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Comunità Aperta - Anno 29 - ParrocchieSulWeb.it · piaceri e sensazioni destinate ad un...

Date post: 17-Feb-2019
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Settembre 2017 1

Comunità ApertA: Periodico mensile della parrocchia di Almenno San SalvatoreDirezione, redazione, amministrazione e corrispondenza: COMUNITà APERTA - via XXV Aprile - Almenno San Salvatore (Bg)e-mail: [email protected] o [email protected]: Don mario rosa - Direttore Resp.: don oliviero GiulianiAutorizzazione del tribunale di Bergamo n. 32 del 28.09.1988 Pubblicità inferiore al 70%- redazione: don Mario Rosa - don Giorgio Albani - don Lorenzo TestaRenzo Cornelli - Anna Cortinovis - Paolo Manzoni - Romano Bonfanti - Roberto Bonalumi- impaginazione e grafica a cura di: Renzo Cornelli- Stampa a cura di: Press R3 S.N.C. di Rota Alessandro & C.

Copertina a cura di: Roberto Bonalumi

Anno PAstorAle 2017 - 2018

IllustrazIonI esclusIve dIBruno Dolif

246 78

1112161820222426283234363840414244464850545762

Anno Pastorale 2017-2018 Camminare con i giovani... Calendario Parrocchiale ottobre 2017 In Tempore Organi - Voci et Organo insieme Dal Monastero Francescano di Zogno Senza passione non c'è speranza -dall'Omelia del Vescovo Azione Cattolica: sussidi 2017 - 2018 Fatima 1917 - 2017 Centenario delle Apparizioni (3) I Gruppi Aido di zona organizzano 5000 passi con le famiglie ACLI: Il nostro grande fratello maggiore P.A. Croce Azzurra da trent'anni al servizio del prossimo I banchi della Chiesa di S. Giorgio ritornano "splendenti"! Confratelli si! Confratelli no! E le consorelle? Ritrovare la gioia della Confessione Breve storia dell'Ospedale Giovanni Carlo Rota (8) Gruppo del Sorriso Famiglie in festa Chiedilo al Parroco L'Angolo della poesia Gita ai mercatini Un grazie sincero dalla Polisportiva La notte delle stelle: Lemine Calcio Calcio a 7 Stagione 2017 - 2018 Un sogno chiamato Gran Trail delle Orobie Mi fanno ritornare in mente Un tempo... Cara maestra... Anagrafe parrocchiale Sempre nel nostro ricordo e nel nostro cuore

Com

unità

Ape

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2017

Sommario

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Comunità Aperta 2

Editoriale

Anno Pastorale 2O17 - 2O18

Ca m m i n a r e co n i g i o va n i . . .In questo “editoriale” del nostro Notiziario Parrocchiale vorremmo lasciare la parola in modo particolare al nostro Vescovo che nella sua Lettera Pastorale per questo anno ci invita a guardare e lasciarci interrogare dal mondo dei giovani; e questo sarà il”cammino” non solo di un anno, ma dei prossimi tre anni.Il titolo della “lettera” è: Un cuore che ascolta. Sottotitolo: Comunità cristiane in ascolto dei giovani.

Ci dice il Vescovo Francesco nell’introduzione: “… i giovani non sono un mondo a parte, ma rappresentano un’età della vita in rapporto con le altre… Questo significa che pensare e lavorare per i giovani e con i giovani coinvolge inevitabilmente il modo di concepire la condizione dell’adulto, dell’adolescente e contemporaneamente i rapporti tra le diverse età della vita… Di conseguenza, questo triennio non riguarda soltanto i giovani, ma l’intera comunità cristiana e il suo modo di vivere e testimoniare la fede in Gesù e la bellezza del Vangelo”.

Il punto di partenza della “lettera” è una inevitabile domanda: “Perché l’evidente distanza tra i giovani e la fede in Dio?… tra i giovani e la comunità cristiana?Che cosa alimenta questa presa di distanza? Come si spiega che nel momento più denso di speranza e scelte fondamentali, Dio, Gesù e il suo Vangelo siano giudicati insignificanti?”.

Di fronte a questa domanda che potrebbe aprire orizzonti di pessimismo e rassegnazione, il Vescovo Francesco apre invece un orizzonte di speranza appoggiandosi alla testimonianza anche di Papa Francesco: “Una prospettiva che si presenta con realismo, sensatezza e ispirazione biblica è quella del “piccolo resto”: concentriamoci su coloro che ci stanno. Non possiamo però dimenticare che il “piccolo resto” biblicamente inteso, non è una scelta esclusiva o il frutto di una rassegnazione sconsolata. Si tratta piuttosto di una primizia, di un germoglio, di una presenza generativa: il Vangelo rimane sempre e comunque per tutti e a tutti va annunciato e testimoniato”.

“Abbiamo ascoltato il Vangelo, abbiamo pregato, abbiamo cantato, abbiamo portato i fiori alla Madonna, alla Madre; abbiamo portato la Croce, che viene da Cracovia e domani sarà consegnata ai giovani di Panama. Da Cracovia a Panama; e, in mezzo, il Sinodo. Un Sinodo dal quale nessun giovane deve sentirsi escluso! [Qualcuno potrebbe dire:] «Ma… facciamo il Sinodo per i giovani cattolici… per i giovani che appartengono alle associazioni cattoliche, così è più forte...». No! Il Sinodo è il Sinodo di tutti i giovani! I giovani sono i protagonisti. «Ma anche i giovani che si sentono agnostici?». Sì! «Anche i giovani che hanno la fede tiepida?». Sì! «Anche i giovani che sono lontani dalla Chiesa?». «Anche i giovani che – non so se c’è qualcuno… forse ci sarà qualcuno – i giovani che si sentono atei?». Sì!” (Papa Francesco nella Veglia per la GMG 2017. (pag. 8-9)Lo sguardo che siamo chiamati a lanciare non è, allora, verso alcuni giovani, magari quelli più vicini

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Settembre 2017 3

Editoriale

Anno Pastorale 2O17 - 2O18 c a m m i n a r e c o n i g i o va n i . . .

(quelli che una volta si dicevano “dell’Oratorio”), ma tutti i giovani senza distinzione, perché è il “mondo” dei giovani che interroga oggi la comunità cristiana, ma anche la società.Il Vescovo nell’ultima parte della sua “lettera” suggerisce alcuni atteggiamenti che devono caratterizzare lo stile con il quale connotare il rapporto della comunità cristiana con le giovani generazioni.

Innanzitutto Camminare insieme:“Camminare insieme significa aprire una relazione, una reciprocità non invasiva. É vero: i giovani vogliono e devono fare la loro strada, ma non disdegnano la compagnia di chi non si sostituisce a loro, di chi non si impalca a maestro, di chi crede in loro”. (pag.21)

Secondo: Lasciarsi interrogare:“La domanda è il luogo di un incontro tra generazioni diverse, tra comunità cristiana e giovani… Spesso la distanza tra generazioni nasce da una incomunicabilità che è frutto della mortificazione della domanda e della possibilità di porle. I giovani interpellano i cristiani in molti modi: domande esplicite e dirette, attese curiose e interessate, provocazioni sconcertanti e urticanti.Non dobbiamo avere paura delle domande, anzi la comunità cristiana deve essere il luogo in cui le domande trovano convinta cittadinanza, perché le risposte abbiano una credibilità convincente”. (pag. 22)

Altro atteggiamento fondamentale Donarsi fiducia:“… É necessario un credito di fiducia nei confronti dei giovani da parte degli adulti e dell’intera comunità

cristiana. Si tratta di ammettere una diversità, a volte anche marcata e insieme la possibilità che percorrendo strade diverse si giunga alla stessa meta…Accordare fiducia ai giovani, significa lasciare loro lo spazio nella Chiesa e nella società, incoraggiare le esperienze ispirate al Vangelo e ai grandi valori umani che propone, riconoscere i segni del Regno che sono portatori e alimentarli. Suscitare fiducia da parte dei giovani esige una credibilità evangelica che non consiste nella perfezione, ma in una perenne e gioiosa conversione, nella testimonianza di una speranza irriducibile”. (pag. 25)

Infine: Condividere la gioia:Non si può essere felici da soli. Non possiamo essere cristiani senza condividere la gioia del Vangelo. Siamo chiamati a interrogarci se la comunità cristiana testimonia la gioia evangelica, la gioia di essere cristiani… Condividere la gioia significa accogliere quella di cui i giovani sono portatori e che sembra così esposta alla delusione e alla sfiducia. Testimoniare la gioia cristiana significa

riconoscere, valorizzare e dare consistenza alle esperienze di gioia che i giovani vivono, perché non si esauriscano in una consumazione di piaceri e sensazioni destinate ad un esaurimento sempre più drammatico”. (pag. 26)

É un bel “cammino” quello che il Vescovo ci propone, per certi aspetti potrebbe spaventarci, ma se sulla strada con noi e con i nostri giovani c’è Lui, allora…

Buon cammino!Il parroco

don Mario

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Comunità Aperta 4

Parrocchia informa

GIORNO APPUNTAMENTO ORARIO LUOGO

DOMENICA 1S. Messa

Apertura Anno Pastorale 10,00 Parrocchia

Lunedì 2Inizio Catechesi adulti

Consiglio di Azione Cattolica

15,00

20,45Oratorio

Giovedì 5 S. Messa e adorazione Eucaristica fino alle 21,30 20,00 Cappuccini

Venerdì 6 Inizio Catechesi bambini e ragazzi 15,00 Oratorio

Sabato 7 Inizio Catechesi bambini e ragazzi 15,00 Oratorio

DOMENICA 8XXVII Tempo

Ordinario

Inizio Ss. Messe ore 9,30 e 11,00S. Messa 30° Anniversario Croce Azzurra

Castagnata in Oratorio

Visita guidata ore 15,30 e Concerto ore 17,00

11,00

pom.

Parrocchia

Oratorio

S. Nicola

Lunedì 9Catechesi adulti

SCUOLA DELLA PAROLA

15,00

20,45

Oratorio

Oratorio

Martedì 10 S. Messa Madri Cristiane 9,00 Cappuccini

Mercoledi 11Memoria di S. Giovanni XXIII PapaConferenza San Vincenzo de' Paoli 19,45 Parrocchia

Giovedì 12Incontro Gruppo Missionario

Incontro Catechisti

16,30

20,30

Parrocchia

Oratorio

Sabato 14 Concerto: "Candidum lilium" 21,00 San Nicola

DOMENICA 15XXVIII Tempo

OrdinarioSante Messe orario festivo

Lunedì 16 Catechesi adulti 15,00 Oratorio

Mercoledì 18 Incontro Parrocchiale con d. Emanuele Poletti su Oratorio 20,45 Oratorio

calendario Pastorale o t to b r e 2017

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Settembre 2017 5

Parrocchia Informa

"Maestro, dove abiti?"

GIORNO APPUNTAMENTO ORARIO LUOGO

Giovedì 19 Incontro Adulti Azione Cattolica 20,45 Oratorio

Sabato 21Concerto: "In Hymnis et Canticis"

Cappella Musicale e strumenti del Duomo di Bergamo21,00 Parrocchia

DOMENICA 22XXIX Tempo

Ordinario

GIORNATA MISSIONARIA MONDIALESante Messe orario festivo

S. Messa con Battesimi

Presentazione libro per ragazzi15,00

21,00

Parrocchia

S. Nicola

Lunedì 23

Catechesi adulti

Confessioni III - IV - V elem.

SCUOLA DELLA PAROLA

15,00

16,15

20,45

Oratorio

Cappuccini

Oratorio

Martedì 24Confessioni I - II - III media

Caritas Parrocchiale

16,15

20,45

Cappuccini

Parrocchia

Giovedì 26 Incontro Catechisti 20,30 Oratorio

Venerdì 27 Incontro Genitori Cresimandi 20,30 Oratorio

Sabato 28 Confessioni dalle ore 15,00 alle ore 18,00 Parrocchia

DOMENICA 29XXX Tempo Ordinario

Sante Messe orario festivoore 16,30 Incontro Genitori Sacramenti

Animazione in Oratorio ore 18,00 Confessioni Adolescenti e giovani

16,30

18,00

Oratorio

Oratorio

Lunedì 30 Catechesi adulti 15,00 Oratorio

Martedì 31Confessioni dalle ore 15,00 alle ore 18,00

Veglia di preghiera nella Festa di Tutti i Santi 20,30 Cappuccini

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Comunità Aperta 6

In Tempore organI

VocI eT organo InsIeme

Eventi

Chiesa di San Nicola - Chiesa di San Giorgio - Chiesa San Salvatore

Sabato 23 settembre 2017 - ore 21,00 - Chiesa S. Nicolain ricordo di LuIgI FerdInando TagLIaVInI (1929 - 2017)all'organo: Liuwe Tamminga

Sabato 30 settembre 2017 - ore 21,00 - Chiesa S. GiorgioIn collaborazione con il Conservatorio "G. Verdi" di ComoClasse di Clavicembalo di Giovanni Togni

Domenica 8 ottobre 2017 - ore 15,30 - Visita Guidata Chiesa S. Nicolaore 17,00 ConcertoParodie, travestimenti e imprestiti musicali tra sacro e profano

ODHECATONPaolo Da Col - direzioneLuigi Panzeri - organo Antegnati 1588

Sabato 14 ottobre 2017 - ore 21,00 - Chiesa S. NicolaCandidum lilium

Nadia Caristi - soprano Vittorio Zanon - organo Antegnati 1588

Sabato 21 ottobre 2017 - ore 21,00 - Chiesa S. Salvatore "In Hymnis et Canticis"

Cappella Musicale e strumenti del Duomo di BergamoMario Valsecchi - direzioneLuigi Panzeri - organo Antegnati 1588

Domenica 22 ottobre 2017 - ore 21,00 - Chiesa S. Nicola "La risata della notte"

Presentazione del Libro: La risata della notte di Emmanuela Nava. Ed. Carthusia

Interverranno, oltre all'autrice,l'illustratore Paolo D'Altan,

l'editrice Patrizia Zerbi e l'organista Luigi Panzeri

Luigi Ferdinando Tagliavini (1929-2017)

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Per riflettere

dal Monastero Francescano di Zogno

MonasteroFrancescano

T.O.R.Zogno

La Vita consacrata che cos'è?

A cura di Suor Giacinta Rota

La vita consacrata è dono di Dio nella fede e nell'AMORE, vita soprannaturale da LUI infusa. Un grande Amore ci è stato offerto, una buona parola ci è stata rivolta. Accogliendo questa Parola che è Gesù Cristo essa ci trasforma, illumina il cammino del futuro e fa crescere in noi le ali della speranza. Così percorriamo la vita con gioia e fede fino a giungere alla piena comunione.

Il religioso con San Giovanni (4,16) ripete:"ABBIAMO CREDUTO ALL' AMORE” – (Lumen Fidei)

Il nostro carissimo Papa Francesco ci addita e ci apre il cuore, invogliandoci a svegliare il mondo, iniziando con le parole di S. Giovanni Paolo II: «Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare, ma una grande storia da una grande storia da costruire!». Guardiamo al futuro, nel quale lo Spirito progetta di fare con noi cose grandi. Pensiamo ai Santi, pensiamo a S. Francesco quanto ha amato, quanto ha sofferto, quanto ha pregato, quanto si è donato ai lebbrosi, quanto ha meditato il Vangelo e quanto ha implorato l'aiuto del Signore.

