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Capitolo 1 - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

Date post: 27-Nov-2021
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x, y, t w, z j, k, n, m R x 2 +1=0 x 2 = -1 + · i := -1 i 2 := i · i= -1 x R (i · x) 2 := (i · x) · (i · x) = (i · i) · (x · x)= -(x 2 ) . i p> 0= -p =i · p : R + R +
Transcript

Capitolo 1

La funzione esponenziale complessa

Date: 2021-03-31 13:05 +0200 Revision: 325 : e4130306dc3b

1.1 Riassunto sui numeri complessi

Nota: In questo capitolo sui numeri complessi, i simboli x, y, t denoteranno variabili reali, w, z

indicheranno generici numeri complessi, j, k, n,m indicheranno numeri interi.

Il campo dei numeri reali R permette di svolgere numerosi problemi in ambito matematico

e �sico. Tuttavia non costituisce un campo completamente soddisfacente. Le sue principali

carenze si trovano in ambito algebrico: non tutti i polinomi di variabile reale a coe�cienti reali

ammettono delle radici. Basti pensare all'equazione di secondo grado x2 + 1 = 0 che sarebbe

risolta solo da un ipotetico numero il cui quadrato è negativo: x2 = −1. La situazione è ancora

più spinosa pensando alle equazioni di terzo grado: esiste una formula risolutiva a volte richiede

la radice quadrata di numeri negativi anche nel caso in cui l'equazione possieda tre radici reali.

I numeri complessi sono stati concepiti per risolvere questo problema. Ne rivediamo per

sommi capi la costruzione e le principali proprietà.

Proprietà costitutive dei numeri complessi Quello che si cerca è un'estensione dell'insieme

dei numeri reali, ossia un insieme che

(i) contenga i numeri reali come sottoinsieme proprio;

(ii) che preservi per quanto possibile le proprietà delle operazioni fondamentali: somma (+) e

prodotto (·) valide per i numeri reali;

(iii) che ammetta elementi con quadrato negativo.

Partendo da quest'ultima richiesta (iii), si de�nisce un nuovo numero, chiamato unità immagina-

ria i :=√−1, per il quale valga i2 := i·i = −1. Dalla (ii) richiediamo che sia possibile moltiplicare

l'unità immaginaria per qualsiasi numero reale, e ammettendo che valgano le proprietà associativa

e commutativa della moltiplicazione, si ha, per ogni x ∈ R,

(i · x)2 := (i · x) · (i · x) = (i · i) · (x · x) = −(x2) . (1.1)

Pertanto, moltiplicando �i� per un numero reale, possiamo estrarre la radice quadrata di un

qualsiasi numero negativo: se p > 0 =⇒√−p = i · √p, ove l'ultima radice quadrata è quella

solita, de�nita per numeri positivi e a valori positivi:√

: R+ → R+.

1

2 CAPITOLO 1. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA

Nota: Sempre per le suddette proprietà della moltiplicazione, (−i)2 = [(−1) · i]2 = −1, quindi

anche (−i · √p)2 = −p, pertanto il numero reale negativo −p ammette due radici: ±i√p.

L'insieme dei multipli reali dell'unità immaginaria

I = {i · x : x ∈ R} (1.2)

si chiama insieme dei numeri immaginari.

Sempre dalla (ii) assumiamo di poter sommare numeri reali e numeri immaginari, cioè di

poter trattare come numeri le combinazioni del tipo z = x + i · y con x e y reali. I coe�cienti

reali x e y si chiamano rispettivamente parte reale e parte immaginaria1 del numero complesso

z, e si scrive x = Re (z) , y = Im (z).

Si de�nisce insieme dei numeri complessi la totalità di queste combinazioni lineari:

C = {z = x+ i · y : x, y ∈ R} . (1.3)

Due numeri complessi sono uguali se e solo se hanno la stessa parte reale e la stessa parte

immaginaria.

La de�nizione (1.3) sta in piedi perché è possibile dotare C di due operazioni (�somma� e

�prodotto�) che godono delle stesse proprietà fondamentali delle omonime operazioni tra numeri

reali. Infatti, imponendo le proprietà commutativa, associativa e distributiva della somma e del

prodotto anche tra numeri reali ed immaginari, è facile ricavare che

(x1 + i · y1) + (x2 + i · y2) = (x1 + x2) + i · (y1 + y2) (1.4a)

(x1 + i · y1) · (x2 + i · y2) = (x1 · x2 − y1 · y2) + i(x1 · y2 + x2 · y1) . (1.4b)

Innanzi tutto, osserviamo che i risultati di queste due operazioni sono ancora numeri complessi.

Inoltre si veri�ca facilmente che le due operazioni appena introdotte soddisfano le stesse proprietà

delle analoghe operazioni sui reali.

Esercizio: Veri�care che la formula risolutiva dell'equazione di secondo grado az2 + bz + c = 0

a coe�cienti reali a, b, c ∈ R nell'incognita z fornisce sempre due radici z1,2 dell'equazione, anche

nel caso di discriminante negativo. Veri�care che tale formula è corretta anche nel caso di

un'equazione di secondo grado con coe�cienti complessi a, b, c ∈ C.

Elementi neutri, opposto, inverso In C esiste l'elemento neutro della somma (1.4a), ed è

dato da 0C := 0 + i · 0. L'opposto di un numero complesso z = (x+ i · y) è −z = (−x) + i(−y).

Esite altresì l'elemento neutro del prodotto (1.4b) dato da 1C := 1 + i · 0. L'inverso di un

numero complesso z = (x+ i · y) è

z−1 :=1C

z=

x

x2 + y2+ i

−yx2 + y2

. (1.5)

1Più correttamente si dovrebbe dire coe�ciente dell'immaginario.

1.1. RIASSUNTO SUI NUMERI COMPLESSI 3

Il sottogruppo dei reali Il sottoinsieme dei numeri complessi con parte immaginaria nulla è

chiuso rispetto alle operazioni di somma e prodotto date in (1.4): esso è pertanto sottogruppo di

C sia rispetto alla somma, sia rispetto al prodotto, e si veri�ca facilmente che esso è isomorfo al

corpo dei numeri reali:

R := {z = x+ i · 0 : x ∈ R} ∼= R , (1.6)

l'isomor�smo essendo z 7→ Re z. Quindi, quando ci riferiamo ai numeri reali, possiamo egual-

mente pensare agli elementi di R oppure agli elementi di R ⊂ C con parte immaginaria nulla.

L'insieme dei numeri immaginari I è sottogruppo di C rispetto all'addizione, ma non rispetto

alla moltiplicazione. In particolare non contiene un elemento neutro rispetto alla moltiplicazione.

Il piano complesso La moltiplicazione tra un numero reale c ∈ R ed un numero complesso

z ∈ C ha l'e�etto di moltiplicare per c sia le parti reale ed immaginaria di z:

c · (x+ i · y) = (c+ i · 0) · (x+ i · y) = (c · x) + i(c · y) . (1.7)

Siccome per speci�care univocamente un numero complesso è necessario e su�ciente speci�care

le sue parti reale ed immaginaria, vediamo che C è in corrispondenza biunivoca con l'insieme R2:

C→ R2 x+ i · y 7→ (x, y) (1.8)

Sappiamo che R2 è un R-spazio vettoriale rispetto alla somma e prodotto per scalari:

+ : R2 × R2 → R2 (x1, y1) + (x2, y2) = (x1 + x2, y1 + y2) (1.9a)

. : R× R2 → R2 c.(x, y) = (cx, cy) . (1.9b)

Anche C è un R-spazio vettoriale rispetto alla somma (1.4a) ed alla moltiplicazione per numeri

reali (1.7), e si veri�ca immediatamente che la corrispondenza (1.8) è un isomor�smo tra questi

spazi vettoriali. È molto utile rappresentare C con il piano R2. Infatti, in questo contesto la

somma tra numeri complessi diventa la somma tra due vettori e�ettuata mediante la regola del

parallelogramma, mentre la moltiplicazione per scalari corrisponde ad una dilatazione del vettore

stesso. L'opposto di un numero complesso è rappresentato dal vettore opposto, e la di�erenza tra

numeri complessi (cioè la somma di z1 con −z2) corrisponde al vettore che congiunge la punta di

z2 con z1. L'insieme R dei numeri reali corrisponde alla retta {(x, 0) : x ∈ R da identi�care con

l'asse delle ascisse nella rappresentazione cartesiana, mentre I corrisponde all'asse delle ordinate.La grossa di�erenza tra C ed R2 è la struttura molto più ricca di C che deriva dall'operazione

di moltiplicazione di cui R2 non è dotato.

Alla lunghezza r =√x2 + y2 del vettore (x, y) ∈ R2 facciamo corrispondere il modulo del

numero complesso z = x+ i · y e che indichiamo con |z| :=√

Re (z)2 + Im (z)2 ∈ R+. Solo 0C ha

modulo nullo. Tutti gli altri numeri complessi hanno modulo strettamente positivo.

Coniugazione complessa Abbiamo visto che (−i) ha la stessa proprietà di (i), cioè di avere

per quadrato il numero (−1). Quindi tutta la costruzione fatta per de�nire il corpo C si può

rifare sostituendo i→ −i. In altre parole, la trasformazione chiamata coniugazione complessa

∗ : C→ C z = x+ i · y 7→ z∗ := x+ (−i) · y = x− i · y (1.10)

4 CAPITOLO 1. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA

produce un insieme di numeri che gode delle stesse proprietà algebriche di C ed è ad esso isomorfo:

z∗1 + z∗2 = (z1 + z2)∗ , z∗1 · z∗2 = (z1 · z2)∗ . (1.11)

Il numero z∗ si chiama il complesso coniugato del numero z. Si ha:

z + z∗ = 2 Re z = 2 Re z∗ , z − z∗ = i · 2 Im (z) = −i · 2 Im (z∗) (1.12)

z · z∗ = Re (z)2 + Im (z)2 = |z|2 = |z∗|2 =⇒ z−1 =z∗

|z|2. (1.13)

Nel piano complesso, la coniugazione corrisponde alla ri�essione speculare rispetto alla retta dei

numeri reali. In particolare R∗ = R, anzi, ∗|R = idR.

La coniugazione complessa è un'involuzione, cioè applicata due volte si riduce all'identità:

(z∗)∗ = z.

