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«Chi ha visto me ha visto Dio» E i poveri sono i primi a ... · di Pier Giorgio Liverani 5 ANNO...

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«Chi ha visto me ha visto Dio» (Gv 14, 9) E i poveri sono i primi a incontrarlo REGINA DEGLI APOSTOLI Periodico bimestrale della Provincia Italiana della Società dell’Apostolato Cattolico Anno XCIV - n. 6 Novembre/Dicembre 2016
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Page 1: «Chi ha visto me ha visto Dio» E i poveri sono i primi a ... · di Pier Giorgio Liverani 5 ANNO LITURGICO Avvento, tempo della Chiesa. Prepariamo le vie al Signore! di Lilia Capretti

«Chi ha visto me ha visto Dio» (Gv 14, 9)

E i poveri sono i primi a incontrarlo

REGINA DEGLI APOSTOLIPeriodico bimestrale della Provincia Italiana

della Società dell’Apostolato CattolicoAnno XCIV - n. 6 Novembre/Dicembre 2016

Page 2: «Chi ha visto me ha visto Dio» E i poveri sono i primi a ... · di Pier Giorgio Liverani 5 ANNO LITURGICO Avvento, tempo della Chiesa. Prepariamo le vie al Signore! di Lilia Capretti

Regina degli Apostoli

Associato all’UspiUnione StampaPeriodici Italiani

3EDITORIALE

Nel Natale Dio eternoe infinito viene tra noifacendosi mortaledi Nicola Gallucci

18APPELLO DEL CARD. AMATO

«La Beata ElisabettaSanna merita di esserevenerata come Santa»di Jan Korycki

20GIORNATA CEI DELLA VITA

La vita, i bambini,i nonni e Santa Teresadi Calcuttadi Pier Giorgio Liverani

5ANNO LITURGICO

Avvento, tempo dellaChiesa. Prepariamole vie al Signore!di Lilia Capretti

10GIUBILEO DEI CARCERATI

Il Papa: «Là dove l’uomoha sbagliato è più presentela Misericordia di Dio»di Luca Liverani

14XXI ASSEMBLEA DELLA SACIl Rettore: «Fare tuttoil possibile per mettereDio al primo posto»di Jacob Nampudakam

8CHIUSURA DELL’ANNO SANTO

Cristo, Portadi Misericordia versoun nuovo tempo di fededi P.GL.

25LE FIGURE DELLA BIBBIA

Giuseppe e i fratelli,una storiaattualedi Cristina Mastrorosati

29LA SPIRITUALITÀ DEL PALLOTTI

«Tutti i dolori mentalisofferti dal nostroSignore Gesù Cristo»dagli scritti del Santo

22IL PAPA A SANTA MARTA

«Dio si è fatto uomo per piangereassieme a noi»a cura di Luca Liverani

Periodico bimestrale della Provincia Italianadella Società dell’Apostolato Cattolico

Registrazione Trib. Roma n. 5806 del24.5.1957

Direzione:Via Giuseppe Ferrari, 1 - 00195 RomaTel. 06.375923e-mail: [email protected]

Ex parte Soc. Imprimipotest D.A. Lotti SAC Rector Prov.

Direttore Responsabile:Giuseppe Colantonio SAC

Comitato di redazione:Lilia Capretti CSAC, Vittorina D’ImperioCSAC, Nicola Gallucci SAC, Luca Liverani,Pier Giorgio Liverani, Corrado Montaldo,Cristina Mastrorosati, Paolo Salvo SAC

Grafica:Editrice Italiani nel Mondo s.r.l.tel. 0670476849e-mail: [email protected]

Chiuso in tipografia il 29 Novembre 2016

30LA RECENSIONE

Vocazioni, meno 12%l’anno. Versouna Chiesa senza preti?di P.G.L.

IN COPERTINA:Adorazione dei pastori, Murillo 1650

26NOTIZIARIO PALLOTTINO

L’Ottavario dell’Epifaniaad Avella e Riposto per vivereun tempo forte di fede

Gli incontri a San Salvatorein onda “La misericordiaforza della giustizia”

“Apostolato Universale”: èdisponibile in rete il numerodi novembre del trimestrale

7TEMPO DI PASSAGGIO

Quandola fine apreun iniziodi Pier Giorgio Liverani

Il bimestrale RdA è solo su Internetwww.reginadegliapostoli.it

Dal numero di luglio-agosto RdA-Regina degli Apostoli non è piùdisponibile in formato cartaceo, ma solo sul sito della Provincia Italia-na della SAC, www.reginadegliapostoli.it, dove può essere sfoglia-ta “virtualmente” – dal computer, dal tablet o dallo smarthphone – as-sieme ai numeri arretrati, o stampata per una copia personale.

La Redazione

S O M M A R I O

Avviso

importante

ai lettori

novembre-dicembre 20162

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Quando professiamo: «Credo in Dio Pa-dre», non professiamo una fede in un Dioqualsiasi chiamato Padre, ma in un Dio

che è Padre innanzitutto di un Figlio unigenitoche è Gesù Cristo e quindi Padre di tutta l’uma-nità da lui creata attraverso il Figlio, nel Figlio ein vista del Figlio (cf Col. 1, 16 s.). Il Dio checonfessiamo nel Credo non è un Dio universale,il Dio creduto da tutti o da molti uomini, ma èil Dio che ci è stato narrato, spiegato, rivelatoda Gesù Cristo (cf Gv 1, 18). Alla fine del prolo-go del quarto Vangelo, Giovanni scrive: «Dionessuno l’ha mai visto» (ibidem). È proprio così.Nessun uomo nel passato, nessun uomo nelpresente, nessun uomo nel futuro del mondovede Dio, come attesta l’adagio dell’Antico Te-stamento: «Chi vede Dio muore» (cf Es. 33, 20).E nella sua Prima lettera Giovanni ribadisce:«Dio nessuno l’ha mai contemplato» (1 Gv 4,12).

Sicché, secondo la bella espressione utilizza-ta da Paolo nel suo discorso all’Areopago di Ate-ne, «gli uomini hanno cercato Dio, come a ten-toni, se mai potessero giungerea trovarlo» (At. 17,27). Nel cuo-re dell’uomo vi è un’incessantericerca di senso, una ricerca dieternità, una ricerca di Dio, unquaerere Deum condotto in cul-ture e tempi diversi, approdatoa vie religiose multiformi. An-zi, Dio è cercato anche in viespirituali che non sono religio-ni, come il buddhismo o il con-fucianesimo. È connaturale al-l’uomo il senso religioso, gli èconnaturale una ricerca, un’an-sia che lo spinge verso ciò cheè definito Dio. Ma resta veroche questa ricerca non era enon è sufficiente a trovare ilvero volto, la vera identità diDio. Gli uomini hanno sempreforgiato immagini di Dio in tut-te le religioni, ma molte di que-ste immagini sono perverse, al-tre svianti, altre insufficienti,altre, talvolta, più vicine alla

EDIT

ORIA

LE Nel Natale Dio eterno e infinito viene tra noi facendosi mortale

conoscenza del Dio vivente e vero. Per questoDio ha alzato il velo su di sé, si è ri-velato agliuomini a cominciare da Abramo (cf Gen. 12, 1).Dio «ha parlato» agli uomini «per mezzo deiprofeti» (Simbolo niceno-costantinopolitano), daAbramo fino a Giovanni il Battezzatore, ma infi-ne ha parlato attraverso suo Figlio e lo ha fattodefinitivamente, una volta per tutte. Ecco la dif-ferenza cristiana, scandalo per gli uomini dellereligioni, follia per il pensiero raffinato degliuomini (cf 1 Cor. 1, 23): Dio, il trascendente,l’eterno, l’infinito, il celeste, è venuto in mezzoa noi come uomo facendosi mortale, terrestre,un uomo umanissimo in tutto eccetto che nelcontrastare la volontà del Padre.

Con l’evento dell’incarnazione diventano in-sufficienti e svianti molte acquisizioni umane eteologiche. Il cristianesimo è un monoteismo?Non più, perché c’è un solo Dio, ma in una co-munione in cui egli è Padre e Figlio e SpiritoSanto. È un monoteismo trascendente? Nonpiù, perché Dio si è fatto uomo e, di conseguen-za, non si può più pensare Dio senza l’uomo né

di Nicola Gallucci

San Paolo predicaad Atene(Raffaello, 1515)

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l’uomo senza Dio: in Dio c’èil corpo glorioso di un uomo,di Gesù di Nazareth. Ma c’èdi più. Se Gesù ha raccontatoDio con la sua vita umana ele sue parole, ormai – l’hadetto lui – nessuno può anda-re a Dio, al Dio vivente e ve-ro, senza di lui: «Nessuno puòandare al Padre se non attra-verso di me» (Gv 14, 6). E an-cora, se è vero che nessunopuò vedere Dio in questa vitama solo al di là della morte, èaltrettanto vero che nell’oggi valgono le parole diGesù: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,9). Commenta Ippolito di Roma, un padre dellaChiesa vissuto tra il II e il III secolo: «Ciò vuol di-re: se hai visto me, attraverso di me puoi conoscereil Padre, perché il Padre si può conoscere grazie al-la sua immagine. Se dunque tu non hai conosciutola sua immagine, come pretendi di vedere il Pa-dre?» (Contro Noeto, 7, 6).

Gesù non è stato solo un messaggero di Dio, unprofeta di Dio, un sapiente di Dio: è Dio fatto uo-mo, è il Figlio di Dio umanizzatosi, che ha assunto

«in tutto eccetto il peccato»(Eb. 4, 15) la nostra condizio-ne, e con la sua vita e il suoinsegnamento ha narrato Dio.Oso addirittura affermare cheGesù ha anche evangelizzatoDio, l’ha reso Vangelo, buonanotizia per tutti gli uomini,perché prima di lui talvoltaDio era una cattiva notizia acausa delle cattive immaginidi Dio stesso forgiate dagliuomini. Non è il senso reli-gioso che ci garantisce la co-

noscenza di Dio, anzi spesso ce la impedisce, ma èGesù Cristo, è la fede in lui che ci fa conoscere ilDio vivente.

Ormai per conoscere Dio si deve conoscere Ge-sù, per credere in Dio si deve credere in Gesù. ConGesù, con la sua incarnazione si è operato un muta-mento: dal giorno della glorificazione di Gesù, dellasua morte e risurrezione, Gesù è il vero tempio incui si adora Dio (cf Gv 4, 23 s.), è colui che ci portaa Dio e ci apre la via della vita eterna, è il volto delDio invisibile, l’immagine definitiva e piena di Dio(cf Col. 1, 15). ■

‘‘Ecco la differenzacristiana, follia per ilpensiero raffinato degliuomini: Dio infinito èvenuto tra noi come uomo,facendosi mortale eumanissimo in tutto tranneche nel peccato

’’

Adorazione dei Magi (Botticelli, 1482)

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Con la 34a settimana del “tempo ordinario”, siapre una nuova fase nella Chiesa, quella del-l’Avvento, la cui durata è di quattro settima-

ne. La prima domenica di Avvento dà inizio al nuo-vo anno liturgico che, secondo il ciclo triennale, cipropone il Vangelo di Matteo, e inizia l’anno A.Dentro questo sacro tempo ci vengono presentatieventi che attraggono la nostra attenzione e rifles-sione e ci invitano a scrutare dentro il mistero diDio e dell’uomo, che mai vengono disgiunti. È an-che tempo di attesa, ma non inerte, poiché siamorichiamati a renderla operosa, a preparare le viedel Signore nel nostro cuore e nella nostra storia.Gli antichi Patriarchi e Profeti attendevano l’arrivodi un messia liberatore, come inviato da Dio per lasalvezza del popolo. Per la Chiesa di oggi è tempodi preparazione alla celebrazione del S. Natale, manon solo, perché ci presenta e ci prepara anche allaseconda venuta, quella della fine dei tempi e dellastoria, quindi alla venuta del Cristo glorioso. L’atte-sa in questo nostro tempo è ancora più intensa, piùsentita ed urgente poiché oggi si rendono semprepiù evidenti e drammatici i segni del male, dellacrudeltà, del non senso della vita e delle sofferenzedi un’umanità che sembra aver per-so gli orizzonti della pace, pur dentrole tante conquiste dello spirito e l’ab-bondante e redenzione.

Ma Dio non si smentisce. Già agliuomini della antica alleanza Dio pro-mette un Germoglio che spunteràdalla radice di Iesse, il Germogliogiusto, il Veniente, detto anche “fi-glio dell’uomo “ (Cf. Mt. 24,44). È lapromessa di un messia e che attendesempre di essere svelata e realizzata;è anche speranza di liberazione dauno stato di schiavitù, di sofferenzache nel popolo di Israele di si espri-me con un canto che è gemito, la-mento oltre che invocazione: “Mara-natha”. Vieni Signore Gesù, non tar-dare!

Il Profeta Daniele (Dn. 9,1-4 ss) ri-volge a Dio una preghiera che si po-trebbe ripetere in tutti i tempi, an-che nei nostri e caricarla di desideri,aspirazioni e suppliche: “Porgi l’orec-

chio, mio Dio, e ascolta, apri gli occhi e guarda lenostre desolazioni. Non presentiamo a te le nostresuppliche basate sulla giustizia, ma sulla tua gran-de misericordia. Signore, ascolta, perdonaci, guar-daci e agisci senza indugio, per amore di te stesso,perché il tuo nome è stato invocato sul tuo popolo”.(Dn. 9,1-4 ss)

Anche il Profeta Abacuc dice al popolo: “se tar-derà – riferendosi a Dio – aspettalo; Egli verrà enon tarderà.

E Paolo alla lettera ai Romani: “È ormai tempodi svegliarvi dal sonno perché la nostra liberazioneè più vicina ora di quando diventammo credenti.La notte è avanzata e il giorno si avvicina, gettiamovia dunque le tenebre e indossiamo le armi dellafede; camminiamo onestamente come in pienogiorno”. (Rm. 13, 11-14)

Il tempo delle celebrazioni natalizie si avvicina,quello dei racconto del Vangelo sulla grotta di Be-tlemme e che tocca il cuore di credenti e non cre-denti, ma anche di chi cerca un luogo in cui puòravvivare la speranza, l’amore, la tenerezza. Ed èanche possibile cercarvi l’essenziale per la vita pre-sente e futura. S. Giovanni evangelista, colui che

Avvento, tempo della Chiesa Prepariamo le vie al Signore!

