6.1
Capitolo 6 – MISURE INCLINOMETRICHE
6.1 INTRODUZIONE
Nel 2002 nei fori di sondaggio sono state installate tubazioni inclinometriche, di lunghezza
compresa tra 12 e 30 m, per lettura con sonda rimovibile. L'ubicazione delle postazioni
inclinometriche è riportata in Figura 6.1.
Il monitoraggio inclinometrico, così come quello piezometrico, non è stato né continuo né
contemporaneo per tutte le postazioni (Figura 6.2). E’ possibile tuttavia individuare due distinti
“periodi di analisi” della durata di 13 giorni (8-21 Aprile 2003 e 15-28 Marzo 2004) per i quali si
dispone di letture per un numero adeguato di postazioni ed è possibile definire il valore della
velocità di spostamento lungo la “superficie” di scorrimento (velocità valutate dividendo lo
spostamento cumulato al tetto della zona di scorrimento per il tempo intercorso tra due letture
successive).
In Appendice B sono riportate le deformate dei tubi inclinometrici. Le letture originali,
contenenti numerosi errori per lo più grossolani e sistematici per deriva del fuori zero (questi
ultimi dovuti ad un cattivo funzionamento della sonda) hanno richiesto numerose correzioni al
fine di poter impiegare la lettura per considerazioni quantitative sui caratteri cinematici dei
movimenti.
6.2 ANALISI DELLE MISURE
Le letture inclinometriche indicano che le deformazioni di taglio sono concentrate all’interno di
una zona di scorrimento che generalmente ha spessore minore del paio di metri. Fa eccezione la
postazione I20, che presenta una zona di scorrimento di 3,5 m di spessore, al di sopra della quale
sono presenti ulteriori deformazioni di taglio.
Spostamenti superficiali sono presenti, nelle zone più acclivi, fino a profondità di circa 2 m dal
piano campagna.
L’inclinometro 1 mostra che, tra la prima lettura e quella di zero, il tratto di tubo tra 4 e 9 m di
profondità ha subito deformazioni compatibili con una condizione di carico per compressione
6.2
lungo il proprio asse, senza che siano intervenute ulteriori deformazioni tra la prima lettura e
quelle successive. Rimane incerta la causa di una siffatta deformazione.
La tubazione della postazione I6 non si intesta nel substrato stabile, e la base del tubo rimane
all’interno della zona di scorrimento; ciononostante è stato possibile elaborare le misure,
ottenendo informazioni sull’andamento delle deformazioni nel tempo e sulla profondità del tetto
della zona di scorrimento. Poiché il tubo non è intestato nel substrato stabile, gli spostamenti
calcolati sono minori di quelli reali.
L'inclinometro I3, lungo 27 m, in entrambi i periodi di misure non ha fornito indicazioni di
spostamenti, pur essendo ubicato in una zona in cui erano attesi movimenti relativamente
profondi sulla base dei dati forniti dagli inclinometri circostanti e di considerazioni di ordine
geomorfologico.
All’inclinometro I3 è stata affiancata, nell’estate del 2004, una nuova tubazione inclinometrica
(denominata I3bis), lunga 37 m. Un nuovo foro di sondaggio è stato inoltre realizzato nell’area di
espansione dell’abitato di Montemartano (postazione I21), anch’esso attrezzato con tubazione
inclinometrica (lunghezza 34 m).
I nuovi inclinometri (I3bis e I21), tenuti sotto osservazione per circa tre mesi (Settembre –
Dicembre 2004) in un periodo di piogge particolarmente intense e continue, non hanno fornito
indicazioni di spostamenti. Successivamente non sono state eseguite misure e nell'inverno 2004-
2005 il tubo inclinometrico 3bis è stato danneggiato e reso inutilizzabile.
Si deve però sottolineare che nella postazione I3bis la roccia costituente il substrato, nel tratto di
perforazione tra 27 e 39 m, è risultata allentata e intensamente fratturata, tanto che per assicurare
la stabilità del foro è stata messa in opera una tubazione di rivestimento. Il foro di sondaggio
arrestatosi a 39 m per il raggiungimento della coppia massima consentita dall’attrezzatura di
perforazione, rimasto senza rivestimento negli ultimi metri (da 35 a 39 m), si è chiuso a 37 m.
Nel caso della postazione inclinometrica I4 sono presenti due diverse zone di scorrimento, una
profonda, più sottile, lungo la quale si registrano gli spostamenti maggiori, ed una più
superficiale, di spessore maggiore, caratterizzata da spostamenti minori. La zona di scorrimento
profonda della tubazione I4 è quella in cui sono stati registrati gli spostamenti massimi tra tutti i
tubi inclinometrici.
Nella Tabella 6.1 sono riportati la profondità e l'unità stratigrafica all’interno del quale si
sviluppa la zona di scorrimento.
6.3
Postazione
inclinometrica Profondità della
zona di scorrimento
(m)
Spessore della zona di
scorrimento (m)
Unità stratigrafica all’interno della quale si sviluppa la zona di scorrimento
I1 15,5-16 0,5 Contatto tra materiale di frana e substrato allentato I2 22-22,5 0,5 Substrato allentato I4 7-10,5 3,5 Materiale di frana I4 16-18,5 2,5 Materiale di frana I5 7-8 1 Contatto tra materiale di frana e substrato allentato
I6 (*) 21,5-? (*) > 1,5 (*) Materiale di sedimentazione I8 17,5-18,5 1,0 Substrato allentato I9 11,11,5 0,5 Substrato allentato
I20 3,5-7 3,5 Contatto tra materiale di frana e substrato allentato
Tabella 6.1 – Profondità, spessore e unità stratigrafica all’interno del quale si sviluppa la zona di scorrimento. Nei casi in cui la tubazione inclinometrica non è intestata nel substrato stabile è riportata la profondità del tetto della zona di scorrimento. In questo caso il dato è evidenziato con un asterisco (*).
6.3 DIREZIONI E VELOCITA’ DI SPOSTAMENTO
Lungo il versante è possibile individuare due settori caratterizzati da valori medi diversi
dell’azimuth del vettore spostamento (Figura 6.3 e Tabella 6.2).
Postazione inclinometrica Azimuth del vettore
spostamento (°) I1 74 I2 62
I4 (zona di scorrimento superficiale) 84 I4 (zona di scorrimento profonda) 61
I5 91 I6 69 I8 93 I9 88
I20 64 Tabella 6.2 – Azimuth (angolo misurato dal Nord, positivo in senso orario) del vettore spostamento per le
postazioni inclinometriche presenti lungo il versante.
Il settore Nord comprende le postazioni I1, I6, I20, I2 ed I4; l’azimuth del vettore spostamento è
compreso tra 61° e 74°; ricadono in quest’area anche le postazioni I3bis e I21, che non hanno
6.4
indicato spostamenti, e la postazione I5, ubicata a Nord-Ovest in una zona laterale ed arretrata
delle coltri di frana, caratterizzata dal valore medio dell’azimuth degli spostamenti pari a 91°.
Il settore Sud comprende le postazioni I8 ed I9, i cui azimuth del vettore spostamento sono pari a
88° e 93° rispettivamente.
Per i due settori il vettore degli spostamenti è diretto verso i rispettivi minimi morfologici,
presenti a Nord e a Sud del rilievo del Colle Rosso.
Le velocità di spostamento sono riportate nella Tabella 6.3.
Postazione inclinometrica Velocità nel primo periodo di analisi
(mm/mese)
Velocità nel secondo periodo di analisi
(mm/mese) I1 assenza di letture 0,2 I2 1,0 assenza di letture
I4 (zona di scorrimento superficiale) < 0,1 2,4 I4 (zona di scorrimento profonda) 1,3 24,5
I5 < 0,1 7,8 I6 < 0,1 10,6 I8 fermo 2,7 I9 0,3 assenza di letture
I20 5,6 21,7
Tabella 6.3 – Velocità degli spostamenti nel periodo 8-21 Aprile 2003 e nel periodo 15-28 Marzo 2004.
Le velocità calcolate nel primo periodo di analisi sono piuttosto ridotte, con eccezione di quella
relativa alla tubazione I20; nel secondo periodo sono maggiori, e risultano diverse da postazione
a postazione.
6.4 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Il monitoraggio inclinometrico ha evidenziato che le deformazioni di taglio sono concentrate
all’interno di una zona di scorrimento che generalmente ha spessore minore di un paio di metri.
Le velocità di spostamento nei due periodi di osservazione sono piuttosto diverse, variando da
frazioni di mm/mese a valori dell’ordine di qualche decina di mm/mese. Tenuto conto del breve
periodo di osservazione nei due anni di controlli, non è possibile definire l’ordine di grandezza
della velocità di spostamento media annuale, che comunque dovrebbe risultare contenuta entro
valori dell’ordine di qualche cm/anno.
6.5
Le informazioni sui movimenti in atto che è possibile trarre dall’analisi delle misure
inclinometriche non consentono una completa ricostruzione della geometria dei corpi di frana.
La mancanza di indicazioni di spostamento nella parte centrale del versante, dove le tubazioni
inclinometriche I21 ed I3 bis non hanno fornito segni di movimento fino alla profondità
corrispondente alla loro lunghezza, non consente di stabilire se l’intero versante sia interessato
da un unico movimento profondo o se la parte superiore e quella inferiore del pendio,
morfologicamente più acclivi, siano interessate da movimenti aventi estensione e profondità
limitate e cinematismi differenti l’uno dall’altro.
0 100 200 mN
Figura 6.1 - Ubicazione delle postazioni inclinometriche.
I 20
I 2I 5I 1
I 6
I 3I 3 bis
I 21
G
data di installazione del tubo inclinometricodata di installazione del tubo inclinometrico successiva a questa data, ma non nota con precisionedata della lettura di zerodata di letturadata di lettura contenente errori troppo grandi per essere correttidata in cui il tubo è stato trovato inagibile
Figura 6.2 - Monitoraggio inclinometrico.
DD
6
Incl
inom
etro
2002
13
1615
89
SSS20
OO NN
1
542
AFG M2003G G M L A SSS OO NN DD G F M A SS
2004LM G G A NO D F M
0 100 200 mN
Figura 6.3 - Misure inclinometriche: azimuth del vettore spostamento.
I 20
I 2I 5
I 1
I 6
I 21
I 3I 3 bis
7.1
Capitolo 7 – RICOSTRUZIONE DEI CARATTERI GEOMETRICI E
CINEMATICI DEL FENOMENO FRANOSO
7.1 INTRODUZIONE
Nel caso di versanti che hanno avuto un’evoluzione complessa, la definizione dei caratteri
geometrici e cinematici dei movimenti risulta tanto più incerta quanto minore è la densità
spaziale delle postazioni di misura e quanto meno sono evidenti in superficie i segni morfologici
del fenomeno. Nel caso del pendio in esame le postazioni inclinometriche, sebbene numerose,
non consentono una definizione univoca e certa dei caratteri geometrici dei fenomeni di
instabilità in atto a causa dell’estensione areale del versante.
Le analisi condotte nel Capitolo 4 hanno però permesso di definire con sufficiente certezza la
perimetrazione dell’area di interesse per lo studio dei movimenti delle coperture detritiche e di
frana ed hanno permesso di identificare, nelle grande linee, le zone interessate da movimenti in
atto.
Queste informazioni, integrate con i dati del monitoraggio inclinometrico mutuamente correlati
tra loro, sono state utilizzate per definire la possibile geometria dei corpi di frana, che possono
essere tra loro contigui o anche sovrapposti, e conseguentemente per prospettare differenti
scenari per i movimenti in atto nel versante.
7.2 DEFINIZIONE DELLA POSSIBILE GEOMETRIA DEI CORPI DI
FRANA
Come evidenziato nel paragrafo 6.3, il versante può essere suddiviso in due settori caratterizzati
da valori diversi dell’azimuth del vettore spostamento ricavato dalle misure inclinometriche
(Figura 6.3 e Tabella 6.2). Per ciascuno dei due settori il vettore degli spostamenti è diretto verso
il rispettivo minimo morfologico, a Nord e a Sud del rilievo del Colle Rosso.
Di seguito per ciascuno dei due settori sono analizzate le misure inclinometriche alla luce delle
informazioni morfologiche e presentate le possibili superfici di scorrimento.
7.2
7.2.1 Settore Nord
Come visto nei capitoli precedenti, per le zone V e per la parte della zona VII ricadente nel
settore Nord (Figure 4.1 e 6.3) non si dispone di dati certi sulla esistenza di movimenti in atto.
In particolare per la zona V, ritenuta non realistica l’ipotesi di basamento affiorante per
considerazioni di carattere geomorfologico e stratigrafico (sondaggi S6 ed S21), possono
formularsi le seguenti ipotesi sullo stato di attività del fenomeno franoso:
a) fenomeno franoso quiescente: i movimenti in questa zona si attivano solo per eventi meteorici
particolarmente gravosi, in grado di produrre forti incrementi dei livelli piezometrici nel
sottosuolo. Ciò non si sarebbe verificato durante i periodi per i quali si dispone di misure di
spostamento. Sono a favore di questa ipotesi la generale assenza di dissesti rilevanti negli edifici
esistenti e l’assenza di indicazioni di movimenti in corrispondenza dell’inclinometro I21 fino alla
profondità di 34 m. Contrastano con questa ipotesi i movimenti segnalati dall’inclinometro I6,
posto al margine occidentale della zona in esame, che individua una zona di scorrimento alla sua
base ma non raggiunge il terreno fermo sottostante.
b) fenomeno franoso attivo: sono a favore di questa ipotesi le indicazioni fornite
dall’inclinometro I6 e la direzione dei movimenti da questo indicata, che è quella comune
all’intero settore Nord. Va notato che, a differenza delle altre postazioni inclinometriche,
l’inclinometro I6 è stato tenuto sotto controllo fino a Marzo 2005 (Figura 6.2). La zona di
scorrimento dovrebbe passare al di sotto della base della tubazione I21. La generale assenza di
dissesti ai fabbricati potrebbe essere spiegata tenendo conto di un comportamento
sostanzialmente rigido della zolla di materiale in movimento.
Nella parte della zona VII ricadente nel settore Nord risulta più difficile valutare lo stato di
attività dell'eventuale fenomeno franoso per l’esistenza di una sola postazione inclinometrica (I3
bis) e per la sostanziale assenza di manufatti e di indicazioni morfologiche di movimenti in atto.
A riguardo possono essere formulate le seguenti:
a) zona stabile per la presenza di “alti” del basamento; questa presenza, che sulla base dei dati
disponibili non può essere esclusa a priori, appare tuttavia poco probabile in relazione alla forma
ondulata del versante, che contrasta con quella regolare dell’adiacente zona I, dove affiora il
basamento. Il sondaggio S3 bis, che ha attraversato materiali di frana fino a circa 25 m di
profondità, potrebbe ricadere in una zona dove il basamento è relativamente profondo.
7.3
b) fenomeno franoso quiescente: si può ipotizzare l’esistenza di una “superficie” di scorrimento
preesistente che interessi il tratto finale della tubazione inclinometrica I3 bis dove durante la
perforazione il foro si è richiuso.
c) fenomeno franoso attivo: si può ipotizzare l’esistenza di una “superficie” di scorrimento al di
sotto della base della tubazione inclinometrica I3 bis.
Sulla base delle ipotesi formulate sulle condizioni di stabilità, possono essere ipotizzate diverse
geometrie dei corpi di frana. Nel caso in cui le zone risultino effettivamente stabili, è chiaro che i
movimenti sarebbero relegati alla parte sommatale e a quella inferiore del versante. Nelle
condizioni di stabilità marginale o di movimento in atto si può invece ipotizzare la presenza di
un unico corpo di frana sviluppato lungo l’intero settore Nord.
In quanto segue la geometria dei corpi di frana sarà caratterizzata dalla estensione areale
riportata in Figura 7.1 e dalla superficie di scorrimento.
Superficie di scorrimento “A”
Si considera una superficie di scorrimento unica (Figure 7.1, 7.2 e 7.3) che interessa l’intero
settore, sviluppata per la maggior parte nel substrato allentato; essa è intercettata dalle tubazioni
inclinometriche I6, I4 (zona di scorrimento più profonda) e I20, mentre passa al di sotto della
base delle tubazioni inclinometriche I1, I2, I21 e I3bis; la superficie considerata non è quindi in
grado di giustificare gli spostamenti evidenziati dalle postazioni inclinometriche I1 e I2.
Lo spostamento in corrispondenza della postazione I5 diretto in modo non conforme a quello
delle postazioni inclinometriche ad essa più prossime potrebbe essere dovuto ad un richiamo
operato dal corpo di frana principale.
Superficie di scorrimento “B”
Lo scorrimento evidenziato in corrispondenza della postazione I2 potrebbe essere spiegato
assumendo che il corpo di frana corrispondente alla superficie di scorrimento “A” sia suddiviso
in blocchi. La superficie di scorrimento che viene intercettata dalla postazione I2 (superficie di
scorrimento “B”) potrebbe intercettare il piano di campagna poco a monte della postazione stessa
(Figura 7.1), in accordo con la morfologia locale (Figura 7.4), e raccordarsi in profondità alla
superficie di scorrimento “A”.
7.4
Superficie di scorrimento “C”
Come visto, alla base del versante sono presenti zone depresse, ondulazioni ed irregolarità della
superficie del terreno, caratteristiche morfologiche che denotano in modo evidente l’esistenza di
movimenti superficiali e profondi in atto.
Immediatamente a monte è presente un salto morfologico alla cui base, come detto al paragrafo
4.2, si estende un terrazzo di frana (Figura 7.1).
Le letture inclinometriche indicano in corrispondenza della verticale I4 la presenza di due zone
di scorrimento distinte (Appendice B): quella più superficiale sembra indicare la presenza di una
superficie di scorrimento (superficie di scorrimento “C”) che ben si raccorda con la morfologia a
monte e con la superficie di scorrimento “A” (Figura 7.4).
Superficie di scorrimento “D”
Se si ipotizza la presenza di una superficie di scorrimento che interessi contemporaneamente le
postazioni I1 e I2, questa dovrebbe delimitare un corpo di frana il cui fianco destro dovrebbe
passare a Nord della tubazione I3bis (in quanto la tubazione I3bis non ha subito deformazioni) e
a Nord dell’area di espansione del centro abitato (Figura 7.1).
Tale ipotesi appare però poco probabile in relazione alla profondità della zona di scorrimento
nella postazione I2 (tra 22 e 22,5 m): infatti questa postazione è molto prossima al fianco destro
del corpo di frana, e pertanto non si giustifica una profondità di scorrimento così elevata.
Superficie di scorrimento “E”
L’ipotesi di una superficie di scorrimento che intercetti le postazioni I1 e I20, ma non la
postazione I2 (Figure 7.1 e 7.5), appare poco probabile in relazione alla direzione del vettore
spostamento della postazione I1.
Superficie di scorrimento “F”
Nell’ipotesi che la superficie di scorrimento intercettata dalla postazione I1 non venga
intercettata da altre postazioni inclinometriche, essa potrebbe corrispondere ad un movimento
che interessa unicamente le coperture presenti nella parte sommitale del versante, venendo a
7.5
giorno sostanzialmente in corrispondenza del tratto di strada provinciale (Figura 7.6). Tale
movimento rimane comunque indefinito nei suoi contorni planimetrici, anche perché non vi sono
segni morfologici evidenti dell’uscita a valle della superficie di scorrimento.