D'ora in avanti ometteremo il simbolo · che abbiamo usato per denotare l'operazione di

moltiplicazione. Ometteremo anche il su�sso C con cui abbiamo speci�cato gli elementi neutri

di C, in quanto essi coincidono con gli elementi neutri di R ⊂ C.

Coordinate polari È abbastanza notevole che nel piano complesso si riesca da dare una rap-

presentazione geometrica semplice del prodotto (1.4b). A questo scopo, introduciamo le cordinate

polari2 nel piano cartesiano R2, parametrizzando le coordinate (x, y) del generico vettore di R2

in termini di lunghezza (o modulo) r ∈ R+ ed angolo polare (o argomento) φ ∈ R. Le stesse

coordinate polari parametrizzano anche i numeri complessi:x = r cosφ

y = r sinφ=⇒ z = x+ iy = r(cosφ+ i sinφ)

|z| = r

arg(z) = φ .(1.14)

Nota: Il modulo di 0C è 0, l'argomento di 0C non è de�nito.

Denotiamo con U = {z ∈ C : |z| = 1} l'insieme dei numeri complessi di modulo unitario.

Introduciamo (con G. H. Hardy) la funzione

cis : R→ U , φ 7→ cis(φ) = cosφ+ i sinφ (1.15)

(�cis� sta per �coseno i seno�) che dà la �direzione� del generico numero complesso:

cis(arg z) = z/|z| ⇐⇒ z = r cis(φ) = |z| cis(arg z) . (1.16)

Se ora moltiplichiamo due numeri complessi scritti con coordinate polari, otteniamo

z1z2 = r1r2(cosφ1 cosφ2 − sinφ1 sinφ2) + i r1r2(cosφ1 sinφ2 + cosφ2 sinφ1)

= r1r2[cos(φ1 + φ2) + i sin(φ1 + φ2)] = |z1| |z2| cis(φ1 + φ2) . (1.17)

2Assumiamo note le funzioni sin, cos : R → R dalla trigonometria. Più avanti ne daremo una de�nizione

puramente analitica, cioè usando solamente le strutture di C.

1.1. RIASSUNTO SUI NUMERI COMPLESSI 5

Riconosciamo che il modulo del prodotto è il prodotto dei moduli, mentre l'argomento del

prodotto è la somma degli argomenti:

|z1z2| = |z1| |z2| , arg(z1z2) = arg(z1) + arg(z2) (mod 2π)∣∣∣∣1z∣∣∣∣ =

1

|z|, arg

1

z= − arg(z) (mod 2π)

|z∗| = |z| , arg(z∗) = − arg(z) (mod 2π) . (1.18)

In altre parole: nella moltiplicazione, i moduli si moltiplicano, gli argomenti si sommano.

Nota: L'argomento di un vettore o di un numero complesso è de�nito a meno di una costante

multipla di 2π, e si dice anche �modulo 2π� (qui la parola �modulo� non c'entra niente con il

modulo di un numero). Quindi anche la somma degli argomenti è de�nita �modulo 2π�. Si usa

la notazione

a = b (mod 2π) ⇐⇒ ∃m ∈ Z : a = b+m 2π .

.

Esercizio: Mostrare che cis è suriettiva ma non iniettiva.

Pertanto, moltiplicare per z un dato numero complesso w signi�ca

• dilatare w di un fattore |z|;

• ruotare il vettore così ottenuto di un angolo arg(z).

Siccome le dilatazioni (dette anche �omotetie�) e le rotazioni commutano, si possono attuare

anche in ordine inverso. Equivalentemente, si può partire da z, dilatarlo di un fattore |w| equindi ruotare di un angolo arg(w).

Quindi se l'operazione �somma di z� equivale ad una traslazione nel piano complesso, l'ope-

razione �moltiplicazione per z� equivale ad una roto-omotetia. In particolare, siccome |i| = 1

e arg(i) = π/2, moltiplicare per (i) equivale a ruotare di un angolo retto in verso positivo

(antiorario).

Lo stesso dicasi per le trasformazioni inverse: la sottrazione di un numero complesso corri-

sponde alla traslazione inversa, mentre la divisione per il numero complesso z 6= 0 equivale a

dilatare di un fattore 1/|z| ed a ruotare di un angolo − arg(z).

Potenze Dato un numero intero m ∈ Z, si de�nisce la potenza m-esima del numero complesso

z in completa analogia a quanto si fa per i numeri reali:

z0 := 1 = 1 cis(0)

z1 := z = r cis(φ)

(n ≥ 1) zn := z · zn−1 = rn cis(nφ)

(n < 0) zn :=1

z−n=

1

r−n cis(−nφ)= rn cis(nφ) . (1.19)

Vediamo che, in ogni caso, cioè ∀n ∈ Z, zn = rn cis(nφ). Quindi, elevare un numero complesso

z ad una potenza intera n ∈ Z ha per risultato un numero complesso il cui modulo è la potenza

n-esima del modulo di z, mentre l'argomento è n volte l'argomento di z.

6 CAPITOLO 1. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA

Radici Cerchiamo ora le radici intere positive di un numero complesso z = r cis(φ) ∈ C∗. Daton ∈ N, n > 0, vogliamo trovare quei numeri complessi w = ρ cis(θ) (se esistono) tali che wn = z.

Da quanto scritto a proposito delle potenze, si tratta di determinare ρ e θ tali che

ρn cis(nθ) = r cis(φ) ⇐⇒

ρn = r

nθ = φ+ k 2π (k ∈ Z)⇐⇒

ρ = r1/n

θ = φn

+ k 2πn

(k ∈ Z)

(1.20)

Vediamo così che, per ogni z 6= 0, ci sono diverse radici distinte, tutte con lo stesso modulo (dato

dalla radice n-esima di |z|). La più �naturale� è quella con k = 0, che ha per argomento arg(z)/n,

come ci si poteva aspettare intuitivamente. Le altre radici sono ruotate di un multiplo intero di

2π/n rispetto alla �naturale�. Per k = 1, · · · , n− 1 queste radici sono distinte. Ma per k = n si

ritrova la radice �naturale�, poiché l'argomento ne di�erisce di 2π. Per k > n o k < 0 ritroviamo

le medesime radici. In de�nitiva, ci sono n radici distinte.

Come caso importante, ricaviamo le radici n-esime dell'unità. Il loro modulo è evidentemente

1, il loro argomento vale k(2π/n) : k = 0, 1, · · · , n− 1. Per k = 0 otteniamo la radice �naturale�

1. Nel piano complesso l'insieme delle radici n-esime dell'unità formano un poligono regolare con

n vertici localizzati nell'insieme dei numeri unitari U, uno dei quali è il numero 1.

IR

II

IR

II

π/3−ie

iπ/3e

−i

0 1

i

−i

0 1

i

−1 −1

Figura 1.1: Radici cubiche (sinistra) e radici quarte (destra) dell'unità.

Osservazione: Siccome z = z · 1, le radici n-esime di z sono date da una qualsiasi delle radici

di z (per esempio quella �naturale�), moltiplicata per le n radici dell'unità.

Polinomi Avendo de�nito le potenze intere dei numeri complessi, possiamo de�nire i polinomi

a coe�cienti complessi nella variabile complessa z ∈ C.

P (z) = anzn + an−1z

n−1 + · · ·+ a2z2 + a1z + a0 : ai ∈ C . (1.21)

Se an 6= 0 il polinomio si dice di grado n-esimo. L'insieme dei polinomi in campo complesso nella

indeterminata z si indica con C[z]

Teorema 1.1 (fondamentale dell'algebra) Ogni polinomio P ∈ C[z] di grado maggiore o

uguale ad 1 ammette almeno una soluzione (o radice) z̄ ∈ C, ossia ∃ z̄ ∈ C : P (z̄) = 0.

1.2. RICHIAMI DI TOPOLOGIA 7

Corollario 1.2 Ogni polinomio P ∈ C[z] di grado maggiore o uguale ad 1 si può scomporre

come prodotto di n polinomi di primo grado.

Dimostrazione: Ovviamente i polinomi di primo grado ammettono l'unica radice z̄ = −a0/a1.Dato invece un polinomio Pn(z) di grado n > 1, sia zn una sua radice, che sicuramente esiste

per il teorema fondamentale. Allora, applicando il metodo di divisione dei polinomi tra Pn(z)

e z − zn, si ottiene per quoziente un polinomio Pn−1 di grado n − 1, il quale avrà una radice

zn−1 ∈ C. Continuando così si trova

Pn(z) = an(z − zn)(z − zn−1) · · · (z − z1) (1.22)

C.V.D.

Questa è la proprietà più importante di C: essere un corpo algebricamente chiuso.

1.2 Richiami di topologia

Fino a qui abbiamo applicato un numero �nito di operazioni sui numeri complessi. Il passo

successivo è quello di considerare delle serie in�nite. Per dare senso ad espressioni del tipo∑∞n=0 zn in C, dobbiamo stabilire i concetti topologici di limite, convergenza, ecc., che si sono

visti in R.Poichè dal punto di vista insiemistico C ∼= R×R, è naturale dotare C della topologia prodotto

di R × R. Questo signi�ca che una base di intorni3 in C può essere costruita come prodotti

cartesiani degli intorni di R: se X ⊂ R è intorno di x0 ∈ R e Y ⊂ R è intorno di y0 ∈ R,allora Z = {x + iy ∈ C : x ∈ X, y ∈ Y } ⊂ C è intorno di x0 + iy0 in C. Se per esempio in Rconsideriamo come intorno del punto x un qualsiasi intervallo aperto ]a, b[ contenente x, in R2

un qualsiasi rettangolo aperto ]a1, a2[× ]b1, b2[ che contenga il punto (x, y) ne è suo intorno; in

C il rettangolo aperto {z ∈ C : a1 < Re (z) < a2 , b1 < Im (z) < b2} è intorno di z0 se e solo se

a1 < Re (z0) < a2 , b1 < Im (z0) < b2.

Avendo stabilito gli intorni di C, possiamo de�nire il concetto di convergenza:

De�nizione 1.1 Una successione di numeri complessi (zn)n∈N converge al numero complesso z̄

se, per ogni intorno U di z̄ esiste un intero nU ∈ N tale che zn ∈ U per ogni n ≥ nU . In tal caso

si scrive limn→∞ zn = z.

Questa topologia, oltre ad essere naturale, è anche estremamente adatta alla struttura algebrica

di C, perché le operazioni di somma e di prodotto sono funzioni continue in questa topologia.