ANNO LITURGICO: DADOMENICA 27 NOVEMBRE

L’ATTESA DEL NATALE

di Lilia Capretti

novembre-dicembre 2016 5

I quattro ceri dellaCorona dell’Avvento

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Gesù amava, ci dice: “In Lui, Gesù, era la vita e lavita era la luce degli uomini; la luce splende nelletenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. Venivanel mondo la luce vera, quella che illumina ogniuomo. E il Verbo si fece carne e venne ad abitarein mezzo a noi, e noi vedemmo la sua gloria”. (Gv.1, 4, 5, 9, 14)

La Parola di Dio è sempre luce ai nostri passi elampada al nostro pellegrinaggio verso la meta fi-nale. Quindi, l’Avvento può essere colto come tem-po di grandi attese, di straordinaria speranza e fi-ducia, può segnare il nostro passaggio dal normaleesodo alla meta escatologica. In questo tempo incui si sta concludendo l’anno giubilare della mise-ricordia, siamo richiamati a comprendere megliocosa è veramente la misericordia, ossia quella chemanifestò Dio Padre inviandoci il suo Figlio nellacarne, quella insegnataci dal Figlio con l’accoglien-za del povero e del peccatore, quella che lo resetanto solidale con l’uomo e con il peccatore fino adare la vita.

Se oggi nel cuore di tante persone, soprattuttogiovani, c’è tanta sete di giustizia, di verità, di paceben più profonda delle facili comodità, Cristo è larisposta: ricalchiamo le sue orme, abbeveriamocialle fonti della salvezza, e il nostro Natale ci con-

sentirà di cantare con gli angeli: “Gloria a Dio nel-l’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egliama”.

L’Avvento è anche tempo mariano.Maria nella storia della salvezza è, al dire del

poeta Dante: “Termine fisso di eterno consiglio”. In-vocata come “stella del mattino e aurora della crea-zione” Maria è presente in tutta la storia della sal-vezza ed ha un ruolo singolare in tutti i tempi litur-gici della Chiesa. Fin dall’inizio Maria vive la storiaumana e salvifica, partecipando in modo singolarealla lotta contro l’inimicizia di satana, alle vicendedegli uomini, alla beatitudine dei salvati e attendeil giorno in cui Cristo riconsegnerà il regno al Pa-dre con tutti gli eletti. (cf. Ef. 1,3-6,11-12). Maria havissuto l’avvento di Cristo scoprendo già i “seminaVerbi” presenti nelle scritture e nella storia, lo vivenell’annuncio dell’angelo e lo accoglie nel grembo,lo nutre con il suo latte e lo consacra al Padre.

Fedeli e devoti a Maria, anche noi vogliamo col-tivare l’attitudine evangelica che ci rende solidalicon il povero, con l’esule e con tutti i sofferenti; ciaiuti Maria a vivere nella fede il nostro tempo fa-vorevole.

Ai lettori auguriamo un fecondo Avvento ed unFelice Natale. ■

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mo come noi» e che quindi ci è stato vicino comesi vive e si perdona. Ma non è una memoria di co-se passate e ripescate dall’antiquario come si fa diun oggetto, o ricordate come si fa con i ricordi diogni uomo che muore. Gesù è risorto e vive nellagloria che un giorno potrà essere da noi condivisa.Già oggi, però, l’Eucaristia rende vivi, attuali, visi-bili, ascoltabili, vissuti e partecipati tutti gli attidella vita del Cristo, morte e resurrezione compre-se. La bianca particola che chiede da noi tanta fe-de, ci rende, sia pure per pochi momenti, contem-

poranei del Figlio di Dio. Lo tocchiamo con mano,lo vediamo con gli occhi, lo sentiamo e gli parlia-mo come a un fratello, un amico.

È il Paradiso che si mostra a noi per qualche mi-nuto. È un assaggio dolcissimo di felicità eterna, cifa sentire il sapore dell’eternità, come un sognoche si realizza. Ciò che si chiude apre davanti a noiun panorama, un inizio di vita eterna. Non lascia-mo che ci sfugga per distrazione, perché la vitaeterna è già cominciata. ■

Nel mese di novembre, il giorno 20, laXXXIV domenica del tempo ordinario chiu-de l’anno liturgico con la celebrazione so-

lenne della festa di Cristo Re dell’universo. L’eser-go posto da Pilato in cima alla croce mortificava laregalità del Crocifisso, limitandola al popolo giu-daico. Ed ecco che una festa conclusiva – quellaappena ricordata – apre la realtà di Gesù e preparala domenica successiva, la prima di Avvento, primaanche dell’anno liturgico successivo. Un mese do-po questo inizio vivremo (domenica 27) il miracolodell’Uomo Dio, il Dio che si fauomo, e si apre un altro annoche arricchisce la fede dellacomunità cristiana secondo ivari momenti della vita del Re-dentore.

La medesima domenica haconcluso, con la chiusura dellaPorta Santa della basilica diSan Pietro, l’anno giubilarevissuto nel nome e nella realtàdella divina Misericordia. Lacarica di amore che in que-st’anno ha riempito la nostravita ora dovrà espandersi, perciascuno di noi, nel raggio percosì dire del nostro essere cri-stiani. Si apre il primo anno incui la Misericordia assorbita –se così si può dire – da ciascu-no ma tutti insieme, durante ilGiubileo ora dovrà spandersi espendersi. Per usare una delletante efficaci figure dell’elo-quio di papa Francesco, cia-scuno di noi dovrà “emanareodore” di misericordia. Dovrà, come un postino,portarla nelle case del proprio angolo di mondo.

Con l’Avvento la Chiesa comincia un altro annoche la liturgia riempie di un significato che dovràmutarci. Nella prima pagina di un messalino quoti-diano ho trovato questo pensiero: «Nell’anno costi-tuito dalla memoria della vita, della morte e dellaresurrezione del Signore, passeremo il tempo a ri-cordare i misteri, i gesti di Gesù, le sue parole, imiracoli del Salvatore che, da Dio, si era fatto uo-

Quando la fine apre un inizioIL 20 NOVEMBRE IL TERMINE DELL’ANNO LITURGICO, IL 27 L’INIZIO CON L’AVVENTO

di Pier Giorgio Liverani

Cristo Pantocratore, Duomo di Monreale

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dopo, Domenica 20, festa di Cristo Re, si chiudeanche la Porta Santa a San Pietro. Ora è Gesù Cri-sto, il Re dell’Universo e Re della Misericordia,l’unica porta della salvezza. «In verità, in verità vidico… – e la ripetizione, da parte di Gesù, manife-sta palesemente la realtà di questo farsi condizioneper la salvezza e la necessità assoluta di dover pas-sare da Lui – Io sono la porta: se uno entra attra-verso di me, sarà salvo», riferisce Giovanni nel suoVangelo (10,7).

Dunque «la Porta Santa è Gesù e Gesù è gratis»commentò papa Francesco, l’8 giugno di quest’an-

Domenica 13 novembre, XXXIII del TempoOrdinario (anno C), è la Domenica in cui ilVangelo preannuncia la prossima fine del-

l’anno liturgico, ma anche la “fine” del mondo,cioè l’evento ancora misterioso che segnerà l’iniziodella vita senza fine. Questa domenica annunciaanche la conclusione del Giubileo della Misericor-dia. Si chiudono, infatti, le Porte Sante di San Gio-vanni, la cattedrale di Roma, e quelle delle altreBasiliche Maggiori romane insieme con le PorteSante di tutte le diocesi del mondo. Il Giubileo, in-fatti, è prossimo alla sua conclusione. Sette giorni

Cristo, Porta di Misericordiaverso un nuovo tempo di fede

GIUBILEO, DOMENICA 13 NOVEMBRE LA CHIUSURA DELLE PORTE SANTE NEL MONDO

San Pietro, 20 novembre, ore 10, Papa Francesco chiude la Porta Santa (foto Osservatore Romano)

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no, in una delle sue catechesi del mercoledì, e diMaria si potrebbe dire che è la guardiana, la porti-naia. Francesco non disse questo, ma lo fece capi-re, perché spiegò che «il primo segno della Miseri-cordia» di Gesù fu provocato da sua madre Marianella festa di nozze a Cana di Galilea. Spesso il rac-conto e il senso di questo evento è sottovalutato.Conviene riportare le parole con cui il Papa presen-tò l’importanza di quel primo miracolo di Gesù ene spiegò il vero significato.

È importante – disse – «anche l’osservazionedella Madonna: “Non hanno vino”. Come è possibilecelebrare le nozze e fare festa se manca quello chei profeti indicavano come un elemento tipico delbanchetto messianico?1... Il vino esprime l’abbon-danza del banchetto e la gioia della festa… Trasfor-mando in vino l’acqua delle anfore utilizzate “perla purificazione rituale dei Giudei” Gesù compieun segno eloquente: trasforma la Legge di Mosè inVangelo… Le parole che Maria rivolge ai servitorivengono a coronare il quadro sponsale di Cana:“Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. È curioso: sono le ul-time sue (di Maria) parole riportate dai Vangeli… Sitratta di un’espressione che richiama la formula difede utilizzata dal popolo di Israele al Sinai [dopola discesa di Mosè]…: “Quanto il Signore ha detto,noi lo faremo!” (Es 19,8)… A Cana i servitori ubbi-discono… È la raccomandazione semplice ma es-senziale della Madre di Gesù ed è il programma divita del cristiano. Per ognuno di noi, attingere dal-l’anfora equivale ad affidarsi alla Parola di Dio persperimentare la sua efficacia nella vita… La con-clusione del racconto suona come una sentenza:“Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni

compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e isuoi discepoli credettero in lui”. Le nozze di Cana –disse ancora Francesco – sono molto più che ilsemplice racconto del primo miracolo di Gesù. Co-me uno scrigno, Egli custodisce il segreto della suapersona e lo scopo della sua venuta: l’atteso Sposodà avvio alle nozze che si compiono nel Misteropasquale. In queste nozze Gesù lega a sé i suoi di-scepoli con una Alleanza nuova e definitiva…».

Al di là di questo evento solo apparentementesemplice e servendosi di costumi e di elementi co-muni e tradizionali del suo popolo di allora, Gesùopera un miracolo che contiene un prezioso tesorospirituale: soddisfa misericordialmente le esigenze(materiali ma assai importanti) dei presenti ma, so-prattutto, dà l’avvio allo svelamento della sua per-sonalità e a quell’infinita opera di misericordia chesono la sua predicazione, i suoi miracoli e la suamorte su una croce sulla quale un’iscrizione loqualifica “Re”, come Lui si era qualificato davantial rappresentante di Roma. Pilato pensava forse auno scherno, la folla e i sacerdoti del Tempio a unerrore del Governatore. Invece era la verità sia pu-re ristretta alla scritta in cima alla croce e ai soligiudei. La domenica successiva, XXXII e conclusi-va dell’anno liturgico, Lo adoriamo come miseri-cordioso e onnipotente Re dell’Universo.

E il 27 novembre, terza domenica di questa serieè quell’anello che, come qui si è accennato in prin-cipio, questa prima di Avvento chiude un Giubileoe apre un nuovo e molti nuovi anni da colmare dimisericordia. P.G.L.

1 Cfr Amos 9,13-14; Gioele 2,24; Isaia 25,6.

La chiusura della Porta Santa ad Arezzo, nel pomeriggio del 20 novembre, in concomitanza con l’apertura del Sinodo diocesano(foto Serena Sartini)

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novembre-dicembre 201610

Per la prima volta 1.000 detenuti datutto il mondo con i familiari, gli agen-ti, i cappellani e i volontari sono anda-

ti a San Pietro per il “loro” giubileo. Qual èil significato di questo momento?È stato semplicemente un evento straordinario.

Papa Francesco già aveva dato il “La” ad un modonuovo per far vivere il Giubileo anche a chi stavavivendo l’esperienza della reclusione. Per la primavolta anche i detenuti hanno potuto avere la gioiadi passare la “Porta santa”, stando in carcere. Ogniistituto, infatti, ha potuto organizzarsi per far cele-brare il Giubileo ai ristretti dell’istituto, in una cap-pella.

La giornata del 6 Novembre in S. Pietro, riserva-ta al Giubileo dei detenuti, è stata un’espressione digrande sensibilità da parte del Pontefice. Io ho ac-compagnato i cinque detenuti di Regina Coeli chehanno avuto il permesso di partecipare, unitamentealle famiglie, alla S. Messa nella Basilica. Guardavoquella chiesa piena di gente. Oltre 1.000 detenutierano là in mezzo, vestiti come le altre persone, a

pregare come tutti, liberi tra persone libere; a com-piere, in sintonia con tutti, la cosa più grande cheuna persona possa compiere sulla terra: dialogarecon Dio.

Quale messaggio da una giornata come questa?Forse il più grande, il più suggestivo: cominciare afar saltare pregiudizi e chiusure per avvicinare que-sti fratelli che si trovano a vivere esperienze di pri-vazioni di libertà a seguito di comportamenti antiso-ciali, in modo “nuovo”, con il cuore grande. Nonbuonismo, ma amore vero che sa suggerire le mo-dalità giuste per dare l’aiuto che serve a migliore si-tuazioni e storie, anche di coloro che sono difficileper la società, come gli autori di reati.

“Misericordia” e “giustizia” sembrano peròconcetti antitetici, buonismo contro severità.È così? Oppure il Vangelo offre un’altra via?Misericordia e giustizia formano un binomio che

ritorna spesso nei dibattiti e negli incontri di quantisi occupano del mondo del penale. Di quale giusti-zia parliamo e di quale misericordia? Non della

Il Papa: «Là dove l’uomo ha sbagliatoè più presente la Misericordia di Dio»

MILLE DETENUTI A SAN PIETRO IL 6 NOVEMBRE PER IL GIUBILEO DEI CARCERATI

di Luca Liverani

L’attenzione dei Papi al carcere è costante. Da Papa Giovanni XXIII a Paolo VI e Giovanni PaoloII, tutti hanno visitato Regina Coeli. Papa Francesco ha dimostrato una particolare attenzione conla Messa in Coena Domini nel carcere minorile di Casal del Marmo, le visite al carcere diRebibbia, ai penitenziari negli Stati Uniti, in Bolivia e in Messico, i frequenti contatti telefonici concondannati a morte in vari Paesi del mondo. E nella lettera di attuazione del programma giubilarela soglia di ogni cella è diventata una Porta della Misericordia se attraversata colpensiero e la preghiera al Padre. Bergoglio in diverse interviste ha dichiarato: “Midomando spesso, quando visito le carceri, come mai sia potuto capitare a loro,perché avrebbe potuto capitare anche a me”. Per il Giubileo dei carcerati, celebratodomenica 6 novembre, sono stati accolti a San Pietro 4 mila persone tra detenuti,ex-detenuti, familiari, operatori, cappellani e agenti della polizia penitenziaria,provenienti da 12 Paesi del mondo. Mille i detenuti che attualmente stannoscontando la pena, 35 provenienti dalla Spagna, il resto dalle carceri italiani.“Dove c’è una persona che ha sbagliato – ha detto papa Francesco – là si faancora più presente la misericordia del Padre”. Accanto alla croce in San Pietroera esposta la statua della Madonna della Mercede, protettrice dei prigionieri, colBambino Gesù che tiene tra le mani le manette aperte in segno di liberazione e difiducia. Sull’evento abbiamo ascoltato il parere di padre Vittorio Trani,francescano, da più di trent’anni cappellano di Regina Coeli. Padre Vittorio Trani

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“giustizia” fatta mettendo sotto il naso leg-gi e leggine, a volte vecchie di centinaia dianni, e erogando condanne facendo freddiequilibrismi tra “ le aggravanti” prevalentisu “le attenuanti” o viceversa. La giustiziacon la “G” maiuscola è quella che mette alcentro dell’attenzione la persona in tutti isuoi moment: nel fare le leggi, nell’appli-cazione di esse, nella fase della esecuzionedelle medesime.

