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CICLI MOTORI -...

Date post: 18-Feb-2019
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CICLI MOTORI Utilizzando un motore (sorgente di lavoro meccanico operante in maniera ciclica) che evolve secondo il ciclo isotermo-adiabatico di Carnot in maniera internamente reversibile, scambiando calore in maniera esternamente reversibile con due sorgenti termiche, ed in particolare: una sorgente superiore (termostato T 1 ) a più alta temperatura che ha una (ed una sola) temperatura che sarà uguale a quella del motore endoreversibile quando ad esso fornisce calore, una sorgente inferiore (termostatoT 2 ) a temperatura più bassa (generalmente rappresentata dall’ambiente esterno) che ha una (ed una sola) temperatura che sarà uguale quella del motore endoreversibile quando da esso riceve calore, è possibile ottenere dal motore endoreversibile il suo funzionamento al rendimento massimo consentito dalle temperature delle due sorgenti e realizzare così una macchina bitermica reversibile che opera secondo il ciclo di Carnot il cui rendimento è esprimibile in funzione soltanto della temperatura delle due sorgenti 1 2 Carnot T T 1 = η Abbiamo visto che, per potere ottenere potenza da una macchina è necessario assicurare un opportuna differenza di temperatura tra le sorgenti termiche ed il motore; per mantenerci nel caso ideale, possiamo considerare ancora quest’ultimo come un motore che evolve secondo il ciclo ideale di Carnot in maniera internamente reversibile. La macchina che complessivamente ne risulta è pertanto basata su di un motore endoreversibile che scambia calore in maniera esternamente non reversibile con due sorgenti termiche: quella superiore che avrà una (ed una sola) temperatura che sarà maggiore di quella del motore endoreversibile quando ad esso fornisce calore ed una sorgente inferiore che avrà una (ed una sola) temperatura che sarà minore di quella del motore endoreversibile quando ad esso sottrae calore. Regolando opportunamente i due salti termici sarà possibile ottenere dal motore endoreversibile inserito in ciclo bitermico non reversibile per irreversibilità di tipo termico esterno, il suo funzionamento alla potenza massima consentita dalle temperature delle due sorgenti. Il rendimento della macchina di Carnot operante “a tempo finito” è ancora esprimibile in funzione soltanto della temperatura delle due sorgenti: 1 2 CTF T T 1 = η Concentriamo ora la nostra attenzione sul motore. E’ opportuno – nella pratica – usare, come motore endoreversibile, un motore che funziona secondo il ciclo di Carnot? Osservando un ciclo di Carnot riportato su di un diagramma (P,v) si può notare che l’area racchiusa all’interno del ciclo è assai modesta; ciò è dovuto al fatto che gli esponenti della politropica 1
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CICLI MOTORI Utilizzando un motore (sorgente di lavoro meccanico operante in maniera ciclica) che evolve secondo il ciclo isotermo-adiabatico di Carnot in maniera internamente reversibile, scambiando calore in maniera esternamente reversibile con due sorgenti termiche, ed in particolare:

• una sorgente superiore (termostato T1) a più alta temperatura che ha una (ed una sola) temperatura che sarà uguale a quella del motore endoreversibile quando ad esso fornisce calore,

• una sorgente inferiore (termostatoT2) a temperatura più bassa (generalmente rappresentata dall’ambiente esterno) che ha una (ed una sola) temperatura che sarà uguale quella del motore endoreversibile quando da esso riceve calore,

è possibile ottenere dal motore endoreversibile il suo funzionamento al rendimento massimo consentito dalle temperature delle due sorgenti e realizzare così una macchina bitermica reversibile che opera secondo il ciclo di Carnot il cui rendimento è esprimibile in funzione soltanto della temperatura delle due sorgenti

