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Coaching Manuale

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1 COACHING ALL’IMPRENDITORE Settembre 2012
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Page 1: Coaching Manuale

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COACHING ALL’IMPRENDITORE

Settembre 2012

Page 2: Coaching Manuale

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Api Torino, nata nel 1949, rappresenta la cultura e la creatività imprenditoriale di una delle

più importanti aree industriali italiane.

E’ il punto di riferimento per le circa 3.200 piccole e medie imprese associate, alle quali fa

capo una forza lavoro di oltre 65.000 addetti.

Fra i compiti dell’Associazione, il patrocinio unitario nei confronti delle organizzazioni

sindacali dei lavoratori, e l’assistenza in campo sindacale, tributario, tecnologico,

ambientale e commerciale.

A questo, l’Associazione aggiunge azioni di rappresentanza presso Enti e Istituzioni locali,

essendo interlocutore attivo a tutti i livelli sulle grandi questioni che riguardano il Territorio,

il suo sviluppo e il benessere nel futuro dei suoi abitanti.

Page 3: Coaching Manuale

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Api Formazione S.c.r.l. è un ente di formazione senza scopo di lucro costituito da oltre

1100 imprese, in maggioranza industriale e associate all’API.

Dal 1992 Api Formazione svolge la propria attività con l’obiettivo di sviluppare le iniziative

in materia di formazione destinate allo sviluppo tecnologico ed organizzativo delle piccole

e medie imprese del territorio, in particolare inerenti lo sviluppo delle nuove tecnologie e

dell’informatizzazione.

Api Formazione opera in collaborazione e sinergia con i servizi di API Torino.

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La Camera di Commercio di Torino è il punto di riferimento per le oltre 200.000 attività

imprenditoriali presenti sul territorio provinciale, e si pone come interlocutore privilegiato

per le aziende non soltanto per facilitare il disbrigo delle pratiche amministrative, ma anche

per proporre diversi servizi e iniziative, orientate alla valorizzazione e alla tutela degli

interessi generali dell'economia.

L’ente camerale è al fianco degli imprenditori anche con servizi promozionali, che

assistono l’impresa fin dalla sua costituzione, supportandone la nascita, seguendone lo

sviluppo, raccogliendo e soddisfacendo le sue esigenze più importanti.

La Camera di Commercio rappresenta, inoltre, un interlocutore di rilievo nel dialogo fra le

componenti economiche operanti sul territorio.

Page 5: Coaching Manuale

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INDICE

Premessa.............................................................................................................................6

1.1 Perché il Coaching?.......................................................................................................6

1.2 Il coaching e coach oggi ................................................................................................8

1.3 “Nuove frontiere della consulenza”: coaching, counselling e counselling di processo ...9

1.4 Tecniche e strumenti nel coaching ..............................................................................13

1.5 Dal coaching individuale al system coaching...............................................................15

1.6 Come deve essere presentato e gestito il coaching all’azienda...................................19

1.7 La costruzione di un piano di coaching........................................................................20

1.8 Conclusioni ..................................................................................................................21

Premessa...........................................................................................................................22

2.1 L’intervista a testimoni esperti: intervista 1 ..................................................................22

“Quali le motivazioni che spingono un’azienda a chiedere un intervento?”........................30

“Quali gli strumenti e le tecniche?”.....................................................................................31

“Difficoltà e criticità incontrate”...........................................................................................32

“Competenze del coach”....................................................................................................33

3 La sperimentazione in azienda: erogazione dell’intervento di coaching .........................343.1 L’erogazione del coaching: caso 1...............................................................................34

3.2 Il caso 2 - Il “punto di vista” del coachee.....................................................................414 Conclusioni .....................................................................................................................42

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1 Introduzione teorica

PremessaLa scelta di intervenire con un progetto di coaching all’imprenditore nasce dall’esigenza di

sostenere le aziende nel far fronte all’attuale momento di crisi e di avvalersi della

professionalità di esperti in grado di sostenerle e di indirizzare le decisioni future.

Per molti imprenditori la vita sta diventando difficile: si trovano ogni giorno ad affrontare

una serie di pressioni provenienti dai mercati, dai competitors e dai dipendenti

dell’impresa.

I motivi che hanno orientato alla scelta del coaching come metodologia di supporto sono

legati al fatto che il coaching permette di:

• Mettere insieme un piano di intervento fissando taluni obiettivi

• Trovare il modo di ridurre le fonti di stress

• Migliorare l’autodisciplina e la motivazione

• Migliorare la consapevolezza di sé

• Migliorare le competenze relazionali

• Migliorare la performance dei lavoratori

• Aumentare la produttività e la competitività dell’azienda

La caratteristica principale del coaching è che non offre soluzioni preconfezionate ma

coach e coachee lavorano insieme per creare ed implementare il cambiamento.

Il progetto intende agire sia a livello di analisi organizzativa, intesa come lettura delle

strategie che l’eventuale struttura in esame si è data alla luce dei cambiamenti esterni

verificatisi a livello di contesto/settore in cui opera, sia rispetto alla figura del singolo o dei

singoli soggetti prediligendo setting di apprendimento centrati sulla persona e sul

recupero/valorizzazione dell’esperienza pregressa.

1.1 Perché il Coaching?Il coaching è un intervento richiesto dalle organizzazioni che, nell’esplicitare la loro

funzione strategica e operativa, incontrano problemi di diversa natura, che possono

causare disfunzioni alle organizzazioni medesime e in alcuni casi compromettere la loro

stessa sopravvivenza. Si inserisce nel quadro di quegli orientamenti finalizzati a coniugare

il paradigma della produttività con il benessere individuale, quindi a conciliare due obiettivi

in genere poco compatibili come il conseguimento del profitto e la realizzazione della

persona.

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Una delle principali criticità delle organizzazioni moderne è l’incertezza che compare

innanzitutto come tratto socio-economico distintivo. I confini delle strutture, dei gruppi e dei

ruoli, rischiano di essere sempre più lassi e difficilmente decifrabili; il lavoro si esprime in

larga parte sotto forma di contratti flessibili e richiede versatilità, autoimprenditorialità e

capacità di reinventarsi; la velocità del progresso tecnologico accentua il processo di

invecchiamento delle risorse e lascia indietro chi non è in grado di tenere il passo con

l’innovazione.

L’incertezza proveniente dal macro – ambiente si avverte inoltre come stato d’animo:

vivere in contesti insicuri induce l’emergere di ansie spesso sopite ma pronte a riaffiorare.

Conflittualità legate a fattori organizzativi e di macrosistema (scarsa definizione della

struttura dei ruoli, dei processi di leadership, presenza di un compito primario vago ed

ambiguo, instabilità dei mercati e dell’economia in generale) e a tensioni che riguardano la

sfera personale (eventi accaduti nella vita del singolo causa di sentimenti di

disorientamento e di impotenza) sono situazioni che acuiscono uno stato di

preoccupazione e di agitazione.

Quando l’incertezza regna sovrana, sia nell’ambito interno alla persona sia in quello

esterno, la mission e gli obiettivi dell’azienda sono sostenuti a fatica e l’azienda stessa

rischia di essere scossa dalle dinamiche relazionali ed emozionali, consce e inconsce, che

costituiscono l’organizzazione nascosta, ovvero quella dimensione sommersa e meno

razionale che si cela dietro l’apparente quotidianità della vita lavorativa.

Il quadro delineato fa da sfondo agli interventi di coaching proposti alle realtà organizzative

che, incapaci di trovare una risposta efficace ai problemi, richiedono assistenza ad esperti,

incaricati di risolvere le difficoltà che le assillano, difficoltà che, pur essendo percepite, non

sono delineate nelle loro molteplici cause. Affidarsi ad un occhio esterno significa in primo

luogo riconoscere che, l’imprenditore e l’azienda, con le loro sole armi, non sono in grado

di affrontare le criticità emerse e in secondo luogo vuole dire ricercare chi sa essere più

oggettivo perché non direttamente coinvolto nella situazione.

La stesura di seguito prodotta intende approfondire la tematica del coaching organizzativo,

sia sotto l’aspetto teorico, a partire dai principali paradigmi che lo hanno anticipato, sia

sotto l’aspetto pratico delle modalità con cui si costruisce e gestisce un intervento di

coaching. La descrizione di un caso aziendale aiuta inoltre in tale intento.

Page 8: Coaching Manuale

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1.2 Il coaching e coach oggi

Oggi in Italia il coaching non è sicuramente diffuso come in altri Paesi Europei o come

negli Stati Uniti. Esso può esser definito come un percorso di leadership per lo sviluppo

(questo specie nel caso in cui il coach sia il capo stesso) e focalizza due aspetti:

- lo sviluppo del coachee

- il miglioramento della performance del coachee che nasce dall’espressione del suo

massimo potenziale.

Il coach in azienda può essere esterno (come nel caso di un consulente-professionista)

oppure interno come nel caso del coach di un settore aziendale, del coach collocato nello

sviluppo del personale o del capo che svolge la funzione di coach (il cosiddetto

“management coaching”).

All’interno di un’organizzazione è ovvio che il coaching persegue i progressi del coachee

oppure il raggiungimento di obiettivi individuali legati agli obiettivi organizzativi e di

business.

Se almeno sulla delicatezza del ruolo non pare esservi attualmente alcuna forma di

dubbio, altrettanto non si può dire su quale sia il punto di partenza per avviare un percorso

di coaching. Nel nostro Paese non è chiaramente come nei paesi anglosassoni o come in

Germania in cui la figura del coach in azienda è a tal punto “ufficializzata” che un coachee

prende l’iniziativa e chiede il coach per un colloquio. Nel passato il coaching si attivava su

indicazione della direzione “quando qualcosa non andava”: in genere il problema era oltre

all’aspetto organizzativo anche la performance di un dipendente. Oggi le dinamiche si

muovono su presupposti simili benché fortunatamente i presupposti di partenza non sono

solo i problemi ed i punti di debolezza dei dipendenti ma anche i loro punti di forza.

Nel caso del coach esterno, pur avendo professionalità e requisiti psicologici, mancano le

conoscenze organizzative relative alla struttura in cui deve muoversi. Tali conoscenze

diventano indispensabili soprattutto nel caso di processi di cambiamento aziendale: motivo

per cui in tali casi è opportuno investire un tempo congruo nell’analisi organizzativa. Nel

caso del coach esterno tuttavia il vantaggio è sicuramente quello di non essere coinvolto

in confronti di posizione o dispute “interne” in quanto considerato in genere “neutro ed

esperto”.

Per quanto riguarda invece il coach di “settore” in genere si tratta di un ex-responsabile di

area a cui vengono assegnate le funzioni di coach del settore di riferimento: in tal caso

vengono riconosciute le capacità e la professionalità specifica del soggetto in questione,

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pur dovendo quest’ultimo esprimere gli aspetti caratteristici della figura del coach, dalla

comunicazione all’ascolto, dalla leadership alle tecniche del coaching.

Infine nel caso del coach interno tende a crearsi una dinamica di scarsa schiettezza

perché viene visto come figura facente parte della Direzione del Personale e dunque

meno tutelante per ciò che concerne la “privacy”: nella sua figura, infatti, si vede una sorta

di “portavoce” delle politiche aziendali e dunque meno impegnato nella funzione di

“sostegno allo sviluppo della singola risorsa”.

Anche quando il coach coincide nella figura del capo si pongono non pochi problemi

poiché se comunque in passato non è stato un capo orientato alla motivazione, è

impossibile che lo diventi improvvisamente solo alla luce di qualche tecnica in più di cui si

è impossessato. Al capo che svolge la funzione di coach si associano, infatti, alcune

criticità tra cui la mancanza di fiducia, la non volontà di fare brutte figure davanti al capo, la

perdita di autorità, un conflitto di lealtà rispetto all’azienda, la mancanza di tempo.

Tuttavia a parte queste problematiche la tendenza a diffondere nelle aziende percorsi di

coaching sembra essere sempre più diffusa benché la forma più accreditata pare ormai

essere quella dell’”executive coaching”, cioè del coach esterno. Non è ancora considerata,

invece, pratica possibile quella di assegnare al capo le funzioni di coach poiché questo

implica un allargamento dei compiti del capo e una trasformazione delle realtà organizzate

in “learning organizations”.

1.3 “Nuove frontiere della consulenza”: coaching, c ounselling e counselling diprocessoCoaching, Counselling e Counselling di processo sono modalità di consulenza e di

intervento, consolidate nel mondo anglosassone, che si stanno diffondendo come

strumenti di accompagnamento nei processi di cambiamento e di gestione delle risorse

umane.

