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Capitolo 3 I criteri di imputazione, classificazione e ... · (competenza interna) alla prova del...

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Capitolo 3 I criteri di imputazione, classificazione e qualificazione (art. 83 Tuir) (di Francesco Crovato) 3.1 Qualificazioni, classificazioni e imputazioni temporali: i criteri Ias come guida alla lettura fiscale dei fatti di gestione anche in deroga ai criteri del Testo Unico – 3.2 La selezione dei fatti di ge- stione e il loro inquadramento in categorie di riferimento (cessioni di beni, prestazioni di servizi e simili) – 3.3 Le classificazioni di bilancio e i loro riflessi sulla misurazione dell’imponibile – 3.3.1 Le riclassificazioni fra voci di bilancio con diverso regime tributario: a) le riclassificazioni “correttive” e quelle connesse a mutamenti funzionali e organizzativi 3.3.2 b) Le riclassificazione a carattere puramente“valutativo” – 3.4 I criteri di imputazione temporale: la competenza di specifici eventi ge- stionali come ipotesi distinta dalle valutazioni patrimoniali – 3.4.1 La scelta di abbandonare i criteri fiscali per individuare la competenza delle operazioni con terzi per rasserenare il tema dell’impu- tazione a periodo 3.4.2 I nuovi criteri per l’imputazione a periodo: un raffronto con il passato in materia di certezza e obiettiva determinabilità 3.4.3 Le nuove regole per l’imputazione tempo- rale di costi e ricavi a fronte di cessioni di beni e prestazioni di servizi 3.4.4 Maturazione giuri- dica e correlazione economica tra costi e ricavi: verso una maggiore importanza delle valutazioni economicistiche – 3.5 La competenza delle operazioni con terzi (competenza “esterna”): come cambiano le soluzioni rispetto a questioni già affrontate nel recente passato dall’Amministrazione finanziaria – 3.6 La correzione di errori sulla competenza: soluzioni sul piano contabile e fiscale – 3.7 I profili per cui continua a prevalere l’autonomia delle regole fiscali: le valutazioni patrimoniali (competenza interna) alla prova del coordinamento tra bilancio Ias e reddito fiscale – 3.8 Altre fattispecie escluse dalla deroga ai criteri tributari tra regole fiscali e regole contabili – 3.9 Tabella esemplificativa La diretta rilevanza fiscale dei criteri Ias riguarda le questioni di qualificazione, classificazione e imputazione temporale. In questi ambiti le regole fiscali devono cedere il passo ai dati di bi- lancio secondo corretti principi contabili, senza poter determinare “variazioni” in dichiarazione dei redditi. Il regolamento attuativo ha limitato la rilevanza fiscale dei criteri Ias di imputazione a periodo alla sola “competenza esterna” . Risultano così superati per i soggetti Ias gli specifici momenti di competenza fiscale delle operazioni con i terzi (stipula dell’atto, consegna o spedizione del bene, ultimazione del servizio etc.) e i requisiti di certezza e oggettiva determinabilità per la deduzione dei costi o la tassazione dei proventi. Restano invece fuori dal rinvio agli Ias le valutazioni patrimoniali (“competenza interna”) e quindi regole fiscali autonome continuano a permanere per ammortamenti, accantonamenti, rimanenze e via enumerando. Sul piano concettuale (e anche sul piano degli spazi che sembrava lasciare aperti la dizione “imputazione temporale” dell’art. 83 Tuir), le divergenze tra criteri contabili e fiscali si sareb- bero potute eliminare anche per molte poste di bilancio “valutative” , perché caratterizzate solo da brevi sfasamenti temporali, dopo i quali le differenze si riassorbono. Il timore di eccessivi margini per pianificazioni fiscali non appare ragione sufficiente, né convincente. La rilevanza, anche fiscale, delle valutazioni fatte sul punto ai fini civilistici dalle società quotate in borsa, IN SINTESI CAP 03 - Ias.indd 1 22/06/11 11:23
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Page 1: Capitolo 3 I criteri di imputazione, classificazione e ... · (competenza interna) alla prova del coordinamento tra bilancio Ias e reddito fiscale – 3.8 Altre fattispecie escluse

Capitolo 3I criteri di imputazione, classificazione e qualificazione (art. 83 Tuir)(di Francesco Crovato)

3.1 Qualificazioni, classificazioni e imputazioni temporali: i criteri Ias come guida alla lettura fiscale dei fatti di gestione anche in deroga ai criteri del Testo Unico – 3.2 La selezione dei fatti di ge-stione e il loro inquadramento in categorie di riferimento (cessioni di beni, prestazioni di servizi e simili) – 3.3 Le classificazioni di bilancio e i loro riflessi sulla misurazione dell’imponibile – 3.3.1 Le riclassificazioni fra voci di bilancio con diverso regime tributario: a) le riclassificazioni “correttive” e quelle connesse a mutamenti funzionali e organizzativi – 3.3.2 b) Le riclassificazione a carattere puramente “valutativo” – 3.4 I criteri di imputazione temporale: la competenza di specifici eventi ge-stionali come ipotesi distinta dalle valutazioni patrimoniali – 3.4.1 La scelta di abbandonare i criteri fiscali per individuare la competenza delle operazioni con terzi per rasserenare il tema dell’impu-tazione a periodo – 3.4.2 I nuovi criteri per l’imputazione a periodo: un raffronto con il passato in materia di certezza e obiettiva determinabilità – 3.4.3 Le nuove regole per l’imputazione tempo-rale di costi e ricavi a fronte di cessioni di beni e prestazioni di servizi – 3.4.4 Maturazione giuri-dica e correlazione economica tra costi e ricavi: verso una maggiore importanza delle valutazioni economicistiche – 3.5 La competenza delle operazioni con terzi (competenza “esterna”): come cambiano le soluzioni rispetto a questioni già affrontate nel recente passato dall’Amministrazione finanziaria – 3.6 La correzione di errori sulla competenza: soluzioni sul piano contabile e fiscale – 3.7 I profili per cui continua a prevalere l’autonomia delle regole fiscali: le valutazioni patrimoniali (competenza interna) alla prova del coordinamento tra bilancio Ias e reddito fiscale – 3.8 Altre fattispecie escluse dalla deroga ai criteri tributari tra regole fiscali e regole contabili – 3.9 Tabella esemplificativa

La diretta rilevanza fiscale dei criteri Ias riguarda le questioni di qualificazione, classificazione e imputazione temporale. In questi ambiti le regole fiscali devono cedere il passo ai dati di bi-lancio secondo corretti principi contabili, senza poter determinare “variazioni” in dichiarazione dei redditi.Il regolamento attuativo ha limitato la rilevanza fiscale dei criteri Ias di imputazione a periodo alla sola “competenza esterna”. Risultano così superati per i soggetti Ias gli specifici momenti di competenza fiscale delle operazioni con i terzi (stipula dell’atto, consegna o spedizione del bene, ultimazione del servizio etc.) e i requisiti di certezza e oggettiva determinabilità per la deduzione dei costi o la tassazione dei proventi. Restano invece fuori dal rinvio agli Ias le valutazioni patrimoniali (“competenza interna”) e quindi regole fiscali autonome continuano a permanere per ammortamenti, accantonamenti, rimanenze e via enumerando. Sul piano concettuale (e anche sul piano degli spazi che sembrava lasciare aperti la dizione “imputazione temporale” dell’art. 83 Tuir), le divergenze tra criteri contabili e fiscali si sareb-bero potute eliminare anche per molte poste di bilancio “valutative”, perché caratterizzate solo da brevi sfasamenti temporali, dopo i quali le differenze si riassorbono. Il timore di eccessivi margini per pianificazioni fiscali non appare ragione sufficiente, né convincente. La rilevanza, anche fiscale, delle valutazioni fatte sul punto ai fini civilistici dalle società quotate in borsa,

IN SINTESI

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2 I CRITERI DI IMPUTAZIONE, CLASSIFICAZIONE E QUALIFICAZIONE

dalle banche o dalle assicurazioni tenute ad applicare gli Ias non appare in questa prospettiva “pericolosa” per il Fisco.Sono poi escluse dalla deroga, per cui le risultanze del bilancio andranno comunque “aggiu-state” ai fini fiscali, le disposizioni che riguardano aspetti di inerenza (autovetture, spese di rap-presentanza, spese di viaggio, di telefonia mobile o temi tipicamente fiscali come la deduzione di imposte) e, fra le altre, le disposizioni che esentano o escludono, parzialmente o totalmente, dalla formazione del reddito imponibile componenti reddituali positive, comunque denominate (qui il pensiero corre, in particolare, alla participation exemption). Si tratta di questioni per le quali fare affidamento sulle regole contabili anche ai fini fiscali avrebbe significato ignorare le peculiarità del diritto tributario.Gli sfasamenti tra valori civili e fiscali possono essere quindi ridotti sensibilmente, come si cer-ca di fare con le disposizioni introdotte, ma non eliminati completamente, anche se molto di più si sarebbe potuto fare per poste “valutative” come ammortamenti o accantonamenti, alle quali la deroga ai criteri fiscali non è stata estesa. La qualificazione in bilancio, la classificazione e l’imputazione a periodo restano comunque ampie aree di rilevanza fiscale degli Ias.

3.1 Qualificazioni, classificazioni e imputazioni temporali: i criteri Ias come guida alla lettura fiscale dei fatti di gestione anche in deroga ai criteri del Testo Unico

Il nuovo art. 83 Tuir attribuisce diretta rilevanza nella determinazione dell’impo-nibile fiscale ai criteri di qualificazione, alle classificazioni in bilancio e ai momenti di imputazione temporale secondo i principi contabili internazionali.

In base a questa previsione, il reddito d’impresa per i soggetti che adottano gli Ias è perciò determinato non solo partendo dall’utile o dalla perdita del conto econo-mico, ma anche senza le variazioni previste dalle disposizioni fiscali quando queste riguardino la qualificazione, la classificazione e la rilevazione temporale dei fatti di gestione. Ogni volta che si sia in presenza di uno di questi profili, le disposizioni del Testo Unico dovranno perciò cedere il passo ai dati di bilancio secondo corretti prin-cipi contabili, senza poter determinare alcuna variazione in dichiarazione dei redditi.

Va dato conto che l’inciso secondo cui l’applicazione dei criteri Ias attinenti i profili suddetti può avvenire “anche in deroga” alle norme del Testo Unico ha creato però qualche incertezza; e sono nati così percorsi interpretativi diversi che prendono origine a ben vedere da quella sfumatura. L’avverbio “anche” potrebbe infatti lasciar intendere che si tratti di una eventualità (“anche in deroga”), non di una applicazione necessitata ed automatica. Ne risulterebbe quindi un sistema in cui non esisterebbe “una priorità assoluta di un sistema di regole rispetto all’altro e, quindi, … espres-sione dell’esistenza di una sostanziale equiordinazione di tutte le regole, pur nella loro diversa origine”1, in cui scegliere nel dubbio la regola applicabile (regola con-

1 Così Fransoni, L’imputazione a periodo nel reddito d’impresa dei soggetti Ias, in Corriere Tributario, n. 39/2008, p. 3152.

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I CRITERI DI IMPUTAZIONE, CLASSIFICAZIONE E QUALIFICAZIONE 3

tabile o fiscale) in base ad un criterio di specialità2, valorizzando la distinta ratio che ispirerebbe le norme del Testo Unico (alcune delle quali risponderebbero a esigenze tipicamente e esclusivamente fiscali e andrebbero quindi salvaguardate)3, o ancora in base “a una valutazione complessiva da compiersi in concreto delle esigenze del sistema” che consentirebbero all’interprete di risolvere “i conflitti e le aporie” all’in-terno di “un sistema unitario”4.

Pur trattandosi di posizioni raffinate e argomentate, si finisce forse per attribuire a una sfumatura lessicale più importanza di quanto in realtà essa abbia; e più in gene-rale si giunge ad attribuire alla previsione nella sua interezza un significato che non valorizza lo stesso criterio guida della riforma, ovvero il principio di derivazione.

Anche per questo la lettura più semplice appare preferibile. È possibile che le “qualificazioni”, le “imputazioni temporali” e le “classificazioni in bilancio” secon-do gli Ias determinino un quadro di partenza coincidente con quello che risulterebbe dalle regole del Testo Unico o invece in tutto o in parte diverso, nel qual caso la base di partenza per calcolare l’imponibile fiscale sarà comunque quella risultante dall’ap-plicazione dei principi contabili internazionali. A questo pare riferirsi l’espressione “anche in deroga”, all’eventualità che i criteri Ias portino a un effetto diverso da quello che discenderebbe dalle disposizioni del Testo Unico altrimenti applicabili. Anche in deroga vuol dire allora semplicemente che se i due criteri (Ias e fiscale) non portano a un risultato coincidente, è l’impostazione contabile a prevalere.

Diventa a questo punto decisivo circoscrivere l’ambito delle questioni di “quali-ficazione”, “imputazione temporale” e “classificazione di bilancio”. Delimitazione che certo presenta delle difficoltà, ma nel cui ambito non esiste una possibilità di scelta tra Ias e criteri tributari5. Neppure una possibilità di scelta in base alla natura “speciale” di una disposizione fiscale, o in ragione del suo peso sistematico o ancora della sua ratio6.

2 Vicini ronchetti, Legge finanziaria 2008 e principi Ias: le modifiche all’art. 83 del Tuir una possibile soluzione ai dubbi interpretativi, in Rassegna tributaria, n. 3/2008, p. 680 e ss., secondo cui occorrerebbe prendere in considerazione, per ogni componente reddituale, le singole “coppie” di norme. In base a questo criterio si giunge alla conclusione, ad esempio, che i criteri di imputazione temporale Ias derogherebbero alle regole generali contenute nell’art. 109, commi 1 e 2, ma non alle regole contenute nelle disposizioni del Testo Unico dedicate alle singole componenti reddituali in virtù del carattere maggiormente “speciale” proprio di queste ultime. I criteri propri del sistema Ias opererebbero all’interno della disciplina del reddito d’impresa solo in deroga alle disposizioni del primo tipo.

3 In questo senso, in particolare, ZiZZo, L’Ires e i principi contabili internazionali: dalla neutralità so-stanziale alla neutralità procedurale, in Rassegna tributaria, n. 2/2008, p. 316 e ss. In materia di imputazione temporale alcune norme fiscali sarebbero ad esempio “meramente confermative” delle regole sull’imputazio-ne a periodo contenute nei principi contabili nazionali; altre, invece, risponderebbero a esigenze tipicamente e esclusivamente fiscali e continuerebbero a prevalere rispetto ai principi Ias.

4 Così, Fransoni, L’imputazione a periodo nel reddito d’impresa dei soggetti Ias, cit., p. 3152.5 Come rileva steVanato, Profili tributari delle classificazioni di bilancio, in Corriere Tributario, n.

39/2008, p. 3155 e ss.6 Il metro per stabilire quali regole fiscali rimangano ferme perché immuni alla deroga e quali siano

invece sostituite dagli Ias è se la questione rientri fra quelle per cui è stato effettuato un rinvio agli Ias, non se essa sia espressione di un’esigenza fiscale particolarmente rilevante o si ponga in un rapporto di specia-

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4 I CRITERI DI IMPUTAZIONE, CLASSIFICAZIONE E QUALIFICAZIONE

Utilizzare questi criteri, sia pur per risolvere i casi dubbi, oltre che generare ancor più incertezza, rischierebbe di immettere nel sistema regole fiscali che l’art. 83 ha inteso espungere per i soggetti che adottano gli Ias in bilancio.

Una volta accolta la prevalenza dei criteri di qualificazione, classificazione e im-putazione previsti dagli Ias, se ne devono accettare tutte le conseguenze sul piano fiscale, anche se questo significherà che a cedere il passo saranno regole che sistema-ticamente hanno un maggior peso o che si considerano espressione di un principio di specialità all’interno della fiscalità d’impresa.

Si può perciò concludere che dove manchi una norma ad hoc (come, ad esempio, in materia di imputazione temporale, quella del regolamento attuativo che fa salvi i momenti di cassa) viene accolta la prevalenza dei criteri di qualificazione, classifi-cazione e imputazione secondo gli Ias. Così come, per converso, quando si tratti di una questione estranea al terzetto appena richiamato (ad esempio, una questione di inerenza) e sempre in assenza di specifiche ed espresse eccezioni, a prevalere sarà il criterio fiscale7.

La rilevanza fiscale degli Ias reca un altro profilo di novità rispetto al passato. Come anticipato nel capitolo 1, la derivazione dal bilancio riguarda anche l’aspetto patrimoniale. Attività e passività, tramite le qualificazioni e le classificazioni Ias, vengono acquisite ai fini fiscali e influenzano negli esercizi a venire il reddito fiscale di periodo8. Inoltre, gli standard internazionali collocano talvolta valori di natura reddituale direttamente a patrimonio: la determinazione del reddito fiscale dell’e-sercizio non riguarda perciò più soltanto il passaggio al conto dei profitti e delle perdite9.

Va anche premesso che queste qualificazioni, classificazioni e imputazioni tem-porali rilevano ai fini dell’Ires e dell’Irap, non anche ai fini dell’Iva, il cui background

lità in ragione dell’interesse tutelato anziché in un rapporto di mera precisazione delle regole contenute nei principi contabili nazionali. A prescindere dalla indicata natura “speciale” o ratio o peso sistematico della regola fiscale, se essa rientra nel terzetto richiamato dall’art. 83 viene derogata. La domanda da porsi non è, per fare qualche esempio, se la consegna o la certezza o le quote d’ammortamento siano espressione di un interesse fiscale da salvaguardare, ma se esse riguardino il momento di rilevazione temporale oppure aspetti diversi. La Circolare 7/E/2011 (paragrafo 3.2) conferma questa impostazione sottolineando che “al fine di meglio comprendere le modalità applicative del principio di derivazione rafforzata, è prioritario individuare con precisione la portata dei citati fenomeni di qualificazione, di classificazione e di imputazione temporale delle operazioni aziendali, evidenziando separatamente anche i fenomeni che, invece, interessano unicamente la valutazione dei componenti di reddito fiscalmente rilevanti e che, pertanto, non ricadono nell’ambito ap-plicativo del suddetto principio”.

7 Ad esempio, pur trattandosi di questione esclusa dai menzionati criteri riguardando aspetti valutativi, le valutazioni degli strumenti finanziari eseguite in base agli Ias sono riconosciute da disposizioni particolari (su cui il capitolo 15), con assunzione del dato di conto economico ai fini della determinazione del reddito imponibile (titoli di trading, contratti derivati, passività finanziarie).

8 Come vedremo più avanti, secondo gli ordinari regimi fiscali di deduzione previsti per ammortamenti, accantonamenti e simili.

9 Molto chiara sul punto la Circolare al paragrafo 2.2., dedicato ai “principi ispiratori del decreto legisla-tivo 38”, con considerazioni confermate anche per l’assetto attualmente in vigore (vedasi nota 8, paragrafo 3.1 della medesima Circolare).

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rimane una rappresentazione dei fatti di gestione secondo categorie e forme giuridi-che civilistiche e dove tutto resta regolato dalla normativa fiscale. In quanto imposta sui consumi, non diretta a un risultato di sintesi (reddito) ricavabile dal bilancio10, l’Iva si tiene ancorata alle simmetrie nelle posizioni delle parti, alla circolazione del denaro o alla emissione delle fatture collegate a momenti a rilevanza giuridico formale11.

3.2 La selezione dei fatti di gestione e il loro inquadramento in categorie di riferimento (cessioni di beni, prestazioni di servizi e simili)

Iniziando dalla prima delle tre categorie indicate dall’art. 8312, si può osservare che “qualificare” significa selezionare i fatti gestionali e inquadrarli in uno schema di riferimento al fine di poterli poi rappresentare, rilevare e valutare in bilancio.

La qualificazione di un fatto di gestione implica, in altre parole, il suo inquadra-mento nell’ambito delle cessioni di beni, delle prestazioni di servizi, delle operazioni di finanziamento e via enumerando13.

La lettura dei fatti gestionali – com’è noto – riflette dal punto di osservazione degli Ias il contenuto economico sostanziale dei medesimi. Il rinvio ai criteri di qua-lificazione ha quindi lo scopo di sostituire un approccio economico sostanziale ad un approccio basato sulla forma giuridico-contrattuale tipico del modello di bilancio italiano e di riflesso delle regole fiscali che ad esso sono state conformate.

Naturalmente, il profilo giuridico non è del tutto abbandonato, così come non lo era in precedenza il profilo economico sostanziale.

Ad esempio, la disciplina del reddito d’impresa in tema di imputazione a periodo

10 L’Iva riguarda singole operazioni, anche se liquidate per masse, non un aggregato di elementi positivi e negativi come accade per le imposte sui redditi e l’Irap. Per queste ultime occorrono invece ulteriori pas-saggi, perché gli elementi positivi sono solo una componente per calcolare un dato di sintesi, cioè il reddito, variabile fino al termine del periodo di imposta, e influenzabile dalle valutazioni di bilancio, come rimanenze, accantonamenti, ammortamenti, e simili, irrilevanti sul piano dell’Iva.

11 Per considerare ceduto un bene o prestato un servizio, con i connessi obblighi di fatturazione, occor-rerà ad esempio attendere la stipula dell’atto, la consegna o spedizione; per un servizio il pagamento di un corrispettivo. Ci proponiamo di inserire in una prossima edizione un capitolo sull’Iva per approfondire alcune situazioni, come quelle in cui gli Ias considerino acquisito un bene o un complesso di beni diversamente da quanto accadrebbe applicando le regole contabili nazionali (che presuppongono l’acquisto in proprietà.

12 Sulla quale si veda ZiZZo, Criteri di qualificazione Ias nella determinazione dell’imponibile Ires, in Corriere Tributario, n. 39/2008, p. 3137 e ss.

13 Anche l’Agenzia delle Entrate, al paragrafo 3.2.1 della Circolare, ritiene che il fenomeno della “qualificazione” attenga “all’esatta individuazione dell’operazione aziendale posta in essere” e più in particolare “essa consente di individuare il ‘modello’ giuridico-negoziale cui ricondurre ciascuna operazione aziendale, in relazione alla specifica funzione economica ed agli effetti sostanziali che essa determina (in tal senso, un’operazione si qualifica, ad esempio, come vendita piuttosto che come locazione ovvero come finanziamento piuttosto che come conferimento di capitale, e via discorrendo)”.

