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Come fanno i gas serra ad emettere calore? DOSSIER Tutta ... · colpiscono un oggetto che ci appare...

Date post: 17-Feb-2019
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20 Fotografia di Ornella Erminio DOSSIER Come fanno i gas serra ad emettere calore? Tutta questione di vibrazioni... I gas serra e la loro interazione con la radiazione infrarossa Raggi gamma! Quan- te volte quelli della mia generazione, gli adole- scenti degli anni Ottan- ta, hanno sentito lancia- re questo grido di batta- glia ad un intrepido pilo- ta di robot dei cartoni animati, dal ciuffo quasi sempre ribelle e impro- babile e dalla divisa sgargiante. Vi siete mai chiesti perché proprio raggi gamma e non raggi X o rag- gi ultravioletti o, ancora, raggi infrarossi? Seppure non ovvia, c’è una semplice risposta scientifica: questi sono i raggi cosmici a mag- giore energia e quindi capa- ci dei maggiori danni nella loro interazione con la ma- teria. Ovviamente poi a par- tire da questa base scientifi- ca le caratteristiche dei rag- gi vengono adattate alla sce- neggiatura di fantasia delle serie animate: spesso tutti i raggi altamente energetici sono rappresentati come vi- sibili, frequentemente di co- lore rosso, ma sono in realtà invisibili. A livello di radia- zione elettromagnetica pro- priamente detta, oggi l’e- nergia dei raggi gamma non può essere superata, nem- meno da raggi generati da strumenti creati dall’uomo, a meno che non si tratti di raggi creati dalla nostra fer- vida fantasia. L’interazione tra la radia- zione elettromagnetica e la materia è fondamentale per la vita: a partire dall’intera- zione con la clorofilla, o con molecole simili, che, in ri- sposta all’assorbimento di un fotone della luce visibi- le, rilasciano un elettrone e iniziano la catena di reazio- ni biologiche di ossidoridu- zione delle quali la fotosin- tesi si compone. Con questo processo, tipico delle pian- te, di alcuni batteri e del fi- toplancton, l’energia del Sole viene parzialmente catturata e trasformata in biomassa, cioè in energia chimica (ad esempio zuc- cheri), entrando poi nella catena alimentare ed arri- vando fino ai predatori su- periori come l’uomo, il qua- le si ciba sia di piante, che di erbivori e predatori infe- riori. di Fulvio Zecchini
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DOSSIERCome fanno i gas serra ad emettere calore? Tutta questione di vibrazioni... I gas serra e la loro interazione con la radiazione infrarossa

Raggi gamma! Quan-te volte quelli della miagenerazione, gli adole-scenti degli anni Ottan-ta, hanno sentito lancia-re questo grido di batta-glia ad un intrepido pilo-ta di robot dei cartonianimati, dal ciuffo quasisempre ribelle e impro-babile e dalla divisasgargiante. Vi siete maichiesti perché proprio raggigamma e non raggi X o rag-gi ultravioletti o, ancora,raggi infrarossi? Seppurenon ovvia, c’è una semplicerisposta scientifica: questisono i raggi cosmici a mag-giore energia e quindi capa-ci dei maggiori danni nellaloro interazione con la ma-teria. Ovviamente poi a par-tire da questa base scientifi-ca le caratteristiche dei rag-gi vengono adattate alla sce-neggiatura di fantasia delleserie animate: spesso tutti iraggi altamente energeticisono rappresentati come vi-sibili, frequentemente di co-lore rosso, ma sono in realtàinvisibili. A livello di radia-zione elettromagnetica pro-priamente detta, oggi l’e-nergia dei raggi gamma nonpuò essere superata, nem-meno da raggi generati dastrumenti creati dall’uomo,

a meno che non si tratti diraggi creati dalla nostra fer-vida fantasia.L’interazione tra la radia-zione elettromagnetica e lamateria è fondamentale perla vita: a partire dall’intera-zione con la clorofilla, o conmolecole simili, che, in ri-sposta all’assorbimento diun fotone della luce visibi-le, rilasciano un elettrone einiziano la catena di reazio-ni biologiche di ossidoridu-zione delle quali la fotosin-tesi si compone. Con questoprocesso, tipico delle pian-te, di alcuni batteri e del fi-toplancton, l’energia delSole viene parzialmentecatturata e trasformata inbiomassa, cioè in energiachimica (ad esempio zuc-cheri), entrando poi nellacatena alimentare ed arri-vando fino ai predatori su-periori come l’uomo, il qua-le si ciba sia di piante, chedi erbivori e predatori infe-riori.

di Fulvio Zecchini

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Le vibrazioni

delle molecole

Ci sono ben noti peròaltri fenomeni dell’inte-razione tra luce e mate-ria. A partire da quelli piùcomuni come la possibilitàdi vedere a colori. Questapossibilità è dovuta al fattoche la luce visibile bianca èin realtà composta di tutte lelunghezze d’onda dell’iridecorrispondenti ai vari colo-ri. Quando, per esempio,colpiscono un oggetto checi appare verde, vuol direche il materiale di cui è ri-coperto quell’oggetto, ma-gari della vernice, assorbetutte le lunghezze d’ondadella radiazione visibiletranne il verde che viene ri-flesso e captato dal nostroocchio, nella cui retina esi-stono delle cellule dette“coni” che sono sensibili aicolori. Queste assieme adaltre cellule dette “baston-celli”, sensibili all’intensitàluminosa e capaci di “vede-

re” solo in bianco e nero, cipermettono di osservare glioggetti trasformando la ra-diazione verde che arriva al-la retina in impulsi elettriciche giungono al cervellotramite i nervi ottici e loinformano che quel tale og-getto è di colore verde, piùo meno scuro.Molti altri ancora sono i fe-nomeni comuni dovuti allainterazione tra radiazioneelettromagnetica e la mate-ria, come l’arcobaleno, do-vuto all’interazione della lu-ce del Sole con le goccioli-ne d’acqua che rimangonosospese in aria dopo un ac-quazzone o nei pressi di unacascata. Le diverse lunghezze d’on-da si riflettono e rifrangonoin maniera leggermente sfa-sata, così la luce vienescomposta nei colori dell’i-ride come mostra la figuraqui accanto.

