Date post: | 07-Dec-2014 |
Category: |
Documents |
Upload: | corsainmontagna |
View: | 4,678 times |
Download: | 0 times |
Introduzione
L’allenamento di forza nelle discipline di endurance sta assumendo, negli ultimi anni, un
interesse sempre più crescente da parte del mondo scientifico, ed è diventato perciò
oggetto di numerosi studi. Tutto ciò grazie alle intuizioni di molti tra gli allenatori e i
ricercatori che hanno ipotizzato come lo sviluppo di programmi di training misto
(endurance e forza) potesse essere una delle strade utili per contribuire al miglioramento
delle prestazioni. In particolare, vengono studiati i fattori neuromuscolari legati
all’insorgere della fatica durante le prove di endurance; questo perché, durante esercizi
prolungati e a intensità elevata, l'attività muscolare va necessariamente incontro ad un
affaticamento, con una conseguente diminuzione della capacità del sistema muscolare di
produrre forza. Per cercare di ritardare e contrastare l’insorgenza della fatica si sta
tentando di introdurre, nelle discipline di endurance, programmi di allenamento volti a
migliorare la capacità di forza. Attualmente, numerosi studi hanno dimostrato come
l’utilizzo di allenamenti di forza abbia un effetto positivo su molti parametri legati alla
prestazione stessa, come ad esempio alcune espressioni di forza e di economia di corsa ed
altri indici legati alla performance aerobica.
I vantaggi derivanti da questo tipo di lavoro dipendono strettamente dal volume della
esercitazione svolto ad una determinata intensità; tuttavia con il progredire
dell’allenamento, questi parametri abbisognano di continui e costanti incrementi per
permettere dei benefici reiterati nel tempo (Kramer et al. 2004; Alcaraz et al. 2008).
Origini e principi del circuit training
Il concetto circuit training fu introdotto per cercare di contenere il tempo da dedicare
all’allenamento della forza, e allo stesso tempo sviluppare comunque un volume di lavoro
sufficiente. Ideato nel 1956 da due professori del dipartimento di educazione fisica
dell’Università di Leeds in Inghilterra, Morgan ed Adamson il circuit training fa
riferimento ad una serie di esercizi accuratamente selezionati e disposti consecutivamente,
in modo tale da coinvolgere molti distretti muscolari. Formato da 9-12 stazioni veniva
eseguito da ogni soggetto passando da una stazione all’altra in meno di 15-30 secondi, con
un tempo di esecuzione dell’esercizio di 15-45 secondi, pari a un numero che poteva
oscillare da 8-20 ripetizioni. Il carico variava dal 40% al 60% di 1RM. ( N.B. per
Ripetizione Massima si intende il peso massimo che si è in grado di sollevare una sola
volta per quel determinato movimento) Le ricerche dei due ideatori dimostrarono che il
circuit training permetteva di utilizzare un valore di consumo di ossigeno (dal 39% al 51%
del
V.
O2max) che risultava in sintonia con le linee guida della American College of Sports
Medicine (ACSM) per cui l’intensità dal 40% al 85% del
V.
O2max permetteva lo sviluppo ed
il mantenimento della fitness cardio-respiratoria (Pollock et al. 1998). Negli anni ‘60,
quando Morgan e Adamson con il loro libro Circuit training, introdussero i circuiti come
nuova metodologia dell’allenamento della forza, questa forma di lavoro ebbe
immediatamente grande successo. Essa si basava essenzialmente sulla possibilità di
eseguire il lavoro in spazi ristretti e con un numero elevato di atleti (pari almeno al
numero di stazioni utilizzate). Erano anni nei quali non era ancora avvenuto il boom delle
palestre private, si era ancora lontani dall’attuale livello di sviluppo tecnologico di
macchine di potenziamento che hanno consentito e consentono un lavoro sempre più
specifico e mirato a particolari gruppi muscolari.