Il Coaching è un’azione di consulenza/accompagnamento finalizzata al supporto per il

raggiungimento di obiettivi personali, relazionali o professionali. È una metodologia di

empowerment relazionale che mira a favorire l'espressione e lo sviluppo delle potenzialità

attraverso l'autoconsapevolezza e lo sviluppo del senso di autoefficacia personale.

Il Counselling è un’attività di consulenza orientata a sostenere il soggetto nella soluzione

di problematiche specifiche. È un rapporto professionale focalizzato alla gestione di una

difficoltà vissuta da quest’ultimo a fronte di problemi e ostacoli incontrati nel contesto di

lavoro.

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“ Il Counselling può cercare la soluzione di specifici problemi, aiutare a prendere decisioni,

a gestire crisi, migliorare le relazioni, sviluppare risorse, promuovere e sviluppare la

consapevolezza personale, lavorare con le emozioni e pensieri, percezioni e conflitti

interni e/o esterni. …”

Con il termine “Counselling di processo ” si fa riferimento ad una modalità di relazione

d’aiuto fortemente concentrato sull’organizzazione.

Uno degli obiettivi della consulenza di processo, è di coinvolgere il cliente nella fase di

diagnosi e di soluzione dei problemi; la partecipazione all'intero processo è finalizzata a

consegnare al cliente gli strumenti per imparare a vedere e risolvere i problemi da solo. In

questo modo si sviluppa la capacità del cliente di imparare ad imparare.

Il Coaching , come strumento di consulenza, si realizza attraverso una serie di incontri tra

due interlocutori: il Coach esterno all’azienda e il Coachee interno all’organizzazione.

Il Coachee è la persona che fa richiesta della consulenza per il miglioramento delle

prestazioni professionali attraverso lo sviluppo delle personali potenzialità.

Il Coach è l’allenatore, colui che supporta il cliente nell’esplorazione di sé e nell’attuazione

del piano di sviluppo concordato. Il Coach non suggerisce e non impartisce lezioni ma, con

l’aiuto delle sue tecniche, della sua esperienza e delle sue competenze sostiene la

rielaborazione o la riflessione sulle esperienze di vita professionale del cliente.

Il risultato è la realizzazione di un processo di apprendimento e di crescita in cui il

Coachee ha parte attiva e forte responsabilità.

Indipendentemente dalle figure organizzative interessate, in una relazione di aiuto nella

quale opera un Coach possono essere coinvolte fino a tre macro tipologie di ruoli:

committente, consulente e cliente.

Le relazioni che si generano in questa triangolazione generano aspettative differenti e

“regole del gioco” specifiche e fondanti la relazione d’aiuto stessa. Una di queste

regolamenta il rapporto tra coach (nel caso in cui questo non coincidesse con il cliente) e

committente, affermando che venga preclusa a quest’ultimo la conoscenza di ciò che

avviene nella relazione tra coach e cliente. Questa relazione non ammette, infatti,

spettatori di sorta né report finali per terzi. L'azienda è dunque esclusa se non

nell’appropriazione dei vantaggi conseguenti e manifestamente visibili dopo la relazione.

Tale tipo di triangolazione si basa su due tipologie di contratti relazionali: il primo contratto

organizzativo tra Coach e Committente e il secondo contratto psicologico tra Coach e

Coachee.

Il contratto organizzativo ha la finalità di definire e delineare:

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- obiettivi istituzionali e aree di bisogno organizzativo a cui risponde l’intervento di

Coaching;

- strutturazione dell’intervento (numero minimo e massimo di incontri; durata)

- metodologia di lavoro adottata.

Il contratto psicologico interessa invece il Coach ed il Coachee e definisce il come, in base

a quali regole e a quale scopo si intende dar vita alla reciproca relazione. Entrambi i

contratti possono essere scritti o verbali.

Indipendentemente dal patto di lavoro e dalla stipula del contratto la relazione tra coach e

coachee è orientata ad un duplice obiettivo: quello di comprendere l’altro e quello di

aiutarlo a prendersi in carico la propria situazione problematica.

Centrale nella relazione di coaching è il valore della persona (il Coachee). Il coach nella

relazione che si viene a generare cerca di mettersi in contatto con la totalità

dell’interlocutore, al fine di coglierne l’originalità e di sostenerne lo sviluppo.

La relazione di Coaching è quindi finalizzata a facilitare nel coachee un processo di

decisione, un’autonomia forte ed una più marcata consapevolezza di sé.

La discussione ed il confronto sono intrinseche al processo di coaching e lo caratterizzano

come uno specifico laboratorio per la creazione di nuove idee. Le persone coinvolte in un

percorso di coaching sperimentano nuove modalità di pensiero e di azione diverse dalle

solite e stimolate dalla particolare relazione di coaching.

La relazione sociale fra coach e cliente diventa terreno in cui possono crescere nuove

idee. Ogni tecnica e strumento utilizzato dal coach (dalle domande di scoperta al goal

setting) è funzionale perché inserito all’interno di una specifica relazione.

Il processo di consulenza all’interno del quale si costruisce l’azione e la relazione tra

Coach e Coachee si sviluppa attraverso cinque fase di intervento:

1. l’analisi del contesto : realizzata attraverso la messa a fuoco da parte del Consulente

delle “variabili in gioco” nell’attuale situazione problematica vissuta dal Cliente (il

processo di diagnosi approfondita). Nel corso di questa prima fase del processo sarà

importante la costruzione di una relazione di fiducia (definendo finalità del lavoro,

garanzie di riservatezza, responsabilità e impegni reciproci);

2. l’analisi delle potenzialità del cliente da coinvolgere nel percorso di consulenza;

3. la costruzione del processo di lavoro : permette di identificare gli attori da

coinvolgere nel processo di consulenza (possono infatti non coincidere con il Cliente

iniziale). L’ipotesi di intervento si costruirà nelle interazione reciproche Consulente-

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Cliente, attraverso la ricostruzione e rappresentazione attiva di episodi vissuti nella

realtà operativa e di problematiche riscontrate nella quotidianità lavorativa;

4. l’azione di supporto, vera e propria azione di coaching sul cliente. È la fase di lavoro

più delicata, impegnativa e di maggior durata, rispetto a tutto il resto del percorso:

richiede condizioni di massima efficacia nel lavoro svolto da entrambi gli attori, Coach e

coachee, in termini di riconoscimento delle reciproche responsabilità;

5. la fase di chiusura e verifica dei risultati raggiunti e della razionalizzazione del

processo svolto, individuando le aree forti e le aree di miglioramento.

L’intervento del Coach nella fase di supporto si realizza attraverso un attento presidio

della relazione, del processo e dell’apprendimento.

Il presidio sulla relazione da parte del Coach ha la funzione principale di far sentire il

Coachee riconosciuto e supportato nella sua azione di progettazione ed esplorazione di

percorsi gestionali alternativi.

La relazione Coach e Coachee rappresenta il luogo dove il Coach può riflettere ed

elaborare con gradualità le esperienze di gestione aziendale attraverso un’azione di

supporto relazionale e facilitazione metodologica. Il Coach fungerà da catalizzatore

dell’autoriflessione e della creatività dell'individuo.

La relazione di coaching favorisce la capacità di osservare se stessi all’interno delle

proprie esperienze professionali utilizzando l’attività di tutti i giorni come una “palestra” per

l'apprendimento ed incrementando la responsabilità nella gestione degli eventi aziendali.

Il “coach” deve rispettare alcune regole fondamentali rispetto al particolare “contratto

relazionale” consulenziale:

- il supporto nella ricerca di soluzioni non deve entrare nelle scelte e nelle decisioni

costruite e maturate dal cliente;

- non deve esprimere giudizi ma sollecitare l’esplorazione di un problema;

- deve confidare nelle risorse del cliente, nella sua capacità di giudizio e di elaborazione;

- le emozioni del cliente devono essere rispettate, accolte e gestite.

Per quel che riguarda il processo , la sua progettazione e la gestione del processo diventa

una preoccupazione prioritaria del Coach che deve sempre essere consapevole del suo

evolversi e dell’assunzione di responsabilità all’interno del processo operata dal Cliente.

Il Coach deve sostenere il recupero da parte del cliente di quella progettualità necessaria

al governo del suo impegno lavorativo. Riflessione, analisi, confronto, ri-elaborazione

strategica, rappresentano alcune delle fasi di lavoro dell’esperienza di coaching.

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Nel processo di Coaching, ancor più che nella formazione, l'attenzione e la gestione dei

differenti stili di apprendimento riveste un ruolo fondamentale al fine di raggiungere gli

obiettivi di apprendimento e lo sviluppo del potenziale inespresso del Coachee.

Il Coach può quindi sostenere lo sviluppo di alcune competenze attraverso il presidio dei

quattro momenti fondamentali dell’apprendimento:

1) il “momento dello stimolo”: la chiarificazione e presentazione del problema;

2) il “momento evocativo”: il momento di discussione e di confronto finalizzato ad

individuare gli elementi del problema che è stato presentato (l’approccio è ancora emotivo

al problema);

3) l’“indagine oggettiva”: il raggiungimento della consapevolezza concettuale del problema

attraverso il confronto ed il dialogo (l’approccio diventa razionale);

4) il “momento applicativo”: l’esperienza concreta, effettuata sia negli incontri di Coaching

sia in situazioni reali.

Il presidio del percorso si realizzerà attraverso il continuo e costante monitoraggio del

Coach, che segue il suo Cliente nel tempo valutandone i cambiamenti avvenuti attraverso

processi di feedback generati sulla base di riferimenti interni ed esterni.

1.4 Tecniche e strumenti nel coaching

A supporto dell’azione di presidio, il Coach mette a disposizione una gamma di strumenti

da impiegare e combinare insieme in modo differente, a seconda delle diverse esigenze

emergenti nel processo di lavoro svolto con il suo cliente.

Gli strumenti ai quali facciamo riferimento sono:

• il problem-solving creativo;

• la rievocazione o re-playing di vissuti;

• le tecniche di simulazione per l’esplorazione di situazioni problematiche in corso o per

la verifica e l’allenamento preventivo a modalità nuove di comportamento.

Attraverso l’impiego di tecniche di problem-solving creativo il Coach può sollecitare lo

sviluppo di un pensiero logico da integrare con gli aspetti più intuitivi e creativi del Cliente

al fine di accrescerne l’efficacia e l’efficienza manageriale.

Il problem-solving creativo permette quindi al Coachee di migliorare la sua capacità di:

- definire i problemi e stabilire le priorità;

- trovare le soluzioni per risolvere i problemi, valutandone, in funzione delle esigenze,

dei vincoli e delle priorità, l'effettiva praticabilità e la risolutività nel tempo;

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- sviluppare un processo che consenta di calarsi realmente nella situazione e di

raccogliere e tener conto anche delle opinioni di altri;

- migliorare l’efficacia del processo decisionale.

I metodi e le tecniche apprese si possono integrare a supporto degli aspetti più profondi

della personalità alla base di un problem-solving efficace, quali:

- la curiosità intellettuale;

- la fiducia nelle proprie capacità;

- l’interesse per la complessità;

- l’indipendenza di giudizio ;

- il poco timore dell'opinione altrui;

- il gusto per l'apprendere;

- la propensione per le attività ludiche

- la determinazione

- la disponibilità a farsi coinvolgere

Mentre sugli aspetti correlati alla capacità, intesa come il saper fare, il Coach può agire

attraverso la trasmissione di metodi e di strumenti, sugli aspetti più profondi, più correlati

alle qualità individuali, l’azione di cambiamento da parte del Coach potrà essere agita solo

attraverso le tecniche di rievocazione o di re-playing di vissuti e il presidio sulla relazione.

Le tecniche di rievocazione o re-playing di vissuti hanno una funzione:

- “catartica”;

- di strumento per il cambiamento di “atteggiamenti di vita”, convinzioni o “copioni” non

più funzionali al momento attuale ma ancora persistenti.

Le tecniche di simulazione per l’esplorazione di situazioni problematiche in corso o per la

verifica e l’allenamento preventivo a modalità nuove di comportamento utilizzano invece il

role-play come strumento a supporto del Coach nell’analizzare situazioni relazionali

difficili.

