessa. Cio vienefatto con un metodo identico a quello impiegato nella fase dell’analisi deidati di test beam ovvero la distribuzione dei tempi decalibrati delle tracceselezionate in funzione del loro ToT simulato e interpolata con una funzionepolinomiale del 5 ordine. I parametri del fit sono utilizzati come parametridella calibrazione.

Figura 3.26: (a):distribuzione di texp − tTOF per calibrazione ideale, (b) di-stribuzione di texp − tTOF per tracce con decalibrazione, (c) distribuzione ditexp − tTOF,cal dopo la calibrazione, con sovrapposti fit gaussiani.

In Fig.3.26 (a) e riportato l’andamento di texp − tTOF , per le tracce sele-zionate in base ai criteri sopra riportati, ottenuto per sette collisioni centraliPb − Pb simulate con HIJING in assenza di ritardi e di effetti di time sle-wing. In Fig.3.26 (b) e invece riportato l’andamento di texp − tTOF per lestesse tracce dopo aver inserito un ritardo di 2 ns e l’effetto di time slewing.Si puo notare come la distribuzione di texp − tTOF sia centrata a ∼ −2 ns,

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3.4. Calibrazione 115

come ci si aspetta, mentre la larghezza della distribuzione (ben interpola-ta con una gaussiana) e maggiore in (b) rispetto ad (a) in quanto, in (a),e determinata dalla risoluzione temporale del TOF (σTOF ∼ 80 ps) e dal-l’incertezza legata alla ricostruzione delle tracce (σreco ∼ 30 ps), mentre in(b) si somma anche il contributo dovuto alla dispersione sul tempo misu-rato introdotta dal time slewing. La calibrazione dovrebbe essere in gradodi ricondurre la larghezza della distribuzione al valore riportato in (a). In(c) e mostrato l’andamento di texp − tTOF,cal sempre per lo stesso campionedi tracce dopo la procedura di calibrazione. Si puo osservare che la mediadella distribuzione e riportata a valori prossimi allo zero, e la sua larghezzae nuovamente dell’ordine di 90 ps. Confrontando percio i valori delle σ per itre grafici di Fig.3.26 (σ(texp− tTOF,ND) = 92.7 ps, σ(texp− tTOF ) = 104.9 pse σ(texp − tTOF,cal) = 93.8 ps) si puo porre un limite superiore all’incertezzaresidua di calibrazione σcal di ∼ 14 ps che, ovviamente, dipende dal numerodi tracce selezionate per ogni canale, che vengono utilizzate per ottenere iparametri della calibrazione a partire dalla funzione polinomiale del quintoordine. Analizzando campioni di tracce di crescente statistica, si osserva in-fatti che all’aumentare del numero di tracce impiegate si ha una diminuzionedell’incertezza della procedura di calibrazione, che raggiunge valori di ∼ 10ps gia per ∼ 500 tracce/canale.

Inoltre, noto il numero di tracce utilizzabili per evento e per canale, epossibile ricavare il numero di eventi necessari per avere un certo livello diprecisione. In particolare, se Ntr e il numero di tracce ben ricostruite perevento e per singolo canale del TOF che possono essere impiegate nella ca-librazione e k e la probabilita per canale e per evento di avere una tracciautile, il numero di eventi necessario e:

Nev = Ntr1

k. (3.15)

Per avere una risoluzione σcal ∼ 15 ps, sono necessarie circa 350 tracce percanale. Nel caso di eventi Pb − Pb, il numero di tracce utili per evento e∼ 1000. Considerando che il TOF ha ∼ 160000 canali, k = 0.0063 per cui ilnumero di eventi necessario e ∼ 50000. Nel caso di collisioni p−p, supponendoche l’andamento di σcal con il numero di tracce sia simile a quello che si haper Pb− Pb, e noto il fatto che la molteplicita carica e circa un fattore 103

inferiore rispetto a Pb− Pb, saranno necessari ∼ 107 eventi.In definitiva, l’algoritmo di calibrazione off-line e in grado di correggere i

tempi di volo misurati sia dall’effetto di time-slewing che dai ritardi tempo-rali introdotti dall’hardware. L’incertezza residua σcal e legata alla statisticadisponibile ovvero dal numero di tracce o di eventi utilizzabile. Considerato ilrate di acquisizione di ALICE, sara possibile ottenere la statistica necessaria

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116 Capitolo 3. Simulazione, Ricostruzione, PID e Calibrazone

per avere un’ottima risoluzione in un tempo limitato, gia durante la primafase di presa dati.

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Capitolo 4

Allineamento del TOF

Nel capitolo precedente e stato illustrato il ruolo del TOF nell’identificazio-ne delle particelle e quindi l’importanza di determinare i tempi di volo e lequantita utilizzate nella procedura di PID con la massima accuratezza pos-sibile. Sono state poi evidenziate le procedure di calibrazione impiegate percorreggere i ritardi caratteristici di ciascun segnale e l’effetto di time slewing.Un ulteriore effetto strumentale che influisce sulle prestazioni del TOF e ilmisallineamento dei suoi volumi sensibili, ovvero le deviazioni delle posizionireali di tali volumi rispetto a quelle ideali definite nelle schede di progetto.

Le cause del misallineamento sono principalmente due: la deformazio-ne dello space frame 1 dovuta al peso del rivelatore stesso (valori realisticisembrano essere un aumento del diametro orizzontale di ∼ 2 mm ed unadiminuzione di quello verticale di ∼ 5 mm) e le tolleranze di tipo meccani-co. Rientrano in questa seconda categoria: le incertezze nella posizione dellestrip all’interno di ogni modulo dovute alla tolleranza (inferiore al mm) delle4 viti con cui sono fissate al suo interno, le incertezze nella posizione di ognimodulo a causa della tolleranza (inferiore al mm) delle strutture con le qualisono fissati all’interno di ogni supermodulo, le incertezze nella posizione deisupermoduli a causa della tolleranza (∼ 5mm) delle guide tramite le quali so-no inseriti nello space frame, oltre che le incertezze associate alla costruzionedello space frame stesso.

La prima parte dei risultati presentati in questo capitolo riguarda unavalutazione, per alcuni casi esemplificativi, dell’influenza del misallineamentosulla ricostruzione del TOF, e in particolare sull’efficienza di associazionetracce-segnale (matching) e sulle grandezze impiegate nelle procedure di PID(paragrafi 4.1 e 4.2).

Per definire la geometria reale dei volumi sensibili del TOF e quindi elimi-

1La struttura cilindrica di supporto per il TRD ed il TOF, si veda Cap.2

117

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118 Capitolo 4. Allineamento del TOF

nare questi effetti strumentali, sono in fase di implementazione due procedureche permettono di misurare i misallineamenti. La prima sfrutta la ricostru-zione delle tracce, mentre la seconda (survey) la possibilta di conoscere leposizioni di quattro particolari punti (fiducial mark) di ogni supermodulotramite misure di triangolazione. La seconda parte dei risultati presentatiin questo capitolo riguarda lo studio di queste due procedure (si vedano iparagrafi 4.3.1 e 4.3.2).

4.1 Influenza del misallineamento sull’efficien-

za di matching

Come menzionato nel par.3.3.1, la tecnica del tempo di volo impiegata dalTOF per l’identificazione delle particelle e applicata a tutte quelle tracce chesono state associate ad un segnale sul TOF e che si suppone siano primarie.Risulta quindi rilevante massimizzare l’efficienza della procedura di matching.Tale efficienza e sensibile al misallineamento dei volumi sensibili del TOF chesi ha nel caso in cui la posizione reale di tali volumi non coincide con quellaideale. Infatti, nel caso in cui la geometria assunta durante la proceduradi ricostruzione non coincida con quella reale, si possono avere associazionierrate tra le tracce ed i segnali sul TOF e ci si attende che l’efficienza dimatching diminuisca, mentre la contaminazione cresca.

