Sussidio di catechesi per il tempo di Quaresima 2021A cura del SAB – Settore Apostolato Biblico –
Vivi in Cristo! (Ef 2,5)
Introduzione
Quaresima: “Torniamo a sperare come la primavera torna ogni anno a fiorire” (Turoldo).
Sì, la Quaresima è un cammino verso la ricchezza della Pasqua del Signore Gesù che racchiude
tutte le ragioni della nostra fede, che contiene le risorse per la fioritura del nostro essere, la fioritura
di tutte le persone. La parola che apre il cammino quaresimale è “conversione”, quale appello a
edificare in noi una libertà attenta a cogliere le opportunità di una offerta in corso, a riconoscere la
grazia del Signore proprio nel tempo che stiamo vivendo. È un appello a fare della distanza fra le
nostre situazioni e il dono di Dio, lo spazio di un cammino verso l’evento della Pasqua che ci fa
“rivivere in Cristo”.
Cinque domeniche ci conducono alle soglie della settimana santa: nelle prime due ci vengono
proposte pagine del Vangelo secondo Marco e nelle altre tre brani del Vangelo secondo Giovanni.
Prima domenica Mc 1,12-15: racconto delle tentazioni e primo annuncio. Gesù vince le tentazioni,
denuncia tutto ciò che mortifica la vita, che la blocca nella sua crescita, nel suo fiorire e nel
giungere a pienezza. Annuncia il “vangelo di Dio”, la “notizia bella”, e la sua umanità ne lascia
vedere l’efficacia.
Seconda domenica Mc 9,2-10: racconto della trasfigurazione. Nel nostro cammino di battezzate e
battezzati l’ascoltare Gesù, il prediletto del Padre, la Parola definitiva, ci porta a cogliere il centro
attorno al quale la vita si riorganizza senza lo spreco dei doni che ci caratterizzano e aprendoci a
relazioni fraterne e sororali.
Terza domenica Gv 2,13-19: racconto di Gesù al tempio dove “rovesciò i banchi”. Siamo invitati a
rovesciare, a rivedere la nostra concezione di Dio. L’agire e le parole di Gesù ci rivelano un Dio che
riabilita, rialza, riedifica.
Quarta domenica Gv 3,14-2: racconta che chiunque crede in Gesù ha la vita eterna. La nostra fede
in Gesù, la nostra relazione con Lui ci apre alla vita eterna, ci apre a una qualità di vita che fin d’ora
profuma di eternità: di relazioni belle, di opere di giustizia, di azioni liberanti e promuoventi.
Quinta domenica Gv 12,20-32: racconta del chicco di grano che se “muore” produce molto frutto.
La parola centrale non è morire, ma molto frutto! Lo sguardo e sulla generatività accettando le
fatiche che si possono incontrare. Vivere è dare vita, è favorire il fiorire di ogni vita.
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Indicazioni per l’animazione dell’incontro
Visto il tempo carico di ansia e di limitazioni che stiamo vivendo e non potendo ancora prevedere
se saranno in presenza gli incontri formativi, biblici e di preghiera propri dei gruppi che si ritrovano
in parrocchia o anche a casa (la “chiesa domestica” che così tanto caratterizza i cristiani e le
cristiane fin dai tempi più antichi), si desidera comunque offrire – attraverso il sussidio proposto –
alcune indicazione affinché il momento di ascolto, di preghiera e di riflessione attorno al Vangelo
delle Domeniche di Quaresima diventi significativo e intenso, anche se si realizza davanti al
monitor del computer o al cellulare.
Prima di tutto l’invocazione allo Spirito da recitare all’inizio di ogni incontro con la candela accesa,
posta davanti alla Bibbia. Con questa, aperta sul brano da leggere, potrà esserci un’icona: una
statuina o un’immagine, forse anche quella ritrovata nel sussidio. Si potrà anche unirvi un segno
particolare e proprio per ogni incontro, legato al Vangelo di quella data domenica.
I Domenica di Quaresima, 21 febbraio 2021
(Segno e gesto: candela accesa, Bibbia aperta; matita e taccuino per gli appunti)
Invocazione allo Spirito santo
Accendi in noi il fuoco
O Spirito Santo,
riempi i cuori dei tuoi fedeli
e accendi in noi quello stesso fuoco,
che ardeva nel cuore di Gesù,
mentre egli parlava del regno di Dio.
Fa’ che questo fuoco si comunichi a noi,
così come si comunicò
ai discepoli di Emmaus.
Fa’ che non ci lasciamo soverchiare
o turbare dalla moltitudine delle parole,
ma che dietro di esse cerchiamo quel fuoco,
che infiamma i nostri cuori.
Tu solo, Spirito Santo,
puoi accenderlo
e a te dunque rivolgiamo la nostra debolezza,
la nostra povertà, il nostro cuore spento…
Donaci, Spirito Santo,
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di comprendere il mistero della vita di Gesù.
Donaci la conoscenza della sua persona,
per comunicare alle sue sofferenze,
e partecipare alla sua gloria,
Amen.
Carlo Maria Martini
Preghiamo con il Salmo della Liturgia
(a due voci se on-line, oppure a cori alterni)
Salmo 25 (24)
A te, Signore, innalzo l’anima mia, 2mio Dio, in te confido: che io non resti deluso!
Non trionfino su di me i miei nemici! 3Chiunque in te spera non resti deluso;
sia deluso chi tradisce senza motivo. 4Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri. 5Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza;
io spero in te tutto il giorno.
6Ricordati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre. 7I peccati della mia giovinezza
e le mie ribellioni, non li ricordare:
ricordati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore. 8Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta; 9guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via. 10Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà
per chi custodisce la sua alleanza e i suoi precetti. 11Per il tuo nome, Signore,
perdona la mia colpa, anche se è grande. 12C’è un uomo che teme il Signore?
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Gli indicherà la via da scegliere. 13Egli riposerà nel benessere,
la sua discendenza possederà la terra. 14Il Signore si confida con chi lo teme:
gli fa conoscere la sua alleanza. 15I miei occhi sono sempre rivolti al Signore,
è lui che fa uscire dalla rete il mio piede. 16Volgiti a me e abbi pietà,
perché sono povero e solo. 17Allarga il mio cuore angosciato,
liberami dagli affanni. 18Vedi la mia povertà e la mia fatica
e perdona tutti i miei peccati. 19Guarda i miei nemici: sono molti,
e mi detestano con odio violento. 20Proteggimi, portami in salvo;
che io non resti deluso,
perché in te mi sono rifugiato. 21Mi proteggano integrità e rettitudine,
perché in te ho sperato. 22O Dio, libera Israele da tutte le sue angosce.
Dal Vangelo secondo Marco 1,12-1512E subito lo Spirito sospinse [Gesù] nel deserto
13e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana.
Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea,
proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva:
«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino;
convertitevi e credete nel Vangelo».
Commento al Vangelo
All’inizio della Quaresima ci viene introdotto con poche parole il messaggio fondamentale della
prima predicazione di Gesù, dopo che questi ha vissuto l’esperienza del deserto, cui è preceduta
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quella del suo battesimo nel fiume Giordano. In questa sequenza appare essenziale l’opera dello
Spirito Santo: discende e inabita in Gesù mentre questi esce dalle acque (1,10), realizzando così la
profezia di Giovanni il Battista riguardo alla novità che il «più grande» di lui porta con sé (1,7); lo
sospinge nel deserto (1,10) per sperimentare la tentazione, descritta in maggior dettaglio dagli altri
due Sinottici (Mt 4,1-11; Lc 4,1-13).
