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Chimica FisicaEquilibri chimici
AA 2013-2014
Antonino Polimeno
Dipartimento di Scienze Chimiche
Universita degli Studi di Padova
Capitolo 1
Equilibri chimici
Un processo stechiometrico indipendente e costituito da un insieme di relazioni quantitative tra le
variazioni del numero di moli di ciascun componente di un sistema, dovuta alla presenza di una reazione
chimica indipendente. Nel Capitolo dedicato alle sostanze pure abbiamo gia definito il formalismo di
base per rappresentare una reazione chimica, che riportiamo qui per completezza. Per una reazione
chimica di R reagenti e P prodotti
r1R1 + r2R2 + . . .+ rRRR → p1P1 + p2P2 + . . .+ pPPP (1.1)
o piu concisamente per M specie chimiche
M∑
i=1
νiCi = 0 (1.2)
dove nella prima espressione indichiamo separatamente i reagenti e i prodotti, mentre nella seconda
li raggruppiamo insieme tenendo conto che i coefficienti stechiometrici νi hanno segno negativo per i
reagenti e positivo per i prodotti.
La nozione stessa di processo stechiometrico indipendente richiede alcune precisazioni. Dato un
sistema (chiuso) formato da M specie chimiche costituite da N elementi diversi, possiamo scrivere in
generale N bilanci di massa, uno relativo a ciascun elemento. Ne consegue che il numero di reazioni
chimiche indipendenti e dato da M − N . Si noti che a volte il numero di specie chimiche e quindi di
reazioni chimiche indipendenti non e neanche facilmente determinabile. Per esempio, comsideriamo un
pallone pieno d’acqua pura liquida, in equilibrio con il suo vapore. Le specie chimiche presenti sono
H2O, H3O+, OH−, ed altre ancora se consideriamo i possibili equilibri di reazione tra specie cariche che
determinano la formazione di aggregati di solvatazione degli ioni idrogeno; inoltre possiamo immaginare
che siano presenti tracce di altri composti idrogeno-ossigeno, come l’acqua ossigenata, nonche forme
radicaliche. Tuttavia e certo che il numero di reazione chimiche indipendenti e M − 2, dove M e il
numero di tutte le specie formate da idrogeno e ossigeno. Se ammettiamo che non siano presenti specie
atomiche e radicaliche, e che le sole specie ioniche siano H3O+ e OH−, ne consegue che esiste un solo
processo stechiometrico indipendente, vale a dire
2H2O ⇀↽ H3O+ +OH− (1.3)
Nel seguito consideremo esclusivamente sistemi in cui sia presente un unico processo stechiometrico
indipendente, rappresentato dalla relazione compatta (1.2). Possiamo definire una variabile unica, che
1
2 CAPITOLO 1. EQUILIBRI CHIMICI
misura il grado di avanzamento della reazione tenendo conto della stechiometria della reazione. In
forma differenziale, definiamo il grado di avanzamento ξ come
dξ =dni
νi(1.4)
Per esempio per la reazione
CH3COOH+O2 ⇀↽ 2CO2 + 2H2O (1.5)
il grado di avanzamento della reazione e definito come dξ = −dnCH3COOH = −dnO2= dnCO2
/2 =
dnH2O/2.
1.1 Condizione di equilibrio chimico
Discuteremo in questa sezione il metodo generale per la determinazione delle condizioni di equilibrio di
un sistema formato da M specie chimiche diverse, in fase gassosa, in presenza di una reazione chimica
indipendente (1.2). Il punto di partenza per la determinazione dell’equilibrio chimico e naturalmente una
funzione di stato che assuma un valore estremo nelle condizioni di operazione, una volta che il sistema
reattivo sia in equilibrio termodinamico. Poiche le condizioni di lavoro normali in un laboratorio sono
a temperatura e pressione costante, consideriamo nel seguito come funzione indicatrice l’energia libera
di Gibbs G.
Il differenziale totale dell’energia libera del sistema e scritto come
dG = −SdT + V dp+M∑
i=1
µidni (1.6)
dove ni sono le moli del componente i-esimo presenti nel sistema. A pressione e temperatura costanti,
il differenziale e semplicemente
dG =M∑
i=1
µidni (1.7)
La condizione di equilibrio e che il differenziale sia nullo, come accade in corrispondenza di un minimo (la
condizione di equilibrio essendo che l’energia libera e minima1). Poiche siamo in presenza di un processo
stechiometrico indipendente, (1.2), possiamo definire i differenziali del numero di moli in termini del
differenziale del grado di avanzamento della reazione, dni = νidξ. Otteniamo percio che
dG =M∑
i=1
µidni =
(
M∑
i=1
νiµi
)
dξ = 0 (1.8)
e quindi la condizione di equilibrio chimico del sistema e
M∑
i=1
νiµi = 0 (1.9)
1Da un punto di vista formale, dovremmo anche verificare che il differenziale secondo d2G sia maggiore di zero, per
poter affermare che l’energia libera totale del sistema sia minima
1.2. DIAGRAMMA ENERGIA LIBERA-GRADO DI AVANZAMENTO 3
La grandezza definita a primo membro dell’Eq. (1.9) e detta energia libera di reazione, ed e per
definizione uguale alla derivata dell’energia libera rispetto al grado di avanzamento della reazione
∆rG =M∑
i=1
νiµi (1.10)
La condizione di equilibrio chimico (a temperatura e pressione constante) si puo quindi enunciare sem-
plicemente come
A temperatura e pressione costante, un sistema chiuso sede di un processo stechiometrico
indipendente e in equilibrio chimico solo se l’energia libera di reazione e nulla
Si noti che se l’energia libera di reazione e negativa il sistema evolve spontaneamente verso la formazione
dei prodotti (reazione esergonica); se l’energia libera di reazione e positiva il sistema evolve spontanea-
mente verso la formazione dei reagenti reazione endoergonica); se l’energia libera di reazione e nulla
il sistema e stabile.
1.2 Diagramma energia libera-grado di avanzamento
Per comprendere meglio l’applicazione delle proprieta della funzione di Gibbs alla determinazione delle
condizioni di equilibrio chimico, e prima di procedere alla discussione del caso generale degli equilibri
gassosi, consideriamo l’andamento dell’energia libera totale di una miscela gassosa perfetta in presenza
di una reazione, in un reattore chiuso, a pressione e temperatura definite. Partendo da
G =∑
i
niµi (1.11)
otteniamo facilmente
G =∑
i
niµ⊖i +RT
(
∑
i
νi
)
ln
(
p
p⊖
)
+RT∑
i
ni ln yi (1.12)
previa sostituzione dell’espressione del potenziale chimico di ciascun componente: i primi due termini
corrispondono all’energia libera dei tre gas in recipienti separati a pressione p, mentre l’ultimo termine
e relativo al mescolamento.
Il grado di avanzamento della reazione e definito in forma integrata come
ξ =ni − n0
i
νi(1.13)
dove n0i e il numero di moli inizialmente presenti nel sistema per ciascun componente: la presenza di
un processo stechiometrico ha come consequenza che le moli di tutti i componenti sono determinabili
dalla precedente relazione (si noti che il valore iniziale ξ0 e arbitrario e quindi e stato posto pari a zero).
Sostituendo nell’espressione dell’energia libera possiamo scrivere
G = ξ∆rG⊖ +G0 +RT (νξ + n0)
(
p
p⊖
)
+RT∑
i
(νiξ + n0i ) ln
(
νiξ + n0i
νξ + n0
)
(1.14)
4 CAPITOLO 1. EQUILIBRI CHIMICI
dove G0 =∑
i n0iµ
⊖i , ν =
∑
i νi e la somma dei coefficienti stechiometrici e n0 =∑
i n0i e il numero di
moli totali iniziali. La grandezza ∆rG⊖ e invece l’energia libera standard di reazione
∆rG⊖ =
M∑
i=1
νiµ⊖i (1.15)
per p = p⊖ possiamo semplificare la precedente espressione
G = G0 + ξ∆rG⊖ +RT
∑
i
(νiξ + n0i ) ln
(
νiξ + n0i
νξ + n0
)
(1.16)
e G0 e proprio l’energia libera dei componenti separati a pressione standard. Per esempio, nel caso di
una reazione chimica generica in cui a partire da due reagenti A e B si forma un unico prodotto C, in
un reattore chiuso, a temperatura e pressione fissate, in fase gassosa (perfetta)
A + B ⇀↽ 2C (1.17)
abbiamo ν = 0 e se assumiamo p = p⊖, otteniamo
G = G0 + ξ∆rG⊖ +RT
[
(n0A − ξ) ln
n0A − ξ
n0+ (n0
B − ξ) lnn0B − ξ
n0+ (n0
C + 2ξ) lnn0C + 2ξ
n0
]
(1.18)
Per esempio, se n0A = n0
B = 1 e n0C = 0, abbiamo n0 = 2 e quindi
G = G0 + ξ∆rG⊖ + 2RT
[
(1− ξ) ln
(
1− ξ
2
)
+ ξ ln ξ
]
(1.19)
Il diagramma qualitativo di G contro ξ e riportato in Fig. (1.1). Per ξ = 0 l’energia libera ha un valore
pari all’energia libera dei componenti isolati meno il contributo di mescolamento alla composizione
iniziale; per ξ = 1 l’energia libera e pari a G0 +∆rG⊖. In corrispondenza ad un valore intermedio di ξ,
che equivale alla composizione del sistema all’equilibrio, l’energia libera ha un minimo.