Il role-play sostiene nel processo di coaching l’apprendimento attraverso la simulazione,

intesa qui come la riproduzione nella relazione Coach-Coachee di problemi o situazioni

autentiche e analoghe a quelle riscontrabili nella vita lavorativa del Cliente. Il role-play può

prevedere l’interazione diretta e in tempo reale del Coach e del Coachee: i due asumono i

ruoli e le soluzioni ipotizzate dalla situazione da simulare (ad esempio, una vendita ad un

cliente, un colloquio con un collaboratore, la gestione di una presentazione in pubblico).

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Il role-play permette al Cliente di esplorare situazioni relazionali e sviluppare strategie più

idonee per la loro gestione.

Il role-play come anche le altre tecniche presentate hanno come presupposto nonché

condizione di base per il loro successo:

- la messa in discussione del Coachee;

- l’impegno ;

- la disponibilità alla ricerca ed all’apprendimento.

Ritorniamo quindi al principio base del coaching, che prevede che il cambiamento risieda

solo all’interno dell’individuo.

1.5 Dal coaching individuale al system coachingCome per il counselling anche nel caso del coaching è possibile un’applicazione ad un

intero sistema e non solo al singolo individuo: in questo secondo caso esso viene

applicato ad esempio all’interno di una famiglia, in un’organizzazione di lavoro, in un

gruppo di lavoro, in una comunità, in un ufficio. In genere si opta per una forma di “system

coaching” quando l’azienda stessa si accorge del connubbio tra benessere organizzativo e

benessere psicologico e quando dunque l’obiettivo è quello di andare oltre la

pianificazione a breve termine per avviarsi verso una pianificazione più a lungo termine

con lo scopo ultimo di innovare gli obiettivi. Si tratta di un approccio in cui il focus è dato

dall’organizzazione o da gruppi facenti parte dell’organizzazione e dove il presupposto di

partenza è sempre l’attenzione per le risorse umane e per la dimensione relazionale.

A partire dagli anni ’90 i manager iniziano a riconoscere l’utilità del coaching come risorsa

utile sia per gli individui sia per le organizzazioni: considerato che queste ultime sono fatte

di persone, ciò che serve al singolo, a maggior ragione serve ai gruppi che convivono in

realtà organizzate, dove ogni soggetto porta con se un bagaglio personale che entra in

modo prepotente nella quotidiana esperienza di lavoro. Quando il mondo soggettivo si

rapporta con quello delle organizzazioni, è gioco forza che i disequilibri individuali si

incontrino con quelli organizzativi, con la conseguenza di generare situazioni di tensione

che, non solo rendono difficile la convivenza e affievoliscono la motivazione ma alla fine

producono ricadute negative sulla produttività e sul rendimento dell’azienda.

Una situazione delicata si presenta quando non vi è integrazione tra gli obiettivi personali

con quelli aziendali. In tal caso si verifica che le spinte, gli interessi e le aspirazioni del

singolo non trovino spazio di espressione o per contro che le richieste aziendali non

riescano a soddisfare le attese del lavoratore in quanto o troppo elevate, rispetto ai suoi

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desiderata, oltre che effettive capacità, o perché eccessivamente basse in relazione al suo

profilo professionale.

Anche grosse fasi di cambiamento possono preludere a stati critici che mettono a rischio

la salute organizzativa dell’azienda; tali fasi riportano alla superficie intensi vissuti emotivi

che si esplicitano sotto forma di resistenza o negazione alle nuove idee e proposte,

oppure all’opposto, come urgenza di intraprendere un cammino sconosciuto per fuggire da

una situazione sentita come stagnante, senza invece salvare lo storico e le esperienze di

successo.

In sintesi gli interventi di coaching prendono in carico insieme il singolo e la collettività

muovendosi tra problematiche causate dal rapporto organizzazione e individuo, problemi

originati nell’esistenza del singolo che si manifestano anche nel prendere parte alla vita

dell’impresa, disequilibri causati da una cattiva gestione. Pertanto alcune di tali motivazioni

si sviluppano a partire dalla sfera individuale, altre da quella organizzativa ma è comunque

difficile stabilire una chiare suddivisione tra questi ambiti in quanto fortemente integrati gli

uni con gli altri.

Un elemento di sicura divergenza tra coaching all’individuo e system coaching è dato dalla

figura del cliente che richiede l’intervento e che si interfaccia con il coach.

Se nel primo caso il cliente è il soggetto che, riconoscendo una situazione di disagio,

sceglie di rivolgersi al coach (in alcuni casi vi è un'altra persona, vicina al richiedente, che

si fa portatore del bisogno di quest’ultimo), nel secondo, è l’istituzione tutta che richiede

l’intervento, creando una rete di relazioni in cui si inscrive l’intervento. Inoltre se nel caso

del coaching individuale la persona che riceve il supporto coincide con il cliente finale, in

genere nelle organizzazioni il cliente è meno facilmente identificabile, e la questione può

essere ambigua e problematica, dal momento che spesso il coach si trova a lavorare ed

interagire con differenti figure che possono esprimere aspettative tra loro diverse.

Per gestire efficacemente la rete di clienti presenti nell’organizzazione è necessario

distinguere in modo netto e tenere a mente quali sono le differenti tipologie di clienti

poiché a seconda delle specificità questi si esprimeranno con comportamenti diversi e

condurranno alla creazione di precise dinamiche.

Infine un’ulteriore differenza tra il coaching individuale ed il system coaching, riguarda

quanto spazio è lasciato alla dimensione emotivo relazionale. Essendo l’organizzazione il

campo d’azione l’obiettivo esplicito è quello di orientare l’intervento in modo che la parte

razionale predomini su quella emotiva: spesso però si tratta più di un desiderata che di

realtà poiché l’emozionale, nel compiere scelte e prendere decisioni, riveste in realtà molta

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più importanza di quanto sia lecito ammettere. Se oggi si inizia ad accettare che anche i

manager necessitano di sviluppare e di utilizzare competenze emotive, allora anche le

azioni di coaching dovranno favorire un accomodamento soddisfacente dei sentimenti

delle persone dentro un sistema di regole formalmente finalizzate alla produzione di

risultati.

Le somiglianze tra coaching individuale e coaching di gruppo sono in realtà maggiori di

quello che sembra. Innanzitutto il coach deve svolgere un ruolo di supporto finalizzato

all’ascolto e alla comprensione dei bisogni che integri due differenti polarità: facilitare

l’approfondimento delle problematiche emerse, esercitando la dovuta comprensione ed

empatia ma valutare anche lo stato di “salute” del soggetto, individuale e/o collettivo, con

cui questi lavora, per garantirne la tenuta nel tempo; attenersi dall’etichettare ma saper

intervenire con sostegni mirati ed efficaci. Infine come in tutte le occasioni di confronto

anche nel coaching si fronteggiano differenti culture su cui impostare una proficua

collaborazione: considerato che in ambito organizzativo si definisce cultura ciò che per

analogia negli interventi individuali corrisponde alla personalità individuale, la cultura del

coach dovrà raffrontarsi con quella dell’organizzazione.

In conclusione è opportuno che sia il coaching individuale sia quello rivolto a gruppi

esercitino un’azione di mediazione tra ambito logico-cognitivo e ambito emotivo-

relazionale, che adottino differenti approcci (passare tra modalità più direttive ed altre

meno direttive), che in ultima analisi tengano conto del benessere e della produttività.

Le principali tipologie di coaching di gruppo propongono interventi che hanno come scopo

ultimo quello di aiutare le organizzazioni ad affrontare il cambiamento in modo flessibile

mettendo al centro le persone su cui investire.

Anche per ciò che concerne le aree di applicazione del coaching si deve distinguere tra le

motivazioni principali che stanno alla base della richiesta di un intervento di tipo più

individuale e gli obiettivi che invece si tendono a raggiungere con un percorso di system

coaching.

Il percorso individuale in genere è rivolto a manager o professionisti che possono aver

bisogno di:

� risolvere problemi con il loro team

� mettere a punto uno specifico piano d’azione per favorire gli obiettivi di crescita del

team

� organizzarsi rispetto a problemi di tempo o di priorità

Page 18: Coaching Manuale

18

� rendere la struttura in cui si lavora più competitiva

� pianificare strategicamente l’utilizzo delle risorse a disposizione

� porre rimedio ad un periodo di crisi del relativo mercato

� risolvere problemi o conflitti personali

� affrontare periodi di stress eccessivo

� affrontare un successo raggiunto troppo velocemente

� favorire la fidelizzazione di una specifica tipologia di clientela

Il percorso di system coaching invece viene attivato quando il bisogno di base rientra tra le

seguenti categorie:

� sviluppare le competenze nei collaboratori per favorire la leadership ed il lavoro in team

� indurre un miglioramento della produttività

� stimolare il senso di appartenenza al gruppo

� migliorare la performance e motivare i collaboratori

� affrontare e gestire nuovi progetti

� tenere il passo con il cambiamento organizzativo

Al di là che si tratti di un coaching individuale o di un system coaching, ciò che va

sottolineato è che le relazioni interpersonali, un tema per sua stessa natura delicato, in un

contesto in cui colleghi, capi, collaboratori, clienti e fornitori non sono scelti ma imposti,

hanno una probabilità maggiore di essere il focus più diffuso su cui si concentrano

eventuali criticità: in primo luogo, anche se teoricamente sarebbe opportuno separare tra

sfera lavorativa e sfera privata, nella realtà portiamo sul posto di lavoro i vissuti e le

situazioni esperienziali che riguardano tutta la nostra persona e quindi anche le emozioni,

negative e positive, sperimentate nell’ambito privato; in secondo luogo, vi possono essere

incompatibilità caratteriali che purtroppo si manifesteranno in maniera più o meno evidente

nella condizione lavorativa causando tensioni, incomprensioni e alla fine disaccordo

esplicito. Quindi in concreto il coach agisce in presenza di conflittualità relazionali legate a

situazioni dipendenti da fattori personali (vissuti contingenti, personalità del singolo),

amplificate da motivi di carattere organizzativo (confini ambigui, sovrapposzione di compiti

e responsabilità): si può ad esempio trattare di scarsa congruenza tra il contenuto del

ruolo medesimo e le caratteristiche della persona o di incompatibilità tra le caratteristiche

soggettive di due individui che esercitano due ruoli tra loro fortemente interrelati.

Page 19: Coaching Manuale

19

1.6 Come deve essere presentato e gestito il coachi ng all’aziendaProporre un percorso di coaching ad un’azienda non è di semplice attuazione: il succo è

che l’impresa abituata a ragionare su numeri, obiettivi e risultati, di fronte all’idea di una

consulenza che integri gli aspetti tecnici con quelli emotivo-relazionali, si percepisce

maggiormente vulnerabile e pertanto esprime perplessità, dubbi, scetticismo, in una sola

parola chiusura.

Il modo migliore per affrontare e superare tali barriere consiste nell’avvicinarsi all’azienda

in due modi:

� definire/utilizzare un linguaggio condiviso - si intende inquadrare il coaching da un

punto di vista teorico - applicativo, evidenziandone il funzionamento, i vantaggi per gli

individui e per l’azienda, cercando di sviscerare tutte le perplessità , gli eventuali timori

e di trovare quindi un terreno comune di lavoro tra committenza e coach;

� concentrarsi sulla dimensione tecnico operativa – si intende da un lato prendere le

mosse a partire dal problema strategico e/o lavorativo che l’azienda manifesta per poi

integrare la sfera relazionale e dall’altro operazionalizzare definendone gli obiettivi, le

metodologie quantitative e qualitative, i momenti di supervisione, le tempistiche, i

risultati che ci si prefigge raggiungere ed i clienti che partecipano/usufruiscono

dell’intervento medesimo.

E’ di fondamentale importanza che l’azienda si senta presa in carico innanzitutto rispetto al

bisogno di cui si fa portatrice, usufruendo, in tal senso, anche di apporti di consulenza

specialistici, e, nel prosieguo dell’analisi del problema, si approfondisca, con la medesima,

la richiesta avanzata per valutare se e quali altre criticità questa nasconde o ha in sé.

Proporre un percorso di coaching impone sfide non solo all’azienda, che si trova, come

abbiamo detto, ad affrontare un approccio consulenziale nuovo, ma anche per il coach che

deve, innanzitutto, conquistare la fiducia della committenza, mediando tra le esigenze di

quest’ultima e le richieste espresse dai beneficiari effettivi dell’azione, tra la produzione di

risultati concreti ed il perseguimento di risultati intangibili e non immediatamente visibili.