Papa Francesco ci incoraggia a guardare il passato con gratitudine, perché ogni Istituto di vita Religiosa e Contemplativa è ricca di storia carismatica.

Sentir raccontare l'inizio della storia di un Istituto dona veramente coraggio e desiderio di un nuovo cammino. Narrare la propria storia è rendere gloria a Dio e ringraziarlo per tutti i suoi doni.

Papa Francesco ci invita a vivere il presente con passione, a raccontare ciò che lo Spirito dice oggi alla Chiesa, a vivere in maniera profonda la nostra Regola che non è altro che il Vangelo.

Maria Santissima non ha fatto altro che ascoltare e meditare nel suo cuore quanto Gesù stesso le diceva.

Nell’abbracciare il futuro con speranza, anche in mezzo a tante difficoltà, incertezze e insidie di ogni genere, si attua la speranza frutto della fede nel Signore Egli continua a ripeterci: «Non avere paura... perché io sono con te». La speranza si fonda su Colui nel quale abbiamo posto la nostra fiducia e per il quale nulla è impossibile. Dobbiamo rivestirci di Cristo e indossare le armi della luce, restando svegli e vigilanti. Riprendiamo di nuovo il cammino con la fiducia nel Signore. Offriamo freschezza e slancio con molto entusiasmo. Dobbiamo essere portatori di gioia e di amore nel vivere come MARIA il Santo VANGELO.

(Continua)

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Comunità Aperta 8

Senza passione non c'è speranzaSi è celebrato il 26 agosto scorso la Solennità del nostro Patrono Diocesano Sant'Alessandro Martire. Pubblichiamo l'omelia proposta dal nostroVescovo in Cattedrale.

Parola del Vescovo

Cari sorelle e fratelli, celebriamo la festa del nostro patrono nel segno della speranza in un momento in cui sembra più difficile e dunque più necessaria.Nella ricchezza della parola del Signore che abbiamo ascoltato, vorrei riconsegnarvi la preghiera con la quale abbiamo scandito il nostro ascolto: «Chi semina nel pianto raccoglie nella gioia». Quando si piange si è tentati di non sperare più nulla. Chi ha il coraggio di seminare nel momento del pianto, raccoglierà nella gioia. É il momento, quello che possiamo ricondurre all’immagine del pianto, di tante domande che avvertiamo anche quando non sono espresse. [...]Cosa possiamo dire e cosa possiamo soprattutto fare da cristiani? Quale è il contributo della comunità cristiana in ordine alla speranza?Innanzitutto il contributo della nostra fede che

alimenta questo convincimento: la speranza viene da Dio. Dio è la sorgente della nostra speranza, in Gesù Cristo con la sua morte e la sua risurrezione. Dobbiamo subito dichiarare che la speranza dei cristiani non è e non può essere una testimonianza individuale. La speranza dei cristiani è una speranza universale: abbraccia tutti gli uomini e il destino stesso della creazione. Non speriamo soltanto per noi stessi.Ci hanno insegnato che la speranza per i cristiani è una virtù teologale, è un dono di Dio. Ci è comunicato nel battesimo ed è affidato alla nostra fede e alla nostra coscienza. Nel momento in cui questo avviene la speranza diventa un modo di esistere, un modo di essere, uno stile di vita. Per una comunità cristiana questo «esercizio quotidiano» che scaturisce dal dono di Dio consente anzitutto una memoria generativa.

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Cari fratelli e sorelle, a volte di fronte alle incertezze e alle paure siamo tentati di volgerci indietro […] Ogni volta che un cristiano fa memoria della sua storia, fa memoria di Dio e della sua opera e da qui trae le ragioni della sua speranza. «Fate questo in memoria di me». É una comunità cristiana che dice a se stessa, vive in se stessa, per poi seminare nella storia un futuro che continuamente ci supera […] l’orizzonte della speranza ci supera continuamente e noi siamo testimoni della bellezza delle conquiste che la nostra intelligenza, le nostre competenze, le nostre responsabilità sono capaci di raggiungere. Nello stesso tempo siamo consapevoli che la speranza è sempre un passo avanti e non la ridurremo mai alla nostra portata.La speranza si alimenta di profezia, che è la capacità, quando si giunge a un traguardo di vederne immediatamente un altro, destabilizzando -se così si può dire- ogni rassicurazione che fermi il nostro cammino. Un futuro che ci supera significa per noi cristiani, con tutti gli uomini di buona volontà, voler esercitare una vigilanza morale cominciando da noi stessi. Questa vigilanza morale si chiama conversione permanente rispetto a ogni assolutismo religioso, economico, politico, tecnico-scientifico. Esercitare quotidianamente il gusto della speranza significa coltivare il gusto della primizia. Il cristiano è colui che riconosce le primizie di un mondo che continuamente si rinnova […] Certamente tra queste primizie noi vogliamo vedere le giovani generazioni. Il Santo Padre ha indetto un Sinodo dei Vescovi, tutto orientato alla considerazione delle giovani generazioni. Sono proprio le più grandi e le più belle primizie che l’umanità possa riconoscere […] anche la nostra diocesi dedicherà i prossimi tre anni alla considerazione delle giovani generazioni, sapendo che esse rappresentano non solo il nostro futuro, ma dicono della nostra responsabilità.

Come il Papa ha più volte affermato: che i vecchi siano capaci di sognare per aprire un futuro ai più giovani. [...]L’esercizio della speranza per un cristiano consiste nell’esercizio di una passione. Quale è la passione dell’uomo contemporaneo? Siamo capaci da cristiani, di vivere, di incarnare, di trasmettere una passione? Quella passione che è il frutto della nostra fede, quella passione che diventa addirittura il martirio, cioè la testimonianza suprema. Sant’Alessandro è la passione incarnata, fino alla morte. A noi forse non è chiesto tanto, ma la passione sì. Come facciamo a raccontare speranza senza passione? É una passione che si trasforma nella pazienza […] Pazienza che scaturisce dalla convinzione che la verità ha un senso in se stessa, se non altro perché rompe la breccia di una menzogna generalizzata. La passione ci parla del mistero del chicco di grano che viene seminato e porterà frutto. Infine, care sorelle e fratelli, l’esercizio della speranza significa alimentare quotidianamente rapporti veri tra le persone. Coltivare rapporti veri tra le persone cominciando dalle nostre famiglie che non immaginiamo perfette, ma che nemmeno vogliamo condannare all’insegna di una ipocrisia che a volte sembra essere la cifra per interpretare la vita. […] Cari fratelli e sorelle, c’è una generatività alla

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Comunità Aperta 10

quale vogliamo disporre il nostro animo. Non vogliamo diventare sterili, non solo fisicamente. Non possiamo limitarci semplicemente ad una produzione di beni, ma generatività è crescita di vita, anche di nuove generazioni. Coltivare rapporti veri tra persone, significa coltivare con passione umana e cristiana la grande dimensione dell’educazione. L’educazione non è una formula, ma è una relazione nella quale si cresce da uomini. L’educazione è la nostra forza: la forza di una famiglia, della comunità cristiana, di una società. In questo senso dobbiamo dire che anche l’attenzione alle nuove presenze nel nostro Paese, sia da lunga data, sia più recenti, hanno a che fare con questa dimensione relazionale che prende il volto di educazione.La parola «integrazione» suona a volte in maniera non adeguata. Dobbiamo dire che da italiani abbiamo la possibilità culturale di elaborare delle forme di educazione nelle quali tutti possono riconoscersi cittadini. L’educazione è la nostra forza. Coltivare rapporti veri tra le persone, significa voler coltivare aggregazioni forti fatte di responsabilità condivise e non semplicemente emotive o utilitaristiche. Una responsabilità verso un bene che supera l’aggregazione stessa. Coltivare rapporti veri tra

persone, significa infine sostenere la promozione di diritti che alimentino la figura dell’uomo non in termini individuali, ma come prossimo l’uno dell’altro […]Permettete di chiudere con una bella immagine di Papa Francesco che ha dedicato alcune sue catechesi sul tema della speranza. Dice il Papa: «C’è stato un tempo (ed è quello anche della nostra Cattedrale) in cui le chiese erano orientate verso est. Si entrava nell’edificio sacro da una porta aperta verso Occidente e, camminando nella navata, ci si dirigeva verso l’Oriente. L’Oriente è il luogo dove le tenebre vengono vinte dalla prima luce dell’aurora e ci richiama il Cristo, il Sole che sorge dall’alto. Che grazia quando un cristiano diventa veramente un “cristo-foro”, vale a dire un

“portatore di Gesù” nel mondo! Soprattutto per coloro che stanno attraversando situazioni di lutto, di disperazione, di tenebre e di odio. In futuro, quando si scriverà la storia dei nostri giorni, che si dirà di noi? Che siamo stati capaci di speranza, oppure che abbiamo messo la nostra luce sotto il moggio? Se saremo fedeli al nostro Battesimo, diffonderemo la luce della speranza e potremo trasmettere alle generazioni future ragioni di vita».

Da L’Eco di Bergamo del 27 agosto 2017 Omelia del nostro Vescovo Francesco Beschi

tenuta in Cattedrale nel giorno di Sant’Alessandro.

Senza passione non c'è speranzaParola del Vescovo

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Gruppi e Associazioni

A.C.R.2017/2018Pronti a scattare

è slogan dell'Iniziativa Annuale 2017-2018 che quest'anno, attraverso l'ambientazione della FOTOGRAFIA, accompagna il cammino di fede dei bambini e dei ragazzi dell'Acr. La fotografia è un'opportunità per raccontarsi, per fissare e custodire la memoria di un evento bello e significativo, per rappresentare, attraverso lo sguardo di chi scatta, ciò che la realtà non può comunicare da sola....

Motore di RicercaGuida personale giovanissimi 2017-2018

Sussidio per gli educatori che si occupano della formazione dei giovanissimi di 15-18 anni.La passione è il vero motore della vita. Il testo offre un viaggio profondo nella vita dei giovanissimi, per coltivarne la capacità di appassionarsi attraverso quattro snodi fondamentali: l'attrazione, il coraggio, l'autenticità e la scelta. L'icona biblica che accompagna il viaggio annuale è quella della vedova generosa che dona al Tempio tutto quanto aveva per vivere (Mc 12,38-44). Una sezione su parolealtre.it offre schede, materiali per le attività, video-commenti ai brani biblici e molto altro.

Attraverso Percorso formativo per gruppi adulti 2017/2018

“Forse l’Azione Cattolica non deve tradursi in Passione Cattolica?” La passione cattolica, la passione della Chiesa è vivere la dolce e confortante gioia di evangelizzare. Questo è ciò di cui abbiamo bisogno dall’Azione Cattolica. All’inizio del nuovo triennio, accogliamo la sfida che Papa Francesco ci ha lanciato lo scorso 30 aprile.

Tutto ciò che haiGuida Giovani 2017/2018

Il sussidio è dedicato alla cura e alla formazione dei gruppi Giovani (19-30 anni) La proposta è completamente rinnovata rispetto alle precedenti edizioni, accompagna i giovani a cercare, trovare e ritrovare l'entusiasmo di mettersi in gioco completamente tentando di stare dentro alcuni hotspot che riguardano da vicino la vita dei giovani: le scelte; la comunità e il mondo; l'affettività e le relazioni. I giovani sono invitati a coinvolgersi e scommettere tutto ciò che hanno, come la vedova dell'obolo nel Vangelo di Marco, icona biblica dell'anno. come risorsa.

Sussidi per la formazione

dei Gruppi di Azione Cattolica per l'anno

sociale 2017/18

L'Azione CAttoLiCA RAgAzzi AvRà inizio Con DomeniCA 8 ottobRe

Dopo LA S. meSSA DeLLe oRe 9,30.

A SeguiRe inContRo in oRAtoRio.

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Comunità Aperta 12

Fatima1917 - 2O17

Centenario delle Apparizioni a Fatimaa cura di don Giorgio

Terza parte

Francisco Martos al tempo delle Apparizioni

Quando si diffuse la voce che in ottobre sarebbe accaduto qualcosa di importante, anche alcuni giornali cominciarono a interessarsi della vicenda e vennero diffuse informazioni di qualsiasi tipo, compresa quella che le autorità avevano intenzione di fare esplodere una bomba alla Cova da Iria in modo da uccidere quanti vi si sarebbero recati.

Forse il timore di tale minaccia spinse i genitori

di Lucia ad accompagnarla in quel 13 ottobre. Il cielo era plumbeo e la pioggia cadeva fitta.

Nonostante il tempo e il terreno fangoso tutto intorno al luogo dell’apparizione si erano radunate almeno 70.000 persone giunte da ogni parte del Portogallo, compresi alcuni giornalisti di testante anticlericali che intendevano sbugiardare i bambini.

Come Lucia raccontò in seguito la Signora si presentò come la Madonna del Rosario, chiese loro che continuassero a recitare il Rosario tutti i giorni e che si costruisse una cappella in suo onore.

La guerra finirà e i soldati ritorneranno alle loro case. Sollecitata da un’ispirazione interiore Lucia aveva chiesto ai presenti di fissare il sole.

La cronaca di quanto accadde è riportata dall’articolo del caporedattore Avelino de Alemeida pubblicato due giorni dopo i fatti sulla prima pagina del quotidiano "O Século" di Lisbona, di orientamento liberal-massonico e anticlericale.

Dopo aver precisato che «alle dieci il cielo si oscura totalmente e non tarda a cadere una forte pioggia… il cielo, prima caliginoso, comincia subito a schiarirsi il alto; la pioggia cessa e si presenta il sole che inonda di luce il paesaggio… si assiste a uno spettacolo unico e incredibile per chi non fu testimone di esso.

L’astro sembra un disco di argento scuro ed è

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Fatima: 1917 - 2O17

La ricognizione del corpo incorrotto di Giacinta: 1935

possibile fissarlo senza minimo sforzo… Ma ecco che un grido colossale si alza, e dagli spettatori che si trovano più vicini si ode gridare: «Miracolo, miracolo! Meraviglia, meraviglia!… il sole “ballò”, secondo la tipica espressione dei contadini».

A conferma della straordinarietà del momento, ci fu un ulteriore prodigioso evento: tutti i presenti, che erano stati a lungo sotto una pioggia battente e avevano gli abiti inzuppati, improvvisamente si ritrovano completamente asciutti.

Per tutto il tragitto del rientro dall’ultima apparizione della Vergine, il 13 ottobre 1917, Lucia fu subissata da domande e richieste.

A soccorrerla fu don Faustino José Jacinto Ferreira parroco di Olival e di Nova de Ourém con il consiglio se continuassero a farvi domande

pensate al segreto che la Madonna vi rivelò e dite: “La Madonna ci ha detto di non dirlo a nessuno; quindi non lo diciamo”.

Da quel momento la gente si presentò davanti all’abitazione del dos Santos e dei Marto in maniera continua e smisurata tanto da costringere i genitori a metà del 1918 a non mandare più i figli al pascolo.