1.3 Equilibri chimici in fasi gassose
La condizione di minimo della curva G(ξ) e calcolabile partendo dalla (1.9). Sostituendo le espressioni
dei potenziali chimici dei componenti di una miscela gassosa perfetta otteniamo
∑
i
νi
[
µ⊖i +RT ln
(
pip⊖
)]
= 0 (1.20)
che puo essere facilmente riscritta nella forma
∑
i
ln
(
pip⊖
)νi
= −∆rG
⊖
RT(1.21)
definendo la costante di equilibrio rispetto alle pressioni della reazione chimica (1.2)
Kp =∏
i
(
pip⊖
)νi
(1.22)
otteniamo l’importante relazione che correla la costante di equilibrio con l’energia libera standard di
reazione
RT lnKp = −∆rG⊖ ⇒ Kp = exp
(
−∆rG
⊖
RT
)
(1.23)
1.3. EQUILIBRI CHIMICI IN FASI GASSOSE 5
Figura 1.1: Andamento qualitativo dell’energia libera contro il grado di avanzamento della reazione
A + B = 2C.
Nel caso in cui la miscela gassosa non si possa considerare perfetta, le definizioni precedenti devono
essere modificate sostituendo alle presseioni parziali le fugacita dei componenti. Definendo percio la
costante di equilibrio rispetto alla fugacita per la reazioni (1.2)
Kf =∏
i
(
fip⊖
)νi
(1.24)
otteniamo l’analoga relazione che correla la Kf con l’energia libera standard di reazione
RT lnKf = −∆rG⊖ ⇒ Kf = exp
(
−∆rG
⊖
RT
)
(1.25)
che naturalmente equivale alla (1.23) nel limite di basse pressioni, corrispondenti a coefficienti di fugacita
unitari.
Forme alternative della costante di equilibrio Kp possono essere facilmente definite a partire dalle
concentrazioni molari e delle frazioni molari. La costante di equilibrio rispetto alle concentrazioni molari
e semplicemente
Kc =∏
i
cνii (1.26)
dove ci = ni/V = pi/RT , dato che la fase e perfetta; possiamo esprimere Kc in funzione di Kp:
Kc =∏
i
(
ni
V
)νi
=∏
i
(
piRT
)νi
=
(
p⊖
RT
)ν
Kp (1.27)
6 CAPITOLO 1. EQUILIBRI CHIMICI
dove ν e la somma dei coefficienti stechiometrici definita nella sezione precedente. La costante di
equilibrio definita rispetto alle frazioni molari e invece
Ky =∏
i
yνii (1.28)
e possiamo facilmente calcolare la relazione con Kp
Ky =∏
i
(
pip
)νi
=
(
p⊖
p
)ν
Kp (1.29)
Ky dipende esplicitamente dalla pressione totale a differenza di Kp (vedi oltre): di conseguenza il suo
impiego e sconsigliabile per gli equilibri in fase gassosa, mentre acquista importanza, come vedremo,
per lo studio degli equilibri in soluzione.
1.4 Dipendenza da p e T
Discuteremo in questa sezione la dipendenza dalla pressione e dalla temperatura delle costanti di equi-
librio in fase gassosa.
Se la miscela gassosa sede dell’equilibrio chimico e perfetta (e si mantiene tale a qualunque compo-
sizione) la dipendenza della costante dalla pressione e identicamente nulla. Cio e chiaro dalla definizione
della costante Kp che implica una dipendenza solo dalla temperatura, in quanto nella (1.23) compare
solo ∆rG⊖, che e definita alla pressione standard. Si noti pero che questo non significa che la resa della
reazione chimica, comunque sia definita (vedi oltre), non dipenda dalla pressione: solo il valore numerico
di Kp resta costante, ma tale valore e compatibile con infiniti valori delle pressioni parziali dei com-
ponenti, e l’imposizione di una pressione specifica influenza la composizione del sistema. Inoltre, se la
miscela non e perfetta, l’uso della Kp si rivela problematico ad alte pressioni perche le correzioni dovute
alla differenza tra fugacita e pressioni parziali possono diventare rilevanti, causando una sostanziale
dipendenza della Kp da p; in questi casi l’uso della Kf e consigliabile. Alcune di queste considerazioni
saranno illustrate nel seguito con degli esempi specifici.
La dipendenza dalla temperatura e comunque molto piu rilevante, sia a fini pratici che dal punto di
vista teorico. Per una miscela gassosa perfetta riscriviamo la (1.23) nella forma
lnKp = −1
R
∑
i
νiµ⊖i
T(1.30)
derivando rispetto alla temperatura, otteniamo la relazione
dlnKp
dT= −
1
R
∑
i
νidµ⊖
i /T
dT=
1
RT 2
∑
i
νiHm,i (1.31)
dove e stata usata la realzione differenziale tra derivata dell’energia libera ed entalpia; definendo
∆rH⊖ =
∑
i νiHm,i come l’entalpia di reazione standard, resta l’equazione di van’t Hoff :
dlnKp
dT=
∆rH⊖
RT 2(1.32)
1.5. ALCUNI ESEMPI 7
che puo anche essere scritta nella forma
d(∆rG⊖/T )
dT= −
∆rH⊖
T 2(1.33)
L’integrazione dell’equazione di van’t Hoff e un esercizio interessante, che riveste naturalmente una certa
importanza per la sua utilita pratica. Poiche la capacita termica molare di un composto e definita come
la derivata rispetto alla temperatura della sua entalpia molare possiamo scrivere
d∆rH⊖
dT=
d
dT
∑
i
νiHm,i =∑
i
νiC⊖p,m
i(1.34)
che e la legge di Kirkhoff, gia discussa in precedenza. Se supponiamo di conoscere le capacita termiche
in qualche forma funzionale rispetto alla temperatura, per esempio come serie di potenze di T
C⊖p,m
i=
L∑
l=0
a(i)l T l (1.35)
integrando la legge di Kirkhoff otteniamo
∆rH⊖ = H0 +
∑
i,l
νia(i)l T l+1
l + 1(1.36)
dove H0 e una costante di integrazione (con le dimensioni di un’energia); sostituendo nell’equazione di
van’t Hoff in forma (1.33) ed integrando si trova facilmente:
∆rG⊖ = H0 − TS0 −
∑
i
νi
[
a(0)i T lnT +
L∑
l=1
a(i)l T l+1
l(l + 1)
]
= H0 − TS0 + a0T lnT +L∑
l=1
alTl+1, al =
∑
i
νia(i)l (1.37)
dove S0 e una seconda costante di integrazione (con le dimensioni di un’entropia). Se poniamo tutti i
coefficienti a(i)l = 0, cioe assumiamo che l’entalpia di reazione sia costante con T , troviamo una semplice
relazione lineare di ∆rG⊖ con T .
1.5 Alcuni esempi
Chiariamo meglio alcune delle applicazioni delle equazioni illustrate nella sezione precedente con due
esempi. Iniziamo dalla dipendenza dalla pressione per la reazione di sintesi dell’ammoniaca
1
2N2 +
3
2H2 ⇀↽ NH3 Kp =
pNH3
p1/2N2
p3/2H2
p⊖ (1.38)
La dipendenza dalla pressione puo essere discussa da due punti di vista: la dipendenza della costante
di equilibrio Kp da p e l’influenza del valore di p sulla resa. Consideriamo il primo punto. In tabella
(1.1) sono riportati alcuni valori di Kp contro p a 450 ◦C E evidente che le deviazioni dalla condizione
di miscela perfetta sono difficilmente trascurabili, ed e percio preferibile usare la Kf :
Kf =fNH3
f1/2N2
f3/2H2
p⊖ =γNH3
γ1/2N2
γ3/2H2
Kp (1.39)
8 CAPITOLO 1. EQUILIBRI CHIMICI
Figura 1.2: Apparato di laboratorio di Fritz Haber e Robert Le Rossignol per la produzione di ammo-
niaca; il processo industriale e noto come processo Haber-Bosch.
p atm−1 Kp × 103
10 6.59
30 6.76
50 6.90
100 7.25
300 8.84
600 12.94
1000 23.28
Tabella 1.1: Kp vs. p per la sintesi dell’ammoniaca
La misura dei coefficienti di fugacita delle singole specie e complicata, ma puo essere resa piu semplice
adottando la descrizione di Lewis e Randall per una miscela gassosa ideale
fi = yifpuroi ⇒
fipi
=fpuroi
p⇒ γi = γpuroi (1.40)
dove l’indice puro indica una grandezza relativa al componente puro a pressione pari alla pressione
totale della miscela. A loro volta, i coefficienti di fugacita dei componenti puri alla pressione data sono
ottenibili dal diagramma degli stati corrispondenti che riporta la fugacita (od il coefficiente di fugacita)
di tutti i gas in funzione della temperatura e pressione ridotte. I dati di temperatura e pressione critica
e ridotta per i tre gas in esame sono riportati in Tabella (1.2), per una temperatura di 450 ◦C e 300 atm
di pressione. Il valore calcolato della Kf risulta essere quindi a 450 ◦C e 300 atm pari a 6.6×10−3. Infine
in Tabella (1.3) sono riportati i valori di Kf a 450 ◦C e a varie pressioni. Deviazioni apprezzabili sono
osservate solo oltre le 300 atm, quando l’approssimazione di Lewis e Randall diventa poco accurata.