Schema di formazione dell’arcobaleno primario e secondarioper interazioni della luce con l’acqua in forma di goccioline.1: goccioline sferiche; 2: zone di riflessione della luce; 3: arco-baleno primario; 4: zone di rifrazione della luce; 5: arcobale-no secondario; 6: raggi incidenti di luce bianca; 7: camminodella luce che contribuisce all’arcobaleno primario; 8: cammi-no della luce che conytribuisce all’arcobaleno secondario; 9:osservatore. 10: regione dove si forma l’arcobaleno primario;11: regione dove si forma l’arcobaleno secondario: 12: zonadell’amosfera dove si trovano innumerevoli goccioline.Fonte: Wikipedia Commons.

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DOSSIERRadiazioni e gas serra

L’interazione tra ra-diazioni elettroma-gnetiche e materiaè assai utile nellavita di tutti i giorni.In chimica analiticatrova ampio uso la

spettrometria, una tecnicache usa l’interazione tra ma-teria e radiazione ultravio-letta, visibile e infrarossaper identificare e quantifica-re le molecole che sono ingrado di assorbire l’una ol’altra di queste radiazioni.Ne accenneremo in maggio-re dettaglio quando parlere-mo dell’assorbimento dellaradiazione infrarossa daparte dei gas serra.In diagnostica clinica i rag-

gi X sono notoriamente usa-ti per fare le radiografie, vi-sto che grazie alla loro ele-vata energia riescono ad at-traversare il nostro corpo ead andare a impressionareuna speciale lastra fotogra-fica, imprimendovi un’im-magine delle nostre struttu-re interne. Anche la perico-losità per gli esseri viventidei raggi ad alta energia vie-ne sfruttata. I raggi ultravio-letti sono utilizzati per steri-lizzare superfici o oggetti,non essendo penetranti ste-rilizzano solo la superficieesposta, si possono utilizza-re per disinfettare l’acquasenza aggiungere compostichimici, con particolari tec-

The interaction between matter and electromagneticradiation is necessary to life as we know it (e.g.photosynthesis by plants). Such a phenomenon is oftenexploited for practical applications, such as chemicalanalysis and clinical testing.The absorbance and reemission of infrared rays bygreenhouse gases (GHGs) is responsible for thegreenhouse effect, allowing the Earth to get a properaverage temperature. Nonetheless, the excess ofanthropic GHGs present in the atmosphere is currentlyleading to global warming.In order to design safer synthetic molecules which canreplace GHGs necessary to human activities, it isimportant to understand the scientific basis of theinteraction between infrared rays and such molecules.Major GHGs are also described in the article and theirrole in global warming is briefly discussed.

Summary

La chimica dei gas a effetto serra

Nel caso di una molecola biatomi-ca come N2 e O2 la struttura diLewis riflette anche la geometriadella molecola, che non può essereche lineare.

Nelle molecole con tre o più atomidivengono possibili variazioni dellageometria molecolare che può

Innanzi tutto bisogna capire perché l’anidride carbonica (CO2), l’acquaallo stato gassoso (H2O) e il metano (CH4) sono gas serra, mentre i duecomponenti principali dell’atmosfera, l’azoto (N2) e l’ossigeno (O2) informa di molecola biatomica non lo sono. Ciò dipende dalla diversageometria delle loro molecole. La cosiddetta struttura di Lewis riportagli elettroni dell’orbitale più esterno degli atomi che compongono lemolecole e permette di capire quali elettroni partecipano ai legami,basandosi sulla regola dell’ottetto. Questa prevede che una molecola sia stabile se ogni atomo che la com-pone (l’idrogeno fa eccezione) possiede otto elettroni (condivisi a for-mare un legame o meno) nel suo orbitale esterno.

essere predetta teoricamente cono-scendo la posizione degli elettronidegli orbitali esterni. Nelle moleco-le, uno o più elettroni esterni degliatomi che la compongono si accop-piano a formare uno o più singolilegami, oppure a formare doppi(O2) o tripli (N2) legami fra atomi.La chiave per valutare la strutturamolecolare tridimensionale è quelladi considerare che le coppie di elet-troni, sia quelle di legame, sia quel-le non condivise, si respingono inquanto hanno tutte carica negativa.Per questo motivo i legami e lecoppie non condivise di elettroni sidisporranno distanziandosi in mododa ottenere la minor energia poten-ziale (di repulsione) possibile.

Una semplice procedura pragmati-ca può essere utilizzata per com-prendere la struttura tridimensiona-le delle molecole; faremo qui unesempio col metano (CH4).

Prima bisogna determinare ilnumero di elettroni esterni associa-to ad ogni atomo. Nel carbonio(numero atomico 6, Gruppo IV Adella tavola periodica) ci sono quat-tro elettroni esterni: ne mancanoquindi altri quattro per raggiungerel’ottetto. Questi derivano dai quat-tro atomi d’idrogeno che hanno unsolo elettrone ciascuno (numeroatomico 1, Gruppo I A) otteniamocosì la formula di Lewis del meta-no, in cui ognuno dei quattro idro-geni è legato al carbonio centralerispettando la regola dell’ottetto.

Ora dobbiamo verificare qual è lastruttura tridimensionale che per-mette alle varie coppie di elettroni,di legame o non condivise, di esse-re il più distante possibile nellospazio, per quanto permesso dallastruttura di legame. Nel caso delmetano, essendo uguali, i quattroatomi attaccati al carbonio questisaranno equidistanti e alla massimadistanza fra di loro permessa dallegame covalente. La figura solidache soddisfa questi requisiti è iltetraedro, una piramide con base efacce triangolari uguali in cui il car-bonio si trova all’interno in posizio-ne centrale, gli idrogeni sono aivertici e tutti gli angoli sono di109,5°. Questa struttura è stata con-fermata sperimentalmente ed ècomune a molte molecole presentiin natura, soprattutto quando con-tengono carbonio.Lo stesso procedimento si puòapplicare per la molecola del triclo-rofluorometano (CFCl3), un gasserra che fa parte dei famosi cloro-fluorocarburi (CFC), corresponsa-bili della distruzione dello strato diozono. Applicando le regole diprima, vediamo che sia il fluoroche il cloro possiedono sette elet-troni esterni, facendo parte entram-

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nologie che permettano diirradiarla in strati sottili. Persterilizzare oggetti metalli-ci, come alcuni strumentichirurgici si può utilizzare ilcalore elevato, ma per quelliin plastica, come le sirin-ghe, ciò è impossibile e siusano così raggi gamma chevengono emessi da compo-sti radioattivi e concentratisul campione. L’effetto “ste-rilizzante” dei raggi è nellamaggior parte dei casi la di-struzione con modalità diver-se delle molecole degli acidinucleici (DNA e RNA), in talmodo batteri, virus e altri mi-crorganismi non possono piùriprodursi. Altre radiazionipossono essere sfruttate nellaquotidianità: ad esempio, iraggi infrarossi sono usatiper telecomandi e lampaderiscaldanti, mentre le mi-croonde sono sfruttate percuocere i cibi. Nei forni que-ste ultime fanno ruotare rapi-damente le molecole d’acquadegli alimenti, l’attrito cosìgenerato crea a sua volta ilcalore che “lessa” i cibi. I tipidi raggi della radiazione so-lare sono riportati nella tabel-la qui accanto.

