Date post: | 14-Dec-2014 |
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1. Capitolo 1 IL SISTEMA FINANZIARIO 1. Il sistema finanziario È una struttura fondamentale dell’economia
reale poiché ne migliora sostanzialmente il funzionamento, l’efficienza e, in definitiva, la capacità di
produrre ricchezza: in altre parole è quella struttura attraverso cui si svolge l’attività finanziaria, cioè la
produzione e l’offerta di servizi finanziari; infatti è l’insieme organizzato di mercati, intermediari finanziari
e strumenti finanziari. Questi ultimi sono una particolare categoria di contratti aventi per oggetto diritti e
prestazioni di natura finanziaria, negoziati in mercati specializzati (mercati finanziari). Gli intermediari
finanziari sono una speciale classe di imprese che svolgono essenzialmente attività finanziaria, basata
cioè sulla negoziazione di strumenti finanziari e sull’offerta di servizi connessi con la circolazione degli
strumenti stessi. Il funzionamento avviene attraverso regole e controlli, conseguentemente quindi la
quarta componente della struttura è costituita dalle autorità di vigilanza. 2. Le funzioni del sistema
finanziario Il sistema finanziario realizza, attraverso produzione ed offerta di servizi finanziari, 3
fondamentali processi del finanziamento di un’economia moderna. L’offerta di strumenti di regolamento
degli scambi Un sistema che basa la sua funzionalità sulla specializzazione e sulle diverse possibilità di
posizioni, deve disporre di meccanismi di scambio – e di regolamento degli scambi – molto sviluppati ed
efficienti. Il progresso è legato al fatto che la moneta accresce l’area di scambio: aumenta la possibilità di
contropartita, si riducono i costi, si limitano i rischi. Non è più necessario produrre per esigenze di
autocomsumo, ma si può produrre per il mercato, sfruttando i vantaggi della specializzazione.
L’evoluzione storica della moneta accompagna tale specializzazione: si è passati dalla “moneta merce”
(valore intrinseco, ad es. monete in metallo prezioso) alla “moneta segno” (valore in termini nominali),
dalla “moneta bancaria” alla “moneta elettronica”. Questa evoluzione è dipesa dalla ricerca di nuovi
mezzi di pagamento idonei a ridurre il costo delle transazioni e a renderne meno rischioso il regolamento.
L’accumulazione del risparmio ed il finanziamento degli investimenti: il trasferimento delle risorse
finanziarie La crescita di un sistema economico è basata sul volume e sulla natura degli investimenti
realizzati in un determinato arco temporale. Il volume è condizionato dalla capacità di accumulazione del
risparmio, mentre la natura dipende dalle scelte di allocazione dello stesso investimento in forma
finanziaria. Accumulazione e allocazione del risparmio presuppongono che il sistema crei le condizioni più
favorevoli: alle decisioni di risparmio dei soggetti con surplus di reddito sui consumi; alle decisioni di
investimento del risparmio; alle decisioni di finanziamento dei soggetti in deficit. Per “condizioni più
favorevoli” s’intende l’offerta – ai risparmiatori e utilizzatori finali delle risorse finanziarie – di incentivi più
forti soprattutto perché si attivino circuiti di trasferimento che finanzino gli investimenti con maggiore
redditività attesa, dato un 3
2. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it certo livello di rischio (inteso come
grado di incertezza su rendimento futuro di un investimento). Anche in questi tipi di trasferimenti esistono
2 tipologie di soggetti opposti: una parte (i risparmiatori) dispone al presente di “potere d’acquisto” in
eccesso ed è disposta a scambiarlo con “potere d’acquisto futuro” (a patto che ci siano adeguati termini
contrattuali e che ne derivi un vantaggio economico dato dal rendimento), un’altra parte ha al presente
un deficit di “potere d’acquisto” che risolve attraverso contratti di finanziamento per poter effettuare
investimenti reali di ammontare superiore all’autofinanziamento disponibile o per anticipare consumi
rispetto all’attuale capacità di spesa. Il trasferimento delle risorse tra questi soggetti richiede che ci sia un
certo grado di finanziarizzazione dell’economia, ossia la possibilità di incorporare il reddito non consumato
e la ricchezza accumulata in contratti che rappresentino: - per il creditore: una forma di investimento
finanziario; - per il debitore: una raccolta di risorse finanziarie aggiuntive. La finanziarizzazione produce 2
risultati fondamentali per l’organizzazione dell’attività economica: - la ricchezza reale: se rappresentata
da strumenti finanziari, ha un più alto grado di liquidità e trasferibilità; - i soggetti con funzione di
investimento reale: possono mobilitare risorse finanziarie ben oltre la capacità individuale. Una prima
difficoltà è rappresentata dall’alto costo nella ricerca diretta della controparte e da un’incertezza sull’esito
finale altrettanto elevata; una seconda sta nella ricerca del risultato desiderato, ossia nel livello di rischio
incorporato nell’accordo: si tratta infatti di accordi a prestazioni differite. Il sistema finanziario opera al
fine di rendere funzionale ed efficiente il processo di trasferimento delle risorse in diversi modi: come la
definizione delle forme contrattuali, la produzione di informazioni di prezzo, ecc. Ciò configura un
meccanismo attraverso cui si realizza un accentramento delle risorse proveniente da una moltitudine di
risparmiatori e la redistribuzione delle stesse tra i diversi possibili utilizzatori. In tale ambito si inseriscono
le funzioni del sistema finanziario. Un aspetto della natura dell’attività finanziaria è la rischiosità e la
richiesta di modalità operative che ne favoriscano lo svolgimento. I fattori che favoriscono questo circuito
sono in particolare 3, attraverso i quali si rafforza e si rende più efficiente il processo di trasferimento
delle risorse finanziarie. - L’informazione: è importante per i risparmiatori conoscere il rischio inerente il
rimborso alla scadenza. Bisogna avere informazioni accurate ex-ante sulla potenziale controparte per
valutarne l’affidabilità, ma bisogna continuare a raccoglierle ex-post per monitorare l’utilizzo corretto dei
fondi. Gli intermediari finanziari, insieme con i mercati organizzati, hanno la funzione di ridurre il gap di
informazione cui è esposto il creditore e possono farlo in termini economicamente convenienti. Sono
rilevanti 2 contributi informativi: ~ quello che serve per la misurazione del rischio (selezionare ex-ante e
monitorare ex-post); 4
3. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it ~ quello derivante dalla funzione di
“informazione di prezzo” che consente un’allocazione decentrata, guidata da segnali di convenienza
espressi attraverso la quotazione di strumenti finanziari (i contratti). Se si riassume il contenuto degli
strumenti finanziari (profilo/rischio/rendimento), i contratti finanziari possono essere classificati lungo
un’ideale curva di mercato in cui, per rischi crescenti, si hanno rendimenti attesi più alti. L’ampiezza delle
forme contrattuali disponibili nel sistema finanziario facilita la copertura degli svariati schemi di
preferenza di creditori e debitori: da quelli più avversi al rischio a quelli che ricercano un’alta esposizione.
- La liquidità: identifica la possibilità di smobilizzare l’investimento prima della data di rimborso
contrattuale. Essa è dunque funzione della natura degli strumenti finanziari che possono essere
negoziabili o non negoziabili (nel primo caso la liquidità deriva anche dalla possibilità di negoziare gli
strumenti in un mercato); del tipo di strumento e, infine, della presenza di mercati organizzati in cui lo
scambio può avvenire con costi di transazione molto bassi e prezzi trasparenti. - La trasformazione del
rischio: i creditori più avversi al rischio possono ritenere non finanziabile la parte più rischiosa dei
prenditori di fondi, per ovviare a questa difficoltà, il sistema finanziario opera una trasformazione del
rischio, ciò rende possibile che i creditori trovino una forma di impiego che soddisfi la bassa propensione
al rischio e che i prenditori siano finanziabili nonostante presentino un rischio elevato o ricorrano a
strumenti più rischiosi. Meccanismi attuabili sono: ~ assunzione di una parte del rischio del prenditore sul
bilancio dell’intermediario (raccolta fondi a breve termine per finanziare prenditori di fondi rischiosi);
vanno considerati due aspetti: la trasformazione delle scadenze, il minor rischio dell’intermediario rispetto
ad un prenditore individuale; ~ possibilità di impiego del risparmio sotto forma di partecipazione ad un
portafoglio di strumenti finanziari che comporta un rischio minore. La gestione dei rischi Il rischio è
l’essenza dell’attività finanziaria. Tuttavia, il sistema svolge anche una funzione di gestione dei rischi in
forma più diretta di quanto non derivi dai fattori informazione, estroversione del rischio, liquidità. Esistono
2 componenti essenziali. - I contratti a termine: comprendono una vasta gamma di applicazioni: da quelli
sulle merci a quelli su strumenti finanziari. La negoziabilità a termine delle merci è un modo per favorire
gli scambi e soprattutto per gestire il rischio che un operatore affronta in relazione all’andamento futuro
dei prezzi della merce stessa. Tale gestione del rischio può essere fatta in contratti a termine negoziati in
mercati organizzati. Il collocamento in tali mercati ha anche la funzione di ridurre o limitare i costi di
ricerca della controparte. I mercati a termine di strumenti finanziari sono una stretta derivazione del
mercato delle merci: l’oggetto è il rischio nelle diverse forme dell’attività finanziaria, che può derivare ad
un operatore dall’andamento futuro di una molteplicità di grandezze finanziarie (il cambio, il tasso
d’interesse, il prezzo dei titoli, ecc.). Il profilo di rischio, assunto da una parte con un contratto base, può
essere gestito attraverso l’emissione di contratti derivati che modifichino la posizione originaria. 5
4. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it - L’attività assicurativa: ha per
oggetto la negoziazione dei c.d. rischi puri, che si manifestano cioè sottoforma di perdite o danni futuri e
non determinati nel tempo e nella misura. La gestione dei rischi puri tramite una polizza assicurativa
comporta il trasferimento del rischio ad un intermediario specializzato (compagnia di assicurazione):
l’assicurato trasforma un evento futuro, dannoso ed incerto per gravità e frequenza, in costo certo
(premio della polizza). La compagnia è in grado di far fronte ai suoi impegni di risarcimento con un
processo di pooling, assumendo un numero alto e diversificato di rischi per il cui complesso è possibile
prevedere frequenza e gravità dei danni. In termini più strettamente finanziari, il trasferimento del rischio
puro ha come contropartita il pagamento di premi che vengono investiti in riserve (investimenti finanziari)
da cui verranno prelevati i fondi necessari per compensare gli assicurati. 3. Natura e classificazione degli
strumenti finanziari Gli strumenti finanziari sono contratti che hanno per oggetto transazioni finanziarie,
classificati in base agli specifici profili contrattuali che corrispondono a funzioni diverse e comportano
rischi differenti. - Natura del diritto oggetto del contratto: ~ partecipazione (ad es. azione), ~ credito (ad
es. concessione di fondi), ~ impegno (ad es. futures o options). - Negoziabilità: ~ strumenti negoziabili: la
trasferibilità può essere vista come fatto tecnico o in un mercato, ~ strumenti non negoziabili: basati su
un rapporto contrattuale fermo tra le parti fino alla scadenza. - Liquidità: è funzione della convertibilità in
moneta senza ritardo temporale e perdita in conto capitale; i fattori sono: ~ la scadenza, ~ la
negoziabilità in un mercato. 4. La struttura del sistema finanziario I mercati finanziari sono il luogo di
scambio degli strumenti finanziari. Nei mercati mobiliari si negoziano strumenti finanziari in forma di titoli
mobiliari, ossia quelli trasferibili nel corso della durata contrattuale. Le funzioni dei mercati finanziari sono
così riassumibili: - finanziamento per gli emittenti del sistema finanziario, - impiego di risorse finanziarie
per gli investitori, - gestione dei rischi per i soggetti esposti, - negoziabilità degli strumenti, - quotazione
dei sistemi finanziari negoziati, - controllo degli emittenti. I mercati mobiliari invece si differenziano per: 6
5. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it - classe di sistemi finanziari
negoziati (mercato monetario: strumenti a breve termine; mercato dei capitali: azioni e obbligazioni;
mercati derivati: futures ed options), - dimensione geografica (nazionale, internazionale), - natura
istituzionale (regolamentati o non, pubblici o privati), - struttura logistica (mercati fisici, mercati
telematici, ecc.), - procedure di negoziazione (asta, market making, ecc.). Gli intermediari finanziari sono
imprese specializzate: - nella produzione di strumenti finanziari, - nella loro negoziazione e nell’offerta di
servizi di consulenza connessi. Si classificano in: - intermediari creditizi: caratterizzati dalla funzione
creditizia dal lato dell’attivo e dal passivo c.d. nominalistico (banche); - intermediari mobiliari:
caratterizzati da una prevalente attività di negoziazione e di gestione; gli investitori istituzionali sono
caratterizzati dall’attività principale di negoziazione delegata con tecniche “di portafoglio” e dal fatto di
avere un passivo a valore di mercato; - compagnie di assicurazione: caratterizzate dalla funzione di
gestione dei rischi puri e da un collaterale circuito finanziario - banca centrale: è una speciale figura di
istituzione finanziaria, in quanto svolge una particolare forma di intermediazione finanziaria, anche se è
prevalentemente da considerarsi come organo di controllo monetario dell’economia e di autorità. 7
6. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Capitolo 2 LA STRUTTURA
FINANZIARIA DELL’ECONOMIA 1. Lo sviluppo dell’economia monetaria La moneta può essere definita
come qualsiasi mezzo generalmente accettato come mezzo di pagamento. Economia monetaria è quindi
un termine che si usa con riferimento all’organizzazione di un sistema economico in cui gli scambi di beni
e servizi sono regolati attraverso la moneta: sia il consumatore finale sia le imprese sia il contribuente
pagano in moneta. Tutto ciò significa che ogni bene o servizio oggetto di scambio ha un valore definito in
un’unità monetaria che è la valuta del paese. In uno stadio moderno dell’economia, l’utilizzo di nuovi
strumenti di pagamento (carta di credito, moneta elettronica) cresce progressivamente. In un’economia
primitiva, gli scambi erano basati sul baratto delle merci, cosa che richiedeva una doppia coincidenza
delle preferenze e dell’indivisibilità dei beni, comportando costi di ricerca elevati. La soluzione è consistita
nel fare in modo che i beni fossero scambiati a fronte di un corrispettivo, facendo nascere la funzione di
beni moneta, che diventavano cioè quella che oggi si chiamerebbe “unità di conto”. Lo scambio regolato
da un mezzo di pagamento accrebbe le diverse possibilità dello stesso, il numero di fabbisogni soddisfatti,
il passaggio da un’economia di autocomsumo ad un economia di scambio, quest’ultima a sua volta è il
presupposto affinché le attività economiche possano essere organizzate sfruttando il principio della
specializzazione. L’evoluzione della moneta è segnata fondamentalmente dal passaggio dalla moneta-
merce alla moneta-segno. Tale passaggio si ha allorché prende piede la possibilità di sostituire la moneta-
merce con titoli rappresentativi della stessa. Questa sostituzione si verifica per ragioni pratiche: i
mercanti del rinascimento trovavano più economico e sicuro fare uso di certificati di deposito piuttosto
che trasferire fisicamente la moneta metallica. Il passaggio chiave si è avuto quando ci si rese conto che
la circolazione di certificati non richiedeva l’integrale copertura di moneta metallica. Per la banca non fu
quindi più necessario tenere una scorta di moneta legale pari all’ammontare dei depositi (dato che non
saranno ritirati mai tutti contemporaneamente). L’evoluzione storica degli strumenti di pagamento è
influenzata da alcuni fattori: - il costo: ricerca di mezzi con costi di transazione sempre più bassi; - il
rischio: derivante dall’uso o dalla detenzione di un mezzo di pagamento; - la funzionalità: capacità del
mezzo monetario di rendere un servizio utile in termini di tempo di esecuzione, di affidabilità e di
informazione. La moneta svolge 3 funzioni differenti: 1. come mezzo di scambio; 2. come unità di conto
(prezzi); 3. come riserva di valore (possibilità di riutilizzo). In senso più restrittivo, la definizione di moneta
comprende il circolante (cioè la moneta legale) detenuto dal pubblico e i depositi monetari (emissione di
assegni), in gergo è l’aggregato M1. Il secondo aggregato (M2) è la somma tra M1 ed i depositi con
scadenza a 2 anni, la componente aggiunta è composta da quegli strumenti che non consentono al
titolare un diretto utilizzo come mezzo di pagamento, ma facilmente convertibili in moneta. 8
7. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Infine M3 è l’aggregato più esteso
in quanto comprende anche i titoli di mercato monetario, le quote di fondi comuni monetari, le
obbligazioni fino a 2 anni di durata. Uno dei tratti dell’innovazione finanziaria è di offrire strumenti sempre
più efficaci nel combinare liquidità e rendimento. L’utilizzo della moneta nel regolamento degli scambi,
comporta uno sdoppiamento dei circuiti economici, ossia 2 flussi di segno opposto: - quello dei
beni/servizi dal venditore al compratore; - quello della moneta dal compratore al venditore. Produttori ed
utilizzatori sono collegati da un duplice circuito (con valori equivalenti): - uno reale: che può essere
ulteriormente classificato in: ~ circuito dei beni/servizi: costituito dai prodotti venduti agli utilizzatori
(flusso reale) e dai ricavi corrispondenti (flusso monetario), ~ circuito dei fattori produttivi: rappresentato
dalle prestazioni di lavoro o dagli apporti di capitale (flusso reale) e dai redditi pagati come compenso
delle prestazioni stesse (flusso monetario); - uno monetario: dei prezzi (ricavi) e delle remunerazioni di
lavoro e capitale. Il prodotto finale (Y) può essere visto come somma del valore di beni/servizi destinati al
consumo (C) e del valore dei beni di investimento utilizzati nelle attività produttive (I): Y=C+I La misura
più comune è quella del PIL, ovvero di un aggregato rappresentativo della produzione finale del paese e
riferibile alle unità produttive operanti all’interno del paese. Il reddito nazionale equivalente (Y) può
essere visto nella sua ripartizione tra spesa per consumi (C) e quota di reddito non consumata, cioè
risparmio (S): Y=C+S Il risparmio accumulato nel sistema è alla base delle spese di investimento. In
economia chiusa deve essere S = I. In economia aperta, la formazione del capitale si raccorda con
l’accumulazione di S con il saldo degli scambi del paese nei confronti dell’estero; ciò significa che
l’economia potrebbe avere un surplus di investimenti (I) rispetto al risparmio disponibile (S), in tal caso la
differenza sarà finanziata dal saldo negativo delle partite correnti della bilancia commerciale (IMP>EXP),
naturalmente vale il discorso inverso. 2. La struttura finanziaria dell’economia Ogni soggetto (famiglia,
impresa o ente pubblico), in un dato periodo di tempo, presenta un equilibrio economico espresso dalla
differenza tra ricavi (entrate) e costi (uscite). Tale differenza, se positiva, misura il risparmio. Oltre al
conto economico, si può avere un quadro completo anche attraverso la situazione patrimoniale, dove il
patrimonio netto è la voce di collegamento al conto economico in quanto in esso confluiscono i risultati
d’esercizio. Emergono qui i concetti di stock e flusso. Il risparmio è una variabile flusso, ci registra la
dimensione di un fenomeno in un determinato periodo di tempo. Il patrimonio è una variabile stock, cioè
la misura di un fenomeno in un dato momento. Il comportamento di ogni unità economica sarà quindi
caratterizzata, oltre che da accumulazione di ricchezza (PN), da investimenti in attività reali e da
investimenti sotto forma di crediti. Il finanziamento di queste 2 classi può farsi anche ricorrendo al debito.
9
8. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Si introduce così, il concetto di
attività e passività finanziarie, a cui si associa la definizione di strumento finanziario, che assume per
l’investitore, la natura di attività finanziaria (Af), in quanto egli vanta un diritto nei confronti del reddito e
della ricchezza presenti e futuri dell’emittente (debitore) dello strumento finanziario. Il concetto di
passività finanziaria (Pf) è speculare a quello di attività, che, dal lato dell’emittente, rappresenta un
impegno patrimoniale. La moneta è un’Af speciale, caratterizzata dalla sua diffusa accettazione come
mezzo di pagamento. Si può riferire ad un credito verso la Banca Centrale (moneta legale) o come un
credito verso una banca (moneta bancaria). Le attività reali (Ar) sono beni con valore intrinseco, dato che
possono produrre servizi di utilità reale e immediata per il possessore. Le Af non hanno un valore
intrinseco, ma rappresentano beni reali e sono facilmente trasferibili (al contrario delle Ar); inoltre
generano redditi per il possessore, ma per l’economia non corrispondono a produzione di beni/sevizi. In
pratica rappresentano un modo poco costoso di mantenere/trasferire i diritti sulla ricchezza e sul reddito.
Se i mercati finanziari sono ben funzionanti, con la rappresentazione della ricchezza reale nelle Af, si può
sviluppare il processo allocativo delle risorse. Ricchezza finanziaria Stock di attività finanziarie detenute
(Af) Ricchezza finanziaria netta Ricchezza finanziaria al netto delle passività finanziaria (Af – Pf) Ricchezza
reale Stock di attività reale in essere (Ar) Ricchezza reale netta Stock di investimenti reali al netto dei
fondi di ammortamento Ricchezza totale lorda Ricchezza finanziaria + Ricchezza reale Ricchezza totale
netta Ricchezza finanziaria netta + Ricchezza reale netta Il concetto di saldo finanziario L’equilibrio
patrimoniale con grandezze stock può essere trasformato in uno schema fonti ed usi dei fondi, che
consente un’analisi più efficace del comportamento finanziario delle unità economiche. La
rappresentazione è semplificata dal fatto che si considera solo la possibilità di variazione “netta” delle
posizioni di stock. Il vincolo contabile dell’uguaglianza tra fonti ed usi di fondi è: I + ∆Af = ∆Pf + S Il saldo
finanziario (Sf) di un’unità economica sarà definito come divario tra S ed I: Sf = S - I così da misurare
l’eccedenza (Sf > 0) o il deficit (Sf < 0) di risorse a fronte dei fabbisogni per investimenti. La qualifica di
finanziario si riferisce al fatto che un Sf > 0 comporta necessariamente un riequilibrio “fonti-usi”,
attraverso nuovi investimenti in Af; un Sf < 0 comporta un ricorso a nuova Pf. Si ha quindi: Sf = ∆Af - ∆Pf
che misura l’equilibrio tra disponibilità di risorse (S) ed utilizzo delle stesse (I reali). Ciò può essere visto
sia come equilibrio tra grandezze reali (S e I), sia come equilibrio speculare tra grandezze finanziarie
(flussi di Af e Pf). 10
9. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it I settori istituzionali Per poter
analizzare il comportamento di unità economiche è necessario semplificare, rappresentando l’economia
attraverso pochi soggetti: aggregati in classi per omogeneità di comportamento, e che manifestano
autonomia e capacità di decisione in campo economico-finanziario; 1. società non finanziarie: società e
quasi-società private e pubbliche (aziende autonome, Ferrovie dello Stato); 2. società finanziarie:
articolate in 4 settori: istituzioni monetarie finanziarie (Banca d’Italia e altre), altri intermediari finanziari
(sim, fondi comuni), ausiliari finanziari (autorità di controllo), imprese di assicurazione e fondi pensione; 3.
amministrazioni pubbliche: articolate in 3 sottosettori: amministrazioni centrali, amministrazioni locali,
enti di previdenza e assistenza; 4. famiglia e istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie; 5.
resto del mondo. La matrice fonti e usi di fondi È un modo efficace di rappresentare la rete di relazioni
reali (S e I) e finanziarie (Af, Pf e struttura Sf). È divisa in 3 sezioni per i diversi settori indicati nelle diverse
colonne. Nella I sezione c’è la distribuzione del risparmio e degli investimenti per settori. La II sezione
riporta (analogamente per ogni settore) le variazioni di Af e Pf; dato il vincolo contabile la differenza ∆Af -
∆Pf compensa il Sf (S – I). La III sezione entra nel dettaglio della composizione degli aggregati Af e Pf: per
ogni strumento finanziario, sulle righe compaiono le variazioni nelle posizioni di debito (emittenti) e di
credito (detentori), quindi una sorta di “movimentazione” che lo strumento ha avuto nell’intervallo.
Leggendo in verticale (quindi per settore), si possono ricavare sia la misura dei Sf che la composizione
delle Af detenute e delle Pf emesse. I limiti conoscitivi dei saldi finanziari settoriali Sono legati alla
metodologia di costruzione dei saldi stessi. L’osservazione principale riguarda la natura dei dati: la
rappresentazione dei Sf settoriali è basata sui dati ex-post, mentre nulla dice circa le motivazioni ex-ante
(ad es. circa il fabbisogno di trasferimento). Dunque tra dati di comportamento ex-post e fabbisogno ex-
ante, possono esserci divari significativi per diverse ragioni: - le unità finali (risparmiatori e investitori)
possono ricercare strumenti finanziari che il mercato non offre; - può esserci divergenza di aspettative: ad
es. il risparmiatore investe solo con un rendimento del 15%, mentre il mercato propone performance più
basse. Se si verificano tali circostanze possono esserci 2 conseguenze: - effetto di quantità: alcuni
operatori modificano le preferenze ex-ante (ad es. rinuncia al risparmio o all’investimento); - effetto di
composizione: varia il mix di Af e/o di Pf degli operatori che non trovano gli strumenti desiderati. La
conclusione è che il sistema finanziario, attraverso la capacità di soddisfare la domanda delle unità finali,
svolge un ruolo chiave per le performance dell’economia reale (livello di S e I a scelta degli investitori). 11
10. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it La struttura dei saldi finanziari
Aiuta a capire, all’interno dell’economia, da dove provengano le risorse (settori Sf > 0) e dove vengano
destinate (Sf < 0), si può avere cioè un’idea dei trasferimenti finanziari. La rappresentazione, però, per
essere completa, deve essere integrata con altri elementi di analisi, in particolare gli strumenti finanziari
in cui sono incorporate risorse e canali utilizzati. La composizione delle Af e delle Pf dei settori Indica
rispettivamente le scelte di investimento delle risorse finanziarie disponibili (quali strumenti ed in che
misura sono stati preferiti, da notare che il settore famiglia è tipicamente in surplus) e le scelte di
finanziamento (quali strumenti di provviste di fondi sono stati adottati, da notare che è un settore
tipicamente in deficit). Una prima analisi da compiere è quella storica, relativa all’andamento in un
determinati paese. Successivamente viene l’analisi comparata tra paesi, che evidenzia diversità
importanti, quanto ai paesi, degli strumenti di mercato (azioni e obbligazioni) e con particolare attenzione
al peso dei debiti verso intermediari creditori. I parametri di valutazione La struttura finanziaria
dell’economia è un fenomeno difficile da rappresentare attraverso parametri troppo semplificati anche se
possono trarsi alcune conclusioni dai seguenti indicatori: - il grado di separazione tra funzione S e
funzione I (∑|Sf/Pil|): esprime la misura della dissociazione tra le due funzioni; dati il risparmio nazionale e
la sua concentrazione presso le unità che non investono, comporta una funzione di trasferimento più
ampia; - il rapporto di interrelazione finanziaria (Af/Ar): indica il grado di sviluppo dell’economia
finanziaria e si assume che allo sviluppo dell’economia reale facciano seguito rapporti più complessi ed
articolati fra unità e che ne derivi un’articolazione dei fabbisogni di servizio finanziario; indicazioni simili
possono ricavarsi dal rapporto tra stock di Af (o Pf) e Pil; - il rapporto di intermediazione finanziaria
(Af1f/Af): misura l’importanza relativa delle attività finanziarie emesse da intermediari rispetto al totale
delle attività, segnalandone il peso. 3. La struttura finanziaria dell’economia e l’intermediazione
finanziaria La lettura dei Sf fornisce diverse indicazioni sui fenomeni importanti del funzionamento di un
sistema economico. Sia il confronto tra paesi che l’analisi temporale, sono utili a capire i caratteri
strutturali e l’evoluzione di ogni sistema. Il livello dei Sf è alla base del fabbisogno di trasferimento delle
risorse finanziarie. In termini generali, si può assumere che ogni settore abbia una posizione che si colloca
tra due estremi: - equilibrio finanziario: S = I Sf = 0 - divergenza finanziaria: S = 0 Sf = I o I = 0 Sf =
S. La dimensione dei saldi settoriali è tanto più elevata quanto più si avvicina alla divergenza; tali tipi di
equilibrio sottintendono una specializzazione settoriale: alcuni per 12
11. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it la funzione di accumulazione del S,
altri per quella di I; si verifica cioè quella che viene chiamata “dissociazione risparmio-investimento”.