1.5. ALCUNI ESEMPI 9
H2 N2 NH3
Tc K−1 33.2 126.0 406
pc atm−1 12.8 33.6 111.6
Tr 17.53 5.73 1.78
pr 14.4 8.94 2.69
γ 1.09 1.14 0.91
Tabella 1.2: Determinazione dei coefficienti di fugacita nella sintesi dell’ammoniaca a 450 ◦C e 300 atm
p atm−1 Kf × 103
10 6.5
30 6.6
50 6.6
100 6.6
300 6.6
600 7.4
1000 10.3
Tabella 1.3: Kf vs. p per la sintesi dell’ammoniaca
Se comunque supponiamo di operare a pressioni inferiori a 50 am, possiamo ragionevolmente as-
sumere che Kp sia costante. Se imponiamo al sistema una pressione costante, come varia la resa della
reazione? Siano n0H2
= n0N2
= n0 e n0NH3
= 0 le moli dei tre gas inizialmente presenti nel reattore, ad una
pressione fissata p (partiamo quindi da una miscela equimolare di azoto e idrogeno, senza ammoniaca).
All’equilibrio le moli formate di ammoniaca siano n; quindi dalla stechiometria della reazione le moli di
idrogeno e azoto sono
nH2= n0 −
3
2n, nN2
= n0 −1
2n (1.41)
L’espressione di Kp diviene percio
Kp =n(2n0 − n)
(n0 − n/2)1/2(n0 − 3n/2)3/2p⊖
p(1.42)
che puo essere facilmente riscritta nella forma
r =ǫ2(1− ǫ)
(1− 3ǫ)3(1.43)
dove r = 4p2Kp/p⊖2
e ǫ = n/2n0 e definito come parametro di resa (ǫ = 1 significa resa stechiometrica).
L’equazione cubica in ǫ puo essere risolta per via analitica o numerica. In Figura (1.3) viene illustrato
l’andamento di ǫ in funzione di r, cioe di p: la resa aumenta con la pressione, come possiamo aspettarci
intuitivamente in quanto la reazione fa diminuire il numero di moli del sistema.
Come esempio tipico di applicazione della dipendenza della costante di equilibrio dalla temperatura
consideriamo la determinazione dell’energia libera di formazione dell’acqua liquida da dati di costante
di equilibrio della dissociazione di acqua gassosa
H2(g) +1
2O2(g) ⇀↽ H2O(g) (1.44)
10 CAPITOLO 1. EQUILIBRI CHIMICI
Figura 1.3: Resa contro pressione per la sintesi di Haber.
L’espressione per l’energia libera standard di formazione dell’acqua gassosa, ovvero dell’energia libera
di reazione a pressione standard della reazione precedente e nota in funzione della temperatura
∆rG⊖ = 3.92T − 5.741 × 103 + 0.94T lnT + 1.65 × 10−3T 2 − 3.7× 10−2T 3 (1.45)
in cal mol−1. Alla temperatura di 298.16 K l’energia libera standard dell’acqua gassosa e percio 54.50
Kcal per mole. L’energia di formazione si riferisce ad uno stato metastabile dell’acqua (vapore sopras-
saturo a 25 ◦C e 1 atm). Per avere l’energia libera di formazione dell’acqua liquida a in condizioni
standard e temperatura ambiente, possiamo supporre di effettuare un processo in piu stadi, che dal
vapore soprassaturo porti all’acqua liquida
H2(g) +1
2O2(g) ⇀↽ H2O(g, 760Torr), ∆G1 = −5.450 × 104 (1.46)
H2O(g, 760Torr) ⇀↽ H2O(g, 23.8Torr), ∆G2 = −2.053 × 103 (1.47)
H2O(g, 23.8Torr) ⇀↽ H2O(l, 23.8Torr), ∆G3 = 0 (1.48)
H2O(l, 23.8Torr) ⇀↽ H2O(l, 760Torr), ∆G4 = 0.43 (1.49)
Tutte le energie sono in calorie per mole. Il primo stadio e la sintesi dell’acqua gassosa; il secondo e
la compressione del vapore soprassaturo fino alla formazione della prima traccia di acqua liquida; se
consideriamo il vapore come un gas perfetto, la variazione di energia libera di questo stadio e data
semplicemente come
∆G2 =
∫ 23.8
760VH2O(g)dp = RT
∫ 23.8
760
dp
p= −2.053 × 103 (1.50)
1.6. PRESENZA DI SOLIDI O LIQUIDI IMMISCIBILI 11
dove 23.8 Torr e la tensione di vapore dell’acqua a 25 ◦C. Il terzo stadio e la condensazione del vapore,
che avviene con una variazione di energia libera nulla (per la presenza di un equilibrio di fase). L’ultimo
stadio e la compressione dell’acqua liquida ad 1 atm: assumendo che il volume molare dell’acqua liquida
sia costante e pari a 18 cm3 per mole, otteniamo
∆G4 = VH2O(l)
∫ 760
23.8dp = 0.43 (1.51)
un valore del tutto trascurabile. La formazione di acqua liquida ad 1 atm e 25 ◦C e data dalla somma
dei quattro processi
H2(g) +1
2O2(g) ⇀↽ H2O(l) (1.52)
e la variazione di energia libera e la somma dei quattro contributi ∆G4 = −56.56 Kcal mol−1.
1.6 Presenza di solidi o liquidi immiscibili
La presenza di fasi solide o liquide che non formino soluzioni in equilibri chimici che coinvolgono fasi
gassose puo essere trattata in modo specifico, mediante l’introduzione di costanti di equilibrio parziale
che tenogno conto delle sole variabili di composizione (pressione) delle specie gassose. Sia dato un sistema
di M componenti e supponiamo che sia presente un processo stechiometrico indipendente definito da
(1.2). Ammettiamo che le specie da 1 a m siano gas, e che formino per semplicita una miscela perfetta,
mentre quelle da m + 1 a M siano solidi e/o liquidi puri (non sono presenti cioe soluzioni liquide e/o
solide). La condizione di equilibrio puo essere subito espressa come
M∑
i=1
νiµi = 0 ⇒m∑
i=1
νiµi +M∑
i=m+1
νiµi = 0 (1.53)
sostituendo le espressioni dei potenziali chimici delle sole specie gassose otteniamo
RTm∑
i=1
ln pνii +m∑
i=1
νiµ⊖i +
M∑
i=m+1
νiµi = 0 (1.54)
definendo la costante di equilibrio parziale relativa alle sole specie gassose la precedente espressione
diventa
K ′p =
m∑
i=1
pνii (1.55)
−RT lnK ′p =
m∑
i=1
νiµ⊖i +
M∑
i=m+1
νiµi (1.56)
ma la dipendenza dei potenziali chimici delle specie non-gassose dalla pressione e molto modesta, tenendo
conto della consueta proprieta delle sostanze in fasi condensate di avere volumi molari trascurabili
rispetto alle fasi gassose; possiamo percio trascurare la dipendenza da p dei µi riferiti alle specie con-
densate e sostituire i potenziali chimici con i potenziali standard. Otteniamo dunque la relazione
−RT lnK ′p =
M∑
i=1
νiµ⊖i = ∆rG
⊖ (1.57)
12 CAPITOLO 1. EQUILIBRI CHIMICI
Si noti che l’approssimazione di considerare costanti i potenziali chimici delle specie condensate non e
accettabile qualora siano presenti delle soluzioni, poiche in questo caso la dipendenza dalle variabili di
composizione deve essere considerata in modo esplicito.
La presenza di fasi solide o liquide non miscibili puo causare negli equilibri di reazione dei compor-
tamenti peculiari. Consideriamo per esempio la reazione di decomposizione del carbonato di calcio
CaCo3(s) ⇀↽ CaO(s) + CO2(g) (1.58)
La costante di equilibrio parziale e semplicemente la pressione parziale della CO2
K ′p =
pCO2
p⊖(1.59)
e di conseguenza la reazione chimica si prefigura come una reazione che puo essere portata completa-
mente a destra (formazione stechiometrica dell’ossido di calcio) o a sinistra (formazione stechiometrica
del carbonato di calcio), solo mantenendo la pressione parziale dell’anidride carbonica inferiore o supe-
riore al valore K ′pp
⊖. In realta una presenza in traccie di entrambi in solidi deve essere assicurata per
la stessa esistenza dell’equilibrio.
1.7 Approfondimenti
1.7.1 Sistemi con piu reazioni indipendenti
Le condizioni di equilibrio qualora siano presenti piu processi stechiometrici indipendenti sono analoghe
a quelle gia discusse nel caso sia presente un solo processo indipendente.
In generale, se in un sistema sono presentiM specie chimiche distinte il numeroR di reazioni chimiche
indipendenti puo essere determinato in vari modi. Per esempio si puo procedere alla definizione di tutte
le reazioni di sintesi a partire dagli elementi di tutti i composti presenti, dopodiche si eliminano sistem-
aticamente per mezzo di combinazioni lineari opportune tutte le specie atomiche che siano sicuramente
assenti dal sistema: le reazioni ottenute sono in numero pari al numero di reazioni indipendenti, anche
se questo non significa che siano le reazioni effettivamente esistenti nel sistema. Per esempio, conside-
riamo un sistema formato da idrogeno molecolare, metano, etano e propano; le possibili reazioni formali
di sintesi sono
2H ⇀↽ H2 (1.60)
C + 4H ⇀↽ CH4 (1.61)
2C + 6H ⇀↽ C2H6 (1.62)
3C + 8H ⇀↽ C3H8 (1.63)
eliminando le specie atomiche H e C otteniamo
2CH4 ⇀↽ C2H6 +H2 (1.64)
3CH4 ⇀↽ C3H8 + 2H2 (1.65)
due rezioni indipendenti sono quindi presenti nel sistema. Il numero minimo di specie chimiche C,
o componenti, e definito come il numero minimo di specie chimiche necessario per preparare una
1.7. APPROFONDIMENTI 13
qualunque miscela del sistema arbitrariamente scelta all’equilibrio, ed e pari al numero di specie effet-
tivamente esistenti meno il numero di reazioni chimiche indipendenti, cioe C = M − R. Nel caso in
questione i componenti chimici del sistema sono percio C = 4− 2 = 2.
