TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 1 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
CAPITOLO
63
63 BIOMIMETICA
Sinossi
i stima che la vita sia apparsa sulla Terra circa 3,8
miliardi di anni fa: da allora l‟evoluzione ha
risolto molti problemi della natura, dando luogo a
soluzioni ottimizzate con il minimo impiego di risorse.
Le invenzioni della natura hanno da sempre ispirato
l‟agire dell‟uomo ed hanno portato ad efficienti
algoritmi, metodi, materiali, processi, strutture,
attrezzi, meccanismi e sistemi. Esistono numerosi
esempi di successi della biomimetica, non esclusi
alcuni che sono semplici copie della natura, come ad
esempio le pinne per nuotare. Altri esempi sono stati
ispirati da capacità biologiche molto più complesse,
come la capacità di volare, che è divenuta possibile
solo dopo che i principi dell‟aerodinamica sono stati
compresi appieno. Tra le realizzazioni sostanziali della
biomimetica vanno anche annoverate le endoprotesi
che riproducono le funzionalità degli arti e degli organi
interni, nonché la sensoristica microelettronica
utilizzata per interfacciarsi con il cervello e ripristinare
le funzioni visive ed uditive. In questo capitolo
vengono presentati i concetti generali ed esemplificate
alcune applicazioni della biomimetica, limitatamente
agli aspetti relativi alle tecnologie, ai materiali, alle
strutture ed ai processi. Viene invece lasciata ad altre
sedi la trattazione degli aspetti legati a meccanismi di
cognizione, robotica e simulazione di meccanismi
evolutivi (algoritmi genetici).
63.1 Biomimetica
l termine biomimetica venne coniato da O. H. Schmitt
nel 1969 e trae la propria etimologia da bios
(vita) e mimesis (imitazione). Questa scienza
studia e si ispira ai metodi, progetti e processi biologici.
La biologia ha sempre avuto un‟enorme influenza sulla
ricerca di nuove tecnologie da parte dell‟umanità. Mentre
l‟uomo si è inizialmente ispirato agli uccelli per soddisfare
la propria aspirazione al volo, è ben presto risultato ovvio,
sulla base dei princìpi della fisica e dell‟ingegneria, che
l‟ala fissa è sicuramente preferibile all‟ala battente, in
considerazione delle masse, potenze e velocità in gioco.
Così la storia del volo umano costituisce un esempio
perfetto di come ci si debba approcciare alla biomimetica,
chiedendosi quando trarre ispirazione dalla biologia, in
che forma ed in quale combinazione essa debba porsi
rispetto alle altre scienze, all‟ingegneria, alla produzione.
La biomimetica fornisce un campionario di idee e
strumenti nuovi che altrimenti gli scienziati e gli ingegneri
non avrebbero avuto: l‟iridescenza delle farfalle e degli
scarabei ed il rivestimento anti-riflesso degli occhi delle
mosche per gli schermi degli smartphones; la lucentezza
delle diatomee per i cosmetici; le protuberanze sulla coda
della balena dalla gobba (Figura 63.1) per i bordi d‟uscita
delle pale dei generatori eolici (Figura 63.2); la mobilità
delle remiganti degli uccelli rapaci per le ali dei velivoli,
capaci di cambiare la propria forma per ridurre la
resistenza ed i consumi; la regolazione della temperatura,
S I
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 2 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
umidità e flussi d‟aria nei termitai per la costruzione di
edifici più confortevoli; la seghettatura della
proboscide delle zanzare per gli aghi indolori delle
siringhe ipodermiche.
Figura 63.1 – Coda della balena dalla gobba
Figura 63.2 - Pale di generatori eolici.
La lucentezza metallica ed i colori abbaglianti degli
uccelli tropicali e dei coleotteri non è dovuta a
pigmenti, bensì a caratteristiche ottiche: microstrutture
spaziate ordinatamente che riflettono specifiche
lunghezze d‟onda della luce. Tali colori strutturali, che
non sbiadiscono e sono più brillanti dei pigmenti,
interessano i produttori di vernici, di cosmetici e degli
ologrammi che stanno sulle carte di credito.
Il becco del tucano è un esempio di struttura resistente
e leggera: esso è in grado di frantumare le noci di
cocco, ma è sufficientemente leggero da non alterare la
distribuzione dei pesi e da non ostacolare il volo
dell‟uccello.
Le spine dell‟istrice e gli aculei del porcospino sono una
meraviglia di ottimizzazione ingegneristica e di resistenza.
La seta del ragno ha una resistenza specifica cinque volte
maggiore rispetto agli acciai ad alte prestazioni, dei quali
è infinitamente più duttile.
Gli insetti offrono un imbarazzo di ricchezze progettuali.
Le lucciole producono una luce fredda con una perdita
energetica praticamente nulla (le normali lampadine ad
incandescenza dissipano in calore il 98% della propria
energia).
I coleotteri bombardieri possiedono nell‟addome una
camera di combustione ad alta efficienza, dalla quale
eiettano sostanze chimiche bollenti per difendersi dai
predatori.
Il coleottero Melanophila, che depone le proprie uova nel
legno appena bruciato, è dotato di un sistema in grado di
rilevare con precisione la radiazione infrarossa prodotta da
una foresta in fiamme: ciò gli consente di sentire un
incendio a più di cento chilometri di distanza. Tale
sistema è attualmente allo studio dell‟USA Air Force.
La maggior parte di questi dispositivi così efficienti sono
fatti di materiali semplici, come la cheratina, il carbonato
di calcio e la silice, che la natura trasforma in strutture di
strabiliante complessità, resistenza e tenacità.
La conchiglia aliotide (abalone), per esempio, costruisce il
proprio guscio con il carbonato di calcio, la stessa
sostanza del gesso da lavagna. Ciononostante, utilizzando
tale materiale per realizzare pareti di mattoncini nano-
strutturali, legati da un‟ingegnosa struttura di proteine,
esso crea un‟armatura tenace quanto il Kevlar e 3000 volte
più duro del gesso.
Per ricostruire in laboratorio le eccezionali proprietà di un
materiale biologico è fondamentale capire le micro- e
nano-strutture che ne stanno alla base: non si deve copiare
la pelle di una lucertola per realizzare un dispositivo di
raccolta dell‟acqua, o l‟occhio di una mosca per creare un
rivestimento anti-riflesso; la struttura biologica fornisce
un indizio su ciò che è utile in un meccanismo funzionale,
ma può darsi che lo scienziato e l‟ingegnere possano fare
meglio.
Il motivo principale per cui la biomimesi non è ancora
diventata grande risiede nel fatto che, dal punto di vista
ingegneristico, la natura è meravigliosamente,
favolosamente, disordinatamente complessa. L‟evoluzione
non progetta l‟ala di una mosca o la zampa di una
lucertola lavorando verso un obiettivo finale, come
farebbe un ingegnere. Essa mette ciecamente assieme i
risultati di un‟infinità di esperimenti casuali, effettuati nel
corso di migliaia di generazioni, che producono organismi
meravigliosamente ineleganti, il cui unico scopo è quello
di rimanere in vita abbastanza a lungo da dare vita alla
generazione successiva e da lanciare il successivo giro di
esperimenti casuali. Per rendere il guscio dell‟aliotide così
duro, quindici diversi tipi di proteine creano una struttura
così straordinariamente complessa d‟aver reso finora
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 3 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
infruttuose le indagini di parecchi gruppi di ricerca. La
potenza della seta del ragno non risiede tanto nel
cocktail di proteine che la compongono, bensì nel
mistero delle filiere di cui è dotato l‟aracnide, dove
600 ugelli di filatura intrecciano sette diversi tipi di
seta in modo da ottenere le configurazioni più
resistenti. Il carattere multi-livello di gran parte
dell‟ingegneria naturale ne rende particolarmente
difficile la scomposizione e la comprensione. Le
zampe del geco funzionano così bene non solo grazie
ai miliardi di microscopici peli, che a loro volta
crescono su increspature, le quali sono una parte dei
polpastrelli e così via fino alla scala del centimetro,
fino a costituire una struttura gerarchica a sette livelli,
la quale massimizza la capacità della lucertola di
aderire su tutte le superfici inclinate. Al presente, gli
scienziati e gli ingegneri non possono sperare di
riprodurre un così complicato mosaico di dimensioni
nanometriche. La natura, viceversa, lo assembla senza
fatica, molecola dopo molecola, guidata dalla ricetta
della complessità racchiusa nel codice genetico: il
prezzo richiesto all‟uomo per creare la complessità su
piccola scala è incomparabilmente maggiore del
prezzo pagato dalla natura. Ciononostante, il divario
con la natura si sta progressivamente riducendo. I
ricercatori utilizzano microscopi a forza atomica,
microtomografi e calcolatori ad alta velocità per
investigare sempre più in profondità i segreti
microscopici della natura e sfruttano una sempre più
ampia disponibilità di materiali avanzati per riprodurli
più accuratamente di quanto sia mai stato fatto in
passato.
63.2 Principi generali
„uomo ha sempre usato la natura come fonte
d‟ispirazione della propria ingegneria, sia nel
progetto che nel processo: lo sviluppo delle idee entro
l‟area dei materiali, strutture e sistemi intelligenti non
fa eccezione. D‟altra parte, le idee ispirate dalla natura
devono essere a loro volta usate con intelligenza e
discernimento. Esistono alcune regole basiche che i
materiali prodotti dagli animali e dalle piante devono
rispettare per garantire la sopravvivenza della natura.
Esistono altresì accorgimenti che la natura adotta e che
l‟uomo deve ancora imparare a padroneggiare per
sfruttarne appieno i vantaggi. Il primo aspetto, spesso
trascurato, risiede nel fatto che, per sfruttare al meglio
la varietà di idee offerte dalla natura, tale varietà
dovrebbe essere conosciuta appieno. L‟ingegnere
dovrebbe imparare dal naturalista ed il naturalista
dovrebbe essere disposto ad acquisire il retroterra ed il
vocabolario dell‟ingegnere. In secondo luogo, è
fondamentale comprendere quali sono i limiti di
implementabilità dei progetti della natura, che possono
provenire, per esempio dai materiali utilizzati. Questi
ultimi devono essere sintetizzati in ambiente acquoso a
temperature ambiente, tipicamente inferiori ai 40 °C,
così che risulta inutile spendere energia per conferire
stabilità a temperature superiori. In terzo luogo, devono
essere tenuti in grande considerazione gli aspetti legati al
riutilizzo delle sostanze chimiche. In natura, gli individui
devono venir percepiti come membri di una popolazione.
Tale popolazione non è però composta semplicemente
dagli individui contemporanei, ma da tutti quelli che sono
stati e da tutti quelli che saranno. Perciò, le ragioni per cui
un organismo fa qualcosa in un certo modo possono non
dare un vantaggio immediato a quell‟individuo: può
essere viceversa più vantaggioso per la specie che i singoli
individui pratichino una specie di altruismo. Per esempio,
una specie può essere in grado di sopravvivere meglio se
gli individui hanno una vita breve, in modo da consentire
al meccanismo della selezione naturale di dare i migliori
frutti. Questo può essere uno dei motivi per cui i sistemi
biologici sono più variabili di quelli fisici. Le strutture in
natura sono inevitabilmente limitate dalle strutture che gli
antenati hanno reso disponibili perché potessero essere
modificate dalla selezione naturale. Inoltre sia le strutture
che i materiali biologici sono limitati dal dover garantire
una certa multifunzionalità: per esempio, le nostre ossa
lunghe (degli arti) esplicano la funzione strutturale (parte
corticale esterna) e quella biologica di produzione dei
globuli rossi (midollo interno, che contribuisce poco al
momento d‟inerzia della sezione)1, così come le radici
degli alberi assolvono alla funzione strutturale di vincolo a
terra e di assorbimento di acqua e nutrienti dal terreno.
Il processo di selezione naturale (evoluzione) spinge ogni
organismo a garantire il perpetuarsi della propria specie
tramite una riproduzione la più numerosa possibile. Tale
pressione selettiva fa sì che qualsiasi materiale o struttura
venga prodotta con il minimo dispendio energetico ed il
massimo livello di utilità massimizzazione
dell‟efficienza. In generale, ottimizzare la struttura
(ovvero la forma) costa meno che ottimizzare il materiale.
Così, gli aculei del porcospino (grazie ai quali il
porcospino è in grado di rimbalzare quando cade da un
albero) sono progettati in modo che il loro cedimento in
compressione avviene solo allorché viene raggiunto lo
sforzo ammissibile del materiale. Un progetto meno
efficiente avrebbe comportato il cedimento della struttura
(per instabilità locale) piuttosto che del materiale. Questo
è uno dei rari casi in cui l‟instabilità Euleriana viene usata
come meccanismo di sicurezza negli animali, mentre essa
è molto comune nelle piante. Gli aculei del porcospino
garantiscono il cedimento per instabilità Euleriana,
nonostante siano troppo corte per poter essere considerate
delle colonne, in quanto sono dotate di una curvatura. Per
lo stesso motivo, la curvatura delle ossa lunghe dei
mammiferi terrestri consente agli animali di prevedere il
modo con cui esse vengono sollecitate in un vasto campo
di condizioni (entità e direzione del carico, velocità di
applicazione, etc.), aumentandone così la sicurezza
1 Le dimensioni dei difetti dell‟osso che possono costituire un innesco di
cricca sono pari a quelle dei vasi sanguigni che apportano i nutrienti necessari alle celle che producono l‟osso stesso.
L
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 4 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
funzionale della struttura (ovvero dello scheletro). Gli
aspetti legati al fattore di sicurezza sono d‟altra parte
curati molto attentamente dal meccanismo evolutivo: i
tendini delle zampe posteriori della cavalletta vengono
caricati lentamente per immagazzinare l‟energia
elastica che consente all‟insetto di catapultarsi
nell‟aria. Essi sono ben protetti entro i muscoli della
gamba dai danni superficiali ed hanno un fattore di
sicurezza pari a 1 nei confronti della sollecitazione a
trazione. Al contrario, le corna del muflone (senza le
quali l‟animale non può combattere, acquisire
femmine e – quindi – riprodursi), hanno un fattore di
sicurezza pari a 10. Ciò è necessario a causa dell‟entità
e dell‟imprevedibilità delle forze applicate durante il
combattimento. La parte interna delle corna (che
sopporta i carichi durante il combattimento) è avvolta
in un rivestimento di cheratina fibrosa, la quale, specie
se leggermente umida, è quasi totalmente insensibile
all‟intaglio e perciò è in grado di sopportare estesi
danneggiamenti superficiali, senza per questo venir
indebolito.
Per garantire l‟ottimizzazione energetica, alcuni aspetti
delle prestazioni meccaniche del materiale e della
struttura sono considerati particolarmente importanti.
Nelle strutture di supporto (caricate a trazione o
compressione) la rigidezza costituisce di solito il
criterio principe, mentre la stabilità intrinseca della
struttura non è particolarmente critica, in quanto sia i
carichi che la postura possono venir modificati
dall‟azione dei muscoli. Viceversa, è fondamentale che
le strutture abbiano un comportamento prevedibile, in
modo che gli animali possano reagire molto
velocemente. Così, le strutture sollecitate a
compressione possono presentare degli allungamenti
sorprendentemente elevati (le zampe di alcuni insetti)
o essere permanentemente (elasticamente)
instabilizzate (i gambi fioriti di alcune piante annuali).
I carichi torsionali vengono solitamente evitati
attraverso l‟adozione di meccanismi di controreazione
(dolore), che riportano alla simmetria: se un albero è
sollecitato a torsione dal vento, i rami esposti si
deformano progressivamente per eliminare l‟effetto,
oppure la torsione viene tradotta in trazione
dall‟avvolgimento spiroidale delle fibre del tronco. Un
esempio superbo di tale meccanismo è offerto dagli
squali, i quali non possiedono vescica natatoria e
quindi devono nuotare continuamente per generare
portanza idrodinamica e non affondare. La spinta
posteriore è generata dalla coda, che, essendo
asimmetrica, tende a torcere in conseguenza del
pinneggiamento latero-laterale. Questi carichi
torsionali sono resistiti dalle sollecitazioni a trazione
agenti nelle fibre di collagene della pelle, le quali sono
particolarmente grandi, numerose e sono disposte
elicoidalmente attorno al corpo del pesce: in pratica, la
coda dello squalo viene mossa lateralmente da questa
specie di molla torsionale costituita dalle fibre (Figura
63.3).
Figura 63.3 – Fibre di collagene (eso-tendine) che
consentono il movimento laterale della coda dello squalo.
Lo squalo è così difficile da scuoiare proprio perché la
pelle è un eso-tendine, che connette la coda con i muscoli
che la fanno muovere. Lo scheletro del pesce non è
coinvolto in tutto ciò: quindi può essere cartilagineo e più
leggero. Più della rigidezza e della resistenza, la
caratteristica in cui quasi tutti i materiali biologici
maggiormente eccellono è però la tenacità. Per esempio,
confrontando i compositi ceramici naturali ed artificiali, si
nota che, mentre la rigidezza è una funzione relativamente
semplice della percentuale volumetrica della ceramica, la
tenacità dei materiali biologici è molto maggiore. Ciò
dipende da due fattori principali: l‟accurato controllo delle
proprietà interfacciali (grazie alle quali componenti
chimicamente disparati si collegano a livello molecolare)
e le dimensioni dei componenti (che sono molto minori
rispetto ai compostiti ceramici artificiali). Viceversa, nei
materiali biologici non ceramici, i compositi fibrosi
regnano sovrani. Una delle caratteristiche di un composito
fibroso costituito da una matrice cedevole e da fibre di
rinforzo orientate randomaticamente (come nella pelle) è
la forma a J della curva sforzo-deformazione. Essa
dipende dalla bassa rigidezza a taglio del materiale nel suo
complesso, che rende difficile il trasferimento dell‟energia
di deformazione all‟apice della cricca e ne rallenta così la
propagazione.
In ogni caso, i meccanismi che sono stati illustrati fin qui,
comportano il fatto che il materiale e la struttura debbano
crescere contemporaneamente all‟organismo, in maniera
da venir esposti alle condizioni di vita durante il processo
di formazione. Sfruttando meccanismi a livello cellulare,
l‟organismo rileva l‟entità e la direzione dei carichi e
modifica la struttura di conseguenza, aggiungendo o
togliendo materiale dove è necessario. Tali meccanismi
non sono ancora del tutto conosciuti, sebbene l‟effetto
piezo-elettrico sia ad essi molto simile: sia le fibre di
cellulosa che di collagene (materie prime rispettivamente
del mondo vegetale ed animale) sono infatti
piezoelettriche, come pure la cheratina. Grazie ad esso, un
albero malformato può piegare il proprio tronco verso la
luce e ricrescere, oppure un osso fratturato e scomposto
può ricomporsi e saldarsi. Probabilmente, questo
rappresenta l‟aspetto più intelligente nel progetto dei
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 5 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
materiali biologici. Costituiti da componenti su scala
molecolare, essi sono caratterizzati da una gerarchia di
interazioni tra i livelli del materiale e della struttura,
comunque si decida di definire tali livelli. Inoltre essi
possiedono un considerevole livello di flessibilità
intrinseca, che consente al materiale di rispondere ai
diversi livelli di interazione. Così, il materiale può
essere assemblato in molti modi diversi, secondo le
condizioni locali: esso può dare una risposta adattativa
al problema strutturale contingente, sia esso
permanente o transitorio. Tale gerarchia flessibile
spiega altresì come la natura abbia prodotto una così
ampia varietà di materiali da un così ridotto numero di
componenti. Così, questo meccanismo responsivo non
solo possiede alcuni degli attributi dell‟intelligenza,
ma altresì gestisce le proprie risorse intelligentemente,
in quanto da ultimo prevede che i materiali si
degradino in modo da produrre i componenti necessari
per la costruzione della successiva generazione.
A proposito della gestione intelligente delle risorse, va
detto che queste ultime, specialmente quelle materiali,
sono trattate come se la loro disponibilità fosse
infinita, mentre questo è evidentemente non vero nel
caso delle risorse non rinnovabili. Nell‟uso
ingegneristico dei materiali, l‟uomo lascia che la
progettazione passi in secondo piano, mentre la natura
tratta i materiali come una risorsa costosa e la
progettazione con grande cura ed attenzione ai dettagli.
Da questo derivano materiali durabili e strutture poco
costose, facili da riciclare in condizioni ambiente.