1

2Carnot T

T1 −=η

Abbiamo visto che, per potere ottenere potenza da una macchina è necessario assicurare un opportuna differenza di temperatura tra le sorgenti termiche ed il motore; per mantenerci nel caso ideale, possiamo considerare ancora quest’ultimo come un motore che evolve secondo il ciclo ideale di Carnot in maniera internamente reversibile. La macchina che complessivamente ne risulta è pertanto basata su di un motore endoreversibile che scambia calore in maniera esternamente non reversibile con due sorgenti termiche: quella superiore che avrà una (ed una sola) temperatura che sarà maggiore di quella del motore endoreversibile quando ad esso fornisce calore ed una sorgente inferiore che avrà una (ed una sola) temperatura che sarà minore di quella del motore endoreversibile quando ad esso sottrae calore. Regolando opportunamente i due salti termici sarà possibile ottenere dal motore endoreversibile inserito in ciclo bitermico non reversibile per irreversibilità di tipo termico esterno, il suo funzionamento alla potenza massima consentita dalle temperature delle due sorgenti. Il rendimento della macchina di Carnot operante “a tempo finito” è ancora esprimibile in funzione soltanto della temperatura delle due sorgenti:

1

2CTF T

T1−=η

Concentriamo ora la nostra attenzione sul motore. E’ opportuno – nella pratica – usare, come motore endoreversibile, un motore che funziona secondo il ciclo di Carnot? Osservando un ciclo di Carnot riportato su di un diagramma (P,v) si può notare che l’area racchiusa all’interno del ciclo è assai modesta; ciò è dovuto al fatto che gli esponenti della politropica

1

2

isoterma (n=1) e della politropica adiabatica (nmax =1,666 per gas monoatomico) sono molto simili. Per aumentare la potenza erogata per ciclo si potrebbe pensare di:

- Innalzare la pressione massima o diminuire la minima. - Aumentare la quantità di gas contenuta nella macchina - Aumentare il numero di cicli nell’unità di tempo

E’ evidente che: - la pressione minima non può essere abbassata al di sotto della pressione atmosferica - innalzare la pressione massima comporta un aumento della temperatura massima che

può divenire incompatibile con i materiali attualmente disponibili - un aumento della quantità di gas comporta un eccessivo aumento delle dimensioni e

quindi del peso della macchina - un numero di giri troppo elevato comporta problemi meccanici (inerzie).

Bisogna pertanto rinunziare all’idea di realizzare un ciclo di Carnot e cercare altri cicli che abbiano, a parità di peso di sostanza, di temperature e di pressioni di lavoro, aree più grandi e quindi una maggior produzione di lavoro per ciclo. Questi cicli, diversi da quello di Carnot, adotteranno, al posto delle trasformazioni isoterme (che sono difficili da realizzare) trasformazioni di vario genere (a P costante, a V costante, politropiche di vario indice, ecc) e saranno pertanto cicli politermici, ancorché – almeno nello studio teorico dei cicli ideali – reversibili. Descriveremo nel seguito alcuni cicli motori politermici reversibili di largo impiego nella pratica. Studieremo questi motori nel loro funzionamento in un ciclo ideale a gas perfetto (che nelle applicazioni pratiche sarà l’aria) allo scopo di calcolarne il rendimento in funzione di alcune temperature del ciclo e delle caratteristiche del gas (ricordiamo infatti che la descrizione del rendimento in base alle due sole temperature estreme, indipendentemente dalle caratteristiche del fluido, è possibile solo per il ciclo di Carnot). I calori scambiati dalle macchine verranno considerati come forniti da serbatoi esterni alla macchina stessa (motori esotermici) tralasciando ogni considerazione sulla reversibilità degli scambi di calore tra il motore e le (infinite) sorgenti esterne. Vale la pena ricordare che, se tali scambi fossero reversibili avremmo allora un ciclo politermico reversibile, ma certamente incapace di produrre potenza dovendo operare gli scambi di calore in maniera lentissima; se fossero non reversibili (ciclo politermico endoreversibile con irreversibilità di tipo termico esterno) avremmo produzione di potenza e - calcolando gli opportuni salti di temperatura - il funzionamento a massima potenza. Ci occuperemo in particolare dei seguenti cicli motori

- ciclo Otto - ciclo Diesel - ciclo Sabathé - ciclo Joule-Brayton

Per ciascuno di questi cicli potremo verificare che il loro rendimento è inferiore a quello del ciclo di Carnot che lavora tra le temperature “estreme” del ciclo in esame, dimostrazione puramente formale perché, come si è già dimostrato in via generale, il ciclo di Carnot che lavora tra due temperature ha un rendimento superiore a quello di tutte le macchine politermiche reversibili che lavorano all’interno di quelle temperature. Verranno in seguito discusse le modalità di realizzazione pratica di questi cicli senza l’utilizzazione di sorgenti esterne ad alta temperatura (motori endotermici). In queste macchine, dette anche motori a combustione interna, il calore necessario sarà fornito sotto forma di energia interna (chimica) direttamente al fluido evolvente nella macchina.

