Date post: | 15-Mar-2016 |
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Capitolo 4
Piattaforme e siti didattici
“Felix qui potuit rerum cognoscere causas” (Virgilio)
(Beato chi poté conoscere la causa delle cose)
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 1
1. Introduzione
Partiamo in questo capitolo da un modello di conoscenza nato in ambienti aziendali
giapponesi, Nonaka e Takeuchi sono i due studiosi che lo hanno diffuso e scritto per
rendere evidenti le complesse dinamiche sociali che sono le fondamenta della
creazione, nel senso di nuova interpretazione, accrescimento e scambio di conoscenza
delle organizzazioni1.
Il motivo per cui è stato scritto lo rende adatto anche ad analizzare l’apprendimento
collaborativo con modalità e-learning quindi con gli strumenti del web 2.0.
Si parte da un concetto che abbiamo già ribadito, cioè apprendere insieme attraverso
esperienze comuni crea dei vantaggi. I due autori parlano di conoscenza tacita o
sapere implicito, una conoscenza non
codificata ne contenuta in testi o
manuali ma solo nella testa degli
individui, nella loro esperienza
lavorativa per cui si può collegare alla
comprensione di contesti in azione.
Il processo che genera conoscenza è
un processo dinamico che combina e converte la conoscenza tacita in conoscenza
implicita, sintetizzato in T <--> E.
La conoscenza tacita è conoscenza personale, fa parte del vissuto di ciascuna
persona, nelle abitudini, nell’esperienza per lo più si apprende con l’osservazione e
con il corpo. La conoscenza esplicita invece è quella formalizzata, che si può
scrivere, verbalizzare.
In un ottica costruttivista l’ambiente di apprendimento costituisce lo spazio in cui
avviene l’interazione sociale fra i due tipi di conoscenza che generano in questo
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 2
1 Nonaka I., Takeuchi H., The Knowledge Creating Company, University Press, Oxford 1995; tr. it. TheKnowledge Creating Company, Guerini e Associati, Milano 1997.
Figura 1 Il modello di Nonaka e Takeuchi
modo conoscenza collettiva dando vita a nuovi saperi. L’ambiente stesso può venire
modificato dai partecipanti per un maggiore controllo o adattamento alle necessità di
acquisizione di nuova conoscenza.
Come si evince dalla figura 1, i processi di trasformazione della conoscenza sono
quattro e avvengono in una specie di circolo ermeneutico attraverso la
socializzazione, l’esteriorizzazione, la combinazione e l’interiorizzazione.
Quando ciò avviene sotto forma di modelli condivisi, con processi di interazione,
tale tipo di conoscenza diventa un bene per tutti. Il soggetto allora si situa in un
processo dinamico partecipando attivamente al processo di apprendimento del gruppo
con il quale lo condivide e contribuisce alla creazione di nuova conoscenza.
L’ apprendimento cooperativo crea, in questo modo, un’interdipendenza positiva. Il
gruppo è come una squadra, il destino di un membro è strettamente correlato a quello
degli altri. C’è l’intima convinzione di lavorare tutti ad un progetto comune e di poter
dare un contributo utile in prima persona alla conoscenza collettiva, quindi la
sensazione e percezione di utilità del proprio contributo.
Se dunque tutti i soggetti intervenenti lavorano in modo collaborativo per creare una
conoscenza tacita comune si passa da un apprendimento collaborativo ad uno
cooperativo, avendo il primo la caratteristica di un apprendimento individuale con
interazione di gruppo, il secondo è dato da un lavoro di gruppo con un fine comune.
Tutto ciò va contestualizzato nell’ambiente scuola, sia dal punto di vista di
cooperazione tra docenti per una costruzione di un’istituzione scolastica che funzioni
nel suo complesso e nel miglioramento globale delle strategie didattiche, sia dal
punto di vista dei discenti nella modalità del lavoro di gruppo.
L’apprendimento situato ha necessità anche di un ambiente adattabile, le nostre aule
scolastiche lo sono molto poco, ci sono indicazioni di setting di aule scolastiche che
lo fanno comprendere in modo chiaro e che in altri paesi europei sono già realtà.
L’aula scolastica è un insieme, non certo una stanza, di ambienti funzionali ai vari
momenti didattici, in Italia ci sta provando un gruppo di lavoro del CERMIT (Centro
di Ricerca sull’educazione ai Media all’Informazione e alla Tecnologia) guidato dal
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 3
prof. Rivoltella. La lezione frontale perde la sua predominanza per lasciare spazio a
spazi di gruppo e di laboratorio contemporaneamente contenuti nello spazio/aula. Più
o meno simile dovrebbero essere le aule degli insegnanti, mentre ora o non esistono
del tutto o sono solo un insieme di vecchi armadietti e la programmazione didattica
non può che avvenire con metodi precedenti alla rivoluzione informatica.
Una specie di domotica applicata alla didattica, “Un ambiente che diventa
apprendimento” esso stesso come sostiene Marco Orsi, in un articolo/intervista,
un’architettura che rielabora e rivaluta in maniera olistica il rapporto tra bambino e
ambiente e l’involucro diviene esso stesso materia educativa e orientativa2, un
progetto “Senza zaino” attuato in alcune realtà
scolastiche.
Se tale aula è lontana dall’essere “edificata” non lo
è invece un al t ro t ipo di ambiente di
apprendimento, virtuale ma non tanto3, che è
ormai collaudato per l’apprendimento degli adulti
in long life learning, utilizzato da un numero
sempre crescente di insegnanti per la propria formazione ma anche per creare
ambienti di apprendimento per i propri studenti, sono le piattaforme didattiche.
La piattaforma didattica è un ambiente educativo esplicitamente progettato per
lasciare il controllo al soggetto che apprende, non solo il soggetto che apprende ma
tutte le figure che vi interagiscono, autori, tutor, amministratori, ecc.
Tenendo a mente l’indicazione dateci dal modello della conoscenza tacita4 di
Nonaka e Takeuchi analizziamo, nei paragrafi seguenti, in breve l’apporto di
piattaforme e siti dinamici alla costruzione di sapere a contenuto didattico.
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 4
2 Mura MG., Un ambiente che diventa apprendimento, sul sito http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1284, consultato a ottobre ʼ09.
3 Vedremo perchè nel secondo paragrafo.
4 Il termine “conoscenza tacita era stato utilizzato già dal filosofo Michael Polanyi nel testo The Tacit Dimension, del 1966, partendo dallʼaffermazione “noi sappiamo più di quanto sappiamo dire”.
2. Un’attività collaborativa e continua
Il processo di creazione di nuova conoscenza non è naturalmente un processo
automatico. Perché esso si avvii c’è bisogno di consistenti motivazioni allo scambio
di conoscenza che muove dalle persone coinvolte ma anche il gruppo e
l’organizzazione.
Organizzando piattaforme, forum web, mailing list, si sono lentamente affermate
nuove forme organizzative capaci di permettere ai lavoratori, di qualsiasi settore, di
poter condividere la propria conoscenza sia esplicita, sia tacita, aumentando così la
propria disponibilità all’apprendimento continuo5 ed al cambiamento. Queste hanno
assunto la denominazione di "Comunità di pratica", che abbreviamo in CdP6.
Lasciando da parte l’iter storico e aziendale (la prima si è affermata nella Xerox
Corporation fra i suoi tecnici per risolvere problemi di manutenzione delle
fotocopiatrici) dove le CdP sono sorte come “dei recipienti spontanei nei quali gruppi
di persone "versano" conoscenze e competenze al fine di ottimizzare l'attività, lo
scopo o l'impresa comune”7, noi ci occupiamo qui del contesto didattico/scolastico
dove, de facto anche qui come nelle aziende, possono portare un’evoluzione di una
modalità organizzativa atta a migliorare l’apporto del singolo docente nella sua
professione e il miglioramento dell’istituzione scuola.
Al centro della CdP vi è il singolo, lavoratore della scuola o discente, che può
trovare un confronto e un sostegno nelle diverse fasi di attuazione di un percorso
attuativo di programmazione e progettazione da un lato e di apprendimento dall’altro.
