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Capitolo - Arcetrimarconi/Lezioni/Cosmo15/14... · come abbiamo visto no ad ora (ad esempio 9anel...

Date post: 14-Jul-2020
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Capitolo 15 Lo spettro delle fluttuazioni e la sua evoluzione Per fare un confronto quantitativo tra teoria e osservazioni ` e necessario mettere in relazione lo spettro delle perturbazioni di densit` a Δ con quello delle fluttuazioni delle strutture osservate. Come primo passo, si pu` o collegare la funzione di correlazione delle galassie vista all’inizio con lo spettro di potenza delle perturbazioni. 15.1 La funzione di correlazione a due punti per le galassie Abbiamo visto la funzione di correlazione a due punti per le galassie che descrive la proba- bilit` a di trovare una galassia a distanza r da un’altra, in eccesso rispetto alla distribuzione 1 2 ~x ~x + ~ r ~ r Figura 15.1: Coppia di galassie 1 e 2 a distanza r nel sistema di riferimento in cui la posizione di 1 ` e ~x.
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Capitolo 15Lo spettro delle fluttuazioni e la suaevoluzione

Per fare un confronto quantitativo tra teoria e osservazioni e necessario mettere in relazionelo spettro delle perturbazioni di densita ∆ con quello delle fluttuazioni delle struttureosservate. Come primo passo, si puo collegare la funzione di correlazione delle galassievista all’inizio con lo spettro di potenza delle perturbazioni.

15.1 La funzione di correlazione a due punti per le

galassie

Abbiamo visto la funzione di correlazione a due punti per le galassie che descrive la proba-bilita di trovare una galassia a distanza r da un’altra, in eccesso rispetto alla distribuzione

1

2

~x

~x + ~r

~r

Figura 15.1: Coppia di galassie 1 e 2 a distanza r nel sistema di riferimento in cui laposizione di 1 e ~x.

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2 Lo spettro delle fluttuazioni e la sua evoluzione

uniforme di fondo. Il numero di galassie nella shell sferica di volume dV e raggio r a partiredalla galassia di riferimento e

dNprq “ N0 r1` ξprqs dV

con N0 densita numerica media delle galassie. Posso quindi scrivere la probabilita ditrovare una coppia di galassie 1, 2 separate da una distanza r moltiplicando la probabilitadi trovare la galassia 1 con la probabilita di trovare la galassia 2 a distanza r da 1 (figura15.1); pertanto il numero di coppie di galassie a distanza r e

dNpair “ N0dV1 ˆN0 r1` ξprqs dV2 “ N20 r1` ξprqs dV1dV2

con ξ funzione di correlazione a due punti. Questa probabilita puo essere messa diretta-mente in relazione col contrasto di densita ∆ “ δρρ0; si noti come abbiamo nuovamentepreso ad usare il pedice 0 per indicare il mezzo omogeneo imperturbato. Per definizionedi ∆ possiamo scrivere

ρ “ ρ0 r1`∆p~xqs

per cui il numero di galassie a distanza ~r dalla posizione ~x e

dNpairp~x,~rq “1

Mρp~xqdV1 ˆ

1

Mρp~x` ~rqdV2

con M massa media delle galassie, ovvero

dNpairp~x,~rq “´ ρ0

M

¯2

r1`∆p~xqs r1`∆p~x` ~rqs dV1dV2

ξprq non dipende dalla posizione ~x ma solo dalla distanza tra le galassie, pertanto pren-diamo la media di quell’espressione su un grande volume spaziale; sappiamo che perl’omogeneita e isotropia dell’universo

x∆p~xqy “ x∆p~x` ~rqy “ 0

ovvero

dNpairp~rq “ xdNpairp~x,~rqy “´ ρ0

M

¯2

r1` x∆p~xq∆p~x` ~rqys dV1dV2

ma avevamo trovato che

dNpairp~rq “ N20 r1` ξprqs dV1dV2

per cui si deve avere

ξprq “ x∆p~xq∆p~x` ~rqy

Quella che si misura e la funzione di correlazione a due punti angolare ovvero sul pianodel cielo:

NpθqdΩ “ ng r1` wpθqs dΩ

Abbiamo visto che la distribuzione di galassie ha simmetria sferica allora si ha la corri-spondenza

ξprq9 r´γ Ñ wpθq9 θ´pγ´1q

quindi la cosa piu semplice e ricavare ξprq da wpθq. Ricordiamo che ξprq e una funzione dicorrelazione a due punti, ovvero tiene conto solo della distanza r non di eventuali strutture

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15.2 Lo spettro delle perturbazioni 3

a filamenti; pertanto trattiamo tutto come se le perturbazioni avessero simmetria sferica.Per poter studiare la struttura filamentare occorrono funzioni di correlazione a 3 e 4 punti.Ricordando i risultati delle osservazioni si ottiene che

ξprq “

ˆ

r

r0

˙´γ

su scale da 100h´1 kpc fino a 10h´1 Mpc con r0 “ 5h´1 Mpc e γ “ 1.8. Per r ą r0 si hache ξprq Ñ 0 tende a 0 molto rapidamente: questo, come abbiamo gia visto, e il significatodi omogeneita e isotropia a grande scala (vedi figure ??, ??). Dalle figure ??, ?? e chiaroche ξprq per le galassie e regolare e non si sono ovvie scale preferite; nello spettro delleperturbazioni iniziali doveva essere presente un grosso intervallo di scale spaziali. C’e unascala caratteristica r0 “ 5h´1 Mpc » 7.1 Mpc (h “ 0.7) che definisce la scala a cui ξ “ 1ovvero ρ “ 2ρ0. Questa e approssimativamente la scala sotto cui tutte le perturbazionisono non lineari ovvero hanno δρρ ą 1 dato che ξprq ą 1. Strutture come i gruppi ogli ammassi di galassie adesso sono fortemente non lineari. Benche ξprq per le galassiesia ! 1 su grandi scale, c’e una correlazione per gli ammassi nel senso che considerandogli ammassi piu ricchi si ha r0 » p15 ´ 25qh´1 Mpc. Infine, ci sono strutture correlate sugrandissime scale che ad oggi sono ancora in fase di crescita lineare.

15.2 Lo spettro delle perturbazioni

Il procedimento da seguire consiste nel partire dalla distribuzione tridimensionale delle ga-lassie, farne la trasformata di Fourier e determinare lo spettro delle ∆; questo permette ditrovare l’ampiezza delle componenti corrispondenti ai diversi vettori d’onda ~k “ p2πλq~ik.Pero e possibile semplificare perche vogliamo paragonare lo spettro delle perturbazioni conξprq che per definizione corrisponde ad una simmetria sferica.

Dato ∆p~xq si ha che la sua trasformata e antitrasformata di Fourier sono

∆~k “1

V

ż

∆p~rqei~k¨~xd3~x

∆p~xq “V

p2πq3

ż

∆~ke´i~k¨~xd3~k

con V volume entro cui ∆p~xq e definita. Si noti che le ∆~k expp´i~k ¨ ~xq sono i modinormali ovvero le soluzioni dell’equazione che descriveva l’evoluzione lineare del contrastodi densita. Quindi i ∆~k (che indicheremo con ∆k per semplicita) evolvono temporalmentecome abbiamo visto fino ad ora (ad esempio ∆9 a nel caso dominato dalla materia).Quello che vogliamo studiare adesso e il peso cioe la normalizzazione di ciascun modonormale.

Applicando il teorema di Parseval

1

V

ż

∆2p~xqd3~x “

V

p2πq3

ż

ˇ

ˇ∆~k

ˇ

ˇ

2d3~k

Il primo membro rappresenta x∆2y, l’ampiezza quadratica media delle fluttuazioni in V .