Non della “misericordia” come atteggia-mento accomodante (buonista) che, inqualche modo, deresponsabilizza. Esiste ilbene comune che deve essere tutelato; leleggi ci vogliono, come ci vuole il loro ri-spetto. Ma tutti i passaggi dell’eserciziodelle giustizia possono essere plasmatidalla linfa nuova che viene dal messaggiodi Cristo. Il Vangelo lo vedo non come “laterza via”, ma “la via”, quella vera, chemette al centro la persona e la sua dignità. Le legi-slazioni sono arrivate a formulare sistemi dove, teo-ricamente, tutto è perfetto, ma poi c’è incoerenza,ci sono grossi limiti nell’applicazione pratica diquanto scritto sulle carte. Il Vangelo, con il suomessaggio, espresso dalla misericordia può illumi-nare gli angoli oscuri dove ancora si riscontrano i li-miti della giustizia. Può seminare, in chi si occupadi legge e non ha fede, la passione per la verità e ilrispetto della dignità della persona.

Il giudice Giancarlo Caselli definì il carcere“una discarica sociale”: chi ha i mezzi riescespesso a evitarlo anche se condannato. L’ar-ticolo 27 della Costituzione dice: “Le penenon possono consistere in trattamenti con-trari al senso di umanità e devono tenderealla rieducazione del condannato”. Molti in-vocano condanne esemplari, altri una ri-umanizzazione del carcere, perché solo ilreinserimento sociale evita la recidiva. Lei

cosa ne pensa? L’esperienza ci dice che il mondo della giustizia è

un mondo complesso nel suo insieme e l’espiazionedella pena, così come è articolata, è un sistema pie-no di profonde contraddizioni. Questo rilievo nonriguarda solo casa nostra; è una situazione genera-lizzata. Nell’esercizio della giustizia le società sismarriscono, sembrano balbettare. Da noi il piccodi qualità della concezione della pena e del suo usol’abbiamo nell’articolo 27 della Costituzione. Vadetto anche che l’Ordinamento penitenziario ha unottimo impianto sul piano teorico. Ma quando si en-tra in un carcere, quando si segue da vicino il modo“di fare giustizia” (arresti, processi, condanne…) cisi rende conto che lo spirito della Costituzione èlontano dall’essere il motivo ispiratore dei passi del-la giustizia.

Da sempre il settore giustizia è sull’onda del-l’emotività per il fatto che chi compie reati tocca davicino la sensibilità della gente. Si va facilmente traun estremo all’altro: appare in televisione un perso-

Sezze, 1850: Quattro carcerati scrivonoper chiedere l’intercessione di San Vincenzo Pallotti San Vincenzo Pallotti nel suo mi-

nistero pastorale fu vicino almondo del carcere, tanto da svolge-re di fatto anche le funzioni di cap-pellano dei condannati a morte. Lasua figura era nota non solo a Romae veniva invocata da chi incappavanelle maglie della legge, ammini-strata spesso in modo ingiusto e

violento.L’ultimo numero del trimestrale

della rivista “Apostolato Universale”pubblica la lettera inedita che nel1850 quattro carcerati scrissero aVincenzo Pallotti, chiedendo la suamediazione per la loro scarcerazio-ne. Tra le lettere che si conservano,infatti, ce ne sono diverse di detenuti

che chiedevano di intercedere pres-so le autorità competenti affinché laloro pena potesse essere cancellatao diminuita. In questa missiva quat-tro carcerati – che prima dell’arrestoavevano conosciuto il Santo quandoaveva predicato le missioni popolaria Sermoneta nell’aprile 1848 – si ri-volgono a lui il 3 marzo 1850 (lettera

La Madonna della Mercede, protettrice dei prigionieri: il Bambino Gesù regge lemanette aperte in segno di liberazione e di fiducia (foto Riccardo Rossi)

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naggio in manette e si urla allo scandalo per il trat-tamento inumano verso “quei poveretti”; commetteun reato un detenuto in permesso premio, e si alzal’indignazione generale che invoca severità a tuttotondo. È difficile pensare che l’opinione pubblicariesca ad uscire da questi strani meccanismi di rea-zione. Credo che ci voglia un profondo cambiamen-to culturale che permetta di superare pregiudizi eblocchi di ogni tipo su questo versante.

Se dovessi dire in sintesi “il mio sguardo” sul pia-neta giustizia, maturato con la lunga esperienza co-me cappellano a Regina Coeli, metterei in file que-sti spunti: primo, andrebbe fatto un progetto radi-cale della giustizia, soprattutto aggiornando ed es-senzializzando le leggi; secondo, andrebbe ripensatoil concetto di pena alla luce dell’art. 27 della Costi-tuzione; terzo, il carcere è il mezzo meno adatto peruna proposta di “ricupero” di una persona che si èreso responsabile di ad aiutare un cittadino che haviolato la legge. La privazione della libertà andreb-be riservata solo per le situazioni più gravi; quarto,nella situazione attuale l’utilizzo delle misure alter-native rappresenta “il percorso vincente” per ridur-

al Pallotti, n. 650) con grande fiduciaaffinché li aiuti ad uscire dal carcere.Non sapendo purtroppo che Vincen-zo Pallotti era morto il 22 gennaio1850.

Sono gli anni del Risorgimento. Imoti 1948 hanno da poco scosso laPenisola da nord a Sud: nel Regnodelle Due Sicilie è caduta, tempora-neamente, la monarchia borbonica;nel Regno di Sardegna e Piemontere Carlo Alberto ha concesso lo Sta-tuto Albertino; anche nello StatoPontificio Papa Pio IX ha varato am-

pie riforme liberali, che però abro-gherà proprio nel 1850. Vent’anni do-po i Savoia metteranno fine al Poteretemporale del Papa.

In questo contesto di tensioneforte tensione sociale e politica in-cappano Antonio Parenti, GiovanniBattista del Re, Giuseppe Paoletti eBenedetto Catone, i quattro prigio-nieri che lamentano di essere statiingiustamente accusati di avere in-neggiato alla Repubblica: “Trovando-ci ora in luogo di afflizioni ed ormaiinsoffribili pene – si legge nella lette-

ra – facendo uso del suo benfattocuore, versato sempre a soccorrere imiseri, genuflessi ai piedi di V.S.R.ma in nome di quel Dio, che adoraed adoriamo, lo preghiamo a volereinterporsi nell’estremo bisogno cuidisgraziatamente ci ritroviamo”.

I quattro raccontano di trovarsi dacinque mesi “assieme con altri cin-que individui, a marcire in una sepol-crale segreta di questo carcere diSezze fin dal 13 ottobre ultimo peravere (ecco il fatto) ricondotto in Ser-moneta un carrettino che Luigi Sac-

re la recidiva. In carcere gli stranieri sonomolti, e tra loro molti i mu-sulmani. L’Islam non ha unatteggiamento misericordio-so con i detenuti e non esi-stono imam che li assista-no. Che rapporto ha lei, sa-cerdote cattolico, con i dete-nuti islamici?Sì. I detenuti di fede islamica

sono tanti nelle nostre carceri, inparticolare negli istituti di primaaccoglienza delle grandi città, co-me è Regina Coeli per Roma, S.Vittore per Milano. Da noi su1000 ristretti, i detenuti di fedeislamica, non scendono mai sotto

le 200 unità. La nostra linea pastorale è quella distare vicino a loro come a tutti gli altri, dando il so-stegno morale e materiale di cui hanno bisogno.Sotto il profilo strettamente religioso, si opera congrande rispetto verso di loro adoperandosi perchèabbiano, nel corso della giornata, i loro spazi per imomenti di preghiera, possano disporre, nella stan-za, del testo del Corano. In occasione della morte diqualche persona cara, si fa il possibile per consenti-re di fare la “cena di comunione” in cui tutti i mu-sulmani della sezione si stringono interno alla per-sona in lutto, pregando insieme per il defunto econsumando cibi tradizionali.

Una parola a parte merita il ramadan, il momen-to più significativo di tutto l’anno. Dal momentoche da parte dei responsabili religiosi islamici vi ègrande latitanza, ci si adopera per facilitare, d’ac-cordo con la Direzione, la distribuzione dei pastinegli orari adatti per coloro che fanno il digiuno.Particolare rilievo si dà alla festa del “laid” a conclu-sione del periodo di digiuno. Si fa del tutto di porta-re in carcere un imam che presieda questo momen-to di festa. ■

Papa Francesco a San Pietro tra i detenuti, le loro famiglie, gli agenti e i volontari (fotoRiccardo Rossi)

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fruire dell’esecuzione penale esterna e dell’affida-mento in prova al servizio sociale e quelli invececondannati alla detenzione.

“Nel 1998 sono stati scarcerati 5.772 condanna-ti, di questi 3.951, quasi 7 su 10, corrispondenti al68,45%, hanno fatto rientro in carcere una o piùvolte e hanno avuto una sentenza di condanna de-finitiva”. Chi sconta tutta la condanna in carcereesce spesso senza conoscere altro “mestiere” chequello che l’ha portato a infrangere la legge. E lalunga compagnia con altri criminali non di radopeggiora la persona dopo il suo ingresso in galera.

Ben diversi il risultato tra gli affidati al serviziosociale: “La percentuale di recidivi che provengonoda una misura alternativa è notevolmente inferio-re: non si arriva a 2 casi su 10”, per la precisione il19,6%, tra i condannati di sesso maschile, dato chetra le donne scende al 12,6%. Da segnalare che –tra le diverse tipologie di affidamento in prova alservizio sociale – la recidiva è più alta tra i tossico-dipendenti affidati alle comunità terapeutiche:40%. Per correttezza Leonardi segnala che il tassodi recidiva più basso tra gli affidati all’esecuzioneesterna è probabilmente influenzato da una “sele-zione che viene fatta ammettendo alle misure alter-native solo quelle persone che danno, almeno ap-parentemente, garanzie di affidabilità”. Bassi co-munque i provvedimenti di revoca dall’affidamen-to in priva per infrazioni.

Alle stesse conclusioni porta un altro studiocommissionato nel 2014 dal Sole 24 Ore e reso no-to dall’ex direttore del carcere di Bollate, Lucia Ca-stellano, per oltre 10 anni alla guida di uno dei car-ceri migliori in Italia. E sono numeri quasi identicia quelli di Leonardi: la recidiva di un reato, affer-ma Castellano, si riduce al 17% “se si schiudono leporte del carcere” adottando misure alternative.Arriva invece al “67% se la detenzione viene scon-tata dietro le sbarre fino a fine pena”.

E allora non è questione di bontà, filantropia eamore per il prossimo. Perché sono i fatti a direche il carcere duro non può che peggiorare la de-vianza, con pesanti conseguenze per la società e isoldi dei contribuenti. Oltre che per i detenuti, per-sone che hanno sbagliato ma – come dice l’articolo27 della Costituzione – devono avere una possibili-tà di redimersi. Luca Liverani

Ma chi ha ragione? Chi dice che per raddriz-zare la schiena ai delinquenti ci vuole ilpugno di ferro e pene esemplari, scontate

fino all’ultimo giorno in cella? O chi sostiene chebisogna puntare sulle misure alternative e il reinse-rimento sociale? È meglio punire o provare a riedu-care? L’unico modo per uscire da un dibattito infi-nito tra “manettari” e “buonisti” è analizzare in mo-do asettico a quali risultati porta l’uno o l’altro ap-proccio. Qualcuno lo ha fatto: arrivando alla con-clusione che su 10 detenuti che scontano tutta lapena in carcere, 7 una volta usciti torneranno a de-linquere. Chi invece ha intrapreso un percorso di-verso, ci ricasca molto più difficilmente: solo 2 su10. L’alto tasso di recidiva prodotto dalla detenzio-ne rigida produce quindi nuovi crimini. Con costirilevanti non solo dal punto di vista sociale, ma an-che con un aggravio della spesa pubblica: forze del-l’ordine, processi, carcere...

Uno studio è quello redatto nel 2007 da FabrizioLeonardi, direttore dell’Osservatorio delle misurealternative presso la direzione generale dell’esecu-zione penale esterna, presso il Dipartimento ammi-nistrazione penitenziaria del Ministero della Giusti-zia. “La recidiva costituisce un parametro per mi-surare il successo dell’attività rieducativa – affer-ma lo studioso – perché la mancanza di recidiva in-dica un buon risultato dell’attività riabilitativa,mentre la ricaduta nel reato dovrebbe segnalarel’insufficienza di tale attività”. Il confronto è avve-nuto dunque tra i detenuti che hanno potuto usu-

Punire non serve, è il carcere umanoche abbatte la recidiva dopo la pena

IL 70% DI CHI SCONTA IN CELLA TORNA A DELINQUERE, IL 20% SE RIEDUCATO

co lasciato aveva a causa della stanchezza delcavallo un miglio distante dall’abitato, e con grida‘Viva l’adorato Sovrano’, venne rimesso nella rimessadella Sig. Riccelli”.

Qualcuno attribuirà a loro invece il grido “Viva la Re-pubblica”, una dichiarazione di adesione al movimentorivoluzionario, che sarebbe stato pronunciato, in rispo-sta alla loro invocazione, dal nipote della proprietariadella stalla “perché era sopraffatto dal vino”. La fraseviene denunciata in un “maligno rapporto datoci da unComandante” che provoca una “l’infame trama”. Tantobasta per farli rinchiudere nell’orrore di una prigione ot-tocentesca. Il testo completo è pubblicato nel numero 42del trimestrale “Apostolato cattolico”.