Tipo di radiazione Simbolo Lunghezza d’onda (λ)

raggi gamma Y 0,0005 0,14 nm

raggi ics X 0.01 10 nm

raggi ultravioletti UV-C 10 280 nm(sottotipo C*)

raggi ultravioletti UV-B 280 315nm(sottotipo B*)

raggi ultravioletti UV-A 315 380 nm(sottotipo A*)

luce visibile 380 780 nm

raggi infrarossi IR 780 1.000.000 nm

L’interazione dei gas ad ef-fetto serra (GHG, dall’in-glese Green-House Gases)presenti in atmosfera conla radiazione infrarossaemessa dalla Terra in ri-sposta all’assorbimentodella radiazione solare èalla base dell’effetto serra,che, come abbiamo vistonel numero 3 di “Green”, èfondamentale per la vitasul nostro pianeta, ma il ri-scaldamento da esso cau-sato è diventato eccessivo acausa della elevata concen-trazione di GHG in atmo-sfera. Conoscere i fondamentiscientifici dell’interazionetra gas serra e radiazioneinfrarossa è fondamentaleper progettare molecolesostitutive di alcuni gasserra di sintesi, necessari avarie applicazioni, comegli idroclorofluorocarburi(HCFC) che hanno sosti-tuito i clorofluorocarburi(CFC), tristemente noti co-me causa principale del bu-co dell’ozono, utilizzati tral’altro come gas refrige-ranti in frigoriferi e condi-zionatori.

Raggi checompongono laradiazione solarein ordine crescentedi lunghezzad’onda e, quindi,in ordinedecrescente di energia.

bi del gruppo degli alogeni (Grup-po VII A). Ognuno di questi atomicondividerà un elettrone con il car-bonio posto al centro nella strutturadi Lewis, la regola dell’ottetto saràsoddisfatta e la struttura tridimen-sionale sarà tetraedrica con il fluoroe gli atomi di cloro ai vertici.Diversamente dal metano, in que-sto caso il tetraedro non è perfettoperché le distanze di legame F-C eCl-C non sono uguali.Può capitare che alcune molecoleabbiano atomi che possiedono cop-pie di elettroni non impegnate inlegami, in questo caso la forza direpulsione è ancora maggiorerispetto a quella degli elettroni dilegame, in quanto “occupano” unospazio più ampio. Ad esempionella molecola dell’ammoniaca(NH3, un altro gas serra), la coppia

non condivisa di elettroni dell’azo-to spinge i tre idrogeni sotto ilpiano; la molecola non è quindiplanare con l’azoto al centro, ma ècomunque tetraedrica, con l’azotoal centro del tetraedro e i verticidella base occupati dai tre idrogeni,mentre il vertice superiore è occu-pato dalla coppia di elettroni noncondivisi.

La repulsione maggiore da parte diquest’ultima porta ad avere angolidi 107,5°, un po’ inferiori rispettoai 109,5° che ci aspetteremmo inun tetraedro perfetto. Lo stessofenomeno si verifica nella molecoladell’acqua (H2O) in cui i due idro-geni condividono ognuno un elet-trone con uno dei sei esterni del-l’ossigeno (Gruppo VI A) perobbedire alla regola dell’ottetto.

La molecola non è lineare conl’ossigeno nel mezzo come sipotrebbe immaginare, ma le duecoppie non condivise di elettronidell’ossigeno respingono forte-mente quelle di legame e lamolecola ha una forma a “V”con l’ossigeno al vertice ed unangolo di 104,5° fra i due idroge-ni. In pratica è come se le duecoppie non condivise di elettronidell’ossigeno occupassero ognu-na un vertice del tetraedro, gliidrogeni gli altri due e l’ossigenosi trovi al centro.Nell’anidride carbonica due deglielettroni esterni di ogni ossigenodevono coniugarsi con altrettantidel carbonio per dare due legamio, meglio, un doppio legame. Essendoci due ossigeni la mole-cola avrà il carbonio al centrolegato da due doppi legami aidue ossigeni. Il doppio legame hageometria planare e non avendoil carbonio coppie non condivisedi elettroni esterni, la molecola di

CO2 risulta perfettamente linea-re.Fino ad ora abbiamo parlato dilegami covalenti, in cui ognunodei due atomi partecipa con unelettrone al legame. A livello ditroposfera l’ozono (O3) rappre-senta un gas serra.

Per soddisfare la regola dell’ot-tetto l’ossigeno al centro dellamolecola forma un singolo lega-me dativo (tutti e due gli elettronivengono messi in condivisionedall’ossigeno centrale) con unodegli altri due ossigeni e un dop-pio legame covalente con l’altro.In questo modo la regola dell’ot-tetto è soddisfatta per tutti e tregli ossigeni. A causa della coppia non condi-visa di elettroni esterni dell’ossi-geno centrale, anche in questocaso, la molecola è piegata inmaniera simile a quella dell’ac-qua con un angolo di 117°.

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Il principio di Pauli

Il famoso fisico Wolfgang Pauli (Vienna, 1900 - Zurigo,1958) enunciò il suo principio nel 1925. Questo prevede, in parole semplici, che la disposizioneordinata degli elettroni negli orbitali di un atomo siaregolata da 4 numeri quantici che ne descrivono lo statoquantico e che solo un elettrone possa occupare ognisingolo stato. Il numero quantico di spin, s, definisce larivoluzione sul proprio asse dell’elettrone e può assumeresolo due valori, a seconda che l’elettrone ruoti in un versoo in quello opposto (+1/2 oppure -1/2). Gli altri tre numeri quantici sono n, l, e m, ma la lorotrattazione esula dai nostri scopi. Ci basterà qui ricordare che due o più elettroni nonpossono stare nello stesso spazio allo stesso tempo, l’unicomodo per due elettroni di condividere lo stesso orbitale èquindi quello di avere il numero di spin diverso.