Nel secondo membro si ha lo spettro di potenza delle fluttuazioni P pkq “ˇ

ˇ∆~k

ˇ

ˇ

2, quindi si

puo scrivere

x∆2y “

V

p2πq3

ż

P pkqd3~k

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4 Lo spettro delle fluttuazioni e la sua evoluzione

Siccome ξprq e sfericamente simmetrica dobbiamo considerare il caso in cui le direzioni

dei ~k sono isotrope per cui possiamo scrivere in coordinate sferiche

d3~k “ 4πk2 dk

per cui

x∆2y “

V

2π2

ż

P pkqk2dk

Adesso dobbiamo collegare x∆2y a ξprq utilizzando la relazione trovata precedentemente

ξ “ x∆p~xq∆p~x` ~rqy

Cominciamo considerando una serie di Fourier, poi passeremo agli integrali.

∆p~xq “V

p2πq3

ż

∆~k e´i~k¨~xd3~k

puo essere scritta sotto forma di serie come

∆p~xq “ÿ

~k

∆~k e´i~k¨~x

Dal momento che ∆p~xq e reale ∆p~xq “ ∆‹p~xq (“‹” indica il complesso coniugato) e quindi

|∆p~xq|2 “ |∆p~xq∆‹p~xq|

ovvero posso scrivere

ξprq “ x∆p~xq∆p~x` ~rqy “ x∆p~xq∆‹p~x` ~rqy

C

ÿ

~k

ÿ

~k1

∆~k∆‹~k1 e´i

~k¨~x eip~k1¨~x`~k1¨~rq

G

C

ÿ

~k

ÿ

~k1

∆~k∆‹~k1 e´ip

~k´~k1q¨~x ei~k1¨~r

G

“ÿ

~k

ÿ

~k1

∆~k∆‹~k1

A

e´ip~k´~k1q¨~x ei

~k1¨~rE

Ma quando si va a fare la media spaziale (si integra su ~x, non su ~r) si haA

e´ip~k´~k1q¨~x ei

~k1¨~rE

A

e´ip~k´~k1q¨~x

E

ei~k1¨~r“ 0 se ~k ‰ ~k1

pertanto gli unici termini non nulli della sommatoria hanno ~k “ ~k1 e quindi

ξp~rq “

C

ÿ

~k

ˇ

ˇ∆~k

ˇ

ˇ

2ei~k¨~r

G

“ÿ

~k

ˇ

ˇ∆~k

ˇ

ˇ

2ei~k¨~r

poiche l’operazione di media e fatta su ~x e gli addendi della sommatoria non dipendonoda esso. Dal momento che abbiamo fatto il passaggio

V

p2πq3

ż

∆~k e´i~k¨~xd3~k ÝÑ

ÿ

~k

∆~k e´i~k¨~x

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15.2 Lo spettro delle perturbazioni 5

possiamo concludere che

ξp~rq “V

p2πq3

ż

ˇ

ˇ∆~k

ˇ

ˇ

2ei~k¨~rd3~k

Ora ξp~rq e una funzione reale per cui ci interessa soltanto la parte reale di quell’integrale

Re´

ei~k¨~r¯

“ cosp~k ¨ ~rq “ cospkr cos θq

Poiche ξp~rq e sfericamente simmetrica possiamo mediare su una distribuzione isotropa diprobabilita per ottenere ξprq

ξprq “ xξp~rqy “1

ż

ξp~rqP pθ, φq sin θdθdφ

con P pθ, φq “ cost. ovvero

xcospkr cos θqy “1

ż

cospkr cos θq sin θdθdφ

“2π

*2

ż π

0

cospkr cos θq sin θdθ “1

22

sin kr

kr(15.1)

per cui

ξprq “V

82π32

ż

|∆k|2 sin kr

kr4πk2dk

ed infine

ξprq “V

2π2

ż

P pkqsin kr

krk2dk (15.2)

questa e la relazione che lega P pkq a ξprq. Poiche

sin kr

krÑ 0 per k ě r´1 ovvero kr ě 1

si ha che solo le scale k ď r´1 contribuiscono a ξprq. Le fluttuazioni su scale piu grandivengono mediate via. In modo analogo a quanto fatto (cioe partendo dalle serie) si puoottenere P pkq a partire da ξprq ovvero invertire la relazione integrale appena trovata

P pkq “1

V

ż 8

0

ξprqsin kr

kr4πr2dr

Esistono altre rappresentazioni per P pkq,

• k3P pkq

ξprq “V

2π2

ż

rk3P pkqssin kr

krdpln kq

• ∆2pkq (non e ∆ “ δρρ !)

∆2pkq “

V

p2πq34πk3P pkq “

2

πk3

ż 8

0

ξprqsin kr

krr2dr

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6 Lo spettro delle fluttuazioni e la sua evoluzione

15.3 Lo spettro iniziale delle perturbazioni

Le osservazioni delle strutture a grande scala suggeriscono che lo spettro iniziale delleperturbazioni sia esteso senza scale preferite (sezione ??) , ovvero e naturale cominciarecon

P pkq “ |∆k|29 kn

per cui

ξprq “V

2π2

ż

P pkqsin kr

krk2dk “

V

2π2

ż

|∆k|2 sin kr

krk2dk9

ż

sin kr

krkn`2dk

dal momento che sin krkr Ñ 0 per kr ą 1 possiamo integrare tra 0 e kmax « 1r percui, posto x “ kr, dk “ dxr si ha

ξprq9

ż 1r

0

sin kr

krkn`2dk “ r´pn`3q

ż 1

0

sinx

xxn`2dx

ovvero, dato che l’integrale e un numero, si ha

ξprq9 r´pn`3q

Ma la massa delle fluttuazioni e M 9 r3 per cui

ξpMq9M´pn`3q3

Abbiamo da poco dimostrato che ξ « x∆2y per cui possiamo ottenere

∆pMq “δρpMq

ρ“ x∆2

y12„ ξ12

9M´pn`3q6

∆pMq e il contrasto di densita medio delle perturbazioni di massa M che, a parte ladipendenza spaziale e temporale, ha una ampiezza massima che scala con M´pn`3q6. Inconclusione, uno spettro delle perturbazioni del tipo

P pkq9 kn

corrisponde a

ξprq9 r´pn`3q9M´pn`3q3

e quindi ad uno spettro di perturbazioni di densita

∆pMq9M´pn`3q6

15.4 Lo spettro di potenza di Harrison-Zel’dovich

Lo spettro di potenza di Harrison-Zel’dovich e caratterizzato da n “ 1 per cui si ha

P pkq9 k

∆pMq9M´23

ξ9 r´49M´43

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15.4 Lo spettro di potenza di Harrison-Zel’dovich 7

Questo spettro di potenza ha l’importante proprieta che il contrasto di densita ∆pMq hala stessa ampiezza su tutte le scale quando le perturbazioni entrano il loro orizzonte diparticella, ovvero non esistono scale preferite per le perturbazioni che entrano nell’oriz-zonte. Vediamo perche cominciando dall’evoluzione di ∆ su scale maggiori dell’orizzonte:prima di entrare nell’orizzonte, ovvero prima dell’uguaglianza materia-radiazione ∆ crescecome

∆9 a2

in modo indipendente dalla massa (ricordiamoci che il potenziale Netwoniano non dipendedalla scala delle perturbazioni). Allora si ha

∆pMq9 a2M´pn`3q6

La perturbazione su scala r entra nell’orizzonte al tempo tH quando r « ctH ed in talcaso la massa M e legata a tH da

