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Capitolo Cos’èl’e-Collaborationeperché ancoranonl ... · e-Collaboration è lo stile di chi...

Date post: 21-Feb-2019
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CAPITOLO 1 1.1 L’e-Collaboration tra stile e mestiere e-Collaboration è in primo luogo uno stile e-Collaboration è lo stile di chi sfrutta le opportunità offerte dal Web per raggiungere obiettivi e risolvere problemi insieme con gli altri: colleghi, amici, conoscenti o anche perfetti sconosciuti. È il tratto distintivo di un nuovo modo di lavorare, studiare, gestire il tempo libero basato sul continuo scambio di ruoli tra emittente e ricevente consentito dalla Rete. È l’afferma- zione di questa dinamica infatti, indipendentemente dalle varietà dei contesti applicativi, a costituire il vero contributo innovativo dell’e-Collaboration. Io scrivo, io scelgo, io leggo, io dubito, io verifico, io correggo, io integro, io Cos’èl’e-Collaborationeperché ancoranonl’abbiamocapito? e-Collaboration è lo stile di chi “pensa in Rete” è l’arte di inventare strategie per risolvere problemi “a molte mani” ed è il mestiere di farle funzionare è una vecchia conoscenza: nasce già con l’e-mail ma si reinventa totalmente con il Web 2.0 è… il senso della Rete: motore e chiave di lettura del presente e del futuro del Web
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Capitolo 1

1.1 L’e-Collaboration tra stile e mestiere

e-Collaboration è in primo luogo uno stilee-Collaboration è lo stile di chi sfrutta le opportunità offerte dal Web per raggiungere obiettivi e risolvere problemi insieme con gli altri: colleghi, amici, conoscenti o anche perfetti sconosciuti. È il tratto distintivo di un nuovo modo di lavorare, studiare, gestire il tempo libero basato sul continuo scambio di ruoli tra emittente e ricevente consentito dalla Rete. È l’afferma-zione di questa dinamica infatti, indipendentemente dalle varietà dei contesti applicativi, a costituire il vero contributo innovativo dell’e-Collaboration. Io scrivo, io scelgo, io leggo, io dubito, io verifico, io correggo, io integro, io

Cos’èl’e-Collaborationeperchéancoranonl’abbiamocapito?

e-Collaboration

è lo stile di chi “pensa in Rete”

è l’arte di inventare strategie per risolvere problemi “a molte mani”  ed è il mestiere di farle funzionare

è una vecchia conoscenza: nasce già con l’e-mail ma si reinventa totalmente con il Web 2.0

è… il senso della Rete: motore e chiave di lettura del presente e del futuro del Web

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commento, e poi di nuovo io scrivo, io scelgo, io leggo, e così via. Noi, passo dopo passo, iterando grazie alla Rete questo processo e giocandone di volta in volta in prima persona tutti i ruoli, capiamo meglio, ci capiamo meglio e siamo in grado di costruire idee, concetti, strumenti che, non solo nessuno di noi sarebbe mai riuscito a sviluppare da solo, ma il cui valore è molto più elevato della pura somma dei contributi individuali.

e-Collaboration è anche un’arte e un mestiere e-Collaboration è l’arte di ideare strategie creative per catturare, con l’aiuto della Rete, il valore della multiformità di esperienze, culture, visioni di indi-vidui raccolti intorno a un obiettivo comune. Nello stesso tempo, è il mestiere di costruire, pezzo per pezzo, processi in cui modelli organizzativi, mix di strumenti, stili di comunicazione siano coerenti e ben calibrati rispetto al contesto e agli obiettivi. A volte possiamo avere l’impressione che strategie efficaci di e-Collaboration nascano e si sviluppino semplicemente dal nulla in modo spontaneo. Se però analizziamo i casi specifici, ci rendiamo conto che, perché le cose abbiano davvero successo, l’innesco caratterizzato da casualità e libertà creativa è sempre seguito da una fase strutturante molto impegnativa che sta prendendo sempre più le forme di un vero e proprio mestiere. Wikipedia come Facebook, Twitter come YouTube, per diventare tra i più importanti e utili strumenti della Rete non hanno potuto accontentarsi di un’idea geniale che ha messo insieme un obiettivo innovativo con uno strumento tecnologico e un originale modello organizzativo, ma hanno avuto bisogno di un intenso e impegnativo lavoro di pianificazione e sistematizza-zione da parte di un team numeroso e multiforme che plasmasse, a partire da quelle idee, modelli di e-Collaboration attraenti e sostenibili attorno ai quali potessero reggersi nuovi modelli di business.

