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Campo de’fiori · La festa del Natale, ... te lo scambio di regali che rievoca l’arrivo dei Re...

Date post: 18-Feb-2019
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Page 1: Campo de’fiori · La festa del Natale, ... te lo scambio di regali che rievoca l’arrivo dei Re Magi con i loro doni per Gesù Bambino ... Essere una delle conduttrici di Sanremo.
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Campo de’ fiori2In occasione del Natale e del Nuovo Anno, formulo fervidi e sentiti voti augurali. Questi auguri sono in particolar modo rivolti ai bambini, agli anziani, ai malati, agli operai e atutti coloro che hanno gravi e seri problemi di lavoro.Natale è il più grande segno d’amicizia di Dio verso la natura umana. E’ una concretezza d’a-more che non si consuma, che non si esaurisce mai. “… vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davideun Salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc. 2,11).E’ Dio che si immedesima nella nostra natura e in questo mirabile incontro c’è tutta la nostragrandezza.Diventa più intimo a noi di noi stessi.Che la gioia del Natale raggiunga tutti i cuori, ma ricordiamoci che Natale è ogni giorno.Impariamo a dire grazie al Signore, specialmente nella dedizione di carità e di solidarietà versoi poveri, i bisognosi, gli ammalati. L’insegnamento del Maestro è unico: “In verità vi dico: ognivolta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”(Mt 25,40).Con la mia benedizione

+ Divo Zadi, Vescovo

Attraverso le pagine del giornale “Campo de’ fiori”, desidero esprimere i miei personali auguridi Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutti i civitonici e alle loro rispettive famiglie. A Natale cifermiamo sulla soglia della grotta del presepe, per contemplare il mistero della Natività. In que-sto periodo, in modo particolare, ci rendiamo conto di come è grande l’amore di Dio per l’uo-mo, un momento spirituale particolare e intenso, per ognuno di noi. E’ con questo spirito chel’Amministrazione da me guidata, per mantenere vive quelle antiche tradizioni natalizie civito-niche, ha allestito un fitto calendario di iniziative di solidarietà, culturali e folkloristiche. Primafra tutte, il concorso del “Presepe dell’Anno”, giunto alla sua quinta edizione, che vedrà, anchequest’anno, un nutrito numero di partecipanti alla manifestazione, che, con le loro abili mani,realizzano con maestria pezzi unici, modellando creta, legno, sughero, cartapesta, tramandan-doci usanze antiche ma vive più che mai. La festa del Natale, anche se contempla giustamen-te lo scambio di regali che rievoca l’arrivo dei Re Magi con i loro doni per Gesù Bambino, nondeve perdersi nel consumismo sfrenato, con atteggiamenti egoistici e superficiali che ci priva-no del valore religioso dell’evento. Fiducioso che questa ricorrenza religiosa venga in manieraautentica, rinnovo a tutti i miei concittadini, gli auguri di un Natale di pace e solidarietà, di cuila nascita di Gesù è messaggera.

Il Sindaco Dott. Massimo Giampieri

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Campo de’ fiori 3

uando sei nato, aspettavo un figlioda crescere, da amare con tutto l’amorepossibile. Arrivasti tu angelo mio, tu“diverso”, tu fragile. Appena uscisti dall’o-spedale e mi ti consegnarono fasciatocome un fagottino, i tuoi occhi spauritiguardarono dritti nei miei come per chie-dere protezione. La tenerezza ed il caloredella tua guancina, che io sfiorai timoroso,sta ancora qui nella mia mano. Non pian-gevi, avevi pianto troppo quando eri solonella culla e ti potevo soltanto guardaredalle finestre della tua stanza d’ospedale.Eri li, insieme a tanti altri bambini “norma-li”, che i nonni chiamavano per nome pic-

chiettando sui vetri. Io non ti chiamavo,avevo paura di attirare l’attenzione deglialtri su di te, volevo evitare il loro disagionel far finta di condividere un sentimentocompassionevole. Ricordo lo sconcerto deimiei parenti ed amici che tentavano goffa-mente di manifestare comprensione e lamalcelata sofferenza mi faceva caderenello sconforto. Tutto quello che di belloriuscivo a costruire con te in casa, si dissi-pava in un attimo in mezzo alla gente. Epoi il dolore provato nel vedere gli sguardicuriosi dei bambini quando ti incontrava-no, e dover sorridere loro per rassicurarlidella tua assoluta bontà…… Erano gli anniin cui anche tua sorella Cecilia, che avevaquattro anni più di te, avrebbe potutochiedere per scoprire e capire, ma non lofece. Ti accettò così com’eri con una digni-tà da donnetta matura. La sua sensibilitànon la faceva neanche confidare quandomagari i suoi compagni di scuola le dice-vano che il suo fratellino era “mongoloide”.Lei, in silenzio, imparava a crescere.Dovevano avergli fatto molto male, poverafiglia. Spesso mi chiedo se avrei potutofare di più per te. Forse mi sono arresotroppo presto ed oggi un’ombra fugace, ea volte persistente, mi passa per la testa equel dubbio atroce mi attanaglia. Forseavresti potuto imparare a parlare, a man-giare da solo od almeno a masticare, avre-sti forse smesso il pannolone e, chissà,

Sandro Anselmi

quante altre piccole, ma infinitamentegrandi cose, avresti potuto fare. Mi frustroed amareggio quando penso ai tuoi similiche ballano, suonano, vanno a scuola e sifidanzano. Tu mi regali solo candidi sorrisi.E’ Natale e non potrai mai leggermi la let-terina e recitarmi il sermone …… non tipreoccupare, caro cucciolotto adorato,quella letterina te l’ha scritta papà.

Gesù, ti faccio questa preghiera perchésono disperato. Appena un mese fa hoperso definitivamente il lavoro! Ho unamoglie e due figli ancora giovani da man-tenere e, seppure la mia salute non è almassimo, mi adatterei a tutto, pur di farvivere dignitosamente i miei. Ho cercato incessantemente e dappertut-to qualcosa da fare, ma nulla! Vivo tutto ildramma dell’indigenza e della povertà piùassoluta. Ho fatto appello ai miei genitoriche, sebbene non potrebbero per la lorostessa penosa condizione di pensionati,

Letterina di Natale

Q

pur mi stanno minimamente aiutando. Mafino a quando ed a prezzo di quali sacrifi-ci? Pensare caro Gesù che Gabriele, il miofiglio più grande, fa diciotto anni proprio ilventicinque Dicembre….. Quante volte avevo immaginato questogiorno e le belle cose che avrei volutoregalargli. Gli dicevo sempre che era statofortunato a nascere nello stesso giorno incui Tu eri nato, gli dicevo che se si fossecomportato bene ed avesse studiato condiligenza, al suo diciottesimo anno gli avreicomperato la macchina.

Certo, anni fa le cose giravano bene, edavevo anche risparmiato dei soldi che sonoperò finiti, perché usati nel lungo periododella cassa integrazione. Gabriele è un ragazzo a modo, educato ediligente, ed io, ora, non posso mantenerela mia promessa. Gesù, non pensavo maidi dover vivere questa delusione. Sono avvilito … e domani? Mi inginocchio in questa polvere che hatoccato il tuo dolore. Ti prego Gesù Bambino, aiutami e buoncompleanno pure a Te.

Un Natale da disoccupato

L’augurio più grande di un Buon Natale ed un Felice Anno Nuovo, lo voglio rivolgere sincero edindistinto a tutti, perché giunga a portare tanta pace, salute e prosperità. Viviamo, purtroppo,momenti difficili e la speranza di un rapido, quanto necessario cambiamento, alberga nei cuori ditutti. Se allora ci ancoriamo alla fede e cerchiamo di combattere, tutti uniti, il male, potremodare un segnale di rinnovamento ed avviare un processo positivo. Ai miei auguri si associano tuttii collaboratori per estenderli agli sponsor ed ai personaggi che hanno riempito le pagine di Campode’ fiori. Sandro Anselmi

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PamelaPratida Miss Universo...a prima donna del Bagaglino

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Campo de’ fiori 5E’ una schow-girlaffermata da tempo.Apprezzata non soloper il suo fisico sta-tuario, ma anche perla sua carica di sim-patia e positività.Attualmente è impe-gnata nelle replichedello spettacolo “Pri-medonne alle prima-rie”, al Bagaglino diRoma. Con lei i com-

pagni di sempre: Oreste Lionello, Martufello,Mario Zamma. Durante una pausa di questa satira, abbiamoincontrato l’artista che, da giovanissima, siaggiudicò il titolo di più bella del mondo.D: Qual’ è stata l’occasione che ti hafatta entrare nella grande “famiglia”del Bagaglino?R: Il Bagaglino mi ha richiesta. Ho accettatol’incontro e, da allora, tranne che per unbreve periodo, non sono più andata via.D: Come sono stati e sono i rapporti conle colleghe?R: Ottimi. Un buon rapporto artistico.Lavorando insieme, si è instaurata una sortadi armonia.D: Ce n’è una, in particolare, con laquale ti sei trovata meglio?R: Un po’ con tutte. L’affetto più grande và aValeria Marini, a Natalie Caldonazzo, a MilenaMiconi ed Eva Grimaldi. Matilde Brandi, conla quale ho lavorato per poco tempo, è unapersona che stimo molto. Queste sono le miepreferite.D: C’è una persona che ammiri in modoparticolare?R: Ammiro tantissimo Simona Ventura,

peraltro una mia amica. Con la sua forza hariportato un po’, il “potere” alle donne, vistoche questo, è un paese di maschilisti. Benvenga una come Simona.D: Cosa pensi di Adriano Celentano?R: Adriano, attualmente, ha delle sue parti-colari idee. Le mette in atto. C’è chi le condi-vide e chi no. Io lo stimo come artista.D: Hai un sogno che vorresti ancorarealizzare?R: Di sogni ne ho tanti, sono un’eterna bam-bina. Mi sento piena di entusiasmo come seavessi iniziato ieri. Il sogno più grande?Essere una delle conduttrici di Sanremo. NelFestival il ruolo primario spetta agli uominiche si fanno affiancare dalle loro amiche.Quando uso questo termine intendo proprioamiche, non amanti. Mi piacerebbe che, perquesta importante manifestazione, facesserofare, almeno una volta, un sondaggio agli ita-liani, su chi preferirebbero vedere al fiancodel conduttore.D: Com’è Pamela Prati nel suo tempolibero? R: E’ una donna molto normale cheama la vita. Si dedica alle persone che amaed ai suoi animali. Quando ho un po’ ditempo, mi dedico al volontariato. Mi piacefare la spesa, fare sport, lunghe passeggiate.Come ho detto, una vita normale.D: Tu sei una donna, quasi superfluodirlo, desiderata dagli uomini, maanche amata da donne e bambini. Comesei riuscita in questo?R: Penso che, in queste cose, non esistanotattiche particolari. Tutto accade in modonaturale. Una persona piace “a pelle”. Laguardi e ti “dice” qualcosa. La si vede comeuna sorella, o una parente. Io penso di tra-smettere qualcosa a tutti. La cosa più bellacredo stia nel fatto che mi senta ancora una

ragazzina, nell’animo. Così noto che, tantiragazzini, nonostante non abbiano seguito imiei venti anni di Bagaglino, per strada miriconoscono. Tutto ciò mi fa piacere, a voltemi stupisce anche.D: Ci parli un po’ della tua numerosafamiglia?R: In questo non sono molto fortunata! Nonho più la mamma da anni e neanche miopadre. Ho numerosi fratelli con i quali, pur-troppo, non vado d’accordo. L’unico con ilquale vivo in armonia è mio fratelloGiuseppe. Nella vita non si può avere tutto.Ho avuto successo nello spettacolo e menonel privato. Capita spesso. Questo mi dispia-ce infinitamente anche perché sono moltosocievole e altruista. Questo è il mio piùgrande dolore: non poter essere amata perquella che sono! A volte, vengo amata daloro per il personaggio che rappresento.D: Ci racconti qualche aneddoto?R: Ce n’è uno recente con Martufello. Nellospettacolo del Bagaglino, “Primedonne alleprimarie”, interpretiamo uno scketch moltosuggestivo, ambientato nei primi del ‘900. Io, impersono Lina Cavalieri e lui Raimondo,che ha amato tantissimo questa donna, con-siderata la più bella del mondo. Per amorsuo, si fece assumere come autista, pur diaverla accanto. Alla fine, senza speranza, sidichiara, restituendole tutti i soldi guadagna-ti ed un gioiello. Durante le prove, dato cheindosso un grande cappello coperto dipiume, voltandomi, casualmente, gli ho datouna “piumata” sul volto. Bè, io non ho mairiso tanto. A mio avviso lo “spettacolo” piùdivertente sono le prove. Casuali, naturali,veritiere. Tutti ridevamo. A Pingitore è pia-ciuto talmente, che quasi voleva ripeterlonello spettacolo.

della Dott.ssaLoredana Filoni

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MaxTortoradue metri di simpatia

Massimiliano Tortora è nato a Roma il 21Gennaio del 1963. E’ laureato in architettu-ra. E’ imitatore, cantante e suona il piano-forte. Inizia la sua carriera televisiva nel1986 con “Dolce Casa”, settimanale di arre-damento, in onda su varie emittenti private.A teatro è stato protagonista di numerosis-sime commedie. Per citarne solo alcune“Uomini stregati dalla luna”, “Uomini targatiEva”, “Nemici di casa”. Conoscendolo si ha, istantaneamente, lapercezione di una certa timidezza, accompa-gnata da una grande disponibilità e genti-lezza, tali da rendercelo molto umano. D: Ci parla un po’ di “Doppia Coppia”?R: Questo spettacolo tratta le vicende diuna coppia di coniugi della mia età, chedovrebbe essere felice: la vita gli sorride,anche dal punto di vista economico. Perònon lo sono. Accade un po’ quello che sentodire dagli amici, dai conoscenti e dai paren-ti: c’è la routine, la “ciabatta”, la TV peren-nemente accesa. Tutti stereotipi comuni frale coppie. In questo caso, la moglie, annoia-ta, pensando di creare un diversivo alla loromonotonia, cerca di distrarre il marito dallatelevisione, proponendogli uno “scambio dicoppia”. Invece, da persone normali, qualifondamentalmente sono, non saprannoaffrontare questa cosa. Al termine, scopri-ranno di essere stati felici da tempo, senzaessersene resi conto.C’è un lieto fine. E’ una commedia, senzapretese, per raccontare una coppia dei gior-ni nostri e fare un po’ di battute.D: Come è nata la passione per l’imita-zione di personaggi noti?R: L’ho sempre avuta, non pensando mini-mamente che potesse diventare la mia pro-fessione. Nel 2001 ho fatto un provino perun programma dal titolo “Convention”. Lìfeci l’imitazione di Luciano Rispoli che dice-

va parolacce. La facevo da anni ai miei col-leghi, dietro le quinte per farli ridere, men-tre eravamo in tournèe. Mai immaginandoche mi portasse questa notorietà. Lo stessoSordi, che ho imitato per tanto tempo, lo“avevo dentro” sin da giovanissimo. D: Ha avuto un maestro?R: Alberto Sordi.D: Quanto tempo le occorre per perfe-zionare una imitazione?R: Nessuno. Non ho mai perfezionato nulla.Quelle che vedete, sono tutte cose che fac-cio da sempre, non vi è alcuna ricerca.Tant’è che ora non ne ho nessuna nuova daproporre. Me le sono “giocate” tutte quando ero agliesordi. Per scherzo. Non ho mai puntato allacarriera dell’imitatore. Ora, che me lo richie-dono perché credono che io sia un tecnicodel settore, non so cosa rispondere, nonessendo io un Noschese. Solo un po’ ditempo fa, mentre ero a cena con la miafidanzata, casualmente, ho avuto l’impeto diimitare Amadeus. La cosa è riuscita bene, ecosì, ho iniziato a farlo. Non è facile trovarepersonaggi sempre diversi, perché non èche ve ne siano molti. Vorrei tanto imitare Rutellio Pupo, ma non ci sonomai riuscito. L’altro giorno,in macchina, ho parlatocome Galeazzi, ma poinon ci sono più riuscito.Un’altra volta CecchiPaone, idem. Non c’èalcun controllo su questacosa, se nascono, nasco-no spontaneamente. D: C’è un personaggioche non ha gradito lasua imitazione?R: No. Sono sempre stato

molto fortunato. Si sono divertiti tutti. Anzi,sono anche diventato amico di alcuni diloro. Lo stesso Rispoli, che anche quest’an-no conduce “Tappeto Volante” su una TVprivata, mi ha invitato alla prima puntata. Ioci vado ogni anno, sono contento, per me èun onore. Anche Califano mi invita sempreai suoi avvenimenti più importanti. Io stes-so ho aperto un franchising di Califano. D: Con chi le piacerebbe recitare ungiorno?R: Che domandona !!! Lo sai che non ciavevo mai pensato ?!? … Con Gigi Proietti.Anche con Cristian De Sica, magari comecoprotagonista, tipo due fratelli, dato che cisomigliamo pure un po’. D: Ha un aneddoto da raccontare?R: Tempo fa da Radio Due, mi telefonò unasegretaria di produzione e mi disse: “Senta,dovevamo avere Califano ospite nel nostroprogramma, ma non può più venire, non èche potrebbe venire Lei ?” Questa cosasuscitò la mia ilarità, perché non sapevo semi stavano prendendo in giro o se era vero!Comunque, mi ha fatto molto piacere.