Quest’ultima indica una situazione per cui: chi ha le risorse le impiega direttamente in investimenti reali,
chi fa gli investimenti (reali) non ha le risorse (S) sufficienti per finanziarli; le due posizioni sono quindi
strettamente complementari (si tratta di metterle in relazione). La funzione allocativa, che presuppone un
processo di trasferimento delle risorse finanziarie fra unità in surplus e unità in deficit, è una delle ragioni
d’essere del sistema finanziario, per diversi motivi anche in situazioni di equilibrio settoriale: - le attività
finanziarie, oltre alla funzione di finanziamento/investimento, hanno anche funzioni di gestione di rischi; -
Sf = 0 indica l’equilibrio del settore ma non la distribuzione dei saldi delle singole unità che la
compongono o che comunque possa esserci ugualmente fabbisogno di trasferimento. C’è un altro fattore
che deve essere considerato per completare l’analisi: l’incompatibilità della composizione dei portafogli di
Af e Pf dei settori. I circuiti finanziari devono conseguentemente essere organizzati in modo da rendere
possibile un finanziamento a lungo termine con una posizione di credito iniziale a breve, avviene cioè la
trasformazione delle risorse finanziarie con cui si fa riferimento a diverse funzioni dei sistemi finanziari: -
trasformazione delle scadenze: serve per risolvere incompatibilità tra preferenze delle unità in surplus
(famiglie b. termine) e di quelle in deficit (imprese m./l. termine); - trasformazione dei rischi generati
dall’indisponibilità delle unità in surplus ad investire in strumenti finanziari emessi direttamente dalle
unità in deficit: un tale investimento comporta infatti l’assunzione diretta del rischio dell’emittente del
rischio associato (ovvero del suo andamento economico e quindi alla sua capacità di rimborso); la
presenza di intermediari riduce questa difficoltà. Il trasferimento delle riserve dalle unità in surplus a
quelle in deficit può avvenire: - attraverso un circuito finanziario diretto: cioè attraverso strumenti
finanziari che rappresentano un rapporto contrattuale tra l‘investitore (datore di fondi) e l’emittente
(prenditore di fondi); basato su strumenti finanziari di mercato (Sfm) che contengono rapporti contrattuali
che presuppongono una compatibilità tra le rispettive preferenze; - attraverso un circuito indiretto: cioè
con l’investimento di uno o più intermediari, basato quindi sull’emissione di 2 o più strumenti finanziari:
uno tra unità in surplus e intermediario (Sfi) e un altro tra intermediario e unità in deficit (Sff).
Conseguenzialmente si può affermare che i mercati sono un “velo” tra datori e prenditori tra cui c’è un
rapporto contrattuale; mentre al contrario, gli intermediari sono un soggetto che assume di volta in volta
la posizione del debitore (con unità in surplus) e del creditore (con le unità in deficit). In parte, mercati ed
intermediari, sono sovrapposti: ciò indica che gli intermediari possono usare strumenti finanziari negoziati
nei mercati e possono esserne coinvolti nel funzionamento tecnico. 13
12. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Capitolo 3 REGOLAMENTAZIONE,
VIGILANZA E POLITICHE DI CONTROLLO SUL SISTEMA FINANZIARIO 1. Il sistema dei controlli sul sistema
finanziario: fondamenti, assetti istituzionali e obiettivi Il sistema finanziario è una parte dell’economia
sottoposta a diverse forme di controllo da parte dei pubblici poteri. Le ragioni possono ricondursi a 4 punti
principali. - La funzione monetaria e il governo monetario dell’economia: la moneta è costituita, oltre che
da quella legale (emessa dalla banca centrale), dalla moneta scritturale (o bancaria), ossia da speciali
forme di debito delle banche comunemente accettate come mezzo di pagamento e che rappresentano la
componente più importante dell’offerta di moneta. Esistono due aspetti di interesse generale che
spiegano l’esigenza e l’utilità del controllo delle banche: ~ per ragioni di sicurezza, stabilità ed efficienza,
~ per regolare la quantità di moneta a disposizione dell’economia e/o per governare altre grandezze
chiave (tasso di interesse e di cambio) della politica monetaria. - La tutela del risparmio e la protezione
degli investitori: il trasferimento del risparmio comporta un interesse generale nel rafforzare la fiducia del
risparmiatore nei confronti dei prenditori di fondi; fra essi, per primi, gli intermediari finanziari. È
opportuno quindi fissare regole cui devono sottostare questi ultimi che offrono forme di investimento ai
risparmiatori. - L’esternalità negativa: se si considerano le banche come debitori, allora la crisi e
l’insolvenza assumono un rilievo che va al di là della tutela dell’interesse del singolo investitore, in quanto
una crisi bancaria può provocare esternalità negative per il sistema economico sotto forma di contagio
verso altre istituzioni finanziarie, sfiducia e panico dei depositanti, determinando instabilità nella stessa
economia reale. - Asimmetria informativa e fallimento del mercato: il rapporto creditore-debitore è
intrinsecamente caratterizzato da un difetto di informazione a danno del creditore, che comporta un
limite alla selezione efficace dei prenditori di fondi, essendo l’informazione insufficiente a stabilire una
graduatoria di rischio ed il prezzo del credito in funzione del rischio stesso. Si determina
conseguentemente un livello medio dei prezzi che non discrimina in base alla qualità del prenditore: i
migliori pagano prezzi troppo alti e la fascia di qualità più bassa paga un prezzo insufficiente. Si arriva in
tal modo a determinare il fallimento del mercato. Qui nasce l’interesse delle pubbliche autorità a fissare
regole per rafforzare lo spessore e la qualità delle informazioni disponibili agli investitori (criterio della
trasparenza). Esistono interventi a diversi livelli dei poteri dello Stato: - legislativo: normativa primaria per
creare regole per le aree componenti il sistema finanziario (area bancaria, mobiliare e assicurativa); -
esecutivo: interventi del governo con politiche di indirizzo a livello tecnico; - amministrativo: autorità di
controllo indipendenti con competenze specifiche che operano attraverso politiche e strumenti di
regolamentazione e vigilanza. La gerarchia non è univoca: la ragione principale è che la banca centrale è
vista come istituzione cui spetta la “tutela del valore della moneta”. 14
13. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Gli obiettivi del controllo del
sistema finanziario Si articolano nei 2 grandi ambiti degli obiettivi della politica monetaria ed in quelli
della regolamentazione e vigilanza. I secondi sono identificabili negli obiettivi di stabilità ed efficienza, che
a sua volta si divide in efficienza operativa (costo per l’economia reale) ed efficienza allocativa (qualità
del processo di distribuzione delle risorse verso impieghi alternativi); inoltre questi obiettivi sono
interdipendenti: massimizzare i risultati comporta costi crescenti. I controlli dell’entrata, come
autorizzazione preventiva a costituire nuovi intermediari, sono posti alla base della regolamentazione
della struttura del mercato e dell’intensità della concorrenza. Quest’ultima è spinta verso il basso
attraverso la determinazione amministrativa di quantità e prezzi. 2. Le autorità di controllo del sistema
finanziario La Banca d’Italia È la banca centrale a cui fanno capo la funzione di controllo della moneta e
del credito e la funzione di vigilanza sul sistema bancario. Nasce nel 1893 come risultato di una fusione
tra la Banca Nazionale del Regno, la Banca Nazionale Toscana e la Banca Toscana di Credito. Intorno alla
funzione di istituto di emissione, essa sviluppa una serie di altre attività che la trasformano nella più
complessa figura di “banca centrale”, determinando il passaggio dalla forma giuridica privata a quella di
istituto di diritto pubblico. Le attività che svolge possono essere classificate in 4 aree funzionali: - come
istituto di emissione: esercita un ruolo centrale nel sistema dei pagamenti e nell’organizzazione dei servizi
tecnici alla base del sistema stesso (compensazione, coordinamento e regolamento delle iniziative
interbancarie); - come banca centrale: ha dato attuazione alla politica commerciale con diversi strumenti
con l’obiettivo di dare stabilità alla moneta (da notare che dal 1999 le funzioni principali di politica
monetaria sono passate alla Banca Centrale Europea); - come organo di vigilanza: determina stabilità ed
efficienza del sistema, funzioni queste che si integrano con gli interventi di altri organi (Consob, Isvap); -
come organo di tutela della concorrenza: la Banca ha il compito di sorvegliare la condotta di mercato
delle istituzioni finanziarie e di accertare eventuali situazioni e comportamenti potenzialmente o
effettivamente lesivi della concorrenza, anche queste funzioni si integrano con l’attività di altre istituzioni
(Autorità garante della concorrenza e del mercato). La Consob (Commissione nazionale per la società e la
borsa) Ha il compito di controllare (regolamenta, autorizza e vigila) il settore mobiliare. È stata istituita nel
1974 e svolge un’attività orientata alla tutela degli investitori e al miglioramento dell’efficienza e della
trasparenza del mercato. Le attività si articolano in: - regolamentazione: in merito a prestazione di servizi
di investimento da parte di intermediari, a obblighi informativi delle società quotate e alle offerte al
pubblico di strumenti finanziari; - autorizzazione: pubblicazione delle offerte pubbliche, istituzione di nuovi
mercati regolamentati; 15
14. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it - vigilanza: riguarda le società di
gestione di mercati regolamentati, la trasparenza delle negoziazioni, la correttezza di comportamento di
intermediari/promotori finanziari e delle informazioni fornite al mercato; - monitoraggio: riguarda
eventuali anomalie nell’andamento delle negoziazioni (insider trading e aggiotaggio). Le aree di
intervento della Consob sono: - la sollecitazione all’investimento: offerta o messaggio promozionale
finalizzati alla vendita o sottoscrizione di prodotti finanziari; - gli obblighi di trasparenza degli emittenti di
strumenti finanziari quotati; - i mercati regolamentati ed i soggetti che li gestiscono. L’Isvap (Istituto per
la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo) Questo esercita il controllo del mercato e
delle imprese di assicurazione attraverso le sue funzioni di regolamentazione, vigilanza e di
autorizzazione. Nasce con la legge 576/82 assorbendo parte delle funzioni del Ministero dell’industria, con
i compiti di: - vigilanza: sulla gestione tecnica, finanziaria e patrimoniale delle imprese di assicurazione
per verificare l’osservanza della normativa; - analisi e ricerca: sempre sul settore assicurativo sia per
controllare le tariffe sia come supporto tecnico al Ministero dell’industria; - tutela della concorrenza:
effettuata insieme con l’Autorità garante ma in modo diverso da quanto accade per la Banca d’Italia (la
Banca prende provvedimenti sentito il parere dell’Autorità, mentre per il settore assicurativo è l’Autorità
che decide sentito il parere dell’Isvap). La Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) Assicura la
funzionalità del sistema di previdenza complementare, vigilando sulla corretta e trasparente gestione dei
fondi pensione. È prevista dal d.lg. 124/93 che istituisce i fondi pensione. Tale vigilanza integra quella
effettuata dal Ministero del lavoro e dalla previdenza sociale. Tale attività comporta rapporti e scambi di
informazioni con le altre Autorità di controllo, in particolare con l’Autorità garante della concorrenza e con
gli enti di controllo degli intermediari che possono assumere la funzione di gestione per conto dei fondi
pensione (Banche, Sim, Imprese assicurative). La complessità del sistema di controlli fa sorgere il
problema del coordinamento e dell’integrazione delle competenze e delle funzioni delle diverse autorità,
quando queste hanno poteri di intervento sullo stesso oggetto. La situazione diventa complessa perché i
confini tra aree di attività non sono netti. Per ordinare i rapporti, anche sul piano informativo, occorre
stabilire un campo definito per ciascuna autorità basandosi su diversi criteri di ripartizione analizzando le
aree di intervento della vigilanza: - istituzionale: in base alle categorie di soggetti vigilati, - funzionale: per
tipo di attività svolta, - per finalità di vigilanza. 3. La Banca Centrale e la politica monetaria 16
15. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it La politica monetaria rientra, con la
politica dei redditi e di bilancio, nell’ambito più generale di quella economica, ossia nel sistema di
strumenti che hanno come obiettivi finali: - la crescita del reddito, - l’occupazione, - la stabilità della
moneta, - l’equilibrio della bilancia dei pagamenti. Gli obiettivi finali della politica economica (e quindi
monetaria) sono rappresentati da parametri che misurano le performance dell’economica reale. L’azione
della Banca centrale è svolta con interventi su strumenti/variabili di natura monetaria che si trasmettono
sugli obiettivi finali secondo uno schema logico: variabili strumentali obiettivi operativi obiettivi
intermedi obiettivi finali es. base monetaria riserve bancarie quantità di moneta o di credito
risultato (più apprezzabile se più forte e stabile sarà la relazione tra variabili nel I e nel II stadio) Tale
schema può semplificarsi se si considerano le relazioni tra Banca centrale, banche e settori finali (famiglie
e imprese): un aumento di finanziamenti della Banca centrale alle banche aumenta le riserve con la
possibilità di allargare i crediti alle imprese che a loro volta genereranno nuovi depositi, determinando un
incremento di liquidità disponibile in grado di influenzare positivamente la domanda. La Banca centrale
europea (Bce), l’Eurosistema e il Sistema europeo di banche centrali (Sebc) Con l’UE, il governo
monetario dell’economia viene trasformato in un sistema sopranazionale sia per le istituzioni responsabili
che per l’ambito di riferimento. Questa profonda innovazione si è determinata in 3 fasi: I. dal 1990 al
1993: si è pervenuti alla liberalizzazione del mercato dei capitali, all’allineamento dei cambi, al
rafforzamento dell’autonomia delle banche centrali e al coordinamento delle politiche monetarie e
valutarie; II. dal 1994 al 1998: sono stati predisposti e attuati i programmi pluriennali di convergenza in
materia di finanza pubblica e di stabilità dei prezzi; è stato costituito l’Istituto monetario europeo (IME)
che rappresenta il soggetto preparatore della Bce; III. iniziata l’1/1/1999: rappresenta il completamento di
un iter complesso dove le competenze della politica monetaria delle banche centrali nazionali passano
alle istituzioni europee. Strutturalmente è un sistema articolato in 3 entità: - Bce: vertice istituzionali ed
operativo del sistema, i suoi organi decisionali governano le altre due entità; - Sebc: composto dalla Bce e
dalle Bcn dei 15 stati che fanno parte dell’UE; - Eurosistema: composto dalla Bce e dalle Bcn che hanno
adottato la moneta unica, di fatto, la gestione della politica monetaria, riguarda solo i paesi
dell’Eurosistema. La distinzione tra Eurosistema e Sebc deriva dal fatto che la gestione della politica
monetaria comune si applica ai paesi che hanno adottato la moneta unica e non a tutti i paesi
rappresentati nel Sebc. Quest’ultimo, dal punto di vista funzionale, è un organismo complesso disegnato
sul modello di altre autorità importanti come la Deutche 17
16. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Bundesbank. Dal punto di vista
organizzativo invece opera attraverso la guida di 3 organi decisionali: - il Consiglio direttivo: è l’organo più
importante che decide in merito alla politica monetaria, è composto dal Comitato esecutivo e dai
Governatori delle Bcn dei paesi partecipanti alla moneta unica; - il Comitato esecutivo: comprende il
Presidente ed il Vice-Presidente della Bce e altri 4 membri; dà attuazione alle decisioni di indirizzo di
politica monetaria formulate dal Consiglio; rappresenta l’organo di gestione ordinaria della Bce; - il
Consiglio generale: composto dal Presidente e dal Vice-presidente della Bce e dai Governatori di tutte le
Bcn dei paesi dell’UE; la sua funzione è ristretta però al coordinamento tra autorità monetarie nazionali
soprattutto verso i paesi in deroga. I compiti istituzionali del Sebc sono stati stabiliti dal Trattato di
Maastricht in 4 punti: - definire e attuare la politica monetaria della comunità, - svolgere le operazioni sui
cambi, - detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta degli Stati membri, - promuovere e regolare il
funzionamento dei sistemi di pagamento: in questo caso il compito è stato di realizzare un sistema trans-
europeo automatizzato di regolamento lordo in tempo reale (Target). L’obiettivo principale del Sebc è il
mantenimento della stabilità dei prezzi, solo in secondo ordine può operare per il sostenimento delle
politiche economiche generali della comunità. Tale preminenza ha diverse ragioni di carattere teorico,
pratico e di contingenza, tra queste ultime si può menzionare la consapevolezza che i costi dell’inflazione
sono così alti ed importanti da non poter non avere un’attenzione così forte (soprattutto ricordando le
ondate inflazionistiche degli anni ’70 e ’80). Lo schema di base della politica monetaria In via semplificata
la politica monetaria può ricondursi a 2 schemi alternativi: - monetary targeting: la Bce annuncia il tasso
di crescita, giudicato accettabile in un certo arco temporale, dell’aggregato monetario assunto come
rilevante; ogni scostamento comporta un intervento correttivo attraverso gli strumenti a disposizione
della banca stessa, tale impostazione si fonda sull’ipotesi di una significativa correlazione tra quantità di
moneta e andamento dei prezzi; - inflation targeting: la Bce annuncia un obiettivo programmato di
inflazione e compie interventi correttivi ogni volta che l’inflazione effettiva si discosta; l’annuncio di tale
obiettivo dovrebbe avere il vantaggio di rendere più stabili e uniformi le aspettative di inflazione,
facilitando il raggiungimento dei risultati programmati, per contro, lo stesso obiettivo perseguito, non è
direttamente legato ad una leva di intervento controllabile dalla Bce. Nell’Eurosistema, in particolare, è
stato fissato un obiettivo di stabilità dei prezzi da mantenere in un orizzonte medio temporale. Per
raggiungerlo è stata definita una strategia che comprende entrambi gli schemi. Da un lato si annuncia un
valore di riferimento della crescita dell’aggregato monetario (M 3), dall’altro si definisce un ampio
ventaglio di indicatori tra quelli che possono segnalare le tendenze future dei prezzi (capacità produttiva,
costo del lavoro, tassi di cambio, ecc.). 18
17. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Il controllo dell’offerta di moneta Il
modello del moltiplicatore della base monetaria si fonda sulla: - definizione di base monetaria (Bm), come
attività controllata dalla Bc; - definizione di offerta di moneta (Om), come somma di moneta legale e
depositi bancari con funzioni monetarie (D); - relazione tra Bm e D. La Bm emessa dalla Bc si ripartisce tra
scorte monetarie detenute dal pubblico (Bm p) (e non da banche) e riserve monetarie detenute dalle
banche (Rb), che a loro volta si distinguono tra riserve libere (Rl) e riserve obbligatorie (Ro): Bm = Bmp +
Rb. Om = Bmp + D esprimendo Om come multiplo di Bm, si ha: Om Bm p + D = Bm Bm p + Rb dividendo
tutto per D: Bm p +1 Om D = Bm Bm p Rb + D D Bm p dove rappresenta la propensione del pubblico a
detenere scorte di base monetaria D R rispetto ai depositi bancari, rappresenta la misura delle scorte in
base monetaria D detenute dalle banche. Se indichiamo i 2 rapporti con p e b si ha: p+ 1 Om = Bm
p+ b formula che indica che Om è direttamente proporzionale alla Bm e ad un termine, quello tra
parentesi, che dipende dal livello dei coefficienti di liquidità del pubblico e delle banche relativamente al
livello di liquidità desiderata. Il livello p è influenzato principalmente dal rendimento degli impieghi
alternativi alla moneta legale (tasso di interesse sui depositi) e dall’efficienza dei meccanismi operativi del
sistema dei pagamenti (accesso al cash dispenser, ecc.). Il coefficiente b, a sua volta, dipende dal costo
della detenzione delle riserve bancarie (rendimento delle riserve stesse, il vincolo di riserva obbligatoria,
ecc.). In pratica, quindi, il moltiplicatore non è fisso, ma non può neanche considerarsi uno strumento di
manovra per il controllo monetario. La Bce opera al fine di aumentare o diminuire la Bm in circolazione
attraverso 2 categorie seguendo le regole del mercato e della libera concorrenza: - operazioni di mercato
aperto: operazioni di pronti contro termine (con effetti temporanei) in cui la banca è acquirente di titoli a
pronti quando vuole immettere Bm e venditore quando la vuole ridurre, in altri casi si tratta di operazioni
di acquisto o vendita a titolo definitivo. Si distinguono in: 19
18. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it ~ operazioni di rifinanziamento
principali (durata 2 settimane, frequenza settimanale e modalità competitiva): sono il modo con cui la Bce
regola l’indirizzo di medio termine della politica monetaria; ~ operazioni di rifinanziamento a più lungo
termine (durata 3 mesi, frequenza mensile e modalità competitiva): sono il modo con cui la Bce soddisfa il
fabbisogno strutturale di Bm; ~ operazioni di fine tuning (durata e frequenza non standardizzate,
modalità competitive e con negoziazione bilaterale): mirano a regolare la liquidità nel mercato e
controllare eventuali tassi quando sopraggiungono fluttuazioni ; ~ operazioni strutturali (durata e
frequenza non standardizzate, modalità competitive e con negoziazione bilaterale): la Bce le effettua
quando intende modificare la posizione strutturale dell’Eurosistema; - operazioni su iniziativa delle
controparti: si tratta di finanziamento marginale o deposito marginale di durata overnight e con frequenza
a discrezione delle controparti; consentono alle singole banche di risolvere momentanee carenze/eccessi
di Bm evitando che gli squilibri si traducano in eccessiva volatilità dei tassi interbancari; i tassi su queste
operazioni rappresentano gli altri tassi ufficiali della Bce insieme a quello sul rifinanziamento principale.