3

In questo caso è evidente che, mentre gli organi meccanici della macchina si riporteranno ciclicamente nelle condizioni iniziali, il fluido, modificandosi durante il processo, non potrà percorrere un ciclo chiuso di trasformazioni e dovrà essere rinnovato alla fine di ogni ciclo meccanico. Verranno infine introdotti i cicli motori esotermici nei quali l’aumento della quantità di lavoro prodotta per ciclo, (corrispondente all’allargamento della superficie interna del ciclo nel diagramma (P,v)) sarà ottenuta sfruttando le proprietà fisiche di alcuni fluidi reali (in particolare l’acqua) durante i loro cambiamenti di fase. In questi cicli il calore necessario sarà fornito essenzialmente sotto forma di energia interna legata ai passaggi da uno stato fisico del fluido reale ad un altro (passaggi di fase liquido/vapore e vapore/liquido). Ci occuperemo in particolare dei cicli motori

- ciclo della macchina a vapore (Watt) - ciclo Rankine

4

Ciclo Otto Standard ad aria

V

P

Q2-3

Q4-1

T

Q2-3

Q4-1

S

Le figure mostrano lo svolgimento del ciclo Otto Standard nei diagrammi (P,v) e (T,S). Si consideri la macchina formata da un cilindro munito di pistone contente una certa quantità di gas perfetto (p.es. 1 kg d’aria). Tutte le trasformazioni subite dal gas siano (internamente) reversibili e pertanto rappresentabili sui diagrammi come una successione di stati di equilibrio.

: il pistone, mosso dall’esterno, realizza una compressione adiabatica, nello stato 2 il gas ha una pressione ed una temperatura superiori a quelle dello stato 1 (in questa fase viene assorbito lavoro dall’esterno).

: il pistone è fermo, il gas viene riscaldato dall’esterno a volume costante, crescono la sua temperatura, la pressione e l’entropia. (in questa fase viene assorbito calore dall’esterno) Il calore trasferito al gas è:

)TT(cQ 23v32 −=−

: il gas si espande adiabaticamente, la temperatura e la pressione del gas diminuiscono (in questa fase viene fornito lavoro all’esterno).

: il pistone è fermo, il gas viene raffreddato dall’esterno a volume costante, diminuiscono la sua temperatura, la pressione e l’entropia. (in questa fase viene ceduto calore all’esterno) Il calore sottratto al gas è:

)TT(cQ 14v14 −=− Il rendimento della macchina sarà pertanto:

( )( ) ⎥

⎤⎢⎣

⎡−−

−=−−

−=−=−

=η−

−−

1TT1TT

TT1

)TT(c)TT(c1

QQ1

QQQ

23

14

2

1

23v

14v

32

14

32

1432Otto

Ed essendo adiabatiche le due trasformazioni di compressione e di espansione, e considerando che nelle due isocore v2 = v3 e v1 = v4 , si ha anche:

4

31k

3

41k

2

1

1

2

TT

vv

vv

TT

=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛=

−−

e pertanto 2

3

1

4

TT

TT

=

5

con vp cck = esponente (identico) delle due adiabatiche. L’espressione del rendimento della macchina ideale funzionante con il ciclo Otto risulta – diversamente dal Ciclo di Carnot - funzione delle caratteristiche del fluido essendo:

1kv

1k

1

2

2

1Otto r

11vv1

TT1 −

−=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−=−=η

Detto 3421v vvvvr == “rapporto volumetrico”, è facile vedere che il rendimento del ciclo Otto cresce al crescere di questo, tendendo ad 1 qualora il rapporto volumetrico tenda ad infinito, ossia nel caso che il volume in 2 sia piccolissimo rispetto al volume iniziale e quindi – in pratica- al tendere ad infinito della pressione finale della compressione adiabatica. Anche se il rendimento del ciclo Otto può esprimersi “in funzione di due temperature”, si osservi che la temperatura T2 non è la temperatura di una delle due sorgenti, come avviene per la macchina di Carnot, ma è funzione - come è facile controllare – delle caratteristiche del fluido utilizzato. E’ inoltre evidente che il rendimento del Ciclo Otto è inferiore a quello del Ciclo di Carnot di confronto, il cui rendimento si ottiene in funzione delle temperature massima e minima del ciclo,

ed è pertanto: Otto3

1Carnot T

T1 η>−=η essendo T3 , temperatura massima del ciclo, ovviamente

maggiore di T2.

Il lavoro fornito dalla macchina in ogni ciclo, dato dall’area 1-2-3-4 sul diagramma P,V può essere aumentato in due modi: a) Aumentando il rapporto volumetrico rv = V1/V2 b) Aumentando il calore fornito Q2-3.

P 3 3’’

(b)

4’’Q2-3

4Lciclo 4’2 (a)

1 1’V

V2 V1

6

Per r = 8 il rendimento teorico è circa 56% (il doppio del valore reale). Si ricordi che nei motori a Combustione Interna il rapporto volumetrico è limitato dal rischio di autoaccensione)

7

Ciclo Diesel Standard:

V

P Q2-3

Q4-1

Q2-3

Q4-1

T

S

Le figure mostrano lo svolgimento del ciclo Diesel Standard nei diagrammi (P,v) e (T,S). Si consideri la macchina formata da un cilindro munito di pistone contente una certa quantità di gas perfetto (p.es. 1 kg d’aria). Tutte le trasformazioni subite dal gas siano (internamente) reversibili e pertanto rappresentabili sui diagrammi come una successione di stati di equilibrio.

: il pistone, mosso dall’esterno realizza una compressione adiabatica, nello stato 2 il gas ha una pressione ed una temperatura superiori a quelle dello stato 1 (in questa fase viene assorbito lavoro dall’esterno).

: il pistone si muove, il gas viene riscaldato dall’esterno a pressione costante, crescono la sua temperatura, il volume e l’entropia. (in questa fase viene assorbito calore dall’esterno) Il calore trasferito al gas è:

)TT(cQ 23p32 −=−

: il gas si espande adiabaticamente, la temperatura e la pressione del gas diminuiscono (in questa fase viene fornito lavoro all’esterno).

: il pistone è fermo, il gas viene raffreddato dall’esterno a volume costante, diminuiscono la sua temperatura, la pressione e l’entropia. (in questa fase viene ceduto calore all’esterno) Il calore sottratto al gas è:

)TT(cQ 14v14 −=− Il rendimento della macchina sarà pertanto:

( )( ) ⎥

⎤⎢⎣

⎡−−

−=−−

−=−=−

=η−

−−

1TT1TT

kTT1

)TT(c)TT(c1

QQ1

QQQ

23

14

2

1

23p

14v

32

14

32

1432Diesel

Essendo adiabatiche le due trasformazioni di compressione e di espansione, ma essendo v2 ≠ v4 si ha anche:

4

31k

3

41k

2

1

1

2

TT

vv

vv

TT

=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛≠⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛=

−−

e pertanto 2

3

1

4

TT

TT

8

Detto ancora una volta 21v vvr = il rapporto volumetrico, definendo rapporto di cut-off

23c vvr = il rapporto tra il volume finale e quello iniziale nell’espansione isobara durante la quale il ciclo assorbe calore e ricordando che è vp cck = l’esponente (identico) delle due adiabatiche, l’espressione del rendimento della macchina ideale funzionante con il ciclo Diesel risulta – sempre diversamente dal ciclo di Carnot - funzione delle caratteristiche del fluido essendo:

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡−−

−= − 1)k(r1r

r11η

c

kc

1kv

Diesel

ponendo rc = 1 e considerando che la forma indeterminata che ne deriva può essere facilmente ridotta ad uno, ritroviamo il rendimento del ciclo Otto.

