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Capitolo III - IV Pensiero Manuale capp. 3 e 4...Capitolo III Problemi dello sviluppo italiano e...

Date post: 15-Feb-2019
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Capitolo III Problemi dello sviluppo italiano e necessità di una nuova manovra culturale e educativa. Priorità e strategie
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Capitolo III

Problemi dello sviluppo italiano e necessità di una nuova manovra culturale e educativa. Priorità e

strategie

FATTORI DELLA CRISI ITALIANA

1) Debito pubblico

Debito pubblico rapportato al P.I.L:• 1980 � 62% (governi Cossiga-Forlani);• 1990 � 97,2% (governo Andreotti); • 1994 �126% (governo Ciampi)• 2005 � 108,6% (governo Berlusconi)• 2007 � 106,9% (governo Prodi).Unica soluzione: produrre di più e meglio

Debito pubblico rapportato al PIL

198062%

GovernoCossigaForlani

199097%

GovernoAndreotti

1994126%

Governo Ciampi

2005108%

GovernoBerlusconi

2007106,9%

Governo Prodi

2) Produzione in sofferenza: dati

1) Incrementi annui di produttività periodo 1995/2000:

• USA 4,5%;

• Francia 4,6%;• Italia 0,9%.

2) Tasso di occupazione al 2005:

• USA 74%;

• Gran Bretagna e Olanda 71%;

• UE 61%;

• Italia 56%

2) Produzione in sofferenza: giudizio degli esperti

CRAINZ VISCO GALLINO

Catastrofeanni ‘90

Declinoeconomico dell’Europa

Scomparsadell’Italia

industriale

3) Competitività debole: dati

Posizione dell’Italia secondo le stime del World EconomicForum 2005 :

• 5° per intensità fiscale;• 46° per competitività

globale;• 48° per efficienza

amministrativa;• 50° per sviluppo

tecnologico.

Dati Cnvsu 2003 sull’occupazione dei laureati :

• 35% dei laureati svolge un impiego coerente con la formazione ricevuta;

• 27% lavora con richiesta generica di una laurea;

• 32% svolge funzioni senza richiesta di laurea

3) Competitività debole: possibile causa

MISMATCHMONDO DEL LAVORO

MONDO DELLA FORMAZIONE

MIS-MATCH formazione e lavoro: concause

MANCANZA ISTRUZIONE –FORMAZIONE SUPERIORE

NON UNIVERSITARIA

CARENZA LAUREATI IN ENGINEERING ( 16% Vs. 26% UE)

PHISICAL SCIENCES(5,5% Vs. 14% UE)

SCARSA DOMANDA DI COMPETENZE QUALIFICATE

DI MASSA

4) Crisi della ricerca e dell’innovazione: dati

Quota totale invenzioniregistrate:

Italia3,1%

vs22,6%

Germania.

2002/2003 brevetti

sono stati in Italia

circa 700 all’anno, vs

100.000USA

Investimenti in ricerca sul Pil 2003:

- Italia 1% Pil;- UE 2% Pil;

- Francia 2,2 %;- Germania 2,3%;

- USA e Giappone 3%;- Svezia 3,9%;

Accordo di Lisbona 3% (2010 – 2014)

4) Crisi della ricerca e dell’innovazione: cause in Italiaa) Pochi investimenti privati in ricerca ed innovazione;b) Mancanza di politiche regionali di promozione dello

sviluppo economico territoriale;c) Il venir meno, con l’ingresso nella UE, delle politiche

monetarie di svalutazione della lira hanno accentuato i nostri limiti in ricerca ed innovazione.

Soluzione : Investimenti in ricerca ed innovazione e qualificato sistema di istruzione e formazione professionale secondario

5) Statalismo

La spesa pubblica , in rapporto al Pil, è cosìcresciuta negli anni:

- 10% nel 1900;- 30% nel 1950;- 57,34% nel 1993;- 48,8% nel 2004 (per

politiche di privatizzazione).

Burocratismo e statalismo frenano lo sviluppo del Paese.

per uscire dalla crisi serve imprenditorialità’ che richiede formazione e creatività economico-industriale delle diverse componenti sociali

6) Una popolazione sempre meno giovane• L’età media oggi in Italia è di 40 anni, 36 anni negli

USA, 38 anni nella UE.• Previsioni ISTAT:- nel 2025 la popolazione complessiva resterà immutata,

quella tra i 25-39 anni passerà da 17 a 12 milioni, quella con meno di 20 anni passerà da 11 a 9 milioni, quella con più di 65 anni salirà da 10,5 a 14,6 milioni;

- nel 2030 i lavoratori italiani saranno 24 milioni vs 32 milioni con oltre 60 anni;

- nel 2050 avremo 20 milioni di lavoratori vs 18 milioni con più di 60 anni.