La domanda di Bm del sistema bancario Ogni banca deve garantire sistematicamente la propria capacità
di far fronte a tutte le richieste di pagamento delle controparti. Sarà necessario quindi per ognuna,
detenere scorte monetarie adeguate rispetto alle previsioni di fabbisogno e cioè di deficit di liquidità
generati da temporanei surplus di uscite sulle entrate. Le scorte monetarie detenute per motivi operativi
costituiscono una parte delle Rb considerate nel moltiplicatore. L’altra parte di domanda di Bm è data
dalla riserva di liquidità obbligatoria, ossia un vincolo di riserva minima che le banche devono detenere
presso la Bcn in una determinata percentuale (al momento del 2%) delle passività, con durata inferiore ai
2 anni. Storicamente (1926) la riserva obbligatoria è nata come strumento di tutela dei depositanti, poi ha
avuto funzione diretta nello schema del controllo monetario. In altre circostanze è stata usata come
strumento di politica finanziaria (drenaggio dell’eccesso di quantità di Bm per il finanziamento del Tesoro
e remunerazione a tassi inferiori a quelli di mercato). Nello schema del Sebc, la funzione è invece quella
di creare una domanda stabile di riserva bancaria. 4. La regolamentazione e la vigilanza del sistema
finanziario Con il termine ordinamento ci si riferisce a tutte le attività e le istituzioni che si riferiscono al
paradigma (mercati/strumenti/intermediari), in altre parole si intende l’insieme delle norme volte a
disciplinare le attività e le istituzioni dell’intermediazione finanziaria in un dato contesto politico-
amministrativo che in genere coincide con lo Stato o, in un contesto più ampio come l’attuale, con l’UE
attraverso le direttive comunitarie. Secondo l’impostazione di queste ultime, l’intermediazione è
disciplinata per segmenti o tipologie di attività con un corrispondente ordinamento specifico. 20
19. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it I criteri ed i fondamenti della
normativa comunitaria L’obiettivo dell’UE è il concetto di mercato unico dei servizi finanziari con cui sia
consentita la libera circolazione di persone, informazioni, capitali, merci e servizi. L’azione comunitaria è
volta quindi a realizzare un sufficiente livello di armonizzazione fra ordinamenti vigenti negli Stati. Il
modello scelto dall’UE può dirsi “baricentrico” rispetto agli ordinamenti nazionali, i fondamenti sono: - non
specializzazione dei tipi di intermediari per tipi di attività svolta secondo un modello di banca universale; -
attribuzione delle attività di investimento collettivo in valori mobiliari, a titolo di riserva, a organizzazioni
specializzate; - regolazione del grado di separazione tra banca e impresa industriale sia a monte
(partecipazioni industriali nel capitale bancario) sia a valle (partecipazione del capitale bancario in quello
industriale). Nel recepimento/attuazione sono riconosciuti alcuni gradi di discrezionalità, quest’ultima,
però, non può essere utilizzata in modo “opportunistico” e non può contrastare il principio di
armonizzazione minima. Proprio l’armonizzazione minima è la condizione necessaria affinché gli
ordinamenti nazionali possano condividere i principi di “libertà di prestazione di servizio” e di “libertà di
stabilimento”: tali principi si realizzano tramite il criterio del mutuo riconoscimento (ogni ordinamento
deve riconoscere la possibilità di ogni intermediario esterno ma comunitario di operarvi). La
classificazione degli strumenti di vigilanza La classificazione adottata si basa sulla natura degli interventi
e tiene conto delle finalità cui ogni strumento in primis si rivolge. - Vigilanza strutturale: è un approccio
alla regolamentazione e si propone di determinare la configurazione di mercato più idonea a produrre la
migliore combinazione tra: dimensione e mix produttivo dei singoli intermediari (posizionamento del
livello minimo dei costi medi) e alto grado di soddisfazione per gli utilizzatori finali. Le due finalità non
sono necessariamente compatibili. Il fondamento principale di tale schema è costituito dall’assunto che vi
sia una relazione significativa tra la struttura del mercato, il comportamento degli intermediari e le
performance degli stessi e del mercato. La vigilanza strutturale si propone di regolare la struttura
dell’offerta in un determinato mercato per massimizzare la dialettica competitiva. A tal fine, gli strumenti
significativi sono: entrata nel mercato; assetto organizzativo degli intermediari operanti; gamma delle
attività che può svolgere ciascun intermediario; i requisiti degli azionisti degli intermediari e l’assetto di
controllo societario; gli interventi amministrativi su quantità e prezzi degli intermediari. - Vigilanza
prudenziale: sono strumenti attinenti la forma dei “criteri di gestione”, ai quali gli intermediari devono
attenersi, finalizzati inoltre al controllo e alla delimitazione dei rischi. Qui la vigilanza si concentra sul
rispetto delle regole di mercato. Gli interventi, infatti, evitano di condizionare direttamente il mercato, ma
esprimono le regole del gioco su come si debba operare: sono regole oggettive e neutrali, trasparenti e
stabilite ex-ante, in modo da essere una forma di incentivo/veicolo per gli intermediari. I principali
strumenti sono: i coefficienti di bilancio applicati agli 21
20. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it intermediari; l’adeguatezza
organizzativa con riguardo alla dimensione delle risorse tecniche, manageriali e professionali e alla
presenza di strumenti operativi che consentano il rispetto del principio di indipendenza organizzativa e
gestionale; i requisiti di onorabilità, di competenza e di esperienza. - Vigilanza informativa (fair play
regulation): comprende tutti gli strumenti di comunicazione ed informazione che possono contribuire alle
asimmetrie informative tipiche dell’attività finanziaria. Si applicano: le operazioni finanziarie basate su un
primo livello di valutazione economica del rischio; gli emittenti i titoli oggetto dell’operazione; gli
intermediari nei confronti di emittenti ed investitori; gli intermediari nei confronti delle autorità di
vigilanza; gli organismi responsabili del funzionamento e della gestione dei mercati mobiliari. Il risultato
finale atteso da questi interventi di vigilanza informativa si colloca nell’area di trasparenza e correttezza
informativa assunta come basilare per contratti il cui pricing si attiene ai requisiti di efficienza del
mercato. L’importanza di tali interventi si apprezza se si parte dall’ipotesi che investitori e creditori si
trovino in una condizione di svantaggio informativo rispetto ai soggetti finanziati. - Vigilanza protettiva: si
tratta di strumenti che gestiscono situazioni di crisi degli intermediari con l’esigenza di far fronte al
principio fondamentale della tutela del risparmiatore. L’importanza della gestione accurata delle
situazioni di crisi si ricollega al problema delle esternalità che, comportando una sfiducia generalizzata
verso il sistema finanziario, determinerebbe costi per l’economia reale. Ci sono 2 principali ambiti di
intervento: ~ quelli destinati alla prevenzione, tra cui: i flussi di documentazione statistica tra intermediari
e organo di vigilanza (allarme preventivo), le situazioni di illiquidità delle banche affrontate con interventi
di rifinanziamento della banca centrale, le situazioni di difficoltà più seria che possono comportare
provvedimenti come l’amministrazione straordinaria; ~ quelli che, quando la crisi è irreversibile,
provvedono alla messa in liquidazione dell’intermediario. L’ordinamento dell’attività bancaria e di attività
bancaria La banca è definita come l’impresa che è autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria costituita
dalla raccolta del risparmio e dell’esercizio del credito in forma esclusiva. Inoltre le banche esercitano
ogni altra attività finanziaria in base alla propria disciplina, fatte salve le riserve di attività previste dalla
legge. Con questa esclusione sono esercitabili tutte le attività, se ammesse al mutuo riconoscimento, che
le banche possono esercitare direttamente o indirettamente in qualsiasi paese comunitario, ne sono un
es.: la raccolta dei depositi, le operazioni di prestito, il leasing finanziario, i valori mobiliari, i servizi di
intermediazione finanziaria del tipo money banking. La raccolta del risparmio fra il pubblico è vietata ai
soggetti diversi dalle banche, tranne nei casi previsti dalla norma vigente. La nozione giuridica di
intermediario finanziario identifica un soggetto operante nel settore finanziario ed esercente attività
finanziaria secondo modalità che non integrano la definizione di attività bancaria. La definizione giuridica
differisce da quella economica che colloca la banca fra gli intermediari finanziari intesi come imprese che
intermediano sistematicamente risorse finanziarie. 22
21. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Le condizioni dell’autorizzazione
all’esercizio dell’attività bancaria viene concessa dalla Banca d’Italia quando si abbia: - la forma di s.p.a. o
di soc. cooperativa per azioni a responsabilità limitata; - l’esistenza del capitale minimo versato; - la
presentazione del programma dell’attività iniziale (atto costitutivo e statuto); - i requisiti di onorabilità
stabiliti per i soci; - la struttura proprietaria che rispetti i presupposti dell’autorizzabilità; - i soggetti con
funzioni di amministrazione, direzione e controllo abbiano requisiti di onorabilità e professionalità. Le
condizioni sono verificate dalla Banca d’Italia che nega l’autorizzazione quando esse non garantiscono la
sana e prudente gestione. La discrezionalità dovrebbe essere minima, poiché le condizioni sono
oggettivamente verificabili. L’evidente corollario del principio dell’autorizzazione è l’esistenza di un albo
in cui la Banca d’Italia scrive le banche autorizzate e le succursali delle banche comunitarie nel territorio
nazionale. La banca autorizzata ha la facoltà di operare sul territorio nazionale ed in quello comunitario,
nel rispetto delle condizioni poste dall’ordinamento di appartenenza, con l’insediamento di succursali o
con la semplice prestazione di servizi a distanza. Diversamente, l’operatività delle banche nazionali in
Stati extra-UE e l’esercizio delle attività non ammesse al mutuo riconoscimento sono sottoposte a regimi
autorizzativi e disciplinari assai più onerosi. Le Autorità di controllo, preposta alla tutela della stabilità
della banca, hanno sempre posto attenzione affinché l’esercizio dell’attività bancaria non venga
controllata da soggetti portatori di interessi estranei, diversi o conflittuali con quelli istituzionali della
banca. La normativa persegue l’obiettivo di autonomia o di separatezza sottoponendo ad autorizzazione
preventiva l’acquisizione diretta o indiretta di partecipazioni che comportino il controllo della banca stessa
o che superino il 5% del capitale. È inoltre vietata una partecipazione superiore al 15% o comunque di
controllo a soggetti che svolgano attività d’impresa in settori non bancari o finanziari. Per l’accertamento
dei limiti (5 e 15%) e della posizione di controllo, la Banca d’Italia deve accertare l’eventuale esistenza di
accordi che consentono l’esercizio concertato del diritto di voto. Qualora tali accordi pregiudichino la
gestione sana e prudente della banca, la Banca d’Italia ha la facoltà di sospendere il diritto di voto dei
partecipanti all’accordo e di richiedere informazioni atte ad accertare la composizione della struttura
proprietaria effettiva della banca. Il TU attribuisce alla Banca d’Italia funzioni e poteri di vigilanza volti a
tutelare la sana e prudente gestione, la stabilità complessiva, l’efficienza e la competitività del sistema
finanziario. La Banca d’Italia emana disposizioni generali che hanno per oggetto: - l’adeguatezza
patrimoniale: con cui impone alle banche il mantenimento di un coefficiente patrimoniale minimo
obbligatorio, per tutelare la solvibilità della banca e 23
22. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it si riferisce alla composizione
dell’attivo patrimoniale ponderato in funzione delle classi di rischio di appartenenza; - il contenimento del
rischio nelle sue diverse configurazioni: ~ la concentrazione dei rischi per grandi fidi: disposizioni
finalizzate a mantenere una diversificazione del rischio di credito per classi di imprese, ~ la
trasformazione della scadenza e l’esposizione al rischio d’interesse: la prima comporta sia rischi finanziari
di liquidità legati alla lentezza della rotazione dell’attivo rispetto al passivo, sia rischi economici riferibili
alla possibilità che le variazioni dei tassi comportino diminuzioni del margine d’interesse, ~ i rischi di
mercato: identificabili nelle possibili variazioni di valore delle attività finanziarie per fatti di mercato; - le
partecipazioni detenibili: si dividono in 2 insiemi: ~ partecipazioni in banche, società finanziarie,
assicurazioni: sono disciplinate da norme ed istruzioni che riguardano il gruppo bancario, ~ partecipazioni
in altri soggetti indicati come imprese non finanziarie le cui disposizioni riguardano forme di tutela
prudenziale, distinguendo: a. il limite complessivo: nel valore massimo totale della partecipazione
detenibile in rapporto al patrimonio della banca, b. il limite di concentrazione: rapporto massimo tra
singola partecipazione detenuta e patrimonio della banca, c. il limite di separatezza: rapporto massimo
tra singola partecipazione detenuta e patrimonio dell’impresa partecipata. La banca d’Italia aumenta tali
limiti in relazione all’appartenenza a: - banche abilitate: ossia di primaria importanza e quindi autorizzate
a maggiore operatività; - banche specializzate: con le stesse caratteristiche di quelle abilitate con raccolta
prevalentemente a medio/lungo termine con preclusione di quella a vista. In conclusione le disposizioni
sul contenimento del rischio da un lato pongono precisi confini all’attività bancaria e dall’altro
attribuiscono peso e criticità alla variabile economica del patrimonio che diviene il perno principale e
fondamentale della gestione. Il gruppo bancario è composto alternativamente da: - la banca italiana
capogruppo e dalle società bancarie finanziarie controllate; - la società finanziaria capogruppo e dalle
società bancarie finanziarie controllate. L’azienda capogruppo è definita in funzione di 2 caratteri
necessari: l’appartenenza alla nazionalità italiana e l’autonomia da qualsiasi altra persona giuridica
controllante. Le istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia precisano che nel gruppo si realizza un disegno
imprenditoriale unitario e che la capogruppo referente della Banca d’Italia esercita attività di direzione e
coordinamento, controllo strategico e gestionale, tutto nell’interesse della stabilità del gruppo. In
definitiva, nell’ordinamento vigente, le attività finanziarie possono esercitarsi secondo 2 modelli
istituzionali diversi: - banca universale: esercita congiuntamente, internamente e direttamente tutte le
attività bancarie e finanziarie ammesse con diversificazione “universale”; 24
23. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it - gruppo bancario: consiste
nell’esercizio di attività bancarie e finanziarie da parte di un unico soggetto economico mediante aziende
giuridicamente separate ma dirette e coordinate sotto un disegno imprenditoriale unico. La disciplina
prende in esame tutti gli altri soggetti operanti nel settore finanziario, diversi dalle banche, e noti come
intermediari finanziari, che svolgono: - assunzione di partecipazioni, - concessione di finanziamenti sotto
qualsiasi forma, - prestazione di servizi di pagamento, - intermediazione in cambi. Le norme prevedono
l’obbligo di iscrizione di tali intermediari in un elenco generale presso il Ministero del tesoro che si avvale
dell’Ufficio italiano dei cambi. Per quelli caratterizzati da rischio sistemico (inteso come rischio di altri
intermediari ad essi legati da rapporti di credito) – società di leasing, factoring, investiment banking –
esiste l’ulteriore obbligo d’iscrizione in un elenco speciale tenuto dalla Banca d’Italia che ha quindi poteri
di vigilanza nei loro confronti. L’ordinamento prevede una dettagliata normativa per la trasparenza delle
operazioni e dei servizi bancari e finanziari applicata a tutte le attività svolte nel territorio che perseguono
il fine di tutela della controparte contrattuale, che viene in linea di principio considerata contraente
debole o inconsapevole. 5. La disciplina dei mercati di strumenti finanziari Dai mercati pubblici ai mercati-
impresa: uno dei maggiori cambiamenti è stato l’adozione sistematica di forme giuridiche proprietarie e
comportamentali di carattere privatistico. Tale cambiamento arriva in Italia con la privatizzazione della
Borsa nel 1997. Generalmente le motivazioni sono: - intensificazione della competizione sopranazionale
sia tra intermediari finanziari che tra mercati; - innovazione tecnologica che consente il passaggio dai
mercati fisici a quelli telematici; - la rottura dei confini spaziali: cioè i mercati sono portati a competere,
come qualsiasi impresa, su fattori distintivi come la qualità e il costo dei servizi offerti; - è comprensibile
che ciò esalti la criticità dell’adozione di una visione imprenditoriale in cui prevalgano autonomia
gestionale e autoregolamentazione. L’organizzazione e la gestione dei mercati: autonomia gestionale e
autoregolamentazione non significano scomparsa dell’interesse dei pubblici poteri al controllo dei mercati
finanziari, ma modifica delle modalità di attuazione del controllo con il prevalere di funzioni di verifica e
vigilanza sugli atti di autoregolamentazione piuttosto che di azione diretta di regolamentazione operativa.
25
24. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it La società di gestione dei mercati:
è una s.p.a. senza scopo di lucro che gestisce e organizza i mercati regolamentati, in particolare: - la
Consob determina il capitale minimo della società di gestione e le attività; - il Ministro del tesoro, sentita
la Consob, stabilisce i requisiti di onorabilità e professionalità dei soggetti, determina quelli di onorabilità
dei partecipanti al capitale. Il regolamento del mercato: deliberato dall’assemblea ordinaria della società
di gestione, il regolamento deve avere come contenuto minimo obbligatorio: - le condizioni e le modalità
di ammissione, esclusione e sospensione degli operatori e degli strumenti finanziari delle negoziazioni; -
le condizione e le modalità per lo svolgimento delle negoziazioni; - le modalità di accertamento, di
pubblicazione e di diffusione dei prezzi; - i tipi di contratto ammessi alle negoziazioni. L’autorizzazione dei
mercati regolamentati: è di competenza della Consob che procede sulla base di 2 principali fasi di
accertamento: - l’esistenza dei requisiti richiamati relativamente alla società di gestione; - la conformità
del regolamento alla disciplina comunitaria e la sua idoneità ad assicurare la trasparenza del mercato, un
ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori. 6. L’ordinamento delle attività di
gestione dei servizi di investimento Secondo il TU, per servizi di investimento si intendono le seguenti
attività (quando abbiano per oggetto gli strumenti finanziari): - negoziazione per conto proprio; -
negoziazione per conto terzi; - collocamento con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo; -
gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi; - ricezione e trasmissione di
ordini, nonché mediazione. Le imprese di investimento esercitano professionalmente nei confronti del
pubblico servizi di investimento previa autorizzazione della Banca d’Italia alle banche e si distinguono in
quelle italiane (Sim), in quelle comunitarie e in quelle extra-comunitarie, inoltre anche le società di
gestione del risparmio hanno la possibilità di offrire determinati servizi di investimento. Le Sim possono
prestare servizi accessori e altre attività finanziarie, nonché attività connesse e strumentali, fatte salve le
riserve di attività previste dalla legge. Le imprese di investimento devono essere iscritte in un albo
istituito presso la Consob, che autorizza l’esercizio di servizi in presenza di condizioni quali ad es.
l’adozione della forma di s.p.a., la sede legale e direzione generale nel territorio nazionale, l’ammontare
del capitale pari al livello stabilito dalla Banca d’Italia, requisiti di onorabilità ed idoneità dei partecipanti.
L’autorizzazione deve essere negata quando dalla verifica delle condizioni non risulti garantita la sana e
prudente gestione. Il TU definisce sia i criteri generali sia le forme contrattuali alle quali devono
conformarsi i soggetti autorizzati per favorire la condizione di tutela del cliente e del mercato. I criteri
generali si riferiscono: alla diligenza, correttezza e trasparenza dei 26
25. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it comportamenti; all’acquisizione
dell’informazione necessaria dai clienti, predisposizione di modalità organizzative idonee a prevenire
rischi di conflitto di interessi, assicurazione al cliente di adeguate condizioni di trasparenza e di equo
trattamento, ecc. Per quanto riguarda la forma contrattuale, invece, devono essere redatti in forma scritta
e devono essere consegnati ai clienti. La stipulazione di contratti in altre forme deve essere regolata
esplicitamente dalla Consob, sentita la Banca d’Italia; la tutela del cliente è rafforzata dall’applicazione
del principio di separazione tra i patrimoni dei singoli clienti e quelli della Sim o della banca. Per “offerta
fuori sede” si intende un’attività esercitata in qualsiasi luogo diverso dalla sede legale e dalle dipendenze
dell’emittente, del proponente o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento. Ai soggetti
autorizzati al collocamento sono riservate l’offerta fuori sede sia di strumenti finanziari sia di servizi di
investimento di altri intermediari. Diversamente, tutte le banche e le Sim sono abilitate ad offrire fuori
sede i propri servizi a prescindere dall’abilitazione al collocamento. I soggetti abilitati per l’offerta fuori
sede devono avvalersi di promotori finanziari, ossia di persone fisiche che, in qualità di dipendenti, agenti
o mandatari, esercitano professionalmente tale tipo di offerta. Il promotore può svolgere la propria attività
esclusivamente nell’interesse di un solo soggetto, la cui responsabilità è solidale col promotore nei
confronti di terzi, e deve essere iscritto in un apposito albo presso la Consob. 7. L’ordinamento delle
attività di gestione collettiva del risparmio La gestione collettiva del risparmio è il servizio che si realizza
attraverso: - la promozione, l’istituzione e l’organizzazione di fondi comuni di investimento e
l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti; - la gestione del patrimonio di organismi di investimento
collettivo del risparmio (Oicr) di propria o altrui istituzione. Gli Oicr sono i fondi comuni di investimento
(aperti o chiusi) e le società di investimento a capitale variabile. La prestazione del servizio di gestione
collettiva può essere fatta esclusivamente da 2 soggetti autorizzati: - le società di gestione del risparmio
(Sgr), - le società di investimento a capitale variabile (Sicav). I fondi comuni di investimento aperti Il fondo
comune aperto è un patrimonio autonomo suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti.
Tale patrimonio è costituito da valori mobiliari la cui amministrazione è affidata ad una società di gestione
del risparmio autorizzata dalla Banca d’Italia. C’è una netta distinzione tra patrimonio netto del fondo,
patrimonio dei partecipanti e patrimonio della società di gestione. Le condizioni necessarie per
l’autorizzazione sono: la forma di S.p.a., un capitale sociale versato non inferiore a 1 ml di €, la sede
statutaria e amministrativa in Italia, i requisiti di onorabilità e professionalità degli amministratori. Il fondo
è istituito qualora sia approvato il relativo regolamento sia dall’assemblea ordinaria della società, sia dalla
Banca d’Italia nella sua funzione di organo di vigilanza. Il regolamento stabilisce concretamente le
modalità di funzionamento del fondo e la designazione della banca depositaria che svolge il duplice ruolo
di esecuzione e di controllo. Inoltre la normativa 27
26. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it impone divieti e limiti alla
discrezionalità del fondo. Si distingue tra divieti assoluti delle operazioni non consentite (investimento in
titolo emessi dalla Sgr, concessione di prestiti) e limiti applicati a varie tipologie di investimento mobiliare
per limitare la concentrazione del rischio del portafoglio costitutivo del fondo e il prevenire l’assunzione di
altri rischi. Infine la normativa più recente richiede che, ad ogni fondo venga attribuito dalle Sgr un
benchmark, cioè un portafoglio di riferimento pubblicamente rilevabile e corrente con le politiche del
fondo. Le Sicav Sono s.p.a. a capitale variabile con sede legale e direzione generale in Italia, avente per
oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta al pubblico di proprie
azioni. Si applica a tal società, la disciplina dei fondi comuni per quanto riguarda il regime autorizzativo, il
funzionamento, la gestione, i vincoli all’operatività e la vigilanza. L’elemento caratterizzante è costituito
dalla specificità del modello istituzionale: la coincidenza fra patrimonio gestito e attivo patrimoniale della
società gerente, la variabilità del capitale sociale, la possibilità dell’esercizio di voto per corrispondenza,
ecc. I fondi comuni di investimento chiusi Il fondo di investimento chiuso differisce da quello aperto poiché
il diritto al rimborso delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze predeterminate, così
come l’ammontare del fondo, il termine massimo di sottoscrizione (1 anno), la durata del fondo (da 5 a 10
anni). L’autorizzazione è concessa dal Ministro del tesoro, sentita la Banca d’Italia, a società che abbiano
per oggetto esclusivo la gestione di fondi comuni di investimento collettivo in valori mobiliari e che
abbiano specifico riferimento alla gestione dei fondi chiusi. Il funzionamento e la gestione del fondo si
caratterizza soprattutto per il rapporto fra società e partecipanti, per la composizione del patrimonio del
fondo e per la relazione fra società e fondo. La gestione del patrimonio del fondo, secondo legge, almeno
il 40% (non più l’80% del patrimonio) deve essere investito in valori mobiliari non quotati, limitatamente
alle azioni, alle quote, alle obbligazioni convertibili. Non più del 20%, inoltre, può essere investito in titoli
di stato e in azioni quotate. La differenza tra i 2 fondi, per quanto riguarda la relazione tra società gerente
e fondo gestito sono: - in quello aperto: la prima riceve remunerazione delle proprie prestazioni come
rimborso spese e provvigioni, secondo quanto stabilito dal regolamento; - in quello chiuso: la prima
partecipa anche al risultato della gestione in altri due modi, investendo il proprio patrimonio nel fondo (5-
10% dell’ammontare) e partecipando a proventi e risultato netto della gestione derivanti dallo smobilizzo
degli investimenti. 8. L’ordinamento dell’attività assicurativa Le norme definiscono le società che
esercitano le assicurazioni solo come generiche imprese alle quali possono ricondursi i diversi contratti di
assicurazione. 28
27. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it In campo assicurativo prevale il
principio della specializzazione, ossia le imprese devono limitare l’oggetto sociale all’esercizio dell’attività
assicurativa, riassicurativa, di capitalizzazione e delle operazioni connesse. Le condizioni per
l’autorizzazione all’esercizio dell’attività sono: - forma di s.p.a., soc. coop. e di mutua assicurazione; -
possesso del capitale sociale minimo richiesto; - presentazione di un programma di attività; - possesso dei
requisiti di onorabilità e di professionalità dei soci e dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione
e di controllo. La compagnia autorizzata ha la facoltà di operare sul territorio nazionale e comunitario, in
regime di stabilimento e di libera prestazione. Essa è sottoposta ad un’unica Autorità, ad un unico regime
autorizzatorio di vigilanza, indipendentemente dalle differenti dislocazioni geografiche delle sedi
operative. L’assunzione di partecipazioni dirette ed indirette superiori al 5% nel capitale di imprese ed
enti assicurativi deve essere comunicata all’Isvap e l’assunzione di partecipazioni qualificate (più del
10%) o di controllo (dirette ed indirette) è comunque soggetta ad autorizzazione dell’Isvap. A differenza
delle banche, è ammessa l’acquisizione di partecipazioni di controllo in imprese di assicurazione da parte
di imprese industriali e commerciali, sempre che siano rispettati protocollo di autonomia e di
indipendenza della gestione della controllata assicurativa. Per tutelare la stabilità della compagnia di
assicurazione e gli interessi degli assicurati, le disposizioni disciplinano l’assunzione di rischi specifici
secondo diverse configurazioni, che riguardano: - la concentrazione dei rischi: l’obiettivo di limitare
l’eccessiva concentrazione dei rischi della gestione patrimoniale è perseguito ponendo un tetto
all’investimento in alcune classi di attività; - il rischio di cambio: secondo il principio della congruenza
valutaria le attività devono essere espresse nella stessa valuta delle passività a esse collegate, in tal
modo si limita il mismatching fra singole valute; - il rischio di interesse: si manifesta in quanto la
compagnia investe principalmente in titoli il cui rendimento può differire rispetto al costo delle passività.
