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Computer Magazine Pro - Digital Edition n.5 - Da casa è meglio: il telelavoro è una scelta "green"

Date post: 22-Mar-2016
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TECNOLOGIE ANTEPRIME INNOVAZIONI NEWS DIGITAL EDITION I SOCIAL NETWORK NELLE SITUAZIONI DI CRISI DALL'ATTENTATO DI BOSTON AL TORNADO IN OKLAHOMA utiLi o dANNosi?
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TECNOLOGIE • ANTEPRIME • INNOVAZIONI • NEWS DIGITALEDITION

I SOCIAL NETWORK NELLE SITUAZIONI DI CRISIDALL'ATTENTATO DI BOSTON AL TORNADO IN OKLAHOMA

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IL TELELAVORO È UNA SCELTA “GREEN” E A MISURA D’UOMO. MA IN ITALIA DEVE FARE I CONTI CON IL DIGITAL DIVIDE

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iappropriarsi del proprio tempo, concepire il lavoro a misura d’uomo, rinnovare l’in-

teresse verso la propria professione e aumentare la produttività. Il tutto, con un risparmio in termini econo-mici e ambientali non da poco. Ecco come, in poche righe, si potrebbero riassumere le finalità del telelavoro, inteso come la pos-sibilità di lavorare da casa propria, sfruttando le tecno-logie telematiche odierne. Ma è dav-vero così in un’Italia dove il Digital Divide impera anco-ra sulle infrastrutture tecnologiche? Prospettive, idee e piani d’azione per consentire agli italiani di sfrutta-re al massimo la tecnologia sono allo studio dell’Agenda Digitale Italiana, il cui provvedimento Crescita 2.0, approvato dal Consiglio dei Ministri nel 2012, mostra tutte le misure per l’applicazione concreta dell’ADI.

Purtroppo, però, la strada da fare è ancora lunga.

L’AMBIENTE RINGRAZIANonostante le difficoltà nell’ambi-to del telelavoro siano innegabili e causate da più fattori, è altrettanto indubbio come lo sviluppo di una delocalizzazione dell’attività profes-

sionale porti innumerevoli vantaggi. Soprattutto se può essere gestita da casa. Oltre a una maggiore libertà in termini di tempo e gestione del-la propria vita, gli aspetti economi-ci e ambientali non passano certo inosservati e i miglioramenti in en-trambi i campi sarebbero immediati. Ridimensionando o eliminando gli spostamenti casa-lavoro, si ridur-

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Un’azienda che promuova anche solo in parte il telelavoro, può aspettarsi un risparmio economico ingente per il mantenimento delle postazioni di lavoro.

L’impatto ambientale del telelavoro è stimato in migliaia di tonnellate

di C02 in meno nell’atmosfera

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rebbero sensibilmente i consumi di carburante e delle parti deteriora-bili dell’auto. Senza poi contare il relax nel non dover affrontare quo-tidianamente lo stress delle città metropolitane. È sul traffico dovuto al pendolarismo, che il risparmio in termini di emissioni nocive si fareb-be ancora più sentire. Secondo uno

studio che ha come oggetto il tele-lavoro, realizzato da Unindustria in collaborazione con l’Università di Tor Vergata e la Federmanager-CIDA, supponendo che un pendolare per-corra 31 Km al giorno e che l’8% pratichi il telelavoro per almeno 115 giorni all’anno, si eviterebbe all’at-mosfera di assorbire ben 3.063 ton-nellate di CO2.

I CONTI IN TASCASenza l’obbligo di spostamenti in au-to, la probabilità di essere vittime o causa d’incidenti stradali calerebbe in modo direttamente proporzio-nale ai chilometri risparmiati. Può sembrare un discorso un po’ cinico, ma tutto questo avrebbe un ritor-no anche sotto il profilo economi-

co. Riportando un dato fornito sem-pre dallo studio di Unindustria, il costo sociale degli inci-denti stradali nella città di Roma per

l’anno campione 2009 è stato stima-to in circa 968 milioni di euro (fonte Cittalia 2009 ndr). Considerando che il traffico pendolare può essere valu-tato nel 60% del totale, diminuendolo dell’8% sempre in virtù dei telelavo-ratori, si avrebbe un risparmio net-to di 46,5 milioni di euro l’anno. Il ritorno economico non andrebbe solo a vantaggio del lavoratore, ma

Venendo meno la necessità di spostarsi da casa a lavoro, si evita lo stress quotidiano delle metropoli

Il pendolarismo è tra le cause maggiori del congestionamento urbano. Stimando un aumento del telelavoro, il traffico subirebbe un brusco calo.

