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Comunicazione visiva - parte 2 - CORTO.eu · Comunicazione visiva - parte 2 Zenon Kulpa propone la...

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Comunicazione visiva - parte 2 Seguito della: Comunicazione visiva parte 1  Capitolo VI Effetti, Distorsioni, Illusioni  Gioco illusorio del trompe-l’oeil implicato a restituire all’osservatore la sensazione verosimile di una terza dimensione oltre la superficie pittorica.  1 / 32
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Comunicazione visiva - parte 2

Seguito della: Comunicazione visiva parte 1

 

Capitolo VI

Effetti, Distorsioni, Illusioni

 

Gioco illusorio del trompe-l’oeil implicato a restituire all’osservatore la sensazione verosimile diuna terza dimensione oltre la superficie pittorica.

 

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Nell’elaborazione creativa alcune figure strutturate su elementi di per sé ambigui (come ilrombo, il trapezio, l’ellissi e il parallelogrammo) sono utilizzate per creare ulteriori illusioni checoinvolgono la forma, lo spazio, la luce, il colore e il movimento, ecc… perché possonoassumere e creare effetti tridimensionali, rendendo visibili solidi con orientamenti spazialivariabili.

Configurazioni geometriche costituite da figure combinate fra loro danno luogo a percezionidistorte o falsate di forma e grandezza, distanza e direzione.

Le illusioni ottiche sono perlopiù errori di percezione elaborati da una forzatura del nostrosistema di visione.

 

-         Illusione di Wundt: il nostro sistema visivo tenda ad ingannarci sulla considerazionedella reale dimenzione delle forme: se infatti tracciamo due segmenti di uguale lunghezza inmodo che uno si unisca perpendicolarmente al centro dell’altro, si noterà che il segmentospezzato apparirà più corto rispetto all’altro. Questo perché l’occhio conferisce maggiore valoree quindi maggiore lunghezza alle linee unite e non a quelle che presentano interruzioni.

-         Illusione di Poggendorff: una retta che incontra due linee parallele perde l’effetto diallineamento se viene a mancare il tratto interno a queste.

-         Illusione di Mach: ossia la tendenza all’inversione di profondità che assume la figuracostituita da due parallelogrammi aventi un alto in comune. Questa illusione dimosta che laprospettiva di certi oggetti della realtà può creare effetti di rovesciamento.

-         Illusione di Hering: dimostra che due linee parallele non appaiono più tali ma incurvatese relazionate a un contesto di linee irradiantesi da un centro.

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-         Illusione di Muller-Lyer: le punte di una freccia, agli estremi di un segmento, induconouna percezione falsa della reale lunghezza del segmento: lo spazio creato dal segmento siespande o si contrae a seconda della direzione delle frecce.

-         Illusione di Kundt: un errore di valutazione molto diffuso è quello secondo cui lediagonali uguali di due parallelogrammi contigui possono apparire di diversa lunghezza.

-         Illusione di Ebbinghaus: dimostra che un cerchio circondato da cerchi di diametromaggiore appare più piccolo dello stesso cerchio circondato da cerchi di diametro minore(effetto condizionato dal confronto).

-         Illusione di Ponzo: se il sistema della geometria piana interferisce con quelloprospettico ciò produce distorsioni visive in cui il meccanismo percettivo tenta di manteneredimensione costante per oggetti simili posti a distanze differenti (pag 90).

-         Illusione di Zollner: dimostra come a causa dell’influenza degli angoli inseriti in unastruttura modulare venga a manifestarsi una distorsione illusiva sulle linee diagonali, il cuiparallelismo risulta percettivamente alterato.

-         Illusione di Giovannelli: distorsione percettiva provocata da una serie di piccolisegmenti o di punti allineati equidistanti che non appaiono più tali se essi vengono inseriti inaltrettante figure geometriche disposte disordinatamente (apparente movimento ondulatorio).

-         Distorsioni di Fraser: una lieve differenza di rapporto tra figura e sfondo è sufficiente aprodurre esiti visivi diversi (dai quali traspare l’illusione di cerchi deformati, o di una spiralealterata o di una spirale regolare). Se poi gli elementi in gioco sono due strutture geometrichesovrapposte e con caratteristiche simili allora si ottiene l’effettomoiré ,ossia striato, prodotto dall’intererenza delle due geometrie.

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-         Illusione di McKay: in una figura con raggi (che vanno verso il centro) l’effetto didisturbo è generato dall’eccedenza degli elementi che produce un alone scintillante di naturaillusoria.

-         Illusione dei contorni e delle aree anomale: l’apparire di forme e marginigeometricamente inesistenti produce effetti ottici di particolare rilievo nella progettazionegrafica, evidenziando forme pregnanti ricche di significato. La pregnanza della forma permettedi assegnare valore comunicativo a forme geometricamente incomplete (pag 97). Le areeillusorie nascono in virtù dell’intervento costruttivo dell’atto della percezione.

-         Illusione di Kai von Fieandt: detta anche illusione del cratere, dimostra come lapercezione della profondità dal concavo al convesso sia dipendente dalla direzione della luce.

 

Una particolare situazione illusoria è costituita dalla post-immagine, ossia da quella reazionedel sistema visivo alla fissazione oculare capace di provocare una risposta fantasma, ossia unaproiezione, nel campo visivo, di un’immagine proveniente dal cervello, quindi inesistente nellarealtà oggettiva.