Il mondo naturale, del quale l‟uomo costituisce una
parte significativa offre numerosi esempi di
sopravvivenza con il minimo uso di energia. Tali
esempi spaziano dalla produzione e uso dei materiali
fino all‟organizzazione di intere popolazioni. Lo scopo
principale di tutti gli organismi è quello di riprodursi e
perpetuarsi, favorendo i casi in cui viene massimizzato
il numero di discendenti. In conseguenza di ciò, nasce
una competizione di ciascun organismo con tutti gli
organismi contigui.
L‟ecologia individua due tipi basici di comunità, la cui
differenziazione dipende da quanto prontamente
disponibili sono le risorse. Con l‟abbondanza di risorse
normalmente disponibili tipica delle comunità che
invadono nuovi habitat, le risorse vengono usate in
modo dispendioso per la corsa verso la riproduzione e
la durata della vita sarà probabilmente breve (r-
selection). Se una comunità si sviluppa verso la
maturità e le risorse diventano scarse, i nutrienti
vengono riciclati, il rateo di riproduzione diminuisce e
gli organismi tendono ad essere di maggiori
dimensioni ed a vivere più a lungo (k-selection).
L‟uomo, grazie alla tecnologia, è riuscito a ricavare
risorse che non sono disponibili per la maggior parte
degli organismi e così ha seguito il percorso
dell‟invasione e della colonizzazione. Questo modo di
procedere è intrinsecamente dispendioso, ma
rappresenta la strada più diretta verso il dominio. Ma verrà
un giorno in cui le risorse diventeranno limitate, sia a
causa del loro esaurimento, sia a causa dell‟abbondanza di
organismi che competono per utilizzarle (cfr. Malthus). La
maggior parte delle comunità industriali rappresenta la r-
selection, ma per la sopravvivenza della razza umana, è
necessario muoversi verso la k-selection. Il modo più
facile per gestire questo cambiamento di rotta sarebbe
quello di rendere artificialmente più scarse le risorse,
prima che esse effettivamente si esauriscano.
Se i materiali sono poco costosi, sarà poco incentivato il
loro uso attento e parsimonioso e viceversa si lascerà
spazio a progetti cattivi, costosi, pesanti ed inefficienti.
Anche così, siccome il costo di un prodotto finito dipende
dal costo del processo di produzione nonché della materia
prima, può risultare conveniente pagare di più per un
materiale di partenza più facilmente lavorabile. Questo è
uno dei motivi per cui le plastiche ed i compositi stanno
prendendo piede. Poiché denaro ed energia possono essere
messi in diretta correlazione, è ragionevole valutare come
i sistemi naturali distribuiscano la propria energia tra le
varie funzioni e come essi progettino i materiali, i
meccanismi e le strutture.
Una buona ipotesi di lavoro è che gli organismi esistono
sulla base di una minima quantità di energia, che di solito
essi si procacciano attraverso il nutrimento e la luce
solare. Essi si sono evoluti in modo che l‟energia
disponibile venisse suddivisa in maniera ottimizzata tra le
varie funzioni vitali, secondo una proporzione che tiene
conto della loro importanza relativa per la sopravvivenza e
la riproduzione dell‟organismo in un particolare contesto.
Per ciascuna particolare funzione studiata, è perciò
importante conoscere il contesto entro cui essa opera. Per
ciascuna particolare funzione ci sarà anche un organismo
o un gruppo di organismi che meglio assolvono a tale
funzione. È importante ricordare che ottimizzazione non
comporta che la funzione di un qualsiasi organo o
materiale sia la migliore possibile: significa piuttosto che
l‟energia disponibile è stata usata nel modo migliore
possibile tra le funzioni necessarie alla sopravvivenza
dell‟organismo, considerando anche un opportuno
margine di sicurezza. Il criterio della minima energia
significa che le reazioni chimiche dovranno avvenire a
temperatura ambiente o leggermente superiore.
L‟esistenza di legami idrogeno (necessari per una facile
reversibilità delle interazioni) limita la maggior parte delle
proteine ad una temperatura non superiore ai 45 °C.
Questo vincolo può rallentare alcune reazioni chimiche e
rendere altre impossibili. La velocità non è
necessariamente importante per un organismo: se esso può
vivere abbastanza a lungo, potrebbe essere preferibile
riprodursi domani anziché oggi.
Poiché la produzione di tutti i polimeri e le strutture è
controllato dal sistema genetico a livello molecolare,
possono essere prodotti materiali di qualità molto elevata,
praticamente privi di difetti interni. Il controllo molecolare
consente altresì interazioni ad energia relativamente
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 6 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
elevata, che nelle nostre tecnologie richiederebbero
temperature parimenti elevate. Queste ultime
introducono, di conseguenza, i loro propri problemi
legati al movimento termico, che riduce il grado di
perfezione del prodotto, specie se esso non è
cristallino.
I materiali di partenza che gli organismi utilizzano
sono facilmente disponibili nel loro ambiente oppure
vengono scelti grazie alla loro compatibilità con la
chimica esistente. Le ceramiche sono costituite per la
maggior parte da CaCO3, SiO2 e occasionalmente da
ossidi di Fe e di altri elementi di transizione. Quasi
tutti i materiali non ceramici sono costituiti da proteine
e poli-saccaridi, che possono essere fibrosi (seta,
collagene, cellulosa, chitina o elastina) o riempitivi
(matrice dei gusci degli insetti, cartilagine delle
articolazioni). L‟acqua è molto importante come
mezzo di interazione e come plasticizzante. La
separazione dei componenti avviene attraverso i lipidi,
soprattutto sotto forma di membrane osmotiche.
L‟idrofobicità è sfruttata per ottenere l‟orientazione
(per esempio nelle strutture a cristalli liquidi). La
cristallinità liquida è un esempio di meccanismo
disponibile per processare e post-processare i
materiali.
Per esempio, la seta è parzialmente allineata prima di
venir filata per formare la struttura a cristalli liquidi.
Così l‟energia richiesta per filare la seta è ridotta,
poiché parte dell‟orientazione molecolare associata
con la filatura è già stata ottenuta. Questo rappresenta
anche un esempio di nanofabbricazione ed enfatizza il
principio fondamentale secondo cui, poiché i materiali
biologici sono creati a partire dalle molecole, essi sono
necessariamente progettati a questo livello e devono
essere assemblati in un numero di gerarchie. Questo
rappresenta un vantaggio intrinseco, parte perché le
strutture gerarchiche tendono ad essere più efficienti,
parte perché è possibile produrre una maggior quantità
di proprietà variando il grado di interazione alle
interfacce tra i diversi livelli gerarchici. D‟altra parte,
nonostante una struttura gerarchica sia adattabile, essa
introduce necessariamente più opportunità per una
variabilità incontrollata. Così, sebbene il sottostante
sistema genetico sia estremamente conservativo, e
comporti una grande uniformità del materiale al livello
molecolare, i materiali biologici massicci possono
essere viceversa caratterizzati da una certa variabilità
delle proprietà.
Molto è stato scritto riguardo ai vantaggi offerti dal
metodo con il quale gli organismi sintetizzano i
materiali, in particolare la bassa temperatura
(ambiente) alla quale possono essere creati materiali
con eccellenti caratteristiche meccaniche, mentre
l‟uomo, per fare altrettanto, necessita di temperature
molto più elevate: in realtà anche l‟uomo potrebbe fare
altrettanto, se fosse disposto ad aspettare abbastanza a
lungo.
La massima velocità cui l‟osso umano può crescere è di
1m al giorno, mentre un uovo di gallina sa fare molto
meglio, in quanto cresce di 5g ogni 24 ore. Esistono
probabilmente due considerazioni principali: l‟energia
richiesta per assemblare i componenti del materiale
(energia di legame) e quella necessaria per definire la
forma della struttura. L‟energia di legame è dettata dalla
chimica e non può essere modificata. Ma, per un dato
insieme di proprietà del materiale, i materiali biologici
possono essere costituiti da componenti meno buoni
perché essi sono assemblati (strutturati) così bene da
raggiungere comunque le migliori prestazioni teoriche.
Per esempio, il guscio e gli aculei del riccio di mare,
costituiti da fragile CaCO3, recano numerosi fori,
ciononostante sono molto resistenti. Questo accade perché
qualsiasi piccolo difetto sulla superficie, in grado di
innescare una cricca, viene annullato dalle celle che
costituiscono lo scheletro. Inoltre, lo strato esterno a
minor densità costituisce uno strato superficiale, che
protegge dal danno diretto lo strato sottostante, più
robusto.
Gli animali e le piante riparano e riciclano continuamente
i materiali con cui sono costituiti: per esempio il collagene
che costituisce i tendini delle zampe posteriori del canguro
viene continuamente rinnovato, in quanto esso non è in
grado di resistere per una tempo indefinito ai carichi
massimi cui è sottoposto. Ciò pone un‟interessante
alternativa: è energeticamente più conveniente produrre
abbastanza materiale capace di sopportare il 99% del
carico applicato (dovendo risolvere il problema di
produrre e trasportare il materiale, e correndo il rischio
che esso contenga inneschi di danno tali da portare a
rottura)? Oppure è preferibile riparare il materiale in corso
d‟opera, mettendo in conto la continua spesa di energia,
ma avendo meno materiale da trasportare ed essendo certi
che le sue caratteristiche soddisfano le specifiche? In
genere, l‟ingegneria umana tende a applicare la prima
soluzione, ad eccezione del campo aerospaziale, dove –
per una necessaria efficienza ponderale – vengono
adottate filosofie progettuali di tipo damage tolerance, le
quali ammettono che la struttura si deteriori con l‟uso, ma
presuppongono che essa venga continuamente ispezionata,
riparata, sostituita in modo da rimanere sempre efficiente.
I materiali devono essere progettati in modo non solo da
poter essere riparati, ma anche riciclati all‟interno
dell‟organismo. Il rivestimento esterno (cuticola o
esoscheletro) di un insetto o di un granchio deve potersi
rinnovare allorché le dimensioni dell‟animale crescono.
Esso viene in gran parte dissolto prima di essere perduto,
sia per facilitare la sua rimozione (diventando più sottile e
flessibile), sia perché il nuovo esoscheletro possa crescere
più velocemente e con minor spesa energetica utilizzando
le risorse derivanti dalla cuticola precedente. Ma la
rigidezza dell‟esoscheletro è funzione del numero di
legami al suo interno e del loro contenuto energetico. Più
legami covalenti ci sono, più l‟esoscheletro è rigido e
meno materiale è necessario per garantire lo stesso livello
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 7 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
di protezione. Ma allora l‟esoscheletro richiede più
energia per essere dissolto al momento della muta o
può diventare addirittura insolubile. Il problema di
ottimizzazione allora diventa: quanto l‟esoscheletro
deve essere rigido e quanto facilmente deve potersi
riassorbire? Il compromesso porta a non usare legami
più stabili di quanto sia richiesto dalla funzione.
Questo può essere importante nell‟evoluzione dei tipi
di esoscheletro: negli insetti più evoluti, le proteine
tendono ad essere più polari, cosicché diventa più
difficile espellere l‟acqua di plasticizzazione durante il
processo di indurimento della cuticola
(sclerotizzazione). Ma questo può rendere la cuticola
più facilmente dissolvibile durante la muta, poiché
l‟acqua è in grado di penetrare la matrice più
facilmente e il degrado enzimatico può essere
completo. Ciò può anche significare che le proteine
sono più capaci di formare estese strutture regolari
prima che l‟acqua venga rimossa, cosicché la struttura
che ne consegue ha una struttura maggiormente
fibrosa, con interazioni intermolecolari più numerose.
Questa argomentazione di carattere generale
probabilmente si può applicare a tutti i materiali
biologici strutturali. Può essere più efficiente, specie se
il peso costituisce un aspetto importante, tenere tutti i
materiali sotto controllo metabolico e consentire che
solo una quantità molto piccola sia “morta”. Con le
piante e gli alberi in particolare, che non si muovono e
per i quali la massa può essere importante ai fini della
stabilità, può essere conveniente per il materiale
(legno) essere al di fuori del circolo metabolico, in
modo da poter fornire massa senza costi aggiuntivi.
I materiali biologici, come ogni altro usato nelle
applicazioni tecnologiche, devono soddisfare dei
requisiti minimi. A dir la verità, essi sono adattativi e
possono, in una qualche misura, modificare le proprie
caratteristiche, ma l‟approccio della minima energia
richiede che venga usata la minima quantità di
materiale per assolvere ad una certa funzione.
Certamente, i materiali che si trovano negli organismi
viventi tendono ad essere molto efficienti (alta
rigidezza per unità di massa rigidezza specifica).
Per gli animali questo è anche più importante, in
quanto tutti i loro materiali devono essere trasportati, il
che comporta la spesa di energia metabolica. È
possibile non solo misurare queste proprietà e
confrontarle con quelle dei materiali artificiali, ma
anche decidere quale sia la combinazione di proprietà
che meglio è in grado di svolgere la funzione richiesta.
Così un tirante (qual è un tendine) si comporta meglio
per unità di peso quando è massima la rigidezza specifica
E/. Viceversa, una trave (qual è un tronco o un ramo di
un albero) raggiunge la massima efficienza allorché viene
massimizzato E1/2
/. Come mostrato nel Cap. I di questo
libro, tutto ciò viene efficacemente presentato nei
diagrammi di Ashby, uno dei quali viene riportato a titolo
esemplificativo in Figura 63.4. Tali diagrammi possono
anche essere utilizzati per mostrare quali sono le proprietà
che i materiali biologici sono in grado di massimizzare.
Per esempio, il legno preso nella direzione delle fibre
resiste magnificamente alla trazione, ma in direzione
trasversale si comporta meglio a compressione.
Ovviamente, queste caratteristiche devono costituire una
sorta di compromesso o ottimizzazione. Quando i
materiali biologici vengono analizzati in questo modo,
essi mettono in evidenza prestazioni eccellenti ed alcuni,
come il legno, sono insuperati da alcun materiale
artificiale: le costruzioni aeronautiche si sono basate sul
legno fino alla II Guerra Mondiale e, prescindendo da
considerazioni di durabilità, sono tutt‟ora strutturalmente
più efficienti anche di alcuni materiali compositi.
In conclusione, osserviamo che la biomimetica può essere
considerata da diversi punti di vista (scienza, industria,
società) e con diversi obiettivi:
- scienza (ovvero sviluppo):
biologia, come ispirazione per le altre scienze
sistemi a bassa spesa energetica
nuove idee richiedono nuove tecniche di analisi
fusione di diversi concetti scientifici
- industria (ovvero produzione):
materiali multifunzionali
nuovi processi produttivi
risparmio energetico
adattabilità derivante dalla multifunzionalità
soluzioni environmental friendly
- società (ovvero utilizzo)
facile comprensibilità dei concetti di base
miglior disponibilità di materiali e strutture
maggior convenienza (da miglior qualità)
riciclo più facile
ridotto dispendio energetico
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 8 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
Figura 63.4 – Tipico diagramma di Ashby.
L‟obiettivo di un ridotto dispendio energetico compare
in tutti i casi, perché esso è un aspetto così importante
che né la scienza, né l‟industria, né la società possono
permettersi di ignorarlo. Sfortunatamente, la nostra
disponibilità di materiale prime è ancora considerata
inesauribile. Questo potrebbe essere vero solo se le
riciclassimo opportunamente (cosa che la natura fa, noi
no) e se usassimo fonti rinnovabili (cosa che un po‟
facciamo, ma potremmo fare meglio). In ogni caso,
oggigiorno, sia l‟energia che le materie prime costano
troppo poco. Prezzi più ragionevoli ci indurrebbero a
ottimizzare l‟uso delle risorse, prima che il mondo
raggiunga lo stadio della k-selection. Per questo, non
possiamo permetterci di ignorare che la biomimetica ci
suggerisce un campionario di strumenti utili per affrontare
anche i nostri problemi energetici.
63.3 La natura come fonte d’ispirazione
umerose sono state le fonti da cui l‟uomo ha tratto
ispirazione (nel bene e nel male) per realizzare N
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 9 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
materiali, processi, tecnologie, strutture, meccanismi,
sensori, nonché per mettere a punto tecniche di attacco
e di difesa:
- meccanismi ispirati dalla biologia:
escavazione tecnica del granchio
attuazione lineare locomozione del bruco
(Figura 63.5)
pompaggio peristaltico cuore, polmoni
adesione differenziale geco, maggiolino
Figura 63.5 – Il metodo di locomozione del bruco ispira
il meccanismo di attuazione lineare.
- strutture ispirate dalla biologia:
nido d‟ape alveari delle api e delle vespe
flabelli code degli uccelli
reti da pesca tele dei ragni
pinne pinne dei pesci, membrane delle
zampe degli animali acquatici
- meccanismi di attacco ispirati dalla biologia:
emissione di onde d‟urto dovute al collasso di
bolle di cavitazione rumore snapping shrimp
emissione ultrasonore acusticamente dolorose
delfini
proiezione di getti d‟acqua pesce arciere, di
irritanti chimici coleottero bombardiere, di
deterrenti passivi puzzola
proiezione di elementi flessibili: tentacoli
piovra; lingua rettili (serpenti, camaleonti)
induzione di ferite infette varano di Komodo
pungiglioni e dardi avvelenati scorpione
sistemi di stordimento elettrico torpedini
trappole: bolas ragno australiano; bava
lampreda
neuro-impianti
rilascio di neuro-tossine anemone di mare
rilascio di feromoni
- meccanismi di difesa ispirati dalla biologia:
armature2 esoscheletro di echinodermi, insetti,
rettili, crostacei, conchiglie, armadillo, tartaruga
barriere: superfici scivolose “bocca” delle
piante carnivore; rivestimenti appiccicosi
secrezioni degli insetti; schiume adesive
protezione delle uova di serpenti ed insetti
mimetizzazione passiva sogliola; adattiva
camaleonte, polipo; riflettente pesci; traslucida
medusa; dinamica libellula
spine, aculei, arpioni, uncini piante, insetti
falsi bersagli finti occhi sulle ali della farfalla
emissione di fumo inchiostro della seppia
avviso cromatico di pericolo (rosso o giallo + nero,
colorazione aposematica) piante, insetti
sistemi elastici elastina nelle zampe delle
cavallette
- materiali e processi ispirati dalla biologia: i materiali
naturali possiedono proprietà affascinanti, quali l‟auto-
replicabilità, l‟auto-riparabilità, riconfigurabilità, multi-
funzionalità. I materiali sintetici vengono spesso prodotti
in condizioni di elevata temperatura e pressione, in
contrasto con la natura, che adotta condizioni ambiente.
Materiali come l‟osso, il collagene o la seta sono prodotti
entro il corpo dell‟organismo, senza necessitare dei rudi
trattamenti utilizzati per produrre i materiali di sintesi. La
fabbricazione di materiali di derivazione biologica non
produce inquinamento e solo minime quantità di scarti,
che comunque sono biodegradabili e riciclabili in natura:
fibre ad alta resistenza seta del ragno
materiali leggeri nido d‟ape
materiali compositi nido delle rondini
materiali fluorescenti3 batteri, insetti
2 Nei dinosauri estinti, la corazzatura era costituita da placche di chitina tenacizzata con fibre di collagene (orientate per placche piane e spesse,
randomatiche per placche sottili e convesse), mentre la corazzatura
flessibile del rinoceronte è costituita solo da collagene: ciononostante, le sue prestazioni sono migliori di quelle delle corazzature in Kevlar.
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 10 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
materiali a controllo di rigidezza oloturia
vernici sensibili (impatto, calore, pressione)
materiali auto-riparativi
materiali multi-funzionali
materiali intelligenti (smart materials)
- bio-sensori e bio-emettori:
sensori di flusso cellule ciliate
sensori di collisione baffi dei roditori
sensori acustici emissioni ultrasonore dei
pipistrelli
sensori di onde elastiche (sonar) emissione
di onde a iper-bassa frequenza delle balene
sensori d‟incendio sensori di raggi IR del
coleottero melanophila
- bionica:
sensi artificiali
muscoli artificiali
organi artificiali
protesi
A giudicare dal numero di uccelli, insetti volanti e
creature marine, la natura ha sperimentato
estensivamente sia l‟aerodinamica che l‟idrodinamica.
Vi sono numerosi aspetti che meritano attenzione. Per
esempio, i pesci cacciano i pesci sott‟acqua tenendo
conto dell‟effetto di rifrazione, che crea una posizione
illusoria della preda. Gli uccelli ed i mammiferi
predatori tengono conto della traiettoria della preda.