Per gli studi riportati di seguito, sono stati utilizzati eventi centrali (pa-rametro d’impatto 0-5 fm) Pb−Pb a 5.5TeV/A nel centro di massa, simulaticon HIJING, con un campo B = 0.5 T. La geometria assunta nella simula-zione e quella ideale. A titolo illustrativo, in Fig.4.1 e riportato lo spettro inimpulso delle tracce degli eventi simulati. E possibile vedere come tra 0.25GeV/c e 2.5 GeV/c, intervallo in cui l’efficienza di PID del TOF e ottimale,l’andamento sia esponenziale.

Per valutare l’effetto del misallinamento, tutti gli eventi sono stati rico-struiti sia applicando la geometria ideale che una in cui e stato introdotto unmisallineamento globale in z (che coincide con l’asse dei fasci) di +1 cm.

In entrambe i casi, per ogni evento, le tracce ricostruite (ESD) sono stateselezionate nel modo seguente:

• tracce che hanno raggiunto i volumi sensibili del TOF (ReachTOF ) eche hanno rilasciato un segnale;

• tracce associate al segnale corretto (GoodMatch) sul TOF;

• tracce associate ad un segnale errato (BadMatch) sul TOF;

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4.1. Influenza del misallineamento sull’efficienza di matching 119

Tracce vs p

Entries 398867

Mean 0.4977

RMS 0.3676

Impulso (GeV/c)0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 5

# tr

acce

210

310

410

510

Tracce vs p

Entries 398867

Mean 0.4977

RMS 0.3676

Distribuzione in impulso delle tracce Tracce vs p

Mean 0.4943

RMS 0.3777

Impulso (GeV/c)0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 5

Per

cen

tual

e tr

acce

0

5

10

15

20

25

30

35

40

Tracce vs p

Mean 0.4943

RMS 0.3777

Distribuzione percentuale in impulso delle tracce

Figura 4.1: Spettro in impulso delle tracce degli eventi Pb− Pb simulati edutilizzati per l’analisi qui riportata.

• tracce associate ad un segnale sul TOF (Match), somma delle Good-Match e delle BadMatch;

Tramite queste quattro categorie di tracce sono state analizzate, sia nelcaso di ricostruzione con geometria ideale che nel caso di ricostruzione congeometria misallineata, le seguenti distribuzioni:

• distribuzione in funzione dell’impulso delle tracce che raggiungono ilTOF;

• distribuzione in funzione dell’impulso delle tracce associate ad un se-gnale sul TOF;

• distribuzione in funzione dell’impulso delle tracce associate al segnalecorretto;

• distribuzione in funzione dell’impulso delle tracce associate ad un se-gnale errato;

• andamento in funzione dell’impulso dell’efficienza di matching (ε), de-finita come rapporto tra le tracce associate al segnale corretto e quelle

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120 Capitolo 4. Allineamento del TOF

che raggiungono il TOF ovvero:

ε =GoodMatch

ReachTOF; (4.1)

• andamento in funzione dell’impulso della contaminazione (C), definitacome rapporto tra le tracce associate ad un segnale errato e quellegenericamente associate (indipendentemente che sia in modo correttoo errato), ovvero:

C =BadMatch

Match. (4.2)

In Fig.4.2 e riportata la distribuzione in funzione dell’impulso delle trac-ce che raggiungono il TOF 2. Si puo notare come per p < 0.25 GeV/c il

hReachTOFEntries 99767Mean 0.7131RMS 0.4015

Track Momentum (GeV/c)0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 5

# o

f T

rack

s R

each

ing

TO

F

0

5000

10000

15000

20000

25000

30000

35000

hReachTOFEntries 99767Mean 0.7131RMS 0.4015

Tracks Reaching TOF vs Momentum

Figura 4.2: Spettro in impulso delle tracce che raggiungono il TOF.

numero di tracce che raggiungono il TOF e ∼ 0 a causa del taglio in impul-so introdotto dal campo magnetico, e come l’andamento sia simile a quelloriportato in Fig.4.1 solo per impulsi superiori a 0.5 GeV/c. Infatti, mentre ilnumero di particelle generate con 0.25 < p < 0.5 GeV/c e molto maggiorerispetto a quelle generate con 0.5 < p < 0.75 GeV/c, il numero di tracceche raggiungono il TOF e maggiore nell’intervallo 0.5 < p < 0.75 GeV/crispetto a 0.25 < p < 0.5 GeV/c. Cio e dovuto dalla dipendenza da p dellaperdita di energia. Assumendo infatti che le particelle prodotte siano pioni,

2Esso e identico sia nel caso di ricostruzione ideale che in quella misallineata in quantoil numero di hit sul TOF resta costante, essendo determinato in fase di simulazione.

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4.1. Influenza del misallineamento sull’efficienza di matching 121

per 0.25 < p < 0.5 GeV/c β< 0.96 che e il valore a cui corrisponde il minimonella formula di Bethe-Bloch. Di conseguenza, si e ancora nella regione incui all’aumentare di β si ha una diminuzione della perdita di energia pereccitazione/ionizzazione. Quindi, particelle con impulso maggiore hanno me-no probabilita di perdere energia e quindi maggiore possibilita di arrivare alTOF. Tutto cio vale a maggior ragione, se le particelle hanno massa maggioredi quella dei pioni in quanto, a parita di impulso, hanno una β inferiore equindi una maggior perdita di energia (e una minor probabilita di arrivaresul TOF).

In Fig.4.3 e riportato lo spettro in impulso delle particelle che sono stateassociate a segnali sul TOF, sia nel caso di ricostruzione ideale (sinistra) chenel caso di ricostruzione misallineata (destra). E possibile vedere, dal nume-

Figura 4.3: Spettro in impulso delle tracce che sono state associate a segnalisul TOF in configurazione ideale (sinistra) e misallineata (destra).

ro di entries degli istogrammi, come il numero di tracce associate a segnalisul TOF sia maggiore nel caso ideale rispetto a quello misallineato di circaun 2.5 %. La differenza e relativamente piccola in quanto il misallineamentointrodotto e di 1 cm in z, mentre la distanza massima che puo intercorreretra la pad candidata all’associazione ed il punto estrapolato (dcut) e 3 cm.Di conseguenza, non vengono piu associate le tracce la cui estrapolazione epiu distante (2-3 cm) dall’hit sul TOF che, evidentemente, sono poche. Que-sto e una prova indiretta dell’adeguatezza degli algoritmi di ricostruzioneed estrapolazione delle tracce (per cui l’hit prodotto sta nella zona centraledella finestra entro la quale si cercano le pad candidate) e indica che effettimacroscopici sulle prestazioni dell’algoritmo di associazione sono attesi soloper misallineamenti di diversi cm (che plausibilmente non si verificheranno).Si puo anche notare come per p > 0.5 GeV/c quasi tutte le tracce che rag-

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122 Capitolo 4. Allineamento del TOF

giungono il TOF sono associate ad un segnale su di esso mentre un terzo diquelle con 0.25 < p < 0.5 che raggiungono il TOF non riescono a comple-tare la procedura di matching, indipendentemente che la ricostruzione sia ingeometria ideale o misallineata. Questo e legato all’efficienza di ricostruzionedelle tracce a bassi impulsi.