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Ciclo Joule Standard:

V

P Q2-3

Q4-1

T

Q2-3

Q4-1

S

Le figure mostrano lo svolgimento del ciclo Joule Standard nei diagrammi (P,v) e (T,S). Si consideri la macchina formata da un cilindro munito di pistone contente una certa quantità di gas perfetto (p.es. 1 kg d’aria). Tutte le trasformazioni subite dal gas siano (internamente) reversibili e pertanto rappresentabili sui diagrammi come una successione di stati di equilibrio.

: il pistone, mosso dall’esterno realizza una compressione adiabatica, nello stato 2 il gas ha una pressione ed una temperatura superiori a quelle dello stato 1 (in questa fase viene assorbito lavoro dall’esterno).

: il pistone si muove, il gas viene riscaldato dall’esterno a pressione costante, crescono la sua temperatura, il volume e l’entropia. (in questa fase viene assorbito calore dall’esterno) Il calore trasferito al gas è:

)TT(cQ 23p32 −=−

: il gas si espande adiabaticamente, la temperatura e la pressione del gas diminuiscono (in questa fase viene fornito lavoro all’esterno).

: il gas viene raffreddato dall’esterno a pressione costante, diminuiscono la sua temperatura, il volume e l’entropia. (in questa fase viene ceduto calore all’esterno) Il calore sottratto al gas è:

)TT(cQ 14p14 −=− Il rendimento della macchina sarà pertanto:

( )( ) ⎥

⎤⎢⎣

⎡−−

−=−

−−=−=

−=η

−−

1TT1TT

TT1

)TT(c)TT(c

1QQ1

QQQ

23

14

2

1

23p

14p

32

14

32

1432Joule

Essendo adiabatiche le due trasformazioni di compressione e di espansione ed essendo p1 = p4 e p2= p3 , si ha:

12

4

3k

1k

4

3k

1k

1

2

1

2

TT

pp

pp

TT

=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛=

−−

e pertanto 2

3

1

4

TT

TT

=

Definendo rapporto di compressione il rapporto rp = p2/p1 = p3/p4 e ricordando che è sempre

vp cck = l’esponente (identico) delle due adiabatiche, l’espressione del rendimento della macchina ideale funzionante con il ciclo Joule risulta – sempre diversamente dal ciclo di Carnot - funzione delle caratteristiche del fluido essendo:

k1k

pk

1k

1

22

1Joule

r

11

pp

11TT1η −− −=

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−=−=

E’ evidente che, essendo T1 la temperatura minima del ciclo e T3 > T2 la massima, il rendimento del ciclo Joule è inferiore a quello del corrispondente ciclo di Carnot. Dall’espressione del rendimento si nota come esso cresca al crescere del rapporto di compressione il cui valore è però limitato dalle temperature raggiungibili alla fine della fase di combustione, che devono essere compatibili con i materiali utilizzati.

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Ciclo Otto, realizzazione pratica Nella realizzazione pratica del ciclo Otto, il cilindro munito di pistone usato nel caso ideale viene modificato con l’aggiunta di un condotto di aspirazione, un condotto di scarico, ambedue muniti di valvole a funzionamento automatico, e di un organo detto candela. Il fluido di lavoro è costituito principalmente da aria prelevata dall’ambiente, alla quale un organo esterno, detto “carburatore” aggiunge una piccola quantità di vapori di benzina. Nei motori più moderni (motori a iniezione)la miscela viene realizzata direttamente all’interno del cilindro con un meccanismo molto simile a quello usato nei motori Diesel. La miscela aria-benzina è, sotto opportune condizioni, una miscela detonante la cui energia interna (chimica) fornisce “dall’interno” il calore necessario alla realizzazione del ciclo motore. Questi tipi di motore prendono perciò il nome di motori endotermici. Il funzionamento del ciclo può essere descritto seguendo le principali fasi meccaniche seguite dal cilindro e le corrispondenti trasformazioni del fluido.

Fase 1: Introduzione della miscela detonante nel cilindro In questa fase il pistone si muove verso il basso e la miscela, passando attraverso la valvola di aspirazione opportunamente aperta, riempie il cilindro. Si noti che in questa fase non viene scambiato né calore né lavoro tra il sistema e l’esterno: si tratta di un semplice spostamento dall’esterno all’interno del pistone di un fluido che mantiene le proprie caratteristiche iniziali di temperatura e di pressione. Non viene effettuata nessuna trasformazione sul fluido (miscela aria-benzina). Nella pratica il fluido assume una pressione leggermente inferiore a quella atmosferica a causa delle resistenze introdotte dal filtro, dal carburatore, dai condotti di aspirazione, dalla valvola.