Questi metodi stanno migliorando la capacità delle
armi militari, per esempio consentendo ad un carro
armato in movimento di colpire l‟obiettivo pure in
movimento. Sistemi di questo genere sono utilizzati
per inseguire un bersaglio mobile ed adattare la
traiettoria e l‟assetto del velivolo prima di lanciare un
missile. La capacità della libellula di manovrare ad alta
velocità è un ulteriore aspetto del volo biologico che
ha notevolmente ispirato l‟uomo. Utilizzando una
sacca piena di liquido che circonda il suo sistema
cardiaco, la libellula è in grado di compensare gli
effetti gravitazionali (altissimi g) derivanti dalle
manovre ad alta velocità. La tuta anti-g riempita di
fluido che è stata sviluppata ispirandosi al sistema
della libellula rivendica già prestazioni migliori
rispetto alle convenzionali tute anti-g pneumatiche.
Come la biologia animale, anche la botanica tiene in
grande considerazione l‟aerodinamica. I semi di molte
piante sono progettati con delle caratteristiche che
consente loro di disperdersi lontano dal punto di
3 La luminescenza può essere di due tipi: la bioluminescenza:
emissione volontaria o involontaria di luce, derivante da una
reazione chimica; la fluorescenza, emissione di luce a causa di illuminazione ultravioletta.
origine. Tale capacità di dispersione risiede nel bisogno di
evitare il sovraffollamento (e la competizione) di una certa
pianta in una zona ristretta. I semi mettono in atto svariate
tecniche aerodinamiche per essere propulsi con l‟ausilio
del vento; per esempio il seme alato della jaracanda,
tipuana tipu (Figura 63.6) ha ispirato uno speciale tipo di
paracadute che consentirà l‟atterraggio morbido sul suolo
dei pianeti.
Figura 63.6 – Seme di jaracanda, che ha ispirato un tipo di
paracadute per atterraggio morbido.
63.4 Materiali biomimetici
ui di seguito, senza alcuna pretesa di completezza,
vengono descritti alcuni materiali biologici aventi
proprietà funzionali affascinanti, che l‟uomo è riuscito (o
sta riuscendo) a riprodurre artificialmente:
Cellulosa – è un polisaccaride che, grazie ai legami -1,4
tra gli zuccheri, possiede una struttura a nastro fortemente
lineare, molto rigida ed in grado di dar luogo a fibre
stabili. Il modulo elastico teorico della molecola di
cellulosa è di 250 GPa, ma i valori sperimentali reali si
attestano attorno ai 130 GPa. La densità specifica della
cellulosa è di circa 1.5, cosicché non è stravagante
confrontare le sue proprietà meccaniche specifiche con
quelle dei materiali ingegneristici convenzionali: in
conclusione si può affermare che la cellulosa è un
materiale ad alte prestazioni, comparabili con quelle delle
migliori fibre che la tecnologia è in grado di sintetizzare.
La cellulosa viene prodotta da enzimi a forma di rosetta
che fluttuano nella membrana del fluido cellulare. Le
micro-fibrille primarie hanno un diametro di circa 5nm,
ma un centinaio circa di esse si combina per costituire
delle micro-fibrille più grandi (Figura 63.7).
Figura 63.7 – Microfibrille della cellulosa
La cellulosa prende così la forma di un guscio attorno alla
cellula, formando lo scheletro della cellula stessa e della
pianta. L‟orientazione delle micro-fibrille di cellulosa
nella parete cellulare è influenzata da svariati fattori. Nelle
pareti cellulari di molte varietà di piante sono state trovate
strutture assimilabili ai cristalli liquidi. L‟orientazione
Q
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 11 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
delle micro-fibrille può essere parallela o elicoidale,
che corrispondono rispettivamente ai cristalli liquidi
nematici e colesterici. Molto probabilmente, le
strutture a cristallo liquido vengono assemblate nel
periplasma, una sottile regione racchiusa tra gli strati
più recenti (esterni) della parete cellulare e la
membrana plasmatica interna. Tale struttura è così
sottile che la sua stessa esistenza è posta in dubbio,
sebbene sia stata osservata nell‟epidermide dei semi di
mela cotogna. All‟interno di tale strato, le molecole
sono orientate in forme cristalline liquide. La rigidezza
intrinseca delle molecole di cellulosa promuove l‟auto-
assemblaggio, così come le massicce catene laterali
che spesso si trovano nell‟emi-cellulosa. Ad ogni
modo, la cellulosa in quanto tale non controlla questo
processo, in quanto essa non è in grado di formare
cristalli liquidi, a meno che non si trovi in condizioni
non-fisiologiche, oppure mescolata ad emicellulosa.
D‟altra parte, questi sono i candidati più probabili per
controllare il sistema, potendo contribuire fino al 40%
della parete della cella. L‟assimmetria necessaria per
l‟auto-assemblaggio dei cristalli liquidi viene fornita
dall‟anello glucidico C-5 dell‟emi-cellulosa. Quindi: le
micro-fibrille di cellulosa sono avvolte in una guaina
(spessa quanto serve) di emicellulosa, che può allora
dirigere il processo di auto assemblaggio. Esiste un
altro fattore che influenza le caratteristiche della
cellulosa entro la parete cellulare: l‟orientazione dei
micro-tubuli organizzati sulla faccia interna della
corteccia cellulare (Figura 63.8).
Figura 63.8 – Orientazione dei micro-tubuli presenti
sulla faccia interna della corteccia cellulare.
Tale orientazione può venir modificata da stimoli
esterni, quali la luce (intensità, lunghezza d‟onda),
l‟auxina e le deformazioni meccaniche, come quelle
dovute alla flessione. Questi stimoli sono additivi:
così, per esempio, una piccola quantità di auxina rende
le cellule più sensibili ad altri stimoli. Allo stesso
tempo, il rateo di crescita cambia, così che è il ri-
orientamento delle micro-fibrille di cellulosa, mediato
dalla variazione dei micro-tubuli corticali, che governa
la crescita, sia qualitativamente che quantitativamente.
La luce blu fa sì che i micro-tubuli si orientino
longitudinalmente, mentre quella rossa li orienta in
direzione trasversale, consentendo così alla pianta di
crescere. Questi due meccanismi possono coesistere: un
indizio di ciò deriva dai meccanismi di riparazione delle
radici dei piselli. Il danno viene creato rimuovendo una
porzione di radice a 3mm dall‟estremità, colorando la
sezione con marcatori fluorescenti per poter esaminare i
microtubuli al microscopio co-focale. Le celle
appartenenti ad una radice non danneggiata sono lunghe e
sottili e si estendono lungo l‟asse della radice, in quanto le
fibre di cellulosa della parete della cella sono orientate
circonferenzialmente. Nelle cellule prese in vicinanza del
danno a 24 ore dal danneggiamento, i micro-tubuli hanno
ruotato la loro orientazione in modo da disporsi
parallelamente alla superficie del danno, ovvero più o
meno ortogonalmente all‟asse della radice (Figura 63.9).
Figura 63.9 – Nuovo orientamento dei microtubuli in
prossimità del danno a 24 ore dal danneggiamento.
Ciò è accompagnato da un allungamento delle celle verso
il danno, suggerendo che la cellulosa si disponga in questa
nuova direzione. Il passo finale nella nascita e nel
mantenimento di questa nuova polarità cellulare attorno al
danno consiste nella definizione di nuovi piani di
divisione cellulare, che – ancora – sono paralleli al
contorno del danno. Tutte queste risposte assicurano che il
tessuto della pianta cresce in direzione del danno e lo
colma con nuovo materiale cellulare. La ri-orientazione
delle fibre di cellulosa è dovuta semplicemente al cambio
di orientazione dei microtubuli: ma questo meccanismo
non è in grado di spiegare il cambiamento di forma. La
necessaria variazione dell‟anisotropia elastica può
avvenire solo se la cellulosa cambia la propria
orientazione lungo tutto lo spessore della parete della
cella: questo e‟ possibile solo se la parete della cella è
adattativamente labile oppure si trova in uno stato
cristallino liquido. Lo stesso meccanismo è stato postulato
per la labilità di orientazione della cuticola degli insetti,
ma non è ancora stato dimostrato sperimentalmente.
Questo potrebbe essere più semplice in un sistema
cellulare, dove lo stato di deformazione esterno può essere
modificato più facilmente. Per analogia con altri
compositi miscibili in acqua (come la carta e la cuticola
degli insetti), è sufficiente una minima variazione del
contenuto di acqua, forse indotta da una variazione di pH.
Più i legami strutturali nel sistema sono direzionati,
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 12 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
minore è il numero dei legami che devono venir
solvatati, poiché questi possono essere identificati
dalla biochimica del sistema. Ancora una volta, un
sistema a cristalli liquidi presenta vantaggi rilevanti.
La rigidezza della parete cellulare varia in dipendenza
della quantità e dell‟orientazione dei diversi
componenti presenti, compresa l‟acqua. Esistono due
modelli per descrivere le proprietà meccaniche delle
pareti lignificate della cellula. Il primo, consistente in
modello composito di fibre di cellulosa immerse in una
matrice di lignina, è compatibile con le risultanze
sperimentali. Viceversa, il secondo, nel quale le micro-
fibrille di cellulosa avvolgono spiroidalmente la
cellula, si dimostra più utile nel prevedere le proprietà
delle cellule non lignificate, sebbene esso ignori la
presenza della matrice che lega le micro-fibrille di
cellulosa. È però plausibile un‟interpretazione
intermedia, che prevede una limitata connettività tra i
componenti, espressa da un modulo a taglio variabile.
Inoltre, la chimica molecolare spesso impone strutture
molto più regolari e precise di quanto non sia richiesto
dalle teorie ingegneristiche. Esiste una struttura
gerarchica di tipologie molecolari molto più complessa
di quanto non sia la semplice divisione in fibre
cristalline e matrice polimerica. La progressione è
dalle micro-fibrille cristalline ai poli-saccaridi lineari
ramificati, i quali sono orientati, ma non cristallini, per
finire con i polimeri a struttura randomatica come la
lignina. Esiste un ulteriore modello molecolare della
parete cellulare, sviluppato in riferimento alle pareti
cellulari parzialmente lignificate dei tessuti legnosi del
tabacco, dove le micro-fibrille di cellulosa sono
continue lungo la cella e sono disposte ad un angolo di
10° rispetto al loro asse maggiore (Figura 63.10). Le
molecole della matrice sono organizzate a due livelli.
L‟emicellulosa e la pectina sono orientate
ortogonalmente rispetto all‟asse longitudinale della
cellula, con scarsa o nulla interconnessione. Le
molecole di lignina sono orientate randomaticamente e
riempiono i vuoti nella struttura (Figura 63.11).
Allorché la parete della cellula viene stirata, l‟elica si
distende e l‟area superficiale della parete si riduce
poiché le micro-fibrille vengono forzate ad addossarsi
le une alle altre e la matrice interposta viene
compressa. La riduzione dell‟area superficiale porta
all‟aumento dello spessore della parete cellulare, in
quanto la lignina viene “spremuta” radialmente. Se
l‟emicellulosa e la pectina non sono orientate a 90°
rispetto all‟asse longitudinale della cellula, esse
vengono sollecitate a trazione dalle micro-fibrille e
l‟angolo d‟elica di queste ultime non cambia un
granché. La rigidezza a trazione ora dipende dalle
proprietà meccaniche delle catene polimeriche della
matrice (in trazione ed in compressione), come pure
dalle proprietà a compressione della lignina. Non
esiste un trasferimento diretto degli sforzi a trazione
attraverso la matrice tra una micro-fibrilla e l‟altra,
come accade in un composito convenzionale. Anche
per angoli d‟elica grandi rispetto alla verticale, le micro-
fibrille possono ancora esplicare pienamente il loro
modulo a trazione, a patto che gli interstizi nella matrice
siano riempiti da un materiale rigido e incomprimibile.
Figura 63.10 – Micro fibrille di cellulosa nel tabacco: da
notare l’orientamento rispetto al loro asse maggiore.
Figura 63.11 – I vuoti nella struttura vengono riempiti dalle
molecole di lignina orientate randomaticamente.
L‟emicellulosa e la pectina compartimentalizzano la
lignina e immagazzinano l‟energia elastica di
deformazione derivante dalla compressione della lignina
stessa. Questo modello è in ottimo accordo con i dati
sperimentali relativi alle pareti cellulari parzialmente
lignificate. La chiave di questo modello risiede nella
connettività interna specifica della matrice e
nell‟orientazione molecolare. Laddove le catene di
emicellulosa e di pectina sono orientate secondo un
angolo grande rispetto all‟asse longitudinale, la
connettività covalente della lignina diventa cruciale per
definire le proprietà. Se la lignina è connessa da forti
legami covalenti alla matrice poli- saccaride, come pure
alle altre catene di lignina, allora la matrice è connessa
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 13 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
lungo la cella ed il comportamento meccanico può
venir descritto dalla teoria convenzionale dei
compositi. L‟idea secondo cui le pareti cellulari delle
piante sono sostanzialmente dei cristalli liquidi non è
nuova (essa risale a circa 20 anni fa). Ma le idee su
come la cella organizza il mondo dalla parte esterna
alla sua membrana sono tuttora piuttosto vaghe.
Sebbene molto si sappia riguardo alla chimica, molto
poco si sa riguardo al controllo della morfologia. La
morfologia della parete cellulare (l‟orientazione delle
fibre e la loro interazione con gli altri componenti) è
cruciale ai fini delle proprietà meccaniche della pianta.
La biologia molecolare ha dimostrato che le forme
intracellulari derivano da processi di auto-
assemblaggio guidati dalla chimica: lo stesso vale
anche all‟esterno della cellula.
Osso – è un biomateriale composito, consistente in
nano-piastrine di apatite inglobate in una matrice
proteica costituita essenzialmente da collagene di tipo
I. L‟origine dell‟elevata rigidezza e tenacità dell‟osso è
scarsamente conosciuta su scala nanometrica. Indagini
effettuate con tecniche di diffrazione dei raggi-X
hanno potuto studiare simultaneamente i diversi livelli
della struttura gerarchica dimostrando che gli sforzi di
trazione a livello del tessuto, delle fibrille e delle
particelle minerali sono nel rapporto 12:5:2.
Comunque, a livello nanometrico, le particelle
minerali dell‟osso sono in grado di sopportare valori di
deformazione molto maggiori rispetto all‟apatite
solida, poiché, grazie alla piccola scala, gli effetti
dovuti alle cricche non si manifestano in maniera
catastrofica. Inoltre, analisi FEM e studi effettuati
secondo la teoria di Mohr-Coulomb hanno dimostrato
che il comportamento a compressione dipende
soprattutto dall‟attrito tra le particelle, in quanto la loro
percentuale volumetrica è sufficientemente elevata
perché esse possano entrare in contatto (soglia di
percolazione). In pratica, la coesione dell‟osso dipende
soprattutto dalla matrice proteica e non dai legami tra
la fase organica e la fase minerale.
Resilina – è una proteina elastica simile all‟elastina
(tendini) ed alla spidroina (seta del ragno),
caratterizzata da bassa rigidezza, alta deformabilità e
grande capacità di immagazzinare energia. Essa
consente agli insetti di volare ed alle pulci di compiere
balzi 200 volte più lunghi della lunghezza del loro
corpo. Tale materiale è stato ora sintetizzato come
polimero ad alto peso molecolare. La capacità di
recupero elastico di tale materiale è del 90-92%, con
un‟isteresi trascurabile: le sue prestazioni sono perciò
superiori del 10% rispetto ai più resilienti polimeri
sintetici.
Cuticola degli insetti – rappresenta l‟archetipo dei
materiali compositi fibrosi. La componente fibrosa è
costituita dalla chitina, un polisaccaride non dissimile
dalla cellulosa, inglobata in una matrice proteica. La
chitina è presente sotto forma di nanofibre del diametro di
3nm lunghe fino a 1m. Le diverse proprietà meccaniche
della cuticola derivano dalla combinazione delle proprietà
della matrice (il cui livello di idratazione può venir
controllato per dare un‟ampia variazione della rigidezza),
nonché dalla quantità e dall‟orientazione della chitina
presente. Quest‟ultima è stesa in strati nei quali tutte le
nanofibre sono orientate nella medesima direzione. In
taluni tipi di cuticola, questa orientazione è mantenuta
costante in molti strati adiacenti, in altri casi essa cambia
frequentemente, dando luogo ad una varietà di strutture
(Figura 63.12).
Figura 63.12 – Il diverso orientamento della chitina nella
cuticola degli insetti dà luogo a diversi tipi di struttura.
Tali strati vanno anche sotto il nome di lamelle. La
morfologia delle lamelle è stata descritta molte volte in
termini generali, ma raramente è stata quantificata. In
alcuni tipi di insetti (come la farfalla Calpodes ethilius),
durante le prime 66 ore dell‟ultimo stadio larvale, le
lamelle della cuticola sono spesse 500nm e richiedono 3
ore per ruotare di 180° nella direzione delle fibrille di
chitina (Figura 63.13). A processo di sviluppo più
avanzato, le lamelle sono spesse 100nm e vengono
depositate in soli 10 minuti. Poiché il diametro delle
nanofibre di chitina è di 3nm, con una percentuale
volumetrica di quest‟ultima del 50%, le due tipologie di
lamelle potrebbero generare fino a 85 strati con
orientazioni sfalsate di 2° e 16 strati sfalsati di 11°.
Siccome le velocità di deposizione sono rispettivamente di
circa 1 lamina/4 minuti e 1 lamina/40 secondi, ne
conseguono gradienti di rotazione pari a 0.5° e 18° al
minuto. Al momento non è noto da cosa sia controllata la
struttura a cristalli liquidi della cuticola degli insetti, ma
sembra certo che sia la componente proteica, in quanto le
nanofibre di chitina sono completamente nascoste dagli
strati di proteina. Tutto ciò nonostante la proteina leghi la
chitina in una maniera molto regolare in modo da formare
una struttura composita del tipo dei quella dei cristalli
liquidi.
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 14 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
Figura 63.13 – Andamento del numero di lamelle
presenti in funzione dell’età delle larve.
Seta del ragno – da centinaia di milioni di anni, la seta
viene prodotta da una grande varietà di artropodi.
L‟uomo usa la seta da svariate migliaia di anni per tutti
i tipi di applicazione, che variano dal tessile, al
biomedicale al militare. La principale fonte di
produzione della seta è il baco da seta (bombyx mori),
in virtù della sua facilità di allevamento, che cominciò
ad essere intrapreso in Cina nel 3000 a.C. La seta dei
ragni non può essere raccolta così facilmente, ma le
loro ragnatele sono state tradizionalmente utilizzate
per applicazioni nella pesca e nella cura delle ferite,
grazie alle loro formidabili proprietà meccaniche e
biomedicali. Le ragnatele si possono trovare per ogni
dove, con diametri variabili da pochi centimetri a
parecchi metri. Recentemente sono stati scoperti ragni
nel Madagascar capaci di filare singoli filamenti
lunghi oltre 25m, con i quali attraversano i fiumi. Fino
ad oggi la maggior parte dei ricercatori ha focalizzato
la propria attenzione sulla seta usata dai ragni per
realizzare la cosiddetta dragline, ovvero la struttura
portante della tela, che costituisce anche il cavo di
sicurezza (Figura 63.14). A parità di peso più
resistente dell‟acciaio, più sottile di un capello umano,
più tenace di qualsiasi fibra sintetica e completamente
biodegradabile, il materiale costituente la dragline
potrebbe costituire veramente il super-materiale del
XX1 secolo. Le possibili applicazioni spaziano dalle
suture chirurgiche ai tendini e ai legamenti artificiali,
dagli attrezzi sportivi alle cinghie dei paracadute, fino
alle protezioni balistiche. La seta dei ragni ha una
curva sforzo-deformazione elasto-plastica che le
conferisce un comportamento tenace, ad elevato
smorzamento dinamico, in grado di assorbire grandi
quantità d‟energia4.
4 Allorchè una mosca impatta contro una tela di ragno, circa il 70% della sua energia cinetica viene convertita e dissipata in calore.
Figura 63.14 – Struttura portante (dragline) di una tela di
ragno.
Le ragnatele si sono infatti adattate nel corso di milioni di
anni e sono in grado di resistere e di assorbire l‟energia
cinetica derivante dall‟impatto delle grosse prede del
ragno. Esaminati ad occhio nudo, tutti i filamenti di una
ragnatela appaiono uguali, ma in realtà quest‟ultima è
costituita da cinque diversi tipi di seta: in realtà, la
femmina del ragno è in grado di filare fino a sette tipi di
seta, compresi quelli necessari a contenere le uova (Figura
63.15).
Figura 63.15 – La femmina del ragno può filare fino a sette
tipi di seta, ognuno destinato ad un utilizzo specifico.