In Fig.4.4 e riportato lo spettro in impulso delle tracce associate al cor-retto segnale sul TOF nel caso ideale (sinistra) e misallineato (destra). La

Figura 4.4: Spettro in impulso delle tracce che sono state associate ai correttisegnali sul TOF, in configurazione ideale (sinistra) e misallineata (destra).

distribuzione risulta molto simile nei due casi, anche se il numero di traccecorrettamente associate e maggiore nel caso ideale risetto a quello misalli-neato e la differenza risulta ovviamente maggiore rispetto alla differenza trale tracce Match, in quanto non influiscono solo le tracce che non sono piuassociate, ma anche quelle che si perdono in quanto associate ad un segnaleerrato. Confrontando la Fig.4.4 con la Fig.4.3 si puo notare come, mentreper p > 0.5 GeV/c la maggioranza delle tracce Match sono GoodMatch, per0.25 < p < 0.5 GeV/c soltanto la meta sono correttamente associate, sempreper la maggiore difficolta nella ricostruzione ed estrapolazione della traccia acausa di fenomeni stocastici quali lo scattering multiplo (che sono piu rilevantia basso impulso).

In Fig.4.5 e riportato lo spettro in impulso delle tracce associate ad unsegnale errato sul TOF nel caso di una geometria ideale (sinistra) e misalli-neata (destra). Ancora lo spettro e molto simile nei due casi, anche se, comesi puo dedurre dal numero di entries, il numero di associazioni errate aumen-ta nel caso misallineato. La differenza e dovuta principalmente a tracce conbassi impulsi.

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4.1. Influenza del misallineamento sull’efficienza di matching 123

Figura 4.5: Spettro in impulso delle tracce che sono state associate a segnalisul TOF errati, in configurazione ideale (sinistra) e misallineata (destra).

Per studiare l’influenza del misallineamento sulle prestazione dell’algo-ritmo di matching e stato confrontato l’andamento dell’efficienza nel casoideale e in quello misallineato in funzione di p. Tali andamenti sembranoessere simili e compatibili con quelli di Fig.3.13.

Per rendere piu evidenti le differenze, in Fig.4.6 e riportato l’andamentocon l’impulso del rapporto tra l’efficienza misallineata e quella ideale. Si puo

Track Momentum (GeV/c)0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5

Mis

alig

ned

Eff

icie

ncy

/ Id

eal E

ffic

ien

cy

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

Efficiency Mis/Id vs Momentum

Figura 4.6: Andamento con l’impulso del rapporto tra l’efficienza nel casomisallineato e quello ideale.

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124 Capitolo 4. Allineamento del TOF

notare sia come l’efficienza nel caso misallineato sia inferiore a quella ideale(come era intuibile dal fatto che il numero di GoodMatch, diminuisce) siacome il rapporto si mantiene su un valore costante su tutto l’intervallo diimpulso. Possiamo quindi concludere che un misallineamento in z di 1 cmproduce una riduzione dell’efficienza di matching dell’ordine del 5%.

Un confronto analogo e stato fatto per la contaminazione. Sempre perrendere piu evidenti le differenze, in Fig.4.7 e riportato l’andamento conl’impulso del rapporto tra la contaminazione misallineata e quella ideale.Si osserva che la contaminazione nel caso misallineato e superiore a quella

Track Momentum (GeV/c)0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5M

isal

ign

ed C

on

tam

inat

ion

/ Id

eal C

on

tam

inat

ion

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

Contamination Mis/Id vs Momentum

Figura 4.7: Andamento con l’impulso del rapporto tra la contaminazione nelcaso misallineato e quello ideale.

ideale, e le variazioni sono anche in questo caso di qualche percento (1-10%).Uno studio analogo a quello appena riportato e stato fatto anche in fun-

zione della pseudorapidita delle tracce. In particolare, e stato osservato che ilrapporto tra efficienza ideale e misallineata (Fig.4.8) presenta un andamentocirca costante per −1 < η < 1, e la perdita di efficienza e sempre del ∼5%,come atteso.

Un’analisi analoga (sia in p che in η) e stata fatta considerando eventiPb−Pb simulati con HIJING (mantenendo sempre gli stessi parametri dellasimulazione riportata precedentemente), assumendo una geometria ellitticadel TOF nell’ipotesi di una deformazione dello space frame dovuta al pesodel rivelatore. Si e assunto una diminuzione dell’asse verticale ed un aumentodi quello orizzontale di 1 cm. La ricostruzione e stata fatta sia assumendouna geometria ideale che una misallineata sempre secondo gli stessi parametri

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4.2. Effetto del misallineamento sui parametri temporali 125

ratiovsetaMean -0.001252RMS 0.5764

Eta-1 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 -0 0.2 0.4 0.6 0.8 1

Mis

alig

ned

Eff

icie

ncy

/ Id

eal E

ffic

ien

cy

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

ratiovsetaMean -0.001252RMS 0.5764

Efficiency Mis/Id vs Eta

Figura 4.8: Andamento in funzione di η del rapporto tra l’efficienza nel casoideale e quella nel caso misallineato.

dell’ellisse. I risultati ottenuti sono assolutamente analoghi al caso precedentein quanto l’entita della deformazione e dello stesso ordine di grandezza.

4.2 Effetto del misallineamento sui parametri

temporali

Il misallineamento dei volumi sensibili del TOF puo influenzare la capacitadi PID del TOF sia perche limita l’efficienza di matching delle tracce, siaperche altera la determinazione del tempo di volo integrato (texp) calcolatoin fase di ricostruzione e utilizzato nella procedura di PID del TOF in quantoproduce una variazione della lunghezza della traccia.

Per i risultati riportati di seguito sono stati utilizzati eventi in cui sonostati generati esclusivamente pioni (che costituiscono la specie piu abbon-dante anche in eventi realistici), sempre in un campo magnetico B = 0.5 T.La geometria assunta nella simulazione e quella ideale; la ricostruzione einvece stata effettuata sia nella configurazione ideale che introducendo unmisallineamento globale di 3 cm in z 3.

In Fig.4.9 e riportato l’andamento della differenza (in ps) tra il tempointegrato calcolato in configurazione ideale ed il tempo integrato calcolato

3La scelta di questo valore sovrastimato rispetto ai misallineamenti attesi e stata dettatadalla volonta di rendere gli effetti introdotti piu evidenti

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126 Capitolo 4. Allineamento del TOF

Figura 4.9: Andamento della differenza tra tempo integrato calcolato in con-figurazione ideale e tempo integrato calcolato in configurazione misallineata(Delta Time).

in configurazione misallineata (Delta Time). Come atteso, la distribuzioneha un andamento circa simmetrico centrato sullo zero. Infatti, definita lid lalunghezza della traccia associata ad una particella in configurazione idealee lmis la lunghezza della stessa traccia in configurazione misallineata, ci siaspetta che, per le tracce associate a particelle che lasciano segnali sullestrip di un supermodulo installate nella regione a z < 0 valga lmis > lid, equindi Delta Time < 0, mentre per quelle associate a particelle che lascianosegnali sulle strip a z > 0 valga lmis < lid, e quindi Delta Time > 0. Ci siaspetta inoltre che la differenza cresca quanto piu ci si avvicina agli estremidel supermodulo. Si noti che i valori massimi riportati ( ∼ ±70 ps) sonoconsistenti con i ritardi (o gli anticipi) dovuti ad un misallineamento di 3 cmin z.