Max Tortora e Michela Andreozzi in una foto di scena

L. Filoni insieme a Max Tortora durante l’intervista - foto F.Antenore

Incontro con il mattatore romano, impegnato nelle repliche di “Doppia coppia”

a fianco di Michela Andreozzi

della Dott.ssa Loredana Filoni

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Evviva! Brignano ce l’ha fatta!Per la prima volta, nella sua carriera, al “traguardo” del Sistina di Roma

della Dott.ssa Loredana Filoni

“Evviva” non è una commedia musicale, néun one-man show. E’, in qualche modo, le due cose insieme.Una chiacchierata che si sposa con la musi-ca. I balletti, le canzoni, sono naturalmentecollegati al racconto che Enrico Brignanodipana in tre ore di spettacolo, sottolineandole sue storie di vita vissuta, per completarle,renderle più colorate, allegre, eleganti.Enrico, qui, ha modo di mettere in risaltotutto il suo talento, non soltanto comico. E’una vera e propria prova d’attore! La fatica,dopo due repliche nel medesimo giorno, èperò sopraggiunta, tanto che non osavamopiù entrare neanche nei camerini, vista l’oratarda!D: qual’ è stata la ragione del titolo diquesta commedia?R: Evviva è una esclamazione di gioioso stu-pore. E’ una confessione divertita che portalo spettatore ad essere testimone del miopercorso umano e artistico, osservato attra-verso la lente dell’ironia. Uno show con can-zoni, aneddoti, balletti, scene, ricordi, gioie esperanze. Evviva, insomma! Racconto di me,ragazzo di borgata, nato a Dragona, perife-ria di Roma, dei miei primi passi, dei mieimiti, anche non di spettacolo.D: Lei è il segno tangibile dei sogni chesi possono avverare. Ce ne parla?R: Si… è così, basta volerlo! Il mio sogno, finda piccolo, era quello di fare l’attore. I miei avevano una frutteria a Dragona, maio non avevo alcuna intenzione di prosegui-re la tradizione di famiglia. L’occasione fortu-nata mi si presentò leggendo un annunciosul giornale, nel quale il grande Gigi Proietti,cercava dei giovani da avviare nel suo labo-

ratorio di recitazione. Quando presi a fre-quentare le lezioni di Proietti, imparai lamimica, la postura, le movenze, dizione erecitazione.Ricordo, allora, che quando tornavo nel mioquartiere e mettevo in pratica quello chestavo imparando, gli amici mi sfottevano unpo’. Probabilmente, sembravo un po’ esage-rato! A fine corso dovetti fare un saggio, ecosì, è iniziato il mio percorso artistico.D: I suoi genitori come hanno accoltoquesta scelta?R: Inizialmente, mia madre, tentava di spie-gare, soprattutto ai clienti della frutteria, imiei percorsi nel laboratorio di Proietti, ilsaggio di fine anno. Alcuni pensavano addi-rittura che dovevo dire cose sagge e viadicendo. Mio padre, dal canto suo, era unpo’ rammaricato, ma ora è ben felice deimiei successi. Al Sistina sono venuti a veder-mi, oltre che alla prima, altre tre o quattrovolte, per accompagnare gli svariati parenti.Anche perché, dopo sarò a Milano, Torino,Napoli e Bari, e lì, per loro, è un po’ più com-plicato.Ricordo ancora la sera della prima. Miopadre si era messo un vestito di lana conuna cravatta con il nodo già incorporato,perché lui non è capace di farlo. Era tutto unnodo e corta corta. Sarà stata l’emozionedella prima, sarà stato il caldo, ha iniziato asudare. Al che, mia madre, rivolta a luiesclama: “Nino, non grondare! Pare brutto,ci sono le persone! Oggi poi, c’è pure la cri-tica!”. Allora mio padre le ha chiesto: “Che èla critica?”.“La critica, sono delle persone che vengonoa criticare”. Allora mio padre :”Perché non sene stanno a casa, se devono criticare?”D: Com’è la vita in tournèe?R: Sempre in albergo, con il telecomando inmano, o a cercare e fare cose inutili. Talvoltasei vittima di vere e proprie manie: un mioassistente, ad esempio, ha la mania di colle-zionare pipe. Ne compra di tutti i tipi. Io,invece, nel poco tempo libero, mi rompotutti i maglioni. Davvero!!!D: Ci deve ancora raccontare di quellache è stata la sua realizzazione piùgrande!R: E’ vero! Sin da ragazzino il mio sogno piùgrande è sempre stato quello di poter reci-tare al Sistina. Vedere il mio nome scritto acaratteri cubitali, sull’insegna luminosa chesovrasta il teatro. Dopo venticinque anni cel’ho fatta! Certo è una responsabilità. Qui,prima di me, hanno calcato le scene artisticome Aldo Fabrizi, Nino Manfredi, lo stessoProietti, Enrico Montesano. Non nascondo,quindi, una certa emozione. Sono solo sulpalco per tre ore. Affiancato da un corpo diballo. Non è la stessa cosa come fare TV.Racconto la mia storia, in un modo da farsembrare importanti anche cose semplici. Infondo parlo della mia vita di tutti i giorni, “le

fettine panate” di mia madre etc.Faccio una grande fatica, ma la sento soloquando esco dal palcoscenico. Come tutti gliattori, cerco di mascherare la stanchezza.Mentre recito, mi sento pieno di energia,anche perché, come hai potuto vedere, c’èuno scambio continuo con il pubblico, intera-gisco. Loro sanno che stò attento, noto quel-lo che si alza, chi arriva tardi. Ci sono poi,alcuni, per fortuna pochi, che vengono tardi,vorrebbero andar via presto e che lo spetta-colo sia lungo, il che è un po’ difficile daattuarsi.D: Qual è il suo rapporto con la TV?R: La TV è un elettrodomestico vivo. In tele-visione bisogna concedersi, ma senza esage-rare, non svelare tutto. Ci sono attori che rin-negano totalmente la TV e la sfruttano quan-do hanno bisogno di pubblicità. Purtroppoperò, se non appari in televisione, la moltitu-dine non ti conoscerà mai! E’ anche graziealla TV, se faccio il “tutto esaurito” da anni,nei teatri. Mi avete prima conosciuto televisi-vamente, poi teatralmente.D: Per me, non è stato così! Io l’hovista, per la prima volta, al TeatroGreco di Roma, parecchi anni fa, appe-na uscito dal laboratorio di Proietti.R: Ah si! “Mezze figure”. Recitavo da solo suun camion. Pochissimi lo sanno!! Pensa te!!

Enrico Brignano con Loredana Filoni(foro F. Antenore)

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In principio fu Malibran o meglio MariaFelicita Malibran (Parigi 1808 – Manchester1836), “gran signora” della lirica del XIXsecolo, formidabile interprete del repertorioRossiniano e del Bellini, con un’estensionevocale straordinaria: una e trina … tre regi-stri in una sola ugola ! DI POI FURONO… Giuseppe Scaravilli, JerryLitrico e Alfredo Cassotta, tre “picciotti” delXX secolo, da Belpasso, in provincia diCatania, che nel 1987 avviano la progettazio-ne del “ponte musicale” tra la Sicilia ed ilresto del mondo battezzandolo:

MALIBRANIl progetto è reso esecutivo in poco tempo e,nel 1989, i pilastri sono già definiti e la pian-ta stabile, una formazione “a sei elementi”,inizia a muovere i primi passi, con ripetuteesibizioni che ne accelerano la maturità edaffermano il gruppo presso il pubblico delrock siciliano. Nel giro di un biennio la Bandsi rivela alla platea rock Nazionale ! I “SEI” sono “folgorati”, sulla strada di…Belpasso, dai precetti musicali dell’epocad’oro del rock progressivo estero e italiano;gli anni, per intendere, a cavallo tra la finedei ’60 ed il primo lustro dei ’70.

Chi ha conoscenza della musica dei Genesis(Gabriel era poco più in la), dei Jethro Tull,della Premiata Forneria Marconi, dei Bancodei Mutuo Soccorso (per citare alcune bandsdell’iceberg “progressive” europeo degli anni’70), ascoltando la musica dei Malibran potràcogliere diverse “affinità emotive e struttura-li” con gli “zii”.Anagraficamente sono tutti ragazzi chehanno “vinilicamente” vissuto le gesta deiprotagonisti musicali di quegli anni, ne hannoassimilato il gusto per le composizioni “fuorimisura” di lunga durata, per la “suite”, com-plicata da caratteristiche digressioni musica-li, delle atmosfere ora sinfoniche, ora più

minimali, intime, semplici, l’inclinazioneall’accostamento tra generi musicali, le cosid-dette “contaminazioni”, le immaginifiche illu-strazioni delle copertine e dei fantasiosi titolidelle opere.Anche la dotazione strumentale riconduce a“quegli anni”, con la presenza delle tastiere(pianoforte – synth, organo Hammond –moog-mellotron), a conferire particolarisonorità e a realizzare partiture che oggidefiniamo “vintage” (traduzione: d’annata), ilflauto, il sax, altri “mezzi d’opera” preziosinell’economia del suono del rock progressivo“settantiano”.Il “manufatto musicale” edificato dai MALI-BRAN, contribuisce, insieme ad un manipolodi altre bands italiane ed estere, alla risco-perta dell’interesse verso un genere, il ROCKPROGRESSIVO, per anni (seconda metà dei’70, anni ’80) fortemente in disgrazia dalpunto di vista commerciale e creativo, rispet-to al passato “aureo” citato, a causa delsopravvento di altri generi, in ambito rock enon solo, che andavano affermando “altreesigenze di ascolti”.La formazione storica di MALIBRAN, annove-ra i già citati Giuseppe Scaravilli, alla voce e

chitarra, Jerry Litrico, chitarra, AlessioScaravilli, alla batteria, Angelo Messina, albasso, Benny Torrisi, alle tastiere, GiancarloCutuli, al flauto e sax. Il battesimo discogra-fico dei MALIBRAN è celebrato, nel 1990, conla pubblicazione di THE WOOD OF TALES(successive ristampe cd da parte di RockSymphony nel 1999 e Mellow Record del2002, quest’ultima con brani in aggiunta) inversione long playing 33 giri… in piena era diespansione del cd … in piena “alta stagionedi crisi” per il rock progressivo, la tiratura,fatta pressare dalla piccola etichetta romana“Pegaso Records”, è, in breve, esaurita, tantoda divenire il long playing, oggetto di ricercadei collezionisti. Un’opera che, seppur dalla qualità di regi-strazione non ottimale, forte di un interes-sante set di brani, rappresentò per la bandun passo importante per “arrivare” ad unpubblico rock, soprattutto costituito daicosiddetti “progster” (sostenitori del progrock), affetti da una protratta “arsura deser-tica” dovuta alla mancanza di valide uscitediscografiche del settore. La “macchina” deiMALIBRAN era stata avviata e si profilava unperiodo di grande entusiasmo: un fertile sub-strato per la loro attività! Le occasioni di con-certi si moltiplicano e li portano a suonarepresso platee più vaste. Negli “early years”dei MALIBRAN c’è da citare la preziosa attivi-tà di Riccardo Maccari, organizzatore di con-certi e piccolo editore discografico dellaPegaso Records, che aveva notato la band inpiù di un concerto. Convincendosi della vali-dità del gruppo, si rese disponibile a farglicompiere “il salto” nel mondo della discogra-fia, con la produzione del citato The Wood OfTales.

di Carlo Cattani

Giancarlo Cutuli

Cutuli/Litrico/G. Scaravilli

Nei ‘70 da 18 anni

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Campo de’ fiori

Malibran…Maria Felicita Malibran, continueràa riposare tranquilla … il suo nome sarà anco-ra “accostato” alla buona musica! Brani con-tenuti in quel 1° disco, quali “Pyramid’sstreet” e l’omonima “Malibran”, costituisconoancora oggi “passaggi obbligati” delle loroesibizioni live, rappresentando dei “belvede-re”, delle “terrazze panoramiche”, dalle qualisi “domina la valle e ciò che si vede è” ……l’essenza della poetica musicale. “MALIBRANiana”, fondata su arrangiamenti esonorità suggestive, nelle quali le tastieresvolgono funzioni di “pilastro” e “pianerottoli”sui quali far svolgere le ricche soluzioni musi-cali proposte dal resto dell’orchestraMalibran, dotata anche di una coppia di chi-tarristi che, con frequenza, si aggroviglia infuriose cavalcate solistiche che la “diconolunga” sugli ascolti hard/metal della giovinez-za …… ma non dimentichiamo Mr. Giancarlo“il mitico THOR” Cutuli che, in tutta l’opera diMALIBRAN, conferisce un contributo di spes-sore con il suo flauto-sax/martello magico,soffiato con ispirazione e roteato dal vivo,“adar di sprono” al resto della corazzata MALI-BRAN. Di seguito all’esordio, annoveriamoaltri tre lavori: “LE PORTE DEL SILENZIO”, uscito in cd nel 1993 ancora per le edizioniPegaso, al termine di un travagliato lavoro diproduzione, a mio parere, il più coinvolgentetra i lavori del gruppo. Un’opera che ha le sue“punte” in “Livin Alone”, “I Know Your Soul” enella suite “Le porte del silenzio”, complessi-vamente equilibrato, piacevole, intrigante:prendetelo e vi ritroverete spesso a seguire i“movimenti musicali”, mimando di suonarequalche strumento, o a chiudere gli occhi elasciarsi trasportare dai vortici MALIBRANIA-

NI. Con questa pubblicazione, cantata ininglese (si riscontra qualche forzatura) ed ita-liano, coglieranno lusinghieri consensi inItalia, ma ancor più all’estero, particolarmen-te in USA E Sud America. C’è da rimarcare ilfatto che, in questa parte del mondo, innostri connazionali, attualmente godono diun bel seguito alla stregua di PFM – BANCO– ORME (ne sono la testimonianza le ristam-pe autorizzate dei loro dischi in Brasile erecenti offerte per una loro esibizione inMessico – Bahia Prog. Festival). Nella lorolista di concerti, figura la partecipazione, nel2000, al “Prog Day Festival”, in NorthCarolina… insomma, i “ragazzi” si fannoapprezzare. Nel 1998 pubblicano per l’eti-

chetta ligure Mellow Records, il cd “LACITTA’ SUL LAGO” … altro interessante esuggestivo “habitat” progressivo costruito daiMALIBRAN. Nel 2001, contestualmente allapubblicazione del cd “OLTRE L’IGNOTO”,sempre per la Mellow, la formazione entra incrisi e, di li a poco, due dei suoi membri, ilcarismatico Cutuli e il tastierista Torrisi, “mol-lano”!Il nuovo cd mostra una band che, nonostan-te tutto, continua a migliorare nel suo per-

corso artistico, ricerca sempre più una suaautonomia, con composizioni sempre ricchedi svolte a sorpresa, ben arrangiate, tastierein gran spolvero, inserti chitarristici trascinan-ti, parti curate e più levigate rispetto ai pre-cedenti lavori e già dalle prime battute del-l’introduttiva “SI DIRA’ DI ME”, si respiraun’aria “vintage” … nuova. La ricetta è sem-pre più “copyright” dei MALIBRAN! La defe-zione dei due storici membri, Cutuli e Torrisi,inizialmente tramortisce la band, con conse-guente sospensione delle proprie attività, mail silenzio si squarcia nel 2002 con una for-mazione rivista, corretta, consolata, a “4”,dove rimboccatisi le maniche, il “professor”Giuseppe Scaravilli, l’io profondo del gruppo,e Jerry Litrico, l’ascia affilata/la prima chitar-ra, si distribuiscono i ruoli mancanti e tra-ghettano i Malibran in una nuova era fatta dipartecipazioni a progetti discografici italianied internazionali (vedi su tutti il project fin-landese KALEVALA, con il contributo rappre-sentato dal brano inedito “Strani Colori”) elive shows sempre vibranti, con versioniaggiornate dei loro classici. A latere delladiscografia di studio, sono stati pubblicati deicd che li propongono dal vivo: “In concerto”del 2000, “Live on Stage” nel 2004 ed un cddi rarità, in studio e live, raccolte sotto il tito-lo di “Strani colori” nel 2004. Ma la chicca diqueste ultime settimane, potremmo ben direla strenna di Natale dei Malibran per il popo-lo del rock, è rappresentata dal dvd “10ANNI IN CONCERTO”, una lunga ed esau-riente antologia di esibizioni ed interviste,che coglie la band nel periodo dal 1988 al1998, preziosa testimonianza della “sinceritàdi intenti” di questo gruppo. Un “Must” per i fans e un polposo bocconeper tutti coloro che vorranno avvicinarsi(spero dopo questa lettura) al mondo musi-cale dei Malibran, fatto di “buone vibrazioni emolta passione”! Forza Giuseppe, Jerry,Angelo, Alessio… Auguri alla vostra “carrieramaggiorenne” …… lassù Felicita è con voi e,qua giù noi… l’unico ponte che vogliam per-correre, dal continente alla Sicilia, è ilVOSTRO! (per informazioni: www.malibran.it)

Alessio e Giuseppe Scaravilli

Benny Torrisi

Jerri Litrico

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Campo de’ fiori 13

“The corpse bride”,Usa, 2005. Regia:Tim Burton, MikeJohnson; con le vocidi: Johnny Depp,Helena BonhamCarter, EmilyWatson, Chris-topher Lee; musica:Danny Elfman; pro-duzione: WarnerBros; durata: 1h e30’’.L’humus creativo del

genio burtoniano fa appello al folclore russoper architettare il suo nuovo gioiello narrati-vo e tecnologico fuori dal tempo: the corpsebride. Lo spunto ideativo, seppure labile èvisibile: nella Russia del XIX secolo, moltepli-ci promesse spose di sangue ebreo, prima dipronunciare il fatidico sì davanti all’altare,venivano uccise in nome dell’odio antisemita.Nella stesura definitiva del plot cinematogra-fico, lo sceneggiatore ha rimosso qualsivogliaelemento di connotazione storico-politica,per ripiegare su una storia d’amore, in chia-ve intimista. Il protagonista Victor, disegnato

sul calco della star americana Johnny Depp,alla vigilia del suo matrimonio incontra per laprima volta la sua futura moglie Victoria(Emily Watson) e istantaneamente scatta frai due la scintilla. Lei, rampolla di cinici aristo-cratici ridotti al lastrico, s’invaghisce del gio-vane introverso di ceto borghese. Tutto sem-bra filare per il verso giusto, finché il caso ola provvidenza non fa capolino nella storia:sotto pressione per l’imminente cerimonia, iltimido ragazzetto tenta di rammentarsi ilcorollario di formule matrimoniali in un postoappartato e al riparo da sguardi indiscreti;come solo un cupo bosco può essere. Victorgiunto al rito della benedizione degli anellinuziali, infila la fede in un ramo che spuntadal terreno. Ma, per sua sventura, l’arbusto si rivela esse-re altresì l’arto della rediviva Emily (HelenaBonham Carter), la fantomatica sposa cada-vere del titolo. Da questo momento, il desti-no li ha consacrati marito e moglie.Analogamente alla Demetra del mito greco,la condizione di Victor è in bilico fra il mondodei vivi e quello dei defunti. Il mefistofelico regista dark Tim Burton cercadi bissare il successo ottenuto una dozzinad’anni fa con il memorabile Nightmare Before