Lucia, dopo che i genitori avevano addirittura stabilito di vendere il gregge, a settembre poté cominciare a frequentare le lezioni per imparare a leggere e scrivere, mentre Francisco e Jacinta rimasero a casa, sostituiti con il gregge dal fratello João, dopo un breve periodo nel quale anche loro erano andati a scuola.

A fine ottobre, Francisco si ammalò dell’influenza “spagnola” e a fine dicembre venne contagiata anche Jacinta.

Francisco morì nella sua casa ad Aljustrel il 4 aprile 1919, Jacinta lo raggiunge il 20 febbraio 1920 e i suoi ultimi mesi furono struggenti.

Suor Lucia fu sempre convinta che i suoi cuginetti erano stati scelti per fare da testimoni: una volta resa la loro testimonianza, Maria era venuta a prenderli e a portarli in cielo come aveva

Lucia entra nel noviziato delle Figlie di Maria in Spagna

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Fatima: 1917 - 2O17Il Legato Pontificio Card. Masella Incorona la Statua della Beata Vergine di Fatima il 13 maggio 1946

promesso loro durante la prima apparizione, mentre lei era rimasta a percorrere un cammino lungo e difficile.

A fine giugno del 1921 Lucia entrò nel collegio delle suore Dorotee a Oporto; in collegio, per evitare che si potesse riconoscere in Lucia la veggente di Fatima, le venne cambiato il nome in Maria das Dores (Maria addolorata) e le fu dato ordine di non parlare mai delle sue origini. Lucia frequentò fino alla quarta classe, ma non poté sostenere l’esame di ammissione al liceo, perché era necessario presentarsi davanti alla commissione con un documento, che avrebbe rivelato la sua vera identità.

Il vescovo di Leiria si impegnò a fondo nella ricerca della verità sulle apparizioni di Fatima, che continuavano a suscitare forti contrasti come documentò l’attentato del 6 marzo 1922 quando la cappellina costruita a Cova da Iria venne distrutta da quattro bombe, lasciando intatto solo l’altare perché la quinta bomba non esplose.

Il 3 maggio 1922 monsignor Correira da Silva costituì la commissione canonica per la valutazione degli eventi e l’8 luglio anche Lucia venne interrogata come testimone ufficiale.

L’opinione positiva espressa nella relazione della

commissione fu autorevolmente ratificata dal vescovo con la lettera pastorale La divina Provvidenza del 13 ottobre 1930 nella quale affermava di ritenere giusto: 1. Dichiarare come degne di credito le visione avute dai bambini alla Cova da Iria della parrocchia di Fatima, in questa diocesi, il giorno 13 dei mesi dal maggio all’ottobre 1917;

2. Permettere ufficialmente il culto della Madonna di Fatima.

Intanto Lucia e fu ammessa come aggregata tra le figlie di Maria

e il 25 ottobre 1925 partì come postulante per la casa del noviziato delle Dorotee a Tuy in Spagna, da cui proseguì per il convento di Pontevedra, una cinquantina di chilometri più a nord. Qui ebbe due apparizioni relative alla cosiddetta

“Grande promessa del Cuore Immacolato di Maria”.

Durante il noviziato Lucia ebbe dubbi sull’opportunità di restare in questa congregazione, oppure di seguire l’antica vocazione che la chiamava nelle Carmelitane.

Il 3 ottobre 1934 Lucia emise i voti perpetui, incoraggiata da monsignor Antonio Garcia y Garcia, arcivescovo di Valladolid, che le suggerì per il momento di fare la professione solenne nelle Dorotee, vista la difficile situazione della Spagna riservandosi in futuro di aiutarla ad entrare nel Carmelo.

Negli anni che trascorse tra le Dorotee cercando sempre di vivere nel nascondimento suor Maria Addolorata svolse i compiti di guardarobiera, vista l’abilità nel cucire e nel ricamare, di portinaia, di aiutante nel refettorio delle educande e anche di catechista con i bambini.

Appena poteva si recava in cappella per intimi colloqui con Gesù e con la Vergine, che le

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apparvero in più occasioni.

Furono anni difficili a causa della guerra civile in Spagna fra il 1936 e il 1939 e del conflitto mondiale che toccò anche la penisola iberica, seppur non coinvolgendola direttamente con tanta povertà e devastazione.

Diversi problemi di salute l’affliggevano facendole pensare che il suo compito terreno si stava approssimando alla conclusione.

Il 13 maggio 1946 visse, solamente a distanza, la solenne incoronazione della statua di Nostra Signora di Fatima da parte del cardinale Benedetto Aloisi Mastella, inviato da Pio XII, il quale aveva voluto con questo gesto esprimere la sua gratitudine alla Regina della pace per l’assistenza ricevuta in quei drammatici tempi.

Due giorni dopo, le giunse come una sorpresa che sarebbe dovuta andare in Portogallo dove l’attendeva la madre provinciale.

Giunta a Oporto il 20 maggio proseguì poi per Fatima; fu una specie di “pellegrinaggio del cuore e della memoria” quello che si svolse nel pomeriggio del giorno seguente in compagnia del canonico José Galamba de Oliveira a cui il vescovo aveva affidato il compito di farsi descrivere con esattezza da Lucia i luoghi delle apparizioni dell’angelo e della Madonna.

Tornata ad Oporto il 24 maggio, la superiora di Tuy le comunicò che non era previsto il suo ritorno in Spagna, ma sarebbe rimasta lì e la decisione fu accolta da suor Maria Addolorata con la consueta fiducia nella volontà divina.

Il 6 febbraio 1947 ricevette

la visita del domenicano Thomas McGlynn e seppe che costui aveva un appuntamento con il Papa, percepì che poteva rappresentare la tanto attesa opportunità di inviare una lettera riservata a Pio XII.

Il giorno seguente consegnò la lettera al religioso che le garantì totale discrezione. A fine aprile il vescovo di Oporto, Agostinho de Jesu e Sousa, parlò con lei e la madre provinciale, spiegando che le era giunta la risposta di Pio XII, con l’autorizzazione all’ingresso in un monastero carmelitano.

Chiese però a Lucia di pensarci per una settimana, prima di dare una risposta definitiva.

A chi le faceva pressione perché cambiasse idea rispondeva: «Quello che spero di trovare al Carmelo e che qui non ho né posso avere, sono i muri della clausura che mi riparino dalla sfilza troppo numerosa di occhi curiosi e indiscreti, per poter avere una vita di raccoglimento e di intimità più intensa con il Signore».

Dovette passare ancora quasi un anno e fu necessario un nuovo ordine del Pontefice prima che Lucia potesse entrare nel Carmelo di Coimbra, appositamente scelto per evitare sia quello di Fatima sia quello di Oporto.

(continua)

Fatima: 1917 - 2O17

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Iniziative

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Azione Cattolica

Trasporto infermi e dializzatiAssistenza manifestazioni sportive e nonTrasporti in Italia e all’esteroDimissioni da Ospedali e Istituti

ADERENTEA.N.P.A.S.

ORARI DI SERVIZIOper il Servizio di

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Pubblica Assistenza

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24031 Almenno San Salvatore (Bg)Segreteria: Tel 035 641837

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Comunità Aperta 18

Memoria di Giovanni Bianchi

Il nostro grande fratello maggiore

Giovanni Bianchi

Forse la definizione più esatta di Giovanni Bianchi l’ha data il Presidente Mattarella:

“Uomo di vasta cultura e di intensa spiritualità Giovanni Bianchi ha sempre vissuto il suo impegno, nell’associazionismo, nella politica, nelle istituzioni, come servizio alla comunità con un’attenzione particolare verso i poveri, gli ultimi, gli emarginati”.

Pensavo a queste parole il pomeriggio di martedì scorso nella chiesa di Sesto San Giovanni gremita all’inverosimile di uomini e donne di

tutte le età. Aclisti che si sentivano orfani del loro “Presidente” (benché non lo fosse più dal 1994), politici e sindacalisti ma soprattutto tantissima gente comune che in modi diversi ha avuto occasione di incrociare questa straordinaria figura di cattolico democratico.

Un credente appassionato, curioso delle vicende del mondo, consapevole della laicità della politica (e dunque un cristiano che vi entra – diceva –

“deve essere eticamente credibile, professionalmente competente, politicamente abile. In quest’ordine!”), un maestro tessitore di legami, costruttore di ponti tra persone, mondi e culture.

Me lo ripeteva spesso: “mio padre era un partigiano cristiano, i miei zii erano partigiani garibaldini e comunisti. Noi avevamo in casa l’immagine della Sacra Famiglia, i miei cugini quella di Stalin, poi sostituita con quella di

Lo scorso mese di luglio è morto Giovanni Bianchi, un grande testimone del nostro tempo, che ha ricoperto la carica di Presidente Nazionale delle ACLI negli anni 90 del secolo scorso ed ha poi proseguito la sua testimonianza in Politica e successivamente scrivendo saggi e approfondimenti culturali per diversi quotidiani a tiratura nazionale.Lo vogliamo ricordare con questo significativo ricordo scritto dal Presidente Provinciale Daniele Rocchetti.

a cura di Daniele Rocchessi Presidente ACLI Bergamo

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Memoria di Giovanni Bianchi

Papa Giovanni XXIII”.

Perché Giovanni Bianchi ha attraversato con passione e rara lucidità la storia del nostro Paese: docente di filosofia e storia nei licei milanesi e colto intellettuale, consigliere della DC dalla fine degli anni Sessanta nella Sesto San Giovanni allora chiamata la “Stalingrado d’Italia”, figura di primissimo piano delle ACLI, prima lombarde e poi nazionali (con lui si chiuse lo “strappo” seguito alla deplorazione di Paolo VI avvenuta vent’anni prima), chiamato da Mino Martinazzoli a rifondare il partito dopo il disastro di Tangentopoli ripartendo dal Partito Popolare, parlamentare e ancora fino all’ultimo attivo come presidente nazionale dei partigiani cristiani.

Perché, amava dire Giovanni, “la Resistenza fu lotta di popolo, non di minoranza. Fu un sentire diffuso, ampio, a cui il cattolicesimo democratico non fu estraneo, anzi. Quella lotta non fu l’epopea di una elite combattente ma di un popolo. Ed è così che bisogna raccontarla oggi”.

E poi tutto il resto: la sua passione per la poesia e la letteratura, per la scrittura (dopo ogni nostro incontro tornavo a casa con un paio di suoi libri che mi regalava) e la Parola, l’analisi sociale e l’ebraismo, l’amore per Silvia, compagna fedele di tutta la vita e la gioiosa ossessione per la pace (fu tra i cinquecento, insieme a don Tonino Bello, che nel dicembre di venticinque anni fa giunsero nella Sarajevo assediata dai cecchini), le sue amicizie con padre Turoldo e il cardinal Martini e la frequentazione con don Giuseppe Dossetti (incontro tardivo ma decisivo) e padre Dominique Chenu, un raffinato padre domenicano che preparò il Concilio Vaticano II e che lo aiutò a comprendere il movimento operaio come “luogo teologico”.

Con Giovanni se ne va un altro pezzo di quel cattolicesimo democratico che tanto ha studiato e lavorato per il bene del nostro Paese, un filone che ha generato credenti fedeli al Vangelo e alla

Costituzione, che ha saputo, nel dialogo con tutti, custodire terre di mezzo dove uomini di culture diverse potessero incontrarsi.

Ci eravamo sentiti al telefono una decina di giorni fa. Sapevo che non stava bene ma volevo comunicargli la notizia che quel giorno don Giovanni Nicolini (figlio spirituale di quel Dossetti che Giovanni ha tanto amato) sarebbe stato presentato ufficialmente come Assistente Nazionale delle Acli.

Silvia ha voluto che gli parlassi e seppur affaticato, Giovanni ha gioito della notizia. Non sapevo che sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo sentiti.

Come mi ha scritto un comune amico carissimo al quale avevo comunicato la notizia della morte: “È stato una grazia incontrarlo, pensare con lui, confrontarsi, sperare. Un grande fratello maggiore. Un passo avanti. Prezioso. Il Padre lo sta carezzando.”

I l nostro grande fratello maggiore

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Al servizio della persona

Dare un senso al proprio tempo libero mettendosi al servizio degli altri: è questo il motto che da 30 anni accompagna il cammino della P.A. Croce Azzurra che celebra quest’anno il 30° anniversario di fondazione.

Passo dopo passo…

1986: grazie allo spirito altruista di un gruppo di persone nasce e si sviluppa l’idea di dar vita ad una associazione di volontariato sociale e sanitario sul territorio di Almenno S. Salvatore fino ad allora mancante.

1987: grazie ad un socio fondatore che acquista il primo automezzo, iniziano i primi servizi. Nasce di fatto la P.A. Croce Azzurra. Le attività si svolgevano in un piccolo bilocale di Almenno S. Salvatore alto; vengono redatti uno statuto ed un regolamento interno e con l’iscrizione dell’associazione ad ANPAS (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze) inizia la trentennale attività verso il prossimo della P.A. Croce Azzurra.La passione e l’entusiasmo non potevano stare in un piccolo spazio e cresceva sempre di più l’esigenza di avere spazi più ampi in cui operare.

1990: ha luogo il gemellaggio con la Croce Bianca di Rio Maggiore (Liguria).

1991: viene posata la prima pietra della sede attuale, in via Carlo Alberto dalla Chiesa 5. Il lavoro, l’impegno e la forza di volontà di alcuni sostenitori portano alla realizzazione della sede inaugurata nel 1996.

1999: il numero di soci volontari cresce sempre di più e dopo l’iscrizione al registro del volontariato a all’acquisizione di una sempre maggiore esperienza nello svolgimento dei servizi, la P.A. Croce Azzurra raggiunge un traguardo importante che è la copertura per servizi 118 di emergenza-urgenza 24 ore su 24.

P.A. Croce Azzurrada trent'anni al servizio del prossimo

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Al servizio della persona

Nel corso degli anni la P.A. Croce Azzurra cresce sia in termini di numeri, che di persone, di mezzi e di presidi. L’associazione riceve in donazione defibrillatori, si attiva per svolgere corsi di formazione, acquista nuovi mezzi ma soprattutto non dimentica mai che il volontario è sempre al centro di qualsiasi decisione presa. 2007: si festeggiano i primi 20 anni di attività e non mancano mai l’entusiasmo e la voglia di mettersi in gioco per coinvolgere i propri volontari nelle diverse attività.

2016: grazie all’impegno di tutti siamo arrivati a svolgere più di 8.000 servizi.

2017: la P.A. Croce Azzurra taglia il traguardo dei 30 anni e per l’occasione si vestirà a festa e, con lo spirito di squadra che la contraddistingue, ha realizzato un calendario ricco di avvenimenti per i propri volontari e non solo.