Per avere conferma di questo andamento in funzione di z appena descrit-to, in Fig.4.10 e riportato l’andamento della differenza tra il tempo integratoin configurazione ideale e quello calcolato in geometria misallineata in termi-ni dell’indice del canale che fornisce il segnale (Channel ID) che, per comee definito, e strettamente legato alla coordinata z del canale. E infatti pos-sibile vedere come essa cresca all’avvicinarsi agli estremi del supermodulo incorrispondenza ai quali vale ∼ 70 ps. Il fatto che l’andamento del grafico noncoincida esattamente con una retta e dovuto alla particolare orientazione del-le strip, adottata per minimizzare l’angolo di impatto delle tracce e limitare

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4.2. Effetto del misallineamento sui parametri temporali 127

Channel ID0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 9000

Del

ta T

ime

(ps)

-80

-60

-40

-20

0

20

40

60

80

Integrated Time Ideal - Integrated Time Misaligned

Figura 4.10: Andamento della differenza tra il tempo integrato in configura-zione ideale e quello calcolato in geometria misallineata in termini dell’indicedel canale che fornisce il segnale (che dipende linearmente dalla coordinataz).

le zone di overlap.

Dai grafici sopra riportati risulta quindi evidente come il misallineamentoinfluisca sul tempo di volo integrato e come, dalla sua variazione rispetto alcaso ideale, sia possibile ricavare informazioni sull’entita dei misallineamentistessi.

La grandezza che sara pero possibile determinare durante le fasi di ac-quisizione dati dell’esperimento non e Delta Time, ma e la differenza tra iltempo di volo misurato dal TOF e quello integrato. Sarebbe quindi utile cheanche da essa si potessero ricavare informazioni sui misallineamenti. Come sipuo vedere dalla Fig.4.11 questo e possibile perche, nel caso di una configu-razione ideale, la distribuzione e centrata in zero con una dispersione dovutaagli errori sui due tempi e non mostra alcuna dipendenza dall’indice del ca-nale che ha prodotto il segnale, mentre nella configurazione misallineata siha una chiara dipendenza dal Channel ID. Questo andamento e anche re-sponsabile del fatto che la σ della distribuzione della differenza tra il tempodi volo integrato e quello misurato dal TOF sia maggiore nel caso misalli-neato rispetto al caso di una ricostruzione in geometria ideale. Cio e infattiosservabile dai grafici di Fig.4.12, che possono essere interpretati come unaproiezione sull’asse y dei punti dei grafici di Fig.4.11.

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128 Capitolo 4. Allineamento del TOF

Channel ID0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 9000

TO

F T

ime

- In

teg

rate

d T

ime

(ps)

-400

-300

-200

-100

0

100

200

300

400

500

TOF Time - Integrated Time (ideal)

Channel ID0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 9000

TO

F T

ime

- In

teg

rate

d T

ime

(ps)

-300

-200

-100

0

100

200

300

400

TOF Time - Integrated Time (misaligned)

Figura 4.11: Andamento della differenza tra il tempo di volo misurato dalTOF ed il tempo integrato (nell’ipotesi che la massa sia quella di un pione)in funzione dell’indice del canale che ha prodotto il segnale nel caso di unaconfigurazione ideale (in alto) e di una misallineata (in basso).

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4.2. Effetto del misallineamento sui parametri temporali 129

/ ndf 2χ 37.01 / 27

Constant 5.5± 205.1

Mean 0.00183± -0.01864

Sigma 0.00139± 0.08578

Int Time-TOF Time (ns)-2 -1.5 -1 -0.5 0 0.5 1 1.5 20

20

40

60

80

100

120

140

160

180

200

220 / ndf 2χ 37.01 / 27

Constant 5.5± 205.1

Mean 0.00183± -0.01864

Sigma 0.00139± 0.08578

Integrated Time -TOF Time (ideal)

/ ndf 2χ 31.63 / 27

Constant 3.7± 105.7

Mean 0.00280± -0.01865

Sigma 0.0022± 0.1002

Int Time-TOF Time (ns)-2 -1.5 -1 -0.5 0 0.5 1 1.5 20

20

40

60

80

100

/ ndf 2χ 31.63 / 27

Constant 3.7± 105.7

Mean 0.00280± -0.01865

Sigma 0.0022± 0.1002

Integrated Time -TOF Time (misaligned)

Figura 4.12: Differenza tra il tempo di volo misurato dal TOF ed il tempointegrato nel caso di ricostruzione in geometria ideale (in alto) e nel caso diricostruzione in geometria misallineata (in basso).

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130 Capitolo 4. Allineamento del TOF

4.3 Procedure di allineamento del TOF

Nei paragrafi precedenti e stato illustrato come il misallineamento influiscasulle prestazioni di PID del TOF, sia perche limita l’efficienza di matchingdelle tracce sia perche altera la determinazione del tempo di volo integrato.Per poter ottenere prestazioni ottimali risulta quindi necessario riuscire adeterminare le posizioni reali dei volumi sensibili del TOF, o meglio le devia-zioni della loro posizione reale rispetto a quella ideale, in modo da applicarela geometria corretta in fase di ricostruzione ed eliminare cosı questi effettistrumentali. Le procedure che vengono impiegate per questo scopo sono due:la prima e basata sulla ricostruzione delle tracce, mentre la seconda utilizzamisure di precisione della posizione di punti di riferimento sul TOF (survey).

Entrambe sfruttano le potenzialita del pacchetto di geometria di ROOTche permette di descrivere volumi complessi secondo una struttura modularee gerarchica ovvero definendo come volumi distinti le singole parti dell’oggettoche vengono poi posizionate le une dentro o rispetto alle altre. Questo fa siche, se si hanno piu volumi inseriti uno dentro l’altro, se viene modificata laposizione di uno di questi, viene cambiata allo stesso modo la posizione ditutti i volumi in esso contenuti. Questa proprieta e utile per quanto riguardala descrizione della geometria del TOF in quanto i volumi sensibili di cui sivuole conoscere la posizione sono le strip che sono inserite in moduli, chea loro volta sono uniti per costruire un supermodulo che, infine, e inseritonello space frame. Di conseguenza, la posizione delle strip e influenzata daeventuali spostamenti dei volumi che le contengono.

Definiamo volume allineabile un volume per il quale e possibile definirela posizione reale o in cordinate globali, ovvero rispetto al sistema di rife-rimento globale di ALICE, o in coordinate locali, ovvero rispetto al primovolume in cui e contenuto, tramite le procedure di allineamento. Tecnica-mente, tale posizione, ovvero l’informazione restituita da queste procedure,non e in realta definita in termini assoluti (locali o globali), ma in terminidi uno spostamento rispetto alla posizione ideale (misallineamento). Esso ecompletamente determinato tramite sei parametri: tre (∆x,∆y,∆z) che defi-niscono la traslazione lungo gli assi x, y, z, mentre altri tre (∆ψ,∆θ,∆φ) chedefiniscono una rotazione tramite tre angoli di Eulero secondo la convenzione“roll-pitch-yaw” attiva (si veda la Fig.4.13) 4. A questi sei parametri e poiassociata una matrice, la matrice di misallineamento.

4∆ψ (yaw)indica la rotazione attorno all’asse z, ∆θ (pitch) una rotazione rispetto alnuovo asse y e ∆φ (roll) una rotazione attorno al nuovo asse x. Configurazione attiva indicache, se la matrice di rotazione associata agli angoli e applicata alle coordinale ideali di unpunto, mi restituisce la sua posizione misallinealta ovvero rappresenta una trasformazionelocal to global.

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4.3. Procedure di allineamento del TOF 131

Figura 4.13: Angoli di Eulero secondo la convenzione “roll-pitch-yaw”.

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132 Capitolo 4. Allineamento del TOF

Per quanto riguarda il TOF, i volumi allineabili a cui e possibile associareuna matrice di misallineamento sono le strip. Il metodo di allineamento conle tracce offre due possibilita:

• allineare ogni singola strip in modo indipendente dalle altre, per po-ter considerare anche spostamenti relativi tra di esse (al termine dellaprocedura ad ogni strip puo essere associata una matrice diversa);

• allineare insiemi di strip considerandole come un unico oggetto rigido:ad esempio, possono essere allineate insieme tutte quelle appartenentiad uno stesso modulo supponendo che, in prima approssimazione, solo ilmodulo si possa misallineare mentre le strip al suo interno mantenganorispetto ad esso la posizione ideale (al termine della procedura, a tuttele strip considerate e associata la stessa matrice).