Avendo definito il numero di processi stechiometrici indipendenti, le condizioni di equilibrio del
sistema si possono ottenere scrivendo l’espressione del differenziale totale dell’energia dell’energia lib-
era, tenendo conto dei vincoli stechiometrici imposti dalle reazioni indipendenti, e ponendo a zero i
termini differenziali relativi ai gradi di avanzamento delle reazioni stesse, definiti dalle relazioni lineari
differenziali
dni =R∑
r=1
ν(r)i dξr (1.66)
che esprimono la variazione infinitesima di ogni specie chimica in funzione degli R gradi di avanzamento
ξr. La variazione di G a T e p costante e percio
dG =∑
i
µidni
=∑
i,r
µiν(r)i dξr =
∑
r
(
∑
i
µiν(r)i
)
dξr (1.67)
che si annulla se valgono le R condizioni indipendenti
∑
i
µiν(r)i = 0 (1.68)
a cui corrispondono R espressioni di costanti di equilibrio. La scelta delle reazioni indipendenti dipende
naturalmente dalla conoscenza del comportamento chimico effettivo del sistema.
14 CAPITOLO 1. EQUILIBRI CHIMICI
Capitolo 2
Equilibri di reazione in soluzione
Le condizioni di equilibrio in soluzione sono del tutto analoghe a quelle esistenti nelle miscele gassose.
Tuttavia la diversa dipendenza dei potenziali chimici dalle variabili di composizione rende il trattamento
degli equilibri in soluzione leggermente piu complesso. Nel seguito distingueremo il caso delle soluzioni
non elettrolitiche dal caso delle soluzioni elettrolitiche, in cui cioe sono presenti specie ioniche. Le
caratteristiche e l’importanza applicativa delle soluzioni ioniche suggerisce infatti una descrizione a
parte. Solo dopo aver chiarito gli aspetti fondamentali delle soluzioni ioniche in equilibrio passeremo
nel capitolo successivo allo studio dei fondamenti dell’elettrochimica all’equilibrio.
2.1 Equilibri in soluzioni non elettrolitiche
Lo studio degli equilibri chimici in soluzioni non elettrolitiche puo essere formalmente ricondotto allo
studio degli equilibri di reazione nel vapore in equilibrio con la soluzione stessa. E infatti evidente che
se una soluzione e in equilibrio chimico anche il vapore deve essere nelle stesse condizioni. Tuttavia e
utile trattare direttamente gli equilibri in soluzione, definiti in diretta dipendenza dalle attivita delle
varie specie chimiche in soluzione.
Il nostro punto di partenza per la descrizione di una soluzione di M specie chimiche, sede di un
processo stechiometrico indipendente all’equilibrio (1.2) e naturalmente ancora una volta l’equazione
che pone a zero l’energia libera di reazione, ∆rG =∑
i νiµi = 0. Se esprimiamo i potenziali chimici in
funzione delle attivita dei componenti chimici espresse secondo le loro frazioni molari otteniamo
∑
i
νiµ∗i +RT
∑
i
νi ln γixi = 0 (2.1)
che puo essere riscritta nella forma
−RT lnK = ∆G∗ (2.2)
∆G∗ =∑
i
νiµ∗i (2.3)
K =∏
i
(γixi)νi (2.4)
dove K e la costante di equilibrio della reazione in funzione delle attivita relative alle frazioni molari;
i potenziali chimci µ∗i sono riferiti ad opportune condizioni di composizione (secondo la convenzione
15
16 CAPITOLO 2. EQUILIBRI DI REAZIONE IN SOLUZIONE
prescelta per il componente i-esimo) alla temperatura e pressione di lavoro. Se la convenzione adottata
e basata sulle molalita abbiamo la relazione equivalente alle (2.1) nella forma
∑
i
νiµ⋄i +RT
∑
i
νi ln γ⋄i mi = 0 (2.5)
da cui segue
−RT lnK = ∆G⋄ (2.6)
∆G⋄ =∑
i
νiµ⋄i (2.7)
K =∏
i
(γ⋄i mi)νi (2.8)
dove mi e la molalita del componente i-esimo divisa per la molalita unitaria m⊖. Naturalmente le
costanti di equilibrio hanno valori diversi, se espresse in attivita riferite alle frazioni molari o alle
molalita. E chiaro pero a questo punto che in generale un equilibrio chimico riferito ad un processo
stechiometrico (1.2) e esprimibile in funzione delle attivita (o fugacita nel caso dei gas) delle specie
chimiche in condizioni di equilibrio:
K =∏
i
aνii (2.9)
e dove le attivita ai sono intese divise per la grandezza standard corrispondente (p.es. p⊖ per le fugacita
o m⊖ per le attivita in soluzione secondo la convenzione delle molalita) e la costante K e definita in
funzione della variazione di energia libera standard della reazione
−RT lnK = ∆G =∑
i
νiµ⊖i (2.10)
dove i potenziali chimici standard µ⊖i sono definiti rispetto agli standard delle specie chimiche: il gas
puro a fugacita unitaria (componente gassoso), il liquido puro (per una soluzione, secondo la convenzione
delle frazioni molari), la soluzione ipotetica ideale a molalita unitaria (per una soluzione, secondo la
convenzione delle molalita). La scelta degli stati standard e di solito decisa in maniera da fare coincidere
i potenziali chimici standard con le energie libere di formazione delle specie chimiche. In generale, nel
caso delle soluzioni, per le sostanze presenti come soluti in soluzione acquosa i dati di energia libera
sono riportati quasi sempre per lo stato di soluzione ideale a molalita unitaria. Nel caso in cui tutte
le specie siano ottenibili sotto forma di liquidi puri e conveniente utilizzare le espressioni basate sulle
frazioni molari, e le energie libere di formazione sono riferite ai singoli componenti puri.
La dipendenza delle costanti di equilibrio in soluzione dalla temperatura e dalla pressione puo essere
analizzata usando gli strumenti formali gia introdotti nei precedenti capitoli. Consideriamo, tanto per
fissare le idee, una costante di equilibrio espressa dalla (2.4), cioe in funzione delle frazioni molari.
Tenendo conto della (2.3) si trova
R lnK = −∑
i
νiµ∗i
T⇒ Rd lnK = −
∑
i
νi
∂(µ∗i /T )
∂TdT +
1
T
∂µ∗i
∂pdp
(2.11)
Ogni termine che contiene la derivata rispetto a T di µ∗i /T corrisponde all’entalpia molare del com-
ponente (se vale la convenzione di coefficiente di attivita unitario per xi → 1, solvente) o all’entalpia
2.2. SOLUZIONI ELETTROLITICHE 17
parziale molare del componente in una soluzione ideale a molalita unitaria(γi → 1 per mi → 0, soluto),
divisa per T 2: quindi complessivamente
∑
i
νi∂(µ∗
i /T )
∂T= −
∆rH⊖
T 2(2.12)
dove con ∆rH⊖ indichiamo il calore di reazione o variazione di entalpia quando ciascun componente si
trovi nello stato limite in cui si comporta in modo ideale secondo la convenzione scelta. Analogamente,
i termini sommati di derivata rispetto alla pressione sono uguali alla variazione di volume ideale. Resta
percio
Rd lnK =∆H⊖
r
T 2dT −
∆rV⊖
Tdp (2.13)
da cui segue che
∂lnK
∂T
=∆rH
⊖
RT 2(2.14)
∂lnK
∂p
= −∆rV
⊖
RT(2.15)
in pratica la dipendenza dalla pressione e molto modesta, cioe a fini pratici ∆rV⊖ ≈ 0. Se la costante
di equilibrio e espressa in funzione delle molalita si trovano le stesse relazioni, ma ∆rH⊖ e ∆rV
⊖ si
riferiscono all’entalpia e volume di reazione in condizioni corrispondenti allo stato di molalita unitaria
e comportamento ideale per ogni specie chimica nel solvente in cui la reazione prende luogo.
2.2 Soluzioni elettrolitiche
Un elettrolita e un composto chimico che in soluzione si dissocia dando origine a specie cariche, i
cationi carichi positivamente e gli anioni carichi negativamente
Mp+Ap−
solvente⇀↽ p+M
z+(solv) + p−Az−(solv) (2.16)
dove p± sono il numero di cationi e anioni generati da una molecola1 dell’elettrolita di partenza, di
carica z±. Gli elettroliti sono classificabili in elettroliti forti e deboli, sostanzialmente in dipendenza
della grandezza della costante di equilibrio per la reazione (2.16). La scala di concentrazione usata per
le soluzioni elettrolitiche e la molalita, e quindi i potenziali chimici sono definiti secondo la convenzione
per cui i coefficienti di attivita tendono ad uno per diluizione infinita (molalita nulla).