M « ρHr3H » ρHpc tHq

3

dove il pedice H indica i valori al momento dell’entrata nell’orizzonte della perturbazione.Nella fase radiation dominated a9 t12, inoltre la densita scala come ρ9 a´3 ottenendoche tH 9 a

2H e

M « ρHpc tHq39 a´3

H pa2Hq

39 a3

H

ovveroaH 9M

13

in conclusione si ottiene

∆HpMq9 a2HM

´pn`3q69M23M´pn`3q6

ovvero∆HpMq9M

´pn´1q6

questa e l’ampiezza delle perturbazioni di densita alla loro entrata nell’orizzonte, ovveroad un istante ben preciso; il pedice H sta proprio a ricordare questo fatto. Se n “ 1 allora∆HpMq “ ∆ρHpMqρH “ cost. e tutte le perturbazioni hanno la stessa ampiezza!n “ 1 e noto come lo spettro di Harrison-Zel’dovich. Le perturbazioni su scale ą rHcorrispondono a perturbazioni del potenziale gravitazionale φ che compare nella metricaperturbata e sono quindi congelate nella metrica stessa, come abbiamo visto. Per n “ 1tutte le perturbazioni hanno la stessa ampiezza su tutte le scale quando attraversanol’orizzonte. Se si avesse n ą 1 ci sarebbero state grosse perturbazioni della metricasu scale piccole nell’universo primordiale che sarebbe risultate immediatamente nel lorocollasso a buchi neri. Con n “ 1 lo spettro non diverge neanche alle grandi scale e quindie consistente con l’omogeneita e l’isotropia dell’universo su grande scala. Lo spettro conn “ 1 viene fuori naturalmente dal modello inflazionario.

Vediamo adesso quale sarebbe la forma dello spettro se la distribuzione delle pertur-bazioni seguisse una statistica di Poisson ovvero corrispondesse a “rumore bianco”:

δN

N9

1

N12

∆pMq “δM

M9

1

M12

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8 Lo spettro delle fluttuazioni e la sua evoluzione

∆pMq9M´pn´1q69M´12

´n´ 1

6“ ´

1

2

da cui concludiamo che n “ 4.

15.5 L’evoluzione dello spettro delle perturbazioni e

la funzione di trasferimento

Consideriamo lo spettro iniziale delle perturbazioni della materia oscura al redshift z,∆kpzq, che evolve fino ad arrivare all’epoca di riferimento z0 come ∆kpz0q. Ovviamente,possiamo prendere come epoca di riferimento z0 “ 0. Sia fpzq il fattore di crescita delleperturbazioni da z fino all’epoca di riferimento z0; nell’epoca della radiazione fpzq9 a29 tmentre nell’epoca della materia fpzq9 a9 t23. Allora possiamo scrivere

∆kpz0q “ T pkq ˆ fpzq ˆ∆kpzq

T pkq e la funzione di trasferimento che tiene conto dei vari effetti di smorzamento edelle deviazioni dalla crescita come a2 e a. Se consideriamo i k vettori d’onda comoventipotremo seguire la crescita di una particolare perturbazione.

Si assume che ∆kpzq sia definito all’epoca appena precedente a quella in cui le per-turbazioni attraversano il loro orizzonte. ∆kpzq cosı definito ha la forma dello spettroiniziale delle perturbazioni infatti, dato che le perturbazioni super-horizon sono congelatenella metrica, fpzq e lo stesso per tutte le masse (ovvero per tutti i k) e non intervienenessun processo di smorzamento ovvero T pkq “ 1. Infatti a partire dall’inflazione (incui si sono generate le perturbazioni) fino ad arrivare prima dell’entrata nell’orizzonte leperturbazioni sono rimaste congelate nella metrica (mancanza di tempo per connessionecausale) e nessun processo fisico ha potuto alterare lo spettro. Nel seguito, le ∆k si rife-riranno ai contrasti di densita nella materia oscura ma, ovviamente, ci saranno anche lecorrispondenti perturbazioni nelle altre componenti.

15.5.1 Perturbazioni adiabatiche (di curvatura) nella Cold DarkMatter

Lo spettro iniziale delle perturbazioni e

P pkq “ |∆k|29 kn

e rappresenta l’ampiezza iniziale di tutte le perturbazioni con scala k; ricordiamo che perlo spettro di Harrison-Zel’dovich si ha n “ 1.

Prima di entrare nell’orizzonte, per tutte le scale, si ha l’evoluzione ∆k9 a2 nella fase

dominata dalla radiazione e ∆k9 a nella fase dominata dalla materia (le perturbazionisono congelate nella metrica su scale super-horizon).

Definiamo come Meq la massa della perturbazione di materia oscura (CDM) che entranell’orizzonte a teq ovvero nel momento in cui radiazione e materia si uguagliano.

Se consideriamo le perturbazioni con M ąMeq, queste nell’epoca della radiazione sonosempre superhorizon e continuano a crescere come ∆k9 a

2 per cui, si ha ∆k9 a2P pkq12 “

a2kn2 fino a t “ teq. Lo spettro rimane pertanto quello iniziale perche la crescita delle∆k e indipendente dalla massa.

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15.5 Evoluzione dello spettro e funzione di trasferimento 9

Consideriamo adesso le perturbazioni con M ď Meq ovvero quelle che entrano nel-l’orizzonte nell’epoca della radiazione: sappiamo che le perturbazioni nei fotoni (e diconseguenza nei barioni, accoppiati ai fotoni) vengono stabilizzate dalla pressione di ra-diazione perche λJ “ 2πk´1

J « RH . Le perturbazioni di fotoni e barioni comincianoad oscillare. Contemporaneamente le perturbazioni nella dark matter perdono la gravitadelle perturbazioni dei fotoni (che sono stabilizzate) e quindi crescono solo sotto l’azionedella loro gravita: in pratica, poiche siamo nell’epoca della radiazione, non crescono affat-to in quanto il loro tempo di caduta libera e molto maggiore del tempo scala di espansionedell’universo (effetto Meszaros). Pertanto, per M ď Meq, ∆k „ costante fino a t “ teq;ovvero si ha ∆k9P pkq

12 “ kn2 fino t “ teq.Nella fase dominata dalla materia le perturbazioni di dark matter su tutte le scale

continuano a crescere come ∆k9 a poiche non sono accoppiate alla radiazione e nonsoffrono del free-streaming (siamo nel caso CDM); lo spettro delle perturbazioni rimaneinvariato.

I cambiamenti dello spettro delle perturbazioni della CDM avvengono quindi solo finoa teq: le perturbazioni su grande scala hanno mantenuto intatta la forma dello spettromentre quelle su piccola scala, rimanendo costanti, sono state smorzate di un fattore a2

rispetto a quelle su grande scala.Lo spettro delle perturbazioni con M ą Meq segue sempre la crescita prevista (9 a2,

9 a) nelle epoche della radiazione e della materia per cui con

∆kpz0q “ T pkq ˆ fpzq ˆ∆kpzq

si ha Tk “ 1 dato che la crescita “prevista” e inclusa in fpzq.Al contrario lo spettro delle perturbazioni con M ďMeq non segue sempre la crescita

prevista (9 a2, 9 a): a causa dell’effetto Meszaros le perturbazioni non crescono quasiper nulla tra tH e teq ovvero

∆kpteqq “ ∆kptHq

Si puo fattorizzare la crescita prevista e scrivere

∆kpteqq “

ˆ

aHaeq

˙2

ˆ

ˆ

aeqaH

˙2

ˆ∆kptHq

Il secondo fattore corrisponde a fpzq mentre il primo fattore e il T pkq. Poiche all’entratanell’orizzonte la perturbazione ha una scala λ « λJ « RH se ne deduce che k9 a´1

H ovveroT pkq9 k´2.