Spazi metrici In realtà C è uno spazio metrico, in cui la distanza tra due punti è data dal

modulo della di�erenza tra tali punti: d : C×C→ R+, d(z1, z2) = |z1−z2|. Ricordiamo che, dato

un insieme X anche senza strutture, una funzione d : X ×X → R+ è detta metrica o distanza se

soddisfa le seguenti proprietà:

3Una famiglia Bp di sottoinsiemi dello spazio topologico T si dice base per gli intorni di p ∈ T se (i) ogni

U ∈ Bp è intorno di p; (ii) ogni intorno V di p contiene un U ∈ Bp. L'unione B =⋃p∈T

Bp forma una base per gli

intorni di T .

8 CAPITOLO 1. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA

D0 d(x, y) ≥ 0 ∀x, y ∈ X (positività )

D1 d(x, y) = 0 ⇐⇒ x = y

D2 d(x, y) = d(y, x) ∀x, y ∈ X (simmetria)

D3 d(x, y) + d(y, z) > d(x, z) ∀, x, y, z ∈ X (disuguaglianza triangolare)

De�nizione 1.2 Uno spazio metrico è una coppia (X, d) formata da un insieme X e da una

distanza d su X.

Esercizio: Veri�care che d(z1, z2) = |z1 − z2| soddisfa D1, D2, D3.

De�nizione 1.3 Dato uno spazio metrico (X, d), indichiamo con palla aperta di centro x ∈ X e

raggio r ∈ R+ l'insieme B(x, r[ := {y ∈ X : d(x, y) < r}. Corrispondentemente, la palla chiusa

è B(x, r] := {y ∈ X : d(x, y) ≤ r}.

La topologia indotta dalla metrica è costituita dalla base di intorni fornita dalle palle aperte

B(z, r[ := {w ∈ C : |w−z| < r} ove z è il centro della palla e r > 0 è il raggio. Per ovvie ragioni,

in C ∼= R2 useremo la parola cerchio o disco come sinonimo di palla. Siccome ogni cerchio aperto

di centro z contiene un rettangolo aperto di cui z è elemento, ed ogni rettangolo aperto di cui z è

elemento contiene un cerchio aperto di centro z, la topologia indotta dalla metrica è equivalente

alla topologia prodotto di R× R descritta in precedenza.

Completezza In uno spazio metrico possiamo quanti�care, mediante la distanza, il concetto

di vicinanza fornito dagli intorni di uno spazio topologico. In particolare, se abbiamo una suc-

cessione di elementi (xn)n∈N in X, la cui distanza diventa sempre più piccola al crescere di n, ci

possiamo chiedere se questa successione ammetta un limite, cioè converga a qualche elemento di

X. Precisiamo questa idea:

De�nizione 1.4 Una successione di elementi (xn)n∈N di uno spazio metrico (X, d) è detta

fondamentale o di Cauchy se, per ogni ε > 0 esiste nε ∈ N tale che d(xn, xm) ≤ ε ∀n,m ≥ nε.

È banale osservare che ogni successione convergente è di Cauchy (esercizio). Il viceversa non

è sempre vero. In analisi, svolgono un ruolo di fondamentale importanza gli spazi metrici in cui

le successioni di Cauchy sono sempre convergenti.

De�nizione 1.5 Uno spazio metrico (X, d) si dice completo se ogni successione di Cauchy in

(X, d) converge nella topologia indotta dalla metrica.

L'esempio più semplice e non banale di spazio metrico completo è R. Ricordiamo altresì che

l'insieme dei numeri razionali Q non è completo.

Teorema 1.3 C è completo (nella topologia indotta dalla metrica d(w, z) = |w − z|)

1.2. RICHIAMI DI TOPOLOGIA 9

Dimostrazione: Sia (zn)n∈N successione di Cauchy in C. Allora la successione di numeri rea-

li (xn)n∈N costituita dalle parti reali xn : = Re (zn) è di Cauchy in R, infatti |xn − xm| ≤√|xn − xm|2 + |yn − ym|2 = |zn − zm|. Pertanto tale successione è convergente, per la comple-

tezza di R, e converge ad un numero x ∈ R. Analogamente la successione (yn)n∈N delle parti

immaginarie è di Cauchy e pertanto converge ad un y ∈ R. Veri�chiamo che (zn) converge a

z = x+iy. Dalla convergenza di (xn), �ssato η > 0, esiste n1 ∈ N tale che |xn−x| ≤ η ∀n ≥ n1.

Analogamente esiste n2 ∈ N tale che |yn − y| ≤ η ∀n ≥ n2. Sia n̄ = max{n1, n2}. Allora,

∀n ≥ n̄ si ha |zn − z|2 = |xn − x|2 + |yn − y|2 ≤ 2η2. Prendendo η = ε/√

2 ed nε = n̄ si rientra

nella de�nizione di successione convergente. C.V.D.

Spazi vettoriali normati Come abbiamo visto, C è un R-spazio vettoriale rispetto all'addizio-ne ed alla moltiplicazione per scalari reali. In realtà, la proprietà distributiva della moltiplicazione

tra numeri complessi, λ(z1 + z2) = λz1 +λz2, coincide con la linearità richiesta alla moltiplicazio-

ne per scalari λ a�nché sia compatibile con la somma vettoriale. Pertanto l'insieme dei numeri

complessi è anche C-spazio vettoriale.

In seguito descriveremo molte proprietà matematiche che possono riferirsi tanto al campo dei

numeri reali R, o al campo dei numeri complessi C, o ad altri campi ancora. In questo caso,

useremo la notazione K per indicare un campo generico, anche se alla �ne conviene avere in

mente R o C.

De�nizione 1.6 Sia X uno spazio vettoriale su un corpo K di scalari. Una norma su X è una

funzione || · || : X → R+ che soddisfa le seguenti proprietà:

N0 ||x|| ≥ 0 ∀x ∈ X (positività)

N1 ||x|| = 0 ⇐⇒ x = 0X (positività stretta);

N2 ||λx|| = |λ| ||x|| ∀λ ∈ K , ∀x ∈ X (omogeneità assoluta della norma);

N3 ||x + y|| ≤ ||x|| + ||y|| ∀x, y ∈ X (sub-addiditività della norma, o disuguaglianza

triangolare).

De�nizione 1.7 Uno spazio vettoriale normato è una coppia (X, ||·||) dove X è spazio vettoriale

e || · || è una norma.

La norma di un vettore va pensata come la lunghezza di un vettore.

Osservazione: La distanza tra numeri complessi de�nita dal modulo della di�erenza gode delle

proprietà della norma sopra elencate. Possiamo quindi a�ermare che (C, | · |) è spazio vettoriale

normato, sia inteso come R-spazio che come C-spazio.

Nota: Gli spazi vettoriali normati e completi nella topologia indotta dalla norma si chiamano

spazi di Banach. Si ricava subito che R e C sono spazi di Banach. Anche Rn e Cn sono spazi di

Banach, sia rispetto alla norma euclidea che rispetto alla norma prodotto.

10 CAPITOLO 1. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA

Ordine Siamo quindi riusciti a costruire un corpo numerico algebricamente chiuso e completo,

senza rinunciare alle proprietà fondamentali delle operazioni costitutive di somma e prodotto

ereditate da R. Rispetto ad R abbiamo guadagnato la notevole proprietà di chiusura algebrica.

Ci chiediamo: non abbiamo perso niente in questa estensione algebrica?

Dal punto di vista assiomatico, R è caratterizzato da 4 gruppi di assiomi:

• gruppo commutativo ed associativo rispetto all'addizione;

• gruppo commutativo ed associativo rispetto alla moltiplicazione;

• completezza

• ordine totale, per cui R = R∗− ∪ {0} ∪ R∗+, ordine preservato

� dall'addizione (si ha x ≤ y =⇒ x+ a ≤ y + a per ogni a ∈ R);

� dalla moltiplicazione per numeri maggiori di 0 (x ≤ y =⇒ ax ≤ ay per ogni a ≥ 0).

Le proprietà dichiarate dai primi tre gruppi sono condivise anche da C. Ciò che a C manca sono

le proprietà di ordinamento: non si può introdurre un ordinamento totale in C che goda delle

proprietà caratteristiche dei numeri reali. Questo è ciò che abbiamo perso.

1.3 Serie di potenze

Dopo aver stabilito i necessari concetti preliminari di convergenza e completezza, possiamo

�nalmente passare a considerare le somme in�nite di numeri complessi.

De�nizione 1.8 Sia (zn)n∈N successione in C. Si chiama ridotta N -esima o serie parziale N -

esima la somma �nita SN : =∑N

n=0 zn (sul cui signi�cato non c'è dubbio, date le proprietà

commutativa ed associativa di C).

De�nizione 1.9 Si chiama serie in�nita della successione (zn)n∈N il limite (se esiste) limN→∞ SN

e si indica con∑∞

n=0 zn.

Proposizione 1.4 Condizione necessaria per la convergenza della serie∑∞

n=0 zn è che la suc-

cessione degli zn sia in�nitesima, cioè che limn→∞ zn = 0 o, equivalentemente, che limn→∞ |zn| =0.

Chiaramente tale condizione non è su�ciente, come si può vedere in numerosi controesempi (p.

es. la serie armonica con zn = 1/n). Ricordiamo invece due criteri su�cienti per la convergenza

delle serie:

Teorema 1.5 (Criterio del rapporto) Condizione su�ciente a�nché la serie∑∞

n=0 zn con-

verga è che esista p ∈ R+, 0 < p < 1 ed n̄ ∈ N tali che∣∣∣ zn+1

zn

∣∣∣ ≤ p ∀n ≥ n̄.

Teorema 1.6 (Criterio della radice) Condizione su�ciente a�nché la serie∑∞

n=0 zn conver-

ga è che esista p ∈ R+, 0 < p < 1 ed n̄ ∈ N tali che n√|zn| ≤ p ∀n ≥ n̄.

1.3. SERIE DI POTENZE 11

In particolare, se esiste il limite l = limn→∞

∣∣∣ zn+1

zn

∣∣∣, la serie converge se l < 1 e diverge se l > 1.

Analogamente se esiste l′ = limn→∞n√|zn|. Si dimostra che se esiste l, allora esiste anche l′ e si

ha l = l′.