Il futuro?…sarà una storia tutta da scrivere…

La P.A Croce Azzurra, nel corso di questi 30 anni, ha sempre avuto ben chiaro il proprio scopo e ha sempre cercato di raggiungere traguardi ambiziosi; questo grazie a tutti coloro che hanno sempre creduto nell’associazione e che hanno fatto dell’aiuto del prossimo il proprio motto. Un caloroso grazie va ai fondatori che hanno gettato l’impronta del volontariato sociale e sanitario ad Almenno S. Salvatore, ai Presidenti che si sono susseguiti che hanno sempre tenuto insieme un

“esercito di volontari” sempre crescente e non hanno mai smesso di dare continuità al nobile obiettivo della Croce Azzurra, e soprattutto a tutti i volontari, dal primo all’ultimo, il vero motore dell’associazione, l’anima che tutti i giorni popola la sede, le strade, il territorio con la propria divisa arancione, sempre pronti a dare una mano a chi ha bisogno e a dare un sorriso anche nei momenti difficili. Persone che non dimenticano mai la loro passione di voler aiutare chi ha bisogno e che non perdono mai l’entusiasmo di mettersi al servizio del prossimo. Senza di loro nulla sarebbe raggiungibile!

Un grazie anche a tutti coloro che hanno sostenuto e sostengono l’associazione quotidianamente, con una donazione, con il tempo che dedicano, con l’impegno che ci mettono; un lavoro di squadra che coinvolge altre associazioni del territorio, sostenitori, simpatizzanti, tutti orientati a far sì che la P.A. Croce Azzurra possa continuare a portare avanti nel migliore dei modi la propria attività.Il desiderio per il futuro è sicuramente che tutto ciò che è stato costruito in questi 30 anni possa continuare a migliorare e a crescere sulla base delle radici ben salde che sono state gettate nel lontano 1987.

Il Presidente, Gregis Rosita, ringrazia per l’impegno profuso nel cammino della nostra Associazione quanti hanno collaborato con il loro tempo libero o con il loro sostegno economico.In occasione del 30° anniversario la P.A. Croce Azzurra il giorno 8 Ottobre organizza una festa con il seguente programma: ore 09:30 ritrovo in sede con rinfresco “ 10:15 partenza per la Parrocchiale “ 11:00 Santa Messa “ 13:00 pranzo presso l’area feste di Palazzago

Tutta la popolazione è invitata alla nostra festa. Chi volesse condividere questa giornata con noi è pregato di comunicare la sua presenza a Ruggeri Tiziana (Tel. 335 8047547) entro il giorno 30 Settembre. Il costo del pranzo è: 25,00 € per gli adulti, 8,00 € per i bambini fino a 12 anni.

P.A. Croce Azzurra: da trent'anni al servizio del prossimo

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Finalmente nella Chiesa di San Giorgio, sono tornati a risplendere gli antichi banchi che mancavano da anni, tolti per i lavori di restauro degli affreschi nella chiesa stessa e depositati nel frattempo nell’ex Cinema Centrale, locale non adatto a contenere questi mobili antichi per l’umidità che vi regna e per il cambio di temperatura stessa.

Quando è arrivato il momento di riportarli nella loro collocazione originale, abbiamo

visto che avevano bisogno di un restauro radicale e strutturale, rimanendo nel dubbio su cosa fare e soprattutto a chi farli restaurare considerato che soldi da dare ai restauratori professionisti, non c’è n’erano.

Ci siamo fatti quindi consigliare da Germano Epis il quale si prese l’incarico di sistemarli con la collaborazione di quattro suoi amici di Villa d’Almè, pensionati, che avevano restaurato arredi di chiese come Santa Maria delle Grazie e si trovavano ogni mercoledì,

I banchi della Chiesadi San Giorgio ritornano "splendenti"!

Lavori in corso

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Lavori in corso

lavorando per beneficienza e dando il ricavato a Padre Alberto Ravelli missionario in Ghana.

Abbiamo iniziato con due banchi per prova, visto il risultato e sentito il Parroco, abbiamo avuto l’ok per andare avanti fino a quattordici banchi:

“i più disastrati”, mentre quelli meno rovinati sono stati presi in mano da Germano Epis e Gianni Pecis “sacrestano”,

senza che questi chiedessero un centesimo e mettendo anche di tasca loro la spesa della vernice.

Dopo un anno di lavoro i banchi sono tornati come nuovi nella chiesa di San Giorgio.

Mi permetto di ringraziare i quattro amici di Germano: Tino – Luigi – Claudio – Silvio.

Un ringraziamento a Rota Franco per il trasporto, un grazie a Gianni Pecis per l’aiuto a Germano e al Comitato San Nicola per il contributo dato a Padre Alberto.

Alla fine dell’opera Germano ha realizzato anche un basamento in olivo per appoggiarvi la Statua di Sant’Antonio. È lo stesso olivo adoperato per un altare a Padre Pio a San Giovanni Rotondo.

Grazie a nome di tutta la ComunitàIl Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici

In banchi della Chiesa di S. Giorgio ritornano "splendenti"!

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Comunità Aperta 24

Gruppi e Associazioni

Ci risiamo ancora con i confratelli, ma ad Almenno esistono ancora? In barba a chi non li vorrebbe più o sono loro antipatici, ci sono ancora, pochi, ma tengono duro, anche se non sembra. Con quella mantella rossa e quel camice bianco (che per noi hanno un significato ben preciso), si vedono lontano un chilometro e forse per questo alcuni stanno alla larga dalla confraternita. Devo dire che non tutti la pensano così. Parlando con alcuni, sembrano intenzionati a entrare nella confraternita. Ci vuole poco solo l'ultima spinta. Noi li aspettiamo e non solo noi. Lo sapete: non ci sono obblighi, solo mantenere l'impegno della parola data. Se poi uno per motivi personali o altri problemi non può partecipare alle funzioni, nessuno lo condanna. L'importante è fare il possibile per esserci. L'ho già detto una volta e ora lo ripeto. Sono tutti impegni che un cristiano che va di solito alle funzioni religiose assolve senza tanta fatica. (Perciò penso sia meglio essere in una posizione avvantaggiata rispetto agli altri cristiani. È un privilegio che non tutti possono avere, anche se per qualcuno è una buffonata). Poi, ognuno fa quello che si sente di fare. Tuttavia se sei tra il sì e il no, non rinunciare a quello che ti senti di poter e voler fare. Vieni! Se poi vedi che tutto questo non fa per te, non sei obbligato a restare nella confraternita, non saresti il primo ad uscire. Noi confratelli non ti guarderemo di traverso; anzi, se avrai bisogno di un aiuto, sai dove trovarci. Meglio uno che ci prova che tanti indifferenti.

E le Consorelle?

Per quello che so io una volta ad Almenno c’erano anche le consorelle. Di preciso non so perché adesso non ci sono più, però si può sempre ricominciare. Parlando con alcune donne e con alcune amiche, ho scoperto che sarebbero intenzionate a far parte della Confraternita. Lo so che non è facile o semplice iniziare o continuare un nuovo modo di essere.Anche se sembra nuova questa confraternita ha più di cinquecento anni. Per noi è sempre un’esperienza nuova che a volte ci impegna più del previsto, non solo come tempo. Forse ci vuole uno in più. Si dice che certe vie sono infinite, noi non abbiamo fretta. Prima o poi per qualche via qualcuno arriverà anche alla confraternita.

Anche per le Consorelle il discorso è sempre lo stesso: nessun obbligo, solo la coerenza al proprio impegno.

Per chi è interessato, ci può trovare tutti i terzi venerdì del mese alle ore 20,30 presso la casa del Parroco, eccetto il periodo estivo oppure durante le funzioni religiose quando siamo invitati a partecipare, o semplicemente per strada quando ci incontriamo.

Anche se non troppo, CIAO GIOVANE. Il segretario

Manzoni Ferdinando

Confratelli sì! Confratelli no!E le Consorelle?

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LA SEGRETERIA DELL’ORATORIO SARà

APERTA NEI GIORNI:

LUNEDì - MERCOLEDì - VENERDìDalle ore 15,00 alle ore 17,00

E negli orari sopraindicati saranno a disposizione i seguenti numeri telefonici:

cellulare n° 3487929673- tel. 035/640366oltre al fisso dell'Oratorio n° 035/640378

AVVISO DELLA REDAZIONESi invitano sempre, i collaboratori di Comunità Aperta, i responsabili dei Gruppi che sono

interessati alla pubblicazione di articoli, avvisi, ecc., a far pervenire il materiale da pubblicare, fotografie comprese,

entro e non oltre il 15 del mese precedente al mese della pubblicazione.

Anche gli avvisi per il Foglio della Messa domenicale - che potranno essere pubblicati sempre compatibilmente con lo spazio a disposizione - devono comunque pervenire entro e non oltre

il martedì antecedente la domenica.Gli articoli possono essere fatti pervenire anche via e-mail al seguente indirizzo:

[email protected]

Gruppo Missionario

Almenno San SalvatoreLe incaricate del Gruppo Missionario sono presenti

ogni Lunedì pomeriggio dalle ore 15,00 alle ore 17,30nel locale accanto alla Casa Parrocchiale.

Raccogliamo e ricicliamo materiale in buono stato - «Non da discarica». Si prega di non lasciare borse o sacchi fuori dalle abitazioni delle

incaricate, della Parrocchia o dell'Oratorio.

Grazie per la collaborazione!

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Comunità Aperta 26

Riflessione

ritrovare la gioia della confessionedi Mattia Olivari

La stessa scena raccontata nella parabola del «figlio prodigo» (Cfr Lc 15,11-32) si ripete nel confessionale. Ne ritroviamo tutti gli elementi: l’impazienza del Padre (Non è il male che preoccupa Dio; è restituire al figlio la sua dignità.), il vestito bellissimo (l’abito nuziale della grazia: ciò che avvilisce Dio è la grazia perduta.), l’anello al dito (segno dell’alleanza con Lui), i calzari ai piedi (simbolo di nobiltà) e il vitello grasso (Dio fa festa perché un uomo si è salvato.). È vero quanto scrive Sant’Antonio da Padova nei Sermoni: “Quanto da più lontano ritorna il peccatore al padre suo, tanto più amorevolmente viene da lui accolto”. Dio non ci tratta secondo i nostri peccati. La parabola delinea un “Dio che non condanna, un Dio che, rispettando la libertà dell’uomo, ci lascia perfino

sbagliare e poi, ci attende, dopo lo sbaglio, senza neppure chiederci conto del nostro tradimento” (Turoldo). Il sacramento della confessione è la manifestazione tangibile della misericordia di Dio già svelata nella parabola del Buon Samaritano (Cfr Lc 10,29-37), nell’episodio della peccatrice perdonata (Cfr Lc 7,36-50), della donna adultera (Cfr Gv 8,1-11) e nell’incontro con la samaritana (Cfr Gv 4,1-42). Certo, il peccato deturpa l’immagine di Dio in noi; non è, come vuole farci credere, la piena soddisfazione e il totale compimento dei nostri desideri, ma abisso di desolazione che ferisce l’amore nel cuore dell’uomo, facendo sprofondare l’anima nello smarrimento e prostrandola in uno stato di sofferenza interiore, tale da renderle pesante e insopportabile il vivere quotidiano. Lo stato d’animo di chi conserva dentro di sé il peccato è descritto bene nel Salmo 32: “Tacevo e si logoravano le mie ossa, mentre gemevo tutto il giorno. Giorno e notte pesava su di me la tua mano, come per arsura d’estate inaridiva il mio vigore” (Sal 32,3-4). Eppure, la condizione del peccatore, cioè di tutti in questo mondo, non è definitiva e irreparabile perché la confessione libera dal peccato. Si legge nello stesso Salmo 32: “Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore. Ho detto: «Confesserò al Signore le mie colpe» e tu hai rimesso la malizia del mio peccato” (Sal 32,5). Per ottenere il perdono dei peccati, non basta detestarli, ma bisogna accusarli

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Ritrovare la gioia della confessioneRiflessione

davanti al sacerdote. Con semplicità e umiltà. Senza presumere di salvarci da soli o cercando di giustificarci. È Dio che ci deve assolvere. Noi dobbiamo prendere coscienza che abbiamo fatto il male, della sua gravità, con il dolore di aver offeso Dio e la repulsione dei peccati commessi, associata al proposito di non commetterli più. Senza angustiarci, ma fiduciosi nel perdono e nell’aiuto di Dio. Il maligno insinua nella nostra mente non il santo timore, ma la paura di Dio facendoci credere che, proprio a causa dei nostri peccati, Dio ci rigetti e così saremmo irrimediabilmente dannati. Tuttavia, poiché è: “menzognero e padre della menzogna” (Gv 8,44) non vuole altro che gettarci nella disperazione. Invece Dio, rivolgendosi al profeta Ezechiele, dice: “Di’ loro: «Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore Dio – io non godo della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva»” (Ez 33,11). È Lui stesso che ci invita: “Volgetevi a me e sarete salvi” (Is 46,22) affermando che: “Io li guarirò dalle loro infedeltà”(Os 14,5). Queste espressioni trovano il loro completamento nelle parole di Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò” (Mt 11,28). La confessione è occasione di consolazione: non dobbiamo dubitare delle rassicurazioni che ci vengono rivolte perché:

“Sono promesse tue [cioè di Dio. NdA]: chi può temere d’essere ingannato, quando è la Verità stessa che promette?” (Sant’Agostino). Dio ci aspetta. “Eppure il Signore aspetta per farvi grazia, per questo sorge per avere pietà di voi” (Is 30,18). Anzi, i Vangeli evidenzano la sollecitudine di Dio nel ricercare i peccatori: ne sono un esempio la parabola della pecora smarrita (Cfr Mt 18,12-14), della dracma perduta (Cfr Lc 15,8-10) e l’incontro con Zaccheo (Cfr Lc 19,1-10). Padre Pio da Pietrelcina esortava i fedeli dicendo: “Corriamo fidenti al tribunale di penitenza, ove egli [Dio. NdA] con ansia di padre, in ogni istante ci attende; e, pur consapevoli della nostra insolvibilità dinanzi a lui, non dubitiamo del perdono solennemente pronunciato sui nostri errori. Poniamo su di essi, come ce l’ha posta il Signore, una pietra sepolcrale!”. Scrive il Santo Curato d’Ars:

“Quando il prete dà l’assoluzione bisogna pensare ad una cosa sola: che il Sangue del Buon Dio scorre sulla nostra anima per lavarla, purificarla e renderla bella come lo era dopo il battesimo. Il Buon Dio si butta i nostri peccati dietro le spalle, cioè li dimentica, li annulla: non riappariranno

più”. Non importa quanti e quali siano, infatti: “Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto diventeranno bianchi come neve” (Is 1,18). Si esce dal confessionale non solo purificati, ma trasfigurati. Nel momento in cui il sacerdote pronuncia l’assoluzione, i benefici della Morte e Resurrezione del Signore scendono su di noi. E poi, una gioia immensa, traboccante, da spaccare il cuore. Che bello, dopo la confessione riscoprire tutto con rinnovato vigore, nella gioia sempre nuova del perdono di Dio!