Christmas, epopea di Jack Skelligton perosteggiare la festa del Natale. Stesso il pro-cedimento utilizzato in fase di produzione:tutti i personaggi di La sposa cadavere, sonomanichini fabbricati in silicone e metallo daun team di circa venti animatori e, successi-vamente, mossi fotogramma per fotogram-ma, per la cifra di ventiquattro volte al secon-do. In gergo cinematografico, tale praticaprende il nome di stop motion, e vanta fra isuoi illustri progenitori anche un personaggiosimbolo del cinema muto delle origini: l’illu-sionista Melies. L’autore d’Edward, mani di forbici e La fab-brica di cioccolato, è ricorso alla sapienzatecnica, di una ditta leader nel mondo dei Pc:l’Apple. Per animare i suoi personaggi, il fil-maker americano ha impiegato cinque siste-mi: Power Mac G5, Xserve Raid, Final Cut Proe Quicktime. Per un ulteriore curiosità, si può

menzionare anche il fatto che i sessantamanichini del film celano nella loro testa, undispositivo simile ad una chiave, che oppor-tunamente mossa, altera appena percettibil-mente l’espressione facciale dei personaggi.Tutto il materiale, che ha richiesto tempi dilavorazione abbastanza estesi (circa cinquan-tacinque settimane), è stato ripreso attraver-so fotocamere digitali; prima volta nella sto-ria della stop motion. Impeccabile l’ambientazione, che mostranegli interni palpabili reminiscenze di stile vit-toriano. Ambiguo il valore cromatico: si assi-

ste ad un dualismo di toni e sfumature dicolore, per cui l’aldilà è un caleidoscopio ditinte che irrompe con fracasso in un mondoreale plumbeo, in cui anche la maggior partedei sentimenti sono sbiaditi. All’interno della narrazione, vi sono alcunetappe in cui l’azione si arresta, non progredi-sce; questi attimi offrono l’opportunità diassistere con puro fanciullesco piacere a pas-saggi canori che sprizzano l’occhio al generedel musical. Il più gradevole è inscenato nella necropolida uno scheletro denominato Mr.Bonejangles (la voce è quella del musicistaDanny Elfman) dalla potente estensionevocale. In La sposa cadavere, Tim Burtonnon ha perso il gusto della citazione colta eforbita d’alcune pietre miliari del cinema; l’e-sempio più evidente è un omaggio nei con-fronti del cult movie Via col vento, infatti, cisi può imbattere in un “cittadino” dell’oltre-tomba, che munito di baffetti d’ordinanza allaClark Gable pronuncia enfaticamente la bat-tuta: “Francamente me ne infischio”. Per concludere, basta ai soliti pregiudizi chesi fondano sull’errato assioma, in grado direlegare i cartoni animati ad un pubblicoinfantile; sull’onda del successo diMadagascar, Shrek 2 e la Sposa Cadavere;noi, pubblico adulto rivendichiamo il piaceredi sognare ad occhi aperti di fronte ad unafiaba. Gli applausi tributati al work in pro-gress di The Corpse Bride, durante la 62°mostra di Venezia vorranno dire qualcosa,no?

di Maria Cristina Caponi

La sposa cadavere

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Campo de’ fiori14Roma che se n’è andata: luoghi, figure, personaggi

Pasquino, Marforio, Madama Lucrezia, Il Babbuino, L’Abate Luigi, il Facchino(Le statue parlanti - il Club degli arguti)

Correva l’anno1501 allorquandoil Cardinale Oli-viero Carafa, cheaveva comperatodagli Orsini ilpalazzo dov’ è oraPalazzo Braschi,dette corso ailavori di sistema-zione della piaz-

zetta e, nel bel mezzo dell’opera, sepoltodalla terra e dal fango, apparve un anticoGruppo marmoreo.Il Carafa, da grande mecenate quale era enon volendo essere da meno dei suoi col-leghi che avevano avuto cura di abbellirele loro case con frammenti di arte antica,fece collocare il Gruppo marmoreo su unpiedistallo appoggiato all’angolo del palaz-zo; si trattava di un Gruppo mutilo e cor-roso copia di un marmo greco rappresen-tante Menelao con il corpo di Patroclo o,secondo diverso parere, Aiace con il corpodi Achille.Perché a questa Statua monca sia statoattribuito il nome di Pasquino non è datosapere, sappiamo invece che attorno aquel nome si sono succedute varie inter-pretazioni per cui, secondo più o menoautorevoli pareri, potrebbe trattarsi delnome di un barbiere, di tale MastroPasquino che aveva un’osteria nei paraggi,del nome di un modesto maestro che inse-gnava grammatica latina agli alunni delginnasio o, ancora, di un sarto gobbo ebeffeggiatore con bottega nei pressi.Del pari, non è dato sapere chi per primoabbia cominciato ad affiggere versi sullastatua del Pasquino, c’è chi sostiene abbiacominciato qualche persona incaricatadallo stesso Cardinale Carafa; è certo inve-

ce che lo stesso Cardinale prese spuntoda ciò per dar corso ad una cerimonia chesi svolgeva alla data del 25 aprile, festivitàdi San Marco.In tale occasione la Statua monca venivatravestita da divinità classica o da perso-naggio antico e vi si affiggevano epigram-mi latini alludenti a quel particolare trave-stimento, che lì rimanevano per tutta lanotte.Questi primi componimenti accademici eadulatori, furono ben presto sostituiti dascritti dal contenuto satirico, in un primomomento sempre in latino e in seguitoquasi esclusivamente in romanesco, le c.d.Pasquinate che, messe in bocca aPasquino, prendevano di mira i personag-gi in vista, la Curia, il Papa, ma anchesemplici cittadini, nonché i costumi dell’e-poca; maldicenze e frecciate che divenne-ro veri e propri attacchi infarciti di ingiuriee oscenità.Pasquino non poteva parlare che il roma-nesco anche perché questo dialetto, bor-bottone e mordace per tradizione e pertendenza, è ricco di metafore, di doppisensi, di similitudini che ne rafforzano lavivacità e la carica satirica; è certo chePasquino non è un santo e non aspira adelevarsi a giudice imparziale della società,ma piuttosto vuole soltanto dire la sua,castigare i costumi, sia in alto che inbasso, dando magari una botta al cerchioe un’altra alla botte, non pretende di fareil moralista, ma cerca semplicemente diportare l’uomo a riflettere ed a meditare.A partire dal Pontificato di Leone X,Giovanni de’ Medici, 1513 - 1521, masoprattutto durante il Conclave che elesseAdriano VI, Adriano Florensz, 1522 -1523, non passò notte che sulla Statuanon venisse affisso qualche componimen-

to diffamatorio, al puntoche lo stesso Adriano VIsembrerebbe abbia manife-stato il proposito di fare apezzi il Torso e gettarlo nelTevere.Peraltro, nei confronti dellaPasquinate, diversiPontefici minacciarono epresero provvedimenti gra-vissimi e, sotto il Pontificatodi Benedetto XIII, PietroFrancesco Orsini, 1724 –1730, erano anche staticomminati persino la penadi morte e la confisca deibeni, oltre che l’infamia delnome nei confronti dichiunque, clero compreso,avesse scritto, stampato o

diffuso libelli aventi carattere diPasquinate; per non parlare del Conclavedal quale uscì eletto Papa Pio VIII,Francesco Saverio Castiglioni, 1829 -1830,durante il quale la Statua fu costantemen-te sorvegliata a vista dalle guardie. L’uso della Pasquinata si mantenne vivofino oltre la metà del XIX secolo, vieneaddirittura indicata la data quella del 17 o18 settembre 1870 ma, secondo diversoparere, l’ultima Pasquinata risalirebbe adata molto più recente durante il venten-nio fascista allorquando, in occasione dellavisita di Hitler a Roma nel 1938, in suoonore, la città fu addobbata con architrionfali di cartapesta, così Pasquino:“…povera Roma mia de travertino / t’han-no vestita tutta de cartone / pè fatte rimi-rà da n’inbianchino…”, e come non ricor-dare Trilussa che scriveva:Povero mutilato dal destino, / come te seiridotto! / Diceva un cane / che passavasotto / ar torso de Pasquino. / Te n’hannodate de sassate in faccia! / Hai perso l’oc-chi, er naso…E che te resta? / Un avanzode testa / su un corpo senza gambe esenza braccia! / Nun te se vede che labocca sola. / Con una smorfia quasi stra-fottente…/ Pasquino barbottò: Segno evi-dente / che nun ho detto l’urtima parola.Questa Statua monca dette origine ad ungruppo noto con il nome di Club degliarguti o Statue parlanti poiché, nottetem-po, anonimi e maldicenti critici vi affigge-vano componimenti satirici di ogni tipo; ilClub comprende, oltre allo stessoPasquino, Marforio, Madama Lucrezia, ilBabuino, l’Abate Luigi e il Facchino.Circa gli altri componenti, qualche cennoin ordine sparso.

continua a pag. 17......

di Riccardo Consoli

Marforio

Madama Lucrezia

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01100 Viterbo - P.zza Verdi, 2/A - Tel./Fax 0761.347651 e-mail: [email protected] Centro Commerciale Tuscia - Tangenziale Ovest - Tel. 0761.390013 e-mail: [email protected] Vallerano (VT) - Via Don Minzoni, 58 - Tel./Fax 0761.751551 e-mail: [email protected] Civita Castellana (VT) - Via Giovanni XXIII, 28-28A - Tel./Fax 0761.517951 e-mail: [email protected] Roma -Centro Commerciale Casilino - Via Casilina, 1011 - Tel. 06.23260306, Fax 06.23279988 e-mail: [email protected] Porto D’Ascoli (AP) - Centro Commerciale Portogrande - Via Pasubio, 144 - Tel./Fax 0735.753665e-mail: [email protected] Bari - Centro Commerciale Carrefour - Viale L. Pasteur, 6 - Tel./Fax 080.5382652 e-mail: [email protected]

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Campo de’ fiori 17...continua da pag. 14

Circa gli altri componenti, qualche cennoin ordine sparso.Nell’anno 1576 Papa Gregorio XIII, UgoBoncompagni, 1572 - 1585, in una certastrada, in corrispondenza del palazzo oggiindividuato dal numero civico 51, a mò diornamento, fece collocare una Statua dimarmo di grandezza naturale, raffiguranteun Sileno disteso, posta sopra una vascatermale rettangolare in granito di epocaromana, entro cui versava l’Acqua Vergine.Questa Statua brutta, deforme e sogghi-gnante, che venne subito battezzata dairomani er Babuino, avendola trovata cosìrepellente da potere essere paragonata aduno scimmiotto, dette origine al nomedella strada.Probabilmente la stessa non sarebbeassurta a tanta dignità se, verso la fine delcinquecento, il vecchissimo miope e moltoprobabilmente intronato Cardinale PietroDeza, che abitava nei pressi, pensando sitrattasse della Statua di San Girolamo conla barba incolta e prolissa, non avessepreso l’abitudine di togliersi il cappello edevotamente inchinarsi, ogni volta chepassava li davanti.Verità o leggenda che sia, ma questo valeanche per le altre Statue parlanti, ilBabuino acquistò una certa fama, tantoche, alle Pasquinate si contrapposero leBabuinate; sembrava addirittura che intalune occasioni il Babuino avesse il denteavvelenato nei confronti del rivale e piùfamoso Pasquino affidando il suo sfogo aversi pieni di bile e di risentimento.Nel 1738, in seguito alla costruzione delPalazzo Boncompagni Ludovisi, la Fontanadel Babuino venne spostata in una nicchiaanaloga alla precedente ricavata alla basedel nuovo edificio e, in tale occasione ven-nero aggiunti due delfini che sorreggevanoun balconcino sovrastante; quindi, nel1877 per motivi legati alla viabilità, la fon-tana venne scomposta e, mentre la Statuadel Babuino venne provvisoriamente collo-cata nel cortile di Palazzo Cerasi, la vascadi granito venne utilizzata come abbevera-toio sulla Via Flaminia.Soltanto nel 1957, a seguito le insistiteproteste dei romanisti, il Babuino, unadelle famose Statue parlanti del Club degliarguti, ormai ridotta in condizioni davveropietose, venne riadattata a fontana sull’o-riginaria vasca e collocata al suo posto, asinistra della Chiesa di San Atanasio deiGreci.All’angolo tra Via del Corso e Via Lata èubicata una fontanina di ottima fattura raf-figurante un acquaiolo, nel caratteristicocostume dell’epoca, che regge tra le maniun barilotto dal cui foro centrale una can-nella versa l’acqua in una sottostantevaschetta semicircolare.Secondo diversa versione la piccola fonta-na sarebbe stata dedicata ai facchini por-tatori di vino di uno dei quali ritrarrebbe lesembianze, per la precisione, quelle di taleAbbondio Rizio, personaggio dell’epocapiuttosto noto per via della sua forza ercu-

lea e delle sue abbondanti bevute; in certaepoca poi qualcuno volle ravvisarne le fat-tezze del riformatore religioso MartinLutero che soggiornò a Roma nel 1511.Questa Statua parlante che, più di unavolta, ebbe come interlocutore Pasquino;era originariamente sormontata da unalapide con la seguente epigrafe: “Ad Abbondio Rizio, coronato sul pubblicomarciapiede, espertissimo nel legare esoprallegare fardelli, il quale portò quantopeso volle, visse quanto potè, ma un gior-no, mentre portava un barile di vino inspalla e un altro in corpo, morì senzavolerlo”.Tra il novero delle Statue parlanti c’èanche un grosso busto muliebre di dimen-sioni colossali sgraziato e mal ridotto che iromani chiamano Madama Lucrezia oggiposto sul lato destro della Chiesa di SanMarco, ma che originariamente si trovavaall’imbocco del vicolo al quale dette ilnome.Da un inventario relativo alle antichità edai reperti collezionati da Papa - Paolo II,Pietro Barbo, 1464 - 1471, si ricavò la regi-strazione di un busto regalato a Lucreziad’Alagno che a diciotto anni divenne l’a-mante di Alfonso d’Aragona di ben trenta-due anni più vecchio di lei, ma inesorabil-mente attratto dalla fresca bellezza di que-sta giovane.Suo dunque sarebbe il Busto chiamato conil nome della favorita dell’Aragonese ed, aconforto di questa tesi, contribuisce il fattoche nel XV secolo il titolo di Madama nonera in uso a Roma, mentre era diffusissimoa Napoli e nelle colonie napoletane.Madama Lucrezia divenne ben presto unpersonaggio, vuoi perché annoverata trale Statue parlanti, vuoi perché presiedevaad alcune feste popolari che si tenevanonella Piazzetta di San Marco, la più famo-sa delle quali era il c.d. Palio dei disgrazia-ti della prima metà dell’ottocento; si svol-geva il primo di maggio e consisteva in unballo al quale partecipavano, oltre che lebelle ragazze ed i giovanotti del Rione,anche i disgraziati, vale a dire i gobbi, glistorpi, i vecchi cadenti ed alcuni autenticimostri della natura.Nella circostanza Madama Lucrezia venivaaddobbata con nastri colorati e trecce diagli e cipolle, oltre ad essere pitturatacome una gran dama; era consuetudineche davanti a lei ci si dovesse inchinare etogliere il cappello, ma nella sua lungasolidarietà con Pasquino, non dette maiprova di particolare loquacità.Un personaggio togato sfigurato e mutilo,forse un Console o un Senatore di etàromana, non meglio identificato, è l’AbateLuigi, così ribattezzato dal popolino e che,nel periodo compreso tra il Rinascimento el’Ottocento, entra a far parte del Club degliarguti a cui è stata apposta questa iscri-zione:“…fui dell’antica Roma un cittadino, oraAbate Luigi ognun mi chiama, conquistaicon Marforio e con Pasquino nelle satireurbane eterna fama, ebbi offese, disgraziee sepoltura, ma qui vita novella e alfin

sicura…”Non tanto sicura per la verità poichèl’Abate Luigi più di una volta ha perduto latesta nel senso che gli è stata sottratta daqualche amatore di souvenirs o magari peropera di qualche vandalo, tuttavia ne haricevuta sempre una in cambio, cosa piut-tosto facile a Roma tenuto conto dell’ab-bondanza di antichi reperti custoditi neimagazzini dell’Amministrazione Comunale.Questa Statua parlante, dopo essere statatrasportata nel cortile di Palazzo Chigi aPiazza Colonna nel 1924, per tacitare leinsistenti richieste dei cittadini, fu restitui-ta al popolo e collocata in un angolo diPiazza Vidoni dov’è tutt’oggi visibile.Attualmente sistemata nel cortile delMuseo Capitolino a Piazza delCampidoglio, è la Statua raffigurantel’Oceano ribattezzata Marforio e costituen-te l’ultima del Club degli arguti, questonome potrebbe derivare dal vicino Foro diMarte (Martis Forum) oppure dalla fami-glia Marfoli, ma potrebbe essere stata lastessa famiglia ad aver derivato il suonome da Marforio.Si trovava originariamente vicino il CarcereTulliano dove dà corso ai suoi colloqui conPasquino, ma nel 1587 Papa - Sisto V,Felice Peretti, 1585 – 1590, ritenendolaideale per ornare una delle sue fontane, lafa trasportare a Piazza San Marco dovepotrebbe allacciare una relazione conMadama Lucrezia, ma non fa a tempo amettere radici che viene spostata sulCampidoglio, qui resta mezzo secolo fino aquando Papa - Innocenzo X, GiovanBattista Panphilj, 1644 - 1655, avendo ulti-mata la fabbrica di Palazzo Nuovo la desti-na a quel cortile.Marforio è certamente il più chiacchieratodei compagni di strada di Pasquino, i duesi scambiarono battute al curaro degne deimigliori vignettisti dei nostri giorni, tra leloro vittime illustri, anche Napoleone:Marforio: “…è vero che i francesi sono tuttiladri?”. Pasquino: “…tutti no, ma buonaparte si!”