 

Diverse illusioni sono provocate dalla percezione di un movimento apparente degli elementidel campo: pulsazioni e oscillazioni sono il risultato dinamico di alcuni artifici grafici stabili chegenerano una reazione di instabilità traducibile come impressione di movimento.

 

Si possono distinguere 4 tipi di movimento apparente:

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-         le immagini consecutive: fenomeno psico-fisiologico per cui dopo aver osservato perun certo tempo un movimento reale continuo e spostando poi lo sguardo su un oggettoimmobile, si ha la sensazione che quest’ultimo si muova nella direzione opposta a quelladell’oggetto precedentemente fissato.

-         i movimenti indotti: riguardano l’illusoria mobilità di un oggetto in realtà immobile,provocata dallo spostamento di un altro oggetto col quale è in relazione.

-         gli effetti autocinetici: sono costituiti dall’effetto di movimento causato dalla fissazionedi un punto luminoso e immobile in uno spazio buio.

-         il movimento stroboscopico: dato dall’osservazione di elementi immobili spazialmentedistintivi che compaiono in successione, costituendo una sequenza apparentemente dinamicadi stimolazioni singolarmente statiche (insegne luminose aeroportuali).

Wertheimer partendo dal principio che la stimolazione retinica tende a persistere per un istante,dimostrò che la sequenza di stimoli crea una forma coerente nella dimensione temporale,poiché il fenomeno ha luogo quando si viene a creare una concatenazione visiva tra le forme.

 

Nel cinema di animazione sono state individuate altre tipologie di movimento virtuale:

-         la deformazione della figura: data da mutamenti di una forma rispetto alla successiva;

-         la posizione e dimensione della figura: date da mutamenti sulla forma e sulla distanza frale due immagini per cui la figura si sposta deformandosi;

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-         la dilatazione e la contrazione della figura: date da una notevole differenza di grandezzedelle due forme presentate in successione.

 

Capitolo VII

Figure anfibiologiche e Oggetti impossibili

 

Il sistema visivo si trova spesso di fronte a situazioni reali e grafiche di ambiguità e nonriuscendo a comunicare una simultaneità di significati distinti al cervello lascia a quest’ultimo lafacoltà di decidere per l’una o l’altra soluzione.

Questo processo è definito “multistabilità della percezione”:è come se l’oggetto e il suosfondo invertissero i propri ruoli oppure come se la forma stessa dell’oggetto fosse reversibile ocontenesse un’altra forma (es. vaso reversibile con i profili del re e della regina).

La multistabilità si attua fra la realtà oggettiva degli elementi del campo visivo e la qualitàspontanea della percezione, la quale può generare figure distinte, a volte antagoniste perorientamento o per significato.

E’ il caso di esempi come “il papero-coniglio” o “l’uomo-topo”: è come se una forma neimprigionasse un’altra, nascosta ma viva; le due immagini convivono graficamente macompaiono alla percezione visiva solamente una alla volta in modo distinto ed univoco.

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Questo tipo di duplicità tivela quindi che in un’immagine possono essere presenti più concetti enei meccanismi percettivi hanno la caratteristica di apparire alternativamente, secondo ilprincipio di mulistabilità proprio della fissazione nell’osservatore.

Quindi il segno grafico diviene un potenziale strumento di illusione al di là della purarappresentazione della forma.

Esempi: “Cubo di Necker”, “Scala di Schoder” e “Figura di Thiéry” o la figura dell’essagono coni raggi interni nella quale si vede anche un cubo assonometrico.

 

Nel campo delle figure anfibiologiche, antagoniste o impossibile, ambigue o equivoche,reversibili o instabili, è quindi possibile trovare una ricca fonte di creatività, soprattutto quando ilsegno grafico vuole esprimere dinamicità o evocare molteplici significati.

 

 

Gli oggetti impossibili

Rovesciando la profondità e la direzione e stravolgendo il concetto di razionalità della strutturaera possibile rendere ambigua e inafferrabile la forma di una figura.

L’ambiguità deriva dalla contraddizione fra collegamenti che si escludono ma che trovanonell’artificio grafico una verità contradditoria.

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Nel 1934 Oscar Reutersvard elaborò un disegno a colori con nove cubi disposti in una situzionespaziale equivoca, inaccettabile dal punto di vista di un contesto concreto e oggettivo, maapparentemente logica (fig. pag. 107).

Questo segnò l’inizio di una nuova avventura nella comunicazione visiva che si può definire “l’estetica dell’errore”.

 

Nel 1958 i fratelli Penrose crearono il “tribarra” un triangolo impossibile sempre però con unalogica coerente. Cercarono anche di costruirlo ma fu impossibile perché esiste un solo punto divista corretto per poter osservare la figura e mantenere l’effetto di illusione.

Il fascino estetico di queste forme impossibili sta proprio nella loro capacità di attivare percorsivisivi labirintici nei quali il continuo cambio di direzione costringe l’immaginazione ad accettarela forma della figura.

 

Dal tribarra Bruno Ernst analizzando la continuità, la sovrapposizione, il collegamento e ladirezione delle superfici, arrivò alla conclusione che si potevano creare anche figure a quattro opiù travi.

