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CAPITOLO QUINTO I CONTI ECONOMICI - Pietro Orsatti · ta per arrivare alle radici della...

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LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

CAPITOLO QUINTO

I CONTI ECONOMICI

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1. — Le operazioni economiche e finan-ziarie dell'organizzazione mafiosa sono sem-pre sfuggite ad ogni tipo di indagine. Nellastessa inchiesta della Commissione del Se-nato americano i dati forniti sui profitti esugli investimenti, sul così detto « riciclag-gio », cioè la trasformazione del denaro« sporco » in attività economiche legali, sonostati ricavati per via induttiva, ma in nessuncaso si è riusciti a penetrare all'interno deicanali operativi.

Eppure è da lì che occorre partire percombattere, con qualche speranza di succes-so, l'organizzazione mafiosa: quanto guada-gna, con quali mezzi, dove si inserisce con ipropri capitali, attraverso chi, quali canaliutilizza: sono queste le domande alle qualisi dovrà tentare di dare una risposta se sivuole impostare una efficace azione di lot-ta per arrivare alle radici della criminalitàorganizzata, sia mafiosa che comune.

Una dato costante, in tutti i tempi, dellaorganizzazione mafiosa è lo sfruttamento ditutte le attività possibili per ottenere i piùalti profitti; un dato variabile è la ricercadi alleanze o protezioni che consentono ofacilitano il raggiungimento dell'obiettivoprimario. Dal feudo alla speculazione edili-zia, ai traffici internazionali, la mafia è pe-netrata nei gangli più torbidi dello sfrutta-mento e dell'affarismo, alleandosi o copren-dosi di volta in volta con la grande proprie-tà fondiaria contro i contadini ed i brac-cianti, con l'apparato politico per l'accapar-ramento delle aree e gli indirizzi dello svi-luppo edilizio, con le lobbies economiche eaffaristiche per i movimenti internazionali.E offrendo, naturalmente, le contropartiteche essa sola sa garantire: la protezione del-

j la grande proprietà assenteista e parassita-I ria, la « clientela » ed i mezzi per mantener-! la ai politici, i « giochi » dei grandi interessiI finanziari ai potentati economici.

I pilastri su cui si regge questo enormepotere criminogeno sono stati e continuanoad essere quelli che l'ispettore Edwards del-la Polizia USA indicava alla Commissioned'inchiesta americana e che McClellan ripor-ta nella sua relazione: « il primo è la conni-venza, il secondo è l'assassinio come armainfallibile per incutere terrore al sottoboscodi tutta l'organizzazione criminale, il terzo èl'influenza politica, il quarto sono i mezzidi corruzione di cui i criminali si servonoper subornare gli ufficiali di polizia ed altripubblici ufficiali in genere ».

All'interno dell'organizzazione mafiosa esi-ste una rigorosa delimitazione di compitie di poteri tra il settore operativo e quelloeconomico-finanziario. Gli uomini del primo,anche a livello dei vice-capi, non si incro-ciano mai, per nessuna ragione, con quellidel secondo che formano una cerchia ri-strettissima ai maggiori livelli.

Nel rapporto McClellan fu individuato ilmeccanismo governato da « colui che detie-ne il denaro e lo manovra ». « Uno o piùmembri di fiducia della famiglia maneggianola maggior parte del denaro che provienedai suoi illeciti traffici. Colui che maneggiail denaro ha relazioni commerciali. Egli cu-rerà di investirlo in imprese lecite per na-sconderne la vera origine. Lo investirà inimportazioni, in beni immobili, in titoli dicredito, in azioni ed altre imprese proficue.La maggior parte dei profitti clandestina-mente andrà ai capi ».

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II signor Shanley della Polizia USA cosìdescrive i compiti e le azioni di chi detieneil denaro nell'organizzazione mafiosa: « avràanzitutto eccellenti e vaste relazioni e comesocio un astuto e spregiudicato uomo di af-fari. L'uno e l'altro uniranno due qualità:l'intelligenza e la forza. Gli obiettivi prin-cipali saranno gli investimenti legittimi, ma,in ogni caso, non si tralasceranno guadagnioccasionali, non completamente legittimi, fat-ti senza correre rischi eccessivi ».

Nell'azione di lotta alla mafia in Italiamancò e tuttora manca una strategia di con-trasto ed anche strumenti e mezzi adeguati,comprése alcune lacune legislative, per pe-netrare a fondo nei canali economici mafio-si, per individuare la direzione dei grandiprofitti, intuire i collegamenti tra i capidelle « grandi famiglie » ed i managers, spes-so insospettabili, che manovrano gli ingenticapitali.

Robert Kennedy deponendo come mini-stro della giustizia avanti la Commissionesenatoriale di inchiesta disse: « il criminaleorganizzato non è qualcuno che indossa lagiacca nera, una camicia bianca ed una spil-la di brillanti... È più probabile che sia ve-stito con un abito di flanella grigia ». Ilfatto che il sindacato del crimine non siafacilmente riconoscibile dalla massa del pub-blico, rende malauguratamente più temibilela sua potenza malefica. Il prezzo pagato— secondo Kennedy — non si limita sol-tanto alle attività delittuose legate al giocod'azzardo, alla prostituzione od ai trafficiilleciti, ma grava sulla collettività anchequando la mafia si introduce negli affarilegittimi, con fardelli che si manifestano conil racket della manodopera sfruttata e sotto-pagata, di costi di lavoro aumentati per ri-catti speculativi o « protezioni », per la su-bornazione e la corruzione dei pubblici uf-ficiali.

2. — Nel corso della nostra esposizionesono stati rilevati fatti che hanno comenecessario momento operativo l'impiego digrossi capitali ed in alcuni casi è stata an-che segnalata la vita tortuosa, che ha quasisempre una centrale estera, attraverso la

quale il denaro fluisce lungo rivoli miste-riosi, sconosciuti anche ai livelli medi dell'or-ganizzazione.