Ricordiamo anche un paio di teoremi utili per stabilire la convergenza di una serie.

De�nizione 1.10 La serie∑∞

n=0 zn si dice assolutamente convergente se è convergente (in R)la serie dei moduli:

∑∞n=0 |zn| < +∞ .

Teorema 1.7 Una serie assolutamente convergente è convergente.

Teorema 1.8 (Criterio del confronto) Se la successione (zn)n∈N è maggiorata in modulo da

una successione (an)n∈N di numeri positivi (cioè |zn| ≤ an) la cui serie converge (∑

n∈N an <

+∞), allora la serie∑

n∈N zn converge.

Come in analisi reale, tra le serie più importanti ci sono le serie di potenze. Basti pensare

allo sviluppo di Taylor di una funzione derivabile attorno ad un punto del suo dominio.

De�nizione 1.11 Sia (an)n∈N successione di numeri complessi, e z0 ∈ C. La serie di potenze

di punto iniziale z0 e coe�cienti (an) è la serie

∞∑n=0

an(z − z0)n (1.23)

(in cui è sottointeso che per z = z0 e n = 0 si ha 00 = 1).

Per il momento conviene pensare alla serie (1.23) come ad una successione di somme parziali

n-esime che dipende da z, che può convergere oppure no.

Per studiare la convergenza di (1.23) possiamo limitarci a studiare il caso z0 = 0, cioè la serie

∞∑n=0

anzn . (1.24)

De�nizione 1.12 Chiamiamo insieme di convergenza di (1.24) l'insieme Ca degli z ∈ C tali che

la serie converga (il pedice a in Ca indica la successione (an)n∈N).

Chiaramente 0 ∈ Ca che quindi non è mai vuoto. Cerchiamo ora dei criteri per determinare tale

insieme di convergenza.

Lemma 1.9 (di Abel) Sia w ∈ C tale che il termine generale anwn della serie (1.24) sia

limitato. Allora, per ogni z ∈ C tale che |z| < |w| la serie (1.24) è assolutamente convergente.

Dimostrazione: Per ipotesi ∃M ∈ R+ tale che |anwn| ≤M per ogni n. Ne segue che

|anzn| = |anwn(zn/wn)| = |anwn||z/w|n ≤M |z/w|n .

Siccome la serie di termine generale M |z/w|n converge (è la serie geometrica reale di ragione

|z/w| < 1), per il criterio del confronto la serie di termine generale |anzn| converge, e stabilisce

la convergenza assoluta della serie di termine generale anzn. C.V.D.

12 CAPITOLO 1. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA

Corollario 1.10 Se w ∈ Ca, allora tutto il cerchio aperto B(0, |w|[ di centro 0 e raggio |w| ècontenuto in Ca.

Dimostrazione: Infatti se w ∈ Ca allora il termine generale anwn è in�nitesimo e quindi limitato.

Allora, per il lemma di Abel, la serie di potenze è (assolutamente) convergente per ogni z ∈ Ctale che |z| < |w|. C.V.D.

De�nizione 1.13 Data la serie di potenze (1.24), si chiama raggio di convergenza

Ra = supR̃{|z| : z ∈ Ca} , (1.25)

estremo superiore dei moduli degli z per cui detta serie converge. Ra è un numero reale positivo

oppure è +∞.

Teorema 1.11 L'insieme di convergenza Ca contiene il cerchio aperto di raggio Ra ed è conte-

nuto nel cerchio chiuso con lo stesso raggio: B(0, Ra[ ⊂ Ca ⊂ B(0, Ra]. Inoltre in B(0, Ra[, che

è l'interno del cerchio di convergenza) si ha convergenza assoluta.

Dimostrazione: Se z ∈ B(0, Ra[ , allora |z| < Ra ed esiste w ∈ Ca tale che |z| < |w| ≤ Ra (se non

esistesse un tale w, Ra non sarebbe il sup dei moduli dei punti di convergenza). Perciò la serie∑∞n=0 anw

n e per il lemma di Abel la serie∑∞

n=0 anzn è assolutamente convergente, in particolare

convergente. Se poi z è esterno al cerchio chiuso B(0, Ra], cioè |z| > Ra, certamente la serie∑∞n=0 anz

n non è convergente (per de�nizione di Ra). Il lemma di Abel mostra addirittura che

la successione anzn non è nemmeno limitata. Se lo fosse, preso w ∈ C : Ra < |w| < |z| avremmo

dal lemma che la serie∑∞

n=0 anwn convergerebbe, contro l'ipotesi Ra < |w|. C.V.D.

Da quanto visto qui sopra, per determinare il raggio di convergenza è su�ciente considerare

la serie con z = r reale positivo:

Ra = supR̃{r ≥ 0 : la successione anr

n è limitata}

= supR̃{r ≥ 0 :

∞∑n=0

anrn è convergente}

= supR̃{r ≥ 0 :

∞∑n=0

|an|rn è convergente}

In sintesi:

• Se Ra = 0 allora Ca = {0};

• Se Ra = +∞ allora Ca = C: la serie converge (assolutamente) in tutto il piano complesso;

• Se Ra è �nito e maggiore di 0, l'insieme di convergenza è costituito dal cerchio aperto di

raggio Ra ed eventualmente da punti della sua circonferenza {z ∈ C : |z| = Ra}, chiamata

circonferenza di convergenza. Su questa circonferenza ci sono vari tipi di comportamen-

to: alcune serie convergono dappertutto, altre non convergono mai, altre ancora in alcuni

sottoinsiemi; nei punti in cui c'è convergenza, non è detto che questa sia assoluta.

1.3. SERIE DI POTENZE 13

Teorema 1.12 (Criterio di Hadamard) Per ogni serie di potenze∑∞

n=0 anzn il raggio di

convergenza è

Ra =1

lim supn→∞n√|an|

(1.26)

(in cui si intende che 1/0 = +∞ e 1/(+∞) = 0).

Dimostrazione: Applicare il criterio della radice e tenere in conto che l'insieme di convergenza ha

la forma di un cerchio. C.V.D.

In altri termini, il criterio di Hadamard dice che la serie∑∞

n=0 anzn ha raggio di convergenza

non nullo se e solo se esistono numeri positivi s > 0 tali che sia |an| < sn per n su�cientemente

grandi, cioè per n ≥ ns. Anzi, il raggio di convergenza è 1/α ove α è l'estremo inferiore di tali s.

Esempio: La serie geometrica∞∑n=0

zn . (1.27)

Dalla nota identità zN+1 − 1 = (z − 1)(1 + z + z2 + · · ·+ zN) valida per ogni N ∈ N e z ∈ C, laridotta N -esima di tale serie vale

SN(z) :=N∑n=0

zn =1− zN+1

1− z(z 6= 1) , SN(1) = N + 1 .

Se |z| > 1 allora limN→∞ |zN+1| = +∞ e la serie diverge. Se |z| < 1 allora limN→∞ |zN+1| = 0

e la serie converge al valore 1/(1 − z). È immediato veri�care l'accordo di queste a�ermazioni

con il criterio del rapporto (l = |z|) e della radice (l′ = |z|). Cosa succede sulla circonferenza

di convergenza? Se z = 1, SN(1) = N + 1 diverge per N → ∞. Se |z| = 1 ma z 6= 1 allora

zN+1 non ha limite. Infatti, se così fosse, anche zN avrebbe lo stesso limite, diciamo λ ∈ C,ed ovviamente |λ| = 1. Ma allora da un lato avremmo limn→∞ z

N+1/zN = λ/λ = 1, dall'altro

avremmo limn→∞ zN+1/zN = z 6= 1, contro l'ipotesi. Quindi la serie geometrica non converge in

alcun punto della circonferenza di convergenza.

Esempio: La serie logaritmica∞∑n=1

(−1)n−1

nzn . (1.28)

Indichiamo con wn = (−1)n−1zn/n il termine generale della serie. Dal criterio del rapporto

|wn+1/wn| = |z|n/(n + 1)n→∞−−−→ |z| si vede che per |z| < 1 la serie converge, mentre per |z| > 1

no, dal momento che |wn| diverge. Di conseguenza il raggio di convergenza è 1 (e dal criterio di

Cauchy-Hadamard deduciamo che limn→∞n√n = 1). Si può dimostrare (con il criterio di Abel-

Dirichlet) che tale serie converge (ma mai assolutamente) su tutti i punti della circonferenza di

convergenza U eccettuato il punto −1, in cui la serie diventa la serie armonica.

Esempio: La serie dilogaritmica∞∑n=1

zn

n2. (1.29)

Anche per questa serie è facile vedere che il raggio di convergenza vale 1. Stavolta si ha conver-

genza (assoluta) su tutto il cerchio di convergenza, inclusa la circonferenza, infatti |zn/n2| ≤ 1/n2

per ogni z : |z| ≤ 1, e sappiamo che∑

n=1 1/n2 = ζ(2) è �nito.

14 CAPITOLO 1. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA

Esempio: La serie esponenziale∞∑n=0

zn

n!. (1.30)

Usando criterio del rapporto |an+1/an| = |z|/(n + 1)→ 0 si trova che il raggio di convergenza è

in�nito, e quindi la serie converge assolutamente per ogni z ∈ C. Questa serie de�nisce la più

importante funzione della matematica, la funzione esponenziale complessa, che studieremo più a

fondo in seguito.

Sempre con lo stesso metodo vediamo che la serie∑∞

n=0 n! zn non converge per alcun z 6= 0,

e quindi ha raggio di convergenza 0.

1.4 Le serie di potenze come serie di funzioni

Avendo stabilito l'insieme di convergenza delle serie di potenze, possiamo trattare queste ultime

come funzioni tra numeri complessi:

De�nizione 1.14 Data una serie di potenze∑∞

n=0 anzn, la sua funzione somma, o semplice-

mente somma, è la funzione fa : Ca → C de�nita da fa(z) = limN→∞∑N

n=0 anzn, dove Ca è

l'insieme di convergenza della serie.

In altre parole, �nora abbiamo considerato una serie di potenze �ssando un particolare punto

z ∈ C e studiando la corrispondente serie numerica, confrontando eventualmente il risultato con

la serie numerica relativa ad altri punti z′ 6= z. Ora invece vogliamo considerare queste serie

come serie di funzioni.