Il metodo del survey offre invece la possibilita di allineare il singolo su-permodulo, considerato come un unico volume rigido. In questo caso non epossibile rivelare misallineamenti delle singole strip, la cui posizione all’in-terno del supermodulo resta fissata al valore ideale, mentre cambia la loroposizione nel sistema globale di ALICE in quanto viene allineato il volumeche le contiene.

4.3.1 Allineamento con le tracce

La procedura di allineamento con le tracce permette di definire le matricidi misallineamento associate ai volumi del TOF sfruttando la ricostruzionedelle tracce stesse. In particolare, attraverso l’analisi dei residui tra posizioniestrapolate e punti misurati, consente di allineare i volumi sensibili del TOFrispetto ai rivelatori di tracciamento piu interni, che si assume siano gia statiallineati. Quindi, in generale, definiti i volumi che si vogliono allineare e quellirispetto ai quali devono essere allineati (ITS, TPC, ed eventualmente TRD),la procedura agisce come segue:

• seleziona tra tutte le tracce ricostruite (ESD) degli eventi consideratiquelle che hanno i requisiti richiesti immessi come parametri dall’u-tente (che riguardano ad esempio impulso minimo e massimo, numerodi cluster minimo nell’ITS) e che hanno associato un segnale su unoqualunque dei volumi da allineare

• ricostruisce ogni traccia selezionata utilizzando solo i punti ad essaassociati che appartengono ai volumi rispetto ai quali si vuole allineare;

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4.3. Procedure di allineamento del TOF 133

• estrapola ogni traccia cosı ricostruita fino al TOF in modo da avere,per ognuna di esse, due punti associati appartenenti ad un volume delTOF: il primo e quello che e stato definito tramite l’estrapolazione el’altro e l’hit associato alla traccia in fase di ricostruzione;

• calcola, per ogni traccia, le distanze tra i due punti sul TOF ad esseassociati;

• cerca la trasformazione, comune a tutti gli oggetti che si vogliono alli-neare, che minimizza queste distanze. Tale trasformazione coincide conla matrice di misallineamento che viene associata a questi volumi.

Dai passaggi sopra riportati risulta evidente che le prestazioni della proce-dura di allineamento con le tracce dipendono dalla precisione con cui vengo-no ricostruite sfruttando i punti che appartengono ai volumi rispetto a cui sivuole allineare e dalla precisione con cui le tracce sono estrapolate sul TOF.Per quanto riguarda il metodo utilizzato per la ricostruzione delle tracce,nell’ambito delle procedure di allineamento viene utilizzato un algoritmo ditrack fitting dedicato 5 (Riemann Fitter), basato sul formalismo della sfe-ra di Riemann [56], [57], [58]. Per l’analisi e la minimizzazione dei residui,invece, sono disponibili tre diversi metodi: Fast, Linear e Chi2. I metodi diminimizzazione definiti hanno lo scopo di trovare la trasformazione, associataa tutti gli oggetti che si vogliono allineare, che permette di minimizzare ledistanze tra le coordinate del punto estrapolato sul TOF e quelle del segnaleassociato alla traccia sempre sul TOF. Il metodo impiegato e quello dellaminimizzazione della funzione Chi Quadro:

χ2(∆x,∆y,∆z,∆ψ,∆θ,∆φ) =

N∑

i=1

(ye − f(yi,∆x,∆y,∆z,∆ψ,∆θ,∆φ))2

σ(ye)2 + (df/dy)2σ(yi)2

(4.3)che, genericamente non permette una soluzione analitica ma solo una numeri-ca. I tre metodi si distinguono proprio per il grado di approssimazione con cuirisolvono la minimizzazione. Il metodo Chi2 permette una soluzione nume-rica sfruttando le potenzialita offerte da Minuit [59], un software sviluppatoproprio per trovare valori minimi di funzioni a molti parametri e studiarnel’andamento in tale intorno. Gli altri due metodi forniscono invece una so-luzione approssimata supponendo angoli e traslazioni piccole. La matrice di

5Sono in fase di sviluppo altri due metodi: uno utilizzabile nel caso in cui si analizzinotracce in assenza di campo magnetico, basato su un’approssimazione lineare, mentre l’altrobasato sulla tecnica del Kalman Filter.

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134 Capitolo 4. Allineamento del TOF

rotazione che, secondo la convenzione “roll-pitch-yaw” dovrebbe essere:

cos θ cosφ − cos θ sin φ sin θsinψ sin θ cos θ + cosψ sinφ − sinψ sin θ sinφ+ cosψ cosφ − cos θ sinψ

− cosψ sin θ cos φ+ sinψ sinφ cosψ sin θ sinφ+ sinψ cosφ cos θ cosψ

viene infatti approssimata a:

1 −φ θφ 1 −ψ−θ ψ 1

Il Linear utilizza per la minimizzazione il metodo di ROOT TLinearFitterche permette di “fittare” una serie di punti con una combinazione linearedi funzioni date (si noti che e la dipendenza dai parametri che deve esserelineare e non le funzioni). In questo caso la funzione impiegata e un iperpianoa sei dimensioni. Il Fast e invece basato su semplici operazioni con le matrici.

Di seguito sono riportati gli studi fatti per valutare le prestazioni dellaprocedura di allineamento in diverse configurazioni ovvero per vedere se econ quale accuratezza, introdotto un misallineamento su certi volumi, essae in grado di determinarlo. Per questi studi sono stati utilizzati eventi incui si sono generati esclusivamente pioni, che costituiscono la specie piu ab-bondante anche in eventi realistici, con uno spettro uniforme in p. La sceltadi questo particolare campione Monte Carlo ha permesso di valutare consufficiente statistica le prestazioni dell’algoritmo nei vari intervalli di impul-so utilizzando un numero di eventi significativamente piu limitato rispetto aquanto necessario per collisioni simulate Pb−Pb per cui lo spettro in impulsoe esponenziale. In tutti i grafici riportati di seguito, salvo diversa indicazione,viene riportata in ordinata la differenza tra i parametri di misallineamentorestituiti dalla procedura e quelli introdotti dall’utente.

Scelta dei parametri di preselezione

In primo luogo sono state studiate le prestazioni dell’allineamento in funzionedi un parametro (MaxDelta) che rappresenta la distanza massima, in cm, trale coordinate del punto associato alla traccia e quelle appartenenti al puntoestrapolato sul TOF perche possano essere impiegati nella minimizzazione equindi nella definizione dell’oggetto di misallineamento. Per questo studio,il misallineamento globale introdotto e ∆z = 1 cm, il metodo di minimizza-zione impiegato e il Chi2, le tracce impiegate hanno impulso appartenenteall’intervallo 0.5 − 5 GeV/c e i volumi rispetto ai quali si allinea sono quellidi ITS e TPC.