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Cari Confratelli, siamo riuniti nella nostraChiesa del SS. Salvatore in Onda, il centrospirituale di tutta l’Unione, per esprimere la

nostra gratitudine a Dio per ogni benedizione rice-vuta durante la XXI Assemblea Generale. Di fronteal nostro Santo Fondatore, San Vincenzo Pallotti,con grande umiltà e fiducia presenteremo a Dio inostri successi, fallimenti e aspirazioni.

D. Josè Elias Fadul, in una delle sue vignette di-segnata proprio all’inizio dell’Assemblea Generale,simpaticamente fa vedere come ci siano stati “alti ebassi” durante l’Assemblea. Ad esempio, la beatifi-cazione della Beata Elisabetta Sanna, è stato unmomento di grazia speciale per l’intera FamigliaPallottina. L’udienza con Papa Francesco e il suomessaggio che riassume splendidamente il senso eil valore del carisma Pallottino per la Chiesa di og-gi, è stata un’esperienza indimenticabile e un mo-mento storico per la Società. Ci sono state molte al-tre benedizioni come, ad esempio, lo spirito frater-no che abbiamo sperimentato e le molte decisioniprese per la diffusione del carisma e per lo svilup-po della Società. Vorrei anche ricordare il Messag-gio finale dell’Assemblea che considero un’espres-sione autentica delle aspirazioni dei membri per ilfuturo della Società.

Come tutti sappiamo, ci sono stati anche varimomenti di incertezza e di confusione. Alcuni po-trebbero avere anche pensato che l’intera Assem-blea sia stato un esercizio inutile, con conseguenteperdita di tempo, energia e denaro. Mi chiedo an-che se qualcuno non sia venuto già con la convin-zione che niente sarebbe cambiato e che alla fineci saremo ritrovati nello stesso punto! Sono tuttepreoccupazioni legittime. Tuttavia, alla fin fine,la più grande potenza, che va oltre la nostra piani-ficazione e le capacità umane, lo Spirito Creativoin cui crediamo, lo Spirito Santo, non ci ha deluso.Ricordiamo anche, come Papa Francesco scrivenell’Evangelii Gaudium, che il pessimismo cronicoe la negatività non sono caratteristiche adatte aicristiani perché sono chiamati ad essere personedi speranza. Allo stesso tempo, la vera e propriasperanza cristiana è sempre radicata nella real-

tà della vita.Pur accettando con umiltà alcune lacune nella

preparazione dei procedimenti dell’Assemblea, varicordato che ogni membro dell’Assemblea e, in ef-fetti, ogni membro della Società, ha la responsabili-tà di trasformare questo supremo organo decisiona-le della nostra Società in un evento spirituale e co-munitario di successo e proficuo: nessuno può es-sere un mero spettatore o ergersi a giudice. Taleconsapevolezza è molto importante per gli eventifuturi.

Oltre alle mozioni concrete che abbiamo appro-vato, che cosa porteremo con noi da quest’Assem-blea? In realtà, la nostra vita consacrata e gli impe-gni apostolici vanno oltre quei pochi progetti con-creti approvati. Quali sono allora quei principi evalori spirituali, carismatici, comunitari e apostoli-ci fondamentali tracciati dalla presente Assembleaper gli anni a venire?

Il messaggio più importante è che abbiamo biso-gno di portare dentro di noi il tema principale dellanostra Assemblea Generale. La regola fondamenta-le della nostra congregazione, di ognuno di noi edelle nostre comunità, deve essere la vita di GesùCristo. Si tratta di un invito ad una vita maggior-mente centrata sul Vangelo. Se siamo in sintoniacon il movimento dello Spirito nella Chiesa di oggi,ci rendiamo conto che questo è anche il punto cen-trale del pontificato di Papa Francesco e degli ulti-mi due papi.

Ora, questo messaggio potrebbe apparire tropposemplice e comune; non c’è nulla di nuovo in esso!Abbiamo bisogno di un’Assemblea Generale per af-fermare un così basilare insegnamento cristiano?Le pie parole di un santo vissuto due secoli fa han-no una qualche rilevanza per la nostra civiltà post-moderna? Questi sono alcuni dei ragionamenti cheho sentito da alcuni confratelli. Sarà una perdita ditempo valutare la nostra vita e il nostro apostolato,alla luce di questa regola d’oro della vita cristiana epallottina? Abbiamo davvero stabilito bene le no-stre priorità?

È vero! Non cambieremo niente e nessuno fa-cendo solo un’affermazione. Sono necessari la gra-

Nampudakam: «Fare tutto il possibile per mettere Dio al primo posto»

XXI ASSEMBLEA SAC (19 SETTEMBRE/15 OTTOBRE): L’OMELIA DEL RETTORE GENERALE

di Jacob Nampudakam*

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zia di Dio e l’impegno concreto di tutti per avviareun processo di rinnovamento spirituale individualee comunitario nella nostra Società.

Come farlo? Nessuno lo farà al posto nostro senon raccogliamo la sfida della conversione perso-nale. Ciò significa mettere Dio al primo posto; si-gnifica ripartire da Cristo, modello divino di perfe-zione. Prima di tentare di ravvivare la fede e la ca-rità negli altri, abbiamo bisogno di ravvivarla innoi. Solo chi è evangelizzato può essere evangeliz-zatore.

Quando si tratta di vivere la vita cristiana, nonci sono né scorciatoie né formule magiche possibi-li, tranne che vivere e appropriarsi del mistero pa-

squale. Questo significa, prima di tutto, seguire ilDivin Maestro nella sua kenosis e nel sacrificio disé, per trovare la pienezza della vita per noi stessi eper gli altri. Ecco allora il rimedio definitivo perl’individualismo egocentrico che distrugge le perso-ne e le comunità. Nulla può sostituire una vita cen-trata sulla carità e sul dono di sé. Si possono legge-re un’infinità di libri sulla preghiera, ma fino a chenon si prega, non si prega davvero. La parola diDio, l’adorazione eucaristica, il servizio alle perso-ne più bisognose, ecc., sono modi per incontrareGesù. È in questo senso che va vista la chiamataad essere missionari. Una vita egocentrica, chiusanel comfort della nostra camera, è il modo più si-

I partecipanti alla XXI Assemblea generale della Sac ricevuti nella Sala Clementina da Papa Francesco il 10 ottobre

Il Papa ai Pallottini: «Siate gioia e speranza per i cuori induriti e desolati di tanti uomini»

San Vincenzo Pallotti è diventatoun faro illuminante e ispiratore

nella Chiesa. Il suo carisma è un do-no prezioso dello Spirito Santo, per-ché ha suscitato e suscita varie for-me di vita apostolica e sprona i fedeliad impegnarsi attivamente nella testi-monianza evangelica.Il vostro Fonda-tore comprese che per poter vivere lacomunione con Dio occorre mettere

al centro Gesù Cristo, «il divino Mo-dello di tutto il genere umano» (Ope-re complete II, p. 541). In questo An-no Santo della Misericordia, mi piacericordare che Vincenzo Pallotti ebbe ildono di r iconoscere che Gesù èl’Apostolo del Padre, grande nel-l’amore e ricco di misericordia, è Co-lui che compie la sua missione rive-lando a tutti il tenero amore e l’infinita

misericordia del Padre. Questo miste-ro della paternità di Dio, che apre adogni uomo, mediante l’opera del Fi-glio, il suo cuore pieno di amore e dicompassione, acquista un particolaresignificato nei nostri tempi. Davanti ainostri occhi scorrono ogni giorno sce-ne di violenza, volti senza pietà, cuoriinduriti e desolati. Abbiamo tanto bi-sogno di ricordarci di quel Padre, il

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curo per la distruzione di noi stessi e delle nostrecomunità. Parlare di donazione di sé può risultarefastidioso e scomodo per questo motivo. Le nostrepreoccupazioni esagerate per le cose personali eper il denaro, anche se umane, vere e concrete, so-no in grado di distruggere in noi qualsiasi traccia difiducia nella Divina Provvidenza. La logica delVangelo, che ci invita ad andare fino agli estremiconfini della terra per predicare la Buona Novella,per chi ha riposto la propria sicurezza solo nel con-to in banca potrebbe sembrare solo un pio deside-rio. D’altro canto, confidare nella divina provvi-denza non ci impedisce di fare la nostra parte pertrovare in modo responsabile le risorse per le no-stre opere apostoliche.

Pertanto, invito il Consiglio Generale, i ConsigliProvinciali/Regionali/Locali, così come ogni mem-bro della Società ad impegnarsi sinceramente e me-todicamente affinché il progetto spirituale del no-stro Fondatore per l’imitazione di Gesù, la “memo-ria pratica quotidiana” (cfr. OOCC III, 35-39), di-venti una realtà sempre più presente nella nostravita.

Un secondo punto che è bene richiamare è checon la consacrazione, abbiamo dichiarato la nostravolontà di seguire Gesù Cristo nella Sac, nello spi-rito dell’Unione. La nostra consacrazione ci impo-ne di vivere e di diffondere la spiritualità e il cari-sma del nostro Fondatore, sempre in un contesto diservizio alla Chiesa. Ciò significa conoscere e speri-mentare profondamente lo spirito e il carisma delnostro Fondatore. Ecco la grande sfida per l’interaSocietà. Nel seguire Gesù, Pallotti è la nostra ispi-razione e la nostra guida spirituale; nelle opereapostoliche, cerchiamo di realizzare la sua visionecarismatica per il bene della Chiesa. Nella forma-zione, nelle opere apostoliche e missionarie, in tut-te le iniziative di collaborazione, nei tentativi di co-struire comunità internazionali e interculturali,dobbiamo essere radicati nel nostro carisma. I no-

stri soldi e i nostri beni sono al servizio dei nostriobiettivi apostolici. Se vogliamo costruire comunitàsenza frontiere, abbiamo bisogno della pienezza deidoni dello Spirito Santo. I residui dei pregiudizi edei limiti umani che ci accumunano, non scompa-riranno senza l’effusione dello spirito di carità e dicomunione, fonte di vita divina in noi. Essere Pal-lottino significa vivere lo spirito dell’infinito e lospirito universale del nostro Fondatore. È uno spi-rito che predispone la mente e il cuore a vedere levarie realtà del mondo con rispetto e umiltà.

Cari confratelli, a conclusione della XXI Assem-blea lancio un appello affinché tutti facciate tutto ilpossibile per rendere Gesù, il Vangelo, il fonda-mento della vita e dell’apostolato di ciascuno, se-guendo le orme del nostro santo Fondatore, profetadi comunione, mistico e apostolo.

La nostra discussione sul ruolo della Società al-l’interno dell’Unione è stata inconcludente. Forsenon siamo ancora pronti per assumere impegni for-ti in favore del nostro Fondatore e del suo carisma.Ciò dimostra chiaramente che abbiamo bisogno dipregare e di riflettere molto di più su di lui e la suaspiritualità. Questo è l’impegno personale che fac-cio come Pallottino, Rettore Generale e Assistenteecclesiastico dell’Unione per i prossimi sei anni: fa-re tutto il possibile per mettere Dio al primo postoe per realizzare la massima spirituale del nostroFondatore e rendere Gesù Cristo la regola fonda-mentale e motivo della nostra vita e delle nostreopere apostoliche. Possiamo conseguirlo solo con lagrazia di Dio, con la partecipazione di tutti i mem-bri della Società e collaborando bene con il restodella Famiglia Pallottina. Le nostre case di forma-zione, le comunità, gli Istituti Pallotti, i seminarimaggiori, le parrocchie e centri apostolici, ecc., do-vranno essere animati e coordinati per ottenere ri-sultati concreti. L’Uac è l’espressione autentica delnostro carisma e questa realtà ecclesiale deve di-ventare parte della nostra identità e missione. Al

cui cuore pensa a tutti e vuole la sal-vezza di ogni uomo. La misericordia è«la forza che tutto vince, che riempieil cuore di amore e che consola con ilperdono» (Bolla Misericordiae Vultus,9).

Le riflessioni della vostra Assem-blea Generale sono incentrate sulleseguenti parole del vostro santo Fon-datore: «La regola fondamentale del-la nostra minima Congregazione è lavita del nostro Signore Gesù Cristoper imitarlo con umiltà e fiducia contutta la possibile perfezione in tutte leopere della vita nascosta e di pubbli-

co ministero evangelico» (Operecomplete III, p. 40). Alla luce di que-ste preziose indicazioni, ogni mem-bro della Famiglia Pallottina è chia-mato a porre come fondamento dellapropria esistenza la persona di Cristoe la fedele sequela di Lui.Contem-plando la vita di Gesù e guardando lanostra vita di pellegrini in questomondo con tante sfide, avvertiamo lanecessità di una profonda conversio-ne e l’urgenza di ravvivare la fede inLui. Solo così potremo servire il no-stro prossimo nella carità! Ogni gior-no siamo chiamati a rinnovare la fidu-

cia in Cristo e dalla sua vita trarreispirazione per compiere la nostramissione, perché «Gesù è il primo e ilpiù grande evangelizzatore. In qua-lunque forma di evangelizzazione ilprimato è sempre di Dio, che ha volu-to chiamarci a collaborare con Lui estimolarci con la forza del suo Spiri-to» (Esort. ap. Evangelii gaudium,12).

Cari fratelli, vi incoraggio a prose-guire con gioia e speranza il vostrocammino, impegnandovi con tutto ilcuore e con tutte le forze, perché ilcarisma del vostro Fondatore porti

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termine di questa Messa ognuno di voi riceveràuna medaglia del nostro Fondatore. Il rosario rice-vuto dal Papa è un promemoria per ricordarci chedobbiamo meditare costantemente i misteri dellavita di Gesù; la medaglia di Pallotti potrebbe esserevista come un segno del nostro impegno a vivere ea lavorare secondo la sua spiritualità e carisma.

Colgo l’occasione per ringraziare ancora unavolta i membri uscenti del Regime Generale: D.François Harelimana, D. Gilberto Orsolin, D. Vita-liy Gorbatykh e D. Markus Reck. Che Dio vi bene-dica per il vostro generoso servizio alla Società. Alcontempo, dò un caloroso benvenuto ai membrineo eletti del Regime Generale specialmente a

quelli nuovi: D. Józef Lasak, D. Geraldo Denilson,D. Jean Bertrand Etoundi e D. Ernesto Varela.