1.4.1 Convergenza negli spazi di funzioni

Pensiamo quindi alle funzioni f0(z) = a0 , f1(z) = a1z , · · · , fn(z) = anzn , · · · con dominio

ristretto all'insieme di convergenza. Siccome per ogni z ∈ Ca la serie numerica converge, possiamo

a�ermare che la serie di funzioni f(z) =∑∞

n=0 fn(z) converge puntualmente in tutto Ca. Tuttavia

la semplice convergenza puntuale non o�re proprietà matematiche molto interessanti. Perciò ci

chiediamo se la convergenza di una generica serie di potenze non sia più forte della semplice

convergenza puntuale, ad esempio se la convergenza sia uniforme. Ricordiamo che

De�nizione 1.15 Data una funzione f : X → K (con X insieme arbitrario), si pone

||f ||∞ := sup{|f(x)| : x ∈ X}

che si legge norma-in�nito o sup-norma di f ; essa è un numero reale positivo se f è limitata,

altrimenti è ||f ||∞ = +∞.

De�nizione 1.16 Sia (fn)n∈N successione di funzioni da X a K, e sia anche f : X → K. Si

dice che (fn)n∈N converge uniformemente ad f se, per ogni ε > 0, esiste nε ∈ N

||f − fn||∞ ≤ ε ∀n ≥ nε .

1.4. LE SERIE DI POTENZE COME SERIE DI FUNZIONI 15

L'uniformità della convergenza sta nel fatto che il numero nε dipendente da ε ma non da x. Per

n ≥ nε la distanza tra fn ed f è minore di ε per tutti gli x ∈ X, cioè il gra�co di fn sta dentro

il �tubo� con �asse� f e raggio ε.

f

f-ϵ

f+ϵ

Figura 1.2: Rappresentazione di un intorno B∞(f, ε[ di una funzione f : R → R nella metrica

uniforme.

Siccome per ogni x ∈ X vale |f(x)− fn(x)| ≤ ||f − fn||∞, segue immediatamente la

Proposizione 1.13 Se (fn)n∈N converge uniformemente ad f su X, allora converge anche pun-

tualmente (o semplicemente) ad f .

Il viceversa non vale, come si può veri�care con innumerevoli controesempi.

Indichiamo con KX l'insieme di tutte le funzioni da X in K e con B(X,K) l'insieme delle

funzioni limitate4 de�nite su X a valori in K. Equivalentemente, KX = {f : X → K} e

B(X,K) = {f ∈ KX : ||f ||∞ < ∞}. Se dal contesto è chiaro quale sia il codominio K delle

funzioni, si usa anche l'abbreviazione B(X) per indicare l'insieme delle funzioni limitate su X.

La sup-norma permette di de�nire una topologia su KX . Come base di intorni si possono prendere

le palle aperte del tipo

B(f, r[= {g ∈ KX : ||f − g||∞ < r} .

In KX la sup-norma non de�nisce una distanza, infatti ci sono funzioni con sup-norma in�nita, ad

esempio ]0, 1] 3 x 7→ 1/x, e quindi funzioni la cui �distanza� sarebbe in�nita: ||f − g||∞ = +∞.

La sup-norma de�nisce invece una distanza su B(X), lo spazio delle funzioni limitate. Questa

distanza è addirittura una norma (da cui il nome �sup-norma�):

Proposizione 1.14 B(X) è spazio normato (e quindi metrico) rispetto alla distanza uniforme

(o sup-norma) d(f, g) := ||f − g||∞.

Dimostrazione:

(N1) ||f ||∞ = 0 se e solo se f è identicamente nulla: ovvio.

(N2) ||cf ||∞ = |c| ||f ||∞ per ogni c ∈ C, infatti |(cf)(x)| = |c f(x)| = |c| |f(x)| per ogni x, eprendendo il sup la disuguaglianza resta valida.

(N3) ||f + g||∞ ≤ ||f ||∞ + ||g||∞, infatti |(f + g)(x)| = |f(x) + g(x)| ≤ |f(x)| + |g(x)| ≤||f ||∞ + ||g||∞per ogni x, e prendendo il sup si conclude. C.V.D.

4La prima notazione si giusti�ca notando che, se A e B sono insiemi �niti di cardinalità a, b ∈ N rispettivamente,

allora la cardinalità dell'insieme di tutte le funzioni f : A→ B vale ba. La seconda notazione deriva dall'iniziale

di bounded che signi�ca limitato/e in inglese.

16 CAPITOLO 1. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA

Proposizione 1.15 Ogni successione di funzioni (fn)n∈N che sia uniformemente di Cauchy su

X è uniformemente convergente su X.

Dimostrazione: Per ogni x ∈ X si ha |fn(x)− fm(x)| ≤ ||fn− fm||∞, quindi per ogni x �ssato, la

successione(fn(x)

)n∈N è di Cauchy in K. Ma K è completo per ipotesi, quindi tale successione

converge ad un numero in K, che chiamiamo f(x).

Dimostriamo ora che (fn)n∈N converge uniformemente ad f . Per ipotesi, �ssato ε > 0 esiste

nε ∈ N tale che, per ognim,n ≥ nε si ha ||fn−fm||∞ ≤ ε, quindi per ogni x vale |fn(x)−fm(x)| ≤ε. In questa formula teniamo �ssim ed x e facciamo tendere n→∞. Si ottiene |f(x)−fm(x)| ≤ ε

per ogni x e m ≥ nε, quindi ||f − fm||∞ ≤ ε per ogni m ≥ nε. C.V.D.

Da notare che, nella precedente proposizione, non è richiesto che le funzioni fn siano limitate

in X. Ad esempio, se X = R∗, le funzioni fn(x) = 1/x + 1/(n + 1), formano una successione

uniformemente di Cauchy e convergono uniformemente ad f(x) = 1/x. Se però restringiamo la

nostra attenzione alle funzioni limitate, ricaviamo un importante

Corollario 1.16 Lo spazio B(X) è completo (quindi di Banach) nella sup-norma, cioè ogni suc-

cessione uniformemente di Cauchy di funzioni limitate converge uniformemente ad una funzione

limitata.

Dimostrazione: Rispetto al teorema precedente manca solo da dimostrare che la funzione limite

f è limitata se le fn sono limitate. Riprendendo la disuguaglianza |f(x) − fm(x)| ≤ ε si deriva

subito che |f(x)| ≤ |fm(x)|+ ε ≤ ||fm||∞ + ε per ogni x, quindi ||f ||∞ ≤ ||fm||∞ + ε, perciò f è

limitata. C.V.D.

Supponiamo ora che sul dominio X ci sia una topologia, cioè che ci sia un modo per stabilire

quali funzioni f : X → K sono continue. Indichiamo con C(X,K) (o C(X)) l'insieme delle

funzioni continue da X a K, e con Cb(X) = C(X) ∩ B(X) l'insieme delle funzioni continue e

limitate.

Teorema 1.17 Il limite uniforme di una successione di funzioni continue è una funzione conti-

nua. In altre parole: C(X) è chiuso in B(X) nella topologia della convergenza uniforme.

Teorema 1.18 Lo spazio Cb(X) è completo (quindi di Banach) nella topologia della convergenza

uniforme.

Dimostrazione: Consideriamo una successione di Cauchy di funzioni continue. Dal teorema 1.15

questa successione converge uniformemente ad una funzione. Dal teorema 1.17 tale funzione

limite è continua. C.V.D.

Teorema 1.19 (del limite per la convergenza uniforme) Siano X spazio topologico, D ⊂X, x0 ∈ X di accumulazione per D. Sia (fn)n∈N successione di funzioni con dominio D, con-

vergente uniformemente ad una funzione f : D → K. Se per ogni n ∈ N esiste �nito in K il

limite

limD3x→x0

fn(x) = ln ,

allora l := limn→∞ ln esiste �nito in K, la funzione f ha limite per x→ x0 e tale limite è l.

1.4. LE SERIE DI POTENZE COME SERIE DI FUNZIONI 17

De�nizione 1.17 Sia∑

n∈N fn serie di funzioni limitate, fn ∈ B(X) per ogni n ∈ N. Si dice

che tale serie converge totalmente su X se la serie delle sup-norme∑

n∈N ||fn||∞ è convergente

(in R+, essendo una serie di numeri reali positivi).

Proposizione 1.20 Se∑

n∈N fn converge totalmente, allora converge uniformemente ad una

f ∈ B(X).

Dimostrazione: Invocando i precedenti teoremi, basta dimostrare che la successione delle ridotte

di una serie totalmente convergente è di Cauchy nella metrica uniforme. Indichiamo con SN =∑Nn=0 fn ∈ B(X) la ridotta N -esima della serie di funzioni e con σN =

∑Nn=0 ||fn||∞ ∈ R la

ridotta della serie delle sup-norme. Si ha

||SN+p − SN ||∞ = ||N+p∑

n=N+1

fn||∞ ≤N+p∑

n=N+1

||fn||∞ = |σN+p − σN | ,

Per ipotesi la serie∑∞

n=0 ||fn||∞ è convergente, quindi la successione delle ridotte σN è di Cauchy.

Allora per ogni ε > 0 esiste nε ∈ N tale che |σN+p−σN | ≤ ε qualunque sia p ∈ N. Ma questo, per

la disuguaglianza appena trovata, equivale ad a�ermare che (SN)N∈N è successione di Cauchy.

C.V.D.

La convergenza totale è una condizione molto forte, più forte della convergenza uniforme.

Infatti ci sono serie di funzioni che convergono uniformemente ma non totalmente.

Esempio: Data la successione di funzioni (fn)n∈N∗ : R → R, con fn(x) = (1/n)χ[n−1,n[(x) che

vale 1/n nell'intervallo [n− 1, n[ e 0 altrove, si ha ||fn|| = 1/n, pertanto∑∞

n=1 ||fn|| = +∞ (serie

armonica) e la serie di funzioni∑∞

n=1 fn non converge totalmente. Tuttavia la serie converge

uniformemente alla funzione a scalino

f(x) =

0 (x < 0)

1/n n− 1 ≤ x < n(1.31)

infatti ||(∑N

n=1 fn)− f || = 1/(N + 1) che tende a 0 per N →∞.