Nella relazione alla nostra Commissionenel dicembre 1973 il Comando della Legionedei Carabinieri di Palermo così riassumevai risultati della vasta indagine investigativasvolta nell'arco di due-tré anni ed estesain località varie del territorio nazionale (Mi-lano, Genova, Roma, Napoli) ed estero (Mal-ta, Zurigo):

a) la sussistenza di vincoli associativitra mafiosi e « gruppi vari » del palermita-no, del trapanese e del nisseno, in collega-mento con siculo-canadesi e siculo-ameri-cani;

b) una frenetica attività (telefonate,'in-contri, viaggi, soggiorni, « vertici ») proietta-ta in una gamma vastissima di azioni delit-tuose, tra le quali principalmente il traffi-co di stupefacenti ed il contrabbando ditabacchi;

e) la vastità dei contatti e dei collega-menti con gli ambienti più eterogenei e conqualificati esponenti della malavita di altrezone non dell'Isola, aventi come comune de-nominatore lucrose attività illecite (come giàdetto, importazione e sofisticazione di bur-ro, rapine di partite altrui, traffici di elet-trodomestici, vestiario, pellicce, preziosi,opere d'arte, eccetera);

d) l'evoluzione del modus operandi edelle tecniche dell'« organizzazione »;

e) l'ampia e diffusa trama di interessi,collegamenti, collusioni, compartecipazione,(ivi compresi finanziamenti occulti -di per-sone insospettabili, ovvero aperture credi-tizie di favore) che assicuravano ed assi-curano all'organizzazione un potenziale cri-minogeno ed operativo, per combattere ilquale è sempre più avvertita la necessità dipoter disporre di idonei strumenti specielegislativi (anche se eccezionali e tempora-nei).

Il questore di Trapani dottor Immordioiocon rapporto alla nostra Commissione del30 agosto 1973 così descriveva l'intreccio di

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interessi mafiosi, legali ed illegali, nella suaprovincia:

1) possibilità di sfruttamento delle ini-ziative pubbliche e private per la ricostru-zione delle zone terremotate della Valle delBelice che comportano l'impiego di gran-diosi capitali.

In queste oscure vicende manca un'analisiapprofondita che avrebbe potuto rivelare ladestinazione di capitali pubblici dispersi ininiziative costosissime e scarse di concretirisultati.

2) II sorgere di un rilevante numero disocietà delle quali fanno parte direttamen-te od indirettamente nomi di primo pianodell'organizzazione mafiosa legati al traffi-co degli stupefacenti.

Viene segnalata la possibilità di grossi de-positi, mai scoperti peraltro, di stupefacentiod altro materiale oggetto di traffici inter-nazionali, in località sedi di « centri di af-fari, aziende agricole o commerciali, impre-se edilizie » di italo-americani, o di manosio di loro prestanomi, trasferitisi dalla Sici-lia in altre zone della Penisola. Si ricordache in passato informazioni attendibili da-vano come mezzi per l'avvio degli stupefa-centi verso gli USA il commercio del pescesalato e del marmo. Di quest'ultimo mate-riale si ebbe un aumento dell'esportazioneverso gli USA nel periodo 1963-1970 da quin-dici a quarantuno milioni di metri cubi cherisultò sospetto perché un operatore eco-nomico italiano ebbe rifiutata ogni offertadi acquisto di questo materiale in quanto datempo non era richiesto dal mercato ame-ricano perché antieconomico.

3) Gli acquisti cospicui di beni immobi-li da parte di mafiosi spesso implicati inclamorosi casi di traffico di stupefacenti.Un imponente « riciclaggio », questo, che, vo-gliamo qui sottolineare, ha come protago-nisti noti personaggi del gotha mafioso qua-li Leonardo Grimi, Salvatore Zizzo, i fratelliGiacomo e Leonardo Adamo.

4) L'arricchimento rapido, in una ristret-ta zona tradizionalmente povera e più spe-cificatamente nel piccolo centro di Salemi,

di molte, di troppe persone, sempre di estra-zione mafiosa, anche attraverso attività ap-parentemente lecite.

La valutazione degli organi inquirenti e leindagini condotte dal Sottocomitato dellanostra Commissione concordano nel ritene-re che il movimento di denaro connesso alfinanziamento dei traffici illeciti è di taleordine di grandezza che necessariamente habisogno di una centrale operativa e direzio-nale, perché altrimenti i rischi non sarebbe-ro mai proporzionati ai profitti. Al rischiodel contrasto degli organi di polizia che ècalcolabile quasi sempre nel rapporto di unoa dieci, cioè ogni dieci operazioni una vienescoperta, si aggiungerebbe il rischio ben piùgrave del mondo torbido e violento dellamalavita o dei partners di affari che fareb-bero deviare una grossa parte delle opera-zioni nell'imbroglio o nella truffa.

La stessa grandezza dei profitti presup-pone la necessità unidirezionale del reinve-stimento o del « riciclaggio » attraverso so-fisticate operazioni che hanno il loro massi-mo punto di riferimento nei movimenti in-ternazionali di capitali e nelle operazioni va-lutarie per la speculazione sui cambi.

Un episodio collegato ai sequestri di per-sona dell'industriale Torielli e di Rossi diMontelera è significativo per qualificare iltipo di gestione centralizzata dei profittiilleciti di origine mafiosa. Uno dei protago-nisti dei rapimenti, Giuseppe Ugone, nel cor-so della sua latitanza telefonava spesso al ne-gozio di vini di Pullarà, che, come vedremo,era la copertura per le operazioni di LucianoLeggio, per chiedere aiuto perché aveva po-chi soldi. Eppure almeno uno dei rapimenti,quello del Torielli, aveva fruttato all'orga-nizzazione circa un miliardo e mezzo di lirenel febbraio 1973 (il rapimento era avve-nuto il 18 dicembre 1972 ed il rilascio il 7febbraio 1973). Dopo oltre un anno, nei pri-mi mesi del '74, la somma non solo nonera stata ripartita tra i componenti la coscamafiosa — ciò che invece è regola di com-portamento nelle bande di comune crimi-nalità — ma rimaneva introvabile, anchedopo l'arresto di Leggio, e in possesso diuna sola fonte.

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La canalizzazione della gestione dei molte-plici interessi dell'organizzazione mafiosaviene sfruttata attraverso varie modalità, chehanno esecutori obbedienti e fedeli, che dasoli non salerebbero neppure come utilizzarenoche centinaia di migliaia di lire, e mana-pers esperti che operano nell'ombra, pro-tetti dalla ferrea lesse del silenzio, rispettatinei ristretti entourages dei ricchi e dei po-tenti, coperti fiscalmente dalle resole di unsistema che privilegia l'anonimato del de-naro.