7) Spesa sociale per le giovani generazioni sempre minoreLa spesa nostra previdenziale è passata da un valore,

rapportato al Pil, del 5% negli anni ’60 al 15,39% nel 2003, contro una media UE del 10,4% (Francia 12,1%, Regno Unito 5,5%);

Problema : Come mantenere gli attuali livelli di welfare con il terzo debito pubblico e un aumento costante della popolazione in età pensionabile?

8) Giovani sempre meno attivi: “si vive di rendita”• Tenore di vita molto alto e crisi economica(più alta % di telefonini al mondo, 53 auto ogni 100 abitanti, 82%

possiede una casa di proprietà vs il 69% in UK, 59% in Svezia, 41% in Germania);

• L’economia italiana produce poca ricchezza, ma il ta sso di mortalità delle aziende è basso .

(il tasso di investimenti globale in attività economiche è sceso dal 24,8% del Pil nel 1960-69, al 16,7% del 1994, al 15% di oggi).

Rendita: Imprese e famiglie italiane sopravvivono e mantengono il tenore di vita grazie all’accumulazione dei patrimoni negli anni del boom (anni ’50-’70).

8) Giovani sempre meno attivi: conseguenze di un’economia basata sulla rendita• Solo verso i 30 anni i giovani ‘escono di casa’, si

sposano e hanno dei figli;• Si laureano tra i 25 e 29 anni (il 70%);• Entrano stabilmente nel mercato del lavoro a partire dai

30 anni (nel resto dell’Europa intorno ai 24 anni).In compenso:• Il 32,5% dei giovani tra i 26 e 35 anni è proprietario di

casa;• Il 33,9% riesce a pagare l’affitto e a ‘divertirsi’.

STRATEGIE FORMATIVE PER USCIRE DALLA CRISI

Centralità del capitale umano

Capitale sociale

Capitale umano

Lo sviluppo economico

Centralità del capitale umano

Condizioni per la crescita economica e sociale:a) l’educazione deve essere in grado di insegnare non

solo abilità tecniche, ma favorire anche l’attitudine alla ricerca e alla conoscenza continua per impiegarla creativamente;

b) una conoscenza integrata tra sapere e fare;c) un’educazione finalizzata alla competenza personale;d) un’educazione che promuove la somma cooperativa e

solidale dei contributi personali di ciascuno.

Educazione iniziale e permanente

La consapevolezza dell’importanza dell’investimento educativo a livello normativo:

a) l’art. 1 della Legge 53/03 propone “la crescita e valorizzazione della persona umana” di ciascuno, obbligatoriamente per almeno 12 anni di istruzione e formazione o comunque fino al conseguimento di una qualifica (art. 2, co. 1, punto g della stessa legge);

b) in base all’art. 21, co.9, Legge 59/97 il sistema educativo di istruzione e formazione deve assicurare, ad ogni persona, “il diritto ad apprendere”;

c) l’art. 1, co. 2 del D.P.R. 275/99 garantisce ad ogni persona “il diritto al successo formativo”

Educazione iniziale e permanente

L’educazione è un dovere morale e pedagogico verso la persona (art. 26 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, ONU 1948) e e un dovere verso la società , in quanto condizione di crescita del Paese.

- educazione iniziale delle giovani generazioni;- educazione permanente e ricorrente degli adulti,

pensionati, occupati e disoccupati (lifelong learning)

Quale cultura educativa? Dalle separazioni alle ricomposizioni

Il modello educativo e culturale che emerge dall’erogazione dei titoli di studio è quella della separazione, che si rifà ad un principio cumulativo piuttosto che integrativo:

1) Il sapere (theorìa) è una cosa, il fare (téchne) un’altra, e l’agire (praxis) un’altra ancora;

2) Chi studia, non deve lavorare (si studia proprio per non lavorare). Chi lavora non deve studiare (si lavora proprio perché non si ha più voglia di studiare)

3) Sia nel lavoro che nello studio non si agisce, a scapito della libertà e della responsabilità delle proprie azioni;

4) la logica delle separazioni si manifesta nei diversi ambiti della vita quotidiana, nella scuola, nella fabbrica, e nella relazioni sociali e politiche.