7.2.2 Settore Sud
Superficie di scorrimento “G”
La morfologia in corrispondenza della postazione I8 è particolarmente complessa: tuttavia è
evidente la presenza di una zona pianeggiante poco a valle della postazione stessa, che, in
accordo con le indicazioni stratigrafiche generali, potrebbe corrispondere ad un affioramento del
substrato.
Nell’ipotesi che la superficie di scorrimento intercettata dalla postazione 8 venga a giorno in
corrispondenza di tale zona pianeggiante, essa potrebbe limitare un movimento sostanzialmente
locale (Figura 7.1), il cui coronamento non raggiunge l’area di espansione del centro abitato; a
destra il movimento potrebbe essere delimitato dal fosso che limita a Sud le coperture detritiche
e di frana, mentre il fianco sinistro potrebbe correre lungo la strada provinciale ed essere
responsabile dei dissesti che la pavimentazione della strada presenta qualche decina di metri a
monte della postazione I8. Occorre però notare che l’azimuth del vettore scorrimento è ruotato di
almeno 15° in senso antiorario rispetto alla direzione che dovrebbe avere il movimento
ipotizzato. In base a tale osservazione l’ipotesi formulata è da ritenere poco probabile.
Superficie di scorrimento “H”
Il vettore spostamento in corrispondenza della postazione I8 e I9 indica che il movimento è
diretto verso il minimo morfologico presente a Sud del rilievo del Colle Rosso.
Se si ipotizza una superficie di scorrimento che intersechi le tubazioni inclinometriche I8 e I9,
venendo a giorno alla base del salto morfologico posto immediatamente a valle dell’inclinometro
I9, si individua un corpo di frana la cui estensione areale è riportata in Figura 7.1. La superficie
di scorrimento “H” si sviluppa prevalentemente all’interno del substrato allentato (Figura 7.7).
Superficie di scorrimento “I”
In alternativa alla ipotesi di superficie di scorrimento “H”, si può anche ipotizzare che la
superficie di scorrimento intercettata dalla postazione I9 abbia coronamento ubicato una ventina
7.6
di metri a monte della sede stradale, e limiti uno scoscendimento di tipo rotazionale avente
carattere locale (Figura 7.1).
7.3 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
L’area è globalmente suddivisibile in due settori (Nord e Sud): per tutte le postazioni
inclinometriche ubicate all’interno di un settore, il vettore spostamento è diretto verso il
principale minimo morfologico.
La profondità e la velocità dei movimenti sono differenti da zona a zona.
I movimenti più importanti sono tutti compresi all’interno del settore Nord. In base alle
considerazioni svolte non si può escludere la presenza di una superficie di scorrimento unica che
interessi l’intero settore da monte fino a valle. Il corpo di frana ad essa corrispondente potrebbe
essere smembrato in più blocchi, dotati di diversa mobilità e mutuamente interagenti tra loro.
Oltre a questo movimento, che potrebbe anche corrispondere ad un meccanismo di frana per
scorrimenti multipli, sono presenti movimenti più superficiali, probabilmente interagenti con il
movimento profondo. In alternativa a tale ipotesi è possibile che il settore Nord sia stabile nella
sua parte centrale e che movimenti interessino unicamente la sua parte sommatale ed inferiore.
Anche il settore Sud potrebbe essere sede di movimenti aventi profondità e caratteri cinematici
differenziati, che risultano maggiormente evidenti dove la morfologia è più acclive.
I 20
I 2I 5
I 1
I 6
I 3 bis
A'
0 100 200 m
N
Figura 7.1 - Estensione in superficie dei corpi di frana individuati dalle differenti superficie di scorrimento considerate; la lettera riportata accanto al limite di ciascun corpo di frana corrisponde alla denominazione della superficie di scorrimento associata. Nella
Figura sono inoltre riportate le postazioni inclinometriche con direzione del vettore spostamento e le tracce delle sezioni considerate.
Sorgenti p.c. 620 m s.l.m.
postazione 1p.c. 594 m s.l.m.
postazione 2 p.c. 564 m s.l.m.
postazione 4p.c. 494 m s.l.m.
postazione 3 p.c. 553 m s.l.m.
Quo
ta (
m s
.l.m
.)
postazione 6p.c. 586 m s.l.m.
postazione 3 (proiettata)p.c. 553 m s.l.m.
postazione 4p.c. 494 m s.l.m.
(Est)(Ovest)
Quo
ta (
m s
.l.m
.)
Figura 7.2 - Settore Nord, superficie di scorrimento "A".
(Ovest) (Est)
(m)
(m)
Figura 7.3 - Settore Nord, superficie di scorrimento "A".
(Sud)
postazione 6p.c. 586 m s.l.m.
Edificio (Nord)
postazione 1p.c. 594 m s.l.m.
Quo
ta (
m s
.l.m
.)
postazione 2 (proiettata)p.c. 564 m s.l.m.(Sud) postazione 21
p.c. 574 m s.l.m.
Abitato storico di Montemartano
(Nord)
Nuovo nucleo abitativo
Quo
ta (
m s
.l.m
.)
(m)
(m)
Sorgenti p.c. 620 m s.l.m.
postazione 1p.c. 594 m s.l.m.
postazione 2 p.c. 564 m s.l.m.
postazione 4p.c. 494 m s.l.m.
postazione 3 p.c. 553 m s.l.m.
Quo
ta (
m s
.l.m
.)
Figura 7.4 - Settore Nord, superfici di scorrimento "A", "B" e "C".
(Ovest) (Est)
superficie di scorrimento "A"
superficie di scorrimento "B"
superficie di scorrimento "C"
(m)
Sorgenti p.c. 620 m s.l.m.
postazione 1p.c. 594 m s.l.m.
postazione 2 p.c. 564 m s.l.m.
Quo
ta (
m s
.l.m
.)
Figura 7.5 - Settore Nord, superficie di scorrimento "E".
(Ovest) (Est)
(m)
Sorgenti p.c. 620 m s.l.m.
postazione 1p.c. 594 m s.l.m.
postazione 2 p.c. 564 m s.l.m.
Quo
ta (
m s
.l.m
.)
Figura 7.6 - Settore Nord, superficie di scorrimento "F".
(Ovest) (Est)
(m)
(Ovest)
postazione 9pc: 506 mslm
postazione 8 (proiettata)p.c. 538 m s.l.m.
(Est)
postazione 6 (proiettata)p.c. 586 m s.l.m.
Figura 7.7 - Settore Sud, superficie di scorrimento "H".
Quo
ta (
m s
.l.m
.)
superficie di scorrimento "H"
(m)
8.1
Capitolo 8 – ANALISI DELLE PRECIPITAZIONI METEORICHE
8.1 INTRODUZIONE
Com’è noto, gli eventi meteorici, attraverso la loro influenza sul regime delle acque sotterranee,
rivestono un ruolo fondamentale per la stabilità dei versanti.
Nel caso dei movimenti lenti di versante è stata notata una sostanziale dipendenza della velocità
di scorrimento dal regime di precipitazione sia annuale che pluriennale (Bertini et al., 1986); tale
dipendenza non sempre è univoca, e le relazioni tra precipitazione, regime idraulico sotterraneo e
velocità di spostamento possono essere analizzate e meglio comprese qualora sia stato chiarito il
regime delle acque sotterranee e il meccanismo che governa il fenomeno franoso in studio.
Le correlazioni si basano sul confronto tra una grandezza idrologica opportunamente definita e
l’andamento temporale dei livelli piezometrici e delle velocità di spostamento nelle varie zone
del versante (Gervrau et al., 1991).
L’analisi delle serie storiche delle altezze giornaliere di pioggia consentono di riconoscere i
periodi di maggior precipitazione e di correlarli con i movimenti superficiali, ma mal si presta
per spiegare l’andamento temporale dei livelli piezometrici nel caso di piezometri installati in
profondità in terreni di bassa permeabilità.
Più utile è l’“altezza di pioggia giornaliera cumulata su N giorni”; essa è, per ogni giorno, la
somma delle altezze di pioggia giornaliera del giorno considerato e degli N–1 giorni precedenti.
∑−=
=i
Nijj
cumulataNi pP ,
Nella definizione della grandezza viene attribuito peso unitario a tutte le altezze di pioggia
giornaliere del periodo di N giorni considerato.
L’altezza di pioggia cumulata su N giorni, poiché tiene conto di tutta la pioggia caduta negli N
giorni precedenti, è uno strumento che può essere utilizzato per tener conto dei tempi di
filtrazione necessari per la modifica delle condizioni idrauliche in profondità.
Il numero N di giorni su cui cumulare le altezze di pioggia giornaliera non è un dato a priori, e va
individuato per tentativi (Tommasi et al., 2006): esso è il valore in corrispondenza del quale
8.2
l’andamento delle altezze di pioggia giornaliere cumulate sugli N giorni risulta in fase con
l’andamento dei livelli piezometrici.
Al crescere del numero N di giorni, i picchi delle piogge giornaliere cumulate su N giorni
diminuiscono di numero e crescono in durata; a brevi periodi di accumulo corrispondono invece
frequenti picchi della grandezza. L’adozione di un ridotto numero di giorni N è idonea nei casi in
cui le variazioni del regime idraulico nel sottosuolo sono piuttosto rapide, mentre periodi di
accumulo lunghi ben si prestano per i casi in cui la variazione del regime idraulico avviene con
variazioni più regolari, che si verificano su un arco temporale più lungo.
L’altezza di pioggia giornaliera cumulata su N giorni è stata utilizzata da Tommasi et al.(2006)
per mostrare la relazione tra regime delle precipitazioni, livelli piezometrici e velocità di
spostamento per la frana di Porta Cassia ad Orvieto (Figura 8.1). Il versante in oggetto è
costituito da argille fortemente sovraconsolidate fessurate, la cui porzione sommitale è
ammorbidita ed alterata, alla quale si sovrappone una coltre di detrito di frana formato da
materiali vulcanici ed argillosi rimaneggiati. La superficie di scorrimento interessa sia il detrito
che la sottostante porzione ammorbidita ed alterata della formazione argillosa; i livelli
piezometrici nel basamento sono caratterizzati da variazioni stagionali e di lungo termine
piuttosto ridotte; l’adozione di un numero N di giorni pari a 180 ben si adatta per descrivere la
variazione temporale dei livelli piezometrici, indicando che la ricarica ed il deflusso delle acqua
sotterranee avvengono su periodi di tempo piuttosto lunghi (sei mesi, ciclo stagionale).
La Figura 8.1 mostra come gli eccessi delle piogge giornaliere cumulate su 180 giorni rispetto
alle piogge giornaliere medie (sugli ultimi 50 anni) cumulate su 180 giorni siano molto ben
correlati con gli incrementi del livello piezometrico e delle la velocità di scorrimento.
La correlazione tra livelli piezometrici e precipitazioni può essere approntata anche attribuendo
un peso diverso alle precipitazioni più prossime e più lontane rispetto al giorno in cui la
grandezza idrologica viene calcolata (“altezze di pioggia giornaliera cumulate ponderate”); in
questo caso è necessario scegliere a priori il numero e la durata degli intervalli; se a ciascuna
delle k somme parziali viene attribuito un peso bk, la grandezza idrologica viene definita
(Pouget, 1993), ad esempio considerando tre intervalli di 10 giorni consecutivi ciascuno, come:
∑ ∑ ∑−=
−
−=
−
−=
++=i
ij
i
ij
i
ijjjj
ponderatacumulatai pbpbpbP
10
11
20
21
30321
,30,
8.3
I coefficienti bk possono essere scelti arbitrariamente, oppure possono essere calcolati mediante
opportune procedure di regressione (Figura 8.2).
La scelta dei valori dei coefficienti bk permette di attribuire peso maggiore alle precipitazioni
temporalmente più lontane dal giorno considerato, oppure a quelle più vicine: generalmente il
primo caso trova applicazione nei pendii in cui la variazione del regime idraulico sotterraneo
avviene su periodi lunghi, mentre il secondo nel caso di variazioni rapide. In particolare, minore
è il valore dei coefficienti moltiplicativi delle precipitazioni più lontane dal giorno considerato,
più rapida risulta l’attenuazione dei picchi della grandezza idrologica calcolata.
Un particolare tipo di piogge giornaliere cumulate ponderate è la “pioggia antecedente”, in cui il
peso viene dato alle singole piogge giornaliere, considerando meno influenti le piogge
giornaliere del periodo considerato (la cui durata t è scelta a priori) progressivamente più lontane
al giorno considerato. Essa ha un’espressione del tipo:
∑−=
=i
tijjj
eantecedentti paP ,
L’altezza di precipitazione mensile, somma delle altezze di pioggia di ciascuno dei giorni del
mese considerato, considerando come indipendenti le precipitazioni che avvengono a cavallo
della fine di ciascun mese e l’inizio del mese successivo, rappresenta un dato più difficilmente
interpretabile rispetto alle piogge giornaliere, soprattutto in relazione ai problemi inerenti la
stabilità e la mobilità dei versanti. Ciononostante è una grandezza a cui può essere utile far
ricorso per stabilire l’omogeneità climatica di un’area, il che consente di assumere come
rappresentative, in mancanza di registrazioni locali per alcuni periodi, le misure di un’altra
stazione pluviometrica.
Novotny e Rybar (1996) evidenziano come attraverso l’analisi delle precipitazioni mensili e dei
loro eccessi rispetto alle loro medie calcolate su quindici anni sia possibile individuare variazioni
climatiche di lungo periodo, e come queste si traducano, per terreni poco permeabili, in una
analoga variazione del regime idraulico in profondità (Figura 8.3).
L’analisi delle serie storiche delle piogge mensili permette, anche in assenza di variazioni
climatiche che avvengono su base pluriennale quali quelle evidenziate da Novotny e Rybar
(1996), di riconoscere in epoche storiche i periodi di maggiore precipitazione, per i quali è lecito
aspettarsi condizioni idrauliche nel sottosuolo particolarmente gravose.
8.4
Infine, l’analisi delle serie storiche delle precipitazioni annuali e dei loro eccessi rispetto al
valore medio consente di individuare variazioni climatiche di lunghissimo periodo (Figura 8.4).
Nei successivi paragrafi vengono presentati i risultati dell’analisi delle precipitazioni nell’area in
studio per la definizione di una correlazione tra regime meteorico e livelli piezometrici. E’
inoltre condotta una analisi delle precipitazioni registrate nelle principali stazioni pluviometriche
adiacenti Montemartano, al fine di poter individuare un contesto climatico al quale fare
riferimento per i periodi per i quali non si dispone di registrazioni locali.
8.2 ANALISI DELLE PRECIPITAZIONI SU SCALA REGIONALE
Dal punto di vista delle condizioni climatiche regionali, l’area in esame rispecchia la situazione
generale della Valle Umbra; ciò è stato verificato quantitativamente confrontando i dati delle
principali stazioni pluviometriche della Valle Umbra con quelli della stazione CNR-IRPI di
Montemartano, che ha funzionato dal 1988.
Le stazioni pluviometriche del Servizio Idrografico di Stato a cui si è fatto riferimento sono
quelle di Spoleto, San Silvestro e Montefalco (Figura 8.5). San Silvestro e Spoleto si trovano ad
E-SE di Montemartano, rispettivamente a circa 8 e 14 km in linea d’aria, mentre Montefalco si
trova a circa 13 km a N-NE.
Il confronto tra le altezze di pioggia annuali nelle quattro stazioni prese in considerazione negli
anni dal 1988 al 2005 è riportato in Figura 8.6.
La stazione di San Silvestro è entrata in funzione nel 1994. La stazione di Spoleto non ha
funzionato nel 1998. La stazione di Montemartano nel 1994 e nel 2005 ha funzionato solo per un
numero limitato di mesi.
La Figura 8.6 mostra che nel periodo dal 1988 al 2005 le precipitazioni annuali sono simili per le
quattro stazioni, pur esistendo delle differenze. In particolare, nel 1996 e nel 2002 la
precipitazione annuale a Montemartano è risultata notevolmente minore di quella delle altre
stazioni, mentre nel 1997 si osserva un comportamento opposto.
Dall'esame delle precipitazioni mensili (Figure 8.7/A, B, C) si osserva che, come in molte altre
zone dell’Appennino Centrale, durante l’anno sono presenti due periodi di precipitazione
intensa: uno in primavera (Aprile-Maggio, talvolta Marzo-Aprile) e l’altro in autunno (Ottobre-
Novembre).
8.5
Le precipitazioni sono minime nei mesi estivi; le piogge registrate a Montemartano nei mesi di
Agosto e Settembre sono tipicamente minori rispetto a quelle registrate negli altri siti.
8.3 ANALISI DELLE PRECIPITAZIONI SU SCALA LOCALE
(STAZIONE DI MONTEMARTANO)
Le precipitazioni annuali a Montemartano dal 2000 al 2003 risultano minori rispetto alla media
nell’intero periodo di misure (1988-2005), pari a 831 mm/anno (Figura 8.6).
In Figura 8.8 sono riportate le precipitazioni giornaliere e giornaliere cumulate nel periodo per il
quale si dispone delle misure piezometriche. Il monitoraggio dei livelli piezometrici, come visto,
non è stato eseguito con continuità e non si dispone pertanto delle misure dalla metà di Giugno
2003 ai primi di Febbraio 2004.
Una forte variazione del regime delle precipitazioni è osservabile a partire dal mese di Aprile
2004: le piogge diventano più continue e intense.
Le precipitazioni nei tre anni precedenti l’inizio delle misure sono riportate in Figura 8.9; si
conferma che gli anni dal 2000 al 2003 sono stati anni di scarsa precipitazione, privi di eventi
meteorici intensi e continui per un numero discreto di giorni consecutivi.
Se si mettono a confronto i periodi di maggiore precipitazione (dai primi di Ottobre di un anno
alla fine di Gennaio dell’anno successivo) degli anni 2002, 2003 e 2004, si osserva che: le
piogge da Ottobre 2002 a Gennaio 2003 risultano lievemente più abbondanti rispetto a quelle da
Ottobre 2003 a Gennaio 2004, mentre nel primo periodo risultano più uniformemente distribuite,
nel secondo risultano concentrate in pochi giorni consecutivi a fine Ottobre e a fine Novembre.
Le precipitazioni giornaliere nel periodo da Ottobre 2004 a Gennaio 2005 risultano più intense e
distribuite con regolarità nell’intero intervallo di tempo considerato (Figura 8.8).
Per analizzare l’andamento dei livelli piezometrici nel periodo di indagine sono stati calcolati i
valori cumulati su N giorni (N = 15, 30, 45, 60 e 90) delle precipitazioni giornaliere e i loro
eccessi rispetto alle altezze di pioggia giornaliere medie nel periodo dal 1988 al 2005 cumulate
sullo stesso numero di giorni (Figura 8.10/A). Come verrà mostrato nel capitolo 9, per il caso in
studio esiste una buona correlazione tra il valore dell’altezza di pioggia giornaliera cumulata su
30 giorni ed i livelli piezometrici.
L’analisi è stata svolta sia in relazione alla pioggia lorda che in relazione alle piogge efficaci
(Figura 8.10/B).
8.6
Con il termine “piogge efficaci” si indica la differenza tra le precipitazioni e le perdite per
evapotraspirazione; i modelli più semplici per la stima dell’evapotraspirazione sono la formula di
Turc, che valuta l’evapotraspirazione reale su base annuale, e la formula di Thornthwaite, che
valuta l’evapotraspirazione potenziale (ossia la perdita dovuta ad uno sviluppo ottimale della
vegetazione) su base mensile.