Così, per esemnio. Di Trapani Dieso, unmofìnqo di medio livello legato alla « nuovamafia » desii anni '60 ed in rapporti con Ba-dalamenti. viaggiava spesso verso pii USA edil Canada. AI ritorno da uno di Questi viaggifu processato e condannato per spaccio didollari fal=i. Nel 1968 lo ritroviamo a Paler-mo direttore generale ed azionista della so-

STCAS. attraverso la quale intendevap, lavori in appalto per circa sei mi-

liardi di lire. Ebbe anche un contributo dilire due milioni dall'Assessorato agricolturadella Regione, per apportare miglioramentifondiari ad un fondo di proprietà della mo-glie, esteso appena mq. 10.000 (sic!) in con-trada « Cipollaccia » di Cinisi. La somma,ovviamente, non fu mai impiegata per « mi-gliorie » sul fondo, ma per acquistare azionidella SICAS. « Questo episodio » scrive ilgiudice istnittorc Neri nella sua sentenza« dimostra la facile permeabilità della mafiatra i pubblici poteri ». Dimostra, anche laestrema duttilità Dell'usare i canali più im-pensati per l'impiego di capitali, e quellodegli appalti nelle costruzioni edilizie erauno dei più sfruttati.

A questo fine sono singolari ed estrema-mente significative le serie degli episodi chesono legati all'attività dei fratelli Teresi, no-mi che — come accertò il relatore nel corsodel sopralluogo effettuato a Palermo — alprimo approccio si rivelarono assolutamen-te nuovi, fuori da ogni « giro » di coschepalermitane ed incensurati. Poi con un lavorosottile di penetrazione gli organi di poliziascoprono che i Teresi, Girolamo ed Emanue-le, insieme con Bontade Stefano che abbia-mo incontrato nel corso della nostra espo-sizione, Albanese Giuseppe e Citarda Matteo,

altro noto mafioso, sono collegati con inte-ressi nella zona di Vittoria, provincia di Ra-gusa, dove, come abbiamo già rilevato, altrimafiosi di notevole prestigio, come i fra-telli Gambino, affluiscono tutti con coper-ture di vario genere (i Teresi per costruireun edificio, il Bontade per comprare manda-rini, i Gambino per acquistare terreni conlunghi tratti di costa) e dove si ritrova afare proprie indagini, poco prima della suascomparsa, il giornalista De Mauro.

I Teresi, tra l'altro, hanno alle spallel'esperienza palermitana di costruttori edili,attraverso le società TOMIC, RECOSI e CO-RES, che è interessante perché ha un aspettopeculiare: costruiscono undici palazzi perun valore di circa dieci miliardi di liresenza ricorrere a mutui o prestiti di alcungenere, neppure con le banche, ed hanno unfido di appena 16 milioni presso il CreditoItaliano.

L'attività operativa a Vittoria del gruppoTeresi-Albanese-Citarda è a livelli modestise si pensa che la costruzione del palazzoal quale sono interessati comporta l'impie-go di un capitale di 500 milioni. Ma anchel'altra e più sostanziosa attività imprendi-toriale a Palermo resterebbe pur sempre alivelli esecutivi di scarso valore ai fini dellanostra indagine se non si intravedesse, nelcomplesso e intricato gioco dei rapporti, uncollegamento con livelli operativi più alti,che vanno anche al di là del pur prestigiosoStefano Bontade. Questi, pur non disdegnan-do qualche cointeressenza nell'attività edili-zia, come si evince da alcuni carteggi seque-stratigli e che si riferiscono ad una costru-zione in Palermo, via Emiro Giafar, per l'im-porto di lire 210 milioni, cura soprattutto ilcommercio all'ingrosso dei prodotti orto-frutticoli, mantenendosi in contatto con« scaristi » di Napoli, Firenze, Bologna, SanRemo, Torino.

II suo invio al soggiorno obbligato nellazona partenopea — a Striano e poi a Qua-gliano — è provvidenziale per i suoi interes-si perché gli consente di intensificare i rap-porti con la potente famiglia Sciorio, chegli farà da « spalla » nell'intreccio dei moltirapporti che coltiva. Si ha così una ulterioreconferma della irrazionalità con cui la misu-

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ra del soggiorno obbligato è stata applicatae svuotata di ogni suo effetto di prevenzioneed è anzi servita a rafforzare legami di inte-ressi criminosi, che altrimenti avrebberotrovato qualche strozzamento o comunquemeglio si sarebbero prestati al controllo. Maper ritornare al nostro assunto, la tesi che ilgruppo non gestisce interessi propri, salvoqualche marginale cointeressenza, ma gliinteressi più vasti dell'organizzazione trovauna valida conferma nella grande mobilitàdei nostri personaggi con viaggi ed incontriche vanno da Malta, a Milano e Zurigo, inun intreccio vischioso, come è nella prassimafiosa, che, però, questa volta riesce a fareintravedere i livelli più alti, forse il secondodi tutta l'organizzazione, quello dei Greco.Si tenga presente che il « giro » Citarda-Tere-si-Albanese-Bontade ha caratteristiche e soli-darietà familiari, secondo il migliore costu-me mafioso, perché le tre figlie di MatteoCitarda sono andate spose rispettivamentea Teresi, Albanese e Bontade Giovanni, fratel-lo di Stefano. Il nome « Citarda » viene ritro-vato tra i nominativi elencati in un appuntorinvenuto a Tuminello Francesco, assassina-to nella strage di viale Lazio.

Quando il gruppo confluisce nel ragusano,zona di Vittoria, si intensifica la sua mobi-lità; Teresi Girolamo pernotta nella stessacamera dell'albergo Massimo D'Azeglio diRoma con Enrico Sciorio, fratello del piùnoto Luigi, assassinato, come abbiamo giànarrato, nel corso delle « faide » napoletane,dal 23 al 25 ottobre 1970; Teresi, Bontadee Levantino Francesco Paolo in occasionedella « battuta di caccia nel lodigiano » (unascusa per mascherare un mini-vertice mila-nese) si ritrovano con Messina Andrea, notocontrabbandiere e trafficante internazionale,legato ai fratelli Spadaro, dei quali abbiamosegnalato la potente organizzazione; e final-mente ritroviamo l'Albanese, il meno espo-sto della cosca, al vertice di Zurigo del 24giugno 1970, che era stato preparato congrande cura e con lunghi incontri prelimi-nari tra i « pezzi da novanta » dell'organiz-zazione mafiosa.