Comunicazione, confronto, collaborazione e cooperazione sono i verbi che
contraddistinguono le motivazioni della nascita, dello sviluppo e magari
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 5
5 Ribadisco qui che lʼapprendimento continuo o “long life learning” è un problema sottovalutato nel nostro paese e di cui, invece, molti adulti ne sentono la necessità e ne fanno richieste anche esplicite che vanno dallʼinformatica alle lingue straniere, sarebbero da valutare diverse ipotesi di attivare corsi per adulti nelle scuole.
6 Abbrevieremo sempre così CdP, in inglese invece “Communities of Practice” si abbrevia CoPs.
7 D. Macheda, Che cosa sono e come funzionano le comunità di pratica, gennaio 2002, in questo sito si può trovare una breve storia delle CdP http://www.catepol.net/percezione-degli-utenti-e-valore-aggiunto-delle-comunita-professionali-online-il-caso-elearningtouchit/, (consultato a settembre 09) inoltre lʼarticolo di Macheda si trova online in PDF scaricabile.
dell’inviluppo e fine di una CdP, come tutte le attività umane, pur lasciando, nel caso
di chiusura, un di più delle competenze acquisite ai partecipanti.
Questo sostegno si può trovare anche nel Gruppo di lavoro e nel Team di progetto
ma, è dimostrato, con risultati molto più limitati sia nel tempo sia nella qualità.
Le CdP aggiungono valore all'organizzazione e all'individuo in diversi modi:
• identificano e prospettano nuove aree di sviluppo e nuove strategie;
• contribuiscono a risolvere velocemente i problemi (ogni membro sa a chi chiedere
aiuto per focalizzare il problema e risolverlo);
• rappresentano un forum ideale per condividere e diffondere le buone pratiche8;
• sviluppano e migliorano le competenze professionali di ogni lavoratore sul
modello del mondo artigiano, dove l'apprendista impara dal suo maestro il mestiere,
in questo contesto però si è a turno apprendista e maestro9.
Per promuovere una CdP è necessario attuare un percorso che tenga conto di alcune
fasi essenziali, riassumibili in tre punti, che sono:
1. individuare le persone che siano potenzialmente interessate, con l’esperienza, o
in possesso di abilità a cui è finalizzata tale cooperazione;
2. preparare la piattaforma web adatta (ne indicheremo alcune);
3. porsi il problema della valutazione della CdP e che essa venga fatta tenendo
conto del reale contributo all’organizzazione.
Le comunità virtuali, che in tal modo si formano10, non sono affatto virtuali secondo
l’opinione di Pierre Levy. Le relazioni che s’instaurano attraverso chat, newsgroup o
forum, sono relazioni forti e responsabili, guidate da regole precise di netiquette che
garantiscono coesione e riconoscimento fra i membri.
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 6
8 Buone pratiche è un termine molto in voga nei convegni o corsi di aggiornamento per insegnanti ma poco applicati nella realtà per la difficoltà di concretizzare gruppi di lavoro che aumenterebbero il tempo scuola a dismisura in relazione poi ad effettivi e duraturi risultati. Diffondere buone pratiche è comunque un imperativo delle istituzioni scolastiche.
9 Ivi nota n° 6.
10 Chiunque ne ha avuto esperienza può dare atto di queste affermazioni.
Normalmente nel web vige il principio di reciprocità e gli individui sono disposti a
condividere le loro conoscenze ricevendo informazioni e buona reputazione e,
secondo Levy, le comunità virtuali esplorano nuove forme di opinione pubblica. Le
comunità virtuali non sono irreali e la loro esistenza è protesa verso l’attualizzazione
delle relazioni e delle conoscenze, verso l’intelligenza collettiva11.
Le CdP sono sostanzialmente gruppi informali di persone che condividono una
pratica. L’associazione del concetto di pratica e di comunità si basa su tre dimensioni
principali:
✓ il mutuo impegno di relazione e interrelazioni;
✓un’impresa comune, detta anche dominio, comune interesse;
✓un repertorio condiviso in modo consapevole col tempo e interazione continua.
Dunque non concetti ma processi che si concretizzano a partire dalle relazioni fra gli
individui e al loro modo di intenderle con alla base il comune impegno cognitivo ed
emotivo. È avere un’impresa comune, condividere un compito, un progetto da
affrontare insieme con gli stessi obiettivi. È il punto di arrivo che riflette la piena
complessità di tale mutuo impegno12.
Questi elementi formano la CdP, non il sito o la piattaforma in sé e nemmeno il fare
lo stesso lavoro o percorso di studi. È solo sviluppando parallelamente queste tre
dimensioni principali che “uno coltiva la CdP”13.
CdP dunque possono assumere varie tipologie riassumibili in tre: aziendali,
professionali e di apprendimento.
Per quanto riguarda il lato docente rientra nella tipologia professionale e l’abbiamo
già delineata sopra, se ve ne fosse bisogno, aggiungiamo che una CdP di progetto e/o
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 7
11 Intervista del 1997 da http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/f/ferri.htm,consultato ad ottobre 09, ivi cap 3.
12 Questa descrizione delle CdP sono prese dal pensiero di Jean Lave e Etienne Wenger, questʼultimo autore di più testi sulla tematica tra cui E. Wenger, Comunità di pratica. Apprendimento, significato e identità, Ed Cortina Raffaello, Milano, 2006.
13 Per E. Wenger inoltre “Imparare è una questione di appartenenza ad una comunità tanto quanto un processo intellettivo, coinvolge tanto il cuore quanto la testa.” Ulteriori precisazioni si possono trovare sul sito http://www.ewenger.com/theory/index.htm,consultato a ottobre ʼ09, in inglese, alcuni testi sono in via di traduzione.
programmazione e di buone pratiche didattiche sarebbe un valore aggiunto necessario
ed attuale per le problematiche della scuola odierna.
Dal lato discente, la CdP calata nell’aspetto didattico, è un caso particolare. La
classe, o le classi, sono immaginate e divengono vere e proprie CdP dove tutti
possono giocare diversi ruoli e responsabilità, scambiandosele. La classe non risulta
più incentrata sulla figura dell’insegnante come unico depositario della conoscenza
così come gli studenti non sono più solo recettori passivi di informazioni ma ciascun
membro è considerato una fonte per ottenere informazioni e ciascuno condivide
secondo le proprie conoscenze.
Grazie al lavoro di gruppo si ha come risultato un aumento complessivo delle
conoscenze e ogni studente è facilitato nello sviluppo delle proprie attitudini
personali.
Inoltre lo sviluppo delle CdP è basato sul modello di riferimento delle comunità
scientifiche di ricerca e valorizzano gli aspetti metacognitivi favorendo
l’acquisizione, da parte degli studenti, di abilità cognitive. Tale modello è basata su
quattro passaggi che sono:
II. modelling, l’apprendista osserva il maestro che mostra come fare e poi lo imita;
III. coaching, il maestro/insegannte assiste e agevola il lavoro;
IV. scaffolding, il maestro fornisce un sostegno come stimoli e risorse;
V. fading, il maestro diminuisce progressivamente il supporto fornito per lasciare,
poco per volta, maggiore autonomia a chi apprende.
Nella CdP sono inoltre favoriti forme di peer tutoring e reciprocal teaching. Temi
peraltro già ampiamente trattati nei precedenti capitoli.
Unica contestazione possibile è riferibile all’età degli alunni della primaria e
secondaria inferiore, mentre non ve ne sono per la secondaria superiore.
Il problema, perlomeno dalla terza primaria, credo non sussista se si fa un percorso
con la classe di conoscenza della piattaforma, che si può implementare nella forma di
base per poi arricchirla man mano che l’ambiente diventa familiare, per arrivare poi
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 8
ad un utilizzo personale, pur se limitato, autonomo.
Un difficoltà reale è invece trasmettere l’importanza di una tale attività ai genitori
che si dovranno occupare di dotare di un computer con connessione i propri figli,
come dimostrato anche dal questionario analizzato nel secondo capitolo.
