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Caratteristiche, codici e prospettive di mercato del ... filePercezione, caratteristiche generali e...

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1 Ricerca Qualitativa sui Consumatori N° 8 gruppi Torino, Milano, Bologna e Bari Caratteristiche, codici e prospettive di Caratteristiche, codici e prospettive di mercato del mercato del Concetto di Qualità Concetto di Qualità nei nei PRODOTTI AGROALIMENTARI PRODOTTI AGROALIMENTARI in favore di IMA Piemonte in favore di IMA Piemonte SINTESI del Rapporto Finale FASE Motivazionale Maggio-Giugno 2006
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Ricerca Qualitativa sui ConsumatoriN° 8 gruppi

Torino, Milano, Bologna e Bari

Caratteristiche, codici e prospettive di Caratteristiche, codici e prospettive di mercato del mercato del

Concetto di QualitàConcetto di Qualitànei nei

PRODOTTI AGROALIMENTARIPRODOTTI AGROALIMENTARI

in favore di IMA Piemontein favore di IMA Piemonte

SINTESI del Rapporto Finale FASE Motivazionale

Maggio-Giugno 2006

2Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

OBIETTIVI DELLA RICERCAOBIETTIVI DELLA RICERCA

Individuare i principali fattori competitivi e di successo per un pieno utilizzo del Concetto di Qualità e delle relative declinazioni e certificazioni, nella percezione del consumatore, in particolare:

Percezione, caratteristiche generali e significato del Concetto di Qualità nei prodotti agroalimentari presso il consumatore finale

Conoscenza, percezione, significato relativi alle singole denominazioni DOC, DOCG, VQPRD, DOP, IGP

Percezione, valori e capacità di conferire segnali di qualità nelle “Marche Collettive”VS. “Brand Individuali”

3Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

OBIETTIVI DELLA RICERCAOBIETTIVI DELLA RICERCA

Le diverse declinazioni e attribuzioni di qualità sulle diverse aree e tipologie diprodotti agroalimentari Piemontesi (vino, formaggi, carne, frutta), anche in confronto con i prodotti agroalimentari di altre regioni

Individuazione delle potenzialità e codici di comunicazione idonei per sviluppare strategie e azioni di marketing a supporto della Qualità dei prodotti Agroalimentari Piemontesi

Le diverse possibili forme emergenti e qualificanti di Certificazione di Qualità (ISO 9000 e consimili) e ai concetti di Filiera e di Tracciabilità/Rintracciabilità

Approfondimento dei requisiti e attese del consumatore verso le certificazioni e denominazioni di qualità in alcune aree agroalimentari particolarmente significative (vino, formaggi, carne, frutta)

Metodologia

4Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

METODOLOGIA METODOLOGIA

� Condotti da psicologi ricercatori, esperti in questa tipologia di indagini� Con N° 8 partecipanti per ogni gruppo, per la durata di 3 ore� Il campione è risultato composto da Responsabili d’acquisto/Consumatori di prodotti

agroalimentari di Qualità, accuratamente selezionati

Il field si è svolto nei mesi di maggio-Giugno 2006I risultati sono stati analizzati dai Ricercatori di Lexis ed elaborati nel Rapporto Finale

Motivazionale e Psicolinguistico

N° 8 Focus Group

In 4 location significative per il committente

MilanoTorinoBolognaBari

N° 1 Gruppo di Donne, N° 1 Gruppo Misto (50% donne e 50% uomini),

In ogni location:TARGET: 100% responsabili d’acquisto famigliari Tutti di età

compresa tra i 30 e i 55 anni

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Il Il campione: i consumatori campione: i consumatori e la qualità agroalimentaree la qualità agroalimentare

6Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

TORINO e MILANOTORINO e MILANOA Torino è emerso un forte radicamento e attaccamento al territorio regionale Piemontese come abitudini agroalimentari e stili di consumo, in cui si colleganotradizione e nuove proposte commerciali:�Con un collegamento molto forte tra città e territorio regionale, sul piano culturale e di abitudini alimentari e di frequentazione �Con un’attenzione mirata verso i prodotti “tipici” e le culture enogastronomicheprovenienti da altre regioni, e talvolta anche da altre Nazioni�Vi è comunque come dato comune di fondo una tendenza a fare esplorazioni ed acquisti “dal produttore” a fianco dei normali acquisti nella GDO

A Milano è emersa una maggiore attenzione verso le “mode” e tendenze alimentari, con uno sguardo a 360° tra prodotti nazionali ed esteri, in parallelo ad una ricerca sui punti vendita di prodotti con spiccati segnali di qualità/“genuinità”:�Da un parte si evince un basso radicamento nel proprio territorio regionale e un’attenzione evoluta, a tratti sofisticata verso i prodotti tipici delle regioni italiane:�Dall’altra l’attenzione si allarga anche a proposte enogastronomiche internazionali ed etniche (ristoranti e punti vendita, che stimolano la curiosità dei giovani e non solo)�Con un comportamento d’acquisto evoluto che prevede un mix di acquisti mirati nella GDO, a cavallo tra tipico-regionale, etnico-internazionale e ricerca di qualità, ed esplorazioni extraurbane nelle zone di produzione

I diversi target

7Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

BOLOGNA E BARIBOLOGNA E BARIAnche a Bologna si è evidenziato un forte collegamento con il territorio regionale, nel quadro di una preferenza e accessibilità dei “prodotti emiliani”:� Con la presenza di una rete/sistema produzione- trasformazione - distribuzione, che coinvolge produttori, aziende e consumatori fino alla GDO (es. COOP)� Vi è abitudine a ripercorrere la filiera naturale “dalla terra alla tavola”, come segnale rassicurante di “qualità” ed è forte il legame tra prodotti agroalimentari ecultura enogastronomica, del “buon vivere” e del “buon mangiare”.� Emerge come prova decisiva di qualità il tradizionale assaggio/degustazione, sia in occasioni private che presso fiere e rassegne, fino all’assaggio sul punto vendita.