Mc usa qui «sospinse», un termine molto forte quasi ad indicare che lo Spirito vuole porlo di
fronte a Satana, l’avversario, l’accusatore (secondo l’immagine di Giobbe 1,6-12 e Zaccaria
3,1-2).
L’espressione: «nel deserto rimase quaranta giorni» è una reminiscenza dell’esperienza
dell’Esodo, laddove il popolo dei credenti liberato dalla schiavitù aveva in parte fallito,
procurando così l’intervento prodigioso di Dio con la manna, l’acqua e le quaglie. Qui Gesù
vince la tentazione. I «quaranta giorni» ci ricordano quelli spesi da Mosè sul monte per
ricevere la Legge (Es 34,28), quelli di Elia per raggiungere lo stesso monte (1 Re 19,8) e
quelli dei primi credenti con Gesù risorto (At 1,3). Sono giorni di preparazione ad un evento
di salvezza, un intervento divino che cambia la storia.
Il verbo «tentato» viene utilizzato nell’Antico Testamento per sottolineare la prova della
fede in Dio. Qui il tentatore cerca di portare Gesù ad una decisione non consona al progetto
che Dio ha per il suo Messia, squalificando così il suo compito messianico chiarificato nel
battesimo (1,11). Questa tentazione è da mettere in relazione con quella di Pietro a Cesarea
di Filippo (8,33) e con quella degli avversari sotto la croce (15,29-32). Resistendo, Gesù
costruisce il «paradiso» indicato simbolicamente dalle bestie selvagge addomesticate (vedi
Gen 1 – 2; Isaia 11,6-8; Sal 91,11-13) e nel servizio prestatogli dagli angeli, servitori di Dio
nella sua gloria.
L’espressione «gli angeli lo servivano» va intesa come gli schiavi alla tavola dei loro
padroni. L’immagine si riferisce al bisogno primario di cibo. Gesù è qui raffigurato come
colui che, grazie alla sua relazione con il Padre, riesce ad affrontare i pericoli naturali
(deserto e animali selvatici), il potere del Maligno (Satana), ricevendo la protezione della
Provvidenza divina. La sezione introduttiva del Vangelo (1,1-12) comincia così con una
citazione dell’A.T. (vv. 2-3) per concludersi con un’icona tratta dalla sua simbologia (v. 13).
Al v. 14 comincia l’effettivo racconto della vicenda di Gesù che costituirà l’oggetto
dell’intero scritto marciano, fino alla sua crocifissione e morte (cap. 15) e all’annuncio della
sua risurrezione (cap. 16).
Precisando: «dopo che Giovanni fu arrestato», l’evangelista intende porre l’attività di Gesù
in relazione a quella del Battista e come sua continuazione, precisando però la grande
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differenza di stile: l’uno chiamava il popolo all’esperienza del battesimo nel deserto, l’altro
si incammina verso le persone ed è lui ad avvicinarsi ad esse nelle loro situazioni ordinarie
di vita. Il verbo «arrestare» (lett.: «consegnare») nel Vangelo ha il significato particolare
che include l’arresto, il processo, l’imprigionamento e le sofferenze della persona
«consegnata» ed è preannuncio verbale di ciò che succederà a Gesù stesso.
Il verbo «proclamando» è lo stesso verbo usato per l’attività di Giovanni in 1,4. Qui
troviamo un’importante differenza tra i due: Giovanni annunciava un battesimo di penitenza
per la remissione dei peccati, ossia una pratica penitenziale per ottenere la riconciliazione;
Gesù annuncia una buona novella di vittoria, di speranza e di pace, che – come afferma –
viene da Dio stesso. Se l’uno sottolinea ciò che i credenti devono fare, l’altro proclama
innanzitutto l’azione di Dio nei confronti dei credenti.
Il v. 15 ci offre un riassunto – molto stringato – della predicazione di Gesù: ogni parola è
importante.
È composto da due verbi coniugati al passato («è compiuto – è vicino»; lett.: «si è fatto
vicino») e due imperativi presenti («convertitevi – credete»). I primi due descrivono l’azione
di Dio con l’ausilio dell’impersonale (tipica forma ebraica per evitare l’uso diretto del nome
divino): le attese e speranze del popolo di Dio si stanno compiendo grazie all’intervento di
Gesù stesso, che si propone come araldo e costruttore del «Regno di Dio» (= il progetto
divino sulla storia umana apportatore di pace, libertà e giustizia – vedi 14,25). I due
imperativi introducono la risposta umana all’appello divino: non solo un riferimento al
dolore provato per il male commesso, ma soprattutto un cambiamento di mentalità, di
prospettive di vita e di scelte concrete basato sull’accoglienza di un messaggio nuovo, che
da qui in poi l’evangelista svilupperà seguendo la vicenda umana di Gesù (vedi 1,27;
2,12.21-22).
Il brano diviene dunque un invito ai credenti di oggi di «ritornare alle fonti» della fede,
ossia all’esperienza primordiale dei discepoli/e che sperimentarono la presenza e l’azione di
Gesù, per vivere i quaranta giorni della Quaresima alla luce del suo messaggio, che lo
conferma come «Cristo (= Messia) e Figlio di Dio» (1,1).
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Dal deserto, una meditazione di Padre Charles de Foucauld
Tutta la nostra vita, per quanto muta sia … dev’essere una predicazione dell’Evangelo fatta con
l’esempio. La nostra intera esistenza, tutto il nostro essere deve gridare l’Evangelo sui tetti. Tutta
la nostra persona deve traspirare Gesù. Tutti i nostri atti, tutta la nostra vita deve gridare che noi
apparteniamo a Gesù, deve presentare l’immagine della vita evangelica. Tutto il nostro essere deve
diventare una predicazione viva, un riflesso di Gesù, un profumo di Gesù, qualcosa che gridi Gesù,
che faccia vedere Gesù, che risplenda come un’immagine di Gesù…
Riflessione personale
Come ho vissuto/sto vivendo il deserto che si è creato attorno a me/a noi per la pandemia?
Preghiera finale
Su tutta la Terra Venga il tuo Regno su tutta la terra,
venga in ogni anima...
Tutti gli uomini
siano solleciti al tuo servizio,
la tua grazia regni
padrona assoluta in ogni anima;
che tu solo agisca in ogni anima
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e tutti gli uomini
non vivano che per mezzo di te
e per te, perduti in te...
Senza dubbio è la più grande felicità
di tutti gli uomini che sia così:
è ciò che c'è di più desiderabile per il
prossimo e per me.
Padre Charles de Foucauld
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II Domenica di Quaresima, 28 febbraio 2021
(Segno: l’icona della trasfigurazione; un’icona con il volto di Cristo)
Invocazione allo Spirito santo
Donami di conoscere Gesù
O Spirito Santo Paraclito,
pieno di gioia inizio la preghiera
con le parole del Veni Creator
‘’Donaci di conoscere il Padre,
e di conoscere il Figlio’’.
Sì, o Spirito del Padre,
dolce ospite dell’anima,
resta sempre con me
per farmi conoscere il Figlio
sempre più profondamente.