L’uso di questi circuiti divenne presto motivo di diverse interpretazioni ed adattamenti, al
punto tale che ebbe un certo successo la pubblicazione di un libro di un autore russo,
J.A.Gurevic dal titolo “1500 esercizi per la strutturazione dell’allenamento in circuito”
(Gurevic 1985), uno dei primi tentativi di fornire a questo tipo di esercitazioni una certa
sistematicità. La fiducia dell’Autore in tali esercitazioni si spinse a tal punto da
considerare questo tipo di attività una panacea per tutti i mali e, quindi, giunse ad
avanzare una sua originale idea sul fatto che i circuiti potessero essere usati come attività
compensativa ed anti usurante per tutte le attività lavorative; l’Autore pensò perciò di
ideare circuiti ad hoc per gruisti, pompieri, muratori, macellai ecc.
La maggiore novità dell’utilizzo del circuit training risulta quindi essere il fatto che in un
determinato periodo di tempo, vi è la possibilità di sviluppare sia la resistenza muscolare
localizzata, sia la componente aerobica (Gettman et al. 1978; Harber et al. 2004) sia la forza
che la potenza a livello muscolare (Alcaraz et al. 2008). Inoltre, grazie alla duttilità del
circuit training, è possibile eseguire, per esempio, un circuito con tutti gli esercizi effettuati
a carico naturale oppure costruire un circuito solo con macchine isotoniche altrimenti è
anche possibile costruire un circuito combinando esercizi a carico naturale, con macchine
isotoniche o utilizzando piccoli attrezzi .
Ricerche scientifiche e circuit training
In letteratura i parametri studiati dopo un allenamento di forza con circuit training sono
stati:
- le variazioni di forza;
- il massimo consumo di ossigeno (
V.
O2max);
- gli aspetti cardiovascolari;
- la composizione corporea.
Le variazioni di forza
Per quanto riguarda le variazioni di forza, è stato osservato come l’utilizzo del circuit
training, con intensità del 40-50% di 1RM, programmi di allenamento della durata da otto a
venti settimane, determinasse un miglioramento della forza stessa dal 7% al 32% in uomini
e donne (Wilmore et al. 1978; Gettman et al. 1978, 1980, 1982; Haennel et al. 1989; Verrill et
al. 1992); risultato conforme agli studi di Takarada, Ishii (2002) che hanno dimostrato che
esercizi di forza con intensità del 50% di 1RM, se eseguiti con brevi pause di recupero tra
le serie (30s), determinano un incremento di forza e massa muscolare.
Il massimo consumo di ossigeno (
V.
O2max)
Per quanto riguarda l’influenza del circuit training sulla performance aerobica, in
letteratura sono presenti pareri discordi. Ciò è probabilmente dovuto all’utilizzo di
protocolli, intensità di esecuzione e tempi di recupero diversi.
Gli studi che non dimostrano nessun miglioramento nel massimo consumo di ossigeno,
dopo circuit training o dopo allenamento di forza con bassi carichi, sono quelli di:
- Allen. et al. (1976), che prevedeva un protocollo con allenamento al 50% di 1RM e un
numero di ripetizioni inferiore a 15;
- Fahey et al. (1973); Hickson et al. (1980), eseguito su soggetti giovani e di media età con
allenamenti tradizionali di forza (numero elevato di serie e un lungo periodo di pausa (2
min) tra una serie e l’altra).
L’assenza di miglioramenti cardiocircolatori, e quindi un miglioramento della capacità
aerobica, dopo dodici-ventisei settimane di circuit training potrebbe essere spiegata dal
fatto che, durante l’esecuzione degli esercizi si arrivava a un
V.
O2 corrispondente al 36-
45% del
V.
O2max (Wilmore et al. 1978; Hempel et al. 1985). Questi valori, infatti, sono al di
sotto della soglia comunemente raccomandata per migliorare la capacità aerobica (ACSM
1998). Un’altro fattore importantissimo è il tempo di recupero tra un esercizio e l’altro e tra
una serie e l’altra. Infatti, allenamenti di circuit training caratterizzati da alto numero di
ripetizioni e brevi periodi di pausa determinano un moderato miglioramento del
V.