In conclusione, passando da ∆k allo spettro di potenza P pkq “ |∆2k|, si ha che

T pkq “ cost. P pkq9 kn M ąMeq

T pkq9 k´2 P pkq9 kn´4 M ďMeq

ovvero si ha lo spettro iniziale inalterato solo alle grandi masse, mentre alle basse massesi ha uno smorzamento per effetto Meszaros nell’epoca dominata dalla radiazione tra tHe teq.

Il modello delle perturbazioni adiabatiche di curvatura nella cold dark matter e rappre-sentato in figura 15.2 sia come T pkq che come P pkq. T pkq9 1 alle grandi masse, corrispon-denti alle grandi scale λ ovvero ai piccoli k. T pkq9 k´2 alle piccole masse, corrispondentialle piccole scale λ ovvero ai grandi k.

Corrispondentemente, P pkq9 kn ovvero e lo spettro originale alle grandi masse (piccolik) e P pkq9 kn´4 alle piccole masse (grandi k). Il cambio di pendenza di P pkq avviene per

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10 Lo spettro delle fluttuazioni e la sua evoluzione

394 14 Correlation Functions and the Spectrum of the Initial Fluctuations

Figura 15.2: Alto: esempi di funzioni di trasferimento T pkq per diversi modelli di for-mazione delle strutture. Basso: spettro di potenza P pkq atteso per i modelli rappresentatinella figura in alto. In tutti i casi lo spettro iniziale delle perturbazioni e di Harrison-Zel’dovich con n “ 1. Nel caso del modello di isocurvatura e stato usato n “ ´3. Lanormalizzazione e stata scelta in modo tale che gli spettri di potenza siano uguali a piccolik ovvero a grandi scale. I numero d’onda sono misurati in Mpc´1.

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15.5 Evoluzione dello spettro e funzione di trasferimento 11

396 14 Correlation Functions and the Spectrum of the Initial Fluctuations

Table 14.1. Properties of adiabatic cold dark matter perturbations which entered the particlehorizon at the epoch of equality of matter and radiation energy densities

Ω0 = 0.3 Ω0 = 1World model ΩΛ = 0.7 ΩΛ = 0

h = 0.7 h = 0.7

zeq 3,530 11,760teq 47,500 years 4,277 yearsComoving horizon scalereq = 2cteq/aeq 100 Mpc 26 MpcMeq = (π/6)r3

eqϱ0 2.3 × 1016 M⊙ 1.2 × 1015 M⊙

It can be seen that the form of the spectrum is in agreement with the physicalarguments presented above. The transfer function shown in Fig. 14.1a indicates thatthe curvature of the spectrum between the two asymptotic relations is very gradual,reflecting the rather slow change in the growth rate of the perturbations accordingto the Meszaros formula (12.67). Notice that primordial perturbations on all scalesand masses survive into the post-recombination era in the cold dark matter picture.

This form of processed power spectrum is of particular importance and hasdominated much of the discussion of structure formation. Part of the reason forthis is the fact that the scale-invariant Harrison–Zeldovich spectrum appears rathernaturally in the preferred inflationary scenario for the early Universe. Nonetheless,let us consider two other dark matter models which have already been mentioned.

14.3.2 Adiabatic Hot Dark Matter

In the case of the adiabatic hot dark matter model with massive neutrinos, small-scale perturbations are damped by the free-sreaming of neutrinos as soon as theycome through the horizon during the radiation-dominated era. The spectrum cutsoff exponentially below the critical mass given by (13.15). An analytic expressionfor the transfer function P(k) quoted by Peacock, following Bond and Szalay andBardeen and his colleagues (Bond and Szalay, 1983; Bardeen et al., 1986) is

Tk = exp!−3.9q − 2.1q2" , (14.38)

where q = k/!Ω0h2 Mpc−1

". Notice the exponential cut-off of the transfer function

in Fig. 14.1a and the corresponding cut-off in the power spectrum in Fig. 14.1b.Again the power spectrum has a maximum on scales greater than those of clustersof galaxies, but all small-scale structure has been washed out by the free-streamingof the massive neutrinos.

14.3.3 Isocurvature Cold Dark Matter

The isocurvature modes behave quite differently from the adiabatic modes discussedabove. As we asserted earlier, in the early radiation-dominated Universe when the

Tabella 15.1: Proprieta delle perturbazioni adiabatiche di cold dark matter che sonoentrate nell’orizzonte all’epoca dell’uguaglianza materia - radiazione.

keq ovvero per le perturbazioni che entrano l’orizzonte quando materia = radiazione. Leproprieta delle perturbazioni adiabatiche di cold dark matter che sono entrate nell’oriz-zonte all’epoca dell’uguaglianza materia - radiazione sono riportate in tabella 15.1. Comesi puo facilmente notare la posizione del picco dello spettro P pkq dipende da Ω0, ΩΛ e h!

15.5.2 Perturbazioni adiabatiche (di curvatura) nella Hot DarkMatter

Se la DM e fatta di “neutrini massicci” allora e Hot e le perturbazioni su grandi k ovveropiccole scale λ vengono pesantemente smorzate dalla streaming instability, come benvisibile in figura 15.2.

15.5.3 Perturbazioni di isocurvatura nella Cold Dark Matter

Le perturbazioni in DM devono essere compensate da perturbazioni opposte nella ra-diazione per mantenere la curvatura costante. Senza entrare nei dettagli si trova che leperturbazioni su grandi scale sono in ritardo di un fattore rHreq e la forma dello spettrorisultante e simile a quella del caso adiabatico (sempre con la CMD) ma con un picco ak piu piccoli.

15.5.4 L’evoluzione successiva per le perturbazioni adiabatichenei modelli CDM e HDM

Nel caso della CDM, lo spettro mostrato in figura 15.2, P pkq “ |∆k|2 e ricavato a partire

da

∆kp0q “ T pkq ˆ fpzq ˆ∆kpzq

Abbiamo trovato che lo spettro delle perturbazioni di densita va come

δρ

ρpMq “ ∆pMq9M´pn`3q6

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12 Lo spettro delle fluttuazioni e la sua evoluzione

14.4 Biasing 401

Fig. 14.2a–c. Simulations of the expectations of a the cold dark matter model with Ω0 = 0.2and ΩΛ = 0 and b the hot dark matter model with Ω0 = 1 and ΩΛ = 0 for origin oflarge-scale structure of the Universe (Frenk, 1986). c These simulations can be comparedwith the large-scale distribution of galaxies observed in the Harvard–Smithsonian Center forAstrophysics Survey of Galaxies (Fig. 2.7). The unbiased cold dark matter model does notproduce sufficient large-scale structure in the form of voids and filaments of galaxies, whereasthe unbiased hot dark matter model produces too much clustering

successes for the cold dark matter picture. In particular, it could account for theobserved two-point correlation function of galaxies ξ(r) ∝ r−1.8 over a widerange of physical scales. This form of correlation function resulted from furthernon-linear interactions once the perturbations had developed in amplitude to∆k > 1. The cold dark matter picture was favoured by many of the investigators,but it was not without its problems. For example, in realisations of the cold darkmatter model with Ω0 = 1, the velocity dispersion of galaxies chosen at randomfrom the field was found to be too large (Efstathiou, 1990).

In both cases, the match to observation could be improved if it was assumed thatthe galaxies provided a biased view of the large-scale distribution of mass in theUniverse, and this is the topic we have to tackle next.