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6 I CRITERI DI IMPUTAZIONE, CLASSIFICAZIONE E QUALIFICAZIONE

stabilisce all’art. 109 Tuir l’irrilevanza delle clausole di riserva della proprietà, a tutela del credito del cedente per il pagamento del prezzo; in questa previsione vi era già una chiara apertura ad aspetti sostanziali: in tal caso, infatti, nessuna delle parti può sottrarsi agli obblighi derivanti dal contratto, e il differimento temporale del passaggio del diritto reale ha solo funzione di garanzia rispetto al pagamento del prezzo, perché il consenso è già perfetto tra le parti14.

Si pensi anche alle cessioni di titoli derivanti da contratti di pronti contro ter-mine (in cui il cessionario ha l’obbligo di rivendita a termine al cedente), che sono già “lette” secondo la sostanza economica tanto dal codice civile (art. 2424-bis, comma 5) quanto dal Testo Unico (art. 94, comma 2). Sul punto la norma fiscale si è infatti già uniformata all’impostazione “sostanzialistica” dei principi contabili, stabilendo che le operazioni in questione non generano movimentazioni del ma-gazzino titoli15.

Del resto, il principio della “prevalenza della sostanza sulla forma” appartiene anche al mondo dei principi contabili nazionali16. Inoltre, le stesse regole dell’erme-neutica giuridica impongono di ricostruire le fattispecie negoziali sulla base della “effettiva volontà delle parti”, e di assoggettarle al regime proprio dei loro “effetti sostanziali”, fermo restando naturalmente che gli standard internazionali accentua-no questo profilo e ne fanno uno dei capisaldi delle rappresentazioni contabili.

Per converso, negli Ias, la sostanza è inevitabilmente influenzata dagli aspetti legali e dalle scelte negoziali. Ad esempio, in tema di imputazione a periodo, il mo-mento di competenza delle cessioni di beni deve essere individuato in base al “tra-sferimento dei rischi”, che è diretta conseguenza di una regola (legale o negoziale) che sancisce su quale parte ricadono le conseguenze (anch’esse giuridicamente indi-viduate) della eventuale perdita del bene.

Fatte queste precisazioni, è chiaro però che la qualificazione può comportare, rispetto al passato, diversi schemi di riferimento cui ricondurre certi fatti di gestione e quindi modificare anche sensibilmente il piano di partenza per la successiva rap-presentazione e rilevazione in bilancio dei medesimi.

14 La data successiva di trasferimento del diritto reale è irrilevante anche nella locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti, data anche qui la caratteristica della vincolatività, potendosi inquadrare i ratei di canone come semplici frazioni del prezzo dovuto dall’acquirente all’alienante.

15 Cfr. art. 94, comma 2, Tuir secondo cui “le cessioni di titoli, derivanti da contratti di riporto o di ‘pronti contro termine’ che prevedono per il cessionario l’obbligo di rivendita a termine dei titoli, non determinano variazioni delle rimanenze dei titoli”.

16 Il Principio contabile n. 11, rivisto dall’Oic in seguito alla riforma del diritto societario, fornisce in merito le seguenti indicazioni: “Per ciascuna operazione o fatto e comunque per ogni accadimento aziendale, è indispensabile conoscere la sostanza economica dello stesso qualunque sia la sua origine (contrattuale, legislativa, eccetera)....La sostanza economica dell’operazione che è stata così identificata rappresenta, salvo i casi indicati successivamente, l’elemento prevalente per la contabilizzazione, valutazione ed esposizione dell’evento nel bilancio, affinché quest’ultimo possa assicurare chiarezza di redazione ed una rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio...Individuata la sostanza economica dell’operazione, bisogna altresì considerare gli aspetti formali (contrattuali e giuridici) per le eventuali limitazioni imposte dalla vigente legislazione”.

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I CRITERI DI IMPUTAZIONE, CLASSIFICAZIONE E QUALIFICAZIONE 7

Non ci soffermiamo qui sulle ipotesi in cui la qualificazione resta la stessa (ad esempio cessione di beni) e muta solo il profilo della rilevazione in bilancio, con l’effetto di posticipare o di anticipare la rilevazione di un’operazione, che tale però rimane.

Trattandosi di questione di imputazione temporale, rinviamo sul punto ai para-grafi 3.4 e seguenti.

È quando l’applicazione dei principi Ias cambia proprio il tipo di qualificazione (ad esempio, da prestazione di servizi a cessione di beni) o quando richiede di isolare dalla cessione di beni o dalla prestazione di servizi, corrispondente alla forma legale adottata, una o più altre operazioni, o all’opposto di valorizzare l’unità strutturale e sostanziale di più operazioni in una qualificazione unitaria, che il coordinamento tra Ias e Fisco richiede di approfondire l’indagine con maggior attenzione.

Sotto il primo profilo (cambio di qualificazione), è facile ricordare il caso ormai ben studiato ed approfondito del leasing finanziario (Ias 17 su cui capitolo 8), che riportiamo ancora una volta perché in effetti rende efficacemente l’idea. Nel Quadro sistematico (paragrafo 51)17 si osserva al riguardo che “nel caso dei leasing finan-ziari, la sostanza e la realtà economica sono che il locatario acquisisce i benefici economici per l’uso dell’attività locata per la maggior parte della sua vita utile e in cambio si impegna a pagare per tale diritto un importo che approssima il fair value dell’attività e i connessi oneri finanziari. Il leasing finanziario dà così luogo ad un elemento che soddisfa la definizione di attività, quale “risorsa controllata da un’im-presa come risultato di eventi passati e dalla quale sono attesi in futuro flussi di bene-fici economici” (Quadro sistematico, paragrafo 49), e che è rilevabile in tale qualità nello stato patrimoniale del locatario, in quanto “è probabile che benefici economici futuri affluiranno”18. È evidente che la modifica all’inquadramento dell’operazione ha significative ricadute fiscali sugli ammortamenti, sulle spese di manutenzione, sulle regole sulla durata minima dei contratti di leasing, e via enumerando, per cui rinviamo al capitolo 8.

Quanto all’ipotesi della disaggregazione, i criteri di qualificazione Ias possono richiedere di segmentare contratti unitari ed enucleare parti separatamente identi-ficabili di una singola operazione. Secondo lo Ias 18 (paragrafo 13) “in particolari circostanze, è necessario applicare i criteri di rilevazione alle parti separatamente identificabili di una singola operazione allo scopo di riflettere il contenuto economi-

17 Il cd. Framework non è stato – come noto – omologato dalla UE, ma lo Ias 8 lo richiama espressamente tra le fonti cui fare riferimento per l’applicazione dei principi contabili internazionali, al pari delle guide applicative contenute nei Principi e nelle Interpretazioni. Numerosi Ias, ad esempio si veda lo Ias 18 (paragrafo 2) sui ricavi, lo richiamano.

18 Fino ad ora si privilegiava, invece, il piano formale, con il costo del bene concesso in leasing iscritto nello stato patrimoniale della società di leasing, che ne è la società proprietaria, mentre nel bilancio della società utilizzatrice sono iscritti “canoni di leasing” alle date di maturazione. Il bene può essere iscritto nello stato patrimoniale della società utilizzatrice solamente alla data del riscatto e per il costo del riscatto, procedendo al residuo ammortamento.

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co dell’operazione stessa. Per esempio, quando il prezzo di vendita di un prodotto comprende un valore identificabile per servizi da prestare successivamente, l’am-montare relativo deve essere differito e rilevato come ricavo nell’esercizio nel quale il servizio è prestato”.

Si pensi, in questa prospettiva, a servizi di manutenzione o a operazioni a premio e simili iniziative di fidelizzazione della clientela (i cd. loyalty program19); o anco-ra alle cessioni di beni o alle prestazioni di servizi che, nel caso di rateazione o di differimento del pagamento del corrispettivo oltre i termini ordinari, devono essere affiancate da un’operazione finanziaria, produttiva di interessi. La ricorrenza in un contratto di due operazioni, la cessione di beni e la prestazione di servizi (di manu-tenzione ecc.) nel primo caso, la cessione di beni e il finanziamento nel secondo, è rivelata in entrambe le situazioni da una verifica che, al di là della forma legale adottata, valorizza la sostanza economica.

Un’impostazione per certi versi simile ispira, a ben guardare, anche il cosidet-to component approach che, rimanendo all’interno delle cessioni di beni, prelude però a qualificazioni più articolate, perché la scomposizione rende meglio la so-stanza economica del tutto. Si pensi alle ipotesi in cui gli Ias (Ias 16) prescrivono lo smembramento dei beni ammortizzabili tra le loro parti componenti, quando queste hanno vite utili differenti o procurano benefici differenti (l’esempio clas-sico è l’aereo e il suo motore). Questa ripartizione dà luogo a distinte attività ammortizzabili e a rilevanti effetti sul piano della misurazione dell’imponibile, con due o più distinti cicli di ammortamento riferiti alle componenti in cui il bene è stato segmentato.

Passando all’ipotesi dell’aggregazione di contratti distinti, talvolta si rende ne-cessario accorpare più operazioni valorizzandole nell’insieme in un unico schema di riferimento. Lo Ias 18 fa l’esempio di un’impresa che “può vendere merci e, contem-poraneamente, accordarsi per riacquistare le merci in un momento successivo, in tal modo annullando il risultato dell’operazione; in tali casi le operazioni sono trattate congiuntamente” (paragrafo 13), perché “sono così strettamente legate che il risulta-to commerciale non può essere valutato senza fare riferimento alle varie operazioni come ad un unico insieme”.

Altro esempio si ricava dallo Ias 39, quando si occupa della vendita di un’attività finanziaria “soggetta ad un accordo di riacquisto ad un determinato prezzo o al prez-zo di vendita più il rendimento per il finanziatore” (paragrafo 21). Si verifica dunque uno scollamento tra realtà giuridica formale (che vede l’acquirente a pronti entrare a tutti gli effetti in possesso dell’attività finanziaria) e realtà economica sostanziale (che vede il cedente a pronti mantenere la titolarità della medesima). In tale contesto, l’unità strutturale dell’affare con il probabile riacquisto ad un prezzo predetermina-

19 L’Ifric 13 prevede, in questi casi (ad esempio, fidelizzazione con raccolta punti) che i ricavi di vendita debbano essere riqualificati in parte come ricavi per la cessione dei premi e, quindi imputati, insieme ai costi, al momento dell’assegnazione di premi ai clienti.

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to, o pari al prezzo di vendita maggiorato del rendimento del finanziatore, impedi-sce di configurare il passaggio al cessionario dei rischi e preclude il trasferimento dell’attività (merce, strumento finanziario). Il legislatore fiscale ha assunto nel Testo Unico un atteggiamento sdoppiato, dal momento che per ciò che attiene gli effetti delle transazioni sui passaggi di proprietà dei titoli si è uniformato all’impostazione “sostanzialistica” dei principi contabili, stabilendo ad esempio che le operazioni in questione non generano movimentazioni del magazzino titoli20; per ciò che attiene ai rendimenti dei titoli scambiati, ha adottato invece la versione formalistica, preve-dendo che questi siano imputabili, secondo il loro proprio regime fiscale (interessi o, appunto, dividendi) al proprietario temporaneo (e formale) dei titoli stessi21.

Talvolta la qualificazione può condurre addirittura a inquadrare come cessione solo quelle a terze economie rispetto alle società di un gruppo22; e per le cessioni di azienda under common control si è resa perciò necessaria una specifica disposizione del regolamento attuativo (su cui capitolo 13, paragrafo 13.2.2) per salvaguardare le esigenze e le simmetrie proprie della fiscalità straordinaria d’impresa.

La rilevanza fiscale degli Ias, riferita alle qualificazioni, è quindi un passaggio molto importante nella fiscalità di chi adotta in bilancio questo sistema contabile.

Le qualificazioni indotte dagli Ias hanno, infatti, in linea di principio rilevanza anche quando comportano – rispetto a quanto accadrebbe applicando le regole con-tabili nazionali – la nascita di un’attività fiscalmente riconosciuta23, anche quando innestano una diversa regola di valutazione (ammortamenti in luogo di costi plu-riennali24 o accantonamenti) o quando la rendono di fatto inoperante (come accade,

20 Cfr. art. 94, comma 2, Tuir secondo cui “le cessioni di titoli, derivanti da contratti di riporto o di ‘pronti contro termine’ che prevedono per il cessionario l’obbligo di rivendita a termine dei titoli, non determinano variazioni delle rimanenze dei titoli”.

21 Cfr. art. 89, comma 6, Tuir, secondo cui “gli interessi derivanti da titoli acquisiti in base a contratti ‘pronti contro termine’ che prevedono l’obbligo di rivendita a termine dei titoli, concorrono a formare il reddito del cessionario per l’ammontare maturato nel periodo di durata del contratto”. Per i dividendi non sussiste una norma espressa analoga, ma la spettanza del dividendo al cessionario a pronti si ricava per principio generale (visto che non c’è norma derogatoria che stabilisca che il dividendo non spetta al titolare formale del titolo). Prima della riforma, ad esempio, era il titolare formale che fruiva del credito di imposta, tanto è vero che nel D.Lgs. n. 461/1997, art. 2, comma 3, fu introdotta la clausola anti-abuso per cui “il mutuatario ed il cessionario a pronti hanno diritto al credito d’imposta sui dividendi soltanto se tale diritto sarebbe spettato, anche su opzione, al mutuante ovvero al cedente a pronti”. Solo a partire dal 2006, il testo di tale norma è stato modificato per tenere conto del nuovo assetto normativo, precisando che “al mutuatario e al cessionario a pronti si applica il regime previsto dall’articolo 89, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, soltanto se tale regime sarebbe stato applicabile al mutuante o al cedente a pronti”.

22 I principi contabili internazionali prestano particolare attenzione all’ipotesi in cui un soggetto effettui operazioni con o tramite parti correlate, e in special modo con l’ausilio di “società-veicolo” (special purpose entities/vehicles). In questi casi, impongono di considerare irrilevante il formale trasferimento di beni o rapporti alle predette società-veicolo se ad esso non si accompagna anche un trasferimento irreversibile della titolarità effettiva di diritti e delle correlate responsabilità.

23 Ad esempio, nel leasing finanziario, visto come acquisto a credito anziché come locazione.24 Nelle migliorie su beni di terzi si passa a un’impostazione che privilegia l’acquisizione del bene e

quindi agli ammortamenti in luogo dei costi pluriennali.

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vedremo, per le rimanenze di servizi25: cap. ??). Se così non fosse, la prevalenza delle qualificazioni Ias ai fini della determinazione dei tributi sui redditi verrebbe contraddetta.

In alcune più limitate ipotesi, le qualificazioni Ias possono addirittura privare o conferire effetto reddituale a determinati accadimenti, determinandone26 conseguen-temente l’uscita o l’entrata nel perimetro impositivo. In questa categoria di opera-zioni, che assumono una diversa natura (reddituale o patrimoniale) per effetto degli Ias, rientrano anzitutto l’acquisto e la rivendita di azioni proprie, l’emissione di ob-bligazioni convertibili, i piani di stock option equity settled (basati cioè sull’aumento di capitale)27.

3.3 Le classificazioni di bilancio e i loro riflessi sulla misurazione dell’imponibile

La classificazione in bilancio28, sulla base della natura delle operazioni e in rela-zione anche alla tipologia di impresa, rappresenta i fatti di gestione in bilancio ricon-ducendoli a classi che riguardano la determinazione del reddito (ricavo, plusvalenza, minusvalenze, interessi ecc.) o del patrimonio (attivo, passivo, patrimonio netto)29.

È evidente che i profili qualificatori, di cui ci siamo appena occupati, preludono già sul piano logico a quelli classificatori e incidono inevitabilmente anche sui profili attinenti alla rappresentazione dei fatti in bilancio30.

25 Gli Ias – come sottolinea la Circolare – abbandonano la logica propria della valutazione delle rimanen-ze, per adottare una modalità di contabilizzazione fondata sulla immediata e diretta rilevazione dei ricavi nel conto economico: paragrafo 3.2 della Circolare.

26 Quantomeno prima facie e ferma restando la necessità di analisi più approfondite. Abbiamo visto ad esempio che la connotazione “patrimoniale” di una posta non ne esclude la rilevanza reddituale, che dev’es-sere attentamente vagliata, così come la connotazione “reddituale” non ne determina sempre l’automatica de-duzione o tassazione, occorrendo considerare anche principi e coerenze interne al sistema fiscale. Un esempio per tutti. Gli Ias prevedono la diretta imputazione a patrimonio netto dei costi di transazione (spese legali, di consulenza, commissioni alle banche, e simili) sostenuti in caso di aumento del capitale sociale. Questi costi continuano però ad avere un significato “reddituale”; del resto, se l’operazione sul capitale viene abbandona-ta, anche per gli Ias i costi accessori alla quotazione sono rilevati a conto economico (Ias 32, paragrafo 37). Sulle modalità di deduzione di questa posta si veda il capitolo 4.

27 La qualificazione di quest’ultima fattispecie come “operazione con remunerazione basata su azioni” (Ifrs 2) potrebbe determinare la deduzione dei costi imputati a conto economico, pur a prescindere dall’effet-tivo sostenimento del costo: su questo tema si veda il capitolo 12.

28 Sui profili attinenti la classificazione, si veda steVanato, Profili tributari delle classificazioni di bilan-cio, cit., p. 3155 e ss.

29 Anche l’Agenzia delle entrate riconduce, nella recente Circolare (paragrafo 3.2.2), il concetto di clas-sificazione alle modalità di rappresentazione dell’operazione in bilancio, una volta stabilita la sua natura in base alle qualificazioni. I criteri di classificazione consentono così, ad avviso dell’Agenzia “l’individuazione della ‘specifica tipologia’ (o ‘classe’) di provento o di onere di ciascuna operazione così come qualificata nella rappresentazione Ias compliant”.

30 L’Agenzia ha confermato questa impostazione sottolineando come “il fenomeno classificatorio non sia scindibile dal fenomeno qualificatorio, anzi ne costituisce una naturale conseguenza” (paragrafo 3.2.2 della

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Del resto, se la qualificazione serve a selezionare in un dato modo i fatti gestio-nali riconducendoli a certi schemi di riferimento, espressione dei profili economico-funzionali delle operazioni effettuate, la rappresentazione in bilancio delle opera-zioni medesime e dei relativi effetti (classificazione) non può che seguire di riflesso.

Ad esempio, il leasing finanziario, come già rilevato, è “letto” dagli Ias per il locatario come un acquisto a credito. Da questa “qualificazione” discendono anche i profili “classificatori”: il bene dovrà essere iscritto fra le immobilizzazioni sotto il profilo della rappresentazione della situazione patrimoniale, mentre sul versante della rappresentazione della situazione reddituale troveremo in bilancio quote di am-mortamento e interessi passivi. Le regole fiscali seguiranno di conseguenza anche per le altre vicende attinenti il bene: ad esempio, le spese di manutenzione dovranno essere determinate in ragione della titolarità del bene, riferita dagli Ias all’utilizzato-re, mentre saranno inoperanti le regole sulla durata dei contratti31 previste in materia di deduzione dei canoni (che continueranno ad essere corrisposti sulla base delle pattuizioni contrattuali).

Si pensi, ancora, ai ricavi misti, quando l’acquisto di un bene incorpora un servi-zio da prestare in futuro. Questa rappresentazione dei fatti gestionali comporta per il cedente che una parte del ricavo dovrà essere rilevato nell’esercizio in cui il servizio sarà prestato; sul versante dell’acquirente, che il bene acquistato avrà (anche fiscal-mente) un valore riconosciuto inferiore al corrispettivo pattuito (solo sul piano della forma legale adottata il corrispettivo costituisce integralmente costo di acquisto).

Altre peculiari “classificazione in bilancio” indotte dai principi contabili interna-zionali potrebbero far scattare la deroga prevista dall’art. 83 Tuir.

Ad esempio, il criterio del component approach fa ripartire il costo totale di un bene ammortizzabile tra le sue parti componenti, dando origine a distinte attività ammortizzabili e a diversi cicli di ammortamento relativi alle componenti elementari in cui il bene è stato scomposto: esse avranno piena rilevanza anche ai fini fiscali.

Si può osservare, inoltre, sempre a proposito dei riflessi sul piano della misura-zione dell’imponibile, come i criteri di classificazione possano incidere anche sulla formazione dei valori fiscalmente riconosciuti.

Il concetto di classificazione di bilancio si può infatti riferire anche ai criteri contabili per distinguere gli oneri da spesare da quelli da capitalizzare (si veda il ca-pitolo 7)32; e ai criteri per individuare proventi (ad esempio, contributi per l’acquisto di impianti) o oneri da considerare autonomamente o da aggregare al valore fiscal-

Circolare).31 Queste regole servono a evitare che l’utilizzatore possa dedurre fiscalmente il costo del bene in un

periodo più breve di quello previsto per l’ammortamento. Nella fiscalità Ias, questa possibilità è esclusa evidentemente in partenza, posto che l’utilizzatore deduce il costo secondo le regole dell’ammortamento.

32 Naturalmente, anche qui in assenza di eccezioni previste dal legislatore fiscale talvolta previste per evitare effetti indesiderati o scarsamente controllabili: si pensi alla norma “speciale” per i soggetti Ias che fa salva la ripartizione in più anni – cinque – per i cosiddetti altri costi ad utilizzazione pluriennale, che diversamente verrebbero imputati a conto economico nell’esercizio.

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mente riconosciuto di attività e passività aziendali. In questa prospettiva, la stessa disposizione fiscale per cui alcuni elementi si comprendono nel costo e altri no (art. 110 Tuir) potrebbe essere derogata dai criteri Ias.

Va detto infine come anche per la classificazione possono naturalmente interve-nire disposizioni specifiche che rendono inoperante la sostituzione dei criteri Ias a quelli fiscali e fanno salve categorie e classificazioni previste in materia fiscale. Ciò accade in particolare per gli strumenti finanziari, in cui le categorie classificatorie Ias (per destinazione funzionale) devono essere “ricollocate” nell’ambito della tradizio-nale bipartizione fiscale tra titoli immobilizzati e “non” (si veda il capitolo 15), e in materia di operazioni straordinarie (su cui capitolo 16).

Più in generale si pensi anche ad alcune peculiari “classificazioni” fiscali, desu-mibili da regole tributarie che conservano autonomia nella determinazione del reddi-to da tassare. In quanto connotazioni che ne delimitano il perimetro di applicazione, giocoforza, continuano ad avere rilevanza fiscale.