In specifico le sfide che gli si pongono davanti sono sia di tipo relazionale (mantenere i

confini e contemporaneamente la confidenzialità, assumere ruoli diversi a seconda della

tipologia di cliente), professionale (evitare di farsi condizionare dal “fallimento” di alcuni

casi, non farsi isolare, accettare che per rendere compatibili gli obiettivi dell’organizzazione

con quelli del coaching è richiesta una continua negoziazione), produttivi (dare risultati,

generare un feedback positivo sull’organizzazione che ne influenzi l’autoimmagine).

Page 20: Coaching Manuale

20

1.7 La costruzione di un piano di coachingLa prima fase può essere definita preliminare all’introduzione dell’intervento vero e proprio

ed è finalizzata a rilevare sia l’atteggiamento dell’azienda verso la proposta sia ad

effettuare un’analisi della domanda da questa espressa. Si procederà con la valutazione

dei seguenti aspetti:

� lo stato di crisi/crescita in cui si trova l’azienda

� la cultura organizzativa per comprendere dove è concentrata la struttura di potere e

l’ideologia prevalente

� il modo con cui il coaching potrà essere integrato nell’organizzazione, influendo sui

processi organizzativi in modo critico senza essere un’appendice della medesima

� i bisogni di chi partecipa (analisi dei disagi espressi dalle persone: stress sul lavoro,

difficoltà nei confronti del cambiamento, livello di tensione produttiva, mancanza di

flessibilità…) per capire se il coaching è lo strumento più adatto

� le aspettative realistiche ed irrealistiche che l’azienda ha rispetto al coaching

La seconda fase è volta a negoziare e a formalizzare la proposta di coaching attraverso un

accordo che specifichi responsabilità, ruoli reciproci e livelli di intervento:

� livello economico/amministrativo

� livello professionale (finalità, obiettivi, compiti e ruoli di ciascuno nel gruppo di lavoro)

� livello psicologico (rispetto, fiducia, dialogo aperto e posizioni chiare)

� livello organizzativo (rete di relazioni gerarchiche e funzionali che possono promuovere

la richiesta di coaching)

Se vi è accordo sulle due fasi precedenti si passa alla terza fase con cui viene comunicato

l’avvio dell’intervento alle figure direttamente coinvolte. Gli scopi perseguiti sono:

� esplicitare in modo chiaro l’iniziativa decisa dall’azienda per far si che le persone

abbassino il livello di guardia e partecipino attivamente, senza timore di essere valutate

o giudicate

� permettere al consulente di muoversi liberamente senza apparire degli estranei verso

cui nutrire diffidenza

Page 21: Coaching Manuale

21

� definire in modo inequivocabile il ruolo del consulente in modo da evitare convinzioni

errate (che sia una “spia” della direzione, che sia uno psicologo in incognito, che sia un

“difensore” dei lavoratori)

Dopo lo svolgimento dell’intervento si passa alla fase di conclusione che ha differenti

finalità:

� rilevare le eventuali altre esigenze che il coaching può aver suscitato (estendere il

coaching ad altre aree/figure aziendali, sviluppo professionale, analisi di clima,

consulenza al management, supporto al cambiamento..)

� dare un feedback che preveda una sintesi del processo di valutazione intermedio e

finale (rilevazione della soddisfazione e dell’efficacia espressi da tutti gli attori

considerati)

� affrontare il processo di separazione evidenziando gli apprendimenti/cambiamenti

intercorsi ed i nuovi strumenti acquisiti, anticipando le prevedibili reazioni del cliente,

incoraggiando il cliente a confrontarsi attivamente con la fine dell’esperienza,

esaminando gli aspetti cognitivi ed emotivi (sensazione di aver ancora bisogno, timore

di non farcela da soli, consapevolezza delle personali capacità…)

1.8 ConclusioniQuanto sopra riportato a proposito del coaching vuole essere in primis una guida

conoscitiva di supporto al mondo imprenditoriale che, sempre più sollecitato a valutare se

sperimentare il coaching, cerca informazioni su tale metodologia. L’intento è stato quello di

fornire i principali riferimenti teorici, convinti che la disponibilità a sperimentare passi anche

attraverso la conoscenza, e di far comprendere in che cosa realmente consista un

approccio di tale genere, altrettanto certi che l’intervento, a prescindere dalle coordinate

generali, prenda forma nel contesto specifico e non possa essere semplicemente un

progetto pensato a tavolino.

La finalità esemplificativa del breve compendio si concretizza nell’analisi e nella

descrizione di un caso aziendale, di seguito proposto, oltreché nella sintesi di alcune

interviste effettuate con testimoni esperti.

Page 22: Coaching Manuale

22

2 La sperimentazione in azienda: l’intervista a tes timoni esperti

PremessaNella presente sezione si vuole illustrare il percorso di realizzazione del progetto

attraverso la descrizione di due casi affrontati nel processo di consulenza. Il taglio che si

intende dare alla trattazione è di tipo pratico-operativo: sono infatti proprio i metodi e gli

strumenti adottati in fase di consulenza a costituire il focus dell’intera argomentazione,

arricchita di spunti di riflessione e suggerimenti circa le motivazioni che hanno guidato le

scelte operative e la gestione di talune dinamiche consulenziali. L’intervento pone estrema

attenzione al concetto di responsabilità, sia del coach sia del cliente, di gestione efficace

del tempo e delle risorse: in tal senso il coaching nei suoi adattamenti recenti corrisponde

alla ricerca, attuata nelle aziende, di minimizzare i costi e massimizzare il rendimento. Tra

le sue caratteristiche principali vi sono dunque la breve durata ed economicità, che

consentono di avvicinare e intervenire su più persone in un’ottica positiva e pragmatica

consentendo alle persone coinvolte di diventare artefici del loro cambiamento e della loro

crescita.

Nel presente progetto la struttura dove si è svolto l’intervento di consulenza è data dalla

stessa realtà in cui operano i referenti stessi della sperimentazione in oggetto; l’esperto di

coaching, invece, è un soggetto esterno alla medesima. La struttura opera nel settore

della formazione ed è di medie dimensioni (circa 50 dipendenti).

Precedentemente alla sperimentazione si è optato per un’intervista di approfondimento sul

tema del coaching con due testimoni esperti, di cui uno poi è stato il consulente che ha

effettuato il percorso di coaching ad una figura di responsabilità della struttura di cui sopra.

2.1 L’intervista a testimoni esperti: intervista 1L’indagine è stata effettuata mediante interviste svolte con testimoni esperti ovvero

consulenti che da tempo si occupano di coaching nelle aziende, per metterne in luce le

criticità ed i punti di forza.

In entrambi i casi l’intervista è stata di tipo semi-strutturato, in modo da lasciare ampio

spazio al racconto ed alla riflessione.

Intervista 1

“Può fornire una definizione ed una panoramica del coaching?”

Page 23: Coaching Manuale

23

“Provando a fornire una definizione di coaching più personale e basata sull’esperienza

sino ad oggi svolta, non si può non considerare la vasta letteratura esistente e le ondate di

moda che rendono il coaching di recente più appetibile rispetto ad altre modalità

consulenziali. Sotto il termine coaching rientrano modalità di consulenza tra le più strane:

ad esempio il coach inteso come allenatore in ambito sportivo è molto presente nel

panorama delle varie definizioni e approcci propri del coaching.

Il coaching è sicuramente un rapporto asimmetrico, anche se meno di altre forme di

consulenza; c’è infatti il coach, che eroga, ed il coachee, che riceve l’intervento vero e

proprio. Ha una durata in genere breve, con obiettivi ed un focus specifici. Anche il

coaching prevede alcune fasi come appunto la fase di analisi della domanda e la fase di

analisi del contesto (clima, cultura).

L’intervento di coaching è strutturato in sessioni (di breve durata) che possono essere di

un numero minimo di 10 incontri da comunque articolarsi in base agli obiettivi ed alla

risorsa coinvolta. E’ importante ragionare in termini personalizzati quando si struttura

l’intervento tranne che per gli strumenti e la metodologia che sono standard.

Si lavora prevalentemente sull’aspetto relativo alle competenze soprattutto di carattere

trasversale; non si tratta infatti di migliorare la conoscenza su qualcosa di particolare

perché in tal caso si entrerebbe più nel terreno proprio del mentoring (dove per mentoring

si intende una trasmissione di conoscenze da un soggetto esperto ad uno meno esperto).

In riferimento al mentoring si deve sottolineare che trasmettere una competenza da chi la

possiede a chi è meno esperto è molto difficile sia perché chi è competente difficilmente è

altrettanto bravo ad insegnare sia perché chi è esperto spesso non è consapevole delle

personali competenze. Nel caso del mentoring si tratta di una modalità molto più

strutturata e formalizzata ma è anche l’unica che consente e facilita la trasmissione.

L’esperto inoltre deve esser guidato anche in un percorso di autoconsapevolezza proprio

per prender conscienza delle competenze di cui è in possesso.

Il coaching non ha nulla a che vedere con il counselling dato che il focus in tal caso è più

legato alla presa in carico della persona nella sua globalità.

Nel coaching come si è detto più sopra il focus è dato da competenze di tipo trasversale

per esempio le competenze legate alla vendita come nel caso delle figure di tipo

commerciale”.

“Talvolta però il coaching diventa una forma di cou nselling che tiene però più in

considerazione l’aspetto legato alle competenze”

Page 24: Coaching Manuale

24

“Nel counselling c’è un’attenzione importante alla dimensione personale. L’intervento di

coaching può essere molto complesso: si pensi al life coaching. Personalmente non

ritengo opportuno che in un intervento di coaching si vadano a toccare punti delicati della

persona che possono nascondere fragilità della stessa o suoi aspetti critici, i quali

andrebbero affrontati in contesti diversi”.

“Ma nella pratica del suo lavoro sicuramente si sar à trovato in situazioni del

genere….”

“Sì ed è per questo che diventa importante fare un’analisi dei bisogni e comprendere in

maniera puntuale il soggetto che deve ricevere l’intervento, fare cioè un’analisi di

personalità. Ecco perché possedere competenze di tipo psicologico è importante per il

coach in quanto queste possono ritornargli utili per comprendere le caratteristiche della

persona da seguire e per inquadrare la situazione. Comprendere bene i meccanismi

difensivi di un soggetto torna utile proprio per evitare di toccare fragilità che potrebbero

riportare ad aspetti meno strutturati della persona non gestibili all’interno di un percorso di

coaching.

Ecco perché ritengo che il contesto di applicazione elettivo del coaching sia

un’organizzazione dove di norma si perseguono obiettivi produttivi o di servizio”.

“Come arriva un’azienda al contatto col coach, spec ie quando questi è una figura

esterna?”.

“L’azienda arriva al coach dopo aver provato tutte le altre opzioni sotto la copertura di un

generico bisogno di formazione per esempio richiedendo un corso di comunicazione.

Fondamentale per un consulente è sempre svolgere un’adeguata analisi dei bisogni e far

emergere da questa l’impostazione dell’intervento più opportuno. E’ importante quindi

l’analisi preliminare”.

“Dietro una generica richiesta di coaching quale bi sogno si nasconde più spesso in

base alla sua esperienza?”.

“Spesso si tratta di dipanare una rete di dinamiche relazionali inficiate o non funzionali.

Può esserci ad esempio la situazione di una persona che non si trova bene all’interno di

un gruppo e che sostiene che il problema appunto sia nel gruppo che non funziona oppure

può esserci un problema di leadership ma in entrambi i casi vi è la tendenza a ricercare un

colpevole all’esterno. Può esserci la struttura che esteriormente presenta un aspetto molto

friendly ma che poi invece al suo interno ha una forte conflittualità interna oppure può

esserci una struttura che presenta processi molto cristallizzati ed una forte formalizzazione

dei rapporti tra colleghi”.

Page 25: Coaching Manuale

25

“Come si deve agire nel caso di una diagnosi del co ntesto a fronte della richiesta di

un singolo responsabile?”.

“Nelle situazioni migliori si parte da un’analisi del clima e dall’impostazione di focus-group

anche se questo può avvenire solo in contesti di medie-grandi dimensioni e quando il

fattore tempo non è troppo incalzante. Si possono raccogliere dati di tipo qualitativo anche

tramite un semplice colloquio. E’ molto utile fare un giro della struttura e diventare una

sorta di antropologo osservatore del villaggio tribale che è l’azienda”.

“Che cosa si può osservare per esempio?”