14.4 Biasing

So far, it has been implicitly assumed that the visible parts of galaxies trace thedistribution of dark matter, but one can imagine many reasons why this might notbe so. The generic term for this phenomenon is biasing, meaning the preferential

Figura 15.3: Esempio di struttura osservata su grande scala (riquadro centrale basso)confrontato con le predizioni dei modelli CMD (Ω0=0.2, ΩΛ=0) e HDM (Ω0=1, ΩΛ=0);il modello CDM non fornisce abbastanza struttura su grande scala sotto forma di vuoti ofilamenti mentre il modello HDM ne produce troppi. In generale il modello CDM e quelloche meglio si avvicina alle osservazioni.

per P pkq9 kn. Se adesso si ha P pkq9 kn´4 per grandi k (ovvero piccole masse) alloradobbiamo modificare l’espressione per ∆pMq sostituendo n con n´ 4 ovvero

∆pMq9M´rpn´4q`3s69M´pn´1q6

ovvero si trova che, per lo spettro di Harrison-Zel’dovich n “ 1, ∆pMq “ cost. alle piccolemasse. Alle grandi masse si ha P pkq9 k per cui si ottiene

∆pMq9M´23

Se ne conclude che l’ampiezza delle perturbazioni decresce alle grandi masse ovvero cre-scono prima le piccole masse (crescita gerarchica o bottom-up). Nella fase successiva nonlineare, le perturbazioni su piccola massa virializzano ed evolvono verso una configurazio-ne di equilibrio in cui tutte le masse convergono alla stessa distribuzione di velocita; poi aseguito di dynamical friction (scambio di energia per interazione gravitazionale, processolento) cominciano il processo di fusione (merging) e coalescenza sotto l’influenza delleperturbazioni su scala piu grande.

Nel caso della Hot Dark Matter solo le perturbazioni su grande scala sopravvivonoa seguito del damping dovuto al free streaming; pertanto le strutture su piccola scala siformano per frammentazione delle strutture su grande scala. Questo fatto e chiaramenteindicato dalla funzione di trasferimento e dallo spettro di potenza mostrati in figura 15.2:

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15.5 Evoluzione dello spettro e funzione di trasferimento 13

lo spettro di potenza nel caso HDM adiabatico e nullo per kΩ0h2 Á 1 ovvero sulle

piccole scale. Dalle simulazioni si vede che nel caso HDM si formano strutture allungatee appiattite in seguito al processo di frammentazione (ricordiamo che, in generale, non sitratta di collassi sferici). Rispetto al caso della CDM, nel caso HDM le strutture su grandescala si formano prima e sono piu pronunciate; la formazione delle galassie e ritardata inquanto quest’ultime si formano in seguito alla frammentazione delle strutture su grandescala.

Il confronto tra le predizioni dei modelli CDM e HDM e ben chiaro dalla figura 15.3in cui si confrontano simulazioni ottenute alla fine degli anni ’80 con le osservazioni: ilmodello CDM non fornisce abbastanza struttura su grande scala sotto forma di vuoti ofilamenti mentre il modello HDM ne produce troppi. Pero, complessivamente, il modelloCDM e quello che meglio si avvicina alle osservazioni.

15.5.5 Biasing

La figura 15.3 mostra che il modello CDM fornisce un accordo migliore rispetto al modelloHDM ma che comunque l’accordo non e perfetto ed in particolare ci sono alcune discre-panze come ad esempio il fatto che il modello CDM non fornisca abbastanza struttura sugrande scala sotto forma di vuoti o filamenti. Il “biasing” serve a spiegare il disaccordoosservato tra le simulazioni di DM e le galassie.

Fino ad ora abbiamo supposto che le parti luminose delle galassie traccino la distri-buzione di materia oscura ma ci sono molti motivi per cui questo potrebbe non avvenire.Genericamente questi “motivi” sono noti con il nome di “biasing” ovvero la formazionepreferenziale delle galassie in certe regioni piuttosto che in altre.

Come vedremo piu avanti per la CMB, la descrizione fatta sulla base dello spettro dipotenza porta naturalmente all’assunzione che le fluttuazioni siano Gaussiane con varianzax∆2y. Ricordiamo che i ∆ di cui abbiamo parlato fino ad ora sono in realta x∆2y12 ovverosono le ampiezze quadratiche medie delle fluttuazioni di una data M o k (l’operazione dimedia e fatta sui volumi spaziali). Allora la probabilita di avere una fluttuazione ∆ e

P p∆q9 exp

´1

2

∆2

x∆2y

Se le strutture si formano solo quando ∆ eccede un valore ∆crit, allora la formazionedelle galassie sarebbe “biased” verso le perturbazioni con piu alta densita rispetto albackground. Questo processo potrebbe spiegare, per esempio, come mai gli ammassi sianoin generale piu “clustered” delle galassie stesse. Nel modello delle fluttuazioni gaussianesi puo scrivere che

ξgalprq “ b2 ξDMprq

con ξgalprq funzione di correlazione a 2 punti per le galassie, ξDMprq funzione di correla-zione a due punti della DM ed infine b parametro di bias. Dalle relazioni esistenti tra ξ eP pkq, ξ e ∆, e chiaro che

Pgalpkq “ b2PDMpkq

ˆ

δρ

ρ

˙

gal

“ b

ˆ

δρ

ρ

˙

DM

∆gal “ b∆DM

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14 Lo spettro delle fluttuazioni e la sua evoluzione

Sulle grandi scale (5h´1 Ñ 30h´1 Mpc) e stato trovato che, assumendo la forma funzionale

∆gal “ b1∆DM ` b2∆2DM

per fare un fit dei dati osservativi, si ha b1 “ 1.04 ˘ 0.11, b2 “ ´0.054 ˘ 0.08; ovvero ladistribuzione delle galassie su grande scala e “unbiased” (b » 1). Invece la distribuzionedelle galassie e “biased” su scale piu piccole o se si considerano galassie di classi diverse.Per esempio, e stato trovato che

b

b‹“ 0.85` 0.15

L

L‹

ovvero le galassie piu luminose (es., 10L‹) con b » 2.4b‹ sono piu biased rispetto allegalassie L‹ (b » b‹).

Il “bias” esiste anche per le misure di redshift. Infatti abbiamo trovato che per levelocita peculiari si ha

δv “ H0rΩ0.60

ˆ

δρ

ρ

˙

Se usiamo le galassie per determinare il contrasto di densita

ˆ

δρ

ρ

˙

gal

“ b

ˆ

δρ

ρ

˙

ovvero

δv “ H0rΩ0.6

0

b

ˆ

δρ

ρ

˙

gal

e di questo dobbiamo tenerne conto. Dall’analisi di redshift surveys e stato stimato che

Ω0.60

b“ 0.43˘ 0.07

Se teniamo conto che, per la galassie in generale, b » 1 allora si ottiene

Ω0 “ 0.25˘ 0.06

15.6 La crescita non lineare delle perturbazioni di

densita

Abbiamo trovato che P pkq9 kn comporta che ξ9 r´pn`3q. Nel caso di perturbazioni adia-batiche su piccole scale (grandi k), si ha P pkq9 kn´4 ovvero ξ9 r´pn´1q; per n “ 1 (spettrodi Harrison Zel’dovich), ξ9 r0. In realta lo spettro osservato e

ξprq “

ˆ

r

r0

˙´1.8

e questa discrepanza deve essere dovuta all’evoluzione successiva non lineare. La dipen-denza osservata per ξprq mostra che per r " r0 le perturbazioni sono ancora lineari epertanto possono ancora fornire informazioni dirette sulla forma dello spettro iniziale del-le perturbazioni dopo che e stato “processato” prima della ricombinazione; ovvero possonofornire informazioni sul fattore T pkqfpzq che vale nel regime lineare.