Possa la vostra vita essere piena di gioia e di ze-lo per il Signore e per il nostro Fondatore. MariaRegina degli Apostoli, San Vincenzo, i nostri BeatiMartiri e la Beata Sanna intercedano presso Dio af-finché otteniamo una tale grazia. Ringrazio ancorauna volta ciascuno di voi per la presenza e la colla-borazione fraterna. Grazie per i vostri contributi inparticolare durante l’intera Assemblea Generale.Le abbondanti benedizioni di Dio vi accompagninonella vostra vita e missione nei vostri rispettivipaesi. Dio continui a benedire la nostra Società. ■

*Rettore Generale

Papa Francesco salutaDon Jacob

Nampudakam,confermato RettoreGenerale dalla XXI

Assemblea

frutti abbondanti anche nel nostrotempo. Egli amava ripetere che lachiamata all’apostolato non è riserva-ta ad alcuni, ma è rivolta a tutti, «qua-lunque sia il loro stato, la loro condi-zione, la loro professione, la loro for-tuna, tutti possono farvi parte» (Ope-re complete IV, p. 346). L’Unione del-l’Apostolato Cattolico, portatrice delcarisma di san Vincenzo, offre tantispazi e apre nuovi orizzonti per parte-cipare alla missione della Chiesa. Perquesto essa è chiamata a operarecon rinnovato slancio per risvegliarela fede e riaccendere la carità, spe-

cialmente tra le fasce più deboli dellapopolazione, povere spiritualmente ematerialmente. In questo, siete soste-nuti dall’esempio di tanti vostri confra-telli, autentici testimoni del Vangelo,che hanno dedicato la loro vita al ser-vizio degli altri. Ne ho conosciuti an-ch’io durante il mio servizio pastoralein Argentina e ne conservo grata me-moria.

Possiate aiutare quanti incontratenel vostro ministero a riscoprire l’im-menso amore di Dio nella nostra vita.Sulle orme del Pallotti, che si consi-derava un prodigio della misericordia

di Dio. Egli scrisse: «O Gesùmio, in te risplende l’eccesso in-comprensibile del tuo infinitoamore e della tua infinita misericor-dia» (Opere complete XIII, p. 169).Affido tutti voi alla protezione di Ma-ria, che san Vincenzo venerava inmodo particolare quale Regina degliApostoli. Lei, esempio efficace dellozelo apostolico e della perfetta carità,ci invita alla preghiera incessante perinvocare i doni dello Spirito Santo su-gli apostoli di oggi, affinché il Vangelodel suo Figlio possa essere proclama-to in ogni parte del mondo.

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L’intento della Chiesa èguidare i candidati aglialtari fino alla cano-

nizzazione. La beatificazioneè la prima tappa del ricono-scimento ufficiale di una per-sona come santa e del chia-marla beata. Per canonizzareun beato, è necessario unnuovo miracolo ottenuto persua intercessione dopo labeatificazione. Normalmente,le persone che desideranoonorare un beato come santo,divulgano la sua conoscenzafra i fedeli e, per sua inter-cessione, pregano il Signoreperché si manifesti un nuovosegno miracoloso. Questo se-gno straordinario deve veniredopo la beatificazione.

Fino al XV secolo, una vol-ta accertata l’eroicità delle virtù del Servo di Dio el’esistenza di un miracolo attribuito alla sua inter-cessione, il Romano Pontefice lo proclamava santo.Da quel secolo in poi cominciarono i processi dibeatificazione, in previsione della futura canonizza-zione. Il Papa Sisto IV (1471-1484) usò per la primavolta il titolo di “beato” con significato specifico edistinto da quello di “santo”. A partire da Papa Pao-lo V (1605-1621) la beatificazione diventò una pras-si abituale e fino ad ora permette il culto pubblicolimitato alle diocesi, nazioni ed istituti religiosi le-gati al beato. La canonizzazione, invece, estendequesto culto alla Chiesa universale.

Il Cardinale Angelo Amato ha incoraggiato duevolte i fedeli alla preghiera per la canonizzazione diElisabetta Sanna. Una volta, il 7 giugno 2014,quando abbiamo ringraziato il Signore per aver ri-cevuto il Decreto sulla eroicità delle virtù, il Cardi-nale ha detto chiaramente: “Pregate, pregate per labeatificazione, ma non solo per questa, pregate perla Canonizzazione della vostra Venerabile”. E poi,durante l’omelia della Messa di Beatificazione, lo

stesso Cardinale ha aggiunto:“La Beata Elisabetta Sannamerita di essere canonizzata evenerata come santa”.

Il desiderio della canonizza-zione viene sostenuto dal fattoche la Beata Elisabetta è giàconosciuta in numerosi paesidel mondo. Alla sua beatifica-zione, infatti, hanno partecipa-to rappresentanti di oltre ventipaesi del mondo. La stessagiovane donna, che ha ricevu-to la guarigione miracolosaper intercessione della Venera-bile Elisabetta Sanna, provie-ne proprio da un paese lonta-no: il Brasile.

Dopo la beatificazione del17 settembre 2016, la venera-zione della beata Elisabettachiaramente cresce. I sardi

che con un grande entusiasmo e gioia venivano apartecipare al rito della beatificazione, tornavano acasa con la convinzione molto rafforzata riguardoalla santità della loro compaesana. Io sono rimastoalcuni giorni a Codrongianos e, parlando con lagente, ho visto un grande aumento d’interesse allaBeata e alla sua venerazione. Ho visitato alcunepersone malate che non potevano partecipare allabeatificazione e abbiamo parlato quasi solo dellaBeata. Loro usavano, di tanto in tanto, l’espressio-ne “la nostra santa”. Anche altri sardi si sono ravvi-vati nella venerazione della Sanna. Alcune parroc-chie hanno già organizzato dei pellegrinaggi a Ro-ma per pregare presso le Reliquie della Beata, alcu-ne altre l’hanno programmato; tre parroci hannointrodotto nelle loro chiese le reliquie di primaclasse (cioè prese direttamente dal corpo di Elisa-betta).

Gli 85 Padri Pallottini pervenuti da 23 paesi delmondo e riuniti all’Assemblea Generale (CapitoloGenerale) con vivo impegno hanno partecipato il10 ottobre 2016 alla Liturgia del ringraziamento

«La Beata Elisabetta Sanna merita di essere venerata come Santa»

CRESCE LA DEVOZIONE DOPO LA BEATIFICAZIONE DEL 17 SETTEMBRE. L’APPELLO DEL CARD. AMATO

di Jan Korycki*

Immagine della BeataSanna e reliquiario

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per la beatificazione di Elisabetta Sanna. Diversi diloro hanno chiesto nuovi libretti sulla Beata e leimmaginette con le reliquie ex indumentis (dalle ve-sti) per darle ai malati; alcuni, su loro richiesta,hanno ricevuto le reliquie di prima classe e le han-no già introdotte nelle loro chiese o cappelle per lapubblica venerazione. Secondo quanto ho appreso,tale introduzione è stata fatta almeno nei seguentipaesi: Brasile, Polonia, Repubblica Cecca, Slovac-chia, Stati Uniti, Ucraina.

Davvero impressionante è stato il ringraziamen-to per la beatificazione, svoltosi a Roma, il 29 otto-bre 2016, nella chiesa Regina degli Apostoli dei Pa-dri Pallottini, in via Giuseppe Ferrari,1. La chiesaera gremita; hanno partecipato i tre gruppi dei Ve-neratori della Beata: i membri dell’Unione del-l’Apostolato Cattolico di Roma, i sardi di Roma eun piccolo gruppo di sardi della Sardegna. Nella Li-turgia dell’Eucarestia, presieduta dall’Arcivescovodi Varsavia-Praga monsignor Henryk Hoser e ac-compagnata dal coro sardo “Su Concordu” di Co-drongianus, sono stati ripresi alcuni elementi delRito di beatificazione.

Nell’omelia, monsignor Hoser ha presentato laverità teologica sulla comunione dei santi, sottoli-neando che essa inizia nella vita terrena e indican-do un reciproco arricchimento spirituale fra alcunesante donne e santi uomini. Come esempi ha elen-cato i seguenti santi: san Francesco d’Assisi e santaChiara, san Francesco di Sales e santa Giovanna deChantal, santa Margherita Alacoque e san Claudede Colombiere, santa Faustina Kowalska e beatoMichele Sopoçko. Passando a san Vincenzo Pallottie alla beata Elisabetta Sanna, ha detto: ”Il rapportodi san Vincenzo e di beata Elisabetta Sanna era ec-cezionale in tutte le sue dimensioni. Si sono incon-

trate due anime mistiche abbondantemente dotatedi doni dello Spirito Santo. (…) La direzione spiri-tuale di san Vincenzo non era unilaterale di frontead Elisabetta. Lui stesso le domandava e chiedeva isuoi consigli”. Dicendo questo ha ricordato che al-cuni dei santi già menzionati, facevano similmente:ad esempio Claude de Colombière veniva istruitodalla sua penitente Margherita circa l’essenza delculto del Sacro Cuore, e il beato Michele Sopoçko,in qualche modo, era guidato da Santa Faustinanella teologia della Divina Misericordia.

Un segno della fama di santità è stato anche ilrinnovamento dell’atto di impegno apostolico dellepersone appartenenti all’Unione dell’ApostolatoCattolico, della quale membro fu Elisabetta Sanna.Poi abbiamo potuto ascoltare anche un inno allaBeata, scritto ed eseguito dalle musiciste terziariefrancescane, Daniela e Raffaella Sabatini, rispetti-vamente pianista e violinista. Le due sorelle, moltodevote a Elisabetta, hanno ricevuto grandi ovazionida tutta l’assemblea. Durante il canto di conclusio-ne liturgica, c’è stata la venerazione della Reliquiadella Beata con il bacio.

Quanto riportato ci dà un’idea del fervore checontinua a manifestarsi intorno alla figura di Elisa-betta per la quale la gente desidera la canonizzazio-ne. In tal senso alcune persone individualmente ein gruppo, si stanno già attivando nella diffusionedella conoscenza della Beata: promuovono incontridi preghiera, distribuiscono libretti e immaginetteo parlano alla gente di Elisabetta. Sarebbe auspica-bile che iniziative del genere fossero organizzate inmodo sistematico e su più larga scala. In questomodo si può sperare che un giorno Elisabetta siaproclamata Santa. ■

*Postulatore della causa di beatificazione

Il coro sardo“Su Concordu”di Codrongianus

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«Se non li volete, dateli a me»: per santa Te-resa di Calcutta questo era una specie dislogan, che lei adoperava per indurre le

mamme a dare a lei i figli che volevano abortire.Era per questo che quella piccola suora si dichiara-va madre di migliaia di figli, per tutti i bambini cheerano stati salvati dall’aborto là dov’era Lei o doveoperavano le sue consorelle. A questo fine Teresanon aveva mai usato il concetto di “diritto alla vi-ta”: poneva i bambini, per così dire, su una cullaassai più accogliente: sul Vangelo, tra i piccoli e ipoveri che Gesù amava. Ricordate? «Qualunque co-sa avete fatto al più piccolo dei miei fratelli lo ave-te fatto a me». Abortire un figlio era per lei comeabortire Gesù. La vita – diceva – è, con la salvezzaeterna, il dono più grande di Dio agli uomini. Perquesto il Consiglio Permanente della ConferenzaEpiscopale Italiana ha scelto di indirizzare alle«donne e agli uomini per la vita» questo messaggio

proponendo che il suo contenuto, lo scopo, l’invitoe le iniziative della prossima 39a giornata per la Vi-ta (il 5 febbraio, prima domenica del mese) sia co-me collocato «nel solco di Santa Teresa di Calcutta»e con il «coraggio di sognare con Dio». Che vuol di-re anche «sognare in grande».

«È nota – scrivono i Vescovi nel loro tradizionaleMessaggio – la devozione di Teresa a san Giuseppe,che lei considerava “uomo del sogno” (Cfr. Mt1,20.24)», che ricorda alle famiglie che anche il so-gno di Dio ”continua a realizzarsi in quelli di moltecoppie che hanno il coraggio di fare della loro vitauna famiglia; il coraggio di sognare con Lui... Unmondo dove nessuno si senta solo, nessuno si sentasuperfluo o senza un posto”».

Il Messaggio è datato «Roma, 22 ottobre 2016,Memoria di San Giovanni Paolo II» il grande Papache – si può dire – dedicò e offrì la sua vita alla Vi-ta degli uomini qui in Terra e domani in Cielo.

La vita, i bambini, i nonnie Santa Teresa di Calcutta

MESSAGGIO DEI VESCOVI PER LA GIORNATA DELLA VITA DI DOMENICA 5 FEBBRAIO

di Pier Giorgio Liverani

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IL FUTUROE LA MEMORIA

I Vescovi ricordanoancora che «per PapaFrancesco il sogno diDio si realizza nellastoria con la cura deibambini e dei nonni.I bambini “sono il fu-turo, sono la forza,quelli che portanoavanti. Sono quelli incui riponiamo la spe-ranza”; i nonni “sonola memoria della fa-miglia. Sono quelliche ci hanno tra-smesso la fede. Averecura dei nonni e ave-re cura dei bambini èla prova di amore piùpromettente della famiglia, perché promette il fu-turo. Un popolo che non sa prendersi cura deibambini e dei nonni è un popolo senza futuro, per-ché non ha la forza e non ha la memoria per anda-re avanti”».

II Messaggio episcopale ricorda poi che «educa-re alla vita significa entrare in una rivoluzione civi-le che guarisce dalla cultura dello scarto, dalla logi-ca della denatalità, dal crollo demografico, favoren-do la difesa di ogni persona umana dallo sbocciaredella vita fino al suo termine naturale. E ciò che ri-pete, ancora oggi, Santa Teresa di Calcutta con ilfamoso discorso pronunciato in occasione del pre-mio Nobel 1979: “Facciamo che ogni singolo bam-bino sia desiderato”». Questo è ciò che Madre Tere-sa canta con il suo inno alla vita: “La vita è bellez-za, ammirala. La vita è un’opportunità, coglila. Lavita è beatitudine, assaporala. La vita è un sogno,fanne una realtà... La vita è la vita, difendila”».