Per poter calcolare la precipitazione giornaliera efficace cumulata su N giorni si è ricorsi ad una
approssimazione: una volta valutata l’evapotraspirazione potenziale mensile con la formula di
Thornthwaite, a ciascun giorno del mese è stata attribuita una perdita pari ad 1/30 della perdita
mensile stimata; l’altezza di precipitazione giornaliera efficace è stata assunta pari alla differenza
tra le precipitazione giornaliera lorda e la perdita giornaliera per evapotraspirazione calcolata
quando la differenza risultava positiva, mentre è stato assunto un valore nullo della altezza di
precipitazione giornaliera efficace quando tale differenza risultava negativa. Questo tipo di
analisi annulla spesso, in climi temperati, l’effetto dei picchi di piovosità nei mesi primaverili ed
estivi; nel caso in studio, caratterizzato da temperature medie e precipitazioni minime durante i
mesi estivi, tenere conto delle perdite per evapotraspirazione non sembra influire in maniera
significativa sugli andamenti delle precipitazioni giornaliere cumulate su N giorni né sui loro
eccessi. Nelle considerazioni che seguono si farà pertanto riferimento alle precipitazioni lorde.
8.4 ANALISI STORICA DELLE PRECIPITAZIONI
Scopo dell’analisi è quello di indicare se esiste una relazione tra il regime meteorico e la storia
dei dissesti dei manufatti e delle infrastrutture esistenti nell’area in esame.
Per condurre l’analisi storica delle precipitazioni si è fatto riferimento ai dati della stazione
pluviometrica di Spoleto, funzionante a partire dalla metà del secolo scorso e sufficientemente
vicina all’area in esame e con regime delle piogge sostanzialmente simile a quello della stazione
di Montemartano negli anni di funzionamento di quest'ultima.
Sono state in primo luogo considerate le precipitazioni annuali dal 1952 al 2005 (Figura 8.11).
E’ possibile individuare due periodi distinti, ciascuno avente durata maggiore di cinque anni, nei
quali le piogge annuali risultano di regola maggiori rispetto alla media delle piogge annuali
nell’intero periodo di osservazione: si tratta degli anni dal 1958 al 1969 e subordinatamente dal
1976 al 1984. Anche il biennio 2004-2005 presenta precipitazioni superiori alla media.
L'interpolazione dei dati delle piogge annuali mediante un polinomio di decimo grado consente
di mettere in vista gli andamenti nel lungo periodo, caratterizzato da piogge più intense negli
8.7
anni sessanta e settanta e meno intense negli anni ottanta e novanta rispetto al valore medio di
circa 1000 mm/anno.
Per avere una idea più precisa di quelli che possono essere stati, in tempi storici, gli eventi
meteorici che potrebbero aver dato origine a variazioni significative del regime delle acque
sotterranee, sono state analizzate in dettaglio le piogge mensili.
La Figura 8.12 mostra l’andamento delle piogge mensili e dei loro eccessi rispetto al valore
della pioggia media di ciascun mese valutata sull’intero periodo 1952-2005. Questo tipo di
analisi mostra in maniera chiara sia l’entità degli eccessi sia il periodo dell’anno in cui si sono
verificati e la loro eventuale continuità su più mesi successivi.
Nelle Tabelle 8.1 e 8.2 sono riportati, rispettivamente, i mesi in cui la precipitazione mensile è
risulta particolarmente intensa, maggiore di 240 mm/mese, e i mesi nei quali l’eccesso di
precipitazione è risultato maggiore del 150% rispetto al valore medio dello stesso mese negli
ultimi cinquanta anni. La scelta di tali valori critici è stata fatta su base qualitativa tenendo conto
dell'andamento generale delle piogge mensili nel cinquantennio considerato.
Dicembre 1952
Dicembre 1959
Settembre 1960
Ottobre 1961
Novembre 1962
Ottobre 1964
Dicembre 1964
Agosto 1965
Settembre 1965
Dicembre 1968
Febbraio 1969
Novembre 1980
Novembre 1987
Settembre 1996
Novembre 2005
Tabella 8.1 – Mesi con altezza di pioggia mensile maggiore di 240 mm/mese.
8.8
Dicembre 1952
Febbraio 1955
Settembre 1960
Novembre 1962
Ottobre 1964
Agosto 1965
Settembre 1965
Dicembre 1968
Febbraio 1969
Luglio 1976
Febbraio 1986
Luglio 1986
Luglio 2002
Agosto 2002
Tabella 8.2 – Mesi con altezza di pioggia mensile eccedente più del 150% il valore medio del mese nel periodo 1952-2005.
La analisi delle piogge giornaliere cumulate su 30 giorni è stata quindi condotta per gli anni
1952, 1960, 1962, 1964, 1965, 1968, 1969 in cui gli indici in precedenza considerati sono stati
entrambi superati. L’analisi è riportata nelle Figure 8.13 e 8.14, nelle quali sono stati evidenziati
gli eccessi rispetto alla pioggia giornaliera media a Montemartano dal 1988 al 2005 cumulata su
30 giorni. Contestualmente nelle suddette Figure è stata indicata l’altezza di precipitazione
giornaliera cumulata su 30 giorni massima nel periodo del monitoraggio dei livelli piezometrici.
Le Figure evidenziano come negli anni sessanta l'altezza di pioggia giornaliera cumulata su 30
giorni sia stata per periodi lunghi (fino a 60 giorni) anche il doppio della pioggia giornaliera
cumulata su 30 giorni a Montemartano nel periodo di monitoraggio.
Da queste considerazioni emerge che, in assenza di dati strumentali, gli anni sessanta
rappresentano un periodo in cui possono essersi verificate più significative riattivazioni o
accelerazioni dei movimenti di versante considerati.
8.9
8.5 ANALISI DI FREQUENZA
E’ stata condotta l’analisi della frequenza delle precipitazioni giornaliere cumulate su 30 giorni
registrate alla stazione di Montemartano a partire dal 1988.
Come è noto, la prima fase di una analisi di frequenza consiste nell’operazione di inferenza
statistica, attraverso la quale dall’esame quantitativo delle manifestazioni del fenomeno, in
numero limitato e finito, si estraggono leggi che rappresentano il comportamento dell’intera
popolazione da cui il campione è stato estratto; l’inferenza consente cioè di passare dalla
frequenza empirica di non superamento, definita a posteriori sulla base degli eventi estremi
osservati, ad una funzione di distribuzione di probabilità, definita a priori, che descrive la
variabile casuale che ha generato l’insieme degli eventi osservati (Chow, 1988).
L’inferenza richiede che venga selezionato un campione i cui elementi siano omogenei (cioè non
esistano modifiche strutturali che alterino la popolazione, quali, ad esempio, lo spostamento del
pluviometro o la costruzione di una struttura a tergo che possa deviare le precipitazioni raccolte
dallo strumento) e indipendenti (cioè gli elementi del campione siano prodotti da eventi
meteorici distinti).
Per controllare l’omogeneità è stato condotto il test statistico “della doppia massa” mettendo a
confronto le precipitazioni mensili dal 1988 al 2005 delle stazioni di Montemartano e di Spoleto.
Anche se l’impiego delle precipitazioni mensili al posto di quelle giornaliere cumulate su 30
giorni non è una procedura rigorosa, essa rappresenta un metodo speditivo ampiamente
accettabile ai fini dell’analisi che si vuole condurre in questa sede. Come si nota dalla Figura
8.15, il test dà risultato positivo con elevato valore (0,9982) del coefficiente di correlazione.
L’indipendenza viene assicurata campionando la serie storica della pioggia giornaliera cumulata
su 30 giorni su intervalli temporali di 33 giorni (pari cioè a trenta giorni più il 10%); in questo
modo si può ritenere che l’evento meteorico che ha generato un dato valore della serie storica sia
sicuramente esaurito nel momento in cui viene estratto il successivo valore dalla serie.
Sono state considerate tre possibili distribuzioni di probabilità, scelte tra quelle usualmente
utilizzate nello studio statistico delle variabili idrologiche: la distribuzione normale, la
distribuzione di Gumbel e la distribuzione di Frechet (Chow, 1988).
Dopo aver stimato sulla base delle misure i coefficienti che descrivono le espressioni analitiche
di tali distribuzioni, sono state calcolate le probabilità cumulate di non superamento dei valori
del campione (Figura 8.16) ed è stata controllata a posteriori la bontà con cui la legge
probabilistica adottata approssima la distribuzione di frequenza cumulata del campione
8.10
del campione (Figura 8.16) ed è stata controllata a posteriori la bontà con cui la legge
probabilistica adottata approssima la distribuzione di frequenza cumulata del campione
utilizzando il test di Kolmogorov-Smirnov con intervallo di rigetto pari al 5% (intervallo di
significatività pari al 95%).
La distribuzione normale e quella di Gumbel verificano il test di adattamento nell’intervallo di
significatività adottato, mentre la distribuzione di Frechet non lo verifica. Assunte pertanto come
idonee a rappresentare il comportamento della variabile casuale la distribuzione normale e quella
di Gumbel, sono stati calcolati i valori del tempo di ritorno delle precipitazioni giornaliere
cumulate su 30 giorni. I risultati sono espressi in forma grafica nelle Figure 8.17 e 8.18. In
particolare dalle figure risulta che il tempo di ritorno di un valore dell'altezza di pioggia
giornaliera cumulata lorda su 30 giorni pari a 200 mm (valore massimo nel periodo dei controlli
piezometrici, Figura 8.10/A) è di poco superiore a un anno.
Figura 8.1 – Andamento nel tempo dei livelli piezometrici e dei loro eccessi rispetto ai valori medi stagionali, delle velocità e dello spostamento lungo la superficie di scorrimento e delle piogge giornaliere cumulate su 180 giorni. Le aree nere rappresentano pioggia cumulata in eccesso rispetto a quella calcolata
con le piogge giornaliere medie degli ultimi 50 anni (da Tommasi et al., 2006).
Figura 8.2 – Confronto tra i valori misurati e calcolati della pressione neutra (da Pouget, 1993). L’Autore calcola i pesi a partire da una regressione lineare che minimizza gli scarti tra il valore della pressione neutra
giornaliera misurata e la grandezza
100
1
10
11
20
21
30321 cETPpbpbpbaP
i
ij
i
ij
i
ijjjj ++++= ∑ ∑ ∑
−
−=
−
−=
−
−=
.
Tale grandezza include l’effetto delle precipitazioni tra 1 e 10, 11 e 20, e 21 e 30 giorni precedenti il giorno cui la grandezza viene attribuita. I coefficienti “b”, oltre ad essere dei pesi per le precipitazioni, hanno la funzione di trasformare opportunamente le unità di misura. La costante additiva “a” ha lo scopo di traslare verticalmente la grandezza P e sovrapporla alle pressioni neutre. Nella definizione della grandezza viene inoltre considerato l’effetto dell’altezza di precipitazione persa per evapotraspirazione negli ultimi 100 giorni.
Figura 8.3 – Influenza delle precipitazioni e dell’evapotraspirazione sul regime idraulico (da Novotny e
Rybar, 1996).
Figura 8.4 – Correlazione tra precipitazioni e fenomeni franosi (da Sangrey et al., 1984).
Sovrascorrimento Faglie normali
VITERBO
AREZZO
URBINO
N
Montefalco
Spoleto
RIETI
TERNI
PERUGIA
San SilvestroMontemartano
Figura 8.5 - Principali stazioni pluviometriche nell'area di studio.
Figura 8.6 - Confronto tra le precipitazioni annuali nelle quattro stazioni pluviometriche considerate per gli anni 1988-2005.
400
Alte
zze
annu
ali d
i pio
ggia
(m
m/a
nno)
1988
0
200
Precipitazione annuale alla stazione di Montemartano media nel periodo 1988-2005 (circa 830 mm/mese)
19981993
Spoleto
S. Silvestro
Montefalco
Montemartano
19901989 19921991 19961994 1995 1997 200320011999 2000 2002 20052004
1200
1000
600
800
Figura 8.7/A, B - Precipitazioni mensili dal 1988 al 1993 (A) e dal 1994 al 1999 (B) nelle quattro stazioni pluviometriche considerate.
Montemartano
S. Silvestro
Montefalco
Spoleto
L1988
L1992
L1990
Alt
ezze
men
sili
di p
iog
gia
(m
m/m
ese)
240
Alt
ezze
men
sili
di p
iog
gia
(m
m/m
ese)
280
MG
40
80
0F
160
200
120
240
MA G
M
80
G
40
0F
160
200
120
MA G
Alt
ezze
men
sili
di p
iog
gia
(m
m/m
ese)
M
40
G
280
0F
160
200
80
120
MA G
280
240
M
M
NSA O G D F
NSA O G D F
MA LG 1993
SA NO
MA LG 1991
SA NO
D
D
MNSA O G D F MA LG 1989
SA NO D
A
G 1994G L A NS O D SMMF A
1995LG A NO DG F M A M
240
120
0
80
40
200
160
280
AFG M A1996G M L OS N D FG AM
1997G M AL OS N D
240
120
0
80
40
200
160
280
G AM1998G M AL NOS D SMMF A
1999LG A NO DFG
240
120
0
80
40
200
160
280
B
Figura 8.7/C - Precipitazioni mensili dal 2000 al 2005 nelle quattro stazioni pluviometriche considerate.
AFG M A2000G M L OS N D FG AM
2001G M AL OS N D
240
120
0
80
40
200
160
280
Alt
ezze
men
sili
di p
iog
gia
(m
m/m
ese)
G AM2002G M AL NOS D SMMF A
2003LG A NO DFG
240
120
0
80
40
200
160
280
Alt
ezze
men
sili
di p
iog
gia
(m
m/m
ese)
G AM2004G M AL NOS D SMMF A
2005LG A NO DFG
240
120
0
80
40
200
160
280
Alt
ezze
men
sili
di p
iog
gia
(m
m/m
ese)
C
Montefalco
S. Silvestro
Spoleto
Montemartano
Figura 8.8 - Precipitazioni giornaliere e giornaliere cumulate registrate alla stazione di Montemartano nel periodo per il quale si dispone di misure piezometriche.
NO MFD G LG G MA2004
O NSSA MFD G 2005
MN2002
FD G 2003
LG G A M SSAS O
06-02-2004
F
10-06-2003
Periodi di monitoraggio dei livelli piezometrici
G
16-12-2002
2002N D F M A M G G L
2003A SS DO N G O
2004G G AM M AL SS
08-03-2005
2005DN FG M
500
Alt
ezze
di p
iog
gia
gio
rnal
iera
cu
mu
late
(m
m)
200
0
100
300
400
800
600
700
D2002
S O N AAAFG M G G 2003
M L DOSS N FG M2004G G M AL SS O DN
2005G F M
Alt
ezze
di p
iog
gia
g
iorn
alie
ra (
mm
)
0
30
1020
5040
Figura 8.9 - Precipitazioni giornaliere e giornaliere cumulate registrate alla stazione di Montemartano nel periodo 2000-2002.
AAFG M G G 2000
M L DOSS N AAFG M G G 2001
M L DOSS N AAFG M G G 2002
M L DOSS N
Alt
ezze
di p
iog
gia
g
iorn
alie
ra (
mm
)
30
1020
5040
NO DMFG 2000
LG G A M SSA NO DMFG 2001
LG G A M SSA NO DMFG 2002
LG G A M SSA
500
Alt
ezze
di p
iog
gia
gio
rnal
iera
cu
mu
late
(m
m)
200
0
100
300
400
800
600
700
Figura 8.10/A - Precipitazioni giornaliere registrate alla stazione di Montemartano cumulate su 15, 30, 45, 60 e 90 giorni. La curva grigia rappresenta la precipitazione
giornaliera media nel periodo 1988-2005 cumulata sullo stesso numero di giorni. In nero vengono evidenziati gli eccessi di precipitazione rispetto alla media.
D
Alt
ezze
di p
iog
gia
g
iorn
alie
ra
cum
ula
ta s
u 1
5 g
iorn
i(m
m)
8040
S NO
120
2003G D MF MA LG G SSA NO G D MF
2004MA LG G OSSA N FG M
160
20052002
0
D
120
2002O NS
04080
F MD G G G LA M2003
O NA SS F MD G G G LA M2004
NA SS O
160
MG F2005
200240
Alt
ezze
di p
iog
gia
g
iorn
alie
ra
cum
ula
ta s
u 3
0 g
iorn
i(m
m)
12080400
240200160
2003G G MAG D MFS NO
2002NOSSA
2004MA LG G G D MFSSA NOL FG MD
2005
280
Alt
ezze
di p
iog
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Figura 8.10/B - Precipitazioni giornaliere registrate alla stazione di Montemartano cumulate su 15, 30, 45, 60 e 90 giorni al netto della
evapotraspirazione potenziale. La curva grigia rappresenta la precipitazione giornaliera media nel periodo 1988-2005 cumulata sullo stesso numero di giorni.
In nero vengono evidenziati gli eccessi di precipitazione rispetto alla media, anch'essa calcolata al netto dell'evapotraspirazione potenziale.
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Valore medio nel periodo 1952-2005 Polinomio interpolatore (decimo grado)
Figura 8.11 - Precipitazioni annuali alla stazione di Spoleto nel periodo 1952-2005.
240
120
0
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160
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1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 199519881987 199119901989 199419931992 199819971996 200120001999 2002 200520042003
Figura 8.12 - Precipitazioni mensili alla stazione di Spoleto negli anni 1952-2005. La curvagrigia rappresenta la precipitazione mensile media nel periodo 1952-2005. In nero sono
evidenziati gli eccessi rispetto alla media.
12080400
240200160
280320360400440480
1962G G MAG MF DSSA NOL
Figure 8.13 - Precipitazioni giornaliere registrate alla stazione di Spoleto cumulate su 30 giorni. La curva grigia
rappresenta la precipitazione giornaliera media nel periodo1988-2005 registrata alla stazione di Montemartano
cumulata sullo stesso numero di giorni. In nero vengono evidenziati gli eccessi di precipitazione rispetto alla media.
piogge giornaliere cumulate su 30 giorni massime a Montemartano nel periodo 2002-2005
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240200160
280320360400440480
1960G G MAG MF DSSA NOL
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piogge giornaliere cumulate su 30 giorni massime a Montemartano nel periodo 2002-2005
piogge giornaliere cumulate su 30 giorni massime a Montemartano nel periodo 2002-2005
1964G G MAG MF NOSSA
1965MA LG G G D MFSSA NOL D
12080400
240200160
280320360400440480
1968G G MAG MF NOSSA
1969MA LG G G D MFSSA NOL D
12080400
240200160
280320360400440480
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Figure 8.14 - Precipitazioni giornaliere registrate alla stazione di Spoleto cumulate su 30 giorni. La curva grigia
rappresenta la precipitazione giornaliera media nel periodo1988-2005 registrata alla stazione di Montemartano
cumulata sullo stesso numero di giorni. In nero vengono evidenziati gli eccessi di precipitazione rispetto alla media.
piogge giornaliere cumulate su 30 giorni massime a Montemartano nel periodo 2002-2005
piogge giornaliere cumulate su 30 giorni massime a Montemartano nel periodo 2002-2005
Figura 8.15 - Test della doppia massa applicato alle precipitazioni mensili registrate a Spoleto ed a Montemartano dal 1988 al 2005.
Figura 8.16 - Frequenza cumulata di non superamento dei valori della precipitazione giornaliera cumulata su
30 giorni (stazione di Montemartano) e corrispondente probabilità cumulata per le diverse distribuzioni di probabilità considerate.
Figura 8.17 - Tempo di ritorno dei valori di precipitazione giornaliera cumulata su 30 giorni (dettaglio tra 0 e 200 mm).