“Si osservano la struttura fisica degli ambienti, la disposizione degli uffici, le reazioni dei

dipendenti nelle zone dedicate alla pausa come la macchinetta del caffè (si può rilevare in

alcuni casi un formalismo eccessivo oppure il tranquillo utilizzo del tu oppure le modalità di

comportamento dei collaboratori quando passa il responsabile di riferimento). Sono tutti

piccoli segnali che danno l’idea della cultura presente all’interno della struttura”.

“Come si decide su quale o quali risorse lavorare?”

“Innazitutto il coaching si richiede preferibilmente per figure di carattere manageriale e di

responsabilità che in genere necessitano di tale tipo di intervento. Per i gruppi di lavoro

invece si utilizza prevalentemente la formazione come metodologia elettiva. E’ ovvio che le

figure manageriali si espongono meno in aula se non con i pari. Per questo motivo è utile

lavorare su più binari facendo in modo che un consulente segua di più il gruppo e l’altro

invece il responsabile. E’ sempre un po’ pericoloso mettere nella stessa aula sia il gruppo

sia il responsabile anche se a volte il manager inserito nel gruppo può uscire dal ruolo e

assumere un atteggiamento meno ingessato. Nei casi di figure commerciali è possibile

che sia lo stesso responsabile ad assumere il ruolo di coach esercitando un’azione di

motivazione del gruppo”.

“E’ possibile formare i responsabili al coaching?”

“Mi è successo di ricevere una richiesta simile ; i tempi di formazione però son piuttosto

stretti e sviluppare competenze relative al coaching non è di semplice né immediato”.

“Quali sono le competenze e le capacità proprie di un coach?”

“E’ opportuno che un coach possieda innanzitutto una conoscenza del funzionamento

dell’essere umano dal punto di vista emotivo e cognitivo (in termini ad esempio di

apprendimento, attenzione, aspetti emozionali, stili di apprendimento). Poi è utile che

possieda conoscenze di tipo psicologico per modulare l’intervento in modo che esso non

diventi comunque fonte di stress per chi lo riceve. Sono auspicabili anche conoscenze del

mondo aziendale (organizzazione, ruoli, mansioni, tipo di organizzazione e contesto di

Page 26: Coaching Manuale

26

mercato). Tutto questo è utile per modulare il linguaggio in modo tale che questo risulti

vicino e comprensibile per la persona che riceve un intervento di coaching. Si tratta infatti

di veicolare messaggi che siano in armonia col sentire del soggetto (anche l’uso di

metafore deve esser ponderato in base al soggetto). Il coach deve inoltre conoscere gli

strumenti propri dell’intervento e le tecniche del colloquio.

Altrettanto importante è definire gli obiettivi ed il focus su cui lavorare. E’ difficile stabilire

gli obiettivi poiché in azienda se ne parla molto insieme con il concetto di mission ma al

momento di definirli si percepisce un’estrema difficoltà da parte delle risorse. L’obiettivo da

perseguire deve esser possibile e scandito nel tempo e ne deve essere monitorata

l’acquisizione mediante apposite griglie di autovalutazione che facilitano sia la riflessione

sia il confronto in sede di coaching.

Il risultato verso cui si tende è fare in modo che la persona interiorizzi un metodo di lavoro,

sviluppi e riconosca le personali risorse, identifichi gli aspetti di criticità per trasformarli in

possibilità e si metta nella condizione di affrontare il cambiamento alla base del quale vi è

sempre un processo di apprendimento. Non si deve mai pensare a mutamenti epocali ma

raggiungibili, che includono micro-cambiamenti quotidiani. Trasformarsi in un leader

efficace può avvenire solo in uno spazio temporale esteso e non nell’immediato.

Immaginiamo un leader incapace di farsi valere ma che vorrebbe invece riuscire ad

esercitare meglio la leadership. E’ innazitutto utile che venga ridefinito il problema portato

dalla persona: di solito le persone di fronte ad un problema fanno sempre le stesse cose e

provano a darsi delle spiegazioni in cui spesso è già anche contenuta una parte di

soluzione”.

“In che senso le persone fanno sempre le stesse cos e?”

“Normalmente le persone hanno un set di comportamenti che in linea di massima son

sempre gli stessi. Grazie a ciò si riesce a comprendere come viene inquadrato il problema

dalla persona (se cioè si tratta proprio di quello portato dalla persona o se invece è di latra

natura). L’aspetto comportamentale è anche un altro elemento essenziale da tener

presente durante il coaching e in taluni casi diventa un aspetto per verificare l’efficacia

dell’intervento. Infatti è importante che il coachee comprenda che il personale

atteggiamento crea una reazione negli altri e dunque che per effettuare un cambiamento si

deve uscire dalla logica della colpevolizzazione dell’altro. La colpa è un elemento molto

sentito nella nostra cultura mentre si dovrebbe pensare che è il nostro comportamento a

generare dinamiche nel contesto di riferimento. Nel caso di un problema di leadership si

possono mostrare scene tratte da qualche film e invitare il soggetto a scegliere quelle in

Page 27: Coaching Manuale

27

cui ritrova un esempio di leader a lui confacente. Come detto in precedenza nel caso della

leadership è sempre opportuno agire sia sul gruppo dei collaboratori sia sul responsabile

stesso onde evitare che si inneschino dinamiche di esternalizzazione della colpa.

Sull’efficacia dell’intervento non si riesce ad avere un’oggettività del risultato come del

resto in tutte le scienze umane. Spesso il non riconosce i risultati raggiunti nel corso di un

coaching è da attribuirsi sia alla scarsa conoscenza dello strumento sia alla tendenza

molto diffusa nella nostra cultura al lamento”.

“Come è possibile spezzare il lamento?”

“Non è utile farlo se i tempi sono prematuri oppure è possibile ricorrendo alla pressione del

gruppo che in genere si dimostra essere un efficace generatore di cambiamenti rispetto al

rapporto a due anche se questo richiede che il gruppo sia coeso e collaborativo.

Allontanare il soggetto problematico non rappresenta una soluzione dato che il gruppo

rientrerebbe comunque nelle solite dinamiche. Semmai il solo cambiamento possibile è in

tal caso quello che si genera in sé stessi e che deriva da un precedente lavoro di ricerca

delle cause e non delle colpe. In tal modo si depura anche il problema di implicazioni

relazionali eccessive che non sempre devono assumere il peso che si attribuisce loro.

Infatti il problema a volte è molto più semplice di quanto appare. Per mezzo del role-

playng in gruppo è possibile far emergere tutta una serie di vissuti e fare esperienza

dell’altro in un modo diverso dal solito. Quando all’interno di un gruppo di coaching

esplodono vissuti e dinamiche bisogna esser addestrati a ricomporre le emozioni emerse,

richiamando l’attenzione sul limite forte dell’essere in un contesto organizzato e quindi sul

fatto che esistono confini precisi. E’ importante richiamare l’attenzione sul fatto che in un

contesto organizzato non è tutto possibile: spesso l’escalation di emozioni è una sorta di

velata richiesta di aiuto da parte del gruppo. Quando circola troppa emotività all’interno di

un gruppo spesso si tratta di un problema di leadership”.

“Quali sono metodologia e strumenti di cui si avval e un percorso di coaching?”

“In genere si utilizzano a supporto del colloquio alcune griglie di valutazione nonché testi e

letture. Il punto di partenza è dato dalla diagnosi che deve essere accurata e consentire

una restituzione finale in cui compaiono punti di forza e aree di miglioramento. E’ bene

anche impostare un linguaggio comune col coachee ad esempio declinando le

competenze in comportamenti osservabili”.

“Può essere efficace l’incrocio tra informazioni de l responsabile e dati che

emergono dal gruppo di lavoro?”

Page 28: Coaching Manuale

28

“L’incrocio può essere fatto ma non in modo diretto; col gruppo può essere utile

l’esercitazione di tipo esperienziale, facendo in tal modo emergere il tipo di bisogno di

leadership che esso porta, una sorta di negativo attraverso cui osservare i problemi, come

da un’altra prospettiva. Così facendo si riesce anche a carpire il livello di competenza

presente nel gruppo da cui attingere l’energia per affrontare le difficoltà. E’ comunque

evidente che il coaching di gruppo costituisce un ossimoro dato che il coaching nasce

come intervento sulla persona singola, a meno che non si faccia proprio il modello sportivo

che richiama in maniera forte il concetto di motivazione del gruppo: ma in tal caso appunto

si tratta di un intervento di formazione a carattere motivazionale e non di un intervento di

coaching”.

Intervista 2

“Può fornire una definizione di coaching?”

Il coaching può essere definito come un metodo di intervento organizzativo, focalizzato

sullo sviluppo delle competenze individuali, intese come aree del comportamento

organizzativo.

E’ anche un corpus molto ampio di tecniche prese da ambiti diversi, applicate e adattate

alla situazione in cui si cala l’intervento. Il coaching può avere come oggetto di lavoro

l’individuo (tecniche one to one) o il gruppo, e può interessare contesti organizzati diversi,

intesi in senso lato, quindi dall’azienda alle realtà sportive, purché vi sia azione

organizzativa.

E’ altresì centrato sulla copartecipazione al processo del coachee dove il coach non è

quasi mai un esperto di contenuto e nemmeno dell’ambito in cui si trova ad operare: tale

expertise potrebbe infatti essere un elemento perturbante. In realtà il coach è esperto del

processo (cfr consulenza di processo) mentre il coachee è l’esperto del settore/contenuto.

Per evitare fraintendimenti è opportuno che vi sia un commitment condiviso e un mandato

altrettanto chiaro da parte dell’azienda altrimenti non è possibile fare un percorso di

coaching; altro aspetto fondamentale è che il coaching non può mai essere forzato ma ci

deve essere anche una richiesta e una motivazione da parte di chi riceve l’intervento, fatte

salve le resistenze che sono parte integrante del lavoro, soprattutto all’inizio del processo.

“Cosa caratterizza un percorso di coaching e in cos a si differenzia da altremetodologie di intervento?”

Il percorso di coaching è un processo di sviluppo dell’individuo che si attua attraverso

l’incontro tra il coach e il coachee: insieme costruiscono un percorso di crescita personale

che aiuta il coachee ad acquisire maggiore consapevolezza di sé.

Page 29: Coaching Manuale

29

Sebbene il mandato sia dato dalla committenza, impersonata dalla Direzione e

dall’eventuale responsabile di funzione, durante il percorso non ci devono essere

intromissioni da parte dei livelli direzionali o manageriali poiché la relazione coach-

coachee si basa su un rapporto di reciproca fiducia che non prevede feedback alla

committenza rispetto a quanto emerge nel percorso, né valutazioni formali sulla persona.

L’intervento si struttura in una media di12 incontri ( si va dai 10 ai 20/30 incontri), di 1 ora e

mezza ciascuno, finalizzati a raggiungere gli obiettivi che sono stati definiti al momento

della firma del patto di adesione. Quest’ultimo norma il percorso di coaching ed esplicita gli

obiettivi, la durata, la frequenza, gli impegni reciproci presi tra coach e coachee.

Tre attori partecipano alla firma del patto: il responsabile del coachee, il coachee , il coach.

Essi devono condividere gli obiettivi di sviluppo individuale e organizzativo contenuti nel

patto, considerato che l’intervento, sebbene sia rivolto direttamente al singolo, ha delle

chiare ricadute sul piano dell’organizzazione. Il patto è un documento dinamico, pertanto,

se durante lo svolgimento del percorso, emerge l’importanza di approfondire un tema non

contemplato negli accordi iniziali, è opportuno rivedere questi ultimi, facendosi carico

anche del nuovo elemento, non rilevato precedentemente.

Nei primi incontri si esplicitano le finalità del coaching e gli obiettivi specifici del percorso;

si programmano gli incontri, compresi i momenti intermedi di verifica, volti a valutare i

passi compiuti rispetto agli obiettivi concordati tra coach e coachee: qualora ci si

discostasse dagli obiettivi stabiliti o e si evidenziasse l’utilità di rivedere gli obiettivi

medesimi, l’intervento verrà modificato e questo sarà riportato sul patto di adesione.

Il coach ha, come dice il termine stesso la funzione dell’allenatore che stimola il coachee

lo accompagna e sostiene nella ricerca delle proprie risorse, accrescendone la

consapevolezza, mettendolo in condizioni di fare nuove scelte che portano al

cambiamento e al miglioramento desiderato. Il coachee è il soggetto in sviluppo e può

essere il singolo individuo se si tratta di sviluppare le sue potenzialità, migliorare le aree

deboli, di lavorare sul cambiamento di ruolo o su un maggior adeguamento al ruolo

ricoperto; quando è il gruppo allora la richiesta può riguardare la creazione di un gruppo di

lavoro (team building) o il miglioramento delle relazioni interpersonali e tra il responsabile

e i membri dell’ufficio.