Ad esempio, la limitazione alla deduzione degli interessi passivi (art. 96 Tuir) ri-mane presidiata dalle regole del Tuir. Detta limitazione riguarda soltanto gli interessi aventi causa finanziaria e non è applicabile, ad esempio, ai fenomeni di attualizza-zione dei fondi rischi, come si vedrà meglio al capitolo 13. Quando gli Ias fanno emergere oneri finanziari, l’indeducibilità scatta quindi solo se sia nel contempo sod-disfatta anche la “classificazione fiscale” fra gli interessi aventi causa finanziaria33.

Ancora, in materia di ammortamenti, la “classificazione” fiscale fra gli immobili strumentali continua ad avere rilevanza e discende dalla definizione fornita dal Tuir (art. 43, comma 2)34. Per i beni immobili strumentali si dovrà far riferimento agli or-dinari principi analitici del reddito d’impresa, cioè ai costi e ai ricavi effettivamente sostenuti, con rilevanza dei criteri Ias. Per gli immobili non strumentali, invece, si dovrà tener conto delle risultanze catastali o del reddito derivante dal canone di lo-cazione, forfetariamente ridotto, secondo i criteri dei redditi fondiari: è il cosiddetto regime dei proventi immobiliari previsto dall’art. 90 Tuir, cui il decreto attuativo continua a dare ancora validità.

Si pensi anche all’imputazione per cassa dei contributi, riferibile esclusivamente ai contributi “sopravvenienza”, da individuarsi anche qui secondo le connotazioni fiscali: si deve trattare, infatti, di contributi pubblici (spettanti cioè in base a norma di legge) e diversi da quelli da quelli “in conto esercizio”. La peculiare “classificazio-ne” fiscale (fra le sopravvenienze) è rilevante oltretutto perchè i contributi costituenti sopravvenienza attiva sono imponibili (a scelta del contribuente) in 5 anni, e non immediatamente, anche per i soggetti Ias.

33 Come richiesto dall’art. 96 del Tuir. L’esposizione fra gli oneri finanziari è quindi necessaria, ma non sufficiente. Nell’esempio fatto nel testo, la natura finanziaria ai sensi degli Ias dipende solo dall’attualizzazione di costi futuri, mancando qualsiasi flusso di interessi, attuale o futuro, verso terzi.

34 Oltre ad esser stata confermata espressamente dal D.M. 8 giugno 2011 (all’art. 3, comma 1), questa classificazione è presupposta dall’art. 90 Tuir che continua a trovare applicazione per i soggetti Ias: sul punto paragrafo 7.5.

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3.3.1 Le riclassificazioni fra voci di bilancio con diverso regime tributario: a) le riclassificazioni “correttive” e quelle connesse a mutamenti funzionali e organizzativi

Il tema delle riclassificazioni tocca molti profili già in precedenza comuni al di-ritto tributario e ai principi contabili, anche internazionali.

A tal fine occorre distinguere prima di tutto le riclassificazioni “correttive” di originarie erronee classificazioni e quelle connesse a mutamenti funzionali e orga-nizzativi.

Partiamo dalle prime. La riclassificazione ha in queste ipotesi la funzione di ri-mediare ad un errore originario nell’identificazione di un bene. Si pensi all’ipotesi in cui emerge che alcuni beni, iscritti in bilancio in una certa categoria di beni ammor-tizzabili, dovevano in realtà essere suddivisi in due differenti categorie, con diversi criteri di ammortamento e diversi regimi fiscali.

In queste ipotesi, la riclassificazione – per correggere l’errore nella contabiliz-zazione iniziale – è doverosa già fiscalmente e in linea con quanto raccomandato anche dai principi contabili internazionali. Questi ultimi, infatti, descrivono gli er-rori di esercizi precedenti come “omissioni e errate misurazioni di voci nel bilancio dell’entità per uno più esercizi derivanti dal non utilizzo o dall’utilizzo erroneo di in-formazioni attendibili”35 disponibili quando i bilanci erano stati redatti. La differenza rispetto al passato si nota piuttosto sul piano delle modalità di rilevazione contabile dell’errore visto che lo Ias 8 (al paragrafo 46) prevede che “la correzione di un errore di un esercizio precedente non incide sul risultato economico dell’esercizio in cui l’errore viene scoperto” e che gli effetti positivi o negativi della correzione devono essere imputati a patrimonio netto.

Ora, a parte il tema del passaggio a conto economico come requisito necessario per la deduzione dei costi36 (si pensi all’ipotesi in cui l’errore riguardi una maggio-re deduzione cui il contribuente avrebbe avuto diritto), l’imputazione a patrimonio netto della correzione non introduce profili di novità quanto ai riflessi fiscali delle correzioni.

In simili casi, infatti, appariva già in precedenza non solo possibile, ma doveroso, rimediare – anche sotto il profilo fiscale – all’errore d’identificazione originario, modulando le deduzioni secondo le regole fiscali applicabili in ragione della nuova e corretta clasificazione dei cespiti. Almeno, per la residua “vita fiscale” del bene occorrerà, infatti, rispettare la corretta classificazione fiscale, prima ancora che di bilancio.

Si pensi, diversamente, a cosa accadrebbe se la classificazione originaria, in ipotesi errata, legittimasse il contribuente ad adottare il regime fiscale di deduzio-ne corrispondente, anche dopo la scoperta dell’errore sul piano civilistico e la sua

35 Così Ias 8, paragrafo 26.36 Su cui si veda infra nel testo.

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correzione. Se la classificazione iniziale fosse irreversibile sul piano fiscale, i con-tribuenti potrebbero a piacimento imputare valori fiscalmente riconosciuti su beni a più rapido ammortamento, facendo leva sul fatto che la classificazione errata si consoliderebbe e rimarrebbe ferma negli anni a venire. È evidente il paradosso cui si arriverebbe seguendo fino in fondo tale tesi: chiunque potrebbe iscrivere valori fiscali su beni con piani d’ammortamento vantaggiosi, confidando nel fatto che nep-pure la scoperta dell’errore, e la riclassificazione sotto il profilo civilistico, fareb-bero venir meno il diritto del contribuente a fruire del più favorevole regime fiscale di deduzione del costo.

Il “travaso” di valori non è quindi vietato, ma anzi doveroso, quando si tratta di correggere ex post errori effettuati in sede di prima rilevazione contabile di un cespite; ed anzi anche le vicende reddituali passate dovranno essere ricalcolate, ov-viamente nei limiti di altri possibili vincoli; ad esempio, ammortamenti più rapidi rispetto a quelli cui il contribuente avrebbe avuto diritto in base al regime fiscale del cespite correttamente individuato dovrebbero essere corretti, ove sussistessero le condizioni per il ravvedimento operoso sia in termini temporali sia per quanto attiene all’inizio di eventuali controlli. Se le deduzioni, per via dell’erronea classificazione, risultassero eccessive, si dovrebbe perciò procedere al ravvedimento operoso. Se invece si rivelassero inferiori al consentito, perché si era classificato erroneamente il cespite come bene ad ammortamento più lento, ci si potrebbe limitare a procedere per il futuro oppure a rettificare la dichiarazione dei periodi d’imposta precedenti per fruire delle maggiori deduzioni cui si sarebbe avuto diritto37.

Per quanto attiene, invece, alle vicende reddituali future, esse dovranno essere misurate (anche fiscalmente) in ragione del regime fiscale proprio delle nuove clas-sificazioni di bilancio, che identificano l’effettiva e corretta natura dei beni dell’im-presa.

Non vi è, infatti, ragione per negare rilevanza fiscale ad una riallocazione conta-bile che, se effettuata fin dall’origine, avrebbe comportato la nascita di una diversa attività, dotata di un valore fiscalmente riconosciuto e di un proprio regime di dedu-zione.

Il contribuente dovrà quindi utilizzare il regime fiscale corrispondente alla natura dei beni risultante dalle nuove iscrizioni di bilancio dopo la riclassificazione. Natu-ralmente, l’Amministrazione finanziaria potrà accertare l’effettività dell’errore; e, in ogni caso, riprendere a tassazione quote di costo che, prima della rettifica dell’errore,

37 In quest’ultimo caso, però, ci si potrebbe scontrare col problema della mancata imputazione a conto economico. In particolare, se la riclassificazione riguardasse elementi ad imputazione tassativa (costi pluriennali), si riproporrebbe la tematica degli “errori sulla competenza”; e se fossero scaduti i termini per la rettifica della dichiarazione, si rischierebbe di perdere definitivamente la deduzione. Ricordo che, al contrario, per gli ammortamenti di beni immateriali e materiali, è sempre possibile recuperare “in coda” le deduzioni non effettuate: anche per i beni materiali non è, infatti, più previsto alcun limite minimo all’ammortamento; e per il contribuente è sempre possibile recuperare, al termine del periodo d’ammortamento corrispondente alle aliquote ordinarie, il “minor” ammortamento rispetto a quello massimo consentito.

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il contribuente abbia dedotto in misura rivelatisi ex post eccessiva rispetto al regime fiscale del costo correttamente classificato.

Come si è anticipato, l’imputazione a patrimonio netto degli effetti degli errori ai sensi degli Ias introduce invece un elemento nuovo che potrebbe impattare sul tema del previo passaggio a conto economico per la deduzione fiscale dei costi. Si pensi alla rilevazione di un errore che abbia comportato la deduzione di minori compo-nenti negativi di reddito in precedenti esercizi. L’imputazione al patrimonio netto non dovrebbe comunque determinare l’irrilevanza fiscale della correzione, perché si tratta pur sempre della rilevazione di una vicenda a “rilevanza reddituale”.

A queste conclusioni non osta l’eliminazione nell’art. 83 Tuir dell’inciso secondo cui il reddito d’impresa è determinato a partire dal risultato d’esercizio “aumentato o diminuito dei componenti che per effetto dei principi contabili internazionali sono imputati direttamente a patrimonio”. Come conferma la relazione al regolamento sulla rilevanza fiscale dei criteri Ias, tale eliminazione “è frutto semplicemente di una semplificazione espositiva, dato che la nuova disposizione inserita nell’articolo 83 del Tuir …. – la disposizione cioè che fa riferimento alle qualificazioni, imputazioni temporali e classificazioni in bilancio – è idonea sinteticamente a ricomprendere nel suo ambito applicativo anche l’imputazione di vicende reddituali operate in base agli Ias direttamente nello stato patrimoniale”38.

Diverso, rispetto all’ipotesi appena presa in considerazione, è il caso in cui, dopo un’iniziale corretta classificazione, divenga doveroso od opportuno sul piano civili-stico modificare la classificazione di bilancio di un cespite.

Può accadere anzitutto che la riclassificazione corrisponda ad un’effettiva diversa utilizzazione del bene, cioè ad una sua diversa collocazione funzionale nel processo produttivo. Si pensi ad un immobile-merce, che a un certo punto viene utilizzato sta-bilmente come “sede amministrativa” dell’impresa che lo ha costruito; si pensi anche a un computer utilizzato da una società, che commercializza software, per esigenze amministrative; il computer è perciò classificato come “macchina d’ufficio”, seguen-do il regime d’ammortamento previsto. Qualora la medesima società modificasse, in seguito, la sua attività e iniziasse a riparare computer (o a produrre software), il computer potrebbe acquistare una nuova funzione e diventare parte di un diverso processo produttivo: in tal caso, dovrebbe essere riclassificato fra gli impianti, mu-tando aliquota d’ammortamento. Il bene rimarrebbe il medesimo; a mutare sarebbe il suo impiego, con conseguente diverso regime d’ammortamento. Altre volte ancora, più beni, accorpati in un corpo unico e contabilizzati in bilancio con un unico valore, vengono disaggregati perché destinati ad una nuova utilizzazione.

Orbene, in tutte queste ipotesi, la riclassificazione non può che assumere rile-

38 Il problema della mancata imputazione a conto economico si pone quindi nei termini consueti, su cui si consenta di rinviare, non occorrendo considerazioni specifiche per i soggetti Ias, a croVato, Correzione di errori sulla competenza e passaggio a conto profitti e perdite, in Dialoghi di diritto tributario, n. 5/2006, p. 701 e ss.

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vanza anche sul piano tributario. Rispetto alle ipotesi precedentemente esaminate, la riqualificazione non ha tuttavia la funzione di correggere un errore, ma di tener conto di un diverso utilizzo del bene o di una diversa destinazione del medesimo: pertanto, nessuna correzione deve essere effettuata per il passato. Nella misurazione delle vicende reddituali future, è ragionevole, anche in questi casi, proseguire nella deduzione dei costi fiscalmente riconosciuti secondo gli eventuali diversi regimi tri-butari previsti per il bene derivante dalla riclassificazione.

Nel procedimento d’ammortamento si rinvengono, infatti, due anime: da un lato la considerazione del contributo economico-tecnico fornito dal bene al processo pro-duttivo, dall’altro la considerazione della perdita di valore subita dal bene stesso per il contributo fornito all’attività dell’impresa. Nelle imposte sui redditi, pertanto, l’ammortamento ha la funzione di distribuire il costo dei beni ad utilità pluriennale tra i periodi d’imposta in cui presumibilmente avverrà il loro utilizzo e in ragione dell’utilizzo medesimo.

Orbene, è agevole concludere che se cambia l’impiego del bene, e per questo è previsto un diverso regime fiscale di deduzione del costo, si dovrà adottare tale di-verso regime, proprio perché dettato per misurare (sia pur con operazioni meramente matematiche e senza quella comparazione di valori alla base delle tecniche di stima civilistiche) lo specifico contributo pluriennale all’attività d’impresa.

Si può accostare alle ipotesi appena viste anche il già menzionato cambio di destinazione del cespite (immobile), che dia luogo ad una “riclassificazione” fra le rimanenze (o viceversa), con un conseguente cambiamento d’esposizione contabile. L’unica rappresentazione fiscalmente neutrale, e non distorsiva, della riclassificazio-ne in esame è quella di esporre il cespite che “diventa bene merce” sia tra le rimanen-ze iniziali sia tra quelle finali dell’esercizio, secondo il valore contabile fiscalmente riconosciuto; quest’ultimo quindi si trasmetterà da allora in avanti ai periodi d’im-posta successivi secondo il tradizionale regime della valutazione delle rimanenze.

Sotto questo profilo qualche differenza, rispetto al passato, potrebbe essere indot-ta dai criteri che regolano il passaggio degli immobili dalla categoria dei beni stru-mentali (per destinazione) a quella degli immobili merce, tema che gli Ias affrontano in modo più elastico rispetto ai principi contabili nazionali. Gli standard internazio-nali consentono, infatti, una riclassificazione per il solo fatto che l’immobile non sia più destinato ad uso del titolare, anche se non vi è la prospettiva di venderlo nel breve periodo. I principi contabili nazionali (Oic 16) ammettono invece la riclassificazione solo se l’immobile (prima strumentale) è destinato alla vendita. L’eventuale riclassi-ficazione degli immobili a magazzino dovrebbe comportare l’interruzione, anche ai fini fiscali, degli ammortamenti39.

39 Sul punto si veda tuttavia il paragrafo 7.5. Il D.M. 8 giugno 2011 stabilisce infatti che “il regime fiscale riconosciuto agli immobili strumentali deve essere applicato a tutti gli immobili che, indipendentemente dalla classificazione in bilancio, presentano i requisiti contenuti nell’articolo 43 del Tuir”: così la relazione illustrativa al citato decreto.

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3.3.2 Le riclassificazione a carattere puramente “valutativo”

Veniamo alle riclassificazioni a carattere puramente valutativo. Dal punto di vista civilistico e contabile è in effetti talvolta opportuno, o doveroso, riclassificare valori di bilancio da una attività patrimoniale ad altre; si tratta cioè di spostare, in tutto o in parte, il valore di un bene da una attività di bilancio ad un’altra. È un’ipotesi rara per i beni materiali strumentali, ma può rivelarsi più frequente per costi pluriennali e beni immateriali, dove maggiore è la componente valutativa, come accade ad esem-pio per diritti di sfruttamento di opere dell’ingegno ed avviamento, oppure per spese di pubblicità e marchi. Si pensi anche, e in particolare, alle riclassificazioni indotte dal passaggio agli Ias.

Mentre anche civilisticamente è talvolta ragionevole o addirittura obbligatorio (mutamento di principi contabili) procedere in questi casi ad una riclassificazione, la classificazione fiscale del costo non sembrava, invece, fino ad ora poter essere alterata.

In linea di principio, i regimi fiscali di deduzione dei costi non consentono, in-fatti, una volta scelta una via, di abbandonarla, magari per profittare di possibili arbitraggi, che le riclassificazioni di bilancio potrebbero innescare, con spostamento di valori fiscali su beni a più elevato coefficiente di ammortamento.

Le predeterminazioni, le forfetizzazioni temporali previste dalla normativa tri-butaria sono infatti ispirate all’esigenza di semplicità e certezza, che può andare a scapito della precisione economica, cui maggiormente indulgono invece le regole civilistico-contabili. Il divieto di riclassificare “a piacere”, per ragioni puramente valutative e indipendentemente da modifiche organizzative e funzionali, si giusti-fica insomma con ragioni di cautela fiscale. Non solo rispetto alla collocazione di valori su beni a più elevato tasso di ammortamento o comunque di più rapida deduzione fiscale, ma anche rispetto alla collocazione su beni che stanno per esse-re ceduti, e quindi daranno luogo a plusvalenze. La ricollocazione di valori fiscali in capo a questi beni consente appunto di ridurre l’ammontare delle successive plusvalenze da cessione. All’opposto, la riclassifica su valori fiscali che più lenta-mente si trasformano in costi deducibili (o in minori proventi imponibili) sarebbe conveniente in periodi di perdita, di cui si ignorano le possibilità di recupero. In definitiva si differisce l’emersione di componenti positivi di reddito, e si anticipa l’emersione di componenti negativi (insomma si “consumano prima” i valori fisca-li, trasformandoli in costi o in minori ricavi più rapidamente di quanto altrimenti accadrebbe). Oppure, all’opposto, si cerca di conservare i valori fiscali per “spen-derli” in tempi migliori.

La situazione era ancora più delicata nel caso di riclassificazione, in sede di pri-ma applicazione degli Ias, di una attività già iscritta unitariamente in bilancio, per la quale l’Agenzia delle Entrate, con la Ris. 29 luglio 2005, n. 111, aveva negato la rile-

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vanza fiscale. Peraltro, la fattispecie era molto particolare40 e in ogni caso precedente al nuovo art. 83 che prevede la rilevanza delle classificazioni Ias anche in deroga alle disposizioni del Testo Unico.

Una lettura coerente della nuova impostazione legislativa porta ora a riconoscere rilevanza fiscale anche alle riclassificazioni valutative, comprese quelle indotte dal mutamento di principi contabili. Il principio che emerge è infatti la prevalenza della classificazione Ias in deroga a quella prevista fiscalmente: anche nel caso della ri-classificazione di bilancio è quindi da preferire la rappresentazione Ias. Si pensi agli oneri su beni di terzi (su cui in particolare il paragrafo 7.6) che gli Ias classificano nella stessa categoria del bene cui si riferiscono (inserendoli quindi fra le immobi-lizzazioni materiali e ammortizzandoli di conseguenza), mentre finora erano rilevati fra le immobilizzazioni immateriali e dedotti secondo le regole fiscali previste per gli oneri pluriennali.

40 Sull’argomento, la citata Ris. n. 111/E/2005 merita qualche riflessione supplementare, perché con essa l’Agenzia delle Entrate ha negato ogni rilevanza fiscale alle “riclassificazioni contabili” indotte dagli Ias, con spostamento di un valore dell’attivo patrimoniale su altre attività. Nella fattispecie, la risoluzione si occupa della riallocazione dell’importo residuo del valore dell’avviamento nella voce “diritti d’autore e di sfruttamento commerciale” relativi a un software. La tesi interpretativa viene fondata dall’Agenzia sul comma 5 dell’art. 13 D.Lgs. n. 38/2005, secondo cui l’eliminazione dall’attivo patrimoniale – in sede di prima applicazione degli Ias – di costi iscritti in esercizi precedenti e non più capitalizzabili, non rileva né ai fini della determinazione del reddito, né ai fini dell’individuazione del valore fiscalmente riconosciuto dei beni, restando ferma la deducibilità sulla base dei criteri applicabili negli esercizi precedenti. La disposizione citata appare tuttavia del tutto estranea all’ipotesi di riclassificazione di elementi dell’attivo patrimoniale. Essa disciplina, infatti, una fattispecie ben identificata, ovvero la totale eliminazione di un elemento dell’attivo con imputazione del costo residuo a conto economico. Tale ipotesi non può essere accomunata al diverso fenomeno della riclassificazione o ridenominazione di una attività patrimoniale, in cui il cui costo originariamente capitalizzato rimane tale e viene semplicemente “spostato” su un altro cespite (e non già imputato a conto economico). Vi erano, invece, altre ragioni per negare rilevanza fiscale alla ridenominazione contabile dell’avviamento nel caso oggetto dell’interpello. Quest’ultimo riguardava, infatti, un tentativo di riclassificare i valori fiscalmente riconosciuti, spostandoli dal riferimento ad un determinato elemento dell’attivo (avviamento) ad un diverso elemento dell’attivo medesimo (diritti d’autore). Il contesto era quello di una diversa ripartizione contabile di un corrispettivo globalmente pattuito sui singoli assets di un ramo d’azienda acquisito. Orbene, il compratore di un’azienda può distribuire discrezionalmente il prezzo di acquisto sui vari beni che compongono l’azienda medesima, con il solo limite della ragionevolezza. La società ben avrebbe potuto, in precedenza, distribuire diversamente il relativo prezzo sui cespiti acquistati, iscrivendo meno avviamento e registrando per un valore maggiore (che sarebbe stato a quel punto riconosciuto fiscalmente) diritti d’autore, software e quant’altro. La riallocazione contabile, se effettuata sin dall’origine, avrebbe dato luogo a tante distinte attività, ciascuna provvista di un proprio valore fiscalmente riconosciuto. Dopo anni dall’acquisto dell’azienda (avvenuto nel 1998), non pare invece più possibile mutare i criteri di imputazione ai vari cespiti aziendali del prezzo, pagato in un tempo ormai remoto. A ben vedere, si tratta non tanto della correzione di un errore originario nell’identificazione dei beni e dei relativi valori fiscalmente riconosciuti, bensì di un ripensamento – ora per allora – rispetto a una scelta del tutto legittima effettuata all’atto dell’acquisto del compendio aziendale. Si può quindi comprendere la soluzione proposta dall’Agenzia, anche se basata su un richiamo inconferente alla disposizione transitoria Ias (art. 13, comma 5, D.Lgs. 38/2005), che si occupa della pura eliminazione di oneri precedentemente capitalizzati, e non della loro riallocazione su altri elementi dell’attivo. Si può osservare quindi come, prima del nuovo art. 83 Tuir, neppure la normativa “speciale” e transitoria Ias del 2005 consentisse di derogare in alcun modo ai principi descritti, secondo i quali il regime fiscale dei costi va identificato una volta per tutte al momento del relativo sostenimento; ed anzi confermava che nemmeno un evento “straordinario”, come l’entrata in vigore dei principi contabili internazionali, legittimava il “travaso” di valori fiscalmente riconosciuti da un elemento dell’attivo ad un altro.