Figura 8.18 -Tempo di ritorno dei valori di precipitazione giornaliera cumulata su 30 giorni (dettaglio tra
200 e 350 mm).
9.1
Capitolo 9 - CIRCOLAZIONE IDRICA NEL VERSANTE
9.1 INTRODUZIONE
La definizione di un modello che riproduca i processi idraulici che avvengono in un pendio in
conseguenza dell’alimentazione operata dalle precipitazioni meteoriche richiede l’acquisizione
di numerose informazioni riguardanti la successione stratigrafica ed il suo assetto strutturale, le
proprietà idrauliche dei terreni, i caratteri climatici e le condizioni idrauliche al contorno: occorre
quindi esaminare tutti quei fattori - idrologici, climatici, idrogeologici ed antropici - che
concorrono a definire il regime della circolazione delle acque sotterranee nella situazione
considerata (Sciotti, 1997).
Nel caso in esame, tra i fattori idrogeologici esiste una situazione particolare rappresentata dalle
sorgenti ubicate lungo il contatto tra il versante roccioso della dorsale dei Monti Martani e il
versante interessato dai movimenti franosi delle coperture detritiche e di frana. Tali sorgenti,
come verrà precisato nel seguito, influiscono sulla circolazione idrica nel versante e pertanto le
loro caratteristiche (tipo di sorgente, portata e sue variazioni stagionali) sono state analizzate con
particolare attenzione.
Il capitolo è suddiviso in più parti. Nella prima parte sono presentati i risultati del monitoraggio
dei livelli piezometrici, analizzati in relazione al regime delle precipitazioni (paragrafi 9.2 e 9.3).
Nella seconda parte sono state studiate le proprietà idrauliche delle coperture detritiche e di frana
e delle formazioni marnoso-calcaree della Successione Umbro-Marchigiana (paragrafo 9.4).
Nella terza parte vengono caratterizzate dal punto di vista idrogeologico le sorgenti presenti alla
sommità del versante in studio (paragrafo 9.5).
Infine, nella quarta parte, sono presentati i risultati delle analisi numeriche di filtrazione per lo
studio della circolazione idrica nel versante. Lo scopo è stato quello di individuare in che
maniera l’infiltrazione delle acque meteoriche lungo il versante contribuisca a determinare,
insieme alle acque provenienti dagli acquiferi che alimentano le sorgenti, i moti di filtrazione che
hanno sede nel pendio.
9.2
9.2 ANALISI DEI LIVELLI PIEZOMETRICI
Nell’area di studio sono state installate 18 celle Casagrande in corrispondenza di 13 postazioni di
misura. L'ubicazione delle postazioni e la profondità delle celle è riportata in Figura 9.1.
Le misure piezometriche sono state eseguite con frequenza variabile, generalmente dell’ordine di
tre misure per mese. La campagna di misure non è stata continua, per cui si dispone di due
distinti periodi di controllo: da Dicembre 2002 a Giugno 2003 e da Febbraio 2004 a Marzo 2005.
I due periodi cadono in anni caratterizzati da precipitazioni piuttosto diverse: il 2003 è stato un
anno di scarse precipitazioni, successivo a tre anni con piogge annuali inferiori alla media e
progressivamente decrescenti; il 2004 è stato invece un anno caratterizzato da precipitazioni
superiori alla media annuale nel periodo 1988-2005 (Figura 9.2).
Se, per entrambi periodi di misura, si confrontano i livelli piezometrici nell'arco di tempo in cui
si ha continuità delle letture (da inizio Febbraio a fine Maggio) si osserva innanzitutto che nel
primo periodo (Figura 9.3) i livelli sono costanti o decrescenti e nettamente inferiori a quelli
misurati nel secondo, in accordo con il regime annuale delle precipitazioni meteoriche.
Nelle Figure 9.4/A/B/C/D sono state raggruppate le celle per le quali l’andamento temporale dei
livelli piezometrici risulta simile. Va rilevato che le celle della postazione di indagine P1,
installate alla profondità di 6 e 9 m dalla superficie del suolo nella parte sommitale del versante,
non hanno mai segnalato presenza di acqua.
Le Figure 9.4/A/B/C/D mostrano che nel versante esistono condizioni idrauliche differenziate.
Sostanzialmente è possibile identificare tre parti a differente comportamento idraulico: una parte
sommitale, comprendente le postazioni P5, P1 e P20; una parte centrale, comprendente le
postazioni P2, P3 e P8; una parte alla base del versante, comprendente le postazioni P4 e P9.
Se si confrontano ancora i livelli piezometrici nel periodo che va dall’inizio di Febbraio alla fine
di Maggio dei due anni di monitoraggio, si osserva che le celle ubicate a piccola profondità nei
materiali di frana nella parte sommitale del versante sono caratterizzate da una variazione
stagionale e da una variazione da un anno al successivo limitate (Figura 9.4/A).
La cella della postazione P6, pur essendo ubicata nella parte sommitale del versante, mostra una
variazione dei livelli simile a molte celle ubicate nella parte centrale del versante.
Le celle ubicate nei materiali di frana nella fascia centrale del versante (celle P2A e P8, Figura
9.4/B) sono caratterizzate da sensibile variazioni dei livelli piezometrici in entrambi i periodi (in
particolare nella prima decade di Marzo del secondo periodo si rileva un repentino aumento), e
da una variazione dal 2003 al 2004 maggiore del metro. Stesso andamento è mostrato dalla cella
9.3
P2C, ubicata nel substrato (formazione del Bisciaro) e dalla cella della postazione P6. Un
comportamento anomalo mostra, per il primo periodo, la cella 3A, ubicata nel detrito di falda.
Le celle più profonde delle postazioni P20 e P3 (Figura 9.4/C) mostrano nel secondo periodo un
andamento caratterizzato da forti variazioni, che avvengono però in ritardo rispetto a quelle che
si osservano nelle celle superficiali.
Le due celle alla base del versante (Figura 9.4/D) sono caratterizzate da uno stesso tipo di
risposta, con piccole variazioni in ciascuno dei due periodi e variazioni da un anno al successivo.
Il livello piezometrico è prossimo al piano campagna per la cella P4.
Se si confrontano le Figure 9.4/B e 9.4/C si osserva che il massimo dei livelli piezometrici è
raggiunto negli stessi giorni (primi di Maggio 2004).
La differenza di comportamento tra le celle che presentano un repentino aumento nella prima
decade di Marzo (Figura 9.4/B) e quelle che non presentano tale aumento (mentre nello stesso
periodo segnalano livelli piezometrici sostanzialmente costanti e successivamente un incremento
dei livelli fino al valore massimo della prima decade di Maggio, Figura 9.4/C) non sembra
direttamente riferibile alla profondità delle celle o alla unità stratigrafica all’interno della quale si
trova ciascuna cella (Tabella 9.1).
Cella Profondità (m) Unità
stratigrafica Parte del versante
P20A 5 Materiale di frana Sommitale P5 6,5 Materiale di frana Sommitale
P3A 6,5 Detrito di falda Centrale P8 9,5 Substrato allentato Centrale
P2A 17 Materiale di frana Centrale P6 18 Materiale di frana Sommitale
P2C 23 Substrato allentato Centrale P20B 10 Materiale di frana Sommitale P3B 15,5 Materiale di frana Centrale P4 9,5 Materiale di frana Inferiore P9 12 Substrato allentato Inferiore
Tabella 9.1 – Profondità delle celle Casagrande e unità stratigrafica nella quale sono installate.
9.3 RELAZIONI TRA PIOGGE, PRESSIONI NEUTRE E SPOSTAMENTI
DEL TERRENO
Come già riferito nel capitolo 6, il monitoraggio inclinometrico non è stato continuo né
contemporaneo per tutte le postazioni, e per valutare le velocità di spostamento è stato necessario
fare riferimento a due distinti periodi di analisi per i quali si disponesse di letture per un numero
9.4
adeguato di postazioni (8-21 Aprile 2003 e 15-28 Marzo 2004). Come evidenziato nella Tabella
6.2 le velocità di spostamento nel primo periodo sono piuttosto basse, mentre nel secondo sono
maggiori e risultano differenziate da postazione a postazione.
La Figura 9.3 mostra che la miglior corrispondenza tra l’andamento dei livelli piezometrici e
quello della precipitazione giornaliera cumulata su N giorni si ottiene per N=30. La scelta di un
numero di giorni minore comporta un andamento troppo frastagliato delle piogge cumulate su N
giorni e quindi la difficoltà di individuare qualsiasi correlazione, mentre la scelta di un intervallo
maggiore di 30 giorni sposta eccessivamente verso destra i picchi della precipitazione cumulata
su N giorni rispetto a quelli dei livelli piezometrici (andamenti non più in fase).
La fase di diminuzione dei livelli piezometrici di tutte le celle, sia nel primo che nel secondo
anno di misure, è contemporanea alle piogge giornaliere cumulate su 30 giorni; ciò indica, per
tutte le celle, una forte similitudine di comportamento in fase di deflusso.
Le precipitazioni giornaliere cumulate su 30 giorni nel primo periodo di analisi (Figura 9.5) sono
nettamente minori rispetto alla media degli ultimi diciotto anni (periodo di funzionamento del
pluviometro di Montemartano) per il primo periodo di analisi, mentre nel secondo periodo sono
più prossime a tale valore (rimanendo comunque inferiori ad esso); il valore assoluto nei due
periodi è praticamente lo stesso.
E' invece differente l’andamento nei 45 giorni precedenti ciascuno dei due periodi considerati
(Figura 9.5): le precipitazioni giornaliere cumulate su 30 giorni nei 45 giorni precedenti il
periodo dall’8 al 21 Aprile 2003 risultano sostanzialmente costanti (comprese tra 40 e 60 mm) e
dovute agli eventi meteorici di fine Gennaio 2003 (essendo scarsa e distribuita in singoli eventi
la precipitazione di Febbraio e Marzo 2003), mentre le precipitazioni giornaliere cumulate su 30
giorni nei 45 giorni precedenti il periodo dal 15 al 28 Marzo 2004 risultano crescenti, essendo
più intensa e distribuita su più giorni consecutivi la precipitazione di Febbraio e della prima metà
di Marzo 2004.
Come visto, benché i due periodi siano caratterizzati da precipitazioni giornaliere cumulate su 30
giorni confrontabili e minori dei valori medi nel periodo 1988-2005, i livelli piezometrici
misurati in alcune celle sono differenti nei due periodi; per molte celle i livelli piezometrici nel
primo periodo risultano minori (Figure 9.4/A/B/C/D).
In base alle suddette considerazioni appare logico ricercare il tempo di ritorno del valore minimo
(40 mm) e massimo (60 mm) dell'altezza di pioggia giornaliera cumulata su 30 giorni nei periodi
esaminati. Esso risulta pari a circa 40 giorni (Figura 8.17). Ciò significa che anche in anni di
9.5
scarse precipitazioni si verificano movimenti e che questi, forse con l'esclusione del periodo
estivo, dovrebbero avere carattere di sostanziale "continuità".
9.4 CONDUCIBILITA’ IDRAULICA DEI TERRENI E DELLE ROCCE
Nel mese di Luglio 2004, durante la perforazione del sondaggio 3 bis, sono state condotte due
prove di conducibilità idraulica in foro di tipo Lefranc a carico variabile, per i tratti di foro da 14
a 15 m e da 21 a 22 m di profondità; durante il mese di Giugno 2005 sono state eseguite prove di
permeabilità in piezometro nelle sei celle che risultavano al momento ancora funzionanti.
Tali prove, nonostante il loro carattere puntuale, costituiscono l’unico tipo di informazione
significativa sulla conducibilità idraulica dei terreni indagati, per i quali le prove di conducibilità
idraulica in laboratorio non sarebbero assolutamente rappresentative del comportamento a scala
naturale per via della eterogeneità che caratterizza il materiale.
Non si dispone invece di misure di conducibilità idraulica delle formazioni che costituiscono la
dorsale dei Monti Martani ed il substrato del versante costituito dalle coperture detritiche e di
frana.
Per raccogliere informazioni sulla conducibilità idraulica di questi materiali, e soprattutto per
avere un confronto tra i valori relativi alle diverse formazioni e valutare la variabilità all’interno
di ciascuna formazione, si è fatto riferimento a studi eseguiti in zone con caratteristiche
geologiche simili.
9.4.1 Prove di conducibilità idraulica in foro (Lefranc)
Le prove di conducibilità idraulica in foro di tipo Lefranc sono state eseguite a carico variabile
(prove “a caduta”) nei tratti di foro da 14 a 15 m e da 21 a 22 m di profondità del sondaggio S3
bis e hanno interessato i materiali di frana nella parte centrale del versante.
Esse sono state interpretate assimilando il tratto di foro a un filtro cilindrico in terreno uniforme,
omogeneo ed isotropo nei riguardi della conducibilità idraulica; per il coefficiente di forma è
stata adottata l’espressione di Hvorslev (1951).
I valori del coefficiente di conducibilità idraulica del materiale tra 14 e 15 m di profondità e tra
21 e 22 m è riportato nella Tabella 9.2.
9.6
9.4.2 Prove di conducibilità idraulica in piezometro
Le prove sono state condotte a carico variabile (prove “a caduta”), ed elaborate nell’ipotesi di
filtro cilindrico in terreno uniforme, omogeneo e isotropo nei riguardi della conducibilità
idraulica. Per la definizione del coefficiente di forma è stata adottata l’espressione fornita dalle
norme NAVFAC P-418 dello U.S. Army Corps of Engineers.
L’andamento dell'abbassamento del livello dell'acqua nel tempo è riportato nella Figura 9.6. In
Tabella 9.2 sono riassunti i risultati delle prove.
I valori del coefficiente di conducibilità idraulica risultano piuttosto variabili: il valore minimo si
ha per il materiale in cui è installata la cella P20/A, che si trova all’interno della zona di
scorrimento evidenziata dall’inclinometro I20. Il valore massimo si ha per il materiale in cui è
installata la cella P3/A.
Tipo di prova Strumento Profondità
(m) Tipo di terreno Parte del
versante Coefficiente di conducibilità
idraulica (m/s)
14-15 Materiale di frana Centrale 1,2x10-8 Conducibilità idraulica in foro (S3bis)
21-22 Materiale di frana Centrale 4,2x10-7
P 5 6,5 Materiale di frana Sommitale 1,5x10-7 P 20/A 5,0 Materiale di frana
(zona di scorrimento) Sommitale 2,6x10-9
P 2/A 17,0 Materiale di frana Centrale 9,0x10-7 P 6 18,0 Materiale di frana Sommitale 7,2x10-7 P 3/A 6,5 Detrito di falda Centrale 1,7x10-6
Conducibilità idraulica in piezometro
P 4 9,5 Materiale di frana Inferiore 2,6x10-8
Tabella 9.2 - Valori del coefficiente di conducibilità idraulica ottenuti con prove a carico variabile in foro e in piezometro.
9.4.3 Conducibilità idraulica delle formazioni marnoso-calcaree della Successione Umbro-
Marchigiana
L’analisi della conducibilità idraulica delle formazioni costituenti il substrato è consistita nella
rielaborazione dei risultati di 127 prove Lugeon condotte su 27 fori di sondaggio fatte eseguire
dall’Ente Bonifica ed Irrigazione di Arezzo negli anni settanta per la realizzazione di un
serbatoio artificiale nel bacino del torrente Assino, in località Celle nel Comune di Gubbio (PG).
Nell’area affiorano le formazioni dalla Scaglia Bianca alla Marnoso-Arenacea; queste sono
9.7
interessate da una tettonica a pieghe con asse in direzione Appenninica e da disgiunzioni di varia
importanza (Olivero, 1976).
Le prove Lugeon sono state condotte a tre gradini di pressione (1, 3 e 5 atmosfere) su tratti di
foro di lunghezza 5 m, per la durata di 20-30 minuti, dopo aver ottenuto la stabilizzazione. Di
queste sono state considerate solo le prove condotte al di sotto della superficie libera della falda
idrica, escludendo comunque quelle per le quali il diagramma portata-pressione indicava regime
turbolento, fatturazione idraulica o svuotamento delle fessure.
La descrizione delle formazioni nel bacino del torrente Assino è riportata nella Tabella 9.3.
Formazione Descrizione Scaglia Rossa Calcari stratificati, più o meno marnosi, ai quali localmente si associano
frequenti intercalazioni argilloso-marnose sottili ed a volte discontinue. Noduli e lenti di selce rossa sono variamente distribuiti. La potenza degli strati varia da qualche centimetro a 30-40 cm. Il colore degli strati è variabile dal rosso acceso al rosato. Verso il letto della serie, al passaggio alla Scaglia Bianca, si associano livelli uniformemente bianco-giallastri o a chiazze irregolari di questo colore. Verso il tetto, analogamente, al passaggio con la sovrastante Scaglia Cinerea, si alternano livelli, uniformi o a chiazze, grigi e rosati. In generale, passando dal letto al tetto gli orizzonti di Scaglia Rossa più marnosi diventano progressivamente più frequenti, accanto ai livelli più decisamente calcarei.
Scaglia Cinerea Calcari marnosi e marne calcaree, con intercalazioni argilloso-marnose spesso fogliettate. Il colore è grigio o grigio-verde. Livelli rosati si riscontrano verso il letto della serie, al passaggio verso la Scaglia Rossa. Lo spessore degli strati varia da qualche decimetro, nella parte bassa della formazione, a pochi centimetri nella parte alta. Nell’ambito del singolo strato le marne presentano generalmente una fitta suddivisione in scaglie, che appare in grande evidenza solo in superficie per effetto delle alternanze di umidità e secchezza, mentre nei campioni prelevati in profondità esiste in forma latente e si rivela solo a distanze di tempo, con il disseccamento. In affioramento, nella parte alta della formazione, caratterizzata da strati più sottili, tale suddivisione è così spinta da mascherare a volte la stratificazione. In generale il contenuto argilloso va aumentando sia in media dal letto al tetto della formazione, sia nel particolare dal letto al tetto dei singoli strati, i quali terminano spesso con un livelletto schiettamente argilloso.
Bisciaro Alternanze di calcari, calcari marnosi e marne di colore grigiastro. Lo spessore degli strati calcarei è di circa 50-60 cm verso il letto della formazione e diminuisce gradatamente verso il tetto. Contemporaneamente si ha un aumento progressivo dello spessore delle marne intercalate. Tra gli strati calcareo-marnosi sono presenti livelli di selce nera.
Schlier Marne fogliettate, talora un po’ scistose, con contenuto argilloso aumentante verso l’alto. Il colore è grigiastro. La stratificazione è poco netta.
Tabella 9.3 – Formazioni della Successione Umbro-Marchigiana dalla Scaglia Rossa allo Schlier nel bacino del torrente Assino (Olivero, 1976).
9.8
Anche queste prove hanno fornito valori del coefficiente di conducibilità idraulica piuttosto
variabili. I risultati sono riassunti nella Tabella 9.4, espressi come numero di prove che
forniscono un valore della conducibilità idraulica che ricade nella classe considerata, in rapporto
al numero di prove condotte nella stessa formazione nello stesso intervallo di profondità.