Nella pratica non è sempre facile calcolare le sup-norme delle fn. A volte può essere più facile

dare dei limiti superiori a tali norme, si riesce cioè a maggiorare |fn(x)| con costanti cn ≤ 0. Se

queste costanti formano una serie convergente, allora è facile dimostrare che la serie di funzioni

converge totalmente:

Proposizione 1.21 Sia∑

n∈N fn serie in B(X); se (cn)n∈N è una successione di costanti reali

positive tali che la serie∑

n∈N cn sia convergente e tali che |fn(x)| < cn per ogni n ∈ N e per ogni

x ∈ X, allora∑

n∈N fn converge totalmente su X.

Dimostrazione: L'ipotesi |fn(x)| < cn per ogni x equivale a ||fn||∞ ≤ cn; se∑

n∈N cn converge,

allora, per il criterio del confronto, anche∑

n∈N ||fn||∞ converge. C.V.D.

Esempio: La serie∞∑n=1

sinnx

n2(1.32)

18 CAPITOLO 1. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA

converge totalmente in R. Infatti | sinnxn2 | ≤ 1

n2 per ogni n ∈ N∗ ed ogni x ∈ R. Inoltre la serie

numerica∑∞

n=1 1/n2 converge.

Proposizione 1.22 Ogni serie di potenze converge totalmente (e quindi uniformemente) su ogni

cerchio (anche chiuso) di raggio strettamente minore del raggio di convergenza

Dimostrazione: Sia∑

n∈N anzn serie di potenze con raggio di convergenza Ra, e consideriamo il

disco B(0, r] di raggio r < Ra. Indichiamo con fn la funzione z 7→ anzn con dominio B(0, r],

termine generale della serie di funzioni∑

n∈N fn che sappiamo convergere puntualmente ad f .

Calcoliamo la sup-norma di fn. Per ogni z in questo disco, |z| ≤ r, si ha |anzn| ≤ |an|rn, quindi||fn||∞ ≤ |an|rn (in realtà vale il segno di uguaglianza). Siccome

∑∞n=0 |an|rn converge per ipotesi,

la serie di potenze è totalmente convergente. C.V.D.

In generale peroò non si ha convergenza totale all'interno del cerchio di convergenza B(0, r[.

Ad esempio, la serie geometrica∑∞

n=0 zn che ha raggio di convergenza R = 1 ha per funzio-

ne somma f(z) = 1/(1 − z), che non è limitata in B(0, 1[, quindi non può esserci in esso né

convergenza uniforme né convergenza totale.

1.4.2 Operazioni elementari con le serie di potenze

Sappiamo che le operazioni elementari tra numeri (addizione e moltiplicazione) si traducono in

operazioni tra successioni, serie e funzioni. Ad esempio, per queste ultime si pone

[λfa](z) := λ · fa(z) (λ ∈ C , z ∈ Ca)[fa + fb](z) := fa(z) + fb(z) (z ∈ Ca ∩ Cb)[fa · fb](z) := fa(z) · fb(z) (z ∈ Ca ∩ Cb) (1.33)

Nel caso in cui le funzioni fa e fb siano de�nite da serie di potenze, è facile vedere che le funzioni

λfa, fa + fb e fa · fb sono funzioni somma di serie di potenze:

Proposizione 1.23 Siano∑∞

n=0 anzn e

∑∞n=0 bnz

n serie di funzioni, fa ed fb le rispettive fun-

zioni somma. Allora:

• la funzione λfa è la funzione somma della serie di potenze∑∞

n=0(λan)zn che ha per raggio

di convergenza Ca;

• la funzione fa + fb coincide in Ca ∩ Cb con la funzione somma della serie di potenze∑∞n=0(an + bn)zn il cui raggio di convergenza Ra+b ≥ min{Ra, Rb};

• la funzione fa ·fb coincide in Ca∩Cb con la funzione somma della serie di potenze∑∞

n=0 cnzn

ove cn =∑n

k=0 akbn−k ed il cui raggio di convergenza Ra∗b ≥ min{Ra, Rb}; (la successione

c := a ∗ b è detta prodotto di convoluzione delle successioni a e b)

Dimostrazione: I primi due casi, prodotto per uno scalare complesso e addizione di funzioni, è

un semplice esercizio. Per il prodotto di funzioni, l'idea è quella di sommare( ∞∑l=0

alzl)·( ∞∑m=0

bmzm)

=∑

(l,m)∈N×N

al bm zl+m

1.4. LE SERIE DI POTENZE COME SERIE DI FUNZIONI 19

sulle strisce ad l + m = n costante del �reticolo� N × N, cambiando variabili di sommatoria

l = k , m = n− k con n ∈ N , 0 ≤ k ≤ n. Per stabilire la convergenza di questa somma bisogna

introdurre il concetto più generale di sommabilità su insiemi in�niti non ordinati, e sfruttare la

convergenza assoluta delle serie �a� e �b�. C.V.D.

1.4.3 Derivazione di serie di potenze

Consideriamo ora la derivata di una funzione in senso complesso. Analogamente al caso reale, la

derivata complessa è de�nita come il limite del rapporto incrementale:

De�nizione 1.18 Sia D ⊂ C, f : D → C e z ∈ D punto di accumulazione per D. La derivata

di f in z è de�nita come il limite

f ′(z) := limD3w→z

f(w)− f(z)

w − z(1.34)

se tale limite esiste in C.

Più avanti studieremo a fondo la nozione di derivata complessa e le sorprendenti proprietà delle

funzioni derivabili in senso complesso. Qui ci limitiamo ad osservare che

Proposizione 1.24 Se f : D → C è derivabile in z ∈ D ⊂ C, è anche continua in z.

Proposizione 1.25 Le regole di derivazione delle somme, dei prodotti e delle funzioni composte,

valide nel caso reale, si estendono senza di�coltà al caso complesso; in particolare, se p(z) =∑Nn=0 anz

n è un polinomio, si ha che anche la sua derivata è un polinomio: p′(z) =∑N

n=1 nanzn−1,

e sia p che p′ sono de�niti su tutto C.

A questo punto consideriamo la derivata f ′a(z) di una funzione somma fa(z) =∑∞

n=0 anzn di

una serie in�nita. È ancora lecito portare la derivata dentro il segno di sommatoria? Insomma,

ci chiediamo se e quando la derivata della funzione somma f ′a(z) sia uguale alla funzione somma

della serie derivata∑∞

n=1 nanzn−1, (che è ancora una serie di potenze). Stabiliamo innanzitutto

il raggio di convergenza della serie derivata:

Lemma 1.26 Una serie di potenze e la sua serie derivata hanno lo stesso raggio di convergenza.

Dimostrazione: Detti Ra ed R′a i raggi di convergenza rispettivamente della serie e della serie

derivata, dimostriamo per prima cosa che R′a ≤ Ra. Se |z| < R′a, la serie derivata∑∞

n=1 nanzn−1

converge. Essendo |anzn| = |z| |anzn−1| ≤ |nanzn−1| per n ≥ |z|, si ricava che∑∞

n=0 anzn

converge.

Dimostriamo ora che Ra ≤ R′a. Sia |z| < Ra e mostriamo che la serie derivata converge in z.

Preso w ∈ C tale che |z| < |w| < Ra si ha

|nanzn−1| = n|an||w|n−1∣∣∣ zw

∣∣∣n−1 =

(n

|w|

∣∣∣ zw

∣∣∣n−1) |anwn| .

20 CAPITOLO 1. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA

Il termine entro le parentesi tonde tende a 0 per grandi n, infatti limn→+∞n

Ln−1 = 0 per

L = |w/z| > 1. Quindi, per n ≥ n̄ abbastanza grande(

n|w|

∣∣ zw

∣∣n−1) < 1 e di conseguenza

|nanzn−1| < |anwn| per n ≥ n̄. Ma∑∞

n=0 anwn è assolutamente convergente (|w| < Ra), quindi

anche∑∞

n=0 nanzn−1 è assolutamente convergente. C.V.D.

Teorema 1.27 (di derivazione termine a termine) All'interno del cerchio di convergenza

la somma di una serie di potenze è derivabile, e la derivata della somma coincide con la somma

della serie derivata.

(Si dice anche: all'interno del cerchio di convergenza, la somma di una serie è derivabile termine

a termine.)

Dimostrazione: Indichiamo con Ra il raggio di convergenza della serie∑

n∈N anzn che, come

appena visto, coincide con quello della sua serie derivata∑

n∈N∗ nanzn−1. Fissato z tale che

|z| < Ra dobbiamo provare che, per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che, se 0 < |w − z| ≤ δ si ha∣∣∣∣∣fa(w)− fa(z)

w − z−∞∑n=1

nanzn−1

∣∣∣∣∣ ≤ ε .

Si ha fa(w)− fa(z) =∑∞

n−1 an(wn − zn). Usando l'identità

wn − zn = (w − z)(wn−1 + zwn−2 + · · ·+ wzn−2 + zn−1) = (w − z)n∑k=1

wn−kzk−1

si trova ∣∣∣∣∣fa(w)− fa(z)

w − z−∞∑n=1

nanzn−1

∣∣∣∣∣ =

∣∣∣∣∣∞∑n=1

(an

n∑k=1

wn−kzk−1

)−∞∑n=1

nanzn−1

∣∣∣∣∣=

∣∣∣∣∣∞∑n=1

an

(n∑k=1

[wn−kzk−1

]− nzn−1

)∣∣∣∣∣=

∣∣∣∣∣N∑n=1

+∞∑

n=N+1

∣∣∣∣∣ ≤∣∣∣∣∣N∑n=1

∣∣∣∣∣+

∣∣∣∣∣∞∑

n=N+1

∣∣∣∣∣ .Vogliamo ora maggiorare ciascuno dei due termini �nali con ε/2, scegliendo opportunamente N

e δ.

Cominciamo dal secondo: sia r ∈ R+ tale che |z| < r < Ra ed anche |w| ≤ r. Vale allora∣∣∣∣∣∞∑

n=N+1

∣∣∣∣∣ ≤∞∑

n=N+1

|an|

∣∣∣∣∣n∑k=1

wn−kzk−1

∣∣∣∣∣+∞∑

n=N+1

|nanzn−1|

≤∞∑

n=N+1

|an|n∑k=1

|w|n−k|z|k−1 +∞∑

n=N+1

n|an|rn−1 ≤ 2∞∑

n=N+1

n|an|rn−1

e poiché la serie∑

n∈N∗ n|an|rn−1 è convergente, il suo resto N -esimo può essere reso minore di

ε/2 scegliendo N = Nε abbastanza grande.