Attivare un percorso di mentoring vuol dire innanzitutto definire due ruoli molto specifici: il

mentore è un senior di contesto e di expertise all’interno di quel contesto che ha in carico

lo sviluppo di alcune competenze del mentee, anch’egli parte del contesto organizzativo.

Page 30: Coaching Manuale

30

Se il mentore ha anche buone competenze di coaching può senz’altro ottenere migliori

risultati nello sviluppo professionale del mentee.

Con il termine counseling intendiamo genericamente consulenza, e si può rivolgere ad

ambiti differenti, definendo la tipologia di consulenza (legale, economica, psicologica..). La

consulenza psicologica può agire su diversi fronti (scuola, orientamento, sport, lavoro..) e

si distingue proprio in base alla realtà in cui questa si svolge e all’oggetto su cui si

interviene: se infatti non si circoscrive l’azione al contesto, vi è il rischio di proporre non

solo interventi poco consoni allo scopo, condiviso con il cliente e la committenza, ma

anche di fuoriuscire dal campo di azione del counseling e toccare aspetti non di

pertinenza, che andrebbero affrontati in contesti appropriati (es: la psicoterapia). Inoltre si

può considerare il counseling equivalente al coaching se la consulenza è finalizzata a

conseguire obiettivi organizzativi di sviluppo, e equivalente al sostegno psicologico, se

focalizzato primariamente sull’individuo (ne sono un esempio gli sportelli di ascolto).

E’ necessario però riconoscere che il confine tra counseling, coaching e psicoterapie brevi

è molto sottile. In base alla mia esperienza non è inusuale lavorare, anche nei contesti

organizzativi, con persone che esprimono comportamenti problematici da affrontare

nell’ambito di un percorso di psicoterapia, ma operando nelle organizzazioni, è bene

contenere l’intervento all’interno del perimetro definito nel patto di adesione. La

psicoterapia breve si differenzia dal coaching non tanto per l’oggetto di lavoro, sebbene

anche questo possa incidere, quanto soprattutto per il livello di profondità a cui si spinge

l’elaborazione del vissuto espresso dal soggetto. Entrambi i tipi di interventi infatti partono

da un comportamento, un bisogno o da un disagio sperimentati dall’individuo e lo

riconduce ad un tema strutturale, centrale nell’esistenza dell’individuo stesso ( ad esempio

il soggetto si sofferma sul racconto di un comportamento che esprime rabbia, e l’operatore

deve trarre spunto da ciò per astrarre da quella narrazione e affrontare il tema della rabbia

nel contesto di vita, in quanto possibile area problematica del soggetto), ma il coaching

sarà contestualizzato nella realtà organizzativa in cui il soggetto lavora

“Quali le motivazioni che spingono un’azienda a chi edere un intervento?”

Le principali motivazioni che spingono un’azienda a chiedere un intervento riguardano:

• una situazione molto critica che sta vivendo l’azienda e che non fa intravedere segnali

di miglioramento

• l’interesse a sperimentare la moda del momento

Page 31: Coaching Manuale

31

• l’esperienza pregressa vissuta da personale dell’azienda, in quanto testimonianza

positiva

• alle volte viene proposto dall’esterno perché l’azienda ha sentito parlare di coaching in

incontri, convegni

Per non incorrere in problemi che inducano ad interrompere il percorso di coaching è

importante operare bene sin dai primi incontri, spiegando innanzitutto in cosa consiste il

coaching e qual è la finalità per il singolo e per l’organizzazione. I colloqui previsti all’inizio

tra coach, coachee e responsabile/referente aziendale, proprio per evitare situazioni in cui

il coachee non si senta libero di esprimere dubbi e perplessità, sono fatti separatamente:

un colloquio tra il coach e il referente aziendale e uno tra il coach e il coachee. Se non si

arriva ad un accordo tra i tre attori, vi è l’evenienza che il patto non venga firmato.

Le perplessità che possono essere avanzate sono riconducibili o alla mancanza di

chiarezza con cui sono illustrate le finalità del coaching o al costo che ovviamente

essendo un intervento one to one non è paragonabile ad un’azione formativa in gruppo.

“Quali sono le effettive ricadute di un intervento di coaching a livello di singolo e a

livello organizzativo?”

Come già detto le ricadute dipendono dall’obiettivo definito nel patto ma in ultima analisi lo

scopo del coaching è il cambiamento: il coach punta a sviluppare l’autonomia del coachee

in modo che quest’ultimo non abbia più bisogno del supporto del coach, dal momento che

il cambiamento è stato interiorizzato; quando si prende atto di ciò allora è anche facile

comprendere che il percorso si è compiuto e che è sensato terminarlo perché si è

raggiunto l’obiettivo.

Considerato che l’intervento ha un costo è più efficiente lavorare su figure che, hanno un

peso strategico importante sul piano decisionale e organizzativo: il gruppo dei dirigenti, e

dei manager con ricadute sui comportamenti di leadership, sulla comunicazione, sul

conseguimento della performance aziendale, sulla gestione dei gruppi e sulla gestione

delle situazioni conflittuali.

“Quali gli strumenti e le tecniche?”

Le tecniche utilizzate in genere non sono precostituite ma si decidono e si costruiscono

insieme durante il percorso, in base agli obiettivi da raggiungere.

Fatta tale premessa, la scelta delle tecniche si muove lungo un continuum tra tecniche

focalizzate sugli aspetti supportivi e tecniche focalizzate sugli aspetti espressivi. Nel primo

Page 32: Coaching Manuale

32

caso il coach assume una funzione di guida e ha una ruolo maggiormente direttivo (es:

all’inizio utilizzare compiti più strutturati per dare una forma all’intervento), finalizzato ad

incoraggiare il cliente e a ad introdurre nuovi schemi, all’interno dell’abituale modo di

leggere le situazioni, proprio del cliente stesso; nel secondo caso il coach stimola il

coachee attraverso tecniche espressive quali (metafore, giochi di ruolo, compilazione del

diario, modello cognitivo ABC, actions, believes, consequences..) che, mettono in gioco la

persona, la sua esperienza e la conducono a comprendere il significato di certi

comportamenti.

L’alternanza tra i due tipi di tecniche è continua e dipende dal contesto, dal tipo di soggetto

con cui si lavora e dalle caratteristiche del coach che deve in modo appropriato sapere

quando passare da un polo del continuum all’altro. In genere all’inizio si lavora su compiti

precisi che sono assegnati al coachee ed hanno una funzione di rassicurazione, mentre in

seguito gli incontri sono più liberi e destrutturati dal momento che il coachee ha acquisito

una maggiore capacità introspettiva e di analisi.

Può essere previsto anche l’impiego di metodologie, attinte dal campo delle discipline

psicologiche come ulteriore strumento di approfondimento e lettura della realtà.

Essendo infine il coaching un processo relazionale pone al centro il colloquio, inteso in

tutte le sue varianti, come strumento conoscitivo, come esplorazione delle aree su cui

intervenire e come contesto di espressione delle dinamiche interindividuali.

“Difficoltà e criticità incontrate”

Le principali difficoltà che si possono presentare riguardano i tre attori che insieme

costruiscono il percorso di coaching: il coach, il coachee e l’azienda che ha

commissionato l’intervento.

A livello dell’organizzazione un problema che ostacola lo svolgimento del processo è il

mancato o il mal riuscito commitment tra azienda e coach: per ovviare a tale inconveniente

è fondamentale sia negli incontri di presentazione del coaching, sia nella definizione del

patto di adesione tra coach e coachee essere chiari ed esaustivi sul tipo di intervento che

verrà erogato e sugli obiettivi che si intende perseguire in modo che le aspettative siano

coerenti con il lavoro che verrà proposto.

Infatti l’azienda a prescindere da un’iniziale apertura e condivisione del coaching, in

pratica può dimostra di non sostenere il percorso, boicottando la regolare partecipazione

del coachee alle sedute o sottovalutando i cambiamenti avvenuti.

Page 33: Coaching Manuale

33

Il coachee da parte sua diviene un elemento critico nel momento in cui non esprime una

reale motivazione, ad esempio chiedendo di frequente di spostare gli appuntamenti, e non

partecipa attivamente al percorso, limitandosi ad ascoltare ma evitando di sperimentarsi in

nuovo comportamenti e mettersi in gioco, come suggerito dalle tecniche espressive. Le

resistenze che mette in atto il coachee divengono un ostacolo al cambiamento, scopo

finale del coaching.

Il coach infine può rappresentare un problema se ha un atteggiamento troppo rigido

rispetto alle esigenze, anche lavorative del coachee, se non è in grado di mantenere un

rapporto equilibrato ed equamente distante nei confronti del coachee e dell’azienda,

rischiando di venir meno all’accordo di segretezza, siglato nel patto di adesione.

“Competenze del coach”

Il professionista che eroga interventi di coaching deve possedere una serie di

competenze, tra cui quelle psicologiche; non è però necessario che sia uno psicologo.

Le aree di competenza che devono essere presidiate sono essenzialmente due. La prima

riguarda il business e l’organizzazione, intesi come lettura e comprensione delle logiche di

business, degli assetti e dei processi organizzativi, delle strategie aziendali.

La seconda area di competenza è quella psicologica e si riferisce innanzitutto al processo

di scoperta e autoconsapevolezza del coachee, finalizzato a favorirne i processi di

cambiamento e sviluppo di sé. Lo psicologo in tal senso è avvantaggiato rispetto ai coach

di diversa formazione perché oltre ad avere le capacità per comprendere le caratteristiche

motivazionali e progettuali del coachee, nonché le situazioni critiche in atto, ha più

strumenti a disposizione per supportarlo a compiere un percorso di conoscenza. E’ inoltre

in grado di comprendere e di leggere le dinamiche che si creano nel rapporto con la

committenza e con il coachee.

Le competenze che sono centrali nel profilo del coach rientrano nella dimensione

relazionale: si tratta ovvero della capacità di accoglienza, di empatia, ascolto, di dare

fiducia. Sempre sul piano della relazione è importante che il coach si riveli una fonte di

incoraggiamento, dando feedback positivi e negativi ma sempre con finalità costruttiva e

di miglioramento. La restituzione al coachee riguarderà i comportamenti, gli atteggiamenti

e gli stati emotivi osservati e percepiti in modo da innescare il processo di

consapevolezza.

Non deve poi mancare la creatività intesa come capacità che aiuta il coachee a sviluppare

il pensiero laterale, facilitando la rottura di schemi di lettura consolidati e alimentando altre

Page 34: Coaching Manuale

34

prospettive di soluzioni; senza creatività il percorso rischia di diventare un meccanismo

troppo standardizzato che si impoverisce e si spersonalizza, compromettendo la buona

riuscita dell’esperienza.

Infine il coach deve possedere capacità di progettazione e valutazione dei risultati per

tenere sotto controllo il processo e intervenire, anche, se è necessario, nella ridefinizione

degli obiettivi. Questa capacità rende più efficace l’intervento poiché riesce a misurare,

attraverso indicatori messi a punto con la committenza e con il coachee, il grado di

raggiungimento degli obiettivi e le aree su cui occorre lavorare ulteriormente; tale modalità

di operare soddisfa inoltre l’approccio pragmatico dell’azienda di fronte ad azioni che

intervengono sulle dimensioni soft del lavoro e una valutazione del ritorno economico del

percorso di coaching.