Pasquino

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Campo de’ fiori 19

L’archivio di pietra(1)

dell’Arch. Cristina Collettini

Se intervenire su di un monumento vuol direintervenire su una testimonianza storica che,in quanto tale, non può essere alterata, ogniintervento di restauro dovrà necessariamen-te essere preceduto da una preventiva ana-lisi del monumento. Si potrà intervenire sul-l’opera storico-artistica solo dopo avernecompreso tutte le caratteristiche storiche,costruttive, tipologiche. Una delle caratteri-stiche fondamentali del restauro è proprio lamultidisciplinarietà: tanti sono gli aspetti chedevono essere presi in considerazione perpoter arrivare ad una comprensione criticadel monumento, tale da consentirne la sua“onesta” trasmissione al futuro. L’analisi sto-rica del monumento e del suo contesto ter-ritoriale è il primo passo per conoscere l’o-pera. Molto spesso lunga e laboriosa, questaricerca di tutto ciò che può documentare lavita del monumento, dalla sua fondazionefino, attraverso modifiche e adattamenti,alla nostra epoca, è indispensabile ma,soprattutto nel caso di monumenti menonoti, a volte non sufficiente. Più si tornaindietro nel tempo, più diventa difficile repe-rire i documenti di cui abbiamo bisogno, operché sono andati perduti o a volte perchépurtroppo gli archivi comunali e parrocchialicontengono una grande quantità di docu-mentazione che però non è ordinata secon-do una logica precisa. In genere risulta age-vole trovare gli atti che documentano gliinterventi moderni e comunque relativamen-te recenti relativi ad un’opera, anche se pococonosciuta, più difficile è invece reperire gliatti inerenti la fondazione di una chiesa, levisite pastorali, attestazioni di restauri eantiche modifiche. Come possiamo allorasopperire alla documentazione storica man-cante o integrare quella scarsa che abbia-mo? Non ci rimane che interrogare diretta-mente il monumento, cercare di trarre dalmonumento stesso le tracce del suo passa-to; per far questo, oltre all’osservazionediretta dell’opera, abbiamo un valido stru-mento, quello del rilievo metrico-architetto-nico. Il rilievo metrico-architettonico, stru-mentale o manuale, che si avvale anchedella fotogrammetria e della fotografia, nonè altro che, in termini poco tecnici, il disegnodel monumento, un disegno però che non è

esercitazione grafica, ma strumento di com-prensione storico critica. E’ un disegno geo-metrico, e in quanto tale è oggettivo, che siarricchisce di particolari e quindi di informa-zioni via via che diminuisce la scala di rap-presentazione, ma rappresenta anche lanostra percezione del monumento, e quindiha anche una forte componente soggettiva.Il rilievo di un monumento è a tutti gli effet-ti una “fotografia dello stato di fatto”, unarappresentazione veritiera che testimonia ilcontatto diretto che si viene a creare tra chistudia il monumento ed il monumento stes-so. Anche quando i documenti sono abbon-danti e ci sembra di essere riusciti a delinea-re con sufficiente certezza le vicende chehanno caratterizzato un edificio, può capita-re che dal rilievo vengano fuori informazioniaggiuntive, in grado di completare la croni-storia dell’opera o addirittura, e non è cosamolto rara, dal rilievo può arrivare la confu-tazione di alcune notizie, di atti che riporta-no gli interventi commissionati da personag-gi famosi, esagerandoli nelle dimensioni. Ilrilievo è un valido strumento non solo per lacomprensione storica e tipologica, ma ancheper l’analisi della statica dell’edificio, per indi-viduarne gli eventuali dissesti e le cause cheli generano. Il rilievo è poi indispensabile percapire i fenomeni di degrado che interessanol’opera e dove questi sono localizzati. Maancor più un accorto rilievo, in quanto sinte-si della comprensione critica del monumen-to, della sua storia, delle ragioni del suostato di fatto, è in grado di suggerire essostesso le scelte progettuali più idonee.Perché in fondo ogni restauro è un caso a sé;la storia di un edificio, per quanto analoga aquella di altri, avrà sempre delle caratteristi-che sue proprie e il suo passaggio nella sto-ria e attraverso il tempo lo renderà sempreun unicum. Spesso, nelle stesse scuole diarchitettura, viene data poca importanza aquesto potente mezzo, che diventa a volteuna “casuale distribuzione di pietruzze” ouna simbolica rappresentazione convenzio-nale. Nel rilievo è riportato tutto ciò che con-tribuisce a comprendere l’edificio: l’intonacocon le sue abrasioni e le lacune, la muraturacon le integrazioni, le malte, le mancanze epersino con la vegetazione, che perlopiù pro-voca decoesione ma che spesso dà un aspet-to romantico a tutto il contesto. Ricordo chegrande fatica fu il mio primo rilievo, quellodella chiesa di San Michele Arcangelo aMagliano Sabina, luogo a me particolarmen-te caro, in quanto ha dato i natali a miamadre e ai miei nonni. Non riuscivo ancora acompendere il perché del dover riportare sucarta tutta quella infinità di conci di tufo checaratterizzano il suo prospetto laterale.Pensavo che una foto dell’intero e di singolidettagli potesse essere sufficiente a com-prendere la chiesa e la sua storia, ma giàmentre preparavo quell’esame di restauro,

mi rendevo conto che le foto da sole nonbastavano, che ogni volta che andavo sulposto c’erano dettagli che mi erano sfuggutila volta prima.Parallelamente, le notizie storiche che erostata in grado di recuperare, pur permetten-domi di ricostruire nelle sue linee generali lacronistoria della chiesa, lasciavano ampivuoti. E’ stato grazie al rilievo che è statopossibile ricostruire l’entità di alcuni inter-venti di restauro e, grazie anche all’analisimetrologica e tipologica, colmare buonaparte dei vuoti lasciati dalla documentazionedi archivio. Anticipando ora un argomento dicui mi piacerebbe più avanti parlare in modopiù dettagliato, vorrei far notare un piccolodettaglio relativo al prospetto laterale dellachuesa di San Michele. L’osservatore che,entrando a Magliano, si trova subito sullasinistra, prospiciente uno slargo, il prospettolaterale della chiesa, coglie l’immagine nelsuo insieme. Viene attratto dai quattro con-trafforti di sostegno alla volta, dai rafforza-menti della muratura nella parte inferiore,può notare alcune discontinuità murarienella parte alta ma tralascerà, come è nor-male che sia, alcuni dettagli che non verran-no colti neanche guardando una fotografia.Quando cominciai a disegnare la chiesa, divi-si erroneamente il foglio in strisce orizzonta-li della stessa altezza, in scala, dei ricorsi ditufo, dove disegnare i vari conci. Pur ren-dendomi conto fin dall’inizio che la metodo-logia di rilievo che stavo adottando non eraquella giusta, fui costretta a fermarmi quan-do notai che nella parte centrale del pro-spetto i conci di tufo avevano un andamentodiverso, sembravano tendere verso l’alto.Tornata sul posto, mi resi conto che quell’a-nomalia altro non era che un arco all’internodella muratura, la cui esistenza mi era deltutto sfuggita. Ma perché un arco nellamuratura? L’arco indicava indubbiamenteun’apertura, una finestra, una porta, qualco-sa quella anomalia doveva pur rappresenta-re. Ecco quindi come il rilievo porta ad unarianalisi delle fonti storiche, aggiunge infor-mazioni, modifica quelle esistenti. Il rilievodei monumenti è un’operazione complessa,che richiede a monte la comprensione del-l’oggetto e del suo inquadramento storico, ingrado di permettere al rilevatore di “selezio-nare” ciò che deve essere rappresentato. E’un lavoro laborioso e lungo, ma è il punto dipartenza per tutte le indagini sull’oggetto distudio, è un valido supporto per la progetta-zione degli interventi di restauro, un restau-ro che sia nel solo modo in cui può essere,un restauro di qualità.

(1) Questo appellativo al monumento è statodato dal prof. Giovanni Carbonara, in occasionedel suo intervento al III ConvegnoInternazionale “Come rivivere lo spazio e l’artedell’anno Mille nel Lazio di oggi”

ripresa fotografica del prospetto laterale della chiesa di San Michele

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L’angolo ... cin cin di Letizia Chilelli

Abbiamo parlato di “quando” si stappa unabottiglia, ora ci occuperemo del “come” sistappa, operazione molto importante edelicata per la miglior resa del servizio delvino a tavola.La regola più importante per eseguire allaperfezione questa delicata incombenza èquella di possedere un buon cavatappi.Questo autentico “ferro delmestiere”, va sempre controllatoe tenuto pronto per l’uso.Orientarsi bene sulla scelta di uncavatappi non è semplice, poichéoggi si trovano in commercionumerosi modelli: ingegnosi opratici, complicati o di lusso, conmanici e leve d’argento, di ottonelavorato e di altri metalli. Ma tuttiquesti oggetti piacevoli e curiosi avedersi possono diventare inutili epersino ridicoli, se non hanno unavite veramente adatta al nostroscopo, cioè quello di forare iltappo in maniera rapida e corret-ta.Questa vite dovrebbe essere sot-tile e terminare con una puntaacuminata che segua la spirale enon sia centrata. La vite, possibil-mente in acciaio, deve esserelunga a sufficienza per poterentrare anche nei tappi lunghi. Inogni caso il cavatappi, sia esso adoppia leva (usato da noiSommelier) a vermiglione, a cre-magliera, in monoblocco, con vitesenza fine e spirale rettificata,deve essere costruito in materialimolto resistenti che non si defor-mino o non si pieghino sotto sfor-zo: altrimenti bisogna gettar via ilcavatappi e procurarsene unanuovo.Ma veniamo ora alle operazioni distappatura. Buona norma, primadi iniziare, è quella di pulire conun canovaccio, prima la carta sta-

Come stappareuna

bottiglia

gnola che ricopre il tappo e poi il collodella bottiglia, dove può essersi depositatadella polvere.Prima di togliere il tappo, se la bottiglia èincapsulata in carta stagnola (come ormaiquasi tutte le bottiglie in commercio), biso-gna togliere il bordo superiore di questacapsula.

Per questa operazione convieneutilizzare il coltellino con la lamaad arco che si trova posizionatonella parte superiore del cavatap-pi a doppia leva. Togliamo quindila capsula in corrispondenza dellaparte circolare che avvolge laparte superiore del collo dellabottiglia, avendo cura di nonlasciare slabbrature e conservan-do integra la fascia sottostanteche avvolge il collo (questaparte“denudata”rende antiesteti-ca la presentazione della botti-glia).Appena tagliata la stagnola, pulia-mo anche la parte superiore deltappo prima di avvitarvi il cava-tappi. Iniziamo ad inserire la vite,vendo cura di garantire al tappoun’estrazione facile, dolce, delica-ta. Ricordiamo poi, che il tapponon va trafitto con il punteruolofino in fondo, per evitare che pez-zetti di sughero si stacchino daltappo e vadano a cadere all’inter-no della nostra bottiglia.Come ho detto in uno dei nostriprimi incontri, appena il tappoviene estratto va annusato, peraccertarsi che non abbia cattiviodori e non vi siano sulla suasuperficie esterna tracce di muffe.Appurato quindi, che la bottiglianon presenti difetti, possiamopassare al servizio, senza peròdimenticare di assaggiare il vinoprima della mescita ai nostri com-mensali.

Natale alla ghiottone

Per le feste tu puoi fare,un dolcetto da gustare.

Lavorando solo pochi minuti,farai felicità dei grandi e dei piccini.

Insieme alla panna prendi pian pianinoUn pandoro e di nutella un barattolino.In un pentolino fai scioglier lentamente,

qualche gustoso e delicato cubetto di cioccolato fondente.Il pandoro a fette inizia a tagliare,

ed il riempimento pensa a come preparare.Sulla fetta che alla base sta

Metti panna montata in quantità.Porgi sopra un’altra fetta a forma di stella,

e lentamente cospargila di nutella.Ripeti più volte l’operazione detta,

ed arriva fino in vetta.Ora che il pandoro è guarnito,versaci sopra il cioccolato fuso.Qui la rima non è fatta ad arte,

ma con il dolce anche la festa parte.Consuma il pandoro con amici e parenti,

per essere tutti felici e contenti.

Erminio Quadraroli

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Le (dis)avventure del Sig. G.Le (dis)avventure del Sig. G.FORTUNA

di Gianni Bracci

G sentiva il freddo umido attraversare lafragile barriera dei vestiti logori. Lo perce-piva mentre penetrava lento e inesorabilela carne fino a raggiungere le ossa, impre-gnandone il midollo. Il corpo era percorsoda brevi tremiti, doveva avere la febbre.Il barcone arrancava tra i flutti sotto ilpeso di quella massa informe di uomini sti-pati in “coperta” (definizione alquantostridente con la realtà di chi, come loro,era costretto al gelo di quell’addiaccio);sembrava dover affondare da un momen-to all’altro. L’odore nauseabondo dei corpi ammassatie accovacciati non gli dava tregua. Eraesanime, stordito dal freddo e dalla stan-chezza, dalla puzza e dal cullare blando eincessante delle onde.Il viaggio era iniziato diversi giorni prima.G aveva raggiunto la costa siciliana conmezzi di fortuna insieme a un suo cuginoe ad altri disperati conosciuti strada facen-do. Tutti volevano solo ed esclusivamentelasciare l’Italia per aggrapparsi ad unsogno: la Tunisia, la Comunità Africana, laloro Terra Promessa.L’avevano visto in televisione, avevanovisto le scintillanti metropoli africane: iper-mercati, ville, auto, ricchezza, successo,privilegi di ogni genere. Tunisi, Algeri,Casablanca, Tripoli, capitali del lusso e delsuperfluo. Avrebbero lavorato, guadagnato, fatto laspesa tutti i giorni; i loro bambini avrebbe-ro potuto studiare, sereni, gettando le basidi avvenire dignitoso. Avrebbero finalmen-te vissuto, senza doversi rimproverareogni giorno di non sapere e di non poteremantenere se stessi e la propria famiglia. Aveva deciso di dare una svolta aquella povera vita, fatta di stenti eprivazioni. Aveva venduto tutto quelloche aveva per pagare un tipo losco, diquelli che la sanno lunga, il quale lo avreb-be portato sulla costa tunisina, da cuipoteva poi raggiungere le grandi cittàdell’AfricaVoleva farcela. Doveva farcela. Il futurodei suoi figli era nelle sue mani, affidato aquel viaggio, a quella carretta del mare, aquello scafista, a quello sbarco.Certo, non sarebbe stato facile per chi,come lui, era bianco, extracomunitario,clandestino. Avrebbe senz’altro subitoforme di razzismo e ghettizzazione, ma eradisposto ad accettarle; aveva studiato,parlava correttamente almeno tre lingue,ma non aveva grandi ambizioni: voleva

solo lavorare e guadagnare per strapparemoglie e figli dalla miseria. Quella tormentata dormiveglia fu interrot-ta dall’echeggiare di una sirena mentre deipotenti lampeggianti laceravano il buiodella notte. Nell’arco di qualche secondo loscafista, bruscamente, fermò il barcone egridò in un italiano stentato: “Tutti giù,tutti giù! Forza, scendete!Scendete!!”. Urlava come un forsennatoper risvegliarli dal torpore del freddo edella stanchezza, affinchè rimettesserosubito in moto il cervello e i muscoli rat-trappiti. Tra il panico e il caos, tra le urla ele spinte, si ritrovarono tutti in mare. Inmare.G cominciò a nuotare ma la spiaggia sem-brava veramente troppo lontana. Potevascorgere le luci delle città africane, in lon-tananza: la Tunisia, il suo sogno, che pote-va infrangersi di lì a poco, miseramente,come un onda sulla battigia. La paura di non farcela gli toglieva il fiato,si sentiva tirare giù, verso il fondale. Ivestiti lo ingolfavano e l’acqua era male-dettamente gelata e ostile: un ostacolotroppo grande da superare. E poi le tene-bre e il freddo intenso che gli ingessava lebraccia e le gambe.Cosa sarebbe stato dei suoi figli ? Volevadargli di più e invece rischiava di toglierglianche quel poco che avevano:<<Devostare calmo, altrimenti presto esauri-rò tutte le energie. Calmo ! Ma nongliela faccio, non gliela faccio ! >>

“Aiuto, aiuto!!” gridò alla fine il SignorG sobbalzando ansimante sul letto, presoda una profonda, terrificante angoscia. Erasconvolto dall’ansia: “Ce la devo fare, cela devo fare !”, continuò delirante, men-tre era evidentemente seduto sul letto dicasa sua. Tornò in sé e, per quanto ancora disorien-tato, non potè fare a meno di notare chesi era svegliato tra le mura domestiche.Riconobbe la finestra della sua camera,attraverso le cui serrande filtrava la lucedei lampioni, riconobbe il mobilio; si ricor-dò che doveva pur esserci sua moglie,adagiata alla sua destra come sempre, edifatti c’era, talmente assorta nel sonno danon accorgersi minimamente dell’accadu-to. Toccò le lenzuola, il cui profumo glirestituì immediato sollievo. Era lui, ilSignor G, e aveva semplicemente fatto unbrutto sogno. Tutto lì. Sospirò, sollevato erassicurato. Si alzò per bere, fece capolinonella cameretta dei figli per verificare chetutto fosse veramente a posto.Un brutto sogno, certamente. Stava acasa, nella sua casa, lo aspettava il lavoro,i figli andavano a scuola, non gli mancavaniente E sì, perché il Paese dei sogni nonè il Marocco, ma l’Italia. Certo, l’Italia,l’Europa, l’ Occidente, altro che Africa,altro che Algeria o Marocco. Sono i bian-chi quelli privilegiati, non i neri, i vù cum-prà. E lui era bianco, europeo, italiano: << Già: io sono bianco, europeo, italiano.….. Che culo !!>>

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XXXVI Edizione del Presepe vivente di CorchianoIl Presepe viventedi Corchiano, unodei più suggestivi ditutta la Tuscia,sembra non invec-chiare mai, no-nostante siano pas-sati ormai trentaseianni dalla primavolta che venner a p p r e s e n t a t o .Iniziò tutto quasiper gioco. Un grup-

po di giovani del paese decise di cimentar-si nella rievocazione della nascita delSalvatore. Il luogo dello svolgimento erainizialmente la piccola piazza in fondo alpaese, piazza Garibaldi, meglio nota a tutticol nome di “piazza padella”, per la suaparticolare forma. Qualche anno dopo siscelse un altro luogo, non lontano da lì,ma decisamente più idoneo, che è statoconservato immutato fino ad oggi. Lo sce-nario, infatti, una valle di origine vulcanica,adiacente al centro storico, sembra esserestato creato appositamente per questoscopo dalla natura. La rappresentazione,sebbene mantenga una linea guida che hadimostrato di essere la formula vincente,appare ogni anno rinnovata in qualcheparticolare. Ha inizio con la scena dellacreazione, narrata dalla possente e pro-fonda voce di Gigi Proietti che impersonaDio. Prende il via la vita: si ode il martellodel fabbro battere il ferro caldo, si sentonoodori di cibi cucinati nelle piccole capanne,i pastori pascolano i propri greggi, i mer-

canti sono al banco delle stoffe, delle ver-dure, del pane, donne che si recano allafontana ad attingere l’acqua, i bambini chegiocano e si rincorrono. È così realisticoche, per gli spettatori, é come immergersiper qualche istante nel passato. Poi, perun attimo, tutto si ferma e l’attenzione èincentrata sull’Annunciazione a Maria daparte dell’Arcangelo Gabriele, in una sce-nografia surreale. Dall’Annunciazione sipassa al censimento, il momento più dina-mico: irrompono, con i loro cavalli, i solda-ti romani in splendide armature, a ritmo di

una galoppante colonnasonora. Anche Maria eGiuseppe si recano all’ac-campamento per farsi cen-sire, ma è giunto il momen-to del miracolo e inizia ildramma per la ricerca diuna dimora. Nulla è dispo-nibile. Solo una grottanaturale, sita al centrodella scena, potrà ospitarli.Un coro di angeli annunciala nascita del Bambino, lacui parte è affidata ad unneonato del paese. Lospettacolo si chiude con la

visita dei Re Magi, provenienti da Oriente.A guidare lo scorrere delle immagini la bel-lissima colonna sonora realizzata da artistiquali Lello Arena, Nino Castelnuovo,Norma Martelli, Paila Pavese, sotto la dire-

zione dal maestro Nicola Piovani. Mirabiligiochi di luci impreziosiscono e conferisco-no maggiore fascino a tutta la rappresen-tazione. L’allestimento é curato dai mem-bri dall’associazione pro loco, aiutati da cit-tadini volenterosi.