Far comprendere cioè che in questo modo il computer non è più solo una semplice
(o complessa a seconda dei punti di vista) fonte d’informazione ma diviene supporto
dell’ambiente di collaborazione favorendo la costruzione collaborativa di conoscenza
e scambio cooperativo all’interno del gruppo. Far comprendere inoltre che internet è
un ambiente ottimo per attività comunitarie poichè nasce come mezzo di relazione,
ha una struttura decentrata non gerarchica, valorizza la partecipazione e le
conoscenze “sparse” in rete tendono a riaggregarsi intorno ad interessi condivisi.
Naturalmente con la presenza dell’adulto che però diviene, piano piano, un primo
inter pares. Un ultimo rinforzo all’importanza delle CdP, viene dalla knowledge
building community, ovvero dalla conoscenza che costruisce la comunità.
Ponendo sempre al centro la dimensione sociale dell’apprendimento, Bereiter e
Scardamalia focalizzandosi sulle modalità di costruzione della conoscenza
riprendono il modello di Karl Popper distinguendo tra:
✓ mondo 1, dove si verificano i fenomeni della realtà fisica;
✓ mondo 2, il livello nel quale la conoscenza esiste nella mente degli individui;
✓ mondo 3, dove la conoscenza è intesa come oggetto sociale e culturale.
I due autori sostengono che tale modello, proprio della comunità scientifica, è
applicabile all’ambiente educativo proponendo un cambiamento radicale del ruolo
della scuola con un passaggio da struttura che promuove apprendimento ad
organizzazione che produce conoscenza, per dirla in termini di mondo, una scuola
che passa dal mondo 2 al mondo 3!
Per questo passaggio è necessario un ambiente di apprendimento in cui tale
conoscenza possa essere rappresentata in modo evidente, quindi nella rete di
computer, nel web, dove è sempre e immediatamente accessibile.
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 9
Concludo questo paragrafo con la presentazione di due esperienze concrete di CdP
attuate nello stile web 2.0 e create con lo stesso tipo di piattaforma Ning.
Ning14 è un'applicazione web multilingua, ideata da Marc Andreessen, permette di
creare siti web sociali o reti sociali (social network) senza avere nessuna cognizione
di programmazione.
Da wikipedia:
Ning permette all’utente di controllare le funzionalità applicative ed estetiche del sistema, le procedure di registrazione, l’inserimento dei contenuti, la moderazione e così via. Ha un sistema di amministrazione flessibile, ed utilizza sistemi di sicurezza ed autenticazione/autorizzazione. Appositi moduli permettono agli utenti di inserire immagini, foto e file musicali. Ha una discreta integrazione con Flickr, Facebook e MySpace con supporto di
strumenti caratteristici del web 2.0 quali RSSe blog. Una difetto è rappresentato dalla mancanza di strumenti quali il wiki e il calendario.15
Alcuni social network, facebook in modo particolare, sono
molto diffusi anche tra insegnanti che ritrovano o vengono
ritrovati da ex alunni, ed è un ottima cosa, ma rimangono
generalisti, un pò vetrina un pò base di appoggio.
Se si vuole attuare un percorso specifico, mantenendo
anche la piacevolezza dello strumento, ritengo che la scelta
attuata da alcuni insegnanti in questo campo vada nella
giusta direzione. Lo scrivente ha progettato la creazione di
un social network, con altri colleghe/i che hanno già dato
la loro adesione chi come cofondatore chi come
partecipante, sullo specifico del Podcast didattico che sarà
intitolato “La voce di Calliope” che ad ora è aperto solo in prova con diverso titolo16.
Una è “Religione 2.0”, l’altra “La scuola che funziona”.
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 10
14 Il sito ufficiale è http://www.ning.com/.
15 Dal sito http://it.wikipedia.org/wiki/Ning, consultato ad ottobre ʼ09.
16 Lʼindirizzo web è per ora http://framapaopodcast.ning.com.
Figura 2 Ecco come si presentano le azioni di
attività della pagina personale allʼinterno di Ning
✓ Religione 2.017
È una comunità di pratica, fondatore l’ins. Luca Paolini, su una disciplina specifica,
in alcuni casi controversa, che sente il bisogno di un confronto su tematiche
strettamente correlate alla specificità didattica e contemporaneamente all’aspetto
giuridico e all’attualità della disciplina.
I suoi membri sono suddivisi per grado di scuola e per Diocesi di appartenenza, dato
il loro essere insegnanti a questo doppio legame tra Stato e Diocesi di appartenenza
(con qualche confusione a volte fra Ufficio scolastico di appartenenza e Diocesi che
non ricade nello stesso territorio).
Credo di poter affermare che, a parte alcune discussioni troppo incentrate su
specifiche problematiche ecclesiali, ci sia un buon apporto tra i membri che tende a
favorire la costruzione collaborativa di conoscenza e lo scambio cooperativo nello
specifico didattico della disciplina e nel suo aspetto sociale e religioso.
Vi è un altro elemento fondamentale, l’attenzione alla didattica applicata alle TIC e
al web 2.0 nello specifico con un aumento dell’expertise, in questa direzione, molto
valido ed avanzato tanto da progettare un ircamp, sullo stile dei barcamp18, in
presenza per aumentare la coesione e cooperazione tra i membri.
✓La scuola che funziona19
Già il titolo ci dà l’idea della chiara identità data dal fondatore, l’ins. Gianni
Marconato, a questa CdP. Raccoglie insegnanti, ma anche altri professionisti, che non
si accontentano dei luoghi comuni che da un pò di anni a questa parte coinvolgono
l’opinione sulla scuola pubblica, ma ancor più che non si accontentano, per un loro
forte impegno quotidiano nella ricerca del miglior approccio didattico con e senza
TIC.
Maggiormente “con” le TIC perchè si insegna ai nativi digitali ma sicuramente
mettendo sempre alla base la motivazione didattica, che spinge all’innovazione, alla
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 11
17 Sito web http://ircduepuntozero.ning.com/, consultato a settembre ʼ09.
18 BarCamp è una rete internazionale di non conferenze aperte i cui contenuti sono proposti dai partecipanti stessi.
19 Sito web http://lascuolachefunziona.ning.com/, consultato ad ottobre ʼ09.
ricerca del miglior approccio in relazione al “Giovannino” che ho davanti20.
A differenza di religione 2.0, la scuola che funziona non si concentra su una
disciplina o aspetto specifico ma raccoglie insegnanti di vari ordini di scuole e
diverse discipline concentrandosi in particolar modo sul rapporto trittico fra didattica/
innovazione/tic.
Cerca di avere una visione a tutto campo del mondo scuola e delle sue
problematiche. Come nel primo ogni membro può aprire nuove discussioni, che
danno vita ad altrettanti forum, aggiungere post, aggiungere eventi, inviare messaggi,
personalizzare la propria pagina, il proprio blog interno, e il fondatore può decidere
se gli aderenti possono aprire dei sottogruppi.
È il sottotitolo che dichiara palesemente gli intenti cioè “Pratiche di insegnanti che
migliorano la scuola italiana”, le buone pratiche affrontate e fondate nell’ottica della
costruzione collaborativa di conoscenza e dello scambio cooperativo già descritto.
Non è una dichiarazione fondata sul vanto ma su oggettivo interesse e su una base di
expertise non indifferente di anni e di continui aggiornamenti. È non solo una
dichiarazione di intenti ma un’affermazione basata sulla realtà.
Non è certo l’unico modo, ve ne sono altri, di cui alcuni già citati come maestro
Alberto21 con blog targati web 2.0 e segnalazione continua di tool web 2.0 o di
maestro Roberto22 che punta sia su contenuti didattici sia su software didattico free.
Naturalmente sono molto completi entrambi, qui ho solo descritto la loro specificità.
Diversa è la scelta e la funzionalità ed è questa la forza del web 2.0, siti e blog aperti
ed interattivi sono indirizzati ad un pubblico più ampio di cui la maggioranza fruisce
diciamo “in modalità download”, con attività limitate alla comunicazione ai
commenti e confronto. La piattaforma o il social network invece hanno un target più
limitato e ciascuno partecipa sia in modalità “upload” sia “download”.
Entrambe sono in pieno percorso costruttivista del web 2.0.