I diversi tipi di seta sono specializzati, sono in grado di
assolvere compiti diversi ed esibiscono una grande
variabilità delle caratteristiche meccaniche. Lo sforzo a
rottura di un filo (diametro tipico 3m) può variare da 20
a 1700 MPa (1500 MPa per gli acciai ad alta resistenza,
1000 MPa per le leghe di titanio, 700 MPa per quelle di
alluminio), mentre la deformazione a rottura può variare
da 10 a 500% (superiore a quella di molti elastomeri).
Inoltre, la maggior parte dei tipi di seta manifesta una
sofisticata combinazione di resistenza e cedevolezza, la
quale porta a valori di tenacità molto alti, di gran lunga
superiori a quelli delle normali fibre sintetiche. Pure
comune a quasi tutti i tipi di seta è il comportamento
viscoelastico: in seguito ad un allungamento, l‟energia
viene dissipata sotto forma di calore, minimizzando il
ritorno elastico. Inoltre, il filo di seta del ragno, dopo
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 15 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
essere stato sottoposto a torsione, ritorna in condizione
originaria con un andamento smorzato
esponenzialmente, così come accade ad una lega a
memoria di forma, senza però richiedere il
superamento della temperatura di transizione. Tale
proprietà si mostra decisiva dal punto evoluzionistico:
infatti, grazie ad essa, il ragno appeso al suo filo evita
di dondolare e di attrarre l‟attenzione dei predatori.
Un‟altra caratteristica interessante della seta di ragno
risiede nella sua capacità di supercontrazione. Quando
un filamento viene bagnato oppure quando l‟umidità
relativa supera il 60%, esso si rigonfia in diametro e si
contrae in lunghezza di oltre il 50%. Tutti i tipi di seta di
ragno sono costituiti essenzialmente da una o più proteine,
chiamate spidroine. Nonostante possiedano diverse
proprietà, tutti i tipi di spidroine condividono una struttura
primaria comune, costituita da un grande nucleo centrale
di unità modulari ripetitive, contenenti il 90% circa di tutti
gli aminoacidi delle proteine, circondata da domìni non
ripetitivi (Figura 63.16).
Figura 63.16 – Tipologie di spidroine e loro proprietà.
Figura 63.17 – Struttura nano-cristallina di una matrice
amorfa.
In pratica, la seta del ragno deriva da una soluzione
proteica che si auto-assembla in nano-fibre, ciascuna
caratterizzata da una sub-struttura segmentata. Ciascun
segmento di nano-fibra contiene un impilamento di
molecole a forma di piastra. La sequenza di impilamento
dà luogo ad una efficiente struttura fatta da nano-cristalli
contenuti in una matrice amorfa (Figura 63.17). La
differenziazione delle proprietà e la specializzazione dei
diversi tipi di seta dipende dalla sequenza ripetitiva del
nucleo centrale, che viene prodotta dall‟apparato di
filatura del ragno (Figura 63.18). Quest‟ultimo è diviso in
quattro parti: coda, ampolla, condotto e valvola e
concentra in pochi decimi di millimetro un complesso
laboratorio bio-chimico che l‟uomo non è ancora riuscito
a riprodurre. Cionondimeno, la seta del ragno è stata
sintetizzata artificialmente sotto forma di proteina
ricombinante derivata dal latte di capre transgeniche. Ma
il ragno costruisce la sua tela per svolgere una funzione
che dura pochi minuti: catturare una preda o velocizzare
una salita o una discesa.
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 16 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
Figura 63.18 – Apparato di filatura del ragno.
Per questo il materiale non è fatto per durare: la sua
resistenza a creep e la sua durabilità nei confronti
dell‟umidità5, temperatura e raggi ultravioletti non
sono in grado di soddisfare i requisiti ingegneristici,
semplicemente perché esso è stato progettato per i
bisogni del ragno, non dell‟uomo. Per questo non si
deve tendere a riprodurre una copia esatta della seta
del ragno, bensì cogliere degli spunti per fabbricare
materiali adatti a soddisfare i bisogni dell‟uomo. Per
esempio incorporando nano-particelle in una soluzione
di proteina della seta del ragno, si possono produrre
per spinning elettrostatico fibrille nano-composite, le
cui proprietà biologiche, strutturali, elettroniche e
magnetiche possono venir adattate ad esigenze diverse
usando opportuni tipi e percentuali volumetriche di
nano-particelle.
63.5 Strutture ottimizzate
pesso in natura la soluzione dei problemi
funzionali passa attraverso l‟ottimizzazione della
struttura (poco onerosa, richiede solo tempo), piuttosto
che la sintesi del materiale (molto onerosa, richiede
energia). Nel seguito sono illustrati alcuni esempi
particolarmente significativi:
Nido d’ape – nessuno sa veramente come e perché le
api costruiscano con la cera architetture esagonali
(Figura 63.19) di così assoluta perfezione. I Greci
ritenevano che la perfezione del nido d‟ape fosse un
indizio delle regole matematiche che governavano la
natura. Darwin dichiarava che chi avesse contemplato
una tale opera senza “un‟entusiastica ammirazione”
avrebbe dimostrato così la propria ottusità. D‟Arcy
5 In ambiente umido, la seta del ragno va soggetta al fenomeno di
supercontrazione: ovvero dimezza la propria lunghezza e raddoppia
il diametro, peggiorando in misura inaccettabile il comportamento a creep.
Thompson era convinto che ci fosse di mezzo la tensione
superficiale. Fu solo nel 1964 che il matematico
ungherese Fejes Toth dimostrò nell‟articolo “What the
bees know and what they do not know” che la struttura del
nido d‟ape non era del tutto ottimizzata. Il materiale con
cui tale struttura è realizzata, (la cera) costituisce però uno
dei materiali naturali (assieme al caucciù gomme, alle
resine polimeri ed alla cellulosa compositi) più
utilizzati nelle tecnologie produttive, che l‟uomo ha ben
presto imparato a sintetizzare artificialmente.
Figura 63.19 – Celle perfettamente esagonali in un nido
d’ape.
Aculei dell’istrice e il porcospino – sono ricoperti di peli
modificati, che si sono ingranditi, irrigiditi e rafforzati
fino a formare aculei di differente forma e dimensione.
Essi hanno in comune la struttura di base (tubolare), il
materiale (cheratina, una proteina fibrosa) e la forma
appuntita dell‟estremità. Essi si differenziano per il fatto
che gli aculei del porcospino hanno lunghezze molto
diverse a seconda delle diverse parti del corpo, possono
essere estratte con relativa facilità e tendono ad avere un
elevato rapporto lunghezza/diametro, mentre gli aculei
S
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 17 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
del‟istrice sono fortemente inglobati nella pelle, hanno
tutti la stessa lunghezza e sono leggermente curvi.
In termini funzionali, sembra che gli aculei del
porcospino servano principalmente alla difesa, mentre
quelli dell‟istrice funzionino come degli assorbitori
d‟energia. L‟istrice rimbalza quando cade, cosa che gli
capita molto spesso quando si arrampica sui muri e
sugli alberi con sorprendente ottimismo. La struttura
simile ad una schiuma che riempie la parte centrale di
un aculeo supporta la parete sottile esterna
opponendosi all‟instabilità locale e consente alla
struttura di flettersi ulteriormente senza rompersi.
Altre specie possiedono aculei simili, ma con differenti
strutture interne (Figura 63.20):
riempitivo isotropico tri-dimensionale;
lo stesso, ma con irrigidimenti longitudinali;
irrigidimenti circonferenziali e longitudinali, in
modo da ottenere un nido d‟ape a cella quadra;
setti circonferenziali frequentemente spaziati.
Figura 63.20 - Le strutture degli aculei sono diverse, in
funzione della specie e della funzione.
Questi quattro tipi di strutture possono essere studiati
come gusci cilindrici dotati di un riempitivo cedevole.
La teoria dei materiali cellulari mostra che il rapporto
tra la rigidezza della struttura cellulare e quella del
materiale con cui essa è costruita (Ec/E) è uguale al
rapporto tra le rispettive densità (c/) elevata ad una
potenza che dipende dalla geometria della struttura
cellulare stessa. Negli aculei dell‟istrice e del
porcospino, tale rapporto varia da 0.05 a 0.1. Gli aculei
del porcospino si comportano più o meno come cilindri
cavi instabilizzati piuttosto che come puntoni sollecitati
assialmente. In flessione essi hanno prestazioni migliori di
circa il 40%. Ma gli aculei dell‟istrice, grazie al riempitivo
a forma di nido d‟ape a cella quadrata ed agli irrigidimenti
longitudinali, mostrano prestazioni tre volte superiori a
quelle che avrebbero senza il riempitivo. Per un dato
valore di rigidezza flessionale, la massa della struttura può
essere ridotta aumentando il valore del raggio, in quanto
aumento il momento d‟inerzia J e quindi la rigidezza
flessionale EJ. Questo proporzionamento si dimostra però
più debole nei confronti dell‟instabilità locale
(ovalizzazione di Brazier) (Figura 63.21).
Figura 63.21 – Ovalizzazione di Brazier
Il riempitivo in forma di schiuma da solo può resistere
all‟ovalizzazione, ma per resistere all‟instabilità locale è
necessario del materiale orientato radialmente. Per questo,
il rinforzo è disposto sia circonferenzialmente sia
longitudinalmente, così da fornire un irrigidimento
ortogonale. Se tali irrigidimenti sono sufficientemente
massicci, essi possono assolvere anche al compito della
schiuma riempitiva, la quale può così essere rimossa senza
ridurre le prestazioni meccaniche. Inoltre, il materiale
posto nella parte centrale della sezione possiede un
piccolo momento d‟inerzia e fornisce un contributo
piccolo in proporzione alla sua massa: quindi esso può
essere eliminato senza pregiudicare la sicurezza della
struttura. Il recente sviluppo di un processo tecnologico
che consente la produzione di gusci cilindrici metallici
con un riempitivo integrale in schiuma o nido d‟ape,
dimostra l‟efficienza di questo progetto, prima limitato
alla natura, può essere esteso ai puntoni tubolari leggeri
come si trovano nelle sospensioni delle macchine da
corsa, nei telai degli auto e motoveicoli e nelle strutture
aeronautiche e spaziali (cfr. Space Shuttle).
Becco del tucano – esso costituisce più di un terzo della
sua lunghezza, ma solo un ventesimo della sua massa, e
ciononostante possiede un‟eccellente rigidezza. Questo
dipende dalla sua struttura ottimizzata costituita da una
schiuma a celle chiuse (Figura 63.22). Il becco consiste in
un guscio di cheratina che racchiude una schiuma a celle
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 18 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
chiuse fatta di una struttura fibrosa di calcio e proteine,
con una cavità centrale. Lo strato di cheratina è
costituito da scaglie esagonali (di spessore 2-10m e
diametro 30-60m) incollate assieme fino a
raggiungere una rigidezza di 1.4GPa ed una resistenza
di 50MPa. L‟elevato contenuto di calcio delle fibre
della schiuma conferisce loro un modulo doppio
rispetto al guscio di cheratina. Inoltre, la risposta
combinata della schiuma e del guscio dà luogo ad una
sinergia: l‟assorbimento di energia della struttura è
maggiore della somma degli assorbimenti dei
componenti. In realtà, i becchi e gli artigli di molti altri
uccelli sono costituiti da strutture sandwich, ma il
becco del tucano costituisce una struttura ancor più
ottimizzata.
Figura 63.22 – Struttura del becco del tucano, costituita
da un guscio riempito con una schiuma a celle chiuse.
Guscio delle noci – la struttura del guscio delle noci è
costituita da uno strato esterno di celle riempite da una
resina indurita, capace di resistere efficacemente agli
sforzi di compressione, e da uno strato interno
consistente in fibre, adatte a sopportare le
sollecitazioni di trazione.
Cellule delle patate – sono in grado di cambiare la
propria rigidezza alterando la pressione interna (stress
stiffening), come del resto fanno anche gli squali. Ciò
potrebbe ispirare i progettisti aeronautici per variare la
forma delle ali e le loro prestazioni aerodinamiche.
63.6 Superfici funzionalizzate
e superfici biologiche rappresentano l‟interfaccia
tra l‟organismo vivente e l‟ambiente circostante;
esse svolgono diverse funzioni:
delimitano le dimensioni e conferiscono la
forma all‟organismo;
costituiscono la barriera contro l‟ambiente
secco, umido, caldo, freddo;
partecipano alla funzione respiratoria e
secretoria;
accolgono i recettori meccanici e chimici;
provvedono alla termoregolazione.
In conseguenza di un così ampio ventaglio di
funzionalità, le superfici biologiche possono ispirare
numerosi campi dell‟ingegneria, relativi ad adesione,
attrito, usura, lubrificazione, filtraggio, sensorizzazione,
termoregolazione, auto-riparazione, ottica e, in sintesi, alla
multifunzionalità:
- riduzione dell’attrito e della resistenza: il materiale per
eccellenza atto a limitare l‟attrito interno è costituito dalla
cartilagine articolare, consistente in fibre di collagene
inglobate in un gel proteoglicanico idratato, caratterizzata
da coefficienti d‟attrito molto bassi (0,0025). Viceversa la
riduzione dell‟attrito rispetto all‟ambiente esterno può
essere ottenuto grazie ad una pelle opportunamente rugosa
(lo squalo) oppure sufficientemente cedevole da smorzare
la microturbolenza (delfino). Alcuni pesci riducono
l‟attrito idrodinamico fino al 60% tramite la secrezione di
un muco leggermente solubile in acqua, che smorza la
turbolenza. Infine alcuni animali terrestri, come i serpenti
migliorano l‟attrito sulle superfici dure e scabre grazie alla
forma asimmetrica delle scaglie (Figura 63.23) ed alla
secrezione di sostanze lubrificanti.
Figura 63.23 – Scaglie dei serpenti: la forma asimmetrica (e
la secrezione di sostanze lubrificanti) migliora l’attrito.
- adesività: a livello biologico sono presenti meccanismi
di adesione temporanei, transitori e permanenti, che
sfruttano l‟azione di uncini, colle, ancore ad espansione,
morse, spaziatori, nonché dell‟attrito e della depressione. I
due meccanismi più efficienti (Figura 63.24) sono basati
sull‟azione di peli microscopici (zampe delle mosche e del
geco) e di cuscinetti adesivi (bisso dei mitili), perché
permettono l‟adesione indipendentemente dalla natura
dell‟aderente. Le forze che si sviluppano possono essere di
tipo adesivo, capillare o intermolecolare (van der Waals).
In generale è dimostrato che l‟adesione aumenta
suddividendo la superficie di contatto (Figura 63.25),
tanto che sono stati messi a punto pneumatici la cui
scolpitura riproduce la superficie della zampa delle
cavallette e delle rane (Figura 63.26).
L
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 19 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
Figura 63.24 – Le zampe delle mosche e del geco sono
esempi di efficienza di adesione.
Figura 63.25 – L’adesione aumenta suddividendo la
superficie di contatto.
Figura 63.26 – La superficie delle zampe delle rane e delle
cavallette ha ispirato la scolpitura di pneumatici.
- anti-adesività: alcuni sistemi biologici hanno sviluppato
superfici con proprietà idrofobe, anti-adesive ed auto-
pulenti: l‟esempio più noto è costituito dall‟effetto loto,
già applicato con successo in molti campi industriali.
- ottica: la più comune proprietà ottica, posseduta per
esempio dalle ali di alcune farfalle e dall‟esoscheletro di
alcuni scarabei è l‟iridescenza. L‟iridescenza deriva da
fenomeni di interferenza ottica entro strutture multi-strato
aventi un‟architettura molto complessa (Figura 63.27).
Un‟altra proprietà ottica posseduta da alcune superfici
biologiche (in particolare dalla cornea di alcuni insetti
notturni) risiede nell‟anti-riflettività, conferita da
microscopiche protuberanze (diametro 200nm) esistenti
sulla cornea.
Figura 63.27 – L’iridescenza è una proprietà tipica delle ali
di alcune farfalle.
- termoregolazione: la peluria e le scaglie presenti sulla
cuticola di molti insetti consentono una riflessione multi-
livello della radiazione solare
- generazione sonora: quando l‟esoscheletro di alcuni
crostacei e la cuticola di taluni insetti presentano scaglie
mobili (elitre) che posso scorrere le une sulle altre, si può
avere la generazione di suoni la cui frequenza dipende
dalla periodicità di tali strutture e dalla frequenza di
sfregamento.
Generalmente, la natura funzionalizza le superfici tramite
film nanoporosi e nanostrutturati: le foglie di alcune
piante usano superfici nanostrutturate per lasciar scorrere
l‟acqua (Figura 63.28), mentre il coleottero del deserto
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 20 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
della Namibia sfrutta una superficie simile per
raccogliere l‟acqua dalla rugiada.
Figura 63.28 – Esempi di foglie dotate di superfici nano-
strutturate in grado di lasciar scorrere l’acqua.
Le farfalle sfoggiano splendide superfici
nanostrutturate per attrarre il partner, dissuadere i
predatori e garantire la mimetizzazione (Figura 63.29).
Il geco, le mosche ed altri insetti sfruttano superfici
nanostrutturate per aderire alle pareti (Figura 63.30) e
tutte le membrane delle celle possono essere considerate
alla stregua di sofisticati film nanoporosi.
Figura 63.29 – Superfici nano-strutturate utilizzate dalle
farfalle per mimetizzarsi ed attrarre il partner.
Figura 63.30 – Gli insetti sfruttano le superfici nano-strutturate per aderire alle pareti.
Lo sviluppo di film sottili nanostrutturati e nanoporosi
è relativamente recente ed è stato spinto dalla necessità
di fornire materiali a bassa costante dielettrica
all‟industria dei semi-conduttori, materiali a basso
indice di rifrazione (1.2 <) all‟industria della fotonica,
materiali con assorbanza assimilabile a quella del
corpo nero all‟industria delle celle solari, membrane
nanoporose all‟industria di separazione dei gas,
materiali super-idrofobici e super-oleofobici
all‟industria tessile ed, in generale, alla necessità di
film sottili per i processi di catalisi e separazione nei
settori delle biotecnologie e delle celle a combustibile.
I film nanostrutturati e nanoporosi possono essere
classificati in due categorie molto ampie. La prima è
rappresentata da materiali cellulari (foam-like), in cui tutti
gli elementi dell‟intera struttura sono collegati assieme per
formare un reticolo tridimensionale continuo. La seconda
è rappresentata da materiali costituiti da film (free-
standing film) formati per deposizione GLAD (glancing
angle deposition) o OAD (oblique angle deposition). In
tali film, ciascun elemento è isolato da quelli contigui, e
dà luogo ad una struttura a pennello. Sono stati sviluppati
numerosi metodi per produrre film nanostrutturati e
nanoporosi. Si possono adottare sia processi in fase
liquida che in fase vapore per produrre materiali foam-like
o free-standing film. Entro ciascuna fase, la struttura del
materiale può risultare ordinata o casuale. La prima porta
ad un materiale cristallino, la seconda ad un materiale
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 21 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
amorfo. Ciascun film può essere considerato estrinseco
o intrinseco. Le strutture intrinseche o additive sono
formate direttamente, in quanto il film viene
assemblato e cresce così come lo scheletro di un
grattacielo. Le strutture estrinseche o sottrattive sono
costituite da una massa solida, contenente materiale
sacrificale che viene pirolizzato, dissolto o asportato,
fino ad arrivare alla struttura finale. Da ultimo, la
natura del film può essere organica, inorganica, ibrida.
Di seguito alcuni esempi di bio-superfici
funzionalizzate:
Foglie del loto – idrofobicità significa che l‟acqua in
contatto con una superficie intatta forma gocce
sferiche che rotolano via dalla superficie
immediatamente, anche per piccoli gradi di
inclinazione. In questo caso, l‟angolo di contatto delle
gocce è superiore a 140°. Al contrario non-idrofobicità
o bagnabilità significa che le gocce d‟acqua non
abbandonano la superficie; in questo caso, l‟angolo di
contatto è minore di 110°. Si usano anche i termini
ceroso e non-ceroso. Ceroso significa che la superficie
è ricoperta da cristalloidi di cera, che si manifestano
come evidenti protrusioni all‟analisi SEM. Anche le
superfici non-cerose sono ricoperte da cera, ma
depositata sotto forma di un film così sottile da essere
difficilmente rilevabile anche con il SEM.
Figura 63.31 – Esempi di capacità di repellere l’acqua
presenti in natura.