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In questo modo, non si vedranno più valori di bilancio a costo fiscale zero, e ammortamenti fiscali di voci di bilancio esistenti solo agli effetti tributari. Negare rilevanza fiscale alla riclassificazione generava, infatti, la continuazione di un am-mortamento fiscale in relazione ad un elemento non più presente in bilancio; e com-portava nel contempo la nascita di un’attività patrimoniale iscritta a seguito della riclassificazione, che nasceva priva di un valore fiscalmente riconosciuto.

Naturalmente laddove siano previsti criteri specifici per quantificare e valorizzare le voci così riclassificate, questi ultimi prevarranno perché appunto non di classifi-cazione si tratta, ma di misurazione degli effetti della riclassificazione con criteri valutativi propri del diritto tributario. Un esempio è la riclassificazione tra terreno e fabbricato, dove il criterio forfetario previsto dalle norme fiscali per lo scorporo del valore del terreno dai fabbricati continuerà a prevalere sul dato di bilancio con conseguente doppio binario41.

3.4 I criteri di imputazione temporale: la competenza di specifici eventi gestionali come ipotesi distinta dalle valutazioni patrimoniali

Tra le questioni in cui gli Ias hanno diretta rilevanza fiscale, vi sono anche i cri-teri di imputazione temporale. Qui, il confine con l’area dove prevalgono ancora le disposizioni fiscali (aspetti quantitativi e valutativi) è meno netto ed occorre qualche approfondimento.

Si può prima di tutto rilevare come il riferimento ai criteri di imputazione tempo-rale contenuto nell’art. 83 Tuir richiami alla mente una delle funzioni delle disposi-zioni sul reddito d’impresa che, in linea generale, riguarda l’imputazione a periodo degli elementi reddituali. Ma all’interno di questa funzione possiamo effettuare le seguenti distinzioni:

Stabilire il momento di competenza delle operazioni con i terzi serve infatti pri-ma di tutto a contabilizzare correttamente il costo o il ricavo, e a inserire o escludere i beni o diritti acquisiti o ceduti nel patrimonio d’impresa. Occorre, ad esempio, che vi

41 Sul punto si veda il paragrafo 7.5.

Imputazione a periodo in senso ampio

Individuazione di un periodo d’imposta cui attribuire le operazioni con terzi (competenza in senso stretto)

Distribuzione di elementi patrimoniali in una pluralità di periodi d’imposta (valutazioni del patrimonio: ad esempio ammortamenti, accantonamenti, rimanenze)

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sia corrispondenza tra rappresentazione contabile dei costi o dei ricavi e quella delle rimanenze, il che costituisce un aspetto della continuità dei valori fiscali nel tempo.

Una volta rilevate le operazioni con i terzi, occorre poi, se del caso, trasmettere agli esercizi successivi i valori fiscalmente riconosciuti del patrimonio d’impresa; questo profilo caratterizza un insieme di disposizioni legislative apparentemente ete-rogenee, riguardanti tra l’altro gli ammortamenti, gli accantonamenti e le rimanenze, disposizioni che è possibile distinguere da quelle relative alla “competenza nelle operazioni con i terzi”, e che possono essere accomunate nel concetto di “valutazioni patrimoniali”42.

Tutte queste disposizioni servono a distribuire tra più di un periodo d’imposta una operazione economica con terzi già avvenuta in passato (ammortamenti, rima-nenze) o che avverrà in futuro (accantonamenti).

Sotto un altro profilo, le valutazioni in esame comportano stime di vicende eco-nomico-giuridiche43, non la rilevazione di rapporti intersoggettivi, che spesso saran-no stati già rilevati (ad esempio l’acquisto di un bene strumentale ammortizzabile) o lo saranno in futuro (nel caso degli accantonamenti)44. Peraltro, l’espressione “va-

42 Quest’ultima espressione è utilizzata in dottrina (Lupi, Diritto tributario-Parte speciale, Milano, varie edizioni, croVato, L’imputazione a periodo delle imposte sui redditi, Padova, 1996, p. 60 e ss.) per caratterizzare le norme sulla competenza “interna” rispetto a quelle che indicano momenti specifici di competenza. In effetti, ammortamenti, rimanenze, costi pluriennali altro non sono, a ben vedere, che una serie di ipotesi, prestabilite normativamente dal legislatore fiscale, sul presumibile andamento dei valori patrimoniali d’impresa.

43 Parlo di vicende economico-giuridiche perché qualche volta la stima risente anche di aspetti giuridici, non solo economici, o meglio gli aspetti economici sono influenzati da circostanze giuridicamente apprezzabili. Si pensi ad una svalutazione di merci dovuta ad un divieto amministrativo di commerciare un certo bene per motivi di sicurezza pubblica, o all’ammortamento di una licenza d’uso in relazione alla durata giuridica del diritto di sfruttamento risultante dal relativo contratto. Qualche volta è insomma il profilo giuridico a costituire la migliore approssimazione della valutazione economica di un certo cespite.

44 Questa distinzione ha una valenza sistematica notevole con la tendenziale facoltatività degli elementi reddituali derivanti da valutazione, al contrario dei momenti di competenza nelle operazioni con terzi da intendersi in modo tassativo. Le vicende di questi elementi patrimoniali e reddituali si ispirano ad articolati compromessi tra l’esigenza di precisione economica (in base alla quale bisognerebbe tener conto di tutte le circostanze che influiscono sulla potenzialità produttiva, sull’utilizzabilità e per certi aspetti sul valore del patrimonio aziendale) e il bisogno di punti di riferimento certi (distruzione di beni, nascita di obblighi, perdite di diritti, rinunce, transazioni); la combinazione di tutti questi punti di vista dà luogo a regimi eterogenei (ammortamenti, svalutazioni e rivalutazioni, variazioni in aumento e in diminuzione) che sono tutti accomunati dall’esistenza prospettica di un momento successivo che potremmo chiamare “di conguaglio”. Ciò rende pienamente comprensibile la differenza tra questi elementi reddituali “da valutazione” e quelli connessi a rapporti intersoggettivi, come acquisti di beni o servizi. In questi casi, non ha infatti senso economico recuperare in esercizi successivi la deduzione non effettuata, in quanto l’evento si è esaurito e non ci sono più legami tra esso e il patrimonio dell’impresa: la competenza in senso stretto non ha insomma alcun carattere di temporaneità e dopo i momenti di competenza manca qualsiasi appiglio che possa avere valenza sussidiaria. Nelle disposizioni sulla valutazione del patrimonio si può cogliere, come elemento comune, quello di riferirsi ad elementi negativi di reddito. Ma mentre nel caso delle rilevazioni con terzi le componenti negative eventualmente deducibili (canoni di locazione, prestazioni di lavoro, acquisti di energia, oneri finanziari e altre spese correnti) devono obbligatoriamente essere dedotte in quell’esercizio, gli elementi reddituali connessi a queste “valutazioni del patrimonio” sono accomunati da un carattere di “precarietà”, e “temporaneità”, come se fossero soggetti a successive variazioni e aggiustamenti; a questi elementi reddituali fa infatti riscontro un evento futuro che consentirà di tirare le somme in via definitiva: ad esempio, a fronte di un ammortamento

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lutazioni del patrimonio” non va confusa del tutto con l’effettuazione di stime del valore di mercato di cespiti, come le rimanenze finali. In alcuni casi, infatti, le “valu-tazioni del patrimonio” non hanno alcun aspetto estimativo: si pensi all’applicazione di coefficienti di ammortamento al costo del bene, o alla ripartizione in più esercizi delle spese di pubblicità, o al calcolo del limite percentuale di accantonamento al fondo svalutazione crediti. In tutti questi casi siamo infatti di fronte ad una opera-zione matematica precisa, che non comporta quella comparazione di valori alla base delle tecniche di stima (ad esempio, quelle relative al valore di un fabbricato o di una azienda)45.

Orbene, questa distinzione diventa ora rilevante anche per delimitare l’ambito di applicazione dei criteri contabili ai fini fiscali per i soggetti che adottano in bilancio i principi contabili internazionali, estendendo all’individuazione dei momenti di com-petenza delle operazioni con terzi la deroga ai criteri fiscali ed escludendola invece per le valutazioni patrimoniali.

In verità, anche “letteralmente”, l’espressione “imputazione temporale” avrebbe potuto includere molte delle regole sulle valutazioni patrimoniali, che tra i loro ef-fetti principali comportano certamente anche la distribuzione temporale di compo-nenti negative di reddito tra i vari periodi d’imposta. Anche sul piano concettuale, del resto, per molte poste di bilancio “valutative” le divergenze tra criteri contabili e fiscali avrebbero potuto essere eliminate, perché caratterizzate solo da brevi sfasa-menti temporali, dopo i quali le differenze si riassorbono, al pari di quanto accade per l’imputazione di un costo o di un ricavo tra due esercizi contigui (si pensi a molti ammortamenti o accantonamenti).

Come già rilevato, l’esclusione delle valutazioni patrimoniali dall’ambito della deroga, oltre che per neutralizzare le valutazioni al fair value, si spiega forse per limitare le pianificazioni fiscali, trascurando tuttavia che i soggetti Ias sono al mo-mento le società quotate per cui queste pratiche sono tutto sommato da escludere: difficile che una di loro pensi a deprimere un bilancio anticipando l’imputazione di componenti negative di reddito solo per anticiparne la deduzione fiscale.

È stato osservato in ogni caso che, se il legislatore avesse inteso riferirsi anche alle valutazioni patrimoniali, tanto sarebbe valso un rinvio completo agli Ias; la limi-tazione a un terzetto di questioni (qualificazioni, classificazioni e imputazioni tem-porali) sembra invece postulare necessariamente una “competenza in senso stretto”, relativa ai soli rapporti con i terzi e per la quale si applicano gli Ias46. Anche leggendo

esiste, in prospettiva, la dismissione o la cessione del bene strumentale; a fronte di un accantonamento esiste il verificarsi o meno dell’evento dannoso, tutte circostanze che, un domani, costituiranno un evento “di realizzo” dell’elemento reddituale, basato su rapporti intersoggettivi e privo di elementi congetturali. Analoga temporaneità può ravvisarsi nelle rimanenze, a fronte della vendita o dell’eliminazione dei beni sottostanti, ed in assenza di quella “utilità pluriennale” che caratterizza le immobilizzazioni materiali.

45 Non siamo perciò di fronte a una “valutazione estimativa”, termine una volta rilevante ai fini della competenza della commissione centrale, ed oggi rilevante ai fini dell’applicazione delle sanzioni penali.

46 Così Lupi, Profili tributari della valutazione degli elementi dell’attivo e del passivo, in Corriere

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il parere degli estensori della disposizione del regolamento attuativo, le tematiche di “competenza interna” (o se si preferisce di “valutazione del patrimonio aziendale”) sono considerate escluse già in base al richiamo dei soli criteri di qualificazione, classificazione e, in particolare, imputazione temporale. Il tema delle valutazioni di bilancio resta quindi fuori – secondo queste letture interpretative – dal rinvio agli Ias già a livello di disposizione legislativa generale (vale a dire già a livello dell’art. 83 Tuir). Tanto che la disposizione del regolamento, secondo cui anche ai soggetti Ias si applicano “i limiti quantitativi alla deduzione di componenti negativi o la loro esclusione, o la ripartizione in più periodi di imposta”, non si riferirebbe anche alle valutazioni di bilancio, cioè alla suddetta competenza interna, bensì alle disposizioni limitatrici di determinati costi sul terreno dell’inerenza o della rappresentanza.

Ne discende in ogni modo la rilevanza dei criteri fiscali per gli aspetti quanti-tativi e più in generale valutativi, dalle regole fiscali sulle plusvalenze iscritte, e le relative minusvalenze, entrambe frequenti nei soggetti Ias per via delle valutazioni al fair value, agli ammortamenti, agli accantonamenti, ai costi pluriennali, alle rimanenze e, più in generale, a tutte le altre questioni attinenti alla valutazione del patrimonio d’impresa.

3.4.1 La scelta di abbandonare i criteri fiscali per individuare la competenza delle operazioni con terzi per rasserenare il tema dell’imputazione a periodo

Il rinvio ai criteri Ias tocca dunque, in particolare, una questione che sembra pe-culiare al nostro Paese. Si tratta della drammatizzazione, in sede di accertamento e contenzioso, delle questioni di imputazione a periodo, della competenza in particola-re. Chi sbaglia sul punto viene sanzionato come un evasore con rettifiche che spesso comportano duplicazioni nella tassazione dei ricavi, o il definitivo disconoscimento di costi.

Fino ad ora, la legislazione fiscale è subentrata a specificare il concetto di compe-tenza, in armonia con le aspirazioni della riforma tributaria del 1973, a determinazioni prestabilite dalla legge e alla riduzione dei margini di valutazione da parte degli uffici. I criteri di imputazione a periodo sono stati così collegati, per le più importanti operazio-ni commerciali, a vicende oggettivamente controllabili o di cui resta traccia a posterio-ri, come la stipula dell’atto e la consegna del bene, nonché l’ultimazione del servizio.

Questa specificazione della competenza, diretta ad individuare determinati mo-menti di imputazione a periodo, è stata limitata alle componenti reddituali che trag-gono origine da cessioni di beni o da prestazioni di servizi. Per gli elementi reddituali non derivanti da operazioni siffatte non sono stati invece previsti criteri specifici: an-che in tali casi, peraltro, nell’ottica dell’individuazione legislativa di precisi momenti

Tributario, n. 39/2008, p. 3168 e ss.

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di competenza fiscale, predomina il criterio della “maturazione giuridica” degli ob-blighi e dei diritti sottostanti e della certezza ed oggettiva determinabilità.

Ora, l’art. 83 Tuir e il regolamento attuativo stabiliscono l’inapplicabilità dei commi 1 e 2 dell’art. 109: risultano di conseguenza derogati per i soggetti Ias gli specifici momenti di competenza fiscale delle operazioni con terzi (stipula dell’atto, consegna o spedizione del bene, ultimazione del servizio etc.), come pure i requisiti di certezza ed oggettiva determinabilità per la deduzione dei costi o la tassazione dei proventi. L’elemento nuovo dunque è che, a differenza di quanto accade per le altre imprese, i soggetti Ias non hanno altre regole da seguire se non quelle tutte contabili del bilancio Ias47.

Il momento di rilevazione del ricavo e del costo nel bilancio Ias deve esser perciò tenuto fermo anche sul piano della determinazione del reddito d’impresa. Ed è noto come ai fini Ias valgano criteri che possono portare a soluzioni non coincidenti con le regole fiscali derogate, come il passaggio dei rischi e dei benefici, lo stato di avan-zamento del servizio, ecc.; anche l’esigenza di certezza e di obiettiva determinazione trovano spazio, ma sempre sotto il profilo della valutazione realistica del passaggio di rischi e benefici.

Quale potrà essere l’approccio, da parte degli organi di controllo fiscale, per va-lutare la competenza (imputazione a periodo) dei ricavi e dei costi in base allo Ias 18 con riguardo al trasferimento all’acquirente dei rischi significativi e dei benefici connessi alla proprietà dei beni? E in quale misura cercheranno di reinterpretare gli schemi contrattuali sottesi alle scelte dell’impresa per l’una o l’altra soluzione (rischi e benefici trasferiti oppure no)?

Ne riparleremo più approfonditamente nel capitolo 21 dedicato al tema, cruciale e delicato, dei controlli fiscali, ma fin d’ora anticipiamo come abbandonare i crite-ri di trasferimento proprietà, consegna, spedizione ecc., può essere visto anche in un’ottica di sdrammatizzazione delle questioni di competenza, anziché di un loro inasprimento.

3.4.2 I nuovi criteri per l’imputazione a periodo: un raffronto con il passato in materia di certezza e obiettiva determinabilità

L’art. 109 Tuir escludeva al comma 1, ora derogato, la rilevanza fiscale degli ele-menti reddituali che, pur essendo di competenza del periodo d’imposta secondo le regole indicate al comma 2, fossero sotto altri profili incerti nell’an o nel quantum. I momenti di competenza, basati su consegna, ultimazione ecc., dovevano infatti essere accompagnati anche dalla certezza del titolo giuridico in cui trovava riscontro

47 Naturalmente anche qui vi possono essere specifiche deroghe, ma si tratta di casi limitati e esplicitamente previsti. In questo senso anche l’Agenzia delle Entrate, secondo cui ai fini fiscali “l’imputazione temporale dei componenti di reddito deve sempre avvenire – salvo specifiche deroghe espressamente…previste – in perfetta aderenza alle risultanze del conto economico” (paragrafo 3.2.3).

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il presupposto imponibile e dalla determinazione oggettiva dell’elemento reddituale al momento di chiusura dell’esercizio, che fungevano da correttivi dei momenti di competenza di volta in volta individuati48.

Ai fini Ias l’esigenza di certezza e di obiettiva determinazione trova ancora ri-scontro nello Ias 18, ma sotto il diverso profilo di una valutazione realistica e atten-dibile del passaggio di rischi e benefici e delle probabilità di incasso del corrispetti-vo49. In questa prospettiva, la certezza diviene probabilità “che i benefici economici dell’operazione affluiranno all’impresa” e l’obiettiva determinabilità una valutazio-ne attendibile del valore dei ricavi.

Ad esempio, la fruizione dei benefici economici da parte di un’impresa implica una valutazione delle probabilità di incasso del corrispettivo, che per le forniture di beni soggette a condizioni sospensive determina la rilevazione del ricavo quando viene meno l’incertezza. Ancora, se l’impresa conserva rischi significativi connes-si alla proprietà (ad esempio, assume l’impegno di far fronte a risultati insoddisfa-centi al di là delle normali clausole di garanzia; l’installazione del bene ceduto è una parte importante del contratto e non è ancora completata; il conseguimento del ricavo derivante dalla cessione del bene è legato alla vendita da parte dell’acqui-rente del bene medesimo), l’imputazione del ricavo va differita al momento in cui i rischi vengono meno50.

Un altro caso espressamente segnalato dagli Ias è quello delle commissioni che maturano al momento dell’esecuzione di un atto significativo: la loro rilevazione può avvenire solo quando l’atto significativo è completato (si pensi ad una commis-sione di performance per un fondo in cui l’evento rilevante sarà rappresentato dal confronto fra la performance riportata dal fondo e quella realizzata dal benchmark di mercato).

48 Nonostante si fossero verificati i momenti di competenza e finanche il passaggio della proprietà, l’esistenza dell’operazione poteva, infatti, essere incerta o il suo ammontare non ancora ben definito; e in tal caso il correlato elemento reddituale non era imputabile al periodo d’imposta. Anche la certezza ed oggettiva determinabilità si inserivano coerentemente in un impianto normativo ispirato dall’esigenza generale di certezza nei rapporti tributari, che poteva imporre a volte soluzioni diverse rispetto a quelle del diritto civile e dei principi contabili. D’altro canto, anche i principi contabili ricercano un determinato grado di “certezza” nelle misurazioni del reddito. Lo stesso principio di competenza economica è in definitiva un compromesso tra precisione, semplicità di rilevazione, certezza ecc. Si può però parlare di una esigenza più accentuata in ambito fiscale, dove si ricercava una maggiore univocità nell’individuazione dell’esercizio di competenza, portando spesso fino ad ora a una imputazione posticipata rispetto a quella in bilancio.

49 Sembra ritenere invece che nulla cambi Vergani, Riflessi fiscali dell’adozione dello Ias 18, in Corriere Tributario, n. 48/2008, p. 3878.

50 Ancora, si consideri la vendita mediante intermediari, in cui quest’ultimo ha il diritto di restituire l’invenduto dopo un certo periodo e il pagamento avviene solo alla vendita dei beni a terzi. I relativi elementi reddituali non sono rilevati al momento della vendita all’intermediario, ma soltanto al momento della vendita a terzi o allo scadere del periodo fissato per la restituzione senza che questa sia avvenuta. Prima di questo momento, l’impresa non può sapere se e quanti prodotti l’intermediario venderà e non si libererà quindi dal rischio dell’invenduto. Se invece il cedente conserva un rischio insignificante, gli elementi reddituali vanno rilevati anche fiscalmente: si pensi alla vendita al dettaglio dove il cliente insoddisfatto potrebbe chiedere il rimborso, ma il rischio non è certo significativo.

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La certezza e l’oggettiva determinabilità non sono quindi affatto trascurate da-gli Ias, ma prevalgono sulle condizioni di cui all’art. 109, comma 1, Tuir, secondo cui la certezza è una certezza “giuridica” e l’“oggettiva determinabilità” sottinten-de una quantificazione tendenzialmente scevra da elementi valutativi e di stima, e deve quindi considerarsi soddisfatta soltanto quando, con riferimento alla data di chiusura dell’esercizio, la componente reddituale sia quantificabile in modo preciso, potremmo dire “matematico”, in presenza di parametri per calcolare con accuratezza l’elemento reddituale.

Ora, alla luce degli Ias, questa impostazione appare evidentemente troppo rigida e restrittiva: che il valore dei ricavi debba essere “determinato attendibilmente” (Ias 18) non significa affatto che la componente quantitativa dell’elemento reddituale debba avere i connotati della precisione matematica, ma soltanto che la stessa deve poter essere calcolata secondo criteri ritenuti di affidabilità, nel senso che la determi-nazione degli elementi reddituali da prendere in considerazione ai fini della determi-nazione del reddito d’impresa si deve basare su elementi di valutazione in possesso dell’impresa all’atto della formazione del bilancio riguardanti l’esercizio in chiusura e sulla proiezione degli stessi sugli esercizi successivi.