Formazione della Scaglia Rossa (12 valori)
Classe Profondità
A B C D E F G H I
5 m – 15 m 1 / 6 5 / 6 15 m – 25 m 2 / 5 3 / 5 25 m –35 m 1/1 35 m – 55 m
Formazione della Scaglia Cinerea (15 valori)
Classe Profondità
A B C D E F G H I
5 m – 15 m 1 / 1 15 m – 25 m 3 / 4 1 / 4 25 m –35 m 2 / 4 2 / 4 35 m – 55 m 6 / 6
Formazione del Bisciaro (14 valori)
Classe Profondità
A B C D E F G H I
5 m – 15 m 1 /1 15 m – 25 m 2 / 2 25 m –35 m 1 / 6 3 / 6 2 / 6 35 m – 55 m 1 / 5 3 /5 1 / 5
Formazione dello Schlier (12 valori)
Classe Profondità
A B C D E F G H I
5 m – 15 m 3 / 3 15 m – 25 m 1 / 2 1 / 2 25 m –35 m 3 / 4 1 / 4 35 m – 55 m 1 / 3 2 /3
Tabella 9.4 – Risultati delle prove Lugeon eseguite per la realizzazione del serbatoio artificiale nel bacino del torrente Assino: numero di prove che forniscono un valore della conducibilità idraulica che ricade nella classe considerata, in rapporto al numero di prove condotte nella stessa formazione e nello
stesso intervallo di profondità.
Le classi di conducibilità idraulica a cui si è fatto riferimento sono riportate nella Tabella 9.5.
9.9
Classe di
conducibilità idraulica
Intervallo di valori del coefficiente di conducibilità idraulica k
A k < 1x10-9 m/s B 1x10-9 m/s < k < 5x10-9 m/s C 5x10-9 m/s < k < 1x10-8 m/s D 1x10-8 m/s < k < 5x10-8 m/s E 5x10-8 m/s < k < 1x10-7 m/s F 1x10-7 m/s < k < 5x10-7 m/s G 5x10-7 m/s < k < 1x10-6 m/s H 1x10-6 m/s < k < 5x10-6 m/s I k > 5x10-6 m/s
Tabella 9.5 – Classi di conducibilità idraulica considerate.
La Scaglia Rossa ha coefficiente di conducibilità idraulica corrispondente prevalentemente alle
classi F e G.
Il coefficiente di conducibilità idraulica della formazione della Scaglia Cinerea sembra ricadere
sostanzialmente nella classe C per profondità maggiori di 15 m.
I valori del coefficiente di conducibilità idraulica del Bisciaro ricadono prevalentemente nelle
classi F e G, ma si osserva una forte variabilità di tale coefficiente; ciò può essere posto in
relazione con la litologia del materiale nel tratto di prova: maggiormente marnoso-calcareo
oppure calcareo-marnoso. Questo fattore sembra prevalere sulla diminuzione della conducibilità
idraulica che si ha per effetto della maggiore profondità. A conferma di quanto, l’esame delle
stratigrafie di sondaggio indica che valori minori del coefficiente di conducibilità idraulica
corrispondano a tratti più marnoso-argillosi.
Lo Schlier sembra essere caratterizzato da valori che ricadono nelle classi F e G per profondità
comprese tra 15 e 35 m. Valori lievemente minori, corrispondenti alle classi E ed F, si hanno per
profondità maggiori di 35 m. Al di sotto dei 15 m di profondità si osservano valori del
coefficiente di conducibilità idraulica maggiori rispetto alle prove superficiali; ciò potrebbe
essere attribuito a processi di ammorbidimento e alterazione del materiale prossimo alla
superficie.
I risultati delle prove di permeabilità condotte nel bacino del torrente Assino possono essere
messi a confronto con quelli delle prove in piezometro e Lefranc eseguite a Montemartano: i
materiali di frana nella parte centrale del versante ricadono nelle classi di conducibilità idraulica
D, F e G, nella quale ricadono 12 dei 14 valori corrispondenti alla formazione del Bisciaro nel
bacino del torrente Assino. La prova di conducibilità idraulica condotta nella cella P3A
suggerisce che il detrito di falda nella fascia centrale del versante possa essere caratterizzate da
9.10
valori maggiori della conducibilità idraulica (classe H). Ai materiali di frana nella parte
sommitale del versante corrispondono valori del coefficiente di conducibilità idraulica compresi
nelle classi F e G. Il coefficiente di conducibilità idraulica del materiale all’intorno della cella
P20A, posizionata all’interno della zona di scorrimento, è compreso nella classe di conducibilità
idraulica B, la quale sembra caratterizzare i primi 5 m di profondità della formazione della
Scaglia Cinerea nel bacino del torrente Assino. Infine, al materiale di frana nella parte inferiore
del versante corrisponde un valore piuttosto ridotto del coefficiente di conducibilità idraulica,
che risulta compreso nella classe D; è da notare che la cella è installata all’interno della zona di
scorrimento più superficiale presente in corrispondenza di questa postazione.
9.5 CARATTERIZZAZIONE IDROGEOLOGICA DELLE SORGENTI DI
MONTEMARTANO
A Sud-Ovest del nucleo storico dell'abitato di Montemartano, tra 620 e 630 m s.l.m., esistono
alcune emergenze idriche, in parte captate e destinate ad uso potabile (Figura 9.7).
Le sorgenti si localizzano al contatto tra la formazione della Scaglia Rossa (di litologia calcarea e
calcareo-marnosa) e le formazioni della Scaglia Variegata e Cinerea, prevalentemente marnose e
marnoso-calcaree, molto meno permeabili. Le sorgenti sono classificabili su base geologica
come "sorgenti di sbarramento per soglia di conducibilità idraulica sottoposta" (Figura 9.8).
Gli studi idrogeologici sulle sorgenti di Montemartano (Cattuto, 1991) assumono che la soglia di
conducibilità idraulica sia costituita da un “piano di sovrascorrimento” inclinato circa 10°-15°
verso l’interno dell’ammasso roccioso al contatto tra le formazioni della Scaglia Rossa
(serbatoio) e della Scaglia Variegata (a cui soggiace la Scaglia Cinerea).
La via di deflusso più importante si trova in corrispondenza della intersezione tra il
sovrascorrimento e la faglia di Montemartano, che invece impedisce il deflusso delle acque
sotterranee verso Nord (Cattuto, 1991).
L’opera di presa realizzata inizialmente (la data di costruzione non è nota, ma in base alle
fotografie aeree si ritiene sia antecedente al 1954) consisteva in un manufatto in muratura
(bottino di presa) addossato alla parete rocciosa in prossimità della emergenza principale. Esso
ha subito nel corso degli anni un progressivo distacco dalla parete rocciosa in conseguenza dei
movimenti della coltre detritica su cui era fondato (Figura 9.9).
In corrispondenza del bottino di presa, nel 1991 sono stati realizzati tre sondaggi verticali di
lunghezza compresa tra 5 e 14 m (sondaggi S1, S2 e S3 in Figura 9.9) e uno orizzontale lungo 88
9.11
m (sondaggio SO). Tali sondaggi hanno permesso di chiarire la situazione stratigrafica locale:
l’opera di presa e il serbatoio di accumulo originari risultavano fondati su una colte detritica di
spessore massimo dell’ordine della decina di metri, in movimento lento sul sottostante substrato.
Lo spessore complessivo delle formazioni della Scaglia Variegata e Cinerea nella zona
dell’opera di presa sembra non eccedere la ventina di metri.
Il serbatoio di accumulo, anch’esso fondato sulla coltre detritica, presentava segni di dissesto agli
inizi degli anni novanta, tanto che nel 1996 ne hanno resa necessaria la ricostruzione. La
presenza di vie di circolazione, attraverso le quali si infiltravano nel sottosuolo le acque di
superficie, ha comportato alla fine degli anni novanta la realizzazione di una nuova opera di
captazione.
La nuova opera di presa è costituita da una camera all’interno dell’ammasso a cui si accede
attraverso un cunicolo (Figura 9.10) realizzato a quota di qualche metro inferiore a quella
dell'originario bottino; il cunicolo si compone di una serie di conci tubolari di acciaio aventi
diametro pari a 2,5 m e spessore 30 mm, per una lunghezza complessiva di circa 16 m. Dalla
camera, profonda 6 m, sono state realizzate due file di dreni tubolari finestrati, in acciaio zincato,
di lunghezza compresa tra 40 a 60 m, una orientata verso l’interno dell’ammasso e l’altra verso
l’alto (documentazione A.S.E.M. Azienda Servizi Energetici Municipalizzati - Spoleto).
In occasione di un sopralluogo effettuato nel 2004 è risultato che dai dreni tubolari orientati in
direzione suborizzontale non scaturiva acqua, mentre risultavano funzionanti quelli verticali.
Uno dei conci del cunicolo di accesso alla camera di presa era ovalizzato e ruotato rispetto agli
altri.
Le misure di portata hanno riguardato la sorgente le cui opere di captazione sono state descritte
in quanto precede. Le misure di portata da Novembre 2004 a Dicembre 2005 sono riportate nella
Figura 9.11.
L’indice di variabilità R di Meinzer (Ippolito et al., 1975), definito come rapporto tra la massima
differenza di portata nel corso di un anno idrologico e la portata media nello stesso periodo, è
pari al 145 %; la sorgente è pertanto classificabile come "perenne" e "variabile" (R > 100%).
Poiché non si dispone di misure di portata per un congruo numero di anni consecutivi, non è
possibile calcolare una portata media pluriennale; qualora fosse possibile ritenere le portate
misurate come caratteristiche del regime pluriennale della sorgente, questa apparterrebbe al
quarto gruppo (portata media pluriennale compresa tra 10 e 100 l/s) della classificazione
quantitativa di Meinzer (Ippolito et al., 1975). Alcuni dati storici sembrano giustificare tale
attribuzione (Figura 9.11).
9.12
L’elevato valore dell’indice di variabilità annuale (145 %) e l’andamento temporale delle portate,
che si caratterizza per la presenza di due distinti massimi, uno a Gennaio 2005 e uno nel periodo
Aprile-Maggio 2005, suggerisce che il serbatoio che alimenta la sorgente è dotato di una capacità
di immagazzinamento ridotta e quindi di scarsa capacità regolatrice, con portate erogate che
seguono l’andamento stagionale delle precipitazioni. Se si interpreta il tratto di esaurimento da
Maggio a Novembre 2005 con l’espressione esponenziale di Mallet (Q = Q0 e-at) si valuta un
volume d’acqua immagazzinato nella porzione di acquifero che alimenta la sorgente dell’ordine
dei 150.000 m3.
9.6 ANALISI NUMERICHE DELLA CIRCOLAZIONE IDRICA NEL
VERSANTE
9.6.1 Modello assunto
Le analisi sono consistite in una serie di simulazioni numeriche dei moti di filtrazione in
condizioni di stato stazionario.
La filtrazione è stata studiata in condizioni bidimensionali, considerando la sezione A-A’ (Figura
7.1): tale sezione, centrale rispetto al pendio e diretta verso il minimo morfologico presente a
Nord del Colle Rosso, risulta la più idonea per lo studio della circolazione idrica, in quanto
interessa un discreto numero di postazioni piezometriche (P1, P2, P3 e P4) e passa in
corrispondenza dell’opera di presa delle sorgenti, dove sono disponibili ulteriori informazioni
stratigrafiche di dettaglio.
Il dominio di filtrazione (Figura 9.12/a) è stato definito facendo riferimento al modello geologico
semplificato presentato nel capitolo 3, la cui principale incertezza riguarda l’estensione delle
formazioni in profondità e verso l’interno della dorsale. Alla formazione del Bisciaro è stato
attribuito uno spessore di 50 m in corrispondenza della parte centrale del versante: a monte le
formazioni del Bisciaro, della Scaglia Cinerea e della Scaglia Variegata sono ripiegate su se
stesse (Figura 3.8), e la formazione del Bisciaro, corrispondente al nucleo della piega, potrebbe
di conseguenza avere spessori apparentemente maggiori.
La Scaglia Cinerea affiora in serie rovesciata in corrispondenza delle sorgenti: i sondaggi
realizzati in corrispondenza dell’opera di presa indicano che essa presenta, a contatto con la
formazione del Bisciaro, spessore ridotto (Figura 9.9). L’inclinazione del contatto tra la Scaglia
Rossa e le Scaglie Variegata e Cinerea è stato assunta pari a 15° (tratto BC in Figura 9.12/b). Il
9.13
dominio di filtrazione si estende 100 m verso l’interno della montagna (contorno verticale AB).
Il contorno AB rappresenta una possibile schematizzazione del contatto tra le formazioni della
Scaglia Cinerea e del Bisciaro.
Il contorno di valle del dominio di filtrazione (DE) è stato assunto in corrispondenza della zona
pianeggiate presente alla base del versante. Esso è spinto fino a 35 m di profondità.
Il contorno inferiore (AE) è inclinato 5° rispetto all’orizzontale. Tale inclinazione coincide con
l’inclinazione del piano campagna in molte parti del versante e con l’inclinazione media del tetto
del substrato (formazioni del Bisciaro e dello Schlier) nella parte centrale del pendio.
Tenuto conto delle unità stratigrafiche definite al paragrafo 5.6 e delle classi di conducibilità
idraulica introdotte nel paragrafo 9.4.3. sono state definite le “unità idrogeologiche”. Esse
corrispondono alle unità stratigrafiche con alcuni accorpamenti (Tabella 9.6).
Ciascuna unità idrogeologica è stata modellata come materiale omogeneo e isotropo nei riguardi
della conducibilità idraulica; a ciascuna unità è stato attribuito il valore centrale della classe di
conducibilità idraulica maggiormente rappresentativa.
Unità idrogeologica
Classe di conducibilità
idraulica
Intervallo di valori del coefficiente di
conducibilità idraulica (m/s)
1 Formazione della Scaglia Cinerea
C 5x10-9 – 1x10-8
2 Formazioni del Bisciaro e dello Schlier
F 1x10-7 – 5x10-7
3 Coperture (materiale di frana e detrito di falda) nella parte superiore del versante
F
1x10-7 – 5x10-7
4 Materiali di frana nella parte centrale del versante
G
5x10-7 – 1x10-6
5 Materiale di frana nella parte inferiore del versante
D
1x10-8 – 5x10-8
6 Detrito di falda nella parte centrale ed inferiore del versante
H 1x10-6 – 5x10-6
Tabella 9.6 – Classi di conducibilità idraulica attribuite ai terreni nelle analisi semplificate della
filtrazione.
Come si nota dalla Tabella 9.6, il materiale di frana e il detrito di falda presenti nella parte
sommitale del versante sono stati considerati come un’unica unità idrogeologica ed è stato loro
9.14
attribuito il valore medio della classe di conducibilità idraulica ottenuto dalla prova condotta
nella cella piezometrica P5.
La formazione della Scaglia Rossa non è stata considerata all’interno del dominio di filtrazione:
il valore della cadente piezometrica all’interno di tale formazione è infatti certamente ridotto (al
massimo pari a qualche per cento) nei cento metri per i quali il dominio di filtrazione è stato
protratto verso l’interno della dorsale. La situazione idrogeologica responsabile della presenza
delle sorgenti (ubicate in corrispondenza del punto C) può essere quindi riprodotta nel modello
adottando una opportuna condizione idraulica al contorno lungo i tratti BC e AB. Tale
assunzione appare senza dubbio accettabile in relazione allo scopo per il quale le simulazioni
numeriche sono state condotte.
La discretizzazione del dominio di filtrazione in elementi finiti è riportata in Figura 9.12/b.
Come è noto, in condizioni di stato stazionario la rete idrodinamica non dipende dal valore
assoluto del coefficiente di conducibilità idraulica attribuito ai diversi materiali presenti, ma dal
rapporto reciproco tra i diversi valori; in Figura 9.12/a i valori del coefficiente di conducibilità
idraulica sono espressi pertanto in termini relativi. Dalla figura si rileva che, in conseguenza
dell’approccio esposto, al substrato ed alle coltri di frana sono stati attribuiti valori della
conducibilità idraulica confrontabili, mentre alla formazione della Scaglia Cinerea è stata
attribuita una conducibilità idraulica minore di due ordini di grandezza rispetto a quella dei
materiali sopra considerati; conducibilità idraulica minore di un ordine di grandezza è stata
attribuita ai materiali di frana alla base del versante, mentre al detrito di falda nella parte centrale
ed inferiore del pendio è stato attribuito un valore maggiore di un ordine di grandezza.
9.6.2 Analisi eseguite
Sono state condotte due serie di analisi utilizzando il codice di calcolo agli elementi finiti
SEEP/W di GeoStudio 2004 (GEO-SLOPE International, 2004): nella prima serie è stato
considerato il caso di moto non confinato che si instaurerebbe in assenza di apporti idrici dovuti
alle precipitazioni che si infiltrano lungo il versante; nella seconda serie è stato considerato il
caso di precipitazioni cospicue, in grado di mantenere la presenza di un film di acqua lungo il
profilo del versante.
Per ciascuna serie di analisi sono stati considerati più modelli, differenti tra loro per le condizioni
al contorno assunte lungo BA e DE. Per tutti i modelli il contorno AE (bordo inferiore della
regione di flusso) è stato assunto impermeabile (Figura 9.12).
9.15
Come già detto, le sorgenti si manifestano in corrispondenza del punto C per intersezione della
superficie piezometrica con il profilo del versante: per via del basso valore della cadente
piezometrica in prossimità dell’emergenza, lungo il contorno BC è stato imposto un valore
costante del carico idraulico, pari proprio all’altezza geometrica del punto C.
Per quanto riguarda i contorni verticali che limitano la regione di flusso a monte (AB) ed a valle
(DE) sono state prese in considerazioni più ipotesi ed attribuite conseguentemente differenti
combinazioni di condizioni al contorno (Tabella 9.7): in particolare, nei modelli M1 e M3 il
contorno AB è stato assunto impermeabile, ipotizzando che la circolazione idrica nel dominio in
studio sia alimentata dall’acquifero a monte soltanto attraverso il contorno BC. Nei modelli M2 e
M4 al contorno AB è stata attribuita la condizione al contorno assegnata lungo BC.
Anche lungo DE sono state considerate due differenti condizioni al contorno: nei modelli M1 e
M2 il contorno è stato considerato impermeabile, mentre nei modelli M3 e M4 è stata ipotizzata
una distribuzione idrostatica delle pressioni neutre.
Modelli
M1 M2 M3 M4 Tratto AB
Q = 0 H = H( C ) Q = 0 H = H( C )
Tratto ED
Q = 0 Q = 0 H = H( E ) H = H( E )
Tabella 9.7 – Condizioni al contorno assunte nell’analisi.
H = carico idraulico; Q = portata.
Sono stati infine considerati altre due classi di modelli (modelli M5 e M6) per i quali è stato
opportunamente prolungato verso valle il dominio di filtrazione e lungo il nuovo bordo verticale
della regione di flusso è stata ipotizzata una distribuzione idrostatica delle pressioni neutre;
queste due classi sono state introdotte per evitare di dover attribuire a priori (ossia come dato di
ingresso dell’analisi) la distribuzione di pressione neutra lungo il contorno DE.
I modelli M5 assumono lungo AB la stessa condizione al contorno dei modelli M1 e M3, mentre
i modelli M6 assumono quella dei modelli M2 e M4.
9.16
9.6.3 Risultati delle analisi
I risultati delle analisi di filtrazione sono riportati nelle Figure 9.13 per i modelli M1 ed M4,
espressi in termini di linee equipotenziali; per i modelli M2, M3, M5 ed M6 si ottengono risultati
sostanzialmente analoghi a quelli riportati nelle suddette Figure. La variazione di carico idraulico
da una linea equipotenziale alla successiva è pari a 2 m. Per comodità sono rappresentate anche
alcune linee di flusso.