In natura, la capacità di repellere l‟acqua si basa sulla
rugosità superficiale dovuta a differenti microstrutture
(tricomi, pieghe cuticolari, cristalli di cera), unite alle
proprietà idrofobiche della cera epicuticolare (Figura
63.31). In aggiunta a ciò, le particelle contaminanti
vengono trascinate via dalle gocce d‟acqua, dando così
luogo a una superficie pulita. Perciò, le foglie rugose e
cerose non sono solo idrofobiche, ma anche anti-adesive
nei confronti delle particelle contaminanti. Le foglie che
sono permanentemente idrofobiche si caratterizzano per
l‟evidente convessità delle cellule papillose epidermiche e
per il denso strato di cera epicuticolare. Le foglie che sono
idrofobiche solo per un limitato periodo di tempo
possiedono cellule epidermiche debolmente convesse e
spesso sono dotate di uno strato meno denso di cera.
L‟idrofobicità facilita la rimozione del particolato
depositatosi (polvere, spore) e consente la pulizia della
superficie delle foglie grazie a pioggia, nebbia e rugiada.
Ciò avviene poiché l‟area di contatto e l‟adesione tra le
particelle e la superficie vengono ridotte grazie alla
rugosità dovuta ai cristalli di cera epicuticolare, mentre
l‟area di contatto tra le particelle di contaminanti e le
gocce d‟acqua e, di conseguenza, l‟adesione sono
maggiori. In conseguenza di ciò, le particelle aderiscono
alla superficie delle gocce d‟acqua e sono trascinate via.
L‟intero fenomeno è basato sul rapporto tra le tensioni
superficiali tra l‟acqua, la superficie delle foglie e le
particelle.
Figura 63.32 – La presenza di tricomi rende lanuginoso
l’aspetto delle foglie idrofobe.
Considerazioni teoriche sulla idrofobicità rivelano che
essa dipende anche dal fatto che un sottile meato d‟aria
rimanga intrappolato tra la superficie della foglia e le
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 22 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
gocce d‟acqua. Questo appare evidente per le foglie
con un aspetto lanuginoso, come conseguenza della
presenza di tricomi (Figura 63.32). L‟acqua tende a
penetrare tra questi tricomi a causa della pressione
idrostatica prodotta dalla goccia d‟acqua e solo una
distribuzione molto fitta di tricomi fornisce una buona
protezione contro la penetrazione dell‟acqua e quindi
una soddisfacente idrofobicità.
In natura molte superfici sono altamente idrofobiche
ed auto-pulenti, ad esempio le ali delle farfalle e più di
200 specie di piante, tra cui il loto, il cavolo, il
crescione e molte comuni erbe infestanti. Tra l‟altro,
queste ultime sono caratterizzate da foglie ricoperte da
un film ceroso, che le rende molto difficilmente
bagnabili da erbicidi a base acquosa. L‟analisi al SEM
dell‟esempio più famoso di pianta con foglie
idrofobiche ed auto-pulenti (il loto, nelumbo nucifera)
mette in rilievo protuberanze spaziate di circa 20-40
m ricoperte, su scala nanometrica, da una superficie
ruvida di cristalloidi di cera epicuticolari. Tale
combinazione di rugosità su scala micro- e nano-
metrica, unita alla bassa energia superficiale del
materiale, porta ad angoli di contatto > 150°, ad un
basso angolo di scivolamento ed all‟effetto auto-
pulente. Le superfici con tali caratteristiche sono dette
super-idrofobiche. Ciononostante, alcuni esempi in
natura (le ali di alcuni insetti) non esibiscono tale
rugosità su due scale e alcuni studi sperimentali hanno
dimostrato che una semplice superficie nano-
strutturata è in grado di garantire grandi angoli di
contatto e bassi angoli di scivolamento: quindi la
necessità della rugosità su due scale non è dimostrata.
Traendo ispirazione dagli esempi presenti in natura,
sono stati messi a punto numerosi metodi per produrre
artificialmente superfici rugose super-idrofobiche,
unendo a tale caratteristica altre proprietà, quali la
trasparenza, la colorazione, l‟anisotropia, la
flessibilità, la reversibilità, la traspirabilità.
Prima di scendere nel dettaglio, vale la pena di
ricordare che le foglie di loto raggiungono angoli di
contatto > 160° ed angoli di scivolamento
praticamente nulli tramite cristalli di cera paraffinica
contenenti soprattutto gruppi funzionali –CH2–. La
natura non richiede un‟energia superficiale tanto bassa
come quella conferita dai gruppi –CH– o da alogenati
per ottenere tali prestazioni: ciò dimostra che non è
necessaria un‟energia di superficie straordinariamente
bassa per garantire la non-bagnabilità. Piuttosto, il
punto cruciale risiede nel controllo della morfologia
superficiale su scala micro- e nano-metrica. Questo
disaccoppiamento della bagnabilità dal valore
dell‟energia superficiale apre molte nuove possibilità
all‟ingegneria delle superfici.
Il controllo della bagnabilità delle superfici
rappresenta un problema molto importante in numerosi
campi dell‟ingegneria. L‟interesse nei confronti delle
superfici auto-pulenti è spinto dal desiderio di produrre
superfici auto-pulenti per superfici esterne di satelliti,
ottiche di telescopi, pannelli solari e fotovoltaici di veicoli
spaziali, vetrate architettoniche e serre, come pure le
superfici di scambio termico degli impianti di
condizionamento. Le superfici super-idrofobiche
troverebbero applicazioni di grande interesse anche nel
settore della distribuzione dell‟energia elettrica (cavi degli
elettrodotti) e soprattutto nel campo aeronautico, dove
esse risolverebbero il grave problema del ghiacciamento a
terra e in quota di ali, impennaggi e superfici di governo.
Esse consentirebbero di evitare l‟uso dei liquidi anti-
ghiaccio (anti-icing e de-icing) e porterebbero ad evidenti
risparmi di costo, accorcerebbero i tempi operativi6 e
risolverebbero gravi provvedimenti di inquinamento della
falda acquifera7. Il fatto che i liquidi in contatto con tali
superfici scivolano via producendo un basso attrito ed una
bassa resistenza, suggeriscono altresì convenienti
applicazioni nella micro-fluidica, nella distribuzione di
fluidi in tubazioni e nella industria dei mezzi di trasporto
(scafi di imbarcazioni). La maggior parte di tali
applicazioni riguarda superfici solide, ma il sempre
maggior interesse ingegneristico nelle membrane flessibili
potrebbe portare al loro utilizzo da parte dell‟industria
tessile (abbigliamento idrorepellente) e nel settore delle
membrane filtranti. Inoltre, l‟idrorepellenza potrebbe
risultare utile anche in talune applicazioni biomediche
(sostituzione dei vasi sanguigni e cura delle ustioni e delle
lesioni della pelle). Infine, è probabile che applicazioni
inaspettate potranno emergere allorché la tecnologia per
produrre superfici idrorepellenti sarà matura: è un dato di
fatto che la natura fa uso di questa proprietà in tutti gli
ecosistemi conosciuti, dall‟orso polare agli uccelli
acquatici, dalle ali delle farfalle alle zampe degli insetti
che camminano sull‟acqua, fino alle ben note foglie della
pianta di loto. Le tecniche per produrre artificialmente
superfici super-idrofobiche possono essere divise in due
categorie: realizzare una superficie rugosa a partire da un
materiale a bassa energia superficiale (Figura 63.33)
(alogenati, silossani, materiali organici –polimeri– o
inorganici –ossidi metallici–) oppure modificare una
superficie rugosa, depositando un film di materiale a bassa
energia superficiale (Figura 63.34) (litografia, processi
sol-gel, assemblaggio di colloidi, deposizione
elettrochimica). Un altro metodo, molto semplice, consiste
nell‟ottenere un calco in PDMS (poli-dimetil-siloxano)
della superficie, dal quale viene poi ottenuta la replica in
positivo, sempre dello stesso materiale (Figura 63.35). In
ogni caso, il problema fondamentale, attualmente ancora
irrisolto, riguardo alle superfici super-idrofobiche risiede
6 Le operazioni di sghiacciamento di un velivolo passeggeri di medie dimensioni richiede 20-30 minuti. La frequenza di decollo dai grandi
aeroporti molto congestionati (JFK, Francoforte, CGD, Heathrow) è di 2
minuti: le implicazioni dell‟operazione sono facilmente immaginabili. 7 I fluidi anti-ghiaccio normalmente utilizzati (alcune centinaia di litri per
velivolo e per operazione di sghiacciamento) sono alcool e glicol-
etilenico: nonostante le precauzioni (obbligatorie), parte di essi finisce per percolare ed inquinare la falda acquifera.
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 23 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
nella robustezza dell‟effetto, ovvero nella sua
persistenza durante l‟utilizzo operativo.
Figura 63.33 – Superfici idrofobiche ottenute a partire
da materiali a bassa energia superficiale.
Figura 63.34 – Superfici idrofobiche ottenute
depositando film nano-strutturati su superfici rugose.
Figura 63.35 – Con un calco in PDMS si ottiene una
replica in positivo della superficie idrofobicda del loto
Coleottero della Namibia (stenocara) – vivendo in un
ambiente molto arido, la sola fonte di acqua deriva
dalla umidità che si condensa sul suo esoscheletro (Figura
63.36). Questo presenta microscopici (diametro 100m)
domini idrofili, sui quali si nucleano piccole gocce
d‟acqua che, una volta raggiunta la dimensione critica,
vengono convogliate alla bocca dell‟insetto lungo canali
idrofobici. Questa capacità è stata riprodotta (superficie
idrofobica di PAH/PAA8 con particelle di silicio e domini
idrofili di PAA/propanolo), allo scopo di essere applicati,
per esempio, nei kit militari di sopravvivenza, come pure
nei micro-dispositivi medici impiantabili per il rilascio
controllato di medicinali.
Figura 63.36 – Coleottero della Namibia. La particolarità
del suo esoscheletro ha ispirato micro-dispositi impiantabili.
Zampe del geco – questa piccola lucertola è in grado di
muoversi speditamente sulle pareti verticali e sui soffitti,
benché le sue zampe non siano appiccicose, ma secche e
lisce al tatto. Esse devono la loro forte capacità adesiva ai
circa 2 miliardi per cm2 di filamenti con l‟estremità a
spatola distribuiti sui polpastrelli9, ciascun filamento del
diametro di circa 100 nm. Questi filamenti sono così
piccoli da interagire a livello molecolare con la superficie
sulla quale il geco cammina, interferendo con le deboli
forze di van der Waals dovute alle cariche positive e
negative delle molecole, le quali attirano l‟uno contro
l‟altro due oggetti adiacenti. Ma l‟adesione rappresenta
solo una parte della magia del geco. Per muoversi
8 PAH, poli-allilammina-idrocloruro; PAA, acido poli-acrilico. 9 I polpastrelli del geco sono ricoperti di minuscole increspature, le setae,
lunghe 30-130m; su ogni seta ci sono 400-1000 microscopici peli, le
spatulae, lunghi 0.2-05m; ci sono 5000 setae per mm2; ogni seta
esercita una forza di circa 200N; la superficie di una zampa è di
100mm2, perciò la forza adesiva totale è di circa 100N (10kg). Se la mano di un uomo fosse ricoperta di setae, avrebbe una forza adesiva di
circa 30.000N, pari a oltre 3000kg. L‟adesione dipende da forze di van
der Waals: per romperle, il geco deve piegare le dita (l‟angolo critico è di circa 30°).
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 24 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
velocemente (e un geco può correre su di una
superficie verticale alla velocità di 1m/sec), le sue
zampe devono potersi anche scollare istantaneamente
e senza sforzo. Gli scienziati hanno scoperto che
l‟adesione del geco è fortemente direzionale: i suoi
polpastrelli si incollano solo quando vengono tirati
verso il basso e si rilasciano quando il verso della
sollecitazione viene invertito.
La forza di adesione minima si verifica su superfici
aventi una rugosità Rrms di 100-200nm, confrontabile
con le dimensioni medie di una spatula (Figura 63.37):
ciò dipende dall‟area di contatto cui ciascuna spatula
ha accesso. In pratica, la funzionalità dipende dalla
complessa struttura gerarchica micro- e nano-metrica.
In realtà, la capacità del geco di aderire a superfici
lisce è provocata dalla gravità: è la pendenza della
superficie che gli permettere di esplicare questa sua
peculiarità. Infatti è stato dimostrato che il sistema di
adesione viene attivato allorché la pendenza supera i
10°, indipendentemente dalla rugosità. Grazie al
segnale di controreazione fornito dalle setae e dalle
spatulae, il geco non attiva mai il suo sistema di
adesione su superfici orizzontali, anche se
estremamente scivolose. Di certo, ciò avviene per
evitare un rallentamento della corsa, che lo renderebbe
una più facile vittima dei suoi predatori. Non è invece
sicura l‟esistenza di altre limitazioni fisiche che
ridurrebbero l‟efficienza del sistema in assenza delle
componenti di forza gravitazionale dovute
all‟inclinazione.
Figura 63.37 – Zampa del geco e particolare delle
dimensioni delle spatule.
La completa comprensione del sistema di adesione e di
trazione del geco potrebbe avere interessanti
applicazioni nel campo dell‟esplorazione dei suoli
planetari e della robotica in generale. Per il momento,
sono state messe a punto strutture composte da micro-
fibrille esagonali di PVS (polivinilsiloxano), che
hanno mostrato un‟adesione più che doppia rispetto al
polimero. Inoltre, sono già stati sviluppati cerotti in
PGSA (poli-glicerol-sebacato-acrilato) che
riproducono la morfologia dei polpastrelli del geco
(filamenti di diametro 0.1-1m e lunghezza 0.8-3m)
e sono in grado di aderire anche su superfici umide.
Bisso dei mitili – il metodo più comune per
funzionalizzare una superficie, rendendola resistente
alla contaminazione superficiale (ad esempio per usi
endoprotesici, sensoristici e per tessuti anti-macchia)
consiste nell‟immobilizzare polimeri anti-contaminanti
(come poliacrilati e polietilenglicoli) sulla superficie
stessa. A questo fine, si possono attuare due strategie
(Figura 63.38): graft-to: vengono adsorbite sulla
superficie delle catene polimeriche pre-sintetizzate e
dotate di una terminazione di ancoraggio; graft-from:
viene fatto crescere in situ un polimero, a partire da un
gruppo funzionale iniziale adsorbito sulla superficie. In
entrambi i casi è necessario disporre di un robusto
meccanismo di immobilizzazione del polimero anti-
contaminante sulla superficie metallica, polimerica,
ceramica. A questo fine è conveniente mettere in atto un
approccio biomimetico, riproducendo le caratteristiche del
bio-adesivo prodotto da organismi notoriamente infestanti
e (ironia della sorte) contaminanti: i mitili. Svariati
organismi hanno adottato soluzioni eleganti per una
robusta adesione a superfici bagnate.
Figura 63.38 – Modificazioni delle catene polimeriche per
consentire l’adesione su superfici bagnate.
Sebbene la maggior parte degli adesivi sintetici non
offrano prestazioni accettabili sott‟acqua, le specie di
mitili di acqua dolce e di acqua salata mostrano la capacità
di aderire alle superfici grazie all‟azione di speciali
proteine. L‟apparato di adesione consiste in numerosi
legamenti proteici (filamenti di bisso) vincolati con
un‟estremità all‟organismo e con l‟altra estremità ad un
oggetto (scoglio, struttura portuale, scafo di imbarcazione)
per mezzo di un cuscinetto adesivo (Figura 63.39).
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 25 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
Figura 63.39 – Apparato di adesione presente nel bisso
dei mitili.
Il bisso stesso è un tessuto acellulare secreto sotto
forma di un precursore liquido proteico che indurisce
rapidamente nel corso di un processo che –
reologicamente – è assimilabile allo stampaggio per
iniezione dei polimeri. I filamenti di bisso sono secreti
dalle ghiandole dei mitili in molteplici direzioni, in
modo da garantire la stabilità meccanica in presenza
delle forze di taglio indotte dal moto ondoso. Il cuore
del filamento di bisso è costituito da collagene e da
proteine simili alla seta, che gli conferiscono
eccezionali proprietà meccaniche di resistenza e di
resilienza. All‟estremità distale del filamento di bisso è
situato il cuscinetto adesivo che contiene la speciale
proteina adesiva dei mitili (mussel adhesive protein –
MAP), costituita da almeno cinque tipi di proteina di
base. Questo mix, in grado di esplicare proprietà
adesive e coesive rispetto ad ogni tipo di substrato
(metallo, vetro, plastica) anche in ambiente ad elevato
pH (come l‟acqua marina) è obiettivo, a oggi solo
parzialmente raggiunto, degli sforzi della biomimetica.
Velcro – si deve ad un ingegnere svizzero George De
Mestral (1907-1990) l‟invenzione di un sistema di
fissaggio che ha grande applicazione. L‟ispirazione
venne direttamente dalla natura: durante una
passeggiata in campagna, De Mestral nota che alcuni
cardi si sono attaccati al pelo del suo cane labrador
(Figura 63.40). Egli si accorge, esaminandoli al
microscopio, che sono composti da minuscoli uncini e
occhielli in grado di aprirsi e richiudersi all‟istante con
una semplice pressione (Figura 63.41).
Figura 63.40 – Minuscoli uncini e occhielli consentono al
cardo di attaccarsi alle superfici.
Figura 63.41 - Uncini e occhielli in grado di aprirsi e
richiudersi con una semplice pressione: il velcro.
Figura 63.42 – Il velcro si rivela un metodo di fissaggio
rapido, usato per le tute degli astronauti.
L‟ingegnere svizzero quindi sviluppa un nuovo sistema di
fissaggio, il cui nome commerciale deriva dalla fusione di
due parole, velours (velluto) e crochet (occhiello). Essa si
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 26 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
dimostra un‟idea vincente, usata non solo nel campo
dell‟abbigliamento, ma anche come metodo di
fissaggio rapido non strutturale, per esempio le
chiusure delle tute degli astronauti della NASA
(Figura 63.42).
Pelle dello squalo – il derma è costituito da fibre di
collagene di tipo I orientate a circa -/+45° rispetto
all‟asse del pesce. Tali fibre, direttamente collegate ai
muscoli, funzionano da esotendine trasmettendo
forze/spostamenti alla/dalla coda. Inoltre la pressione
idrostatica sotto la pelle degli squali varia al variare
della velocità. Essa modifica gli sforzi superficiali, che
a loro volta modificano la rigidezza, la quale aumenta
di quasi 30 volte (da 7 a 200 kNm-2
) passando dal
nuoto lento al nuoto veloce. L‟epidermide è ricoperta
di denticoli, che sono migliaia di piccoli denti
(costituiti da dentina + smalto) inglobati nella pelle. La
rugosità dovuta ai denticoli crea microscopiche riblets
(Figura 63.43) disposte longitudinalmente, le quali
incanalano l‟acqua e danno luogo ad un flusso
laminare che riduce la resistenza di superficie. Le
riblets divergono in corrispondenza degli organi
sensoriali, in modo da eliminare il rumore dovuto alla
idrodinamica. Inoltre esse sono assenti sui bordi
d‟attacco e sui bordi d‟uscita delle pinne, per evitare il
distacco precoce dello strato limite e limitare le perdite
dovute ai vortici di bordo d‟uscita. I parametri che
influiscono sulle prestazioni delle riblets sono: profilo,
altezza e spaziatura. L‟adozione di costumi da bagno
progettati come la pelle degli squali ha consentito una
riduzione di resistenza del 4%. L‟adozione delle riblets
su alcuni Airbus A-300 della Lufthansa e della Cathay
Pacific ha consentito una riduzione di consumi
dell‟1%.
Figura 63.43 – Pelle dello squalo. Le riblets consentono
di ridurre la resistenza superficiale.
Felce d’acqua (salvinia molesta) – è ben nota per la
sua capacità di disperdere l‟acqua è può fornire
l‟ispirazione per ridurre la resistenza aerodinamica
degli scafi, e con essa i consumi. La soluzione fin qui
adottata è consistita nell‟utilizzare rivestimenti super-
idrofobici, che però hanno una limitata stabilità ed una
breve vita operativa. Viceversa, alcune piante
acquatiche sono caratterizzate da una complessa struttura
super-idrofobica, in grado di mantenere uno stabile film
d‟aria aderente alla superficie per parecchi mesi. La felce
d‟acqua sfrutta una complessa morfologia superficiale per
intrappolare l‟aria tra le sue foglie e l‟acqua. La superficie
di ciascuna foglia presenta una serie di peli con una
struttura “a piumino” (Figura 63.44). Tale piumino è
completamente ricoperto di cristalli di cera idrofobici.