“In fin dei conti – scrive Sant’Agostino – vogliamo una sola cosa, la vita beata, la vita che è semplicemente vita, semplicemente felicità”. Nel cammino verso la santità, questa felicità passa anche attraverso la confessione. E allora, per vincere la subdola tentazione della paura e della vergogna che ci preclude alla vera gioia, chiediamo aiuto a Maria come esorta San Bernardo: “Ti vergognavi di avvicinarti al Padre, atterrito al solo sentirlo parlare (…): ma egli ti ha dato Gesù quale mediatore. Forse temi di avvicinarti anche a Gesù? Ma è tuo fratello. Questo fratello te lo ha dato Maria. Ma può darsi che tu tema quella divina maestà che anche in lui si nasconde. Vuoi, dunque, avere un avvocato anche per accostarti a lui? Allora ricorri a Maria”. Maria ci aiuterà perché, come disse San Giovanni Damasceno rivolgendosi alla Vergine: “Tu, Maria, hai generato la gioia di tutti, la vera gioia che dissipa la tristezza del peccato”.

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Comunità Aperta 28

Curiosità storiche

Breve storia dell'Ospedale Giovanni Carlo Rotaa cura di Paolo Manzoni

LE DIFFICOLTA’ INIZIALI

Siccome è passato un po’ di tempo dall’ultima puntata, per riannodare il discorso ripercorriamo velocemente le prime tappe della vita dell’Ospedale Rota: la sua fondazione fu approvata con decreto regio 3 marzo 1878; il 20 maggio 1878 veniva commissionato all’architetto Francesco Dolci il progetto, che fu approvato dalla Congregazione di Carità il 15 luglio; nell’estate del 1879 furono conclusi i principali lavori edilizi; nel gennaio del 1880 tre suore della Congregazione della Carità giungevano ad Almenno per assumere la gestione ordinaria dell’istituzione ed il servizio agli ammalati; il 6 febbraio l’Ospedale iniziò la sua attività con l’ingresso della prima degente.

Detto così, si dovrebbe concludere che tutto era andato nel migliore dei modi, onorando quelle che erano state le intenzioni benefiche del fondatore. In realtà, ben presto si evidenziarono non pochi disservizi anche gravi.

In ultima analisi l’Ospedale risultava costituto da due grandi stanzoni, posti su due piani diversi, uno destinato ai maschi e l’altro alle femmine; si aggiungevano i locali adibiti a cucina e a lavanderia, quelli destinati ad ospitare le suore e il cappellano, la chiesa e il cortile interno.

Gli impianti erano fatiscenti. Basta immaginare

com’era la vita alla fine dell’Ottocento. Non esisteva l’acqua corrente e per l’approvvigio-namento idrico ci si doveva servire dei pozzi

Ottava parte

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Breve storia del l 'Ospedale Giovanni Carlo RotaCuriosità storiche

della casa padronale e del cortile. I locali non erano riscaldati, perché ancora non si usavano caloriferi e aria condizionata.

Latrine in comune e fossa biologica addossata alle infermerie causavano miasmi e pericoli per la salute. L’energia elettrica non era ancora stata scoperta e pertanto ci si serviva di lampade ad olio e di candele. Non si conosceva l’uso domestico del gas naturale, così che i pasti dovevano essere preparati sul fuoco del camino nella cucina della casa padronale.

Nel giro di alcuni mesi si manifestarono i primi guai: l’acqua dei pozzi risultò inutilizzabile, perché inquinata da infiltrazioni fognarie. Pertanto per l’approvvigionamenti idrico si doveva scendere ad attingere l’acqua del Brembo.

Tale situazione suscitò severe critiche: “Questo Ospedale Rota, stato fabbricato senza un concetto complessivo…, fu eretto approfittando di quanto esisteva prima…, eseguendo appuntino le raccomandazioni del testatore che in rapporto a fabbrica non avea alcuna cognizione”; risulta pertanto “mancante di tutti quei comodi e degli accessori che in oggi sono elementi necessari per conseguire l’efficacia della cura medica”.

La colpa di tanta inefficienza era attribuita soprattutto agli amministratori della Congregazione di Carità, i quali, “se avessero rassegnato in esecuzione delle prescrizioni di legge il progetto di fabbrica dell’Ospedale alla Superiore Autorità Tutoria”, questa “a mezzo degli Ing.i Provinciali… avrebbe rivolto istruzioni e rettificato il progetto dove presentava necessità di modificazioni od ampliamenti”.

In realtà, se v’era una colpa della Congregazione di Carità, questa era l’essersi lasciata manovrare in buonafede da persone, l’esecutore testamentario Todeschini e il segretario Dolci, tra loro cognati, più interessate al proprio tornaconto personale che al bene dei poveri.

Il primo, in particolare, nell’anno antecedente alla morte del fondatore Giovanni Carlo Rota (il quale con troppa fiducia gli aveva affidato la gestione di tutti i suoi affari), accecato dalla cupidigia, ebbe il tempo di appropriarsi di una grossa fetta del patrimonio. Fece infatti sparire depositi su libretti di banca, obbligazioni ed azioni, crediti vari, gioielli, monete d’oro ed oggetti preziosi.

Al momento dell’inventariazione dell’eredità, i parenti del Rota lamentarono questi ammanchi, ma l’esecutore testamentario riuscì a placare le loro lagnanze aumentando la somma in denaro che era stata loro assegnata nel testamento.

E sarebbe riuscito anche a farla franca se, secondo la legge, non si sarebbero dovuti presentare in Prefettura i bilanci consuntivi sia

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Curiosità storiche

Breve storia del l 'Ospedale Giovanni Carlo Rota

della Congregazione di Carità sia del nuovo Ospedale.

Il pressapochismo, gli imbrogli e le irregolarità con cui era stata gestita l’amministrazione potevano facilmente essere scoperti. Per questo il segretario Dolci e l’esecutore testamentario Todeschini, che secondo le norme giuridiche, cessato l’incarico, avrebbe dovuto lasciare l’amministrazione alla Congregazione di Carità (ciò che non aveva fatto, mantenendo per di più anche la carica di tesoriere), pur sollecitati più volte, non presentarono in Prefettura i bilanci degli anni 1877, 1878 e 1879.

Per questo il 23 agosto 1880 la Prefettura ordinò lo scioglimento della Congregazione di Carità ed il suo commissariamento, dapprima da parte dell’avv. Annibale Berti e poi di Francesco Bonicelli, il quale rimase in funzione fino al

giugno dell’anno 1882.

I due avviarono la revisione dei bilanci e fecero eseguire le debite perizie tecniche, evidenziando tutto il marcio e l’incompetenza dei membri della Congregazione di Carità. Dopo avere preso atto dell’inadeguatezza dell’Ospedale, con alcuni interventi cercarono di renderlo più efficiente. I risultati furono modesti, anche in considerazione della brevità della loro permanenza.

Ciò che invece riuscì loro bene fu l’indagine sugli aspetti economico-amministrativi dell’istituzione. Avviarono infatti un’approfondita ispezione della contabilità, che li portò a mettere sotto accusa l’esecutore testamentario, il segretario e la stessa Congregazione di Carità, i cui membri in buona fede continuavano a difendere gli imputati.

Ne seguì un processo, iniziato il 27 marzo 1885 e concluso il 24 aprile seguente con sentenza definitiva della Corte d’Assise, che portò alla condanna dell’esecutore testamentario a sei anni di carcere “per crimine di furto qualificato”,

“delitto di appropriazione indebita continuata” e “crimine di prevaricazione”, e che impose al condannato la restituzione del maltolto.

Fatti i calcoli, complessivamente per indennizzi accertati in sede penale il Todeschini avrebbe dovuto restituire una somma enorme: 73.982,11 lire. Restavano poi da valutare tutti gli altri rimborsi per irregolarità in sede amministrativa, che avrebbero dovuto essere quantificati da appositi revisori dei conti e che dopo lunghi conteggi furono valutati in 29.205,49 lire. Alla fine il debito complessivo superava abbondantemente 100.000 lire.

Per garantire la restituzione, la Congregazione di Carità, d’accordo con la famiglia del debitore, impose un’ipoteca sui suoi beni, chiamata

“Ipoteca Tibelli” dal nome del notaio che la rogò.

La sottrazione di denaro attuata dal Todeschini ebbe effetti negativi molto gravi non solo sulle

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Curiosità storiche

vicende iniziali dell’Ospedale, perché lo privò di denaro “fresco”, ma anche in seguito, perché ne bloccò lo sviluppo nei primi trent’anni. Infatti tutte le volte che si prospettarono delle opportunità o la necessità di attuare miglioramenti, si dovette rinunciare o limitare gli interventi, perché il rientro del capitale sottratto fu completato solo nel 1913.

Nonostante questo, si presentò all’Ospedale una grande occasione che purtroppo non fu colta. Per ben tre volte, infatti, l’esecutore testamentario ed i suoi eredi offrirono in pagamento la casa padronale della famiglia Dolci ed il terreno circostante chiamato “Chioso” di ben 60 pertiche.

La Congregazione di Carità era propensa ad accettare, ma la Prefettura si oppose. E fu

un male, perché, se l’affare fosse andato a buon fine, l’Ospedale avrebbe acquisito, oltre al bellissimo fabbricato cinquecentesco in località Cinque Vie (dove trasferire parte delle sue attività), anche l’ampio brolo (terreno recintato da muro) che ancora negli anni cinquanta del Novecento si estendeva dalla strada provinciale della Valle Imagna fino alla Via Strette.

Sarebbero così stati risolti i problemi di spazio che tanto angustiano gli attuali amministratori ed ostacolano un ulteriore potenziamento della Fondazione Rota.

Ma purtroppo la storia non si fa con i “se”.

(continua)

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Breve storia del l 'Ospedale Giovanni Carlo Rota

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"Gruppo del Sorriso" On lus

Al servizio della persona

Gita sul Lago di Como

Sabato 2 settembre abbiamo trascorso la giornata sul famoso e affascinante lago di Como, più precisamente sul ramo ovest del lago detto “nobile” per via delle numerose ville presenti sulle rive.

È stato un 2 settembre un po’ strano, abitua-ti come eravamo al gran caldo estivo ci aspettavamo una bella giornata di sole e invece una ventata d’autunno ci ha sorpresi con la sua pioggia e il vento tipico del lago che però non ci hanno intimiditi e scesi dal pullman nella storica città di Como dove la nostra guida Laura ci attendeva, e dove ci siamo muniti di ombrelli, mantelle e kiwei per ripararci dalla pioggia.

Siamo saliti a bordo del traghetto dove abbiamo preso posto per iniziare il nostro tour ed eravamo ben lieti di stare al coperto in questa giornata uggiosa.

Durante il giro sul lago, nonostante il tempo avverso e i finestroni del battello pieni di gocce che rovinavano un po’ la veduta abbiamo potuto comunque ammirare i suggestivi scenari che si trovano in questi bellissimi posti: paesini diroccati sulle montagne, come ha raccontato la guida, pieni di suggestive viuzze in cui è bello perdersi e scoprire ogni volta nuovi scorci.

Ville illustri: la più celebre quando si parla del lago di Como è, o meglio sono, quelle di George Clooney presso cui ogni estate ospita personaggi famosi dello spettacolo. E ovviamente sono presenti anche paesaggi naturali di immensa

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"Gruppo del Sorriso"

Al servizio della persona

bellezza come ad esempio l’orrido di Nesso visibile solo in parte dal lago. Un tutt’uno di meraviglie artificiali che si mescolano perfettamente con quelle naturali.

Nel corso del tour Laura con le sue dettagliate descrizioni di aneddoti, leggende e fatti realmente accaduti ci ha fatto sognare portandoci idealmente all’interno delle bellissime ville le cui entrate principali si trovano sull’acqua, dettaglio questo che le rende molto romantiche.

Ormai note per ospitare e aver ospitato personaggi celebri e storici come Sean Connery e Winston Churchill, queste abitazioni signorili sono circondate da enormi e magnifici giardini che sono veri e propri parchi, e fanno da sfondo a matrimoni da favola, film e fiction.

Altre ville sono famose per ospitare grandi eventi come fiere e congressi. Gli hotel a 5 stelle con i loro prezzi esorbitanti sono parte integrante dello scenario del Lario. Durante il viaggio alcuni di noi sono saliti all’aperto al piano superiore del battello per fare foto e respirare la fresca brezza della giornata.

All’ora di pranzo siamo scesi dal traghetto a Bellagio sempre muniti di mantelle e ombrelli, e ci siamo diretti verso un ristorante locale dove abbiamo gustato un ottimo pranzetto al termine del quale il responsabile di sala, per scherzo, ha portato a Simone L. una finta fattura sulla quale era presente un prezzo esorbitante chiedendogli se avesse pagato lui… ovviamente Simone è sbiancato e con una faccia incredula ha chiesto se fosse matto tra le risate e i ringraziamenti dei presenti.

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Dopo mangiato approfittando del tempo nuvoloso ma asciutto abbiamo fatto una passeggiata addentrandoci all’interno del paese facendo shopping nei negozietti tipici e visitando una chiesa; abbiamo continuato la nostra passeggiata fino ad arrivare al punto panoramico in cui abbiamo scattato la nostra consueta foto di gruppo con il lago e le montagne presenti sullo sfondo. Rilassati ma stanchi, con la mente e il cuore colmi di questa stupenda giornata in questi luoghi magnifici dove regna un’atmosfera tranquilla e allo stesso tempo vivace con un misto di storia e mondanità nell’aria, il tutto incorniciato dalla bellezza della natura, a Varenna abbiamo ripreso il pullman per il rientro ad Almenno.

Ma la giornata non era finita, infatti durante il viaggio si è svolta una lotteria organizzata dai volontari, in cui ognuno ha vinto qualcosa. Questa è stata una signora Gita in cui tutti si sono divertiti, nonostante o addirittura per merito del tempo (dipende dai punti di vista). La meta della gita come ribadito più volte in questo articolo ha contribuito a rendere la giornata speciale, ma la compagnia ha unito tutti i fattori e come risultato è uscito … un bel Gruppo del Sorriso.

Silvia

"Gruppo del Sorriso"

Al servizio della persona

Congratulazioni a

Dusi Giorgioche si è laureato il 17 luglio 2017

in Economia e Commercio presso l'Università di Bergamo

Papà, mamma, nonni e parenti tutti.

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Perché i preti non si possono sposare?a cura di Romano Bonfantida un'idea di Sandro Rota "ol Ghirì".

Chiedilo al Parroco

DomandaMi hanno detto che anche i preti ortodossi si sposano. Perché solo i sacerdoti cattolici non possono sposarsi?

Un Parrocchiano

Risposta

Se vogliamo essere pignoli la domanda è mal posta in quanto non è che i preti ortodossi si sposano, ma che la Chiesa Ortodossa (ma anche la Chiesa Orientale Cattolica!) ordina uomini sposati, quindi fa preti uomini sposati, oltre che uomini celibi.

L’eventuale scelta di sposarsi precede il sacramento dell’Ordine, e chi decide di farsi prete da celibe non può più scegliere di sposarsi dopo.

Presso la Chiesa Ortodossa, ma come sottolineato sopra, anche presso la Chiesa Cattolica Orientale che riconosce il Vescovo di Roma (il Papa) come sua guida, ci sono quindi preti celibi, che hanno scelto il celibato come condizione di vita per sempre, e preti sposati, che vivono il loro sacerdozio dentro la loro condizione di uomini coniugati.

