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Ci vuole tutta una città per - | La casa sull'albero · riconosce e ci ragiona come parte di una...

Date post: 17-Feb-2019
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una città per...... una città per...... ...ascoltare le idee dei giovani sull’Unione Europea ...ascoltare le idee dei giovani sull’Unione Europea Ci vuole tutta Ci vuole tutta Newsletter dell’associazione La Casa sull’Albero, anno VII, mese Aprile 2017 Cari amiche e cari amici, questa newsletter è un coro di voci di ragazzi che abbiamo incontrato come volontari nei nostri progetti in questo periodo. Alcuni provengono da altri paesi europei. Abbiamo rivolto loro alcune domande sull’Unione Europea, in un momento in cui questa viene cosi profondamente messa in discussione. Il risultato è una lettura intensa, più lunga di quella che vi offriamo di solito e vi preghiamo di dedicarle il tempo per percorrerla tutta. Per una volta, spegniamo un telegiornale, carico per lo più di notizie stanche e buie e infiliamoci tra i pensieri di questi giovani, che sono pronti per ciò che verrà, con responsabilità e coraggio, più di quello che hanno ricevuto in molti contesti. Grazie per l’attenzione che gli dedicherete. Grazie a loro per l’impegno che ci hanno offerto anche con non poche difficoltà, date le lingue diverse di prove- nienza. La redazione de “La Casa sull’Albero” A presto,
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una città per...... una città per.........ascoltare le idee dei giovani

sull’Unione Europea...ascoltare le idee dei giovani

sull’Unione Europea

Ci vuole tutta Ci vuole tutta Newsletter dell’associazione La Casa sull’Albero, anno VII, mese Aprile 2017

Cari amiche e cari amici,

questa newsletter è un coro di voci di ragazzi che abbiamo incontrato come volontari nei nostri progetti in questo periodo. Alcuni provengono da altri paesi europei.

Abbiamo rivolto loro alcune domande sull’Unione Europea, in un momento in cui questa viene cosi profondamente messa in discussione. Il risultato è una lettura intensa, più lunga di quella che vi offriamo di solito e vi preghiamo di dedicarle il tempo per percorrerla tutta.

Per una volta, spegniamo un telegiornale, carico per lo più di notizie stanche e buie e infiliamoci tra i pensieri di questi giovani, che sono pronti per ciò che verrà, con responsabilità e coraggio, più di quello che hanno ricevuto in molti contesti.

Grazie per l’attenzione che gli dedicherete. Grazie a loro per l’impegno che ci hanno offerto anche con non poche difficoltà, date le lingue diverse di prove-nienza.

La redazione de “La Casa sull’Albero”

A presto,

Newsletter dell’associazione La Casa sull’Albero, anno VII, mese Aprile 2017

CHE COS’E’ PER TE L’UNIONE EUROPEA E CHE TIPO DI CITTADINAN-ZA TI PERMETTE DI VIVERE? Penso che l’Unione Europea sia attualmente la linea del mio orizzonte, un punto di riferimento su cui baso le mie considerazioni, un’unità di misura con cui scopro piano piano il mondo che mi circonda. Mi sento cittadina europea al cento per cento perché il mio percorso di formazione, dalla quarta superiore in poi, è stato costellato di esperienze “europee”, da scambi a progetti di intercultu-ra, da Erasmus per studio e soggiorni per stage. Tutte esperienze che mi hanno portato a vivere per qualche mese in altri paesi dell’UE, che sono diventati impor-tanti tasselli della mia dimensione di vita e della mia persona. Grazie all’UE vivo una cittadinanza svincolata dai confini nazionali, ragiono in prospettive più ampie, mi confronto con “vicini di casa”, che sulla carta d’identità hanno bandie-re diverse da quella italiana. La mia carta d’identità mi permette di viaggiare nel continente, le esperienze fatte di trovare amici che mi aspettano, le lingue impa-rate di sognare il lavoro che mi piace, nel posto dove potrei farlo al meglio. De-scrivo in questo modo semplice, quasi banale, la mia cittadinanza perché penso stia proprio in questi piccoli dettagli la bellezza di essere europei. Inutile aggiun-gere che spero che questa condizione diventi un diritto, anziché essere un privi-legio