La radiazione elettromagneticaha una duplice natura, corpusco-lare ed ondulatoria. In quanto on-da ogni radiazione risulta composta daun campo elettrico e uno magneticoche oscillano in fase su piani perpendi-colari, è caratterizzata dalla frequenza

(cioè numero di cicli al secondo), indicatacon la lettera greca “ni” (υ) e misurata in in-verso di secondi (s-1), dalla lunghezza d’on-da, simboleggiata dalla lettera greca “lamb-da” (λ) e dalle altre proprietà dei campi elet-trici e magnetici (diagramma qui sopra). Inparticolare, l’onda elettromagnetica è carat-terizzata da un’energia E correlata alla fre-quenza dalla relazione E = h υ, dove h è lacostante di Planck (6.63 x 10-34 J s-1, jouleal secondo). La lunghezza d’onda è inversamente pro-porzionale alla frequenza cui è legata dall’e-quazione υ = c λ-1 dove c è la velocità dellaluce (circa 108 m s-1, cento milioni di metrial secondo). Per cui maggiore è la lunghez-za d’onda, minore è l’energia associata auna radiazione; ecco perché gli infrarossisono meno energetici degli ultravioletti edella radiazione visibile, rispetto ai qualihanno lunghezza d’onda maggiore. Simil-mente i raggi gamma sono i raggi più ener-

Assorbimentodella radiazione

elettromagneticagetici della radiazione solare presentando lalunghezza d’onda minore e quindi la fre-quenza maggiore. La natura corpuscolaredella radiazione elettromagnetica è associa-ta con le particelle chiamate “fotoni” che nerappresentano il “vettore di forza”, agentiche permettono alla radiazione elettroma-gnetica di interagire con la materia trasfe-rendo pacchetti di energia. Le radiazioni didiversa lunghezza d’onda ed energia sonoassociate a fotoni specifici; secondo la teo-ria attualmente accettata questi ultimi hannomassa nulla e viaggiano alla velocità dellaluce nel vuoto.La teoria atomica considera la materia costi-tuita da insiemi organizzati di atomi e mole-cole, a loro volta costituiti da nuclei, carichipositivamente grazie alla presenza dei proto-ni (trascuriamo le particelle subnucleari), edelettroni, carichi negativamente. Gli elettronisi trovano negli “orbitali” che potremmosemplicemente definire come la zona dellospazio intorno al nucleo in cui si ha la massi-ma probabilità di trovare gli elettroni duranteil loro moto attorno al nucleo. È fondamen-tale ricordare che ad ogni orbitale è associatauna certa energia e che gli elettroni “riem-piono” gli orbitali secondo regole ben defi-nite (principio di Pauli, vedi qui sotto).

Grafico di unaradiazioneelettroma-gnetica: il campoelettrico e magneticooscillano infase su pianiperpendico-lari.

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DOSSIER

La configurazione elettronica aenergia più bassa è detta “statofondamentale” e corrisponde alcaso in cui gli elettroni sono tuttidisposti negli orbitali a minoreenergia, compatibilmente con ilprincipio di Pauli. Lo stato fonda-

mentale definisce tutte le proprietà chimico-fisiche del sistema a riposo, incluse quellestrutturali e la sua reattività chimica. Quantodetto sopra per gli atomi può essere esteso al-le molecole, di qualsiasi dimensione esse sia-no (da molecole biatomiche omonucleari co-me l’idrogeno molecolare, H2, a molecolecomplesse come il DNA), con la differenzache dovranno essere considerati orbitali mo-lecolari più complessi dei più semplici orbita-li atomici.L’interazione radiazione-materia risulta per-tanto quantizzata, cioè, qualsiasi sia il tipo difenomeno indotto dalla radiazione in una mo-lecola, questo può avvenire solo se quest’ulti-ma assorbe l’energia trasportata dai fotoni as-sociati a una specifica radiazione, viene cosìindotto un “fenomeno di eccitazione” in cui lamolecola salta dal suo stato fondamentale(minima energia) a un livello energetico supe-riore (salto quantico). Tali livelli sono discon-tinui e solo alcuni sono permessi, in base alla

configurazione elettronica della molecola e aitipi di legame (figura sopra). Oltre al surplusenergetico, una molecola eccitata è caratteriz-zata da proprietà chimico-fisiche che possonoessere molto diverse da quelle del suo statofondamentale (angoli di legame, distanze dilegame, potenziali redox, reattività, ecc.).Tra i vari fenomeni inducibili dalla radiazioneelettromagnetica in una molecola troviamo isalti di elettroni in orbitali a energia maggiore(“eccitazione” propriamente detta), la vibra-zione o la rotazione delle molecole, in ordinedecrescente di energia della radiazione/fotoneincidente.

Livelli energeticidelle molecole, saltiquanticied effettidell’interazione tra radiazioni e molecoladell’anidridecarbonica(schematico). LM: livellominimo di energia(stato stazionario). L: livello energetico.

dono in due sottotipi: nel primo caso, per laCO2, l’atomo di carbonio rimane fermo, men-tre i due atomi di ossigeno si allontanano e siavvicinano muovendosi in direzioni opposte ein linea retta (lo indicheremo come Tipo 1, fi-gura sotto)

Nel secondo caso l’atomo di carbonio e unodei due ossigeni si avvicinano mentre l’altroossigeno si allontana e viceversa sempre muo-vendosi in linea retta (Tipo 2, figura sotto).

Mentre nelle vibrazioni di stretching gli atomisi muovono sulla direttrice che li congiunge,nelle vibrazioni di bending gli atomi si disalli-neano dalla loro direttrice. Esistono due sotto-tipi molto simili di vibrazioni di bending a se-conda che gli atomi si muovano in direzioniopposte, ma perpendicolari alla direttrice oche, nell’altro caso, la direzione sia obliqua ri-spetto alla direttrice (figure sotto).

Similmente a ciò che avviene in una molla,occorre meno energia per “piegare” i legamiche non per “allungarli o accorciarli”; così idue tipi di vibrazioni di bending sono indottidall’assorbimento di raggi IR con lunghezzad’onda, λ = 15.000 nm, mentre per causare vi-brazioni di stretching servono raggi con λ = 4.257 nm, con energia maggiore rispettoai precedenti.