CON MADRE TERESA

«La Santa degli ultimi di Calcutta ci insegna adaccogliere il grido di Gesù in croce: “Nel suo ‘Hosete’ (Gv 19,28) possiamo sentire la voce dei soffe-renti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui èpreclusa la luce di questo mondo, l’accorata suppli-ca dei poveri e dei più bisognosi di pace”. Gesù èl’Agnello immolato e vittorioso: da Lui sgorga un“fiume di vita” (Ap 22,1.2), cui attingono le storiedi donne e uomini per la vita nel matrimonio, nelsacerdozio o nella vita consacrata religiosa e seco-lare. Com’è bello sognare con le nuove generazioniuna Chiesa e un Paese capaci di apprezzare e soste-nere storie di amore esemplari e umanissime, aper-

te a ogni vita, accoltecome dono sacro diDio anche quando alsuo tramonto va in-contro ad atroci soffe-renze; solchi fecondi eaccoglienti verso tutti,residenti e immigra-ti... ciascuno è perl’altro una permanen-te provocazione delloSpirito. I due sono traloro riflessi dell’amo-re divino che confortacon la parola, losguardo, l’aiuto, la ca-rezza, l’abbraccio».Così i Vescovi ai qualii volontari dei Centridi Aiuto alla Vita edelle Case di acco-glienza del Movimen-

to per la Vita hanno risposto ringraziando per que-sto indirizzo al solco di santa Teresa di Calcutta”.Madre Teresa, infatti, fu proclamata Presidenteonorario del MpV e di tutti i Movimenti del mon-do, perché fu colei che, di fronte ai potenti dellaterra, non esitò a denunciare l’aborto come il piùgrande meccanismo di assuefazione delle coscienzealla violenza e, proprio per questo motivo, come ilpiù grande ostacolo alla concordia interna dei po-poli e alla pace tra le Nazioni.

LE MAMME BAMBINE

Perciò il MpV opererà affinché l’impegno deicattolici italiani sul diritto alla vita si rafforzi e pos-sa essere vinto il tentativo di anestetizzare anche lecoscienze dei cristiani di fronte alla cultura delloscarto. Questo impegno è rafforzato anche dallapreoccupazione per la progressiva crescita delle“mamme bambine”. Sono ragazzine che a 14, 15, 18anni si trovano incinte e improvvisamente sole echiedono di confrontarsi con altre mamme coeta-nee: «Mi vergogno, dovrò stare a casa da scuola, lodevo dire ai miei?».

I volontari non consigliano né forzano, ma ascol-tano: «Se vorrai, noi ci saremo». Il fenomeno in ra-pida crescita fa intuire l’inadeguatezza delle fami-glie e della società nell’ educazione dei figli. «Trale 9.352 gestanti che abbiamo accolto in Italianel 2015 – dice la responsabile del Cav di Udine –522 erano adolescenti e di queste 30 sotto i 16 an-ni, 117 sotto i 17 e 375 tra i 18 e i 19. Le mammegiovanissime che arrivano a un Cav trovano un’al-ternativa all’ aborto. Ma quelle che non l’incontra-no? ■

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Ecco le omelie mattutine “a braccio” di PapaFrancesco nella Cappella di Santa Marta. Viproponiamo la sintesi di alcune di queste suequotidiane riflessioni, catechesi semplici eprofonde. Per maggiori approfondimenticonsultare il sito:http://it.radiovaticana.va/news/papa-francesco/messa-santa-marta

LE DOTTRINE INCANTANO,MA È LO SPIRITO CHE SPINGE!

Nelle letture del giorno si parla dello SpiritoSanto: è “il protagonista di questo andare avan-

ti della Chiesa”. Senza di Lui, c’è “chiusura, paura”.Il Papa indica tre atteggiamenti. Il primo è quelloche San Paolo rimprovera ai Galati: il credere di es-sere giustificati dalla Legge e non da Gesù “che dàsenso alla Legge”. Il Signore li chiamava “ipocriti”“È vero noi dobbiamo seguire i Comandamenti; manon ridurre lo Spirito e il Figlio alla Legge. Questoera il problema di questa gente: ignoravano lo Spi-rito Santo e non sapevano andare avanti. Chiusi,chiusi nelle prescrizioni: si deve fare questo, si de-ve fare quell’altro. Il secondo atteggiamento è rat-tristare lo Spirito Santo: accade “quando non lascia-mo che Lui ci ispiri, ci porti avanti nella vita cri-stiana”. Così – spiega il Papa – “diventiamo tiepidi”,cadiamo nella “mediocrità cristiana” perché lo Spi-rito Santo “non può fare la grande opera in noi”.Il terzo atteggiamento, invece, “è aprirsi allo SpiritoSanto e lasciare che lo Spirito ci porti avanti. Èquello che hanno fatto gli Apostoli: il coraggio delgiorno di Pentecoste. Hanno perso la paura e si so-no aperti allo Spirito Santo”. “Quando un uomo,una donna, si apre allo Spirito Santo è come unabarca a vela che si lascia trascinare dal vento e vaavanti, avanti, avanti e non si ferma più”. Ma oc-corre “pregare per aprirsi allo Spirito Santo”. (6 ot-tobre 2016)

DIRSI SEMPRE LA VERITÀPER NON CADERE NELL’IPOCRISIA!

Nel Vangelo Gesù invita a guardarsi dal “lievitodei farisei”, cioè l’ipocrisia. Papa Francesco os-

serva che “c’è un lievito buono e il lievito cattivo. Illievito che fa crescere il Regno di Dio e il lievitoche fa soltanto l’apparenza nel Regno di Dio. “Io ri-

cordo che per Carnevale, quando eravamo bambi-ni, la nonna ci faceva dei biscotti, ed era una pastamolto sottile. Poi la buttava nell’olio e quella pastasi gonfiava, e quando noi incominciavamo a man-giarla, era vuota. E la nonna ci diceva – nel dialettole chiamavano bugie – ‘queste sono come le bugie:sembrano grandi, ma non hanno niente dentro’. EGesù ci dice: ‘State attenti dal cattivo lievito, quel-lo dei farisei’. E qual è? È l’ipocrisia, quando si in-voca il Signore con le labbra ma il cuore è lontanoda Lui. Si dice una cosa e si fa un’altra. È una sortadi schizofrenia spirituale. Poi, l’ipocrita è un simu-latore: sembra buono, cortese ma dietro di sé ha ilpugnale, eh? Pensiamo a Erode: con quanta corte-sia – spaventato di dentro – aveva ricevuto i Magi!E poi, al momento del congedo, dice: ‘Poi tornate,e ditemi dove è questo bambino perché anche iovada ad adorarlo!’. Per ucciderlo!” E Gesù, “parlan-do di questi dottori della legge, dice: ‘Questi dico-no e non fanno’: è un’altra forma di ipocrisia. È unnominalismo esistenziale: quelli che credono che,dicendo le cose, sta tutto fatto. No. Le cose vannofatte, non solo dette”. Poi, “l’ipocrita è incapace diaccusare se stesso: mai trova in se stesso una mac-chia; accusa gli altri. Pensiamo alla pagliuzza e allatrave”. (14 ottobre 2016)

NON BASTA IL CATECHISMO,SERVE PREGARE!

“Guadagnare Cristo”. Papa Francesco ha svilup-pato la sua omelia partendo dal passo della

Lettera di San Paolo agli Efesini. L’Apostolo delleGentichiede che lo Spirito Santo dia agli Efesini lagrazia di “essere forti, rafforzati”, di far sì che Cri-sto abiti nei loro cuori. “Lì è il centro”. “Cristo èpresente nel Vangelo, leggendo il Vangelo conoscia-mo Cristo. E tutti noi questo lo facciamo, almenosentiamo il Vangelo quando andiamo a Messa. Conlo studio del catechismo: il catechismo ci insegnachi è Cristo. Ma questo non è sufficiente. Per esse-re in grado di comprendere quale sia l’ampiezza, lalunghezza, l’altezza e la profondità di Gesù Cristobisogna entrare in un contesto, di preghiera, comefa Paolo, in ginocchio: ‘Padre inviami lo Spirito perconoscere Gesù Cristo’”. Paolo però “non solo pre-ga, adora”: “Non si conosce il Signore senza questaabitudine di adorare in silenzio. Questa preghieradi adorazione è la meno conosciuta da noi, perdereil tempo – mi permetto di dire – davanti al Signore.

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LE OMELIE DIPAPA FRANCESCO

A SANTA MARTA

«Dio si è fatto uomo per piangere con noi»

a cura di Luca Liverani

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E “per conoscere Cristo è necessario avere coscien-za di noi stessi, cioè avere l’abitudine di accusarese stessi” di dirsi “peccatori”. “Non si può adoraresenza accusare se stesso. Per entrare in questo ma-re senza fondo, senza rive, che è il mistero di GesùCristo, sono necessarie queste cose. La preghiera:‘Padre, inviami lo Spirito’. Secondo, l’adorazione almistero. E terzo, accusare se stesso: ‘Sono un uomodalle labbra impure’“. (20 ottobre 2016)

I CRISTIANI RIFIUTINO LE LOTTE,E LAVORINO PER L’UNITÀ NELLA CHIESA!

“Pace a voi”. Il saluto del Signore “crea un vin-colo”, un vincolo di pace. Un saluto, ha ripre-

so, che “ci unisce per fare l’unità dello spirito”. “Senon siamo capaci di salutarci nel senso più ampiodella parola, avere il cuore aperto con spirito di pa-ce, mai ci sarà l’unità”. E questo vale per “l’unitànel mondo, nelle città, nel quartiere, nella fami-glia”: “Lo spirito del male semina guerre, sempre.Gelosie, invidie, lotte, chiacchiere … sono cose chedistruggono la pace e pertanto non può esserel’unità. E come è il comportamento di un cristianoper l’unità, per trovare questa unità? Paolo dicechiaramente: ‘Comportatevi in maniera degna, conogni umiltà, dolcezza e magnanimità’. Questi tre at-teggiamenti. Umiltà: non si può dare la pace senzal’umiltà. Dove c’è la superbia, c’è sempre la guer-ra, sempre la voglia di vincere sull’altro, di creder-si superiore. Senza umiltà non c’è pace e senza pa-ce non c’è unità”. Poi abbiamo ormai “dimenticatola capacità di parlare con dolcezza, il nostro parlatoè sgridarci. O sparlare degli altri”. La dolcezza, in-vece, “ha un nocciolo che è la capacità di sopporta-re gli uni gli altri”: ‘Sopportandovi a vicenda’, dicePaolo. Bisogna avere pazienza, “sopportare i difettidegli altri”. “Primo: umiltà; secondo: dolcezza, eterzo: magnanimità: cuore grande”. (21 ottobre2016)

ANCHE OGGI DIO PIANGE DAVANTIA CALAMITÀ E GUERRE!

Gesù definisce Erode “volpe”, dopo che alcunifarisei gli hanno riferito che vuole ucciderlo.

Gesù poi si rivolge alla “Gerusalemme chiusa”, cheuccide i profeti che gli sono inviati. Allora cambiatono, sottolinea il Papa, e “incomincia a parlare contenerezza”, “la tenerezza di Dio”. Gesù “guarda ilsuo popolo, guarda la città di Gerusalemme”. Equel giorno “pianse su Gerusalemme”. “Qualcunoha detto che Dio si è fatto uomo per poter piange-re, per quello che avevano fatto i suoi figli. Il pian-to davanti alla tomba di Lazzaro è il pianto del-l’amico. Questo è il pianto del Padre”.Il pensiero va quindi al padre del figliol prodigo,quando gli chiede l’eredità e se ne va via. Quel pa-dre non è andato dai suoi vicini a dire: “Ma guar-da, guarda cosa mi è accaduto! “Sono sicuro, forsese ne è andato a piangere da solo”. E quando il fi-glio tornò “lo vide da lontano: questo significa cheil Padre continuamente saliva sul terrazzo per ve-dere se il figlio tornava. Questo è il pianto di DioPadre. E con questo pianto il Padre ricrea nel suoFiglio tutta la creazione”. E Gesù quando con lacroce va al Calvario, alle pie donne dice di piange-re non su di Lui, ma sui propri figli. “Anche oggidavanti alle calamità, alle guerre che si fanno peradorare il dio denaro, a tanti innocenti uccisi dallebombe, anche oggi il Padre piange: ‘Gerusalemme,Gerusalemme, figlioli miei, cosa state facendo?’. Elo dice alle vittime e anche ai trafficanti delle armie a tutti quelli che vendono la vita della gente. Cifarà bene pensare che il nostro Padre Dio si è fattouomo per poter piangere”. (27 ottobre 2016)

PER SERVIRE DIO CON LIBERTÀÈ NECESSARIO RIFIUTARE POTERE E SLEALTÀ

Quali sono, si chiede il Pontefice, gli ostacoli cheimpediscono di servire il Signore, di servirlo

con libertà? Ce ne sono tanti, constata con amarez-za, “uno è la voglia di potere”: “Quante volte abbia-mo visto, forse, a casa nostra: qui comando io! Equante volte, senza dirlo, lo abbiamo fatto sentireagli altri? Gesù ci ha insegnato: colui che comandadiventi come colui che serve. O, se uno vuole esse-re il primo, sia il servitore di tutti. Gesù capovolgei valori del mondo. L’altro ostacolo, prosegue Fran-cesco, succede “anche nella vita della Chiesa”, è “laslealtà”. Questo avviene “quando qualcuno vuolservire il Signore ma anche serve altre cose chenon sono il Signore”: “Nessun servo può avere duepadroni. O serve Dio o serve il denaro”. “Esseresleali è fare il doppio gioco, no?” Dunque, “quelloche ha voglia di potere e quello che è sleale, diffi-cilmente può servire, diventare servo libero del Si-gnore”. Questi ostacoli, la voglia di potere, la sleal-

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tà, “ci portano a vivere in quella tensione della va-nità mondana, vivere per apparire”. Quanta gente“vive soltanto per essere in vetrina, per apparire,perché dicano: ‘Ah, che buono che è …’, per la fa-ma. Fama mondana”. “E quando noi serviamo il Si-gnore con libertà, sentiamo quella pace più profon-da ancora, la voce del Signore: ‘Ah, vieni, servobuono e fedele’. E per questo, chiedere semprequesta grazia, che sia Lui a togliere questi ostacoli,che sia Lui a darci questa serenità, questa pace delcuore per servirlo liberamente, non come schiavi:come figli”. Anche quando il nostro servizio è libe-ro, dobbiamo ripetere che “siamo servi inutili” con-sapevoli che da soli non possiamo fare nulla. “Dob-biamo chiedere e fare spazio perché Lui faccia innoi e Lui ci trasformi in servi liberi, in figli, non inschiavi”. (8 novembre 2016)

NO AI CRISTIANI TIEPIDI:LA LORO TRANQUILLITÀ INGANNA!