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Fase 2 : Compressione della miscela detonante In questa fase, che avviene a valvole chiuse, la miscela subisce una trasformazione adiabatica di compressione con aumento sia della temperatura che della pressione, mentre il volume occupato dalla miscela diminuisce; il lavoro di compressione necessario viene fornito dall’esterno. Si è visto che il rendimento del ciclo Otto cresce al crescere del rapporto volumetrico, tendendo ad uno qualora il rapporto volumetrico tenda ad infinito, ossia nel caso che il volume finale sia piccolissimo rispetto al volume iniziale e quindi – in pratica- al tendere ad infinito della pressione finale nella compressione adiabatica. Nei motori moderni il rapporto volumetrico è mantenuto intorno a 10-11 e può raggiungere valori pari a 15-17 nei motori da competizione. Essendo la compressione di tipo adiabatico anche la temperatura – come si è già detto – è destinata a crescere; l’aumento di temperatura potrebbe innescare la detonazione della miscela prima che il pistone raggiunga la massima altezza (punto morto superiore) in un punto casuale, non controllato e non adatto del ciclo creando gravi inconvenienti di tipo meccanico. Un aumento della pressione di fine compressione può ottenersi aggiungendo alla miscela opportuni additivi chimici con proprietà antidetonanti.

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Fase 3 : Detonazione della miscela

Quando il pistone sta per giungere al punto morto superiore la miscela viene incendiata dalla scintilla prodotta dalla candela. La produzione della scintilla con un piccolo anticipo consentirà al fronte di fiamma di propagarsi a tutta la miscela ottenendone la combustione completa mentre il pistone completa la sua corsa verso il punto morto superiore. La reazione di combustione è rapidissima (detonazione), il pistone, giunto al punto morto superiore, non ha il tempo di muoversi all’indietro e la trasformazione che ne risulta può considerarsi a volume costante, si ha pertanto un brusco aumento della temperatura e della pressione senza produzione né assorbimento di lavoro.

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Fase 4 : Espansione dei gas combusti

In questa fase i gas combusti ad alta temperatura e ad alta pressione generati dalla detonazione si espandono in maniera adiabatica, sempre a valvole chiuse, producendo lavoro meccanico. Il pistone raggiunge così il punto morto inferiore. Fase 5 : Scarico dei gas combusti

Al raggiungimento del punto morto inferiore segue l’apertura della valvola di scarico, la pressione cade bruscamente al valore della pressione atmosferica. Il pistone, iniziando a risalire verso il punto morto superiore, svuota il cilindro dei gas combusti; durante il movimento del pistone non viene scambiato né calore né lavoro tra il sistema e l’esterno: si tratta di un semplice spostamento dall’interno all’esterno di un fluido che mantiene le proprie caratteristiche di temperatura e di pressione. Non viene effettuata nessuna trasformazione sul fluido (gas combusti).

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Nella pratica il fluido dovrà avere una pressione leggermente superiore a quella atmosferica a causa delle resistenze introdotte dalla valvola, dai condotti di scarico e dal silenziatore. In conclusione: gli organi meccanici della macchina hanno compiuto un ciclo, il fluido, avendo subito delle modifiche permanenti non può tornare nelle condizioni iniziali; possiamo considerare quindi il ciclo del fluido “si chiuda” sull’ambiente esterno che ha il compito di raffreddare i gas combusti e fornire l’aria fresca per il prossimo ciclo. Il motore Otto, largamente impiegato nell’autotrazione e nei piccoli aerei, viene detto “a quattro tempi [aspirazione, compressione, scoppio, scarico]” in base alle fasi meccaniche seguite dal pistone piuttosto che sulle trasformazioni termodinamiche del fluido. Ciclo Diesel : realizzazione pratica Anche il motore Diesel, come il motore Otto è detto “motore a quattro tempi”. Il funzionamento dei due motori è infatti, dal punto di vista delle fasi meccaniche, assai simile .