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 12
20 Da un vecchio detto “Se vuoi insegnare il latino devi conoscere Giovannino”.
21 Sito e blog dellʼins. Alberto Piccini, http://www.albertopiccini.it/, consultato a settembre ʼ09.
22 Sito e blog dellʼins. Roberto Sconicchini, http://www.robertosconocchini.it/, consultato ad ottobre ʼ09.
✓L’intervista
Premesso che ho contattato tutti gli autori di blog, siti e social network citati da cui
ho ricevuto l’autorizzazione ad inserirli in questo testo, tutti mi hanno risposto con
disponibilità e spirito di collaborazione per cui di questo li ringrazio23, ho anche
effettuato ai creatori dei due social network appena citati un’intervista. Pongo qui
l’intervista con una sintesi delle risposte:
1) Perchè creare un social network e impostarlo sullo stile della CdP?
2) Da quanto tempo è aperto il tuo social network, come è l’andamento dei membri, come giudichi la loro partecipazione?
3) Ha favorito la costruzione collaborativa di conoscenza e lo scambio cooperativo all’interno del gruppo dei partecipanti?
4) Vi è spazio all’innovazione e alla sperimentazione?
Ecco le risposte.
Luca Paolini, fondatore di IRC 2.0 (IRC sta per Insegnamento Religione Cattolica)
ha così risposto alle domande poste sopra.
1.Irc 2.0 nasce come un vero e proprio Social Network, al pari di Facebook e
Twitter ma dedicato agli insegnanti di religione che vogliono utilizzare i nuovi media
nella loro didattica. Si appoggia alla piattaforma Ning (molto diffusa nel mondo
anglosassone). Come tutti i SN la prerogativa di Irc 2,0 è quella di connettere i suoi
membri ed offrire loro una serie di strumenti utili per la comunicazione,24.... Irc 2.0 è
dunque una comunità di pratica de facto, perché forse a differenza dei social network
più diffusi, i suoi membri hanno in comune un unico obiettivo, migliorare la loro
prassi didattica attraverso la socializzazione di esperienze, materiali ecc…
2.Il SN è aperto da un anno, esattamente dal dicembre 2008. Il numero dei membri è
andato sempre crescendo anche se la partecipazione è saltuaria come era prevedibile.
Alcuni membri si sono iscritti e non sono più tornati, altri tornano di quando in
quando, altri ancora sono assidui e quotidianamente intervengono, inseriscono
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 13
23 Da queste richieste alcuni mi hanno inserito fra i loro contatti, chiaramente accettati, fra i vari tool social dichiarando il proprio interesse nel proseguire confronto e collaborazione con i mezzi del web 2.0.
24 Ho eliminato lʼelenco dei tool perchè già considerati, ivi pag. 10.
materiali, dialogano tra loro. Per alcuni Irc 2.0 è un luogo dove segnalare iniziative
personali, siti, blog, eventi ecc… Ne sfruttano dunque le potenzialità senza però
instaurare un vero e proprio dialogo con i partecipanti. Insieme all’esperienza del SN,
proprio per favorire l’aggregazione intorno a questo progetto, è nata l’idea di creare
momenti reali di incontro, come l’Ircamp (Barcamp per irc), in cui membri
intervengono per portare il loro contributo “de visu”.
3.Sicuramente, specialmente per la scuola primaria e dell’infanzia ha favorito un
consistente scambio di materiali, la creazione collaborativa di prodotti cartacei e
multimediali. Ma anche il sostegno a problematiche di tipo legale, didattico,
scolastico inteso come il rapporto con altri colleghi di altre discipline e con i dirigenti
scolastici. Insomma una piazza virtuale dove incontrarsi e discutere su tutto ciò che
gira intorno al mondo irc. Alcuni membri sono partiti da Irc 2.0 per approdare poi alla
creazione di un loro blog in cui esprimere al meglio la propria personalità, i propri
interessi, il proprio modo di fare didattica.
4.Ogni membro è libero di creare gruppi all’interno del SN in cui sperimentare e
innovare. Non ci sono però al momento, né da parte mia, né da parte di altri, progetti
e idee comuni da portare avanti in modo sperimentale e con il monitoraggio
collaborativo. Ci sono piuttosto idee e materiali sparsi che vengono sperimentati nella
didattica quotidiana.
Gianni Marconato fondatore di La scuola che funziona ha così risposto alle
medesime domande.
1. La scuola che funziona nasce come un Social Network specifico per insegnanti,
una comunità di pratica con un intento dichiarato sia nel sottotitolo che nella testata
introduttiva che recita testualmente: “Perchè un "nuovo" ambiente on-line sulla
scuola con tutti quelli che già ci sono? Perchè questa è una iniziativa non
"istituzionale" ma "di chi la scuola la fa per davvero". Per il piacere e l'orgoglio di
fare buona scuola. Senza essere la foglia di fico di nessuno.”. Esperienze di
miglioramento dell'insegnamento e dell'apprendimento. Condivisione di esperienze e
di risorse. Confronto su temi critici.. Si appoggia alla piattaforma Ning... .
2. Il SN aperto in primavera, è rimasto inattivo per vari motivi poi concretamente ha Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 14
ripreso le attività a metà settembre ‘09. Il numero dei membri è cresciuto molto in
fretta, in meno di due mesi si è superato il centinaio di persone. La partecipazione,
come in gran parte dei social network, si differenzia essendoci persone più attive, con
una frequenza quasi quotidiana, altre che partecipano sempre costantemente ma in
modo meno attivo, altri ancora in modo più saltuario. L'idea è: valorizzare, fuori dalle
sedi istituzionali, il lavoro di tanti bravi insegnanti che fanno funzionare la scuola
italiana a dispetto del disinteresse politico. O, nonostante l'ostilità di tanti politici
"contemporanei" alla scuola pubblica. Vorrei, quindi, dare un compito molto concreto
a questo ambiente che si articola in due mosse: 1). raccogliere, anche in forma di link,
quante più possibili pratiche di buona scuola, 2) far conoscere il più possibile questo
ambiente insistendo sullo slogan "La scuola che funziona" per una operazione
politica (nel senso alto del termine) di valorizzazione di tanto lavoro oscuro
3.Sicuramente, come detto al punto 1 della precedente risposta l’intento è quello
della massima diffusione di chi lavorando in un sistema chiamato scuola, istituzione
pubblica, non ci metta solo la buona volontà ma anche la propria capacità di ripensare
criticamente, condividendolo, il proprio percorso metodologico didattico attraverso
questo mezzo che facilita un confronto solo qualche anno fa sicuramente più difficile.
Questo lo si evince anche dalle varie tipologie di discussione impostate nel forum.
Per cui sono convinto che favorisca sempre la costruzione collaborativa di
conoscenza.
4. Questo avviene attraverso segnalazioni di risorse online e di scambio sul loro
possibile utilizzo nella didattica, nella sezione eventi, che riguardano convegni,
incontri di formazione, corsi di formazione, ecc, infine e nello specifico nella sezione
Pratiche di innovazione. Questa sezione è specifica per la conoscenza e per il
confronto su tematiche che coinvolgono l’innovazione nella didattica sia dal punto di
vista delle ITC sia dal punto di vista prettamente didattico.
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 15
3. Piattaforme e siti, aperti e chiusi
Nelle comunità via web, abbiamo detto, tutti i partecipanti devono avere pari diritti,
tutte le opinioni rispettate e dev’essere lasciato spazio ad innovazione e imprevisti.
Le comunità sono uno dei pilastri della rete web perchè piano piano portano a
scoprire quali sono i valori importanti in esse, il dialogo, lo scambio, l’interattività.
Concetti espressi con un linguaggio semplice ed efficace da Giancarlo Livraghi nel
suo testo “L’umanità di internet”25 che nella sua tesi concorda con Wenger sulla “non
virtualità” delle CdP giungendo a dire che parole come ciberspazio, virtuale e
multimediale sono da abolire dal linguaggio riguardante il web perchè non
corrispondono e non spiegano tale realtà.
Cosa indichi la parola sito internet, quasi sempre abbreviata in sito, è ormai noto a
tutti. È un insieme di pagine web correlate, ovvero una struttura ipertestuale di
documenti accessibili con un browser tramite World Wide Web su rete internet26.