Per quanto riguarda le partecipazioni, i limiti sono: - complessivo alla classe di “titoli di capitale e altri
valori assimilabili”; - di concentrazione: per l’ammontare complessivo delle riserve finanziarie; - di
separatezza: per le partecipazioni in imprese che svolgono attività diverse da quelle consentite alle
assicurazioni. Appendice riassuntiva: la banca e l’attività bancaria La banca è definita come un’impresa
che è autorizzata dalle Autorità competenti all’esercizio dell’attività bancaria, cioè alla raccolta del
risparmio e all’esercizio del credito in forma esclusiva. Le banche esercitano, oltre all’attività bancaria,
ogni altra attività finanziaria tra quelle ammesse al mutuo riconoscimento, cioè attività che le banche
possono esercitare, direttamente o indirettamente, tramite società controllate nella forma del gruppo 29
28. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it bancario, in qualsiasi paese
comunitario in forza dell’autorizzazione ricevute nel paese d’origine. Le attività ammesse al mutuo
riconoscimento sono: - raccolta di depositi o di altri fondi con obbligo di restituzione; - leasing finanziario; -
servizi di pagamento; - operazioni di prestito (credito al consumo, factoring, ecc.); - cambi; - strumenti
finanziari a termine e opzioni; - custodia e amministrazione di valori mobiliari; ecc. Una banca riceve
l’autorizzazione dalla Banca d’Italia se ci sono le seguenti condizioni: - forma di s.p.a. o di società
cooperativa per azioni a responsabilità limitata; - esistenza del capitale minimo versato richiesto: 6mln €
(s.p.a.) o 2mln € (soc. coop.); - presentazione del programma concorrente l’attività iniziale, con l’atto
esecutivo e lo statuto; - requisiti di onorabilità stabiliti per i soci e per i soggetti che svolgono funzioni di
amministrazione, direzione e controllo; - struttura proprietaria con alcuni requisiti e vincoli tali da
garantire l’autonomia della banca rispetto a interessi divergenti da quelli istituzionali, come: necessaria
l’autorizzazione preventiva per l’acquisizione diretta o indiretta di partecipazioni superiori al 5% o
comunque di controllo del capitale della banca; vietata l’acquisizione diretta o indiretta di partecipazioni
superiori al 15% o comunque di controllo ai soggetti che svolgono in misura rilevante attività d’impresa in
settori non bancari e non finanziari. La banca autorizzata ha la facoltà di operare sul territorio nazionale
ed in quello comunitario con l’insediamento fisico di succursali o più semplicemente con la prestazione di
servizi a distanza. Il TU attribuisce alla Banca d’Italia funzioni e poteri di vigilanza, finalizzati
principalmente a tutelare la sana a prudente gestione della banca, la stabilità complessiva, l’efficienza e
la competitività del sistema finanziario. La Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CIRC, emana
disposizioni di carattere generale aventi per oggetto: - l’adeguatezza patrimoniale che impone alle
banche il mantenimento de un coefficiente patrimoniale minimo obbligatorio con funzione di tutela della
solvibilità; - il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni: concentrazione per grandi fidi,
trasformazione delle scadenze, rischio di interesse e di mercato; - le partecipazioni detenibili: si
distinguono in partecipazioni in banche, in soc. finanziarie e strumentali e in imprese di assicurazioni; - le
partecipazioni in altri soggetti non finanziari: in tal caso si definisce un limite complessivo riferito al valore
massimo della partecipazioni detenibili in rapporto al patrimonio, un limite di concentrazione definendo il
rapporto massimo tra singola partecipazione detenuta e il patrimonio della banca, un limite di
separatezza in merito al rapporto massimo tra la singola partecipazione detenuta ed il patrimonio
dell’impresa partecipata; tali limiti possono essere aumentati e differenziati se la banca in questione è
una banca abilitata o specializzata. 30
29. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Capitolo 4 IL TRASFERIMENTO
DELLE RISORSE, GLI OBIETTIVI DEI SOGGETTI E GLI STRUMENTI FINANZIARI 1. Dal bisogno di
trasferimento delle risorse finanziarie alle funzioni obiettivo dell’investitore e del prenditore di fondi
L’attività di scambio comporta dei costi che possono essere ridotti se presenti: - l’organizzazione dei
mercati: che consentono la concentrazione delle contrattazioni nello spazio e nel tempo; - l’esistenza e la
progressiva specializzazione di operatori commerciali; - l’efficienza e il progresso della tecnologia dei
trasporti e delle comunicazioni; - la moneta; - il sistema giuridico. Le economie moderne si caratterizzano
e si fondano su due generi di moneta: quella legale (emessa dalla Banca Centrale) e quella bancaria
(emessa da quelle commerciali). La domanda di trasferimento di risorse finanziarie nel tempo:
investimento e finanziamento Nella realtà finanziaria esistono 2 tipologie di soggetti: - investitori
potenziali: dispongono di un saldo finanziario positivo e cercano di investire il potere d’acquisto
temporaneamente eccedente; - prenditori di fondi: hanno un saldo finanziario negativo ed hanno la
necessità di procurarsi risorse finanziarie per coprire il proprio fabbisogno. Questi soggetti hanno di fatto
interessi idealmente complementari e convergenti e sono quindi potenziali scambisti. La funzione
obiettivo dell’investitore Le scelte dell’investitore sono guidate soprattutto dalle variabili: - rendimento: è
l’espressione del risultato economico dell’operazione ed è espresso in percentuale e su base annua; si
compone attraverso: ~il prezzo di acquisto dell’attività finanziaria, ~i redditi periodici, ~il valore di
rimborso, ~i costi di transazione, ~gli oneri fiscali, la determinazione del rendimento consente un
immediato confronto tra differenti investimenti in Af; - rischio: si riferisce all’impossibilità di prevedere con
esattezza il risultato di una determinata operazione; i principali tipi sono: ~ rischio del tasso d’interesse
(dipende dalle variazioni del mercato in contrapposizione a quelle del tasso a reddito fisso), ~ rischio di
cambio (variazione delle valute), ~ rischio di insolvenza, ~ rischio di prezzo (variazione nelle quotazioni),
~ rischio di perdita del potere d’acquisto (tramite l’inflazione), 31
30. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it ~ rischio di liquidità (difficile
conversione in moneta). Esiste una stretta relazione tra le due variabili nel senso che l’investitore effettua
le proprie scelte accettando combinazioni crescenti di rendimento-rischio. Per cui, di fronte ad Af
alternative con uguale rendimento, l’investitore preferisce quella con minor rischio, mentre tra Af con
uguale rischio preferisce quelle con un rendimento atteso maggiore: il maggior rendimento atteso da
un’Af rischiosa è definito “premio al rischio”. La funzione obiettivo del prenditore di fondi Le scelte del
prenditore sono guidate principalmente da 2 variabili: - costo: determinato da: ~l’importo del
finanziamento ricevuto, ~gli oneri periodici che comporta, ~il valore di rimborso, ~gli effetti
dell’imposizione fiscale, ~i costi di transazione; - rischio: assume diverse tipologie intrinseche alle
passività finanziarie: ~rischio del tasso d’interesse, ~rischio di cambio, ~rischio di solvibilità, ~rischio di
instabilità delle forti di finanziamento utilizzate, ~rischio di condizionamento da parte del finanziatore:
quando questi può interferire nell’indirizzo dell’attività d’impresa. Il prenditore di fondi ha l’obiettivo di
minimizzare il costo del finanziamento a determinate soglie dei diversi rischi che fanno sorgere l’esigenza
di stabilità e controllabilità delle fonti. Esiste quindi tra costo e stabilità/controllabilità una relazione
diretta: maggiore è il costo, maggiore sarà la stabilità. 2. Le funzioni e le caratteristiche degli strumenti
finanziari Gli strumenti finanziari sono contratti che hanno per oggetto la realizzazione dello scambio
finanziario attraverso il trasferimento delle risorse finanziarie tra investitori e prenditori di fondi, la
classificazione degli strumenti amplia le opportunità di scambio fra i soggetti. Queste le principali
caratteristiche in base alle quali si distingue. La natura dei diritti incorporati - Strumenti che incorporano
sia diritti di proprietà sia di credito (titoli rappresentativi del patrimonio si una società di capitali): con
riferimento ai titoli azionari ci sono i diritti amministrativi (diritto di voto, di impugnativa per la tutela delle
minoranze, di recesso e di opzione) e quelli di credito (diritto di partecipazione ai dividendi, al rimborso
del patrimonio della società). - Strumenti che incorporano esclusivamente diritti di credito: ovvero il diritto
di ottenere prestazioni economico-finanziari come il pagamento a scadenza prefissata di una
remunerazione a titolo d’interesse (tasso fisso o variabile) o il rimborso del capitale a termini prefissati;
tale tipo di strumenti attribuiscono al prenditore un controllo minore sulla disponibilità delle risorse
finanziarie ricevute e nessuna discrezionalità 32
31. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it per la dimensione dell’onere
finanziario sostenuto, mentre il finanziatore è favorito da una maggiore rigidità contrattuale che
determina con maggiore chiarezza le prestazioni del debitore. - Strumenti che incorporano il diritto
discrezionale e/o l’obbligazione di comprare/vendere a termine un’Af: gli strumenti finanziari di
partecipazione e/o di credito possono diventare oggetto di altri contratti definiti strumenti a titoli derivati
che si distinguono in: ~ strumenti che incorporano esclusivamente obbligazioni reciproche a termine: -
future: il singolo contraente si obbliga ad acquistare (posizione lunga) o a vendere (posizione corta) a un
termine futuro prestabilito ed ad un prezzo predeterminato (prezzo future) una certa attività finanziaria;
in genere il compratore di un contratto future guadagna nel caso i prezzi correnti delle Af sottostanti
aumentino oltre il prezzo future, viceversa per il venditore; i principali tipi di future sono gli interest rate
future (basati su titoli di Stato o su tasso d’interesse), gli stock index future (seguono gli indici azionari) e i
currency future (stavolta l’attività sottostante è la valuta; - swap: sono obbligazioni contrapposte riferite a
date future con cui i soggetti si impegnano a scambiare futuri pagamenti d’interesse (interest rate swap)
oppure in valuta (currency swap); ~ strumenti che contengono il diritto discrezionale (opzione) di una
delle due parti di acquistare o vendere a termine nei confronti dell’altra parte, titolare della contrapposta
obbligazione, una data Af; nella prassi si distinguono contratti in cui l’opzione può essere esercitata solo
ad una scadenza prestabilita (opzione europea) e quelli che prevedono invece la possibilità di esercitare
l’opzione entro una scadenza prestabilita (opzione americana); a differenza dei precedenti strumenti, le
opzioni si caratterizzano per l’asimmetria fra i contraenti e per quella ex-ante dei possibili esiti
contrattuali. La trasferibilità, la negoziabilità e la liquidità - Trasferibilità: è un aspetto tecnico contrattuale
assai rilevante, dato che consente la circolazione degli strumenti finanziari successivamente alla loro
emissione (ad es. tramite girata). - Negoziabilità: è il requisito tecnico e formale della trasferibilità che
consente l’effettivo trasferimento del titolo di proprietà e/o di credito, tale requisito è favorito da
standardizzazione e divisibilità; la negoziabilità dipende anche da condizioni esterne come la quotazione
dello strumento finanziario. - Liquidità: è intesa come convertibilità in moneta e dipende sia dalla
negoziabilità che dalla durata residua dello strumento finanziario; a tale concetto va poi affiancato quello
di capacità monetarie intesa come l’idoneità di un certo strumento ad essere usato direttamente come
mezzo di pagamento o comunque ad essere convertito in moneta con costi, rischi e tempi praticamente
nulli. Il rendimento, sua prevedibilità e rischio Il rendimento si determina attraverso l’attualizzazione
finanziaria con il metodo del rendimento interno, in simboli 33
32. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it n Ft Cn C0 = ∑ i = 1 (1 + r) t + (1
+ r) n dove C0 è il valore iniziale dell’investimento, Ft il flusso di cassa periodico, C n il valore del
rimborso finale e r il tasso interno del rendimento effettivo; questo metodo si basa sull’ipotesi implicita
che tutti i flussi di cassa intermedi (F t) siano reinvestiti allo stesso tasso interno (r): - nel caso di titoli
azionari: C0 è il prezzo di emissione, F t i dividendi e Cn il prezzo di vendita (o rimborso); - nel caso di
prestito obbligazionario: F t sono i flussi di interessere incassati (le cedole) e Cn il prezzo di vendita o
valore di rimborso alla scadenza; - nel caso di mutuo (con un piano di ammortamento finanziario): C n è
un valore nullo e Ft sono i valori delle rate; dal punto di vista operativo è importante misurare il rischio
inteso come mancato raggiungimento di un dato obiettivo di rendimento, più spesso però si ricorre a
misure di rischio universale – come lo scarto quadratico medio dei rendimenti storici di una certa Af
(standard deviation) – che prescindono da riferimenti specifici: n ( xi − x) 2 σ= ∑ t= 1 n La durata residua
È il tempo che intercorre tra il momento presente e la data di estinzione contrattuale dello strumento
finanziario, non tutti i contratti hanno però una scadenza precisa; tale durata è importante perché
qualifica il profilo di liquidità dello strumento finanziario ed il suo rischio di prezzo in caso di Af trasferibile
ed è definita Ft n (1 + r) t D= ∑t= 1 p dove Ft è sempre il flusso di cassa, r il tasso di rendimento interno,
p il prezzo corrente sul mercato al momento della valutazione e D (duration) è una misura di durata
residua del titolo (ovvero quantifica la % di rientro monetario dell’investimento). Altri caratteri degli
strumenti finanziari - la convertibilità: ossia la trasformazione di uno strumento finanziario in un altro
(obbligazione convertibile) o di alcune clausole contrattuali; - la valuta di denominazione: definita dal
contratto sottostante, è quella in cui sono pagati/incassati i flussi monetari; - costo di produzione e costo
d’uso; - complessità e scomponibilità: come il warrant che è un titolo obbligazionario elementare che
comprende un’opzione per il possessore di acquistare titoli azionari dallo stesso emittente a prezzi,
quantità e tempi predefiniti; - il regime fiscale. 34
33. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Capitolo 5 I MERCATI FINANZIARI 1.
Alcune chiavi di classificazione Mercati creditizi e mobiliari: differiscono per la natura degli strumenti
negoziati, in particolare per la presenza o meno di trasferibilità/negoziabilità. Il rapporto tra le controparti
è personalizzato in quelli creditizi perché di natura bilaterale e destinati a prolungarsi per tutta la durata
contrattuale, mentre nei mercati mobiliari il rapporto è più impersonale. È diverso il significato dei prezzi
negoziali. Mercati monetari e dei capitali: si distinguono per la durata degli strumenti e per la funzione dei
circuiti finanziari che il mercato alimenta. Nel mercato monetario prevale la funzione di gestione della
liquidità degli operatori e si scambiano strumenti finanziari a breve termine; in quello dei capitali prevale
invece la funzione di alimentazione dei circuiti finanziari a fronte di fabbisogni per investimenti e oggetto
sono gli strumenti finanziari a medio/lungo termine. Tale classificazione si incrocia con la precedente.
Mercati cash e derivati: i primi hanno per oggetto strumenti di base nei quale le transazioni prevedono
uno scambio tra titolo e denaro; i secondi invece hanno per oggetto contratti derivanti da strumenti di
base, ma presupponendo la negoziazione degli strumenti stessi. Mercati primari e secondari: in
riferimento ai mercati mobiliari, i primi comprendono gli scambi in sede di emissione (tra emittente e
primo investitore), i secondi sono costituiti invece da negoziazioni che hanno per oggetto i titoli mobiliari
trasferibili in circolazione. Mercati al dettaglio e all’ingrosso: differiscono in riferimento al taglio delle
transazioni che avvengono al loro interno. Si possono avere 2 diverse soluzioni: un mercato nasce e si
sviluppa con la finalità specifica ed esclusiva di dedicarsi ad uno dei 2 segmenti oppure all’interno del
mercato si sviluppano procedure diverse per i 2 segmenti. Mercati ad asta e market making: si
differenziano in base alla procedura di negoziazione adottata. Nel primo il pricing è il risultato di un
processo order driver (i flussi di ordini di acquisti e vendite vengono incrociati su base di priorità di prezzo
e di tempo), i prezzi negoziati si muovono al rialzo/ribasso in funzione del prevalere di ordini di
acquisto/vendita. Nel secondo invece si svolge un processo di pricing del tipo quote driver, ovvero
l’organizzazione del mercato prevede la presenza di intermediari che operano come dealer e con una
specifica funzione di market making, cioè di quotazione dei titoli (l’intermediario espone le proposte di
prezzo e le quantità a cui è disposto a comprare o vendere). Mercati fisici e telematici: il luogo comune di
mercato come luogo fisico dove operano i soggetti è stato ampliato con l’innovazione nelle strutture
informatiche e di telecomunicazione. 35
34. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Mercati regolamentati e over the
counter: la classificazione si rifà alla presenza o meno di una specifica regolamentazione applicata
all’organizzazione e al funzionamento del mercato. Il primo tende necessariamente a criteri di uniformità
organizzativa e di standardizzazione degli strumenti oggetto di scambio che rendono più semplice e
trasparente il modo di operare; il secondo invece è per strumenti disegnati di volta in volta su esigenze
specifiche delle parti contraenti che troverebbero difficile collocazione in uno schema organizzato. Mercati
pubblici e privati: riguarda l’assetto istituzionale e proprietario del mercato, infatti il primo rientra nella
proprietà pubblica ed è sottoposto ad organi del sistema di governo con forte presenza pubblica, il
secondo prevede invece un’organizzazione del tipo mercato-impresa. Mercati domestici e internazionali.
2. Le funzioni e la struttura dei mercati mobiliari Le funzioni dei mercati mobiliari sono: - funzione di
finanziamento: l’emissione ed il collocamento di titoli nel mercato primario corrispondono ad una
provvista di fondi per l’emittente; - funzione di pricing dei titoli negoziati e determinazione del rendimento
atteso per ogni titolo: in pratica il costo del capitale per l’emittente; - funzione di liquidità dei titoli: quindi
mercato secondario; - funzione di riduzione dei costi di transazione; - funzione di trasferimento del
controllo delle S.p.A. La struttura del mercato mobiliare è composta da: - soggetti (intermediari, gestori
dei circuiti di negoziazione, autorità di controllo); - strumenti; - procedure. 3. Il mercato monetario ed il
mercato dei cambi Il mercato monetario è rappresentato dall’insieme delle transazioni sui titoli a breve
scadenza. In una visione più ampia e visto sotto un’ottica funzionale, fa riferimento a specifiche esigenze
degli operatori. A tale mercato sono interessati operatori che hanno bisogno di temporanee operazioni di
investimento. Alcune caratteristiche delle transazioni sono: - breve, o brevissima, scadenza nominale; -
alta negoziabilità sul mercato secondario; - impersonalità dei rapporti tra emittenti e sottoscrittori delle
transazioni di mercato secondario. In Italia, nel breve, si rilevano particolarità nel rapporto
emittente/investitore nel mercato primario che inficiano il grado di impersonalità del rapporto e la
funzionalità del titolo come strumento di mercato monetario. 36
35. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Il mercato dei cambi è l’insieme
delle operazioni finalizzate a convertire la moneta di un paese in quella di un altro, per cui le transazioni
hanno come oggetto la disponibilità in valuta estera. Il trasferimento della valuta è di tipo contabile,
prevalentemente fatto via telefonica o informatica. Le operazioni di compravendita sono riconducibili a
quelle a pronti e a termine (future e option). Gli operatori si comportano diversamente da caso a caso: -
per alcuni la valuta estera è un veicolo per concludere iniziative di natura diversa
(importatori/esportatori); - altri esprimono aspettative sull’andamento futuro dei tassi di cambio e
agiscono di conseguenza (speculatori), tale attività si caratterizza per un elevato grado di rischio e per
poter essere redditizia richiede un impegno sistematico; - altri ancora sono definiti arbitraggisti, ossia
operatori che mirano ad inserirsi nelle imperfezioni del mercato per ottenere profitti unitariamente ridotti,
ma tendenzialmente certi (rischio genericamente ridotto). Il contatto tra i diversi operatori richiede
l’intervento di intermediari che, in qualità di broker o di dealer, agevolano la conclusione dell’accordo. Il
mercato dei cambi non è un mercato fisico, ha quindi natura globale e le negoziazioni presentano un
carattere di continuità nel tempo non comune agli altri mercati. Esistono 2 modelli strutturali di
transazioni: tra banca e operatori non bancari e tra banche e istituti finanziari in genere. Il sistema di
definizione del prezzo è detto double way (prezzo lettera-denaro). Le affinità tra mercato monetario e
mercato dei cambi sono il ruolo centrale delle banche ed il controllo della Bce. C(1+in) = C/S * (1+ie)F ↔
(1+in) = F/S * (1+ie) 4. Il mercato dei capitali Comprende transazioni finanziarie che alimentano
fabbisogni di investimento. Mercato azionario. L’insieme delle transazioni su titoli e azioni rappresentativi
del capitale sociale di S.p.A. e S.a.p.A. In Italia però le unità aziendali di questo tipo sono irrilevanti per il
mercato in senso stretto, in quanto sono poche le società quotate poiché gli assetti societari sono chiusi
ossia la proprietà è in mano all’imprenditore o è a carattere familiare. La borsa è il mercato di riferimento,
organizzato e regolamentato, delle società quotate ed ha come elementi: - l’assetto istituzionale e
proprietario: è importante il contesto giuridico entro cui il mercato è inserito, i meccanismi gestionali ed il
fatto che le borse sono soggette a disciplina pubblicistica e privatistico; - l’identificazione fisica del
mercato; - i requisiti di ammissione dei titoli: stabiliti dalle autorità di controllo per le società e per i titoli
azionari per accedere alla quotazione; i titoli azionari che compongono il capitale sociale devono essere
liberamente trasferibili, adeguatamente diffusi, avere una capitalizzazione di mercato prevedibile pari ad
almeno 5.16 ml di €; 37
36. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it - la standardizzazione dei contratti:
che rendono l’accordo tra le parti più rapido e agevole; - la presenza di intermediari ufficiali o di borsa:
che agevolano le transazioni; - la standardizzazione delle negoziazioni dei sistemi di fissazione del prezzo
e delle modalità di regolamento: nella borsa di Milano è stato adottato per lungo tempo il meccanismo
“asta a chiamata” (prevede che giornalmente e per ogni titolo quotato siano dedicati minuti in cui broker
con ordini di acquisto e vendita per quel titolo si confrontino verbalmente fino a determinarne il prezzo),
ultimamente, invece, la Borsa Italiana usa il meccanismo “asta continua” che prevede che il broker con
ordini di un cliente ricerchi in qualsiasi momento della giornata la controparte per concludere il contratto;
- le autorità di controllo. Mercato obbligazionario. È l’insieme delle transazioni sui titoli di natura creditizia
con durata superiore ai 18 mesi. In Italia le scadenze hanno durata che varia dai 3 ai 10 anni. Tale
mercato si compone di un: - mercato primario: questo ha un circuito emissione/sottoscrizione di titoli
obbligazionari rappresentato dai rapporti tra settori pubblici (Tesoro) e investitori individuali; nel passato
il collocamento era semplice e agevolato dalla natura dei soggetti coinvolti, oggi invece per l’emittente
(settore pubblico) sorge il problema di come attivare il contatto con il mercato dei sottoscrittori,
l’orientamento del Tesoro ha privilegiato: ~ la sistematicità e la regolarità nelle emissioni, ~ il
meccanismo dell’asta per procedere all’assegnazione dei titoli, ~ l’utilizzo delle banche come intermediari
nei confronti del pubblico, questa situazione si è evoluta grazie al risparmio istituzionale, ossia la delega
dei risparmiatori agli investitori istituzionali della gestione dei propri patrimoni; - mercato secondario:
identifica 2 segmenti di transazioni su titoli obbligazionari; in Italia la maggior parte delle obbligazioni in
circolazione è quotata in un circuito ad “asta continua” che riguarda da un lato i titoli di Stato e dall’altro
le obbligazioni private; queste sono transazioni “al dettaglio” alle quali si affiancano quelle “all’ingrosso”
che alimentano il mercato telematico sui titoli di Stato (Mts), di natura privatistico e un circuito “di
blocchi” che tratta le partite che non possono essere inserite nell’asta telematica. 5. Il mercato degli
strumenti derivati Questo mercato riguarda quegli strumenti il cui prezzo dipende sostanzialmente dalla
quotazione dell’Af sottostante, oltre che dalle aspettative circa l’andamento futuro di un insieme di
variabili finanziarie e non. Le modalità di negoziazione si distinguono in 2 classi: - mercati organizzati (o di
borsa): standardizzati e con modalità (a volte) diversificate, caratteristiche comuni e precise regole di
condotta; - mercato over the counter: caratterizzati per la mancanza di un luogo fisico per le negoziazioni,
per l’assenza di prezzi ufficiali, ecc. (ad es. swap). 38
37. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it I mercati dei future Nascono
dall’evoluzione dei mercati a termine per la negoziazione di contratti future sulle principali valute. Si
definiscono financial future quei contratti stipulati tra 2 controparti ad esecuzione differita di strumenti
finanziari. Tale mercato differisce da quello cash (come la Borsa) per l’impegno a compiere una
determinata transazione ad una data futura. I financial future si distinguono per la standardizzazione dei
loro principali elementi contrattuali: - le attività (o famiglia di Af) sottostanti al contratto future accettati
per la chiusura differita dell’operazione; - le caratteristiche dell’attività sottostante al contratto stesso; -
l’importo fisso di ogni contratto; - le date di scadenza (in genere trimestrali); - le modalità di regolamento
dei contratti (di solito di tipo differenziale); - i metodi di negoziazione: questi avvengono in borsa o con il
sistema alle grida o di incrocio automatizzato degli ordini; al termine di ogni giornata i contratti vengono
valutati al prezzo di chiusura e le variazioni rispetto ai prezzi di chiusura del giorno precedente sono
addebitate o accreditate ai margini di mantenimento delle posizioni; - i costi di entrate ed i margini di
mantenimento delle posizioni: a totale garanzia delle operazioni intraprese è predisposto un ulteriore
sistema di copertura che consiste nell’azione concomitante del “margine iniziale” (ovvero il deposito
iniziale) e il “margine di variazione” (ossia la risultante del continuo adeguamento del deposito iniziale a
seguito dei guadagni o delle perdite registrate alla fine di ogni giornata e causate dalle fluttuazioni dei
prezzi). Nel mercato dei future assume importanza l’istituto della Clearing House, ossia una società dotata
di alto grado di capitalizzazione e generalmente di proprietà dei membri della stessa che si interpone tra
gli scambisti al fine di eliminare il rischio che la controparte non onori l’impegno assunto. Tale istituto
assolve 2 funzioni principali: - garantire il buon fine di tutti i contratti future, - ridurre la complessità dei
rapporti negoziali che sovrappongono. Il mercato delle opzioni È caratterizzato dai seguenti elementi: -
l’Af sottostante, - il prezzo di esercizio dell’opzione (strike price), - la data di scadenza dell’opzione, - il
prezzo dell’opzione. Si sviluppa all’esterno dei mercati ufficiali e la successiva evoluzione è una risposta
alle carenza del mercato over the counter ed ha contribuito a ridurre i volumi di scambio sui mercati
primari, ecc. Mentre nei mercati dei future sia acquirenti che venditori versano iniziali depositi a garanzia,
in quelli delle opzioni solo i venditori dovranno sostenere un esborso al momento della stipulazione del
contratto. 39
38. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Il mercato degli swap sui tassi di
interesse e sulle valute Un contratto swap sui tassi d’interesse si basa sull’impegno delle 2 controparti al
pagamento reciproco degli interessi su un capitale nozionale; tale pagamento è determinato, nel caso più
semplice, parte in base al tasso fisso e parte in base ad un tasso variabile. Nel caso degli swap su valuta,
l’operazione comporta lo scambio sia di tassi d’interesse sia di capitale; questi contratti non sono oggetto
di negoziazioni sui mercati organizzati. La variabile che ha costituito il successo degli swap si individua
nella flessibilità e nella duttilità dello strumento che ha consentito di superare la rigidità e la non
economicità dei prodotti alternativi presenti sul mercato, risultando facilmente accessibile anche ad
operatori con esigenze specifiche. Con queste caratteristiche di alta personalizzazione del contratto, è
importante il ruolo degli intermediari, le cui funzioni sono: - ricerca della controparte; - gestione del
mismatching (come guida della contrattazione); - offerta della garanzia del buon fine dell’operazione: in
particolare per il rischio di credito in caso di inadempienza di una parte; - amministrazione del contratto.