Per me è una cosa importante e di aiuto alla mia crescita. Non solo perché sto avendo la possibilità di fare il Servizio Volontario in un altro paese europeo, ma anche prima quando la mia scuola ha potuto ricevere supporto per scambi inter-nazionali o anche solo per questioni pratiche che hanno reso la mia esperienza di studio più interessante. E’ difficile per me aggiungere dell’altro perché sono gio-vane e non ho avuto l’opportunità di conoscere come lavori precisamente l’Unione Europea.

OCCUPAZIONE, RESPONSABILIZZAZIONE E PROTEZIONE DEI CITTADI-NI, POLITICHE ENERGIETICHE E CLIMATICHE, LIBERTA’ SICUREZZA E GIUSTIZIA, CONFRONTO SULLA SCENA MONDIALE SONO GLI OBIET-TIVI DELL’UNIONE EUROPEA. A QUALE TI SENTI PIU’ VICINO E QUALI IDEE VORRESTI VEDER REALIZZATE PER QUESTO?

Tutti gli obiettivi dell’Unione Europea sono al giorno d’oggi attuali e molto discus-si. Capita tutti i giorni di sentir parlare di politiche energetiche, piuttosto che di protezione dei cittadini. È difficile quindi scegliere fra uno di questi, ma forse quello che più mi tocca è libertà, sicurezza e giustizia. Mi sono trovata poco tempo fa a dover ragionare sulla Libertà che ognuno di noi ha, una libertà come uomini, come cittadini, che hanno dei diritti e direi anche dei doveri fondamentali. Per questo motivo mi sento di condividere le mie idee su questo obiettivo. Credo che il concetto di libertà sia un po’ un’antinomia: da un lato è un principio fonda-mentale, nel quale ogni individuo può scegliere la via migliore per la propria vita, come il proprio lavoro, il proprio percorso di studi, il proprio modo di vestirsi, le idee; dall’altro lato però, spesso viene postulata quasi come un diktat “sono libero, dunque faccio quello che voglio”. Ed è per questo secondo me che l’Unione Europea inserisce l’obiettivo di giustizia, che implica in un certo senso la libertà di ognuno: l’uomo può crescere con i propri pensieri e tradizioni in manie-ra autonoma, ma non fa le proprie leggi, piuttosto le rispetta e soprattutto le riconosce e ci ragiona come parte di una decisione comune che riguarda gli uomini. Giustizia che ci consiglia di essere responsabili, di avere rispetto per le diversità come delle regole ed è facendo questo che ci sentiamo poi sicuri. Dob-

Newsletter dell’associazione La Casa sull’Albero, anno VII, mese Aprile 2017

biamo noi per primi credere alla collaborazione degli Stati membri, come alla cooperazione tra le diverse forze dell’ordine, che lavorano per la nostra sicurez-za, in quanto uomini e cittadini che si riconoscono nella propria nazione, ma anche pronti ad aprirsi agli altri. È difficile esprimere quello che penso in queste righe, perché ad ogni frase che scrivo me ne vengono in mente altre. Quindi con-cludo dicendo che vorrei vedere realizzato il mio sogno di Intercultura, che, come ci insegnano all’università, è quella che riconosce tutte le differenze e le comu-nanze fra le culture, ma non si ferma qui! Le fa dialogare, in uno scambio conti-nuo dove ognuno si arricchisce nell’altro.