Da molti punti di vista le soluzioni elettrolitiche non sembrerebbero diverse dalle soluzioni trattate
nei capitoli precedenti, e le reazioni di dissociazione come la (2.16) non dovrebbero meritare alcuna
descrizione speciale. In realta, esiste una differenza molto significativa, che e di natura sostanzialmente
pratica: le soluzioni elettrolitiche devono rispettare il principio di elettroneutralita, vale a dire non
e possibile che esista un numero di cariche positive significativamente diverso dal numero di cariche
1Intesa come unita stechiometrica; in molti casi l’elettrolita di partenza non e formato da molecole: come e noto i
cristalli ionici sono in realta aggregati di ioni
18 CAPITOLO 2. EQUILIBRI DI REAZIONE IN SOLUZIONE
negative. L’elettroneutralita ha numerose conseguenze, che saranno brevemente discusse nelle sezioni
successive. Tra le piu ovvie, per esempio, e la riduzione del numero di componenti, nel senso della regola
delle fasi: non e possibile variare indipendentemente la popolazione dei cationi rispetto a quella degli
anioni. Come consequenza, le grandezze molari parziali che sono definite come variazioni infinitesime
indipendenti rispetto al numero di moli, a parita del numero di moli di tutte le altre specie, perdono di
significato. Se per esempio consideriamo i potenziali chimici delle specie cariche, definiti come
µ+ =
∂G
∂n+
T,p,n−,n0,nu
, µ− =
∂G
∂n−
T,p,n+,n0,nu
(2.17)
dove n+, n− sono le moli in soluzione di cationi e anioni, n0 indica il numero di moli del solvente, e
nu e il numero di moli di elettrolita non dissociato in soluzione (per il caso di un elettrolita debole)
vediamo che la definizione di µ+, µ− implica una variazione infinitesima di una specie carica lasciando
l’altra specie costante, cio che e impossibile da attuarsi, sperimentalmente, in modo significativo.
2.3 Grandezze standard di formazione di sostanze ioniche solvatate
Il problema si presenta in realta gia al livello della definizione delle grandezze standard di formazione
delle sostanze ioniche in soluzione: non e possibile misurare l’entalpia, l’entropia e dunque l’energia
libera di formazione di una specie cationica od anionica in soluzione. Tutto quello che si puo fare e
misurare l’entalpia, entropia ed energia libera di una reazione di solvatazione degli elementi in condizioni
stabili per dare luogo alla formazione di una soluzione, che naturalmente deve essere neutrale.
Nel seguito faremo sempre riferimento esclusivamente a soluzioni acquose. Cosı per esempio nella
reazione di dissociazione ionica del sale in soluzione acquosa
NaClH2O⇀↽ Na+(aq) + Cl−(aq) (2.18)
possiamo misurare l’energia libera di formazione della coppia ionica idrogeno-cloro. Non e invece possi-
bile misurare la corrispodente grandezza per uno dei due ioni separatamente, vale a dire relativamente
alle reazioni
Na(s, p⊖) ⇀↽ Na+(aq) + e− (2.19)
1
2Cl2(g, p
⊖) + e− ⇀↽ Cl−(aq) (2.20)
Tuttavia, e utile disporre di tabelle con grandezze termodinamiche di formazione relative ai singoli ioni.
Cio e possibile stabilendo una scala arbitraria, vale a dire ponendo a zero l’energia libera di formazione
di uno ione particolare, e e determinando le energie libere di formazione di tutti gli altri riferendole in
questa scala. La convenzione piu diffusa e la seguente
L’energia libera di formazione dello ione idrogeno in una soluzione ipotetica ideale a
molalita unitaria a partire da idrogeno gassoso a p = p⊖ = 1 atm vale zero a tutte le
temperature.
2.3. GRANDEZZE STANDARD DI FORMAZIONE DI SOSTANZE IONICHE SOLVATATE 19
Poiche la scala delle energie libere e definita in questo modo a tutte le temperature, ne consegue che
anche l’entalpia di formazione e l’entropia di formazione dello ione idrogeno in soluzione acquosa valgono
zero per convenzione. Riassumendo, ad ogni temperatura
1
2H(g, p⊖) ⇀↽ H+(aq) + e−, ∆fG
⊖ = ∆fH⊖ = 0, S⊖ = 0 (2.21)
Su questa base e possibile calcolare i valori numerici, arbitrari ma coerenti, delle grandezze termodi-
namiche di formazione di tutti gli altri ioni. La metodologia per conseguire questo risultato e basata
sostanzialmente sulla legge di Hess, cioe sulla costruzione di cicli termodinamici che contengono la
reazione di formazione degli ioni stessi. Per esempio, il ciclo termodinamico piu semplice per la deter-
minazione dell’energia libera di formazione di uno ione alogenuro, che indichiamo genericamente con
X− (X = F, Cl, Br, I)
1
2X2(g, p
⊖) ⇀↽ X−(aq) + e− (2.22)
puo essere scritto come
H+(g) + X(g) + e− ⇀↽ H+(g) + X−(g) (2.23)
H+(g) + X−(g) ⇀↽ H+(g) + X−(aq) (2.24)
H+(g) + X−(aq) ⇀↽ H+(aq) + X−(aq) (2.25)
H+(aq) + X−(aq) ⇀↽1
2H2(g) +
1
2X2(g) (2.26)
1
2H2(g) +
1
2X2(g) ⇀↽ H(g) +
1
2X2(g) (2.27)
H(g) +1
2X2(g) ⇀↽ H+(g) +
1
2X2(g) + e− (2.28)
H+(g) +1
2X2(g) + e− ⇀↽ H+(g) + X(g) + e− (2.29)
vale a dire la formazione di alogenuro ionico gassoso (1), la solvatazione degli ioni (2 e 3), la formazione
delle specie gassose a partire dalla soluzione (4), la formazione di idrogeno molecolare gassoso (5), e
la sua ionizzazione (6), la formazione di ione alogenuro gassoso (7). Tutte le reazioni in fase gas sono
riferite a p = p⊖. Le energie libere dei diversi stadi sono misurabili o stimabili a partire da dati di
energia di ionizzazione ed affinita elettronica, e l’energia libera di formazione dello ione alogenuro e
data dalla somma di tutti i contributi.
X ∆fH⊖/(kJmol−1) ∆fG
⊖/(kJmol−1) S⊖/(JK−1mol−1)
F− (aq) -332.63 -278.79 -13.8
Cl− (aq) -167.16 -131.23 56.5
Br− (aq) -121.55 -103.96 82.4
I− (aq) -55.19 -51.57 111.3
Tabella 2.1: Entalpie, energie libere ed entropie di formazione per gli ioni alogenuro
20 CAPITOLO 2. EQUILIBRI DI REAZIONE IN SOLUZIONE
2.4 Coefficiente di attivita medio
Dato il principio di elettroneutralita, non e possibile, come abbiamo gia visto, misurare il potenziale
chimico delle specie ioniche in soluzione separatamente. Consideriamo un elettrolita in soluzione (ac-
quosa) definito dalla reazione (2.16). La variazione infinitesima di energia a temperatura e pressione
costante e
dG = µudnu + p+µ+dn+ + p−µ−dn− + µ0dn0
= µudnu + p+µ+(dn− dnu) + p−µ−(dn − dnu) + µ0dn0
= (µu − p+µ+ − p−µ−)dnu + (p+µ+ + p−µ−)dn+ µ0dn0 (2.30)
dove indichiamo con n il numero totale di moli dell’elettrolita in soluzione. La reazione di dissociazione
all’equilibrio e caratterizzata dall’uguaglianza
µu = p+µ+ + p−µ− (2.31)
analogamente ad un qualunque equilibrio in soluzione. La variazione infinitesima di energia libera del
sistema all’equilibrio si puo qundi scrivere come
dG = (p+µ+ + p−µ−)dn+ µ0dn0 (2.32)
dove indichiamo con n il numero di moli totali di elettrolita in soluzione. Possiamo definire allora la
grandezza µ, potenziale chimico dell’elettrolita in soluzione, come
µ =
∂G
∂n
T,p,n0
= p+µ+ + p−µ− (2.33)
questa grandezza e perfettamente misurabile, in quanto la sua definizione non viola l’elettroneutralita.
Si puo notare come il potenziale chimico complessivo dell’elettrolita sia uguale al potenziale chimico
dell’elettrolita indissociato, µ = µu.
Possiamo ora definire una grandezza che misuri la deviazione dall’idealita di un elettrolita, vale a
dire un coefficiente di attivita riferito all’elettrolita nel suo complesso. Partiamo dalla definizione dei
potenziali chimici delle specie in soluzione secondo la convenzione delle molalita
µ+ = µ⋄+ +RT ln γ+m+ (2.34)
µ− = µ⋄− +RT ln γ+m− (2.35)
µu = µ⋄u +RT ln γ+mu (2.36)
Tenendo conto della definizione (2.33) troviamo
µ = p+µ⋄+ + p−µ
⋄− +RT ln γ
p++ γ
p−
− mp++ m
p−
− (2.37)
le quantita p+µ⋄+ + p−µ
⋄− e γ
p++ γ
p−
− sono misurabili perche sono riferiti a variazioni del numero di moli
dell’elettrolita nel suo complesso. In particolare, possiamo definire il coefficiente di attivita ionico
medio dell’elettrolita come
γ± = (γp++ γ
p−
− )1/p (2.38)
2.5. MODELLO DI DEBYE-HUCKEL 21
dove p = p+ + p− e il numero totale di ioni. Possiamo anche definire una molalita media, detta anche
molalita ionica media, mediante una relazione analoga
m± = (mp++ m
p−
− )1/p (2.39)
Dalla definizioni precedenti segue che possiamo scrivere il potenziale chimico dell’elettrolita in soluzione
come
µ = p+µ⋄+ + p−µ
⋄− + pRT ln γ±m± (2.40)
Nel caso degli elettroliti forti la ionizzazione e praticamente completa e possiamo definire immediata-
mente la molalita ionica media in funzione della molalita complessiva m
m+ = p+m, m− = p−m ⇒ m± = (p+p−)1/pm (2.41)
Nel caso di elettroliti deboli possiamo scegliere di definire m+ e m− in accordo con le precedenti
espressioni, e di definire conseguentemente nello stesso modo la molalitas ionica media. In questo caso
di parla di coefficienti di attivita stechiometrici, che vengono percio a dipendere, tra gli altri fattori,
anche dal grado di ionizzazione dell’elettrolita.