Le funzioni svolte dal mercato degli strumenti derivati e gli effetti sul mercato a pronti Una prima analisi
per verificare quali siano le nuove opportunità offerte agli operatori, legate a future e option, e per
valutarne i vantaggi è fatta a livello microeconomico; in tale contesto questi strumenti consentono: - un
miglior investimento: dato che i derivati sono investimenti autonomi e originali; - una migliore gestione
dei rischi; - un completamento dei portafogli finanziari. A livello macroeconomico, l’analisi fa ritenere che
l’elemento di maggiore interesse dello sviluppo di tali mercati consiste nell’ampliare le combinazioni
rischio-rendimento offerte “completando” il mercato. La disponibilità di maggiori combinazioni facilita il
trasferimento dei titoli più rischiosi dagli operatori finanziari avversi al rischio ad altri operatori più
propensi e/o più preparati ad affrontarlo: - secondo alcuni modelli il riscorso a tali strumenti può
aumentare l’efficienza e la liquidità del mercato primario in quanto lo spread fornisce un utile punto di
riferimento per valutare l’opportunità e il costo relativo al mantenimento delle attività oggetto del
contratto; - secondo altri, invece, i mercati dei derivati esercitano un effetto destabilizzante sul mercato a
pronti in quanto contribuiscono a ridurre il volume degli scambi aumentandone la volatilità. 6. L’assetto
dei mercati mobiliari italiani In Italia i mercati mobiliari si dividono in 2 strutture societarie: la Borsa
Italiana S.p.a. (nata con la privatizzazione della Borsa nel ’98, è la società di gestione a cui fa capo
l’organizzazione e la gestione dei mercati regolamentati), Mts S.p.a. (vi fanno capo i mercati secondari
all’ingrosso sui titoli di Stato e sulle obbligazioni corporate). 40
39. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it I mercati azionari si articolano in 3
comparti: - Mercato Telematico Azionario (Mta): ovvero la Borsa dove sono stati quotati oltre alle azioni e
agli strumenti con contenuto azionario (ad es. obbligazioni convertibili) anche i certificati rappresentativi
di quote di fondi mobiliari e immobiliari chiusi; - Nuovo Mercato (Nm): dedicato alla quotazione e
negoziazione di titoli emessi da imprese di piccole e medie dimensioni, tale mercato appartiene al circuito
Euro; - Mercato Ristretto (Mr): di rilievo oramai marginale, era nato come tappa di avvicinamento per le
imprese quotate in Borsa. I mercati obbligazionari si articolano in diversi segmenti: - al dettaglio: il Mot
(Mercato Obbligazionario dei Titoli di Stato) rappresenta i titoli a reddito fisso di obbligazioni private e
titoli di Stato a cui recentemente, nell’ambito Ue, è stato affiancato un nuovo comparto di mercato
(Euromot) dedicato alle negoziazioni di Eurobonds, obbligazioni di emittenti esteri e di Asset Backed
Securities (obbligazioni emesse in cartolarizzazione); - all’ingrosso: Mts S.p.a. divisi in 3 segmenti: ~
quello storico che ha per oggetto gli scambi sui Titoli di Stato articolato nei comparti cash, pronti contro
termine e strips (negoziazioni separate dalle cedole e dl valore capitale); funziona con la formula del
market making, ossia con la presenza di intermediari che quotano su base continuativa i titoli e
forniscono un segnale di prezzo a tutti gli altri, ~ quello delle negoziazioni all’ingrosso su obbligazioni non
governative ed estere (Mts Corporate), nato alla fine del 1999 con una struttura di market making, ~
quello denominato Euromots, avviato da una società di diritto inglese in cui Mts S.p.a. partecipa al 75%, è
un mercato deidcato ai titoli di Stato, benchmark dei principali Paesi dell’euro, - i mercati derivati: l’Idem
(Italian Derivatives Market): è il mercato degli strumenti derivati su titoli azionari e indici di borsa; nasce
nel ’94 con le negoziazioni di future (Fib30) sull’indice Mib30, ossia l’indice rappresentativo dei corsi dei
30 titoli azionari con più alta capitalizzazione; sono stati poi introdotti quelli dei contratti d’opzione; - il
mercato dei contratti a premio (Mpr): tali contratti danno al compratore la facoltà di consegnare e/o
ritirare entro un dato termine (giorno di risposta premi) la quantità di strumenti finanziari oggetto del
contratto ad un prezzo prefissato (prezzo d’esercizio), il compratore dovrà poi pagare un premio. 7.
L’efficienza dei mercati finanziari Efficienza allocativa: il mercato finanziario ha la funzione di garantire
un’efficiente allocazione delle risorse disponibili che devono essere distribuite fra le unità richiedenti in
base a priorità ordinate secondo i rendimenti attesi dagli impieghi possibili, è necessario quindi che la
produttività marginale del capitale sia la stessa per tutte le forme di impiego selezionate; affinché si
concretizzi tale ipotesi di efficienza è necessario che: - ogni investitore agisca razionalmente per
massimizzare la propria funzione di utilità, - tutti i soggetti in cerca di fondi provino a dotarsi di una
struttura finanziaria ottimale. 41
40. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Le condizioni indispensabili per un
mercato efficiente si individuano nella necessità che tutti gli attori del mercato siano adeguatamente
informati sulle opportunità disponibili e nell’esigenza che le norme comportamentali si orientino verso la
massimizzazione. Efficienza informativa: è un principio strumentale e condizione irrinunciabile affinché le
risorse disponibili siano distribuite in modo ottimale. Un mercato può dirsi efficiente sotto il profilo
informativo se i prezzi riflettono costantemente tutta l’informazione disponibile e se gli operatori agiscono
razionalmente in modo da massimizzare la propria finzione di utilità. Ci sono 3 stati di efficienza
informativa: - efficienza debole: quando le attese di rendimento degli investitori e, di riflesso, i prezzi
incorporano tutte le informazioni di tipo storico che non consentano di trarre benefici economici; -
efficienza semi-forte: presuppone che le aspettative degli investitori sui rendimenti e sui prezzi futuri si
fondino sull’informativa di dominio pubblico, pertanto l’effetto “annuncio” di eventi straordinari risulterà
pressoché nullo (tale ipotesi comunque non può essere vera, o quantomeno non è mai stata testata
direttamente); - efficienza forte: parte dal presupposto che i prezzi incorporino tutta l’informativa
proponibile (pubblica e privata, storico e prospettica) e porta a negare la possibilità di anticipare il
mercato, quindi di effettuare negoziazioni che comportino vantaggi economici (ciò è più ideale che reale,
in quanto, nonostante le regole di trasparenza, permangono informazioni private sfruttabili a proprio
vantaggio dagli insider trader). Efficienza operativa: si rifà a condizioni di efficienza tecnica a livello
microeconomico, con cui ci si riferisce alla necessità che gli intermediari (o investitori finali nel caso di
scambio diretto) razionalizzino la struttura dei propri costi per limitare i costi di transazione, e a condizioni
di efficienza funzionale a livello di mercato, cioè tutte quelle atte ad agevolare l’incontro tra domanda ed
offerta e finalizzate ad accrescere, di riflesso, la significatività del sistema dei prezzi e la sua attitudine a
informare rapidamente e in modo efficiente gli operatori interessati; in tale prospettiva, la performance
del mercato può essere osservata congiuntamente attraverso 3 parametri: - lo spessore: dipende
dall’esistenza di ordini di acquisto o vendita basati su prezzi sia superiori che inferiori a quelli correnti, i
modo da impedire variazioni violente dei corsi rispetto ai prezzi di mercato; - l’ampiezza: è funzione della
consistenza del volume di ordini da eseguire per ogni possibile livello di prezzo; - l’elasticità: dipende
invece dalla tempestività con cui il mercato reagisce a segnali impliciti nelle variazioni di prezzo. 42
41. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Capitolo 6 I PROCESSI DI
INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA 1. Elementi per una teoria dell’intermediazione finanziaria
L’organizzazione degli scambi nel sistema finanziario Le modalità di scambio si realizzano secondo 3
tipologie: - scambio diretto e autonomo: datori e prenditori di fondi di risorse finanziarie scambiano senza
ricorso ad alcun intermediario; - scambio diretto e assistito (definito “intermediazione mobiliare”): attori di
domanda ed offerta sono controparte diretta ma non negoziano autonomamente perché assistiti
dall’intermediario che svolge un ruolo sostanziale di ricerca e selezione della controparte per uno degli
scambisti (giuridicamente l’intermediario agisce in nome e per conto del cliente); - scambio indiretto o
intermediato (definito “intermediazione creditizia”): gli attori non divengono controparti dirette della
negoziazione, ma l’intermediario assume il ruolo di scambista intermedio (l’intermediario sottoscrive in
proprio gli effetti giuridico- economici dei contratti, di solito 2, posti in essere per realizzare il
trasferimento). I caratteri dello scambio finanziario Lo scambio finanziario è costituito da prestazioni
monetarie di segno opposto e distanziate nel tempo: il datore di risorse effettua una prestazione attuale
in contropartita di una futura del prenditore. L’estensione temporale comporta un diverso grado di
incertezza tra le 2 prestazioni: infatti quella del datore è comunque certa una volta effettuata, mentre
quella del prenditore risulta aleatoria perché subordinata all’incertezza del suo comportamento.
L’incertezza della prestazione differita però può essere in parte interna al contratto stesso se ci sono
clausole che rendano variabile la prestazione (obbligazione indicizzata) o che consentano discrezionalità
(titolo azionario). Essendo l’incertezza dello scambio finanziario asimmetrica, l’informazione svolge un
ruolo fondamentale nella formazione delle decisioni relative agli scambi finanziari. Fattori di imperfezione
del mercato finanziario Si ha situazione di incompletezza e imperfezione del mercato quando la ricerca di
opportunità di scambio non abbia esito positivo. Sono 4 i principali fattori. 1. L’asimmetria informativa ed
il comportamento opportunistico: la prima si ha quando l’informazione in merito all’esito prevedibile è
limitata o incompleta, ciò riguarda principalmente l’investitore che ha difficoltà ad entrare in possesso di
informazioni sul rischio; l’investitore inoltre subisce il rischio di comportamento opportunistico della
controparte che è in grado di sfruttare la propria condizione di superiorità informativa. In genere si parla
di asimmetria informativa ex-ante e comportamento opportunistico pre-contrattuale, ma l’asimmetria può
essere anche ex-post (dopo la stipula del contratto) in quanto il processo informativo del datore di risorse
è più subordinato alla discrezionalità ed al comportamento opportunistico post- contrattuale della
controparte. Tali fattori conducono l’investitore potenziale a 43
42. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it preferire di astenersi dallo scambio
e, potrebbero per motivi diversi, indurre anche il prenditore di fondi ad astenersi (tale fenomeno è detto
processo di selezione inverso). 2. La divergenza delle preferenze degli scambisti: le preferenze degli attori
nella formazione delle decisioni di scambio riflettono le propensioni dei soggetti al rischio e alla liquidità
anche se tra loro interdipendenti, solo se le propensioni convergono è possibile attuare lo scambio. 3. La
razionalità limitata: è un concetto che indica come il processo decisionale non sia esclusivamente
razionale, ma dipenda anche dalla combinazione di svariati fattori (come il grado di intelligenza, le
informazioni possedute, la cultura, ecc.) che contribuiscono a condizionare l’efficienza delle scelte di
scambio e quindi del funzionamento del mercato. 4. I costi di transazione: compongono l’insieme degli
oneri che il soggetto sostiene per effettuare e gestire lo scambio; per gli investitori i principali riguardano
la ricerca delle opportunità di scambio, l’acquisizione delle informazioni (di selezione delle opportunità, di
valutazione dei rischi ecc.). Modalità organizzative dei mercati mobiliari e riduzione dei fattori di
imperfezione e incompletezza Esistono forze che in qualche modo neutralizzano i fattori di imperfezione
del mercato, consentendo a quest’ultimo di sviluppare livelli di efficienza sempre più elevati. I fattori di
stabilizzazione e di sviluppo dei circuiti di scambio diretto sono: - l’organizzazione del mercato
contribuisce a ridurre l’asimmetria informativa, aumentando l’informazione per il contraente svantaggiato
(tipico nei mercati regolamentati), inoltre è importante la presenza di agenzia di rating e i servizi di analisi
finanziaria (maggiore informazione e regolamentazione tendono a ridurre comportamenti opportunistici);
a prescindere dalla regolamentazione, però, esiste una logica fiduciaria intrinseca allo scambio che
contribuisce ad una spontanea auto-limitazione dei comportamenti opportunistici in quanto le relazioni di
scambio continuative e durature portano l’emittente di passività ad avere interesse a mantenere e
consolidare la “buona reputazione”; - il graduale perfezionamento della diversificazione/specializzazione
degli strumenti finanziari ha ridotto la divergenza delle preferenza degli scambisti; - la crescente
efficienza dei mercati secondari si manifesta nella formazione dei prezzi che diventano più attendibili e
rappresentativi del valore intrinseco dei titoli negoziati, da ciò ne consegue che la condizione di
razionalità limitata degli investitori produce meno effetto discriminante sull’accesso al mercato; - al
generale miglioramento dell’efficienza dei mercati corrisponde un progressivo e notevole abbassamento
dei costi di transazione, in particolare: accentramento delle negoziazioni, sviluppo di funzioni di market
making, ecc. Mercati imperfetti e intermediari finanziari Un maggior contributo alla riduzione dei fattori di
imperfezione è dato dalla presenza degli intermediari finanziari: - con riferimento all’asimmetria
informativa: gli intermediari finanziari producono informazioni sia come input che come output: il primo
caso si identifica con l’intermediario creditizio che si interpone tra prenditori finali e datori, colmando il 44
43. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it gap informativo esistente
attraverso la gestione delle informazioni e dell’attività finanziari; il secondo è rappresentato dalle agenzie
di rating che offrono in modo oneroso un servizio continuativo di valutazione della solvibilità dei soggetti
emittenti, le società di rating non possono considerarsi intermediari finanziari in senso proprio dato che
non intervengono nel trasferimento di fondi; - con riferimento alla divergenza delle preferenze fra i
soggetti: gli intermediari creditizi svolgono una funzione di trasformazione delle scadenze negoziando
contemporaneamente con i prenditori ed i datori di fondi, soddisfacendo quindi bisogni di finanziamento a
scadenza non breve e bisogni di investimento caratterizzati da una prevalente propensione per la
liquidità; inoltre la divergenza fra il livello di rischio proposto dal prenditore e di quello mediamente
inferiore accettato dall’investitore trova soluzione nella capacità dell’intermediario di valutare,
selezionare, comporre e controllare le opportunità di investimento, a tal fine sono applicati modelli e
tecniche di collettivizzazione del rischio (risk pooling) che consentono di realizzare “strutture di
portafoglio” il cui profilo rendimento-rischio risulta migliore dei singoli investimenti; - con riferimento ai
costi di transazione: l’intermediario li riduce attraverso l’organizzazione di combinazioni produttive di tipo
industriale, con criteri di elevata professionalità ed efficienza operativa. Mercati ed intermediari:
concorrenza e complementarietà I sistemi finanziari possono avere un orientamento al mercato o un
orientamento agli intermediari. L’attuale tendenza evidenzia la progressiva sostituzione degli scambi
diretti (tipici dell’orientamento al mercato) con quelli dello scambio intermediato (orientamento agli
intermediari). Esiste però tra mercati ed intermediari un rapporto di concorrenza e complementarietà: in
merito alla concorrenza, la teoria economica prevede che il perfezionamento del mercato elimini i motivi
di esistenza degli intermediari in quanto da solo sarebbe in grado di ridurre i fattori di imperfezione;
riguardo alla complementarietà, invece, la realtà conferma la tesi che il perfezionamento del mercato è
dovuto principalmente all’attività svolta degli intermediari. 2. La domanda di prodotti e servizi finanziari e
assicurativi Ogni soggetto ha la necessità di realizzare una gestione finanziaria finalizzata a conseguire e
mantenere nel tempo l’equilibrio finanziario in condizioni di economicità. La gestione finanziaria è
subordinata ad un fondamentale criterio di valutazione che riguarda sia l’efficacia (ossia l’idoneità a
conseguire l’obiettivo di equilibrio) sia l’efficienza (la capacità di realizzare le condizioni di rendimento-
rischio o costo-rischio corrispondenti alle aspettative e alle propensioni del soggetto considerato). La
gestione finanziaria rappresenta il contesto in cui si origina la domanda di prodotti e servizi finanziari e
assicurativi. Nell’economia di scambio (di regime monetario) della famiglia e dell’impresa è
strutturalmente presente un bisogno di regolamento monetario cui corrisponde logicamente la funzione
degli strumenti di pagamento e dei servizi connessi. È qui che nasce la domanda di strumenti finanziari la
cui diversificazione e specializzazione dipende da profili di: - efficacia: modalità di esecuzione del
trasferimento; 45
44. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it - efficienza e convenienza:
riguardano il costo degli strumenti e dei servizi di regolamento monetario; - sicurezza: riguarda l’esatta
identificazione del destinatario e quindi l’assenza di rischio. Domanda di strumenti e servizi finanziari per
il trasferimento di risorse finanziarie nel tempo Una seconda area importante della gestione finanziaria è
quella relativa ai bisogni di trasferimento inter-temporale delle risorse finanziarie. Tali bisogni hanno
duplice natura: 1. di investimento: ossia di impiego delle risorse in eccedenza; 2. di finanziamento: ossia
della necessità di disporre in via anticipata di risorse finanziarie. Domanda di strumenti di gestione dei
rischi finanziari e assicurativi Tale area si occupa della gestione del rischio, sia nel senso di immunizzare
la situazione finanziaria dai vari rischi cui è esposta (ad es. hedging e matching), sia nell’altro senso più
generale di controllarne i profitti di rendimento-rischio o costo-rischio eventualmente assumendo anche
posizioni speculative: - rischi finanziari o speculativi: hanno la caratteristica fondamentale di poter avere
sia manifestazioni negative (perdite) sia positive (guadagni) per un soggetto (ad es. tassi di interesse e di
cambio); tali rischi possono essere neutralizzati con la combinazione o associazione di operazioni
reciprocamente compensative; - rischio puro: ha una manifestazione esclusivamente negativa poiché il
suo accadimento determina un danno solo a carico del soggetto interessato (come furto, deperimento…),
la copertura di tale rischio richiede l’utilizzo di tecniche assicurative che si avvalgono di criteri di pooling.
Domanda di servizi di consulenza Una quarta area della gestione finanziaria riguarda l’esigenza di
acquisire gli elementi necessari per conoscere, valutare e selezionare le opportunità finanziarie delle
prime 3 aree. Tale domanda trova origine dal condizionamento del soggetto per 3 circostanze negative:
informazione insufficiente, livello di costi di transazione e razionalità limitata. Unitarietà della gestione
finanziaria La gestione finanziaria è essenzialmente, per quanto complessa, una realtà unitaria e la
struttura dei bisogni del singolo soggetto riflette necessariamente gli stessi caratteri di unitarietà.
Conseguenza è che i diversi segmenti della domanda di strumenti e servizi finanziari sono collegati da
relazioni di complementarietà e interdipendenza. Gestione finanziaria e ciclo di vita della famiglia Con
riferimento alla famiglia, risulta importante il concetto di reddito permanente o normale che rappresenta
l’allocazione desiderata delle risorse nel tempo, misurata dalla durata del ciclo di vita della famiglia.
Pertanto il risparmio finanziario ha la funzione di adattare il reddito corrente al reddito permanente. Le
scelte di allocazione delle risorse nel tempo sono determinate sia dall’attribuzione di priorità ai bisogni di
ogni periodo, sia dai livelli di preferenze nel tempo di colui che decide. 46
45. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it La situazione finanziaria del ciclo di
vita delle famiglie, riferita ad un periodo di tempo, deve considerare: la produzione di reddito (Y) del
soggetto in grado di finanziarie le spese per consumi (C), per investimenti reali (ΔAr) e finanziari (ΔAf)
eventualmente ricorrendo all’indebitamento (ΔP). Le diverse fasi del ciclo di vita della famiglia ideale
sono: 1. inizio (o impianto): basso livello di redditi, consumi compressi e flusso di risparmio
conseguentemente limitato, l’indebitamento è in genere contenuto per l’incertezza dei flussi futuri di
reddito e di risparmio che condizionano la futura capacità di rimborso; 2. sviluppo: cresce il livello del
reddito seguito dall’espansione dei consumi e dalle spese per l’acquisto di beni durevoli, spesso con il
ricorso all’indebitamento; 3. maturità: il flusso di redditi cresce (a tassi decrescenti) per poi stabilizzarsi,
così anche per i consumi che tendono poi a diminuire, il risparmio disponibile trova destinazione prima nel
rimborso dell’indebitamento assunto e poi nell’accumulazione di attività finanziarie; 4. declino: il livello
dei consumi decresce ed è finanziato sia dalla rendita pensionistica che da quella finanziaria. Gestione
finanziaria e ciclo di vita dell’impresa La finanza di impresa è in genere caratterizzata dalla circostanza
che i flussi di cassa in uscita precedono per un periodo di tempo i flussi in entrata, se si assume che
l’impresa regoli i propri scambi a vista; quindi l’impresa deve mantenere stabilmente, da un lato, una
determinata disponibilità di capitale e, dall’altro, una definita struttura di investimenti che corrispondono
alle combinazioni economiche e produttive attuate. Il ciclo finanziario dell’impresa può essere più
realisticamente rappresentato attraverso: Ci t - l’intensità di capitale ( ): considerando Cit il capitale
investito e Vt le vendite Vt (entrambi al tempo t), indica la quantità di capitale che l’impresa deve
mantenere investito per realizzare un dato volume di vendite, in condizione di pieno utilizzo della capacità
produttiva installata; Vt − Vt -1 - il tasso di sviluppo delle vendite ( Tsv t = ): indica la variazione del
fatturato nel Vt -1 periodo considerato; Fr - la quantità di risorse finanziarie generate internamente ( ):
indicando con Fr le quantità Vt incrementali di risorse finanziarie, esprime la capacità di
autofinanziamento dell’impresa rispetto alle vendite. Mettendo in relazione questi fattori si può
rappresentare l’equilibrio finanziario dell’impresa, identificando queste situazioni: Ci Frt -1 - Tsv t ⋅ = :
equilibrio dinamico dell’impresa secondo cui, data una certa intensità di V Vt -1 capitale, le risorse assorbite dalla crescita delle
vendite corrispondono a quelle generate dal flusso del periodo precedente e quindi che l’impresa è in grado di coprire
dall’interno il proprio fabbisogno fisiologico di capitale; 47
46. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Ci Frt -1 - Tsv t ⋅ > : in questo caso si
genera un fabbisogno finanziario esterno derivante dal V Vt -1 fatto che le risorse reinvestibili generate nel
periodo precedente non sono sufficienti a coprire il fabbisogno complessivo di risorse; Ci Frt -1 - Tsv t ⋅ < :
si genera eccedenza di cassa (liquidità) in quanto il flusso netto di cassa V Vt -1 del periodo precedente ha generato
risorse reinvestibili in misura eccedente rispetto all’intensità di capitale. Per rappresentare la strategia di
un’impresa è usato il modello del “ciclo di vita”, associabile a quello del prodotto. Tale modello è
rappresentato tipicamente da una curva ad “S” che pone in relazione il fatturato dell’impresa ed il tempo,
evidenziando 3 fasi: 1. introduzione: il fatturato cresce rapidamente, l’intensità di capitale dell’impresa è
inizialmente molto elevato (sia per l’installazione della capacità produttiva in principio sovradimensionata,
sia per l’elevata dimensione complessiva dell’investimento), il margine lordo di autofinanziamento è in
genere piuttosto contenuto; in conclusione si genera una condizione di disavanzo, in cui l’impresa ha la
necessità di disporre di risorse finanziarie superiori a quelle generabili internamente; 2. crescita: il tasso
di sviluppo del fatturato in genere cresce fino ad un valore massimo, idealmente rappresentato dal punto
di flesso della curva ad “S”, successivamente esso si stabilizza per tempi più o meno lunghi ed infine
comincia a diminuire; parallelamente l’intensità del capitale mantiene inizialmente valori elevati dato che
l’aumento delle vendite determina lo sviluppo della capacità produttiva e l’espansione degli investimenti
in capitale fisso procede rapidamente; la capacità di autofinanziamento lordo tende a stabilizzarsi su
valori medi superiori alla fase precedente e poi ad aumentare ulteriormente nella parte avanzata della
stessa fase (per l’aumento del vantaggio competitivo e per la diminuzione dell’incidenza
dell’ammortamento degli impianti); tutte queste condizioni portano l’impresa ad un punto di equilibrio
finanziario (break-even point); 3. maturità: il tasso di sviluppo del fatturato assume valori
progressivamente minori fino ad annullarsi, l’intensità di capitale presenta una marcata diminuzione
dovuta al raggiungimento del livello massimo di investimento in capacità produttiva, conseguenzialmente
la capacità lorda di autofinanziamento aumenta ma genera liquidità dato che non è reinvestita. 3. Le
attività degli intermediari finanziari La distinzione è principalmente basata su 5 caratteristiche. I prodotti e
i processi per i pagamenti, gli investimenti, i finanziamenti e la gestione del rischi Le attività si riferiscono
all’output che soddisfano i bisogni finanziari dei diversi attori, distinguendosi: - prodotti caratteristici: si
classificano in base alle funzioni d’uso dei prodotti stessi in strumenti e servizi destinati: ~ a soddisfare
bisogni di trasferimento del potere d’acquisto nello spazio, legati alla necessità di eseguire e ricevere
pagamenti (tramite bancomat o assegni), 48
47. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it ~ a soddisfare bisogni di
investimento legati alle decisioni di accumulare ricchezza finanziaria e di trasferire risorse finanziarie a
temi futuri (passività nominali (come depositi a risparmio e c/c) e di mercato (ad es. quote di fondi,
prodotte da intermediari finanziari), ~ a soddisfare bisogni di finanziamento legati alla necessità dei
soggetti richiedenti di anticipare nel tempo la disponibilità di potere di acquisto in forza di un’obbligazione
e di una effettiva capacità di rimborso a scadenza futura (ad es. prestiti di moneta e di titoli di firma,
servizi di investiment banking), ~ a rendere più efficiente la gestione dei rischi che caratterizzano la
gestione finanziaria (attivo e passivo) e assicurativa del cliente, gli intermediari producono e offrono
servizi e contropartite contrattuali idonee a gestire i primi, sia con finalità di copertura (hedging) sia con
intenti speculativi (contratti a termine e future); - processi caratteristici: ~ produttivi: riguardano tutte le
attività finalizzate ad ottenere i diversi prodotti caratteristici, ~ distributivi: finalizzati alla prestazione e
collocazione dei prodotti possono essere separati in quelli all’ingrosso (altri intermediari) ed in quelli al
dettaglio (utenti finali come imprese e famiglie). Da tali considerazioni, si comprende il perché la banca
sia divisa in filiali, ciascuna delle quali è organizzata per eseguire processi produttivi e funzioni
distributive, rendendo accessibili i servizi alla clientela. In alternativa l’intermediario può usare altri canali
o veicoli: il più importante è il promotore finanziario, ossia un agente dotato di un’organizzazione leggera
che distribuisce prodotti finanziari (in particolare quelli di investimento e assicurazione); in prospettiva poi
c’è la possibilità di utilizzare il collegamento telematico interattivo fra cliente e banca, contribuendo a
completare la smaterializzazione dei processi distributivi e ad annullare il fattore distanza. La
segmentazione dei destinatari Private banking: identifica l’insieme dei prodotti e servizi offerti per il
soddisfacimento dei bisogni emergenti dalla gestione finanziaria della clientela “privati” (singoli o a
gruppi) appartenenti a categorie di reddito e/o ricchezza finanziaria superiore alla media, il contenuto del
servizio offerto è elevato e l’offerta è personalizzata; tale segmento presuppone una modalità di scambio
relazionale (relationship banking) cioè di un esercizio dell’attività bancaria basata su una relazione forte,
duratura e multifunzionale con il cliente Corporate banking: logica simile al precedente, con la differenza
di riferirsi alla clientela di imprese di non piccole dimensioni e dotate di forma societaria; infatti
costituisce un’area d’affari molto complessa in cui l’offerta dell’intermediario aggrega continuamente e
con mutevole composizione prodotti elementari per consentire un’efficiente ed efficace gestione della
finanza ordinaria e straordinaria dell’impresa (anche in questo caso si applica il concetto di relationship
banking); Retail banking: si riferisce ad un modello di attività bancaria, o di intermediazione finanziaria,
che fa riferimento alla distribuzione al dettaglio del prodotto-servizio finanziario ai segmenti di clientela
minori non distinti per funzione economica, ma per modalità di scambio, ad un’offerta focalizzata
all’efficienza delle transazioni elementari di 49
48. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it prodotti-servizi standardizzati,
comportando una mancanza di personalizzazione dell’offerta; pertanto, l’intermediario sviluppa una
modalità competitiva che focalizza l’offerta al segmento considerato in base all’omogeneità dei bisogni
ovvero standardizzando il primo nel secondo; al retail banking si lega il concetto di transaction banking in
contrapposizione al relationship banking e si contrappone quella di wholesale banking (attività bancaria
all’ingrosso con cui si identifica la fornitura di prodotti-servizi alla clientela di grandi dimensioni e di
volumi elevati). L’esistenza e l’estensione della delega conferita dal cliente Le attività di intermediazione
possono essere classificate in 3 categorie: - negoziazione in proprio: l’intermediario si pone come
controparte diretta del cliente negoziando in proprio nome e conto lo scambio che ha per oggetto il
trasferimento temporaneo o definitivo della proprietà di un bene; gli scambi riguardano tutte le attività di
finanziamento e di raccolta e trovano iscrizione nell’attivo e nel passivo dello stato patrimoniale
dell’intermediario, ne consegue che la negoziazione in proprio comporta l’assunzione del rischio; -
negoziazione delegata: l’intermediario svolge in nome e per conto del cliente tutte le attività di scambio,
per sua delega o mandato, si deve distinguere tra: ~ l’esecuzione di ordini conferiti al cliente: il mandato
contiene una delega limitata caratterizzata dal fatto di non lasciare all’intermediario una significativa
autonomia decisionale (ordini di pagamento/incasso), ~ attività svolta in nome e per conto del cliente: il
mandato ha contenuto più o meno ampio di delega decisionale, il cui esercizio può modificare il rischio in
capo al cliente (contratto di gestione patrimoniale individuale); in pratica l’intermediario non esegue
soltanto ma decide in funzione del cliente; - servizi di consulenza e di assistenza alle decisioni finanziarie:
l’elemento distintivo essenziale rispetto al precedente consiste nel fatto che la decisione finanziaria è
assunta dal cliente in base a informazioni, conoscenze e valutazioni fornite dall’intermediario; questo tipo
di attività integrano l’offerta di servizi dell’intermediario, assumendo una funzione strumentale e di
sostegno alle attività di negoziazione con un basso contenuto di delega decisionale. Le principali
differenze tra i primi 2 tipi di negoziazione sono: - diversa intensità del rischio assunto dall’intermediario
(maggiore nel I caso); - diversa focalizzazione del cliente (maggiore nel II caso); - diversa evidenza
contabile (nel I caso si evidenzia nello SP, nel II nel conto d’ordine “beni di terzi”). I tipi di strumenti
finanziari utilizzati Intermediazione creditizia: comprende qualsiasi attività di scambio che impieghi
strumenti finanziari non trasferibili prodotti dall’intermediario per lo scambio (prestiti e depositi).