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DOSSIER

Dopo aver assorbito la radiazione, le moleco-le tendono a tornare molto rapidamente aduno stato di minore energia. I possibili pro-cessi di “diseccitazione” di una molecola X,possono riportarla semplicemente al suo statofondamentale di partenza, oppure portano allaformazione di una nuova molecola medianteinterazioni X-X o con altre molecole presentinel sistema. I processi che portano al ritornoallo stato fondamentale quasi sempre non pre-vedono trasformazioni chimiche: il surplus dienergia immagazzinato nella molecola puòessere dissipato per via non radiativa (si haun aumento dell’energia cinetica delle mole-cole e queste urtandosi più frequentementecedono calore al sistema) o per via radiativa(vengono emesse radiazioni). Nei processi incui si formano altre specie chimiche a partireda X, il surplus energetico viene usato per laformazione dei nuovi legami.Quando la molecola dissipa il surplus di ener-gia per via radiativa, emette una o più radia-zioni meno energetiche a lunghezza d’ondamaggiore rispetto a quelle assorbite. Ad esem-pio, l’assorbimento di un fotone può far salta-re l’elettrone in un orbitale a più alta energiasenza passare attraverso i vari livelli energeti-ci intermedi possibili per quella molecola; l’e-lettrone, però, nel tornare al livello energeticocorrispondente allo stato fondamentale attra-versa tutti i livelli energetici a energia sempreminore e nel contempo emette una radiazionecon energia pari alla differenza tra due livellisuccessivi. Pertanto può succedere che unamolecola assorba energia a una determinatalunghezza d’onda durante l’eccitazione, mache, nel tornare allo stato fondamentale, la rie-metta sotto forma di una o più lunghezzed’onda maggiori.In una molecola colpita da un fotone di raggiUV con opportuna lunghezza d’onda, un elet-trone esterno può saltare in un orbitale a mag-giore energia, la molecola diviene eccitata, e,talvolta, i legami covalenti possono rompersie riformarsi con configurazioni diverse (rea-zioni fotochimiche). I raggi IR hanno energiaminore rispetto agli UV, insufficiente a causa-re salti di elettroni in orbitali superiori edeventualmente a rompere i legami, ma posso-no causare salti quantici che inducono la vi-brazione di uno specifico legame in una mo-lecola (lo vediamo negli schemi a destra).

Ricorriamo all’anidride carbonicacome esempio. I due doppi legamitra il carbonio e i due ossigeni non devo-no essere considerati rigidi, come seognuno dei doppi legami fosse formatoda un’asta metallica. Essi sono invececapaci di accorciarsi e allungarsi e di

piegarsi come delle molle e ciò permette ai le-gami di vibrare in risposta all’assorbimento dienergia. Vi sono diversi tipi di vibrazione: quelle distretching (allungamento) e quelle di bending(“piega”). Le vibrazioni di stretching si divi-

Vibrazioni di

stretching

Vibrazioni di

bending

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Nella CO2 gli IR possono causare vibrazionidi stretching solo di Tipo 2; infatti l’assorbi-mento avviene solo se la vibrazione causa uncambiamento netto della distribuzione dellacarica elettrica (momento di dipolo). NellaCO2 l’ossigeno ha una maggior tendenza atrattenere su di sé gli elettroni (si dice che hamaggior “elettronegatività”) rispetto al car-bonio, quindi gli ossigeni risulteranno parzial-mente carichi negativamente e il carbonioavrà una parziale carica positiva pari a duevolte in valore quella dei due ossigeni, inquanto la molecola in sé è elettricamente neu-tra. Nella vibrazione di stretching di Tipo 1della CO2 il movimento dei due ossigeni èsimmetricamente opposto e il cambiamentodi carica si annulla; quindi le radiazioni IRnon possono indurre tale tipo di vibrazione inquesta molecola.Come abbiamo detto lo spettro infrarosso diuna molecola è caratteristico (si parla di “im-pronta digitale delle molecole”) e può esseredeterminato mediante uno strumento analiti-co chiamato “spettrometro all’infrarosso”. Laradiazione infrarossa di un filamento incande-scente viene incanalata e fatta passare attra-verso un campione in soluzione posto in uncontenitore con spessore noto e trasparenteagli IR. La radiazione che passa, se è dellalunghezza d’onda giusta (può essere variatadall’operatore entro certi limiti), indurrà unsalto quantico nelle molecole del campione.Più molecole ci sono, maggiori saranno i fo-toni assorbiti (misura detta “assorbanza”) e,ovviamente, minore sarà il numero dei fotoniche attraversano il campione (legge di Lam-bert-Beer, vedi riquadro accanto). Questi ulti-mi arrivano ad un rivelatore che ci dice quantaradiazione è passata (“trasmittanza”). Ciò per-mette di capire la concentrazione del campio-ne in analisi mediante il confronto con assor-banza o la trasmittanza di soluzioni standarda concentrazione nota di quella molecola.Cambiando in maniera continua la lunghezzad’onda del raggio IR nello spettrofotometro,possiamo vedere quali lunghezze vengonomaggiormente assorbite dal campione trovan-do così il suo spettro IR e, quindi, le lunghez-ze d’onda di vibrazione di una molecola (fi-gura sopra).

Spettroall’infrarossodell’anidridecarbonica.Sono eviden-ziati i picchidi assorbi-mento(minimi ditrasmittan-za) corri-spondentialle vibra-zioni distretchingTipo 2 (VS;vedi testo) edi bending(VB). Levibrazionidi stretchingrichiedonomaggiorenergia equindi sonoindotte daradiazioni alunghezzad’ondaminore.

Legge di Lambert-Beer

La legge di Lambert-Beer indica che l’assorbanza di unasoluzione sottoposta ad analisi spettrofotometrica èproporzionale alla concentrazione della sostanza in soluzionee al cammino percorso dalla radiazione; essa viene espressadall’equazione

A = ε b cin cui A è l’assorbanza, c è la concentrazione molare dellasostanza in esame, b è il camino ottico (cioè lo spessore delcampione attraversato dal raggio), ε (la lettera greca“epsilon”) è il “coefficiente di estinzione molare”, cioèl’assorbanza di una soluzione con concentrazione 1 M (unomolare, cioè una mole di sostanza in un litro di soluzione,vedi “Green” n. 2 per la definizione di mole) di compostopuro in condizioni standard di solvente, temperatura elunghezza d’onda.

Per quanto detto prima, le mole-cole di CO2 causano l’effetto ser-ra assorbendo IR con lunghezzad’onda specifica. Si verifica un saltoquantico a un livello energetico superio-re, associato alla vibrazione della mole-cola, quindi le molecole tendono a tor-

nare allo stato di minore energia, riemettendoradiazioni IR con lunghezze d’onda maggioririspetto a quella incidente. Parte di queste vie-ne nuovamente indirizzata verso la superficieterrestre apportando energia e, pertanto, cau-sando l’aumento della temperatura.Anidride carbonica e vapore acqueo (que-st’ultimo assorbe radiazioni IR con λ = 2.500e 6.500 nm) sono i principali gas serra, maqualsiasi molecola capace di assorbire IR èpotenzialmente un gas serra; ne sono esempimetano, protossido d’azoto (N2O), ozono eclorofluorocarburi (come il triclorofluorome-tano, CFCl3). Al contrario le molecole di azo-to (N2) e ossigeno (O2) non sono gas serra,perché, pur potendo vibrare, sono simmetri-che, costituite da atomi uguali e con la stes-sa elettronegatività; pertanto dato che la lo-ro vibrazione non comporta mai una varia-zione del momento di dipolo esse non as-sorbono IR.