Non ci occupiamo delle diverse possibili categorie di siti ma solo, in breve, di due
tipologie: chiusi o statici, aperti o dinamici.
Sono innumerevoli ormai siti che si occupano di didattica, sono sia siti classici che
chiameremo chiusi o statici27 , nel senso che l’utente finale28 può accedervi in
modalità lettura ed eventualmente scaricando testi o software didattico. tali siti
vengono aggiornati una tantum da una o più persone.
I siti aperti o dinamici sono invece siti ad alta interazione in cui l’utente finale in
qualche modo partecipa più o meno attivamente, in modo simile succede anche per i
blog (come abbiamo visto), inviando mail, commenti e anche modificando il
contenuto con proprie pubblicazioni col sistema di editor grafici (già descritti per i
blog nel cap. 3).
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 16
25 G. Livraghi, Lʼumanità di internet, Hops 2001. Il testo è comunque reperibile completamente sul web allʼindirizzo http://www.gandalf.it/uman/index.htm, consultato a settembre ʼ09. Consigliata la lettura a chi pone lʼaccento sul significato di mondo virtuale, come esclusione dalla realtà, a cui indirizzerebbe il web.
26 Da Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Sito_web,consultata a settembre ʻ09.
27 Statici o dinamici è la terminologia usata ufficialmente, ho aggiunto chiusi o aperti per rendere più evidente anche la diversa ricaduta didattica.
28 Sia docente o discente.
Digitando “siti didattici” con qualsiasi motore di ricerca avremo un lungo elenco
anche se solo alcuni ricorrono sempre e questo, abbiamo visto, è indice di buon
posizionamento nel motore di ricerca e quindi anche di qualità (non per il numero di
visite in sé ma per la citazione in altri siti e blog che ne confermano la qualità,
passaparola....).
Imbarazzo della scelta all’inizio ma poi si affina la ricerca si salva sui preferiti quelli
scelti per contenuto, qualità ed interesse ed è facilissimo ritornare alle consultazioni.
Anche in questo campo ne nascono sempre di nuovi e sempre con maggior attenzione
al paradigma del web 2.0. Non ci soffermeremo quindi sui siti, anche chi è ancora
legato a carta e penna non ha comunque problemi di “navigare un sito”, analizzeremo
in breve, invece, il tema delle piattaforme nate per l’e-learning e quali di queste
possono essere “sfruttate” a livello didattico.
Da tenere presente che vengono in aiuto anche diversi portali29 in cui vengono
immessi i link dei siti didattici suddivisi per grado di scuola e discipline.
Per piattaforma e-learning30, d’ora in poi solo piattaforma, si intende un sistema che
permette di implementare, cioè rendere operante, strutturare e gestire delle attività
formative nel web.
Le principali funzionalità che deve avere una piattaforma sono essenzialmente tre:
a.gestione degli utenti;
b.gestione dei contenuti;
c.amministrazione del processo di formazione.
La piattaforma oggi può usufruire di alcune tipologie di sistemi software di gestione
dei contenuti, essi sono il CMS (content management system), il LMS ( learning
management system) e infine il LCMS (learning content management system)31.
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 17
29 Per portale web si intende un sito che si propone di essere una porta per siti tematici, un esempio per la scuola primaria http://www.atuttascuola.it/materiale/scuole_elementari/portali_didattici_per_scuole_ele.htm, consultato ad ottobre ʼ09.
30 Per approfondimento si può consultare il Vademecum del CNIPA oppure il sito http://www.tecnoteca.it/tesi/e_learning/strumentiedambientiasostegno/infrastrutturatecnologica, consultato ad ottobre ʼ09.
31 Rimando a Wikipedia e siti specializzati o forum, anche in italiano, per un primo approccio documentale su questi sistemi.
L’architettura delle piattaforme così strutturate si presentano come un insieme di
moduli di apprendimento32 tra loro connessi, la modularità dà così buone garanzia di
flessibilità e non obsolescenza per i continui aggiornamenti che rispondono alle
esigenze degli utenti.
I motivi che spingono l’amministratore di piattaforma a sceglierne un tipo piuttosto
che un altro sono dettati dai modelli formativi, che sono sostanzialmente tre: in
autoistruzione, collaborativo e laboratoriale. La scelta inoltre è basata sul tipo di
strumenti corrispondenti al modello con i requisiti di qualità funzionali, di supporto e
amministrazione dei vari corsi.
Esistono poi i tool d’interazione che già conosciamo come chat, videochat, forum,
bacheca e file sharing33.
Ultima cosa da tenere presente e che, laddove risulta possibile, attualmente si cerca
spesso di organizzare corsi di tipo “blended” cioè corsi che pur online abbiano
almeno un incontro iniziale, uno in itinere ed uno finale in presenza.
I tipi di piattaforma web che si conoscono sono molti ma si ribadisce sempre che la scelta fa fatta in base alle necessità didattiche ed alle risorse economiche tenendo presente che molte risorse sono completamente open. Sulla home page di una piattaforma scolastica di un istituto tecnico superiore si può leggere la scelta ben esplicita:
“Le ragioni di una scelta. Esistono diverse piattaforme open source per la gestione di corsi on line, ma Moodle offre il vantaggio di favorire una didattica costruttivista.”34
Ecco alcuni tipi di piattaforma commerciali:
Saba Learning Enterprise, Lotus Learning Space, WebCT Campus Edition, Docent
Enterprise, Click2learn Aspen35.
Quelli open source più conosciute invece sono:
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 18
32 Tra cui anche quella del nostro corso SDEFAD sito http://sdefol.uniroma3.it/.
33 Per file sharing sʼintende la possibilità data ai corsisti di condividere file e materiali documentali attraverso le azioni di upload e download.
34 I.I.S. Alaimo, Lentini, (Sr); indirizzo internet http://lnx.itcwelcome.it/moodle/, consultato a settembre ʼ09.
35 Come sempre elenco non esaustivo delle principali piattaforme di -e-learning commerciali, i siti si trovano facilmente digitando il nome con un motore di ricerca, aggiungendo se necessario e-learning.
Moodle, Docebo/Spaghetti learning, ADA, Dokeos/Claroline, Movable Type.
Tra queste le più utilizzate sono probabilmente Docebo e Moodle, per questo
inseriamo una brevissima presentazione delle loro caratteristiche.
✓Docebo36
È creato e sviluppato integralmente dal team interno della società Docebo. Il
successo di Docebo è attribuibile anche alla sua “universalità” che dà la possibilità di
personalizzare il modello didattico alle esigenze dei referenti e permette ad una
piattaforma evoluta e flessibile, ma soprattutto semplice, di essere configurabile per
diversi ambienti: dalle aziende, all’università a pubblici uffici, alla scuola. Il software
è facilmente configurabile e gestibile.
Docebo è un'azienda italiana che fa capo ad un network internazionale composto da
docenti universitari e consulenti informatici. La piattaforma, chiamata inizialmente
Spaghetti learning per sottolinearne il carattere e il know-how completamente italiani
(dal 2004 la piattaforma si chiama Docebo), è considerato uno dei migliori LMS open
source a livello mondiale.
✓Moodle37
È un Content Managment System chiamato anche “Course Management System”,
progettata per aiutare insegnanti ed educatori a creare e gestire corsi on-line con
ampie possibilità di interazione tra studente e docente. È scritto in PHP. La sua
licenza libera e la sua progettazione modulare consentono alla comunità di sviluppare
di continuo funzionalità aggiuntive. È forse la più usata (cfr. nota n° 33) adatta
all’operatività della didattica costruttivista.
Le funzionalità di Moodle spaziano dalla creazione e all'organizzazione di corsi e
lezioni on-line a strumenti per la comunità, come: forum, gestione dei contenuti, quiz,
blog, wiki, chat, glossari. Moodle è progettato in modo modulare e per questo è
possibile ad esempio il supporto di più lingue o l'installazione di temi grafici diversi
da quello predefinito.