Solo le cellule d‟estremità sono rivestite di un materiale
altamente idrofilo: tali zone formano una specie di
ombrello con l‟acqua trattenuta solo alle estremità dei peli
e con lo strato di aria intrappolata al di sotto di esso,
adiacente alle parti idrofobiche delle foglie: l’Effetto
Salvinia. La combinazione delle estremità idrofile con le
superfici super-idrofobiche consente di stabilizzare
l‟interfaccia aria-acqua. Se l‟interfaccia si rompe, deve
essere spesa dell‟energia per compere il contatto, come
pure è necessaria una spesa energetica per ricostituire
l‟interfaccia una volta che è stata rotta. I peli flessibili
permettono la deformazione dell‟interfaccia aria-acqua,
consentendo così alla pianta di non sprecare energia.
Quando lo strato di aria si muove, i peli si flettono in
risposta e l‟equilibrio viene rapidamente ricostituito prima
che l‟interfaccia si rompa, mantenendo il sistema stabile
nel tempo.
Figura 63.44 – Struttura “a piumino” sulla superficie della
felce d’acqua.
Zampe delle zanzare – le zanzare sono in grado di
camminare sull‟acqua grazie all‟anatomia ed alla
funzionalizzazione superficiale delle loro zampe. Queste
ultime sono divise in sette sezioni, ciascuna ricoperta da
un gran numero di scaglie a forma di goccia (larghe 15m
e lunghe 50m) (Figura 63.45). Sulla superficie di
ciascuna scaglia sono disposti dieci rilievi longitudinali
spessi 250nm e connessi trasversalmente da numerosi
diaframmi. Una tale microstruttura rende la superficie
idrofobica (l‟angolo di contatto con una goccia d‟acqua è
di 153°) e conferisce all‟insetto la capacità di sopportare
fino a 23 volte il proprio peso muovendosi sull‟acqua. Al
contrario, le zampe della mosca sono sfornite di scaglie
idrofobiche: l‟insetto è in grado di sopportare solo 3 volte
il proprio peso e non è in grado di camminare sull‟acqua.
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 27 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
Infine, la zanzara è in grado di modificare l‟angolo e la
lunghezza di contatto con l‟acqua, onde ottimizzare il
galleggiamento, dovuto alla tensione superficiale.
Figura 63.45 – Scaglie a forma di goccia presenti sulle
zampe della zanzara.
Funzionalizzazione ottica – gli animali sembrano
possedere un‟antologia quasi completa di dispositivi
ottici: la pigmentazione, l‟iridescenza, la fluorescenza
non hanno una ragion d‟essere puramente estetica, ma
rispondono ad esigenze ben precise ed esistono grazie
ai cosiddetti colori strutturali, costituiti da materiali
trasparenti i quali, ironia della sorte, producono i più
fantasmagorici effetti ottici esistenti in natura e che
possono trovare applicazioni molto convenienti nella
moderna ingegneria. Poiché i tessuti animali non
contengono metalli solidi, l‟effetto metallizzato dei
colori strutturali viene ottenuto grazie alla differenza
tra indici di rifrazione, alla diffrazione ed
all‟interferenza piuttosto che ad elettroni liberi. Il
meccanismo più comune dei riflettori animali consiste
in uno stratificato di film sottili (di spessore non
superiore ad un quarto della lunghezza d‟onda della
luce), nel quale si alternano materiali a basso ed alto
indice di rifrazione (la differenza tra strati contigui può
essere di 0,2-0,5. I riflettori animali stratificati possono
essere a banda larga, incorporando strati di vario
spessore (dai film sottili per il blu a quelli spessi per il
rosso), i quali possono essere impilati ordinatamente o
casualmente (Figura 63.46). In taluni casi, i singoli
strati possono spostarsi entro l‟impilamento, dando
luogo a riflettori flessibili. Questo sistema viene
riprodotto artificialmente per essere usato negli
specchi, filtri, polarizzatori, dispositivi di sicurezza e
nelle vernici metallizzate delle nostre automobili. Gli
animali adottano un altro tipo di struttura con proprietà
riflettenti, costituite dai reticoli di diffrazione, che
consistono in microscopiche superfici corrugate, ove il
passo tra le corrugazioni è costante e pari alla
lunghezza d‟onda della luce. Tale tecnica, copiata dal
seed-shrimp (Figura 63.47) viene ora impiegata per
realizzare gli ologrammi delle carte di credito, dei
francobolli e delle banconote. Nel mondo animale si
trovano anche riflettori basati sul meccanismo dei cristalli
fotonici (per esempio in una specie di verme di mare
chiamata sea mouse [Figura 63.48]). I cristalli fotonici
sono reticoli tri-dimensionali ordinati con dimensione
caratteristica inferiore alla lunghezza d‟onda, che
controllano la propagazione della luce nelle stesso modo
in cui i cristalli atomici controllano gli elettroni: al
momento tale meccanismo trova applicazione nei laser e
nel processing dei segnali ottici.
Figura 63.46 – Differenza nell’indice di rifrazione
consentono di ottenere l’effetto metallizzato.
Figura 63.47 – La seed-shrimp viene utilizzata per creare gli
ologrammi di carte di credito, banconote, francobolli.
Figura 63.48 – Il sea mouse controlla la riflessione della luce
per mezzo di cristalli fotonici.
Per quanto riguarda la riflessione, la cosiddetta superficie
a occhio-di-mosca, (Figura 63.49) consistente in una
distribuzione esagonale ordinata di noduli di dimensione
inferiore alla lunghezza d‟onda (Figura 63.50) (che
introduce una transizione graduale dell‟indice di rifrazione
all‟interfaccia tra due mezzi e neutralizza così l‟effetto di
confine) viene utilizzata per le lastre di vetro anti-
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 28 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
riflesso10
e per i rivestimenti dei pannelli solari, dove
aumenta del 10% l‟energia catturata.
Figura 63.49 – Superficie “a occhio di mosca”.
Figura 63.50 – Distribuzione esagonale ordinata di
noduli di dimensione inferiore alla lunghezza d’onda.
Al solito, l‟ostacolo principale sulla via
apparentemente spianata della biomimetica è la
produzione. Talvolta i meccanismi ottici degli animali
sono semplicemente troppo piccoli e troppo intricati da
riprodurre. D‟altra parte, gli animali contengono le
fabbriche più basilari; quelle che producono sulla base
dell‟auto-assemblaggio molecolare. Lo studio dei
genomi potrà in futuro consentire di risolvere anche
questo problema di ingegneria biologica.
Coleottero albino (cyphochilus) – è caratterizzato
dalla colorazione più bianca tra tutti gli organismi
viventi (saturazione cromatica del 6.2%, rispetto allo
10 I normali vetri da finestra riflettono (circa il 4% in direzione normale, che aumenta con l‟aumentare dell‟angolo) poiché, a livello
sub-micronico possiedono una superficie relativamente liscia e
quindi danno luogo ad una brusca variazione dell‟indice di rifrazione all‟interfaccia vetro-aria.
0% del “bianco puro”, secondo il criterio ISO 11475 per
la definizione del livello di bianco). Questa particolarità
dipende dal fatto che le scaglie costituenti l‟eso-scheletro
dell‟insetto sono realizzate da una struttura trabecolare di
filamenti di diametro 250nm. Confrontando le frange di
diffrazione della luce laser attraverso le scaglie (spessore
5m) con la trasformata di Fourier della micro-struttura
delle scaglie stesse si rileva un ottimo accordo: il colore
dipende quindi dall‟organizzazione dei filamenti. A ciò si
aggiunge una alta percentuale di vuoti (30%) che evita la
saturazione ottica, una struttura aperiodica ed un indice di
contrasto di 0.56. La riproduzione sintetica di questo
materiale potrebbe migliorare sensibilmente l‟emissività
dei “corpi bianchi” in alcune applicazioni spaziali.
63.7 Nanostrutturazione
materiali biologici spesso consistono in complessi
assemblaggi di macromolecole, che spesso circondano
le cellule di un organo sotto forma di matrice
extracellulare. I materiali biologici duri, come l‟osso, lo
smalto, i gusci delle conchiglie contengono oltre a
materiali organici morbidi, grandi frazioni di minerali
inorganici. È importante notare che essi possiedono
proprietà fisiche e meccaniche di gran lunga superiori a
quelle dei loro costituenti. L‟osso, per esempio, è un
composito tenace costituito da collagene, una
relativamente tenera proteina fibrosa, e da fosfato di
calcio, un minerale fragile. La forma e l‟organizzazione
interna dei componenti determina largamente la
funzionalità dei materiali biologici. Essi si accrescono
tramite l‟assemblaggio di elementi sempre più grandi,
sintetizzati ed organizzati da cellule viventi: la struttura
che ne risulta è generalmente gerarchica, e si estende
lungo diversi ordini di grandezza di dimensioni. Studi
recenti delle proprietà ultrastrutturali e meccaniche dei
materiali biologici mineralizzati hanno messo in luce
alcune caratteristiche strutturali comuni, le quali possono
aiutare ad interpretare anche la loro ben nota tolleranza al
danno. La natura raggiunge questo obiettivo attraverso il
preciso controllo della nucleazione dei cristalli anisotropi
e del loro processo di accrescimento. Ciò unitamente al
controllo su scala nano-metrica dell‟auto-assemblaggio
delle fasi organiche e inorganiche, che sono spazialmente
distinte e conferiscono la capacità di inibire efficacemente
la propagazione della cricca. Come la distribuzione
geometrica dei legami in una struttura gerarchica ne
controlli il comportamento meccanico è ancora un
problema irrisolto. Considerazioni teoriche hanno
dimostrato che l‟introduzione di un numero sufficiente di
livelli gerarchici in un materiale composito multi-scala
basato su componenti rigidi e cedevoli può aumentare la
tenacità e la tolleranza al danno quasi arbitrariamente. Per
ottenere un materiale efficiente con struttura gerarchica è
necessario unire elementi costitutivi (building blocks) di
diverse dimensioni. La natura eccelle particolarmente nel
creare interfacce di diverso tipo, tali da governare in un
campo molto vasto le proprietà globali del materiale. È
I
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 29 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
possibile classificare le interfacce interne dei materiali
biologici in quattro categorie (Figura 63.51), secondo
la loro funzione meccanica:
- interfacce che migliorano la tenacità a frattura di
materiali intrinsecamente fragili, come ad esempio gli
strati di proteine che si trovano nello scheletro siliceo
di alcune spugne di mare (euplectella) (Figura 63.52),
nella madreperla (Figura 63.53a), nell‟osso. Le
strategie messe in atto dalla natura sono molteplici: a)
evitare la formazione di cricche controllando le
dimensioni delle particelle (< dimensione critica di
Griffith); b) facilitare deformazioni irreversibili; c)
ostacolare la propagazione di cricca (crack stoppers);
- interfacce che agiscono come collegamento tra
materiali caratterizzati da proprietà meccaniche molto
diverse, come ad esempio il bisso dei mitili che ne
collega il corpo morbido con un substrato roccioso, il
collegamento tra dentina e smalto dei denti, le
giunzioni tra ossa e legamenti e tra ossa e cartilagini.
Figura 63.51 – Le quattro classificazioni delle interfacce
interne dei materiali biologici.
Figura 63.52 – Strati di proteine nello scheletro siliceo
delle spugne di mare (euplectella).
Figura 63.53 – Strati di proteine nella madreperla (a);
modalità di collegamento dei mitili delle rocce (b); filamenti
di bisso nei mitili resistenti all’abrasione (c).
La strategia volta a mitigare queste incompatibilità si basa
sulla graduale variazione di proprietà attraverso
l‟interfaccia: a) nel becco della seppia di Humboldt ciò
avviene grazie alla variazione del contenuto di acqua; b)
nelle ossa attraverso il cambio di porosità tra osso
corticale e osso trabecolare; c) nella palma messicana
attraverso la variazione del diametro e dello spessore della
cellula. Una strategia alternativa si affida all‟ancoraggio di
fibre, come accade nell‟inserzione dei tendini e dei
legamenti nell‟osso.
Figura 63.54 – La struttura del dente è un esempio di
strategie miste.
La struttura del dente (Figura 63.54) e le modalità di
collegamento dei mitili alle rocce (Figura 63.53b) sono
esempi di sofisticate strategie miste, basate sia sul
gradiente delle proprietà che sull‟ancoraggio tramite
fibre11
.
11 I filamenti di bisso di alcune specie di mitili, che vivono in acque
particolarmente turbolente a causa del‟azione delle maree, sono protetti ulteriormente da un rivestimento resistente all‟abrasione (Figura 63.53c).
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 30 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
- interfacce che consentono ai materiali di deformarsi
facilmente, come ad esempio le giunzioni del cranio o
del guscio delle tartarughe, le pareti delle cellule nel
legno, le tessere delle cartilagini mineralizzate dello
squalo, le piastre d‟armatura dello spinarello. La
strategia prevede l‟esistenza di un certo numero di
legami deboli (idrogeno o elettrostatici). Sotto carico,
questi legami sacrificali possono cedere (per poi
ricostituirsi in un secondo tempo) dissipando energia e
comportando una deformazione irreversibile (plastica). In
Figura 63.55 sono mostrati tre differenti sistemi: pareti
delle cellule del legno, tendini e osso, nei quali viene
messo in atto lo stesso principio (tipo Velcro), seppur
basato su differenti aspetti biochimici.
Figura 63.55 – Tre differenti sistemi di interfaccia che consentono ai materiali di deformarsi facilmente.
Una strategia diversa è quella che sta alla base della
deformabilità dei gusci delle tartarughe (e della
struttura del cranio).Le placche ossee sono collegate da
giunzioni di collagene: i bordi delle placche sono però
fortemente interdigitati (Figura 63.56), così da
consentire piccole deformazioni, ma da impedire
quelle grandi, le quali provocano invece un marcato
irrigidimento della struttura.
Figura 63.56 – Le placche ossee delle tartarughe sono
collegate da giunzioni di collagene.
- interfacce che consentono ai materiali di operare
come attuatori in conseguenza di stimoli esterni,
generando forze o movimenti, come ad esempio
accade alle pigne delle conifere, alle spighe dei cereali,
alle capsule dei semi ed alle radici degli alberi a causa
di una variazione di umidità. Il principio di
funzionamento è sempre basato sulla presenza di due
tipi di tessuti, che possono contrarsi o espandersi in
misura diversa a seconda del grado di idratazione o di
essicazione. Le scaglie di una pigna sono costituite da
un “laminato” fatto da diversi strati in cui fibre di
cellulosa orientate perpendicolarmente (Figura 63.57)
sono immerse in una matrice di emi-cellulosa
(igroscopica). L‟assorbimento di umidità provoca la
nascita di sforzi residui non auto-equilibrati, i quali
provocano la flessione (quindi l‟apertura/chiusura)
delle scaglie e il conseguente rilascio dei semi. Un simile
meccanismo di contrazione delle radici regolato dal grado
di assorbimento di umidità viene attuato dalla pianta del
trifoglio (Figura 63.58) per richiamare il fogliame verso il
terreno man mano che la pianta cresce.
Figura 63.57 – Scaglie di una pigna: le fibre di cellulosa
orientate sono immerse in una matrice igroscopica.
Figura 63.58 . La pianta di trifoglio contrae le radici per
avvicinare il fogliame al terreno durante la crescita.
Inoltre, le interfacce biologiche possono anche essere
progettate per cedere in una maniera controllata,
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 31 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
consentendo per esempio l‟auto-affilatura degli aculei
del riccio di mare oppure l‟”esplosione” dei semi
contenuti in una capsula per migliorarne la
dispersione. Possono altresì formarsi interfacce
temporanee, in corrispondenza dei cuscinetti adesivi
degli insetti o delle zampe del geco. Infine possono
costituirsi connessioni esterne mediante un adesivo
secreto dall‟organismo, come il collegamento dei
mitili o dell‟edera a substrati rocciosi. La versatilità
delle interfacce interne sembra controllare le proprietà
dei materiali biologici assai più estesamente di quanto
si pensi. Ciò è particolarmente significativo poiché la
quantità di molecole dedicate alla produzione delle
interfacce costituisce una frazione relativamente
piccola della massa totale del materiale, cosicché
sostanze relativamente “costose” possono essere usate
nel progetto delle interfacce funzionali all‟interno dei
materiali compositi. Qui di seguito vengono illustrate
le caratteristiche salienti di due materiali
nanostrutturati:
Madreperla – combina un‟elevata resistenza e
tenacità con una relativa bassa densità. Questo set di
proprietà avvantaggerebbe qualsiasi materiale sintetico
in un gran numero di applicazioni. Il segreto delle
proprietà della madreperla risiede nella sua struttura
costituita da lamelle ceramiche (aragonite) inglobate in
una matrice polimerica cedevole (proteica) (Figura
63.59).
Figura 63.59 – La madreperla combina un’elevata
resistenza e tenacità con una bassa densità.
La matrice organica della madreperla, che costituisce
appena pochi per cento in peso del composito,
normalmente è presente sotto forma di una colla
apparentemente amorfa, ma che può essere filata in trefoli
(Figura 63.60), i quali ricongiungono i lembi delle fessure
che si creano allorché il materiale si rompe. La matrice
proteica è costituita anche da aminoacidi simili alla seta,
cosicché queste fibre sono rigide e resistenti come la seta
ed in grado di sopportare carichi rilevanti. Se la
madreperla viene essiccata e si impedisce che la matrice
proteica venga filata in tali fibre, più della metà della
tenacità del materiale viene persa: ciò dimostra che la
tenacità a frattura della madreperla dipende dall‟adesivo
polimerico. Le proprietà di questo adesivo sono state
investigate per mezzo del microscopio a forza atomica: le
fibre si allungano con un andamento a gradini e
conferiscono una tenacità “modulare” tipica di molti
adesivi e fibre naturali, compresa la seta degli aracnidi.
Figura 63.60 – La matrice organica della madreperla è una
colla amorfa che può essere filata per riparare le “rotture”.
La nano-strutturazione della madreperla è stata presa ad
esempio per produrre compositi ceramici tenaci: la
polvere ceramica viene mischiata con un polimero e
laminata in fogli spessi 0.20mm. Questi fogli vengono
rivestiti in maniera da acquisire la giusta resistenza
interfacciale, pressati assieme per ottenere la forma voluta
e poi cotti a 1000 °C senza pressione. Se la ceramica è SiC
ed il rivestimento grafite, il composito possiede
un‟energia di frattura (misurata con prove di flessione su 3
punti) dell‟ordine di 6kJ/m2, vale a dire due o tre volte
maggiore della madreperla. Questo materiale ha
comunque ancora dei problemi, essendo debole a trazione
e tenace solo in direzione perpendicolare agli strati.
Inoltre, la grafite tende a separare gli strati, cosicché il
materiale è anche debole alla fatica a taglio.
Ciononostante, il materiale è stato usato per realizzare il
prototipo del rivestimento interno di una camera di
combustione di una turbina a gas. La versione attuale
metallica è dotata di piccoli fori attraverso i quali viene
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 32 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
soffiata l‟aria di raffreddamento, la quale però si può
combinare con il combustibile incombusto, dando
luogo a pitting localizzato. Un rivestimento di SiC
laminato ha mostrato un grandissimo miglioramento
della resistenza agli shock termici. La grafite
costituisce tuttora un problema, sebbene tenda a venir
pirolizzata a temperature elevate. È importante
consentire agli strati di muoversi l‟uno rispetto
all‟altro allorché le lamelle si riscaldano e si
raffreddano, perciò gli strati interlaminari devono
essere significativamente più cedevoli delle lamelle.
Per questo motivo, la grafite è stata sostituita con uno
strato dello stesso materiale delle lamelle, ma forato. I
fori vengono ottenuti mischiando granuli di amido alla
pasta ceramica, che viene bruciato quando il materiale
viene riscaldato. Gli strati separati possono
immagazzinare una carica elettrica, così come i
condensatori in un circuito elettrico. La capacità di
immagazzinare la carica dipende, tra l‟altro, dalla
distanza tra gli strati e dalla natura del materiale che li
separa. Se tali caratteristiche variano, come può
capitare allorché il materiale viene deformato, allora
anche la capacità cambia: essa può essere misurata ed
usata per monitorare in servizio i carichi e gli eventuali
danni in maniera non-invasiva (HUMS). Da ultimo va
sottolineato che la madreperla non è la sola ceramica
tenace esistente in natura: è solo quella che è stata
studiata di più. Sfruttando tale maggior conoscenza, è
stato possibile sintetizzare artificialmente un film
resistente e duttile a partire da piastrine di alumina
spesse 200nm ed una matrice polimerica chitosanica.
Partendo da una soluzione colloidale si ottiene uno
strato ordinato e sottile di piastrine ceramiche, che
viene ricoperto di uno strato di chitosano. Ripetendo il
processo si ottiene una struttura tipo mattoni-e-
cemento (Figura 63.61) spessa alcuni decimi di
micron, che costituisce un film resistente (300GPa) e
duttile (deformazione a rottura 20%).