Per tutte le analisi condotte la regione a conducibilità idraulica ridotta in corrispondenza del
contorno BC è sede di gradienti idraulici molto elevati, diretti sostanzialmente verso il basso per
effetto della maggiore conducibilità idraulica del terreno sottostante.
Nella prima serie di analisi (apporto idrico unicamente dall’acquifero che alimenta le sorgenti,
Figura 9.13/A) è presente un cuneo di terreno in condizioni di parziale saturazione al di sotto
della regione a conducibilità idraulica ridotta.
Queste modellazioni possono spiegare perché le due celle piezometriche della postazione P1,
installate alla profondità di 6 e 9 m, non hanno misurato alcun livello piezometrico durante
l’intero periodo di monitoraggio.
L’effetto dovuto alla presenza di uno o più strati di conducibilità idraulica ridotta alla sommità di
un versante è stato studiato da Rulon et al. (1985) in condizioni di stato stazionario e moto di
filtrazione non confinato (Figure 9.14 ed 9.15). L’analisi svolta dagli Autori evidenzia che si
possono formare falde sospese e superfici di filtrazione multiple e che le loro caratteristiche
dipendano dalla posizione degli strati e dal rapporto tra la conducibilità idraulica dei materiali
costituenti il versante.
Nella seconda serie di analisi (apporto idrico dall’acquifero che alimenta le sorgenti e dalle
precipitazioni meteoriche che si infiltrano lungo il profilo del versante, Figura 9.13/B),
indipendentemente dalle condizioni al contorno assunte lungo i bordi verticali della regione di
flusso, le ondulazioni del profilo del versante e la distribuzione assunta della conducibilità
idraulica possono generare reti idrodinamiche caratterizzate da sistemi di flusso secondari che si
formano all’interno del sistema di flusso principale (Freeze e Witherspoon, 1966). Nell’insieme
sono individuabili tre sistemi di flusso secondari, uno nella parte sommitale del versante e gli
altri due nella porzione centrale ed inferiore del versante stesso.
In corrispondenza della postazione piezometrica P2 il moto di filtrazione ha direzione
sostanzialmente orizzontale ed entrambe le celle piezometriche ricevono alimentazione dalla
9.17
stessa area. Ciò è in accordo con le misure piezometriche che forniscono lo stesso livello
piezometrico per entrambe le celle della postazione (Figura 9.4/B).
La parte centrale del pendio tra la postazione P2 e la postazione P3 costituisce una zona
particolare, in quanto si concentrano in superficie le linee di flusso dell’intera circolazione
proveniente dalla parte superiore del versante (Figure 9.13).
Infine (Figure 9.13), la presenza di una zona, alla base del versante, avente conducibilità
idraulica minore di quella del materiale circostante produce, come già evidenziato da Patton e
Hendron (1974), gradienti idraulici localmente diretti verso l’alto nella circolazione idrica più
superficiale, mentre la circolazione idrica profonda si sviluppa al di sotto di tale zona, senza
venirne sostanzialmente influenzata (Figura 9.16).
9.7 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
L’intervallo di variazione della conducibilità idraulica delle unità idrogeologiche corrispondenti
alle coperture varia da 1x10-8 a 5x10-6 m/s, campo che corrisponde a materiali quali sabbie fini,
limi, terreni con granulometria mista da sabbia ad argilla. Tali valori, relativamente elevati,
possono essere messi in relazione con il numero N di giorni, relativamente ridotto (N = 30), per
il quale l’andamento dei livelli piezometrici appare in fase con le altezze giornaliere di
precipitazione cumulate su N giorni. Nel caso della frana di Porta Cassia a Orvieto (Tommasi et
al., 2004), dove il valore della conducibilità idraulica dei materiali costituenti il corpo di frana è
dell’ordine di 10-9 - 10-10 m/s, l’andamento dei livelli piezometrici in profondità appare in fase con
le precipitazioni giornaliere cumulate su 120-180 giorni.
Con l’eccezione della parte sommitale del versante, l’ipotesi di persistenza di un film di acqua
lungo il piano campagna in conseguenza di precipitazioni eccezionalmente cospicue, pur non
corrispondendo a una situazione riscontrata nel periodo delle misure, non rappresenta una
condizione del tutto dissimile dai livelli piezometrici massimi misurati (metà di Maggio 2004).
Le analisi numeriche della circolazione idrica nel versante hanno permesso di individuare la
presenza di due sistemi di flusso interagenti, ma caratterizzati da bilanci idrici distinti: il primo,
che ha sede prevalentemente nel substrato, è alimentato dall’acquifero da cui dipendono le
sorgenti; il secondo riceve alimentazione dalle precipitazioni che si infiltrano lungo il versante e
può interessare sia le coperture che la parte sommitale del substrato. Questo secondo sistema di
flusso è caratterizzato da percorsi di filtrazione di lunghezza limitata in conseguenza della
9.18
morfologia del versante, che favorisce la formazione di zone di accumulo delle acque superficiali
nelle aree più depresse.
La sostanziale “continuità” dei movimenti, evidenziata dal tempo di ritorno piuttosto breve degli
eventi meteorici che sono stati sufficienti ad attivare i movimenti, può essere spiegata
considerando che la circolazione idrica dovuta agli apporti dell’acquifero che alimenta le
sorgenti è tale da determinare nel versante un campo di pressioni neutre prossimo a quello critico
(attivazione dei movimenti). In queste condizioni apporti meteorici anche di entità limitata
possono innescare i movimenti.
Figura 9.1 - Ubicazione delle postazioni piezometriche con indicazione della profondità delle celle.
0 100 200 m
P 5
N
A: -5 mB: -10 m
P 20
A: -17 mC: -23 m
P 2-6,5 m
P 1
-18 mP 6
-9,5 mP 4
-9,5 mP 8
-12 mP 9
P 3A: -6,5 mB: -15,5 m P 11
-5 m
2000199919981995 1996 19971988 1989 1990 1991 1992 1993 2001 2002 2003 20041994
800
Alt
ezze
an
nu
ali d
i pio
gg
ia
(mm
/an
no
) 600
400
200 0
1000
1200
2005
Figura 9.2 - Precipitazioni annuali registrate a Montemartanodal 1988 al 2004 e valore medio della precipitazione annuale.
valore medio
Figura 9.3 - Correlazione tra la variazione nel tempo dei livellipiezometrici (A) e la precipitazione giornaliera registrata a Montemartano
cumulata su 15 (B), 30 (C), 45 (D) e 60 (E) giorni.
-5
0
-10
-15
-5
0
-10
-15
-5
0
-10
-15
-5
0
-10
-15
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2003G L SFG AM2003G G M AL OSS DN FG AM G S
2004LG M A NO D
2005MF
P5 : -6,5 m
P20 cella A: -5 m
Figura 9.4/A - Livelli piezometrici forniti dalle celle installate nei materiali di frana della partesommitale del versante (celle P1, P5 e P20A).
P1 cella A: -6 m
P1 cella B: -9 m
P8 : -9,5 m
P6 : -18 m
P3 cella A: -6,5 m
P2 cella C: -23 m
P2 cella A: -17 m
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2004G 2004G 2004
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Figura 9.4/B - Livelli piezometrici forniti dalle celle installate nei materiali di frana (P2A, P6), nel substrato allentato (P2C, P8), e nel detrito di falda (P3A) della parte centrale del versante.
AF M G MG N D AF M A2004G M L OS N DG OS N D G A
2003G L S
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-15
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AF M G MG N D AF M A2004G M L OS N DG OS N D G A
2003G L SFG AM2003G G M AL OSS DN FG AM G S
2004LG M A NO D
2005MF
P20 cella B: -10 m
P3 cella B: -15,5 m
Figura 9.4/C - Livelli piezometrici forniti dalle celle P20B e P3B installate nella parte centrale del versante.
P4 : -9,5 m
P9 : -12 m
DDNN
0
-20
-15
-5
-10
G FG FG F M AM AM A G G 2003G 2003G G 2003G MMM L AL AL A SS OSS OSS O N DDN DN G FG FG F M AM AM A G
2004G 2004G 2004
MMM ALL AL A OSS OS O DN DN DN M2005FG G G
Figura 9.4/D - Livelli piezometrici forniti dalle celle installate alla base del versante nelle coperture (P4) e nel substrato allentato (P9).
Figura 9.5 - Confronto tra le precipitazioni nei due periodi (8-21 Aprile 2003 e 15-28 Marzo 2004) nei quali sono state
valutate le velocità di spostamento.
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5040
Figura 9.6 - Prove di permeabilità in piezometro.
0 100 200 mN
Figura 9.7 - Ubicazione delle sorgenti di Montemartano.
Sorgente non captata
Sorgente captata
Figura 9.8 – Sorgenti per soglia di conducibilità idraulica (SP) sottoposta in corrispondenza di un piano di
sovrascorrimento (da Ippolito et al., 1975).
Bisciaro
Scaglia Cinerea
Scaglia Variegata
Scaglia Rossa
Coltre detritica
Materiale argilloso
SS 1
SS 2SS OSS 3
vecchia opera di presa
serbatoio
600
Quo
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m s
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.)
650
50 100 150Progressive (m)
Figura 9.9 - Sondaggi e ricostruzione litostratigrafica in corrispondenza dell'opera di presa (da Cattuto, 1991, ridisegnata).
Figura 9.10 - Attuale opera di captazione delle sorgenti di Montemartano (da documentazione A.S.E.M., Azienda Servizi Energetici Municipalizzati, Spoleto).
Figura 9.11 - Portate erogate dalla sorgente di Montemartano da Novembre 2004 a Dicembre 2005 (A.S.E.M., Azienda Servizi Energetici Municipalizzati, Spoleto);
1: Dicembre 1990; 2: 25 Gennaio 1991; 3: 15 Settembre 1991; 4: Agosto 1993; 5: Portata minima 1972.(Cattuto, 1991; Canfarini, 1993).
1
2
3
4
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2005A S O N D
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A
B
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Figura 9.12 - a) Dominio di filtrazione assunto nelle analisi semplificate con indicazione del valore relativo di conducibilità idraulica attribuito a ciascuna unità idrogeologica; b) discretizzazione in elementi finiti del dominio di filtrazione.
k = 0,03k = 1
k = 1k = 3k = 0,1
k = 10Scaglia Rossa
Scaglia CinereaBisciaro e Schlier
Coltri di frana (parte centrale)
Coperture (parte sommitale)
Coltri detritiche
Coltri di frana (parte inferiore)
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Figura 9.13/A - Andamento dei livelli piezometrici nel caso di assenza di approti idrici lungo il profilo del versante.a) Alimentazione unicamente lungo BC (modello M1); b) Alimentazione lungo BC e AB (modello M4).
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Figura 9.13/B - Andamento dei livelli piezometrici nel caso di alimantazione dall'acquifero da cuidipendono le sorgenti e di persistenza di un film di acqua lungo il profilo del versante. a) Alimentazione lungo BC e lungo il piano campagna (modello M1); b) Alimentazione lungoi contorni BC e AB e lungo il
piano campagna (modello M4).
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Figura 9.14 – Effetto di un singolo strato orizzontale di permeabilità ridotta sulla estensione dei cunei di
terreno non saturo (da Rulon et al., 1985).
Figura 9.15 – Effetto della permeabilità degli strati rispetto a quella del materiale circostante (da Rulon et
al., 1985).
Figura 9.16 – Regime idraulico in presenza di coltri di copertura di ridotta permeabilità al piede (da Patton e
Hendron, 1974).
10.1
Capitolo 10 - CONDIZIONI DI STABILITA’ DEL VERSANTE
10.1 INTRODUZIONE
Le frane attive lente sono diffuse specialmente in aree costituite da argille consistenti, ma altri
movimenti di versante possono rientrare in tale categoria; tra questi i movimenti franosi
profondi, i fenomeni di instabilità complessi che interessano gli ammassi rocciosi e le frane nei
terreni granulari (Picarelli e Russo, 2004). Il caso di studio per molti aspetti può rientrare tra i
fenomeni sopra elencati.
Secondo gli Autori citati, nella maggior parte delle frane che si muovono lentamente, le forze
motrici non variano globalmente con il movimento, mentre le forze resistenti variano nel tempo
principalmente in conseguenza della fluttuazione stagionale delle pressioni neutre. Il
bilanciamento, tra forze motrici essenzialmente costanti e forze resistenti variabili, determina il
movimento, che è il risultato di deformazioni interne alla massa e scorrimenti lungo la zona di
taglio: le deformazioni interne al corpo di frana sono elasto-visco-plastiche dipendenti da
variazioni delle tensioni efficaci e dal tempo, mentre gli scorrimenti alla base del corpo di frana
sono essenzialmente visco-plastici.
I suddetti Autori ritengono inoltre che il campo di tensione all'interno dei corpi di frana e le sue
continue e non uniformi variazioni nel tempo e nello spazio siano probabilmente il fattore chiave
per spiegare il movimento dei pendii: se il livello di tensione varia continuamente e il
coefficiente di sicurezza locale raggiunge valori differenti da quello globale (coefficiente di
sicurezza convenzionale), si producono deformazioni locali ed eventualmente scorrimenti, anche
se il coefficiente di sicurezza globale è maggiore di uno. La riattivazione può iniziare in una
parte del pendio ed estendersi ad altre parti attraverso un processo che implica una progressiva
diminuzione delle velocità di spostamento man mano che ci si allontana dalla zona ove il
coefficiente di sicurezza locale raggiunge valore unitario. Probabilmente, una completa
riattivazione non è usuale se non in condizioni di tensioni eccezionali.
10.2
10.2 MODELLO "CONCETTUALE" DEL PROCESSO DI MOVIMENTO
DEL VERSANTE IN STUDIO
Nei capitoli precedenti si è visto che:
1. il fenomeno di instabilità del versante è costituito da più corpi di frana, che possono essere
tra loro contigui e anche sovrapposti (Figura 7.1);
2. i corpi di frana, esistenti nelle parti sommitale e inferiore del settore Nord e nel settore Sud,
sono stati interessati da movimenti lenti con velocità di spostamento diverse nei due periodi
di analisi (Tabella 6.6 e Figura 6.1);
3. le velocità di spostamento nel secondo periodo di analisi, caratterizzato da livelli
piezometrici maggiori di quelli del primo periodo (Figure 9.4/A/B/C/D), sono risultate di un
ordine di grandezza maggiori di quelle registrate nel primo periodo;
4. nella zona V e nella parte della zona VII ricadente nel settore Nord (Figure 4.1 e 6.3) non si
dispone di dati certi sulla esistenza di movimenti in atto e il fenomeno franoso è stato
ipotizzato "quiescente" o "attivo", con superficie di scorrimento che si sviluppa al di sotto
della base degli strumenti che non hanno fornito indicazione di spostamenti.
Sulla base dei dati e delle ipotesi sopra richiamate, il fenomeno franoso risulta complesso ed
articolato per la presenza di più superfici di scorrimento.
Al riguardo si può porre la domanda se il modello meccanico del processo di movimento
dell'intero versante nel settore Nord possa essere ricondotto a quello proposto da Picarelli e
Russo (2004). Dal punto di vista qualitativo la risposta non può essere che affermativa perché,
tenuto conto delle caratteristiche stratigrafiche, morfologiche e di circolazione idrica nel
versante, è altamente verosimile che il livello di tensione non sia costante lungo la superficie di
scorrimento e che conseguentemente si producano deformazioni locali ed eventualmente
scorrimenti senza la completa mobilizzazione del corpo di frana.
Questo comportamento tuttavia non può essere sostanziato con analisi numeriche dello stato
tensionale e deformativo per le difficoltà già viste nella definizione del modello della filtrazione
nel pendio e soprattutto per l'impossibilità di definire in modo completo e aderente alla realtà le
proprietà meccaniche dei terreni costituenti il sottosuolo. Di conseguenza non può essere
verificata, tramite un modello numerico, la rispondenza meccanica del modello "concettuale"
scaturito dai dati forniti dai controlli, dalle osservazioni morfologiche e da alcune ragionevoli
ipotesi.
10.3
Considerazioni di tipo meccanico possono essere svolte, per il caso di studio, valutando la
resistenza al taglio operativa (in corrispondenza dei livelli piezometrici misurati) nei diversi stati
di attività del fenomeno franoso, nell’ipotesi che le mobilizzazioni si siano verificate per
raggiungimento dell’equilibrio limite per gli interi corpi di frana individuati.
10.3 RESISTENZA AL TAGLIO MOBILITATA IN CONDIZIONI DI
EQUILIBRIO LIMITE
10.3.1 Modello assunto
Quando si intende analizzare mediante i metodi dell’equilibrio limite un fenomeno di instabilità
che comporta la mobilizzazione differenziale delle varie parti del corpo di frana, ad esempio nel
caso di scorrimenti multipli, occorre analizzare separatamente le diverse parti mobilizzate
contemporaneamente; il confronto dei valori del coefficiente di sicurezza ottenuti permette di
verificare se, per assegnate condizioni idrauliche e caratteristiche di resistenza dei materiali, per
tutti i corpi di frana considerati siano ipotizzabili condizioni di equilibrio limite.
Nel caso in esame le analisi sono riferite al corpo di frana posto nel settore Nord ed esteso
all’intero versante nelle diverse fasi di mobilizzazione delle parti che lo compongono.
Le analisi sono state condotte in riferimento alla sezione V-V’, passante per le postazioni I6 e I4
(Figura 10.1) orientata in direzione parallela ai vettori spostamento. Il metodo di verifica adottato
è quello di Morgenstern e Price (1965). Nelle analisi sono state considerate tre distinte superfici
di scorrimento, denominate “A”, “B” e “C” nel Capitolo 7 (Figure 10.2/A/B/C).
La sezione di verifica è centrale rispetto al corpo di frana considerato: ciò permette di ridurre al
minimo l’influenza degli effetti tridimensionali e rende l’analisi bidimensionale maggiormente
significativa.
Nelle analisi sono state considerate come variabili l’angolo di resistenza al taglio in condizioni
residue e le pressioni neutre lungo la superficie di scorrimento assunta e per ciascuna analisi è
stato ricavato il valore del coefficiente di sicurezza.
Nelle analisi sono state prese in considerazione tre differenti condizioni idrauliche, derivate a
partire dalle misure piezometriche delle celle P6, P3B e P4 (Tabella 10.1 e Figure 10.2):
10.4
-linea piezometrica “1”: sono state considerate le misure piezometriche del periodo 8-21 Aprile
2003, durante il quale si osservano (Tabella 10.2) velocità di spostamento non nulle nella parte
inferiore del versante e velocità di spostamento praticamente nulle nella parte superiore del
versante stesso.
-linea piezometrica “2”: sono state considerate le misure piezometriche del periodo 15-28 Marzo
2004, durante il quale si osservano velocità di spostamento superiori a 10 mm/mese in
corrispondenza sia della postazione I4 che della postazione I6 (Tabella 10.2).
-linea piezometrica “3”: sono state considerate le pressioni neutre derivate dalle misure
piezometriche della metà di Maggio 2004, quando sono stati registrati i livelli piezometrici
massimi durante l’intero periodo di controlli.
Cella piezometrica
Livello piezometrico
medio nel periodo 8-21 Aprile 2003
(m)
Livello piezometrico
medio nel periodo 15-28 Marzo 2004 (m)
Livello piezometrico
medio nel periodo 10-20 Maggio 2004 (m)
P6 -7,5 -6 -5,5
P3B -4,25 -3,25 -1,5
P4 -2,1 -0,85 -0,5
Tabella 10.1 – Profondità del livello d’acqua in piezometro misurato nelle postazioni presenti lungo la sezione V-V’ nei tre periodi considerati.