Sicuramente deve perciò essere abbandonato anche ai fini fiscali qualsiasi orien-tamento restrittivo, ed eccessivamente angusto dei requisiti di “certezza” e “ogget-tiva determinabilità”, per passare a un criterio di “congruità”, di “ragionevole at-tendibilità” ovvero di “ragionevole approssimazione”. Non è dunque più richiesta una quantificazione operata su basi matematiche della componente reddituale, ed è invece bastevole che l’impresa sia in possesso di tutti gli elementi per una valu-tazione sufficientemente “attendibile” della componente reddituale, essendo insito nell’aggettivo “attendibile” il concetto di una valutazione estimativa fatta con criteri che siano suffragati da elementi prevedibili.

Ora il diritto tributario accetta queste impostazioni e le fa proprie ai fini della determinazione del reddito d’impresa dei soggetti Ias, con conseguenti ed evidenti riflessi sull’imputazione temporale di costi e ricavi.

Si pensi ad un’ampia tipologia di situazioni, in cui un determinato diritto o ob-bligo sorge prima della chiusura dell’esercizio, ed è già conosciuto prima della re-dazione del bilancio: la selezione dei dati ai fini di un calcolo spesso complesso, materialmente e numericamente, avviene invece solo in un momento successivo, comunque prima della redazione del bilancio. Dovrebbero risultare superate le in-certezze, frequenti in queste ipotesi, circa la linea di confine tra costi e ricavi sele-zionabili e non ai fini della formazione dell’imponibile, considerando il termine di approvazione del bilancio come limite per la “determinazione attendibile” di costi e ricavi dell’esercizio in chiusura51. Con ciò risolvendo per i soggetti Ias i dubbi e

51 Si pensi alla posizione ministeriale sugli oneri derivanti dal rinnovo di un contratto collettivo di lavoro (Ris. min. 21 marzo 1981, n. 9/167) stipulato a inizio anno che rappresentano fiscalmente un elemento reddituale imputabile solo al nuovo periodo d’imposta, anche per la parte riferibile economicamente al periodo

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le rigidità che hanno fino ad ora accompagnato il tema dei fatti conosciuti dopo la chiusura del periodo d’imposta52, e che invece continuano a porsi per chi adotta i principi contabili nazionali.

Un altro esempio, fra altri53, riguarda gli elementi reddituali derivanti da contro-versie giurisdizionali, vuoi con privati, vuoi con autorità pubbliche che emettono atti amministrativi provvisoriamente esecutivi. Le difficoltà concettuali dell’applica-zione del criterio di competenza, genericamente basato per queste fattispecie sulla maturazione dell’elemento reddituale e sulla certezza e oggettiva determinabilità, emergevano in tali ipotesi in tutta la loro evidenza, con una lunga fase contenziosa al cui interno poteva sussistere una pluralità di criteri astrattamente idonei a incardinare l’imputazione a periodo delle relative componenti reddituali.

Se eventuali obblighi di pagamento in pendenza di giudizio non erano sicura-mente decisivi per l’imputazione a periodo, in quanto aventi carattere meramente finanziario, senza nulla aggiungere alla fondatezza delle rispettive pretese, le sen-tenze soggette a gravame, ed i provvedimenti della pubblica autorità, quantunque impugnati, davano invece luogo a problemi complessi. Atti impugnati e sentenze non definitive non apparivano, infatti, adeguati a rappresentare un momento inderogabile di competenza. Essi avrebbero costretto a rilevare componenti negative di reddito anche quando originate da atti probabilmente infondati contro i quali si era fatto ricorso ad autorità giurisdizionali. D’altra parte, attendere l’atto definitivo avrebbe leso il principio di prudenza, a fronte di un atto autoritativo, comunque provvisto di notevole valore giuridico. Appariva perciò spesso poco appagante anche rinviare la rilevazione del costo al giudicato, anche quando fossero state già versate somme a seguito di riscossioni provvisorie in pendenza di giudizio e magari a fronte di un atto che difficilmente sarebbe stato ribaltato. Gli inconvenienti della scelta di uno dei momenti suddetti come momenti obbligatori di competenza risultavano anche dall’e-same della situazione, speculare, dell’eventuale controparte processuale54.

d’imposta precedente. Essere a conoscenza che il nuovo contratto di lavoro che si sta siglando comporterà oneri aggiuntivi e si applicherà retroattivamente anche per l’anno precedente, non giustificava fiscalmente la deduzione dei relativi costi se non nel periodo d’imposta in cui il contratto viene siglato, mentre ora ai fini degli Ias si tratta di un elemento che ben può essere preso in considerazione e rileva anche fiscalmente già nel periodo d’imposta in chiusura.

52 Si occupa dei “fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio” lo Ias 10. Questo standard internazionale detta un criterio per identificare i casi in cui occorre rettificare gli importi rilevati in bilancio e quelli che generalmente richiedono solo un’informativa. Il paragrafo 3, in particolare, sottolinea che “possono essere identificate due tipologie di fatti: a) quelli che forniscono evidenze circa le situazioni esistenti alla data di chiusura dell’esercizio (fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio che comportano una rettifica) e b) quelli che sono indicativi di situazioni sorte dopo la data di chiusura dell’esercizio (fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio che non comportano una rettifica)”. Determinante è quindi l’esistenza o meno, alla chiusura dell’esercizio, della “situazione” presupposta dal fatto sopravvenuto. Sul tipo di rilevazioni da effettuare in bilancio (costo/ accantonamento) influisce poi – come detto nel testo – la diversa lettura dei requisiti di certezza ed oggettiva determinabilità data dagli Ias (e la nuova linea di confine fra costi e accan-tonamenti su cui capitolo 11).

53 Per altri esempi si rinvia anche al paragrafo 10.3 dedicato ai bonus ai dipendenti.54 Se l’obbligazione esiste, esiste, infatti, naturalmente anche a favore di chi, in base alla sentenza non

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Per questo, al fine di uscire dalla situazione di stallo in cui ci si trovava, avevamo suggerito l’applicazione analogica dell’art. 99 Tuir55. Questa disposizione, a nostro avviso, poteva essere assunta come paradigmatica del comportamento da tenere ai fini dell’imputazione a periodo di tutti gli elementi negativi di reddito conseguenti ad atti di Autorità amministrative o giurisdizionali (ad esempio, somme pagate ad enti previdenziali, all’Inail ecc.)56.

L’impostazione tradizionale della prassi amministrativa individuava comunque la competenza fiscale del costo o del ricavo già al deposito di una sentenza57, anche se la stessa veniva impugnata, mentre taluni ritenevano necessario il formarsi del giu-dicato. Queste impostazioni58 appaiono ora superate dalla diversa lettura di certezza e determinabilità ai sensi degli Ias, oltre che dalla nuova linea di confine tra costi e accantonamenti.

Le componenti positive di reddito derivanti da contenziosi in corso sono rilevate a conto economico come ricavi dagli Ias, e quindi come tali tassate, solo se la “pro-babilità di conseguire benefici economici futuri” e il “grado di attendibilità” della quantificazione soddisfano le condizioni poste dagli standard contabili. A questo proposito si veda in particolare il paragrafo 86 del Framework, dedicato alla rileva-bilità dei ricavi da contenziosi in corso59.

Per quanto riguarda le componenti negative, seguendo le indicazioni dello Ias 3760 (in particolare paragrafi 11, 14, 15 e 16), occorre dare rilievo al livello di probabilità dell’esito della lite, avvalendosi a tal fine di tutti gli elementi disponibili al momento

definitiva, è il vincitore della causa, e questi potrebbe essere tenuto a rilevare un elemento positivo di reddito, con violazione del principio di prudenza nella redazione del bilancio. Il valore sistematico del principio di prudenza, nello stesso Testo Unico, tendenzialmente escludeva che il contribuente potesse essere tenuto a rilevare elementi positivi di reddito connessi a sentenze impugnate dalla controparte.

55 Sul punto si consenta di rinviare a croVato, Somme pagate in base a provvedimento di autorità pub-bliche (giurisdizionali o amministrative) e principio di competenza, in Rassegna Tributaria, n. 2/2001, p. 356 e ss. Tale disposizione consentirebbe una rilevazione “asimmetrica” dell’elemento negativo rispetto a quello positivo, nel senso che la parte provvisoriamente soccombente sarebbe ammessa a un accantonamento deducibile, mentre la parte vittoriosa non sarebbe tenuta a rilevare la corrispondente componente positiva di reddito.

56 Ciò anche in base ad un criterio di lecita interpretazione analogica per la presenza di una obiettiva lacu-na legislativa di fronte ad un atto autoritativo di una amministrazione o di una giurisdizione, che quantunque impugnato, è parametro sufficientemente affidabile per una deducibilità “provvisoria”, ma non obbligatoria, seguita da un successivo momento di deducibilità per cassa, da osservare a pena di decadenza.

57 Si veda, in particolare, Ris. min. 27 aprile 1991, n. 9/174.58 Basata sui requisiti di certezza ed obiettiva determinabilità dell’art. 109 Tuir (sul punto, Crovato, L’im-

putazione a periodo nelle imposte sui redditi, Milano, 1996, par. 5.24).59 In esso si afferma che “il provento atteso da un’azione legale può soddisfare le definizioni sia di attività

sia di ricavo come anche quella della condizione di probabilità per la rilevazione; tuttavia, se non è possibile quantificare attendibilmente la pretesa, essa non deve essere rilevata come attività o ricavo; l’esistenza della pretesa, tuttavia, andrà indicata nelle note, nel materiale esplicativo o nei prospetti supplementari”. Anche lo Ias 37 porta come esempio di attività potenziale il caso di “un ricorso che un’impresa sta intentando attraverso procedure legali e il cui risultato è incerto” (paragrafo 32).

60 Laddove distingue tra accantonamenti (indeducibili se non previsti fiscalmente) ed altre passività sud-divise in debiti commerciali e debiti presunti, con deducibilità anche fiscale del costo.

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di redazione del bilancio (inclusi, per esempio, pareri e relazioni di esperti). Quando l’esito negativo del contenzioso sia probabile, si apposta un accantonamento61, men-tre l’impresa potrà rilevare un debito presunto (con conseguente deducibilità fiscale) solo se la contestazione in corso appare manifestamente perdente. In genere, quindi, se non interviene la definizione del debito contestato con una sentenza passata in giudicato, un accordo transattivo o un lodo arbitrale, la passività viene classificata fra gli accantonamenti62 o addirittura fra le passività potenziali.

3.4.3 Le nuove regole per l’imputazione temporale di costi e ricavi a fronte di cessioni di beni e prestazioni di servizi

Per le cessioni di beni, la rilevazione dell’operazione, e quindi dei relativi elementi di reddito (ricavi, plusvalenze, minusvalenze), è legata alla ricorrenza delle condizio-ni elencate dallo Ias 18 (paragrafo 14)63. La condizione principale è il trasferimento all’acquirente dei rischi significativi e dei benefici connessi alla proprietà dei beni. In mancanza del trasferimento suddetto, anche un contratto che avesse trasferito la proprietà dei beni non determinerebbe una cessione. Non la determinerebbe perché sarebbe priva di sostanza economica una cessione in cui il cedente mantenesse an-cora il controllo sui flussi finanziari eventualmente provenienti dall’attività ceduta. Anche sul piano del reddito fiscale, quindi, in virtù del rinvio ai criteri di imputazio-ne temporale Ias, tale cessione non sarà produttiva di effetti64. Vediamo quali sono le differenze rispetto ai momenti di competenza individuati dalla disciplina fiscale, ora derogati per i soggetti Ias65.

61 A tal proposito, lo Ias 37 (su cui capitolo 11) prevede la rilevazione di un accantonamento quando l’evento futuro è probabile; detto secondo il linguaggio degli Ias, e l’impostazione “finanziaria” che li carat-terizza, quando “è probabile che sarà necessario l’impiego di risorse atte a produrre benefici economici per adempiere l’obbligazione” (Ias 37, paragrafo 14-b); il criterio dirimente è nel senso che l’obbligazione attuale (legale o implicita) esiste se “è più verosimile piuttosto che il contrario che esista” (paragrafo 15); viene fatto proprio l’esempio secondo cui “in una causa legale, può essere contestato o che alcuni fatti si siano realmente verificati o che i medesimi fatti abbiano comportato un’obbligazione… In tal caso, l’impresa deve determina-re se, tenendo conto di tutte le evidenze disponibili, inclusa, per esempio, l’opinione degli esperti, esiste alla data di riferimento un’obbligazione attuale … (a) nei casi in cui è più verosimile che esista un’obbligazione attuale alla data di riferimento del bilancio piuttosto che il contrario, l’impresa … rileva un accantonamento …” (paragrafo 16).

62 Secondo DoLce, Competenza di componenti: reddituali relative a procedimenti amministrativi o giurisdizionali, in il fisco, n. 4/2008, p. 602 e ss. risulterebbe avvalorato in tal caso l’utilizzo di argomentazioni analogiche del tipo di quelle descritte sopra in nota &&.

63 Ad esso rinviano a loro volta lo Ias 16, lo Ias 38 e lo Ias 40 (l’Ifrs 5, a sua volta, rinvia allo Ias 16 e allo Ias 38). Analogo criterio, del trasferimento di tutti i rischi e benefici connessi alla proprietà, è stabilito dallo Ias 39 (al paragrafo 20) per gli strumenti finanziari.

64 L’imputazione temporale di costi e ricavi ad essa collegati dovrà essere cioè rinviata a quando tali effetti eventualmente si produrranno. Sia anteriori sia successivi al passaggio della proprietà o alla consegna e spedizione.

65 Sull’imputazione temporale, si vedano Fransoni, L’imputazione a periodo nel reddito d’impresa dei soggetti Ias, cit., p. 3145 e ss. e Vergani, Riflessi fiscali dell’adozione dello Ias 18, cit., p. 3875 e ss.

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Fino ad ora i criteri di competenza fiscale facevano riferimento a momenti aventi rilevanza sul piano negoziale (come il trasferimento della proprietà, la stipula dell’at-to o l’obbligo di consegna gravante sul venditore).

Non si deve pensare però che tutto venga stravolto rispetto al passato. In linea generale, infatti, il trasferimento dei rischi e dei benefici coincide con il trasferimen-to della proprietà sul bene, e quindi con la stipula dell’atto per gli immobili e con la consegna per la vendita di beni di genere, come accade per la maggior parte delle vendite al dettaglio.

Tuttavia, in alcuni casi, il trasferimento dei rischi e dei benefici potrebbe certa-mente verificarsi in un momento diverso dal passaggio della proprietà. Se ad esem-pio l’impresa conserva rischi significativi e i benefici connessi alla proprietà, la ven-dita, nonostante il passaggio formale del diritto e la consegna del bene, si ha per non avvenuta; in questo caso non vi sarà tassazione del ricavo o della plusvalenza per il venditore né deduzione fiscale del costo per l’acquirente. All’opposto, possono presentarsi casi in cui i rischi e i benefici sul bene sono trasferiti, ma non c’è ancora stato il passaggio di proprietà, né la consegna.

L’impressione è che in genere per i beni immobili vi sia una sostanziale coin-cidenza dei criteri fiscali (ora sostituiti) con i criteri contabili; alla conclusione del contratto si accompagna, infatti, il passaggio della proprietà e quindi il definitivo distacco del bene dalla sfera giuridica del cedente con il passaggio dei rischi e dei benefici in capo all’acquirente.

Questo in linea generale perché, naturalmente, possono sicuramente presentarsi divergenze e conseguenti disallineamenti rispetto alle soluzioni fiscali che in prece-denza si adottavano. Sappiamo, ad esempio, che l’atto cui fare riferimento ai sensi dell’art. 109 Tuir (criterio della stipula dell’atto) è il contratto definitivo, e cioè l’atto cui si collega il passaggio di proprietà sull’immobile o sull’azienda. Non ha quindi alcun valore ai fini della competenza il contratto preliminare, con il quale, come noto, le parti si impegnano solo a stipulare in futuro un contratto definitivo, senza che ne discendano gli effetti traslativi tipici di una cessione66. Anche qualora il preli-minare preveda il pagamento anticipato di una parte del prezzo, e al limite l’immis-sione in possesso, il ricavo o il costo derivante dalla vendita rileverà solo nel periodo d’imposta in cui viene stipulato l’atto traslativo e ogni somma pagata in precedenza deve ritenersi un mero anticipo. Gli Ias, guardando al trasferimento dei rischi e dei benefici, potrebbero invece anticipare il momento di rilevazione dell’operazione ri-spetto alla stipula dell’atto definitivo, il che accadrebbe se già con il preliminare di vendita i rischi e i benefici passassero all’acquirente: l’accordo non avrebbe ancora alcun valore definitivo sul piano civilistico, ma la vendita per gli Ias nella sostanza ci sarebbe stata e dovrebbero essere rilevate le correlate componenti reddituali.

66 È infatti contratto preliminare quello “che obbliga le parti a concludere quello definitivo. La prestazione promessa consiste in un facere: prestare il consenso per la conclusione del contratto definitivo”, guarneri, Commento all’art. 1351 del c.c., in Commentario al codice civile, Torino, 1991, vol. IV, tomo 1, p. 556.

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Passando alle cessioni di beni mobili (registrati e non), è noto che il criterio della stipula dell’atto (tendenzialmente coincidente con il passaggio di proprietà e il passaggio dei rischi) viene meno perché troppo macchinoso per essere esteso a beni la cui circolazione avviene, in genere, in modo informale. Per questo67, la legislazione fiscale adotta un criterio meno preciso, ma più facilmente riscontra-bile. Si tratta della consegna o spedizione (art. 109 Tuir), che segnalano un perfe-zionamento anche materiale della cessione di beni. Delle movimentazioni fisiche dei beni esistono infatti maggiori tracce fisiche e documentali, idonee a soddisfare le esigenze di semplicità e certezza, caratterizzanti l’individuazione del momento di competenza fiscale68. È quindi su consegna o spedizione che si incentrano i criteri di competenza fiscale, salvo naturalmente che il passaggio della proprietà sia successivo a tali eventi.

Orbene, è evidente che la data della consegna e della spedizione non sempre coincideranno con il trasferimento del diritto reale e il passaggio dei rischi (in gene-re collegato al passaggio della proprietà)69. Ci si deve perciò aspettare che in questo caso le differenze rispetto ai criteri Ias, incentrate proprio sul passaggio dei rischi e dei benefici, siano maggiori e i disallineamenti più frequenti, in particolare per i beni individuati (per i beni di genere il trasferimento della proprietà e dei rischi avvengo-no di regola con la specificazione che in genere coincide proprio con la consegna o spedizione).

Passando a qualche esempio, si può osservare come secondo la regola fiscale le singole componenti reddituali devono essere identificate con riguardo ai vari atti di consegna o spedizione; il contratto, una volta reso irrilevante dalla legislazione tri-butaria ai fini della competenza, non costituisce quindi l’elemento unificante di varie spedizioni o consegne. Si pensi, ad esempio, alla consegna in tempi diversi di più partite di determinate merci, pur oggetto di un’unica pattuizione giuridica: la com-petenza secondo le regole fiscali scatta, in linea di principio, per la consegna di ogni partita, dovendosi considerare ciascuna di esse come una autonoma cessione di beni, mentre per gli Ias questo aspetto è irrilevante dovendosi avere riguardo unicamente al trasferimento dei rischi e dei benefici.

67 Anche se lo scambio del consenso comporta, per i beni specificamente individuati, ex art. 1376 c.c., il passaggio della proprietà. Nel nostro ordinamento il regime di trasferimento dei diritti reali è infatti essenzialmente legato al principio consensualistico: il passaggio della proprietà o di altri diritti reali, con riguardo a tutte le categorie di beni, mobili e immobili, si compie con la semplice prestazione del consenso (art. 1376 c.c.), con l’unica condizione della “non genericità del bene” (art. 1378 c.c.). Sul principio consensualistico e sulla sua presenza nel nostro ordinamento, vedasi per tutti sacco, Il contratto, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da Vassalli, Vol. VI, Tomo II, Torino, 1975, p. 598 e ss.

68 Si tratta quindi di una norma ispirata dalla consueta esigenza di certezza dei rapporti tributari e non ad una sorta di presunzione di contemporaneità tra trasferimento del diritto e consegna e spedizione, che al più potrebbe valere ex art. 1378 c.c. per la cessione di beni di genere.

69 Il sistema fiscale del reddito d’impresa è improntato alla certezza e quindi alla utilizzazione di momenti esterni facilmente rilevabili (consegna e spedizione), che escludono il passaggio della proprietà, a meno che non sia successivo a tali eventi.

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Si consideri il caso opposto in cui un’unica consegna o spedizione si riferisca ad una pluralità di contratti: la mera stipula di contratti, ancorché definitivi, è irrilevante ai fini della competenza ex art. 109 Tuir, in assenza di consegna, mentre potrebbero facil-mente essere già presenti elementi rilevanti ai fini dell’imputazione a periodo secondo gli Ias (come il trasferimento della proprietà e dei connessi rischi e benefici proprio in ragione dei contratti che in questo caso precedono, e non seguono, la consegna).

Va segnalata anche la possibilità che una consegna parziale sia insufficiente a con-siderare adempiuta l’obbligazione del fornitore, qualora esista un interesse dell’ac-quirente ad un adempimento totale, che rende passibile di rifiuto l’adempimento parziale, in quanto non rispondente alle esigenze del cliente70. Per un altro esempio si pensi all’eventualità di una consegna effettuata nell’ambito di un “contratto quadro”. In tali casi si poteva comunque sostenere, già in precedenza, anche ai fini fiscali che l’intera componente reddituale dovesse essere differita, ma con riferimento al diver-so profilo della certezza e della oggettiva determinazione.

Può accadere che le pattuizioni contrattuali prevedano, oltre alla consegna di determinati beni, la loro installazione o posa in opera a cura del venditore. Sotto il profilo tributario, questa prestazione accessoria del venditore appariva in genere estranea al concetto di consegna. La competenza delle cessioni di beni non era quindi differibile all’installazione o alla posa in opera, ma sussisteva già alla consegna. Ai fini Ias, alcuni esempi contenuti nell’appendice al principio sui ricavi (Ias 18) segna-lano invece come in questi casi i ricavi devono essere rilevati solo quando l’installa-zione e il collaudo sono completati, tranne quando il procedimento di installazione è semplice o il collaudo è eseguito solo per determinare il prezzo finale contrattuale.