Ho studiato a Valencia per tanti anni, e sono stato in contatto con tantissimi studenti di tutta l'Europa( Valencia è uno delle mete per l‘Erasmus più richieste). Ho tanti amici che hanno realizzato il programma in altri paesi e che ho potuto andare a trovare in diverse occasioni.Questa è la prima volta che realizzo un periodo di studio di lunga durata in un paese diverso dal mio, sentendomi cosi per prima volta cittadino europeo.Quest'anno ho anche viaggiato, (Slovenia, Grecia, Serbia, Croazia, Ungheria) facendomi cosi un' idea globale di quello che significa l' Unione Europea e la sua complessità.Ci sono un paio di obiettivi che mi interessano di più: l’occupazione e le politiche energietiche. Rispetto all‘occupazione: arrivo da un paese dove il tasso di disoccupazione giovanile è più del 40%, dove i contratti lavorativi sono di breve durata, in condi-zioni precarie o lavori stagionali.Ci sono anche dei ragazzi che dopo gli studi fanno tirocinio, con la speranza dopo questo periodo di essere assunti dall' impresa. Il problema è che di solito ci sono tanti neo diplomati con voglia di fare tirocinio e allora l'impresa si trova con una coda infinita di giovani con voglia di fare esperienza.L'unico ambito dove si può trovare una certa stabilità economica è nel settore sanitario.Qui in Italia le cose non migliorano tanto.Il costo della vita è più alto di quello spagnolo.Ho diversi amici che sono andati a trovare fortuna in Inghilterra, cercando di iniziare da zero, ma non hanno trovato niente di interessante, soltanto lavori in catene di ristoranti, fast food oppure in macro fattorie, dove si lavora in condizio-ni veramente inumane.Ho sentito che in paesi come Svizzera o Danimarca, il livello di occupazione è superiore, ma ci sono delle barriere a livello linguistico molto più importanti, per cui diventa difficile iniziare dei progetti di vita in questi posti.Rispetto alle politiche energetiche faccio riferimento solo alla realtà che cono-sco, cioè quella del mio paese, dove esiste un monopolio delle imprese idroeletri-che e con questo possiamo dire che tali imprese hanno un potere quasi assoluto. Questo fatto non so fino a che punto potrebbe essere contrastato dalla UE.Ci troviamo davanti a una situazione umiliante per il paese come per la UE, ad esempio con la legge che obbliga i privati a pagare delle tasse per avere energia solare ( invece di avere degli incentivi come succede in altri paesi).Vorrei sottolineare anche l' aumento della energia elettrica nei periodi più freddi dell'anno.Per quello che riguarda gli obiettivi della UE a livello mondiale sono abbastanza disinformato. Immagino che una delle priorità siano quella della pace in Siria e l'accoglienza dei profughi.

Newsletter dell’associazione La Casa sull’Albero, anno VII, mese Aprile 2017

Non può essere che questo carico lo debbano sopportare paesi con poche risor-se come la Grecia, solo per la sua posizione geografica. Ho sentito dell'intenzio-ne della UE di appoggiare il TTIP, questione che credo sia di difficile lettura, vista la segretezza con la quale è stata affrontata e per l'aumento di potere che può dare alle multinazionali, togliendo quello decisionale ai paesi della UE.

E’ VERO CHE LA SOLIDARIETA’ TIENE INSIEME L’EUROPA COME HA DETTO IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA NEL SUO ULTIMO DISCORSO SULLO STATO DELL’UNIONE? CHE COMMENTI TI SENTI DI FARE SU QUESTO E COSA VUOLE DIRE ESSERE SOLIDALI PER TE NEL NOSTRO CONTINENTE?

Secondo me non è vero che la solidarietà “tiene” insieme l’Europa, ma piuttosto “dovrebbe” tenere insieme l’Europa. Se solidarietà significa impegnarsi e donar-si agli altri in maniera attiva e gratuita non ci dovrebbero essere tutti i problemi che sentiamo periodicamente al telegiornale. Forse la solidarietà come principio che tiene unita l’Europa è più un’utopia. Mi sento di dire però che fatta questa constatazione, non vuol dire che dobbiamo smettere di impegnarci e di crederci, ma piuttosto metterci per primi all’opera nel fare qualcosa per gli altri.