 

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Zenon Kulpa propone la costruzione a una trave e mezza, dissolvendo la parte laterale di unatrave nella sua ombra, che coincide con una seconda trave nella quale si annulla.

 

La caratteristica fondamentale che accomuna gli oggetti impossibili è quella di essere figureprogettabili dal punto di vista grafico ma irrealizzabili a tre dimensioni.

 

Maurits Cornelis Escher

Le opere di Escher (olandese) sono fondate sulla ricerca di nuove dimensioni spaziali esull’invenzione di mondi impossibili.

Manipolando le leggi della percezione visiva egli inventa espedienti ottici, prospettive illogiche,errori di statica e fisica, attratto dalle forme che oscillano tra materiale e immateriale.

Escher si trovò indubbiamente suggestionato dagli studi sul rapporto figura-sfondo pubblicati daEdgar Rubin e dalle ricerche di Kurt Koffka .

Nel 1937 appare la sua “Metamorfosi”, una xilografica che rappresenta la gradualetrasformazione di una cittadina, attraverso una serie di cuboidi, in un pupazzo cinese: l’illusionesi attua dalla raffigurazione tridimensionale a quella bidimensionale.

La contraddizione è essenziale nell’opera di Escher in quanto dimostra la relatività

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dell’esistenza, sovvertendo le regole della prospettiva a favore di connessioni incredibili fraspazi opposti.

La logica apparente è meticolosamente costrita su accorgimenti, trucchi e artifici grafici al fine diottenere un coinvolgimento percettivo.

 

L’ambiguità figura-sfondo la ritroviamo anche nella litografia “rettili” in cui lucertole prigionieredella struttura grafica si divincolano fino ad uscire illusoriamente sul piano, come partorite dallacarta.

 

Nelle sue più famose xilografie “Cielo e acqua” e “Giorno e notte” troviamo la multistabilitàpercettiva nel passaggio dalla figura allo sfondo e viceversa.

Nella litografia “Su e giù” adotta nuove teorie prospettiche facendo convergere le verticali versolo zenit e il nadir e curvando le stesse per meglio rappresentare la percezione spaziale.

La parte fondamentale è il punto centrale della composizione che è il risultato della coincidenzadello zenit, come punto di fuga della parte inferiore, e il nadir, punto di fuga della partesuperiore.

Con la fusione dei due blocchi spaziali Escher ha voluto portare il movimento del punto diosservazione nell’ambiente, ossia la pluridirezionalità prospetticamediante la quale uno stesso ambiente è visto in una successione temporale brevissima.

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Escher sostiene che nessuno può tracciare una lianea che non sia una linea di separazione:ogni linea divide una singolarità in pluralità. Ogni contorno chiuso implica inoltre le nozioni diinterno ed esterno, e suggerisce i concetti di vicino e lontano, di oggetto e di sfondo.

Queste convinzioni provocarono in Escher la volontà di ricercare nuove dimensioni spaziali,sconvolgendo gli orientamenti, le direttrici prospettiche, i parametri delle gabbie strutturali,superando il realismo figurativo attraverso la reversibilità spaziale.

 

Altra opera di Escher è “Belvedere”, una struttura assurda che vuol essere presentata comepensabile e quindi credibili, perché dal punto di vista della rappresentazione architettonica tuttoappare normale (anche se in realtà nelle sei colonne centrali quelle anteriori sorreggono learcate posteriori, la scala che poggia sul pavimento interno alla balconata giunge alla corniceesterna, e la dama non ha ilmedesimo orientamento del mercante).

 

Victor Vasarely

Le ricerche sulle modalità organizzative della percezione, sull’ambivalenza e sulla reversibilitàdell’immagine hanno profondamente segnato Vasarely, pittore ungherese secondo il qualeun’opera costruita su canoni strutturali geometrici si presta a diventare ambigua provocandomoviemtni virtuali e mutamenti dell’immagine.

Il suo linguaggio si configura su forme geometriche elementari (qudrato, cerchio, esagono). Ilfondo è il risultato della moltiplicazione della figura e ne costituisce risonanza.

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Secondo Vasarely la permutabilità delle unità plastiche avviene mediante “strutture binarie”,biforme e bicolori, determinate dal binomio del bianco e nero.

Egli si pose come obiettivo la ricerca del movimetno virtuale della forma, attraverso lascomposizione e ricomposizione della luce e del colore, elementi capaci di determinarel’organizzazione stessa della visione.

La poetica dell’opera vasareliana è fondata sul connubio fra metodo analitico dellaprogettazione e autonomia dell’immaginazione dell’artista.

Vasarely ha analizzato il sistema ottico, e quindi la struttra della retina, e il senso cinestitico(ossia il comportamento sensoriale del corpo nello spazio) per ircercare le basi scientifichedell’arte.

La mise en fonction vasareliana è il risultato dell’opera dell’artista che, grazie alle sue capacitàideatice, tecnologiche e scientifiche riesce a determiare l’evento creativo nella sua globalità.

Vasarely vuole dimostrare che l’ambivalenza risiede nella forma stessa e l’immagine si rigeneranel movimento continuo cui è sottoposta e che la rende instabile e rovesciabile.

Egli trova nell’equilibrio compositivo geometrico-matematico, oltre che nel sistema delbianco-nero, l’intima energia della forma, atta a dirigere la multistabilità e la reversibilità.