e-Collaboration non è una parola nuova L’e-Collaboration, vista come sistema integrato di processi ricorsivi in cui più individui interagiscono online per raggiungere un obiettivo comune, nasce concettualmente insieme ai primissimi passi della Rete: le prime forme di e-Collaboration attecchiscono già con l’e-mail e i dischi condivisi. Le poten-zialità dell’e-Collaboration compiono però un eccezionale salto di qualità con l’avvento del Web 2.0. Fino a quel momento i sistemi integrati di utilizzo della Rete per collaborare si trovavano per lo più all’interno delle organizzazioni strutturate e si identificavano con le Intranet, cioè con sistemi chiusi e costruiti ad hoc per singole realtà. L’applicazione dell’e-Collaboration era dunque limi-tata sostanzialmente alle strutture organizzative di grandi dimensioni, capaci di mobilitare significativi investimenti in sviluppo, gestione e aggiornamento di strumenti interni dedicati. Con lo sviluppo del Web 2.0, l’e-Collaboration

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diventa accessibile a tutti: organizzazioni e singoli individui. La logica total-mente top down delle Intranet tradizionali subisce un ribaltamento radicale su tutti i fronti: da un lato gli strumenti più interessanti non sono più proposti e mediati da grandi software house, ma nascono come funghi in tutti gli angoli della Rete; dall’altro lato, idee e modelli di e-Collaboration non sono più il prodotto esclusivo delle strutture che si occupano di organizzazione dei processi, ma crescono anche su iniziativa individuale e di piccoli gruppi che si attrezzano autonomamente per lavorare meglio grazie a strumenti in gran parte gratuiti, specializzati su funzioni specifiche e in continua evoluzione.

e-Collaboration è il senso della Retee-Collaboration e Web 2.0 sono strettamente legati, al punto che il concetto stesso di e-Collaboration è un’efficace chiave di lettura della nuova forma che il Web ha preso negli ultimi anni e della sua direzione di evoluzione. Proviamo, infatti, a guardare il Web 2.0 dal punto di vista dell’e-Collaboration: cosa di meglio avremmo potuto chiedere alla Rete per andare incontro alle esigenze di chi vuole e-collaborare? E qual è il vero motore della costante e quotidiana evoluzione del Web 2.0 se non quello di perfezionare modelli e strumenti che ci aiutino a raggiungere obiettivi e a risolvere problemi basandoci sul valore della dimensione relazionale e collettiva?

Esploriamo insieme che cosa offre il Web 2.0 all’e-Collaboration. In primo luogo il Web 2.0 ci ha aperto una prospettiva completamente nuova nella costruzione e condivisione di contenuti in tutte le loro forme: da quelle più “tradizionali” (testi, fogli di calcolo, presentazioni, mappe logiche), a quelle più complesse (video e animazioni) a quelle più leggere ed estemporanee (post, messaggi, commenti, recensioni, profili personali). Nel nucleo di un’operazione di e-Collaboration c’è sempre, infatti, un contenuto: struttu-rato o destrutturato, estemporaneo o meditato, autoprodotto, semplicemente “trovato” o selezionato con cura, il contenuto continua a essere un elemento fondante per innescare e sviluppare qualsiasi dinamica di e-Collaboration. Il Web 2.0 ha reso molto più semplice realizzare contenuti di livello mediale anche complesso (si pensi ai video producibili ed editabili con le funzionalità messe a disposizione da YouTube, www.youtube.com, o ai poster multimediali e animati che si possono realizzare con Prezi, http://prezi.com), ha permesso di farlo collaborando in tempo reale con altri e infine di mettere immediatamente a disposizione di chiunque abbia accesso al Web i risultati del proprio lavoro.

Un altro filone di possibilità offerte dal Web 2.0 all’e-Collaboration è la possibilità di gestire la comunicazione in modo agile e veloce. Da tempo strumenti come Skype, www.skype.com, Messenger, www.messenger.it, e tutti i loro simili ci permettono di contattare rapidamente i nostri interlocutori individualmente o in gruppo e soprattutto senza uscire dalla nostra principale interfaccia di attività sul Web. Accanto a questi strumenti, si sta sviluppando un

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intero filone in cui troviamo, per esempio, tool come oovoo, www.oovoo.com, o Dimdim, www.dimdim.com, volti a rendere agevole la comunicazione in modalità multicanale: audio e video conferenza, chat testuale, condivisione di lavagne e file.

Il Web 2.0 ha offerto poi un ulteriore potenziamento all’e-Collaboration con lo sviluppo degli ambienti di social networking (generalisti e specializzati) e con lo sviluppo di simili funzionalità all’interno di sistemi mirati priori-tariamente ad altri obiettivi come il mediasharing o il socialbookmarking.

La galassia dell’e-Collaboration

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In questo modo non solo è possibile mantenere agevolmente i contatti con tutti coloro con cui si condividono obiettivi e interessi, ma si può costruire nel tempo una rete di contatti con cui sviluppare idee, a cui comunicare in tempo reale i risultati delle proprie attività e da cui ricevere spunti, stimoli e suggerimenti.

In parallelo, il Web 2.0 ha offerto all’e-Collaboration anche i mezzi per gestire e integrare tutta questa ricchezza di fonti e di strumenti: dai feed RSS, che consentono di monitorare gli aggiornamenti delle fonti di nostro interesse (e degli ambienti stessi di e-Collaboration che utilizziamo), alla possibilità di pubblicare in modo molto agevole i nostri contenuti in qualsiasi social network, fino agli strumenti di socialbookmarking che permettono di gestire in modo collaborativo i link utili che troviamo in Rete.