In quella primavera del 1970 gli interessierano tali e tanto importanti che lo stesso

Totò Greco, prima della riunione di Milanoe del vertice di Zurigo ed esattamente il 15maggio, sotto il falso nome di Caruso Rena-to Martinez attraversa la Penisola con unaautovettura noleggiata a Zurigo (l'episodioè stato ricordato nel corso della nostra nar-razione), ed approda a .Catania, cioè nellaparte della Sicilia orientale nella quale gra-vita il ragusano e la zona di Vittoria.

Prima di intraprendere il viaggio per Ca-tania, il Greco « ciaschiteddu » si è incon-trato all'Inn Park Hotel di Zurigo con Bar-bieri Alberto di nazionalità canadese (inrealtà era Tommaso Buscetta) e con FioreGiovanni di nazionalità brasiliana (in realtàera Davi Pietro).

Nel giugno al Central Hotel di Zurigosi ritrovano Greco e Buscetta, il quale ul-timo accoglie nella sua stanza dal 12 al14 luglio 1970 Albanese Giuseppe, che sinasconde sotto il falso nome di Messina; edil cerchio si chiude con i ripetuti incontridi Albanese con Totò Greco che secondo ladescrizione del portiere dell'albergo « daval'impressione di essere persona facoltosa,aveva effettuato numerose telefonate all'este-ro ed aveva ricevuto visite di persone di"aspetto autorevole"». Aveva anche chiestol'affitto di una villetta per un mese a qual-siasi prezzo e la prenotazione di un postoin aereo per Santiago del Cile via NewYork.

La molteplicità degli interessi, la loro im-ponenza, l'utilizzazione di capitali per inve-stimenti (come quelli edilizi dei Teresi) aldi fuori di ogni regola di comune condotta, ilfatto che tutto si armonizza e si salda senzacontrasti violenti o resa di conti sanguinosa,tutto ciò dimostra l'esistenza di una centraleoperativa che gestisce l'impiego dei capitalie l'utilizzazione dei relativi canali.

Se poi si aggiunge che Calderone Giusep-pe, l'uomo di Catania assunto ai vertici del-l'organizzazione, era amico di Di CristinaGiuseppe, a sua volta « conosciuto » dall'exsenatore DC Graziano Verzotto, oggi lati-tante per la nota gestione dell'Ente minerariosiciliano ed i suoi rapporti con le bancheSindona, « è agevole dedurre » scrive il G.I.Neri nella sua sentenza « che tutti gli

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imputati, dietro la copertura di attività le-cite, erano inseriti nell'associazione mafio-sa ed operavano abilmente, in sordina, alivello elevato traendo dal contrabbando in-gentissimi utili. Non si tratta di una squa-dra contrabbandiera avulsa dalla mafia, madi personalità mafi'ose dedite al contrab-bando ». Naturalmente molti risvolti dell'or-ganizzazione restano oscuri, come per esem-pio in qual modo e con quali mezzi i Teresiriescono ad accaparrarsi le aree fabbricabilie con quali sistemi ottengono le licenze edi-lizie, attraverso quali canali ricevono i fon-di per finanziare le loro imprese, quali altriinteressi erano collegati, oltre quelli del con-trabbando, alla presenza dell'organizzazionenel ragusano, ma l'approfondimento di que-sti ed altri elementi presuppone l'esisten-za di sistemi e mezzi di indagini, di coor-dinamenti a livelli internazionali, di vigilan-za bancaria che oggi non esistono.

3. — Abbiamo già ricordato come unodegli aspetti più sconcertanti del fenomenomafioso è che non si riesce a conoscere, nep-pure per larga approssimazione, il « girod'affari », nella sua entità economica, dellaorganizzazione mafiosa. Anche nell'inchiestacondotta dal Senato degli USA le cifre —in bilioni di dollari come rilevava RobertKennedy — sono date più per intuizioneche per valutazione di dati. Qualche accen-no più specifico si trova nelle indagini rela-tive alle singole « famiglie », meno quellepiù importanti di New York.

Il Sottocomitato di indagine della nostraCommissione con l'ausilio prezioso del Co-mando generale della Guardia di finanza hatentato un primo approccio con questa dif-ficile questione, partendo dai dati « in per-dita ». Esistono, cioè, almeno per un setto-re, quello del contrabbando del tabacco, de-gli elementi certi che sono dati dalle perditesubite per sequestri dalle organizzazioni con-trabbandiere. Tenendo conto che il rapportoperdite-profitti deve essere comunemente da1 a 10, in modo, cioè, che la perdita sia lar-gamente compensata dal profitto non conl'utile commerciale, ma con quello propriodell'illecito per tenere in piedi l'organizza-

zione, si può, per larga approssimazione, cal-colare l'imponente giro di affari. In appen-dice è riportato il documento lili che forni-sce il prospetto riepilogativo dei dati presiin considerazione attraverso l'indagine percampione su tre anni: 1954-55 (dal luglioal giugno); 1965 e 1973 (v. ali. 4).

I quadri A e B forniscono per i tre eserciziscelti i dati relativi al quantitativo in chilo-grammi del consumo nazionale di tabacchied al loro valore in lire con la distinzionedella quota di spettanza dell'Erario — cheè la più ingente — e di quella per il Mono-polio per i costi di produzione.

II consumo annuale medio di sigarette è di90 mila tonnellate circa e l'incidenza delcontrabbando, mafioso e non mafioso, è del10-12 per cento, cioè di 10 mila tonnellatecirca. Se si considera che il profitto (quadroC del documento lili) per chilogrammo in-trodotto di contrabbando è all'inarca dilire 12 mila, si ha una « torta » annua nelsolo contrabbando di tabacchi di lire 120miliardi, che viene divisa tra le organizza-zioni mafiose e quelle contrabbandiere inuna percentuale che non può essere infe-riore al rapporto 70 per cento contro 30per cento.