D’altra parte il sacramento dell’Ordine ed il sacramento del matrimonio non si escludono l’un l’altro, ma esprimono due vocazioni: quella al servizio della comunità e quella alla formazione

di una famiglia, che possono benissimo conciliarsi e sostenersi vicendevolmente.

Nelle prime comunità cristiane (basta leggere diversi testi del Nuovo Testamento) e questo è andato avanti per secoli, era normale che diaconi, presbiteri (preti) e vescovi fossero sposati.

San Paolo nelle sue lettere raccomanda che i diaconi, i preti

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Chiedilo al Parroco

Questa rubrica sarà tenuta aperta se perverranno le domande ogni mese al Parroco.

In merito ad essa, coloro che fossero interessati all'iniziativa, potranno presentare delle domande, per scritto (ma, perché no, anche a voce), entro il 25 di ogni mese precedente a quello di uscita del Bollettino a questi recapiti:

Redazione Comunità Aperta presso Casa Parrocchiale (cassetta delle lettere) e-mail Parrocchia: [email protected] e-mail Renzo Cornelli: [email protected] Il sottoscritto curatore della rubrica mette a disposizione la sua cassetta in via S. Giorgio 5.

La redazione raccoglierà le domande, non le filtrerà né le modificherà e le sottoporrà al Parroco. Non saranno prese in considerazione quelle non consone alla rivista e quelle anonime.

L'anonimato, se richiesto, verrà effettuato nella pubblicazione.

Perché i preti non si possono sposare?

e i vescovi siano innanzitutto di esempio con la fedeltà alla loro moglie e nell’impegno educativo nei confronti dei propri figli.

Questo ci dice come non esiste nessun fondamento scritturistico o teologico che escluda che uno sposato possa essere ordinato anche prete, tradizione che si è d’altra parte conservata fino ad oggi presso la Chiesa Orientale.

Con l’andare del tempo presso la Chiesa Cattolica Occidentale è prevalsa invece la tradizione di ordinare preti e quindi vescovi solo uomini celibi; le motivazioni sono diverse e valide, senza che questo escluda l’orientamento mantenuto dai fratelli orientali o la possibilità che anche presso la Chiesa Cattolica si apra alla possibilità di arrivare alla ordinazione sacerdotale di uomini sposati; il problema, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, è stato più di una volta sollevato anche da diversi teologi e Vescovi, senza però arrivare finora a decisioni veramente condivise.

Tutto questo non vuole in nessun modo mettere in discussione il valore del celibato del prete, come segno di una dedizione totale alla causa del Regno (come ci propone Gesù nel Vangelo), nel servizio esclusivo alla comunità, nell’impegno di tutta la propria vita offerta nel Signore al servizio dei fratelli.

Il parroco don Mario

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L'Angolodella Poesia

Per elevare "lo Spirito"

a cura di Maria Luisa Salvi

Agosto, un mese ancora caldo,, ma anche dispettoso, in un periodo che con settembre ci introduce in un clima più sobrio e più impegnativo. Genitori e scolari che da tempo, in previsione del nuovo anno scolastico e con l’autunno alle porte “voltano pagina”, godendo tuttavia delle caratteristiche stagionali della natura. Proprio per richiamare l’attenzione dei nostri lettori sulle bellezze di ciò che ci sta accanto, proponiamo in questo “Angolo della Poesia” tre poesie scritte dal nostro Joseph de Lemine ( Giuseppe Rota) che ci ha lasciato l’otto di agosto di 29 anni fa: “ ALLE GHIAIE” - 26 giugno 1983 - “ BREMBO” - 18 aprile 1985 - “VECCHIO MULINO” - 15 agosto 1984 - perpetuando in tal modo il suo ricordo.

ALLE GHIAIE*

Il fiume allegrocontinua a risciacquarla sponda,mentre un coro di donzellecol suon dell’ondaallietal’affaccendar domestico.

Un cuor d’innamoratasussulta a riva;non le passa il tempoper vedere a serala persona amata.

Gioco di fiori variopinti,a miriadis’aprono come man i petaliper emanar profumi.

La man sua di faccendali accarezzae coglie un fioreper donar con essoamore.

*Ghiaie: Contrada di Villa d ‘Almè

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L'Angolo della PoesiaPer elevare "lo Spirito"

BREMBO…..Mi affaccio alla tua spondadolce fiume col levar del soleche in te argenteo si specchia.

Trepida correntecome vieniciclamizzata a monteprofumi questo fiume

con l’eco cristallinodella sorgente.A te io giungo e mi immergoascoltando nel tuo scorrereil cuore tuo di fiume.

Siamo tutti a conoscenza del fatto che Joseph è stato anche un sumerografo cioè un “incisore” su creta di numerose tavole che egli scolpì a ricordo dei suoi incontri con personaggi sia laici che consacrati che misero la loro firma sulle sue

“opere”: Papa Giovanni Paolo II, a Bergamo nel 1981, l’On. Sandro Pertini, Presidente della Repubblica, al Quirinale, l’on. Filippo Maria Pandolfi (in occasione di una sua visita qui ad Almenno), Madre Teresa di Calcutta a Sotto il Monte, il maestro Gianandrea Gavazzeni al teatro La Fenice a Venezia, l’Arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini a Sotto il Monte nel centenario della nascita di papa Giovanni XXIII, oltre a quelle di Gimondi e del compaesano Ennio Vanotti, corridore professionista; altre ancora si possono trovare in “CANTICI” – Momenti di poesia – che ci sollecitano a rivivere con lui quei specifici momenti.

Diverse sono le persone di Almenno che l’hanno conosciuto ed incoraggiato a coltivare i suoi” hobbies” e si chiedono quando si potranno ammirare tutte le sue opere! Ebbe sempre un impegno anche nel lavoro a cominciare dalla giovane età nel mestiere di falegname; negli ultimi tempi era operaio alla Zanussi, ma ciò non gli impedì di approfondire sempre meglio ciò che amava di più.Non è che per commemorare la sua memoria si potrebbe organizzare una mostra delle sue crete il prossimo anno nel 30mo della sua dipartita?Avremmo l’opportunità di comprendere ancor meglio il suo cammino “determinato” malgrado alcune incomprensioni in ambiti a lui vicini e per i quali “aveva un amaro rimprovero”…: Ciò non gli impedì di essere un appassionato anche della bicicletta, della musica e…della poesia!

VECCHIO MULINO

Vetustonon ti ha scalfitoil tempo.

Come un Padreinstancabilecontinui a macinar.

Quando l’uomo ti pensavuol sudar di gioiae ti bacia col lavoro.

Zogno, 15 Agosto 1984 – Festa dell’Assunta.

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GITA Al MERCATINI DI NATALE DI MERANO, LAGO DI BRAIES E ARCO DI TRENTO

SABATO 2 E DOMENICA 3 DICEMBRE 2017

SABATO 2 dicembre 2017:Partenza da Almenno, Migross ore 6 e Gabbione Almenno Alto ore 6,10. Sosta per la colazione a Rovereto e arrivo a Merano ore 10 circa. Visita al bellissimo Mercatino di Natale di Merano.Le 80 casette addobbate del Mercatino di Natale di Merano si trovano ai due lati della passeggiata lungo il fiume Passirio. Altre casette in Piazza Terme e in Piazza della Rena. I visitatori si ritrovano immersi in un'atmosfera da favola natalizia, con la scenografia romantica del Kurhaus e delle Terme. Il centro storico di Merano viene decorato a festa. Immergetevi nell'allegra e festosa atmosfera del Natale di Merano.Ore 12,00 pranzo. Ore 14.00 partenza per il fiabesco Lago di Braies e visita al suo stupendo Mercatino di Natale. Il pittoresco Lago di Braies in Alta Pusteria mostra la sua bellezza in ogni stagione ma in inverno, coperto dalla neve, l'atmosfera diventa ancora più magica e natalizia e diventa quindi il luogo perfetto per vivere l 'Avvento del Natale in Montagna. Cena e pernottamento in hotel.

DOMENICA 3 dicembre 2017:Dopo colazione partenza per Arco di Trento. Arrivo ad Arco per le ore 12/12.30. Pranzo. Dopo pranzo visita al pittoresco Mercatino di Natale e al suo interessante centro storico.Sono infinite le possibilità e le idee che troverete nelle varie casette del Mercatino di Natale di Arco. In ognuna di esse la magia del Natale, la passione di un artigiano, l'amore di un agricoltore, il sogno di un artista. Passeggiando scoprirete mondi diversi, colorati, profumati: unici.Il Mercatino di Natale di Arco è un susseguirsi di iniziative che racchiudono lo spirito del Natale.La gioia del Natale, giorno dopo giorno, espressa in frammenti di magica letizia in una delle località più belle di tutto il Trentino. Una meta famosa fin dai tempi degli Asburgo che proprio in Arco avevano la loro personale residenza per le vacanze.Ore 16.30 partenza per Almenno.

Quota individuale di partecipazione è di € 190,00 - Supplemento camera singola: € 20,00

La quota comprende: Viaggio A/R con pullman Gran Turismo,cena, colazione, pernottamento e 2 pranzi completi di antipasto, bis di primi, secondo con contorno, acqua, vino, dolce e caffè e tassa di soggiorno. Munirsi di carta d'identità NON SCADUTA e tessera sanitaria. Per iscrizioni chiamare Cell. 3333479644

Acconto € 100,00 alla prenotazione - Saldo entro e non oltre la fine di Novembre.

I posti sul pullman vengono assegnati in priorità di iscrizione e con acconto versato.La cifra è stata calcolata su 30/35 partecipanti. In caso contrario potrà essere aumentata.

Emilio

Gita

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Caro Giambattista, quando in segreteria ho trovato la lettera con le tue dimissioni, seppur da tempo preannunciate, sinceramente sono rimasto un po' scosso; non volevo ancora crederci sperando sino all'ultimo in un tuo ripensamento...che purtroppo non c'è stato !!Abbiamo cominciato insieme tredici anni fa; io come Presidente della Polisportiva (..grazie per avermi spronato ed incoraggiato !!) e tu come Presidente della Lemine Calcio. Sono stati tredici anni di grandi emozioni dove abbiamo assistito a grandi processi di crescita della nostra Sezione calcistica. Gestire quasi duecento ragazzi suddivisi in diverse squadre, dalla Scuola Calcio fino alla prima squadra in "Promozione", non è una cosa semplice. La Lemine Calcio è riuscita in questi anni a raggiungere traguardi importanti grazie ad una perfetta organizzazione creata da tutti i suoi dirigenti, allenatori, volontari e sicuramente anche dai genitori dei ragazzi.Tutto questo splendido cammino è stato sicuramente facilitato grazie alla tua grande disponibilità e soprattutto alla tua signorilità nei rapporti con tutti. Questi sono segni indelebili lasciati da un uomo che, oltre che grande imprenditore, si è dimostrato anche grande benefattore per lo sport almennese.

Grazie Giambattista per l'affetto e l'amicizia che mi hai dimostrato in questi tredici anni di presenza nella Polisportiva Comunale Almennese, dove non mi hai mai fatto mancare il tuo appoggio, soprattutto quando bisognava assumere delle decisioni importanti. Non dimenticherò mai il tuo modo gentile e rispettoso di intervenire nelle discussioni assembleari, dove cercavi sempre di trasmettere calma e serenità anche quando le acque erano un po' agitate.Mi risuonano più che mai alla mente le tue immancabili parole del tipo: "Dai so ..ansè mia che a taca' bega!! Sirchem dè ndà decorde e sircà dè fa del be per i nost scecc!!"Che tu fossi un vero "Signore" lo si era capito da subito; sei venuto da Valbrembo portando tanta passione, tanto entusiasmo ma soprattutto tanta ma tanta

"generosità"!!!

Con l'augurio che la nuova dirigenza possa continuare felicemente nel solco da te tracciato a beneficio di tutto il calcio almennese, a nome del Direttivo e di tutte le Sezioni della Polisportiva Comunale Almennese ti ringrazio ancora di cuore per tutto il bene che hai fatto allo sport Almennese.La tua encomiabile signorilità è stata esempio di vita per tutti noi sportivi !!Un caloroso abbraccio.

Luigi Pellegrini - Presidente PCA asd

Un graziesincero

Dalla Polisportiva Comunale Almennese

Sport

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Entriamo nella magia di una serata meravigliosa, dalle emo-zioni indimenticabili perché il calcio sa offrire anche momenti di grande intensità legati agli ideali e alla passione di tante persone.

Forse mai come in questo momento abbiamo sentito la vicinanza di tanta gente, la tribuna del Fratelli Pedretti sold out è la più limpida delle testimonianze.

Ci sarà certamente di aiuto la Santissima Benedizione impartita dal graditissimo ospite S.E. Mons. Gaetano Bonicelli, entusiasta nel rinverdire di fronte ai nostri piccoli i suoi trascorsi ad Almenno San Salvatore.

Così come ci sentiamo onorati dalla presenza di tanti ex campioni dello sport Bergamasco ancora carichi e motivatissimi, alla pari dei rappresentanti delle Istituzioni capitanati dal Sindaco Brioschi e dal Presidente della Polisportiva Pellegrini.La serata magistralmente condotta da Giuseppe Locatelli, splendidamente diretto alla console dall’eclettico Beppe Rota tra un gioco di luci e musica accattivante, ha visto sfilare i nostri campioni, dai

"La nottedelle stelle"

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cuccioli della scuola calcio ai giovanotti delle Vecchie Glorie e le preziosissime collaboratrici.

I nostri valori, la nostra storia, i nostri uomini e donne: due Presidenti Massimo Rota, Piero Pellegrinelli e due ex Presidenti: Piero Tironi, una vita dedicata agli altri e Giambattista Innocenti, la grandezza infinita di un uomo.

Nel segno di queste persone prende il via la nuova stagione calcistica, la caccia ai sogni è aperta.

"La notte delle stelle"Sport

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Comunità Aperta 44

Eccoci all’inizio di un nuovo anno calcistico che ci vedrà protagonisti e che speriamo ci possa dare le enormi soddisfazioni dello scorso campionato.

Per chi ancora non avesse mai sentito parlare delle nostre gesta, abbiamo il piacere di ricordare la nostra storia: la società è nata circa vent’anni da un gruppo di giovani legati all’Oratorio, con l’intento di coinvolgere i giovani del paese con la passione per il calcio, inteso come sport basato sui fondamentali valori di amicizia, di condivisione e di lealtà.

Da anni abbiamo indirizzato le nostre abilità sul calcio a 7, particolarmente apprezzato in tutti i paesi della zona, e, ad oggi, la nostra realtà è composta da più di 30 tesserati, in gran parte residenti ad Almenno o comunque nei paesi limitrofi.

Con due squadre iscritte al campionato CSI di Bergamo, garantiamo a quanti più ragazzi possibile di partecipare al nostro progetto anche in funzione delle esigenze lavorative.

La squadra “Oratorio Almenno San Salvatore” disputa le sue partite casalinghe il sabato pomeriggio e nella scorsa stagione ha vinto il proprio girone ottenendo così una fantastica promozione nel gruppo B nella categoria dilettanti.