 

In tutta l’opera di Vasarely l’apparente è reale e il reale è apparente, come la percezione è ilpensiero di percepire.

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In Vasarely il principi animatore è il trompe-l’oeil, soprattutto per quella sua inesauribileastrazione illusionistica e ricchezza fenomenica del rivelare forme e relazioni spaziali.

La forma si espande e si contrae alternativamente in un moto incessante e trova nelle dicotomieconcavità-convessità, assenza-presenza, vicinanza-lontananza, pieno-vuoto, l virtualitàillusionistica delle forme del reale-irreale.

 

Capitolo VIII

La percezione del colore

 

Ci sono colori, o meglio sensazioni cromatiche, che per certe persone possono creare diversistati d’animo; altri colori riescono a favorire l’attrazione o la repulsione, risultando piacevoli oirritanti; un colore può creare un punto di riferimento e si presta ad assumere un ruolo decisivonei processi della memoria, quindi nel riconoscimento e nell’individuazione degli eventi.

I colori si riflettono dunque, attraverso i sensi, nella mente stimolando risposte individuali inrelazione a una soggettiva, particolare sensibilità alla percezione cromatica.

Per questo non tutti gli individui recepiscono il colore allo stesso modo.

Riuscire a individuare e ricordare i colori di un ambiente dipende dalla propria sensibilità al

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colore, ma anche dal grado di attenzione, dalle abitudini, dall’esperienza e più in generale daimodelli culturali.

 

Oggi si cercano e realizzano le più varie espressioni culturali del colore nell’ambiente costruito enella comunicazione visiva, anche ricreando colori particolare come i colori metallizzati, i colorifluorescenti e i colori artificiali.

 

Le sensazioni della luce e del colore, insieme alla percezione delle forme e dello spazio,costituiscono le componenti essenziali della realtà visiva.

Il colore può essere considerato dal punto di vista fisico (come risultato di radiazionielettromagnetiche), da quello psicofisico e da quello psicosensoriale (come effetto dellapercezione dei fenomeni luminosi).

In ogni fenomeno luminoso, quindi cromatico, si possono individuare tre caratteristiche variabili:

-         tonalità: è la qualità percettiva di ciascuna sensazione cromatica dello spettro chepassa, attraverso gradienti intermedi, dal rosso alvioletto e ancora al rosso. Nello spettro èpossibile individuare circa 200 tonalità di colore.

-         luminosità: riguarda le variazioni di intensità ed è in rapporto di quantità nella scalapercettiva, essendo determinata dall’intensità dello stimolo. Si parla poi di luminanzaquando ci si riferisce alle variazioni dell’intensità di illuminazione delle superfici.

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-         saturazione:è determinata dalla percentuale di tonalità pura di un colore; essa siindividua in rapporto al grado di lontananza di un colore dalla scala cromatica e di vicinanza aun colore pure dell spettro. I gradi di saturazione, variando in relazione alla luminosità e alle 200tonalità, sono circa di 17.000 sfumature.

 

Sulla base di queste variabili sono stati elaborati dei modelli cromatici, fra i quali quello astruttura cubica, quello piramidale, il doppio cono e il triangolo.

 

 

 

- Le teorie classiche

La teoria dei colori di Empedocle era fondata sul modello dei 4 elementi (terra, aria, acqua,fuoco) e su quello del divenire, dato dal congiungersi e dal separarsi di questi: tutti i colori,secondari, quindi, risultavano dalla combinazione dei primi quattro.

Secondo Democrito le qualità del colore dipendevano dalle caratteristiche della materia; icolori fondamentali sono ancora il bianco, il nero, il rosso e il giallo.

Platone era in accordo con le teorie di Empedocle: inoltre disse che poiché l’occhio recepiscecon chiarezza i colori grazie alla luce, la vista consente di raggiungere e comprendere la verità.

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Aristotele elaborò una propria dottirna fisica dei colori in cui un ruolo fondametale era svoltodalla luce che serviva ai fini della visione del colore. Egli considerò come colori fondamentali ilbianco e il nero, dalla mescolanza dei quali traevano origine tutti gli altri. I colori quindi sonoadeguate mescolanze di luce e ombra.

 

- Le teorie umanistiche e rinascimentali

Per Leonardo i quattro colori base si presentavano inquadrati fra luce e tenebra: cioè i coloribase sono giallo, verde, azzurro e rosso, inquadrati fra il bianco (la luce) e il nero (le tenebre).

Contemporaneamente agli studi cromatico-musicali di Arcimboldi, Giovan Paolo Lomazzoricercava le qualità “umorali” dei colori, elaborando una corrispondenza fra i colori e gli statid’animo, riuscendo ad accoppiare a ogni colore un sentimento.

 

Tra la fine del ‘500 e la prima metà del ‘600 fioriscono studi sull’ottica, in particolar modo aopera di Galileo, Keplero e Cartesio che scoprirono una nuova modalità scientifica diosservazione basata sui concetti elementari di raggio, di riflessione e di rifrazione.

In particolare la gamma cromatica di Kircher rivela, in un modello grafico in cui si configuranole mescolanze sviluppate dai colori, il rapporto tra colore e ombra (pag 135).

 

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Nel 1666 Newton determinò in termini scientifici il legame inscindibile fra luce e colore:utilizzando un prisma triangolare scoprì la scomposizione della luce bianca solare nei settecolori dello spettro, ossia il fenomeno della dispersione.