La figura mostra una sezione di un cilindro di un motore Diesel. La differenze sostanziali tra un motore Otto e un Diesel sono qui evidenti: manca infatti la candela, l’organo che serve ad innescare la detonazione della miscela, al suo posto troviamo un iniettore. Le fasi del funzionamento di un Diesel possono essere così riassunte: Fase 1: Introduzione di aria esterna nel cilindro : nella fase di aspirazione il cilindro viene riempito di sola aria Fase 2 : Compressione dell’aria : questa fase può essere compiuta con un rapporto di compressione più elevato rispetto al ciclo Otto senza problemi di detonazione, (essendo l’aria un gas praticamente inerte) raggiungendo valori di pressione e temperatura di fine compressione più elevati rispetto a quelli del ciclo Otto. Fase 3 : Iniezione del combustibile : quando il pistone ha raggiunto il punto morto superiore l’iniettore comincia ad aggiungere un olio combustibile (generalmente nafta o gasolio) all’aria

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contenuta nel cilindro. Le condizioni di pressione e di temperatura raggiunte a fine compressione devono essere tali da provocare l’immediata accensione della miscela formatasi nella precamera. La candeletta glow-plug visibile nella figura serve appunto a consentire l’avvìo a motore freddo. A differenza del ciclo Otto dove l’accensione della miscela è completa e (quasi) istantanea, e la trasformazione che ne risulta può considerarsi a volume costante, nel ciclo Diesel la fase di iniezione viene protratta per qualche tempo, dando la possibilità al pistone di muoversi verso il basso compensando, con l’aumento di volume, l’aumento della pressione dovuto alla combustione della miscela aria-nafta. La trasformazione che ne consegue può essere considerata a pressione costante. Le fasi successive:

Fase 4 : Espansione dei gas combusti Fase 5 : Scarico dei gas combusti

Sono identiche a quelle del ciclo Otto. Si è osservato in precedenza che – a parità di fluido e di rapporto volumetrico - il rendimento del ciclo Diesel è sempre inferiore a quello del ciclo Otto; osserviamo ora che, non esistendo motivazioni (oltre quelle di carattere tecnologico) che limitino il rapporto volumetrico di un Diesel, è possibile costruire motori Diesel con rapporti Viniziale / Vfinale fino a 14:1 contro i 10:1 dei motori Otto. Ciò consente ai motori Diesel più moderni di esibire rendimenti superiori a quelli dei motori Otto. Poiché la quantità di gasolio da introdurre è in rapporto stechiometrico con il peso d’aria contenuta nel cilindro ed il lavoro prodotto per ciclo è proporzionale al peso di miscela introdotta, nei motori Diesel veloci si adotta l’accorgimento di comprimere l’aria esterna prima di introdurla nel cilindro (turbodiesel). L’operazione viene attuata da un compressore mosso dai gas di scarico. Poiché nella compressione (fatta per aumentare la densità del fluido) si ha un riscaldamento indesiderato (perchè fa diminuire la densità del fluido a parità di pressione), tra il compressore ed il collettore di aspirazione si interpone uno scambiatore di calore (intercooler) raffreddato dall’aria ambiente. Diesel Common Rail Nei motori Diesel tradizionali l'iniettore di ciascun cilindro viene messo in pressione dopo che la pompa di iniezione ha preparato la giusta quantità di carburante da immettere nel cilindro. Nei Diesel più moderni il combustibile, opportunamente filtrato, viene inviato per mezzo di una pompa ad alta pressione ad un distributore comune a tutti i cilindri (common rail) che agisce da serbatoio di accumulo per rifornire ciascuno degli iniettori. Il vantaggio principale di questo sistema risiede nell'ampio campo di regolazione e nella rapidità con cui la giusta quantità di combustibile può essere fornita agli iniettori, con notevoli vantaggi sull'elasticità di marcia, sui consumi e sull'impatto ambientale. Lo svantaggio sta nella maggiore complicazione del sistema sia dal punto di vista meccanico che dal punto di vista del controllo elettronico del funzionamento del motore. Occorrono infatti due pompe di alimentazione per portare il combustibile dal serbatoio fino alla pressione di 6-7 bar che sono richiesti all'ingresso della pompa di alta pressione. Quest'ultima, di tipo a pistone, porta il combustibile nel sistema common rail alla pressione di circa 2000 bar, pressione che viene controllata e monitorata dalla centralina elettronica di bordo. L' iniettore di ciascun cilindro preleva il combustibile dalla linea comune ad alta pressione tramite una valvola a comando elettrico che può essere di tipo a solenoide o piezoelettrico

