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Con il Manifesto PFR e la Legge 375/44 IL LAVORO E’ BASE ... · a ricevitori posti al Circo...

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Reg. Trib. Arezzo 5/87 - 21 Aprile 1987 Direttore responsabile Arturo Conti ANNO XIX - N. 1 (56) GENNAIO - MARZO 2005 Sped. A.P. Legge 46/2004 art. 1, comma 1 e 2 - Filiale Bologna Con il Manifesto PFR e la Legge 375/44 IL LAVORO E’ BASE DELLA REPUBBLICA SOCIALE I l Decreto Legislativo del Duce 12 febbraio 1944 XXII n. 375 (Gazzetta Ufficiale d’Italia 30 giu- gno 1944 XXII n. 151) diviene esecutivo in forza del Decreto Legislativo del Duce 24 giugno 1944 XXII n. 382 – entrata in vigore del Decreto …concernente la socializzazione delle imprese - pubblicato dalla stessa Gazzetta n. 151/44. Le relative Norme integrative e di attuazione sono con- tenute nel Decreto Legislativo del Duce 12 ottobre 1944 XXII n. 861 (G.U. d’Italia 22 dicembre 1944 XXIII n. 298) e i primi Decreti di socializzazione delle grandi SpA hanno data 11 gennaio 1945 XXIII (Gaz- zetta n. 47/45) - I 18 PUNTI DI VERONA – 14 novembre 1943 - XXII - LA SOCIALIZZAZIONE DELLE IMPRESE (Legislazione dichiarata inefficace dai regi ciellenisti, nell’ottobre 1944) Vignetta a pag. 30 di LA MARCIA CONTINUA 28 ottobre XXIII
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Reg. Trib. Arezzo 5/87 - 21 Aprile 1987 Direttore responsabile Arturo Conti

ANNO XIX - N. 1 (56) GENNAIO - MARZO 2005

Sped. A.P. Legge 46/2004 art. 1, comma 1 e 2 - Filiale Bologna

Con il Manifesto PFR e la Legge 375/44

IL LAVORO E’ BASE DELLA REPUBBLICA SOCIALE

Il Decreto Legislativo del Duce 12 febbraio 1944XXII n. 375 (Gazzetta Ufficiale d’Italia 30 giu-gno 1944 XXII n. 151) diviene esecutivo in forza

del Decreto Legislativo del Duce 24 giugno 1944 XXIIn. 382 – entrata in vigore del Decreto …concernentela socializzazione delle imprese - pubblicato dalla stessaGazzetta n. 151/44.Le relative Norme integrative e di attuazione sono con-tenute nel Decreto Legislativo del Duce 12 ottobre1944 XXII n. 861 (G.U. d’Italia 22 dicembre 1944XXIII n. 298) e i primi Decreti di socializzazione dellegrandi SpA hanno data 11 gennaio 1945 XXIII (Gaz-zetta n. 47/45)

- I 18 PUNTI DI VERONA – 14 novembre 1943 - XXII

- LA SOCIALIZZAZIONE DELLE IMPRESE (Legislazione dichiarata inefficace dai regi ciellenisti, nell’ottobre 1944)

Vignettaa pag. 30 diLA MARCIACONTINUA28 ottobre XXIII

GENNAIO - MARZO 2005 — 2 —

LA SOCIALIZZAZIONE

1ITALIA NUOVA- l’articolo Economia di privilegio ed

Economia di massa è di Stanis Ruinas

- agli altri due titoli della pagina se-guono scritti di Davide Vittoria e delCorrispondente di guerra delle B.N.Luciano Cavazzoni (dalla Valsassina-Marzo 1945, dove ha trovato i ragazzidella Manganiello... “la novità nel pae-se era offerta da loro che avevano sapu-to comunicare la bellezza del caratteretonificando, con la gentilezza di espres-sione e il fiorito linguaggio, il rude ani-mo di questi valligiani”).

- in questo numero (il 14°) anche: Ri-sposta a Croce, a Togliatti e a Cionedi Mario Coppola e Quinta colonnadi Marco Ramperti; inoltre, in quar-ta pagina, “messaggi dalla Germa-nia e dalle terre invase”.