Con ciò Newton aveva dato la prova tangibile che la luce solare è costituita da un’elevataqunatità di componenti luminose differenti, fra di loro fuse e rifratte con angoli diversi,riconducibili ai sette colori dell’arcobaleno, colori che egli dispose nel suo disco cromatico:ciscuno di essi corrisponde a una lunghezza d’onda in base alla sua saturazione luminosa.

 

Agli inizi del XIX secolo Thomas Young individuò le proprietà cromatiche della luce cheportarono alla scoperta di:

-         sintesi additiva: la sovrapposizione di raggi di luci rosso-arancio, verde e viola generaluce bianca, mentre la loro combinazione a coppie ricostituisce il giallo, il blu cyan e il rossomagenta. Ciascun di questi colori risulta complementare del colore che non compare nelalcombinazione (quindi il giallo è complementare del viola, il magenta del verde, l’arancio delcyan).

-         sintesi sottrattiva: è il risultato della mescolanza dei tre primari e si può verificare con lasovrapposizione di tre pellicole colorate rosa, gialla e blu che creano il nero, come effetto disottrazione della luce.

 

Le sintesi additiva e sottrattiva si fondano sul concetto principale che tre soltanto sono i coloribasilari, dai quali si genera ogni altro colore.

Con la scoperta di James Clerk Maxwell sulla natura elettromagnetica della luce, l’origine dei

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colori fu dimostrata in rapporto all’ assorbimentoselettivo o alla riflessione selettiva.

Una superficie appare blu, ad esempio, in quanto assorbe luce rosso-arancio – ossia perché lesue molecole oscillano con una frequenza idonea all’assorbimento di quelle lunghezze d’onda ealla loro trasformazione in altra energia – e riflette il verde e il viola.

Appare il bianco quando una superficie riflette tutte le radiazioni e appare il nero quando leassorbe tutte.

Ne deriva che i colori variano col variare della luce, della sua intensità, della distanza edell’inclinazione della fonte luminosa; ma variano anche in relazione alla forma e alladimensione degli oggetti e alla posizione spaziale che questi hanno nei confronti delal retina.

 

Il sistema nervoso centrale sarebbe implicato a spiegare fenomeni come quello delle immaginipostume a effetto complementare, come la comparsa di un colore complementare a quello di una luce appena spenta.

Alcune teorie hanno ipotizzato che ciascun recettore del colore, stimolato da un eventoluminoso, riceva una messaggio doppio e opposto per reazione dovuta ai processi del sistemanervoso centrale (quindi nero-bianco, rosso-verde, giallo-viola).

Una spiegazione plausibile l’ha data Josef Albers che ha dimostrato che le illusioni provocatedal colore (quindi i fenomeni di post-immagine) sono dovuti al fatto che siccome le terminazioninervose della retina (coni e bastoncelli) sono adattate a recepire contemporaneamente i trecolori primari, fissare lo sguardo su un solo colore affatica le parti sensibili a quel colore e quindiun improvviso spostamento di sguardo determina la comparsa di una mescolanza degli altri duecolori non fissati.

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Un altro effetto di illusione cromatica è quello generato dalla miscela ottica che è il risultatodella fusionepercettiva simultaneache produce un nuovo colore.

Naturalmente questa illusione dipende dalla vicinanza e dall’estensione delle superfici colorate,che deve essere minima, e dalla distanza del punto di osservazione.

Un particolare tipo di miscela ottica è quella individuata da Bezold che riscontrò questo effettostudiando un metodo attraverso il quale poter cambiare le combinazioni dei colori aggiungendoo sostituendo un solo colore (o passare da una zona chiara a scura e viceversa).

 

L’effetto di cinetismo cromatico è dato dalla differenza di chiarezza di colori adiacenti e attivaun apparente avanzare o arretrare del colore e un effetto di espansione o contrazione dato dalrapporto che esso ha con il grado di chiarezza o di oscurità del fondo.

Dal punto di vista percettivo il colore possiede potenzialità cinetiche in quanto diventa indice diprofondità e quindi di spazialità cromatica, data, oltre che dai rapporti di contrasto fra le tinteadiacenti, dalla luminosità e dal peso ottico di ciascun colore.

 

L’aspetto percettivo cromatico di ciascuna zona del capo non è connesso solamente al tipo distimolo ad essa corrispondente ma è in relazione alle caretteristiche della stimolazione di altre

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parti e queste influenzano ciascuna area.

Nel caso specifico dell’illusione di trasparenza indotta dal colore, si possono ottenere effettimultipli di trasparenza che attivano l’illusione della spazialità cromatica, ottenuta con un minimodi due piani sovrapposti in profondità.

 

 

 

Garau delinea le condizioni necessarie per ottenere l’effetto di trasparenza percettiva completamediante i colori:

1. 1.si devono considerare 4 zone: 2 fanno parte della figura trasparente e 2 dello sfondo; 2. 2.la figura trasparente dovrà essere composta di due mescolane fenomeniche; 3. 3.per lo sfondo si possono utilizzare anche colori puri; 4. 4.le mescolanze terziarie sono particolarmente adatte a formare la figura trasparente(poiché offrono combinazioni non equilibrate); 5. 5.il colore che le due mescolanze hanno in comune fornisce il colore locale della figuratrasparente e serve ad unificare le due aree dello strato trasparente; 6. 6.gli altri due colori, presenti ciascuno in una delle due mescolanze, vanno a costituire icolori dello sfondo; 7. 7. continua…. pag 143

 

Chevreul dimostrò in modo sistematico i possibili usi del colore. Egli individuò la tendenza,provocata dall’interazione reciproca delle gradazioni, a modificare continuamente la lorosituazione percettiva.