3 La sperimentazione in azienda: erogazione dell’in tervento di coaching

3.1 L’erogazione del coaching: caso 1

Il coaching è una metodologia di intervento che facilita il percorso di crescita e di sviluppo

delle competenze relazionali in funzione di specifici obiettivi condivisi e concordati con la

risorsa. Si tratta di una modalità di intervento psicologico che consente di intraprendere un

percorso di riflessione con l'obiettivo di acquisire una maggiore consapevolezza del

proprio agire professionale. Il Coaching, come avviene per certi versi in ambito sportivo,

stimola la generazione di strategie e comportamenti diversi da quelli abituali garantendo

un incremento della motivazione e dell’efficacia professionale grazie all’emergere del

potenziale inespresso. Un percorso di coaching, permette ad un individuo di affrontare un

articolato processo di riflessione sulle proprie competenze e potenzialità con un riferimento

specifico al proprio ambito professionale. Lo psicologo del lavoro accompagna il cliente

(detto "coachee") nella fase di esplorazione delle proprie risorse professionali, in

particolare viene realizzata una attenta analisi delle competenze acquisite e del contesto

organizzativo. Il coaching favorisce lo sviluppo delle competenze di tipo relazionale e la

crescita delle human resources in armonia con i valori presenti nel contesto organizzativo

di riferimento. L'approccio psicologico non si limita al semplice trasferimento di tecniche o

procedure standardizzate ma è orientato verso il raggiungimento del benessere personale

ed organizzativo. Il colloquio di coaching diviene un momento di confronto e scambio

attivo favorendo l'emergere dei processi di cambiamento e di elaborazione dell'esperienza

professionale. Il coaching garantisce un migliore livello di apprendimento e lo sviluppo di

competenze che rappresentano una leva competitiva di fondamentale importanza. I

Page 35: Coaching Manuale

35

processi orientati a sostenere e valorizzare le risorse umane rappresentano, oggi più che

mai, una delle migliori risposte possibili in termini organizzativi per fronteggiare il

cambiamento e le turbolenze di un mercato sempre più dinamico e globale. Sviluppare

nelle risorse umane la capacità di gestire l'incertezza, di comunicare in modo realmente

efficace con i clienti interni ed esterni, di gestire i processi di problem solving e decision

making è l'obiettivo e la sfida con cui ogni moderna organizzazione deve confrontarsi. In

generale l'intervento psicologico in ambito aziendale orienta e governa i processi di

cambiamento attraverso l'utilizzo di precise metodologie, strumenti e tecniche di gestione

dei gruppi al fine di favorire lo sviluppo delle competenze relazionali nelle persone.

Occuparsi di psicologia del lavoro significa aver acquisito una specifica professionalità in

ambito organizzativo finalizzata a gestire con efficienza ed efficacia la complessità delle

dinamiche interpersonali nei contesti aziendali. L'intervento di coaching, in un'ottica

psicologica significa,:

• ricercare l'equilibrio tra gli obiettivi organizzativi e i bisogni relazionali degli

individui, all'interno di precisi vincoli economici e temporali

• armonizzare il processo con i bisogni del coachee e con la vision e la mission

aziendale

• saper individuare le modalità più opportune e le metodologie più efficaci in relazione

ai bisogni e alle necessità di crescita e di sviluppo della risorsa

• saper gestire la complessità organizzativa

• gestire i processi di feedback e forward

Il primo caso cui è stato erogato l’intervento di coaching è dato dal responsabile dell’area

Progetti della struttura coinvolta nella sperimentazione.

Qui di seguito si intende proporre una descrizione sintetica della metodologia e degli

strumenti utilizzati dal coach durante il percorso e la percezione del medesimo fornita dal

responsabile (il coachee) e dal coach.

3.1.1 Il “punto di vista” del coachee

Il processo di coaching ha incluso una decina di incontri tra il coach e la figura di

responsabilità presa in carico, seguendo un processo che si prefiggeva di calarsi

Page 36: Coaching Manuale

36

concretamente nel contesto sia dell’ambiente lavorativo sia delle esigenze individuali

espresse o latenti proprie dell’utente stesso.

Di seguito, una sintetica descrizione dei vari incontri, fornita dal responsabile dell’area

Progetti coinvolto nel percorso di coaching: dalla restituzione fornita dal coachee in

questione emergono sostanzialmente i contenuti di carattere metodologico e le

strumentazioni di analisi messe in campo:

1. “Il coach inizia fornendo un quadro d’insieme degli obiettivi dell’azione di coaching che

si vuole intraprendere, ponendo particolare attenzione all’esigenza di:

� Strutturare le conoscenze consolidate proprie dell’utente

� Lavorare sulle risorse interne possedute dall’utente

� Realizzare una fase di pausa e distacco dalle emergenze quotidiane

� Aumentare nell’utente la consapevolezza sugli strumenti e sulle esperienze fatte

L’obiettivo di tale lavoro di analisi introspettiva, collegata alle dimensioni professionali, è

quello di ricostruire ed evidenziare le personali capacità con riferimento alla:

� Gestione del gruppo di lavoro nell’ufficio

� Gestione dello stress lavorativo

� Collocazione all’interno del clima organizzativo aziendale.

L’incontro ha quindi previsto il racconto e la condivisione delle caratteristiche del contesto

e delle sue sfaccettature, come base comune di conoscenza per inquadrare le analisi

successive. Al termine l’utente è stato invitato ad identificare un episodio lavorativo nella

settimana seguente che presentasse alcune “criticità” e potesse essere oggetto di

rielaborazione comune con il supporto del coach”.

2. “Nel secondo incontro il colloquio tra coach ed utente è partito dall’esame di un caso

concreto di criticità nel lavoro quotidiano, con l’obiettivo di chiarire nel miglior modo

possibile i “messaggi” giunti all’utente, discriminandone le eventuali contraddittorietà e

ancor più cercando di identificarne le caratteristiche in modo da porre l’utente nella

condizione di decidere quali fossero meritevoli di attenzione. In seconda battuta

l’analisi ha cercato di riconoscere quali fossero le personali risorse “da mettere in

campo”, quale interpretazione corretta dare ai problemi aperti, come gestire anche gli

aspetti “emotivi” a fianco di quelli “razionali” nell’affrontare i problemi in vista di una loro

soluzione. E’ stata proposta una semplice griglia analitica degli episodi critici,

distinguendoli e classificandoli in base alla dimensione “comportamenti reciproci”, alla

Page 37: Coaching Manuale

37

dimensione “cognitiva” ed a quella “emozionale” in modo da evidenziare come

quest’ultime si sono estrinsecate negli interlocutori protagonisti dell’episodio critico”.

3. “Nel terzo incontro la discussione è partita con un veloce debriefing circa un episodio

preso come esempio, mettendo in evidenza come esista sempre un numero “n” di

possibili soluzioni e/o modi per affrontare una situazione critica: attraverso

l’individuazione di possibili soluzioni alternative al classico bivio “tutto o niente” si è

cercato di evidenziare il possesso di capacità di innovazione e “mediazione” possedute

dall’utente, come background derivante dalla personale esperienza lavorativa e come

“risorsa” da valorizzare e recuperare. A tal fine è stato somministrato all’utente un

questionario di autovalutazione a risposte chiuse utile a definire meglio “lo stile di

comunicazione adottato dall’utente”, dato che la comunicazione rappresenta una delle

chiavi di intervento fondamentali nelle relazione con l’ambiente circostante”.

4. “Proseguendo l’impostazione del precedente incontro, si è deciso di cominciare ad

affrontare il tema della comunicazione: il coach ha fornito un’analisi di massima delle

caratteristiche comunicative possedute dall’utente attraverso l’analisi delle risposte al

questionario. Si è così identificato un profilo di massima e si sono individuati alcuni

aspetti di potenziale disequilibrio tra i diversi stili (stereotipi) in uso: concreto –

collaboratore – creativo – organizzatore. Nel caso specifico è risultato predominante lo

stile concreto – organizzativo e meno presente, invece, lo stile collaboratore – creativo.

Si è quindi sottolineato come occorra sempre cercare di mantenere in equilibrio le due

dimensioni del “cosa” comunicare con il “come” comunicare, tenendo in egual conto il

contenuto e lo stile di relazione tra interlocutori, provando ad “astrarsi” dal contingente,

assumendo differenti “visuali” del contesto in cui si è chiamati ad operare per ampliare

le possibilità di trovare soluzioni a situazioni complesse o di difficile interpretazione”.

5. “Nel corso del sesto incontro, l’attenzione si è focalizzata su un’altra delle dimensioni

maggiormente coinvolte, cioè la “gestione dello stress” all’interno del contesto

lavorativo. Si è partiti da una prima definizione teorica del concetto di stress, nelle sue

dimensioni di “neutralità”, di “positività” (eustress) e di “negatività” (distress). Si è

proceduto riportando la discussione sul contesto professionale concreto dell'utente e

distinguendo tra stress di tipo fisico (più tradizionale e “più facilmente affrontabile”) e di

tipo “intellettivo” (in generale più insidioso, subdolo, di maggior durata e di più difficile

Page 38: Coaching Manuale

38

diagnosi e soprattutto contrasto). L’attenzione principale è stata quindi posta sulla

definizione delle adeguate strategie per affrontare tale tipo di stress, superando ansie,

scomponendo ove possibile i problemi e le soluzioni, identificando eventuali

compensazioni tramite accorte gratificazioni personali o mediante la consapevolezza di

quegli aspetti o situazioni che svolgono appunto una funzione “antistress”.

6. “Il percorso di coaching è proseguito con ulteriori approfondimenti sul tema dello stress

in ambito lavorativo e sulla sua gestione, focalizzandosi sull’opportunità di una sua

gestione in senso attivo, rifuggendo da atteggiamenti rinunciatari ed attendisti che,

soprattutto in casi di stress di tipo intellettivo, spesso in modo subdolo possono

rappresentare l’anticamera di stati depressivi e di avvitamento senza fine in spirali

negative. Si è posto l’accento sull’esigenza di preservare la propria “salute mentale”,

mettendo invece in gioco le risorse intellettive e di competenza possedute, senza con

ciò negare le difficoltà a trovare risposte e sbocchi validi a priori”.

7. “Nel corso dell’incontro è stata messa a fuoco la classificazione degli stili di

comunicazione, delle relative definizioni e caratteristiche anche osservabili

visivamente: stile Passivo, stile Assertivo, stile Aggressivo. L’elaborazione del

questionario di autovalutazione compilato dall’utente ha individuato la tipologia

Assertivo come largamente prevalente. Inoltre si è analizzato lo strumento GROW

(Goal–Reality–Options–Will) come griglia proceduralizzata per l’azione, assegnando

all’utente il compito di effettuare una prova applicativa su un caso concreto”.

8. “Proseguendo nell’esame di alcune tematiche ritenute prioritarie, durante l’incontro si è

iniziato ad esaminare la tematica “leadership”, partendo dalle definizioni (incentrate sul

concetto di “guida”) e ponendo in discussione le differenti caratteristiche, spesso

origine di confusione, tra il ruolo di “leader” ed il ruolo di “manager”. In particolare si è

assegnato al leader un ruolo prevalente di guida emozionale e motivazionale mentre

nel caso del manager il ruolo è più caratterizzato da gestionalità e concretezza

operativa. Ovviamente i due ruoli non sono in maniera semplicistica alternativi tra loro

bensì è più frequente il caso in cui all’interno della stessa persona esiste una

prevalenza dell’uno piuttosto che dell’altro ruolo. Infine si è analizzato come tali ruoli (e

relative definizioni) necessitino di essere contestualizzati (non esiste un unico stile di

leadership) e risentano molto delle diverse tipologie di reazione messe in atto dai

Page 39: Coaching Manuale

39

“destinatari”, definiti “followers”, che a loro volta posso oscillare tra comportamenti di

tipo passivo, in controdipendenza (antagonisti) piuttosto che acquiescenti in forma

acritica (tipicamente yes-man)”.

9. “Si è proseguito nell’esame di alcuni stili di leadership, provando ad enuclearli a partire

dall’esame di una situazione concreta, vedendone le sfaccettature ed implicazioni: in

tal senso si è discusso, tra coach ed utente, sulle strategie di affrontamento possibili e

praticabili concretamente per gestire situazioni in cui i “followers” manifestano

atteggiamenti di “controdipendenza”. Anche in tale situazione, comunque, si è

evidenziata la necessità di porre maggior attenzione ad agire sugli aspetti “emozionali”,

prevalentemente cruciali rispetto alle pur indispensabili “questioni di merito, di

contenuto”. Ciò tuttavia, nel caso concreto in esame, si è giunti a ravvisare come

indispensabile una strategia di risposta da parte del leader di tipo maggiormente

“assertivo” e in qualche caso anche “prescrittivo” nei confronti dei collaboratori”.

10. “Nel corso dell’incontro si è ripreso l’esame della tematica leadership situazionale,

individuandone a titolo esemplificativo le principali caratteristiche soprattutto in

funzione della diversa maturità delle persone followers e della loro disponibilità e/o

bisogno di incoraggiamento e motivazione. Si sono esaminate inoltre diverse tipologie

di motivazione, quella intrinseca e quella estrinseca, esaminando alcune leve

motivazionali, loro possibilità di utilizzo nel contesto e nel ruolo dell’utente. Infine si

sono chiariti aspetti di definizione concettuale degli obiettivi, del loro grado di

raggiungibilità, definizione e misurabilità al fine di coglierne l’aspetto realmente

motivante o meno. Al termine dell’incontro il caoche e l’utente hanno svolto un breve

debriefing sull’esperienza realizzata mettendone in luce gli aspetti di assoluta utilità

personale e professionale riscontrate nel percorso”.