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4.3. Procedure di allineamento del TOF 135

MaxDelta3 8 13 18 23 28

Del

taX

(cm

)

-3

-2

-1

0

1

2

3

DeltaX vs MaxDelta

MaxDelta3 8 13 18 23 28

Del

taY

(cm

)

-3

-2

-1

0

1

2

3

DeltaY vs MaxDelta

MaxDelta3 8 13 18 23 28

Del

taZ

(cm

)-3

-2

-1

0

1

2

3

DeltaZ vs MaxDelta

MaxDelta3 8 13 18 23 28

Del

taP

SI (

gra

di)

-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

-0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

DeltaPSI vs MaxDelta

MaxDelta3 8 13 18 23 28

Del

taT

HE

TA

(g

rad

i)

-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

-0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

DeltaTHETA vs MaxDelta

MaxDelta3 8 13 18 23 28

Del

taP

HI (

gra

di)

-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

-0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

DeltaPHI vs MaxDelta

Figura 4.14: Differenza tra i parametri di misallineamento restituiti dalla pro-cedura e quelli introdotti dall’utente per diversi valori di MaxDelta (espressiin cm). Il metodo di minimizzazione impiegato e il Chi2. Ogni grafico erelativo ad uno dei sei parametri di misallineamento.

Page 142: Calibrazione e Allineamento per Misure di Fisica con il ... · 3.2.2 Ricostruzione delle tracce nei rivelatori centrali . . . . 90 ... cariche nella regione centrale di pseudorapidit`a.

136 Capitolo 4. Allineamento del TOF

Dalla Fig.4.14 si puo vedere come il valore di MaxDelta per cui i valorirestituiti dalla procedura di misallineamento si avvicinano di piu ai valoriintrodotti e MaxDelta=3 cm. Questo e d’altronde ragionevole in quanto, pervalori piu elevati di questo parametro si tende ad includere nella proceduraun numero crescente di associazioni errate traccia-segnale sul TOF. In tuttigli studi riportati di seguito e percio stato utilizzato MaxDelta=3.

Prestazioni della procedura di allineamento in funzione dell’impul-so per i tre metodi di minimizzazione dei residui

Una volta fissato il valore del parametro MaxDelta, e stato confrontato l’an-damento della differenza tra parametro restituito dalla procedura di allinea-mento e valore introdotto in funzione dell’impulso delle tracce utilizzate peri tre diversi metodi di minimizzazione: Chi2, Fast e Linear. Anche in questocaso, il misallineamento globale introdotto e ∆z = 1 cm e i volumi rispettoai quali si allinea sono quelli di ITS e TPC. Per ogni intervallo di impulsodelle tracce, il metodo impiegato e quello descritto in sect.4.3.1.

Dalla Fig.4.15 si puo osservare come l’andamento in impulso del metodoChi2 mostri un buon livello di stabilita. Sembra comunque che, all’aumenta-re dell’impulso delle tracce selezionate, ci sia un lieve miglioramento nell’ac-curatezza dei parametri restituiti, dovuto al fatto che l’effetto del multiploscattering diventa meno importante e l’estrapolazione delle tracce sul TOFmigliora. Questa ipotesi e supportata dal fatto che, all’aumentare dell’im-pulso, crescono il numero delle tracce effettivamente utilizzate nel metodo diminimizzazione per cui, evidentemente, cresce il numero di traccce per cui ladifferenza tra punto reale ed estrapolato e minore di MaxDelta=3. In definiti-va, all’aumentare dell’impulso si hanno due effetti che dovrebbero migliorarel’efficienza dell’allineamento: l’aumentare del numero di tracce utilizzate nellaminimizzazione ed il miglioramento nella loro estrapolazione sul TOF. NelleFig.4.16 e 4.17 sono riportati i risultati per i metodi di minimizzazione Faste Linear. Anche in questo caso i parametri restituiti dalla procedura sonoprossimi a quelli in ingresso; tuttavia, rispetto al metodo Chi2 si osserva,per alcuni dei parametri una maggiore dispersione dei risultati nei diversiintervalli di impulso.

Sembra quindi che il metodo di minimizzazione che mostra un andamentopiu stabile in impulso e che restituisce parametri di allineamento piu consi-stenti a quelli introdotti sia il Chi2. E da notare che il tempo impiegato perla minimizzazione dai tre metodi e confrontabile e comunque irrilevante seconfrontato con quello necessario per la selezione e ricostruzione delle tracce.Il tempo di processamento non risulta quindi un criterio discriminante nellascelta tra i tre metodi.

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4.3. Procedure di allineamento del TOF 137

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taX

(cm

)

-3

-2

-1

0

1

2

3

DeltaX vs Impulso

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taY

(cm

)

-3

-2

-1

0

1

2

3

DeltaY vs Impulso

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taZ

(cm

)-3

-2

-1

0

1

2

3

DeltaZ vs Impulso

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taP

SI (

gra

di)

-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

-0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

DeltaPSI vs Impulso

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taT

HE

TA

(g

rad

i)

-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

-0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

DeltaTHETA vs Impulso

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taP

HI (

gra

di)

-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

-0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

DeltaPHI vs Impulso

Figura 4.15: Differenza tra i parametri di misallineamento restituiti dallaprocedura di allineamento e quelli introdotti dall’utente per nove regioni diimpulso delle tracce utilizzate. Il metodo di minimizzazione impiegato e ilChi2.

Page 144: Calibrazione e Allineamento per Misure di Fisica con il ... · 3.2.2 Ricostruzione delle tracce nei rivelatori centrali . . . . 90 ... cariche nella regione centrale di pseudorapidit`a.

138 Capitolo 4. Allineamento del TOF

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taX

(cm

)

-3

-2

-1

0

1

2

3

DeltaX vs Impulso

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taY

(cm

)

-3

-2

-1

0

1

2

3

DeltaY vs Impulso

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taZ

(cm

)

-3

-2

-1

0

1

2

3

DeltaZ vs Impulso

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taP

SI (

gra

di)

-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

-0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

DeltaPSI vs Impulso

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taT

HE

TA

(g

rad

i)

-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

-0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

DeltaTHETA vs Impulso

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taP

HI (

gra

di)

-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

-0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

DeltaPHI vs Impulso

Figura 4.16: Differenza tra i parametri di misallineamento restituiti dallaprocedura di allineamento e quelli introdotti dall’utente per nove regioni diimpulso delle tracce utilizzate. Il metodo di minimizzazione impiegato e ilFast.

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4.3. Procedure di allineamento del TOF 139

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taX

(cm

)

-3

-2

-1

0

1

2

3

DeltaX vs Impulso

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taY

(cm

)

-3

-2

-1

0

1

2

3

DeltaY vs Impulso

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taZ

(cm

)-3

-2

-1

0

1

2

3

DeltaZ vs Impulso

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taP

SI (

gra

di)

-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

-0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

DeltaPSI vs Impulso

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taT

HE

TA

(g

rad

i)

-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

-0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

DeltaTHETA vs Impulso

Impulso (GeV/c)0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5

Del

taP

HI (

gra

di)

-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

-0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

DeltaPHI vs Impulso

Figura 4.17: Differenza tra i parametri di misallineamento restituiti dallaprocedura di allineamento e quelli introdotti dall’utente per nove regioni diimpulso delle tracce utilizzate. Il metodo di minimizzazione impiegato e ilLinear.

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140 Capitolo 4. Allineamento del TOF

Linearita dei parametri di allineamento in funzione del misallinea-mento introdotto

Figura 4.18: Parametro di misallineamento restituito dalla procedura di al-lineamento in funzione di quello introdotto. Il metodo di minimizzazioneimpiegato e il linear.

E stata inoltre verificata la linearita dei risultati derivati dalla procedurarispetto ai misallineamenti introdotti in ingresso, a priori non garantita peri metodi Linear e Fast. Ad esempio, la Fig.4.18 mostra la dipendenza tra ilvalore restituito e quello in ingresso per un misallineamento lungo l’asse z, cheindica come le prestazioni della procedura siano, nel range di considerazione,indipendenti dall’entita dei misallineamenti introdotti.