Il Signore rimprovera i cristiani “tiepidi” dellaChiesa di Laodicea, “cristiani che non sono né

freddi, né caldi”. A costoro dice: “Sto per vomitartidalla mia bocca”. Il Signore, soggiunge il Papa, rim-provera quella tranquillità “senza consistenza” deitiepidi. Una “tranquillità che inganna”: “Ma cosapensa un tiepido? ‘Mi sono arricchito e non ho bi-sogno di nulla. Sono tranquillo’. Quella tranquillitàche inganna. Quando nell’anima di una Chiesa, diuna famiglia, di una comunità, sempre tutto è tran-quillo, lì non c’è Dio”. Il Signore definisce costoro –che si credono ricchi – “infelici e miserabili”. Tutta-via, soggiunge, “lo fa per amore”, affinché scopra-no un’altra ricchezza, quella che solo Lui può dare:“Non quella ricchezza dell’anima che tu credi diavere perché sei buono, fai tutte le cose bene:un’altra ricchezza, quella che viene da Dio, cheporta una croce, porta tempesta, qualche inquietu-dine nell’anima”. Ci sono cristiani, è la sua consta-tazione, che “non si accorgono quando bussa il Si-gnore”, “ogni rumore è lo stesso, per loro”. Bisognaallora “capire bene” quando bussa il Signore, quan-do vuole portarci la sua consolazione. “Quella cu-riosità di Zaccheo, il piccolo, è stata seminata dalloSpirito Santo”: il Signore alza gli occhi e dice: ‘Ma,vieni, invitami a casa tua’. Io so distinguere nelmio cuore quando il Signore mi dice ‘svegliati’?Quando mi dice ‘apri’? E quando mi dice ‘scendi’?Lo Spirito Santo ci dia la grazia di saper discernerequeste chiamate”. (15 novembre 2016)

L’AMORE “PAZZO” DI DIOPIANGE PER LA NOSTRA INFEDELTÀ!

Gesù piange su Gerusalemme. Parte da questaimmagine l’omelia del Papa che ne spiega il

motivo. Gesù piange perché ricorda la storia del

“suo popolo”. Da una parte questo amore di Dio“senza misure” e dall’altra “la risposta del popoloegoista, sfiduciata, adultera, idolatrica”: un “amorepazzo di Dio per il suo popolo”, dice Francesco,“sembrerebbe una bestemmia ma non lo è”. Gesùinfatti fa memoria dei passi dei profeti, come Oseae Geremia, quando esprimono l’amore di Dio perIsraele. Sempre nel Vangelo del giorno Gesù la-menta anche: “perché non hai riconosciuto il tem-po in cui sei stata visitata”: “È questo che fa doloreal cuore di Gesù Cristo, questa storia di infedeltà,di non riconoscere le carezze di Dio, l’amore diDio, di un Dio innamorato che ti cerca. Gesù videin quel momento cosa lo aspettava come Figlio. Epianse… ‘Perché questo popolo non ha riconosciu-to il tempo in cui è stato visitato’. Questo drammanon è accaduto soltanto nella storia e finito conGesù. È il dramma di tutti i giorni. È anche ildramma mio. Può dire ognuno di noi: ‘Io so rico-noscere il tempo nel quale sono stato visitato? Mivisita Dio?’”. Sant’Agostino diceva una frase moltoforte: ‘Ho paura di Dio, di Gesù, quando passa!’.Ma perché hai paura? ‘Ho paura di non riconoscer-lo!’. Se tu non stai attento al tuo cuore, mai sapraise Gesù ti sta visitando o no”. (17 novembre 2016)

DIO CONCEDA AI SACERDOTIIL CORAGGIO DELLA POVERTÀ CRISTIANA!

Nel Vangelo Gesù caccia i mercanti dal Tempioche hanno trasformato la casa di Dio, un luogo

di preghiera, in un “covo di ladri”. “Il Signore ci facapire dove è il seme dell’anticristo, il seme del ne-mico, il seme che rovina il suo Regno”: l’attacca-mento al denaro. “Il cuore attaccato ai soldi è uncuore idolatra. Questi che facevano il cambio di va-lute o vendevano cose, ma da chi affittavano queiposti? Dai sacerdoti. E allora “com’è il vostro atteg-giamento con i soldi? Siete attaccati ai soldi?”. “Ilpopolo di Dio che ha un grande fiuto sia nell’accet-tare, nel canonizzare come nel condannare perdo-na tante debolezze, tanti peccati ai preti; ma nonpuò perdonarne due: l’attaccamento ai soldi, quan-do vede il prete attaccato ai soldi, quello non loperdona, o il maltrattamento della gente, quando ilprete maltratta i fedeli: questo il popolo di Dio nonpuò digerirlo, e non lo perdona”. Il Papa ricorda i“terafim”, gli idoli che Rachele, la moglie di Gia-cobbe, teneva nascosti. E allora invita i sacerdoti:“Siate coraggiosi: fate scelte. Denaro sufficiente,quello che ha un onesto lavoratore, il risparmiosufficiente, quello che ha un onesto lavoratore. Manon è lecito, questo è un’idolatria, l’interesse. Il Si-gnore a tutti noi ci dia la grazia della povertà cri-stiana. Di questa povertà di operai, di quelli che la-vorano e guadagnano il giusto e non cercano dipiù”. (18 novembre 2016) ■

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La vicenda di Giuseppe, strettamente legata aquella dei suoi fratelli, è una delle più notedel racconto biblico, e, per certi versi, una

delle più commoventi. È una storia ricca di insegna-menti per la vita cristiana e che si distacca netta-mente dal flusso narrativo dei precedenti patriar-chi: è nota la formula che richiama al Dio di Abra-mo, Isacco e Giacobbe ma non include Giuseppe.

Questo stacco sembra quasi prefigurare un cam-bio netto. Che ci sarà, perché la vicenda di Israelecon Giuseppe si sposta da Canaan all’Egitto, dove,dopo un lungo periodo di prosperità, il popolo co-noscerà la prigionia, la schiavitù, ma sperimenteràpoi con Mosè la vicenda della liberazione, della sal-vezza, di quella Pasqua che preannuncia il pienocompimento della Storia della Salvezza.

La storia di Giuseppe sembrerebbe quasi da “te-lenovela”, e gli elementi ci sono tutti: invidie, gelo-sie, passioni e tradimenti, odi e persecuzioni che ar-rivano quasi al delitto. Giuseppe rischia più volte lasua vita, a causa dei suoi stessi familiari e dei pa-droni egiziani di cui diventa schiavo. Eppure, inquesto affresco di bassa umanità, attraverso la fede,la pazienza, la mitezza, Giuseppe è capace di scrive-re una storia bellissima di umanità, speranza eamore che apre al messaggio di Cristo.

Giuseppe avrebbe avuto tutti i motivi umani perribellarsi a Dio. Prediletto dal padre Giacobbe subi-sce la morbosa gelosia dei fratelli che, arrivati a unpasso da ucciderlo, lo vendono come schiavo, luiche amava profondamente la sua famiglia. In Egittodopo un primo momento di recupero e relativo be-nessere subisce la passione della moglie del padro-ne e, respinta la donna per amore di Dio e rispettodel padrone, rischia ancora la morte. La sua fedesarà premiata con il riscatto, la riabilitazione e laglorificazione di Giuseppe come altissimo dignita-rio.

Ma, ancor più, vedrà il trionfo con il perdonoconcesso ai fratelli che inconsapevolmente corsi dalui nel bisogno della fame sperimentano la salvezza:dalla fame ma soprattutto dall’odio. La fede in Dionella tribolazione fa passare Giuseppe dalla morte

alla rinascita, l’esercizio della giustizia e del perdo-no daranno a Israele una vita nuova.

LA SAPIENZA DI DIOAttraverso la vicenda di Giuseppe vediamo ap-

parire un concetto nuovo nella storia di Dio: quellosapienziale. La sapienza di Dio si esprime attraversomodalità che sono opposte alle nostre: Dio non in-terviene con gesti potenti, ma la sua presenza si in-tesse con le scelte degli uomini nella loro quotidia-nità: Dio è presente anche quando sembra che nonci sia. La vicenda di Giuseppe ci dice che solo conuno sguardo di fede è possibile non rimanereschiacciati dagli eventi, e che la fede, la speranza ela carità sono il solo modo possibile di vivere delcredente, soprattutto nelle tribolazioni.

Dobbiamo imparare a vedere la logica di Dionelle nostre vicende umane perché la nostra logicanon basta. In ogni evento della nostra vita, dal piùgioioso al più triste, dovremmo chiederci: che cosavuole insegnarci Dio con questa esperienza? Abbiamo mai chiesto l’aiuto di Dio per capire se ineffetti non siamo noi un problema a noi stessi eagli altri? La storia di Giuseppe è comune a tutte levite dei santi, ma non dimentichiamo che ognunodi noi è chiamato ad essere santo, a ognuno di noiè offerta la possibilità concreta di vivere e speri-mentare la santità, l’amicizia con Dio. Per iniziarequesto cammino è indispensabile cercare di diven-tare protagonisti della nostra vita chiedendoci in-nanzitutto chi siamo e come siamo. È un esercizioche si può fare solo mettendoci davanti a Dio echiedendogli la Sua luce per capire quali sono ipersonaggi che vivono dentro di noi e interagisco-no con la nostra vita: per scegliere poi consapevol-mente quello che vogliamo far vivere.

Per i patriarchi la fede e la speranza in Dio sonole strutture più importanti della loro esistenza, so-no ciò che la determinano, la qualificano e la rea-lizzano. Ma ci insegnano anche che dobbiamo pre-occuparci del prossimo, farci dono per gli altri, nongiudicare e non condannare, pregare per loro senzamai dimenticare che “Chi si attarda a servire i fra-telli arriverà sempre puntuale all’appuntamentocon Dio”. ■

di Cristina Mastrorosati

Giuseppe e i fratelli, una storia attuale

LE FIGURE DELLA SACRA SCRITTURAALLA LUCE

DEL PROGETTO SALVIFICO DI DIO

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L’Ottavario dell’Epifania ad Avella e Ripostoper vivere un tempo forte di preghiera e carità

NOTI

ZIAR

IOPA

LLOT

TINO

Anche ques’anno le comunità pallottinecelebreranno l’Ottavario dell’Epifania ideato da SanVincenzo nel 1836. Il santo organizzò la solennecelebrazione per esaltare l’unità e l’universalità dellaChiesa attraverso le liturgie latina e orientale, lapredicazione nelle principali lingue, lapartecipazione dell’episcopato e dei collegi esteri enazionali. Nel 1847 Pio IX volle intervenire allafunzione di chiusura per premiare lo zelodell’organizzatore.

AVELLA (AV), 6-13 Gennaio 2016

6 Mercoledì - Epifania del SignoreAnnuncio dell’Ottavario nelle Comunità Parrocchiali

durante la SS. MessaOre 18:30 Celebrazione Eucaristica di apertura

dell’Ottavario nella Chiesa “S. Giovanni” – e nellaParrocchia “S. Elia” – Sperone.

7 GiovedìOre 10,00 Visita agli ammalati.Ore 17:00 Chiesa “S. Romano”: Santo Rosario

Meditato.Ore17:30 Celebrazione Eucaristica animata dalle

Suore Canossiane.Ore 20:00 Centri di ascolto della Parola presso le

famiglie di Avella.

8 VenerdìOre 10:00 Visita agli ammalati.Ore 17:00 Chiesa “S. Pietro”: Santo Rosario.Ore 17:30 Liturgia della Parola.Ore 20:30 Incontro giovani del Mandamento (Animatori:

Don Giuseppe Autorino, Don Reinaldo Arino Plata,Don Giuseppe Parisi e Responsabili Scouts).

Ore 20:00 Centri di ascolto della Parola presso lefamiglie di Avella.

9 Sabato - Giornata dell’Ispirazione di S. VincenzoPallotti sull’Uac

Ore 10:00 Visita agli ammalati.Ore 17:00 Chiesa “Madonna delle Grazie”: Santo

Rosario.Ore 17:30 Celebrazione Eucaristica animata dai

membri UAC.Ore 20:00 Centri di ascolto della Parola presso le

famiglie di Avella.

10 Domenica -Giornata della SolidarietàOre 18:00 Chiesa “S: Giovanni” Santo Rosario.Ore 18:30 Celebrazione Eucaristica, presieduta da Sua

Ecc. Mons. Beniamino De Palma e animata dalRinnovamento nello Spirito. Durante la Celebrazionesi offriranno generi di prima necessità per le famigliebisognose assistite dalla Parrocchia.

11 Lunedì -Giornata della famigliaOre 10:00 Visita agli ammalati.Ore 19:45 Chiesa M. SS.ma Annunziata”, Convento:

Riflessioni, testimonianze sulla Famiglia, animazionedel Masci.

Ore 20:30 Adorazione eucaristica a Spirito.Ore 17:30 Centri ascolto della Parola.

12 Martedì Ore 10:00 Visita agli ammalati.Ore 16:00 Visita dei bambini del catechismo, catechisti

e genitori alla sede Caritas di Sperone.Ore 17:30 Centri ascolto della Parola presso le famiglie

di Sperone.Ore 18:30: Celebrazione Eucaristica nella Chiesa “S.

Giovanni” in Avella, animata dall’AC.Segue breve spettacolo per tutti, in particolare per i

nonni, offerto dal Branco Mowgli.

13 MercoledìOre 17:30 Celebrazione Eucaristica conclusiva

dell’Ottavario Chiesa “S. Giovanni”, Avella, animatadai docenti e dagli alunni della scuola “S. V. Pallotti”che si esibiranno in un concerto.

Ore 17:30 Centri ascolto della Parola.Ore 18:30 Celebrazione Eucaristica conclusiva

dell’Ottavario presso la chiesa “Sant’Elia”, Sperone.

L’Ottavario dell’Epifania sarà animato da Don GiuseppeParisi, Don Reinaldo Giuseppe Autorino, DonFrancesco Tulino con la collaborazione degli Scouts,dell’AC, del Rinnovamento nello Spirito, dei catechisti,della Caritas, dei docenti, delle Comunità religiose, deifedeli laici delle Comunità parrocchiali e dell’UAC.Dal 7 al 13 gennaio, tranne la domenica, alle 9,00 cisarà un sacerdote a disposizione per leconfessioni, presso la scuola “S. V. Pallotti” inAvella.

S. Elia – Sperone

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RIPOSTO (CT), 6-13 Gennaio 2016

6 Mercoledì - Epifania del SignoreOre 9:30 Annuncio dell’Ottavario nelle Comunità

Parrocchiali di Riposto.Ore 18:00 Solenne Celebrazione Eucaristica di apertura

dell’Ottavario presso la Basilica “S. Pietro”, Riposto. LaCelebrazione è animata dagli alunni della scuola “MariaSS.ma Addolorata”.