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15.7 Il ruolo dei barioni nelle perturbazioni 15

408 14 Correlation Functions and the Spectrum of the Initial Fluctuations

r ≤ r0, the perturbations become non-linear and it might seem more difficult torecover information about the processed power spectrum on these scales. An im-portant insight was provided by Hamilton and his colleagues who showed how it ispossible to relate the observed spectrum of perturbations in the non-linear regime,ξ(r) ≥ 1, to the processed initial spectrum in the linear regime (Hamilton et al.,1991).

The idea is that the evolution of the perturbations into the non-linear regime can befollowed using the types of argument used in Sect. 11.4.2 and illustrated in Fig. 11.2.The perturbation behaves like a little closed universe which reaches maximum sizeat some epoch, known as the ‘turnround’ epoch, after which it collapses to form abound structure. According to the arguments of Sect. 16.1, a bound structure whichsatisfies the virial theorem is formed when a perturbation has collapsed to half thedimension it achieved at the turnround epoch. By the time the virialised structurehas formed, the density contrast reaches values greater than 100.

Hamilton and his colleagues showed that the evolution from the linear to thenon-linear regime closely follows a self-similar solution which can be found fromthe pioneering numerical computations of Efstathiou and his colleagues (Efstathiouet al., 1988). Figure 14.5a shows how the amplitude of the spatial two-point cor-relation function changes between the linear and non-linear regimes for differentvalues of the index of the initial power spectrum. The form of the relations can beunderstood from the results already derived. In the linear regime δϱ/ϱ ∝ a, and

Fig. 14.5. a Variation of the spatial two-point correlation function with the square of the scalefactor as perturbations evolve from linear to non-linear amplitudes. b Evolution of the spatialtwo-point correlation function as function of redshift. The function has been normalised toresult in a correlation function which resembles the observed two-point correlation functionfor galaxies which has slope −1.8. Non-linear clustering effects, as represented by the functionshown in a, are responsible for steepening the processed initial power spectrum (Hamiltonet al., 1991)

Figura 15.4: Evoluzione della funzione di correlazione a due punti in funzione del red-shift. La funzione e stata normalizzata per risultare in una correlazione che assomigliaalla funzione di correlazione a due punti delle galassie osservata che ha pendenza ´1.8(punti con barre d’errore).

In realta e possibile anche mettere in relazione la parte non lineare dello spettro conlo spettro “processato” del regime lineare. In pratica si possono utilizzare argomentianaloghi a quelli utilizzati per capire la crescita delle perturbazioni: una perturbazionee un piccolo universo chiuso in un universo omogeneo aperto. Le perturbazioni cresconofino ad un massimo e poi ricollassano per formare una struttura legata. L’evoluzione dalregime lineare a quello non lineare segue una soluzione autosimile ottenuta per la primavolta dalle simulazioni numeriche da cui si trova che e possibile scrivere

ξ “ F pxq con x “ a2 ξ0

come mostrato in figura 15.4. Come si vede dallo spettro iniziale “processato” nel casoCDM, si arriva ad uno spettro ξ che a redshift 0 nel regime osservato (punti con barred’errore) e in accordo con le osservazioni. Per ξ ă 1 si osserva l’evoluzione lineare giavista, ma successivamente si ha un irripidimento della ξprq.

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16 Lo spettro delle fluttuazioni e la sua evoluzione

12.7 Baryonic Theories of Galaxy Formation 361

Universe. Although much of this discussion has been superseded by the ΛCDMmodels, it is of more than historical interest since the models contain many of theideas which are built into the current picture of structure formation.

12.7.1 The Adiabatic Scenario

In the adiabatic picture developed by Zeldovich and his colleagues, it was assumedthat a spectrum of small adiabatic perturbations was set up in the very early Universeand their evolution was then followed according to the physical rules developedabove. Only large-scale perturbations with masses M ≥ MS = 1012

!ΩBh2

"−5/4 M⊙survived to the epoch of recombination, all fluctuations on smaller mass scales beingdamped out by photon diffusion, as discussed in Sect. 12.5. Perturbations withmasses greater than the Jeans mass, MJ = 3.75 × 1015/

!ΩBh2

"2 M⊙, continued togrow from the time they came through their particle horizons to the present epoch.Once they came through their particle horizons, those perturbations with massesless than the Jeans mass were sound waves which oscillated with a small decreasein amplitude until the epoch of recombination, when their internal pressure supportvanished and the Jeans mass dropped abruptly to MJ = 1.6 × 105

!Ω0h2

"−1/2 M⊙.Zeldovich and his colleagues realised that there would be structure in the power

spectrum of oscillations which survived to the epoch of recombination, as illustratedin Fig. 12.5a (Sunyaev and Zeldovich, 1970). Those fluctuations on a given massscale, which would eventually develop into bound structures at late epochs, werethose which had large positive amplitudes when they came through their particlehorizons. Figure 12.5a shows perturbations on two different mass scales coming

Fig. 12.5a,b. ‘Stability diagram’ of Sunyaev and Zeldovich (Sunyaev and Zeldovich, 1970).a The region of instability is to the right of the solid line. The two additional graphs illustratethe evolution of density perturbations of different masses as they come through the horizonup to the epoch of recombination. b Perturbations corresponding to different masses arrive atthe epoch of recombination with different phases, resulting in a periodic dependence of theamplitude of the perturbations upon mass

Figura 15.5: Diagramma di “stabilita” di Sunyaev e Zel’dovich. Nella figura a sinistra laregione di instabilita e alla destra della riga continua. I due grafici addizionali illustranol’evoluzione di due fluttuazioni di densita di massa diversa da quando entrano nell’oriz-zonte fino alla ricombinazione. Nella figura di destra, le perturbazioni corrispondenti amasse diverse arrivano all’epoca della ricombinazione con fasi diverse, che risultano inuna dipendenza periodica dell’ampiezza delle perturbazioni con la massa al momento dellaricombinazione.

15.7 Il ruolo dei barioni nelle perturbazioni

Come detto, le perturbazioni dei barioni oscillano per l’accoppiamento con la radiazionefino alla ricombinazione momento in cui ricomincia il collasso. Pero le varie perturbazioniarrivano alla ricombinazione e quindi al collasso in fasi diverse dell’oscillazione: que-sto determina una dipendenza periodica dell’ampiezza delle perturbazioni con la massa.In pratica, al momento dell’ingresso nell’orizzonte, tutte le perturbazioni cominciano adoscillare dall’ampiezza massima ∆pMq, continuano ad oscillare ed arrivano con ∆ ě 0 or∆ ď 0 alla ricombinazione a seconda della relazione tra tempo intercorso e la loro λ. Ipicchi di queste oscillazioni vengono detti “picchi acustici” (li rivedremo meglio durantel’analisi della CMB): il δρρ di un picco corrisponde ad una oscillazione che arriva allamassima ampiezza alla ricombinazione. In figura 15.5 si mostra uno schema che descrivela formazione dei picchi acustici in δρρ. La figura 15.6 mostra quattro esempi di fun-zioni di trasferimento per modelli puramente barionici e modelli misti di barioni e CDM.Consideriamo i modelli puramente barionici rappresentati in alto. Si nota chiaramentel’effetto del silk damping e la presenza dei picchi acustici. Nella figura 15.6 in basso cisono i modelli con barioni e DM in pari quantita. In questo caso le perturbazioni deibarioni vengono “guidate” dalle perturbazioni nella DM e