Queste valutazioni coincidono anche conil rapporto tra perdite subite e profitto. Pre-messe le considerazioni di ordine generaleche sono riportate nel quadro h) del docu-mento lili, e valutando mediamente il valo-re di ciascuna cassa di sigarette sequestratain lire 100 mila, il danno riportato dalleorganizzazioni contrabbandiere per ogni an-no dei tre scelti a campione può essere cosìdefinito:

Anno

1955

1965

1973

N. casseda 10 Kg.

sequestrate

19.498

25.108

77.114

Danno derivantealle organizzazionicontrabbandiere

Circa 2 miliardi di lire

Circa 2 miliardi e 500milioni

Circa 8 miliardi di lire

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In queste valutazioni non sono compresii danni derivanti dai sequestri dei mezzi ter-restri e marittimi perché il loro valore nonincide nella determinazione del danno su-bito dall'« organizzazione » in quanto inte-stati a terze persone che risultano estraneeai fatti di contrabbando e quindi vengonorestituiti perché non confiscabili.

La sostanziosa entità delle perdite che perla parte dell'organizzazione mafiosa può va-lutarsi per l'anno a noi più vicino preso inconsiderazione, cioè il 1973, all'incirca sui5 miliardi, convalida l'ipotesi di una gestioneoperativa centralizzata, perché all'interno diquelle perdite non si verificano squilibria danno di una o più cosche ed a vantaggiodi altre.

Se mancasse questo coordinamento si ve-rificherebbero motivi di grave conflittualitàall'interno dell'« organizzazione » perché i ca-si, per esempio, di sequestro potrebbero col-pire più volte la medesima banda o cosca,senza possibilità di rifarsi con i profitti suc-cessivi, e lasciare del tutto indenni altrecosche che vedrebbero così enormemente au-mentati i propri guadagni. Ma l'elemento piùconvincente, pur se rimane il più oscuro,per la qualificazione dell'« organizzazione »come strumento operativo unico, anche seesecutivamente dispone di molteplici organi-smi periferici muniti di una certa autono-mia, è dato dall'utilizzazione delle ricchezzeaccumulate. L'entità di esse è tale che cia-scun capo a livello medio può soddisfare ibisogni ed i piaceri più immediati di unavita in genere difficile e tribolata: compradue o tre appartamenti, come Gerlando Al-berti, spende con generosità in viaggi egrandi alberghi, frequenta night clubs e ri-storanti alla moda, ma non è mai risul-tato, neppure per Luciano, che il singoloabbia fatto investimenti di entità rilevan-te, per esempio superiore al miliardo. Nelparagrafo seguente esamineremo i conti ban-cari di singoli mafiosi di livello medio-alto e vedremo come in essi si facciano « gi-rare » somme consistenti, sui cento o due-cento milioni, ma siamo sempre al livellodell'utile individuale, non dei grandi profit-ti. Eppure essi esistono e sono centinaia dimiliardi; dove vanno a finire? Nessuno oggi

è in grado di dare una risposta precisa aquesta domanda. Si può immaginare, conbuona approssimazione alla realtà, che l'or-ganizzazione oppure il capo di una « fami-glia » viene assistito da « consiglieri » econo-mici-finanziari, estranei all'azione criminaleche produce la « moneta sporca », ed inte-ressati solo al suo « riciclaggio », cioè allatrasformazione in moneta « pulita » con ope-razioni finanziarie lecite. La rispettabilitàdel « consigliere », la sua familiarità conambienti dell'alta finanza o di circoli eco-nomici rendono insospettabile la provenien-za dei capitali impiegati, per i quali peral-tro nessuno mai, nel mondo neutro degliaffari, chiederà l'origine. Nell'attività di San-to Sorge, che esamineremo tra breve, c'è giàla visione, appena accennata e non semprelimpida, di questo modo di operare e dellestrane convergenze o connivenze che essocomporta. In definitiva è il sistema capitali-stico, con le regole del suo gioco, con l'ano-nimato dei titoli, con l'indifferenza per laorigine del denaro, con la mobilità internazio-nale dei capitali, con i segreti bancari checonsente ad un'organizzazione sapiente espregiudicata, mafiosa o non, di proteggeree moltiplicare i valori del grande capitale.Si deve aggiungere, poi, la circospezione so-spetta, la cautela con cui opera, nel maneg-gio del denaro, l'organizzazione mafiosa edè questo un ulteriore carattere distintivo dal-la criminalità organizzata comune.

Nell'indagine relativa al processo dei« 114 » c'è un episodio che è rivelatore diquesto modo di operare. Nel 1971 vennerotrovati addosso a Citarda Anna, la convi-vente di Gerlando Alberti, due assegni cir-colari di lire 1 milione ciascuno intestati aGaeta Francesco. Erano stati emessi da unaagenzia di Napoli del Monte dei Paschi diSiena presso la quale il giudice istnittorcsequestrava la distinta con cui gli assegnierano stati richiesti. Scoprì che i titoli nonerano due, ma 14, tutti per 1 milione ciascu-no e attraverso le copie fotostatiche accertòche due erano stati riscossi da certo Espo-sito Carmine per conto del contrabbandierenapoletano Di Carluccio Eduardo, tre eranostati riscossi da Capone Luigi che fungevada intermediario di Amirata Giuseppe per

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l'acquisto di un terreno, ed Amirata a suavolta era uomo di Alberti, ed 8 erano statiincassati da un commissionario di borsadi Roma, il quale aveva consegnato l'equi-valente in contanti a persona non precisatache si era presentata nel suo ufficio su se-gnalazione di un suo amico cittadino sviz-zero residente a Lugano.

4. — Durante il periodo di maggiore pro-sperità e di rigogliosi affari per l'organizza-zione mafiosa, cioè dal vertice di Palermodel 1957 fino alla strage di Ciaculli del 1963,la sicurezza dell'apparato operativo mafiosoha raggiunto tali livelli di serenità e di tran-quillità, da consentire una libertà ed unascioltezza di movimenti e di azioni che ra-sentano la sfrontatezza e l'arroganza. Il cal-colo, come abbiamo avuto modo di notarepiù volte, in fondo non era sbagliato perchél'autorità pubblica di prevenzione e di re-pressione o non esisteva o era stranamentesorda e cieca. Questo consentì qualche sma-gliatura nella rete rigida e rigorosamenteprotetta del gioco dei reciproci interessi,sicché quando le indagini, dopo Ciaculli, co-minciarono a penetrare in profondità, ap-parvero situazioni anomale nelle condizionieconomiche a livello di capi-regimi, che nontrovavano alcuna giustificazione in attivitàproduttive lecite e facilmente erano ripor-tabili ai resti, alle briciole di ben più lucro-se operazioni.