A Bari è emersa una situazione di forte radicamento con il territorio e i prodotti regionali “pugliesi” e un legame persistente con i punti vendita tradizionali:� L’attenzione e l’interesse si concentrano soprattutto sui prodotti “pugliesi”, a cui si attribuisce a priori, “genuinità” e qualità, segnalate dal “gusto e sapore tipico”� Il supermercato e la GDO rappresentano un canale d’acquisto sempre più importante, ma affettivamente meno investito�Il criterio di valutazione della qualità è molto centrato sul gusto ed esperienza personale, in un concetto di “qualità legato al “tipico” e “tradizionale”, vi è peròminore conoscenza delle denominazioni e marchi di qualità, DOC, DOP, IGP ecc.

8Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

I diversi target: Giovani e maturi, uomini e donneI diversi target: Giovani e maturi, uomini e donne

Sul tema della qualità dei prodotti agroalimentari prevalgono le somiglianze e convergenze tra consumatori, ad esempio il concetto di “prodotto tipico” e quello dell’ “assaggio-degustazione” emergono come aspetti trasversali e valorizzanti.

Tuttavia emergono anche alcune differenze tra i target intervistati:� I giovani partecipanti ai gruppi sono apparsi attenti alla qualità, ma parallelamente anche ad altri aspetti “innovativi” (internazionalità, nuovi gusti e sapori, esplorazioni enogastronomiche)� I maturi sono apparsi decisamente più centrati sulle “tradizioni” e sui “gusti e ricette genuine”, che tendono a divulgare e passare ai più giovani.

Le donne comunque rappresentano sempre il core target delle scelte e consumi agroalimentari, ma la presenza dell’uomo diventa sempre più importante:� l’uomo si pone sempre più come esperto, che ricerca prodotti di qualità, specie in alcune nicchie specializzate, dal vino ai prodotti regionali tipici� la donna d’altra parte sembra allargare le competenze di scelta e d’acquisto, raccogliendo stimoli culturali e informazioni, che vanno al di là dell’ esperienza familiare e degli stimoli del negoziante.

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Il concetto di Qualità nei Il concetto di Qualità nei prodotti agroalimentariprodotti agroalimentari

10Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

La qualità in area agroalimentare: percezione e La qualità in area agroalimentare: percezione e assaggio del prodottoassaggio del prodotto

� L’esperienza diretta/assaggio diventa un criterio sempre più importante:� l’esperienza personale gioca un ruolo fondamentale nel delineare e discriminare la

qualità di prodotti “freschi”, quali la frutta, i formaggi e la carne� l’assaggio/degustazione dei prodotti nuovi è una richiesta/attesa del consumatore,

ma anche una strategia di lancio/promozione adottata a tappeto da produttori e distributori, a partire del modello di assaggio/degustazione del vino, che si estende, pur con la dovute differenza alle altre merceologie

� L’aspetto percettivo esteriore è un elemento decisivo che contribuisce a creare l’immagine di qualità del prodotto:� Tuttavia si tratta di un elemento, che isolato da altre verifiche e garanzie, risulta

contraddittorio e talvolta “ingannevole”: “spesso la frutta o la carne che hanno l’aspetto migliore sono deludenti e insipide”

� L’immagine di qualità viene comunque integrata dagli elementi ambientali che contornano il prodotto, quali il punto vendita e la conservazione più o meno curati, e la confezione, più o meno coerente e adeguata a valorizzare il prodotto

Emergono alcuni indicatori di qualità trasversali al campione e alle location, legati agli aspetti percettivi dei prodotti; estetica (forma, dimensione, colore), assaggio diretto (gusto/profumo) ed eventuale confezionamento:

11Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

La qualità in area agroalimentare: il trend verso i La qualità in area agroalimentare: il trend verso i prodotti tipici, provenienza, genuinità/naturalità prodotti tipici, provenienza, genuinità/naturalità

Emerge un trend di consumo forte e trasversale, verso i “prodotti tipici”, pur con accezioni e declinazioni diverse e non sempre omogenee:

� Il prodotto “tipico” gode una posizione di vantaggio, per il legame con il territorio, con la produzione e con la terra, è portatore di requisiti di qualità e genuinità intrinseci, e di valori ambientali e culturali “dal produttore al consumatore”

� I consumatori sono più orientati verso i prodotti Italiani, dall’identità e provenienzapiù controllabile e conosciuta: la preferenza è per i prodotti regionali o locali e la qualità e il valore attribuito aumentano restringersi del territorio di provenienza

� Sono per contro meno apprezzati e desiderati i prodotti di provenienza “estera” e lontana o comunque carenti di attributi di identità e origine

Tra i drive che guidano il consumatore è fortemente presente un’aspirazione verso la “genuinità”, ma soprattutto verso la “naturalità” dei prodotti :

� I consumatori ricercano e preferiscono i prodotti che mostrano e dichiarano attributi di naturalità, considerata una delle qualità per eccellenza:� Espressi nelle immagini e materiali di confezione o nelle denominazioni e marche, � Il trend del Biologico appare invece appannato e in frenata

� Vi è l’area delle certificazioni/denominazioni, a garanzia di qualità/naturalità,sulle quali i consumatori hanno incertezza sul valore e significato da attribuire

12Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

La qualità in area agroalimentare: gli aspetti La qualità in area agroalimentare: gli aspetti commerciali, l’immaginecommerciali, l’immagine e i punti venditae i punti vendita

Tra gli indicatori di qualità assumono un ruolo decisivo gli aspetti commerciali e di marketing, che in molti casi completano e talvolta sostituiscono l’esperienza diretta e l’assaggio, creando nuove attese e declinazioni di qualità:

� Da una parte il prezzo resta comunque un importante indicatore di qualità, dall’ altra emergono politiche di prezzo legate alle dinamiche promozionali ed offerte commerciali che “vendono qualità”, soprattutto presso la grande distribuzione

� Alcune catene distributive comunicano al consumatore un’attenzione spiccata alla qualità (Coop, Esselunga), anche declinata sotto forma di marche private

� L’attenzione e preferenza per i prodotti marchiati è tuttavia ancora limitata ad alcune categorie storiche, come il vino, meno presente nelle altre merceologie

Il consumatore esprime oggi una contraddizione significativa tra ricerca della qualità dei prodotti e comodità/accessibilità data dalla grande distribuzione:

� Il trend è di sempre maggiore propensione all’acquisto alla GDO nonostante alcune strategie di resistenza (acquisti nei negozi tradizionali o dal produttore

� La grande distribuzione per contro si attrezza per ribadire qualità e ampiezza dell’offerta agli occhi del consumatore (Prodtti etnici, naturali, tpici,”garantiti ecc.)