O2peak
(3-11%) (Gettman, Pollock 1981; Frontera et al. 1990; Gettman et al. 1982). Viceversa i
tradizionali programmi che consistono in più serie, intervallate da lunghi periodi di
recupero (2-4 minuti) non determinavano alcun miglioramento, anzi, talvolta un
peggioramento del
V.
O2peak (Hickson et al. 1980; Goldberg et al. 1994; Nakao et al. 1995).
Risulta evidente, dunque, come tutti questi studi abbiano potuto appurare solo un leggero
miglioramento della
V.
O2max. Sarebbe bene tener presente, quindi, che quando si tratta un
atleta di endurance, magari di alto livello, ben altri devono essere i metodi di allenamento
da utilizzare. Anche se, in particolari circostanze come:
- il recupero da infortuni;
- la ripresa dell’attività dopo una lunga interruzione;
- determinate condizioni climatiche proibitive;
- la giovane età;
il circuit training nella sua forma intensivo-resistente (detta altresì Set) può concorrere al
miglioramento dell’efficienza muscolare dell’atleta.
In contrapposizione, le ricerche che confermano un miglioramento del
V.
O2max, sono quelle di
Gettman et al. (1982) e Kaikkonen et al. (2000), che mettono in rilievo un aumento del
V.
O2peak, attraverso l’utilizzo del circuit training, eseguito con esercizi ad un’intensità del
40-60% di 1RM per 12-15 ripetizioni con brevi intervalli tra una serie e l’altra. Questi
risultati sono confermati dagli studi di Gettman et al. (1982), Novitsky et al. (1995),
Kaikkonen et al. (2000) che dimostrano un miglioramento della capacità aerobica sia ad
intensità sub-massimali che massimale, comparabile con i classici esercizi di aerobici.
Gettman et al. (1982) e Kaikkonen et al. (2000), che mettono in rilievo un aumento del
V.
O2peak, attraverso l’utilizzo del circuit training, eseguito con esercizi ad un’intensità del
40-60% di 1RM per 12-15 ripetizioni con brevi intervalli tra una serie e l’altra; dimostrando
un miglioramento della capacità aerobica sia ad intensità sub-massimali che massimale,
comparabile con i classici esercizi aerobici.
Gli aspetti cardiovascolari
Finora è stato osservato come l’utilizzo del circuit training, ad intensità moderata ed
attraverso protocolli a breve-medio termine, porti ad un miglioramento sia della capacità
di estrinsecazione della forza sia (ma non per tutti) della componente aerobica. È bene,
però, precisare come tali miglioramenti non siano accompagnati da modificazioni di tipo
funzionale e di tipo morfologico a livello cardiaco, in particolare a livello del ventricolo
sinistro (Camargo et al. 2008).
Inoltre, se in passato alcuni studi hanno evidenziato come un allenamento di circuit
training, paragonato ad un esercizio tradizionale di forza con alta intensità e basse
ripetizioni, determinasse un maggiore, o simile, adattamento cardiovascolare (Gettman,
Pollock 1981; Stone, O’Bryant 1985), molti studi, riferiti agli effetti acuti del circuit training,
suggeriscono che un’intensità del 40% di 1RM non risulta uno stimolo sufficiente per
migliorare il trasporto dell’ossigeno anche se si mantiene un frequenza cardiaca al di sopra
del 60% della FCmax (Wilmore et al. 1978; Hurley et al. 1984; Ballor et al. 1987; Collins et al.
1991; Garbutt et al.1994).
Partendo dal presupposto che sono molti i fattori che intervengono nella relazione FC e
V.
O2, e che alcuni di questi sono (Verrill D. et al., 1992):
- il tipo di esercizio;
- il carico;
- la pausa tra le serie;
- il livello di fitness;
come applicazione pratica di quanto detto, che vale sia per i tecnici sia per tutti coloro che
lavorano “sul campo”, è nostra opinione che sia di estrema importanza cercare di monitorare
sempre l’intensità esecutiva dei diversi esercizi, altrimenti non si sa più su quale aspetto
prevalente si stia lavorando e che cosa si stia cercando di allenare.