O Spirito di santità,
donami la grazia
di amare Gesù con tutto il cuore,
di servirlo con tutta l’anima
e di fare sempre e in tutto
ciò che a lui piace.
O Spirito dell’amore,
concedi a una piccola
e povera creatura come me,
di rendere una gloria sempre più grande
a Gesù, mio amato Salvatore. Amen
Charles de Foucauld
Preghiamo con il Salmo della Liturgia
(a due voci se on-line, oppure a cori alterni)
Salmo 1151Amo il Signore, perché ascolta
il grido della mia preghiera. 2Verso di me ha teso l’orecchio
9
nel giorno in cui lo invocavo. 3Mi stringevano funi di morte,
ero preso nei lacci degli inferi,
ero preso da tristezza e angoscia. 4Allora ho invocato il nome del Signore:
«Ti prego, liberami, Signore». 5Pietoso e giusto è il Signore,
il nostro Dio è misericordioso. 6Il Signore protegge i piccoli:
ero misero ed egli mi ha salvato. 7Ritorna, anima mia, al tuo riposo,
perché il Signore ti ha beneficato. 8 Sì, hai liberato la mia vita dalla morte,
i miei occhi dalle lacrime,
i miei piedi dalla caduta. 9 Io camminerò alla presenza del Signore
nella terra dei viventi. 10Ho creduto anche quando dicevo:
«Sono troppo infelice». 11Ho detto con sgomento:
«Ogni uomo è bugiardo». 12Che cosa renderò al Signore
per tutti i benefici che mi ha fatto? 13Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore. 14Adempirò i miei voti al Signore,
davanti a tutto il suo popolo. 15Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli. 16Ti prego, Signore, perché sono tuo servo;
io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
10
tu hai spezzato le mie catene. 17A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore. 18Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo, 19negli atri della casa del Signore,
in mezzo a te, Gerusalemme.
Alleluia.
Dal Vangelo secondo Marco 9,2-102Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni
e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro 3e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime:
nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche.4E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.
5Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù:
«Rabbì, è bello per noi essere qui;
facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».6Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
7Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce:
«Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».8E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.9Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto,
se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti.10Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Commento al Vangelo
L’episodio della trasfigurazione di Gesù può forse apparire strano e difficile da comprendere, ma è
fondamentale nei racconti evangelici: tutti e tre gli evangelisti sinottici (Marco, Matteo e Luca,
nonché 2Pt 1,17-18) lo pongono al centro della loro opera, descrivendolo come una grande svolta
nel racconto della vita e dell’attività di Gesù. In particolare, nel Vangelo secondo Marco la
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trasfigurazione capita proprio a seguito dell’insegnamento che Gesù ha donato ai suoi discepoli
riguardo alla sua stessa identità e al loro compito di sequela (8,31 – 9,1).
Questo episodio è unico nella storia della letteratura e negli scritti religiosi del tempo. Nei racconti
greci e latini troviamo solamente manifestazioni degli dèi o delle dee che si trasfigurano, si
presentano in forma umana, ma non viceversa. La letteratura biblica e giudaica descrivono un
angelo che appare e che porta il messaggio da parte di Dio. L’uomo che diventa divino e poi ritorna
umano è una novità assoluta dei vangeli.
Perché dunque questa novità? È la descrizione dell’irruzione del divino nella realtà umana che la
trasforma e la trasfigura, affinché i discepoli divengano sempre più coscienti della bellezza del
divino, senza che essi svalutino l’umano. È l’esperienza di un Dio che si manifesta nell’uomo Gesù
per condividere con i discepoli il fascino del fine ultimo della loro esistenza, quasi una «scheggia»
della realtà escatologica.
Gli evangelisti raccontano che Gesù si trovava sulla via per Gerusalemme. L’annuncio della
passione e morte da parte di Gesù aveva creato un momento di crisi nei rapporti tra i discepoli e il
loro Maestro: non avevano capito e Pietro, in particolare, aveva criticato fortemente le decisioni
prese da Gesù riguardo al suo futuro, ricevendo da lui il titolo di «tentatore» («Satana» in 8,31-33).
Era questo il segno di una crisi ben più grave che Gesù stava attraversando: all’incomprensione dei
discepoli (8,14-21) si aggiungeva in quelle circostanze l’abbandono della gente che non lo capiva e
dubitava di lui, nonché l’opposizione delle autorità (8,11-13).
Pietro, Giacomo e Giovanni sono i tre discepoli con cui Gesù aveva già condiviso
l’esperienza riguardante la morte e la vita nell’episodio della rianimazione della figlia di
Giairo (5,35-43), gli stessi che sarebbero stati particolarmente a lui vicini in quello del
Getsemani (14.32-42).
Affermando che Gesù «fu trasfigurato», il racconto ci dice che l’uomo Gesù ricevette da
Dio il dono di un’esperienza profonda («mistica») di verità descritta con un tale «biancore»
celeste, simbolo della divinità, introvabile su questa terra. Per Gesù fu l’esperienza della
particolare presenza del Padre, significato dalla nube luminosa che lo avvolse. Fu
l’esperienza del conforto procurato dalla presenza di eminenti testimoni della fede nel
passato: Mosè ed Elia, i grandi protagonisti della storia di Israele. Anche loro in relazione
con Dio che si rivela sul monte, anch’essi non capìti e perseguitati, ma che svolsero altresì
un ruolo fondamentale per il bene del popolo. Fu l’esperienza della parola del Padre che,
come al suo battesimo (1,9-11), dichiarava di nuovo la sua identità e invitava i discepoli ad
accogliere la sua persona e il suo insegnamento.
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Affermando che stare lì con Gesù: «è bello… facciamo tre capanne», Pietro interpreta i
sentimenti di tutti in quella situazione paradisiaca in cui risplende la bellezza del divino che,
se da una parte attira, dall’altra incute anche timore. Le capanne simboleggiano un rimanere
che non è però pensato come permanente, definitivo (non si parla di case) ma che intende
esprimere la soddisfazione immediata di un desiderio, di una felicità inattesa. L’evangelista,
da parte sua, sottolinea come le parole di Pietro siano state fuori luogo (v. 6).
L’espressione: «non videro più nessuno» indica un brusco ritorno alla normalità, necessario
per affrontare il cammino di discesa dal monte e il coinvolgimento nella quotidianità.
Infine, Gesù «ordinò loro di non raccontare»: la sua vera identità si può conoscerla solo alla
luce della sua passione e morte, espresso nel concetto di risurrezione (da morte!). Ma i
discepoli non erano ancora in grado di collegare la gloria che avevano appena visto con la
morte preannunciata in 8,30 – 9,1 e qui ribadita implicitamente. È lo «scandalo della croce»
che sfida credenti e non credenti a riconsiderare la loro concezione di Dio attraverso
l’insegnamento e la vicenda umana di Gesù (vedi 1 Cor 1,17 – 3,6).
In conclusione, la trasfigurazione fu per Gesù la conferma da parte di Dio che egli stava
camminando sulla strada giusta, che la scelta di andare a Gerusalemme era il cammino
appropriato in quelle circostanze, nonostante le effettive difficoltà e i possibili dubbi. Per i
discepoli fu rivelazione definitiva dell’identità di Gesù come Figlio prediletto di Dio, e
garanzia che il suo insegnamento era veritiero.