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 19
36 Indirizzo web http://www.docebo.org/doceboCms/, consultato ad ottobre ʼ09.
37 Indirizzo web http://moodle.org/?lang=it_utf8, consultato ad ottobre ʼ09.
Esistono poi molti tipi di CMS di personal publishing, simili alla piattaforma ma che
non consentono l’implementazione di un corso pur avendo un’interattività molto alta,
tra questi ricordo wordpress, già indicata, e joomla38 che è definita dagli sviluppatori
un progetto e non un prodotto.
Aggiungo qui Google group39. Non una vera
piattaforma ma uno spazio online disponibile
gratuitamente per chi possiede un account, o si accredita. Tale spazio permette di
aggregarsi a gruppi già esistenti o di crearne di propri scegliendo a priori il tipo di
categoria fra quelle indicate (esiste la categoria scuola/università) per dichiarare di
cosa si occupa il nostro gruppo e facilitarne la ricerca (in pratica è un primo
metadato).
Facile da fare ed esplicativa la schermata iniziale per ciò che si può fare. Utile per
portare avanti un progetto o una programmazione didattica condivisa di team di
interclasse o d’istituto. Può divenire un repository di materiale documentale, sapendo
che vengono tracciati i vari interventi sul singolo documento di cui si può così avere
una case story dalla prima bozza alla stesura finale del lavoro collaborativo.
In breve questa descrizione dà un’idea di piattaforma e spazi online similari, ora
altrettanto brevemente vedremo alcune diverse tipologie di utilizzo didattico di
piattaforme che partono da situazioni istituzionali e non, da singole iniziative di
docenti, avendo sempre come prerogativa la partecipazione dei docenti e
l’innovamento della didattica.
Tra questi @pprendere digitale, @pprendere in rete Microsoft, eTwinning,
Think.com.
Figura 3: la presentazione e le azioni per iniziare lʼattività di creazione di
un gruppo con google group
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 20
38 Sito http://www.joomla.it/presentazione-joomla.html, consultato a settembre ʼ09.
39 Indirizzo web http://groups.google.it/.
✓@pprendere digitale40
È un progetto partito nel 2005 sviluppato dal MIUR-DGSI in collaborazione con
altri enti statali e regionali e collaborazione dell’AIE41, si prefiggeva di:
“... sperimentare un ambiente di apprendimento on line e contenuti digitali a supporto della didattica tradizionale nelle classi prime della Scuola secondaria di primo grado, per le discipline di italiano (competenze linguistiche) matematica e scienze, al fine di favorire l’ingresso dell’innovazione nei processi di insegnamento-apprendimento e di realizzare un’esperienza guida nell’introduzione delle TIC..”.
Tale ambiente è ospitato sulla piattaforma Puntoedu Apprendere digitale42 Obiettivi
dichiarati del progetto sono l’integrazione della didattica e lo studio fra medium
cartaceo e contenuti digitali come i learning object, realizzare dei percorsi didattici
per alcune discipline come matematica, scienze e italiano, offrire una formazione ai
docenti coinvolti per portarli ad integrare nella didattica quotidiana l’utilizzo dei vari
medium.
Favorire inoltre l’interazione e la cooperazione fra studenti, realizzare una
community fra le scuole partecipanti (circa 150 classi), diffondere le TIC e
personalizzare il percorso educativo degli studenti e le competenze dei docenti.
Diverse le linee guida ma particolare rilevanza è data alla pluralità dei modelli
didattici, all’importanza dei gruppi ai fini dell’apprendimento e la condivisione del
processo educativo. L’applicazione dei contenuti al processo avviene attraverso i
learning object43.
L’ultimo aggiornamento sul sito dell’innovazione tecnologica del MIUR risulta
essere però del 2006.
✓@pprendere in rete44
Apprendere in rete è un servizio offerto dalla Microsoft per tutti i docenti e studenti
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 21
40 I n d i r i z z o w e b h t t p : / / w w w . p u b b l i c a . i s t r u z i o n e . i t / i n n o v a z i o n e / p r o g e t t i /prot3533_05apprendere_digitale.shtml ,consultato a ottobre ʼ09.
41 AIE: Associazione italiana editori, http://www.aie.it/.
42 Indirizzo web http://puntoeduft.indire.it/digitaleins/index.php. Consultato ad ottobre ʼ09.
43 Di cui darò conto nel paragrafo seguente.
44 Sito web http://www.apprendereinrete.it/default.aspx, consultato a settembre ʼ09.
(una parte più limitata) che desiderano iscriversi. Per accedervi e registrarsi bisogna
avere un account di windows live (quello di messenger per intenderci) poi si entra a
far parte della community.
Nella home page vi è chiara la dichiarazione di intenti sintetizzabile in quattro punti
che sono: il valore di appartenere ad un gruppo, la classe virtuale e non solo frontale,
strumenti tecnologici a disposizione, piattaforma wiki.
Vi è certo un occhio di riguardo a strumenti targati microsoft, con lezioni online per
approfondirne l’uso, ma senza trascurare l’apertura come il
wiki. Dopo il login si presenta la home con a destra una
colonna di azioni possibili molto semplice, come si evince
dalla figura. Le attività principali sono tre, sempre sullo spirito
di buone pratiche e collaborazione, inoltre ci si può iscrivere al
gruppo autori per pubblicare e condividere (poi scaricabili da
chi fa parte della community) lavori che si ritengono
significativi e partecipare al concorso “Docente dell'anno”, l'iniziativa di Apprendere
in rete promossa in collaborazione con ANP45 per proposte innovative attuate anche
in via sperimentale.
✓eTwinning46
Abbiamo già parlato di eTwinning nel precedente capitolo qui includiamo questo
spazio, in ambito indire per l’Italia, come piattaforma pensata ed utilizzata con un
obiettivo specifico, la ricerca di scuole partner di altri stati europei per attuare un
gemellaggio tramite un progetto comune e scegliendo una lingua tra quelle
comunitarie. Tra i fondatori si annovera Santi Scimeca che continua a contribuire al
miglioramento del portale, alle sue attività oltre a Spring Day for Europe e altre
attività della comunità europea47.
È stato rinnovato da poco (settembre 2009) il desktop per avvicinarlo alla tipologia
web 2.0 ma senza allontanarsi dall’intento preciso di diffondere una conoscenza
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 22
45 ANP: Associazione Nazionale Presidi.
46 Sito web http://etwinning.indire.it/, consultato a ottobre ʼ09.
47 Sito web http://www.springday2009.net/ww/en/pub/spring2009/homepage.htm consultato a ottobre ʼ09.
reciproca di alunni di varie nazioni europee attraverso il gemellaggio elettronico
senza escludere altre possibilità (da qui può nascere anche l’idea del progetto
Comenius).
Cliccando su “inizia da qui” della home page si aprirà una pagina con tre sezioni,
webzine, insegnanti, regioni. Ognuna dà ampia spiegazione, con PDF scaricabili, di
ciò che si può fare per scoprire eTwinning. Inoltre poco più sotto vi sono altri tre
elementi (1,2,3) in ordine: virtual tour in eTwinning, registrazione e attivazione di un
progetto.
Percorso esplicativo e completo. Per accedervi è necessario avere l’account di posta
elettronica con ...@istruzione. Rimando al cap 3 per dettagli già esplicati, una volta
all’interno. L’iniziativa è nata a Bruxelles qualche anno fa, ha ora molte scuole
aderenti e proponendo la propria idea (il consiglio è di inserirla se non in inglese
perlomeno in spagnolo o francese per avere più chance sulla sua lettura) troverete
senz’altro altre scuole di diversi paesi con cui costruire e condividere un bel percorso.
Ogni paese europeo ha un suo responsabile che vaglia e da l’ok al progetto che se,
portato avanti, ottiene un riconoscimento chiamato “label europeo” per classi ed
insegnanti partecipanti.
✓Think.com48
Think.com fa ora parte di ThinkQuest, una piattaforma di apprendimento in cui
insegnanti e studenti creano progetti didattici, partecipano a un concorso per la
creazione di siti Web e sfogliano una libreria di progetti degli studenti stessi. È un
ambiente protetto e gratuito della Oracle Education Foundation che offre alle scuole
materne, elementari e medie un ambiente sicuro completamente gratuito. ThinkQuest
è una comunità protetta da password, controllata dagli insegnanti e non prevede la
presenza di materiale pubblicitario.