La squadra “Oratorio Almenno” partecipa al campionato infrasettimanale, giocando le partite casalinghe il lunedì sera; elemento di nota è la sponsorizzazione garantita negli anni dall’associazione “AVIS” a cui dobbiamo un particolare ringraziamento per il sostegno.

Essendo legati alla Parrocchia da una collaborazione reciproca, oltre all'impegno che mettiamo sul campo ci dedichiamo

Calcio a 7Stagione 2O17-2O18

Oratorio Almenno San Salvatore

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anche ad attività organizzate dall'Oratorio, attivandoci per garantire quando possibile disponibilità e aiuto concreto.

Concludiamo ringraziando tutti i parroci e curati che si sono succeduti nel corso di questi anni; tutti gli sponsor che ci hanno sempre permesso di far fronte alle spese; tutte le persone che ci hanno aiutato e continuano a farlo.

Uno speciale ringraziamento va al gruppo dei nostri tifosi che con costanza ci supporta dagli spalti di tutta la provincia.

Vi aspettiamo per tifarci e sostenerci. E perché no, “fare due tiri al pallone”.

La società ORATORIO ALMENNO SAN SALVATORE

Calcio a 7 Stagione 2O17-2O18Sport

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Il Gran Trail Orobie è una gara con uno sviluppo di 70 km con 4200 metri di dislivello positivo con Partenza da Carona in Val Brembana e arrivo a Bergamo Città Alta, questo è il mio racconto della passata edizione.

Era il 1 agosto 2015 quando il Gran Trail Orobie iniziò a far parte di me. In quella pazza sera d’estate fredda e piovosa andai in Città Alta ad assistere all’arrivo dei miei amici che avevano preso parte a quella gara da me ritenuta assurda per distanza, dislivello e condizioni. Ma quando li vidi lì, al traguardo in Piazza Vecchia, stanchi e infangati fino al collo ma con la gioia negli occhi di chi sa di aver compiuto qualcosa di eccezionale, dentro di me è successo qualcosa. Mi sono detto: l’anno prossimo, su quel

tappeto rosso, voglio esserci anche io! Io, che nuoto da una vita, che ho sempre odiato correre,

che la milza andava a fiamme nei test di Cooper delle scuole superiori come posso pensare di percorrere 70 km, in montagna per giunta?! Ma il desiderio è troppo forte e al primo trail in programma sulla Presolana decido di iscrivermi e inizio gli allenamenti.

Inizio a correre.Scopro così che la corsa è da sempre parte di me, un istinto

ancestrale represso dalla vita frenetica di tutti i giorni e allungo le distanze imparando a cercare il mio ritmo: il ritmo che ti fa stare bene, che ti porta dove vuoi.

La prima gara mi insegna che c’è un pensiero che ti guida fino alla fine, che ti permette di superare le crisi e ti fa scoppiare di gioia all’arrivo: sono gli amici che ti aspettano al traguardo, che ti aspettano sotto la pioggia con i fischietti, le loro urla e i loro sorrisi.

Passano i giorni, poi i mesi e le stagioni; il 30 luglio si fa sempre più vicino. Nel cassetto i pettorali delle corse si accumulano, distanze sempre più lunghe, dislivelli sempre più impegnativi..mezze maratone..Pico Trail… Maremontana….Trail del Viandante.

Poi finalmente il grande giorno, la notte non riesco a dormire: segno tutte le ore, la fascia verde è lì sulla scrivania insieme allo zaino e al pettorale; con ansia aspettano di essere indossati. Alla partenza sono con i miei amici, miei compagni di allenamento e di mille avventure, anche loro con il pettorale azzurro fissato sullo zaino. È arrivato il momento per il quale mi sono preparato tanto; poi lo sparo: si parte e non si torna

Un sogno chiamato Gran Trail Orobie

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più indietro. Da subito mi accorgo della difficoltà più grande: fa caldo, fa

tanto caldo. Io che ho corso 15 gare sotto l’acqua soffro, ma non mi importa, sto vivendo il mio sogno. Al passo dei Gemelli, è un tripudio di colori e di urla: una folla è lì ad incitare i trailer, mi sento un corridore del Giro d’Italia. Alla mente mi torna la citazione di un film sul ciclismo: “la gente ama quelli forti in salita perché sanno soffrire”. Tra mille urla ne riconosco di familiari, sono loro: i miei amici con i fischietti, con la macchina fotografica e la loro pazzia. Un abbraccio, una pacca sulla spalla, un selfie e poi un saluto urlato di spalle: “Ci vediamo in Città Alta!”

Sono di nuovo solo, solo contro tutti, solo contro le Orobie, solo contro il gran caldo, solo contro me stesso. Ma in ogni cocuzzolo, ad ogni ristoro ci sono persone che leggendo il mio nome sul pettorale a gran voce mi incitano, tra loro compagni di università, i professori, i colleghi e tanti altri amici. Sto vivendo la mia avventura, il mio viaggio attraverso le mie montagne; un viaggio attraverso me stesso.

Arrivo a Zambla, accecato dal sudore riconosco a fatica i miei genitori, li abbraccio. Il papà mi massaggia le gambe, la mamma mi porta del brodo caldo, sono stanco e nemmeno a metà percorso, ma devo rimettermi in cammino altrimenti non mi rialzo più. Non voglio farli preoccupare e quindi riparto correndo. I kilometri però non passano più: sono proprio esausto e disidratato, continuo a buttarmi per terra per cercare un po’ di riposo; non ce la faccio proprio più e il tappeto rosso di Città Alta comincia a svanire

come un sogno al suono della sveglia. Sono lì accovacciato per terra in piena crisi con i

miei pensieri tristi, poi mi ricordo di quell’immagine che mai mi abbandona: in Città Alta mi aspettano gli amici, non li posso deludere; saranno là ad aspettarmi. E riparto. Finalmente il Monte Poieto, ho freddo: sono i segni della stanchezza, tremo come febbricitante e a fatica riesco a chiedere un caffè ai volontari del ristoro. Svuoto a terra la sacca con i sali, il mio stomaco si rifiuta di berne ancora, e la riempio d’acqua. Estraggo dallo zainetto il guscio antipioggia e mi sdraio sul prato, è una serata bellissima, da lontano si vedono già le luci di Selvino. Sento tornare le energie, adesso ho voglia di correre; ho bisogno di correre! Sento il cuore battere forte, il sangue scorrere nelle vene e l’aria riempirmi i

polmoni. Adesso vado forte e continuo a passare corridori increduli

che mi avevano superato una ventina di kilometri prima, quando ero esausto. Ho ritrovato il mio ritmo, i kilometri tornano a scorrere come durante gli allenamenti, l’adrenalina ha preso il posto dell’acido lattico. Continuo a correre e a correre, sono a San Vigilio. Ormai manca poco, sono le tre e mezza del mattino, mi sembra di essere partito un paio di giorni fa, invece sono quasi 18 ore che non mi fermo. I miei amici mi telefonano, si scusano ma sono troppo stanchi per continuare ad aspettarmi. Tra loro ci sono due finisher della GTO, chi ha fatto il volontario, chi il giorno dopo deve andare a

lavorare. Mi salutano in vivavoce, mi incitano un’ultima volta.

E quando le sorprese sembravano finite in un angolo al buio scorgo una figura seduta su un casco, immagino si tratti di un volontario, lo illumino con la torcia frontale: è proprio lui, il mio collega che mi urla: ”Ponti! Ma dove eri finito?!?” Sono quattro ore che mi aspetta nel buio, con la batteria del cellulare scarica e il live tracking che mi dà come fermo al passo di Zambla.

Corriamo insieme gli ultimi kilometri; mi sembra di volare.

Le ultime serie di curve, un gruppetto di ragazzi seduti su una scalinata mi applaudono, e poi come nel mio sogno: il tappeto rosso, le luci, un salto, un grido…… FINISHER!

Federico PontiAtletica Marathon Almenno San

Salvatore

Un sogno chiamato Gran Trail OrobieSport

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Mi fanno ritornare in mente...a cura di R.G.B.Illustrazioni di Michela Bonfanti

"Ricordi"

Soprattutto a settembre visito la tomba di don Angelo Rota detto "Gratamür", nato nel 1915 e morto nel 1982. Trentacinque anni fa.

Non vorrei sbagliarmi, ma mi pare che la sua memoria sia tenuta viva più altrove che ad Almenno, anche se il prof. Paolo Manzoni non perde occasione per ricordarne l'attività e si consideri giustamente il suo erede spirituale.

Perché era detto "Gratamür" il don Angelo Rota?

A dirla con parole sempliciotte, i nostri avi avevano l'abitudine di coprire con dell'intonaco i mosaici

antichi che ritenevano senz'arte, mentre erano dei capolavori della civiltà antica e li coprivano con nuovi mosaici che ritenevano più moderni.

Don Angelo intuì questo: tolse l'intonaco e sotto presero vita dei mosaici antichi anche se erano tutti picchiettati perché il nuovo intonaco facesse presa.

Don Angelo Rota non fu solamente un grandissimo esperto di arte sacra, ma anche un grande formatore di vocazioni femminili e uno che capì l'importanza del riciclo.

Basti leggere il libro a lui dedicato: "Il prete della carrettella" che si trova in ogni biblioteca.

Io ho un ricordo particolare di questo prete che molti, anche allora, consideravano santo. E come tutti i santi era, ai miei occhi di fanciullo, un po' strano.

Era il settembre del '64. Dopo la messa delle 8,00 in parrocchia, il parroco don Galizzi mi prende e mi dice: "Tu che abiti alla Madonna, passa dalla chiesa di San Giorgio e dì al "don Gràta" che domattina deve dire messa delle 7,00 ai Cappuccini ".

Don Angelo Rota in quei mesi stava restaurando la chiesa di San Giorgio.

Il parroco, sotto la scorza seria, era uno spirito ironico, lo chiamava "don Grata", per non confonderlo con l'altro don Angelo, quello del Santuario.

Difatti corro nella chiesa di San Giorgio che a quei tempi era immerso nei campi ed entro in chiesa. Vedo don Angelo che, in cima a una scala, con un pennello sta "imboiacando" le navate interne della chiesa. L'“imboiacatura” è un'operazione edile che consiste nello spruzzare uno strato di cemento diluito in acqua

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Mi fanno ritornare in mente"Ricordi"

sui muri allo scopo (credo) di renderlo impermeabile e di conferirgli un aspetto antico. La talare che veste non è nera, ma del colore del cemento.

Dico: “Ha detto il signor Parroco così e così “. Don Angelo non fa una piega. Forse non mi ha sentito. Ripeto: “Ha detto il signor Parroco così e così “. Ancora nessuna risposta.

Che cosa faccio? Vado o aspetto? Erano i tempi che ero abituato ad obbedir tacendo: aspetto ancora un momento.

Dopo un po' sento che dice: "Prendi questo secchio e passami quello pieno ". Lo faccio. Quando ormai ho deciso di andarmene, quasi intuendo il mio pensiero, mi fa: "Hai visto quello che sto facendo? Fa' lo stesso con la seconda arcata! ".

Siccome sono figlio di muratore non me lo faccio dire due volte ed eseguo: raddrizzo una seconda scala, mi armo di pennello e di un secchio di "boiàca" e inizio a spruzzare sulla seconda arcata.

E così fino a mezzogiorno. Suona la sirena della fabbrica del Linificio, penso che la mia collaborazione sia finita, invece don Angelo mi fa: "Alle due, qui!".

A casa, a pranzo, racconto della mia avventura anche per spiegare come mai sia tutto sporco di cemento e mio papà dice: "Bravo, bravo, aiutalo che è un bravo prete e poi impara l'arte e mettila da parte". Infatti tornò alle due e continuò a lavorare fino alle sei.

Ma la cosa che mi sembra strana è che il don Angelo non mi parla mai. Nella chiesetta si sente solo lo sciabordìo dei nostri pennelli contro le pareti. Don Angelo rompe il silenzio solo la sera quando mi dice: "Domani alle 8,00". E così comincio la mia collaborazione di aiutante "gratamiir" che dura fino al sabato, sempre nel silenzio più assoluto rotto solo dal don Angelo due giorni dopo quando, a un certo punto, mi chiede: "Di chi sei figlio? " Ne approfitto per sgranare tutta la mia genealogia. Non dice nulla.

Il nostro lavoro e l'irreale silenzio continuano fino al sabato. E io mi chiedo spesso a che cosa pensi quel prete se non parla. Il venerdì, spiandolo bene, mi accorgo che prega muovendo impercettibilmente le labbra e questo mi stupisce moltissimo perché insegna a me che non riesco

a vivere le mie giornate senza almeno la compagnia della radio o della televisione quanto sia importante il silenzio che ho sempre considerato al pari del vuoto assoluto.

Viene il sabato e penso che a mezzogiorno di collaborazione con il "don Gràta" sia finito. E così è. Lui non mi dice nulla, ma vedendo che sto per andarmene, mi richiama con un semplice: "Teh!". Mi consegna un sacchetto con dentro due biro bic, una matita e una scatola di formaggini Tigre.

"Alla tua età bisogna mangiare" mi dice. Poi si volta e continua nel suo lavoro.

Non mi era molto simpatico questo prete, così serio e taciturno, forse perché a quella mia età avevo bisogno di gente più allegra, ma in quella occasione che lo conobbi veramente, mi lasciò una grande impressione.

È proprio vero che le persone non si conoscono mai abbastanza!

Per questo gli ho dedicato questo piccolo omaggio.

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"Ricordi"

Untempo...a cura di Carlo Rota

Don Antonio Capitanio

Era il sabato pomeriggio del 12 luglio 1956 quando don Antonio arrivò ad Almenno. Nativo di Vilminore di Scalve era cugino di don Gaetano Bonicelli.

Dopo l'ordinazione sacerdotale nel '39, svolse il suo primo ministero ad Ardesio in Val Seriana. Ad Almenno andò ad abitare nella casa Ronzoni di via Vignola, dove rimase fino all'autunno dell'84, quando ci lasciò.

Nel libro: "La salüte è pò piö" di Guerino Brozzoni

-AEPER 2012, l'autore dedica un capitolo a don Francesco Brignoli (o1 pret di Ba) parroco taumaturgo (guaritore) a Bani d'Ardesio dal 1891 al 1934.

Si legge: "Don Antonio Capitanio, morto il 7 ottobre 1984 e che era stato parroco a Bani dal 1947 al 1956 raccontava ancora l'ultima volta che fu a Bani che, ancora chierico, la famiglia, trovatasi in grosse difficoltà finanziarie, era in forse se mantenere ancora in seminario il figliolo.

La mamma di Vilminore, a piedi attraverso il passo della Manina si portò a Bani a consultare don Brignoli; questi l'esortò a far continuare gli studi al giovane assicurandola dell'aiuto della provvidenza, che lui stesso anticipava con una buona offerta.

Congedandola però le disse che mentre Antonio avrebbe continuato e sarebbe stato sacerdote, lei doveva prepararsi perché il Signore la voleva con sé. Morì infatti dopo pochi mesi.