Intermediazione mobiliare: è formata dalle attività di scambio il cui oggetto sono strumenti finanziari di
tipo mobiliare, trasferibili, standardizzati e messi da imprese, amministrazioni pubbliche e intermediari
finanziari con lo scopo di finanziamento nel circuito diretto. 50
49. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Intermediazione assicurativa: si
basa sull’emissione di strumenti finanziari che hanno per oggetto i trasferimento dei rischi puri dagli
assicurati alle imprese di assicurazione. Gli effetti e le funzioni dei processi di intermediazione L’attività
d’intermediazione consiste in: - produzione di informazioni; - servizi di brokeraggio (ricerca e selezione
della controparte); - trasformazione delle scadenze e produzione di liquidità; - trasformazione dei rischi.
Capitolo 7 TIPI PRINCIPALI DI INTERMEDIARI FINANZIARI IN ITALIA 51
50. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it 1. Le banche Queste svolgono
istituzionalmente, sistematicamente e congiuntamente un’attività di: - raccolta del risparmio tra il
pubblico, - concessione del credito. In Italia, fino alla riforma del ’93, il sistema bancario si basava sul
principio di specializzazione funzionale e di durata. Le banche di deposito si concentravano su brevi
scadenze, mentre le operazioni creditizie a m./l. termine erano riservate generalmente agli istituti di
credito. Con la riforma si è unificata la categorie delle “banche”. Gli elementi distintivi della banca
riguardano: - lo svolgimento della funzione monetaria che presuppone la fiducia del pubblico e la
presenza di procedure operative e di strutture tecno-logiche che rendano sicuro ed efficiente l’uso di
moneta bancaria; - lo svolgimento della funzione di trasferimento delle risorse finanziarie tra unità finali in
surplus ed in deficit; - l’attuazione della funzione di trasformazione del rischio: dal lato del Passivo c’è la
diversificazione delle posizioni con la logica dei “grandi numeri”, dal lato dell’Attivo si verifica un analogo
vantaggio di diversificazione che rende accettabile il rischio di singoli prestiti ad elevata incertezza; - lo
svolgimento della funzione di selezione ex-ante e controllo ex-post. La banca svolge inoltre funzioni di
retail banking con processi produttivi industrializzati e standardizzati, ma, nel presente ed in prospettiva,
tendono ad orientarsi maggiormente alle attività di private e corporate banking, viso l’alto grado di
relationship e di performance. Lo stato patrimoniale Le ripartizioni delle attività e delle passività vengono
elencate secondo criteri di liquidità e di esigibilità crescenti: - attività: fruttifere (ad es. i crediti v/banche),
non fruttifere (come azioni o partecipazioni con dividendi) e non finanziarie (ad es. immobilizzazioni); -
passività: onerose (come debiti v/fornitori), non onerose (ad es. fondi e TFR), non finanziarie (come
capitale netto). L’Attivo finanziario è composto da investimenti sui fondi raccolti, come capitale proprio e
di debito, e comprendono: riserve, prestiti in € e in valuta, titoli e conti interbancari. Gli impieghi a
residenti sono l’espressione più caratteristica dell’intermediazione creditizia con strumenti finanziari non
trasferibili. Gli investimenti in titoli evidenziano le relazioni strutturali con il mercato mobiliare ed hanno
sia fini di liquidità che di reddito. Le operazioni “pronti contro termine” sono investimenti temporanei di
valori mobiliari. Le azioni e le partecipazioni, invece, comprendono sia quote di minoranza di altre imprese
(come il finanziamento) sia le quote di controllo nelle società del gruppo bancario. I rapporti interbancari
sono costituiti dai saldi attivi dei conti con altre istituzioni finanziarie con vari scopi (ad es. lo scambio di
servizi) e con componenti non finanziarie (con oggetto attività materiali ed immateriali). Il Passivo è
composto dalle attività di acquisizione di fondi a titolo di indebitamento e comprende i depositi e le
obbligazioni. Altra raccolta si ha con: le operazioni pronti contro termine (vendita temporanea di titoli con
accordo di riacquisto), i rapporti 52
51. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it interbancari (saldi negativi), la
provvista sull’estero (acquisto di risorse in valuta estera). Infine, fuori bilancio, nei conti d’ordine
“garanzie e impegni” ci sono le attività di negoziazione delegata in nome e per conto di terzi, di custodia
e amministrazione valori, di negoziazioni in proprio, di operazioni con effetto futuro. Oltre alle attività e
alle passività, le banche negoziano un’ampia varietà di “operazioni fuori bilancio” che figurano in genere
nello SP. Si distinguono 4 tipi principali: - garanzie personali e reali rilasciate dalla banca, - impegni a
erogare fondi, - compravendite non ancora regolate (a pronti o a termine) di titoli e valute, - contratti
derivati su titoli, valute, tassi d’interesse, indici di borsa. Il conto economico È rappresentato in forma
scalare, ponendo in rilevanza il margine di intermediazione che rappresenta il margine lordo industriale
dell’intermediazione finanziaria. A monte si collocano costi/ricavi tipici, mentre a valle i costi operativi, le
rettifiche, gli accantonamenti e le imposte. Si evidenzia poi il margine di interesse che costituisce il
margine caratteristico formato dalle attività di negoziazione in proprio (ricavi finanziari e interessi attivi,
costi finanziari e interessi passivi) derivanti dall’intermediazione creditizia. Infine, gli altri ricavi netti
(formati anche dalla differenza tra commissioni e provvigioni, attive e passive) costituiscono una sorta di
margine provvigionale che potrebbe riguardare la negoziazione delegata legata all’intermediazione
mobiliare. La nota integrativa È la parte del bilancio più ricca di informazioni ed è suddivisa in 4 parti: -
conto economico, - stato patrimoniale (consente di ottenere informazioni rilevanti per apprezzare la
situazione dei rischi sopportati dalla banca), - criteri di valutazione, delle rettifiche e degli
accantonamento di materia fiscale, - informazioni inerenti i compensi corrisposti agli amministratori ed ai
sindaci. 2. Le banche e l’investment banking Con il termine investment banking si indicano diversi tipi di
attività finanziarie che hanno in comune la specificità di offrire strumenti e servizi destinati alla gestione
finanziaria dell’impresa, della famiglia e della clientela istituzionale. A tale nozione si contrappone quella
di commercial bank: con l’investment banking si identifica l’intermediario finanziario che svolge un’ampia
gamma di attività ad alta personalizzazione senza una struttura dotata di una rete operativa territoriale
capillare, con commercial bank si individua l’intermediario con prevalente attività di intermediazione
creditizia dotato di una estesa rete operativa territoriale e con ampi volumi di attività al dettaglio. Per
merchant banking si intende l’attività specialistica di acquisizione temporanea di partecipazioni azionarie
nel capitale di rischio di imprese non finanziarie e ad altre attività strettamente connesse. 53
52. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it In Italia, il sistema finanziario si è
fortemente sviluppato sotto il profilo di intermediazione creditizia, lasciando indietro attività di investment
banking che non hanno avuto riconoscimento istituzionale e normativo, che si è avuto solo a seguito della
riforma con specifico riguardo per: - le banche: abilitate a svolgere direttamente attività di merchant
banking; - le Sim: abilitate a loro volta a fare attività di collocamento a favore di clienti emittenti, altri
intermediari, ecc.; - altri intermediari: possono questi svolgere servizi di assunzione di partecipazioni di
cash management, di intermediazione su cambi, ecc. Esistono numerose aree d’affari delle attività legate
all’investment banking, ciascuna caratterizzata per competenza, clienti e mercati anche molto differenti.
Le istituzioni possono optare per una strategia di specializzazione (operando solo su una) o per una di
diversificazione (operando ad ampio spettro) tipica delle grandi investment banks. Le attività si
distinguono in 4 macro-aree: - attività creditizia: le investment banks partecipano all’attività creditizia sia
come organizzatori di operazioni finanziate da altri soggetti, sia (più raramente) come finanziatori diretti
(financial advisor); secondo quest’ultima le investment banks organizzano la costituzione dei sindacati di
prestito e la sindacazione di prestiti finalizzati all’acquisizione amichevole o ostile di imprese, forniscono
consulenza alle aziende e assistenza in caso di grandi progetti (project finance); - corporate finance:
rappresenta la ragion d’essere dell’investment bank, il cui tratto distintivo è l’elevato contenuto di
servizio dei prodotti offerti al clienti, sono inclusi: ~ finanza mobiliare: finanziamenti con emissione di titoli
azionari ed obbligazioni (grande servizio è quello di introduzione in borsa delle imprese), ~ finanza
straordinaria: comprende ad es. la consulenza nelle operazioni di fusione/ acquisizione o alle imprese in
crisi, ecc. ~ assunzione di partecipazioni nel capitale di rischio di imprese non finanziarie: tale
acquisizione è nota come venture capital e viene svolta, dato il rischio, tramite fondi di investimento
chiusi specializzati; - capital markets: le attività riguardano il dealing di valori mobiliari sui mercati
secondari e sul mercato dei cambi e quella in strumenti derivati per la copertura dei rischi; - asset
management: attività costituita da servizi offerti alla clientela in 2 campi di attività: ~ cash management:
la gestione dei flussi della tesoreria aziendale con l’obiettivo della gestione economica dei saldi monetari
giornalieri, ~ gestione dei patrimoni su base discrezionale in forza di una mandato affidato dal cliente
all’investment bank. 3. Le società di intermediazione mobiliare (Sim) Fino al 1996 alcuni comparti
dell’intermediazione erano caratterizzati da una riserva di attività a favore di determinati soggetti, in
particolare, le negoziazioni per conto proprio e di terzi dei titoli non di Stato era un’esclusiva delle Sim
(società di intermediazione mobiliare di diritto italiano). Oggi tali riserve sono cadute e le attività di
intermediazione previste dall’ordinamento (servizi di investimento) possono essere svolte sia da
intermediari specializzati sia da banche. I principali problemi gestionali di una Sim 54
53. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it riguardano l’assetto
produttivo/distributivo e le scelte di prezzo/prodotto relativamente ai rischi assunti e ai mercati di
riferimento. I servizi di investimento previsti e definiti dal decreto EuroSim sono: - la negoziazione di
strumenti finanziari per conto proprio (dealing) o per conto terzi (brokeraggio); - il collocamento di
strumenti finanziari con garanzia (underwriting) o senza bollino di sottoscrizione a favore dell’emittente
(selling); - la gestione individuale di portafogli di strumenti finanziari; - la ricezione e trasmissione di ordini
di negoziazione di strumenti finanziari. Il dealing e l’underwriting implicano la gestione di un portafoglio
titoli di proprietà e quindi l’assunzione di correlati rischi di mercato. Le attività di brokeraggio e di selling
invece riguardano la gestione di patrimoni e la ricezione/trasmissione di ordini come attività di servizio
per conto terzi, sopportando rischi meno intensi legati alla mancata copertura dei costi fissi necessari al
funzionamento della struttura aziendale. Gli equilibri reddituale di una Sim di servizio si fondano quindi
sulla capacità di generare commissioni attive in grado di coprire i costi di struttura, mentre una Sim
dealer/underwriting si fonda sulla capacità di generare un margine positivo della gestione del portafoglio
proprietà. I fattori da analizzare che influenzano il modo di operare delle Sim sul mercato sono: -
collegamento tra Sim e sistema bancario (sia in termini societari che operativi): ~ Sim di emanazione
bancaria, ~ Sim indipendenti: operatori individuali che considerano le banche concorrenti o clienti; - tipo
di clientela prevalentemente servita: l’underwriting ed il selling si svolgono nei confronti di una clientela
istituzionale o di tipo privato, nel caso dei privati ci sono operazioni di scambio con molti clienti che
alimentano operazioni di basso valore unitario (costi elevati), viceversa nell’altro caso; - modello
distributivo: dipende dal tipo di servizi offerti, per servizi caratterizzati da un ridotto grado di
personalizzazione la distribuzione in senso fisico non esiste, per servizi con un maggior contenuto di
personalizzazione il problema della distribuzione esiste ed è critico (su di essa poggia il successo
dell’attività svolta); - assetto produttivo: ci si riferisce alla scelta dei servizi da svolgere, nel senso che una
Sim può richiedere l’autorizzazione a svolgere da uno a tutti i servizi previsti dalla normativa
(distinguendosi in mono-bi-poli-funzionali). 4. Le società di credito al consumo Si distinguono in: società
indipendenti a capitale familiare e società facenti parte dei gruppi. Il credito al consumo è riconducibile a
2 macro categorie di azioni: - credito personale: finanziamento a durata pluriennale di importo tra 2500 e
15000 € (struttura del mutuo); - credito finalizzato: serve ad acquistare uno specifico bene di consumo
prescelti dal cliente, tecnicamente ha la forma del mutuo a rata costante e oggi anche del finanziamento
su carta di credito (revolving). 55
54. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it 5. I fondi comuni di investimento
Possono essere definiti come forme di investimento collettivo o di gestione del risparmio. Il termine
“comune” sta ad indicare l’indivisibilità del patrimonio detenuto di cui ciascun partecipante è
comproprietario per la quota versata. Per cui: - il patrimonio è gestito da una società di gestione del
risparmio ed è distinto da quella di quest’ultima; - le quote hanno tutte uguale valore e sono definite
“passività di mercato” poiché il valore dipende da quella di mercato del patrimonio del fondo. Il fondo si
intende aperto se il partecipante/sottoscrittore ha in ogni momento la facoltà di investire/disinvestire, ne
consegue la variabilità del fondo. Il fondo è invece chiuso se, trascorsa la fase costitutiva, non possono
accedervi nuovi partecipanti, mentre quelli entrati possono riscattare la propria quota non prima di una
predefinita scadenza. Il fondo aperto è quello più diffuso e il suo funzionamento presuppone l’interazione
tra: - il sottoscrittore (o partecipante); - la società di gestione del risparmio; - la banca depositaria (che
custodisce il patrimonio); - il collocatore (soggetto autorizzato a collocare le quote del fondo presso il
pubblico). La combinazione di fondo comune e società di gestione costituisce una forma di
intermediazione poiché essa si interpone fra datori di fondi e prenditori finali. È una modalità
particolarmente strutturata di scambio diretto assistito. Tale forma di intermediazione “leggera” si
realizza secondo un modello forte di negoziazione delegata che si caratterizza per il fatto di utilizzare un
tipo di delega quasi totale, da renderla nella sostanza molto prossima alla negoziazione in proprio. Le
funzioni sostanziali dell’intermediazione attuata sono: - brokeraggio: valutazione e selezione delle attività
del fondo; - negoziazione accentrata; - trasformazione del rischio; - trasformazione delle scadenze e
produzione di liquidità. Lo stato patrimoniale della società di gestione evidenzia: nel passivo la
consistenza dei mezzi propri che dipende dal numero di fondi gestiti; nell’attivo sono espressi gli
investimenti reali in attività materiali ed immateriali necessari per il funzionamento della società e le
attività finanziarie di proprietà (titoli di Stato) acquisite con le disponibilità finanziarie (mezzi propri) non
utilizzate per investimenti reali. Il fondo comune, invece, non presenta un vero e proprio SP, bensì un
rendiconto annuale contenente: - il prospetto di sintesi del patrimonio; - i prospetti di ripartizione del
portafoglio; - l’elenco dei primi 50 titoli posseduti. In base agli obblighi di trasparenza e informativa si ha:
- il prospetto informativo sull’investimento proposto; - la relazione semestrale con gli stessi contenuti del
rendiconto; - il prospetto giornaliero della situazione del fondo; - il calcolo e la pubblicazione giornaliera
del valore della quota. 56
55. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it In merito al conto economico si
osserva come anche per le voci di costo e ricavo occorra distinguere tra componenti delle società di
gestione e quelle del fondo: i ricavi della gestione patrimoniale ed i relativi costi sono direttamente
imputati al fondo comune e vanno ad accrescere (o diminuire) il patrimonio del fondo stesso. 6. I fondi
pensione In Italia i fondi pensione si collocano nell’ambito del sistema previdenziale complessivo e si
distinguono in: - previdenza pubblica di base: si basa sul principio della ripartizione in base al quale i
contributi pagati dal singolo lavoratore non sono accumulati per costituire la rendita pensionistica, ma si
utilizzano immediatamente per erogare le pensioni in essere; - previdenza completamente collettiva:
gestita secondi il principio della capitalizzazione, secondo il quale i contributi pagati dal lavoratore
vengono accreditati e investiti andando a costituire l’importo delle future rendite pensionistiche; -
previdenza completamente individuale: gestita sempre secondo il principio della capitalizzazione, ma su
base individuale (come nelle polizze vita), Si distingue inoltre in: - fondo aperto: c’è il divieto di
autogestione delle risorse; - fondo chiuso: istituito attraverso una contrattazione collettiva promossa da
imprenditori, lavoratori e associazioni di categorie. 7. Le imprese di assicurazione Con l’assicurazione
l’individuo, previo versamento di un importo, ottiene quei mezzi definiti nel contratto da un altro soggetto
allorché si verifichi il rischio previsto. L’assicurazione si basa sul principio mutualistico, in base al quale gli
eventi negativi (rischi) colpiscono solo alcuni degli interessati, pertanto il costo complessivo degli
accadimenti è ripartito tra tutti i partecipanti della collettività. Si distingue tra: - assicurazioni danni:
relative ai rischi attinenti ai beni, ai soggetti ed al patrimonio; le passività si caratterizzano per un grado
di liquidità stimato statisticamente e la loro dimensione può essere maggiore dei premi raccolti; -
assicurazioni vita: relative ai rischi attinenti esclusivamente alla vita umana. Siccome la maggior parte
delle risorse raccolte da queste imprese sono impiegate in attività finanziarie, le società di assicurazioni
vengono considerate nelle categorie generale degli intermediai finanziari. Queste infine le principali
differenze tra il contratto assicurativo e quello degli altri intermediari finanziari: - aleatorietà della
prestazione nei confronti dei singoli assicurati, visto che il risarcimento o meno dipende dal verificarsi o
meno del rischio e l’importo varia in relazione all’entità del danno subito nei limiti della somma
assicurata; - grado di liquidità: per la sua stima ci si affida alle statistiche. 8. La specializzazione e la
diversificazione degli intermediari finanziari: i modelli istituzionali prevalenti In generale, salvo qualche
eccezione: - la stessa attività di intermediazione è svolta da intermediari diversi; 57
56. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it - lo stesso intermediario svolge o
può svolgere contemporaneamente più attività; - la struttura dell’offerta degli strumenti e dei servizi
finanziari è costituita sia da intermediari specializzati, sia da quelli multifunzionali o diversificati, secondo
ampiezze differenziate. Tale fenomeno contraddice la teoria in quanto la specializzazione si fonda sulla
divisione del lavoro, che genera economie di costo e di apprendimento. È inoltre importante ricordare che
l’effetto ricchezza generato da tale divisione del lavoro e specializzazione della produzione è sottoposto
alla condizione necessaria che l’efficienza dei mercati renda attuabile e conveniente il processo di
divisione/specializzazione. I motivi per cui questo principio generale trova applicazione parziale si
riferiscono al fatto che la specializzazione degli intermediari è in parte artificiale ed esogena, in quanto: -
si osserva maggiore specializzazione nei sistemi finanziari in cui l’ordinamento impone separazione tra
attività distinte in relazione al tipo (creditizia o mobiliare) e alla durata (breve o medio/lungo periodo); - si
osserva come aumenti la specializzazione in seguito all’introduzione di ordinamenti restrittivi orientati alla
separatezza, mentre diminuisce in seguito alla deregolamentazione (come la riforma del ’93); -
nonostante l’imposizione normativa di separazione fra attività, gli intermediari fanno scelte normative e
gestionali che tendono ad aggirare le barriere normative: un es. ne era la precedente separazione
creditizia fra breve e medio/lungo termine, spesso aggirata dalle banche (il m/l termine era affidata ad
istituti specializzati) con conseguente sviluppo del fenomeno della “doppia intermediazione” fra
sottoscrittori (depositanti) e prenditori di finanziamenti a m/l termine. Il concetto di diversificazione nella
teoria Si definisce diversificata l’impresa che esercita contemporaneamente attività del tutto
reciprocamente indipendenti. Ciò implica che: - i prodotti siano diversi nella funzione d’uso (non
succedanei o intersostituibili); - i mercati di tali prodotti siano del tutto reciprocamente indipendenti; - i
processi produttivi/distributivi impieghino risorse “specifiche”, non fungibili. Questo totale livello di
diversificazione difficilmente si riscontra poiché non spiegherebbe le ragioni per le imprese dovrebbero
diversificare le proprie attività. Infatti le molteplici combinazioni prodotto-mercato-tecnologia presentano
relazioni reciproche, caratteristiche, volute e fisiologiche, quali: - fra diversi prodotti e servizi esistono
relazioni di succedaneità, interscambiabilità e complementarietà in funzione dell’uso; - non esistono
relazioni biunivoche tra singoli prodotti e singoli mercati; - le risorse impiegate nei processi produttivi e
distributivi sono fungibili. Si dice che la diversificazione degli intermediari sia correlata e concentrica
poiché poggia su uno degli elementi della combinazione prodotto-mercato-tecnologia per diversificarsi. Le
opportunità di diversificazione degli intermediari Si deve innanzitutto considerare le opportunità
emergenti dal fenomeno dell’utenza congiunta, ossia di segmenti di clienti che usano
contemporaneamente una pluralità di 58
57. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it strumenti e servizi, ciò favorisce la
stabilità delle quote di mercato e riduce la variabilità del risultato economico complessivo. Inoltre la
situazione di produzione congiunta favorisce lo sviluppo di economie di scala, di scopo e non esclude
totalmente i vantaggi della specializzazione, purché il modello organizzativo adottato riesca a mettere in
comune e proteggere le condizioni del contesto. Secondo la teoria devono però coesistere altre 2
condizioni: - lo sviluppo di bisogni finanziari sempre più focalizzati e diversificati; - la disponibilità di
risorse interne idonee ad alimentare nuove combinazioni prodotto- mercato-tecnologia,
conseguentemente le risorse devono essere fungibili e la loro conversione deve portare costi convenienti
rispetto ai ricavi ottenibili, viceversa non deve avere convenienza la possibile alternativa di cedere a terzi
le risorse eccedenti. Da ciò consegue che la diversificazione dell’intermediaro e l’efficienza del suo
mercato interno esistono in caso di parziali imperfezioni del mercato esterno. I modelli istituzionali: banca
universale e gruppo bancario Per modello istituzionale si intende una realtà sintetizzata da 3 dimensioni
fondamentali: - natura ed integrazione dei processi produttivi: combinazione prodotto-mercato-tecnologia;
- assetto giuridico: ossia la possibilità dell’intermediario di configurarsi come soggetto giuridico e unico
titolare dell’esercizio di tutte le attività effettuate (banca universale) o come una struttura societaria
plurisoggettiva in cui l’azienda capogruppo svolge al proprio interno i processi produttivi e distributivi e
affida ad altrettante società lo svolgimento di funzioni produttive specifiche come leasing, factoring…
(gruppo bancario), quest’ultimo ha natura economica unitaria e non esclusivamente finanziaria (cioè di
holding) e realizza un disegno imprenditoriale unico a direzione strategica accentrata; tra i 2 modelli
esposti non esiste soluzione di continuità, nel senso che tra questi esistono modelli intermedi in cui la
scelta di internalizzare/esternalizzare dipende dall’intensità di correlazione e dal livello di integrabilità
delle diverse attività, i meccanismi del coordinamento decisionale ed esecutivo differiscono
sostanzialmente in quanto nella banca universale si fondano sul principio gerarchico mentre nel gruppo
esistono meccanismi di negoziazione per quanto subordinati ad un superiore principio gerarchico nei
confronti della capogruppo; - assetto organizzativo: ha rilevanza in merito alla scelta alternativa fra
strutture organizzative per funzioni operative oppure per divisioni focalizzate a macrocombinazioni
prodotto-mercato (corporate banking, private banking, investment banking); altra caratteristica riguarda
la scelta di un livello ottimale di accentramento/decentramento delle decisioni e delle responsabilità; le
strutture funzionali si caratterizzano per un maggior accentramento, mentre quelle divisionali per un
maggior grado di delega decisionale. Quindi i diversi profili che definiscono il modello istituzionale
dell’intermediario sono strettamente interdipendenti e dovrebbero sottostare ad una logica di coerenza
interna. Capitolo 8 L’EQUILIBRIO REDDITUALE E FINANZIARIO DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI 59
58. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it 1. L’obiettivo della produzione di
ricchezza Il fine istituzionale dell’impresa consiste nella produzione di ricchezza mediante lo svolgimento
di attività di produzione, di distribuzione e di scambio, ciò naturalmente vale anche per gli intermediari
finanziari, essendo questi ultimi imprese finanziarie; anche se con terminologia diversa si può dire che
l’intermediario è istituzionalmente finalizzato a produrre un margine economico, inteso come differenza
positiva fra i ricavi delle vendite ed i costi per l’acquisto di tutti i fattori produttivi, secondo i prezzi di
mercato. I profili dell’equilibrio della gestione reddituale, finanziaria e patrimoniale L’equilibrio della
gestione identifica le condizioni necessarie e sufficienti affinché l’intermediario finanziario sia in grado di
mantenere nel tempo stabilità e continuità di funzionamento. Con riguardo agli intermediari finanziari
l’equilibrio della gestione ha 3 profili diversi: - equilibrio reddituale: identifica la capacità
dell’intermediario di conseguire con stabilità i risultati economici, ciò vuol dire che il valore della
produzione deve essere in grado di remunerare a prezzi di mercato tutti i fattori produttivi impiegati,
compreso anche il capitale conferito dalla proprietà e quindi tenendo conto del rischio d’impresa; -
equilibrio finanziario: identifica anzitutto la capacità della gestione di mantenere con sufficiente continuità
e stabilità l’equilibrio fra i flussi di cassa in entrata e quelli in uscita; si ricorda che l’equilibrio finanziario
denota pure la capacità dell’intermediario finanziario di mantenere sotto controllo la corrispondenza fra
struttura dell’attivo e struttura del passivo per quanto riguarda la durata finanziaria delle attività e delle
passività finanziarie e le loro rispettive caratteristiche di liquidità e di esigibilità; - equilibrio patrimoniale:
si riferisce anzitutto alla capacità della gestione di mantenere con continuità un’adeguata eccedenza del
valore dell’attivo rispetto a quello del passivo, cioè un capitale netto positivo; da notare che mentre il
valore delle passività è in genere contrattualmente definito con criterio nominale (un dato importo di
moneta) e ha un elevato grado di certezza, quello delle attività si presta ad una gamma piuttosto estesa
di criteri valutativi (il valore di liquidazione, di funzionamento, ecc.). I diversi tipi di equilibrio di gestione
sono fisiologicamente interdipendenti e devono quindi essere intesi come aspetti o manifestazioni dello
stesso equilibrio di gestione. Esemplificando, è evidente che un equilibrio reddituale positivo contribuisce
a migliorare sia l’equilibrio finanziario (apporto di maggiori entrate e di nuove risorse finanziarie) sia
quello patrimoniale (maggiore capitalizzazione e, a parità di altre condizioni, minore indebitamento). Si
può dire, quindi, che l’asse portante e centrale dell’equilibrio di gestione è il risultato reddituale, nel
medio/lungo periodo, in sintonia con l’obiettivo di produzione di ricchezza che il modello istituzionale
assegna all’impresa. Ciò vuol dire che si attribuisce all’equilibrio finanziario e a quello patrimoniale la
natura di vincoli. In tal modo si tende a rappresentare l’equilibrio complessivo come un sistema obiettivi-
vincoli, riferito alle variabili reddituali, finanziarie e patrimoniali. Con riferimento agli intermediari
finanziari (soprattutto creditizi) l’assetto del sistema obiettivi-vincoli si caratterizza per la maggiore
importanza e criticità delle variabili finanziarie e di quelle patrimoniali essendo la stabilità dell’equilibrio
finanziario- patrimoniale una condizione di operatività-funzionamento assolutamente necessaria. 60
59. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Accanto alla nozione di equilibrio di
gestione, diviene del tutto consequenziale introdurre quello di rischio di impresa, inteso come probabilità
che l’equilibrio considerato (reddituale, finanziario o patrimoniale) possa subire alterazioni
quantitativamente predefinite. 2. L’equilibrio reddituale e le diverse modalità di formazione del reddito
Tra gli indicatori dell’equilibrio reddituale il più utile ed il più sintetico è quello che esprime la
remunerazione del capitale proprio investito nell’impresa: il ROE è il rapporto tra il risultato netto rilevato
nel conto economico ed il capitale netto determinato dallo stato patrimoniale, è cioè un’espressione della
redditività contabile, misurata con i criteri che determinano la formazione del bilancio dell’intermediario.