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DOSSIERI gas ad effetto serra

Secondo i dati del-l’Environmental Eu-ropean Agency(EEA, 2006) nel 2004la produzione di ener-gia ha contribuito per il59% all’emissione di

gas serra (GHG) nell’Euro-pa dei 15, i trasporti per il21%, l’agricoltura per il 9%,i processi industriali perl’8% e i rifiuti per il 3%.Non tutti i gas serra hanno lastessa efficacia nell’assorbi-re ed emettere raggi infra-rossi, questa viene valutataattraverso il cosiddetto “po-tenziale di riscaldamento

globale” (PRG) confrontan-dola con la molecola di ani-dride carbonica (cui è statoattribuito valore PRG = 1;tabella sotto). Recenti stime suggerisconoche poco meno della metàdell’effetto di riscaldamentoglobale della Terra sia impu-tabile all’immissione in at-mosfera di gas serra (GHG)diversi dall’anidride carbo-nica.Uno dei principali è il meta-no che ha un PRG superiorerispetto all’anidride carboni-ca. La concentrazione atmo-sferica del metano è relati-

vamente bassa, ma la con-centrazione attuale di 1,7ppm è raddoppiata rispettoall’epoca preindustriale edal 1979 viene indicato unaumento annuo dell’1% (ta-bella nella pagina accanto).Il vapore acqueo, pur essen-do il più abbondante gas ser-ra in atmosfera, dove tral’altro forma le nubi, nonviene considerato negli studivista l’alta variazione siageografica che temporaledella sua concentrazione. Ilcontributo al riscaldamentoglobale dei vari GHG è ri-portato in qui sotto.

Gas serra Struttura PRG VMA

CO2 1 50-200

CH4 7 12

N2O 158 120

SF6 22450 stabile

CFC-11 CFCl3 4680 60

CFC-12 CF2Cl2 10720 120

CFC-113 CF2Cl-CFCl2 6039 90

CFC-114 CF2Cl-CF2Cl 9860 200

HCFC-22 CHF2Cl 1780 14

HCFC-141b CH3-CCl2F 713 7,1

HCFC-142b CH3-CF2Cl 1850 17,8

HCFC-124 CHFCl-CF3 599 6

HFC-125 CHF2-CF3 3450 26

HCFC-152a CHF2-CH3 129 1,5

HFC-134a CH2F-CF3 1400 14

HFC-143a CH3-CF3 440 40

Potenziale di riscaldamento globale (PRG), struttura e vita media in atmosfera in anni (VMA) di alcuni dei principali gas serra. Oltre all’anidride carbonica, al metano, al protossido d’azoto e all’esafluoruro di zolfo (SF6), sono riportatidiversi tipi di clorofluorocarburi (CFC), idroclorofluorocarburi (HCFC)e idrofluorocarburi (HFC).

Dati: American ChemicalSociety e Università di Urbino.

Potenziale di riscaldamento globaleStruttura e vita media in atmosfera in anni dei principali gas serra

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Sopra:variazionenella concentrazionedei principaligas serra daitempi prein-dustriali al 1994.Dati:AmericanChemicalSociety, 2000.

Secondo dati del CNR del 2004,ogni anno circa 215 miliardi ditonnellate di carbonio sono ri-mosse dall’atmosfera sotto for-ma di CO2, poco più della metà,(110 miliardi di tonnellate) sono“fissate” dalla fotosintesi clorofilliana,

diventando prima zuccheri e infine biomas-sa, prima vegetale e poi animale. La mag-gior parte del resto si dissolve negli oceani,si concentra per via biologica in strutturecome i coralli e le conchiglie, per diventarecalcare o contribuire a formare altri minera-li e rocce dei fondali. In questo modo la Ter-ra agisce da vasta riserva di CO2. Questoperò è uno stato stazionario, dovuto ad unequilibrio dinamico in cui altrettanta CO2 ri-torna in atmosfera. Le piante muoiono e laloro biomassa viene decomposta dalla florabatterica con formazione di CO2, oppure en-trano nella catena alimentare dove vengonoridotte a CO2, H2O e altre piccole molecoledal metabolismo. Inoltre gli animali esalanoCO2, le rocce dei carbonati si decompongo-no a causa di fattori atmosferici (ad esempiopiogge acide) e i vulcani emettono CO2 dailoro crateri.

E il ciclo continua. Alcuni scien-ziati hanno stimato che l’atomomedio di carbonio è passato at-traverso i vari comparti dellabiosfera per circa venti volte daquando la Terra esiste.Se esistesse solo l’inquinamento d’ori-

gine naturale questo sarebbe bilanciato daprocessi di autoregolazione (feedback) perraggiungere, comunque, uno stato staziona-rio. L’uomo però non è un animale cometutti gli altri, respira sì, mangia e producedeiezioni, vive e muore, producendo CO2 daprocessi metabolici e di decomposizione co-me gli altri animali, ma ne differisce perchéla sua intelligenza l’ha portato a compieredelle attività che gli permettono un sempremaggiore benessere, al prezzo però di un’al-terazione significativa degli equilibri natu-rali. Purtroppo oggi le emissioni di origineantropica di CO2 sono così elevate, che i si-stemi di feedback naturali non riescono afissare la concentrazione di CO2 a un valorecostante. Noi produciamo CO2 assai rapi-damente bruciando in pochi attimi l’energia

Anidridecarbonica

(CO2)

Apporto relativo dei principaligas serra al riscaldamentoglobale del pianeta.Dati: rete GreeNet, 2004.

Gas serra CO2 CH4 N2O

Concentrazione ppm ai tempi preindustriali 280 0,70 0,28

Concentrazione ppm al 1994 358 1,7 0,31

Tasso di variazione ppm/anno +1,5 +0,01 +0,0008

Tempo di vita media in atmosfera 50-200 12 120

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solare che si è concentrata nei combustibilifossili in milioni di anni, bruciando petrolioe carbone, ad alto contenuto in carbonio, inun’atmosfera ricca di ossigeno.