Su un piano più generale, altre indicazioni interessanti per un parallelo tra com-petenza Ias e competenza fiscale emergono con riferimento alla consegna differita, che per gli Ias non preclude la rilevazione del ricavo se l’acquirente ne conosce perfettamente le condizioni. Indipendentemente da una formale consegna al cessio-nario, la vendita ai fini Ias si considererà perciò avvenuta; ora questa conclusione sarà applicabile anche sul versante fiscale. Qui appare evidente la differenza rispetto alle autonome regole fiscali sulla competenza secondo le quali occorreva attendere la consegna, a meno che le istruzioni del compratore non fossero tali da trasformare il possesso in detenzione: quando, dopo il perfezionamento della vendita, il com-pratore chiede al cedente di conservare il bene ceduto, precisamente identificato, a titolo di depositario del cessionario, la trasformazione del possesso in detenzio-ne, conseguente alle istruzioni del cliente, è infatti sostanzialmente equivalente alla “consegna”.

Anche per le prestazioni di servizi le differenze rispetto al passato sono sensibi-li71. Il criterio fiscale dell’ultimazione lascia, infatti, il posto alla valutazione della

70 Per il quale insomma, la quantità della merce ricevuta costituirebbe un elemento essenziale del contratto.71 Nuove conseguenze sul piano della rilevazione temporale nascono, come visto, anche da una diversa

qualificazione di molte cessioni di beni nelle quali si disaggregherà un ricavo per prestazioni di servizi da

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32 I CRITERI DI IMPUTAZIONE, CLASSIFICAZIONE E QUALIFICAZIONE

parte di servizio reso a fine anno (Ias 18, paragrafo 20), se è possibile una stima at-tendibile dello stadio di completamento dell’operazione72 alla data cui si riferisce il bilancio73. Si tratta indubbiamente di un criterio più preciso economicamente, perchè fornisce utili indicazioni sull’ammontare del servizio prestato e rende più precisa la determinazione del risultato economico dell’esercizio. Questo metodo permette inoltre di rappresentare in bilancio gli esiti dell’attività svolta nell’esercizio, senza distinzioni fra servizi di durata pluriennale e servizi di durata infrannuale (sul pun-to capitolo 6).

In merito ai criteri per stabilire quanta parte di servizio è stata svolta rispetto al totale, il principio contabile non indica alcun criterio rigido, ma lascia alla singola impresa la scelta di un ragionevole criterio di ripartizione. Potrà perciò essere adot-tato il criterio che, nei singoli casi, esprime in modo più semplice e verosimile il rapporto tra prestazioni effettuate e prestazioni totali. La comparazione potrà talvolta essere basata su un criterio fisico (ad esempio, rapportando i chilometri di strada già costruiti a quelli da costruire), ma più spesso (come nel caso in cui la strada corra per metà in pianura e per metà in montagna) l’unica correlazione tra le varie componenti dell’opera sarà quella basata sui costi (calcolando cioè quanto “pesa” il costo delle varie componenti rispetto al costo stimato totale).

Meno differenze vi sono invece per i servizi con corrispettivi periodici che fiscal-mente vanno già col criterio della maturazione. Secondo i criteri Ias, quando i servizi sono resi attraverso un numero indeterminato di azioni in un dato periodo di tempo, i ricavi devono in effetti essere rilevati a quote costanti nel tempo, il che equivale al criterio fiscale del corrispettivo maturato e alla tradizionale tecnica dei ratei e dei ri-sconti74. A grandi linee, non ci si discosta qui dal criterio giuridico della maturazione “giorno per giorno in ragione della durata del diritto”, tipica dei frutti civili di cui all’art. 821, comma 3, codice civile.

3.4.4 Maturazione giuridica e correlazione economica tra costi e ricavi: verso una maggiore importanza delle valutazioni economicistiche

Secondo gli Ias, i ricavi e i costi relativi ad una stessa operazione devono esser ri-levati simultaneamente. Questo processo, comunemente indicato come “correlazio-ne costi e ricavi”, assume ora anche nel quadro della fiscalità d’impresa una rilevanza molto più penetrante rispetto al passato.

rinviare o da imputare comunque con criteri diversi rispetto alla cessione del bene (ad esempio, si pensi a manutenzioni, interessi, premi al cliente ecc.).

72 Una stima attendibile è in linea generale ottenibile quando sono noti corrispettivo, contenuto del servizio, modi e tempi di esecuzione.

73 Solo se alla data di riferimento del bilancio i risultati dell’attività svolta non possono essere stimati con una certa attendibilità, la rilevazione avviene sulla base dei costi sostenuti e recuperabili.

74 Per interessi, royalties e dividendi si veda il capitolo 5 sui ricavi.

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La rilevanza ai fini dell’imputazione a periodo dello Ias 18 implica infatti l’espli-cita applicazione del principio di correlazione (paragrafo 19)75, menzionato anche dal “Quadro sistematico per la presentazione del bilancio” secondo cui “i costi sono rilevati in conto economico secondo il criterio della diretta associazione tra i costi sostenuti e il conseguimento di specifiche voci di ricavo” (paragrafo 95)76.

Fino ad ora, ai fini fiscali, l’esistenza di specifici momenti di competenza, che guardano essenzialmente al rapporto giuridico con la controparte, induceva invece ad essere molto cauti, anche quando tali momenti non erano previsti (sopravve-nienze, risarcimenti ecc.), verso il cd. matching “costi ricavi”. Questo principio presuppone certamente un criterio ragionevole, che cerca di evitare una distribu-zione asimmetrica delle componenti positive e negative di reddito; ma sarebbe stato esagerato sopravvalutarne la portata in ambito tributario, dove i momenti di competenza specifici non sono correlati con la competenza di componenti red-dituali di segno opposto, e soprattutto guardano alle vicende del rapporto con la controparte giuridica.

Nel diritto tributario d’impresa77, anche quando mancano disposizioni specifiche sulla competenza, occorre perciò fare riferimento ai rapporti giuridici con la singola controparte, proprio per la maggiore semplicità di questo criterio rispetto alla corre-lazione costi-ricavi, che spesso comporta complesse indagini, sulla destinazione che l’impresa intende dare ai propri acquisti. Per questo, anche nei casi in cui il crite-rio della correlazione costi-ricavi poteva dare di fatto soluzioni più soddisfacenti di quelle basate sulla maturazione giuridica, esso non poteva trovare ingresso, a pena di generare una ingestibile duplicità di criteri paralleli nell’imputazione a periodo (sarebbe stato cioè necessario stabilire caso per caso se fosse più soddisfacente la maturazione giuridica o la correlazione economica, con incertezze che è facile im-maginare).

Ora le cose cambiano perché gli Ias fanno prevalere il criterio della correlazione economica e, più in generale, la maturazione giuridica perde importanza rispetto alle valutazioni economicistiche.

Peraltro, in passato, di fronte a fattispecie particolari prospettate dai contribuenti, la correlazione tra costi e ricavi era stata già opportunamente messa a base di talune pronunce ministeriali tese a dare una interpretazione ragionevole del criterio di cer-

75 Per una casistica si rinvia all’Appendice allo Ias 18.76 Secondo lo Ias 18, «i ricavi e i costi che sono relativi alla stessa operazione o a un altro fatto sono

rilevati simultaneamente; questo processo è comunemente indicato come corrispondenza tra ricavi e costi. I costi, compresi le garanzie e gli altri costi da sostenere dopo la spedizione della merce possono, di solito, essere attendibilmente calcolati quando sono state soddisfatte le altre condizioni per la rilevazione dei ricavi. I ricavi, comunque, non possono essere rilevati quando i costi relativi non possono essere attendibilmente valutati; in tali circostanze un eventuale corrispettivo già ricevuto per la vendita dei beni è rilevato come una passività» (Ias 18, paragrafo 19).

77 Dove per l’appunto ciascuna componente reddituale derivante direttamente da specifici rapporti con terzi assume rilevanza fiscale secondo regole autonome.

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tezza e determinabilità oggettiva. Ciò si era verificato in alcune ipotesi in cui i ricavi precedevano i costi, come a proposito di oneri per sistemazione urbanistica succes-sivi alle vendite di unità immobiliari, nonché a proposito di oneri per bonifica delle discariche, per lo smaltimento dei rifiuti tossico-nocivi78 o per la bonifica ambientale di aree industriali. Si trattava di casi in cui la deduzione di costi in via anticipata era comunque subordinata alla loro certezza e oggettiva determinabilità in base a convenzioni, accordi contrattuali, perizie ecc. Le risoluzioni sintetizzate in nota si riferiscono, infatti, a fattispecie in cui l’impresa, nell’ambito di rapporti contrattuali particolarmente articolati, assume – nei confronti di controparti pubbliche o private – l’obbligo di effettuare prestazioni future a fronte di un vantaggio economico anti-cipato. Si pensi all’impegno di bonificare aree industriali dopo un intenso periodo di sfruttamento, ai lavori di ripristino delle aree adibite a discariche, all’apprestamento di servizi comuni (parchi, impianti sportivi, circoli ricreativi, infrastrutture nautiche) da parte di imprese edilizie realizzatrici di vasti comprensori con appartamenti già ceduti.

Il denominatore comune a tutte queste fattispecie eterogenee è quello di presen-tare un impegno giuridico a fronte dal quale l’impresa non può sottrarsi in corso d’opera.

È per questo che le risoluzioni ministeriali sopra ricordate, senza dubbio con-divisibili sul piano della ragionevolezza e della logica economica, escludono che l’impresa abbia l’obbligo di attendere l’effettuazione dei lavori per dedurre i relativi costi.

78 54 Cfr. Ris. min. 22 ottobre 1991, n. 9/2940, Ris. min. 2 giugno 1998, n. 52/E, Ris. min. 5 marzo 1998 n. 14/E. La citata Ris. min. n. 52/E/1998 si riferiva all’obbligo per i gestori delle imprese di stoccaggio rifiuti, una volta riempita la discarica, di procedere alla copertura e al recupero ambientale delle relative aree, nonché alla gestione, monitoraggio e manutenzione delle discariche per periodi di tempo variabili a seconda di quanto disposto dalle autorizzazioni e dai contratti. Tali costi erano in gran parte sostenuti successivamente alla chiusura delle discariche, quando le medesime avevano cessato di generare ricavi, derivanti come noto dal conferimento dei rifiuti in discarica. Secondo la risoluzione ministeriale citata “non potendosi parlare di produzione di reddito nel caso in cui manchino i ricavi, sono i costi che devono seguire i ricavi e non viceversa. Di conseguenza, una volta stabilito l’esercizio di competenza dei ricavi, divengono automaticamente deducibili in quello stesso esercizio tutti i costi relativi ad esso correlati”. E quanto al requisito della certezza e dell’oggettiva determinabilità, si ritiene che la certezza “assume consistenza giuridica per gli impegni, contrattualmente assunti, che conferiscono concretezza ai costi, a prescindere dalla loro manifestazione numeraria e che la caratteristica della deducibilità va riguardata come reale possibilità di tradurre gli accadimenti aziendali in espressioni numerarie”. L’aspetto decisivo che giustificava questa soluzione stava nella presenza di un preciso obbligo giuridico, verso il comune concedente, i cui presupposti economici andavano creandosi man mano che la discarica veniva riempita (non ci si trovava perciò a ben vedere di fronte ad una ipotesi di accantonamento, ma di fronte alla difficile quantificazione di un obbligo giuridico in essere). Al riguardo, il ministero correttamente ritenne che i costi di bonifica potessero essere ripartiti negli esercizi di svolgimento dell’attività in proporzione alla percentuale di riempimento della discarica stessa. Analoghe argomentazioni si ritrovano anche nella citata Ris. n. 14/E/1998, riguardante il sostenimento di costi per lo smaltimento di rifiuti tossico-nocivi, per la parte di rifiuti ritirata, ma non ancora smaltita. Questa volta la certezza discende, più che da obblighi contrattuali (sia pure di ordine pubblicistico, come quelli coi comuni), dalle prescrizioni del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, che disciplina gli obblighi posti a carico dell’impresa smaltitrice in base all’autorizzazione amministrativa rilasciata dalla Regione.

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Ma certo si trattava di un criterio utilizzato raramente e in via – si potrebbe dire – equitativa per superare una lettura troppo rigida della determinabilità oggettiva: la soluzione prospettata nelle risoluzioni appena ricordate consentiva di uscire dall’im-passe in cui ci si trovava in situazioni di questo genere, in cui spesso interviene la chiusura dell’attività e i costi molto elevati sostenuti non potrebbero più essere recuperati, visto l’impossibilità di conseguire ricavi in futuro e l’assenza nel nostro ordinamento di un riporto all’indietro delle perdite.

Ora, la correlazione elementi positivi-negativi di reddito, come punto di vista economicistico, trova ingresso a pieno titolo per individuare la competenza anche fiscale di costi e ricavi79, soppiantando la preferenza fiscale per la maturazione giu-ridica80.

3.5 La competenza delle operazioni con terzi (competenza “esterna”): come cambiano le soluzioni rispetto a questioni già affrontate nel recente passato dall’Amministrazione finanziaria

Il recepimento, ai fini fiscali, dei criteri Ias relativi alla competenza temporale di ricavi e costi risolve in modo diverso gran parte delle questioni poste all’Ammini-strazione finanziaria negli scorsi mesi. Alcune recenti risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate in tema di ricavi81 sui rapporti tra gli Ias e l’imputazione a periodo hanno infatti comportato “divergenze di rilevazione” tra regole di determinazione dell’im-ponibile e principi civilistici. Vediamo con i nuovi criteri cosa cambia.

Ad esempio, con la risoluzione in tema di contributi per l’attivazione di linee te-lefoniche (Ris. 9 agosto 2007, n. 217/E), l’Agenzia aveva confermato che l’imputa-zione su più esercizi, in base ai criteri Ias, dei ricavi relativi all’attivazione, non aveva alcuna rilevanza fiscale, dovendosi avere riguardo solo alla data di ultimazione della prestazione (confermando qui incidentalmente che il famoso “matching tra costi e ricavi” rappresentava solo una indicazione tendenziale per il sistema tributario). La

79 Si pensi nel settore editoriale al fenomeno dei resi. I contratti del settore prevedono usualmente la restituzione dell’invenduto entro un determinato periodo di tempo. Se i resi sono determinabili in modo attendibile, gli Ias impongono la rilevazione di un costo in luogo di un accantonamento: il costo riduce i ricavi di vendita per il principio di correlazione. Nel regime del Testo unico, invece, la competenza fiscale è ancorata alla restituzione o alla scadenza del termine previsto per la medesima: si vedano sul punto Ris. min. 22 novembre 1978, n. 9/1205 e il paragrafo 5.11, in particolare nota 69, del volume L’imputazione a periodo, già citato.

80 Osserva Vergani, Riflessi fiscali dell’adozione dello Ias 18, cit., p. 3879, che “in tutti i casi in cui gli Ias impongono un rilevazione differita dei ricavi ai tempi, alla natura e la valore dei benefici forniti, la sequenza temporale delle rilevazioni legate agli elementi positivi di reddito determinerà necessariamente la simultanea rilevazione (e in forza dell’introdotto principio di derivazione, anche la deducibilità) dei costi connessi a tali elementi”.

81 Si vedano, ad esempio, Ris. 10 agosto 2007, n. 221/E, Ris. n. 217/E/2007 e Ris. n. 216/E/2007.

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divergenza Ias – Fisco poteva provocare perciò difficoltà di gestione delle registra-zioni contabili dell’operazione durante l’anno. Ora, anche fiscalmente, sarà valida l’impostazione Ias con la competenza dei ricavi differita in più esercizi, in quanto correlati all’esecuzione di servizi da rendere in periodi successivi.

Ancora la Ris. 16 maggio 2007, n. 100/E, in materia di cartolarizzazione dei cre-diti, aveva disconosciuto la rilevanza fiscale del ripristino di crediti, in precedenza ceduti, obbligando anche in questo caso l’impresa ad una duplice rilevazione civili-stica e fiscale: i crediti per il bilancio non erano ceduti, in quanto per gli Ias non era-no trasferiti definitivamente rischi e benefici, mentre lo erano per il Fisco, applicando la regola “formale” contenuta nell’articolo 109, comma 2. Ora la regola “formale” non si applica più, perchè prevale l’impostazione “sostanziale” dei principi contabili internazionali che, al paragrafo 35 del Quadro sistematico, precisano che “un’impre-sa può cedere un’attività a terzi in maniera tale che dagli atti appaia che la proprietà del bene sia trasferita alla controparte; nonostante ciò, possono esservi accordi che assicurano all’impresa di poter continuare a godere i benefici economici futuri con-nessi a tale attività. In tali situazioni, la rilevazione di una vendita non rappresente-rebbe fedelmente l’operazione avvenuta (se di operazione si può parlare)”. Anche la risoluzione in materia di cartolarizzazione dei crediti appare pertanto superata.

Confermata invece anche oggi, ma per i motivi che vedremo subito, la risoluzione riguardante alcuni contributi di tipo previdenziale e assicurativo che devono essere dedotti negli esercizi in cui vengono corrisposti, mentre le regole Ias prevedono una registrazione per competenza (c’è quindi una divergenza di valutazione sull’impu-tazione temporale). Tale divergenza richiede quindi una variazione in aumento negli esercizi in cui la società ha contabilizzato per competenza (secondo i principi Ias) le somme relative al debito “maturato”, ed una variazione in diminuzione nell’esercizio in cui gli importi vengono corrisposti, in ossequio alle regole fiscali che ne prevedo-no la deduzione per cassa. Anche qui può esserci una difficoltà di contabilizzazione, ma in tal caso la soluzione è confermata, come vedremo più avanti al paragrafo 2.8, in base ad un’esplicita previsione in tal senso del regolamento, che fa salvi i momenti di imputazione temporale per cassa previsti dal Testo Unico.

La Ris. 9 agosto 2007, n. 216/E riguarda, infine, un’impresa che ha venduto tele-foni cellulari a prezzi vantaggiosi, praticando uno sconto sul prezzo di vendita tale a volte da non consentire di recuperare neppure il costo di acquisto: contemporanea-mente, essa stipula un contratto di servizio di durata biennale, che costituisce il vero e proprio business (è prevista anche una penale, di importo economicamente non insignificante, in caso di anticipata risoluzione del contratto). Gli Ias si basano sul presupposto che le combinazioni contrattuali debbano essere esaminate nella loro unitarietà funzionale ed economica. In questo caso, la perdita derivante dalla cessio-ne dei telefoni è funzionale e correlata ai ricavi derivanti dal servizio biennale. Per-tanto, il margine negativo (costituito dalla differenza tra costo di acquisto dei telefoni e prezzo di vendita alla clientela) deve essere distribuito in applicazione dei criteri Ias lungo la durata del contratto di servizio. Ora che il regolamento attuativo accetta

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la competenza dettata dagli Ias, questa soluzione non può che essere confermata anche sul piano fiscale. In precedenza l’Amministrazione aveva accolto la soluzione prospettata dal contribuente, ma basandosi su un percorso più tortuoso: il margine negativo, derivante dalle vendite sottoscosto dei telefoni, era stato qualificato alla stregua di un onere pluriennale, da dedurre quindi secondo le quote imputabili a bilancio.

3.6 La correzione di errori sulla competenza: soluzioni sul piano contabile e fiscale

Di errori contabili, fra cui quelli sulla competenza, si occupa lo Ias 8. Questo principio distingue gli errori a seconda che siano “rilevanti” (“material”) o “non rile-vanti” (“immaterial”). Sono considerati “rilevanti” gli errori che “potrebbero, indivi-dualmente o nel complesso, influenzare le decisioni economiche che gli utilizzatori prendono sulla base del bilancio” (Ias 8, par. 5). La “rilevanza”, continua il principio, “dipende dalla dimensione e dalla natura dell’errore e va valutata, a seconda delle circostanze” (Ias 8, par. 5).

Per gli errori “rilevanti”, lo Ias 8 richiede la correzione nel primo bilancio utile82. La correzione non influenza il conto economico dell’esercizio83, ma consiste in:

– una rideterminazione delle informazioni comparative dell’esercizio in cui è stato commesso l’errore. In buona sostanza, si tratta di rideterminare analiticamente i valori presentati nell’informazione comparativa, naturalmente per le voci interes-sate dall’errore;

– oppure una rettifica del saldo di apertura degli utili portati a nuovo (Ias 1, par. 110), se l’errore è stato commesso (o riguarda in parte) esercizi che non sono più inclusi nell’informazione comparativa84. In sostanza, si correggono i saldi di apertura di attività, passività con contropartita le componenti di patrimonio netto85.

82 Ovvero nel primo bilancio autorizzato alla pubblicazione dopo la scoperta dell’errore.83 Solo in via eccezionale, quando l’impresa non sia in grado di valutare l’influenza dell’errore sugli

esercizi precedenti, gli standard internazionali consentono di rilevarne gli effetti iscrivendo la contropartita della correzione a conto economico dell’esercizio in chiusura (Ias 8, par. 45).

84 Si tratta degli esercizi antecedenti all’ultimo per cui è stato pubblicato un bilancio. Per intendersi se l’errore è rilevato nel 2010 e riguarda il 2009, si terrà conto dell’errore rideterminando nel bilancio 2010 le informazioni comparative relative al 2009. Se l’errore riguarda invece esercizi precedenti, mancando le informazioni comparative per l’esercizio interessato dall’errore (ad esempio 2007), occorrerà rettificare i saldi di apertura del 2010.

85 Naturalmente, se l’errore scoperto incide sui valori dell’esercizio in chiusura, la correzione avviene direttamente rettificando le operazioni contabili interessate.

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Gli standard internazionali non danno invece alcuna indicazione sulle modalità di correzione degli errori “non rilevanti”, che comportano a questo punto la rilevazione a conto economico, come del resto avviene per la correzione di errori non significa-tivi secondo le indicazioni dei principi contabili nazionali86. Nei bilanci Ias manca però la classificazione in voci distinte quali ricavi, plusvalenze e sopravvenienze87; e quindi le componenti reddituali appostate per correggere l’errore appariranno fra i costi e ricavi ordinari d’esercizio.