Su tutti i giornali della RSI, e con tratto molto aderente alle emergenze e alla necessità di promulgare innovazioni fascistesu quelli d’espressione provinciale (di norma gestiti dal PFR), oltre la difesa dell’italiano rimasto al frontecontro gli imperialisti invasori, furono prevalenti temi sociali ed economici. Dalla naja alla renitenza e alla occupazione di

massa femminile, dagli ammassi alimentari-forestali mai rispettati, alle penurie domestiche e delle comunicazioni, dal commer-cio al risparmio e alla scuola o al lavoro sotto i bombardamenti. Ad esempio, sul settimanale ITALIA NUOVA (1), sul quotidianodi tollerata opposizione politica L’ITALIA DEL POPOLO (2), sul settimanale BRIGATA NERA ALDO RESEGA (3) e sul trisettimanalenovarese ARDIMENTO (4). E non mancarono approfondimenti sulla “socializzazione”, tipo ripartizione degli utili, come avvennesu Il LAVORO BIELLESE (5) e tipo diritti del Soldato, come mise in evidenza AQUILE DEL CARNARO (6).

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BRIGATA NERA ALDO RESEGA- Una conquista rivoluzionaria è del

direttore Gian Luigi Gatti: ed è acompletamento di Partito e Sinda-cati: si riferisce all’intesa tra que-ste due forze e alla mobilitazione deiservizi della B.N. con viveri, tessi-li, scarpe nei confronti di 117 Com-missioni di fabbrica, in rappresen-tanza di 65 mila lavoratori.

L’ITALIA DEL POPOLO- Risparmio e iniziativa personale e

il problema sociale della scuola sonodel direttore Edmondo Cione. Lo Sta-tuto del Raggruppamento Naziona-le Repubblicano Socialista all’art. n.3 prevede: ... opera di responsabilecontrollo e di critica sugli atti di go-verno e di amministrazione.

ARDIMENTO- Anniversario miracoloso è di Ezio

Maria Gray. Anche questo foglio stra-ordinario per il 22° Annuale del Fa-scismo, che elenca 138 Cadutinovaresi “per l’Italia e per l’Idea”e ha un trafiletto sul Festoso ritor-no a Domodossola degli internati inSvizzera (46 fascisti ristretti dal CLNin Val Vigezzo e poi, nella fuga, tra-scinati a Locarno), è diretto da Gio-vanni Malanotte.

ACTA

SULLA STAMPA RSI— 3 —

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GENNAIO - MARZO 2005

DEMOCRAZIA— 4 —

Dalla Economia salariale alla Eco-nomia di partecipazione.

Approfondimenti, con domande e ri-sposte, sulla Legge della RSI di 61 annifa (12 febbraio 1944) che mise sullostesso piano capitale e lavoro, con re-sponsabilità comuni verso lo Stato econ riconoscimento al lavoratore di par-tecipare agli utili (dal supplemento diOSARE, 1968).

ACTA— 5 —

QUALITATIVA

All’economia salariale si sostituisce un’economia dipartecipazione.

GENNAIO - MARZO 2005

TELEVISIONE EIAR— 6 —

LA TV DI MUSSOLINI, di Die-go Verdemiglio, in 450 paginesvela le sperimentazioni della na-

scente Televisione del Ventennio fascista.L’intendimento della pubblicazione,come è scritto sul risvolto di coperti-na, “è di far conoscere al pubblico unfenomeno ancora largamente ignoto:l’esistenza di regolari trasmissioni te-levisive giornaliere in Italia poco pri-ma dello scoppio della 2ª G.M.. Moltipensano infatti che la televisione ita-liana sia nata con al RAI agli inizi de-gli anni cinquanta, ma in realtà gli esordisono negli esperimenti che l’EIAR ef-fettuò a Roma, Milano e Torino tra il1939 e il 1940, con tanto di artisti, pre-sentatori, interviste sportive in studio,trasmissioni in studio, sketch,commediole, canzoni, imitatori, balletti

e concerti. Le grandi aziendeelettrotecniche italiane e straniere in-tuirono l’importanza del mezzo tele-visivo e iniziarono immediatamente lafabbricazione di televisori e valvole de-stinati ad un piccolo pubblico di gerarchi,docenti, industriali e imprenditori cheinstallarono sui tetti delle tre grandi cittàitaliane le prime antenne per la rice-zione delle immagini: non fecero ec-cezione i Palazzi Vaticani e VillaTorlonia, dimora di Mussolini. La re-golare programmazione televisiva deltempo, testimoniata in gran parte sulRADIOCORRIERE riporta tutta unaserie di novità assolute per l’Italia diquell’epoca e soprendenti ancora oggi:la presenza ad esempio della prima verasignorina buonasera del video. LidiaPasqualini (doc. A)”.