7 GiovedìOre 9:30 - 12:00 Adorazione Eucaristica presso le

Comunità Parrocchiali di Riposto.Ore 17:00 Chiesa “Maria SS.ma Addolorata”: Santo

Rosario Meditato.Ore 18:00 Solenne Celebrazione Eucaristica presieduta

da Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Antonino Raspanti,Vescovo della Diocesi di Acireale. La Celebrazioneverrà animata dalle Parrocchie di Riposto. I Cantisaranno curati dal coro della Parrocchia “Maria SS.madel Carmelo” di Riposto.

8 VenerdìOre 10:00 Incontri con i fratelli delle Comunità alloggio di

Riposto.Ore 17:30 Liturgia penitenziale comunitaria presso Chiesa

“Maria SS.ma Addolorata”.Ore 19:00 - 20:00 Centri ascolto presso le famiglie.

9 Sabato - Giornata dell’Ispirazione di S. VincenzoPallotti sull’Unione dell’Apostolato Cattolico

Ore 10:00 Incontro con i giovani delle scuole Superiori diRiposto.

Ore 10:00 Visita agli ammalati.Ore 17:30 Incontro di preghiera in preparazione alla Veglia

Notturna per i giovani a livello interparrocchiale, con imembri UAC giovani, il GED, ex alunni e il gruppogiovani dell’Oratorio di Mascali.

Ore 20:30 Piazza Carmine - Giarre “Una luce nella notte” -Preghiera e animazione.

Ore 21:00 - 24:00 Veglia Eucaristica animata dai giovanipresso la Chiesa “S. Francesco d’Assisi al Carmine” diGiarre (contemporaneamente, evangelizzazione per lestrade).

10 Domenica -Giornata della SolidarietàOre 8:00 Celebrazione Eucaristica presso la Chiesa “Maria

SS. Addolorata”.Ore 10:00 Visita agli ammalati.Ore 16:30 Incontro con i membri UAC Insegnanti e

Collaboratori.Ore 18:00 Celebrazione Eucaristica presso la Chiesa

“Maria SS. Addolorata” animata dall’UAC e dai giovanidelle Parrocchie di Riposto.

Durante la Celebrazione Eucaristica si offriranno generi diprima necessità per le famiglie bisognose assistite dalcentro “Fire” (attività di volontariato dei membridell’Unione Apostolato Cattolico - Pallottino).

11 Lunedì -Giornata della famigliaOre 10:00 Incontro con gli alunni della scuola media

“Pirandello” di Riposto.Ore 18:00 Incontro di Preghiera con le famiglie animato dal

gruppo “Arca di Nazareth.Ore 19:00 / 20:00 Centri ascolto presso le famiglie.

12 MartedìOre 10:00 Visita agli ammalati.Ore 11:00 - 13:00 Disponibilità dei sacerdoti per le

confessioni.Ore 16:30 - Incontro con il gruppo del centro “Fire” (UAC).Ore 18:30 Centri ascolto presso le Comunità Parrocchiali

di Riposto.Ore 19:00 - 20:00 Centri ascolto presso le famiglie.

13 MercoledìOre 10:00 Disponibilità dei sacerdoti per confessione e

ascolto.Ore 11:00 Incontro con gli alunni della scuola “Maria SS.

Addolorata”.Ore 16:30 Incontro con i ragazzi della Comunità alloggio e

Educatori.Ore 18:00 Solenne Celebrazione Eucaristica conclusiva

dell’Ottavario presso la Parrocchia “San Giuseppe” -Riposto.

Al termine della Celebrazione Eucaristica gli alunni dellascuola “Maria SS.ma Addolorata“ si esibiranno in unconcerto Natalizio insieme ad alcuni ex alunni.

L’Ottavario dell’Epifania sarà animato dai P. Pallottini: P.Antonino Lotti, P. Carmelo Di Giovanni e P. Renato Pucci…con la collaborazione dei Parroci delle Comunità diRiposto e Giarre, il Seminario Diocesano e i laici dell’UAC.Dall’ 8 al 13 gennaio ci sarà la catechesi aperta a tuttiogni mattina alle 8,30.I sacerdoti saranno a disposizione per colloquiindividuali e confessioni.

Maria SS.maAddolorata

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NOTI

ZIAR

IOPA

LLOT

TINO

È disponibile in formato digitale il n. 42/2016 della rivista“Apostolato Universale” pubblicata on line all’inizio del mese

di novembre. Un numero quasi monografico che riflette sulrapporto tra giustizia e misericordia, in coincidenza con ilGiubileo dei carcerati che si è celebrato il 6 novembre 2016.Wlodzmierz Redzioch riflette su “La misericordia, forza dellagiustizia”. Carmelo Di Giovanni SAC viene intervistatosull’“Assistenza ai carcerati nello spirito di san VincenzoPallotti”. A completare le riflessioni un documento inedito, lalettera a San Vincenzo Pallotti scritta da quattro carcerati,accusati – probabilmente a torto – di vicinanza coi movimentipatriottici che tramavano contro lo Stato Pontificio. Il numeropuò essere scaricato dal sito della Casa Generalizia SAC:www.sac.info.

“Apostolato Universale”:è disponibile in reteil numero di novembredel trimestrale dell’IstitutoS. Vincenzo Pallotti

Si è svolto giovedì 20 ottobrenella chiesa del SS. Salva-

tore in Onda il terzo incontroannuale organizzato dall’Istitu-to S. Vincenzo Pallotti di Romasul tema: “La misericordia, for-za della giustizia”. La riflessio-ne su questo tema è stata pre-sentata dal giornalista Wlodzi-mierz Redzioch che per quasitrenta anni ha lavorato pressol’Osservatore Romano.

Il relatore ha iniziato la suapresentazione con un excursusgiornalistico in cui ha posto laseguente domanda: Qual è la più grande ingiustiziache subiscono gli uomini oggi? Nel mondo di oggi – haaffermato – è tornata la guerra come modo per risolve-re i problemi. Un mondo più giusto può garantire solo lapace che è frutto del perdono e della misericordia.Questo messaggio è annunciato dalla Chiesa negli ulti-mi decenni. Ciò è confermato soprattutto dall’enciclica“Dives in misericordia” (1980) di Giovanni Paolo II edalla bolla per l’anno della misericordia “MisericordiaeVultus” (2015) di Papa Francesco.

Ilmessaggio della divina misericordia è diventato ilfilo d’oro del pontificato di Giovanni Paolo II. Egli sottoli-nea che la giustizia divina rivelata nella croce di Cristoè a misura di Dio, perché nasce dall’amore e nell’amo-

re si compie. Il mondo degli uo-mini – insegna Giovanni PaoloII – può diventare sempre piùumano solo se introdurremonel multiforme ambito dei rap-porti interumani e sociali, insie-me alla giustizia, quell’amoremisericordioso che costituisceil messaggio messianico delVangelo.

La giustizia e la misericor-dia non sono – spiega PapaFrancesco – due realtà oppo-ste, ma due dimensioni diun’unica realtà che si sviluppa

fino a raggiungere il suo apice nella pienezza dell’amo-re. Se Dio si fermasse alla giustizia cesserebbe di es-sere Dio, sarebbe come tutti gli uomini che invocano ilrispetto della legge. Per questo Dio va oltre la giustiziacon la misericordia e il perdono. San Vincenzo Pallottidesidera che tutti gli uomini amministrino la giustizia amisura di Dio. Egli sottolinea il legame stretto tra la mi-sericordia, l’amore e la giustizia e dice che quando lacarità s’incontra con la giustizia divina si abbraccianopacificamente.

L’incontro si è concluso con l’invito a praticare i pic-coli gesti di misericordia che portano a promuovere lacultura della misericordia nella vita quotidiana dei cri-stiani.

Gli incontri a San Salvatore in Onda“La misericordia, forza della giustizia”

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«Tutti i dolori mentali sofferti dal nostro Signore Gesù Cristo»

LASP

IRIT

UALI

TÀDE

LPA

LLOT

TI

Nel settembre del 1840, San Vincenzo infermoprolungò la sua permanenza ad Osimo, arricchendolacon l’annotazione continua delle proprie riflessionispirituali che documentano la sua costante e profondaumiltà.

Ricordo che il mio dilettissimo padre san Francescod’Assisi non molto tempo innanzi la sua morte siera ritirato nel monte Alvernia per celebrare la

Santa Quaresima in preparazione alla solennità dellasacra dedicazione di san Michele Arcangelo (29settembre), principe della milizia celeste, e protettorevalidissimo della santa Chiesa.Avvicinandosi il giorno della suddetta solennità,nel dì dell’esaltazione della santa Croce (14 settembre)san Francesco fu insignito della sensibile impressionedelle sacre stimmate per il ministero di un serafino alato,a forma di Crocifisso.A tale rimembranza e dando uno sguardo alla infinita misericordia del Padre celeste,sebbene io sia meritevole di essere abbandonato da Dio e meritevole ancora di un numero infinito di inferni, pure nel mio povero cuore si eccitò una fiducia viva,sicura e certa che Iddio guarda la mia infermità come se io avessi praticato la più rigorosa Quaresima.E per trionfare sopra di me con la sua infinitamisericordia,Iddio per la stessa sua infinita misericordia,per i meriti del nostro Signore Gesù Cristo,per i meriti e l’intercessione di Maria santissima,di tutti gli angeli e santi, e di tutta la Chiesa di GesùCristo, e di tutti i giusti che sono stati, sono e saranno,si degna di comunicarmi nuovamente e con perfettapienezza, anche se non con le impressioni sensibili delcorpo, almeno però nello spirito, tutti i dolori mentalisofferti dal nostro Signore Gesù Cristo in tutto il corsodella sua vita, e tutti i dolori, le fatiche e le pene di ogni specie, sofferte dal suo corpo santissimoin tutti gli anni della vita sua santissima.E molto di più Iddio si degna di comunicarmi tutti i patimenti, le agonie e il sudore di sangue sofferti da Gesù nell’orto del Getsemani.Iddio si degna di comunicarmi ancoratutti gli altri patimenti, tradimenti, abbandonie strapazzi di ogni specie, sofferti da Gesù:funi, catene, cadute, calci, pugni, schiaffi, sputi,improperi, derisioni, tribunali, flagellazione, coronazione di spine,l’essere posposto a Barabba, l’essere condannato a morte da un giudice che lo aveva dichiarato innocente.

Statuetta in argento di San Vincenzo Pallotti conreliquia nel basamento

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novembre-dicembre 201630

LARE

CENS

IONE

Resteremo «Senza preti?»: con questo interro-gativo il sociologo e storico Giorgio Campanini

titola il suo libro, che avverte di questa prossimagravissima condizione della Chiesa anche se un si-mile esito non è possibile, perché Gesù – comeMatteo narra nel suo Vangelo, 28,20 – prima di ri-salire «alla destra del Padre», promise agli Aposto-li «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla finedel mondo» (Mt 28,20). Il verbo al presente, “sono”,significa che l’impegno ha avuto valore da quelmomento stesso. Anche se una Chiesa senza pretinon può esistere, il rischio di una forte carenza dipresbiteri è quasi certa e parlarne è motivato: se lacrisi delle ordinazioni sacerdotali continuasse con ilpasso attuale (calo annuo del 12 per cento), trauna ventina d’anni il clero non si potrebbe neppuredire tale per la sua scarsezza numerica.

Per Campanini i vescovi, i preti, i religiosi e le religiose e infine (ma soprat-tutto) i laici hanno il dovere di affrontare subito e insieme le difficoltà di una so-luzione che consenta di non lasciare ai soli presbiteri, insieme con quello dellaliturgia e dei sacramenti, tutto il peso della pastorale. Il libro offre una serie diconsiderazioni e di progetti che documentano la pressante necessità della par-tecipazione dei laici allo studio, alla proposta e alla sperimentazione di nuoveforme di ministerialità pastorale affidate ai non-presbiteri e non-ministri.

All’indomani del Concilio Vaticano II si parlò molto di una «nuova e diffusaministerialità» per arrivare a una Chiesa «tutta ministeriale» in virtù del battesi-mo che ci fa partecipi di questo sacerdozio comune e universale. Già i problemie i progetti su questo tema (significato, ministeri laicali, ministerialità non ristret-ta ai soli fedeli maschi) portarono al recupero-istituzione di un diaconato perma-nente liturgico e pastorale riservato ai soli uomini, e poi di un “ministero straor-dinario della Comunione” però come ministero solo “istituito” per laici uomini edonne. Nemmeno è nuova la disputa in corso sul “diaconato femminile” risalen-te al primo e forse secondo secolo della storia della Chiesa, del quale, però,senza documenti non sappiamo se con o senza l’imposizione delle mani senzala quale si sarebbe trattato solo di un incarico di carità.

Quanto alla partecipazione dei laici alla elaborazione di una materia – la di-sciplina del ministero sacerdotale – che è stata finora esclusiva e di competen-za dei Vescovi, Campanini propone una loro (uomini e donne) piena compro-missione non solo perché battezzati, ma anche come coloro verso i quali il sa-cerdozio ministeriale è rivolto e opera e perché esiste sempre il rischio di unaloro “clericalizzazione” equivalente alla perdita della ricchezza spirituale dellalaicità senza assumerne altre. Ai laici si dovrebbero accompagnare i religiosi ele religiose. Per trovare – presto – «nuove vie per evangelizzare» (è il sottotitolodel libro) e per opporsi alla crescente secolarizzazione «s’impone – scrive Cam-panini – una rinnovata riflessione sulla Chiesa. Occorre passare da una Chiesamonocentrica [cioè centrata sul presbiterio] a una struttura policentrica» e dalcentralismo presbiteriale (tutto il peso e tutta la responsabilità sui vescovi e suipreti) alla responsabilizzazione dei laici e delle religiose. Urge perciò convocareun sinodo (una sorta di “Stati generali” della Chiesa in Italia) che affronti «i pro-blemi e le prospettive del presbiterio e i nuovi orizzonti della ministerialità» econtempli: «La situazione attuale e le prospettive future del presbiterato in Italia;la valorizzazione del diaconato permanente; l’apporto delle religiose alla pasto-rale; la ricerca di nuove forme di ministerialità dei laici; infine i problemi ancheeconomici sorgenti dalle nuove ministerialità». Auguri.

Pier Giorgio Liverani

G. CAMPANINI, Senza preti? Nuove vie per evangelizzare, edizioni San Paolo, Cinisel-lo Balsamo (Milano), pagg. 106, € 12,50.

Vocazioni, meno 12% l’annoVerso una Chiesa senza preti?


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