A questo proposito vorrei scrivere un piccolo esempio che mi ha fatto ragionare su quanto a volte siamo ciechi di fronte a gesti basilari: circa un mese fa, un professore universitario ci dice di fare una relazione a piccoli gruppi, su cui avremmo dovuto lavorare parecchio collaborando fra noi. Finita la lezione ognuno inizia ad accordarsi con le persone che meglio conosce per costituire i gruppi e tutto sembra filare liscio. La settimana scorsa il professore sale sopra la cattedra lasciandoci a bocca aperta, come nel film “l’attimo fuggente”, e ci chiede come mai, noi studenti di scienze pedagogiche alla magistrale, non siamo i primi a metterci in gioco per creare dei legami positivi con persone che vengo-no da altri stati europei. Io non capisco, provo a pensare a cosa si potesse riferi-re, ma non mi viene in mente niente. Poco dopo una ragazza scoppia in lacrime, il professore scende dalla cattedra e spiega che Beatriz è una studentessa spa-gnola, che da poco si è trasferita in Italia per studiare, ma che è rimasta molto delusa da noi. Le dicevano che gli italiani erano accoglienti, scherzosi, calorosi, ma nessuno di noi in classe le aveva mai rivolto la parola e ovviamente nessuno le aveva chiesto di fare la relazione insieme. Mi volevo nascondere, mi sono pro-prio sentita in imbarazzo e sconfitta perché una studentessa che da mesi è in classe con trenta persone, non dovrebbe sentirsi esclusa e nemmeno non accol-ta dagli Italiani. Ho pensato anche, chi può in questa situazioni che va avanti da mesi, farle cambiare idea su di noi? Come può sentirsi accolta? Cosa posso fare io per aiutarla? Sono io la prima che predica l’aiuto agli altri e non ho mai pensa-to di rivolgerle la parola? Questo piccolo esempio mi è rimasto molto impresso, perché con pochi gesti l’esperienza della ragazza sarebbe potuta diventare una delle più belle della sua vita, ma se è arrivata alle lacrime vuol dire che non abbiamo fatto abbastanza, io per prima. Quindi, per concludere credo che chi fa solidarietà, si senta bene per il semplice fatto di attivarsi per gli altri, e credo che se ognuno di noi, come singoli, potesse sentirsi in questo modo, l’Unione Europea sarebbe basata sulla solidarietà.

Secondo me, la solidarietà non è una cosa naturale, è qualcosa che si impara: non è acquisito, ma è culturale e si insegna attraverso l’educazione. Infatti, la solidarietà deve crearsi a tutti i livelli, da un quartiere, fino al mondo intero, pas-

sando per la regione e naturalmente per il paese.Parlare di solidarietà a livello di continente è, secondo me, difficile da immagina-re. Per esempio, come posso essere solidale con una persona che abita in Bul-garia, se all’inizio so appena dove situarlo su una carta geografica? Se parlassi-mo a livello di continente o di mondo, potrebbe sembrare troppo astratto. Para-dossalmente, con la globalizzazione tutto sembra uguale perché adesso condivi-diamo la stessa cultura: film, serie, cantanti, ristoranti, vestiti… Per esempio, quando ho partecipato al progetto Leonardo Da Vinci in Irlanda o mentre faccio lo SVE qui in Italia, essendo francese, ho scoperto che abbiamo gli stessi argo-menti di conversazione. Secondo me, questa parte della globalizzazione è molto positiva nel senso che dà una cultura comune a tutti e permette di creare de facto un legame tra le persone. Questo permette ad un sentimento di solidarietà di nascere e di crescere e di diventare sempre più forte perché l’altro non è più un estraneo: lei è come me, andiamo entrambi a Mc Donald, abbiamo entrambi le scarpe Adidas o Nike, ect. Per creare un legame, che è per me la base necessa-ria per costruire solidarietà, abbiamo tanto bisogno che le persone siano come noi, assomiglino a noi, altrimenti c’è un rigetto. Infatti Claude Lévi-Strauss, nel suo libro “Razza e storia”, ci ricorda il significato della parola barbaro. Un barbaro è qualcuno che non possiamo capire, che è totalmente differente da noi. Penso che avere una lingua internazionale sarebbe una bella cosa e, secondo me, dovremmo scegliere una lingua da parlare in tutta l’Europa, come l’inglese per esempio. Permetterebbe almeno di comunicare con tutte le persone in Europa e creerebbe un sentimento di appartenenza più forte all’Europa stessa.Inoltre, vorrei parlare della solidarietà sociale. Per esempio, c’è una solidarietà con i paesi del terzo mondo, non perché pensiamo che loro siano come noi, ma perché c’è un sentimento di pietà seguito da un sentimento di superiorità: i paesi ricchi aiutano i paesi poveri perché loro sono meno sviluppati. Possiamo ritrova-re questo atteggiamento nell’Unione Europea a un livello meno forte e in modo più generale a livello di un Paese. La distribuzione equa della ricchezza è un argomento molto importante e avere una base sociale comune dovrebbe essere una priorità perché la solidarietà è soprattutto sociale. Perché è bello fare gesti umanitari, ma lo scopo non è avere la coscienza tranquilla, bensì essere pronti a condividere la propria ricchezza per avere meno disuguaglianza e affinché gli altri si sviluppino come noi. “L’Altro” non deve essere questo “barbaro” che non conosco e quello a cui io do un po’ di soldi una volta all’anno. L’altro non deve essere un altro, ma devo vedermi in lui come fossi io, come un membro della mia comunità; una comunità europea per iniziare, sapendo che lo scopo finale è la solidarietà internazionale. Quindi l’altro lascia il posto a una “conoscenza” che voglio aiutare naturalmente. Per concludere, direi che la solidarietà è culturale, ma deve essere insegnata al punto che alla fine diventi una cosa naturale.