Frank Garofalo, per esempio, aveva unaposizione di rilievo, forse al terzo livello, al-l'interno dell'« organizzazione » eppure com-mise atti di leggerezza ed ebbe momenti didebolezza nel maneggio e nell'utilizzazionedel denaro.

Non arriverà all'ingenuità di altri di accen-dere, come vedremo, conti correnti bancariper tutte le operazioni, probabilmente lecite,ma che avevano una fonte sospetta, ma nonresisterà all'investimento per avere il pezzodi terra al sole. Il giudice Vigneri scriveràcosì di lui: « ha realizzato un ingente pa-trimonio in beni immobili ed in denaro, sol-tanto in parte noto, essendo sfuggito al con-trollo dell'autorità giudiziaria quella parteche il Garofalo possiede presso il Creditosvizzero ed altre banche estere... come è

provato dal fatto che esistono dei titoli del-la American telephon and telegraph i qua-li non possono essere depositati e negoziatipresso banche italiane ».

Le proprietà immobiliari non erano ecce-zionali e consistevano in poco più di 4 etta-ri di terreno ed un appartamento; ma illoro valore unito a quello dei titoli mobi-liari che fu valutato in lire 90 milioni (del1965), indussero il giudice a scrivere, giu-stamente, che « l'ingente capitale accumulatodal Garofalo, non trovando una lecita cau-sale, è frutto delle illecite transazioni svoltedall'imputato nel quadro dei programmi de-littuosi dell'organizzazione di " Cosa Nostra "della quale egli è e rimane fino ad epocarecente un alto esponente ».

Joe Imperiale, che era pedina del Garo-falo, fu più ingenuo o più sfrontato perchécomprò quattro appartamenti a nome dellamoglie, chiese l'apertura di un conto corren-te presso il Banco di Sicilia dove furono tro-vate operazioni di somme versate per lire93 milioni. Anche per lui fu facile al giudiceistruttore « incastrarlo » perché « come sem-plice operaio della compagnia portuale diPalermo con la retribuzione ultima di lire120 mila mensili non può spiegarsi l'ingenteincremento subito dal suo patrimonio ».

Diego Plaia è un uomo di « rispetto » nel-la potente famiglia dei Magaddino di Ca-stellammare del Golfo, tanto che intrattienerapporti con Ganco Russo e Vitaliti Rosario,il « cuscinetto » di Luciano. È uomo talmen-te sicuro di sé e del mondo che lo proteggeda tenere conti correnti bancari presso qua-si tutte le banche: Banco di Roma, Bancodi Sicilia, Cassa di risparmio, Banca sicula,Banco del Sud. È vero che ha la rappresen-tanza della Fiat, il che è una ulteriore provadella sua potenza e di legami con l'établisse-ment locale, ma la sua impudenza, poi rive-latasi imprudenza, arriva al punto di « effet-tuare pagamenti di rilevanti somme — scri-ve il giudice Vigneri — in favore dei mafio-si Di Maggio Procopio, esponente della mafiadi Cinisi e Terrasini, Bacchi Domenico espo-nente della mafia di Partinico e Rimi Vin-cenzo, capo della mafia di Alcamo ». Questoultimo è quel Rimi, recentemente morto di

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vecchiaia, il cui nome è stato portato allaribalta della cronaca dal figlio, ragioniereal comune di Alcamo repentinamente assun-to alla Regione Lazio. Nei conti bancari ilPlaia fa « girare » complessivamente, percirca 4 anni, 250 milioni, ha acquistato 133ettari di terreno e due appartamenti: unabuona posizione economica che però suscitai sospetti del giudice per il quale non ha« altra giustificazione se non nell'attività il-lecita svolta dal Plaia nella esecuzione deiprogrammi della delinquenza associata ».

Il genero del Plaia, Magaddino Giuseppe« ha svolto — scrive il giudice Vigneri —in seno all'associazione mafiosa un ruolo dicopertura delle attività illecite del padre edel suocero consentendo a costoro di mi-metizzare parte degli ingenti guadagni rea-lizzati dietro lo schermo dei movimenti didenaro connessi all'attività di imprenditoreedile ». Nei conti bancari ha fatto versa-menti nel quinquennio antecedente al 1965per lire 380 milioni circa, una somma co-spicua rapportata ai valori di allora, e peròrisulta scoperto con le banche nel 1965 di27 milioni.

Tutte queste posizioni personali hanno ri-lievo certo, ma dal punto di vista del giroglobale degli affari in quel particolare pe-riodo di bonaccia e di « vacche grasse », so-no marginali e rappresentano le briciole re-sidue del lauto pranzo. Sono importantiperché l'atteggiamento spavaldo e di sicurez-za di questi uomini, attenti e cauti, edu-cati e cresciuti alla scuola difficile dei si-lenzi e della discrezione, mostra e qualificaun momento particolare di crescita dell'or-ganizzazione mafiosa in contrapposto allaposizione subalterna o compiacente o sem-plicemente incapace ed impreparata dell'ap-parato pubblico; il fenomeno, infatti, non èpiù ripetibile e la successiva nuova mafiasi guarderà bene dall'avere contatti di qual-siasi genere con le banche, come chiaramen-te ci è stato rivelato dall'esempio dei 14 as-segni di Gerlando Alberti.

5. — Con l'indagine su Santo Sorge siapre uno spiraglio, che tale resta, sul miste-rioso ed oscuro mondo di grandi profitti e

della loro gestione dell'organizzazione ma-fiosa.

Il gioco, ora, è all'ingrande e gli strumentisono ad esso adeguati: vertiginosi movimen-ti di titoli e di capitali, cointeressenze di va-rio genere, la girandola delle società, insom-ma, tutto il complicato e sofisticato intreccioche il sistema offre per la gestione e l'accer-tamento di grandi fortune finanziarie.