In questo caso l’iscrizione non è personale ma dell’Istituto scolastico di
appartenenza, bisogna compilare un form che va completato con l’approvazione del
dirigente scolastico con tutti i dati e dev’essere nominato un insegnante referente che
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 23
48 Sito web http://www.thinkquest.org/it/, consultato ad ottobre ʼ09.
per la Oracle diventa Amministratore Think.com e che avrà tra i suoi compiti
l’impostazione della scuola, la gestione del contenuto inserito dalla scuola, la
gestione degli account sia degli altri insegnanti sia degli studenti49, infine dare
supporto di base agli utenti.
La scuola sigla un accordo con i termini di utilizzo e compila un modello di
proposta di partecipazione, infine i genitori devono firmare un modulo di consenso.
Forse un pò macchinoso ma viene messa in primo piano la sicurezza. Il principio
qui non è solo quello della condivisione delle buone pratiche da parte degli insegnanti
ma di uno scambio attivo anche per i discenti.
✓Learning design
Avere dei contenitori significa anche pensare a come progettare il contenuto ed il
processo del contenuto tenendo presente il principio della riusabilità, altrimenti
sarebbe come usare carta e penna in modo più sofisticato ma anche più faticoso. Per
Learning Design, LD, s’intende quindi il modo d’impostare un’attività didattica
online. Il requisito principale per lo sviluppo di una specifica LD è quello di fornire
una cornice dentro cui usare e integrare le specifiche esistenti e che possa
rappresentare in modo formale il processo di insegnamento/apprendimento in una
UOL50, sulla base di diversi modelli pedagogici, inclusi i più avanzati.
Una specifica UOL deve soddisfare i seguenti requisiti:
• Completezza, Espressività pedagogica, Personalizzazione, Compatibilità,
Riusabilità, Formalizzazione, Riproducibilità.
Discorso complesso e specifico ancora poco affrontato dai docenti anche perchè a
livello professionale riguarda figure diverse, comunque un lesson plan in ogni scuola
aiuterebbe ad avere un andamento meno “singhiozzante” anche di fronte ad
imprevisti.
Qui naturalmente si parla, letteralmente, di disegno didattico come definizione della
struttura didattica, l’applicazione di un modello pedagogico che specifica come
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 24
49 Un lavoro che aumenta in proporzione al numero di docenti e alunni iscritti.
50 Unit Of Learning.
insegnare e come apprendere per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Anche per questo esistono applicativi, e si discute sugli standard, tra cui alcuni si
stanno diffondendo come Reload51 e LAMS52. Questi tool hanno oggi lo standard
SCORM53 che è in pratica una raccolta di specifiche tecniche che consente lo
scambio di contenuti digitali indipendentemente dalla piattaforma utilizzata.
Il primo è essenziale in quanto a tool ed obbliga a pensare al disegno didattico quasi
in modo puro, il secondo ha un interfaccia più familiare ma che comunque impegna a
pensare al disegno didattico da dare all’unità di apprendimento che si sta costruendo.
Per Lams è nata pure una community italiana54, fatta di docenti, che si sta
impegnando nella traduzione e nella costruzione di tutorial esplicativi.
Lavorare con tool di LD significa attuare della UOL con una descrizione narrativa,
una descrizione dettagliata dell’attività e strutturare le attività che dovrà fare l’alunno.
È un esercizio di riflessione critica che risulta utile per un’impostazione didattica
complessiva oltre al fatto di attuare percorsi da inserire in piattaforma (ci dev’essere
compatibilità).
Piccolo consiglio se si fosse attirati dalla sperimentazione di uno di questi tool
partite da un progetto già attuato e provate a ricostruirlo col suo design.
Progettare un corso e-learning non è impresa semplice ci vuole un insieme di figure
o di persone con un minimo di esperienza ed accortezza, ciò che è certo è che le
scuole, da sole o in rete, devono assolutamente predisporsi ad accogliere tale
struttura/percorso in un futuro più vicino che prossimo.
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 25
51 Indirizzo web http://www.reload.ac.uk/, consultato a ottobre ʼ09.
52 Indirizzo web http://www.lamsinternational.com/, oppure http://www.lamsfoundation.org/ consultati ad ottobre ʼ09.
53 SCORM: "Shareable Content Object Reference Model" (Modello di Riferimento per gli Oggetti di Contenuto Condivisibili), da wikipedia.
54 Sito http://www.lamscommunity.org/register/?return_url=%2fdotlrn%2findex poi cliccare in fondo su Lams in italian, consultato a ottobre ʼ09.
4. Learning Object
« Un learning object è ogni risorsa digitale che può essere riutilizzata per supportare l’apprendimento. » (D. A. Wiley)
I learning object, acronimo LO, possono essere considerati degli oggetti digitali e
non (anche se per qualche autore solo digitali) che perseguono un obiettivo formativo
specifico. Essi possono essere utilizzabili sia da docenti che da alunni in modo
indipendente senza bisogno di seguire una sequenza predefinita.
Il LO è una unità di istruzione riutilizzabile, inoltre costituiscono particolari tipi di
risorse di apprendimento autoconsistenti che rappresentano un’unità minima
costituita da asset, cioè elementi minimi come una breve pagina di testo,
un’immagine, un video, dei test, ecc. Tale unità minima dev’essere dotata di
modularità, reperibilità, riusabilità e interoperabilità, che ne consente la possibilità di
impiego in contesti diversi.
Per l’uso in contesti diversi sono necessari alcuni accorgimenti che si chiamano
rispetto di standard, già citati, come LMS per farli funzionare su diverse piattaforme
e SCORM che dà le regole di impacchettamento e d’ordine di fruizione dei singoli
LO. Per costruire un LO si parte da uno storyboard55 che in genere varia a seconda
del grado di scuola e della disciplina a cui è indirizzato rimanendo uguale o simile
per tutti i LO della disciplina per lo stesso grado di scuola. Lo storyboard può essere
inserito in un scenario reso graficamente per rendere l’ambiente familiare.
Sviluppa un argomento che si conclude con esso attraverso un obiettivo preciso,
degli esercizi di rinforzo e un feedback.
Il valore aggiunto di un LO risiede nella funzione di supportare, facilitare e favorire
la comprensione profonda, l’apprendimento significativo e lo sviluppo di abilità e
competenze. Vi è qui il problema della cornice pedagogico/didattica di riferimento
dove il singolo, o serie, LO assume significato e si configura come strumento e mezzo
di raggiungimento di un chiaro obiettivo formativo. Se come abbiamo visto i LO
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 26
55 In questo caso per storyboard si intende una visualizzazione su carta dello sviluppo del LO.
offrono vantaggi dal punto di vista pratico come riusabilità, flessibilità e risparmio di
tempo che lo renderanno un vero strumento didattico, ancora una volta il docente con
la sua progettualità rimane l’insostituibile registra del processo formativo pur facendo
diminuire come tempo e centralità la lezione frontale.
Rimane un dato di fatto, composto di struttura e mentalità, che risulta radicato nei
vari istituti scolastici e necessita di essere riformulato per una didattica
complessivamente diversa dall’attuale, sono i laboratori di informatica centralizzati.
Sia come struttura che come mentalità devono essere decentralizzati. Le tecnologie
si devono trovare in ogni aula insieme alla lavagna, ai libri, ai quaderni (vedere un
setting di aula di un qualsiasi paese europeo), ai gessi...
Così i discenti vivranno con i LO un’esperienza didattica diversa e aggiuntiva e,
qualsiasi lezione frontale o meno, diverrebbe quell’unità completa e complessa che
giunge più facilmente all’apprendimento significativo e complesso che necessita
oggi. Una decina di anni fa V. Midoro, ricercatore del CNR presso l’ITD di Genova,
aveva rilasciato un’intervista su queste tematiche intitolata “A scuola con il computer
nell’astuccio”, forse oggi siamo finalmente vicini a tale ipotesi56 .