Sarà possibile assistere alla rappresenta-zione nei giorni: 25-26-31 dicembre e 1-6gennaio, dal tramonto del sole in poi.

di Ermelinda Benedetti

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L’intero ciclo dellarisposta sessualemaschile e fem-minile può esserediviso in tre fasiprincipali: deside-rio, eccitazione eorgasmo ad og-nuna delle qualicorrisponde unapeculiare disfun-zione. In realtà lefasi della rispostasessuale sarebbe-

ro cinque perché comprendono anche lafase del Plateau e della risoluzione maqueste due fasi non vengono quasi maiinteressate da forme patologiche. Ilmodello trifasico aiuta il clinico a compren-dere meglio e in modo accurato le caratte-ristiche di ogni fase per inquadrare inmodo più puntuale il sintomo fornendo lapossibilità di un orientamento prognosticovalido ed efficace. Il modello viene defini-to anche “verticale” intendendo con ciòche la prognosi è più favorevole se il sin-tomo si esprime nella 3° fase (orgasmo)rispetto alla 1° (desiderio). Tale prognosideriva dalla constatazione che il sintomo,manifestandosi solo al momento dell’orga-smo, lascia intatte le fasi precedenti percui il soggetto proverà desiderio e riusciràad avere una adeguata eccitazione maavrà difficoltà ad raggiungere l’orgasmo oa raggiungerlo troppo presto rispetto allesue aspettative. In entrambi i casi, comun-

Centro di Diagnosi e Terapia Neuropsichiatrica,Psicologica, Logopedica, Psicopedagogica

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Dott.ssa Nada LoffrediPsicologo Clinico espertoin Sessuologia Clinica

que, c’è desiderio dell’altro e una capacitàdi lasciarsi andare.....anche se fino ad uncerto punto. Se, invece, il sintomo è nellaprima fase (desiderio) probabilmente lacausa è più complessa in quanto, oltre adavere compromesso tutte e tre le fasi,esprime un rifiuto totale dell’altro richia-mando una etiologia più profonda. Altracaratteristica delle disfunzioni sessuali,determinante a livello prognostico, è laconoscenza della loro emergenza e fre-quenza: se, quindi, il sintomo è primario,secondario, situazionale o globale. Il ter-mine primario indica che il sintomo ses-suale c’è da sempre nella vita del sogget-to sin dalle sue prime esperienze, mentrecon secondario s’intende che il sintomo èemerso per la prima volta dopo un perio-do di funzionamento normale. Il termineglobale (o generalizzato) indica se è pre-sente in ogni situazione sessuale, mentresituazionale se la disfunzione è limitata acerti tipi di stimolazione, di situazioni o dipartner (se è presente con tutte le partnero solo con una). É chiaro che se il sintomo,per esempio un disturbo del desiderio, èpresente solo con la propria compagna enon con altre eventuali relazioni, l’etiologiaè da ricercarsi in qualche difficoltà di cop-pia. Spesso, infatti, un sintomo sessuale èl’espressione di un problema all’internodella coppia che lui/lei non riesce ad espri-mere direttamente all’altro (per vergogna,senso di colpa, inconsapevolezza, etc.).Ecco, allora, che l’emozione “repressa” sitraduce in sintomatologia. In quest’otticaun problema del genere può essere lettocome un segnale di aiuto espresso incon-sapevolmente che, se affrontato, offre lapossibilità alla coppia di superare la crisicogliendo il significato nascosto del sinto-mo stesso. Solo che la cultura, il sociale, il

modo con cui siamo abituati ad affrontarela nostra quotidianità ci obbliga ad unritmo prestazionale continuo che ci allon-tana dal contatto con noi stessi, dal perce-pire le nostre emozioni più profonde. Ecco,allora, che quella parte di noi più trascura-ta cerca di esprimersi come può per avver-tirci che c’é qualcosa che non va. Una miapaziente che lamentava difficoltà nel rag-giungere l’orgasmo, si rese conto, duranteil percorso terapeutico, della sua incapaci-tà di lasciarsi andare al piacere non solosessualmente ma in tutti gli ambiti dellasua vita. Non si prendeva mai uno spazioper sè, per ciò che le piaceva anzi arrivavaal punto di non essere in grado di capireciò che preferiva veramente. Affrontarel’anorgasmia, quindi, le permise di recupe-rare la capacità di provare “piacere” e distare bene “fino in fondo” non solo nellasessualità ma, soprattutto, nella sua quoti-dianità. Prima di rivolgersi ad un sessuolo-go, lei stessa non si rendeva conto di tuttociò di cui si “privava”, del significato dellesue frequenti insoddisfazioni apparente-mente senza motivo e un giorno mi disse“Dottoressa lo sa che se non fosse statoper questo problema sessuale non avreimai capito cosa mi perdevo?”. E’ possibileporre quesiti relativi agli interventi tera-peutici e diagnostici e ricevere chiarimentiin proposito, visitando il sito www.centro-ceral.com , inviando una e-mail [email protected] , o chiamando alnum. 0761 517522

Le disfunzioni sessuali

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Campo de’ fiori 29

Le guide di Campo de’ fioriCaprarola

STORIA Sul versantemeridionale dei MontiCimini, alle pendici sud-estdella conca vulcanica dellago di Vico, sorge il paesedi Caprarola. È situato sudi uno sperone di tufo apoco più di 500 m sul livel-lo del mare. La sua esten-sione territoriale è pari a

57,47 km e ha una popolazione che sfiora icinquemila abitanti. Le prime origini del piccolo borgo, nonostan-te il territorio circostante sia ricco di insedia-menti etruschi, risalgono solamente ai perio-di più oscuri del medioevo, a causa dellafitta ed impenetrabile boscaglia, chiamataSelva Cimina, che ricopriva i Monti Cimini ealla quale erano legate leggende di terribili

creature mostruose. Nell’XI sec. alcuni pasto-ri, fuggiti da Falerii Veteres, si unirono ad unpiccolo villaggio e costruirono una fortezzaper ripararsi da eventuali aggressioni. Oscurerimangono le sue vicende storiche.Guerriglie, alleanze, cospirazioni, compra-vendite tra le varie dinastie quali gli Orsini, iVico, gli Anguillara, i Della rovere, i Riario, iFranese, lasciarono segni indelebili. Intornoal Mille, la famiglia Orsini ottenne il feudo cheperò gli venne presto tolto dai famigeratiVico e con la vedova di Pietro V, inizia unperiodo di violenza e ferocia perpetrata dallanobile famiglia. Cacciati i Vico dopo poco, permano del cardinale Albonorz, che dal 1352cercava di ristabilire il potere della Chiesasulle proprie terre, a prendere possesso delfeudo furono gli Anguillara. Da questomomento e per lunghissimi anni il dominiosul castello fu conteso tra queste due poten-ti famiglie fino a quando, con Paolo II, agliAnguillara non furono espropriate tutte lerocche, ponendo così fine alle rappresaglie. Il

feudo di Caprarola passò quindi ai DellaRovere che lo governarono fino al 1504,quando la famiglia Farnese incluse il piccoloterritorio tra i suoi possedimenti feudali e,successivamente, il generoso CardinaleAlessandro Farnese (nipote di Papa PaoloIII), la scelse come luogo di villeggiatura.Caprarola divenne assai prestigiosa. Vi fucostruita la villa più rappresentativa del livel-lo di ricchezza e potenza che questa nobilefamiglia raggiunse: il Palazzo Farnese, checondizionò l’espansione di tutto il centrourbano. Dopo questo periodo di massimosplendore, il Ducato di Castro, nel quale erastata annessa, venne distrutto dalle armatedi Innocenzo X. Il paese ne uscì tremenda-mente scosso ed impoverito, tanto che moltidei suoi abitanti furono costretti al brigan-taggio. È proprio in questo periodo che nasce

il famoso detto “A Caprarola si piantanofagioli e nascono briganti”. Ma a causa delladistruzione di gran parte degli archivi localidurante i secoli, a testimonianza di tutti que-sti avvenimenti rimangono soltanto isolatereminiscenze. Oggi Caprarola non è più terradi briganti, è uno dei paesi più affascinanti ecaratteristici nelle vicinanze del lago.Attualmente è il primo produttore di noccioledel Lazio e forse d’Italia.ITINERARIO TURISTICO Caprarola éricolma di opera d’arte. A prima vista si pos-sono ammirare palazzi caratterizzati dalleclassiche e regolari linee vignolesche congrandi portali bugnati e cornici di peperinointorno alle finestre, ristrutturati in seguitoalla realizzazione della particolare ViaDiritta che contraddistingue il paese, lungacirca 680 metri. “Lo Deritto”, così chiamata indialetto, conduce direttamente al cuore diCaprarola: il fastoso Palazzo Farnese, dipianta pentagonale, costruito per volere diAlessandro Farnese, divenuto Papa Paolo III,

su progetto di Antonio Da Sangallo, intornoal 1530 e terminato da Jacopo Barozzi daVignola su commissione di AlessandroFarnese, nipote di Papa Paolo III. Visto dal-l’esterno dà l’impressione di una commistio-ne tra fortezza militare, con bastioni, fossati,recinti e ponti levatoi e palazzo signorile congiardini, architettura elegante, capolavoriartistici. Dipinti di artisti quali Federico eTaddeo Zuccari, Antonio Tempesti, JacopoBertoia, Raffaellino da Reggio, GiovanniAntonio da Varese, Giovanni de Vecchi e altrimeno conosciuti, ricoprono le pareti interne.In ben cinque piani si suddivide l’edificio: iSotterranei, accessibile dall’ampio piazzaleantistante e anticamente adibiti a cucine,forni, mulino, magazzini e dispense; il Pianodei Prelati, accessibile dal portone principa-le un tempo munito di ponte levatoio o tra-mite la Scala Reggia che parte dai sotterra-nei, composto di vari ambienti (Salad’Ingresso, Cortile con porticato, Sala diGiove, Appartamento dell’Estate, Gabinettidei Prelati, Appartamenti d’Inverno); ilPiano Nobile, l’unico visitabile, accessibiledalla Scala Reggia e diviso in sale di rappre-sentanza e appartamenti privati; il Piano deiCavalieri, accessibile tramite il loggionesovrastante il porticato e composto da 61stanze; il Piano degli Staffieri, di 26 stan-ze con piccole finestre.

Ermelinda Benedetti

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fotoservizio M. Topini

Santa Teresa

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Campo de’ fiori32

La semplicità di questi ultimi due piani fapensare che fossero lasciati in uso al perso-nale di corte. Di grande importanza è il parcodiviso in Giardini bassi, due grandi giardinipensili quadrati detti dell’Estate edell’Inverno, all’altezza del Piano Nobile eGiardini alti, superbo esempio di giardinoall’italiana, decorato da fontane, statue eduna elegante palazzina. Legate al Palazzosono le Ex Scuderie Farnesiane, costruitesu tre livelli. Il piano terra poteva contenerefino a 120 cavalli, il primo ed il secondopiano, divisi in quattro appartamenti, eranodestinati ai cocchieri e alla servitù. Nei seco-li successivi furono impiegate in vario modo.Oggi vi sono sale e uffici per convegni edattività culturali. Altri palazzi degni di esserevisitati sono: Palazzo Gherardi, trasforma-to in un Convento affidato alle SuoreAgostiniane; Ex Castello di Vico, anticarocca difensiva del borgo di Caprarola;Palazzo Fabrizi-Valentini; PalazzoPetti; Palazzo Sebastiani; Palazzo delPodestà; Palazzo Riario, che porta ilnome della famiglia di Vicaria Caprarola;Palazzo Restitui; Palazzo Pettelli;Palazzo Mariani e Palazzo Moscheni.Numerose sono le chiese sparse in tutto ilterritorio: la Chiesa di Santa Teresa e ilConvento dei Padri Carmelitani Teresiani,fuori del paese, all’interno della quale é con-servato un prestigioso quadro, posto sopral’altare maggiore, raffigurante la Vergine conil Bambino, attribuito a Guido Reni; laChiesa di San Rocco posta sulla piazza difronte al Palazzo Farnese; la Chiesa diSanta Maria Assunta; la Chiesa dellaMadonna della Consolazione; la Chiesadi San Marco o della SS. Trinità; laChiesa della Madonna delle Grazie; laChiesa di Nostra Signora del SS.Sacramento; la Collegiata di San

Michele Arcangelo, meglio conosciutacome Duomo, che era l’antica chiesa par-rocchiale posta di fronte a palazzo Riario,ristrutturata in seguito alla realizzazionedella Via Diritta e ricostruita nei primidell’800 dall’architetto Valadier dopo unincendio. Camminando per le vie del centro èpossibile apprezzare caratteristiche fontane:la Fontana delle tre cannelle databile alXV sec., fatta costruire dai Riario e dai dellaRovere, come testimoniano i due stemmiscolpiti; la Fontana delle Boccacce; laFontana della Fornella e la Fontana delMascherone, chiamata così per il grandemascherone centrale dalla cui bocca esceacqua che finisce in una conchiglia sotto-stante e per le due maschere più piccole late-rali, che buttano acqua nel vascone abbeve-ratoio. Di grande interesse non artistico manaturale è la Riserva “Lago di Vico” che sisviluppa intorno all’antico Lacus Ciminus for-matosi circa settecentomila anni fa in segui-to allo sprofondamento del vulcano di Vico,appartenente al gruppo dei monti Cimini.Un’antica leggenda racconta che il Lago diVico nacque per mano del potente Ercole,che scaraventando a terra un gigantescotronco, provocò una buca nel terreno dallaquale iniziò, prodigiosamente, ad uscireacqua. La fauna è molto ricca e variegatagrazie all’abbondanza degli habitat naturali:numerose specie di uccelli acquatici e dipesci. La vegetazione, favorita dal climaumido, con elevata piovosità, si sviluppanotevolmente anche lungo le rive del lagodove ci sono folti canneti. È possibile effet-tuare escursioni a piedi, a cavallo ed in bici-cletta nell’area paludosa e lungo i sentieri delMonte Venere e del Monte Fogliano. TRADIZIONI E FESTE Festa di S.Antonio Abate Festeggiamenti in onore delPatrono degli armenti, il 17 gennaio. Dopo la

benedizione degli animali, segue la proces-sione alla quale partecipano cavalieri incostume storico, che si contenderanno ilpalio nell’antica “Corsa della Stella”. Festa della Madonna del Barco Si festeg-gia la seconda Domenica di Maggio, a 6 kmdi distanza dal centro del paese, nell’omoni-ma chiesa, animata da processione giochipopolari e scampagnata.

Mostra Mercato macchine agricoleEsposizione di macchine agricole all’avan-guardia l’ultimo fine settimana di Maggio,inloc. La Paradisa. Iniziative d’intrattenimentoe gastronomia contornano l’evento.Festa di Sant’Antonio da Padova Per

l’occasione, il Sabato precedente al 13 giu-gno, una processione di uomini, con ceri ecandele, accompagna il simulacro, ringra-ziando il Santo e chiedendogli protezione.La corte dei Farnese Manifestazione volta

a ricordare l’importanza che la famigliaFarnese ha avuto per Caprarola. Un corteostorico con figuranti in abiti che riproduconoi cavallerizzi della milizia cittadina farnesianadi fine XVI secolo, divisi in nove contrade, sicontendono un palio scontrandosi in treprove di abilità. Stands gastronomici arricchiscono la festa.

Festa di Sant’Egidio Abate e Sagradelle nocciole Festeggiamenti in onore delPatrono durante i quali, alla parte religiosa, èstata affiancata la massima espressione fol-cloristica caprolatta: una festa in onore dellasua grande ricchezza, la nocciola. Carri alle-gorici sfilano per le vie del paese, contempo-raneamente vengono distribuiti nocciole, toz-zetti, amaretti, gelati e liquori alla nocciola edaltri derivati alimentari di questo frutto. Presepe Vivente Rievocazione della nativi-tà di Gesù durante il periodo natalizio. SAPORI TIPICI Pici sono maccheroni fattiin casa con uova e farina. Tacconi sono unasorta di fettuccine senza uova, per fare eco-nomia. Non mancano pietanze di origine tipi-camente contadina come l’acquacotta,brodo nel quale vengono bagnate sottili fettedi pane, la polenta ed i faggioli con lecotiche. Per i dolci, oltre a quelli preparaticon le nocciole, si possono menzionare lefrappe e gli strufoli, tipici del periodo dicarnevale. La giuanna è una torta, caratte-ristica di Caprarola, a base di ricotta e liquo-ri.

LE CURIOSITA’: Ma lo sapevate che aCaprarola…Il più anziano del paese è nato il 2 Giugno1904La famiglia più prolifica ha 4 figliLa coppia più duratura ha 62 anni di matri-monioIl sindaco con il mandato più lungo ha eser-citato dal 1973 al 1988

Palazzo Farnese

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Cari amicila storia di Noel si arricchisce sempre più di nuove avventure.

Conservate gli inserti e... buona letturadai vostri Cecilia e Federico

soggetto e testo Sandro Anselmi

Indovina L’ArtistaDi lato è riportato un partico-

lare del quadro“L’Annunciazione”. Sai dire chil’ha dipinto? I primi tre che

indovineranno e lo comuniche-ranno in redazione, riceveran-

no un simpatico omaggioofferto dal Centro Parati di

Selli Vittorio

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Campo de’ fiori 35

Maestri dell’architettura moderna a Civita Castellana.