Prestazioni della procedura di allineamento in funzione del numerodi tracce utilizzate

Oltre che la dipendenza dall’impulso, e stata studiata anche la dipenden-za della precisione dei risultati dal numero di tracce utilizzate, impiegandocome metodo di minimizzazione sia il Linear che il Chi2. In Fig.4.19 e ripor-

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4.3. Procedure di allineamento del TOF 141

tato l’andamento degli errori associati ai parametri restituiti calcolati con ilmetodo di minimizzazione Linear.

Si puo notare come tale andamento sia decrescente all’aumentare del nu-mero di tracce (come ∼ 1/

√N). Ad esempio, per NTracce ∼ 5000 la precisione

attesa sui parametri di traslazione e a livello del millimetro.

# Tracce0 1000 2000 3000 4000

Err

ore

Del

taX

(cm

)

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Errore DeltaX vs Num Tracce

# Tracce0 1000 2000 3000 4000

Err

ore

Del

taY

(cm

)

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Errore DeltaY vs Num Tracce

# Tracce0 1000 2000 3000 4000

Err

ore

Del

taZ

(cm

)

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Errore DeltaZ vs Num Tracce

# Tracce0 1000 2000 3000 4000

Err

ore

Del

taP

si (

gra

di)

0

0.005

0.01

0.015

0.02

0.025

0.03

0.035

0.04

0.045

0.05

Errore DeltaPSI vs Num Tracce

# Tracce0 1000 2000 3000 4000

Err

ore

Del

taT

het

a (g

rad

i)

0

0.005

0.01

0.015

0.02

0.025

0.03

0.035

0.04

0.045

0.05

Errore DeltaTHETA vs Num Tracce

# Tracce0 1000 2000 3000 4000

Err

ore

Del

taP

hi (

gra

di)

0

0.005

0.01

0.015

0.02

0.025

0.03

0.035

0.04

0.045

0.05

Errore DeltaPHI vs Num Tracce

Figura 4.19: Andamento dell’errore associato alla differenza tra parametri dimisallineamento restituiti dalla procedura e introdotti in funzione del numerodi tracce utilizzate. Il metodo di minimizzazione impiegato e il Linear.

Andamento ricorsivo della procedura di allineamento

La procedura di allineamento puo essere impiegata anche in modo ricorsivo.In questo caso, in ogni ciclo, vengono stimati i misallineamenti residui ovveroquelli che non sono stati opportunamente corretti tramite i parametri resti-tuiti nei cicli precedenti. Di conseguenza, la matrice di misallineamento finalerisulta essere il prodotto di tutte quelle restituite nei vari cicli. In Fig.4.20e riportato l’andamento dei parametri di misallineamento determinati in fa-se di minimizzazione per ogni ciclo per correggere i misallineamenti residui.

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142 Capitolo 4. Allineamento del TOF

Si puo notare come, al crescere del numero di ciclo effettuato, essi tendono,come atteso, a zero.

# Ciclo0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Del

taX

(cm

)

-0.2

-0.15

-0.1

-0.05

-0

0.05

0.1

0.15

0.2

DeltaX vs Ciclo

# Ciclo0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Del

taY

(cm

)

-0.2

-0.15

-0.1

-0.05

-0

0.05

0.1

0.15

0.2

DeltaY vs Ciclo

# Ciclo0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Del

taZ

(cm

)

-0.2

-0.15

-0.1

-0.05

-0

0.05

0.1

0.15

0.2

DeltaZ vs Ciclo

# Ciclo0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Del

taP

si (

gra

di)

-0.2

-0.15

-0.1

-0.05

-0

0.05

0.1

0.15

0.2

DeltaPSI vs Ciclo

# Ciclo0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Del

taT

het

a (g

rad

i)

-0.2

-0.15

-0.1

-0.05

-0

0.05

0.1

0.15

0.2

DeltaTHETA vs Ciclo

# Ciclo0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Del

taP

hi (

gra

di)

-0.2

-0.15

-0.1

-0.05

-0

0.05

0.1

0.15

0.2

DeltaPHI vs Ciclo

Figura 4.20: Andamento dei parametri di misallineamento determinati infase di minimizzazione per correggere i misallineamenti residui in funzionedel numero di ciclo. Il metodo impiegato e il Chi2.

Prestazioni della procedura di allineamento in collisioni Pb− Pb

Tutti i controlli riportati fino ad ora sulle prestazioni della procedura diallineamento sono stati basati su eventi di pioni con una distribuzione inimpulso uniforme tra 0.5 GeV/c e 5 GeV/c. Nel caso di eventi Pb − Pb, ladistribuzione in impulso mostra uno spettro esponenziale, per cui le particellepiu numerose sono quelle a bassi impulsi. Se le procedure di allineamentoavessero una forte dipendenza dall’impulso, ci si aspetterebbe che, per eventiPb−Pb, le prestazioni fossero significativamente peggiori di quelle osservateper eventi di pioni a parita del numero di tracce utilizzate. Poiche pero, comevisto precedentemente, la dipendenza in impulso e limitata, soprattutto perquanto riguarda il metodo di Chi2, ci si puo aspettare di ottenere risultati nonsostanzialmente differenti, in termini di prestazioni, anche in eventi Pb−Pb.

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4.3. Procedure di allineamento del TOF 143

Infatti, l’andamento della differenza tra parametri di allineamento in ingressoe uscita mostra una convergenza al crescere del numero di tracce (si vedaFig.4.21) con incertezze sui parametri confrontabili con quelle osservate sulcampione di eventi di pioni con distribuzione uniforme in impulso.

# Tracce0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000

Del

taX

(cm

)

-3

-2

-1

0

1

2

3

DeltaX vs Num Tracce

# Tracce0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000

Del

taY

(cm

)

-3

-2

-1

0

1

2

3

DeltaY vs Num Tracce

# Tracce0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000

Del

taZ

(cm

)

-3

-2

-1

0

1

2

3

DeltaZ vs Num Tracce

# Tracce0 500 1000 15002000 2500 30003500 4000

Del

taP

si (

gra

di)

-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

-0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

DeltaPSI vs Num Tracce

# Tracce0 500 1000 15002000 2500300035004000

Del

taT

het

a (g

rad

i)

-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

-0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

DeltaTHETA vs Num Tracce

# Tracce0 500 1000 15002000 2500 3000 3500 4000

Del

taP

hi (

gra

di)

-1

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

-0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

DeltaPHI vs Num Tracce

Figura 4.21: Differenza tra parametri di misallineamento restituiti dalla pro-cedura e introdotti in funzione del numero di tracce nel caso di eventi Pb-Pb.Il metodo di minimizzazione impiegato e il Chi2.

Dai grafici riportati in precedenza, e possibile ricavare una stima del nu-mero di tracce che devono essere utilizzate nella procedura di allineamentoper poter allineare un supermodulo con una data precisione. Ad esempio,facendo riferimento alla Fig.4.19, per avere una precisione sul misallineamen-to di ogni singolo supermodulo in z di 1 mm, occorrono circa 4500 tracce.Considerando che, allo startup di LHC, in eventi p-p si prevede una mol-teplicita di tracce utili per l’allineamento del TOF pari a 1.4, il numero dieventi che dovranno essere accumulati e: (4500/1.4) ∗ 18 ∼ 58000 che, con-siderando un rate di acquisizione di 100 Hz, corrispondono in principio acirca 600 s di presa dati. Ovviamente, se la stessa precisione di 1 mm lasi vuole sul misallineamento di ogni singola strip, si dovranno accumulare4500 tracce su di essa per cui sara necessario attendere un numero di eventi

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144 Capitolo 4. Allineamento del TOF

Nev ∼ 58000 ∗Nstrip(SM) = 58000 ∗ 91 ∼ 6milioni. Se si considerano inveceeventi Pb − Pb, tenendo conto del fatto che la molteplicita prevista e mag-giore di un fattore 1000 rispetto a quella attesa per p−p, bastera accumulareun numero di eventi 1000 volte inferiore rispetto a quelli necessari per p− p.