Quando don Antonio seppe della predizione (la mamma non aveva nulla al momento) non fu molto entusiasta del suo profetico antecessore, constatava però che la mamma aveva accettato serenamente e s'era santamente preparata alla morte.

Don Antonio era benvoluto da tutta la popolazione di Almenno perché lui voleva bene a tutti, dando l'esempio di un amore grande. La sua figura si collega con quella del sacerdote amante della preghiera, del sacrificio, della bontà

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Un tempo.. ."Ricordi"

e della dedizione verso tutti, soprattutto verso gli ammalati, i poveri, di una patema amicizia con tutti. Col suo sorriso sempre ti metteva a tuo agio, aveva sempre una parola di conforto, specialmente nei casi di sofferenze o di lutti.

Quando usciva da casa andava alla casa parrocchiale dove curava i registri delle anagrafi parrocchiali, annotava battesimi, comunioni, cresime, matrimoni, funerali ... e lo faceva con passione.

Spesso lo trovavi in chiesa, era sempre disponibile

al confessionale e mentre aspettava i penitenti, leggeva il breviario o recitava il rosario.

Tanti andavano a confessarsi da lui, ragazzi, uomini, donne, anziani, sapeva consigliare con grande umiltà e saggezza. Visitava spesso gli ammalati di Almenno o scendeva all'ospedale di Bergamo o in qualche clinica, d'estate e d'inverno e per tutti aveva una buona parola di conforto.

Portava frequentemente l'eucarestia agli anziani, girava il paese con la sua motoretta.

E stato animatore della buona stampa, raccoglieva gli abbonamenti delle varie riviste cattoliche. Aveva preparato delle incaricate che le distribuivano puntualmente casa per casa.

Seguiva la programmazione del cinema, scendendo a Bergamo di persona per scegliere i film più adatti a ogni età.

Seguiva e dirigeva la Schola Cantorum con grande passione e competenza.

Era un uomo semplice e ciò gli consentiva di essere contento di poco, si aggiornava di continuo, ha servito la Chiesa con bontà e amore.

Dobbiamo essergli grati.

Il famposo "Pret di Bà" (Bani di Ardesio) dove anche don Antonio fu Parroco prima di essere Curato di Almenno. - Sopra la Parrocchia di Bani

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Comunità Aperta 54

CaraMaestra

Svolgimento

d i r.g.b.

I Temi di Romano

Tema: HA GH'È OL BU È OL CATÌF DEPERTÖT" (terza puntata)

Lett. c'è il buono e il cattivo dappertutto. Era un invito a rifuggere dagli estremismi. disegni di

michela bonfanti

E continuo, cara maestra, con i proverbi bergamaschi appartenenti alla categoria MASSIME, cioè i brevi detti popolari che contenevano un insegnamento desunto dall'esperienza. Li alternerò con quelli da me definiti OTTIMISTI e PESSIMISTI.

Legenda: lett. = letteralmente

TRAD = proverbio nazionale tradotto in "almennese".

(BROZZONI) = Guerino Brozzoni - La salüte è pò piö e Sic sac dè sòc sèc - AEPER

I proverbi senza legenda, tradotti in dialetto "almennese", sono tratti da Antonio TlRABOSCHI - Edizione integrale degli studi paremiologici (che studiano i proverbi). Edizione del 2000.

Le spiegazioni in corsivo sono mie.

1) A andà a tösela co i piö forcc, as va a ca col co rot = lett. a prendersela con i più forti, si va a casa con la testa rotta. Era un invito a essere prudenti.

2) A Bèrghèm, sé as völ fa pulìto, sö i ròbe chè conta mè fa sìto = lett. a Bergamo, se si vuole vivere senza problemi, sulle cose che contano bisogna fare silenzio. Era un invito a occuparsi esclusivamente dei propri affari.

3) A casàs pèr i laùr di oter al ve la gòba = lett. a dannarsi per i problemi degli altri viene la gobba. Era un invito a non essere troppo solidali.

4) Áche, fonne è rànze, Signùr tè racomànde! = lett. mucche, donne e falci fienarie, Signore ti raccomando! Evidentemente mucche donne e falci erano considerate un grave pericolo per il maschio.

5) A chi la toca, a l'è sò = lett. a chi tocca, è sua. Chi era sfortunato non doveva lamentarsi.

6) A cór dre a i fastóde di ótèr al vé la gòba = lett. a prendersi cura delle rogne degli altri, viene la gobba. Le disgrazie degli altri non te li levavi più di dosso.

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Cara MaestraI Temi di Romano

7) A cór pèr i intèrès di ótèr, a tè rèstèt có i pèse söl cül = lett. a correre per gli interessi altrui, rimani con le pezze al sedere. Era un invito a farsi sempre i propri interessi.

8) A crapà as fa fò töcc i fastöde = lett. morendo si eliminano tutte le preoccupazioni. La morte poneva la parola fine a tutte le tribulazioni degli uomini.

9) A da di parér a l'è bèlfà = lett. è facile dare dei consigli. Erano tutti generosi a parole, ma non coi fatti.

10) Adóma col vülì, mài la borsa a tè pödrét impienì = lett. soltanto col bramare giammai la borsa potrai colmare. Per ottenere qualcosa non era sufficiente la buona volontà. TRAD

11) Adóma i àzegn a i sè pèla mia = lett. solamente gli asini non perdono il pelo. Chi non voleva assumersi delle responsabilità viveva più a lungo di chi, invece, lo faceva. SOLO NOSTRO.

12) Adóma la bolèta a la ga mia pùra dè l'invìdia = lett. solo la miseria non teme l'invidia. Era nella natura umana essere invidiosi di chi si era arricchito. TRAD

13) A ègn vècc al càla i fórse è al crès i difècc = lett. a diventare vecchi calano le forze e crescono i difetti. Era una considerazione amara della vecchiaia.

14) A ègn vècc as pèrt l'óra è pò al pècc = lett. a diventare vecchi si perde la flatulenza e anche il petto. Invecchiando l'intestino diventava pigro e si respirava con affanno.

15) A gh'è mia ròza sènsa spi = lett. non c'è rosa senza spine. Era un invito a non essere troppo ottimisti.

16) A gh'è mìa s-ciöma dè saù pèr laà l'ànima dè chi al riconòs mìa i bèi laùr chè al ga üt = lett. non esiste saponata per lavar l'anima ingrata. L'ingratitudine era considerata una grande scorrettezza. TRAD

17)A gh'è mìa tizàna chè a la cure i macc = lett. non c'è tisana che curi i folli. Contro le persone di dura cervice bisognava usare le maniere forti. TRAD

18) A gh'è nigü sènsa difècc = lett. non c'era nessuno senza difetti. Nessuno doveva considerarsi perfetto.

19) A gh'è ol sò diàol depertöt = lett. c'è il diavolo dappertutto. Non si poteva essere sicuri di nulla.

20) Ad andà co i sòp, as sé impàra a sopegà = lett. chi va con lo zoppo impara a zoppicare. Si sottolineava l'importanza delle persone adulte che dovevano educare le nuove generazioni con il buon esempio.

21) A ès tròp bu as diènta cujù = lett. a essere troppo buoni si diventa minchioni. Era un invito ad aprire gli occhi. SOLO NOSTRO. Gli altri hanno: "A ès tròp bu, as diènta azègn".

E con questo, cara maestra, ho finito, la terza puntata di questo tema.

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Settembre 2017 57

ROTA MICHELE e DONIZETTI ELENA MARIAil 15 luglio 2017

nella Chiesa di S. Giorgio martire in Almenno San Salvatore

Anagrafe parrocchiale

Uniti in cristo

Luglio - Agosto 2017

CORDONI FRANCESCO e MISSAGGIA MARTAil 29 luglio 2017

nella Parrocchia di S. Giovanni Battistaa Lugo di Vicenza

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Comunità Aperta 58

GOTTI MARCO e PELLEGRINELLI RITAil 25 agosto 2017

nella Chiesa di San Giorgio martirein Almenno San Salvatore

BREMBILLA DAVIDE e PIRAINO ALESSANDRAil 25 agosto 2017

nella Parrocchia del SS. Salvatorein Almenno San Salvatore

PESSINA ALESSANDRO e ROTA ELEONORAil 8 settembre 2017

nella Chiesa di S. Maria della Consolazionein Almenno San Salvatore

Anagrafe parrocchiale

DEL CARRO SIMONE e ROTA LUCILLA il 29 luglio 2017

nella Chiesa di San Giorgio martirein Almenno San Salvatore

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Settembre 2017 59

MASCHERPA STEFANO e LOCATELLI SERENAil 2 settembre 2017

nella Chiesa di S. Maria della Consolazionein Almenno San Salvatore

PARRA MUNOZ GARY e SOTO SOAVEDRA VIVIANil 9 settembre 2017

nella Parrocchia di Almenno San Salvatore

Anagrafe parrocchiale

MASONI DAVIDE e SERENA MALVESTITIil 27 maggio 2017

nel Santuario Madonna di Pradain Mapello

GRIGIS MARCO e LECCHI SARAil 9 giugno 2017

nella Parrocchia S. Andrea apostoloin Strozza

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Comunità Aperta 60

Luglio - Agosto 2017

rinati nell'acqua del Battesimo

Anagrafe parrocchiale

DOMINONI LUCAnato il 3 febbraio 2017

di Flavio e Cortinovis Veronica

VITALI FRANCO ANGELOnato il 30 ottobre 2016di Stefano e Capelli Ida

IL 30 LugLIo 2017

VILLA LUCIAnata il 10 maggio 2017di Ivan e Cornali Clara

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Settembre 2017 61

Luglio - Agosto 2017

morti in Cristoin attesa della Risurrezione

Anagrafe parrocchiale

RITA VANOTTIanni 87

morta il 15 luglio 2017

GUIDO RAVALLIanni 58

morto il 15 luglio 2017

GIACOMO MORLOTTIanni 86

morto il 28 luglio 2017

EMILIA LOCATELLIanni 88

morta il 3 agosto 2017

ROBERTO MAINOanni 76

morto il 26 luglio 2017

ROSA LAZZARIanni 83

morta l'8 agosto 2017

ANTONIETTA BOFFETTIanni 82

morta il 24 agosto 2017

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Comunità Aperta 62

sempre nel ricordo e nel nostro cuore

Agosto - Settembre 2017

Gianluigi Rota

2009

Irma Capelli

2012

Caterina Capelli

2015

Gianfranco Bonfanti

1994

Antonio Erba

2008 1983

Laura Bonfanti e Luigi Panza

2014

Agostino Rota

2016

Aldo Messi

2011

Giovanni Rota

2013 1993

Elisabetta Gregis e Alessio Rota

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Settembre 2017 63

2003

Simone Pirola

Sempre nel ricordo e nel nostro cuore

2016

Gianfranco Pirola

2016 1987

Pierina Offredi e Duilio Baldi

1997

Roberto Capelli

2000

Mario Salvi

1995

Tina Salvi

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Comunità Aperta 64

Parrocchia San Salvatore Diocesi di Bergamo via XXV Aprile 5 - 24031 Almenno San Salvatore - Tel. 035 640227Sito Web: almennosansalvatore.parrocchiesulweb.it - e-mail: [email protected]

Sacerdotidon Mario Rosa 035/64.02.27e-mail [email protected]

don Angelo Bernini 035/64.00.83don Giorgio Albani 035/64.18.05don Antonio Manzoni 035/64.15.38don Lorenzo Testa - oratorio - 035/64.03.78 " " " - cellulare - 3392523771

Segreteria OratorioLa Segreteria è aperta nei giorni:Lunedì - Mercoledì - Venerdì dalle ore 15,00 alle ore 17,00Telefono Segreteria 035/640378Cellulare 348/7929673oppure 035/640366

Istituti religiosi Suore Sacra Famiglia 035/64.03.47

Enti pubbliciMunicipio 035/63.202.11(Il Sindaco Gianluigi Brioschi riceve il Martedì dalle ore 9,00 alle ore 12,00 eil Giovedì su appuntamento)ATS Distretto di Ponte San Pietro 035/60.31.11ATS Distretto di Villa d’Almè. 035/63.46.11Pretura di Almenno S. S. 035/64.02.74Poste e Telegrafi 035/64.00.39Biblioteca Comunale 035/64.42.10

Fondazione Giovanni Carlo Rota Onlus 035/63.200.11

Istituti di CreditoUBI Banca Popolare di Bergamo 035/64.30.22Intesa San Paolo 035/64.14.16Banco Popolare Credito Bergamasco 035/64.42.30

ScuoleIstituto Comprensivo 035/64.41.55Scuola Media Statale “Giovanni XXIII” 035/64.00.92Scuole Elementari Statali 035/64.00.03Scuola Materna “San Salvatore” 035/64.14.00e-mail [email protected]

EmergenzeNuMERO uNICO dI EMERGENzA 112Carabinieri di Almenno S. S. 035/64.00.64Croce Azzurra 035/64.18.37Croce Rossa - Villa d’Almè 035/54.25.25Servizio di continuità Assistenziale (ex Guardia Medica) 0353535

Medici di baseDr. Leonello Mazzoleni Dr. Giambattista Cordoni Dr. Claudio Amato Dr. Gianmauro Salvi Dr.ssa Lisa Maestroni

rivolgersi al numero telefonico o cellulare sottoindicati

Informazioni Utili

Agenda della Comunità

Centro prenotazione uniCo Visite mediChe mediCina GeneraleLe modalità di accesso agli ambulatori dei medici (solo su appuntamento) sono le seguenti:

Per fissare gli appuntamenti telefonare dalle ore 9,00 alle ore 12,00 e dalle ore 15,00 alle ore 18,00 al numero:035 511386 oppure 333 3590620

Un’Infermiera Professionale sarà presente negli ambulatori secondo i seguenti orari: dalle ore 8,00 alle ore 9,00 studio Dr. Mazzoleni dalle ore 9,00 alle ore 10,00 studio Dr. Salvi dalle ore 10,00 alle ore 11,00 studio Dr. Amato dalle ore 11,00 alle ore 12,00 studio Dr. CordoniLe richieste di visita domiciliare vanno fatte telefonando all’infermiera presso lo studio del medico secondo l’orario

di presenza dell’Infermiera stessa presso lo studio. Gli studi medici sono aperti nei seguenti orari:

Amato Mazzoleni Al.SS. Cordoni Salvi MaestroniLunedì 16.00/19.30 09.00/12.00 - 19.00/20.00 8,00/9,30-17,30/19,30 16.00/20.00 Martedì 9.00/11.30 14.30/18.30 8.30/11.00 10.00/12.30 12,30/13,30 Mercoledì 16,00/19.30 09.00/12.00 - 19.00/20.00 8.30/11.00 10.00/12.30 Giovedì 9.00/11.30 09.00/12.00 - 19.00/20.00 17.00/19.30 16,00/20.00 Venerdì 16.00/19.30 14.30/18.30 8.30/11.00 11.00/12.30

ambulatorio prelieVi ematoChimiCi presso la Fondazione rotaI prelievi si effettuano nei giorni di LUNEDì - MERCOLEDì - VENERDì dalle ore 7,30 alle ore 9,00

pressoPoliambulatorioFondazione G.C. Rota

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