La rivoluzione industriale, natain Europa alla fine dell’Ottocen-to, è stata alimentata dal carbo-ne, utilizzato per le macchine a vaporedelle miniere, delle industrie, delle lo-comotive, delle navi e, più tardi, deigeneratori elettrici. La scoperta del pe-

trolio e dei suoi derivati ha permesso la dif-fusione di mezzi di trasporto più piccoli enumerosi, le automobili, portando all’emis-sione diffusa negli ambienti urbani. Così,assieme all’aumento della produzione dienergia e di consumo di combustibili fossili,è aumentato il rilascio di prodotti di combu-stione in atmosfera, l’anidride carbonica èpassata da una concentrazione di circa 290ppm del 1860 alle circa 380 ppm attuali. Iltasso di crescita è inoltre in aumento costan-te ed è attualmente di 1,5 ppm di CO2 al-l’anno. Ogni anno si usa un quantitativo di combu-stibili fossili che corrisponde a un contenuto

in carbonio di cinque miliardi di tonnellate.La deforestazione può alterare enormemen-te gli equilibri del ciclo del carbonio. In con-dizioni naturali le grandi foreste agiscono dapolmone del pianeta, fissano la CO2 e pro-ducono O2 e zuccheri; nel contempo emet-tono CO2 con la loro respirazione e il carbo-nio che forma i loro tessuti andrà a finire nelciclo di tale elemento e potrà tornare a for-mare CO2. La deforestazione però riducenotevolmente la capacità di fissazione dellaCO2 mediante fotosintesi traducendosi in unaumento della concentrazione di anidridecarbonica atmosferica. Annualmente vienetagliata o, peggio bruciata, una superficie diforesta pluviale pari a 150.000 km2, l’equi-valente della superficie della Svizzera e del-l’Olanda messe assieme. Se gli alberi ven-gono bruciati, oltre a perdere l’assorbimen-to di CO2 attraverso la fotosintesi, si hannoemissioni significative di anidride carbonica(equivalenti a 1-2 miliardi di tonnellate dicarbonio all’anno); se sono tagliati, lascian-do i detriti organici, viene formata CO2 piùlentamente per decomposizione della bio-massa vegetale. Pur sostituendo la forestacon una superficie equivalente di campi col-tivati e usando il legno per le costruzioni, siha una perdita dell’80% in assorbimento diCO2 per via fotosintetica a causa del mag-gior assorbimento da parte delle specie ar-boree.La quantità totale di carbonio di origine an-tropica (combustibile e deforestazione) rila-sciato in atmosfera è di 6-7 miliardi di ton-nellate all’anno; circa la metà viene riciclatadagli oceani e dalla biosfera, il resto rimanein atmosfera come quantità addizionale (3miliardi tonnellate/anno) che si va ad ag-giungere alla base “naturale” (740 miliardidi tonnellate/anno; figura qui sotto).

Schemadel ciclodel carbonio.Sonoindicatele quantitàin gioco inmiliardidi tonnellatedi carbonio.Dati:IstitutoApplicazionidi Calcolo,CNR;Napoli;2004.

DOSSIER

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Il metano proviene da un grannumero di sorgenti, sia antropi-che sia naturali; queste ultime rap-presentano il maggior contributo alleemissioni atmosferiche. Il metano è ungas naturale presente nel sottosuolo epuò essere rilasciato in atmosfera attra-

verso fessurazioni della roccia. A tale con-tributo va a sommarsi quello legato allosfruttamento umano dei giacimenti naturalie alla raffinazione del petrolio. Il metano èda sempre anche un prodotto della decom-posizione delle biomasse vegetali.Oggi sono divenute significative anche leemissioni antropiche di metano, rilasciatedalle discariche di rifiuti organici e defore-stazione. In alcuni casi il gas naturale pro-dotto dalle discariche (miscela di metano ealtri idrocarburi) viene utilizzato per il ri-scaldamento, ma solitamente esso viene so-lamente incanalato e rilasciato in atmosfera. L’agricoltura e la zootecnica contribuisconoall’incremento della produzione di metanoda fonti naturali. Un esempio sono le risaiee gli allevamenti intensivi (alti numeri di ca-pi in aree ristrette) di bovini, ovini e simili.Questi ultimi sono detti “ruminanti” e pos-siedono nel loro complesso sistema digesti-vo dei batteri simbionti che li aiutano a di-gerire la cellulosa presente nell’erba chebrucano, altrimenti indigeribile. Il processoè in pratica una lunga fermentazione che av-

Metano(CH4)

viene nella struttura digestiva detta “rumi-ne”, in cui, oltre alla degradazione della cel-lulosa in zuccheri più semplici, si ha la for-mazione di metano. Questo viene poi im-messo in atmosfera attraverso gli orifizi delcanale digerente. Se pensiamo che una solamucca può produrre 500 litri di metano algiorno (a temperatura e pressione ambien-te), capiamo come le quantità in gioco sianosignificative; alcune stime parlano addirittu-ra di 73 milioni di tonnellate all’anno diCH4 prodotte dai ruminanti del globo! Anche le termiti hanno dei batteri simbiontiche li aiutano a digerire lignina e cellulosa eproducono metano. Per capire di che portatapuò essere la loro produzione (una stimaesatta è davvero difficile), si pensi che si ri-tiene esista mezza tonnellata di termiti perogni abitante della Terra. Inoltre è possibile che il riscaldamento del pia-neta possa avere intensificato il rilascio di me-tano dai sedimenti oceanici, dalle paludi, dalletorbaie e dal permafrost (il suolo perennemen-te ghiacciato delle alte latitudini). In queste zo-ne una considerevole quantità di metano rima-ne “ingabbiata” tra le molecole d’acqua e conl’aumento della temperatura la “fuga” dellemolecole di metano risulta più probabile.Fortunatamente la vita media del metano inatmosfera è relativamente breve (12 anni),soprattutto se la compariamo a quella del-l’anidride carbonica (50-200 anni); infatti ilmetano viene prontamente convertito inspecie chimiche meno dannose che entranoin altri cicli di trasformazione. La complessità, dovuta al gran numero dellesorgenti del metano e delle sue molte tra-sformazioni chimiche possibili, rende diffi-cile sapere con certezza quale può esserel’influenza del metano atmosferico sullatemperatura media del pianeta.