Superficie di scorrimento
Postazione inclinometrica
Velocità nel periodo 8-21 Aprile
2003 (mm/mese)
Velocità nel periodo 15-28 Marzo 2004 (mm/mese)
“C” I4 0,8 15,9
“A” I4 1,3 24,5
“A” I6 < 0,1 (*) 10,6 (*)
“B” I2 1,0 Assenza di letture
Tabella 10.2 – Velocità di scorrimento nei due periodi di misura. L’asterisco (*) ricorda che non essendo la tubazione inclinometrica I6 intestata nel substrato stabile (la base del tubo rimane all’interno della zona
di scorrimento), gli spostamenti misurati sono minori di quelli reali.
10.5
Per valutare se le linee piezomeriche considerate nelle analisi potessero essere effettivamente
rappresentative delle pressioni neutre agenti lungo la superficie di scorrimento “A”, sono state
eseguite simulazioni numeriche della filtrazione, analoghe a quelle descritte nel Capitolo 9,
ipotizzando la persistenza di una lama d’acqua lungo il piano campagna.
Nella Figura 10.3 sono confrontate le pressioni neutre agenti lungo la superficie di scorrimento
“A” nel caso di linea piezometrica coincidente con il piano campagna con quelle ottenute con la
simulazione numerica della filtrazione. Utilizzando l’approccio della linea piezometrica si
ottengono, nel tratto centrale della superficie di scorrimento “A”, pressioni neutre quasi sempre
maggiori rispetto a quelle ottenute considerando il moto di filtrazione, mentre si hanno
sostanzialmente gli stessi valori per il tratto superiore ed inferiore. L’approccio della linea
piezometrica sembra in ogni caso fornire una buona stima delle pressioni neutre lungo la
superficie di scorrimento “A” rispetto alle pressioni che si otterrebbero attraverso l’analisi dei
moti di filtrazione.
Nella Figura 10.4 sono confrontate le pressioni neutre agenti lungo la superficie di scorrimento
“A” ottenute considerando le tre linee piezometriche utilizzate per le verifiche di stabilità e la
linea piezometrica coincidente con il piano campagna.
Il confronto sembra indicare che, ai fini dell’analisi che si intende condurre ed alla luce dei limiti
intrinseci che la caratterizzano, l’adozione delle linee piezometriche appare una ragionevole
ipotesi di lavoro.
10.3.2 Risultati delle analisi
Le analisi condotte considerando la linea piezometrica “1” forniscono in condizioni di equilibrio
limite un valore dell’angolo di attrito mobilitato lungo la superficie di scorrimento “C” pari a 14°
(Figura 10.5).
L’angolo di resistenza al taglio mobilitato in condizioni di equilibrio limite lungo la superficie di
scorrimento “B” per i livelli piezometrici massimi (linea piezometrica “3”) è pari a 14,5°.
L’angolo di attrito mediamente mobilitato lungo la superficie di scorrimento “A” in condizioni di
equilibrio limite considerando la linea piezometrica “2” è pari a circa 13,5° (Figura 10.6).
Il ristretto intervallo di variazione dell’angolo di resistenza al taglio mobilitato in condizioni di
equilibrio limite (un grado) indica che valori molto simili della resistenza sono in grado di
giustificare l’instabilità lungo la superficie di scorrimento “C” in corrispondenza dei livelli
10.6
piezometrici di Aprile 2003 e lungo la superficie di scorrimento “A” in corrispondenza dei livelli
di Marzo 2004. Anche considerando la superficie di scorrimento “B”, per la quale non si dispone
di misure di spostamento in corrispondenza dei livelli piezometrici del 2004, i valori dell’angolo
di resistenza al taglio mobilitato in condizioni di equilibrio limite risultano confrontabili.
Le analisi lungo la superficie di scorrimento “A” mostrano che assumendo il valore 13,5° come
angolo di resistenza al taglio in condizioni residue lungo la superficie di scorrimento “A”, il
coefficiente di sicurezza si incrementa del 3,5% con riferimento ai livelli piezometrici di Aprile
2003. Tale incremento può giustificare i ridotti valori della velocità di scorrimento lungo la
superficie “A” osservati nel periodo suddetto. Per il livelli piezometrici massimi, misurati nel
mese di Maggio 2004 (linea piezometrica 3), il coefficiente di sicurezza si riduce di circa il 4%.
Per quanto riguarda le analisi lungo la superficie di scorrimento “C”, assunto 14° come angolo di
resistenza al taglio in condizioni residue del materiale, il coefficiente di sicurezza si riduce del
9% adottando i livelli piezometrici di Marzo 2004 (linea piezometrica 2). Tale riduzione appare
eccessiva in relazione alle velocità di spostamento misurate in tale periodo (15,9 mm/mese);
circostanze analoghe, riscontrate nella frana di Vallcebre (Pirenei orientali), sono attribuite da
Corominas et al. (2005) al fatto che le analisi di stabilità condotte non tengono conto delle forze
viscose, la cui entità dipende dalla velocità di scorrimento; tali forze agiscono, lungo la
superficie di scorrimento, in verso opposto al moto.
10.4 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Tenuto conto della complessità delle caratteristiche stratigrafiche e morfologiche e della
circolazione idrica nel sottosuolo, è molto probabile che lungo le superfici di scorrimento il
livello di tensione non sia costante e possano verificarsi conseguentemente deformazioni locali e
scorrimenti senza la completa mobilizzazione dei corpi di frana.
Per il caso di studio le analisi di stabilità hanno permesso di analizzare la risposta del modello
alla variazione delle pressioni neutre lungo le superfici di scorrimento assunte, in condizioni di
livello di tensione costante lungo esse e nell’ipotesi di completa mobilizzazione dei corpi di
frana. Esse rappresentano l’unico strumento di analisi in grado di consentire di svolgere
considerazioni di tipo meccanico sul fenomeno franoso, permettendo un confronto con la
resistenza dei terreni misurata in laboratorio.
10.7
Le analisi mostrano che l’angolo di attrito mobilitato in condizioni di equilibrio limite varia
all’interno di un intervallo di valori molto ristretto, e pertanto sono in grado di giustificare
l’instabilità lungo la superficie di scorrimento “C” in corrispondenza dei livelli piezometrici di
Aprile 2003 e lungo la superficie di scorrimento “A” in corrispondenza dei livelli di Marzo 2004,
in accordo con le velocità di spostamento misurate.
I valori dell'angolo di resistenza al taglio mobilitata lungo la superficie di scorrimento sono
piuttosto bassi e ricadono in un campo tipico della resistenza al taglio in condizioni residue di
molte argille consistenti.
E’ ben noto che la resistenza al taglio mobilitata lungo la superficie di scorrimento in condizioni
di equilibrio limite può in molti casi risultare maggiore della resistenza residua misurata in
laboratorio, in quanto nel problema al finito la superficie di scorrimento presenta ondulazioni ed
irregolarità che nel provino non sono riprodotte (Urciuoli, 1997).
Per il caso di studio, a meno di fatti dipendenti dalla geometria della superficie di scorrimento, il
confronto tra la resistenza al taglio mobilitata lungo la superficie di scorrimento e la resistenza al
taglio misurata sul provino in condizioni residue è reso ulteriormente incerto per via
dell’ampiezza dell’intervallo di variazione delle determinazioni di laboratorio.
Anche se per i motivi sopra espressi non è possibile ottenere dalle misure di laboratorio dati
attendibili per oggettivare le condizioni di stabilità del pendio, risulta comunque che il valore
calcolato attraverso le analisi a ritroso ricade all’interno dell’intervallo dei valori misurati in
laboratorio.
postazione 6p.c. 586 m s.l.m.
postazione 3 (proiettata)p.c. 553 m s.l.m.
postazione 4p.c. 494 m s.l.m.
(Est)(Ovest)
Quo
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Figura 10.1 - Modello stratigrafico adottato; 1a: formazione del Bisciaro; 1b: formazione dello Schlier; 2a: materiale di frana (parte sommitale del versante); 2b: materiale di frana (parte centrale del versante); 2c:
materiale di frana (parte inferiore del versante); 3a: detrito di falda (parte sommitale del versante); 3b: detrito di falda (parte centrale ed inferiore del versante).
(m)
Quo
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postazione 3 (proiettata)
postazione 4
postazione 6
superficie di scorrimento "A"
superficie di scorrimento "C"
linea piezometrica 1
superficie di scorrimento "B"
Figura 10.2/A - Superfici di scorrimento "A", "B" e "C" adottate nell'analisi. Linea piezometrica 1.
(m)
(Ovest)
Quo
ta (
m s
.l.m
.)
postazione 3 (proiettata)
postazione 4
postazione 6
superficie di scorrimento "A"
superficie di scorrimento "C"
linea piezometrica 2
superficie di scorrimento "B"
Figura 10.2/B - Superfici di scorrimento "A", "B" e "C" adottate nell'analisi. Linea piezometrica 2.
(m)
Quo
ta (
m s
.l.m
.)
postazione 3 (proiettata)
postazione 4
postazione 6
superficie di scorrimento "A"
superficie di scorrimento "C"
linea piezometrica 3
superficie di scorrimento "B"
Figura 10.2/C - Superfici di scorrimento "A", "B" e "C" adottate nell'analisi. Linea piezometrica 3.
(m)
Figura 10.3 – Pressioni neutre agenti lungo la superficie di scorrimento “A”.
Figura 10.4 – Pressioni neutre agenti lungo la superficie di scorrimento “A”.
Figura 10.5 – Analisi delle condizioni di stabilità lungo la superficie di scorrimento “C”.
Figura 10.6 – Analisi delle condizioni di stabilità lungo la superficie di scorrimento “B”.
Figura 10.7 – Analisi delle condizioni di stabilità lungo la superficie di scorrimento “A”.
11.1
Capitolo 11 - CONCLUSIONI
La tesi ha inteso offrire un contributo alla conoscenza e alla caratterizzazione geotecnica dei
movimenti lenti e profondi che interessano vaste aree pedemontane dell’Appennino Centrale.
Nell’area di studio la parte inferiore del versante roccioso è costituita dai terreni calcareo-
marnosi e marnoso-calcarei della Successione Umbro-Marchigiana in serie rovesciata, in
contatto tramite un piano di sovrascorrimento con i terreni marnosi e marnoso-calcarei più
recenti, che costituiscono il substrato del pendio in esame; quest’ultimo è costituito da coperture
detritiche e di frana formate da una matrice sabbiosa-limosa-argillosa spesso alterata che al suo
interno contiene frammenti lapidei più o meno consistenti e zolle di materiale che mantengono la
struttura originaria.
Per il caso in esame l’analisi geotecnica classica presenta limiti per via della difficoltà di
condurre analisi numeriche in grado di cogliere completamente la meccanica del fenomeno.
E’ stato comunque possibile delineare un modello concettuale in grado di rendere conto dei
caratteri essenziali dei movimenti in atto. A tale scopo sono stati utilizzati in chiave geotecnica
strumenti di analisi diversi, mutuamente integrati tra loro, per definire le caratteristiche del
complesso fenomeno franoso preso in considerazione.
Nel seguito si riassumono le principali conclusioni alle quali si è giunti con la ricerca.
Ricostruzione dei caratteri geometrici dei corpi di frana
La definizione della possibile geometria dei corpi di frana è stata ottenuta integrando i dati
ricavati dall’analisi geomorfologica e dei dissesti dei manufatti con quelli forniti dal
monitoraggio inclinometrico.
L’analisi geomorfologica è stata condotta mediante rilievi di campagna ed esame stereoscopico
dei fotogrammi aerei; essa ha consentito di riconoscere forme di instabilità antiche nel versante e
nel tratto inferiore della dorsale rocciosa.
L’esame dei dissesti dei manufatti ha permesso di individuare campi di spostamento e
riconoscere le zone di maggiore attività dei movimenti (sommità e parte inferiore del versante).
11.2
Le analisi condotte hanno consentito di definire i limiti dell’area instabile e hanno costituito un
valido supporto alle misure inclinometriche, permettendo di definire la possibile geometria dei
corpi di frana, che in aree così estese possono essere tra loro contigui o anche sovrapposti.
Caratterizzazione geotecnica dei terreni costituenti i corpi di frana
Le prove di laboratorio hanno messo in evidenza la disomogeneità del materiale costituente i
corpi di frana, esaltata dalle ridotte dimensioni dei provini.
Le prove in sito, interessando un volume maggiore di terreno, hanno fornito risultati meno
dispersi rispetto alle prove di laboratorio, e hanno consentito di definire un modello geotecnico
di sottosuolo; le unità stratigrafiche, definite sulla base dell’esame delle carote dei sondaggi,
hanno assunto conseguentemente il significato di unità geotecniche di riferimento.
Analisi delle precipitazioni meteoriche
E’ stata riconosciuta una correlazione tra i livelli piezometrici e l’altezza di precipitazione
giornaliera lorda cumulata su 30 giorni. L’analisi statistica ha permesso di individuare i tempi di
ritorno degli eventi meteorici cui corrispondono mobilizzazioni dei corpi di frana: i movimenti
possono attivarsi più volte durante l’anno, anche in corrispondenza di precipitazioni non
eccezionali.
Analisi della circolazione idrica nel versante
E’ stato possibile definire un modello di filtrazione riferito a condizioni meteoriche estreme
(assenza prolungata di apporti meteorici lungo il versante; lama d’acqua persistente sulla
superficie del terreno), che è risultato in grado di cogliere alcuni comportamenti generali della
circolazione idrica nel versante. Le analisi numeriche hanno permesso di individuare la presenza
di due sistemi di flusso interagenti e caratterizzati da bilanci idrici distinti: il primo sistema ha
sede prevalentemente nel substrato ed è alimentato dall’acquifero da cui dipendono le sorgenti; il
secondo riceve alimentazione dalle precipitazioni che si infiltrano lungo il versante e può
interessare sia le coperture che la parte sommitale del substrato.
Il ridotto tempo di ritorno degli eventi meteorici che attivano i movimenti può essere spiegata
considerando che la circolazione idrica dovuta agli apporti dell’acquifero che alimenta le
11.3
sorgenti è tale da determinare nel versante un campo di pressioni neutre prossimo a quello
critico, che viene raggiunto per effetto di apporti meteorici anche di entità limitata.
Condizioni di stabilità del versante
Per il caso di studio è stato possibile svolgere considerazioni di tipo meccanico attraverso il
ricorso ai metodi dell’equilibrio limite, valutando la resistenza al taglio operativa (in
corrispondenza dei livelli piezometrici misurati) nei diversi stati di attività del fenomeno franoso,
nell’ipotesi che le mobilizzazioni si siano verificate per raggiungimento dell’equilibrio limite per
gli interi corpi di frana individuati.
I valori dell’angolo di resistenza al taglio mobilitato lungo la superficie di scorrimento sono
piuttosto ridotti e ricadono in un campo tipico della resistenza al taglio in condizioni residue
offerta da molte argille (13,5°-14,5°).
Tenuto conto delle caratteristiche stratigrafiche, morfologiche e di circolazione idrica nel
versante, è d’altra parte altamente verosimile che il livello di tensione non sia costante lungo la
superficie di scorrimento e che conseguentemente possano prodursi deformazioni locali ed
eventualmente scorrimenti senza la completa mobilizzazione dell’intero corpo di frana. Per
l’impossibilità di definire in modo completo e aderente alla realtà le proprietà meccaniche dei
terreni, non è stato possibile svolgere analisi numeriche dello stato tensionale e deformativo del
versante in grado di oggettivare tali considerazioni. Per confermare o escludere che l’intero
versante sia in movimento sarebbe necessario disporre di misure di spostamento in superficie e
in profondità nel substrato.
Lo studio è stato condotto cercando non solo di comprendere il fenomeno in esame ma anche di
fornire un contribuito metodologico alla caratterizzazione di fenomeni franosi che raramente
sono stati studiati dal punto di vista geotecnico. L’approccio metodologico utilizzato è basato
sulla integrazione dei risultati di strumenti di analisi differenti, quali l’analisi geologico-
strutturale e geomorfologica dell’area di frana e delle zone circostanti, il rilievo dei dissesti
attuali delle strutture e delle infrastrutture presenti e la raccolta di informazioni storiche sulla
loro evoluzione, il monitoraggio inclinometrico e piezometrico, la raccolta di dati quantitativi in
grado di descrivere le condizioni idrogeologiche dell’area, la caratterizzazione geotecnica in
laboratorio ed in sito dei terreni costituenti il sottosuolo, l’esecuzione di modellazioni
geotecniche in grado di mettere in evidenza le principali caratteristiche del complesso fenomeno
di instabilità studiato.
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A1
APPENDICE A - Elementi e dati forniti dall'analisi geomorfologica locale e
dei dissesti dei manufatti
L'area presa in esame è stata suddivisa in zone ciascuna contrassegnata da un numero romano;
all'interno di ciascuna zona, le singole aree o manufatti presi in esame ("punti") sono individuati
mediante numeri arabi (Figura A.1).
I fotogrammi aerei più antichi (Tabella 4.1) risalgono al 1954. All’epoca il pendio era
scarsamente abitato: tutti gli edifici erano concentrati intorno all’antico borgo medioevale. La
rete stradale, non asfaltata, comprendeva il tratto di Strada Provinciale tra Milano e
Montemartano e quello da Montemartano verso il Colle Rosso.
ZONA I – Area a Nord del versante di studio comprendente il nucleo antico dell'abitato di
Montemartano
57 Monoclinale con immersione 80°, lungo la quale affiorano le formazioni del Bisciaro e
dello Schlier. L’inclinazione della superficie topografica è compresa tra 10° e 14°. Le
forme del rilievo indicano che la zona non è stata interessata in passato da movimenti
franosi rilevanti e che attualmente può considerarsi stabile.
58 Zona del nucleo storico dell’abitato di Montemartano. Gli edifici non presentano
dissesti; la torre in muratura del centro storico (XII secolo), che presentava nel 2004
lesioni sul lato Ovest, è stata recentemente restaurata.
ZONA II – Area a SW del versante di studio corrispondente alla parte basale del versante
orientale della dorsale dei Monti Martani
53 Opera di presa delle sorgenti di Montemartano - Nelle fotografie aeree del 1954 non è
visibile alcuna opera di presa. Queste opere sono invece visibili nelle foto aeree del
1977. L’originaria opera di presa ha subito nel tempo gravi dissesti, che ne hanno resa
necessaria la sostituzione. La nuova opera di captazione è costituita da una camera
all’interno dell’ammasso roccioso. Al fondo della camera partono due file di dreni
tubolari finestrati; in occasione di un sopralluogo effettuato nel 2004 è risultato che dai
A2
dreni tubolari orientati in direzione suborizzontale non scaturiva acqua, mentre
risultavano funzionanti quelli verticali. Uno dei conci del cunicolo di accesso alla
camera di presa si presentava ovalizzato e ruotato rispetto agli altri. Il serbatoio di
accumulo presente poco più a valle, agli inizi degli anni novanta presentava gravi segni
di dissesto, che nel 1996 ne hanno reso necessaria la ricostruzione.
45 Nella pavimentazione sono presenti due fessure, a 45° rispetto all’asse stradale, distanti
due metri l’una dall’altra; la scarpata stradale lato monte, nel tratto interessato dalle
lesioni, è formata da detrito calcareo in matrice fina di colore rossastro. La scarpata
sembra smossa e il suo ciglio è aggettante.