C Milano 1939 - Padiglione SAFAR (ha sede anche a Roma)

D tre ricevitori TV 1939-1940 MARELLI Sesto S. Giovanni

B Torre Littoria e TV, 1939

Il primo dei quattro capitoli del libro contiene la cronistoria della TV italiana finoalla 2ª G.M. e conclude con questa notizia: il 12 aprile 1945 va in onda l’ultimovarietà radiofonico dell’EIAR “L’ora dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni– grande spettacolo vario” con Ugo Tognazzi, Fausto Tomei, Vanda Osiri.

Lidia Pasqualini,l’annunciatrice nudotelegenica

della TV Eiar di Roma(22 Luglio 1939)

XX Fiera Campionaria

ACTA

DURANTE LA GUERRA— 7 —

E cinescopio SAFAR 1939

F cinescopio TELEFUNKEN 1939

L’EIAR, che dal 1928 avvicenda l’URI (sorta nel 1924), il4 giugno 1939 sotto la Presidenza Giancarlo Vallauri (nelnovembre 1934 ha sostituito Enrico Marchesini) inaugu-

ra la TV sperimentale italiana alla Mostra di Leonardo e delleinvenzioni, a Milano. Dalla appena acquistata Torre Littoriadel parco Sempione (doc. B) e trasmesse da impianti americani(montaggio MARELLI), a circuito chiuso via cavo, le immagi-ni pervengono a tre televisori-ricevitori messi a confronto: unSAFAR, un MARELLI, un ALLOCCHIO BACCHINI.A Roma, dall’antenna di Monte Mario, costruita in pochi mesi,dopo un mese e mezzo (il 22 luglio) le prime onde ad impulsiradio possono essere captate dagli studi di Via Asiago, che do-tati di telecamere tedesche FERNSEH trasmettono per due orea ricevitori posti al Circo Massimo, in Via Nazionale e in Viadel Corso.A Milano, dove le onde televisive esordiscono nel settembre1939, all’interno della XX Fiera era stato allestito un padiglio-ne SAFAR (doc. C) con uno studio di trasmissione dotato diTelepantoscopio Castellani. Poi MARELLI espone alla XI Mo-stra Nazionale della Radio due tipi di ricevitori senza altopar-lante: a visione diretta e a specchio (doc. D, secondo a destra).A Torino fin dal 1939 al Museo della Televisione vengono espostii cinescopi (tubi catodici rivelatori di immagini) più utilizzatinei ricevitori: il modello SAFAR (doc. E) e l’avveniristico mo-dello TELEFUNKEN (doc. F). Nel 1940 alla XXI Fiera di Mi-lano ALLOCCHIO BACCHINI presenta un completo e ottimoricevitore prodotto da COSMA RADIO. Però il 31 maggio 1940,a Roma e a Milano e dappertutto cessano le trasmissioni conti-nue: non si vuole interferire sugli atterraggi teleguidatiTELEFUNKEN degli aeroporti di Ciampino e Linate.I giornali specializzati (doc. G), ma anche quelli satirici (doc.H) seguono con interesse la Televisione Italiana che nel 1939con 2 KW di potenza è piccola, rispetto a quella francese (30KW e 30 ricevitori) e a quella di New York (12 KW iniziali e 2mila ricevitori, che nel 1940 salgono a 25 mila). Nel 1944-1045la SAFAR progetta e realizza a Novara e Dobbiaco il prototipodi un televisore-ricevitore tutto italiano: a guerra conclusa saràtentata una coproduzione dalla DUCATI di Salsomaggiore.

H invasione televisiva della vita privataG TV Roma Trastevere, dal 22 luglio: 20,15÷21,30 h.