� Il consumatore ricerca comunque un legame con il territorio/origine dei prodotti, sia con acquisti e degustazioni che con selezione marche e prodotti sugli scaffali.

13Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

Il denominazioni e certificazioni di qualità dei prodotti Il denominazioni e certificazioni di qualità dei prodotti Agroalimentari: DOC e altre denominazioniAgroalimentari: DOC e altre denominazioni

Il consumatore segnala la maggiore presenza di “Denominazioni d’origine”, tuttavia si tratta di un’area dai confini e caratteristiche confuse ed incerte:� Spicca su tutto il modello e l’esperienza dei vini DOC, che rappresentano un criterio di scelta e preferenza/acquisito, meno conosciute e identificate con precisione le denominazioni quali DOP e IGP, quasi sconosciute le altre sigle:�Vi è una buona disponibilità e propensione dei consumatori verso questa denominazioni: sono pronti a recepire segnali e informazioni in proposito, ma necessitano ancora di alcuni elementi di infromazione per appropriarsene.

Il consumatore ritiene che ci debbano sempre essere dei garanti e controllori della qualità, prevale un atteggiamento di delega alle istituzioni e agli enti preposti:�Al primo posto vi sono ASL ed Enti Locali, ma anche i Ministeri (Agricoltura e Sanità), che devono garantire gli standard minimi e le regole da rispettare, �Più incerto è il ruolo di Aziende di Produzione/trasformazione e di Associazioni e Consorzi, mentre solo una parte limitata di consumatori conosce l’esistenza di Certificazioni di qualità realizzate da Enti Certificatori (ISO 9000 e simili) �Vi è infine l’area delle Associazioni di consumatori, che non perdono occasione per comunicare e intervenire sulle problematiche della qualità agroalimentare

14Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

Il caso del Il caso del VinoVino: un modello di qualità consolidato: un modello di qualità consolidatoIl caso del Vino rappresenta comunque un modello paradigmatico di riferimento,

parzialmente estendibile ed adattabile ad altre merceologie:� Si tratta di un percorso che è già maturato nel tempo, sfociato nella grande

stagione dei “vini DOC”, che tuttavia non è ancora del tutto completato:� Ci si è innestati su una solida cultura enologica produttiva e di consumo italiana� Vi è stata comunque la necessità e opportunità da parte dei produttori di valorizzare e

difendere la qualità, origine e tipicità del “vino italiano” in Italia e nel mondo� Il consumatore sembra avere assimilato una cultura diffusa del prodotto, che ha

facilitato l’accettazione dei prodotti DOC: “tutti ci intendiamo più meno di vino, io mi vergognerei di offrire un vino non DOC”:� Anche alcuni gravi incidenti di percorso come lo scandalo del “vino al metanolo”, sono

stati superati di slancio nel segno delle denominazioni di qualità� Si è creato un mercato bipolare caratterizzato da due grandi aree: dei vini da tavola

“non doc” e dei vini DOC� Successivamente, in parallelo alla diffusione della cultura enologia

(informazioni,corsi e degustazioni) e culinaria è emerso lo spazio per altre denominazioni del vino verso l’alto (DOCG) e il basso del segmento (IGT), che tuttavia il consumatore deve ancora recepire appieno.

Segnaliamo che mentre una schema bipolare DOC/Non DOC è estendibile ad altre merceologie, uno schema più complesso rischia di confondere il consumatore.

15Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

Il percorso di Il percorso di filierafiliera: un concetto da sviluppare, con : un concetto da sviluppare, con molte potenzialitàmolte potenzialità

Il concetto di filiera è un concetto molto stimolate ed interessante per il consumatore, che collega diverse esigenze, sia delle aziende che del consumatore stesso, nel percorrere (all’ indietro o in avanti) la storia del prodotto “dalla terra alla tavola”:

� La ricostruzione e l’informazione/comunicazione su questo percorso sembra offrire valori aggiunti di controllo e garanzia che diventano sinonimo di qualità:� Mentre le certificazioni di qualità ambientali, sanitarie e tecnico produttive

sembrano essere più chiaramente delegate alle aziende e ai loro controllori (ASL, Ministeri) o certificatori, il concetto di filiera e, se suggerito, anche quello di tracciabilità e rintracciabilità parlano anche il linguaggio del consumatore

� In questo senso filiera e rintracciabilità dovrebbero trovare un riscontro su confezioni ed etichette, attraverso dichiarazioni e idonee schede informative, non troppo tecniche, ma adeguate ai consumatori: “vorrei saperne di più su tutti i passaggi del prodotto, ma i termini comprensibili”

� Anche in questo caso, come nei confronti delle denominazioni DOC,DOP e IGP, vi è una buona disponibilità dei consumatori, anche se appare meno facile l’attribuzione di un premium price ai prodotti con certificato/garanzia di filiera: “dovrebbe essere obbligatorio, non deve pagarlo il consumatore”.

16Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

Le Le marche collettivemarche collettive: un possibile collettore della : un possibile collettore della qualità, sviluppato in Emilia e in alcune areequalità, sviluppato in Emilia e in alcune aree

Il concetto di “marche collettive” è un concetto dai contorni molto vaghi, in cui possono rientrare diverse esperienze di marchiatura, legate al territorio e a una cultura socializzata della produzione, tipica ad esempio dell’Emilia Romagna:

� Nel modello emiliano vi è un forte collegamento “locale” tra cooperative e consorzi di produzione/trasformazione e catene distributive (Coop e non solo), che tende a valorizzare le marche appartenenti a consorzi o cooperative:� Valorizzandone il profilo “vicino alla terra e alla produzione” come segnale di qualità� Qualificando e comunicando anche sulle confezioni e sui punti vendita

l’appartenenza ad una “realtà collettiva”� Più anonime e meno facilmente identificabili come marche collettive, le realtà

con un minore collegamento al territorio, nella denominazione o nelle caratteristiche:� Marchi quali Melinda e Tavernello, non sono generalmente percepiti come

“marche collettive”, ma come brand nazionali fortemente presenti in comunicazione� Il consumatore non discrimina e non attribuisce valore all’attributo “collettiva”

� Sul piano della qualità la marca collettiva sembra attribuire valore al prodottosolo a condizione di mantenere ed esprimere nel nome e nelle caratteristiche un forte legame con il territorio e la realtà sociale di appartenenza.

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Le categorie merceologiche e Le categorie merceologiche e le denominazioni di qualitàle denominazioni di qualità

18Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

Il vino: un modello per le denominazioni di qualitàIl vino: un modello per le denominazioni di qualità

Il consumatore cita spesso il vino DOC per indicare delle denominazioni di qualità e provenienza; l’area del vino appare più matura e avanzata di altre merceologie:

� Nell’area del vino i requisiti/attese di qualità tendono ad orientarsi verso l’alto:� Non mancano i consumatori esperti in vino e degustazioni, soprattutto gli uomini� La certificazione della qualità appare come un difficile mix di valutazione degli esperti e

di controlli di qualità, in cui il produttore ha un ruolo decisivo

� Vi sono già molte regioni, zone e cittadine italiane associate immediatamente al vino tra cui il Piemonte gode un posizione rilevante (il Chianti, le Langhe, Alba, Asti, ma anche il Veneto, l’Emilia, la Sicilia e altre regioni italiane)

� Molti nomi e denominazioni di vini sono già conosciuti e apprezzati e tendono ad essere associati spontaneamente con Doc: “scelgo un Chianti Doc”

� Vi è una forte coincidenza e sovrapposizione tra l’indicazione DOC e il vino: Nel corso del colloquio emerge una maggiore articolazione del mercato nell’ area del vino, con una conoscenza, seppur più imprecisa e latente della denominazione DOCG e successivamente di quella IGT� Tuttavia sembra fino ad oggi essere acquista e stabilizzata solamente la distinzione

binaria DOC/Non DOC, che esclude solamente i vini di “altissima qualità”.

19Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

I requisiti di qualità nell’area del vinoI requisiti di qualità nell’area del vinoAnche nel caso del vino il consumatore parte dal criterio generale dell’assaggio

degustazione, che tuttavia ha molte deroghe e deleghe nell’applicazione:

� Da una parte l’esperienza dell’assaggio è decisamente strutturante e orientante:� Non mancano gli esperti e i consumatori che seguono corsi di degustazione, più o

meno di moda� La scelta e l’assaggio del vino si colloca più in generale nel macro-trend della moda

enogastronomica, stimolata dai media e percorsi “turistici”� Tuttavia nei vari momenti di acquisto il consumatore tende a cedere il passo a

“garanti della qualità” più autorevoli, quali il marchio DOC, il punto vendita, il prezzo attribuito, e più marginalmente la confezione e il produttore/marchio� È molto presente la necessità di garantire qualità e immagine soprattutto se il vino

viene regalato o offerto ad ospiti: “non voglio fare brutta figura”� Per un consumo famigliare o situazioni legittimata si può invece scegliere un vino da

tavola o “senza marca”, ma si desidera almeno una “conoscenza diretta del produttore”

� Viene tendenzialmente omessa e sottodichiarata l’area di acquisti Non Doc o dall’immagine più povera, indicati come “vino sfuso, da tavola” o confezionati in bottiglioni o in cartone tetrabrick, di cui il consumatore sembra vergognarsi identificandoli come “acquisti di serie B”.

20Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

Il vino DOC Il vino DOC

La certificazione Vino DOC è senza dubbio la più nota, conosciuta e acquistatadai consumatori, al punto da fare ormai parte integrante della lista della spesa:

� Alla denominazione DOC viene attribuito un valore forte, è diventata una sorta di “must”, che fa da cardine e spartiacque per gli acquisti, con un significato che è un concentrato di storia, valori, esperienza e controlli:� Al primo posto viene indicata la provenienza e area di produzione delle uve� Al secondo posto, ma sempre con grande importanza la cantina, il metodo di

produzione e di invecchiamento� Sembra infine che si possa attribuire al DOC anche una maggiore presenza di

controlli chimici e sanitari da parte degli enti preposti� Tuttavia la denominazione Doc, pur rappresentando un punto d’arrivo, non

esaurisce le attese dei consumatori e del mercato, che appare spinto verso una maggiore diversificazione:� Si desiderano sempre maggiori informazioni sulle etichette, ma anche una

motivazione più chiara nei prezzi: “non si capisce più niente un vino DOC può andare da 3 Euro a 30 Euro”

� Gli stimoli della concorrenza (italiana ed estera) e dei media enogastronomicispingono il consumatore alla ricerca di tipologie e segmenti di prodotti nuovi e più distintivi: vini esteri, vitigni e invecchiamenti speciali ecc., vini DOCG.

21Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

Le altre denominazioni del vino: DOCG, VQPRD e IGT Le altre denominazioni del vino: DOCG, VQPRD e IGT

Emergono altre denominazioni e certificazioni prevalentemente collocate nella fascia più alta del mercato, tra cui spicca la sigla DOCG:

� La denominazione DOCG è conosciuta soprattutto dai più esperti, ma viene positivamente accettata dalla massa dei consumatori:� Le viene attribuito un valore decisamente segmentante per la qualità e prezzo del vino:

“sono vini di alta qualità e senza limite di prezzo”� Il significato della sigla “denominazione d’origine controllata e garantita” è tuttavia

ancora da comprendere appieno e da assimilare� Tuttavia non mancano alcuni rischi di sovrapposizione/confusione e

cannibalizzazione tra le sigle DOC e DOCG:� La sigla VQPRD per contro è quasi sconosciuta e non assume significato per i

consumatori, è recepita come un codice “criptico”, solo per tecnici ed esperti.� La denominazione IGT è conosciuta solo da alcuni consumatori/trici “attenti”, ed

ha una collocazione imprecisa nel mercato:� Vi è una potenziale concorrenza tra le denominazioni DOC e IGT, rispetto alle quali

non è chiara la superiorità o inferiorità:� È difficile dare spazio e credibilità ad un vino Non Doc, ma qualificato come IGT, che

altera lo schema binario che il consumatore si è costruito con difficoltà� La sigla IGT mostra potenzialità di copertura in una fascia più accessibile del

mercato, ad oggi poco presidiata.

22Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

I requisiti di qualità nell’area dei formaggiI requisiti di qualità nell’area dei formaggiAnche nell’area dei formaggi il consumatore è molto attento agli aspetti percettivi e

gustativi ed è influenzato dall’estetica/confezione e dall’assaggio/degustazione, che spesso si inquadrano e abbinano a percorsi/scelte enogastronomicheinsieme ad altri “prodotti tipici” (vino e piatti tipici):

� Si preferisce la possibilità di vedere/scegliere il formaggio “nella forma intera”e/o con la crosta/buccia e un contenitore/incarto originario

� Ci si orienta soprattuto verso i formaggi tipici della grande tradizione regionale italiana: parmigiano, gorgonzola, mozzarella, pecorino, fontina

� Si ha la convinzione come nel caso del vino che “quasi tutte le regioni italiane hanno dei formaggi tipici di qualità”, anche il Piemonte rivela la presenza di formaggi tipici di alta qualità come il Castelmagno e non solo

� Tra i criteri orientativi sulla qualità vi sono senza dubbio il prezzo e le etichette e marchiature speciali (anche impresse sulla forma) che segnalano una presunta “qualità superiore”, che tuttavia è di non facile identificazione e attribuzione

� Una elemento valorizzante, se comunicato, è la garanzia/marchio dei Consorzi di produttori (Parmigiano, Grana padano), mentre la mera brandizzazione è un elemento dal valore controverso: “non mi interessa se è Galbani”

� Solo un minoranza degli intervistati (20-30%) parla spontaneamente di formaggi DOP, a cui viene attribuito un forte valore specifico, sulla falsariga del vino DOC.

23Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

I formaggi DOP e IGPI formaggi DOP e IGPLa certificazioni e denominazioni d’origine dei formaggi sono ancora una realtà

limitata e circoscritta nella mente dei consumatori, ma rappresentano un’interessante prospettiva e frontiera di sviluppo:

� Spontaneamente i consumatori si orientano sulla tutela dei Grandi FormaggiNazionali (dal Parmigiano Reggiano alla Mozzarella) ma anche sulla valorizzazione dei prodotti locali “di nicchia” come il Castelmagno, i “formaggi di fossa” o il “puzzone del Trentino:� Si segnala che in questi casi i marchi DOP e IGP appaiono più fortemente voluti da

produttori e consorzi, che non richiesti dal consumatore stesso� Il consumatore appare recettivo e positivamente disposto verso le nuove forme di

marchiatura/denominazione ma necessita ancora di chiarimenti e informazioni, sia sull’origine che sulle tecniche di lavorazione

� E’ anche in quest’area evidente che vi è per ora uno scarso spazio per un doppio livello di denominazioni DOP e IGP:� La denominazione DOP appare più conosciuta e coerente, già attribuita ad alcuni

formaggi tipici molto apprezzati (Castelmagno), e ricorda più direttamente la sigla DOC, di cui assimila proiettivamente i significati

� La sigla IGP presenta invece una decodifica più incerta e un’immagine di qualità “più blanda”

� Resta comunque incertezza su DOP/IGP come due gradini di qualità o denominazioni differenti, il quesito viene generalmente risolto penalizzando la denominazione IGP.

24Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

I requisiti di qualità nell’area della carneI requisiti di qualità nell’area della carneLa carne rappresenta una delle aree merceologiche più soggetta a valutazione dei

rischi (salute, qualità) da parte del consumatore, che sembra non avere ancora del tutto superato l’impatto di emergenze, epidemie e scandali degli ultimi anni (mucca pazza, aviaria) e ricerca rassicurazioni da enti e istituzioni autorevoli:

� Il consumatore attribuisce oggi una forte preferenza alla “provenienza italiana”della carne, “se non leggo carne italiana non compro”:� Si segnala peraltro una certa cultura sulle tipicità e provenienze regionali della carne:

Toscana e Piemonte per i bovini, Emilia per i suini� D’altra parte si ha la consapevolezza di una cultura di prodotto quasi perduta, che

necessita di garanzie da fonti autorevoli, dall’allevatore al macellaio, alle autorità sanitarie di controllo, ai diversi marchi di garanzia (come Coalvi)

� La ricerca di una carne di qualità appare sempre più difficoltosa e di incerta soluzione, “non sai mai quello che trovi”:� Il consumatore sembra avere sempre più necessità di una guida autorevole che lo

rassicuri nella scelta e auspica comunque una ricorrente opera di controllo e vigilanza da parte della autorità

� Si segnala che in molti casi oggi si hanno già maggiori informazioni sull’ etichetta, che garantiscono e certificano la provenienza.

25Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

La tracciabilità/rintracciabilità e il percorso di filieraLa tracciabilità/rintracciabilità e il percorso di filieraPossiamo quindi affermare che il consumatore esprime già spontaneamente un

concetto di qualità della carne che fa riferimento alla provenienza e ai diversi passaggi e controlli in itinere, si riconosce pertanto immediatamente nei concetti di filiera e di tracciabilità e rintracciabilità:

� Al di là della singole parole ed espressioni, non sempre univocamente intese ed interpretate, si ritiene la carne presenti un chiaro valore aggiunto di qualità e garanzia se è certificato e dichiarato il percorso dall’origine al punto vendita:� Tra i termini proposti quello di tracciabilità appare più semplice e diretto rispetto a

rintracciabilità e filiera, che appaiono meno immediati come decodifica e interpretazione� La garanzia data dalla filiera/tracciabilità riguarda sia i controlli sanitari, che la qualità

degli allevamenti e della pratiche di macellazione� La certificazione di filiera/tracciabilità della carne è pertanto auspicata ed

apprezzata, ma rientra tra le richieste che il consumatore sente come dovute:� Con una prassi automatica concordata delle autorità e dai produttori, che la

certifichino e descrivano su etichette e confezioni� Senza un ricarico evidente sul costo al consumatore

� Ne consegue che su un’etichetta con informazioni di filiera/tracciabilità il consumatore desidera tutte le informazioni necessarie, ma non un sovraccarico di dati tecnici opzionali: “deve essere semplice e comprensibile”.

26Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

I requisiti di qualità nell’area della fruttaI requisiti di qualità nell’area della fruttaNell’area della frutta il consumatore esprime perplessità e difficoltà nel

controllare e verificare la qualità dei prodotti, soprattutto per il gap tra l’immagine percepita e la qualità del prodotto all’assaggio:

� Vi è nell’acquisto e consumo di frutta una sensazione di perdita e talvolta di inganno: “vedi frutti grandi belli e colorati e non sanno di niente o marciscono velocemente”

� Questa caduta di qualità viene in parte attribuita alle coltivazioni industriali e all’uso di sostanze chimiche che stimolano la crescita in modo innaturale, in parte alla provenienza estera e poco controllata:� Coloro che possono fare ricorso ad orti di famiglia o all’acquisto dal produttore

sono una sparuta minoranza� Il consumatore (soprattutto al Nord) si mostra abbastanza rassegnato e sembra

affidarsi sempre di più alla Grande Distribuzione: “nel piccolo negozio o al mercato le fregature sono ancor più evidenti”

� Il ricorso ai prodotti Biologici rappresenta una risposta di nicchia, ancora molto costosa, che trova i consumatori molto recalcitranti

� La presenza di marchi di prodotto (come Melinda, Chiquita) o denominazioni di provenienza (es. ciliegie di Vignola), certificate Dop/Igp o solamente indicate come etichetta, rappresenta un parziale recupero d’immagine e qualità del prodotto

27Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

La frutta DOP e IGPLa frutta DOP e IGP

Nell’area della frutta il consumatore sembra avere estremo bisogno di segnali e rassicurazioni sulla qualità dei prodotti, in un quadro di disillusione e rassegnazione, in cui anche le denominazione e certificazioni di qualitàappaiono poco credibili :

� Vi è un quadro di esperienze negative e di “peggioramento della qualità”percepita: “non c’è più la frutta di una volta, sembra plastica”

� In questo contesto la comparsa di prodotti DOP e IGP appare più come operazione di recupero, che suscita ancora limitato interesse nei consumatori

� Tuttavia è opportuno segnalare che approfondendo il tema delle denominazioni d’origine il consumatore risulta incuriosito e interessato e sembra uscire dal tono rassegnato del lamento sulla “frutta perduta”

� Emerge pertanto una sensibilità positiva verso i prodotti DOP e IGP, anche a prezzo superiore, a patto che sia chiaro il plus di qualità percepita: la prova dell’ assaggio è decisiva.

� Anche in questo caso sembra esserci poco spazio per una doppia denominazione DOP e IGP in compresenza

� Nel caso della frutta la sigla DOP appare più conosciuta e appare più tecnica e “pretenziosa”, non valorizzante di per sé, mentre il marchio IGP è percepito come più famigliare e accessibile, forse più adatto ad un settore come la frutta.

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Le potenzialità delle Le potenzialità delle denominazioni di qualitàdenominazioni di qualità

29Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

La comunicazione e le fonti di conoscenza delle La comunicazione e le fonti di conoscenza delle denominazionidenominazioni

Il consumatore ricerca e accetta diverse forme di informazione e comunicazione, ma il tema della qualità e delle denominazioni deve essere trattato con professionalità e rispetto dell’acquirente;

� Si ha una preferenza per i canali specialistici, enogastronomici, informali e indiretti (riviste, eventi, fiere, degustazioni, enoteche e ristoranti) rispetto a quellipiù spiccatamente commerciali (supermercati, negozi e pubblicità) dove il consumatore teme di essere troppo manipolato e “raggirato”: “Hanno fatto promozioni sui formaggi tipici, ma non erano niente di diverso dai soliti formaggi da banco”

� La sinergia tra azioni promozionali e di comunicazione e presenza di marchi DOC, DOP e IGP necessita pertanto di un’accurata regia sulla coerenza dei diversi aspetti del mktg mix:� Una politica commerciale troppo spinta o spregiudicata e un’eccessiva e ridondante

presenza in comunicazione, come brand o prodotto può suscitare perplessità o effetti rebound: “un vero prodotto DOP o IGP non necessita di una pubblicità esasperata”

� I diversi marchi e denominazioni si inquadrano in panorama confuso sia come attribuzione alle diverse merceologie che come prezzo e qualità attributo ai prodotti: “sinceramente non so quali siano e quanto possano costare in più dei prodotti DOP”

� Le azioni di marketing e comunicazione devono essere collegate ad un recupero e stimolo della cultura agroalimentare e dei valori delle stesse denominazioni.

30Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

Il panorama e le prospettive delle denominazioni di Il panorama e le prospettive delle denominazioni di qualitàqualità

La ricerca evidenzia un trend generale positivo verso un allargamento e maggiore utilizzo delle denominazioni di qualità:

� La tendenza forte e generalizzata verso i prodotti tipici emerge come filone connaturato agli stili di consumo attuali

� Le denominazioni d’origine Doc, Dop, Igp ed altre incarnano positivamente il binomio qualità/provenienza e possono essere allargate a tutta la filiera “dalla terra alla tavola”

� Il percorso non appare però del tutto ovvio e scontato, in quanto va diversificato per aree merceologiche e rinforzato nelle aree di maggiore attesa e interesse del consumatore, senza forzature o complicazioni da parte dei produttori e degli enti di controllo

� Emerge comunque una forza dei sistemi regione (panieri e offerta di mix di prodotti tipici regionali) che valorizzano e potenziano le singole denominazioni

� La comunicazione e informazione sui prodotti tipici e sulle denominazioni è crescente e sinergica con gli stili di vita moderni e con le “mode” enogastronomiche e di “ritorno alla terra”

� Vi è in molti casi la possibilità che i prodotti Doc e assimilati, godano presso il consumatore di un premium price, fino al 10-15% (ad esclusione della carne).

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I Prodotti Piemontesi e le I Prodotti Piemontesi e le denominazioni di qualitàdenominazioni di qualità

32Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

I prodotti agroalimentari PiemontesiI prodotti agroalimentari PiemontesiLa Regione Piemonte mostra una spiccata vocazione per i prodotti

agroalimentari, a cui viene attribuita una qualità elevata, che deve comunque confrontarsi con altre Regioni molto apprezzate ed amate dai consumatori come la Toscana, l’Emilia o le regioni del Sud Italia:

� Tuttavia il livello di conoscenza e di immagine percepiti dei prodotti agroalimentari piemontesi non sono univoci, soprattutto nelle regioni più lontane (Bari) o molto legate al proprio territorio anche in termini “concorrenziali” (Emilia), dove i prodotti piemontesi hanno un’immagine di qualità alta, ma non così spiccata e distintiva

� Gli stessi Piemontesi sono attratti dai prodotti provenienti da altre regioni e sembrano mostrare un orgoglio un po’ sopito e understatement verso i propri prodotti: “non sono pubblicizzati come si potrebbe in Italia e all’ estero, come fanno invece la Toscana e altre regioni”

� Prevale un’immagine stereotipata del Piemonte e concentrata sul Vino e su alcune zone/prodotti di alto valore enogastronomico come Alba e le Langhe

� Nelle altre merceologie in test, quali i formaggi e la carne la leadership e qualità potenziali dei prodotti piemontesi si esprime in maniera inferiore alle possibilità. che restano comunque elevate, ma ancora da sviluppare appieno.

33Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

Vini Piemontesi e denominazioni di QualitàVini Piemontesi e denominazioni di QualitàAi Vini Piemontesi si riconosce un altissimo valore a qualità, che non sono messi

in discussione e che possono avvalersi di un’ulteriore spinta promozionale, anche associati agli altri prodotti Piemontesi: “sono già conosciuti e apprezzati in tutto il mondo, ma si può fare ancora di più”

� I produttori, le Cantine, i Consorzi e gli Enti pubblici sembrano avere già costituito un sistema valorizzante e premiante, che realizza già operazioni di promozione e marketing integrate, centrate sui diversi vini DOC:� Il panorama dei Vini Piemontesi DOC è già molto ampio e conosciuto, si segnalano

Barbaresco, Grignolino, Dolcetto, Nebbiolo, Barbera, Freisa e molti altri� Il Barolo è l’unico a cui viene attribuita in partenza una qualità superiore e il marchio

DOCG, che tuttavia “molti altri vini piemontesi meritano, se non l’hanno già ottenuto”� Il percorso di qualificazione e allargamento dei vini Piemontesi verso il DOCG

appare denso di potenzialità e addirittura superiore ad altre regioni� Poche regioni si possono permettere questo tipo di marchiature su diversi vini� Si tratta di un percorso dovuto e fisiologico, sinergico all’elevata qualità riconosciuta

� Appare anche possibile fare un’operazione di valorizzazione dell’area del vino accessibile/da tavola, non escludendo l’utilizzo di marchiature IGT, già utilizzate a tappeto da altre regioni come la Sicilia

� Si sprecano comunque le possibili sinergie promozionali con gli altri prodotti tipici piemontesi, che “fisiologicamente” si accompagnano al vino.

34Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

Formaggi Piemontesi e denominazioni di qualitàFormaggi Piemontesi e denominazioni di qualità

I Formaggi Piemontesi mostrano un’elevata qualità e varietà, ma appaiono molto collegati ad un’esperienza e consumo locali e regionali o di “nicchia specialistica”:

� La varietà e qualità dei formaggi Piemontesi sono forse superiori alle altre regioni, ma le citazioni e denominazioni sono ad appannaggio prevalente dei consumatori più esperti, che conoscono e citano Castelmagno, Murazzano, Roccaverano, Tome Piemontesi

� Sembra mancare al Piemonte la presenza di un grande formaggio nazionale, come la Fontina per la Val d’Aosta, il Parmigiano per l’Emilia ecc.