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anche delle aziende. Unindustria, ad esempio, ha calcolato che se una grande impresa di almeno 300 di-pendenti concedesse ad almeno il 10% di lavorare da casa per la metà dell’orario concordato, potrebbe ri-sparmiare circa 594.000 euro l’anno. Stima che tuttavia non tiene conto della formazione del personale e dell’adeguamento delle infrastruttu-re tecnologiche.

LIMITI TECNICIP a r t e n d o d a l l o stato dell ’arte, i l professionista che lavora da casa e deve mantenere un collegamento costante con i propri committenti, dovrebbe contare sulla fibra otti-ca. Solo così avrebbe la garanzia di sfruttare una linea veloce, nuova e affidabile. In tutti gli altri casi, ADSL compresa, le problematiche sono a

portata di doppino. Sì, perché è il famoso “ultimo miglio” a contraddi-stinguere maggiormente l’Italia dal resto d’Europa. La così detta rete d’accesso su cavo telefonico in ra-me, che collega le centrali telefoni-che alle abitazioni, di solito è troppo vecchia e malridotta per supportare collegamenti ad alta velocità come si deve. Poco importa che la centra-

le sia dotata degli ultimi ritrovati per il trasferimento a 20 Mega al secon-do. Se il doppino è obsoleto, scarsa-mente schermato e magari ossidato, sarà già un miracolo raggiungere i 6 Mega. Fatta salva la stabilità del-la portante, che purtroppo non

l’Agenda Digitale Italiana contiene la road map per ridimensionare ed eliminare del tutto il Digital Divide

Per la stesura della fibra ottica è necessario che i provider di telefonia investano in nuovi scavi per l’interramento delle linee cablate.

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L’asimmetria delle ADSL porta con sé un brusco calo delle prestazioni in upload a favore del download

sempre consente collegamenti af-fidabili. Pur stando in centro città, quindi, non sarà certo difficile sco-prire che il famigerato Digital Divide è proprio dietro l’angolo.

POCO ENTUSIASMO IN ITALIAIn altre realtà, come gli Stati Uniti, il telelavoro coinvolge milioni di perso-ne, soprattutto nel settore dell’Infor-mation Technology. In Italia, invece, le cose vanno a ri-lento. Il Professor Patrizio Di Nicola, docente di Sociologia dell'organiz-zazione presso l'Università di Roma La Sapienza, aiuta a capire come uno dei freni del telelavoro sia dovuto anche alla mentalità. «Il telelavoro non si diffonde soprattutto per cause culturali e organizzative: moltissimi manager hanno paura di innovare». Eppure il telelavoro svolto come at-tività subordinata a un contratto o a

un rapporto di lavoro con un’impre-sa, è legalmente riconosciuto ed è entrato a far parte di diversi contratti collettivi di lavoro. Questo dal 2004, quando i maggiori sindacati e le as-sociazioni di categoria si sono riuniti per recepire l’accordo europeo del 2002. Pertanto viene da domandarsi cos’è che spaventi l’imprenditore ita-

liano. Secondo Di Nicola è proprio «l’assenza di regole e di potenziali problemi giuslavoristici che l’adozio-ne del telelavoro potrebbe compor-tare». Infatti, il professore spiega che «L’accordo europeo del 2002 è stato un po’ subito dalle aziende, in quan-to è noto che la UE all’inizio del 2000 aveva lanciato un diktat: o le aziende e i sindacati arrivavano a una auto-

Yahoo! è una delle aziende americane che ha investito di più nel telelavoro.