Esempi se ne possono fare tanti ma se una qualsiasi lezione di geografia, su regione
o nazione, frontale con i libri di testo fosse supportata contestualmente con un LO
che ingloba Google Earth e fatto vedere col videoproiettore collegato ad leggero
netbook oppure sulla LIM e non con un “pellegrinaggio” all’aula informatica
sperando sia libera e soprattutto funzionante, avrebbe tutt’altre ricadute.
Oppure decide voi! Una visita virtuale a uno dei più famosi musei del mondo perchè
entra contestualmente nel periodo storico e in un’opera che fa parte dell’unità
didattica. Ciò è possibile solo se si capisce che lavagna elettronica e netbook, leggeri
e sempre meno costosi, collegati ad internet sono contestuali al processo della
didattica costruttivista dentro l’aula per un apporto significativo e non da orpello
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 27
56 Lʼintervista sul sito http://www.mediamente.rai.it/biblioteca/biblio.asp?id=230&tab=bio, visto a ottobre ʼ09.
delle TIC non più NTIC.
Rimane solo da aggiungere una cosa e cioè dove si trovano i LO, per ora oggetti
misteriosi per la stragrande maggioranza di noi insegnanti. Molti si trovano in
repository in rete e sono facilmente reperibili per tipologia se nella loro costruzione si
sono rispettati gli standard inserendo anche i metadati, infatti qualcuno li chiama
anche LOM cioè Learning Object Metadata.
In Italia se ne sono occupati sin’ora Puntoedu di Indire prima col progetto
@pprendere digitale ora con Digiscuola57, alcuni IPRASE58 provinciali (per esempio
quello di Trento59), l’Università di Trieste60, l’Università della Tuscia61 attraverso un
master di e-learning, e in ultimo un catalogo completo in Innovascuola62 progetto al
secondo anno di attività che ha distribuito un buon numero di lavagne elettroniche a
diverse scuole ed ora sta arricchendo il catalogo di LO.
Per quanto riguarda enti pubblici. Enel energia63 (con LO specifici sull’energia e i
suoi cambiamenti nel tempo) e in modo specifico e didattico la Garamond64 casa
editrice didattica multimediale, Erickson65 e pochi altri tra cui alcuni docenti. Elenco,
come sempre, non esaustivo poichè è un campo in fervente evoluzione. Cliccando
sugli indirizzi messi in nota si apriranno delle demo da visionare per comprendere
meglio cosa sia un LO. Anche lo scrivente è stato chiamato, per conto del progetto
Innovascuola, a produrre alcuni LO di storia e geografia per la scuola primaria.
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 28
57 http://puntoeduri.indire.it/digiscuola/offerta_lo/lo/164/ ,uno dei tanti esempi, visitato a ottobre ʼ09.
58 IPRASE: Istituto Provinciale di Ricerca Aggiornamento Sperimentazione Educativi.
59 http://www.iprase.tn.it/prodotti/software_didattico/giochi/italiano/gioco.asp?id=890, visitato a ottobre ʼ09.
60 http://www2.units.it/~nirital/texel/studit/wbhome.htm, visitato a ottobre ʼ09.
61 http://webdev2.caspur.it/masterunitus/index.php?pagina=13, consultato a ottobre ʼ09; lʼUnituscia nel suo Master in e-learning aderisce al movimento internazionale Open Access, cioè libera circolazione del sapere e delle conoscenze come valore essenziale per una società avanzata.
62 http://www.innovascuola.gov.it/,cliccare poi su ordine di scuola e tipo di prodotto. Consultato a ottobre ʼ09.
63 http://archimedes.infm.it/energia2/, consultato a settembre ʼ09.
64 http://www.garamond.it/index.php?pagina=287, consultato a settembre ʼ09. Allʼindirizzo ci sono due demo cliccare su “Il lessico della storia” LO per la scuola secondaria di primo grado, più simile a quelli della primaria di cui verrà inserita una demo poichè, per tale grado di scuola, si son cominciati a produrre a settembre 2009.
65 http://formare.erickson.it/pubbl.html, con testi di tipo metodologico non di produzione. Visto a ottobre ʼ09.
5. Tipi di software66
Concludo questo capitolo con un paragrafo molto sintetico sulle tipologie di
software poichè abbiamo parlato di software proprietario, open source e libero, o
free. Parto da un accenno al saggio di Eric S. Raymond intitolato “La cattedrale e il
bazaar”67 in cui l’autore paragona metaforicamente il software proprietario alla
cattedrale e quello open source al bazaar intendendo in questo modo sia la diversa
concezione che vi è alla base sia il miglioramento in itinere del software, uno più
chiuso e dogmatico, l’altro aperto alla cooperazione dei co-sviluppatori che sono gli
utenti finali, sia nella sua nascita (anche se più difficile) sia nel suo sviluppo.
✓Software proprietario
Con questo termine s’intende parlare del software che ha limitazioni sul suo
utilizzo, modifica e riproduzione e restrizioni date, per l’appunto, dal proprietario e
ottenute principalmente con mezzi tecnici (codice sorgente nascosto) e mezzi legali
(licenze e copyright). Alcuni esempi di software proprietario sono tra i sistemi
operativi Windows, Mac Os, Unix, tra gli applicativi Microsoft Office, Adobe
Photoshop, Real Player, ecc.
Esistono alcune versioni di software proprietario date in shareware, libero per un
periodo di prova limitato nel tempo (di solito 30 giorni) e altre date in freeware, cioè
disponibile gratuitamente.
✓Software open source
Open source, sorgente aperta, è un software che permette e favorisce il libero studio
e l’apporto di modifiche migliorative sia da programmatori indipendenti che da
utilizzatori finali in grado di farlo. Ciò è possibile grazie alla concessione di apposite
licenze d’uso. La collaborazione così attivata, grazie ad internet, permette al prodotto
finale di raggiungere una complessità maggiore rispetto a quella ottenibile da un
singolo gruppo di lavoro.
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 29
66 Per un approfondimento http://it.wikipedia.org/wiki/Software, visitato a settembre ʼ09.
67 Si può trovare il testo completo in italiano sul sito http://www.apogeonline.com/openpress/cathedral, consultato a settembre ʼ09.
Tra i più diffusi troviamo Firefox, browser web, OpenOffice, Gimp (per le
immagini), VLC (per l’audio), ecc. Per i sistemi operativi ci sono varie versioni di
Linux, gli autori di questi software hanno contribuito in modo notevole allo sviluppo
del movimento open source che è oggi una comunità molto attiva con migliaia di
progetti in corso d’opera.
Un errore molto diffuso, software open source non significa gratis, anche se l’utente
finale lo può scaricare gratuitamente, la comunità di sviluppatori si sostiene con la
donazione di piccoli contributi degli utenti finali, con la diffusione e pubblicazione su
riviste specializzate. Alla stessa filosofia si ispira il movimento “open
content” (contenuti aperti) in cui ad essere disponibili liberamente sono i contenuti,
wikipedia è il sito “Euvre libre” più conosciuto.
✓Software libero (free)
È un software pubblicato con una licenza che permette a chiunque di utilizzarlo e
vengono incoraggiate le modifiche ma anche, cosa che lo differenzia dall’open
source, la sua redistribuzione libera.
Buona parte del software libero viene distribuito con la licenza GNU GPL (GNU
General Public License) e si basa su quattro libertà: libertà di eseguire il programma
per qualsiasi scopo (chiamata "libertà 0"), libertà di studiare il programma e
modificarlo ("libertà 1"), libertà di copiare il programma in modo da aiutare il
prossimo ("libertà 2"), libertà di migliorare il programma e di distribuirne
pubblicamente i miglioramenti, in modo che tutta la comunità ne tragga beneficio
("libertà 3"). Anche il software MediaWiki è distribuito con tale licenza.
✓Software shareware
È un software proprietario dato in versione libera o dimostrativa, o demonstration (da
cui demo), aperta e funzionante per un periodo limitato di tempo oppure con
restrizioni varie (per esempio non permette di salvare) che serve però a far capire
all’utente finale se sia adatto o meno alle proprie necessità.
Tesi: Il web 2.0 e la prassi didattica nella scuola primaria- Cap. 4 – P. Aghemo – relatore prof. S. Lisi 30