Il Web 2.0 ci propone dunque un intero filone di risposte per ogni esi-genza di e-Collaboration, ma questo ancora non ci basta, perché “avere a disposizione” non significa “usare”, né tanto meno” saper usare”.

1.2 E-Collaboration e Web 2.0: le cose che non abbiamo ancora capitoDavanti a questa ricchezza di strumenti e dando un’occhiata alle riviste specia-lizzate, o agli inserti tecnologici sui quotidiani possiamo avere l’impressione che ormai l’e-Collaboration sia ovunque. Crowdsourcing, social network, social media, socialbookmarking… sembra che tutti facciano tutto in Rete. La nostra esperienza quotidiana dimostra tuttavia che la realtà è un’altra. Ancora oggi la proposta di lavorare utilizzando anche solo un foglio condiviso online continua a costituire, molto più frequentemente di quanto si potrebbe credere, una novità che suscita un misto di curiosità e preoccupazione, per non parlare dell’ipotesi di aprire un gruppo tematico su Facebook o un canale su YouTube, spesso scartata a priori come “troppo forte”. Ritroviamo que-sta difficoltà nelle università come nelle scuole, nell’ambito delle pubbliche amministrazioni come nel mondo dei professionisti e delle imprese, in Italia come in Europa.

Mentre già si parla, il più delle volte a sproposito, di Web 3.0, dovremmo invece fermarci a riflettere sul fatto che stiamo ancora faticando ad assimilare le logiche del Web 2.0 e porci qualche domanda in più sul perché le novità che ha portato stiano penetrando ancora così lentamente nelle nostre pratiche quotidiane.

I motivi possono essere molti: la difficoltà di vincere l’inerzia delle orga-nizzazioni, le preoccupazioni su privacy e sicurezza, la complessità di mettere in campo le competenze necessarie per definire strategie di e-Collaboration, i dubbi nel selezionare strumenti a cui sia possibile dare fiducia, l’ansia com-prensibile per la difficoltà di padroneggiare ritmi rapidi di evoluzione.

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Ma c’è anche la difficoltà di capire e di utilizzare, da non sottovalutare. Lavoriamo ancora per lo più in un mondo di strumenti “pre Web 2.0” perché sono davvero più efficaci e efficienti o perché ancora non abbiamo “capito bene” che cosa sono e come usarli? E quanto pesa il fatto che la difficoltà di capire risulti essere maggiormente radicata in chi, nei vari contesti, riveste un ruolo di Decision Maker, tipicamente connesso a figure appartenenti a fasce d’età caratterizzate da un rapporto meno spontaneo con la tecnologia?

Fatichiamo a esprimere questa difficoltà perché genera imbarazzo, perché temiamo di dare l’impressione di non essere al passo con i tempi, tuttavia è anche vero che chi ha faticato di più, una volta entrato, diventa rapidamen-te un reale utilizzatore (secondo le analisi di Royal Pingdom1, per esempio, negli U.S.A. il 61% degli utenti di Facebook e il 64% del pubblico di Twitter, http://twitter.com, supera i 35 anni). Il passaggio della soglia, soprattutto nel contesto professionale, rimane tuttavia complesso: non si tratta infatti solo di comprendere il funzionamento tecnico di nuovi strumenti, ma di prendere confidenza con paradigmi totalmente nuovi, sempre meno legati alle logi-che del mondo fisico di cui il mondo digitale “ante Web 2.0” aveva serbato almeno il valore di una rappresentazione metaforica (pensiamo a strumenti come “taglia e incolla” di word, o all’immagine delle “cartelle” come veri e propri faldoni).

L’esperienza ci ha mostrato che esistono temi più faticosi di altri quando le persone sono chiamate ad avviare per la prima volta un percorso di e-Collaboration: analizzare le dimensioni del Web 2.0 che facciamo più fatica a metabolizzare può essere un buon metodo per intercettare gli elementi principali di trasformazione che il Web 2.0 ha messo a disposizione dell’e-Collaboration.

Dal file al doc condiviso Il passaggio dal documento offline a quello condiviso online ha segnato la prima fondamentale trasformazione di prospettiva portata dal Web 2.0 al mondo dell’e-Collaboration. L’idea in realtà era già apparsa sul Web alcuni anni prima con l’invenzione del Wiki, ma compie un salto di qualità con l’ideazione, intorno al 2004-2005, dei primi fogli di scrittura condivisa online (qualcuno ricorda, per esempio, Writely?), nuclei originari del ben più famoso Google docs, http://docs.google.com. Nelle Intranet aziendali questo passag-gio verso il documento condiviso online è già stato in parte compiuto negli ultimi anni, ma quante sono davvero le persone che vi sono state coinvolte? Per quanti di noi, invece, l’apparire di Google docs è stata la prima occasione di confrontarsi con una nuova idea di documento?

1 http://royal.pingdom.com, post 16/2/2010 sulla base di dati Google Ad Planner – USA.


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