2.5 Modello di Debye-Huckel
La caratteristica principale delle soluzioni elettrolitiche e la presenza di specie cariche che interagiscono
mediante forze coulombiane, che sono tipicamente forze a lungo raggio. Le deviazioni dal comportamento
ideale sono quindi molto rilevanti, ed e utile ed interessante cercare di razionalizzare i parametri che le
misurano (cioe i coefficienti di attivita) in funzione di grandezze misurabili come le concentrazioni delle
specie chimiche e le cariche degli ioni. Uno dei modelli piu semplici, ma ancora oggi piu usati per la
sua semplicita e profondita e costituito dalla trattazione di Debye-Huckel, basata sull’idea che uno ione
in soluzione e circondato da una sfera di solvatazione, detta atmosfera ionica, che scherma il potenziale
elettrico risentito dallo ione stesso, e formato dalle molecole di solvente piu vicine allo ione.
Il modello e basato su una serie di ipotesi ed approssimazioni che sono descritte in sintesi nella
sezione di approfondimento di questo capitolo. La previsione principale del modello e rappresentata
dalla legge limite di Debye-Huckel, che descrive la dipendenza del coefficiente di attivita medio per
soluzioni molto diluite mediante l’espressione, valida in acqua a 25 ◦C
log γ± = −0.509|z+z−|I1/2 (2.42)
dove I e un parametro adimensionale detto forza ionica
I =1
2
∑
i
z2i m2i (2.43)
la somma corre su tutte le specie ioniche, e naturalmente mi e la molalita divisa per la molalita unitaria
dello ione i-esimo.
22 CAPITOLO 2. EQUILIBRI DI REAZIONE IN SOLUZIONE
Figura 2.1: Grafico del logaritmo decimale del coefficiente di attivita media in funzione della forza ionica
(curve: dati sperimentali; rette: equazione di Debye-Huckel.)
2.6 Approfondimenti
2.6.1 Teoria delle soluzioni elettrolitiche di Debye-Huckel
Le teorie moderne per l’interpretazione del comportamento all’equilibrio delle soluzioni elettrolitiche
costituiscono l’evoluzione di idee originarie di Ghosh (1920) e soprattutto successivamente di Debye
e Huckel (1923). L’idea principale alla base della teoria di Debye e Huckel (DH) e costituita dalla
definizione di una zona, a simmetria sferica, che circonda ogni ione secondo una distribuzione statistica
localmente piu ricca di ioni positivi (intorno ad uno ione negativo) o di ioni negativi (intorno ad uno ione
positivo), detta atmosfera ionica. Secondo la teoria DH, l’esistenza di un atmosfera e responsabile
dell’energia libera in eccesso di una soluzione ionica reale rispetto ad una soluzione ideale. Il calcolo dei
coefficienti di attivita si riduce percio a trovare un’espressione dell’energia libera di eccesso in termini
2.6. APPROFONDIMENTI 23
di proprieta misurabili della soluzione. Consideriamo l’atmosfera ionica intorno ad uno ione centrale
Figura 2.2: Modello qualitativo dell’atmosfera ionica: in nero sono indicati i cationi, in bainco gli anioni.
come una distribuzione continua di carica, trascurando la natura discreta degli ioni che la formano. Il
potenziale elettrico φ e collegato alla densita di carica elettronica dall’equazione di Poisson, nota come
un risultato standard dell’elettrostatica
∇2φ = −ρ
ǫ(2.44)
dove ǫ e la costante dielettrica del mezzo. La densita ionica non e nota al momento. Nella teoria DH
una stima di ρ puo essere ottenuta con considerazioni statistiche. Sia V il volume totale della soluzione,
formato da ioni di vario tipo, ciascuno caratterizzato da una carica zi (maggiore o minore di zero per i
cationi o gli anioni) e presente in numero di Ni. Per l’elettroneutralita deve valere la relazione
∑
i
Nizi = 0 ⇒∑
i
nizi = 0 (2.45)
dove ni = Ni/V e il numero di ioni di tipo i-esimo per unita di volume. Il principio di elettroneutralita
e vero per qualunque volume definito rispetto ad una posizione fissa di soluzione (e grande a sufficienza
24 CAPITOLO 2. EQUILIBRI DI REAZIONE IN SOLUZIONE
rispetto alle dimensioni ioniche: cioe e corretto a livello idrodinamico, e non molecolare). Se pero
consideriamo un elemento di volume dV che segua il moto di uno ione specifico, per esempio un catione,
il principio di elettroneutralita non e verificato, vale a dire e presente un atmosfera ionica con carica
netta diversa da zero (negativa nel caso del catione). In pratica il principio di elettroneutralita resta
verificato in una posizione fissa dello spazio (e in un volume sufficientemente grande) perche il moto
degli ioni e casuale (stocastico) in seguito all’agitazione termica e per tempi sufficientemente nulli la
carica media e nulla; ma per un osservatore solidale con il catione, l’atmosfera ionica ha una carica
netta. Nel seguito della derivazione della teoria DH, il nostro punto di riferimento e solidale con lo ione
centrale. Consideriamo dunque uno ione, assunto come ione centrale, intorno al quale si e creato un
Figura 2.3: Calcolo della distribuzione di carica attorno ad un catione: l’osservatore M e in moto con il
catione, e vede una carica netta media diversa da zero in un elemento di volume ad una posizione fissa
rispetto al catione; l’osservatore F e in quiete, e vede una carica netta media nulla in un elemento di
volume in quiete.
campo di potenziale elettrico secondo la legge di Poisson. Secondo i principi della meccanica statistica,
la carica netta di un elemento di volume dV puo essere calcolata dalla distribuzione di Boltzmann:
l’energia di uno ione di carica zje nel campo di potenziale elettrico φ e data da zjeφ, quindi secondo la
2.6. APPROFONDIMENTI 25
distribuzione di Boltzmann il numero di ioni di tipo j in dV e
dnj = nj exp
(
−ezjφ
kBT
)
dV (2.46)
dove kB = R/L e la costante di Boltzmann definita rispetto R ed al numero di Avogadro L; ovvero la
densita di tutti gli ioni in dV e
ρ =∑
i
ezjnj exp
(
−ezjφ
kBT
)
(2.47)
da cui segue che l’equazione di Poisson in φ puo essere scritta nella forma
∇2φ = −e
ǫ
∑
j
zjnj exp
(
−ezjφ
kBT
)
(2.48)
Per semplificare questa espressione, possiamo assumere che la temperatura sia abbastanza elevata da
poter sviluppare l’esponenziale in funzione di potenze di ezjφ/kBT ; arrestando lo sviluppo ai primi due
termini si ottiene
ρ =∑
j
ezjnj −e2
kBT
∑
j
z2j njφ (2.49)
il primo termine va a zero per la (2.45), e resta percio una stima della densita di carica dell’atmosfera
ionica solidale con uno ione data da
ρ = −e2
kBT
∑
j
z2j njφ (2.50)
ed un’equazione di Poisson semplificata per il potenziale elettrico
∇2φ =e2
kBTǫ
∑
j
z2j njφ =φ
r2D(2.51)
dove rD e una lunghezza definita come
1
r2D=
e2
kBTǫ
∑
j
z2j nj (2.52)
sul cui significato fisico torneremo fra breve. L’equazione di Poisson puo essere ulteriormente semplificata
assumendo una simmetria sferica per l’atmosfera ionica
1
r2∂
∂rr2
∂φ
∂r=
φ
r2D(2.53)
dove r e la distanza dallo ione centrale al punto considerato e φ e ora funzione solo di r. La soluzione
generale e data nella forma
φ = A1exp(−r/rD)
r+A2
exp(r/rD)
r(2.54)
Le condizioni al contorno del problema sono le seguenti: a grandi distanze il potenziale elettrico deve
andare a zero, come conseguenza delle leggi fondamentali dell’elettrostatica, quindi A2 = 0; per r → 0
26 CAPITOLO 2. EQUILIBRI DI REAZIONE IN SOLUZIONE
il potenziale elettrico deve assumere la forma del potenziale elettrostatico dovuto allo ione centrale di
carica zie in un dielettrico di costante ǫ, in assenza di atmosfera ionica, che e dato dalla legge di Coulomb
φCoulomb =ezi4πǫr
(2.55)
confrontando il potenziale φ con A2 = 0 e r → 0 (cioe espandendo in serie di McLaurin il termine
esponenziale e tenendo solo il contributo in ordine zero, pari ad 1) si determina A1 = ezi/4πǫ. Il
potenziale calcolato in r dovuto al sistema ione centrale+ atmosfera ionica e percio
φ =ezi4πǫr
exp(−r/rD) (2.56)
ed ha la forma di un potenziale di Coulomb schermato, dove rD, detta lunghezza di Debye, rappresenta
la costante di schermo. In una soluzione elettrolitica reale il potenziale della sola atmosferica ionica e
determinato come differenza
φatm = φ− φCoulomb =ezi4πǫr
[exp(−r/rD)− 1] (2.57)
Il potenziale dovuto alla sola atmosferica ionica nella posizione dello ione centrale e dato dalla precedente
espressione valutata per r → 0. Il limite si calcola facilmente come:
φ0atm = −
ezi4πǫrD
(2.58)
Secondo l’approssimazione fondamentale di DH, l’energia di solvatazione, cioe il lavoro necessario a
solvatare lo ione, e calcolata come un lavoro puramente elettrostatico. Se si aggiunge una carica in-
finitesima dq ad una regione di potenziale φ0atm, il lavoro elettrico infinitesimo e φ0
atmdq. Partendo da
una carica centrale, e aggiungendo carica fino ad arrivare a zie, il lavoro totale risulta essere
we = −
∫ zie
0
q
4πǫrDdq = −
e2z2i8πǫrD
(2.59)
Definiamo ora, secondo l’approssimazione DH, l’energia libera di eccesso della specie per una mole di
specie i-esima, cioe la differenza tra l’energia libera nella soluzione rispetto ad una soluzione ideale,
come Lwe, e scriviamo quindi il logaritmo del coefficiente di attivita potenziale chimico della specie
i-esima
ln γi =Lwe
RT=
we
kBT= −
e2z2i8πǫkBTrD
= −z2i F
2
8πǫLRTrD(2.60)
dove abbiamo usato il faraday F = Le, cioe la carica di una mole di cariche e. La lunghezza di Debye
puo essere calcolata in termini di molalita; infatti nj = cjL dove cj e il numero di moli dello ione j
diviso per il volume della soluzione; passando alle molalita possiamo scrivere n ≈ ρmjL, dove ρ e la
densita del solvente. Sostituendo nell’espressione di rD otteniamo
rD =
(
ǫRT
2ρF 2Im⊖
)1/2
(2.61)
Infine possiamo calcolare direttamente il coefficiente di attivita medio. Per un sistema derivato da un
elettrolita secondo (2.16) vale la relazione (2.38), da cui segue
ln γ± =p+we,+ + p−we,−
(p+ + p−)kBT= −
(p+z2+ + p−z
2−)F
2
8πǫ(p+ + p−)LRTrD(2.62)
2.6. APPROFONDIMENTI 27
poiche pero p+z+ + p−z− = 0 si ha che
p+z+ + p−z− = 0 ⇒ (p+z+ + p−z−)(z+ + z−) = 0 ⇒ p+z2+ + p+z+z− + p−z
2− + p−z+z− = 0 ⇒
p+z2+ + p−z
2− = −(p+ + p−)z+z− ⇒
p+z2+ + p−z
2−
p+ + p−= −z+z− = |z+z−| (2.63)
e segue dunque l’espressione
ln γ± = −|z+z−|F
2
8πǫLRTrD(2.64)
passando ai logaritmi decimale e sostituendo l’espressione di rD in funzione della forza ionica si ottiene
la legge limite DH
log γ± = −A|z+z−|I1/2 (2.65)
e la costante A e data dalla relazione
A =F 3
4πL ln 10
(
ρm⊖
2ǫ3R3T 3
)1/2
(2.66)
per l’acqua a 25 ◦C si ritrova il valore A = 0.509.