Monastero di Bose, Trasfigurazione
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Da Fontanella di Sotto il Monte (Bg), una meditazione di padre Davide Maria Turoldo
O potenza che ami la giustizia
tu hai fondato la legge e il diritto,
e con giustizia tu regni.
«“Una nuvola li avvolse, - una nuvola dell’inconoscibile – e dalla nuvola sentirono una voce che disse: «Ecco questi è mio figlio»”. Ecco perché Cristo diventa l’immagine dell’invisibile Iddio, ecco perché Dio esplode dal di dentro di questa umanità! È questo l’uomo, questo è mio Figlio; questo è l’uomo che io amo, questo il concetto di uomo; questa è la realtà di uomo che io sogno! «Ascoltate questo!». E allora, quando voi vedete il crocefisso, è lì che c’è la sintesi vera di Dio. Perché anche sul patibolo avviene la stessa trasfigurazione: sulla croce, nella notte più buia della terra, quando era buio a mezzogiorno come a notte avanzata, quando le tenebre sono enormi, infinite, proprio in quella notte così orrenda, in quel buio così orrendo ecco che la gloria di Dio si posa sulla croce. E si dice: “Veramente costui è figlio di Dio”. Dio si rivela dentro le spoglie di un crocefisso e di una vittima, dentro una umanità scartata e crocefissa. Allora voi avete subito la risposta, sapete chi è questo Cristo che gronda di luce e gronda di sangue. Avete il Cristo come immagine di umanità perfetta. […] L’umanità è da realizzarsi continuamente. Ecco cosa significa: “Questo è l’uomo che io amo”. Questo è il concetto e il modello dell’uomo, questo è l’archetipo: “Ascoltatelo!”. Allora dove c’è questa umanità lì c’è la divinità che esplode dal di dentro e può anche grondare di luce nel mentre è crocefissa e gronda di ignominia. Questo è il concetto di uomo che il mondo non accetta, e invece è segno della presenza di Dio nella storia dell’uomo. […] Perché voi non potete mai staccare un Tabor da un Calvario né un Calvario da un Tabor. Questo è il mistero della vita: vita e morte! […] la vita e la morte si integrano e hanno la loro conclusione finale nel Cristo che poi risorge dai morti: vita, ancora, che erompe dalla morte! […] Ma voglio ancora dirvi alcune cose sulla festa della Trasfigurazione che è la festa di tutto l’Oriente e l’Occidente, e deve essere il fine della nostra vita: arrivare a trasfigurarci. Umanità che si trasfigura, umanità che realizzandosi rivela Dio, gronda Dio. Ma per fare questo bisogna salire il monte […]. Allora sei tu che devi salire, e mentre sali allarghi la visione, ti stacchi dalla pianura […] e sali sali sali fino a quando sei lassù e vedi quella visione! Allora è tutto un altro modo di vedere, è un immergerti nella luce. Questo è il simbolo di quanto dev’essere il cammino interiore dell’uomo per cui diventa grondante di luce. È la trasfigurazione che ognuno di noi deve proporsi nella vita. Per questo la Trasfigurazione è la festa del monachesimo di tutto il mondo. È la festa posta dalla chiesa all’inizio di una quaresima per dire: cammina pure, magari attraverso la tenebra, ma non perdere mai dalla tua visione, questa luce che brilla […]. È la luce che ti illumina e di cui tu diventi depositario e radioso», D.M. Turoldo, Dialogo tra cielo e terra, Ed. Piemme, Casale Monferrato (AL) 20004, 178-180.
Riflessione personale
Anche la croce è dunque trasfigurazione di Cristo: quanto e come so guardare/accettare Gesù crocifisso?
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Preghiamo per una trasfigurazione che faccia sorgere – in ognuno ed ognuna di noi – un nuovo giorno.
Il nuovo giorno
Inizia un altro giorno.
Gesù vuol viverlo in me. Lui non si è isolato.
Ha camminato in mezzo agli uomini.
Con me cammina tra gli uomini d'oggi.
Incontrerà ciascuno di quelli che entreranno nella mia casa,
ciascuno di quelli che incrocerò per la strada,
altri ricchi come quelli del suo tempo, altri poveri,
altri eruditi e altri ignoranti,
altri bimbi e altri vegliardi,
altri santi e altri peccatori,
altri sani e altri infermi.
Tutti saranno quelli che egli è venuto a cercare.
Ciascuno, colui che è venuto a salvare.
A coloro che mi parleranno, egli avrà qualche cosa da dire.
A coloro che verranno meno, egli avrà qualche cosa da dare.
Ciascuno esisterà per lui come se fosse il solo.
Nel rumore egli avrà il suo silenzio da vivere.
Nel tumulto, la sua pace da portare.
Gesù, in tutto, non ha cessato di essere il Figlio.
Vuole in me rimanere legato al Padre.
Dolcemente legato, ogni secondo,
sospeso su ciascun secondo,
come un sughero sull'acqua.
Dolce come un agnello
di fronte a ogni volontà del Padre.
Tutto sarà permesso in questo giorno che viene,
tutto sarà permesso ed esigerà che io dica il mio sì.
Il mondo dove Lui mi lascia per esservi con me
non può impedirmi di essere con Dio;
come un bimbo portato sulle braccia della madre
non è meno con lei per il fatto
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che lei cammina tra la folla.
Gesù, dappertutto, non ha cessato d'essere inviato.
Noi non possiamo esimerci d'essere, in ogni istante,
gl'inviati di Dio nel mondo.
Gesù in noi, non cessa di essere inviato,
durante questo giorno che inizia,
a tutta l'umanità, del nostro tempo, di ogni tempo,
della mia città e del mondo.
Attraverso i fratelli più vicini ch'egli ci farà servire
amare salvare, le onde della sua carità giungeranno
sino in capo al mondo,
andranno sino alla fine dei tempi.
Benedetto questo nuovo giorno che è Natale per la terra,
poiché in me Gesù vuole viverlo ancora.
Madeleine Delbrêl
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III Domenica di Quaresima, 7 Marzo 2021
(Segno: candela accesa; Bibbia aperta; un articolo di giornale...)
Invocazione allo Spirito santo
Donaci un cuore umile
Spirito di Dio, discendi su di noi;
donaci un cuore umile e docile
che si lasci condurre
dentro il mistero estremo
del corpo donato e del sangue versato.
Aiutaci ad adorare,
tacere e godere. Amen.
Marco Cè
Preghiamo con il Salmo della Liturgia
(a due voci se on-line, oppure a cori alterni)
Salmo 18 1Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.
2I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
3Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia.
4Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
5per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
e ai confini del mondo il loro messaggio.
Là pose una tenda per il sole
6che esce come sposo dalla stanza nuziale:
esulta come un prode che percorre la via.
7Sorge da un estremo del cielo
e la sua orbita raggiunge l’altro estremo:
nulla si sottrae al suo calore.
8La legge del Signore è perfetta,
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rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.
9I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.
10Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti,
11 più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.
12Anche il tuo servo ne è illuminato,
per chi li osserva è grande il profitto.
13Le inavvertenze, chi le discerne?
Assolvimi dai peccati nascosti.
14Anche dall’orgoglio salva il tuo servo
perché su di me non abbia potere;
allora sarò irreprensibile,
sarò puro da grave peccato.
15Ti siano gradite le parole della mia bocca;
davanti a te i pensieri del mio cuore,
Signore, mia roccia e mio redentore.