∆b “ ∆DM

ˆ

1´z

zrec

˙

poiche la DM non ha oscillazioni acustiche il suo spettro e “regolare” e questo comportalo smorzamento dei picchi acustici: le perturbazioni barioniche cadono nelle “buche” dipotenziale della DM e la struttura a “picchi” tende a smussarsi diventando simile allospettro regolare della DM. E di quanto vengono smorzate dipende, ad esempio, rapporto

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15.7 Il ruolo dei barioni nelle perturbazioni 17

14.6 The Acoustic Peaks in the Power Spectrum of Galaxies 411

Fig. 14.6. Four examples of transfer functions for models of structure formation with baryonsonly (top pair of diagrams) and with mixed cold and baryonic models (bottom pair ofdiagrams) (Eisenstein and Hu, 1998). Eisenstein and Hu’s primary objective was to presentfitting functions to the transfer functions derived from numerical solutions to the Boltzmannequation for the development of mixed baryonic and cold dark matter perturbations. Thenumerical results are shown as solid lines and their fitting functions by dashed lines. Thelower small boxes in each diagram show the percentage residuals to their fitting functions,which are always less than 10%

14.6 The Acoustic Peaks in the Power Spectrum of Galaxies

At last, we can tackle the power spectra of galaxies derived from the 2dF GalaxyRedshift Survey and the Sloan Digital Sky Survey. Before doing that, it is worth-while paying tribute to the astrophysicists, engineers and technologists involved inboth these very large undertakings. The Anglo-Australian Telescope Board was per-

Figura 15.6: Quattro esempi di funzioni di trasferimento per modelli puramente barionici(alto) e modelli misti di barioni e CDM (basso). I risultati dei calcoli numerici sonomostrati dalle righe continue, e le funzioni usate per il loro fit sono rappresentate dallerighe tratteggiate. La riga a punti mostra la funzione di trasferimento della CDM.

ΩbΩ0 ovvero dal rapporto tra barioni e DM. E’ chiaro che la rivelazione dei picchi acustici(BAO, Baryon Acoustic Oscillations) e un test cruciale per i modelli di formazione dellestrutture. I picchi acustici sono stati “rivelati” nelle survey recenti 2dF E SDSS.

La figura 15.7 mostra il confronto tra lo spettro di potenza atteso dal modello (con-voluto con gli effetti di bias e di incompletezza della survey) e quello osservato con lasurvey 2dF. Nella parte in basso lo spettro osservato e stato diviso per lo spettro attesoin un modello di pura DM in cui non ci sono i picchi acustici. C’e un’evidenza dell’e-sistenza dei picchi acustici ed i valori dei parametri di densita ottenuti col best fit sonoΩ0h “ 0.186˘ 0.016 e ΩbΩ0 “ 0.185˘ 0.046.

In figura 15.8 c’e l’evidenza per il primo picco acustico ottenuta dalla survey SDSS:il modello regolare e quello di pura DM. I modelli in figura hanno, dall’alto in basso,Ω0h

2 “ 0.12, 0.13, 0.14 e tutti con Ωbh2 “ 0.024 e n “ 0.98 (spettro di Harrison

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18 Lo spettro delle fluttuazioni e la sua evoluzione14.6 The Acoustic Peaks in the Power Spectrum of Galaxies 413

Fig. 14.7. The power spectrum of the three-dimensional distribution of galaxies in the 2dFGalaxy Redshift Survey. The points with error bars are the best estimates of the observedpower spectrum once the biases and corrections for incompleteness are taken into account.In the lower panel, the data from the upper panel have been divided by a reference cold darkmatter model, with ΩD = 0.2, ΩΛ = 0 and ΩB = 0, which has a smooth power spectrum.The grey dashed line is a best fitting model before convolution with the window function forthe survey. The solid line shows the best fit once the model is convolved with the windowfunction (Cole et al., 2005)

Table 14.2. Cosmological parameters derived from analysis of 2dF Galaxy Redshift Survey

Power spectrum spectral index n = 1 assumedHubble’s constant h = 0.72 assumedNeutrino masses mν = 0 assumedOverall density parameter Ω0h = 0.168 ± 0.016 derivedBaryon fraction ΩB/Ω0 = 0.185 ± 0.046 derived

(Eisenstein et al., 2005). In order to maximise the volume of space available forstudy, attention was restricted to a sample of 46,748 luminous red galaxies for whichuniform selection criteria were adopted in the redshift range 0.16–0.47. The selectioncriteria and homogeneity of the sample were described by Hogg and his colleagues

Figura 15.7: Spettro di potenza della distribuzione tridimensionale delle galassie nellaredshift survey della 2dF. I punti con le barre d’errore sono le migliori stime dello spettrodi potenza osservato dopo che i bias e le correzioni per incompletezza sono state applicate.Nel pannello inferiore i dati dal pannello superiore sono stati divisi per il modello CDMdi riferimento con ΩDM “ 0.2, ΩΛ=0 e Ωb “ 0. La linea tratteggiata grigia e il modellodi best fit prima della convoluzione della funzione che tien conto degli effetti di selezionedella survey; la linea unita mostra il best fit dopo la convoluzione con gli effetti di selezionedella survey.

Zel’dovich). La riga continua senza picco e il modello di pura DM con Ω0h2 “ 0.105.

Nel caso della SDSS c’e l’evidenza per il primo picco acustico.

Per concludere questa parte, la figura 15.9 mostra lo spettro di potenza previsto conalcuni tipi di modelli CDM e confrontato con quello ottenuto dalle survey di galassie. Unodei punti importanti da ricavare da quella figura e che la posizione kmax del picco dipendeΩ0 e ΩΛ. Il modello con Ω0=1 ΩΛ=0 (dal vincolo del modello inflazionario) indicatocon sCDM (standard CDM) ha un picco spostato rispetto a quello osservato: c’e troppa“potenza” alle piccole scale, ovvero ai grandi k. Il modello open CDM (CDM) con Ω0=0.2,ΩΛ=0, riesce a spostare il picco e a metterlo in accordo migliore con le osservazioni. Anchel’accordo del modello ΛCDM e ottimo (in figura e stato spostato in alto per chiarezza mapassa per tutte le misure). Gli altri modelli piu “esotici” (τCDM, νCDM) hanno tutti un

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414 14 Correlation Functions and the Spectrum of the Initial Fluctuations

(Hogg et al., 2005). The mean redshift of the sample was about 0.3 compared with0.1 for the complete 2dF sample. Thus, although the statistics are smaller than inthe 2dF sample, the restriction to luminous galaxies meant that better statistics wereachieved over larger volumes, particularly in the crucial 50h−1 to 200h−1 Mpc rangeof scales.

The two-point correlation function is presented in Fig. 14.8 in the form s2ξ(s),where s is the separation of the galaxies. This form of presentation was adopted tohighlight the curvature of the power spectrum on small physical scales. The clearmaximum observed in the power spectrum at physical scale 100h−1 Mpc corre-sponds to the first acoustic peak in the power spectrum of primordial fluctuations.Its location is in good agreement with that inferred from the 2dF Galaxy RedshiftSurvey.

From the overall shape of the correlation function, the matter density was foundto correspond to Ω0 = 0.273 ± 0.025, if it is assumed that the dark energy isassociated with the cosmological constant and the global geometry of the Universeis flat. If the scale of the acoustic peak is included in the estimates, the constraint onthe spatial curvature was found to be Ωκ = (c/H0)

2/ℜ2 = −0.010 ± 0.009. Noticethat these conclusions are independent of the information derived from analyses ofthe fluctuations in the cosmic microwave background radiation.