La legge limite di DH che abbiamo ricavato e valida solo in condizioni di soluzioni eletttrolitiche
diluite, o a bassa forza ionica. Sono possibili naturalmente trattamenti anche molto piu sofisticati della
teoria DH, che portano ad espressioni valide per esprimere il coefficiente di attivita medio in funzione
della forza ionica anche a concentrazioni elevate. La legge estesa di Debye-Huckel, che dipende da due
nuovi parameteri α e β
log γpm = −A|z+z−|I
1/2
1 + αI1/2+ βI (2.67)
e sostanzialmente un’espressione empirica che si puo considerare accettabile fino a molalita intorno a
0.1 mol kg−1, e che e stata razionalizzata da Huckel mediante varie ipotesi ed emendamenti aggiuntivi
rispetto alla teoria DH originale, come il trattamento degli ioni in forma discreta e non come distribuzione
di carica continua, l’inclusione di una costante dielettrica variabile con la distanza dallo ione centrale e
la formazione di coppie ioniche.
28 CAPITOLO 2. EQUILIBRI DI REAZIONE IN SOLUZIONE
Capitolo 3
Celle elettrochimiche
Una cella elettrochimica e un dispositivo formato da due elettrodi in contatto con un elettrolita.
I due elettrodi possono risiedere in due diversi elettroliti, che sono in questo caso connessi da un ponte
salino o separati da un setto poroso. Una cella elettrochimica che produce elettricita in seguito ad un
processo chimico spontaneo e detta cella galvanica o pila, mentre una cella elettrochimica in cui avvenga
una reazione non-spontanea a causa di un flusso indotto dall’esterno di corrente elettrica e detta cella
elettrolitica.
L’elettrochimica e il complesso di metodologie fisiche e chimiche per lo studio dei processi che com-
portano la trasformazione di energia elettrica in energia chimica e viceversa, sia in condizioni di equilibrio
(le uniche di cui ci occupiamo in questo corso), sia in condizioni di non-equilibrio. Dal punto di vista
chimico, l’elettrochimica e lo studio di processi di ossidoriduzione che avvengono sia in fasi omogenee che
in fasi eterogenee, con una particolare attenzione a quanto avviene nelle zone di interfaccia tra gli elet-
trodi e le soluzioni. L’elettrochimica e una delle branche piu antiche della chimica-fisica modernamente
intesa - cioe come disciplina scientifica basta sul metodo sperimentale - ed alcuni dei suoi massimi espo-
nenti furono attivi in Europa gia nel XVIII secolo: in realta le prime ricerche elettrochimiche sono state
spesso parallele allo studio della fisica elettrostatica e dei fenomeni dell’elettromagnetismo: possiamo
ricordare per esempio Galvani e Volta in Italia e Faraday in Gran Bretagna. Le tecniche elettrochimiche
furono di notevole importanza per la comprensione dei fenomeni fondamentali della chimica fisica: per
esempio Nernst in Germania diede contributi importanti all’elettrochimica e ne trasse le osservazioni
sperimentali che sono alla base della sua enunciazione del III principio della termodinamica.
3.1 Celle galvaniche e pile
Come e noto dalla chimica generale parliamo di reazione di ossidoriduzione (redox), quando sono presenti
molecole che cambiano il loro stato di ossidazione, acquisendo elettroni (riduzione)
Cu2+(aq) + 2e− → Cu(s) (3.1)
oppure perdendo elettroni (ossidazione)
Zn(s) → Zn2+(aq) + 2e− (3.2)
29
30 CAPITOLO 3. CELLE ELETTROCHIMICHE
Figura 3.1: Dall’alto, in senso orario: Galvani, Volta, Nernst e Faraday.
3.1. CELLE GALVANICHE E PILE 31
le precedenti reazioni sono dette semireazioni. Le semireazioni si scrivono per convenzione sempre
sotto forma di riduzione, ed ogni reazione di ossidoriduzione puo essere costruita come differenza di due
semireazioni. Cosı il processo spontaneo di riduzione del rame ed ossidazione dello zinco si scrive come
differenza delle due semireazioni
+[
Cu2+(aq) + 2e− → Cu(s)]
−[
Zn2+(aq) + 2e− → Zn(s)]
(3.3)
Cu2+(aq) + Zn(s) → Cu(s) + Zn2+(aq)
Una cella galvanica e sostanzialmente un dispositivo in cui avviene una reazione redox con le semireazioni
localizzate in due zone distinte, ciascuna formata dall’elettrodo e da una certa quantita di elettrolita (o
da due elettrodi separati, in questo caso collegati da un ponte salino). Ogni zona e detta semicella.
In Figura (3.2) e disegnata una cella galvanica basate sulle coppie redox Zn/Zn2+ e Cu/Cu2+, nota
come pila Daniell. Un elettrodo di zinco e immerso in una soluzione, per esempio 1 M, di ZnSO4 ed
Figura 3.2: Un esempio di cella galvanica: pila Daniell.
un elettrodo di rame e immerso in una soluzione di CuSO4. Le due soluzioni sono separate da un
setto poroso, che non permette il passagio dei cationi, oppure collegate da un ponte salino, pieno di
un elettrolita di supporto, per esempio Na2SO4, che permette il passaggio di corrente ma impedisce
il mescolamento delle due soluzioni, come nello schema indicato in Fig. (3.3). La rappresentazione
schematica della cella galvanica in Fig. (3.2) e
Zn|ZnSO4(1.0M)...CuSO4(1.0M)|Cu (3.4)
32 CAPITOLO 3. CELLE ELETTROCHIMICHE
Figura 3.3: Un esempio di cella galvanica.
mentre la rappresentazione della cella in Fig. (3.3) e
Zn|ZnSO4(1.0M)‖CuSO4(1.0M)|Cu (3.5)
Ogni simbolo | rappresenta un interfaccia, e quindi l’unica differenza tra le due celle considerate e nella
presenza di un contatto, sia pure indiretto, tra le due semicelle nel primo caso, indicato dal simbolo
centrale..., mentre questo contatto e assente nel secondo caso, simbolo ‖.
Per definizione, l’elettrodo presso il quale avviene una reazione di ossidazione e l’anodo
R1 → O1 + νe (3.6)
mentre l’elettrodo sede della riduzione e il catodo
O2 + νe → R2 (3.7)
dove ν e il numero di elettroni scambiati. In una cella galvanica si ha il passaggio di una corrente elettrica
diversa da zero, causata dalla reazione spontanea complessiva data dalla somma delle semireazioni che
avvengono nelle due semicelle. Il passaggio di corrente e dovuto alla differenza di potenziale tra i due
elettrodi. In una cella galvanica il catodo ha quindi un potenziale elettrico maggiore dell’anodo: la
specie chimica che si riduce sottrae elettroni dall’elettrodo, mentre all’anodo la specie che si ossida cede
elettroni. In una pila l’anodo e sempre l’elettrodo di ossidazione, ma gli elettroni sono sottratti dalla
semicella perche l’ossidazione non e spontanea, mentre al catodo, che e sempre per definizione l’elettrodo
dove avviene la riduzione, vengono forniti elettroni. Quindi in una pila l’anodo ha un potenziale elettrico
maggiore di quello del catodo.