HAI FIDUCIA NEI POLITICI CHE GOVERNANO L’UNIONE EUROPEA? TI PROIETTI MAI NEL PRENDERE IL LORO POSTO? SE SI, PER REALIZZA-RE CHE COSA?

Ho fiducia nelle politiche che l’Unione sta portando avanti nonostante i limiti pesanti che su più fronti limitano il suo agire e che meriterebbero un’analisi più completa. Mi capita spesso di proiettarmi all’interno del Parlamento Europeo e mi piacerebbe molto poter entrare a far parte della commissione che gestisce le politiche energetiche o ambientali.

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Vorrei credere a un democrazia partecipativa dove tutti sono impegnati, ma è ancora qualcosa che deve essere insegnato perché richiede molto tempo per gestire semplicemente un quartiere o un paesino. Per avere l’impegno di tutti, bisognerebbe cambiare il modo di pensare. Ci sono azioni che si creano local-mente e, secondo me, sono una risposta per cambiare a un livello più grande: prima bisogna cominciare dal basso. Altrimenti, se non ci fosse la voglia da parte della gente, non funzionerebbe. Però dopo, per svilupparsi, ha bisogno di un aiuto. Ma non tutte le cose hanno bisogno di svilupparsi a livello globale: va bene anche avere alcune cose locali.Penso che questa domanda non funzioni perché questo modo di gestire l’Europa non è umano, è “disumanizzato”; troppo astratto, è una cosa per esperti e io non sono un esperto, ma ho comunque il diritto di dire cosa penso e di partecipare. Dunque, non voglio prendere il loro posto, ma vorrei che pensassimo a un modo per cui tutti possano avere un posto a questo tavolo. Come per la solidarietà dove dobbiamo imparare a condividere le ricchezze, qui dobbiamo imparare a condividere il potere, perché non è affare di un pugno di persone, ma di tutti.

MOLTO CONCRETAMENTE, QUALI SAPORI, INTERESSI, IDEALI VO-GLIONO VIVERE PIENAMENTE I GIOVANI EUROPEI PER ESSERE FELICI?

Da quanto ho percepito la prospettiva dei giovani europei è fatta di sapori sem-plici, legati all’infanzia e alle peculiarità delle nostre terre e dalla voglia di condivi-derle con chi per un motivo o per l’altro si trova a crescere con noi, non importa dove o per quanto tempo. C’è voglia di viaggi che permettano di costruire nuove quotidianità, di incontri che ci rendano più conoscibili a noi stessi prima che agli altri, di potersi raccontare e ragionare in lingue diverse, di sentirsi a casa un po’ ovunque e di poter godere della liquidità del nostro tempo senza annegare.

Newsletter dell’associazione La Casa sull’Albero, anno VII, mese Aprile 2017

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