L’Architetto Massimiliano Fuksas

L’Architetto MASSIMILIANO FUKSAS,nasce a Roma il 9 Gennaio 1944.Nel 1969 si laurea nella Facoltà diArchitettura di Roma, dove svolge attivitàdidattica e di ricerca presso l’Istituto diStoria dell’Architettura dal 1971 al 1978.Dalla prima realizzazione del complessosportivo di Sassocorvaro del 1972 all’at-tuale Nuova Fiera di Milano del 2004, innu-merevoli sono le opere, i piani urbanistici ei progetti realizzati in Italia e in Francia.Civita Castellana conserva, anche se nonadeguatamente valorizzate, alcune suecelebri opere: la scuola elementare inlocalità la Penna, (1983-1986), la CasaSerafini, (1983-1986), e l’ampliamento delcimitero comunale, (1986-1988).La presenza a Civita Castellanadell’Architetto FUKSAS, si deve all’azioneculturale e tecnica del Prof. SERAFINI

SANDRO, recentemente scomparso,docente di educazione artistica e compo-nente della Commissione EdiliziaComunale nel periodo 1983-1988.Dagli scritti dell’Architetto: “…… il progettodella scuola elementare, ci è stato affi-dato da Cimarra, sindaco di CivitaCastellana, e da Anzellini, assessore all’ur-banistica, quasi per caso.In quel momento il Comune aveva bisognodi una scuola per risolvere il problemadella scarsezza di aule in una zona dellacittà. Allora ci offrirono questo incarico. Cisottoposero almeno tre aree diverse.Scegliemmo la più magica, la più ricca distoria e con il paesaggio con in fondo ilgrande e romano Monte Soratte.L’idea: una trancia di città, due blocchi dicostruito e una piazza coperta.I prospetti laterali, degradanti a valle, ave-vano il problema dell’attacco a terra. Tuttoquesto è stato risolto facendo correre uncamminamento ad un metro e mezzo dallafacciata in tufo, su archi come in un acque-dotto”. Nella Casa Serafini, la costruzio-ne si articola su due livelli ed è caratteriz-zata da un portico circolare, dalle formeclassiche: “ …… Si tratta di un organismoche nasce dall’incastro tra due elementidiversi, sia come struttura geometrica checome spazialità. Il primo una spirale cheha per centro un cilindro colonna di vetroe per copertura una volta rovesciata, unPantheon capovolto. Intorno e sopra a

questo, sorge la casa tradizionale copertaa tetto e con tre angoli su quattro in cui siripete la colonna. L’ultimo spigolo è ereti-camente costruito in pietra”.L’ampliamento del cimitero comunale,occupa una superfice di circa 16.000 mq.e il progetto delle strutture in cementoarmato si deve all’ingegnere civitonicoVasco CAPONI.“…… Gli elementi morfologici che abbiamoconsiderato utili alla definizione dell’inter-vento, oltre alle caratteristiche morfologi-che dell’area, sono la ferrovia, la strada, ilsottopassaggio e la vicinanza del vecchioCimitero.I dati a priori che ci siamo imposti veniva-no in parte da esperienze precedenti:come impedire la vista delle singole sepol-ture dall’esterno, dimensionare l’interven-to in maniera semplice ma contenuta, inmaniera di limitare nel tempo l’esecuzionedell’intera opera che, dovendo essere ese-guita per stralci non divenisse un cantiereperpetuo. Si è pensato, quindi, a un peri-metro che contenesse al suo interno i postiloculo, e tutti gli spazi dei servizi occorren-ti. Una curva, un tracciato territoriale con-tinuo, un muro di tufo, come è tradizioneche siano i muri in questa regione.Abbiamo pensato che l’impatto ambienta-le più corretto, potesse essere affidato adun segno decisamente solido e definito,ma semplice e privo di formalismi, unovale dunque, che mantiene una quotacostante in copertura e si raccorda con ilterreno seguendone l’andamento.All’interno del muro a ridosso del qualesono disposti i loculi, il vuoto dell’interno diquesta città e un’unica strada che l’attra-versa e ai lati tre piccoli edifici…”.Le opere civitoniche sono soggette a pre-cise leggi di tutela delle opere d’artesecondo le direttive della SezioneArchitettura della Biennale di Venezia diconcerto con il Ministero per i BeniAmbientali ed Architettonici.Un patrimonio da tutelare e salvaguarda-re.

Prof. Arch. Enea Cisbani

Scuola Elementare in Loc. La Penna - Civita Castellana

cimitero di Civita Castellana

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Essere MiglioriL’amore è amare

ciò che ci sta circondando;... è accettare

quello e come siamo.Dobbiamo amare

tutto l’essere con l’animae tutto ciò

che Dio ci ha dato.Dobbiamo avere

carità senza vantarcie amare

anche l’imperfezione.E’ appena allora

che ci ritroviamo,allora è

che ci rendiamomigliori.

Sava Maricica

Amico mio,ti scrivo qualche riga mentre lotto contro uno dei nostri nemici più agguerriti: il Tempo.Quell’entità astratta che tanto odiamo quando dobbiamo aspettare ma che caparbiamente ricerchiamo ed amiamo quando siconsuma, ora, come non mai è diventata protagonista della mia vita.Come un gabbiano che sfiora con le proprie ali la cresta di un’onda, così il tempo sfiora il mio viso senza lasciarsi toccare.Ancora non ho preso coscienza del fatto che questo “nemico” non possa essere né sconfitto o fermato, ma solo accettato.Ieri andavo a fare sport, lavoravo e mi divertivo senza preoccupazioni.Ieri andavo in Chiesa tutti i giorni: pregavo ed accendevo una sottile candela vicino a quella Statua che tu ben conosci.Oggi per colpa di questo tempo beffardo tutto questo non c’e’ quasi più….oggi vorrei…ma non posso.L’oceano accoglie delfini e squali indistintamente, così il tempo, arroccato nella sua indifferenza, consuma il bello e il bruttodella nostra vita.Amico, mentre ti scrivo, il Natale passa davanti ai miei occhi….È il mio e il tuo Natale, diverso, ma che tuttavia ci vede immersi in luci colorate, corse all’ultimo regalo, frenesia, aromaticipandori e dolci torroni.Natale: una festa in cui a me piace sedere sulle sponde di questo fiume di gente che, ogni anno, corre verso il “superficiale”.Caro Amico, non ti rubo altro del tuo prezioso tempo, ma prima di congedarti voglio consegnarti il mio personalissimo regalo.Di certo non potrai gustarlo o toccarlo, ma, quando sarai arrivato a questo punto, avrai scoperto che ti ho “regalato” qualcheminuto di… Erminio Quadraroli

Aò ce semo, ce so’ l’auguri de le feste,mò ch’er tempo m’ò permette,lassatemeli fa’ co’ du’ strofette.

De ‘sti tempi, quante se ne danno de strette de mano e botte su le spalle;scossoni, che quasi te rompeno le palle.

Nun me fraintennete, so’ le palle dell’albero

quello de Natale,che, quanno se rompeno, nun fanno

male.Invece l’artre, se cominceno a girà,artro che le feste pe’ falle ferma’!

- Auguri a te e famijia! Me raccomanno!je fai co’ la voce sorda,

quello va a casa e manco se ricorda.Parlamese chiaro,

er Natale è puro questo:abbracci, saluti, baci,

Natale‘nsomma ‘n’occasione

pe’ sta a casa e magnasse er panetto-ne.

La sera de la viggilia, er cenone,er settemmezzo,

la tombola co’ li parenti,poi, quanno s’è addormito er regazzi-

no,organizzi veloce er pokerino.

“Natale con i tuoi” dice er proverbio,

così vo’ la tradizione,e io che la rispetto, l’occasione

nun me la lasso scappa’:

‘n’ artr’anno è passato, tiramo acampà!

Alessandro Soli

PPooeessiiee ssoottttoo ll’’aallbbeerroo

Barbara D’Urso madrina d’eccezione per la manifestazione “un fiocco per l’albero”

L’associazione “Una mano al tuo ospedale” onlus, ha organizzato la riuscitissima manifestazione del 4 Dicembre, inPiazza Matteotti, con il patrocinio del comune e la sponsorizzazione del gruppo industriale Colamedici. La raccolta dei fondi è stata destinata all’ospedale Andosilla per migliorarne la struttura sanitaria. La presenza di Barbara D’Urso ha richiamato un fortissimo pubblico.Si sono esibiti, poi, il mago Mancini ed i Sisters and Brothers Gospel Choir Ensemble.Gli alunni delle scuole elementari hanno addobbato l’albero e si sono divertiti insieme a Babbo Natale giunto con unagrande slitta. Tutti i bambini hanno potuto girare il centro storico con un trenino trainato da pony.

Dott. Donato Di Donato, Gaspare Milazzo, Barbara D’Urso, Gianfranco Colamedici, Luciano

Caregnato e Laura Colamedici

il Direttore Sandro AnselmiBarbara D’Urso e Cecilia Anselmi

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Campo de’ fiori38

ANTONINI Raffaele, BARBONI Remo, BONFIGLIOLI Elvio, BRAVINI Giovanni, BUTTARELLI Fiore, CASCHERINIMario, CASTRUCCI Settimio, CHILINI Giuseppe, COSTANTINI Aldo, DEL PRIORE Erisio, D’UBALDO Pietro,

EVANGELISTI Angelo, MADAMI Turiddo, MORETTI Luigi, NOBILI Antonio, PASQUETTI Angelo, PROFILI Evaldo,ROSSINI Fulvio, SANTORI Danilo, STENTELLA Mario, TOGNOLI Roberto.

Trascorsi sessant’anni dalla conclusione della2^ Guerra Mondiale, 10 Maggio 1945, ecaduto, dunque, il vincolo di riservatezza suatti e documenti, una enorme mole docu-mentaria costituita da relazioni, piani milita-ri, carteggi, fogli matricolari, è a disposizionedegli studiosi al fine di ricostruire in manieracerta e puntuale, determinati avvenimentistorici, che hanno inciso profondamentesulla vita della nazione come nei destini ditante persone.Dall’attento esame dei documenti, è statoaccertato che nel periodo Dicembre 1941/Febbraio 1943, ben venticinque furono igiovani di Civita Castellana, inviati sul FronteRusso, prima con il C.S.I.R., Corpo diSpedizione Italiano in Russia, e successiva-mente nell’AR.MI.R., Armata Militare Italianain Russia.Di tale nutrita compagine, ventuno furono iconcittadini morti o dispersi, nelle innumere-voli battaglie che si susseguirono sul FronteRusso, che nel periodo 16 Dicembre 1942/23Febbraio 1943, culminarono nella Battagliadi Stalingrado.Soldato semplice ANTONINI RAFFAELE, natoa Civita Castellana il 21.03.1910 e residentein loc. Catalano 78. Divisione Vicenza, 1^Compagnia Btg. Mortai. Morto il 22.03.1943nel Campo di Prigionia di Suzdal.Soldato semplice BARBONI Remo, nato aCivita Castellana l’11.08.1920 e residente inVia Porta Posterula 8. Divisione Torino X Btg.Genio Ferrovieri. Morto il 18.12.1942 nellaBattaglia di Krasnogorowka.Caporal Maggiore BONFIGLIOLI ELVIO, natoa Civita Castellana il 27.10.1922 e residentein Largo Cavour 16. Divisione Torino Rgt.Artiglieria a cavallo. Morto il 31.01.1943nella Battaglia di Stalingrado.Soldato semplice BRAVINI GIOVANNI, natoa Civita Castellana il 17.09.1913 e residentein Via della Corsica 11. Divisione Tridentina11 Rgt. Artiglieria da montagna. Morto il24.01.1943 nel Campo di Prigionia di Suzdal.Soldato semplice BUTTARELLI FIORE, nato aCivita Castellana il 23.12.1918 e residente inVia XII Settembre 14. Divisione Torino 52Rgt. Artiglieria Pesante Campale. Morto il10.12.1942 nella Battaglia di Stalingrado.Soldato Semplice CASCHERINI MARIO, natoa Civita Castellana il 13.08.1913 e residentein Via della Corsica 10. Divisione Torino 81°Rgt. di Fanteria. Morto il 07.12.1941 nella

Battaglia di Kiew.Soldato Semplice CASTRUCCI Settimio, natoa Civita Castellana il 14.01.1917 e residentein Piazza Quintana 2. Divisione Torino 38°Rgt. di Fanteria. Morto il 19.12.1942 nellaBattaglia di Stalingrado.Soldato semplice CHILINI GIUSEPPE, nato aCivita Castellana il 30.10.1920 e residente inVia della Corsica 34. Divisione Torino 54 Rgt.Di Fanteria. Morto il 21.08.1942 ad Arbusow.SottoTenente COSTANTINI ALDO BORIS,nato a Civita Castellana il 08.09.1920 e resi-dente in loc. Priati 43. Divisione Littorio 6°Rgt. Bersaglieri. Morto il 17.02.1943 nelCampo di Prigionia di Suzdal.Soldato semplice DEL PRIORE ERISIO, natoa Civita Castellana il 27.03.1914 e residentein Via Regina Margherita 56. Divisione Torino81° Rgt. Di Fanteria. Morto il 13.12.1942nella Battaglia di Stalingrado.Soldato semplice D’UBALDO PIETRO, nato aCivita Castellana il 16.09.1912 e residente inVia del Forte 8. Divisione Torino 81° Rgt. DiFanteria. Morto il 24.12.1941 a Stalingrado.Medaglia di Bronzo al Valor Militare.Soldato semplice EVANGELISTI Angelo, natoa Civita Castellana il 11.04.1919 e residentein Via delle Palme 16. Divisione Torino 81°Rgt. Di Fanteria. Morto il 17.02.1943 nelcampo di Prigionia di Suzdal.Soldato semplice MADAMI Turiddo, nato aCivita Castellana il 27.10.1914 e residente inPiazza Quintana 10. Divisione Vicenza 32°Rgt. Di Fanteria. Morto il 25.05.1943 nelCampo di Prigionia di Tambow.Soldato Semplice MORETTI Luigi, nato aCivita Castellana il 08.04.1911 e residente in

Via XII Settembre 10. Divisione Torino 39°Rgt. Di Artiglieria. Morto il 17.01.1943 nelCampo di Prigionia di Tambow.Soldato semplice NOBILI Antonio, nato aCivita Castellana il 04.02.1909 e residente inVia delle Palme 44. Divisione Littorio 3 Rgt.Bersaglieri. Morto il 07.12.1942 nellaBattaglia di Stalingrado.SottoTenente PASQUETTI Angelo, nato aCivita Castellana il 09.04.1911 e residente inVia Regina Margherita 11. Divisione Torino81° Rgt. Di Fanteria. Morto il 16.12.1942.Caporal Maggiore PROFILI Evaldo, nato aCivita Castellana il 13.10.1920 e residente inVia del Forte 41. Divisione Torino 81° Rgt. DiFanteria. Morto il 17.01.1943 nel campo diPrigionia di Tambow.Soldato semplice ROSSINI FULVIO, nato aCivita Castellana il 30.09.1922 e residente inVia del Forte 70. Divisione Torino 4° Rgt.Artiglieria Contraerea. Morto il 24.01.1943nel Campo di Prigionia di Tambow.Soldato Semplice SANTORI DANILO, nato aCivita Castellana il 31.08.1920 e residente inPiazza del Comune 4. Divisione Torino 52°Rgt. Di Fanteria. Morto il 23.03.1943 nelCampo di Prigionia di Tambow.Soldato semplice STENTELLA MARIO, nato aCivita Castellana il 14.11.1921 e residente inVia delle Palme 42. Divisione Vicenza 64°Rgt. di Artiglieria. Morto il 17.01.1943.Tenente TOGNOLI ROBERTO, nato a CivitaCastellana il 22.03.1908 e residente in LargoCavour 16. Divisione Vicenza 45° Rgt. diArtiglieria. Morto il 19.12.1942 a Stalingrado.

Prof. Arch. Enea Cisbani

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Campo de’ fiori 39

Una “Fabrica” di ricordiIl ciocco di Natale

Nel mese diAgosto, du-rante un tem-porale, il fos-so di Gric-ciano, in pie-na, avevasradicato unagrossa quer-cia che eracresciuta sul-la sua spondae che, tantevolte, era ser-vita a far

ombra agli animali assetati. NonnoLisandro l’aveva tagliata ed accatastatapoco distante, perché un’altra piena nonl’avesse più potuta trascinare via. Tuttaquella buona legna si era così seccata alsole ed il buonuomo l’aveva poi portata acasa, per riscaldarsi d’inverno. Ai primifreddi, aveva già consumato al fuoco irami più piccoli, ma conservava in fondoalla legnaia, il pezzo più grande e benfat-to. L’aveva tagliato e selezionato con cura,per usarlo la notte di Natale. Era usanza,infatti, avviare un gran fuoco la sera delventiquattro Dicembre per poter poi bru-ciare il ciocco, che veniva messo sul cami-no intorno alle ore ventitrè, in modo cheavesse simbolicamente scaldato la nascitadel Bambinello e poi, arso fino all’alba delgiorno seguente. Quella sera di festa, a

casa di nonno c’eravamotutti per la cena, rigorosa-mente magra, della vigilia:figli, generi, nuore e nipoti.Dopo finito di mangiare io, epoi tutti gli altri cugini, ave-vamo letto la letterina diNatale, che era stata nasco-sta precedentemente sotto ipiatti dei nostri papà, i qualifingevano così sorpresanello scoprirla. Recitato poi ilsermone e raccolte lemance, tutti i grandi siaffrettavano a recarsi inchiesa per la messa di mez-zanotte. Solo nonnaMarietta e noi più piccoli,restavamo in casa ad aspet-tare, con il compito di man-tenere vivo il fuoco.Facevamo allora una granfatica a non addormentarci,storditi dai racconti pacati dinonna sui Natali passati, edancor più dalle tombolatepiene di sbadigli. Alla fine, alcaldo del camino, crollava-mo sfiniti sulle sedie che accoppiavamo aformare uno scomodo letto. Venivamo poirisvegliati quando i genitori tornavanodalla messa, ed entravano in casa con ibaveri alzati, i cappelli calati e le guance ele mani livide dal freddo. Allora correvano

a scaldarsi intorno al camino dove guizza-va viva, ed ancora arzilla, la fiamma e,mentre si stropicciavano le mani, si com-plimentavano col nonno per la scelta delbel ciocco di Natale.

di Sandro Anselmi

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Campo de’ fiori40

La rubrica La rubrica dei perchèdei perchèInnanzitutto bisognapremettere che gliargomenti trattati inquesto articolo, si riferi-scono esclusivamenteagli uragani che simanifestano nell’ocea-no atlantico e si abbat-tono sulle coste degli

Stati Uniti e Messico.Tutte le manifestazioni meteorologichedello stesso tipo, che si verificano in altreparti del globo terracqueo, è bene preci-sare che non sono oggetto di questo arti-colo.In questi primi anni del nuovo millennio,abbiamo assistito ad un intensificarsi deglieventi meteorologici definiti come uragani;qualche meteorologo ha fatto l’ipotesi chesia tutto determinato dall’effetto serra; èmolto probabile, ma non è ancora dimo-strato!Manifestazioni meteorologiche disastrosesono sempre esistite; è certo che i mezzidi informazione attuali mettono immedia-tamente alla ribalta questi eventi, mentrenel passato remoto e non molto remoto,nessuno ne parlava.Per esempio, nessuno sa che il 27 luglio1825 un uragano, chiamato poi “Santa Ana” mise in ginocchio Puerto Ricocon eccezionale violenza.Essa fù colpita di nuovo da un altro ura-gano il 13 settembre del 1876, chiamato “San Felipe” e di nuovo ancora nel 1928,tutti di notevole violenza. I mezzi europei d’informazione allora esi-stenti, ignorarono l’accaduto!Attualmente invece, in special modo, pergli uragani che colpiscono la costa atlanti-ca USA, questi eventi vengono monitoriz-zati costantemente dall’uomo. È statocreato addirittura un ente ufficiale dellostato chiamato NHC ( National HurricaneCenter) in italiano ( centro nazionale ura-gani) che gestisce il controllo, le comuni-cazioni relative ai vari enti, le azioni daintraprendere a salvaguardia della popola-zione. L’NHC ha sede a Miami in Florida.L’NHC a sua volta deve seguire le regoleemanate dal WMO ( World MeteorologicalOrganization ) in italiano ( OrganizzazioneMondiale della Meteorologia ).Prima del 1979 gli uragani USA venivanoidentificati da sigle alfanumeriche chederivavano da misure di longitudine e lati-tudine relative al punto geografico digenerazione del fenomeno. Si arrivò poialla conclusione che questo modo di iden-tificazione generava grande confusione,nei sistemi di comunicazione, quando sidoveva dare un allarme, specialmente

quando l’ura-gano si spo-stava veloce-mente oquando dueuragani sigeneravanoa pocadistanza unodall’altro.Si deciseallora di“appioppare”a questif e n o m e n idella natura,dopo il 1979,dei nomi dip e r s o n a ,possibilmente più comuni nei paesi atlanti-ci eventualmente interessati. Tutto questoper facilitare le comunicazioni.Furono allora scelte sei liste di nomi inordine alfabetico. Dalla lista N° 1 alla listaN° 6.Ogni lista doveva e deve tuttora, essereusata all’interno di ogni anno; trascorsi seianni si deve ricominciare ad usare la listaN° 1. Tutto questo in modo ciclico.L’NHC decise inoltre, sempre in accordocon l’WMO, che nell’eventualità si verifi-casse un uragano catastrofico, il nome uti-lizzato per identificarlo, deve essere bandi-to dalla lista, in modo tale da non doverlopiù utilizzare negli anni successivi! Forseper scaramanzia!Nelle liste dei nomi si può notare che noncompaiono mai nomi che iniziano con la lelettere Q,U, X,Y,Z; questo perché nellazona geografica interessata non vi sonomolti nomi che iniziano con queste lettere.In conclusione ogni lista è composta da 21nomi ( 26 lettere dell’alfabeto inglesemeno le cinque sovracitate).Cosa succede però se in un anno si verifi-cano un numero di uragani superiori a 21?Niente paura, l’ NHC ha pensato anche aquesto; dopo il 21° nome si debbono uti-lizzare i nomi dell’alfabeto greco; Alfa,Beta, Gamma , Delta etc..etc. Quest’anno ( 2005) fino a questo momen-to si è arrivati ad usare il nome Gamma,questo significa che si sono verificati 24eventi!Di seguito la lista :2005 Arlene, Bret, Cindy, Tennis, Emily,Franklin, Gert, Harvey, Irene, Jose,Latrina, Lee, Maria, Nate, Ophelia,Philippe, Rita, Stan, Tammy, Vince, Wilma.2006 Alberto, Beryl, Chris, Debby,Ernesto, Florence, Gordon, Melene, Isaac,Joice, Kirk, Lesile, Michael, Nadine, Oscar,