Quale cultura educativa? Dalle separazioni alle ricomposizioni

La conseguenza formativa e ordinamentale della logica delle separazioni è la gerarchizzazione del sistema di istruzione (canali e non percorsi):

1) Chi frequenta i licei e poi va all’università � cultura di serie A �lavori dirigenziali o direttivi;

2) Chi si iscrive agli istituti tecnici e poi all’istruzione e formazione tecnica superiore � cultura di serie B � lavori direttivi, quadri;

3) Chi opta per gli istituti professionali � cultura di serie C � lavori qualificati;

4) Chi si limita alla formazione professionale regionale � cultura di serie D � lavori di scarsa considerazione sociale.

N.B: La gerarchizzazione non si elimina riducendo da 4 ad 1 “canale”, ma con percorsi formativi personalizzati (pari dignità delle scuole).

Capitolo IV

Oltre la mentalità antilaboratoriale: verso la prospettiva dell’alternanza

scuola-lavoro

Elementi alla base della cultura antilaboratoriale

1) Diffusione di una mentalità che trascura il fare e privilegia l’astratto della teoresi: il fare degraderebbe verso il basso e il materiale, il pensare innalzerebbe verso l’alto e il nobile.

Chi studia non lavora e chi lavora non studia

Separazione dell’età in cui si studiada quella in cui si lavora

Elementi alla base della cultura antilaboratoriale

2) Pregiudizio nei confronti della cultura tecnica:

a) La tecnica (il fare, l’operare) non è considerata cultura come la scienza o la letteratura;

b) La tecnica non è reputata un fattore decisivo di qualitàdella convivenza civile � maledizione delle mani;

c) Chi fa il liceo è intelligente e destinato a grandi successi, chi sceglie l’istruzione e la formazione professionale lo èmeno � merita rispetto chi è più astratto e lontano dalla realtà.

Elementi alla base della cultura antilaboratoriale

3) Separazione tra la cultura extrascolastica e la cultura scolastica

La trasformazione dell’intuitive learner in scholasticlearner, storicamente è avvenuta nel secondo dopoguerra con il diffondersi dell’istruzione.

Elementi alla base della cultura antilaboratoriale

4) La teoria dei due tempi: a) prima si deve andare a scuola, dove non si lavora, poi

si deve andare al lavoro, dove non si studia;b) prima si apprendono i saperi di base poi li si applicano

alla vita personale, sociale e professionale, dove non serve più impadronirsi di altri saperi;

c) netta distinzione tra teoria, tecnica e pratica; d) separazione tra pensare ed operare;e) rottura dell’unità della cultura in discipline, ridotte ad

orari scolastici rigidi e a libri di testo autoreferenziali

Apprendistato

• Il combinato disposto dell’art. 65 della legge n. 144/99 e dell’art. 2, co. 1, punto c) della Legge 53/03 ha fatto rientrare l’apprendistato tra i 15 e 18 anni, nel godimento dei diritti essenziali dei cittadini all’istruzione e formazione.

• Limiti dell’apprendistato : a) è un istituto contrattuale stipulato tra parti sociali;b) non promuove una sistematica ed intenzionale

relazione tra l’esperienza in azienda e lo studio a scuola;

c) pregiudizio comune nei confronti del suo ruolo educativo e culturale

Apprendistato

• Aspetti positivi dell’apprendistato :d) protezione dei minori che lavorano;e) è l’unico percorso formativo che nasce dalla

collaborazione delle parti sociali.

Alternanza scuola-lavoro

Differenze rispetto all’apprendistato :a) Non è un istituto contrattuale, ma una delle modalità di

insegnamento e apprendimento del secondo ciclo di istruzione e formazione (dai 15 ai 18 anni) � l’alternanza recupera lo spirito del comma 3 dell’art. 15 della Legge 875/78 sulla formazione professionale;

b) Combina in modo più organico e sistematico la scuola con lo studio � l’alternanza cambia destinazione a seconda del tipo di scuola che si frequenta;

c) prevede più modalità formative regolamentate, che, in maniera diversa, armonizzano teoria e pratica, azione e riflessione: il laboratorio, lo stage e il tirocinio formativo.

Alternanza scuola-lavoro

Ingredienti dell’alternanza scuola lavoro :1) il laboratorio: luogo di apprendimento in ambiente simulato e

protetto;2) lo stage: luogo sociale e cooperativo nel quale condurre esperienze

di osservazione partecipata a processi lavorativi reali;3) il tirocinio formativo: attività che integra l’osservazione diretta del

lavoro con la sua realizzazione pratica sotto la supervisione di un

tutor aziendale in collaborazione con il tutor scolastico;

4) il lavoro: l’alunno dichiarato autonomo e competente in determinati processi lavorativi può svolgere, tramite forme contrattuali specifiche, prestazioni professionali anche prima dei 18 anni, ma sempre utilizzando il lavoro come strumento per l’ulteriore arricchimento dei quadri teorici.


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