Composizione Corporea e Circuit Training
Durante l’allenamento di CT sono state osservate delle variazioni di composizione corporea, in
particolare è stato visto che mediamente vi era una aumento significativo di 1.3-2 kg di massa
magra e una diminuzione significativa del 0,8-2.9% di massa grassa (Gettman & Pollock 1981). In
altri studi è stato visto un miglioramento della massa magra di 1,2-3,2 kg e un decremento del 2-
3% della massa grassa dopo un programma di 10-20 settimane di CT (Gettman et al. 1978, 1980,
1982; Wilmore et al. 1978). Questi valori sono stati confermati nello studio di Harber et al. (2004)
in cui è stata vista una diminuzione del 1,7% della massa grassa.
Giovani e circuit training
Il circuit training, sviluppato da Morgan e Adamson, originariamente è stato utilizzato per
migliorare le condizioni di salute e benessere negli studenti dell’università, poi fu
introdotto nelle scuole secondarie superiori per sviluppare sia la forza muscolare che la
resistenza aerobica.
Nei bambini delle scuole elementari e delle medie i programmi di educazione fisica sono
stati creati per poter sviluppare al meglio le abilità e capacità motorie. Il circuit training può
essere uno strumento che permette di migliorare queste abilità sia da un punto di vista
fisico che motorio, sviluppando la forza (tabella1), la flessibilità, la resistenza, la
coordinazione.
Inoltre si può ritenere il circuit training una metodica di “allenamento gioco” attraverso la
quale i bambini possono sviluppare, sperimentare e conoscere il proprio corpo variando
continuamente gli esercizi ad ogni stazione del circuito in modo da fornire delle
esperienze motorie sempre diverse e stimolanti.
La sedentarietà e l’obesità sono un problema molto diffuso tra i bambini della società di
oggi. Secondo uno studio della “International Obesity Task Force”, circa il 4% di tutti i
bambini d’Europa è affetto da obesità e tale percentuale è in marcato aumento.
Bisogna sottolineare che l’obesità infantile rappresenta un fattore predittivo di obesità
nell’età adulta. Oltre ad avere una maggiore predisposizione al sovrappeso/obesità, la
persona che è stata in soprappeso o obesa da piccola, risulta maggiormente esposta a
determinate patologie, soprattutto di natura cardiocircolatoria , respiratoria, muscolo-
scheletrica e di tipo metabolico (Sangi et al. 1991; Nieto et al. 1992; Must et al. 1992; Dweyr
et al. 1994, 1996; Beyker et al. 1998; Dweyr et al. 1998; Dietz et al. 1998; Freedman et al.
1999; Redline et al. 1999; Fulton et al. 2001).
È possibile ipotizzare che il circuit training introdotto a scuola possa essere una metodica
importante, oltre che per sviluppare il tono muscolare di base, anche per evitare lo
sviluppo del sovrappeso e obesità nei ragazzi di oggi. Inoltre, riteniamo che il circuit
training sia un utile strumento di base per giovani atleti in fase di formazione prima che
l’espressione delle loro attitudini e talento li indirizzi verso una specifica disciplina
sportiva.
E’ ancora utile il circuit training ?
Considerazioni applicative
Il circuit - training è stato catalogato in circuiti classici i quali avevano diverse finalità di
sviluppo : estensivo, intensivo e intensivo resistente.
Estensivo
Gli esercizi di questo circuito vengono eseguiti a tempo e tra una stazione e l’altra si
effettua un recupero molto modesto (circa 10”/ 15”) appena sufficiente per spostarsi tra le
varie stazioni. In tale situazione le pulsazioni cardiache non sono molto elevate ma si
mantengono costanti , simili a quelle normalmente mantenute durante il lavoro di corsa
definito “lungo a ritmo costante” .In questo modo si ottiene il duplice scopo di migliorare
l’efficienza muscolare e quella cardiocircolatoria. Lo sviluppo della forza è di tipo generale
e quindi questi circuiti sono particolarmente indicati per atleti all’inizio di carriera o per
sedute da inserire nel periodo iniziale del programma annuale
Intensivo
In questo circuito l’atleta deve cercare di mantenere intensità di esecuzioni elevate ,per
questo motivo la pausa di recupero potrà essere di 2/3 minuti .