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Chevreul fornì precise istruzioni per ottenere scale graduate di colori tenui o di grigi,proponendo un metodo consistente nell’applicare una stesura sull’altra, secondo unaprogressione aritmetica.

Inoltre individuò 3 tipi di contrasto:

-         contrasto simultaneo: dato dal reciproco condizionamento di due colori accostati equindi dalla loro modificazione apparente.

-         contrasto successivo: fondato sul fenomeno di comparsa del colore complementare aquello di un oggetto osservato per un certo tempo quando si sposti lo sguardo dall’oggetto auna superficie chiare e omogenea.

-         contrasto misto: consistente nell’aggiungere al fenomeno precedente l’osservazione diun altro oggetto di un nuovo colore: il risultato percettivo di quest’oggetto sarà dato dall’appariredi un colore che è somma del nuovo con il complementare fenomenico del colore iniziale.

 

Le considerazioni sul contrasto si riferiscono al colore in quanto tale, indipendentemente daimateriali.

 

Gli studi di Wolfgang Goethe sui colori sono essenzialmente strutturati intorno alla convinzionedella natura soggettiva del colore, poiché è il cervello che permette di considerare unaparticolare emissione fisica e trasformarla in un dato percettivo soggettivamente concreto.

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I colori non appartengono alla natura ma alla mente: in contrasto con le teorie di Newton(dipendenza dei colori dalla luce) Goethe afferma che il luogo in cui si colgono i fenomeniluminosi e coloristici non è lo spazio ma l’occhio (egli considera il colore una condizione dellaluce).

Egli elabora una rappresentazione grafica della sua teoria cromatica impostandola su tre verticidi un triangolo a cui corrispondono i tre colori fondamentali (porpora, giallo, azzurro-cyan) e suquelli di un altro triangolo incrociato con il primo in senso inverso, ai quali corrispondono i coloriintermedi o secondari (arancio, verde e viola).

Sulle diagonali si trova, per ciascun colore, il suo complementare.

La tonalità dei colori è organizzata sui due triangoli, i quali raccolgono i colori spettrali.

 

 

Lo schema dell’intensificazione cromatica (pag 149) esprime in sintesi il modello cromaticodi Goethe: dalla linea dell’orizzonte del giallo – ilcolore più prossimo alla luce –   oppostoall’azzurro – il colore più prossimo all’oscurità – si osserva, verso l’alto, l’ascesa della forzacromatica di ciascun colore nell’intensificazione verso il porpora e verso il basso, il risultatodella loro mescolanza reale, il verde.

Inoltre riflettendo l’opposizione fra bianco e nero, si distingue un lato attivo (vicino al bianco) eun lato passivo (vicino al nero).

Tra il bianco e il nero si manifesta ogni tensione al colore.

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Otto Runge mette a punto un modello cromatico a globo i cui estremi dell’asse verticale sono ilbianco, in alto, e il nero, in basso: la loro equilibrata mescolanza produce i toni bilanciati delgrigio, sul medesimo asse.

Sulla superficie della sfera sono invece disposti i colori: nella fascia centrale ci sono i colori puri,i primari e i secondari; verso l’alto si creano le mescolanze di colori con il bianco e verso ilbasso mescolanze con il nero.

Praticamente il globo distribuisce i colori in base alla loro tonalità, al loro livello di saturazione ea quello di luminosità.

Al centro c’è il grigio: questo punto di equilibrio dimostra che i colori puri appartengono a unpiano in cui non esiste né bianco né nero.

 

Il concetto di colore secondo Kandinskij è orientato in base alla polarità del caldo e del freddo,termini opposti che vanno a costituire un sistema di relazioni dinamiche con il grado dichiarezza e di oscurità.

Vengono a formarsi 4 sonorità (calda-chiara, calda-scura, fredda-chiara, fredda-scura)determinate dall’intonazione di caldo-freddo prodotta dalla coppia degli estremi giallo-azzurro,mentre la tonalità chiaro-scuro è generata dalla coppia degli opposti bianco-nero.

I colori hanno una doppia dinamicità: i colori caldi hanno un moto lineare verso l’osservatore,mentre quelli freddi si allontanano dall’osservatore.

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Il modello cromatico di Kandinskij è formato da un asse verticale con il giallo in alto e il blu inbasso; sull’asse orizzontale invece si colloca a destra il nero e a sinistra il bianco e il puntointermedio è rappresentato dal grigio.

Sulle diagonali troviamo il rosso e l’arancione, dalla parte dell’area bianca, contrapposti al verdee al viola, dalla parte dell’area nera.

 

Tra le teorie più recenti quella di Johannes Itten è forse la teoria cui si fa maggiore riferimento.

Egli analizzò i vari aspetti del colore innanzitutto dal punto di vista fisico, secondo il concettoadditivo dei fasci sovrapposti di luci colorate e quello sottrattivo del colore ottenuto perassorbimento.