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DOSSIER

Omero nei canti VII e XIV dell’I-liade e XII e XIV dell’Odissea de-scrisse l’odore aspro e pungen-te che l’aria acquista in seguitoal passaggio di un temporale.Verso la fine del XVIII secolo fu nota-

to che un odore simile veniva riscontratonelle vicinanze di alcune macchine elettri-che, per questo motivo si pensò che fossedovuto alla “presenza” di elettricità nell’a-ria. Il termine “ozono” deriva dal grecoozein (“che ha odore”) e venne attribuito aquesto gas, nel 1840, dal chimico svizzero-tedesco Christian Friedrich Schönbein(Metzingen, 1799 - Baden Baden, 1868).Egli fu il primo ad intuire che questo stranoodore era dovuto alla presenza nell’aria diun gas che veniva formato in seguito al rila-scio di scariche elettriche nell’aria durante itemporali.La molecola di ozono è stata isolata per laprima volta poco più di quarant’anni fa, per-ciò tale gas viene studiato da un tempo rela-tivamente breve. L’interesse che attualmen-te riscuote l’ozono è principalmente dovutoa due fenomeni di eguale gravità, ma di na-tura totalmente diversa: la riduzione dellostrato di ozono stratosferico e l’aumentodella concentrazione di ozono troposferico.Sebbene in stratosfera l’ozono svolga unruolo fondamentale nella protezione dellabiosfera dai dannosi raggi ultravioletti, introposfera, oltre ad essere un inquinante tos-sico per gli esseri umani, animali e vegetali,riveste anche il ruolo di efficace gas serra. L’ozono troposferico è il terzo gas in ordinedi contribuzione all’assorbimento delle ra-diazioni IR in atmosfera, a partire dall’epo-ca preindustriale. Inoltre, essendo il precursore del radicaleidrossido (●OH) e dell’ossido nitrico(NO3), i principali agenti ossidanti dell’at-mosfera, l’O3 può influenzare notevolmentela vita media e, quindi, la concentrazione at-mosferica di altri gas serra, come CH4 eidroclorofluorocarburi (HCFC), rivestendocosì anche un ruolo indiretto nella determi-nazione del processo di riscaldamento glo-bale del pianeta.

Non è affatto facile stimare ilcontributo dell’ozono all’effettoserra. Infatti esso non si trova comeinquinante primario, non esistendo

Ozono(O3)

fonti antropiche e/o naturali. Lo troviamosolo come inquinante secondario, formato aseguito di complesse reazioni fotochimicheche coinvolgono varie molecole, quali gliidrocarburi e gli ossidi di azoto (NOx), con-siderate come precursori. Le relazioni chelegano le concentrazioni di O3 alle emissio-ni di molecole precursori risultano assaicomplesse e ciò complica la realizzazione dimodelli affidabili.

Il contributo all’assorbimento eall’emissione di radiazione IR daparte dell’ozono dipende sensi-bilmente dalla quota e dalla zonedel pianeta in cui esso si trova. Sistima, infatti, che la diminuzione di ozo-no registrata in stratosfera negli ultimi

50 anni abbia portato, come effetto netto, a unraffreddamento della superficie del pianeta.Al contrario, incrementi della concentrazionedi ozono in troposfera portano ad un aumentodella temperatura media del pianeta.Il fatto che già dal 1850 fosse stato svilup-pato e applicato, soprattutto in Europa, unmetodo chimico per effettuare misure diconcentrazioni di ozono in troposfera (me-todo di Schönbein), ci permette di confron-tare in modo sufficientemente attendibile idati storici con quelli odierni. Il livello diozono nella bassa troposfera è rimasto co-stante fino al 1950 circa; da quel periodo inpoi fin quasi al 2000, in Europa, si è riscon-trato un aumento di circa 1% per anno.

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Il protossido d’azoto (N2O), dettoanche gas esilarante, viene usato comegas anestetico nelle pratiche dentisti-che e chirurgiche in genere. Quellopresente in atmosfera viene emesso so-prattutto dagli oceani, dai suoli agrico-

li e non, oltre che da processi industriali edalla combustione delle biomasse. Ha unavita media di 120 anni ed è un gas serra mol-to più efficace di CO2 e CH4. Negli ultimi200 anni la sua concentrazione è stata inlenta, ma costante crescita.

I clorofluorocarburi (i famosiCFC o Freon) sono composti xeno-biotici, infatti non esistevano in naturaprima che l’uomo iniziasse a produrlisinteticamente attorno al 1930. Eranousati soprattutto come propellenti per

le bombolette spray, come fluidi refrigeranti(nei frigoriferi e in impianti di condiziona-mento), come espandenti e come solventi.Oltre ad essere implicati nella distruzionedell’ozono stratosferico, agiscono da gasserra. Attualmente il loro utilizzo è vietatoin tutte le nazioni che hanno firmato il “Pro-tocollo di Montreal sulle sostanze dannoseper l’ozono stratosferico” (1987). La loroefficienza come gas serra è elevatissima, inquanto questi gas sono in grado di assorbirela radiazione IR in una regione dello spettroelettromagnetico in cui non assorbe nessunodei gas serra sopra elencati. Questa regione,detta “finestra atmosferica”, comprende

AltriGHG

lunghezze d’onda tra gli 8 e gli 11 µm. Icomposti che a partire dal 1980 circa sonostati sintetizzati per sostituire i CFC sono gliidroclorofluorocarburi (HCFC) e gli idro-fluorocarburi (HFC). Entrambe le classi dicomposti sono poco dannose per l’ozono,ma sono efficientissime come gas serra.

Un’altra classe di composti alo-genati del carbonio a effettoserra, i perfluorocarburi (PFC), han-no un PRG cha varia approssimativa-mente da 7000 a 12.000. I PFC sonoin pratica idrocarburi in cui atomi di

fluoro sostituiscono tutti gli idrogeni pre-senti, sostituiscono i CFC nella produzionedi refrigeranti e semiconduttori e sono sot-toprodotti della fusione dell’alluminio edell’arricchimento dell’uranio. Uno dei massimi PRG appartiene all’esa-fluoruro di zolfo (SF6; PRG = 22.450 circa),un composto stabile in atmosfera usato co-me isolante termico ed elettrico. L’impattodi questo gas traccia va a sommarsi a quellodegli altri composti alogenati e la sua con-centrazione sta aumentando rapidamente(4,6% all’anno).CFC, HCFC, HFC, PFC ed SF6 pur essendopresenti in atmosfera in concentrazioni mol-to basse (dell’ordine di 10-8%) e noti anchecome “gas traccia”, grazie alla loro elevatis-sima capacità di assorbire la radiazione IR,contribuiscono al riscaldamento globale percirca il 13%. Fulvio Zecchini


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