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Ciclo Joule : realizzazione pratica

La figura mostra lo schema di un tipico impianto per la produzione di potenza funzionante mediante il Ciclo Joule. L’impianto è formato da quattro elementi principali:

1) Un compressore (alternativo o rotativo, come in figura) dove viene realizzata la compressione adiabatica 1=>2 del fluido di lavoro (aria) con assorbimento di lavoro, W1.

Turbina

Raffreddatore

Riscaldatore

Compressore

W2

Q1

Q2 W1

2) Uno scambiatore di calore (riscaldatore) dove viene fornito il calore Q1 necessario per compiere il ciclo motore.

3) Un espansore (alternativo o una turbina, come in figura) dove viene realizzata l’espansione adiabatica 3=>4 del fluido di lavoro (aria) con produzione di lavoro W2.

4) Uno scambiatore di calore (raffreddatore) dove viene smaltito il calore Q2 necessario per chiudere il ciclo motore.

Lo scambio di calore tra la sorgente ad alta temperatura (geotermica, nucleare, ecc) ed il fluido di lavoro (che - come si è già detto - è aria, ma potrebbe essere anche CO2 , come nel caso dei reattori nucleari a gas), così come quello tra il fluido di lavoro e l’ambiente, avvengono in un dispositivo detto appunto “scambiatore di calore”. Uno scambiatore di calore, che per impianti di taglia medio/alta è generalmente del tipo a fascio tubiero (“shell & tubes”) realizza – per sua natura – una trasformazione a pressione costante sui fluidi che lo attraversano. Pertanto le quantità di calore scambiate lungo le trasformazioni 2=>3 e 4=>1 saranno calcolabili attraverso le differenze di temperatura ed i calori specifici a pressione costante dei fluidi utilizzati. Ne risulta un ciclo isobaro-adiabatico o ciclo di Joule standard. Dall’esame della figura si può ancora notare come all’albero del compressore dovrà essere fornito un lavoro meccanico W1, mentre dall’albero della turbina si potrà prelevare il lavoro meccanico W2. Collegando meccanicamente tra loro i due alberi, il compressore assorbirà direttamente il lavoro necessario al suo funzionamento mentre, dall’estremità opposta dall’unico albero, potremo prelevare il lavoro netto prodotto dal ciclo.

L12 = W2 − W1 = Q1 − Q2 .

22

Ciclo Brayton : realizzazione pratica

Q2 W2-W1

Compressore

Camera di combustione

Ambiente

TurbinaQ1

La figura mostra lo schema di un tipico impianto per la produzione di potenza funzionante mediante il Ciclo Brayton. L’impianto è formato da tre elementi principali:

1) Un compressore rotativo, dove viene realizzata la compressione adiabatica 1->2 del fluido di lavoro (aria).

2) Una camera di combustione, dove viene iniettato con continuità un flusso di combustibile (gasolio, cherosene) la cui reazione esotermica con l’aria compressa fornisce il calore Q1 necessario per compiere il ciclo motore. La trasformazione subita dall’aria (che è in quantità assai superiore a quella del combustibile) può essere considerata a pressione costante.

3) Una turbina, dove viene realizzata l’espansione adiabatica 3->4 del fluido di lavoro (gas combusti).

La “chiusura” del ciclo avviene nell’ambiente (ovviamente a pressione costante) dove la macchina scarica i gas combusti ed il compressore preleva l’aria fresca necessaria alla continuazione del ciclo. Ne risulta un ciclo isobaro-adiabatico o ciclo di Brayton. Collegando meccanicamente tra loro l’albero del compressore e quello della turbina, si preleva dall’unico albero il lavoro netto prodotto dal “ciclo”.

L12 = W2 − W1 = Q1 − Q2 .

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