1.4. LE SERIE DI POTENZE COME SERIE DI FUNZIONI 21

Il primo termine (con N = Nε) è il modulo della somma �nita

Nε∑n=1

anIn(w, z) , In(w, z) :=n∑k=1

[wn−kzk−1]− nzn−1 .

In(w, z) è una funzione continua di w per ogni n e z, che tende a 0 per w → z. Pertanto il primo

termine, somma �nita di quantità in�nitesime, tende a 0 per w → z, e quindi può essere reso

minore in modulo di ε/2 purchè |w − z| ≤ δ (e δ ≤ r − |z|) con δ abbastanza piccolo. C.V.D.

Si può procedere applicando il precedente teorema anche alle derivate successive: all'interno

del cerchio di convergenza, la derivata m-esima della somma della serie di potenze che stiamo

considerando è

f (m)a (z) =

∞∑n=m

n(n− 1) · · · (n−m+ 1)anzn−m , f (m)

a (0) = m! am . (1.35)

Vediamo quindi che l'm-esimo termine della successione a è legato alla derivata m-esima della

funzione somma in 0. Possiamo quindi scrivere

fa(z) =∞∑n=0

f(n)a (0)

n!zn , (1.36)

che altro non è che la serie di Maclaurin di una funzione in�nitamente derivabile in un intorno

di 0. Abbiamo così dimostrato il

Corollario 1.28 La somma di una serie di potenze è inde�nitamente derivabile all'interno del

cerchio di convergenza, e la serie di potenze stessa è la serie di Maclaurin della sua somma.

Possiamo anche dedurre che due serie distinte non possono dar luogo alla stessa funzione somma.

Più precisamente:

Corollario 1.29 Se le serie∑

n∈N anzn e

∑n∈N bnz

n hanno raggi di convergenza non nulli, ed

fa(z) = fb(z) in un intorno di 0, allora a = b, cioè an = bn ∀n ∈ N.

Infatti le derivate di ogni ordine in 0 dipendono solo dal comportamento della funzione in un

intorno di zero, per cui f (n)a (0) = f

(n)b (0) per ipotesi; inoltre an = f

(n)a (0)/n! e bn = f

(n)b (0)/n!

per il corollario precedente. In altre parole, la corrispondenza a 7→ fa, ristretta alle a ∈ CN per

cui fa ha un dominio non banale, è iniettiva.

Essendo derivabile, la funzione somma di una serie di potenze è anche continua all'interno del

cerchio di convergenza. Sorge spontanea la domanda: tale funzione è continua in tutto l'insieme

di convergenza Ca? In generale la risposta è �no�: nei punti di Ca al bordo la funzione può

non essere continua. Abbiamo però continuità se ci avviciniamo a questi punti in particolari

restrizioni dell'insieme di convergenza:

Teorema 1.30 (di Abel) Sia c punto di convergenza della serie di potenze∑∞

n=0 anzn; allora

la somma fa della serie è continua sul segmento [0, c] = {tc : t ∈ [0, 1]} che congiunge l'origine

con c.

22 CAPITOLO 1. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA

Osservazione: Si può dimostrare che la somma di una serie di potenze è continua su ogni

segmento che abbia un estremo all'interno del cerchio di convergenza, e l'altro in un punto di

convergenza sulla circonferenza, ossia su insiemi come quello disegnato in �g. 1.3, in cui dal punto

di convergenza sulla circonferenza ci si rivolge all'interno in un angolo con lati non tangenti alla

circonferenza stessa.

Figura 1.3: Circonferenza di convergenza (rosso) e regione di continuità della serie di potenze

(verde). La linea tratteggiata blu rappresenta un possibile restrizione lungo la quale non si ha

continuità della somma della serie.

Tuttavia, in generale non c'è continuità nell'intero insieme di convergenza Ca: possono infatti

esistere successioni di punti (cj)j∈N interni al cerchio di convergenza che si avvicinano tangen-

zialmente ad un punto di convergenza c sulla circonferenza, limj→∞ cj = c e per cui limj→∞ f(cj)

non esiste.

1.4.4 Integrazione di serie di potenze

È utile leggere a rovescio il teorema di derivazione termine a termine 1.27, ed interpretarlo come

Teorema 1.31 (di integrazione termine a termine) Se∑

n∈N anzn ha raggio di convergen-

za 0 < Ra ≤ +∞, le serie di potenze

c0 +∞∑n=0

ann+ 1

zn+1 , (1.37)

dove c0 è una costante arbitraria, hanno tutte Ra come raggio di convergenza e all'interno del

cerchio di convergenza hanno per funzione somma g una primitiva in senso complesso della

somma fa della serie data: g′(z) = fa(z) se |z| < Ra.

Esempio: Se |z| < 1 allora

1

1 + z=

1

1− (−z)=∞∑n=0

(−1)nzn = 1− z + z2 − z3 + · · · .

Integrando termine a termine troviamo∫1

1 + zdz =

∫ ∞∑n=0

(−1)nzn dz =∞∑n=0

(−1)n∫zn dz = c+

∞∑n=0

(−1)nzn+1

n+ 1= c+

∞∑m=1

(−1)m−1zm

m

che, a meno della costante di integrazione c, è la serie logaritmica incontrata in precedenza, la

quale per z reale, −1 < z < 1, sappiamo valere log(1+z). Viceversa, derivando termine a termine

logaritmica, otteniamo la serie geometrica.

1.5. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA 23

1.5 La funzione esponenziale complessa

1.5.1 Considerazioni generali

Tratteremo in questa parte la funzione esponenziale complessa. È la più importante delle funzioni

elementari, oltre alle funzioni di tipo algebrico (polinomi e radici). Infatti tutte le funzioni

elementari della matematica quotidiana, come il logaritmo, le funzioni trigonometriche e loro

inverse, sono tutte �glie della funzione esponenziale. Anzi, una loro de�nizione rigorosa si basa

proprio sulla funzione esponenziale complessa. Infatti, la de�nizione geometrica di seni e coseni

data alle scuole medie, pur avendo il notevole e giusto vantaggio di aiutare la nostra intuizione e

fornircene una rappresentazione mentale, è alquanto mal fondata.

Restando nel campo dei numeri reali, chi potrebbe sospettare una qualche relazione tra la

funzione esponenziale e le funzioni trigonometriche? Queste funzioni sembrano essere de�nite e

derivate da ambiti molto diversi, e per scopi totalmente di�erenti. Forse avrete notato una certa

somiglianza tra gli sviluppi di Taylor della funzione esponenziale e quelli del seno e del coseno:

exp(x) =∞∑n=0

1

n!xn (1.38)

cos(x) =∞∑m=0

(−1)m

(2m)!x2m =

∑n pari

(−1)n/2

n!xn (1.39)

sin(x) =∞∑m=0

(−1)m

(2m+ 1)!x2m+1 =

∑n dispari

(−1)(n−1)/2

n!xn . (1.40)

Se con un po' di spirito avventuroso proviamo a considerare la serie esponenziale con argomento

immaginario x = iα : α ∈ R, e ci ricordiamo che i2 = −1, i3 = −i, ecc., è facile ottenere la

seguente identità formale5

exp(iα) = cos(α) + i sin(α) (1.41)

la quale non è altro che la celebrata formula di Eulero. Intravediamo così una prima parentela

tra esponenziale, seno e coseno. Ci volle però il genio di Gauss per analizzare e comprendere

�no in fondo lo stretto legame tra queste funzioni, legame che si stabilisce nel campo dei numeri

complessi.

Restiamo ancora in ambito reale. Sappiamo che la funzione esponenziale reale exp : R→ R∗+stabilisce un omomor�smo tra il gruppo additivo dei numeri reali (R,+) ed il gruppo moltiplica-

tivo dei reali strettamente positivi (R∗+, ·), nel senso che exp(a+ b) = exp(a) · exp(b). Dal punto

di vista insiemistico, exp è biiettiva (iniettiva e suriettiva), quindi è un isomor�smo di grup-

pi. Inoltre dal punto di vista topologico, exp è un omeomor�smo, cioè è continua, con inversa

continua.

Nota: L'esponenziale reale non è l'unico isomor�smo continuo da R in R∗+: scelto un qualunque

numero reale a > 0, la funzione fa(x) = ax gode delle stesse proprietà. L'esponenziale reale è

5L'aggettivo �formale� in matematica connota un risultato ottenuto applicando le regole formali o i risultati di

teoremi agli enti in esame, senza preoccuparsi se l'applicazione di tali regole sia sempre lecita, cioè giusti�cata da

adeguate ipotesi. Ad esempio, scambiare incondizionatamente l'ordine dei limiti, manipolare serie in�nite senza

preoccuparsi della loro convergenza, ecc..

24 CAPITOLO 1. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA

quella funzione �potenza� che ha per base il numero di Nepero e = limn→∞(1 + 1

n

)n= 2, 718 . . . ,

ossia è quell'isomor�smo f per il quale vale f(1) = e. Domanda: perché si è scelto il numero

di Nepero come base della funzione esponenziale? Risposta: Perché exp′(x) = exp(x), mentre

scegliendo un'altra base ci sarebbe un fattore moltiplicativo costante tra la funzione e la sua

derivata.

Cerchiamo quindi una funzione continua (che continuiamo a chiamare exp) la quale sia omo-

mor�smo tra il gruppo additivo dei numeri complessi (C,+) ed il gruppo moltiplicativo (C∗, ·),ove C∗ := C \ {0} è l'insieme dei numeri complessi senza lo zero. Ovviamente l'omomor�smo

deve mandare l'elemento neutro dell'addizione nell'elemento neutro della moltiplicazione:

exp(0) = 1 . (1.42)

Ci rendiamo subito conto che non è possibile che una tale funzione sia iniettiva: sia ε ∈ Uuna radice n-esima non banale dell'unità, cioè εn = 1 e ε 6= 1 (ad esempio ε = i se n = 4) e z ∈ Ctale che exp(z) = ε, quindi z 6= 0. Allora deve valere

exp(nz) = exp(z + · · ·+ z) = exp(z) · · · exp(z) = ε · · · ε = εn = 1 = exp(0) .

Quindi sia 0 che nz hanno lo stesso esponenziale.

È anche facile intuire (ma non dimostrare) che il piano (C) ed il piano �bucato� C∗ non

possono essere omeomor�. Ci sono quindi ragioni sia algebriche che topologiche che impediscono

ad exp di essere biiettiva, e quindi isomor�smo.