Dal Vangelo secondo Giovanni 2,13-25
13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.5Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi;
gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse:
«Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».17I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.
18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero:
18
«Quale segno ci mostri per fare queste cose?».19Rispose loro Gesù:
«Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».20Gli dissero allora i Giudei:
«Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?».21Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo,
e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa,
molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome.24Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti
25e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo.
Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
Commento al Vangelo
Il Vangelo di questa domenica ci presenta un Gesù arrabbiato. Entra nel Tempio di Gerusalemme,
scaccia i venditori e i cambia-valuta e rovescia i loro banchi. Crea dunque un bel po’ di confusione.
È una delle poche volte in cui Gesù si è infuriato ed è interessante notare come tutti gli evangelisti
narrano questo episodio, anche se in modi diversi e con particolari differenti: ciò è segno
dell’importanza di questo fatto che è stato ricordato in modo speciale dai credenti delle prime
generazioni, grazie all’impressione che esso ha suscitato. Notiamo subito però che i gesti di
violenza sono contro le cose e non contro le persone e l’arma usata – una frusta improvvisata – non
provoca grandi sofferenze.
Il brano può essere suddiviso in tre parti: la descrizione dei gesti di Gesù (vv. 13-17) e la loro
interpretazione nel dialogo con i giudei (vv. 18-22). Alla fine di entrambe troviamo la menzione del
ruolo dei discepoli nella conservazione del significato dell’evento. Conclude il tutto (terza parte)
una nota del redattore che informa sul punto di vista di Gesù riguardante la fede (vv. 23-25).
Con la descrizione della «gente che vendeva buoi…», il racconto ci invita a chiederci: cosa
facevano i mercanti nel Tempio? In realtà, essi non svolgevano il loro lavoro nel santuario,
ossia nell’edificio centrale, ma semplicemente sulla spianata che lo circondava, che era
recintata da portici e che era chiamata «cortile dei pagani», perché anch’essi vi potevano
accedere, mentre il santuario era riservato agli israeliti. Era il luogo dove i pellegrini
venivano accolti, dove si poteva comprare il bestiame per i sacrifici e dove si cambiavano le
19
monete estere nella valuta corrente. Era dunque un servizio offerto al pubblico e parte dei
proventi serviva a mantenere e ad abbellire l’edificio, nonché ad aiutare finanziariamente i
poveri, di cui l’amministrazione del Tempio si faceva carico.
Il gesto di Gesù che «scacciò tutti fuori…» viene volutamente descritto come molto duro per
quanto contrasta la mentalità di compra-vendita anche se fatto a fin di bene e compiuto
citando l’insegnamento dei profeti (Ger 7,11; Zac 14,21). Questo è anche un gesto
messianico, perché già precedentemente compiuto dai grandi riformatori della storia di
Israele (il re Giosia in 2 Re 23 e Giuda Maccabeo in 1 Mac 4). L’evangelista commenta il
fatto citando un’espressione presa dal libro dei Salmi (69,10): «lo zelo della tua casa mi
divorerà», che esprime la «gelosia» di Gesù (e di Dio) che non accetta compromessi, perché
la sua casa è il luogo dove lo si incontra e non può venire usata per altri scopi. Il contesto fa
tornare in mente la famosa frase di Gesù - «non potete servire Dio e il denaro» (cfr. Lc
16,13) - che si adatta molto bene a questo episodio: i gesti che qui compie sono una
conseguenza del suo insegnamento. La «giustizia» di cui si parla assume il senso biblico del
«fare la volontà di Dio» anche se questo costa, perché significa mettere Dio e i veri valori al
primo posto.
La domanda con «quale segno…?» risulta impopolare, sgradita perché mette in dubbio
alcune certezze acquisite con la tradizione: il Tempio era stato appena rimesso a nuovo dopo
46 anni di lavoro ed era l’orgoglio degli israeliti del tempo. Tutto il popolo, in un modo o in
un altro, con il lavoro manuale o con le tasse, aveva partecipato al suo ingrandimento e
abbellimento. Ecco perché il popolo pio si indigna contro di lui: con quale diritto fa questo?
Perché questo disordine? Hanno compreso che Gesù è un profeta e fa gesti graffianti, ma
voglio accertarsi della sua identità e della sua missione, dunque gli chiedono un segno per
sapere se egli sia veramente mandato da Dio.
Dicendo loro: «distruggete questo Tempio…» Gesù risponde affermando qualcosa di
misterioso e ambiguo legato al Tempio che ha un significato molto profondo. Il segno della
sua autenticità verrà dato nella sua morte e risurrezione e solo alla luce della risurrezione si
può comprendere il suo significato. L’espressione diventa inoltre un’indiretta profezia della
distruzione del Tempio di Gerusalemme (contenuta anche negli altri vangeli e poi
sfortunatamente avveratasi nel 70 d.C.).
La mancanza di fiducia da parte di Gesù che, infatti, «non si fidava…» delle persone che
avevano osservato i suoi gesti è basata sul v. 22, che esprime la dinamica della vera fede
evidenziata dall’autore. Tutto parte dal segno compiuto da Gesù, ma esso perde il suo
significato se non è connesso ad una sua parola, ossia se non è compreso come parte del suo
Vangelo, alla luce della Scrittura, ed è accolto come novità che cambia le prospettive.
20
Concludendo, si notano tre diversi modi di rispondere alla «purificazione del Tempio» come
pure al suo messaggio:
- quello dei «giudei» che vogliono un ulteriore segno, nonostante questo sia sotto i loro occhi,
rivelando così la loro chiusura all’insegnamento di Gesù;
- quello dei «molti» che fondano la loro fede solo sui segni e sui prodigi che egli compie, ma
che in futuro non accetteranno la sua morte sulla croce;
- quello dei «discepoli» che, dalla prospettiva della risurrezione, ossia della sua vittoria sul
male e sulla morte, vedono il segno e ne accolgono il significato come rivelazione
dell’identità messianica di Gesù. Dopo averlo compreso alla luce del suo messaggio e della
Scrittura, che fa da «parametro» per la comprensione, hanno anche inteso quale sia il vero
culto «in spirito e verità» (4,23).
Cristo Pantrocratore – Duomo di Monreale
Meditazione: Gesù e lo zelo per la casa del Padre
«Gesù con una frusta in mano. Imprevedibile. Ma sapete che cosa mi tocca e mi commuove in
Gesù? Mi colpisce il fatto che in lui c’erano al tempo stesso la dolcezza e la tenerezza di una donna
innamorata e il coraggio, la determinazione e la forza di un eroe in battaglia. Gesù non è un
remissivo! Sa dire dei no quando serve, e con decisione. È un po’ come l’immagine severa e
21
benedicente del Pantokràtor […]: questo volto insieme dolce e grave», E. RONCHI – M.
MARCOLINI, Le ragioni della speranza, Paoline, Milano 2014, 88.
Riflessione personale
Quanto riesco/riusciamo ad essere anche noi così decisi verso i nostri errori e, nello stesso tempo,
altrettanto capaci di guardare con tenerezza noi stessi e gli altri?
Comprendiamo e gioiamo nella scoperta che il fine ultimo è sempre, per il nostro Signore Gesù, la
salvezza di ogni persona?
Preghiera finale
Dio ama ciò che è perduto
“Dio non si vergogna
della miseria dell’uomo,
vi entra dentro,
sceglie una creatura umana come suo strumento
e compie meraviglie
lì dove uno meno se le aspetta.