Itten distinse due tipi di realtà cromatica:

-         quella data dalla materia colorante il pigmento;

-         e quella prodotta dalla valutazione cromatica che l’occhio e la mente producono aproposito di un dato colore.

 

Analizzando il comportamento percettivo di alcuni contrasti, Itten assegna a ciascun contrastoun carattere, in base alla luminosità e all’effetto di colore indotto dal contrasto che modifica

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l’individualità di ciascun colore.

Il carattere del colore definisce la posizione di una tinta del colore nella sfera cromatica; il gradodi chiarezza o di oscurità di un colore definisce il tonodi quel colore.

 

Il cerchio cromatico di Itten è strutturato sul concetto di armonia fondata sul riconoscimentodella primarietà dei tre colori fondamentali e della complementarietà dei secondari, dal bianco alnero: la misura dell’armonia è il grigio che è il risultato della mescolanza del nero col bianco.

Se in una miscela di due o più colori, il giallo, il rosso e il blu sono presenti nella giusta misura,la loro risultante sarà il grigio.

Itten sostiene che la somma dei tre primari costituisce la totalità dei colori: “l’occhio richiedequesta totalità e solo in essa trova il suo equilibrio”.

Gli accostamenti che, nella loro mescolanza, non producono il grigio sono “espressivi” o“disarmonici”; tuttavia per Itten non è necessario che in pittura la composizione cromatica siasempre armonica: l’importante invece è ricordarsi che non solo la posizione dei colori ma anchei loro rapporti di quantità, purezza e luminosità acquistano un valore.

Nel suo disco cromatico a dodici parti Itten rappresenta strutturalmente i colori, disponendo iprimari a partire dal triangolo equilatero centrale diviso in tre parti, in cui il giallo occupa laposizione in alto, il rosso è in basso a destra e il blu in basso a sinistra.

Nel cerchio in cui è inscritto il triangolo, tracciando anche l’esagono si otterranno altri tretriangoli in cui sono collocati i colori secondari, ottenuti per mescolanza a coppie dei primari. Tra

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un primario e un secondario trova posto anche un terziario dato dalla mescolanza dei primi due(schema pag. 156).

Nell’anello ciascun colore è opposto al suo complementare.

 

Itten inoltre individua 7 contrasti di colore e le relative armonie:

-         contrasto di colori puri: riguarda l’accostamento di colori al più alto grado disaturazione: l’accostamento di almeno tre colori crea questo tipo di contrasto se essi non sonocontigui e complementari.

-         contrasto di chiaro-scuro: riguarda le gradazioni tonali comprese tra il bianco e il nero:i contrasti fra i grigi si presentano percettivamente poco rilevanti se questi sono tonalmentevicini e molto accentuati se sono tonalmetne lontani. Altre scale di gradazioni tonali si possonoottenere per mescolanza di ciascun colore primario col nero e col bianco.

-         contrasto di freddo e caldo: riguarda l’aspetto termico nella percezione del colore: dalgiallo al rosso sono i colori caldi e dal giallo al viola quelli freddi. L’aspetto termico può essereindividuato anche in base ad altre coppie dicotomiche come ombreggiato-soleggiato,riposante-eccitante, lontano-vicino, leggero-pesante.

-         contrasto dei complementari: Itten definisce coppie di complementari i colori che sipresentano sul disco diametralmente opposti (es. il giallo-viola). Scomponendo le coppie dicomplementari si ripristina la triade primaria. La legge dei complementari costituisce la basedella composizione armonica ed è quindi determinante nella costituzione dell’equilibrio visivo.

-         contrasto di simultaneità: fenomeno per cui il nostro occhio quando guarda un colorene esige simultaneamente il complementare e non vedendolo lo rappresenta da sé. Per evitare

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il contrasto di simultaneità si possono usare i colori fra loro contrastanti in diverse gradazioniluminose in quanto il contrasto di chiaroscuro pregiudica la simultaneità. Per aumentarlo bastaricorrere al contrasto di quantità.

-         contrasto di qualità: si attua con l’opposizione fra colori intensi, luminosi, saturi e coloriscuriti, offuscati, quindi non saturi. A seconda delle alterazioni che si possono portare sui colorisaturi (con l’aggiunta di bianco, nero e grigio) si ottengono colori “tagliati” che, accostati airispettivi toni puri, creano contrasto di qualità.

-         contrasto di quantità: è determinato dal reciproco rapporto quantitativo di due o piùcolori in modo che l’intensità e le dimensioni dell’area di un colore siano equilibrate con quelledell’altro o degli altri colori della combinazione, al fine di ottenere proporzioni cromatichearmoniche.

 

Itten elabora una teoria espressiva del colore ponendo in rapporto gli effetti cromatici con quelliformali, al fine di delineare una corrispondenza simbolica tra le forme fondamentali e colorialtrettanto fondamentali (es. il rosso è correlato al quadrato, il giallo al triangolo equilatero, il blucon il cerchio).

I colori secondari presentano equivalenza con forme intermedie a quelle dei colori primari.

In ogni modo il colore acquista una valore espressivo particolare in rapporto all’area in cui èpresente.

 

Arnheim delinea una teoria cromatica partendo dal principio che i primari essendo puri eindivisibili si escludono a vicenda. Nel ruolo che però rivestono di generatori dei complementari

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essi entrano in relazione attirandosi; si possono collegare soltanto per chiarezza o saturazione,mai però in quanto tinte.