Per convenzione, la reazione di cella e la reazione chimica complessiva della cella scritta in modo che
l’elettrodo a destra sia il catodo; quando si scrive la rappresentazione schematica (3.5), si assume percio
che il catodo corrisponda al rame, mentre l’anodo corrisponda allo zinco, e che la reazione corrispondente
sia (3.3). E possibile stabilire a priori, date le semireazioni, se la reazione risultante e spontanea, cioe
la rappresentazione e relativa ad una cella galvanica, come vedremo in una sezione successiva.
3.2. FORZA ELETTROMOTRICE ED ENERGIA LIBERA DI REAZIONE DELLA CELLA 33
3.2 Forza elettromotrice ed energia libera di reazione della cella
Il potenziale elettrico responsabile del passaggio di corrente e la somma delle differenze di potenziale
che si instaurano in corrispondenza di tutte le interfaccie che formano una cella . In presenza di
un setto poroso tra le due semicelle, per esempio, si instaura una differenza di potenziale elettrico
dovuto alla diversa mobilita degli ioni attraverso il setto. Con un ponte salino, questa differenza di
potenziale, detta potenziale di contatto liquido, viene molto ridotta, perche dipende soprattutto dalle
variazioni di concentrazione dell’elettrolita di supporto, che e stabile. La presenza del ponte salino e
anche importante per assicurare la possibilita di effettuare misure della differenza di potenziale tra gli
elettrodi in condizioni di reversibilita, come discuteremo tra breve.
La misura della differenza di potenziale tra gli elettrodi e detta potenziale di cella. Il potenziale
di cella e riferito alle condizioni in cui attraverso la cella passa una corrente diversa da zero: il lavoro
elettrico compiuto dal sistema (la cella) e dovuto al processo irreversibile che avviene nel sistema stesso,
cioe la reazione chimica complessiva. Il lavoro elettrico (cioe non di volume) massimo che la cella puo
compiere e legato alla variazione di energia libera complessiva della cella, a pressione e temperatura
costanti, ed e pari al lavoro compiuto in condizioni di reversibilita
we,max = ∆G (3.8)
e ∆G e la variazione di energia libera della reazione alle condizioni di temperatura, pressione e compo-
sizione date. Quindi la misura del lavoro massimo deve essere vista come un preocesso al limite, in cui
la cella opera in condizioni di reversibilita, cioe sostanzialmente di corrente nulla.
La differenza di potenziale elettrico tra i due elettrodiin condizioni di corrente nulla si dice forza
elettromotrice E (fem) della cella
E = limi→0
φcatodo − φanodo. (3.9)
Si noti che solo in condizioni di reversibilita (corrente nulla) possiamo applicare la (3.8) e quindi fare
delle considerazioni quantitative tra potenziale elettrico (fem) e variazione di energia libera.
Se rappresentiamo la reazione complessiva nel consueto modo compatto (1.2), possiamo scrivere la
variazione infinitesima dell’energia libera a T e p costanti come
dG =∑
µidni =∑
i
νiµidξ = ∆rGdξ (3.10)
dove ξ e il grado di avanzamento della reazione. Per una variazione infinitesima di dξ, il lavoro elettrico
in condizioni reversibili e percio
dwe = ∆rGdξ (3.11)
In seguito all’avanzamento della reazione di dξ, sia avra il passaggio di νdξ elettroni dall’anodo al
catodo, corrispondenti alla carica di −νFdξ, dove F = eL e il Faraday, che abbiamo gia incontrato in
precedenza. Il lavoro elettrico per il passaggio di una carica attraverso una diffrenza di potenziale e
dato dal prodotto della cariva per la diffrenza di potenziale; quindi nel nostro caso dwe = −νFEdξ. Ne
consegue che
−νFE = ∆rG (3.12)
34 CAPITOLO 3. CELLE ELETTROCHIMICHE
che e l’equazione alla base dello studio delle celle in condizioni reversibili. Dalla misura della fem si puo
quindi ottenere il ∆rG della reazione di cella. Si noti che da misure ripetute in diverse condizioni di
temperatura possiamo misurare la ∆rS, dalla relazione di Gibbs-Helholtz
∆rS = −
∂∆rG
∂T
p
= νF
∂E
∂T
p
(3.13)
e quindi la ∆rH, che risulta semplicemente
∆rH = ∆rG+ T∆rS = −νFE + νF
∂E
∂T
p
(3.14)
A questo punto ricordiamo come la condizione di reversibilita di una cella non sia sempre facilmente
ottenibile. La presenza di contatti liquidi rende la cella parzialmente irrevesibile, mentre l’uso di ponti
salini avvicina molto il raggiungimento di condizioni di reversibilita. L’eliminazione completa di contatti
liquidi e la soluzione migliore, ed e possibile in celle specifiche, come la cella Weston
Cd(Hg)|CdSO4(s),Hg2SO4(s)|Hg (3.15)
3.3 Equazione di Nerst
Il passo successivo e di porre in relazione la fem della cella con le attivita delle specie chimiche che
partecipano alla reazione complessiva. Se la reazione e rappresentata da (1.2), tenendo conto della
defizione del potenziale chimico di una specie nella forma generica µi = µ⊖i + RT ln ai (dove con µ⊖
i
indichiamo in modo generico il potenziale chimico standard, comunque definito, e con ai l’attivita della
specie divisa per la corrispondente grandezza unitaria, per esempio pressione o molalita), otteniamo per
sostituzione nella definizione di ∆rG
∆rG = ∆rG⊖ +RT
∑
i
ln aνii = ∆rG⊖ +RT ln
∏
i
aνii ≡ ∆rG⊖ +RT lnQ (3.16)
dove Q =∏
i aνii e il quoziente di reazione. Dividendo per −νF otteniamo
E = E⊖ −RT
νFlnQ (3.17)
che e la famosa equazione di Nernst. La grandezza E⊖ e la forza elettromotrice standard della cella,
ed e definita come
E⊖ = −∆rG
⊖
νF(3.18)
In condizioni di equilibrio chimico Q = K costante di equilibrio della reazione e E = 0, da cui segue
lnK =νFE⊖
RT(3.19)
La forza elettromotrice standard e percio in relazione diretta con la costante di equilibrio della reazione.
3.4. POTENZIALE DI ELETTRODO 35
3.4 Potenziale di elettrodo
Possiamo classificare le semicelle in varie categorie. Tra gli elettrodi piu semplici abbiamo gli elettrodi
metallici, in cui un metallo e in contatto con una soluzione dello stesso ione, per esempio argento con
nitrato di argento in soluzione
Ag|Ag+(c) (3.20)
Spesso conviene usare un elettrodo costituito da un’amalgama del metallo con il mercurio, per ridurre
effetti di polarizzazione o per ovviare al fatto che il metallo puro reagirebbe con la soluzione, come per
il sodio
NaHg(c1)|Na+(c2) (3.21)
Si noti che se l’amalgama e satura nel metallo l’elettrodo e equivalente ad un elettrodo in metallo puro
(perche ha lo stesso potenziale chimico).
Gli elettrodi a gas sono costituiti da una lamina di metallo non reattivo (platino od oro) in contatto
con un gas o una soluzione di gas in liquido. Il piu noto come vedremo tra breve e l’elettrodo ad idrogeno
Pt(s)|H2(g)|H+(aq) (3.22)
Figura 3.4: Elettrodo ad idrogeno.
Ricordiamo ancora gli elettrodi non metallici e non a gas (metallo inerte a contatto con una fase liquida
o solida, come la semicella bromo-bromuro, in cui il metallo inerte e il platino); gli elettrodi a ossido-
riduzione, in cui il metallo inerte e immerso in una soluzione con due ioni dello stesso elemento ma a
diverso stato di ossidazione, come platino a contatto con ioni ferrici e ferrosi; gli elettrodi a metallo-sale
insolubile (metallo inerte a contatto con un suo sale poco solubile, come argento-argento cloruro).
36 CAPITOLO 3. CELLE ELETTROCHIMICHE
In teoria, non e possibile determinare la fem di una cella come differenza diretta del potenziale
elettrico dei due elettrodi. In pratica pero possiamo adottare il potenziale di un elettrodo come uno
standard, ponendone arbitrariamente a zero il valore. L’elettrodo standard prescelto e l’elettrodo ad
idrogeno, per il quale si pone E⊖ = 0. Il potenziale di ogni altro elettrodo si determina come la fem
standard della cella costruita con l’elettrodo di idrogeno a sinistra (anodo). Per esempio il potenziale
standard dell’elettrodo ad argento Ag+/Ag e la fem standard della cella
Pt(s)|H2(g)|H+(aq)‖Ag+aq|Ag(s) (3.23)
e vale E⊖ = 0.80 V. Un potenziale standard elevato significa che la coppia redox e fortemente ossidante,
un basso potenziale standard indica che la coppia e riducente. La fem standard di una cella generica
potra essere trovata come il potenziale standard dell’elettrodo di destra (catodo) meno il potenziale
standard dell’elettrodo di sinistra (anodo). Per esempio la cella
Ag(s)|Ag+(aq)‖Cl−(aq)|AgCl(s)|Ag(s) (3.24)
e equivalente alle due celle in serie
Ag(s)|Ag+(aq)‖H+(aq)|H2(g)|Pt(s)− Pt(s)|H2(g)|H+(aq)‖Cl−|AgCl(s)|Ag(s) (3.25)
e quindi la fem della cella e data come
E⊖ = E⊖(AgCl/Ag,Cl−)− E⊖(Ag+/Ag) = −0.58V (3.26)
Se la fem standard e positiva la cella e una cella galvanica, altrimenti per ottenere un processo spontaneo
si devono invertire le due semicelle.