Patty, Rafael, Sandy, Tony, Valerie, Wiliam.2007 Andrea, Barry, Chantal, Dean, Erin,Felix, Gabrielle, Humberto, Ingrid, Jerry,Karen, Lorenzo, Melissa, Noel, Olga, Pablo,Rebekah, Sebastien, Tanya, Van, Wendy.2008 Arthur, Bertha, Cristobal, Dolly,Edouard, Fay, Gustav, Hanna, Ike,Josephine, Kile, Laura, Marco, Nana,Omar, Palma, Rene, Sally, Teddy, Vichy,Wilfred.2009 Ana, Bill, Claudette, Danny, Erika,Fred, Grace, Henry, Ida, Joaquin, Kate,Larry, Mindy, Nicholas, Odette, Peter,Rose, Sam, Teresa, Victor, Wanda.2010 Alex, Bonnie, Colin, Danielle, Earl,Fiona, Gaston, Hermine, Igor, Julia, Karl,Lisa, Matthev, Nicole, Otto, Paula, Richard,Shary, Tomas, Virgine, Walter.

Nelle liste di cui sopra, si può notare chealcuni eventi non sono stati divulgati dallastampa, questo non significa che non sisono verificati, ma semplicementeche i mezzi d’informazione parlano solodegli eventi più catastrofici, es. Katrina,Wilma, Rita, etc. etc.Da notare inoltre che un evento meteoro-logico del tipo in questione, viene chiama-to Uragano (Hurricane), solo quando assu-me la classica forma rotatoria ed inoltre,contemporaneamente, si sposta ad unavelocità superiore a 39 MPH ( Miles PerHour) in italiano ( Miglia per ora).Ribadisco inoltre, prima della fine di que-sto articolo, che la regolamentazione adot-tata per il controllo degli uragani sullacosta atlantica dell’America del Nord, nonè uguale a quella adottata in altre parti delmondo.E’ in atto comunque una iniziativa delWMO per uniformare a e standardizzare alivello mondiale le procedure di cui sopra.

di Arnaldo Ricci

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Campo de’ fiori42

Nel mondo vi sono 1000 città:una l’ho detta, quale sarà?

I primi cinque che telefonando in redazionedaranno la soluzione dell’indovinello, riceveran-no un simpatico omaggio offerto da

L’ANGOLO DEI DESIDERI

Come eravamo

Per la mia generazio-ne, quella nata subitodopo la secondaguerra mondiale, ilNatale ha rappresen-tato e rappresenteràsempre, la festa pereccellenza.Aspettavamo per unanno intero, questoparticolare periodo,perché sapevamoche quelli erano i

giorni dei sogni realizzati, i giorni dellapoesia imparata a memoria , recitata conimpaccio ed emozione davanti alla famigliariunita, i giorni dei giocattoli e delle scarpenuove, i giorni dei dolciumi e del presepe,i giorni della tombola e dell’albero diNatale. Ma andiamo con ordine: anche sei ricordi affollano la mia mente in modocaotico, sovrapponendosi, dando spallate,per prevalere l’uno sull’altro, cercherò diallinearli e catalogarli seguendo il metododettato dai sentimenti che da sempre ani-mano i miei scritti. A scuola eravamoimpegnatissimi, con la poesia da impararea memoria, ogni anno sempre più lunga, ela letterina scritta a mano da mettere sottoil piatto di papà, piena di richieste per gio-cattoli quasi insperati, ma fiduciosi di rice-verli se non a Natale, per la Befana. C’eraun’atmosfera piena d’elettricità, nellenostre case, tutti erano impegnati in millecose. Che bello andare per boschi per rac-cogliere “a carpinella” (muschio) per il pre-sepio. Già, il presepio: ogni anno, seguen-do un rituale unico, identico, e al tempostesso ripetitivo, svolgevamo le statuine ingesso dei vari personaggi, (incartate accu-ratamente da un anno per evitare rotture)e le posizionavamo sullo strato di “carpi-nella”, che faceva da base al nostro ”capo-lavoro”. Man mano che la scenografiaprendeva forma, una sensazione di gioia esoddisfazione pervadeva tutta la casa, ementre tracciavamo un piccolo sentierocon la farina, o nascondevamo accurata-mente uno specchietto, facendolo diventa-

re stagno, i nostri pensierierano tutti concentrati verso lagrotta, quando finalmenteavremmo posizionato Giusep-pe, Maria, il bue, l’asino, e…. lamangiatoia, vuota, fino allanascita di Gesù bambino. E incucina? Che succedeva in cuci-na? Era tutta una tradizioneculinaria, che ancora oggi gra-zie a Dio, continua, in qualchepiatto locale, quando la seradella vigilia si mangia rigorosa-mente “di magro”. Ecco allora ibroccoli fritti, e sua maestà laborragine, che per chi non laconosce, è una foglia legger-mente pelosa, farcita di mozza-rella e alici, arrotolata a mò diinvoltino e tenuta chiusa da unostuzzicadenti, poi patate, car-ciofi ecc, tutto fritto con pastel-la e immerso in olio bollentissi-mo. Il pesce merita un discorsoa parte, anch’esso rientra nelleabitudini natalizie, ma le varian-ti sono talmente tante, che ognifamiglia, in un certo modo, lopersonalizza a seconda del proprio gustoed esigenza. Personalmente preferiscol’anguilla alla cacciatora, e il baccalà allavicentina. Riguardo ai dolci, poi, voglioricordarne uno in modo particolare, per-ché rientra tra le più antiche usanze diquesta zona (siamo nel basso viterbese),esso si chiama in dialetto “gnocco lercio”.Sono esattamente spaghetti, o linguine,conditi con trito di noci, zucchero, can-nella, cioccolata tritata, (da qui l’originedel nome),serviti freddi, quindi amalga-mati, e vengono addirittura tagliati a spic-chi, quasi fossero una torta. La serata eralunga allora, come oggi, e dopo la tradi-zionale cena, la famiglia si riuniva aspet-tando la messa di mezzanotte.Tra i pas-satempi, uno è rimasto a testimoniare lafelicità di grandi e piccini: il gioco dellatombola. Oggi è divenuto un gioco direiquasi “informatico”, con cartelloni intelli-

genti, numeri digitali, estratti addirittura daun computer. Io voglio ricordarlo invececon i numeretti tondi di legno, incisi edipinti, contenuti nel sacchetto di stoffa,così rumorosi prima dell’estrazione, con lecartelle e il cartellone solo di cartone, coni segnanumeri fatti con granturco, fagioli, elegumi vari. Che bello, ognuno aveva il suomucchietto, e svelto copriva il numero cheusciva sulla propria cartella. Poi, quandoalla fine tutti aspettavamo ansiosi di urla-re: “tombola!!”, ci trovavamo a masticareun chicco di granturco o un fagiolo cheavevamo sgranocchiato nell’attesa spa-smodica. Era questo il nostro Natale, unNatale semplice, ma vissuto intensamente,un Natale che oggi sembra lontanomigliaia di anni luce, ma che resta scolpitonei ricordi. Un Natale così diverso da quel-lo vissuto nei pubs o in discoteca, unNatale ….”CON I TUOI”

“Natale con i tuoi...”

di Alessandro Soli

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ANNUNCI ECONOMICI GRATUITI PER PRIVATI

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Cedola da ritagliare e spedireL’annuncio sarà ripetuto per 3 uscite, salvo diversa decisione della redazione

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Civita Castellana (VT)oppure mandate un Fax al n. 0761.513117

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L’oggetto Misterioso

Vi invitiamo ad indovinare l’oggetto misterioso riprodotto nella foto di lato. I primi cinque che lo indovineranno e ne daranno

comunicazione in redazione, avranno diritto a ricevere un premio offerto dal negozio IL QUADRIFOGLIO di Foggi Antonella.

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La pagella dei ComuniIl criterio di valutazione, terrà conto del numero degli abitanti di ogni comune che, pertanto, verrà paragonato a seconda delle fasce di appartenen

Internazionale D’Italia, ha completato l’analisi della cittadina di Civita Castellana, per l’assegnazione del numero di chiavi, con un

STRUTTURE PUBBLICHEPresenza, conservazione e funzionalità di:

Scuole, Uffici Comunali, Ospedale, Biblioteche, Cimitero, Caserme, Stadi e Palestre(alcune foto esplicative) - fotoservizio Mauro Topini

edificio scolastico in Via Midossi

edificio comunale

ospedale S.Giovanni Decollato - Andosilla

biblioteca comunale

cimitero

caserme

campo Madami

palestra comunale P.Smargiassi

VIABILITA’Parcheggi, Segnaletica, Strade, ponti di

collegamento

parcheggi

segnaletica

strade

ponte di ferro tra via Mazzini e via Falisca

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i : “Civita Castellana”nza: fino a 3.000 abitanti, da 3.000 a 5.000, da 5.000 a 10.000, da 10.000 a 15.000, oltre i 15.000. Il Comitato Tecnico Scientifico dell’Accademian massimo di cinque, relativo ad ogni argomento trattato, con conseguente valutazione finale per il concorso di “CITTA’ IDEALE”.

ALBERGHI E RISTORANTI

albergo al centro storico

VERDE PUBBLICOGiardini e Parchi

giardini del Forte

boschetto I Maggio

MONUMENTI ARTISTICI

porta borgiana

interno del Forte Sangallo

Via Amerina e tombe falische

meridiane in P.za Matteotti

una delle tante edicole votive

fontanone in Via SS M.Marciano e Giovanni

ponte del Forte Sangallo in Via Roma

Duomo dei Cosmati

ricezione in strutture clericali

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La pagella dei Comuni : “Civita Castellana”

CENTRO STORICO

Via Panico

CINEMA - TEATRI - ATTIVI-TA’ RICREATIVE, CULTURA-LI E SOCIALI

Ludoteche, Locali di ritrovo, Scuole dimusica, Attività sportive, Centri sociali per

anziani e disabili

Via del

Tiratore

sala cicuti

cinema-teatro Florida

spettacoli di piazza

carnevale civitonicoECOLOGIA

Raccolta differenziata dei rifiutiDepuratori , Centraline smog

cassonetti

centralinarilevamento

fumi

TRASPORTI PUBBLICITasporti urbani,

ScuolabusTrasporti per portatori di handicap

iniziative sociali

ECONOMIA

industria ceramica

La città di Civita Castellana,in base alla media dellevalutazioni assegnate perogni singolo settore, hatotalizzato n. 3 chiavi

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Il PERSONAGGIO MISTERIOSOVi invitiamo ad indovinare il personaggiomiserioso riprodottonella foto accanto. I

primi cinque che lo iden-tificheranno e ne daran-

no comunicazione inredazione, riceverannoun simpatico omaggio

offerto dalla profumeriaPaolo e Concetta

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Un’eco da Ronciglione: a “cacciarella”L’uomo è un pellegrinodel tempo: percorre il suocalendario senza tregua,lasciandosi dietro le spalleun velo di ricordi. Di radosi volta a rispolverarli,preso com’è dal suo cari-co fatto di giorni che len-tamente ne scandisconola vita…L’essere umano insegue

un calendario che, senza fretta, ma spietata-mente, sbiadisce la sua memoria.Così, alcune tradizioni, rimangono nascosteagli occhi di tutti, fino a quando qualcunonon decide di scrivere “stop” sulle pagine deltempo: 24 Maggio 1907.È questa la data riportata su una fotografiamaltrattata dal peso degli anni, che raffigurale fasi iniziali di una tradizione scomparsa daoltre mezzo secolo: “ ‘a cacciarella”.I preparativi iniziavano con i chiarori dell’al-ba: uomini di ogni levatura sociale si riuniva-no nei pressi della Chiesa di Santa Lucia inVico, per cimentarsi in una redditizia gara dicaccia in quelle acque amiche e profonda-mente maledette.Con il primo sole mattutino, le barche, dispo-ste sull’acqua come un plotone d’esecuzione,prendevano il largo.Avanzavano molto lentamente appostandosi

dietro le canneche ancora oggicoronano il Lagodi Vico.Una volta arrivatinelle postazioniscelte, non resta-va che…attende-re.I minuti passava-no in un silenziorotto solo dallosciabordare del-l’acqua che acca-rezzava la barcae…non appenafolaghe, aironi euccelli, fedeli abi-tanti del lagocimino, facevanomostra di se,subito si scatena-va un tuonare difucili che risuonava lungo tutta la vallata.Era iniziata “ ‘a cacciarella”: l’odore fortedella polvere da sparo si mescolava con quel-lo del fuoco acceso sulla riva, per dare una“degna” cottura alla selvaggina.L’abbaiare dei cani era la “melodiosa” colon-na sonora che accompagnava il parlare deicacciatori: << Uno…due…tre…>>.

Poi…l’istituzione della Riserva ha definitiva-mente reso mute quelle doppiette che peranni avevano echeggiato lungo tutta laVallata del Lago di Vico.Ora non resta che il ricordo di una tradizioneantica in cui la caccia era un momento di“comunione” umana ed uno strumento perprocacciarsi il cibo…

di E. Quadraroli

La cacciarella - 1907archivio Gioacchino Capaldi

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TTeessssuuttiiVia Rio Fratta, 11Civita CastellanaTel. 0761.513946

Erano gli anni ’20, l’Italia delregime celebrava con ceri-monie sfarzose e altisonantiogni avvenimento, compresala festa della Befana. A CivitaCastellana tutti i bambiniattendevano con ansia eimpazienza il 6 Gennaio,quando, la cosiddetta“Befana fascista”, dispensa-va loro i famosi pacchi-dono.Nella foto, vedete immorta-lati due fratellini: OscarAmmannato (classe 1918), ela sorellina Carmen (classe1920), che ricevono i pacchidalle mani della contessadonna Letizia Cossio diCodroipo. Appunto Oscar,rammentando quei momen-ti, mi ha detto che erano gliindumenti, così utili e indi-spensabili, a farla da padro-ne, insieme a qualche dol-ciume e piccole tavolette dicioccolato. Beata povertà,bastava così poco per farfelice un bambino. Per i piùfortunati, pochi, la Befanatradizionale era passata durante la notteed aveva “calato” giù nel camino di casa,bambole di pezza e cavallucci a dondolo,per gli altri, invece, non rimaneva cheattendere la tarda mattinata. Era allorache, sul palco della Scuola Elementare“Tommaso Tittoni” (l’odierna xxv Aprile),alla presenza delle autorità cittadine e delpersonale docente, si consumava il ritodella consegna dei “pacchi-dono”. AdOscar brillano gli occhi, perché nella suamente, quei ricordi, da sempre indelebili,oggi vanno pian piano sbiadendo, e strin-

gendomi la mano, mi confessa di esserestato, malgrado tutto, un bambino fortu-nato, avendo provato la gioia di riceverequalcosa di utile e di importante. Questatradizione della Befana, che consegnadoni, si è ripetuta ancora per decenni dopola guerra. Ricordo, personalmente, quelpizzico d’invidia provato vedendo i mieiamichetti che ostentavano le automobilinee i dolci ricevuti dalla Befana della Roma-Nord (papà ferroviere) o dalla Befana dellePoste. Loro sì che erano fortunati, perchéi doni dell’azienda, si aggiungevano ai

regali che i genitori, immancabilmente,mettevano sotto la cappa del camino, trala calza piena zeppa di caramelle, liquiri-zia, noci e mandarini, e quella con ceneree pezzi di carbone. Oggi la Befana vienesempre, di notte e di giorno; oggi per inostri bambini, la Befana viene tutto l’an-no, altro che solo di “notte, con le scarpetutte rotte. Ma è giusto che sia così. Tanto, prima o poi, anche loro cresceran-no.

Alessandro Soli

Quando la Befana veniva di giorno

Carmen e Oscar Ammannato ricevono i doni dalla Contessa Cossio e dal figlio Arnaldo

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piccolo può avvertire un po’ di doloresoprattutto al momento di fare pipì. Percontrastarlo si può somministrare un po’ diparacetamolo. Il dolore, comunque, scom-pare nei giorni immediatamente successivi.La pulizia della zona verrà fatta con acqua euna soluzione disinfettante, ricordandosiche prima di far scorrere il prepuzio èmeglio aspettare due o tre giorni. Quandol’igiene è un po’ sommaria, può verificarsiun’ infezione chiamata “balanopostite”. Simanifesta con gonfiore e arrossamento, edalla punta del “pisellino” fuoriesce anchepus. Il dolore si accentua ogni volta che ilpiccolo deve fare la pipì. In questo caso siconsiglia una pomata antibatterica.

te. In presenza della fimosi fisiologica, nonc’è alcuna fretta di intervenire. Occorresemplicemente osservare una scrupolosaigiene quotidiana evitando movimenti bru-schi. Per favorire l’elasticità cutanea, si pos-sono effettuare piccoli e delicati movimentidi stiramento durante il bagnetto. Già intor-no ai due – tre anni, si potrà prescriverel’uso di una pomata al cortisone per circa unmese, che può aiutare, insieme a delicatemanovre, ad allargare il prepuzio. Per nonpeggiorare la situazione, evitare assoluta-mente movimenti troppo energici di stira-mento che potrebbero causare ragadi esanguinamento. Una volta cicatrizzate,infatti, queste piccole ferite, renderebberoancora meno elastica la pelle del prepuzio.In questo modo, anziché ottenere una rapi-da evoluzione della fimosi fisiologica, si pro-vocherebbe un intrappolamento definitivodel glande, rendendo, alla fine, inevitabilel’operazione. Se si deve intervenire chirurgi-camente sulla fimosi, o si allarga l’anellocutaneo che circonda il glande, con una pic-cola incisione (l’operazione si chiama “pla-stica prepuziale”), o si pratica la cosiddettacirconcisione, cioè si asporta, in parte, o deltutto, il prepuzio. Consuetudine antichissi-ma, quest’ultima, ancora oggi viene pratica-ta sui neonati, per motivi religiosi, peresempio tra gli ebrei e i musulmani. L’intervento è semplice e può essere prati-cato in day hospital; dopo l’operazione, il

La fimosi

Si verifica quando ilprepuzio, cioè la pelleche ricopre la punta del“pisellino” (glande), haun’apertura talmenteristretta da impedire discoprire il glande stes-so.