Both the Sloan and 2dF teams recognised the central importance of the discoveryof baryon oscillations in the power spectrum of galaxies. In conjunction with the verymuch larger amplitude perturbations observed in the cosmic microwave background

Fig. 14.8. The large-scale redshift-space correlation function of the Sloan Digital Sky SurveyLuminous Red Galaxy sample plotted as the correlation function times s2. This presentationwas chosen to show the curvature of the power spectrum at small physical scales. The modelshave Ω0h2 = 0.12 (top), 0.13 (middle) and 0.14 (bottom), all with ΩBh2 = 0.024 andn = 0.98. The smooth line through the data with no acoustic peak is a pure cold dark mattermodel with Ω0h2 = 0.105 (Eisenstein et al., 2005)

Figura 15.8: Funzione di correlazione su grande scala del campione di galassie luminoserosse della SDSS. ξpsq e stata moltiplicata per s2 per mettere in evidenza la curvaturadello spettro di potenza alle piccole scale. I modelli hanno, dall’alto in basso, Ω0h

2 “

0.12, 0.13, 0.14 e tutti con Ωbh2 “ 0.024 e n “ 0.98. La riga continua senza picco e il

modello di pura DM con Ω0h2 “ 0.105.

accordo peggiore.Infine, la figura 15.10 mostra le diverse predizioni di struttura a grande scala per i

modelli

• ΛCDM: Ω0=0.3, ΩΛ=0.7;

• oCDM: Ω0=0.2, ΩΛ=0;

• τCDM: con particelle “neutrino-like” che spostano a redshift piu bassi l’epoca diuguaglianza materia = radiazione per avere un comportamento analogo al modellooCDM; questi neutrini decadono dopo la nucleosintesi.

• sCDM: Ω0=1.0, ΩΛ=0;

I modelli ΛCDM e oCDM danno predizioni simili ma in quest’ultimo la geometria none piatta come predetto dal modello inflazionario; sono i modelli che meglio descrivono lastruttura osservata su grande scala. In conclusione, il modello ΛCDM e quello che riescea spiegare il maggior numero di dati osservativi con il minor numero di parametri.

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416 14 Correlation Functions and the Spectrum of the Initial Fluctuations

Fig. 14.9. Examples of the predicted power spectra of galaxies for different models of structureformation (Dodelson et al., 1996). The models shown involve standard cold dark matter(sCDM), open cold dark matter (CDM), cold dark matter with a finite cosmological constant(ΛCDM), cold dark matter with decaying neutrinos (τCDM) and an alternative neutrino darkmatter model (νCDM) described by Dodelson and his colleagues. The models are comparedwith the power spectrum of galaxies derived by Peacock and Dodds (Peacock and Dodds,1994) and the normalisation at small wavenumbers derived from the COBE observationsof the temperature fluctuations in the cosmic microwave background radiation. The ΛCDMmodel has been shifted upwards for the sake of clarity. Notice that, in this presentation, thepower spectrum P(k) has dimensions Mpc3 since the authors have not included the term V inthe definition of the power spectrum (see (14.19))

spectrum to be

keq =!2Ω0 H2

0 zeq/c2"1/2 = 7.3 × 10−2Ω0h2 Mpc−1 , (14.60)

where the temperature of the cosmic microwave background radiation has beenassumed to be 2.728 K (Hu et al., 1997; Eisenstein and Hu, 1998). It can be seen thata value of Ω0 = 1 results in the maximum of the power spectrum being shifted tolarger wavenumbers than the observed maximum and so to excess power on smallscales. The trick is to find ways of moving the maximum, which (14.60) showsdepends upon Ω0h2, to smaller wavenumbers. This is achieved in the open CDM

Figura 15.9: Esempi di spettri di potenza predetti da diversi modelli di formazione dellestrutture. I modelli si basano sulla cold dark matter standard (sCDM), sulla open colddark matter (CDM), sulla cold dark matter con costate cosmologica (ΛCDM), sulla colddark matter con i neutrini in decadimento (τCDM) e su un modello alternativo di colddark matter basata sui neutrini (νCDM). I punti con le barre d’errore rappresentano lospettro di potenza osservato delle galassie e la normalizzazione ai bassi k ricavata dallaCMB. Lo spettro ΛCDM e stato spostato in alto per chiarezza. Si noti che P pkq ha ledimensioni di Mpc´3 perche gli autori non hanno incluso V nella definizione di P pkq.

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418 14 Correlation Functions and the Spectrum of the Initial Fluctuations

Fig. 14.10. Some examples of the predicted large-scale structure in the distribution of galaxiesfrom supercomputer simulations by the Virgo consortium. Each panel has side 240h−1 Mpcand the gravitational interactions of 2563 = 1.7 × 107 particles were followed. The fourmodels shown involve standard cold dark matter (SCDM), open cold dark matter (OCDM),cold dark matter with a finite cosmological constant (ΛCDM) and cold dark matter withdecaying neutrinos (τCDM). The parameters of the models have been chosen to reproduce theobserved large-scale structure in the distribution of galaxies at the present epoch (Kauffmannet al., 1999). More details of these computations can be found in the intermediate scalesimulation at http://www.mpa-garching.mpg.de/Virgo

a low value of Hubble’s constant, h = 0.5, and a low value of σ8 = 0.5. The thirdrow of Fig. 14.9 shows the resulting evolution of the large-scale structure. It is notsurprising that the evolution is similar to the SCDM model with rapid evolution ofthe large-scale structure at small redshifts.

Besides the four models illustrated in Fig. 14.10, many other possibilities wereconsidered. For example, a mixed dark matter (HCDM) model in which Ω0 = 1and the dark matter was made up of a mixture of hot and cold dark matter couldincorporate the positive features of both the hot and cold dark matter scenarios.

Figura 15.10: Struttura a grande scala per le galassie predetta con le simulazioni delconsorzio Virgo (http://www.mpa-garching.mpg.de/Virgo) per alcuni modelli cosmologici.Ogni riquadro ha un lato pari a 240h´1 Mpc ed e il risultato di una simulazione N-bodycon 2563 “ 1.7ˆ107 particelle. I quattro modelli mostrati si basano sulla cold dark matterstandard (sCDM), sulla open cold dark matter (oCDM), sulla cold dark matter con costatecosmologica (ΛCDM), sulla cold dark matter con i neutrini in decadimento (τCDM). Iparametri dei modelli sono stati scelti per riprodurre la struttura a grande scala osservatanelle galassie all’epoca attuale.

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Indice

15 Lo spettro delle fluttuazioni e la sua evoluzione 115.1 La funzione di correlazione a due punti per le galassie . . . . . . . . . . . . 115.2 Lo spettro delle perturbazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 315.3 Lo spettro iniziale delle perturbazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 615.4 Lo spettro di potenza di Harrison-Zel’dovich . . . . . . . . . . . . . . . . . 615.5 Evoluzione dello spettro e funzione di trasferimento . . . . . . . . . . . . . 8

15.5.1 Perturbazioni adiabatiche (di curvatura) nella Cold Dark Matter . . 815.5.2 Perturbazioni adiabatiche (di curvatura) nella Hot Dark Matter . . 1115.5.3 Perturbazioni di isocurvatura nella Cold Dark Matter . . . . . . . . 1115.5.4 L’evoluzione successiva per le perturbazioni adiabatiche nei modelli

CDM e HDM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1115.5.5 Biasing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

15.6 La crescita non lineare delle perturbazioni di densita . . . . . . . . . . . . 1415.7 Il ruolo dei barioni nelle perturbazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16


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