1.5.2 De�nizione dell'esponenziale complesso

Come nel caso reale, ci sono in�niti omomor�smi da (C,+) e (C∗, ·). Proviamo a cercare la

funzione esponenziale complessa nella forma di una serie di potenze, exp(z) =∑∞

n=0 anzn e per

la quale valga

exp′(z) = exp(z) (1.43)

(derivata in senso complesso, come in (1.34)). Dalla (1.42) vediamo innanzitutto che a0 = 1.

Derivando termine a termine, troviamo

exp(z) =∞∑n=0

anzn = 1 + a1z + a2z

2 + · · ·+ an−1zn−1 + anz

n + · · · (1.44)

exp′(z) =∞∑n=1

nanzn−1 = a1 + 2a2z + · · · + n an z

n−1 + · · · (1.45)

e la (1.43) è soddisfatta purché an−1 = nan per ogni n ≥ 1. Con la condizione iniziale a0 = 1, si

dimostra facilmente per induzione che an = 1/n!, come nel caso reale. Arriviamo così alla

De�nizione 1.19 Per ogni z ∈ C si de�nisce

exp(z) :=∞∑n=0

zn

n!. (1.46)

1.5. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA 25

Il criterio del rapporto garantisce che la serie di potenze è assolutamente convergente per ogni

z ∈ C, e quindi il suo raggio di convergenza è in�nito. Quindi la funzione esponenziale è continuae derivabile in tutto il campo complesso, e vale l'eq. (1.43).

Siccome i coe�cienti della serie esponenziale sono reali, la funzione esponenziale complessa

ristretta ai numeri reali assume valori reali, anzi, coincide con la funzione esponenziale reale. In

particolare exp(1) è il numero di Nepero. Perciò anche per la versione complessa si adotta la

notazione �a potenza�

ez := exp(z) (z ∈ C) . (1.47)

Veri�chiamo ora che tale funzione è l'omomor�smo che cerchiamo:

Teorema 1.32 (Formula di addizione per la funzione esponenziale complessa) Per ogni

w, z ∈ C si ha

ew+z = ew ez (1.48)

Dimostrazione: Indicando con D la derivata rispetto alla variabile z, ed applicando le regole di

derivazione per prodotti e per funzioni composte si ha

D(ezec−z) = ezec−z + ez(−ec−z) = 0 .

Quindi la funzione z 7→ ezec−z è costante, ed il suo valore può essere determinato a z = 0 e vale

ec. Pertanto ezec−z = ec per ogni z, c ∈ C. Scegliendo c = w + z si dimostra la tesi. C.V.D.

Corollario 1.33 Per ogni z ∈ C si ha ez 6= 0. Inoltre (ez)−1 = e−z.

Dimostrazione: Vale 1 = e0 = ez−z = eze−z. C.V.D.

Queste proprietà sono su�cienti per stabilire che exp : (C,+)→ (C∗, ·) è omomor�smo di gruppi.

Proposizione 1.34 Per ogni z ∈ C si ha e(z∗) = (ez)∗.

Dimostrazione: Siccome (z∗)n = (zn)∗, il coniugato della somma �nita∑N

n=0zn

n!è∑N

n=0(z∗)n

n!.

Poiché il coniugio z 7→ z∗ è funzione continua in C, si può passare al limite per N → ∞ e si

ottiene (ez)∗ = e(z∗). C.V.D.

Proposizione 1.35 Per ogni z ∈ C si ha |ez| = eRe z. Equivalentemente, per ogni x, y ∈ R,|ex+iy| = ex.

Dimostrazione: Si ha |ez|2 = ez ez∗

= ez+z∗

= e2Re z = (eRe z)2 e non c'è ambiguità di segno nel

prendere le radici reali perché eRe z > 0. C.V.D.

26 CAPITOLO 1. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA

1.5.3 Le funzioni trigonometriche complesse

Poiché exp è omomor�smo di gruppi, exp(x+iy) = exp(x) exp(iy) è completamente determinata

dal suo comportamento per argomenti reali e immaginari puri. Abbiamo visto che exp(x) per x

reale coincide con l'esponenziale reale. Indaghiamo ora sull'esponenziale dei numeri immaginari

iy ∈ I. Dalla proposizione precedente vediamo che |eiy| = e0 = 1, cioè l'esponenziale di un numero

immaginario è un numero unitario e possiamo quindi scrivere exp(I) ⊂ U. Addirittura ez ∈U ⇐⇒ z ∈ I. Osservando che I è sottogruppo additivo di C ed U è un sottogruppo moltiplicativo

di C∗, possiamo a�ermare che la restrizione di exp ai numeri immaginari è omomor�smo da I inU, non iniettivo per quanto detto in precedenza, ma suriettivo.

Parametrizzando l'insieme dei numeri immaginari con numeri reali moltiplicati per l'unità

immaginaria (I = iR), abbiamo che la funzione

cis : R→ U t 7→ cis(t) := eit (1.49)

è omomor�smo continuo dal gruppo additivo (R,+) nel gruppo moltiplicativo (U, ·), e fornisce

la de�nizione rigorosa della funzione introdotta euristicamente nell'eq. (1.15).

Al variare di t a �velocità� costante in R, eit ruota alla stessa velocità in U: |deit/dt| = |ieit| = 1.

Intuiamo così che cis avvolge in�nite volte R attorno alla circonferenza unitaria, e che quindi cis

è suriettiva.

Partendo da t = 0 =⇒ cis(0) = ei0 = 1, al crescere di t > 0 cis(t) = eit ruota in senso

antiorario, infatti cis′(0) = i, e ad un certo punto raggiungerà il numero −1 per la prima volta.

Quale sarà il valore di t corrispondente? È π. Più precisamente:

De�nizione 1.20 Chiamiamo π il minimo numero reale positivo t per cui sia cis(π) = eiπ = −1.

Per vedere che questa è una buona de�nizione, consideriamo E = {t ∈ R : eit = −1. Essendo

cis suriettiva, E non è vuoto, ed è simmetrico per ri�essione attorno all'origine: −E = E, ossia,

se t ∈ E allora −t ∈ E, poichè ei(−t) = e−it = (eit)∗ = −1 Inoltre E è un insieme chiuso,

essendo controimmagine di una funzione continua ( cis) dell'insieme chiuso {−1}. Quindi ancheE ∩ [0,+∞[ è chiuso ed ammentte un minimo, diverso da 0 poiché cis(0) = 1. C.V.D.

Esercizio: Mostrare che π così de�nito è la lunghezza d'arco della semicirconferenza unitaria,

e quindi è il ben noto rapporto tra circonferenza e diametro.

Proseguendo nella rotazione antioraria, si ha che 2π è il minimo numero strettamente positivo

per cui eit = 1. Deduciamo quindi che la funzione cis è periodica con periodo 2π. Riassumiamo

di seguito alcune proprietà importanti della funzione esponenziale complessa:

ez = 1 ⇐⇒ z ∈ i 2π Z (1.50)

ez = −1 ⇐⇒ z = i(2k + 1)π (k ∈ Z) (1.51)

ez+i2π = ez l'esponenziale complessa è periodica di periodo i2π (immaginario) (1.52)

ez = ew ⇐⇒ ez−w = 1 ⇐⇒ w = z + i 2π k (k ∈ Z) . (1.53)

1.5. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA 27

Come ogni funzione a valori complessi, cis è determinata dalle sue parti reale ed immaginaria,

che per de�nizione sono le funzioni coseno e seno:

cos(t) := Re ( cis t) = Re (eit) =eit + e−it

2(1.54a)

sin(t) := Im ( cis t) = Im (eit) =eit − e−it

2i(1.54b)

eit = cos(t) + i sin(t) . (1.54c)

Queste sono le ben note formule di Eulero che legano la funzione esponenziale complessa alle

funzioni trigonometriche reali fondamentali.

Estendiamo tali funzioni trigonometriche in campo complesso a partire dalle rispettive serie

di potenze. Da eit =∑∞

n=0(it)n

n!separiamo la parte reale (proveniente dai termini con n = 2k

pari) dalla parte immaginaria (proveniente dai termini con n = 2k + 1 dispari), e troviamo

eit =∞∑k=0

(−1)kt2k

(2k)!+ i

∞∑k=0

(−1)kt2k+1

(2k + 1)!(1.55)

cos(t) =∞∑n=0

(−1)nt2n

(2n)!= 1− t2

2!+t4

4!· · · (1.56)

sin(t) =∞∑n=0

(−1)nt2n+1

(2n+ 1)!= t− t3

3!+t5

5!+ · · · . (1.57)

Queste serie di potenze valgono per ogni t ∈ R, ma possiamo facilmente vedere (mediante il

criterio del rapporto) che convergono assolutamente anche per ogni t ∈ C complesso, avendo

raggio di convergenza in�nito. Le rispettive funzioni somma de�niscono cos e sin : C → C.Queste risultano continue e derivabili in tutto il piano complesso, e derivando termine a termine

si dimostra che

D cos = − sin , D sin = cos (1.58)

come per le versioni reali. Inoltre le formule di Eulero (1.54) restano valide per ogni t ∈ C.Tutta la teoria delle funzioni trigonometriche può essere fondata e ricostruita rigorosamente

con le de�nizioni appena date. Osserviamo innanzitutto che, siccome la funzione esponenziale

complessa è periodica di periodo i2π, le funzioni sin e cos sono periodiche di periodo 2π anche in

piano complesso. Inoltre, le formule di addizione

cos(α± β) = cosα cos β ∓ sinα sin β (1.59)

sin(α± β) = sinα cos β ± cosα sin β (1.60)

non sono altro che le parti reale ed immaginaria dell'identità fondamentale ei(α±β) = eiαe±iβ.

Riferimenti ed approfondimenti

Gli argomenti di questo capitolo sono generalmente esposti in testi di analisi 1 o analisi 2,

p.es. [DM1, Giu1, Giu2, BPS1, BPS2]. In particolare, questo capitolo segue da vicino [DM1].

Un libro molto bello sull'analisi complessa (che studieremo ulteriormente nel cap. 8) è [Ahl].

Come approfondimento consiglio anche la lettura di [SvTi].

28 CAPITOLO 1. LA FUNZIONE ESPONENZIALE COMPLESSA

Figura 1.4: Parte reale della funzione esponenziale complessa (sinistra) e del coseno complesso

(destra).


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