Dio è vicino alla bassezza,
ama ciò che è perduto,
ciò che non è
considerato,
l’insignificante,
ciò che è emarginato,
debole e affranto;
dove gli uomini dicono ‘perduto’,
lì Egli dice ‘salvato’;
dove gli uomini dicono ‘no!’,
lì Egli dice ‘si’!
Dove gli uomini distolgono
con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo,
lì Egli posa il Suo sguardo
pieno di un amore ardente incomparabile.[...]
Dove nella nostra vita
siamo finiti in una situazione
22
in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio,
dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi,
dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita,
lì Egli vuole irrompere
nella nostra vita,
lì ci fa sentire il Suo approssimarsi,
affinché comprendiamo
il miracolo, del Suo amore,
della Sua vicinanza
e della Sua Grazia”.
Dietrich Bonhoeffer
23
IV Domenica di Quaresima, 14 Marzo 2021
(Segno: candela accesa, Bibbia aperta; un vaso di terra con un fiore, una piantina…)
Invocazione allo Spirito santo
Vieni, o Spirito del cielo,
manda un raggio di tua luce
manda il fuoco creatore.
Misterioso cuore del mondo,
o bellezza salvatrice,
vieni dono della vita.
Tu sei il vento sugli abissi,
tu il respiro del primo Adamo
ornamento a tutto il cielo.
Vieni, luce della luce,
delle cose tu rivela
la segreta loro essenza.
Concezione germinale
della terra e di ogni uomo,
gloria intatta della Vergine…
O tu Dio in Dio amore,
tu la luce del mistero,
tu la vita di ogni vita
David Maria Turoldo
Preghiamo con il Salmo della Liturgia, un salmo che invita a «fare memoria»: a non
dimenticare chi siamo e da dove veniamo
(a due voci se on-line, oppure a cori alterni)
Salmo 137 (136) 1Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion. 2Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre, 3perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
24
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!». 4Come cantare i canti del Signore
in terra straniera? 5Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra; 6mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.
Dal Vangelo secondo Giovanni 3,14-21
[Gesù disse a Nicodemo]14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto,
così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
16Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito,
perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo,
ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato,
perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 19E il giudizio è questo:
la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce,
perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce,
e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce,
perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.
Commento al Vangelo
Il brano del Vangelo di questa domenica, tratto dal discorso di Gesù a Nicodemo, è molto denso e il
modo più consono per capirlo è quello di un approfondimento attraverso la riflessione, la
25
meditazione e la contemplazione. Ogni frase va letta, riletta e fatta risuonare nel cuore: solo allora la
si comprende e la si gusta.
Si tratta delle ultime parole del lungo dialogo tra il Maestro e l’eminente Fariseo che troviamo al
cap. 3 del Vangelo di Giovanni. In queste frasi finali Gesù annuncia e spiega verità importanti per la
vita del credente. Il nostro brano si sviluppa su due argomenti: ciò che Dio ha fatto (vv. 14-17) e ciò
che il credente deve fare in risposta all’azione del Padre (vv. 18-21).
Il fare di Dio è descritto da tre verbi: amare, dare il Figlio e mandare il Figlio. Qui troviamo
la particolarità della fede biblica e del suo modo di intendere la relazione con Dio. Non si
tratta di dare a Dio qualcosa: preghiere, digiuni, buone azioni, ecc. All’origine della
relazione c’è l’iniziativa gratuita di Dio che ci ha amato e continua ad amarci.
Quando Gesù dice che: «Ha amato il mondo», non va pensata principalmente la creazione o
l’ambiente, ma l’umanità debole, peccatrice, infedele e attirata dal male. Dio la ama così
come è! È un amore ‘a priori’ come dicono i filosofi, cioè non basato sulle qualità, sulla
bellezza o sulla bontà dell’oggetto o della persona amata: Dio ama perché trova la sua
felicità e la sua realizzazione nell’amare. Possiamo ritrovare una traccia di un tale amore
nell’amore dei genitori verso i figli, soprattutto verso il figlio più piccolo o più debole: è
l’amore della madre (genitoriale) verso il figlio ammalato o disabile.
Affermando che Dio «Ha mandato il Figlio nel mondo» l’evangelista vuole farci
comprendere che si tratta di un vero e proprio dono. Il Padre ha donato il Figlio Gesù perché
diventasse luce per il mondo, con il compito di offrire la verità nel suo vangelo e nel suo
modo di essere e di agire nel mondo. E tutto ciò lo ha fatto affinché l’umanità trovasse la
vera realizzazione e la felicità (quella che è qui chiamata «salvezza»), non solo nel mondo
che verrà, in paradiso, ma qui e ora, nelle situazioni di vita quotidiana. Gesù con la sua
morte e risurrezione (qui chiamate «innalzamento») ha mostrato con chiarezza che la vita
vince la morte, il bene sconfigge il male, la luce ha la meglio sulle tenebre e la verità dissipa
ogni menzogna, anche se a volte non sembra così, anche se a volte c’è chi fa credere il
contrario. Questo è ciò che Dio ha fatto, prefigurato in maniera particolare dall’immagine
del serpente di Mosè (v. 14 – cfr. Nm 21), che sottolinea la salvezza dall’avvelenamento del
male guardando al serpente di bronzo innalzato: un volgere lo sguardo che qui è chiarificato
come sguardo di fede verso il crocifisso-risorto.
La risposta del credente all’azione di Dio è la fede «Chi crede in Lui», indica colui/colei che
non si ferma alle parole e alle definizioni, ma che sceglie e agisce nel mondo secondo la
fede che lo abita. In questa fede attiva si attua anche il giudizio. Ciò significa che la fede
operosa è già ora fonte di salvezza. Il giudizio finale, alla fine dei tempi, sarà solo la ratifica
26
di ciò che è stato scelto e fatto qui e ora. Come dire: il Regno di Dio è qui, ora; il paradiso si
realizza oggi nel mondo laddove le persone agiscono secondo il bene-luce-verità, e così si
ottiene la salvezza. Da qui nasce la grande responsabilità che l’umanità ha nei confronti di
Dio.
La salvezza poi si ottiene «camminando verso la luce» (v. 21): ciò implica un orientamento
pratico nella vita (non solo teorico), fatto di azioni concrete verso i valori veri, verso la
verità.
Un esempio di cammino verso la luce è l’itinerario di fede compiuto da Nicodemo, l’uomo a cui
Gesù indirizza il suo insegnamento. Raccogliendo tutte le informazioni che il Vangelo secondo
Giovanni ci offre a suo riguardo, possiamo delinearne le linee fondamentali. Da anziano, esperto
conoscitore delle Scritture sacre di Israele, ha visto i segni di Gesù e si è avvicinato a lui di notte,
forse per non farsi scoprire, ma ancora di più perché cercava una luce nel buio della sua vita (3,1-2)
e l’ha trovata in Gesù. Rappresenta il credente che, pur conoscendo le Scritture, fa fatica a vederne
la valenza per la sua vita nel quotidiano. A metà del racconto evangelico, in una discussione con i
membri del Sinedrio su Gesù, ha il coraggio di difenderlo e riceve il titolo di «ignorante» per la sua
apertura verso la verità (7,50-52). Alla fine del Vangelo lo ritroviamo mentre viene allo scoperto e,
come discepolo, con Giuseppe di Arimatea si dà da fare per onorare la salma di Gesù (19,38-42).