Mentre il ROE è idoneo a sintetizzare la redditività complessiva della gestione aziendale, la sua variabilità
nel tempo, correttamente misurata da idonei strumenti statistici (scarto quadratico medio o varianza), è
invece in grado di rappresentare quantitativamente il rischio complessivo di impresa. Tale variabilità
dipende sia dall’andamento delle componenti economiche (ricavi e costi), sia dalla struttura per scadenze
dell’attivo e del passivo, sia infine dalla struttura finanziaria del passivo in senso proprio, cioè dalla leva
finanziaria. Da un punto di vista patrimoniale, il ROE esprime il tasso potenziale di incremento endogeno
del capitale netto, per accantonamento degli utili. Da un punto di vista finanziario, il ROE è una
componente fondamentale della capacità dell’impresa di autofinanziarsi. Per modello di economicità del
singolo tipo di intermediario si intende la modalità analitico-interpretativa più corretta per mettere in
evidenza le peculiarità dal punto di vista della formazione del suo equilibrio reddituale. In forza dell’ipotesi
che ogni forma di intermediazione finanziaria (quindi ogni modello di economicità specifico) possa essere
caratterizzato da diverse modalità di produzione di un proprio “margine industriale” e quindi assuma una
struttura patrimoniale caratteristica in funzione della propria attività, è possibile classificare gli
intermediari in 5 classi principali: L’intermediazione orientata alla formazione di un margine di interesse
Gli intermediari di questa categoria si distinguono perché la loro gestione caratteristica consiste
nell’attività di intermediazione creditizia, cioè nell’acquisizione/gestione di attività finanziarie fruttifere
finanziate prevalentemente dall’emissione di passività onerose che generano rispettivamente ricavi per
interessi attivi e costi per interessi passivi. Pertanto l’equilibrio economico di tali intermediari si fonda
principalmente sul margine di interesse, che è un margine di redditività lordo, costituito dalla differenza
fra le 2 voci menzionate di ricavo e di costo. Gli intermediari che assumono l’assetto di intermediazione
descritto sono: le banche (per la tradizionale attività di concessione di prestiti e di acquisto di titoli, di
raccolta di depositi e di emissione di obbligazioni); le imprese di leasing; le imprese di factoring
(limitatamente all’attività di finanziamento dei crediti commerciali acquisiti) e le imprese di credito al
consumo. Lo stato patrimoniale di tali intermediari è così strutturato. Attività fruttifere di interessi (Afi)
Passività onerose di interessi (Pfi) 61
60. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it - riserve di liquidità (detenute sotto
forma di - depositi bancari (raccolti presso la clientela riserva obbligatoria, di depositi liberi presso o altre
banche sia in Italia che all’estero) la Banca Centrale e di depositi interbancari) - debiti rappresentati da
titoli (obbligazioni, - finanziamenti (concessi in varie forme: certificati di deposito, ecc.) prestiti bancari a
b.termine, a m/l termine, - debiti verso banche e/o altre aziende del di leasing, di factoring gruppo di
appartenenza - titoli di stato, obbligazioni e titoli azionari Altre attività finanziarie non fruttifere (Aaf)
Passività non onerose (Pno) - moneta legale ed altri valori monetari in - fondo TFR cassa e crediti non
fruttiferi - fondi per spese future (ad es. imposte) - fondi rischi (su crediti ecc.) Attività non finanziarie
Mezzi propri (Mp) - immobilizzazioni materiali ed immateriali - capitale sociale e riserve di capitale -
capitale circolante - fondo per rischi bancari generali - utile dell’esercizio Il conto economico, riclassificati
in forma scalare, presenta invece tale struttura. (+) Ia Ricavi per interessi attivi (-) Ip Costi per interessi
passivi (=) MIS Margine di interesse (+) MIN Margine di intermediazione (-) Co Costi operativi (=) RG
Risultato di gestione (-) Apd Accantonamenti, proventi ed oneri diversi (=) RLI Risultato lordo (-) IM
Imposte (=) RN Risultato netto A questo punto è importante analizzare sia come il MIS concorra alla
formazione del risultato netto, sia i fattori che contribuiscono alla formazione del MIS. A tal scopo si
utilizza “l’albero dei quozienti”, secondo il quale il ROE può essere scomposto nel modo seguente: RN RN
RLI RG ROE = = ⋅ ⋅ Mp RLI RG Mp dove: - RN/RLI misura l’incidenza dell’imposizione fiscale sul reddito d’esercizio; -
RLI/RG indica l’effetto reddituale delle valutazioni dell’attivo (perdite su prestiti, plusvalenze, minusvalenze, ecc.); - RG/Mp
misura il risultato della gestione corrente dell’attività di intermediazione complessiva e può essere a sua
volta così scomposto: RG RG MIN MIS = ⋅ ⋅ Mp MIN MIS Mp ~ RG/MIN indica l’incidenza dei costi operativi, ~ MIN/MIS
indica il contributo netto dei ricavi finanziari, ~ MIS/Mp misura il margine di interesse rispetto ai mezzi propri
e costituisce il principale indicatore di redditività lorda dell’intermediazione creditizia, così scomponibile:
62
61. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it MIS Ia Ccn Ia Ip Pfi = ⋅ + ⋅ ⋅ Mp Afi
Mp Afi Pfi Mp dove Ccn = (Afi – Pfi) e tra gli indicatori Ccn/Mp e Pfi/Mp, per il vincolo di bilancio, sussiste una correlazione
inversa, cioè all’aumentare di Mp aumenterà il primo rapporto e diminuirà il secondo. Possiamo quindi affermare
infine che il rapporto MIS/MP dipende sia dal livello/struttura dei tassi d’interesse negoziati, sia dalla
struttura finanziaria dello stato patrimoniale, cioè dal suo grado di capitalizzazione (Pfi/Mp) detto anche
leva finanziaria, che moltiplica l’effetto spread sul MIS. L’intermediazione orientata alla generazione di un
margine da plusvalenze Gli intermediari appartenenti a questa categoria si distinguono per il fatto che la
loro gestione caratteristica consiste nell’acquisizione/gestione di titoli obbligazionari e azionari.
Diversamente dall’intermediario creditizio, il flusso dei ricavi della gestione caratteristica è costituito dai
dividendi e dalla formazione di plusvalenze sul valore di carico delle partecipazioni azionarie detenute. La
struttura caratteristica dello stato patrimoniale di questo tipo di intermediario è la seguente. Titoli
obbligazionari Passività onerose per reddito e liquidità Titoli azionari per investimento Mezzi propri (Mp)
Immobilizzazioni tecniche La struttura caratteristica del conto economico è invece del seguente tipo. (+)
Ricavi da dividendi e plusvalenze su titoli di proprietà (-) Costi da minusvalenze su titoli di proprietà (+) (-)
{ Ricavi per interessi attivi MIS Costi per interessi passivi (=) Margine da plusvalenze (e di interesse) (+)
Ricavi netti da servizi (=) Margine di intermediazione (-) Costi operativi (=) Risultato di gestione Da notare
come il margine da plusvalenze non può essere considerato un margine puro, poiché in esso confluisce in
una certa misura un flusso di interessi attivi. 63
62. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Il modello di economicità descritto
è riferibile alle merchant bank, intese come banche di affari prevalentemente dedicate all’intermediazione
mediante l’assunzione temporanea di partecipazioni, e alle imprese di venture capital, la cui attività
principale consiste nell’acquisire partecipazioni azionarie in imprese emergenti appartenenti a settori
tecnologici innovativi. L’intermediazione orientata alla formazione di un margine provvigionale Gli
intermediari appartenenti a questa categoria si distinguono per il fatto che la loro gestione caratteristica
consiste nella produzione/distribuzione di servizi finanziari che sono remunerati da provvigioni e
commissioni (da qui la definizione di margine provvigionale). (+) Ricavi per provvigioni e commissioni su
servizi (-) Costi operativi (=) Margine provvigionale I servizi finanziari, che generano un flusso
provvisionale o ricavi comunque diversi da interessi, cedole e dividendi, possono essere classificati nel
seguente modo: - servizi di incasso/pagamento: connessi con l’uso degli strumenti di regolamento degli
scambi, anche di quelli denominati in valuta; prodotti principalmente dalle banche per conto della
clientela e dalle imprese di factoring; - servizi di intermediazione mobiliare: si riferiscono alla gestione in
senso lato di valori mobiliari in nome e per conto di terzi, generalmente rappresentati da aziende
emittenti titoli e da investitori in titoli; prodotti dalle banche, dalle imprese di investimento o società di
intermediazione mobiliare, dalle società di gestione del risparmio, dalle merchant bank ed investment
bank; - servizi di consulenza: la consulenza può riguardare la totalità dell’attività finanziaria di tutti i
soggetti economici ed è in genere svolta in complementarietà con altre attività finanziarie, in quanto la
clientela presenta bisogni finanziari molto focalizzati ed evoluti (tipici del corporate e private banking);
prodotti dalle banche, da società d’intermediazione mobiliare, da merchant ed investment bank e da altri
intermediari con competenze specifiche. Il margine degli intermediari con passività di mercato: un caso
particolare Il modello di economicità di tali intermediari è misto, nel senso che è caratterizzato da varie
combinazioni dei 3 tipi di margine precedentemente esaminati. Quando parliamo di passività di mercato
intendiamo strumenti quali: quote dei fondi comuni di investimento gestiti dalle società di gestione del
risparmio (Sgr) e azioni delle società di investimento a capitale variabile (Sicav) e le quote dei fondi
pensione. Nel caso del fondo comune e del fondo pensione aperto, la quota è una parte del patrimonio del
fondo;il termine passività sta ad indicare che la società di gestione ha, nei confronti del portatore della
quota e su sua richiesta, l’obbligo di liquidare la quota, al prezzo di mercato. Nel caso delle Sicav, lo
strumento di investimento è un titolo azionario; non vi è distinzione tra il patrimonio degli investitori e
quello del gestore. 64
63. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Nel caso infine del fondo pensione
chiuso, gli strumenti di investimento sono simili a quelli dei fondi comuni di investimento e dei fondi
pensione aperti (quote) e non vi è distinzione tra patrimonio dei lavoratori aderenti e quello del fondo
pensione (come nel caso delle Sicav). Il conto economico dell’intermediario con passività di mercato
segue il seguente schema. (+) Ricavi correnti (+) Plusvalenze da valutazione (+) Plusvalenze da
alienazione (-) Commissioni (=) Margine economico Gli intermediari orientati alla formazione di un
margine assicurativo L’attività di tali intermediari si concretizza nel soddisfacimento del bisogno di
fronteggiare i rischi puri delle unità di domanda attraverso il processo assicurativo. Tale processo si
caratterizza per la non coincidenza tra il momento in cui avviene la manifestazione monetaria degli
impegni degli assicurati (pagamento anticipato del premio) e quello delle imprese di assicurazioni
(risarcimento dei sinistri), in modo che una compagnia in attività acquisisca sempre risorse finanziarie in
anticipo rispetto ai propri impegni (inversione del ciclo costi-ricavi). I premi sono, quindi, investiti ed il loro
rendimento è stimato e riconosciuto all’assicurato fin dal momento del pagamento del premio, che viene
calcolato in modo che il suo montante consenta alla compagnia di coprire gli impegni assunti. Le basi
tecniche del procedimento assicurativo comprendono: - un’ipotesi statistica: riguardante l’ammontare, il
numero e la distribuzione temporale delle somme che dovranno essere corrisposte agli assicurati; -
un’ipotesi finanziaria: riguardante il rendimento dei mercati finanziari, tali ipotesi devono essere
necessariamente ben definite e rispettate per rendere rigorosa l’attuazione del processo assicurativo, se
ciò non avviene, la compagnia è esposta ad un rischio di volatilità del risultato economico In caso di
sottostima dell’ipotesi statistica, la compagnia conseguirà un risultato economico inferiore a quello
previsto, così come nel caso contrario (stima statistica più alta e stima finanziaria più bassa) il premio
assumerebbe un importo superiore a quello del mercato e porterebbe ad una minore competitività
dell’impresa. Se invece il premio è stato correttamente calcolato, la compagnia di assicurazione dovrebbe
chiudere sempre con un margine operativo lordo prossimo allo zero; per raggiungere invece un risultato
netto positivo, essa deve vendere il prodotto assicurativo ad un prezzo (premio di tariffa) superiore a
quello stimato sulla base del processo assicurativo (premio puro) aggiungendo a quest’ultimo: - i costi di
distribuzione e le quote di competenza dei costi operativi; - un ragionevole margine per tutelarsi dalla
possibilità di scostamenti sfavorevoli tra ipotesi adottate ed effettivo andamento dei sinistri e dei mercati
in cui si sono investiti i premi; - un margine di utile. 3. L’equilibrio finanziario 65
64. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it L’equilibrio finanziario è
determinato nel corso del tempo dalla combinazione e dalla contrapposizione di tutti i flussi finanziari in
entrata ed in uscita, riferibili all’intermediario finanziario considerato. Si tenga presente che il flusso è,
secondo la definizione adottata, una variazione monetaria (o di cassa) di segno positivo o negativo. La
classificazione dei flussi finanziari, a seconda del tipo di fattore che l’ha causato, si articola nel modo
seguente: Flussi finanziari positivi Flussi finanziari negativi - Δ positive di Af - Δ negative di Pf - Δ negative
di Af - Δ positive di Af - Δ negative di Ar - Δ positive di Ar - Δ positive di Mp - Costi finanziari e non
finanziari - Ricavi finanziari e non finanziari - Imposte e tasse - Dividendi Occorre ricordare che i
movimenti delle voci considerate abbisognano di una contropartita monetaria. I fattori influenti
sull’equilibrio finanziario L’importanza dei fattori e la criticità dell’equilibrio finanziario variano a seconda
del tipo di intermediario analizzato. L’equilibrio assume maggiore quanto maggiore sono
l’intermediazione creditizia e la trasformazione delle scadenze, come ad es. avviene nel caso della banca,
che, a differenza degli altri intermediari, ha una leva finanziaria molto elevata (le passività a vista sono
maggiori del passivo a scadenza) e il rapporto fiduciario si mescola al concetto di solvibilità. (vedi schema
pag. 368) La liquidità, la struttura finanziaria e la solvibilità L’equilibrio fra le strutture per scadenze
dell’attivo e del passivo ha rilevanza finanziaria se appare corretto nel medio periodo riferire la capacità di
equilibrio di tesoreria dell’intermediario alla concomitanza delle scadenze contrattuali delle attività e
passività. Tale accezione ha però portato a diverse critiche in quanto l’equilibrio finanziario è protetto
dalla capacità dell’intermediario di sostituire alle passività scadute nuove passività. Considerando ora il
concetto di solvibilità si può affermare che questo sussiste quando il valore dell’attivo è superiore a quello
nominale del passivo, in tal caso si dice che l’intermediario è solvibile, cioè in grado di far fronte al proprio
indebitamento economico. La solvibilità è una situazione non modificabile ex post. Anche se strettamente
collegati i concetti di solvibilità e di liquidità, è dimostrabile che una banca solvibile non è
necessariamente liquida e viceversa. Infine si può affermare che la situazione di solvibilità (concetto
patrimoniale), anche se non identificandosi con l’equilibrio finanziario, ne è un presupposto essenziale..