Figura 63.61 – Piastrine ceramiche ricoperte di
chitosano: si ottiene la struttura tipo mattoni-e-cemento.
Le prestazioni del composito dipendono dalla
resistenza delle piastrine, dalla deformabilità del
polimero e dalla bontà della loro adesione. Utilizzando
piastrine cinque volte più resistenti di quelle della
madreperla naturale si è ottenuto un materiale dieci
volte più tenace: questo è un corretto esempio della
biomimetica: trarre ispirazione dalla natura e
migliorarne le prestazioni utilizzando i migliori
ritrovati della tecnologia e dell‟ingegneria umana. Un
metodo alternativo per ottenere la madreperla artificiale
consiste nell‟applicare la tecnica freeze casting ad una
soluzione colloidale di alumina e successivamente
infiltrare il materiale ottenuto con PMMA (poli-metil-
metacrilato) per ottenere uno scaffold ceramico lamellare.
Pressando tale struttura in direzione perpendicolare al
piano delle lamelle e successivamente sinterizzando, se ne
provoca il collasso dando luogo alla struttura mattoni-e-
cemento (Figura 63.62).
Figura 63.62 – La madreperla artificiale si può ottenere con
la tecnica freeze-casting.
Il materiale così ottenuto ha una tenacità 300 volte
superiore rispetto a quella dei materiali costituenti, con
una rigidezza e una resistenza pari a quelle delle leghe di
alluminio. Aumentando la percentuale volumetrica delle
lamelle ceramiche fino al 95% e riducendone lo spessore a
2-3nm, le prestazioni di questo composito nanostrutturato
potranno aumentare ulteriormente, superando quelle della
madreperla naturale.
Chitoni – sono un gruppo di molluschi erbivori marini,
che hanno la sorprendente capacità di erodere i substrati
rocciosi sui quali pascolano grazie all‟azione dei loro
denti radulari ultra-mineralizzati e resistenti all‟abrasione.
Attraverso le tecniche di analisi microscopica e
caratterizzazione nano-meccanica è possibile investigare
le proprietà meccaniche e l‟architettura del materiale, il
quale esibisce i più elevati valori di durezza e rigidezza tra
tutti i biominerali, tre volte maggiori dello smalto dentale
umano e dei gusci dei molluschi costituiti da carbonato di
calcio (Figura 63.63). La peculiare architettura multi-fase
di questo materiale contribuisce non solo alla sua
funzionalità, ma mette altresì in luce alcuni principi
generali di progetto che potrebbero essere adottati nella
fabbricazione dei compositi sintetetici.
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 33 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
Figura 63.63 – Proprietà meccaniche dei chitoni rispetto a materiali con composizione chimica simile.
Questo materiale mostra caratteristiche meccaniche
superiori a quelle esibite da molti materiali
ingegnerizzati aventi una composizione chimica
similare, come per esempio le ceramiche strutturali. I
sistemi biologici raggiungono questo obiettivo grazie
alla loro capacità di controllare dimensione,
morfologia, cristallinità, fase e orientazione del
materiale entro favorevoli condizioni di processo (vale
a dire pH quasi neutro, temperatura ambiente, etc.).
Essi sfruttano l‟interazione tra le fasi organiche ed
inorganiche, nonché le condizioni al contorno locali, le
quali consentono il controllo della cinetica di processo
durante la sintesi delle strutture inorganiche. In questi
sistemi biomineralizzati, i minerali e le macromolecole
organiche coesistono in stretta prossimità a dimensioni
nano-metriche. Le interazioni alle loro interfacce sono
essenziali per il funzionamento dei materiali strutturali
che si trovano in natura come i gusci, i denti e le ossa.
Sebbene i costituenti organici di questi materiali
compositi biologici siano presenti in relativamente
piccola quantità, essi alterano significativamente il
comportamento meccanico della struttura presa nel suo
complesso. Nei compositi organici-inorganici,
l‟esistenza della fase organica porta alla dissipazione
di una significativa quantità di energia all‟interfaccia
durante la sollecitazione, dando così luogo ad una
combinazione di proprietà che possono migliorare di
molto la resistenza all‟abrasione ed all‟usura della
struttura rispetto ai materiali monolitici di uguale
composizione chimica. Un esempio probante è offerto
dai denti iper-mineralizzati dei chitoni, i quali sono più
duri e rigidi di qualunque altro biominerale noto. I
chitoni sono un antico gruppo di molluschi, i cui primi
esemplari fossili sono vecchi di 500 milioni di anni.
Nonostante la loro lunga e biologicamente felice storia ed
alla loro importanza ecologica per gli ecosistemi costieri
rocciosi, essi costituiscono un gruppo relativamente
piccolo, costituito da 650 specie. I chitoni sono molluschi
appiattiti ed allungati (possono raggiungere i 33cm di
lunghezza), protetti dorsalmente da una corazza costituita
da 8 piastre parzialmente sovrapposte. L‟apparato di
locomozione è ampio e resistente, adatto ad ancorarsi
saldamente alle superfici dure sulle quali l‟animale
pascola per brucare le alghe. Come la maggior parte dei
molluschi, i chitoni sono dotati della radula, una struttura
simile ad un nastro trasportatore dotato di denti a raspa,
usato per cibarsi. La composizione e la morfologia dei
denti della radula variano da gruppo a gruppo e dipendono
in larga misura dalla dieta specifica e dalla natura dei
substrati sui quali essi si alimentano. La corona tricuspide
dei denti è costituita da un sistema mineralizzato multi-
componente che comprende sostanzialmente una parte
interna di fosfato amorfo di ferro, ricoperta da un
rivestimento di ossido di ferro, la magnetite (Figura
63.64). Le due fasi esibiscono diverse proprietà
meccaniche. La magnetite ha un modulo elastico di 90-
125 GPa e una durezza di 9-12 GPa; la parte interna
mostra invece una rigidezza di 25 GPa e una durezza di 2
GPa. La rigidezza del bordo d‟attacco è del 15% superiore
rispetto a quella del bordo d‟uscita: ciò conferisce una
capacità di auto-affilatura del dente. Gli studi di
meccanica della frattura sul rivestimento di magnetite
rivelano che le cricche che si propagano attraverso questo
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 34 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
materiale generalmente viaggiano parallelamente
all‟asse longitudinale del dente.
Figura 63.64 – Composizione dei denti della radula nei
chitoni.
Al contrario, le cricche che si propagano attraverso la
parte interna del dente sono praticamente isotrope,
senza una direzione preferenziale. Inoltre, allorché
una cricca propagantesi attraversa il confine tra
l‟interno ed il rivestimento, si manifesta all‟interfaccia
una significativa deflessione della direzione di
propagazione a causa della ridistribuzione degli sforzi,
dovuta sia allo snervamento del sottile strato organico,
sia al cedimento all‟interfaccia tra fase organica/fase
inorganica (Figura 63.65).
Figura 63.65 – Propagazione delle cricche all’interno del
dente.
Quest‟ultimo meccanismo è più efficace nel proteggere il
materiale non criccato attraverso l‟interfaccia. Tale
strategia di deflessione della direzione di propagazione
della cricca si dimostra molto efficiente per mantenere
l‟integrità strutturale del dente e per prevenire cedimenti
catastrofici del materiale. Mentre la durezza e la rigidezza
del dente sono direttamente collegate alle intrinseche
proprietà meccaniche delle fasi minerali costituenti, la
tenacità a frattura si dimostra molto sensibile alle
condizioni della matrice organica: quando quest‟ultima
viene distrutta, la tenacità a frattura precipita, mentre la
durezza e la rigidezza rimangono praticamente inalterate,
con una riduzione di solo il 15% (Figura 63.66).
Figura 63.66 – Proprietà meccaniche di materiali ceramici naturali e sintetici.
Ciò illustra un aspetto importante: l‟integrità
strutturale può essere ottenuta solo in presenza della
matrice organica che facilità l‟organizzazione
anisotropa dei cristalliti di magnetite, li lega assieme in
una struttura composita e gioca un ruolo fondamentale
nello smussare l‟apice della cricca e nel defletterne la
direzione di propagazione all‟interfaccia.
I risultati di tale analisi possono essere trasferiti nei
campi della nano-tecnologia e della nano-
fabbricazione, sfruttando i meccanismi di controllo che
vengono messi in atto dalla natura per creare nuovi
materiali e dispositivi dotati di caratteristiche uniche.
Per esempio, il progetto a rigidezza differenziata del
dente e la sua sotto-struttura anisotropica costituisce
uno spunto progettuale utilizzabile nella fabbricazione
di materiali ultra-duri per le lavorazioni di precisione o
per componenti resistenti all‟abrasione. Inoltre, tale
strutturazione a rigidezza differenziata può essere
particolarmente utile per creare le condizioni di auto-
affilatura nelle condizioni in cui la posizione o la
situazione non permettano la regolare sostituzione o
affilatura dei taglienti degli utensili.
63.8 Strutture adattative
ran parte delle strutture biologiche adattative è
costituita da materiali che, nel loro comportamento,
sono assimilabili ai cristalli liquidi. Per questo essi sono
trattati nel seguito, assieme ad un esempio di utilizzo.
Cristalli liquidi – la loro somiglianza con la cuticola
degli insetti è nota da tempo, specie per quanto riguarda le
proprietà ottiche: infatti, nella cuticola degli insetti, le
strutture fibrose parallele ed elicoidali ruotano il piano di
polarizzazione della luce esattamente come fanno i
cristalli liquidi nematici e colesterici. La difficoltà in
questa comparazione risiede nel fatto che, mentre la
conformazione dei cristalli liquidi viene controllata a
livello molecolare, le orientazioni della cuticola degli
G
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 35 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
insetti hanno una scala sub-micronica: una differenza
di almeno due ordini di grandezza. Ma l‟attrattività dei
cristalli liquidi si basa sulla loro capacità di auto-
assemblarsi da uno stato disordinato: essa rappresenta
un modo in cui l‟ordine, e di conseguenza la
morfologia, può essere generato in un sistema
puramente chimico. Poiché i tessuti viventi sono
costituiti da elementi chimici e la vita è il risultato
dell‟organizzarsi di tali elementi, esiste un grande
interesse verso qualsiasi meccanismo capace di
raggiungere tale ordine. I cristalli liquidi possono
altresì generare svariati tipi di ordine a partire da
molecole relativamente semplici e possono passare da
un tipo di ordine all‟altro in risposta alla variazione
delle condizioni esterne (per esempio alla variazione di
concentrazione salina). In talune circostanze tale
capacità di trasformazione rappresenta un vantaggio,
come per esempio nello sviluppo dell‟ovoteca dei
pescecani e nella produzione della seta. Ma, allo stesso
modo, esistono altri casi in cui la struttura finale deve
essere stabile, in modo da poter sopportare o generare
carichi. In tali circostanze, l‟ordine deve essere
bloccato all‟interno della struttura per mezzo di
processi che portino alla reticolazione dei componenti.
I cristalli liquidi soddisfano inoltre uno dei criteri dei
sistemi biologici: quello secondo cui tutto deve essere
fatto con il minimo dispendio energetico. Per esempio,
l‟energia richiesta per convertire un cristallo liquido
nematico in una configurazione elicoidale con un
passo di 1m è pari a 10-5
volte la quantità di energia
necessaria per indurre un ordine nematico in un
sistema inizialmente caotico. La creazione del sistema
nematico può essere resa ancor più energeticamente
efficiente orientando le molecole rispetto ad una
superficie piana. I sistemi auto-assemblativi per la
produzione di materiali biologici sono energeticamente
più efficienti di quelli che non si auto-assemblano (da
notare che l‟ordine non dipende solo dalla capacità
auto-assemblativa, ma può venir indotto dall‟esterno,
per esempio tramite l‟induzione di un flusso di
deformazione) e perciò necessitano di un controllo
enzimatico e dell‟idrolisi di legami fosfato, ad elevato
contenuto energetico. Ciononostante, le strutture a
cristalli liquidi dovrebbero essere ubique. Esse offrono
vantaggi a livello morfologico e energetico. Rimane il
problema di capire il meccanismo con cui tali strutture
vengono generate all‟interno dei sistemi biologici. Può
essere che le strutture a cristalli liquidi debbano essere
pensate a bassa energia in termini di “manutenzione”
strutturale piuttosto che di generazione, cosicché la
cellula guida una struttura verso una morfologia a
cristalli liquidi, ma la stabilità deriva dalle proprietà
intrinseche di tale morfologia. La morfologia dei
cristalli liquidi può essere modificata da variazioni di
concentrazione, pH o salinità. Poiché il grado di
impaccamento di un cristallo liquido comporta uno
stato ad alta densità e basso contenuto energetico,
un‟elevata pressione ed una bassa temperatura
promuovono una struttura cristallina più liquida. Le
proteine dell‟ovoteca12
della mantide sono organizzate
come un cristallo liquido elicoidale sopra pH 5 e come
una struttura isotropa al di sotto. Il collagene è un cristallo
liquido, come è ampiamente dimostrato dall‟ovoteca del
pescecane, che varia le proprie modalità di impaccamento
ed idratazione a seconda della concentrazione salina e del
tipo di sale. Esistono perciò svariati modi per influire sulle
modalità di impaccamento, le quali a loro volta possono
essere utilizzate per rilevare/trasdurre le condizioni
dell‟ambiente circostante, costituendo così il primo stadio
di un sensore, facilmente interrogabile in remote tramite
luce polarizzata. I cristalli liquidi sono suscettibili di
effetti di elongazione durante il flusso: ciò rende ragione
della struttura della maggior parte delle estrusioni naturali
come la seta degli artropodi e l‟ovoteca dei pesci. Una tale
orientazione molecolare dà inoltre luogo a rigidezze molto
elevate ed a grandi perfezioni strutturali, le quali
comportano a loro volta resistenze pure molto elevate.
Infine esiste un ulteriore aspetto interessante dei cristalli
liquidi: essi possono cambiare da una forma all‟altra (p.e.
nematica o colesterica), in maniera equivalente ad un
cambio di fase.
Ovoteca degli squali – costituisce un magnifico esempio
di grande e complessa struttura collagenosa prodotta e
conformata extra- cellularmente (Figura 63.67). Essa
consiste in un composito fibroso complesso a struttura
gerarchica. L‟ovoteca ha il compito di proteggere il
nascituro dalle sollecitazioni meccaniche e
microbiologiche, derivanti dalla vita marina, fino alla
schiusa. A questo fine, essa deve essere resistente e
tenace, ma – allo stesso tempo – sufficientemente
permeabile per consentire la diffusione dell‟ossigeno e
degli scarti azotati. Questo involucro consente a talune
specie di squali di deporre poche, grandi uova con un
tempo di schiusa di oltre cinque mesi e con una
probabilità molto alta che il nascituro sia sufficientemente
protetto per sopravvivere e fuoriuscire dall‟involucro
abbastanza grande e forte per cavarsela da sé. Il progetto
della capsula verrebbe immediatamente condivisa da un
costruttore di velivoli da combattimento o di vetture di
F.1: essa è costituita dalla sovrapposizione di strati di fibre
orientate unidirezionalmente, sovrapposti gli uni sugli altri
secondo una precisa e controllata sequenza di orientazioni:
0°, 90° e 45° rispetto all‟asse longitudinale dell‟involucro.
Le fibre sono costituite da collagene, l‟aliquota fibrosa del
quale costituisce poco meno della metà del peso secco
totale, mentre le altre frazioni proteiche servono per
incollare tra loro le molecole di collagene. Le orientazioni
delle fibre derivano dalla combinazione tra la direzione di
estrusione attraverso un complesso sistema di filiere
(Figura 63.68) e l‟intrinseca cristallinità liquida del
collagene.
12 L‟ovoteca è l‟involucro che circonda le uova fertilizzate di alcune specie di insetti e di pesci
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 36 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
Figura 63.67 – L’ovoteca degli squali è una grande e
complessa struttura collagenosa.
Figura 63.68 – Particolare della complessa struttura
dell’ovoteca.
63.9 Cosa la natura non ha inventato
a biomimetica è un‟applicazione della
biomeccanica che spesso si è basata su di una
mitologia (a partire da Aristotele, 2500 anni fa) che
proclama l‟assoluta superiorità dei metodi naturali e
secondo la quale la natura indica la giusta direzione ed
ottiene il massimo risultato con la minima spesa di
risorse: tutto quello che l‟uomo può pensare è già stato
inventato dalla natura. In realtà, l‟ingegno umano ha
sviluppato molte cose che la natura non ha mai
inventato. La natura non ha mai inventato la ruota. In
realtà esiste un singolo caso (flagelli dei batteri)
(Figura 63.69) di organo di locomozione rotante13
:
resta comunque il fatto che la ruota è una soluzione
assai poco adottata nei sistemi viventi, si pensa per la
difficoltà di apportare nutrienti, consentire il controllo
nervoso e garantire la tenuta tra organi in rotazione
reciproca. D‟altra parte, le ruote facilitano la
locomozione solo su terreni ragionevolmente duri e
privi di ostacoli: superare un‟asperità richiede molta
13 In realtà, in natura esistono anche esempi di collegamenti rotanti
più complessi: per esempio, in tutte le specie di coleotteri, la giunzione delle zampe alla struttura scheletrica non è costituita da
una semplice cerniera, bensì da un vero e proprio collegamento vite-
madrevite (Figura 63.70). Ciò conferisce a questa classe di insetti una biomeccanica adatta sia alla corsa che all‟arrampicata.
potenza, ed un‟asperità di altezza superiore al raggio della
ruota costituisce un impedimento assoluto,
indipendentemente dalla potenza.
Figura 63.69 – Unico caso noto di organo di locomozione
rotante (flagelli dei batteri).
Figura 63.70 – La giunzione zampe-scheletro in alcune
specie di coleotteri è un collegamento vite-madrevite.
Gli organismi viventi non si possono costruire strade lisce
e confortevoli, ma devono superare gli ostacoli che il
terreno naturale presenta loro14
: inoltre, più un organismo
è piccolo, più il terreno si presenta accidentato. In ogni
caso, locomozione a parte, in natura non esistono esempi
riconducibili agli organi rotanti tipici di molte tecnologie
(ingranaggi, pulegge, turbine, dischi): si potrebbe trattare
del fenomeno che gli storici dell‟economia chiamano
“lock-in”, dove una tecnologia inferiore si accaparra una
nicchia funzionale e impedisce la proliferazione di una
tecnologia superiore.
14 Non a caso, i progetti più moderni dei rover per esplorazione dei suoli
planetari (veicoli che non possono usufruire di strade) implementano tecniche di locomozione zoomorfa (per mezzo di zampe), anziché per
mezzo di ruote. Anche i futuri mezzi di atterraggio “morbido” sul suolo
planetario si rifaranno a concetti biomimetici (erba mobile) (Figura 63.71).
L
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 37 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
Figura 63.71 – Erba mobile cui si ispirano i sistemi per
l’atterraggio “morbido” sul suolo planetario.