Questo è l’itinerario di fede di una persona concreta che ha cercato Gesù, che ha trovato in Lui la
luce vera e che è riuscito a difenderla e poi a testimoniarla con le parole e con gesti di carità.
Meditazione
27
Viviana Garofoli, Argentina:Pachamama, (Tecnica mista, 2009), in: I colori del Sacro
(Quinta rassegna internazionale di illustrazioni – Museo Vescovile – Padova)
Riprendendo il versetto 16, dove si afferma che Dio «ha tanto amato il mondo da dare il Figlio
unigenito», potremmo lasciarci interpellare dal fatto che, con mondo, non si voglia intendere la sola
umanità decontestualizzata, ma la si pensi all’interno dell’unità del cosmo creato per amore. È
importante soffermarci sul prendersi cura del mondo in tutte le sue forme e manifestazioni,
progetto nonché desiderio che Dio stesso esprime durante l’opera creativa che attua all’inizio del
tempo (cf. Gen 1,28).
A questo proposito, sarà opportuno considerare la creazione dell’uomo e della donna: un Adam fatto
di terra. Ma che cosa significa?
Una meditazione di Leonardo Boff: «In primo luogo significa che abbiamo elementi-Terra nel
corpo, nel sangue, nel cuore, nella mente e nello spirito. Da questa constatazione risulta la coscienza
di una profonda unità. In secondo luogo, possiamo pensare la Terra. Allora, sì, noi prendiamo le
distanze da essa per poterla vedere meglio. Questo allontanamento non rompe il cordone ombelicale
con essa. Aver dimenticato la nostra unione con la Terra ha dato origine all’antropocentrismo
nell’illusione che, per il fatto di poter riflettere sulla Terra, potessimo, con giusta motivazione,
collocarci al di sopra di essa e dominarla per disporne a volontà. Nel sentirci figli e figlie della
Terra la percepiamo come Madre generosa. Essa è un principio generativo. Rappresenta il
28
femminile che concepisce, porta in gestazione e dà alla luce. Emerge così l’archetipo della Terra
come Grande Madre, Pacha Mama e Nana. Allo stesso modo in cui genera e affida alla vita, essa
accoglie anche tutto, e tutto raccoglie nel suo seno […] Sentire che siamo Terra ci spinge ad essere
realisti. Ci fa sviluppare una sensibilità nuova nei confronti della Terra, del suo freddo e del suo
calore, della sua forza a volte minacciosa a volte incantevole. […] Essere Terra è essere concreti,
concretissimi. Configura il nostro limite. Ma significa anche la nostra base solida, il nostro punto di
contemplazione del tutto, la nostra piattaforma per poter alzarci in volo oltre questo paesaggio e
questo pezzo di terra. Infine, sentirsi Terra è percepirsi all’interno di una comunità complessa
insieme agli altri suoi figli e figlie. La Terra non genera soltanto noi esseri umani. Produce quella
miriade di microorganismi che compongono il 90% di tutta la complessa rete della vita […].
Sentirsi Terra è tuffarsi nella comunità terrestre, nel mondo dei fratelli e delle sorelle, tutti figli e
figlie della grande e generosa Madre, la Terra», L. BOFF, Il creato in una carezza verso un’etica
universale: prendersi cura della terra, Cittadella Editrice, Città del castello [Pg], pag. 62 63.
Riflessione personale
Quanto e come riesco a sentirmi “Terra", parte di essa e così legato/a ad essa, agli altri e a Colui
che, in fondo, l’ha voluta e poi affidata a noi esseri umani?
Affidiamoci con la preghiera alla luce del Signore Gesù e al discernimento che lo Spirito opera
in noi:
Signore, Tu sei la mia luce: senza di te cammino nelle tenebre
senza di Te non posso neppure fare un passo,
senza di te non so dove vado,
sono un cieco che guida un altro cieco.
Se Tu mi apri gli occhi, Signore, io vedrò la tua luce,
i miei piedi cammineranno nella via della vita. .
Signore, se Tu mi illuminerai, io potrò illuminare.
Tu fai di noi la luce del mondo.
Carlo Maria Martini
29
V Domenica di Quaresima, 21 Marzo 2021
(Segno: Candela accesa; Bibbia aperta; una bussola/un cannocchiale o altro oggetto che
amplifichi lo sguardo)
Invocazione allo Spirito santo
Spirito di Vita,
che in principio aleggiavi sull'abisso,
aiuta l'umanità del nostro tempo a comprendere
che l'esclusione di Dio la porta a smarrirsi nel deserto del mondo,
e che solo dove entra la fede fioriscono la dignità e la libertà
e la società tutta si edifica nella giustizia.
Spirito di Pentecoste,
che fai della Chiesa un solo Corpo,
restituisci noi battezzati a un'autentica esperienza di comunione;
rendici segno vivo della presenza del Risorto nel mondo,
comunità di santi che vive nel servizio della carità.
Spirito Santo,
che abiliti alla missione,
donaci di riconoscere che, anche nel nostro tempo,
tante persone sono in ricerca della verità
sulla loro esistenza e sul mondo.
Rendici collaboratori della loro gioia
con l'annuncio del Vangelo di Gesù Cristo,
chicco del frumento di Dio,
che rende buono il terreno della vita
e assicura l'abbondanza del raccolto.
Amen.
Papa Benedetto XVI
Preghiamo con il Salmo della Liturgia
(a due voci se on-line, oppure a cori alterni)
Salmo 51 (50) 1Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.
2Quando il profeta Natan andò da lui, che era andato con Betsabea. 3Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
30
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità. 4Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro. 5Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi. 6Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto:
così sei giusto nella tua sentenza,
sei retto nel tuo giudizio. 7Ecco, nella colpa io sono nato,
nel peccato mi ha concepito mia madre. 8Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo,
nel segreto del cuore mi insegni la sapienza. 9Aspergimi con rami d’issopo e sarò puro;
lavami e sarò più bianco della neve. 10Fammi sentire gioia e letizia:
esulteranno le ossa che hai spezzato. 11Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe. 12Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo. 13Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito. 14Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso. 15Insegnerò ai ribelli le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno. 16Liberami dal sangue, o Dio, Dio mia salvezza:
la mia lingua esalterà la tua giustizia. 17Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode. 18Tu non gradisci il sacrificio;
se offro olocausti, tu non li accetti. 19Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
31
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. 20Nella tua bontà fa’ grazia a Sion,
ricostruisci le mura di Gerusalemme. 21Allora gradirai i sacrifici legittimi,
l’olocausto e l’intera oblazione;
allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.
Dal Vangelo secondo Giovanni 12,20-3320Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci.
21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsaida di Galilea, e gli domandarono:
«Signore, vogliamo vedere Gesù». 22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù.
23Gesù rispose loro:
«È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. 24In verità, in verità io vi dico:
se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo;
se invece muore, produce molto frutto. 25Chi ama la propria vita, la perde
e chi odia la propria vita in questo mondo,
la conserverà per la vita eterna. 26Se uno mi vuole servire, mi segua,
e dove sono io, là sarà anche il mio servitore.
Se uno serve me, il Padre lo onorerà. 27Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò?
Padre, salvami da quest’ora?
Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! 28Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». 29La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono.
Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». 30Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi.
31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. 32E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». 33Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.