Le mescolanze secondarie possono quindi creare un ponte fra i due primari i quali restanoisolati o segnano l’inizio o la fine di una sequenza di valori di colore.

Il carattere dei secondari e delle altre mescolanze dei primari è dato da una dualità vibrante cheli fa oscillare fra i due poli generatori e tendere verso quello più forte.

 

Nell’osservazione della natura da un punto di vista scientifico, si possono individuare da unaparte i colori-luce che sono il risultato percettivo delle caratteristiche ondulatorie della luce,dall’altra i colori-materia, dove la luce è assorbita o emessa dalla materiastessa.

I colori che appartengono all’atmosfera, in quanto opacizzati dall’aria, sono colori che il nostroocchio percepisce come esiti di combinatorie tendenzialmente additive(sommatorie di luci); mentre i colori che riguardano la materiasono pigmenti che l’occhio percepisce come esiti tendenzialmente sottrattivi(in quanto sottrazioni di luce), poiché riguarda gli oggetti materici interposti tra il sistema visivo ela fonte di luce.

L’atmosfera funziona come un filtro che trasforma la luce solare bianca producendo l’effettofenomenico della luce gialla e riflettendola in modo da generare percettivamente l’azzurro delcielo, i colori rosati dell’alba, ecc…

Il bianco corrisponde al concetto di massima cangianza luminosa, grado massimo didissolvenza dei colori-luce, mentre il nero corrisponde al grado minimo di

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dissolvimento della luce nell’ombra.

Questo da un punto di vista fisico dei colori della luce, ma se vogliamo ad es. dipingere dibianco le pareti di una stanza, l’uso di solo bianco genererà nelle parti in controluce dell’ombra(quindi sarà necessario aggiungere del giallo per rimediare alla perdita di luce).

Quindi dal punto di vista “artistico” notiamo che diversi saranno gli effetti fenomenici.

 

Si potrebbe dunque elaborare un modello in cui l’obiettivo è quello di mettere in accordol’aspetto fisico del colore con il punto di vista soggettivo della percezione, facendo convergerele osservazioni sul colore in natura con quelle sul colore nell’arte (fig. pag. 167).

 

La ricerca della rappresentazione visiva della luce

Turner crea degli spettacolari effetti atmosferici attraverso gli effetti di luce: infatti per Turner laforza fisica della luce diventa atmosfera metafisica attraverso il colore.

Nelle opere della maturità ricercherà un concetto poetico di natura in cui la luce viene acoincidere con l’anima del paesaggio.

Capitolo IX

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Oltre l’immagine: aberrazione e ordine

 

La forma dipende da come è vista, vissuta e pensata dall’uomo, proprio perché la realtàdell’apparenza può generare aberrazioni (deviazioni) che trasfigurano i connotati della realtànaturale. Le potenzialità della fantasia umana consentono di vedere immagini al di làdell’immagine, paradossi richiamati agli occhi della mente da visioni soprannaturali.

 

Ora esaminiamo 3 aspetti significativi della rappresentazione della forma, come testimonianzedi un perenne desiderio di raggiungere nuove frontiere dell’immaginario.

 

- Anamorfosi

E’ un particolare tipo di prospettiva fondata sul sovvertimento delle regole classiche diquest’ultima al fine di esasperarne l’artificio.

L’anamorfosi utilizza un sistema grafico che “deforma” e rende misteriosa la struttura apparentedella realtà, così da occultarla totalmente nella rappresentazione.

Partendo dal principio della costruzione prospettica, ma invertendo e allungando la gabbiaschematica di rappresentazione della realtà spaziale, si giunge a deformare le immagini checontengono cmq il lume della ricostruzione che avviene in una seconda fase dell’osservazionee da un punto di vista determinato.

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Lo spazio fisiologico non presenta le stesse proprietà in tutte le direzioni in quanto l’anamorfosisi configura come metodo di rappresentazione di quello spazio che appare deforme.

Le radici scientifiche dell’anamorfosi sono da ricercarsi nella trattatistica cinquecentesca conparticolare riferimento al metodo della prospettiva accelerata (in cui si porta a far coincidere lospazio illusorio con quello reale) e a quello della prospettiva rallentata(procedimento opposto ottenuto mediante l’ingrandimento degli oggetti lontani – maggioreavvicinamento).

 

Lo strumento tipicamente anamorfizzante è lo specchio, che ha sempre creato interesse per lepossibilita illusorie dell’immagine riflessa (soprattutto con l’uso su superfici cilindriche e coniche,al fine di riprodurre le deformazioni).

 

Kircher si dedicò allo studio dell’anamorfosi: la geometria dell’illusione anamorfica kircherianaè costruita sullo schema di un reticolo di ortogonali “dilatate” per mezzo di raggi uscenti da unpunto e in cui le distanze sono determinate da un’unica diagonale (fig. pag. 176).

 

- La geometria dei Frattali

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I frattali sono strutture geometriche complesse con le quali si possono rappresentare quelleforme delal natura che non sarebbe possibile rappresentare con la tradizionale geometriaeuclidea.

Infatti le forme frastagliate dimostrano nella loro infinita varietà di configurazioni come lacomplessità delle forme di natura non sia raggiungibile e descrivibile con la geometria ordinaria.

 

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