Sorge fino al 1955 ha dimorato in USA incondizioni economiche di vera povertà; Ca-logero Orlando, uno strano ed intraprenden-te uomo di affari che è rappresentante dimolte ditte italiane in USA, dirà che in quel-l'anno ha partecipato con 50 dollari ad unacolletta in favore di Sorge che era grave-mente ammalato.

Nel 1957 al vertice palermitano Sorge èatteso dailla comitiva di bosses, già convenutia Palermo, per circa due giorni. Qualchemese dopo il summit dell'Hotel delle Palmeassume la funzione di incaricato della societàamericana Rimbrock Tidelands in nome eper conto della quale entra in contatto conla s.p.a. SOM che in Sicilia svolge la suaattività nel campo delle ricerche petrolifere,allora ricche di speranze e di sostanziose sov-,venzioni pubbliche, per l'apporto di capitali:finisce con il rilevare l'intero pacchetto azio-nario della SOM e quindi la concessione perricerche petrolifere che essa ha già ottenutodalle autorità regionali.

Non si sa se ricerche furono fatte o sitrattò di una semplice copertura: se a suotempo si fosse iniziata una indagine sicura-mente si sarebbe percorsa una pista di gran-de interesse. Qualche sospetto l'ebbe la po-lizia USA più per il via vai Italia-USA cheil Sorge faceva quale rappresentante dellasocietà americana, che per i veri affari cheerano gestiti in Sicilia. Quando il giudice Vi-gneri nel 1964 iniziò le proprie indagini sitrovò di fronte a gestioni ormai finite chedietro non avevano lasciato che pochissimee labili tracce.

Con la fine del 1960 scade la concessionepetrolifera e quindi la Rimbrock cessa ogniattività, ma non si ferma il Sorge che im-mediatamente nel gennaio 1961 costituisce aPalermo con capitali statunitensi da lui pre-

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sentati come provenienti dal gruppo finan-ziario di Bill Hayden e di Donald Mackenna,la s.p.a. Mediterranean Metals, da noi in-contrata nel corso della nostra narrazione,ed un anno dopo l'8 marzo 1962 la s.p.a. Me-diterranean Copper.

Le due società dovrebbero sfruttare alcu-ni brevetti industriali per la lavorazione delrame di proprietà della società KemetalsCorporation di New York, ma in realtà nonsvolgono alcuna attività ed il loro vero sco-po — scrive nella sua sentenza il giudice Vi-gneri — è quello « di restituire ai finanzia-tori residenti negli Stati Uniti, sotto formadi pagamento forfettario (Jump Sum) di fit-tizie royalties, il denaro che da costoro vie-ne di volta in volta versato attraverso altresocietà anonime finanziarie, all'uopo costi-tuite fuori dagli USA, alle menzionate socie-tà Medimetals e Medicopper, sotto formadi incremento azionario ».

Probabilmente non era solo questo lo sco-po perseguito anche se certamente facevaparte del gioco. L'aumento di capitale dalire 1 milione fino a dollari 448 mila pari alire 274 milioni 552 mila era sì vistoso manon tale da mobilitare un uomo della in-traprendenza e dalle « entrature » di Sorgee società del potente gruppo Haymac alquale appartenevano in realtà la Medimetals,la Medicopper la Kametals.

Nel corso delle indagini Vigneri, cioè nel1965 quando ormai tutto l'apparato erasmembrato e dissolto, la Guardia di finanzatrova il bandolo della matassa per scoprireil giro di valuta, calcolata in lire 162 milionicirca, da Panama, sede della Haymac, inSicilia e da qui verso gli USA, e accertapure che i brevetti commerciali Jemetals « so-no privi di valore economico, tanto che do-po essere stati sperimentati nelle Filippinedal potente gruppo finanziario americanoMonsarto erano stati abbandonati perché ilprocedimento ad essi connesso non era eco-nomicamente conveniente ».

Ma il vero problema non era questo. Sareb-be stato molto più interessante, anche sedifficile, accertare quali interessi rappresen-tava Sorge nel gruppo Haymac, e come que-sto si collocava nel rapporto con « Cosa no-

stra », non potendosi certo ignorare la (fun-zione di Sorge all'interno dell'organizzazionemafiosa americana.

Gli ispettori di polizia Shanley e Salernotestimoniarono che « le società Medimetals,Medicopper e Menatals erano servite al Sor-ge per regolarizzare mediante la sua inte-ressenza nella Haymac quegli ingenti capi-tali che per la loro illecita provenienza nonpotevano essere immessi nel mercato finan-ziario americano dove vige una rigorosissimalegislazione fiscale che controlla il capitalefin dalla sua formazione ». Il campo d'azio-ne, quindi, è ben più vasto di quello deri-vante dalle manovre sugli aumenti di capi-tale della società e coinvolge, probabilmente,profitti di altra natura e di diversa origine,come quelli derivanti dai traffici, allora fio-renti, degli stupefacenti.

Comunque l'indagine su Sorge resta lasola ed unica che rivela il legame dell'or-ganizzazione mafiosa, non nella fase dellaacquisizione dei profitti illeciti, ma in quellasuccessiva della loro trasformazione in « mo-neta pulita », con il mondo sofisticato dellegrandi corporazioni economico-finanziarie.E mostra quanto tenui e labili siano i con-fini tra lecito ed illecito, allorché si devonogestire grandi capitali e si devono immetterenel loro circuito quelli di cui si vuole igno-rare la provenienza e che si sono lasciatidietro una lunga serie di sangue e di dolore.

Nel contrabbando di tabacchi che è ilsettore dei traffici illeciti dove è più sco-perto il rapporto con certo mondo bancario,specialmente svizzero, uno dei sistemi di pa-gamento della mercé è quello di versare ildenaro ai rappresentanti in Italia del vendi-tore, i quali a loro volta lo versano in con-ti correnti bancari o su libretti di risparmial portatore accesi presso banche milanesi,comasche o del varesotto, su nomi fittizi odi persone compiacenti.