46 Provenendo da Sud, al termine della contro-curva, la sede stradale risulta ribassata di
0,5–1,0 m; il dislivello è stato colmato ripristinando ripetutamente la sede stradale. Il
movimento ha interessato il guard-rail e l'antica protezione stradale, divelta e ruotata
verso il basso; l’abbassamento corrisponde alla zona dove termina un muro di pietrame
che sostiene la parte di valle della sede stradale.
47 Due fessure della pavimentazione poco visibili a circa 1 m l’una dall’altra, ortogonali
all’asse stradale.
48 Fessure della pavimentazione aperte di qualche cm su pavimentazione recente, una in
corrispondenza della curva ed una in corrispondenza della strada di accesso all'edificio
30 (Ottobre 2005). A Maggio 2006 l'apertura delle fessure si era ampliata e il tratto di
strada tra le fessure appariva ribassato di 5-10 cm.
49 Rilassamento della parte di valle della sede stradale con una fessura aperta di qualche
cm su pavimentazione recente.
30 Edificio ruotato - Secondo i proprietari, l'edificio fu costruita circa 28 anni fa (1972);
nel 1995 fu realizzato un consolidamento mediante pali (lunghi 8-9 m, diametro 400
mm) sui lati Est e Nord; circa 8 anni fa è stata costruita una trave di cemento armato
lungo tutto il perimetro dell’edificio intestata sotto il vecchio cordolo di fondazione dei
muri esterni. Il lato Sud dell'edificio non presenta lesioni, mentre il resto dell’edificio è
fortemente lesionato, distorto e ruotato. L’esame stereoscopico dei fotogrammi aerei ha
evidenziato che il tratto di strada tra i punti 48 e 49 è attraversato da uno
scoscendimento, riconoscibile anche nelle fotografie aeree più antiche. L’edifico appare
costruito sul terrazzo di frana dello scoscendimento. La superficie di scorrimento della
frana sembra venire a giorno a una ottantina di metri a valle della sede stradale, in
corrispondenza di un’area pianeggiante.
A3
ZONA III – Area a Sud del versante di studio
L’area è coltivata nella parte sommitale ed è destinata a pascolo nella parte inferiore. Essa è
costituita da coperture detritiche e di frana, di spessore compreso tra 5 e 15 m, soggette a
fenomeni di instabilità. Nel tratto più acclive è riconoscibile il coronamento di un antico
scoscendimento di grandi dimensioni.Un fosso piuttosto inciso separa questa zona dalla zona
VII, che non appare in continuità morfologica con la zona in esame.
ZONA IV – Parte sommitale del versante di studio
24 Ad Ottobre 2005, lesioni sul muro di cinta dell'edificio presentavano apertura di circa
15 cm, maggiore di quella rilevata l'anno precedente.
25 La piccola rampa di accesso al fabbricato, nel 2002 presentava numerose fessure della
pavimentazione che segnavano il passaggio tra la zona in movimento a Sud e quella
stabile a Nord (area di imposta del fabbricato). Successivamente la pavimentazione è
stata ripristinata; ad Ottobre 2005 una nuova fessura si era formata. L’esterno
dell’edificio non sembra presentare lesioni.
ZONA V – Parte sommitale del versante di studio comprendente l'area di espansione
dell'abitato di Montemartano
Dalle foto aeree risulta che nel 1954 l'area di espansione dell’abitato non era stata ancora
edificata. Nel 1977 erano stati realizzati soltanto due edifici ed era stata completata la rete viaria.
Nel 1985 la zona risultava completamente edificata.
Gli edifici dell'area di espansione non mostrano all’esterno tracce di dissesti né lesioni. Anche i
muri di cinta dei vari lotti di terreno edificato non presentano dissesti.
15 Fa eccezione l’edificio posto nel punto 15 oggetto di lavori di “Riparazione danni e
miglioramento sismico, DIA 21/06/2004, autorizzazione per zona sismica 121507 del
20/09/2004”. Il muro ad angolo appare lesionato verticalmente, con apertura di circa 1
cm. I danni sono stati attribuiti al terremoto di Massa Martana (Maggio 1997).
A4
ZONA VI – Ristretta fascia del versante compresa tra il nucleo antico e l'area di
espansione dell'abitato di Montemartano
Nel 1954 la zona all’ingresso dell’abitato storico di Montemartano si presentava come un'area
caratterizzata da pendenze elevate rispetto a quelle delle zone adiacenti.
21 Edificio scolastico demolito: la scuola elementare fu costruita agli inizi degli anni ‘60
ed è stata in esercizio per circa 6-7 anni secondo l'IRPI di Perugia; successivamente in
seguito a gravi danni strutturali fu demolita (non si dispone di informazioni più
dettagliate in quanto il fascicolo riguardante il fabbricato non è stato rintracciato presso
il Comune di Spoleto).
Nel piazzale dove insisteva l’edificio scolastico, la pavimentazione di marmette
realizzata prima del 2003 non presenta fessurazioni.
La fontana-lavatoio, realizzata con muratura di mattoni, prima dei lavori di
sistemazione eseguiti nel 2004, risultava fortemente dissestata.
14-16 Sede stradale a monte dell’area dell’edificio scolastico demolito: in 14 l’asfalto
presenta due avvallamenti profondi 10–15 cm attraversati da una fessura della
pavimentazione; la fessura inizia al bordo della strada lato monte, prosegue fino alla
mezzeria della strada dove c’è il primo avvallamento, e poi si estende (rete di fessure)
fino al secondo avvallamento.
In 16, fessure con orientamento parallelo a quelle rilevate in 14 attraversano tutta la
sede stradale (apertura variabile da qualche mm ad un cm).
17 Ingresso alla parte antica dell’abitato .
Il muro di calcestruzzo esistente sul lato di monte della strada si è aperto in
corrispondenza di un giunto; il tratto posto a Sud si è allontanato da quello a Nord di
circa 40 cm, è avanzato di circa 30 cm e si è abbassato di circa 10 cm; lungo il tratto
rettilineo dello stesso muro, verso l’interno del paese prima della curva della strada,
presenta due lesioni ad andamento verticale: una con apertura di circa 5 cm posta in
corrispondenza di una colonnina dell’Enel e l’altra, più a monte, con apertura di circa 1
cm.
Il proprietario dell’edificio 18 ricorda che il muro è stato costruito una ventina di anni
fa (nei primi anni '70 secondo l'IRPI di Perugia).
A5
In corrispondenza del muro traslato e lesionato, il manto stradale presenta lesioni con
apertura di circa 1–2 cm a distanza di circa 1 m l’una dall’altra.
A monte del muro esiste un locale adibito ad officina (punto 18), che è posto in
corrispondenza dell’apertura del muro. Il locale ha lo spigolo Est lesionato e ribassato
nella parte inferiore. Una trave di calcestruzzo, posta all’ingresso del locale, risulta
ribassata.
In adiacenza al suddetto locale, verso Sud, esiste un altro locale coperto da una tettoia,
parzialmente chiuso su due lati, il cui pavimento di calcestruzzo presenta lesioni con
apertura e rigetto di qualche cm. Verso monte il locale è delimitato da un muro di
blocchetti di tufo che risulta dissestato. Secondo il proprietario il locale è in continuo
movimento.
A monte del locale 18 esiste un prefabbricato in lamiera (realizzato circa 15 anni fa) il
cui basamento, costituito da blocchetti di tufo, è disarticolato e ribassato.
56 La pavimentazione esterna all’edificio sul lato di valle risulta distaccata e ribassata
rispetto all’edificio stesso. Anche il muro che sostiene un piccolo giardino è ruotato e
dissestato. La sede stradale a valle degli edifici presenta fessure longitudinali aperte
qualche millimetro, che terminano in corrispondenza dell’edificio ubicato più ad Est.
ZONA VII – Parte centrale del versante di studio
La zona è segnata da marcate ondulazioni ad ampio raggio della superficie del terreno che nelle
grandi linee individuano fasce di versante ad andamento pianeggiante alternate a fasce di
versante piuttosto acclivi.
22 Zona umida, con piante acquatiche.
23 L'edificio, una volta adibito a stalla, è stato ristrutturato nel 1986 e non presenta né
rotazioni, né lesioni sulle facciate. Lo spigolo verso Nord della recinzione muraria del
giardino è fortemente lesionato sui due lati, con lesioni aventi apertura di 2–3 cm.
50 L'edificio, costruito nel 1986, è un fabbricato a due piani destinato a ristorante. Le
strutture esterne non mostrano tracce di lesioni.
51 Il fabbricato, costruito dopo il 1985, non presenta tracce di lesioni.
54 Avvallamento di qualche centimetro al centro della S.P.; la parte Sud della sede
stradale, che appare ribassata, è stata asfaltata più volte. Sono presenti alcune fessure
A6
ravvicinate, disposte a 45° rispetto all’asse stradale, aperte qualche millimetro; esse
diventano longitudinali in corrispondenza del limite Nord della sede stradale.
55 Avvallamento di qualche centimetro della pavimentazione della S.P., con fessura
trasversale che interessa l’intera sede stradale. L’apertura della fessura della
pavimentazione a Settembre 2006 risultava pari a 1-2 cm. A Est dell’avvallamento sono
presenti ulteriori fessure, longitudinali rispetto all’asse stradale, aperte qualche
millimetro, più fitte in corrispondenza del limite Sud della sede stradale.
52 Le fessure del manto di asfalto della S.P., parallele al ciglio di valle della strada, sono da
attribuire alla acclività della scarpata del rilevato su cui è in buona parte impostata la sede
stradale.
43 Dissesto della S.P.: fessure a 45° rispetto all’asse stradale a distanza di circa 1 m l’una
dall’altra con avvallamento di circa 10 cm.
44 Altre lesioni del manto, parallele al ciglio di valle della strada o inclinate di circa 45°.
41 Tratto più dissestato della S.P.: fessure del manto stradale sui due lati della carreggiata
che delimitano un avvallamento di circa 20 cm che si estende alla zona recintata, dove
c’è un allineamento di lesioni parallele alla strada; nell’ultimo tratto il manto è
fortemente dissestato (fessure con apertura anche di 5 cm).
42 Dove inizia la scarpata stradale esistono altre fessure, che potrebbero corrispondere al
ciglio del movimento: avvallamento della sede stradale di circa 10 cm con fessure
orientate a 45° rispetto all’asse stradale.
1-2-3 Le osservazioni di campagna non hanno mostrato alcuna evidenza morfologica degli
scoscendimenti rilevati nelle foto aeree del 1954. Nel 1977 i coronamenti degli
scoscendimenti erano ancora evidenti, ma apparivano parzialmente rimodellati.
2 La zona di coronamento dello scoscendimento, evidente nelle foto aeree del 1954, è stata
rimodellata con riporti di terreno e attualmente sono evidenti solo forme di erosione
superficiale e lineare.
I movimenti della sede stradale sono compresi tra i punti 42 e 43 e si estendono a monte ad una
zona arcuata che dista dalla sede stradale al massimo di una ventina di metri. Il tutto sembra
attribuibile ad uno scoscendimento di media profondità (circa 10 m).
Nel 2003 il tratto di strada dissestato non era asfaltato. La pavimentazione è stata ripristinata nel
2004 e di nuovo nel 2006.
A7
In passato la condotta idrica interrata, alimentata dalle sorgenti di Montemartano, passava in
prossimità del punto 2 (Figura A.2). In seguito a movimenti del terreno il tracciato della condotta
è stato spostato verso Nord.
La fascia di terreno acclive, posta al limite Est della zona in esame, potrebbe corrispondere alla
scarpata di frana degli scoscendimenti esistenti a valle, ma potrebbe anche costituire la parte
frontale di uno scoscendimento formato da grosse zolle di terreno rimosse dalla sede originaria
in seguito a franamenti avvenuti in condizioni geomorfologiche diverse da quelle attuali.
ZONA VIII – Parte inferiore settentrionale del versante di studio
4 Campo arato di recente (Ottobre 2005) con ampie ondulazioni a valle della postazione
4.
5 Vigna con blande ondulazioni.
6 Pascolo con ondulazioni blande, ma lunghe. Poco a Nord della postazione 4 esiste una
pozza con acqua alla profondità di 1,5 m dal p.c.
7 Piante acquatiche, che arrivano fino alla vigna, ricadente in 9.
8 Forte depressione del terreno; verso valle si notano ampie ondulazioni del terreno che
arrivano fino alla base del versante.
9 Appezzamento di terreno pianeggiante adibito a pascolo con piccole ondulazioni.
10 Nella parte 7 probabile ciglio di frana.
11 È ancora evidente nelle grandi linee la morfologia di frana individuata tramite
fotografie aeree.
12 -7-10 Zona non coltivata da tempo, soggetta ad evidenti movimenti a carattere
apparentemente superficiale, ma che potrebbero essere anche abbastanza profondi. Si
riconoscono in superficie piccole scarpate di frana (altezza 1,0–1,5 m), zone depresse,
irregolarità della superficie del terreno e tracce di fenditure nel terreno parzialmente
aperte. Questa zona termina in corrispondenza della spianata esistente a valle.
13 Appezzamento di terreno adibito pascolo con blande ondulazioni.
61 Fascia di terreno pianeggiante che si sviluppa alla base del fronte acclive in
corrispondenza del quale termina la zona VII; nel tratto centrale di questo limite è
presente una piccola scarpata di frana.
A8
ZONA IX – Parte inferiore meridionale del versante di studio
Dalle foto aeree del 1977 risulta che la zona è caratterizzata da ondulazioni piuttosto accentuate e
da movimenti in atto e dalla presenza di un fosso all’interno del quale è presente vegetazione.
Tale fosso delimita il fianco destro di uno scoscendimento il cui coronamento si estende a monte
della S.P.
Nel 1985 il suddetto fosso appare di forma diversa; la vegetazione arbustiva che si vedeva nelle
fotografie del 1977 è ora presente solo in parte; è ancora possibile identificare i fianchi del
movimento franoso che interessava la sede stradale.
Nel 1996 il terreno appare interessato da movimenti come nelle fotografie aeree precedenti, ma
non c’è più traccia del fosso individuato nei fotogrammi del 1977.
Dalle fotografie aeree del 2003 risulta che la superficie del terreno è molto più regolare di quanto
visibile nelle fotografie precedenti. Non si identificano i fianchi del movimento che interessa la
sede stradale.
Le osservazioni di campagna hanno permesso di riconoscere che nella zona sono stati attuati
interventi di rimodellamento della superficie del terreno e di piantumazione di essenze arboree.
L'analisi delle foto aeree ha permesso di riconoscere che la zona è sempre stata interessata da
movimenti franosi piuttosto attivi, verosimilmente di profondità non molto elevata, del tipo
colata e scoscendimento-colata. Attualmente la zona appare stabile.
ZONA X – Area ad Est del versante di studio comprendente il Colle Rosso
59 Edificio rurale gravemente lesionato ed abbandonato (“Casa Lazzi”). L’edificio si trova
al ciglio di una scarpata molto ripida soggetta a evidenti fenomeni di instabilità. Alla
sommità della scarpata corre la strada Provinciale, che presenta fessure longitudinali
aperte qualche millimetro piuttosto fitte e continue, maggiormente aperte in
corrispondenza del lato Sud.
60 Rilievo del “Colle Rosso” è costituito da un affioramento del substrato (formazione
dello Schlier) che isola a Nord e a Sud due minimi morfologici distinti. Sulla sommità
del colle è presente un accumulo di frana molto antico costituito da strati di Scaglia
Rossa.
Figura A1 - Suddivisione in zone dell'area presa in esame ed ubicazione dei punti corrispondenti a osservazioni locali.
0 100 200 m
N
0 100 200 mN
Figura A2 - Acquedotto di Torregrossa; tracciato attuale (tratto continuo) e tracciato abbandonato (tratto discontinuo).
B1
APPENDICE B - Deformate dei tubi inclinometrici
0 100 200 mN
Figura B1 - Ubicazione delle postazioni inclinometriche.
I 20
I 2I 5I 1
I 6
I 3I 3 bis
Figura B2 - Inclinometro 1.
12 Lettura 0: 10/10/2003
Lettura 1: 06/02/2004Lettura 2: 09/04/2004
Figura B3 - Inclinometro 2.
Lettura 0: 25/02/2003Lettura 1: 22/03/2003Lettura 2: 27/04/2003Lettura 3: 23/05/2003Lettura 4: 15/07/2003
1
2
4
3
Figura B4 - Inclinometro 4.
Lettura 0: 13/02/2003Lettura 1: 03/03/2003Lettura 2: 25/03/2003Lettura 3: 24/04/2003Lettura 4: 26/05/2003Lettura 5: 13/03/2004Lettura 6: 09/04/2004Lettura 7: 07/05/2004
14 5 6 7
Figura B5 - Inclinometro 5.
Lettura 0: 08/02/2003Lettura 1: 16/02/2003Lettura 2: 06/03/2003Lettura 3: 08/04/2003Lettura 4: 06/05/2003Lettura 5: 06/02/2004Lettura 6: 29/03/2004Lettura 7: 22/04/2004
7
6541
3
Figura B6 - Inclinometro 6.
Lettura 0: 14/02/2003Lettura 1: 03/03/2003Lettura 2: 25/03/2003Lettura 3: 27/04/2003Lettura 4: 23/05/2003Lettura 5: 06/02/2004Lettura 6: 28/03/2004Lettura 7: 22/04/2004Lettura 8: 28/05/2004Lettura 9: 29/06/2004Lettura 10: 30/09/2004Lettura 11: 24/11/2004Lettura 12: 16/12/2004Lettura 13: 08/03/2005
14
5
6
9
10
12 13
Figura B7 - Inclinometro 8.
Lettura 0: 03/03/2003Lettura 1: 25/03/2003Lettura 2: 27/04/2003Lettura 3: 23/05/2003Lettura 4: 15/02/2004Lettura 5: 28/03/2004Lettura 6: 22/04/2004Lettura 7: 28/05/2004
23
47
Figura B8 - Inclinometro 9.
Lettura 0: 13/02/2003Lettura 1: 03/03/2003Lettura 2: 25/03/2003Lettura 3: 27/04/2003Lettura 4: 23/05/2003
41
Figura B9 - Inclinometro 20.
Lettura 0: 08/04/2003Lettura 1: 24/04/2003Lettura 2: 26/05/2003Lettura 3: 20/06/2003Lettura 4: 13/03/2004Lettura 5: 09/04/2004Lettura 6: 07/05/2004Lettura 7: 29/06/2004
1
3 4
56 7
RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare il mio tutore Prof. Beniamino D’Elia, l’Ing. Paolo Tommasi e il Prof.
Giuseppe Lanzo per avermi dato l’opportunità di lavorare su un tema interessante e per i consigli
forniti durante questi anni, dalla fase di impostazione del lavoro fino alla revisione del testo.
Ringrazio inoltre il Prof. Luciano Picarelli per i suggerimenti forniti in fase di revisione del
testo.
Si ringraziano l’Alta Scuola (Centro di Alta Specializzazione e Centro Studi per la
Manutenzione e Conservazione dei Centri Storici in Territori Instabili) ed il comune di Spoleto
per aver messo a disposizione i dati delle campagne di indagine eseguite a Montemartano.
Un ringraziamento particolare va al Prof. Sergio Olivero per aver messo a disposizione i
risultati delle prove di conducibilità idraulica realizzate per la realizzazione del serbatoio del
torrente Assino.
Un ringraziamento sentito va a chi mi ha dato serenità per questi tre anni e a tutti gli amici
vicini che continuano a credere in me.