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regolamentazione o la Commissione avrebbe legiferato in materia di tele-lavoro. Ciò ha fatto sì che l’accordo fosse per alcuni versi poco innova-tivo, visto che si limitava a recepire le sperimentazioni fatte sino a quel momento, specialmente dalle im-prese maggiori». Tuttavia sembra sia stato un bene, perché «una volta che è stato firmato l’accordo nazionale nel 2004, sono nate molte sperimen-tazioni ed esperienze positive».

GLI ASPETTI LEGALISupponendo di avere un ottimo col-legamento al Web, una buona infra-struttura hardware e un datore che permetta di lavorare da casa, ci sono altri aspetti da prendere in conside-razione. Primo tra tutti quello della sicurezza degli ambienti professio-nali, che rappresenta forse uno dei problemi più importanti e delicati. Il telelavoro in regime di dipendenza

è un’attività che deve sottostare alla disciplina vigente in merito a salute e sicurezza sul luogo di lavoro. Ciò si traduce in un rispetto delle rego-le imposte dagli organi competen-ti, con conseguente assunzione di responsabilità da parte del datore di lavoro che ne risponde in caso di problemi. L’INPS ha giustamente previsto una serie di caratteristiche che disegnano l’ambiente in cui il telelavoratore può svolgere la pro-pria professione. La stanza adibita all’attività deve quindi rientrare in determinati standard, che saranno sottoposti a controllo da parte del responsabile della sicurezza dell’a-zienda. Tanto per fare alcuni esem-pi, l’ambiente in cui si lavora deve avere superficie, volume e arreda-mento adeguati a ospitare il compu-ter e le attrezzature necessarie. Gli impianti devono essere certificati e la casa munita di documento di

La stanza dove si lavora deve rientrare nelle norme stabilite per la sicurezza sui luoghi di lavoro.

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abitabilità. Illuminazione, rumore e microclima rilevati nella stanza do-ve si lavora devono poi adattarsi ad appositi parametri. Lo stesso dica-si per sedie e scrivanie, che devo-no rispondere ai criteri ergonomici previsti per gli uffici. Tutte regole dettate sia dal buon senso sia dalle nor-mative, ma che nel nostro paese rap-presentano un ul-ter iore ostacolo. Nella pratica, infat-ti, capita spesso che siano proprio le abitazioni dei lavoratori a non avere i requisiti necessari per essere "promosse" a luogo di lavoro. Ad esempio perché manca la certifica-zione dell’impianto elettrico, che in teoria sarebbe obbligatoria ma nel-la pratica viene ancora vista come una “spesa inutile”. Un brutto vizio che si finisce per pagare.

QUALE CONTROLLO?Altra questione spinosa è quella relativa al controllo a distanza dei dipendenti. Come evitare che il lavo-ratore lontano dall’ufficio si conceda un ritmo di lavoro troppo blando? Certo, sul mercato esistono softwa-re che consentono di raggiungere l’obiettivo, ma il loro utilizzo ha sol-levato spesso qualche perplessità in tema di rispetto della privacy. Senza contare che il tema è anche regolato dallo Statuto dei lavoratori, che vieta il telecontrollo a distanza. Il Professor Patrizio Di Nicola ha le idee chiare in merito: «Nessuna legge può eli-minare il diritto/dovere dell’azienda o della pubblica amministrazione di controllare che il lavoratore svolga il lavoro per cui è retribuito. Ma ogni controllo deve essere rispettoso del-la privacy. Cosa direbbe l’opinione pubblica se un’azienda mettesse delle telecamere nei bagni per esse-re sicuri che il lavoratore non ci va a fumare? Ma se mette un rilevatore di fumo il controllo diventa accettabile.

Ovviamente nel caso del telelavoro cambiano le forme del controllo del-la prestazione. Anziché di presenze e orari, badge e tornelli bisogna ra-gionare di carichi di lavoro e di wor-kflow: quel che conta non è l’orario del lavoro, ma il risultato che si ottie-ne. Il controllo per obiettivi è quello più adatto per chi lavora fuori della sede aziendale».

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dis Il telecontrollo, in Italia, è vietato per

legge. Ma esistono alternative software per garantire la presenza del lavoratore.

Se il telelavoro è svolto in regime di attività subordinata, non bastano

una scrivania e un portatile


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