32
Commento al Vangelo
Come per il Vangelo di domenica scorsa, anche questo brano necessita di un approfondimento
attraverso la riflessione, la meditazione e la contemplazione, perché la semplice lettura non basta.
Ogni frase va letta e fatta risuonare nel cuore. Solo allora la si comprende e la si gusta.
Questi versetti si trovano a conclusione dell’arrivo di Gesù a Gerusalemme per la Pasqua: è stato
narrato come egli sia stato unto a Betania con un gesto profetico (12,1-11) e sia entrato
trionfalmente, come Messia, in Gerusalemme (12,12-19). Viene avvicinato da alcuni «greci» cui
Gesù risponde chiarificando la sua missione e i valori che la sostengono e che sono validi anche per
coloro che lo vogliono seguire. Nelle altre due dichiarazioni ufficiali che seguono, approfondisce
ulteriormente il tema (12,34-36 e 44-50) e l’evangelista inframmezzo ricorda il compimento delle
profezie di Isaia riguardo all’incredulità di molti (12,37-43). Con il cap. 13 comincia la seconda
parte del Vangelo che narra gli insegnamenti dell’ultima cena (13 – 17), i fatti della passione, morte
(18 – 19) e risurrezione di Gesù (20 – 21). Il nostro brano funge allora da preannuncio e
interpretazione dei fatti che verranno poi raccontati.
Nei vv. 20-22 si descrive l’avvenimento che induce Gesù a dare il suo insegnamento. È
l’ultima celebrazione pasquale per Lui, il compimento della sua «ora» come ha già
preannunciato più volte. I «greci» qui menzionati non sono «pagani», ma costituiscono un
gruppo di cosiddetti «ellenisti», ossia ebrei di lingua greca venuti dall’estero e saliti a
Gerusalemme per la grande festa. Vengono qui descritti come persone in cerca di verità, così
come molti dei personaggi fino ad ora incontrati da Gesù. Filippo, che con Andrea era
plausibilmente il miglior interprete tra i discepoli, porta il messaggio al Maestro facendosi
mediatore di un incontro. Qui si ripete la dinamica del discepolato che si trova nel primo
capitolo del Vangelo (1,35-51): un passa-parola che unisce in amicizia i cercatori della
verità. L’espressione: «Vogliamo vedere Gesù» indica il desiderio di entrare in relazione con
lui, non esprime una semplice curiosità.
Nei vv. 23-28a, Gesù sembra rispondere a questo desiderio in maniera enigmatica: parla
dell’ora della sua glorificazione e, con l’arrivo dei «greci» questa glorificazione appare già
iniziata, perché si realizza il detto finale: «attirerò tutti a me» (v. 32). In realtà notiamo che
si tratta di un brano poetico, sigillato dall’inclusione del termine «ora» e dal verbo
«glorificare» posto all’inizio e alla fine: è un «canto» che Gesù innalza per celebrare la
verità e dare un significato agli avvenimenti che stanno per accadere (v. 24). Contiene due
«parabole», ossia due immagini tratte dalla vita quotidiana che illustrano bene il messaggio:
il chicco di grano indica la morte che porta vita (v. 24); il servo che, con il suo impegno, si
guadagna la fiducia e l’onore del padrone (v. 26). In mezzo (v. 25) troviamo un gioco di
33
parole tra «vita terrena» (psychē) e «vita eterna» (zōē), tra «amare» e «odiare» (=
«preferire») e tra «perdere» e «conservare». Qui si parla sia del Maestro che del
discepolo/a: è l’orientamento e la scelta fondamentale di Gesù che deve diventare anche
quella di chi vuole seguirlo. Il canto si conclude con le parole che richiamano la scena del
Getsemani, laddove Gesù pone la «glorificazione» del Padre al di sopra della sua personale
«salvezza» dall’ora della morte (è ciò che normalmente affermiamo quando preghiamo: «sia
santificato il tuo nome»!).
A questa affermazione della scelta fondamentale da parte di Gesù, il Padre risponde (v. 28b)
con la certificazione che ciò che il Figlio ha detto e fatto sono nel suo progetto e che Egli
continuerà a portare a compimento la glorificazione promessa anche a chi lo segue (v. 26b).
Dio ha già manifestato tutto questo nell’episodio del battesimo e della trasfigurazione,
raccontati dagli altri evangelisti.
Nel v. 29 leggiamo che la reazione della gente alla rivelazione divina è caratterizzata da
incomprensione: c’è chi pensa ad un fenomeno naturale e chi ad un’esperienza mistica
individuale.
Per fugare ogni falsa interpretazione, nei vv. 30-33 Gesù si rivolge direttamente agli astanti
(e ai lettori del Vangelo!), chiarificando che la sua morte e risurrezione sono il giudizio (in
greco «krisis») dell’umanità, il punto di divisione tra realizzazione e fallimento di fronte al
quale la stessa umanità deve compiere la sua scelta. Ma c’è anche la certezza che il male –
tutto il male – è destinato ad essere vinto ed è così che Gesù morto e risorto attira tutti,
perché è la cifra e il paradigma di questa vittoria universale. Egli ha accettato questa
prospettiva e l’ha abbracciata pienamente (v. 33).
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Meditazione
Caspar David Friedrich, Donna al tramonto del sole, 1818
Meditiamo aiutandoci con la figura che, nel quadro, guarda verso l’oltre segnato dal sole:
scendendo pian piano, la stella che ci permette di vivere lascia intuire un qualcosa d’altro che si cela
seppur presente. Ci potrà aiutare anche la poesia riportata, dedicata com’è a tutte quelle persone che
intuiscono, nella profondità del loro essere, di saper e voler amare Colui che, quell’«oltre», lo abita
facendolo diventare, per chi lo indaga, un luogo da desiderare e da scoprire…
Poesia 1403 (1877)
Mio Creatore, concedi ch’io sia
innamorata sempre più di te –
Ma quanto più m’accosto
più senta il desiderio –
Emily Dickinson
Riflessione personale
Gli “ellenisti” che rappresentano le persone nella ricerca della Verità, affermano di voler conoscere
Gesù e lui sa bene che attirerà tutti a sé: cosa spinge fin dai tempi più lontani a mettersi in cammino
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per andarne alla ricerca? Forse il senso di infinito che ci appartiene e il desiderio di comprendere un
senso per la nostra vita? Ma da dove viene questo senso di Infinito e di ricerca che caratterizza
uomini e donne di ogni tempo e luogo? Da dove questa inquietudine della ricerca, questa fame di
conoscenza, il bisogno di senso che ci pervade?
Preghiera finale
Apri il nostro cuore
Spirito di Dio,
vieni ad aprire sull’infinito
le porte del nostro spirito e del nostro cuore.
Aprile definitivamente
e non permettere che noi tentiamo di richiuderle.
Aprile al mistero di Dio
e all’immensità dell’universo.
Apri il nostro intelletto agli stupendi orizzonti della Divina Sapienza.
Apri il nostro modo di pensare
perché sia pronto ad accogliere i molteplici punti di vista diversi dai nostri.
Apri la nostra simpatia
alla diversità dei temperamenti
e delle personalità che ci circondano.
Apri il nostro affetto
a tutti quelli che sono privi di amore,
a quanti chiedono conforto.
Apri la nostra carità
ai problemi del mondo,
a tutti i bisogni della umanità.
Jean Galot
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