Possiamo concludere quindi che le procedure di allineamento qui analizza-te forniranno la possibilita di conoscere le posizioni reali dei volumi sensibilidel TOF con una precisione sufficiente ai suoi scopi di fisica, in un tempo dipresa dati limitato.

4.3.2 Allineamento con il survey

Oltre all’allineamento con le tracce esiste anche un’altra procedura che per-mette di definire i misallineamenti dei supermoduli: il survey. A differenzadel primo, esso permette di allineare il singolo supermodulo considerato comeun unico volume rigido. Di conseguenza non e possibile rivelare misallinea-menti delle singole strip le cui posizioni all’interno del supermodulo restanofissate al valore ideale (anche se cambia la loro posizione nel sistema globaledi ALICE in quanto viene allineato il volume che le contiene).

Questo metodo e basato sulla possibilita di definire, tramite metodi ditriangolazione, le coordinate di quattro punti (fiducial mark) appartenenti adogni supermodulo. Misurata la loro posizione nel sistema globale di ALICE,e possibile definire la posizione globale del supermodulo a cui appartengonoe quindi anche le deviazioni dalla sua posizione ideale. In Fig.4.23 e riportatolo schema del lato frontale a z positiva di un supermodulo nel piano xy delsistema globale di ALICE su cui sono indicate le posizioni relative di due deiquattro fiducial mark appartenenti a tale supermodulo. Come si puo vederedalla Fig.4.23 che riporta una visione laterale del SM, gli altri due fiducialmark sono posizionati in maniera simmetrica sull’altro lato frontale definitosempre nel piano xy ovvero quello a z negativa.

La procedura impiegata per ottenere la posizione globale del supermo-dulo, note le posizioni reali nel sistema globale di ALICE dei fiducial mark(FM), e la seguente.6 Si supponga di conoscere le coordinate reali dei FM A,B, C nel sistema globale di ALICE ngA, ngB, ngC. Per prima cosa vengonodefiniti due vettori

−→AB e

−−→BC appartenenti al piano su cui giacciono i FM

ed uno normale ad esso n. Si considera poi tale piano espresso nella hessiannormal form n · ~x = −~p in cui n e il vettore normale unitario mentre ~p e ladistanza dall’origine. Mentre n e appena stato definito, ~p vale ~p = n · −−→ngA.Il centro del rettangolo che giace sul piano considerato e che ha i 4 FM ai 4angoli e definito come punto medio delle diagonali dello stesso. La traslazione

6Si noti che e applicabile solo nel caso in cui i FM giacciono sullo stesso piano.

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4.3. Procedure di allineamento del TOF 145

Figura 4.22: Vista frontale (nel piano xy) di un supermodulo (SM).

Figura 4.23: Vista laterale (nel piano zy) di di un supermodulo (SM).

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146 Capitolo 4. Allineamento del TOF

globale del supermodulo e quindi ricavabile dalle coordinate del centro delvolume associato al SM. Una volta normalizzati i vettori

−→AB e

−−→BC, la matrice

di rotazione definita da 9 valori e definita dalle componenti di−→AB,

−−→BC e ~d.

Nota quindi la matrice di rotazione e le traslazioni, e nota la matrice globalche descrive le posizioni dei SM nel sistema globale di ALCE. Per ricavare lamatrice di misallineamento globale basta fare Ideal−1 ∗ global.

Cio che e stato fatto nell’ambito di questa tesi, inerentemente alla pro-cedure di allineamento con il survey e la modifica o l’implementazione dimetodi per la gestione dell’informazione di survey e la derivazione dei para-metri di allineamento sulla base delle posizioni misurate dei fiducial mark. Inparticolare:

• e stata aggiornata la procedura che definisce la geometria ideale deisupermoduli del TOF rispetto alla quale devono essere calcolati i mi-sallineamenti;

• e stata modificata la procedura che permette all’utente di inserire mi-sallineamenti sui SM per testare l’efficacia della procedura;

• e stata implementata la possibilita di scrivere i dati del survey in un filedi testo nel formato standard (raw survey file) ovvero con una sintassidefinita comune a tutti i rivelatori dell’esperimento ALICE;

• e stata implementata la possibilita di combinare dati di survey definitiin piu raw survey file;

• e stata modificata la procedura che permette di ricavare le matrici dimisallineamento associate ad ogni SM.

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Conclusioni

Il rivelatore TOF ha un ruolo fondamentale nell’identificazione delle parti-celle (PID) nell’esperimento ALICE. Poiche la tecnica di PID che impiega equella del tempo di volo, e di estrema importanza che abbia una risoluzionetemporale eccellente. In questa tesi, dopo aver passato in rassegna i principaliobbiettivi di fisica dell’esperimento ALICE e la struttura del rivelatore, sonostati illustrati gli algoritmi impiegati per la ricostruzione e l’identificazionedi particelle, con particolare enfasi rispetto al sistema di tempo di volo. So-no state quindi descritte le procedure di calibrazione sia on-line che off-lineutilizzate per correggere i ritardi caratteristici di ciascun segnale e l’effettodi time slewing, che sono due delle sorgenti di incertezza che influiscono sullarisoluzione temporale del TOF.

Un ulteriore effetto strumentale che influisce sulle prestazioni del TOF e ilmisallineamento dei suoi volumi sensibili, ovvero le deviazioni delle posizionireali di tali volumi rispetto a quelle ideali definite nelle schede di progetto.Durante il lavoro di tesi e stato studiato l’effetto del misallineamento, ovve-ro dell’assunzione di una geometria errata durante la fase di ricostruzione,sia sulla procedura di associazione delle tracce ai segnali del TOF (mat-ching) che sulla determinazione delle variabili utilizzate per l’identificazionedi particelle.

In particolare si e osservato che, per quanto riguarda la procedura dimatching, misallineamenti plausibili (dell’ordine del cm) sono responsabilidella diminuzione del numero di tracce correttamente associate ad un se-gnale sul TOF, con riduzione dell’efficienza e conseguente aumento dellacontaminazione.

Si e inoltre osservato come misallineamenti dei volumi del TOF, sianoresponsabili di un aumento della larghezza della distribuzione della differen-za tra tempo di volo integrato (determinato dal sistema di tracciamento) etempo di volo misurato dal TOF. Poiche questa variabile e utilizzata nellaprocedura di identificazione di particelle del TOF, questo potrebbe produrreun deterioramento delle prestazioni di PID.

Nella seconda parte del lavoro di tesi sono stati studiati ed in parte svi-

147

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148 Conclusioni

luppati i due metodi di allineamento che permettono di definire le posizionireali dei volumi sensibili del TOF, o meglio i loro misallineamenti rispettoalla posizione ideale, in modo da poterne conoscere la geometria effettiva cheverra poi impiegata in ricostruzione. In particolare, un metodo utilizza laricostruzione delle tracce, mentre il secondo (survey) e basato sulla misuradelle posizioni di punti di riferimento (fiducial marks) sul TOF.

Per quanto riguarda il metodo di allineamento con le tracce, sono statestudiate diverse configurazioni della procedura, verificandone la stabilita ela linearita dei risultati. E stata inoltre analizzata la precisione prevista infunzione della statistica disponibile di tracce utilizzate.

Per quanto riguarda il metodo di survey, il contributo e stato invece legatoall’implementazione dei metodi necessari per derivare i misallineamenti sullabase delle misure dei fiducial marks ed allo sviluppo dell’interfaccia necessariaper accedere all’informazione di survey.

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