Vediamo le conseguenze di queste impostazioni contabili sul versante fiscale. Per gli errori significativi, la rilevazione a livello di componenti di apertura del patrimo-nio netto non consente di superare le violazioni del principio di competenza. Identico discorso vale anche per la correzione dei valori comparativi. Queste impostazioni contabili manifestano, anzi, con più chiarezza88 che si tratta di componenti reddituali attribuibili a esercizi precedenti89, dove – secondo corretti principi contabili – avreb-bero dovuto esser collocate (e conseguentemente dedotte o tassate).

Le modalità fiscali di correzione di quello che è, e rimane, anche per gli Ias, un errore di imputazione temporale, continuano perciò ad essere quelle usuali della rettifica della dichiarazione (a favore o tramite ravvedimento operoso) e dell’istanza di rimborso90.

Se l’errore riguarda componenti negative di reddito, il contribuente91 potrà quindi recuperare le deduzioni non effettuate presentando (per il periodo di competenza) una dichiarazione integrativa – stesso modello e stesse modalità di presentazione della dichiarazione originaria – con un termine specifico (equivalente al termine pre-scritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta succes-sivo) e la possibilità di utilizzare in compensazione i maggiori crediti evidenziati. Oltre il termine previsto, rimarrà aperta la strada dell’istanza di rimborso92.

Se l’errore riguarda invece componenti positive di reddito, il contribuente potrà “detassare” l’incremento di patrimonio netto e sanare la violazione attraverso il cd. ravvedimento operoso sul periodo di corretta competenza contabile, secondo termi-ni, condizioni e modalità previsti all’uopo dalla normativa fiscale93.

86 Ricordiamo che nel diritto civile occorre stabilire se l’errore sia talmente grave da richiedere la riapprovazione del bilancio, valutazione eminentemente discrezionale, dipendente dall’organizzazione societaria (si pensi alla differenza tra una società a base familiare e una quotata in borsa) e dall’entità dell’errore. Se l’errore non è così grave, si registra una sopravvenienza nell’anno successivo in cui l’errore viene scoperto.

87 Come segnalato già nel paragrafo 1.1.88 Rispetto alla modalità di rilevazione degli errori a conto economico.89 E perciò collocate nel netto e non a conto economico, o nelle informazioni comparative. Conferme a

questa conclusione si trovano nella circolare 7/E al paragrafo 3.5.90 A simile conclusione arriva anche Stancati, Le sopravvenienze attive e passive e la First Time adoption,

in AA.VV., La fiscalità delle società Ias/Ifrs, a cura di Zizzo, Milano, 2011, p. 266 e ss. 91 Oltre a “ravvedersi” nel caso in cui abbia dedotto un costo fuori competenza.92 Dal canto suo, l’Amministrazione potrà considerarle indeducibili per il periodo in cui siano state

eventualmente erroneamente dedotte.93 Dal canto suo, l’Amministrazione finanziaria potrà contestare l’omessa indicazione del ricavo solo nel

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Per gli errori non significativi, c’è da chiedersi se le poste contabili inserite a conto economico possano essere considerate come veri e propri costi e ricavi d’eser-cizio, e assunte, in quanto tali, nel momento in cui interessano il conto economico. Se così fosse, evidentemente non sarebbe più necessaria la correzione dell’errore sul piano fiscale, con i consueti strumenti della rettifica della dichiarazione, dell’istanza di rimborso, e simili. La conclusione non ci convince.

Vero è che questa è la loro “classificazione” contabile. Vero è che si rasserenerebbe il tema delle rettifiche sull’imputazione temporale di

costi e ricavi, su cui paragrafi 1.4 e 3.4.1.Il bilancio è inoltre considerato non conforme agli Ias se contiene errori “rile-

vanti”, dal che si può desumere che sia invece conforme se contiene errori “non rilevanti”.

Il punto però è proprio questo. Il bilancio contiene comunque degli errori (nel caso che ci riguarda, di imputazione temporale), e tali rimangono anche ai sensi degli Ias. Solo che non occorre effettuare una rilevazione correttiva specifica, perché non hanno effetti “significativi” sul bilancio. Ma sempre di errori si tratta.

Crediamo piuttosto sia utile riflettere su questa distinzione. Un conto è se siamo di fronte a semplici revisioni di valutazioni che riguardano la rilevazione tempora-le dei costi e dei ricavi dell’esercizio: ad esempio, si pensi alle valutazioni connes-se al trasferimento dei rischi e dei benefici; si considerino anche i cosiddetti ricavi misti, con la necessità di valutare – sulla base del fair value e di altri parametri valutativi – se il corrispettivo per la cessione di un bene debba essere riferito in parte ad una prestazione di servizi (sul punto capitolo 3 e capitolo 5). Può essere infatti l’occasione per ritornare un attimo su una importante novità, rispetto al pas-sato, dei rapporti tra bilancio Ias e determinazione dei tributi sui redditi. I costi e i ricavi sono ora frutto di valutazioni, attendibili ma pur sempre valutazioni, mentre in precedenza erano rilevati in momenti e per importi precisi legati ai rapporti contrattuali sottostanti (stipula dell’atto, consegna, spedizione, e simili). Queste valutazioni, attraverso le qualificazioni e le classificazioni in bilancio, rilevano anche ai fini tributari e secondo l’imputazione temporale prevista dai principi con-tabili internazionali. Orbene, anche i successivi aggiornamenti di queste valutazio-ni, per tener conto di dati e informazioni aggiuntive non disponibili al momento della redazione del primo bilancio di rilevazione dell’operazione, non possono che acquistare ugualmente riconoscimento fiscale, anche se inevitabilmente in esercizi successivi alla prima rilevazione.

Altro sono invece i veri e propri errori nell’imputazione temporale in base alle in-formazioni disponibili al momento della redazione del bilancio dell’esercizio in cui è stato commesso l’errore. Sul versante fiscale, a noi pare che il tema non si discosti da quello delle sopravvenienze per le imprese non Ias. Come queste ultime, anche le

periodo di imposta di corretta competenza contabile.

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componenti reddituali appostate nei bilanci Ias (sia pur nella veste di costi e ricavi ordinari d’esercizio94) non possono porre rimedio alla violazione delle regole di im-putazione temporale previste da altri principi contabili internazionali. Insomma, per dirla con una battuta, gli Ias (come del resto i principi nazionali) si accontentano di una rilevazione nell’esercizio di scoperta dell’errore, il Fisco no!

3.7 I profili per cui continua a prevalere l’autonomia delle regole fiscali: le valutazioni patrimoniali (competenza interna) alla prova del coordinamento tra bilancio Ias e reddito fiscale

Rimangono fuori dalla deroga ai criteri fiscali le norme sulla competenza inter-na, ovvero le regole sulla valutazione e misurazione degli elementi dell’attivo e del passivo patrimoniale.

Questo ha evidenti impatti prima di tutto sul criterio del fair value, grande novi-tà degli Ias insieme al criterio della prevalenza della sostanza sulla forma95. Ai fini fiscali, infatti, permane l’irrilevanza delle plusvalenze iscritte in bilancio, e delle relative minusvalenze, entrambe frequenti proprio per via della valutazione secondo il criterio del fair value96.

L’irrilevanza delle variazioni del valore di mercato dei beni o del patrimonio aziendale ai fini della tassazione è peraltro comprensibile. Prima di tutto, in caso di apprezzamento dei valori, si dovrebbero pagare imposte senza che la specifica capa-cità contributiva di riferimento rendesse disponibili le necessarie risorse finanziarie; occorrerebbe in tal caso attingere ad altre risorse, oppure ad un prestito. Le imposte

94 Se sono contabilizzate ed esposte in bilancio in questo modo, è dovuto unicamente alla mancata presenza nel bilancio Ias delle sopravvenienze, categoria legata tipicamente ai principi contabili italiani e perciò utilizzata anche dal Tuir (sul punto rinviamo ancora una volta al paragrafo 1.1). Rimane però la presenza di un errore di imputazione sia pur “non rilevante”.

95 È sulla nozione di costo storico infatti che il “bilancio Ias” diverge dal “bilancio tradizionale”, avendo l’obiettivo di rappresentare il patrimonio netto di un’impresa come espressione del “valore economico” del capitale ed il risultato di esercizio come variazione del capitale economico nel periodo. In questa prospettiva va letta la tendenza – peraltro oggetto in questa fase di un ripensamento e di un parziale ridimensionamento – ad applicare il principio di valutazione basato sul criterio del fair value per porzioni anche estese dei valori attivi e passivi del patrimonio aziendale.

96 L’irrilevanza fiscale delle plusvalenze iscritte vige dal 1997, mentre in precedenza esse concorrevano a formare il reddito imponibile, aumentando però il valore fiscalmente riconosciuto del bene rivalutato, e po-nendo perciò le premesse per una riduzione di pari importo del reddito imponibile, attraverso i noti strumenti dei maggiori ammortamenti, delle minori plusvalenze ecc. Le “minusvalenze iscritte” sono invece sempre sta-te indeducibili: si tratta di elementi negativi di reddito derivanti da una mera svalutazione del cespite, basata ad esempio sull’obsolescenza tecnica o sul diminuito valore di mercato. L’indeducibilità delle “minusvalenze iscritte” è confermata dall’art. 101 Tuir nella parte in cui limita la deducibilità alle “minusvalenze realizzate”. Peraltro, a proposito dei beni ammortizzabili, è consentito dedurre fiscalmente il costo residuo di quelli trat-tenuti presso l’azienda, ma estromessi dal processo produttivo.

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devono invece esser pagate in relazione a redditi effettivamente realizzati, anche in conformità al principio di effettività della capacità contributiva, e non in base a generiche prospettive economico-aziendali. Inoltre, diversamente, la base d’imposta sarebbe troppo complessa da calcolare, perché richiederebbe di seguire fiscalmente passo per passo aumenti o diminuzioni di valore, con continue valutazioni dell’ap-prezzamento o del deprezzamento dei cespiti, fonte potenziale di inutili e defatiganti controversie97.

La valorizzazione al fair value rileva però anche sul piano fiscale quando è insita nel criterio di qualificazione e classificazione di una determinata fattispecie98. Ad esempio, detto criterio permette di evidenziare nell’ambito delle cessioni di beni eventuali forniture, anche future, di servizi99, consentendo di rilevare separatamente i relativi ricavi: in questo caso il fair value non può che assumere rilevanza anche ai fini tributari, in quanto parte del processo di qualificazione e classificazione.

Pensiamo anche a un caso più complesso, quello dei diritti di emissione attribuiti gratuitamente alle imprese del settore energetico come dotazione iniziale100. Senza voler entrare nel merito delle soluzioni contabili101, osser-viamo che l’eventuale ricognizione di un contributo a conto economico, al

97 Si vedano in questo senso le considerazioni svolte da Lupi in Bianchi, Di siena, Lupi, Il coordinamento fra Ias e disciplina del reddito d’impresa: il principio di derivazione è giunto al capolinea?, in Dialoghi di diritto tributario, n. 1/2005, p. 135 e ss. Questo spiega perché la cd. tassazione in base al “maturato”, fon-data appunto sulle valutazioni indicate nel testo, sia stata sostenuta solo per particolari “nicchie” di capacità contributiva, come i titoli quotati, per cui esistevano valori oggettivi di riferimento. In ogni caso le ipotesi di tassazione obbligatoria in base al maturato hanno ricevuto, anche in sede economica, forti critiche.

98 Ci sembra di trovare riscontro a queste considerazioni in un passaggio della Circolare laddove si affer-ma che “la valutazione degli elementi reddituali e/o patrimoniali solo talvolta si manifesta come fenomeno indipendente e autonomo rispetto ai fenomeni di qualificazione, classificazione e imputazione temporale” (paragrafo 3.2).

99 È il caso ben noto dei cosiddetti “ricavi misti” su cui ci siamo già soffermati al paragrafo 3.3 e sul quale ritorneremo anche al capitolo 5.

100 Le quote di emissione sono uno “strumento” per l’adempimento di un obbligo amministrativo, di controllo pubblicistico dell’ambiente: l’obbligo è non superare determinate soglie di immissione di biossido di carbonio in atmosfera. L’aspetto più delicato sotto il profilo (fiscale) che ci occupa è la eventuale valorizza-zione delle quote assegnate a titolo gratuito ai gestori di impianti autorizzati.

101 Non ci risulta che sia stata ancora presa una decisione definitiva riguardo all’impostazione contabile da seguire ai sensi degli Ias. In verità, il tema dei diritti di emissione era stato affrontato già nel maggio 2003. Un documento in bozza delineava un approccio contabile basato sull’iscrizione di un intangible asset (Ias 38) e la registrazione di un contributo pubblico (Ias 20), nonché la rilevazione di una passività a fronte dell’obbligo di restituzione di quote in misura pari alle emissioni rilasciate (Ias 37). Tuttavia questo documento è stato per ora ritirato e si è in attesa di un nuovo pronunciamento. Il progetto di ricerca per definire il regime contabile dei diritti di emissione risulta, infatti, tutt’ora in corso e non ha ancora portato ad una soluzione definitiva, per cui gli approcci seguiti non sono al momento uniformi. Vi è ad esempio chi è orientato nel senso di con-tabilizzare tali diritti al fair value, rilevando, altresì, la circostanza di averli ricevuti a titolo gratuito come una sorta di contributo pubblico (seguendo in sostanza l’approccio del documento ritirato) e chi ritiene che l’assegnazione gratuita vada comunque misurata a valore zero. Peraltro nell’ambito del progetto di ricerca sembra emergere una linea tesa a dare rilevanza all’assegnazione gratuita con iscrizione delle quote al fair value e verifica annuale in base al test dell’impairment ai sensi dello Ias 36 per rilevare eventuali perdite di valore; in corrispondenza alle quote ricevute, le imprese dovrebbero poi valorizzare l’obbligazione a ridurre le emissioni nocive secondo le regole dello Ias 37.

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pari dell’iscrizione di nuovo attivo come contropartita patrimoniale, acquisi-rebbe rilevanza fiscale102. In questo caso, si tratterebbe dell’iscrizione iniziale di un’attività acquisita a titolo gratuito, in cui il fair value rappresenta l’equi-valente del costo di acquisizione da terze economie. A ben vedere, in simili ipotesi, la valorizzazione al fair value svolge la funzione tipica del valore normale e andrebbe mantenuta ferma laddove non si riscontrino differenze con il corrispondente criterio fiscale. Ricordiamo infatti che l’art. 9 del Tuir sul valore normale è una disposizione di “quantificazione”, come tale non derogata dall’art. 83 Tuir. Quando si tratta di quantificare un corrispettivo in natura, il valore normale (art. 9 Tuir) prevale quindi sul fair value: si pensi, in particolare, alle fattispecie aventi ad oggetto azioni.

Il fair value, non rileva inoltre per quanto riguarda la valutazione successiva di beni e diritti che sono già stati allibrati, entrando nel patrimonio d’impresa con un loro valore fiscale. Questo accade ad esempio per il metodo della rideterminazione del valore o quello dell’impairment test, che generano componenti puramente valu-tative rispetto a elementi già acquisiti e dotati di un valore fiscalmente riconosciuto: come già si è osservato, le regole fiscali non riconoscono (neppure per i soggetti Ias) svalutazioni e rivalutazioni dei beni strumentali rispetto al valore di iscrizione iniziale.

Discutibile, sul piano concettuale e sul piano degli spazi che sembrava lasciare aperti, la dizione “imputazione temporale” dell’art. 83 Tuir, appare invece estende-re – come già si è detto al paragrafo 1.3 – l’autonomia delle regole fiscali anche ad ammortamenti, accantonamenti, rimanenze ecc.

Il timore di eccessivi margini per pianificazioni fiscali non appare ragione suffi-ciente nè convincente.

La rilevanza, anche fiscale, delle valutazioni fatte sul punto ai fini civilistici dalle società quotate in borsa, dalle banche o dalle assicurazioni tenute ad applicare gli Ias non apparirebbe in questa prospettiva “pericolosa” per il Fisco.

Ma di questo abbiamo già detto e appare piuttosto utile spendere qualche paro-la per sottolineare come in ogni modo l’esclusione delle valutazioni patrimoniali, dall’ambito della deroga ai criteri fiscali, non voglia dire anche che sia escluso del tutto qualsivoglia riflesso dei criteri Ias sui regimi fiscali delle valutazioni patrimo-niali. Anche per le valutazioni patrimoniali, infatti, occorre in prima battuta rispetta-re le regole di qualificazione, classificazione e imputazione temporale. In particolare, le prime due serie di regole potrebbero mettere su binari diversi l’applicazione dei regimi fiscali103.

102 Si consenta di rinviare sul punto a croVato, Diritti di emissione, altri titoli ambientali e riflessi sull’imputazione a periodo, in AA.VV. (a cura di BonarDi e patrignani), Energie alternative e rinnova-bili, Milano, 2010, capitolo 30.

103 Segnaliamo che questa impostazione ha trovato conferma nella Circolare Ias laddove si afferma che “quando, invece, la rappresentazione Ias compliant evidenzia differenti qualificazioni, classificazioni e im-

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È chiaro, per fare un esempio sugli ammortamenti, che se l’acquisto di un bene strumentale è in parte prestazione di servizi o finanziamento, si avranno riflessi sull’ammortamento che pur è questione di valutazione patrimoniale non derogata dagli Ias. Si pensi, per gli accantonamenti, al caso di un’impresa che riconosce punti premio ai propri clienti, i quali, al raggiungimento di un numero predeterminato di punti, possono ottenere premi gratuiti o sconti. Gli Ias, a differenza della prassi contabile nazionale, non consentono di effettuare accantonamenti, ma prevedono la separata rilevazione della parte di ricavo riferita ai punti premio104, e il suo differi-mento105. Si consideri anche il riconoscimento ai fini fiscali della qualificazione e classificazione della componente in contropartita dei fondi di ripristino, di bonifica o rimozione, che gli Ias contabilizzano come costo dell’investimento (che concorre così a formare il valore ammortizzabile del bene): tali costi sono imputati all’immo-bilizzazione e sono ammortizzati in base alla vita utile del cespite. La rappresenta-zione contabile esprime una regola di qualificazione (Ias 16 versus Ias 37) che rileva anche ai fini fiscali.

Qualche volta insomma la qualificazione Ias innesta una diversa regola di valu-tazione rispetto al passato, o la rende inoperante, come accade per le rimanenze di servizi, dove il profilo qualificatorio incide su quello classificatorio (ricavi in luo-go di rimanenze) e su quello temporale, assegnando rilievo fiscale all’avanzamento dell’opera in luogo dei Sal liquidati a titolo definitivo, come prevederebbe la regola fiscale (art. 93 Tuir)106.

Questo, d’altronde, non smentisce la perdurante autonomia delle regole fiscali sulle valutazioni patrimoniali. È solo l’effetto dell’assunzione ai fini fiscali del dato di bilancio, che negli Ias prevede una diversa rappresentazione del fenomeno107, ri-

putazioni temporali, non è in linea di principio possibile prescindere anche da una diversa valutazione. In questi casi, le modalità di rappresentazione utilizzate nel bilancio Ias compliant implicano una diversa valu-tazione dei componenti patrimoniali e/o di reddito: la circostanza che gli effetti reddituali di un’operazione siano diversamente qualificati, classificati e imputati temporalmente in bilancio impone che anche la relativa valutazione avvenga in un’ottica e in una prospettiva non necessariamente coincidenti con quelle di matrice giuridico-formale contenute nel Tuir”. Questo passaggio è importante e forse rappresenta l’aspetto più inte-ressante di tutta la Circolare, perché fa capire come l’amministrazione abbia colto e valorizzato fino in fondo il messaggio recato dal nuovo articolo 83 Tuir, con la rilevanza fiscale dei criteri Ias, riferita a qualificazioni, classificazioni e imputazioni temporali; e gli assegni una condivisibile e piena penetrazione nella fiscalità d’impresa.

104 Ad esempio, a fronte di un ricavo pari a 100 e di un accantonamento effettuato in base al codice civile e ai principi contabili nazionali di 5, l’impresa Ias rileva un ricavo di 95 e differisce 5 all’esercizio in cui saranno acquistati i premi.

105 Un caso nel quale, invece, continuano ad applicarsi le regole del Testo Unico è quello del ricavo che comporta obbligazioni successive, soltanto eventuali, per le quali l’impresa deve effettuare un accantonamento, come prevede lo Ias 37. Il caso può sembrare analogo a quello descritto nel testo, ma se ne differenzia perché l’obbligazione è soltanto eventuale, anche se prevedibile in base all’esperienza passata. L’eventuale accantonamento, generalmente, non è fiscalmente deducibile.

106 Vedremo al capitolo 6 che anche per le commesse infrannuali, cui si applica il medesimo principio contabile (Ias 11), ciò dovrebbe determinare la medesima conseguenza: la regola fiscale sulle rimanenze (art. 92, comma 6, Tuir), che ne prevede una valutazione al costo, dovrebbe risultare di fatto disattivata.

107 Si veda sul punto la Circolare Ias, dove al paragrafo 3.2 si segnala efficacemente come occorra

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spetto all’impostazione contabile tradizionale; e anche il reddito fiscale dell’eserci-zio ne risulta inevitabilmente influenzato.

Rimangono infine da segnalare le difficoltà, peraltro superabili, circa l’inquadra-mento di determinate fattispecie nell’ambito dei criteri di “imputazione temporale” (competenza esterna) o in quelli di valutazione del patrimonio aziendale (competen-za interna). Si pensi, ad esempio, all’annosa questione attinente la deducibilità delle perdite su crediti e alla presenza degli “elementi certi e precisi”.

Le perdite su crediti da inesigibilità economica, dovute all’inadempimento o al dissesto del debitore, dovrebbero appartenere alla competenza interna, esclusa dal riferimento agli Ias, sino a che non subentri una “perdita giuridica” del credito.

Sul piano logico-sistematico, le “perdite su crediti da valutazione” si basano, infatti, sulla probabilità di realizzo della perdita108. Ciò che viene dimostrato, in que-sti casi, non è un evento puntuale della realtà, una circostanza materiale, bensì una probabilità di perdita, che per sua natura è oggetto di valutazione presuntiva. Ma è chiaro che il diritto di credito permane anche di fronte a un debitore irreperibile, scappato all’estero, privo di qualsiasi patrimonio, sottoposto a procedure concorsuali e persino fallito; ed esiste quindi la possibilità che, in un indeterminato futuro, l’im-presa individui elementi patrimoniali su cui soddisfarsi.