Questo lavoro permette di preparare la muscolatura allo sforzo agonistico e di sollecitare
un impegno cardiaco elevato. Sarà necessario effettuare a riposo tutti gli esercizi
componenti il circuito per poter stabilire il numero ottimale di ripetizioni da effettuare poi
nel circuito. In tal modo il tecnico può controllare il grado di affaticamento dell’atleta per
eventualmente interrompere i circuiti quando la fatica eccessiva non consente all’atleta di
effettuare il numero di ripetizioni richiesto.
Intensivo resistente ( o Set)
In questo circuito l’interesse si pone su di un gruppo muscolare per volta. Dopo aver
lavorato sino a portare il muscolo ad un vistoso affaticamento derivante dal numero di
ripetizioni, e dalla velocità esecutiva, si passerà a lavorare su di un altro gruppo muscolare
senza più tornare sul primo. Tale tipo di circuito è consigliato ad atleti evoluti e maturi
poiché vengono raggiunti elevati stati di affaticamento mentre permane la necessità di
effettuare movimenti composti e tecnicamente validi. Lavorare in uno stato di
affaticamento non possedendo le capacità motorie adatte può portare a fastidiosi incidenti
muscolari. Il mantenere un alto minutaggio di lavoro per ogni gruppo muscolare consente
di sviluppare un’elevata capacità di resistenza locale.
Dal punto di vista attuativo il circuit- training si basa su alcuni elementi principali:
1. la durata del circuito, che viene stabilita da un certo numero di stazioni fino a
raggiungere il minutaggio richiesto;
2. l’intensità della esecuzione che permette di definire in che direzione si vuole
procedere (intensivo – estensivo, etc.);
3. le pause di ristoro che determinano il recupero;
Conclusioni sull’Allenamento attraverso il Circuit Training
Dall’analisi delle varie ricerche svolte sul CT emerge che questo tipo di allenamento ha degli effetti
benefici sul miglioramento della fitness aerobica con adattamenti cardiorespiratori positivi ma in
soggetti sedentari e non allenati. Anche in soggetti sedentari molte sono le variabili da tenere in
considerazione per creare adattamenti positivi durante allenamento con CT. Tra queste variabili vi
sono:
La fitness di partenza dei soggetti è molto importante perché se già ben allenati non si creano
miglioramenti di
V.
O2max ne adattamenti cardiovascolari significativi dopo allenamento con
CT.
I tempi di recupero, sia durante le serie che le ripetizioni, sono importanti poichè è stato
dimostrato che, se eccessivamente elevati, determinano minimi adattamenti cardiocircolatori che
non permettono dei miglioramenti significativi del
V.
O2max.
Il carico in % rispetto ad 1RM se troppo basso e sotto il 20% crea scarsi miglioramenti
cardiocircolatori e respiratori paragonabili ad una camminata di una persona sedentaria.
La composizione corporea dopo allenamento con CT determina un leggero aumento di massa
magra e una diminuzione di massa grassa. L’aumento di massa muscolare è molto limitato ma la
cosa importante è che non determini un’ipertrofia muscolare causando un peggioramento del
V.
O2max normalizzato per il peso corporeo.
Queste considerazioni vanno bene per soggetti sedentari e non allenati ma cosa accade negli atleti o
in soggetti ben allenati?
In base alle considerazioni sopra elencate si dovrebbe sviluppare un allenamento di forza con CT
nella programmazione dei mezzofondisti con l’obiettivo di migliorare la performance non solo
migliorando i parametri come il
V.
O2max e i fattori cardiocircolatori, che come già detto possono
essere migliorati con sedute di allenamento tradizionali ad una data intensità, ma di lavorare sui
fattori neuromuscolari o di migliorare la potenza muscolare tramite allenamenti di forza esplosiva,
al fine di incidere, attraverso una maggior ‘’efficienza muscolare’’, sia sul costo energetico del
marciatore sia su una maggior resa degli allenamenti aerobici classici (potenza e/o resistenza).