3.1.2 Il “punto di vista” del coach

La motivazione e il committment di entrambi gli attori coinvolti nel processo di coaching

sono risultati essenziali per garantire l'efficacia del percorso. Il Coachee si è dimostrato

motivato nel favorire la propria crescita e sviluppo professionale, mettendosi in

discussione rispetto alle diverse tematiche concordate e in funzione degli obiettivi del

percorso. Coach e Coachee hanno lavorato insieme sull’apprendimento, orientati a

perseguire gli obiettivi professionali e aziendali. Ogni modalità di intervento psicologico

Page 40: Coaching Manuale

40

richiede l'attivazione delle proprie risorse e un atteggiamento proattivo per garantire un

risultato positivo. E' fondamentale che l’organizzazione condivida gli obiettivi di sviluppo e

di apprendimento, e mantenga un supporto costante.

Il "contratto" tra Coach e Coachee è stato definito in funzione: della fiducia reciproca, del

rispetto reciproco, della libertà di espressione, dell'impegno condiviso su obiettivi e

programma di coaching e del segreto professionale. In sintesi il coaching è stato utilizzato,

all'interno del contesto organizzativo di riferimento, come strumento di crescita

professionale, orientato a favorire la definizione di modalità e strategie per governare

efficacemente le dinamiche di gruppo, i processi di comunicazione e feedback e le

modalità di "coping" rispetto alle dinamiche di cambiamento del mercato.

Per questa ragione è importante ricordare che il coaching, gestito da una figura

professionale come lo psicologo del lavoro, garantisce che tale strumento sia utilizzato in

modo congruo con le caratteristiche della risorsa preservando l'ambiente relazionale da

manipolazioni, collusioni e valutazioni. I feedback forniti alla risorsa sono sempre stati

orientati a stimolare i processi di riflessione e di cambiamento al fine di migliorare il

benessere personale ed organizzativo.

Di seguito alcune considerazioni fornite dal coach che si rivolgono più specificatamente al

percorso effettuato col responsabile dell’area Progetti:

“Il percorso di coaching è stato strutturato attraverso dieci incontri individuali orientati a

favorire, da parte della risorsa, il processo di rielaborazione delle competenze trasversali,

sviluppate nei diversi contesti organizzativi, al fine di favorire, nel coachee, l'emergere di

una rinnovata consapevolezza del proprio agire professionale. I primi incontri sono stati

dedicati prevalentemente ad analizzare i bisogni e la domanda della risorsa con lo scopo

di stabilire e condividere le finalità e gli obiettivi del percorso.

E' stato individuato un focus su cui orientare l'intervento, prestando particolare attenzione

a due temi: comunicazione interpersonale e leadership. Tali argomenti sono stati

approfonditi con il supporto di alcuni modelli teorici declinati in funzione delle

caratteristiche del contesto organizzativo e dell'expertise della risorsa.

Negli incontri sono stati utilizzati alcuni metodi e tecniche di comunicazione (che

caratterizzano la gestione di un colloquio di coaching, come ad esempio la riformulazione,

la confrontazione e la gestione del feedback) orientati a favorire l'emergere di una

maggiore consapevolezza. Per raggiungere tale obiettivo si è lavorato anche sull'analisi di

casi concreti. Lo scopo principale di ogni incontro non era quello di fornire una risposta

"predeterminata" ma di favorire, attraverso stimoli e riflessioni, l'emergere di una risposta

Page 41: Coaching Manuale

41

personale più congrua rispetto alla dimensione organizzativa. Per fornire un feedback alla

risorsa sono stati utilizzati alcuni strumenti (come questionari di autovalutazione e griglie di

supporto) al fine di fornire un ulteriore materiale di stimolo e confronto all'interno del frame

definito dal contratto iniziale.

Sono stati forniti alla risorsa contenuti sintetici (slides e riferimenti bibliografici) per

garantire, anche sul piano puramente cognitivo, una maggiore consapevolezza dell'agire

professionale. L'ultimo incontro è stato dedicato prevalentemente ad analizzare il percorso

affrontato insieme al coach anche attraverso una valutazione qualitativa del livello di

raggiungimento degli obiettivi stabiliti nelle fasi iniziali. Il coaching non si è tradotto (in

questa accezione psicologica) in semplici prescrizioni comportamentali ma è stato un vero

e proprio percorso di confronto e sviluppo che ha visto, in una relazione duale , il

coinvolgimento attivo del coach e del coachee.

Tale percorso di sviluppo si è declinato concretamente in uno scambio e in un confronto

sulle tematiche organizzative e professionali, per individuare, insieme, possibili soluzioni.

In conclusione questo percorso ha richiesto, da parte di entrambi gli attori coinvolti nel

processo, la disponibilità verso un confronto assertivo, spontaneo e diretto che ha

coinvolto gli aspetti e le dinamiche relazionali senza le quali nessun cambiamento è

possibile o auspicabile, dato che l'apprendimento è qualcosa che coinvolge la sfera

emozionale oltre che cognitiva”.

3.2 Il caso 2 - Il “punto di vista” del coachee

L’intervento di coaching ha coinvolto una figura di Responsabile (coachee) di una struttura

operante nel campo della formazione e dell’orientamento.

Il Coachee ha accolto con interesse la proposta di intraprendere un percorso di coaching e

insieme al coach ha definito e condiviso gli obiettivi a fronte di un’articolata analisi del

bisogno che l’ha indotto a partecipare all’esperienza.

La domanda di intervento ha riguardato la comunicazione verso i collaboratori del

rispettivo ufficio, e in specifico il dare feedback positivi e negativi. Il problema messo a

fuoco si riferiva alla difficoltà, di evidenziare ai collaboratori eventuali errori o

comportamenti inadeguati; la principale conseguenza di ciò consisteva nel percepirsi non

in grado di gestire la situazione nel modo desiderato e di subire, soprattutto da parte di

alcuni membri dell’ufficio, un modo di fare poco corretto e spiacevole. Un’ulteriore

conseguenza riguardava il rischio di ricondurre su un piano interpersonale un problema

che sarebbe stato opportuno rilanciare a livello di gruppo e di organizzazione.

Page 42: Coaching Manuale

42

Il percorso ha preso avvio dall’esplorazione della domanda, esplorazione basata sulla

narrazione da parte del coachee di episodi accaduti in ambito lavorativo, che sarebbero

divenuti oggetto di lavoro durante il percorso. E’ stato utilizzato il quaderno o diario di

bordo per annotare le situazioni più significative ed i cartellini sui cui trascrivere le idee a

mano a mano che emergevano.

L’intervento in seguito ha puntato su due direzioni: da un lato, acquisire una visione nuova,

più neutra e oggettiva, con cui leggere le caratteristiche personali e professionali dei

relativi collaboratori, utilizzando le lenti della riscoperta; dall’altro, affinare un metodo di

lavoro che consentisse al coachee di padroneggiare meglio la comunicazione e di

controllare l’impatto che la comunicazione medesima aveva sul piano organizzativo.

La prima direzione di lavoro è stata affrontata attraverso l’uso di una semplice tecnica

espressiva: il coach ha proposto al coachee di elencare le qualità e le aree di

miglioramento che riconosceva a sé stesso, al fine di acquisire maggior consapevolezza

sui propri punti di forza e di debolezza. Altro compito consisteva nel fare una lista delle

qualità positive e dei comportamenti inadeguati espressi dai collaboratori: l’obiettivo era

quello di comunicare a ciascuno, secondo i tempi del coachee, le risorse personali e

professionali, per valorizzarne i contributi individuali e di aiutarli anche a riconoscere gli

errori per apprendere da questi.

La seconda direzione di lavoro ha aiutato il coachee ad affinare il personale metodo di

comunicare facendo diventare la comunicazione uno strumento organizzativo: se prima i

messaggi erano comunicati direttamente all’interessato, da adesso le periodiche riunioni

dell’ufficio sarebbero diventate il luogo in cui trasmettere feedback che, sebbene

potessero essere riferiti ad una persona in particolare, avrebbero costituito un elemento di

riflessione e di crescita per tutti i componenti del gruppo.

4 Conclusioni

I processi di cambiamento della cultura aziendale portano spesso le aziende stesse ed i

loro responsabili a doversi affacciare su modi di pensare completamente nuovi e spesso in

antitesi con quanto si é già abituati a pensare e fare.

Tali processi spesso richiedono che vengano acquisiti, assimilati e tradotti in

comportamenti misurabili, principi e valori nuovi.

I manager ed il middle management che fino ad un attimo prima che il consulente entrasse

in azione avevano una serie di consuetudini, certezze e credenze in merito a come fare il

Page 43: Coaching Manuale

43

loro lavoro, si trovano all’improvviso a dover affrontare e ad accettare spesso controvoglia

un nuovo completo set di comportamenti.

Le crisi d’identità ai livelli middle e top del management che ne conseguono, generano forti

resistenze al cambiamento in atto.

Si può assistere a scontri tra il vecchio ed il nuovo modo di pensare che possono essere

sia visibili e riscontrabili alla luce del sole sia sotterranei e nascosti.

Per alcuni manager che si trovano all’improvviso inadeguati e impreparati al cambiamento,

la tattica di resistenza inconsciamente adottata é quella di aspettare arroccati sulle proprie

barricate che la tempesta passi e che il progetto fallisca; non é allora raro assistere a

decisioni e comportamenti che più o meno coscientemente sabotano alle fondamenta il

progetto di cambiamento.

Un dimostrazione evidente di quanto sopra avviene per esempio quando i manager non

danno le risorse necessarie al progetto, rimandano continuamente a miglior data le azioni

necessarie e non vogliono acquisire le competenze e l’attitudine necessaria.

Nel contesto sopra descritto oggi giorno un aiuto importante per la riuscita di un processo

di cambiamento culturale che si sta sempre più affermando é il Coaching.

Il Coaching é lo strumento che all’interno del contesto tumultuoso sopra descritto

rappresenta la boa di salvataggio o la sosta rigeneratrice per chi vuole capire il nuovo

ruolo che si va definendo per lui, trovare le motivazioni e le attitudini necessarie, accedere

a nuove risorse interiori e sviluppare nuove competenze.

Il coach, non il consulente, diventa cosi’ la persona che aiuta e facilita durante la difficile

fase di transizione dal vecchio al nuovo il processo di rinascita della persona all’interno del

mutato contesto aziendale.

Il coaching é pertanto “Cambiamento Generativo” e “Sviluppo personale”.

Il coaching é indirizzato alle persone psicologicamente sane che hanno la necessità e la

volontà di evolvere personalmente ma non sanno come fare.

L’attività di coaching é focalizzata su come “pensare meglio” e “reagire meglio

emotivamente” all’ambiente circostante, con lo scopo finale di migliorare nelle aree di

interesse personale e/o aziendale.

Alcune delle aree che ad esempio si possono migliorare sono:

• L’abilità, capacità e motivazione nell’apprendere nuovi skill

• La capacità di definire e ridefinire il proprio ruolo in azienda e nel contesto di lavoro

• La capacità di focalizzazione costante su aree di competenze vecchie e nuove

Page 44: Coaching Manuale

44

• La flessibilità nell’incorporare un nuovo sistema di principi e valori aziendali

• Aumentare la propria efficacia

• La capacità di relazionarsi con gli altri.

Cosa si vuole migliorare dipende dai propri obiettivi ed é la ragione per la quale ci si

rivolge al Coach.

In definitiva il coaching é lo strumento attraverso il quale si risponde a domande del tipo:

1. Come posso ancora migliorare me stesso?

2. Come posso trovare l’attitudine e le risorse personali che mi servono?

3. Come posso diventare ancora più efficace?

E’ alla luce di tali considerazioni che il coaching sta diventando vieppiù una realtà

significativa nelle aziende: attraverso interventi di coaching è possibile migliorare lo

sviluppo professionale dei dipendenti ed incrementare le competenze delle risorse

"chiave" dell'azienda. Ma il coaching è anche uno "stile manageriale" che può essere

applicato in tutti i contesti aziendali per incrementare lo sviluppo complessivo delle risorse

e far crescere la cultura dell'azienda.


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