Capitolo 9 66
65. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it I RISCHI CARATTERISTICI DEGLI
INTERMEDIARI FINANZIARI E LORO GESTIONE 1. La classificazione sistemica dei rischi Gli equilibri di
gestione dell’impresa sono chiaramente soggetti a instabilità, a causa del continuo mutamento delle
condizioni ambientali. Al concetto di instabilità è poi associata strutturalmente la nozione di variabilità del
risultato, sia rispetto all’obiettivo (tramite la misura di scostamento) sia rispetto alla serie storica dei
risultati precedenti (ad es. redditività e cash flow). A sua volta la nozione di variabilità del risultato chiama
in causa quella di rischio. In generale si può affermare che ogni rischio specifico è caratteristico di una
certa funzione o attività di intermediazione, ciò significa che la totalità dei rischi qualifica la situazione
generica di un intermediario, la cui attività è però caratterizzata da rischi specifici. Il rischio generico,
ovvero condiviso da tutte le imprese, riguarda la struttura dei costi. I rischi specifici vanno invece divisi,
evidenziando: - il rischio di controparte (o di insolvenza): legato alla controparte contrattuale; - il rischio di
mercato: derivante ad es. dalla variazione dei prezzi; - il rischio di variazione: per es. correlato al livello
generale dei prezzi. 2. I rischi di insolvenza della controparte Il rischio di credito Questo consiste
nell’eventualità che, alle scadenze previste del contratto, il cliente finanziato si riveli insolvente
(totalmente o parzialmente) in merito al rimborso del capitale e/o al pagamento degli interessi. Secondo
l’attuale normativa gli amministratori sono tenuti ad accertare il presumibile valore di realizzo dei crediti,
in quanto il mancato pagamento determina il venir meno di un’entrata di cassa attesa e si configura
quindi come elemento di rischio finanziario di durata ed entità ignote ex-ante. Per il controllo del rischio di
credito, gli intermediari creditizi adottano procedure e sistemi di gestione particolari come: la politica dei
prestiti, che determina la dimensione del portafoglio, la composizione dello stesso portafoglio ed i criteri
di valutazione dei singoli affidamenti. Sempre con lo scopo di controllare tale rischio, sono rilevanti i
seguenti 3 profili: - il tasso di sviluppo desiderato dei prestiti in essere: la politica dei prestiti definisce un
limite di accettazione; - la composizione del portafoglio prestiti: ovvero diversificare le singole posizioni in
funzione dei settori merceologici, della localizzazione geografica, delle classi di importo e della forma
contrattuale specifica del prestito; - i criteri e i metodi di valutazione-selezione dei singoli affidamenti: in
modo da poter, tra le altre cose, determinare la capacità di rimborso del cliente. In definitiva, il processo
di valutazione esamina sia l’impresa sia il settore, con rappresentazioni sia statiche che dinamiche,
assumendo come riferimento temporale il passato, il presente ed il futuro e avvalendosi delle tecniche e
dei metodi più svariati (ad 67
66. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it es. dall’analisi del settore a quelle
di bilancio). Ovviamente queste attività di valutazione comportano costi più o meno rilevanti. Figura. La
sequenza del processo produttivo della concessione di credito 1 3 4 2 ricerca di valutazione dei selezione
delle raccolta e analisi nuovi clienti risultati delle richieste sulla base dell’informazione chiedenti analisi
dei criteri accettati 8 6 5 monitoraggio ed 7 negoziazione con il def. dei profili eventuali interventi:
concession cliente e tecnici e contrattuali - rinegoziazione e e utilizzo - revoca/recupero
contrattualizzazione del finanziamento Il rischio di regolamento Tale rischio si configura come quello di
insolvenza della controparte contrattuale, obbligata a consegnare una certa somma di denaro in
contropartita di predeterminati strumenti finanziari (ad es. valori mobiliari) o viceversa (come il
regolamento dello scambio). Il problema legato al rischio di regolamento va visto sia dal punto della
contestualità che della scadenza temporale (a pronti o a termine): - nel caso di contestualità perfetta nel
contratto di compravendita a pronti: si hanno conseguenze limitate, infatti se una parte non assolve,
l’altra si astiene dalla propria prestazione, quindi l’unico danno è il costo di ricerca di una nuova
contropartita e di eventuali variazioni contrattuali; - nel caso di contestualità perfetta nel contratto di
compravendita a termine: il danno è maggiore dato che viene persa la posizione ma si è effettuato la
prestazione. Si deve osservare che in molti casi la contestualità è impossibile per varie ragioni (spesso per
ragioni tecniche), quindi, se fra le due prestazioni si interpone anche un brevissimo lasso di tempo, il
rischio di regolamento si manifesta anche in modo asimmetrico. In caso di non contestualità il rischio in
esame ha conseguenze ben più gravi: il rischio di regolamento si trasforma in rischio di credito, la parte
contrattuale solvente diventa creditrice nei confronti di quella insolvente. 3. I rischi di mercato Per rischio
di mercato si intende il rischio che le variazioni dei prezzi tipici dei mercati finanziari influiscono sul
risultato economico della gestione; questi prezzi sono: i tassi di interesse (rischio di interesse), i tassi di
cambio (rischio di cambio) e i prezzi (rischio di prezzo) dei valori mobiliari e di altre attività finanziarie
negoziabili (in genere quotazioni, diverse dalle valute). Tali tipi di rischi riguardano tutti gli intermediari
che esercitano l’intermediazione creditizia e/o mobiliare con assunzione di posizioni in proprio, ovvero
facendo una scelta di investimento o di finanziamento, ad es.: la concessione di un mutuo a tasso fisso ha
il rischio intrinseco derivante da un eventuale successivo aumento 68
67. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it (o diminuzione) dei tassi di
interesse correnti (non avrebbe invece corso nessun rischio di mercato se avesse stipulato un mutuo a
tasso variabile); l’emissione di una passività finanziaria denominata in valuta diversa da quella contabile;
l’acquisto di un titolo azionario quotato. Si potrebbe concludere facilmente che quante più posizioni
prende l’intermediario tanto maggiori sono i rischi che si assume, questa affermazione è però errata in
quanto: - per un principio di copertura reciproca, fra le diverse posizioni prese possono determinarsi
effetti di compensazione dei rischi; tecnicamente si dice che l’intermediario ha costruito una situazione di
matching (in caso contrario di mismatching) della posizione, ovvero ha realizzato l’effetto di
compensazione (o di matching appunto) con l’assunzione di posizioni contrapposte attive e passive, di
credito e di debito; - per l’effetto di correlazione, la compensazione può avvenire fra posizioni dello stesso
segno (attive o passive) e non di segno opposto. Muovendosi verso un’impostazione dinamica del
problema, si può ricavare l’indicazione che la gestione dell’intermediario tende a creare continue
opportunità di governo del rischio di mercato complessivo. In teoria sarebbe possibile gestire il complesso
delle posizioni in essere in modo da annullare il rischio complessivo di mercato, nella pratica questa
strategia sarebbe molto costosa e incongruente: pertanto l’esistenza di una componente fisiologica di
rischio di mercato non compensato chiama in causa la funzione fondamentale del capitale proprio, che
deve essere valutata in rapporto al rischio complessivo in essere (non solo di mercato). Infine bisogna
precisare che la distinzione fra rischio di interesse e rischio di prezzo dipende anche formalmente dalla
diversa modalità di rappresentare il valore delle attività finanziarie in bilancio. Il rischio di interesse In
riferimento all’attività di intermediazione creditizia, il rischio in esame si identifica con la possibilità che
l’andamento dei tassi di mercato provochi variazioni divergenti del rendimento medio degli impieghi e del
costo medio della raccolta, con ripercussioni sul margine di interesse. Tale rischio nasce dalla presenza in
bilancio di mismatching su: - la durata delle operazioni e le relative condizioni di ammortamento (se
previste); - le condizioni di rivedibilità dei tassi: quando si considerano operazioni a tasso
contrattualmente rivedibile prima della scadenza. Per misurare l’esposizione al rischio di tasso è
necessario dunque analizzare le condizioni contrattuali che regolano la rinegoziabilità dei tassi
relativamente al complesso degli impieghi e della raccolta in essere: il modello più semplice si basa su
una riclassificazione del bilancio che separi le operazioni a tasso rinegoziabile da quelle a tasso non
rinegoziabile nell’esercizio, ovviamente è necessario un criterio univoco. Innanzitutto si deve distinguere
tra operazioni (attività o passività) che hanno tassi di rendimento variabili prima dell’orizzonte temporale
considerato (rinegoziabili), dette “sensibili” ai tassi di interesse, e quelle “non sensibili” ai tassi (o “a tasso
fisso”). Una prima indicazione degli effetti di una variazione dei tassi sul margine di interesse è fornita dal
segno e dall’entità della differenza (il “gap”) tra attività e passività sensibili; tale analisi è 69
68. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it detta statica – in quanto evidenzia
il mismatching ad una certa data e riferito a un certo periodo temporale – e va svolta quotidianamente
(ad es. tutti i trimestri). Migliori informazioni si possono ottenere tramite l’esame di una serie di bilanci
riclassificati, sia storici che prospettici, con l’aiuto di alcuni indici di bilancio. Prima di tutto si calcola
l’ammontare dei gap tramite la formula G = Av - Pv, dove G è il gap, Av le attività a tasso variabile e Pv le
passività a tasso variabile. Il grado di mismatching può G essere sintetizzato dal rapporto (dove A sono le
attività fruttifere totali); inoltre A l’entità del gap può essere raffrontata alla misura dei mezzi propri (Mp),
ottenendo G l’indice , che rappresenta una misura di adeguatezza del patrimonio rispetto al tipo di Mp G
rischio esaminato e che è determinato dal rapporto e dal reciproco del grado di A A capitalizzazione . In
base all’andamento delle prime due grandezze si possono avere Mp come situazioni limite: G -
costantemente basso con oscillazioni di G intorno allo 0: situazione A sostanzialmente protetta dal rischio
di tasso; G - molto elevato e G costantemente maggiore di 0: il margine di interesse migliora in A fase di
tassi crescenti e peggiora con tassi calanti; G - molto elevato e G costantemente minore di 0: situazione
inversa alla precedente. A Per gestire il rischio di interesse, l’intermediario deve strutturare il bilancio in
modo che i suddetti indici assumano i valori prefissati adottando politiche di “gestione attivo/passivo” (o
asset liability management) che variano tra due estremi: - una strategia tendente alla completa
eliminazione del mismatching (annullamento dei gap) allo scopo di contenere il rischio di tasso (strategia
di immunizzazione); - una strategia tendente al periodico aggiustamento del gap allo scopo di trarre
vantaggio dalle previsioni sull’evoluzione dei tassi di mercato: il bilancio deve avere il massimo gap
positivo all’inizio delle fasi di rialzo dei tassi e il massimo gap negativo in quelle di ribasso; tale strategia
presuppone la capacità dell’intermediario di prevedere con congruo anticipo rispetto alla maggioranza
degli altri soggetti le variazioni dei tassi (molto difficile nella pratica). Per apprezzare l’esposizione al
rischio di una data struttura di bilancio è importante considerare il ruolo svolto dal rapporto di
capitalizzazione e quindi dell’indice di G adeguatezza dei mezzi propri ( ). Indicando con Ta il tasso di
rendimento medio Mp ponderato delle attività e con Tp il costo medio ponderato delle passività, il
margine di interesse (Mi) sarà: Mi = Ta A – Tp P Nel corso dell’esercizio Mi può variare solo per variazioni
di Tav e Tpv (a tasso variabile), supponendo che la variazione dei tassi sia uniforme (indicandola
genericamente con ∆T si ha che: 70
69. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it ∆Mi = (Av – Pv) ∆T Importante
inoltre l’analisi della variazione del contributo dato dal margine di interesse Mi alla redditività dei mezzi
propri ( ), partendo dalla precedente e dividendo per Mp: Mp ∆ Mi G = ∆T Mp Mp G dove rappresenta un
moltiplicatore che trasmette gli effetti delle variazioni dei tassi Mp di mercato sulla redditività di Mp:
maggiore è il grado di capitalizzazione e minore risulta l’effetto delle variazioni dei tassi. Se si ha lo stesso
“controllo” del gap, gli intermediari sono in grado di assorbire meglio le conseguenze di eventuali
andamenti sfavorevoli. Il rischio di cambio I presupposti sono nell’operatività in moneta diversa da quella
nazionale: esiste cioè un rischio di cambio quando le attività in una certa valuta non hanno valore pari alle
passività della stessa valuta. Bisogna focalizzarsi sulla posizione netta in cambi: sarà positiva o negativa
quando la composizione per valuta delle attività è diversa dalla composizione per valuta delle passività.
Supponendo ad es. un’attività di un’impresa italiana in $, un suo apprezzamento produrrà una
plusvalenza delle attività superiore alla minusvalenza delle passività: ovvero si avrà una plusvalenza pari
alla posizione netta moltiplicata per la variazione del cambio. Le plus/minusvalenze sulle posizioni
valutarie sono potenziali, in quanto solo la loro estinzione e conversione in € determinano i definitivi
guadagni/perdite su cambi. Al tempo della formazione del bilancio, redatto in €, tutte le posizioni in valuta
vengono valorizzate ai tassi di cambio correnti e quindi contabilizzate, evidenziandole, nel conto
economico per differenza rispetto al valore di carico delle medesime posizioni. A questo punto si potrebbe
ritenere di poter ottenere una totale immunizzazione da questo rischio mantenendo costantemente una
posizione di matching perfetto fra le attività e le passività nelle singole valute: ciò è però tecnicamente
impossibile, a meno che non si riferiscano ai rispettivi montanti rispetto ad uno stesso orizzonte
temporale. Invece di perseguire l’immunizzazione, l’intermediazione potrebbe cercare di cogliere le
opportunità tramite l’assunzione di posizioni speculative (così facendo ci sono notevoli somiglianze con il
rischio di interesse). Per completezza si deve notare come le attività e le passività esposte nello stato
patrimoniale non rappresentano in modo completo il sistema degli impegni e dei rischi di cambio assunti
dall’intermediario; infatti questi può prendere posizione anche (o semplicemente) tramite l’utilizzo di
strumenti finanziari come i contratti a termine, gli swap, futures ed options: così facendo un’eventuale
posizione netta creditoria in $ potrebbe esser compensata con una vendita a termine in $ per importo pari
al montante della posizione e alla medesima scadenza. È infine importante considerare il ruolo della
gestione della tesoreria, le cui operazioni sono guidate da logiche di convenienza economica riferite alle
aspettative dell’andamento dei tassi delle singole valute. 71
70. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Il rischio di prezzo L’attività di
negoziazione in proprio di valori mobiliari origina guadagni o perdite in conto capitale a seconda che il
prezzo di acquisto sia inferiore o superiore al prezzo di vendita: la somma algebrica dei guadagni e delle
perdite è una componente significativa per il risultato reddituale di periodo Sui titoli presenti in portafoglio
al momento della redazione del bilancio si formano invece plus/minusvalenze a seconda del fatto che i
prezzi di mercato siano superiori o inferiori ai prezzi originari di acquisto, denominati prezzi “di carico”:
tali variazioni concorrono a formare il risultato economico di periodo se si segue il criterio del valore di
mercato; altro criterio è quello in base al quale i titoli sono valutati al minore tra il costo d’acquisto e il
valore di mercato (si evidenziano solo le minusvalenze). Un intermediario è solvibile se il valore delle
attività è superiore a quello delle passività; ciò che può provocare ingenti perdite di valore per gli
intermediari stessi è la perdita su crediti e la caduta dei prezzi dei titoli posseduti. Oltre al caso limite
dell’insolvenza, un’altra possibile conseguenza è che un improvviso fabbisogno di liquidità possa
costringere a smobilizzare una quota dei titoli posseduti, in tal caso il rischio consiste nell’eventualità che
i prezzi di mercato siano inferiori a quelli di carico. La posizione netta, relativamente ad un dato titolo, si
calcola: - partendo dal valore di carico complessivo dell’investimento in un certo titolo; - aggiungendo il
valore totale degli “impegni a ricevere” il medesimo titolo; - sottraendo il valore totale degli “impegni a
consegnare” il medesimo titolo. Una posizione netta lunga espone al rischio di ribasso del prezzo e
consente di realizzare guadagni in conto capitale in caso di rialzo (il contrario per una posizione netta
corta). Il rischio di posizione misura l’effetto prodotto da una data variazione di prezzo. Le cause che
possono determinare una variazione dei prezzi sono dovute a: - mutamenti generali delle condizioni di
mercato (rischi generali): ad es. il rischio di interesse per i titoli di debito ed il rischio legato all’andamento
generale dei corsi azionari per i titoli di capitale (per la copertura si usano gli strumenti derivati); -
circostanze particolari riguardanti il singolo emittente (rischi specifici): come i rischi di credito per i titoli di
debito (per la copertura è necessaria un’attenta valutazione e selezione dei titoli, un’eventuale
diversificazione oltre che l’uso dei derivati). 4. I rischi di variazione del livello generale dei prezzi Oltre ai
rischi legati ad incertezze, si deve considerare anche il rischio di inflazione, secondo la quale la stessa
quantità di moneta consente di comprare, in periodi diversi, quantità minori di beni e servizi. Riguardo
agli intermediari, si deve considerare che la loro struttura è composta prevalentemente da crediti e debiti
nominali (il pagamento avviene alla scadenza), quindi l’eventuale svalutazione delle attività finanziarie è
compensata dalla corrispondente svalutazione delle passività. Occorre però considerare la composizione
della struttura patrimoniale dell’intermediario che, al tempo t0, è: Af0 + Ar0 = Pf0 + Mp0 Considerando
l’eguaglianza tra ricavi e costi, l’adozione di una rappresentazione contabile a valori “correnti” ed
indicando con k il tasso d’inflazione si ha: 72
71. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it Af + Pf + Ar0 (1+k) =Mp1 Dove il
valore nominale delle attività/passività finanziarie appare invariato, mentre quello delle attività reali
sembra nominalmente rivalutato per l’inflazione (1+k). Per valutare l’effetto dell’inflazione ex post
occorre calcolare: Mp1 = Mp0 (1+k) ovvero se il capitale netto contabile si sia rivalutato o meno rispetto
al tasso d’inflazione, a tal proposito si possono ipotizzare 3 casi alternativi: - se Af = Pf, allora Ar 0 = Mp0
e Mp1 = Mp0 (1+k): il capitale netto si rivaluta nominalmente nella misura del tasso di inflazione; - se Af
> Pf, allora Ar0 > Mp0 e Mp1 > Mp0 (1+k): la rivalutazione del capitale netto è maggiore del tasso di
inflazione dato che gli Mp beneficiano residualmente della rivalutazione della Ar; - se Af < Pf, allora Ar0 <
Mp0 e Mp1 < Mp0 (1+k): questa è la situazione più frequente, situazione inversa alla precedente anche
per il fatto che una parte degli Mp risulta destinata ad integrare le passività nel finanziamento delle Af.
Come già visto, il capitale circolante monetario netto positivo (Af – Pf > 0) ha un ruolo rilevante. Un’analisi
più approfondita deve però considerare anche che: - fra le Af, le azioni possedute hanno in genere
compartimento difforme, il loro valore futuro non è ancorato ad un parametro nominale, ma dipende
anche dal valore prospettico degli investimenti reali, quindi in teoria, in caso di inflazione, il valore di
queste azioni dovrebbe aumentare in misura maggiore del livello generale dei prezzi; - l’inflazione
influisce sia sui flussi finanziari che sulle struttura finanziari degli intermediari; - l’inflazione influisce sul
livello generale dei tassi d’interesse e quindi sui costi e i ricavi degli intermediari creditizi; - l’inflazione
influisce sui costi operativi non finanziari; - l’inflazione ha effetto differenziato all’interno della stessa
struttura finanziaria dell’attivo e del passivo, poiché le Af e le Pf sono denominate in valuta diversa e sono
caratterizzate da tassi di inflazione e aspettative inflazionistiche diverse. Schemi (molto) riassuntivi 73
72. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it GLI STRUMENTI ED I SERVIZI
FINANZIARI 1.1. Gli strumenti finanziari di raccolta di tipo personalizzato Strumenti di tipo personalizzato:
- c/c di corrispondenza passivi: contemporaneamente funzione di pagamento e di investimento,
strumento di impiego di fondi, diversi dai c/c attivi; da distinguere: data valuta, quarto giorno, sesto
giorno, data di emissione assegno; viene mandato l’estratto conto (ogni 3 mesi) e la staffa (annuale); -
depositi a risparmio (D/R): finalizzati a sottrarre durevolmente somme ai consumi, si usa il libretto di
risparmio (nominativo o al portatore); in base alla scadenza possono essere liberi o vincolati; - certificati
di deposito (CD): durata breve-media (3 mesi – 5 anni); sono titoli individuali, trasferibili e a
remunerazione predefinita o variabile - pronti contro termine passivi (P/T): la banca vende con patto di
riacquisto; prezzo a pronti ed a termine; durata 1-2-3 mesi; non ammette estinzione anticipata. 1.2. Le
forme tecniche di raccolta basate su strumenti di mercato Hanno una scadenza m/l termine e sono
principalmente: - obbligazioni bancarie: sono abilitate tutele società bancarie (no di persone); la loro
emissione deve essere deliberata dall’organo amministrativo; durata min 3 anni (anche in tranche);
possono avere o non caratteristiche di mercato; - titoli strutturali: equity-commodity-foreignexchange
linked e reverse convertable; legati all’andamento di tassi di interesse (fixed riverse floating), legati a
particolari eventi (credit derivative). Contabilizzazione: voce 20 SP e CE. 1.4. L’apertura di credito in c/c e
le operazioni di smobilizzo dei crediti commerciali Per sopperire a carenze temporanee di liquidità, le
imprese richiedono alle banche un margine di liquidità tramite: - apertura di credito in c/c: a tempo
determinato o indeterminato; è una forma di finanziamento molto elastica, onerosa, contrattuale e non
assistita da garanzie (solo a volte si); ci sono operazioni a debito e a credito; ogni operazione è
contrassegnata dalla data contabile e da quella valuta; competenze: interessi, commissioni max scoperto,
rimborsi spese; contabilizzazione: voce 40 SP e 20 CE; - sconto cambiario: un’impresa cede i propri crediti
ad una banca o con il pagherò o con la tratta; esiste la girata; clausole usate: pro solvendo o pro soluto;
possibile castelletto di sconto (rapporto continuativo); S=(numeri*tasso)/36500; contabilizzazione voce 40
CE; - anticipi sbf su ricevute e fatture: per motivi economici e fiscali; ora si usano le ricevute bancarie (no
titoli di credito) e le fatture commerciali; si distingue tra l’accredito diretto in c/c, il conto transitorio
fruttifero sbf; contabilizzazione: voci 20 e 40 CE. 74
73. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it 1.5. Lo smobilizzo dei crediti
tramite factoring Factoring: servizio gestionale che riduce il rischio di credito delle operazioni; pro
solvendo o pro soluto; può essere: completo, maturity, invoice discounting, international (imp-exp);
importanti indicatori della convenienza: durata e impatto medio; la decisione di utilizzo rientra nel
processo di delega all’esterno. Costo: interessi maturati sugli anticipi, commissione, spese di istruttoria, in
genere quelli connessi alla gestione delle fatture. Convenienza: confronto tra oneri, destinazione flussi
finanziari liberati. 1.6. Il finanziamento dei capitali fissi: il mutuo Il mutuo è una forma di prestito a m/l
termine erogata dalla banca; ci sono le rate stabilite secondo un piano di ammortamento (R=C+I); si
distingue tra debito estinto e residuo, ammortamento francese (rate posticipate periodiche costanti)
periodo di preammortamento (solo quota interesse) e ammortamento italiano (quote capitali costanti
C1=C/n); diversi profili contrattuali: indicizzazione del prestito e in valuta. 1.7. Il finanziamento dei capitali
fissi: il leasing Il leasing è un contratto atipico regolato da scrittura privata; varie forme: operativo (solo il
bene senza manutenzione), finanziario (m/l termine, tutto sul locatore), immobiliare, mobiliare, lease
back, internazionale; rischio cliente e rischio bene; il costo del leasing finanziario è dato da PB = Σ
C/(1+i)t + PR/(1+i)n; per la contabilizzazione in Italia si usa il metodo patrimoniale. 1.9. Gli strumenti di
finanziamento degli impegni contrattuali d’impresa I prestiti bancari possono essere di cassa o di firma. I
crediti di firma si dividono a seconda: della tipologia di obbligazioni sottostante, delle finalità dell’impegno
della banca, dell’ambito di riferimento, delle caratteristiche contrattuali. Fonti alternative sono: -
l’accettazione bancaria: il cliente ordina alla banca di pagare; strumento molto garantito, agevolmente
collocabile, breve scadenza; valutazione economica: RN=VN/[1+(gg*i)/36500]-costi; - polizza di credito
commerciale: dichiarazione di debito impresa-impresa; la banca rilascia una fideiussione; - cambiale
finanziaria: titolo di credito con possibile girata, senza garanzie, oneroso; rendimento:
i=[(VN-PC)/PC]*(365/gg); - certificato di investimento: simile alla cambiale ma: medio termine (+ di 1
anno), titolo di credito con girata, anche non “in serie”, può essere emesso anche da non quotate. 2.4. I
servizi agli emittenti: i sistemi di sottoscrizione e di collocamento I collocamenti, in base al target,
possono essere in forma pubblica o privata. Chi vuole finanziarsi deve prendere in considerazione: gli
investitori, il tipo e la valuta del finanziamento, il piano di debito, l’iter procedurale, il timing ed il pricing. I
servizi di 75
74. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it collocamento sono inoltre spesso
necessari sia prima che dopo, ovvero sia nella progettazione-organizzazione che nella fase successiva. I
consorzi possono essere: di solo collocamento, di collocamento e garanzia, di collocamento con
assunzione a fermo. 2.5. I servizi di gestione del risparmio Le gestioni collettive possono essere fatte dalle
OICR (fondi e sicav): il patrimonio è unitario, i singoli hanno quote, il rendimento è ripartito. Gli OICR sono
a capitale fisso o variabile. Nel caso delle gestioni personali: il rapporto è più personalizzato, min il grado
di diversificazione. Possono farle le banche e le imprese di investimento. 2.6. I servizi di negoziazione Per
migliorare la fluidità degli scambi: accentramento fisico delle transazioni, definizione di regole comuni,
presenza degli intermediari. Il broker ha funzioni di ricerca della controparte ed un basso valore aggiunto
del servizio offerto, per tale motivo offre anche servizi come la consulenza e informazione finanziaria, il
trading on line e servizi di negoziazione in proprio, in tal caso si distingue tra dealer (controparte diretta)
e market making (controparte diretta continuativa). 4.1. Gli strumenti di pagamento Quelli tipici sono: -
l’assegno: bancario (titolo di credito a vista di un soggetto) e circolare (lo stesso ma è la banca obbligata);
per ridurre i tempi c’è la check truncation; - le carte di pagamento: sostitutive della moneta, possono
essere di credito o prepagate; in base all’emittente si divide in: bancarie, fidelity e co-branded con
particolari caratteristice e vantaggi proprie; - operazioni di pagamento e di incasso commerciali: bonifico,
incasso mediante avviso di versamento (MAV), ricevute bancarie (Ri.Ba.), rapporto interbancario diretto
(RID); - moneta elettronica o pagamenti su internet. 4.4. Le banche e le operazioni commerciali con
l’estero per una maggiore contestualità tra pagamento e consegna della merce sono stati implementati
tra le altre cose: delle modalità (FOB, CIF, C&F) e dei documenti (di trasporto e disponibilità, identificativi
della merce, assicurativi). Importante è il ruolo delle banche soprattutto tramite il credito documentario,
ma anche quello dell’assicurazione pubblica fatta sulle esportazioni dalla SACE. 76
75. Appunti di Economia degli Intermediari Finanziari www.profland.135.it ALCUNE DOMANDE D’ESAME (dal
1998) 1. I contratti a termine su attività finanziarie. (I) 2. Saldi finanziari e fabbisogno di trasferimento. (II)
3. Dimensione dei saldi finanziari e struttura del sistema di intermediazione. (II) 4. Struttura dei saldi
finanziari settoriali e impatto sull’intermediazione finanziaria: il caso italiano. (II) 5. I principali strumenti
del controllo monetario. (III) 6. Il Sistema europeo di banche centrali (Sebc). (III) 7. Base monetaria e
processo di moltiplicazione. (III) 8. Fondamenti della regolamentazione del sistema finanziario e area
d’intervento delle Autorità. (III) 9. I principi fondamentali dell’ordinamento delle attività di intermediazione
mobiliare. (V) 10. Caratteristiche dei mercati del financial future. (V) 11. Scambi diretti autonomi, diretti
assistiti, delega. (VI) 12. Concorrenza e complementarietà tra mercati ed intermediari. (VI) 13. La
domanda di strumenti e servizi di regolamento monetario. (VI) 14. La domanda di strumenti e servizi di
gestione dei rischi. (VI) 15. Gestione finanziaria e ciclo di vita dell’impresa. (VI) 16. La segmentazione
della clientela bancaria. (VI) 17. I contenuti della delega conferita dal risparmiatore all’intermediario. (VI)
18. Le attività di merchant banking e venture capital: caratteri comuni e differenze. (VII) 19. La
diversificazione degli intermediari finanziari: presupposti e opportunità. (VII) 20. I fondi pensione. (VII) 21.
Le diverse tipologie di factoring. (VII e 1.5) 22. La società di leasing. (VII e 1.5) 23. Struttura dello stato
patrimoniale e del conto economico delle società di leasing. (VII e 1.5) 24. Determinanti del margine di
interesse: il suo contributo alla formazione del risultato netto. (VIII) 25. L’intermediazione orientata al
margine da plusvalenza. (VIII) 26. Il margine degli intermediari con passività di mercato. (VIII) 27. Liquidità
e solvibilità delle banche. (VIII) 28. Tipologia dei rischi di insolvenza della controparte. (IX) 29. Il rischio di
credito: determinazione e impatto sulla gestione bancaria. (IX) 30. Il rischio di regolamento. (IX) 31.
Tipologie dei rischi di mercato. (IX) 32. Il currency swap quale strumento di copertura del rischio di
cambio. (IX) 33. Il rischio di prezzo. (IX) 34. Le obbligazioni convertibili: caratteristiche tecniche e problemi
di valutazione. (1.2) 35. L’apertura di credito in conto corrente. (1.4) 36. La convenienza del ricorso al
factoring per le imprese. (1.5) 37. Gli strumenti del finanziamento diretto delle imprese. (1.7) 38. La
struttura dei consorzi di collocamento. (2.4) 39. I servizi dell’attività di collocamento. (2.4) 40. Gli
strumenti di pagamento per la clientela impresa. (4.1) 41. Prestiti subordinati e strumenti ibridi di
patrimonializzazione. (?) 42. Relazione di equilibrio tra cambi a pronti e cambi a termine e opportunità di
arbitraggio. (?) 43. I servizi di gestione patrimoniale. (?) 44. Il cambio a termine di equilibrio. (?) 45.
Caratteristiche strutturali dell’Euromercato. (?) 46. I sistemi di regolamento dei titoli in Italia. (NO) 47. I
meccanismi di collocamento dei titoli di stato. (NO) 77