D’altro canto, l’eventualità che il credito non venga riscosso, per inadempimen-to del debitore ed incapacità del creditore di trovare un patrimonio da aggredire, non incide sull’esistenza del credito, che giuridicamente permane sino ad un evento estintivo, come la rinunzia, la cessione o la prescrizione. Fino a che permane il diritto di credito, tutte le relative perdite costituiscono pertanto concettualmente “perdite da valutazione”, assimilabili alle svalutazioni del magazzino, con deducibilità rinviabi-le finché permangono i presupposti per la svalutazione del credito (secondo i principi delle norme sulla valutazione del patrimonio d’impresa); esse devono quindi essere ascritte alla competenza interna (valutazioni patrimoniali) per le quali valgono le regole del Testo Unico109. Solo le perdite da transazione o rinuncia, che incidono sul diritto di credito, vanno ricondotte all’imputazione a periodo in senso stretto110.

abbandonare “la logica propria della valutazione delle rimanenze, per adottare una modalità di contabilizzazione fondata sulla immediata e diretta rilevazione dei ricavi”.

108 Per le imprese il rischio di insolvenza del debitore è un prezzo da pagare alla snellezza degli affari e all’esigenza di aumentare il fatturato. Una certa percentuale di perdite su crediti deve insomma messa in preventivo, e appare fisiologica anche se varia in relazione alle dimensioni del fatturato e alla tipologia di clientela.

109 Se si considera, come riteniamo corretto, l’art. 101, comma 5, Tuir (elementi certi e precisi) la regola sulle valutazioni patrimoniali, le conclusioni raggiunte nel testo dovrebbero essere estese più in generale anche alle perdite di altri beni relativi all’impresa (diversi dai beni merce). Queste perdite costituiscono, in linea di principio, elementi derivanti da vicende economiche che si riflettono negativamente sul valore dei cespiti aziendali. In questi casi, essendo di fronte a un elemento reddituale connesso ad una “valutazione” del patrimonio, sarebbe concepibile non ritenere tassativo, come momento di imputazione a periodo, quello in cui la perdita viene ad esistenza. E in effetti lascia abbastanza perplessi obbligare l’impresa ad imputare all’esercizio una perdita per i beni oggetto di furto, di ammanchi, e simili situazioni.

110 Deve ritenersi, del resto, che tali componenti reddituali connessi ad atti dispositivi del credito (come

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Più in generale, per le perdite su crediti si veda comunque il capitolo 14. Il settore bancario è infatti un buon punto di osservazione per esaminare la tenuta della dispo-sizione sugli elementi certi e precisi.

3.8 Altre fattispecie escluse dalla deroga ai criteri tributari tra regole fiscali e regole contabili

Delle valutazioni patrimoniali abbiamo detto. Quali altre questioni rimangono escluse dalla deroga ai criteri fiscali?

Il dubbio poteva porsi anzitutto per le questioni di imputazione temporale per cui esistono specifiche disposizioni del Testo Unico, da quelle che prevedono anche nel reddito d’impresa l’imputazione per cassa a quelle che consentono di rinviare l’im-putazione di componenti positive di reddito (come accade per alcune plusvalenze e sopravvenienze).

Ci pensa al riguardo il regolamento ad escludere queste questioni da quelle po-tenzialmente oggetto di deroga. Diversamente, i principi generali dettati in materia di qualificazione, classificazione e imputazione temporale, ben difficilmente avrebbero potuto far salve le disposizioni del Testo Unico che – in via di eccezione ai criteri ge-nerali sul momento di competenza dei primi due commi dell’art. 109 – indicano spe-cifiche soluzioni fiscali per l’imputazione temporale di alcune operazioni con i terzi.

In ogni caso, il regolamento, togliendo qualsiasi dubbio, sottrae alla deroga le disposizioni che stabiliscono la rilevanza di componenti positivi o negativi nell’e-sercizio, rispettivamente, della percezione o del pagamento. Si pensi, dal lato delle componenti positive, ai dividendi111, ai contributi costituenti sopravvenienze attive e, per le componenti negative agli oneri fiscali deducibili, ai contributi ad associazioni sindacali e ai compensi agli amministratori. Va menzionata anche la rilevanza per cassa degli interessi di mora.

remissioni totali o parziali di debito e cessioni del credito) vadano ascritte, a rigore, alla categoria delle minusvalenze, elementi reddituali derivanti dal realizzo di qualsiasi bene d’impresa, ivi compresi i crediti. L’utilizzazione corrente del termine “perdite”, anche per queste fattispecie, va imputata prima di tutto a ragioni storiche, in quanto l’art. 99 Tuir del 1958 considerava “perdite” anche le attuali minusvalenze. Oggi, invece, l’adozione, da parte del Tuir, di un concetto di “minusvalenza”, simmetrico a quello di “plusvalenza” (art. 66, comma 1), induce a ritenere più corretto utilizzare il termine perdita solo per quelle originate dalla valutazione della situazione patrimoniale del debitore ceduto. Probabilmente, la si continua a chiamare “perdita” (senza distinguere le componenti da atti dispositivi del credito dalle perdite da inesigibilità presunta), anche perché anche la minusvalenza dipende in gran parte dalla difficile esigibilità del credito stesso, che in un certo senso costringe alla cessione o alla remissione.

111 Tra l’altro, per i dividendi, la conservazione delle regole fiscali riguarda non solo il principio di cassa (in luogo del diritto a riceverli), ma anche la detassazione prevista dall’art. 89 Tuir, in virtù dell’art. 2, comma 2, del regolamento attuativo Ias (che fa salve esclusioni o esenzioni, totali o parziali, di componenti positive comunque denominate): sul punto si veda infra nel testo.

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Stessa scelta (per l’esclusione dalla deroga) è fatta dal regolamento anche con riferimento alle norme che consentono la ripartizione in più periodi di imposta di componenti reddituali positive; e qui il riferimento è alle plusvalenze su beni pos-seduti da più di un triennio (per le quali il Testo Unico consente di escludere le plu-svalenze dal reddito nell’anno di competenza, imputandole invece in quote costanti ai successivi periodi d’imposta, fino a un massimo di cinque) e alle somme ottenute a titolo di sussidio o liberalità, ivi compresi i contributi pubblici diversi da quelli “in conto esercizio”, imponibili in 5 anni, e non immediatamente. In entrambe le ipotesi, il meccanismo del differimento consente l’imputazione e la “tassazione differita” di queste componenti positive di reddito, pur trattandosi di questioni attinenti indiscuti-bilmente l’imputazione temporale.

Prima di proseguire osserviamo che sono proprio queste le aree in cui continuano a rilevare frequentemente anche per i soggetti Ias alcune “classificazioni” fiscali. Le ragioni sono già state esposte al paragrafo 3.3: si tratta di requisiti che delimita-no l’ambito applicativo di una regola tributaria che conserva la propria autonomia. Naturalmente, laddove la regola fiscale non detta soluzioni autonome, occorrerà ri-ferirsi ancora una volta all’impostazione contabile, secondo la consueta logica di coordinamento tra bilancio Ias e regole fiscali112. Ad esempio, per le plusvalenze da rateizzare, la condizione fiscale è il possesso di un bene patrimoniale per un periodo non inferiore a tre anni, mentre l’esercizio del realizzo (cui imputare l’intera plusva-lenza o la prima quota costante, a scelta del contribuente) è un tema contabile (di imputazione temporale) e va quindi individuato con riferimento al trasferimento dei rischi e dei benefici: è il criterio di competenza che “ritorna in gioco” su una regola fiscale, in quanto profilo regolato dagli Ias. Più complessa è la questione legata al calcolo del triennio: si tratta di capire se il riferimento temporale da cui far partire il calcolo sia la data di trasferimento della proprietà o quella (in ipotesi diversa) di tra-sferimento dei rischi e dei benefici113. Il riferimento al periodo di “possesso” potreb-be far preferire la prima soluzione; ma, a ben guardare, la “maturazione” pluriennale della plusvalenza, che giustifica il particolare regime fiscale, appare meglio espressa dall’assunzione di rischi e benefici. Il parametro che determina la quantificazione della plusvalenza, oltre al corrispettivo, è proprio il costo rilevato ai sensi degli Ias, indipendentemente dal passaggio della proprietà114 .

Anche per i contributi, ad esempio, rileva ancora una “classificazione fiscale”: l’applicabilità del principio di cassa e del regime di rateazione riguardano i soli con-tributi pubblici che non siano “in conto esercizio”; questi ultimi sono inseriti fi-

112 Si tratta di un esempio tipico di quelle logiche che necessitano di essere sperimentate e messe a fuoco, come sottolineato nel primo capitolo.

113 Il che potrebbe evidentemente allungare o accorciare il periodo di detenzione, facendo acquisire o perdere il requisito del possesso triennale ai fini della rateazione.

114 In ogni caso, la soluzione che sul piano pratico può offrire maggiori garanzie di univocità è quella di far passare tre iscrizioni in bilancio, utilizzando il metodo previsto dal Tuir per le partecipazioni.

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scalmente fra i ricavi e sono destinati in genere a ripianare le perdite derivanti dalla gestione ordinaria. Rientra in gioco quindi – come visto al paragrafo 1.1 – la tradi-zionale tripartizione fiscale fra ricavi, plusvalenze e sopravvenienze, di cui gli Ias ai loro fini giustamente si disinteressano. Non esistendo però una definizione fiscale di contributo in conto esercizio nel Tuir, è fondatamente sostenibile che la natura di contributo in conto esercizio debba essere eventualmente accertata in base ai criteri contabili.

Sono poi escluse dalla deroga – e qui il regolamento non fa altro che confermare quanto già si poteva evincere dai criteri generali dell’art. 83 Tuir – prima di tutto quelle disposizioni che riguardano aspetti di inerenza, per cui le risultanze del bilan-cio andranno comunque “aggiustate” ai fini fiscali. Si tratta di tutte quelle disposizio-ni che regolano la deduzione dei costi come specificazione del concetto di reddito, limitando la deducibilità di una serie di costi sospettati di uso personale (autovetture, spese di rappresentanza, spese di viaggio, di telefonia mobile), o temi tipicamente fiscali come la deduzione di imposte.

Ne discende anche la permanente rilevanza fiscale di quei “correttivi” ai risul-tati di bilancio che la legislazione tributaria appronta per ragioni di cautela fiscale per le imprese con attività internazionale. Penso ai costi da “paradisi fiscali” come correttivo di “operazioni fittizie” e al transfer pricing come “correttivo dell’e-merso”. Con il primo “correttivo”, come noto, si contrasta l’oggettiva maggiore “pericolosità” fiscale delle transazioni con soggetti residenti in “paradisi fiscali”, precludendo (salvo l’esimente basata sulla “effettività” della transazione) la de-ducibilità dei costi derivanti da operazioni con imprese e professionisti residenti in Paesi a bassa fiscalità. Si tratta di una caratteristica disposizione anti-evasione, nella prospettiva tipicamente tributaria di contrastare la creazione di costi deduci-bili in Italia a fronte di operazioni di cui si sospetta l’inesistenza. Con il secondo “correttivo” si sostituisce al corrispettivo pattuito tra le parti nei rapporti intercom-pany con imprese non residenti la valutazione al “valore normale” del bene o del servizio scambiato: ferma restando in questo secondo caso l’effettività della tran-sazione, si tiene però conto del fondato rischio che, mancando un reale contrasto di interessi tra le parti, il corrispettivo contrattuale possa essere dettato da un calcolo di convenienza per mere ragioni di vantaggio fiscale.

Il regolamento fa poi salve anche le disposizioni che esentano o escludono, par-zialmente o totalmente, dalla formazione del reddito imponibile componenti reddi-tuali positive, comunque denominate, e qui il riferimento è, in particolare, alla par-ticipation exemption sul coordinamento impositivo società-soci; in pratica, restano esenti in tutto o in parte dividendi e plusvalenze su partecipazioni “qualificate”. Si tratta di disposizioni ispirate a ragioni di tecnica fiscale nella determinazione del reddito. In questi, e altri casi, assumere incondizionatamente il risultato civilistico come base imponibile porterebbe a soluzioni inaccettabili sul piano della misurazio-ne della capacità contributiva.

Questo conferma come non sia pensabile eliminare di colpo tutte le diversità tra

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valori fiscali e civilistici, regimi diversi tra “fondi dedotti” e “fondi tassati”, limiti alla deduzione dei costi relativi ad attività esenti per evitare distorsive amplificazioni dell’esenzione, e simili questioni, per le quali fare affidamento sulle regole contabili anche ai fini fiscali avrebbe significato ignorare le peculiarità del diritto tributario115.

Gli sfasamenti tra valori civili e fiscali possono essere ridotti sensibilmente, come si cerca di attuare con le disposizioni di recente introduzione, ma certo non eliminati completamente, anche se molto di più si sarebbe potuto fare per poste “valutative” come ammortamenti o accantonamenti, alle quali la deroga ai criteri fiscali non è stata estesa.

3.9 Tabella esemplificativa

115 Come rileva Lupi, Profili tributari della valutazione degli elementi dell’attivo e del passivo, in Corriere Tributario, n. 39/2008, p. 3168 ss.

Art. 109, commi 1 e 2• Certezza e oggettiva determinabilità

(comma 1)• Regole specifiche di competenza dei

principali fatti di gestione (comma 2)

Derogati: vale l’imputazione temporale in bilancio secondo gli Ias

Art. 86 (plusvalenze ripartite)Art. 87 (participation exemption)Art. 88 (contributi e liberalità: cassa e ri-partizione)Art. 89 (dividendi per cassa)Art. 95 (compensi agli amministratori per cassa e limiti alla deduzione delle spese per prestazioni di lavoro: trasferte, allog-gio e foresterie)Art. 96 (interessi passivi)Art. 99 (oneri fiscali e contributivi per cas-sa)Art. 100 (oneri di utilità sociale)Art. 102 comma 9 (cellulari)Art. 108 (spese di rappresentanza)Art. 109 comma 7 (interessi di mora per cassa)Art. 164 (autovetture)

Non sono derogate le norme che pre-vedono limiti quantitativi alla deduzione di componenti negativi o la loro esclu-sione o ne dispongono la ripartizione in più periodi di imposta nonché quelli che escludono, parzialmente o totalmente dalla formazione del reddito componenti positive o ne consentono la ripartizione in più periodi d’imposta e quelle che stabili-scono la rilevanza di componenti positivi o negativi nell’esercizio di percezione o pagamento

Art. 92 (valutazione delle rimanenze)

Non derogate le norme fiscali in quanto trattasi di “valutazioni patrimoniali”. Non è però ammessa valutazione al Lifo, salvo espressa opzione (irrevocabile) in sede di Fta

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Art. 93 (commesse a lungo termine)

Non derogate le norme fiscali in quanto trattasi di “valutazioni patrimoniali”. Tutta-via la norma è inoperante perché gli Ias leggono il fenomeno rilevando diretta-mente ricavi in luogo di rimanenze

Art. 108 (oneri pluriennali)

Non derogato. Occorre però tener conto della prevalenza dei criteri di qualificazio-ne e classificazione Ias, che impediscono di rinviare oneri a futuri esercizi (tranne per le spese di sviluppo ed a particolari condizioni). Per le spese pluriennali “non tipizzate” è stata mantenuta la disposizio-ne che prevede la deducibilità in cinque periodi d’imposta

Art. 107 (accantonamenti)

Per la qualificazione come accantona-mento o costo d’esercizio valgono i criteri Ias. Non sono derogati invece la tassati-vità degli accantonamenti deducibili e i limiti quantitativi della fiscalità d’impresa

Art. 103 (ammortamento beni immateriali)

Non derogate le norme che prevedono limiti al riconoscimento fiscale degli am-mortamenti. Possibilità di dedurre extra contabilmente gli ammortamenti di mar-chi e avviamento (1/18 del costo)

Art. 101, comma 5 (perdite su crediti da inesigibilità)

Non derogate le norme fiscali in quanto trattasi di “valutazioni patrimoniali”

Art. 102 (ammortamento beni materiali)

La qualificazione e classificazione di bi-lancio assumono rilevanza nella indivi-duazione dei beni ammortizzabili e nella definizione di costo di iscrizione degli stessi

Art. 102 (ammortamento beni materiali)

Non derogati i limiti quantitativi rappre-sentati dai coefficienti di ammortamento, i criteri di valutazione, le regole sulle spese di manutenzione (comma 6) e quelle rela-tive ai beni < 516 euro (comma 5)

Art. 102 (ammortamento terreni)Non derogato il criterio forfettario relativo allo scorporo del valore del terreno dai fabbricati

Art. 105 (Tfr)

Non derogati i limiti quantitativi della fi-scalità d’impresa, con introduzione di uno specifico meccanismo per la deduzione fiscale degli accantonamenti per il Tfr

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Bibliografia

Sui profili generali della fiscalità del bilancio Ias dopo la Finanziaria 2008, tineLLi, Bilancio d’esercizio, principi contabili internazionali e accertamento tribu-tario (parte I), in Rivista di diritto tributario, 2010, I, p. 163 e ss.; tineLLi, Bilancio d’esercizio, principi contabili internazionali e accertamento tributario (parte II), in Rivista di diritto tributario, 2010, I, p. 267 e ss.; Vicini ronchetti, Legge finanziaria 2008 e principi Ias: le modifiche all’art. 83 del Tuir una possibile soluzione ai dubbi interpretativi, in Rassegna tributaria, n. 3/2008, p. 680 e ss.; ZiZZo, L’Ires e i princi-pi contabili internazionali: dalla neutralità sostanziale alla neutralità procedurale, in Rassegna tributaria, n. 2/2008, p. 316 e ss.; Damiani, steVanato, Lupi, Principi contabili internazionali e reddito d’impresa: le novità della Finanziaria 2008, in Dialoghi tributari, n. 1/2008, p. 53 e ss.; Vacca, L’impatto degli Ias sul principio di derivazione dei redditi d’impresa dalle risultanze di bilancio, in Corriere Tributa-rio, n. 44/2007, p. 3559 e ss. Sulla qualificazione dei fatti gestionali e sui riflessi fiscali del criterio di prevalenza della sostanza sulla forma, mieLe, Criterio della prevalenza della sostanza sulla forma e imponibile Ires per soggetti Ias, in Corriere Tributario, n. 5/2009, p. 345 e ss.; ZiZZo, Criteri di qualificazione Ias nella determi-nazione dell’imponibile Ires, in Corriere Tributario, n. 39/2008, p. 3137 e ss. Sulla rappresentazione data agli stessi in bilancio, steVanato, Profili tributari delle clas-sificazioni di bilancio, in Corriere Tributario, n. 39/2008, p. 3155 e ss. Sulle riclas-sificazioni nel regime antecedente alla Finanziaria 2008, croVato, Sulla rilevanza fiscale delle riclassificazioni fra voci di bilancio, con diverso regime tributario, in Dialoghi di diritto tributario, n. 7-8, 2006, p. 975 e ss.; VaLacca, La neutralità fi-scale delle riclassificazioni di bilancio, in Corriere Tributario, n. 34/2005, p. 2667 e ss.; steVanato e Lupi, Riclassificazioni contabili tra principi generali e prima ap-plicazione degli Ias (ris. 29 luglio 2005, n. 111/E), in Dialoghi di diritto tributario, n. 9/2005, p. 1259 e ss. Sui criteri di imputazione temporale Ias e sul loro impatto nella rilevazione fiscale delle operazioni con terzi, micheLutti, Rilevanza degli Ias ai fini delle imputazioni temporali dei componenti reddituali, in Corriere Tributa-rio, n. 17/2011, p. 1404 e ss.; Vergani, Riflessi fiscali dell’adozione dello Ias 18, in Corriere Tributario, n. 48/2008, p. 3878 e ss.; Fransoni, L’imputazione a periodo nel reddito d’impresa dei soggetti Ias, in Corriere Tributario, n. 39/2008, p. 3152 e ss.; DoLce, Competenza di componenti reddituali relative a procedimenti amministrativi o giurisdizionali, in il fisco, n. 4/2008, p. 602 ss. Sui profili contabili delle valutazio-

Art. 110, comma 5 (oneri in valuta)Art. 110, comma 7 (transfer pricing)Art. 110, comma 10 e 12 (costi da Paesi a bassa fiscalità)

Non derogati

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ni patrimoniali, portaLupi, Profili contabili della valutazione degli elementi dell’at-tivo e del passivo, in Corriere Tributario, n. 39/2008, p. 3161 e ss. Sull’esclusione della valenza fiscale degli Ias per i profili valutativi e quantitativi delle fattispecie, micheLutti, La fiscalità Ias tra competenza e valutazione: aspetti problematici, in Corriere Tributario, n. 18/2011, p. 1521 e ss.; piaZZa, L’Agenzia delle entrate spiega i fenomeni ‘‘meramente’’ valutativi, in Corriere Tributario, n. 14/2011, p. 1127 e ss.; Lupi, Profili tributari della valutazione degli elementi dell’attivo e del passivo, in Corriere Tributario, n. 39/2008, p. 3168 e ss. In particolare sulle perdite su cre-diti, contrino, La fiscalità delle perdite su crediti dei soggetti Ias/Ifrs, in Corriere Tributario, n. 15/2011, p. 1224 e ss. In tema di componenti imputati direttamente a patrimonio, anDreani e giommoni, Il trattamento fiscale dei componenti imputati direttamente a patrimonio netto, in Corriere Tributario, n. 14/2011, p. 1139 e ss.; Laghi e QuagLi, Profili contabili delle imputazioni dirette a patrimonio netto, in Cor-riere Tributario, n. 39/2008, p. 3173 e ss.; muratori, Profili tributari dei componenti imputati direttamente a patrimonio netto secondo gli Ias, in Rassegna tributaria, n. 5/2008, p. 1353 e ss. Per la distinzione tra competenza interna ed esterna, croVato - Lupi, Il reddito d’impresa, Il Sole 24 ORE, Milano, 2002; croVato, L’imputazione a periodo delle imposte sui redditi, Padova, 1996. Sulla regola fiscale ancora vigente del previo passaggio a conto economico dei costi, croVato, Correzione di errori sulla competenza e passaggio a conto profitti e perdite, in Dialoghi di diritto tribu-tario, n. 5/2006, p. 701 e ss. Per un primo commento alla circolare Ias n. 7/E/2011, sciFoni, Derivazione rafforzata ma non troppo: le rettifiche fiscali al bilancio ‘‘Ias/Ifrs compliant’’, in Corriere Tributario, n. 14/2011, p. 1132 e ss.

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