Nel corso di indagini svolte nel 1970-1971nelle province di Como e di Varese la Guar-dia di finanza accertò che la Banca Weissdi Lugano aveva adottato il sistema dei con-ti correnti e dei libretti al portatore costi-tuiti nelle province di Como e Varese damolti prestanomi per somme che si aggira-vano sui 300 miliardi di lire che poi trasfe-

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rivano in Svizzera con compensazioni oc-culte, un sistema largamente praticato perl'esportazione clandestina di valuta (la co-siddetta fuga dei capitali), non necessaria-mente legata al mondo del contrabbando.Uno di essi, largamente utilizzato per co-prire i profitti dei traffici illeciti, è quellodi accreditare o pagare ai familiari di emi-grati in Italia il controvalore in lire dellerimesse che, perciò, rimangono all'esteronella valuta del luogo di lavoro.

L'aspetto più impressionante nei sequestridi persona è la sparizione quasi totale deldenaro del riscatto. Delinquenti comuni pri-vi di una organizzazione internazionale at-trezzata su basi di grande competenza tecni-co-finanziaria non sarebbero nelle condizio-ni o non avrebbero alcuna possibilità con-creta di occultare per molto tempo o di uti-lizzare le forti somme del riscatto, quasisempre tutte memorizzate dai calcolatorielettronici e quindi facilmente individuabili.Occorre un tortuoso e complesso camminoper depurare il denaro del riscatto e ren-derlo « pulito », e lungo questo cammino siinseriscono, più o meno consapevolmente,alcune strutture del sistema capitalistico co-me quella bancaria o quella di borsa o deicambi. L'accesso, però, non a tutti è con-sentito e non è neppure facile; occorronoamicizie, compiacenze, legami sottintesi chesolo operatori smaliziati possono coltivareo sfruttare.

L'organizzazione mafiosa è egregiamentepreparata ed attrezzata per queste esigenzee la sua ferrea legge interna assicura co-perture e silenzi che sono una garanzia perogni collaboratore collaterale od occasio-nale. Vedremo nel capitolo successivo comeil salto qualitativo e quantitativo dei rapi-menti, da quelli dei pastori banditi sardi aquelli sicuramente attribuibili all'organizza-zione mafiosa, segna una svolta in questotipo di delitto, che coincide con l'inaridirsidi altre fonti, già preziose e prestigiose, digrandi profitti illeciti, ma utilizza la stessatecnica dell'acquisizione e del riciclaggio deldenaro, sfruttando i medesimi canali.

Questo secondo aspetto dell'attività delin-quenziale connessa all'acquisizione di forti

sómme di denaro, sia di origine mafiosa checomune o parapolitica, è stato trascuratodalle forze della pubblica sicurezza, in parteper difetto di adeguata e moderna legisla-zione, in parte per mancanza di mezzi effi-cienti e di preparazione specialistica.

Se la traccia della criminalità si perdee si confonde nel momento in cui si inse-risce in un determinato circuito economico-finanziario per il rigorismo di vecchie for-mule ottocentesche, come per esempio quelleconnesse al rigidissimo segreto bancario, oquello della non collaborazione fra gli Stati,nel calcolo sbagliato di difesa di interessipropri e non comuni, una buona metà dellavoro degli inquirenti diventa superfluo. Ilprimo momento dell'impatto con il delitto,o mafioso o della criminalità organizzata,non sempre è il più facile, anzi l'autoritàinquirente arriva in genere o a cose fatte,come nei sequestri di persona, o a traccedisseminate da false piste o con prove giàinquinate: tutto il lungo ed in gran partevano cammino dell'Autorità giudiziaria en-tro la mafia è segnato da questa terribilerealtà.

Il momento migliore dell'investigazioneper questo tipo di criminalità è la valuta-zione del dato economico, che implica ricer-che minuziose per sfuggire ai trabocchettidi prestanomi o dell'anonimato delle socie-tà, ma che è possibile risolvere se si hannostrumenti adeguati. L'indagine sui primi ra-pimenti mafiosi, quelli di Torielli e di Rossidi Montelera, ebbe una svolta positiva ap-pena si passò alla valutazione del dato eco-nomico dei primi sospettati, gli Ugone ed iGuzzardi. L'indagine su Luciano non appro-dò mai ad alcun risultato perché fu trascu-rato il dato economico che poteva essere ilsolo valido per comprendere il dominio diquel boss.

Molte ricchezze improvvise e sfacciate re-stano spesso senza plausibili spiegazioni spe-cialmente nelle grandi aree metropolitanedove si mimetizzano e raramente vengonoallo scoperto. Spesso molte di esse sono ilfrutto di oscure collaborazioni con la mala-vita organizzata o di cointeressenze di inte-

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ressi diretti o collaterali, con alcuni tipi ditraffici illeciti internazionali.

In uno dei sequestri di persona più oscurie tuttora non risolto non solo non eranoconosciute le possibilità economiche dellavittima, ma pare abbia qualche consistenzala ipotesi del rapimento come conseguenzadi uno « sgarro » nel mondo del contrabban-do, di cui la vittima era compartecipe adun livello altissimo e non sospettabile.

La legislazione di uno stato moderno nonpuò ignorare questi fenomeni di abnormi edinspiegabili arricchimenti che appaiono prividi cause lecite, salvo quella che viene comu-nemente riferita a copertura di interessi disocietà estere, spesso anche loro « fasulle ».Per rimediare a questi fenomeni che ognitanto assurgono al clamore della cronaca perpoi ricadere nell'acquiescenza rassegnata edineluttabile deve essere utilizzato con rigoreil controllo fiscale, ma deve essere prevista

anche una disciplina che imponga un con-trollo delle fonti di arricchimento.

La stessa mancanza di collaborazione in-ternazionale tra gli Stati è il frutto di vecchipregiudizi o di calcoli che oggi si sono rive-lati sbagliati e si ripercuotono come unboomerang, a breve od a medio termine, sul-lo Stato « protettore ». Il campo di azionedella criminalità organizzata è talmente va-sto che esso può spostarsi con l'estrema ra-pidità dei moderni mezzi di comunicazionein tutti gli Stati di una medesima area con-tinentale o non poche volte anche in areeintercontinentali.

In ogni paese produce fenomeni « indiret-ti » di criminalità comune, di corruzione, diinsicurezza, di alterazioni dei modi di ci-vile convivenza per cui crea problemi che intermini di pace sociale costano moltissimo,molto di più sicuramente dei profitti checiascuno pensava di. trarre da esasperateforme di protezionismo economico-bancario.


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