Ma altre cose sono state sviluppate dall‟uomo e non
dalla natura. I metalli: qualsiasi organismo vivente è in
grado di sintetizzare composti contenenti metalli (p.e.
l‟emoglobina nel sangue), cionondimeno, non si
conosce alcun organismo che utilizzi parti metalliche
per svolgere funzioni meccaniche. Al posto dei
metalli, la natura utilizza compositi: ma i compositi
sono fragili, non possiedono il comportamento prima
elastico e poi duttile dei metalli; con i compositi è
necessario realizzare contemporaneamente il materiale
e la struttura. I cavi: l‟uomo ha imparato da tempo
come realizzare corde di lunghezza teoricamente
infinita a partire da fibre corte: queste si riuniscono in
mazzi e poi si ritorcono: più serrata è la ritorcitura, più
forte l‟attrito che solidarizza le fibre e maggiore è la
resistenza della corda. La natura produce innumerevoli
tipi di filamenti (le catene proteiche, il collagene, le
fibre vegetali, la seta del ragno, i tendini animali), ma
non ha mai imparato a riunirli in trefoli. I tessuti:
probabilmente l‟uomo ha acquisito la capacità di
creare i tessuti per gli indumenti dopo aver imparato
ad intrecciare canestri e reti da pesca. Involucri
costituiti da fibre incrociate abbondano in natura, ogni
qual volta occorre realizzare serbatoi pressurizzati,
quali il gambo delle piante, il rivestimento dei vermi, il
mantello dei calamari, l‟eso-tendine degli squali, il
pene dei mammiferi, etc. Così pure sono comuni reti
per catturare la preda, sia nell‟aria (ragnatele) che
nell‟acqua (larve degli insetti acquativi). Ma tutti
questi dispositivi non sono veri tessuti, i filamenti sono
infatti solo incrociati ed (eventualmente) incollati con
colle proteiche: i tessuti “veri”, costituiti dalla trama e
dall‟ordito intrecciati, resistenti, flessibili, drappabili
sono un‟invenzione umana. I natanti di superficie:
l‟uomo ha imparato a costruire imbarcazioni a
dislocamento, mentre gli altri organismi viventi
nuotano preferibilmente sotto il pelo dell‟acqua,
essendo il nuoto superficiale più lento ed
energeticamente più dispendioso. I palloni e i
dirigibili: nonostante la natura abbia sviluppato sacche
membranose (polmoni, vesciche natatorie, etc.), non
ha mai evoluto l‟uso di dispositivi più leggeri dell‟aria,
ad esempio per rendere facile ed estensiva
l‟impollinazione, nonostante un gas leggero come
l‟idrogeno sia un prodotto primario della fotosintesi
clorofilliana. Il paracadute: nonostante la natura
produca gli ingredienti necessari per produrre
membrane sottili (collagene, cellulosa), nessun essere
vivente mette in atto pienamente questo metodo per
perdere quota in maniera sicura e controllata. I motori ad
espansione termica: la natura non ha sviluppato metodi di
propulsione che estraggano energia da una differenza di
temperature, anche senza ricorrere alla combustione. I
motori naturali rimangono solo quelli ad energia chimica
(muscoli) e non possono competere in termini di rapporto
potenza/peso con quelli sviluppati dall‟uomo. Il volano,
nel quale la rotazione persistente di una massa consente di
immagazzinare efficientemente energia cinetica, è un
concetto sconosciuto in natura, la quale sa immagazzinare
l‟energia solo in forma gravitazionale ed elastica. Perché
la natura non ha sviluppato questi (e molti altri) brillanti
dispositivi? In alcuni casi ciò è dipeso da questioni
dimensionali: un natante a dislocamento produce onde che
si muovono assieme ad esso, di lunghezza d‟onda tanto
maggiore quanto maggiore è la velocità. Se tale lunghezza
d‟onda diventa superiore alla sua lunghezza, esso sarà
costretto a compiere maggior lavoro per risalire e
ridiscendere l‟onda: in termini economici, a dimensioni
piccole deve corrispondere bassa velocità. Per un uccello
acquatico che nuotasse in superficie, ciò comporterebbe
velocità insufficienti per raggiungere la preda e sfuggire ai
predatori. In altri casi, come ad esempio per le corde, la
natura è già in grado di realizzare ciò che serve per
l‟impiego specifico (filamenti di lunghezza opportuna
secreti dai ragni o dai bachi da seta) senza dover
sviluppare tecnologie per produrre semilavorati di
impiego generale, come corde, mattoni, lamiere e travi.
Infine, in altre circostanze, l‟inadeguatezza della natura
consegue da altre inadeguatezze: la realizzazione di un
motore termico richiede la disponibilità di materiali
resistenti alle alte temperature: per un salto termico di
1000-100 °C il rendimento è del 71%, se il salto è di 40-0
C° (massimo possibile per un organismo vivente) scende
sotto il 13%, mentre per realizzare un motore elettrico
servirebbero conduttori “biologici” (ovvero tubi di
soluzione salina altamente conduttiva) aventi un diametro
107 volte superiore rispetto ad un comune filo di rame. In
realtà, l‟apparente inefficienza della natura dipende dal
carattere estremamente conservativo e sovra-vincolato del
suo approccio progettuale, al cui confronto gli ingegneri
appaiono degli spiriti liberi, visionari ed immaginifici.
Entro il dominio della natura, la tradizione opprime con
mano pesante: qualsiasi variazione che non sia leggera e
progressiva è praticamente impossibile. Inoltre il criterio
dell‟utilità si applica nel modo più rigido possibile: il
profitto (che in natura si traduce nel successo riproduttivo)
deve essere immediato e non riscuotibile dalle generazioni
future. L‟assenza dei metalli e della ruota potrebbero
riflettere tale limitata prospettiva dell‟innovazione. Forse
il velivolo più leggero dell‟aria non esiste in natura perché
solo la sua versione più evoluta avrebbe raggiunto la
soglia accettabile di portanza. Per la natura non è possibile
adattare, copiare, sfruttare un brevetto: è possibile solo
modificare ciò che proviene dalle epoche precedenti. C‟è
chi sostiene che la natura non detiene, né dovrebbe essere
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 38 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
ritenuta detentrice di alcuna superiorità naturale, che
non fornisce alcun esempio o supporto agli ingegneri e
che la nostra tecnologia sviluppa ogni genere di
invenzioni con poche o punte analogie naturali, anche
quelle che riteniamo potrebbero essere assolutamente
utili ad altri organismi. Anche gli stessi esseri umani
primitivi fecero delle scoperte senza il conforto di
modelli naturali: la metallurgia, la tecnologia dei
mattoni e dei vasi, l‟arte della tessitura e così via. Noi
non dovremmo ritenere i nostri ponti sospesi meno
efficienti delle piante rampicanti, i conduttori elettrici
degli assoni, le turbine dei muscoli, le eliche marine
delle pinne dei pesci. In realtà noi non dovremmo
nemmeno ignorare che gli organismi si sono evoluti.
Noi ingegneri abbiamo molto da imparare
semplicemente perché la natura, per qualsiasi ragione a
noi sconosciuta, ha fatto le cose in maniera differente.
Anche se la sua superiorità fosse un mito, una così
sconfinata varietà di tecnologie e di soluzioni deve
essere una miniera d‟oro di stimoli e anche di
ispirazione. Perciò cosa importa se i suoi sorprendenti
esiti nel campo dei materiali compositi multifunzionali
è conseguenza della sua ignoranza nel campo della
metallurgia? Le ossa, i denti, il legno e l‟eso-scheletro
degli insetti ci aiutano a comprendere come il
comportamento meccanico dipenda dalla
composizione chimica e dalla struttura sopra-
molecolare. Il fatto che gli uccelli, gli insetti ed i
pipistrelli volino dimostra (come nessuna analisi
teorica avrebbe potuto dimostrare) che il volo attivo è
possibile. Chiederci come la natura possa risolvere
così bene i suoi problemi di biomeccanica pur non
disponendo di gran parte dei dispositivi inventati
dall‟uomo può solo aumentare il nostro livello di
conoscenza.
63.10 Conclusione
siste una dualità tra ingegneria e natura, basata
sulla minimizzazione dell‟uso dell‟energia. Ciò
deriva dal fatto che animali e piante, per poter
sopravvivere in un ambiente competitivo, hanno
dovuto sviluppare modi di vita e di riproduzione che
usano le minori risorse possibili. Questo comporta
un‟elevata efficienza sia nel metabolismo che nella
distribuzione dell‟energia tra le diverse funzioni vitali.
Una situazione simile deve essere affrontata
dall‟ingegneria, laddove il costo rappresenta di solito il
parametro più significativo. Sembra perciò ragionevole
che le idee provenienti dalla natura, opportunamente
interpretate ed implementate, possano migliorare
l‟efficienza energetica dell‟ingegneria umana a molti
livelli. Tale trasferimento di tecnologia, denominato
biomimesi, non deve però essere considerato come una
panacea per i problemi ingegneristici, bensì come un
campionario di spunti e suggerimenti. Ad esempio, in
natura, la forma costa meno del materiale. Ciò si
manifesta in numerose circostanze e viene dimostrato
dalle eccellenti proprietà, sia specifiche che assolute, dei
materiali biologici (il legno è uno dei materiali più
efficienti, l‟osso di cui sono costituite le corna animali è
più tenace di qualsiasi composito ceramico creato
dall‟uomo), proprietà che non derivano dall‟uso di
componenti ad elevate prestazioni, ma dal livello di
accuratezza ed efficienza nel loro progetto e costruzione.
Ciò deriva non solo dal fatto che gli animali e le piante
devono lavorare duro per ricavare le materie prime
(zuccheri, sali, aminoacidi) dall‟ambiente in cui vivono,
ma piuttosto che la loro capacità di controllo durante le
fasi di assemblaggio e conformazione di questi materiali è
molto più perfezionata della nostra. Una parte essenziale
di questo controllo risiede nel meccanismo di contro-
reazione cellulare che dirige l‟accrescimento del materiale
ove esso è più necessario, dando così luogo alle strutture
adattative. La forma di un albero dipende dalla storia delle
forze che hanno agito su di esso durante l‟accrescimento.
Questi stessi meccanismi di sensorizzazione, cui si
aggiungono i più efficaci sistemi di attuazione che si
trovano negli animali, portano a strutture la cui leggerezza
ed apparente fragilità sono rese robuste dalla capacità di
adattare rapidamente la forma e la struttura al mutare delle
condizioni al contorno. Tale adattività non solo riduce il
fabbisogno di energia durante la costruzione della
struttura, ma consente ad essa di adattarsi durante l‟intera
sua vita al variare dei carichi e delle circostanze, molte
delle quali possono essere imprevedibili. L‟adattività
viene spesso identificata con il comportamento
intelligente, proprio delle smart structures.
Le tecnologie naturali comportano la miniaturizzazione e
l‟integrazione. La sensorizzazione si manifesta
necessariamente al livello molecolare. La sensibilità può
essere molto elevata: il sensillum campaniforme degli
insetti, per esempio, può rilevare spostamenti nanometrici.
Il sensillum è integrato nel materiale composito fibroso
che costituisce l‟esoscheletro degli insetti in modo tale da
poter trasmettere gli spostamenti alla cellula-sensore senza
compromettere la continuità meccanica dell‟esoscheletro.
Questo sistema suggerisce un modello per i sensori di
deformazione inglobati nel rivestimento in materiale
composito dei velivoli moderni, i quali costituiscono la
base degli HUMS (health and usage monitoring systems)
oppure dei sistemi intelligenti di controllo e contro-
reazione. Il mondo scientifico aeronautico sta altresì
lavorando ad un profilo aerodinamico riconfigurabile, il
cui materiale costituente si ispira alle funzionalità della
pelle dell‟oloturia (cetriolo di mare). La pelle è costituita
da un materiale composito fibroso (collagene in una
matrice di muco-poli-saccaride) che può cambiare la
propria rigidezza. Così essa può rammollirsi, cambiare
forma e poi irrigidirsi nuovamente. Il sistema di
attuazione di un profilo alare potrebbe essere basato anche
sul principio di locomozione dei bruchi. Questo consiste
in un gel contenuto all‟interno di un contenitore
deformabile ingegnerizzato, rinforzato da fibre
opportunamente orientate. Il gel può venir stimolato
chimicamente (o elettricamente o termicamente), può
E
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 39 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
variare il proprio volume a causa dell‟assorbimento di
un solvente e può cambiare la propria forma in
funzione della geometria del contenitore, generando in
tal modo forze molto rilevanti. La smart structure
“definitiva” dovrebbe potersi progettare da sé:
individuare le zone sovrasollecitate e aggiungere
materiale fino a che lo sforzo (o la deformazione)
scenda sotto ad un limite prescritto. Al momento
esistono le tecnologie per individuare il sovraccarico,
ma mancano quelle necessarie per aggiungere
materiale automaticamente. I materiali self-healing,
nei quali una frattura viene riparata dal rilascio di
resina contenuta in capsule inglobate nella matrice,
rappresentano un primo passo in questa direzione.
L‟ideale sarebbe poter aggiungere materiale da una
fonte esterna, in modo che l‟efficienza ponderale della
struttura non venga compromessa dal doversi portare
appresso la propria salvezza. La combinazione della
pre-sollecitazione adattativa con la capacità di
rimuovere materiale dalle aree sotto-sollecitate
darebbe luogo ad una struttura veramente adattativa.
Questa sarebbe più leggera e più sicura, in quanto non
si verificherebbero mai concentrazioni di sforzo; il
fattore di sicurezza potrebbe essere ridotto allorché la
struttura raggiungesse il suo optimum progettuale,
indicato dalla riduzione della velocità di
riorganizzazione interna: il paradigma di tutto ciò è il
nostro scheletro.
Tutte le strutture devono sopportare delle forze con il
minimo dispendio di energia. Il modo più efficiente
per fare ciò è organizzare gli elementi resistenti in
triangoli, in archi a tre cerniere. Immaginando che le
tre cerniere siano il centro di circonferenze tanto
grandi da essere tangenti15
e che tali circonferenze
vengano premute le une contro le altre in maniera
isotropa nel piano: le curve si appiattiscono a partire
dai punti di contatto fino a trasformare la circonferenze
in esagoni regolari. Questa organizzazione è
onnipresente in natura ogniqualvolta debba essere
sopportato un sistema di forze isotrope nel piano: la
struttura dei nidi d‟ape (Figura 63.72), la terra inaridita
che si spacca a causa della contrazione (Figura 63.73),
gli occhi e le ali degli insetti, la pelle degli ananas e
delle giraffe (Figura 63.74), la sezione dei cristalli
metallici e perfino delle banane. La tecnologia ha
tratto insegnamento da ciò, facendo largo uso delle
strutture sandwich con riempitivo a nido d‟ape. Ma la
struttura esagonale è adatta a sopportare anche stati di
sollecitazione tri-dimensionali, e allora il piano si
trasforma in una sfera, come nel caso dello scheletro
della radiolaria (Figura 63.75), un micro-organismo
marino.
15 Questa modulo a triangoli e circonferenze può essere ripetuto all‟infinito a costituire strutture piane e spaziali.
Figura 63.72 – Topologia atta a sopportare forze con il
minimo dispendio d’energia: i nidi d’ape.
Figura 63.73 – Topologia atta sopportare forze con il
minimo dispendio d’energia: le fessure nei terreni inariditi.
Figura 63.74 – Topologie atte a sopportare forze con il
minimo dispendio d’energia: la pelle delle giraffe.
Figura 63.75 – La struttura scheletrica della radiolaria è in
grado di sopportare stati di sollecitazione tridimensionali.
Nello spazio, le circonferenze tangenti che costituiscono il
modulo di base si trasformano in sfere; ciascuna sfera è
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 40 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
circondata da 12 altre: perciò, se vengono premute le
une contro le altre (per esempio a causa della pressione
del gas contenuto), esse si trasformano in poliedri a 12
facce esagonali (in realtà, a causa della viscosità, della
tensione superficiale e delle condizioni al contorno, i
poliedri possono avere 12, 13 o 14 facce esagonali,
pentagonali o quadrate). In assenza di forze esterne, le
dimensioni dei poliedri sono tendenzialmente
omogenee; nel caso di gradienti di sforzo, le celle
poliedriche tendono ad assumere una forma allungata,
come nel caso delle ossa e del legno. Anche in questo
caso, la tecnologia ha mutuato il principio dell‟assieme
di celle poliedriche per realizzare materiali resistenti e
leggeri: le schiume. Da tutte queste considerazioni
possono essere individuate le più promettenti
caratteristiche delle strutture biologiche che sono o che
potranno essere implementate nelle future
realizzazioni ingegneristiche:
nanostrutturazione
multifunzionalità
funzionalizzazione superficiale
strutturazione ad alta efficienza
strutturazione gossamer e deployable
sensorizzazione e retroazione
ottimizzazione
mimesi di particolari prestazioni aerodinamiche
locomozione autonoma
tecniche produttive just-in-time
Infine, vale la pena di notare che, quando la natura fa
qualcosa che anche noi facciamo (p.e. le strutture
tubolari, i profili portanti, etc.) sorge il sospetto di una
sua intrinseca superiorità tecnologica. Viceversa,
quando essa prende strade differenti (p.e. gli eso-
tendini, gli idro-scheletri, etc.) nasce il dubbio
dell‟esistenza di mondi multipli, non ancora esplorati
da alcuna tecnologia, ma che è legittimo ritenere
governati da un‟Intelligenza Superiore.
Bibliografia
[1] Ashby, M.F.:
“Materials and the Environment”
Elsevier Butterworth-Heinemann – Oxford, 2009.
[2] Bar- Cohen, Y.:
“Biomimetics – Biologically Inspired Tecnologies”
CRC Taylor & Francis – Boca Raton, 2006
[3] Beukers, A., van Hinte, E.:
“Lightness: the Inevitable Reinnasance of Minimum Energy
Structures”
010 Publishers – Rotterdam, 1998.
[4] Dalsin, J.L., Messersmith, P.B.:
“Bioinspired Antifouling Polymers”
Materials Today, pagg.38-46, Settembre 2005.
[5] Darwin, C.:
“On the Origin of Species by Means of Natural Selection”
John Murray, Albemarle Stree, Londra, 1859.
[6] Dunlop, J.W.C., Weinkamer, R., Fratzl, P.:
“Artful Interfaces within Biological Materials”
Materials Today, Vol.14, No.3, pagg.70-78, Marzo 2011.
[7] Eisoldt, L., Smith, A., Scheibel, T:
“Decoding the Secrets of Spider Silk”
Materials Today, Vol.14, No.3, pagg.80-86, Marzo 2011.
[8] Gould, J.L., Gould C.G.:
“Life at the Edge”
W.H. Freeman and Company – New York, 1989.
[9] Gould, P.:
“Exploiting Spiders’ Silk”
Materials Today, pagg.42-47, Dicembre 2002.
[10] Fung, Y.C.:
“Biomechanics – Mechanical Properties of Living Tissues”
Springer-Verlag – New York, 1993.
[11] Klesius, M.:
“The Wings of Future”
National Geographic Magazine, Dicembre 2003.
[12] Klem, M.T., Young, M., Douglas, T.:
“Biomimetic Magnetic Nanoparticles”
Materials Today, pagg. 28-37, Settembre 2005.
[13] Lemaitre, J.:
“Handbook of Materials Behaviour Models”
Academic Press – San Diego, 2001.
[14] Livio, M.:
“La Sezione Aurea”
Rizzoli – Milano, 2003.
[15] Livio, M.:
“Dio è un Matematico”
Rizzoli – Milano, 2009.
[16] Ma, M., Hill, R.M.:
“Superhydrophobic Surfaces”
Curr. Op. in Colloid and Interface Science, Vol.11, pagg.193-202,
2006.
[17] Mueller, T.:
“Biomimetics: Design by Nature”
National Geographic Magazine, pagg.68-91, Aprile 2008.
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 63 - BIOMIMETICA
Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l‟uso di questo materiale a scopo di lucro. E‟ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza
autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 41 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano
[18] Naik, R.R., Stone, M.O.:
“Integrating Biomimetics”
Materials Today, pagg.18-26, Settembre 2005.
[19] Neinhuis, C., Barthlott, W.:
“Characterization and Distribution of Water-repellent, Self-
cleaning Plant Surfaces”
Annals of Botany, Vol.79, pagg. 667-677, 1997.
[20] Parker, A.R.:
“Natural Photonic Engineers”
Materials Today, pagg.26-31, Settembre 2002.
[21] Plawsky, J.L., Kim, J.K., Schubert, E.F.:
“Engineered Nanoporous and Nanostructured Films”
Materials Today, Vol.12, No.6, pagg.36-45, Giugno 2009.
[22] Poole, C.P. Jr., Owens, F.J.:
“Introduction to Nanotechnologies”
John Wiley & Sons Inc., Publication, Hoboken, New Jersey,
2003.
[23] Ratner, B.D., Hoffman, A.S., Schoen, F.J., Lemons, J.E.:
“Biomaterials Science”
Elsevier Academic Press – Londra, 2004.
[24] Tennekes, H.:
“The Simple Science of Flight – From Insects to Jumbo Jets”
The MIT Press – Cambridge, 2009.
[25] Thompson D‟Arcy W.:
“On Growth and Form”
Cambridge University Press, New York, 1942.
[26] Toth, L.F.:
“What the Bees Know and What They do not Know”
Bull. Amer. Math. Soc., 1964
[27] Vincent, J.F.V.:
“The Design of Natural Materials and Structures”
J. of Intell. Mater. Syst. and Struct., Vol.1, Gennaio 1990.
[28] Vincent, J.F.V.:
“Survival of the Cheapest”
Materials Today, pagg.28-41, Dicembre 2002.
[29] Vogel, S.:
“Comparative Biomechanics – Life’s Phisical World”
Princeton University Press – Princeton and Oxford, 2003.
[30] Weaver, J.C, Wang, Q., Miserez, A., Tantuccio, A., Stromberg, R., Bozhilov, K.N., Maxwell, P., Nay, R., Heier, S.T., Di Masi,
E., Kisailus, D.:
“Analysis of an Ultra-Hard Magnetic Biomineral in Chiton
Radular teeth”
Materials Today, Vol.13, Nn.1-2, pagg.42-52, Gennaio-Febbraio 2002.