� I marchi DOP, sembrano tesi maggiormente a valorizzare i formaggi locali e quindi appaiono particolarmente adatti a lanciare e supportare i formaggi del Piemonte, ma anche un marchio IGP potrebbe essere idoneo

� Vale particolarmente per i Formaggi, anche per la ridotta massa critica delle singole specialità, la necessita di un lancio e promozione integrata con gli altri prodotti del Piemonte, in particolare col vino (abbinamenti già massicciamente presenti in enoteche e fiere/eventi di diverso genere, ma realizzabili anche sui punti vendita della GDO)

35Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

Carne Piemontese e denominazioni di qualitàCarne Piemontese e denominazioni di qualità

La carne Piemontese incarna un valore a qualità molto elevati, paragonabili solo parzialmente a quelli della carne Toscana (più concentrata sulla razza Chianina e sulla Fiorentina), ma può catalizzare ancora una spinta/immagine vincente:

� Vi è una grande disponibilità del consumatore verso i segnali di qualità e tipicità regionale della carne, rispetto ai quali la Carne Piemontese, ha tutte la caratteristiche (storiche, organolettiche, gastronomiche) per essere leader sul piano Nazionale e non solo

� Bisogna superare ulteriormente le resistenze dei consumatori, amplificate da un trend di contrastato interesse verso la carne e dagli scandali ed emergenze che hanno contrassegnato il settore

� Vi sono però molti aspetti di contorno che possono valorizzare la Carne Piemontese, dalle zone/ambienti di allevamento (ai piedi delle montagne) ai piatti tipici a base di carne (bollito misto, fritto misto)

� In questo caso la strada tracciata appare un mix di certificazioni di filiera e tracciabilità e di comunicazioni mirate e/o intergate nel sistema dei prodotti piemontesi: “bisogna farla conoscere di più nelle altre regioni”

� Sono comunque già in atto operazioni significative di lancio della carne piemontese, da parte di Coalvi e non solo, molto apprezzate dai consumatori “all’Esselunga a Milano io scelgo già la carne indicata come Piemontese”.

36Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

Frutta Piemontese e denominazioni di qualitàFrutta Piemontese e denominazioni di qualitàSembra esserci in partenza una bassa coerenza tra Piemonte e frutta di qualità,

legata ad un immagine più solare e mediterranea e alle regioni del Sud, o comunque a regioni vissute come più specializzate, come l’Emilia e il Trentino:

� Prevale nell’immagine del Piemonte l’attribuzione di caratteristiche fredde, nordiche e industriali (fabbriche e nebbia), che mal si adattano a molte tipologie di frutta come clima e come ambiente

� Da un parte si ritiene che il concetto di frutta del Piemonte abbia limitate potenzialità e non corrisponda alla realtà del territorio

� Dall’altra si riconosce la presenza di frutta di qualità legata ad ambienti montani/boschivi e climi freddi/autunnali, ad esempio castagne, nocciole, funghi, frutti di bosco

� Non viene invece riconosciuta al di fuori del Piemonte la presenza di coltivazioni di qualità per tipologie di frutta più solari e di massa quali pesche, pere, mele, kiwi, che potrebbero positivamente avvalersi di denominazioni IGP o DOP

� La Frutta del Piemonte mostra un’immagine ancora da costruire e presenta potenzialità incerte, specie se confrontata con le altre merceologie agroalimentari,che rivelano invece tratti di “eccellenza” attribuita e riconosciuta

� Tuttavia anche per la frutta un lancio integrato dell’immagine dei prodotti agroalimentari piemontesi non potrebbe che essere di giovamento.

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Prospettive e lancio dei Prospettive e lancio dei prodotti Piemontesi di Qualitàprodotti Piemontesi di Qualità

38Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

Prospettive e potenzialità dei prodotti agroalimentari Prospettive e potenzialità dei prodotti agroalimentari Piemontesi di qualitàPiemontesi di qualità

Il concetto di prodotti piemontesi può esprimere positivamente il sistema produttivo e agro-paesistico regionale e risultare idoneo a supportare e valorizzare le singole merceologie, che necessitano tuttavia di politiche promozionali e azioni specifiche e mostrano potenzialità e maturità diversificate:

� Il Vino è un settore abbastanza maturo, in cui ogni intervento va presumibilmente coordinato con l’esistente, ma può rappresentare ancora un settore trainante:� Con azioni specifiche di lancio di vini DOCG e di altre denominazioni tipiche� Con azioni integrate di lancio dei prodotti piemontesi di qualità accompagnati da vini

certificati e con denominazioni storiche e nuove� I Formaggi e la Carne rappresentano due settori in cui la leadership Piemontese

può essere sempre più ribadita e comunicata ai consumatori:� Nel caso dei formaggi con una maggiore presenza e valorizzazione delle diverse

varianti di formaggi DOP e con l’individuazione di prodotti adatti ad un consumo più allargato, anche IGP

� Nel caso della carne con una campagna di valorizzazione della Carne Piemontese, sinergica e coordinata con quanto stanno già facendo i consorzi e operatori del settore (Coalvi e Asprocarne)

� Per quanto riguarda la Frutta, nonostante le resistenze da parte dei consumatori è possibile intraprendere una strada di lancio e promozione, a partire dall’ informazione e conoscenza di base, coordinata con gli altri prodotti del Piemonte.

39Rapporto Finale IMA Qualità – Maggio-Giugnio 2006

Comunicazione e promozione dei prodotti Comunicazione e promozione dei prodotti agroalimentari Piemontesi di qualitàagroalimentari Piemontesi di qualità

Anche per i Prodotti del Piemonte appaiono indicate le stesse linee di lancio e di promozione dei Prodotti agroalimentari di qualità:

� Sembra particolarmente indicata una regia regionale “istituzionale” che supporti il lancio dei singoli prodotti/merceologie all’interno di un contenitore di immagine regionale agro-turistico Piemontese (come hanno fatto la Toscana e altre regioni)

� È importante essere presenti in tutti i luoghi/ambiti di informazione, esplorazione e acquisto dei consumatori (dal supermercato ai media, ai produttori stessi) con azioni promozionali e di assaggio/degustazione, che affianchino le azioni più spiccatamente pubblicitarie promosse dalle aziende

� Appare decisiva la connessione tra l’origine dei prodotti (luoghi, zone, città e comprensori) e i diversi passaggi fino al consumatore, positivamente espressa dalle certificazioni/denominazioni di qualità e i concetti di filiera/tracciabilità:� Concentrando gli sforzi sulle denominazioni più rilevanti e significative per il

consumatore� Rinforzando la leadership gia attribuita e potenziale del Piemonte nelle aree del

vino, dei formaggi e della carne� Supportando e comunicando la qualità dei prodotti e la provenienza piemontese

anche nel settore della frutta, meno conosciuto e apprezzato.


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