Alla nascita e nei primi anni di vita, questasituazione è fisiologica e ci vuole del tempo(mesi, ma talvolta anche alcuni anni) perchél’apertura del prepuzio si allarghi e le ade-renze del prepuzio con il glande si distacchi-no. Ci si accorge di essere in presenza diuna fimosi, quando la punta del “pisellino”rimane sempre coperta. Avvolte fra il pre-puzio ed il glande si forma una secrezionenaturale, chiamata smegma, che tende adaccumularsi, formando escrescenze bianca-stre. Queste piccole cisti, che si vedonosotto la pelle al livello del glande, non devo-no preoccupare, perché sollevano la cuteagendo come un cuneo, favorendo, così, ilprocesso di scollamento del prepuzio. In alcuni casi rari, la scopertura del glandenon avviene e allora è necessario interveni-re chirurgicamente. In genere si aspetta,però, fino ai cinque – sei anni: col tempo,infatti, la pelle del prepuzio diventa più ela-stica e il problema si risolve spontaneamen-

L’angolo del Bebè

della Dott.ssaLoredana Filoni

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M e s s a g g i

I bambini delle classi IV /C e V /C della scuola elementare Dante Alighieri di Fabrica di Roma augurano alle loro famiglie, alleloro insegnanti, al personale non docente e al preside Prof. Mariano Ghirighini, un Felice Natale e un Sereno Anno 2006

La redazione di Campo de’ fiori, si associa agli auguri

Auguri a Chiara Nardi che il 28 Dicembrecompirà 80 anni. Per mamma Chiara, nel gior-no del tuo compleanno, ti vogliamo ricordarecon tutto il nostro affetto, perchè per noi èla festa più bella dell’anno. Auguri dai figliAnna, Gianni, Franca (nella foto), Rossana eErmanno, i nipoti Roberta, Daniela, Stefano,

Tiziana, Eleonora e Elisabetta, i pronipotiMichele, Simone, Francesco e Federico.

Buon Compleanno alla piccola Alessia cheha compiuto 4 anni l’11 Dicembre, da

Debora e Daniele, da zio Lallo, zia Pina unbacione grande.

Buon Compleanno al piccolo Daniele che hacompiuto 2 anni il 16 Dicembre,

da mamma e papà con amore e dalla sorel-la che gli vuole un mondo di bene.

Chiara Nardi e Mario Segatori hanno festeggiato, il 1° Dicembre, le

nozze di diamante,con l’affetto dei loro figli, nipoti

e pronipoti. Siamo molto onorati di aver potutofesteggiare il vostro grande amore

unito da 60 anni.

La mitica classe 1955 festeggia 50 anni con un viaggio a Capri. I partecipanti vogliono condividere la bellagiornata trascorsa insieme, con tutti i lettori e augurano

buon compleanno a tutti quelli del ‘55.

Tantissimi auguri aLaura Coramusi

che il 14 Novembre si è lau-reata in Fisioterapia con un

punteggio di 110 e lode.Tantissimi auguri dal figlio

Alessandro, la sorellaLetizia e il fratello Marco.

Tantissimi auguri al piccolo Alessio

Sebastiani,venuto al

mondo loscorso 23

Agosto, dallamamma Luana,

il babboDaniele, i nonni e

gli zii.

Buon compleannoal piccolo Mirkoche il 10 Gennaiocompirà 4 anni.

Auguri da Deborae Daniele, zio

Lallo e zia Pina un bacione grande

Congratulazioni a Loredana Carloni perla sua seconda laurea

in filosofia daLoredana Filoni e

Francesco Antenore.

Tantissimi auguri a Carlo Scaramucci che il 5 Dicembre ha compiuto 11 anni. Dalla mamma, Stefano, nonno Massimo,

nonna Lucia, zio Maurizio, zia Francesca e i più piccoli Marcello e Giorgia. Con tanto amore

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Campo de’ fiori 51

Scopri l’ Arte di Cristina Evangelisti

Francisco Javier Arenas Granadosnasce in Colombia, il 24 Marzo 1962. Dal1982 al 1984 frequenta, presso l’Universidad Nacional de Colombia, il corsodi Industrial Design e quello di Belle Arti ePittura dal 1985 al 1990. Nello stesso annopartecipa ad un progetto grafico, conl’Arch. David Llamosa, riguardante un’e-ventuale “Osservatorio Astronomico diCarupa” a Bogotà. Nel frattempo, presso ilCentro Santa Cruz ed il Collegio EmilioVelenzuela di Bogotà, svolge la sua attivi-tà di insegnante di pittura. Nel 1992approda a Roma e, presso l’Accademia diBelle Arti, frequenta il Corso di Incisione.Ma Arenas non ha ancora appagato la setedella conoscenza, così frequenta il corsod’affresco e quello di ceramica, il primopresso la Scuola delle Arti Ornamentali delComune di Roma, dal 1992 al 1994, ilsecondo presso il Comune di Urbania.Espone in collettive ed individuali inColombia, in Svizzera, a Roma, Firenze eGenova. La sua arte non passa indifferen-te, tanto che vengono commissionatinumerosi murales in locali pubblici ed abi-tazioni private tra Roma e Chieti. La suaarte è in continua evoluzione, tanto darivolgere la sua attenzione anche all’elabo-razione di campioni decorativi per la stovi-glieria ceramica e la ceramica sanitaria perle industrie di Civita Castellana. Il temacentrale, nei quadri astratti di FranciscoArenas, è la comunità umana e l’individuoche la costituisce. Ogni singolo tratto rap-presenta, per Arenas, il singolo individuoe, l’insieme di questi tratti, e quindi degliindividui, forma la comunità che si muove,fluttuando, in continua evoluzione. Ciò cheha colpito molto l’artista al suo arrivo aRoma, è stata la moltitudine di volatili chesovrasta i suoi cieli. Queste masse flut-tuanti, che imperano sulla città eterna, simuovono a formare un corpo unico edogni singolo individuo, condizionando l’al-tro, è legato da precisi schemi evolutivi. I suoi quadri non rappresentano soggetti ostorie specifiche ma, le composizioni,mirano al ritmo, al movimento, all’equili-brio. L’artista lascia, però, libero spazio achiunque osserva i suoi quadri, perché,ognuno di noi, dà un’ interpretazionediversa al quadro astratto, condizionatadalla personale sensibilità, dalla propriaesperienza e preparazione culturale. Neisuoi lavori, Arenas, fa principalmente usodell’oro che, in tutte le culture del mondo,per ogni singolo individuo, è il metalloprezioso per eccellenza, che dà valore eluce. A noi non resta che ammirare i qua-dri di Francisco Javier Arenas Granados intutto il loro splendore e sentirci parte diquell’immensa umanità, consapevoli che ilnostro operato, l’operato di una piccolamolecola, può cambiare il corso della vitaad un’intera comunità.

progetto per industri ceramica sanitaria di Civita Castellana

murales - primo premio concorso di murales aSan Felice Circeo

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Campo de’ fiori52

Ezio Bruziches: Canti alla vita, inni all’amore, memorie d’altri tempiUna copertina rigidadi colore rosso, conimpresso sul fronte iltitolo a caratteridorati Realtà in versicaprolatti e non, rac-chiude tutti i compo-nimenti di EzioBruziches, poeta perpassione. Il libro siapre con una poesia

dal titolo semplicissimo ma significativo“Amo”, che fa intuire già il carattere del-l’autore. Un primo aggettivo per definire isuoi versi? Spontanei. Ezio Bruziches è in grado di traslare realtà,nostalgie, sensazioni e quant’altro diretta-mente in versi. “Non ho la stoffa delloscrittore, le mie capacità culturali sonoalquanto limitate, quindi mi esprimo inmodo molto elementare”, scrive nelle noted’autore all’inizio del suo libro. Molte volte però la semplicità è il modomigliore per farsi capire. E non per il fattoche non usi parole incomprensibili, deveessere considerato meno poeta di tantialtri. La vera poesia nasce dal cuore, nonbada certo al grado d’istruzione. Poeti sinasce, non si diventa; è un talento dona-to. Ad ognuno di noi ne viene regalato uno,l’importante è saperlo riconoscere e farlofruttare. A dimostrazione di ciò proprioquest’uomo, che nella vita faceva tutt’al-tro, 21 anni di onorato servizio nell’armadei carabinieri, e poi si è ritrovato a pub-blicare queste poesie, scritte per diletto,per passione. Versi apparentemente tantosemplici, quindi, ma in realtà tanto ricchi diemozioni, ricordi ed insegnamenti. Spesso,guardando la realtà, ammonisce i giovanie li sprona a non lasciarsi trasportare dallefrivolezze, dai vizi e dal denaro, con ilquale sembra avercela a morte tanto dadedicargli un’intera poesia, “Lo male de libocchi” (bocchi, in dialetto caprolattosignifica soldi), e di nominarlo all’interno dialtre poesie. Invita l’uomo, centro dellesue riflessioni, a non lasciarsi corromperel’animo, a vivere una vita onesta e mori-gerata, a donare agli altri e non essereegoisti. Canta la bellezza della natura, il forteamore per la vita, la gioia di essere nato,il piacere di amare, il rispetto e l’ugua-glianza, la pace e non la guerra, l’impor-tanza dei veri valori della vita, quali la giu-stizia e l’onestà. È un uomo profondamen-te mosso dalla fede, un fervido credente.Si trova, infatti, più di una volta a compor-re liriche che assumono le sembianze divere e proprie preghiere. Tra i suoi ricordi più ricorrenti quello deisuoi genitori ai quali si rivolge direttamen-te, con parole di grande affetto, stima ericonoscenza, come se fossero ancora invita, presenti davanti a lui. Con malinconiariguarda gli anni in cui svolgeva orgoglio-

samente il suo amato lavoro di carabinieree, in uno dei componimenti ad esso dedi-cato, dice che non si stancherà mai “d’es-ser “carabiniere” a vita”. Non mancano dediche alla moglie e allafiglia Elisa, che gli ha insegnato tantecose, come recita appunto “Elisa tantecose…”, ad amici cari scomparsi, alla terranativa, Caprarola, dove ha trascorso tuttala sua vita. È un convinto antiprogressista, considerainfatti il progresso la rovina del mondo, lacausa dei disagi sociali di oggi. In alcunidei suoi componimenti non manca comun-que un pizzico d’ironia, soprattutto quandovuole mettere in ridicolo i già ridicoli difet-ti dell’uomo, attraverso dialoghi tra anima-li, quasi a mettere in versi le antiche favo-le di Esopo e di Fedro. La raccolta comprende poesie in italiano epoesie in dialetto caprolatto. La caratteristica, che risalta immediata-mente da una prima lettura, è lo straordi-nario gioco di rime che Bruziches è ingrado di fare. Tutti i suoi componimenti, fatta qualcherarissima eccezione, sono di quattro strofeche rimano alternamente (il primo versocol terzo e il secondo col quarto) o di dueversi che rimano baciati. Questa simmetriadi identità di suono a fine verso conferisce,ad ogni componimento, una grande musi-calità che coinvolge ancor di più nella let-tura.A questo mio breve commento vorreiaffiancare due poesie, in modo da farviconoscere un pezzetto di Ezio Bruziches edi invogliarvi a scoprirlo tutto. Tra i circa120 componimenti la selezione é stataveramente dura. La mia scelta alla fine èricaduta su due di essi: “La vita” che racchiude molti dei messaggiriproposti in poesie anche più specifiche eun componimento sul Natale visto il perio-do!

di Ermelinda Benedetti

Ricorre il NataleRicorre il Natale, ma come ogni anno,per molti lo è solo in un calendario;tra fame e paura, tra l’ansia e l’affanno,ricorre soltanto l’infausto calvario.

Cruenti battaglie, bagliori di bombe,tra pianti strazianti di bimbi affamati,ricorre un Natale di lutti e di tombe,di uomini ciechi di sangue assetati.

Di uomini ottusi ed in cerca di gloria,di insani principi, che un fine non hannose non soddisfare l’orgoglio e la boria,per ciò non curanti del male che fanno.

Smaniosi di ambite conquiste esaltanti,che seminan MORTE e con essa il DOLORE,perchè in quelle menti ambiziose e inquietanti,NON REGNA LA PACE, NON REGNA L’AMORE! Ezio Bruziches

La Vita

Un susseguirsi d’emozioni intenseed un bagaglio pieno d’esperienze,

tanta felicità e tanta tristezzae tanta povertà e tanta ricchezza;

questa è la vita che madre natura,ha regalato ad ogni creatura.

C’è chi la vive con eterno amore,perchè l’apprezza in tutto il suo valore,

chi invece la disprezza ingiustamente,perchè di lei non ha capito niente.

Chi vive da nababbo e chi di stenti,chi in allegria, chi pieno di lamenti;

c’è chi riversa tutta la sua fede,sol nel danaro, perchè in lui sol crede.

C’è il ladro, l’assassino, il prepotente,il mite, il generoso e l’innocente,

la vita è ricca di questi soggetti,pieni di pregi oppure di difetti,

però è la vita e come viene espressa,è relativo, purchè non soppressa.

Ma quando in alto volgerai lo sguardo,perchè raggiunto avrai il suo traguardo,

t’accorgerai che non è valso a nientese non l’avrai vissuta intensamente.

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Campo de’ fiori 53

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Tel e Fax 0761.513217

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Album deCampo de’ fiori54

anno 1937 - Istituto Rosa Maltoni Mussolini di Civita Castellana - gita a Faleri - foto del Sig. Vittorio Menichelli

fine anni ‘50 - Cresime a Fabrica di Roma - foto del Sig. Giovanni Tabacchini

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dei ricordiCampo de’ fiori 55

anno 1963 - seconda media di Civita Castellana - foto della Sig.ra Bellizzi

anni ‘40 - matrimonio nella Chiesa Collegiata di Vignanello

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Campo de’ fiori56

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Campo de’ fiori 57

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ha stipulato una convenzione conCampo de’fiori con la quale, tutti i lettori, avranno diritto

a n. 3 consulenze gratuite.Per informazioni rivolgersi in redazione

La scomparsa di Ileana Ghione è una perdita immane peril teatro italiano, e per me in particolare.Ho avuto modo di intervistarla (vedi Campo de’ fiori n.21) e vederla nella sua ultima rappresentazione “Ecuba”.Donna di grandissima umanità e sensibilità, decisa, tene-ra, innamorata della vita e dell’arte. L’ultimo respiro l’haregalato al palcoscenico del teatro che porta il suo nome. Sembra quasi una casa, il “Ghione”, comperato anni orsono con l’affetto di sua madre. Come da una madre,sono stata accolta da questa donna meravigliosa. Serberòper sempre il ricordo nel mio cuore. E’ uscita dalla vitaterrena e dal mondo artistico vestita da Regina, come unaRegina la ricorderemo! Regina del teatro! Grazie Ileana.

Dott.ssa Loredana Filoni

Abbiamo apprezzato l’artista e stimato la donna, nella recente intervista uscita sul nostrogiornale. Il teatro ha perso una stella di prima grandezza e a noi mancherà la sua dolcezzae la rara umanità in lei conosciuta. Addio Ileana, la tua luce continuerà a brillare accanto a quella di tutti i tuoi grandi colleghiche ti hanno preceduta.

Sandro Anselmi e la redazione di Campo de’ fiori

La prematura scomparsa dell’amico Don Pier Luigi Quatrini,ha lasciato un gran vuoto.Il Direttore e la redazione di Campo de’ fiori, si associano aldolore di tutti quelli che lo hanno conosciuto e amato.

Errata Corrige- Campo de’ fiori n. 22, pag. 49 “Un pieno di solidarietà!”, si precisa che l’ambulanza dellaquale si parla nell’articolo , è stata donata al Comitato locale della C.R.I. dal Comune diRonciglione e dalla Banca di Credito Cooperativo di Ronciglione.- Campo de’ fiori n. 21, pag. 6 “Nicola Piovani: musica da Oscar” è stato riportato erronea-mente il titolo del film “La tigre e il dragone”, anzichè “La tigre e la neve”.- Campo de’ fiori n. 21, pag. 28 “L’angolo del bebè”. Frase errata: Si può somministrarloanche durante una cura con antibiotici o una convalescenza. Se invece il bambino ha la feb-bre, è meglio rimandare, per evitare che il sistema immunitario, già alle prese con un’infe-zione, risponda in maniera adeguata.Frase esatta: ......... già alle prese con un’infezione, risponda in maniera inadeguata.

Campo de’ fiori è distribuito a Civita Castellana, Corchiano, Fabrica di Roma, Vignanello,Vallerano, Canepina, Vasanello, Soriano Nel Cimino, Vitorchiano, Bagnaia, Viterbo,

Montefiascone, Carbognano, Caprarola, Ronciglione, Sutri, Capranica, Cura di Vetralla, Blera,Monte Romano, Tarquinia, Civitavecchia, Orte, Gallese, Magliano Sabina, Collevecchio, Tarano,Torri in Sabina, Calvi nell’Umbria, Stimigliano, Poggio Mirteto, Otricoli, Narni, Terni, Amelia,

Nepi, Castel Sant’Elia, Monterosi, Anguillara, Trevignano, Bracciano, Canale Monterano,Mazzano, Campagnano, Sacrofano, Olgiata, Faleria, Calcata, S.Oreste, Nazzano, Civitella San

Paolo, Torrita Tiberina, Rignano Flaminio, Morlupo, Castelnuovo di Porto, Riano, Ostia, Nettuno,Anzio, Fregene e nei migliori locali di Roma, in tutte le stazioni MET.RO. Spedito a tutti gli abbo-nati in Italia e all’estero, inviato ad Istituzioni Culturali e sedi Universitarie italiane e straniere, a

personaggi politici, della cultura, dello sport e dello spettacolo.

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