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ITALIANI NELLA FLAK, A DIFESA DELL’EUROPA

ACTA— 9 —

IGNOTI MILITIA egregie cose il forte animo accendono l’urne dei forti cantaFoscolo nei suoi I SEPOLCRI. Quanti ancora dovranno piange-re, viceversa, padri, figli, fratelli e mariti scomparsi, ingoiatidal destino come mai esistiti, nel turbine tremendo delle guer-re? Viene di proposito a mente quella madre in gramaglie, lasensitiva Maria Bergomas, che il 29 ottobre 1921 nel Duomo diAquileia si accasciò piangendo disperatamente sulla bara di unodegli undici Soldati Ignoti, ritenendolo suo figlio: proprio quel-lo prescelto a rappresentare i noti solo a Dio che giace nel gran-de sepolcro del Vittoriano.E’ un esercito sterminato fatto di resti sconosciuti ed anche diinsepolti che si allarga ancora di più a vista d’occhio nell’attua-le era chiamata del “benessere” e che invece può insegnare tan-te cose presentandole alla meditazione. Nelle famiglie c’è chitrascorre un’intera vita in una attesa -anche di una notizia- chenon c’è stata e chi purtroppo si aggiudica solo quel lato cheritiene migliore dimenticando anche il sangue del proprio san-gue. Dei tanti scomparsi ne vogliamo ricordare ancora uno, unragazzo ventenne, menomato, la cui memoria e le inesauditericerche hanno segnato una vita fatta di afflizioni.Volfrano Minghini nacque a Castel San Pietro Terme di Bolo-gna il 16 marzo 1925 allietando i coniugi Vittorio (ferroviere)ed Angela Casanova dalle diverse sorelle di cui, una, Olimpia, èstata madre di Noemi Tabellini, nipote dei Minghini, cugina delloscomparso. E’ il tempo del grande consenso popolare nei con-fronti del fascismo e di Benito Mussolini. Angela Minghini la-vorava presso la ditta Ducati di Bologna. Il marito, Vittorio, qualeoperaio alle manutenzioni delle Ferrovie dello Stato accudivaanche un casello della linea Bologna-Verona, soprattutto quelladi Calderara di Reno. Il bambino, a detta della cugina Noemicresceva nella dimostrazione di una bontà straordinaria amandoin particolare la madre. Da grandicello, tornando a casa primache la mamma dal lavoro, preparava la cena anche impastandole tagliatelle, facendo le lasagne ed altre cose. Rigovernava e,se necessario, accudiva alla casa. Nell’agosto del 1934 soggior-nava in una casetta in affitto a Miramare di Rimini, ospite dellazia Olimpia e della cuginetta Noemi il cui padre Romeo, dato illavoro di ragioniere, raggiungeva i suoi saltuariamente. Avevanove anni di età; la cuginetta nata a Bologna il 29 gennaio 1931,compiva solo tre anni. In un giorno semifestivo rallegrato parti-colarmente dalla presenza di una conoscente, la signora Federici,si recò come spesso sulla spiaggia . Una ragazza di Miramarevolle condurre Volfrano e Noemi a fare una passeggiata di chi-lometri lungo al riva del mare fino al porto canale di Riministancandoli particolarmente. Al ritorno non ce la facevano più.Furono ricercati data la trepidazione per il trascorrere del tem-po. Un signore, amico o parente in bicicletta, incontrò i ragazzie riportò subito a casa la bimba più piccola mettendola sullacanna del velocipede. Volfrano, stanco e sudato, volle bagnarsialle onde dell’Adriatico, ma purtoppo per conseguenza riportòun’artite fulminante agli arti inferiori che lo rese menomantoper il resto della vita. Dovette portare scarponcini ortopedicicon listelle di ferro e deambulava cagionevolmente. E’ moltoprobabile che non potesse o sapesse nuotare. La cuginetta Noemirivide Volfrano qualche altra volta, soprattutto nel 1943, dodicenne,quando alla zia nacque il secondo figlio Celso che poi porteràcon sé all’asilo nido della Ditta in Bologna, città anche dei Tabellini.Dopo l’8 settembre 1943 Vittorio Minghini aderì col figlio, or-mai ventenne, alla Repubblica Sociale Italiana di Bologna. Ilpadre sorvegliava i prigionieri politici e militari detenuti in cit-tà con infinita umanità tanto che nel tardo futuro ebbe dimostra-zioni di gratitudine. Volfrano fece parte delle Brigate Nere, in-quadrato nella 23ª Facchini (dal nome di un assassinato da gappisti),di cui una parte fu destinata a Modena. Volfrano rimase con unariserva a Bologna, vicino al padre. Il 21 aprile 1945 Bologna furaggiunta dagli invasori. Nella notte tra il 20 e il 21 aprile erano

Volfrano Minghini

partiti da Bologna alcuni autocarri carichi di giovani fascistidiretti a Milano: il carburante che mancava fu acquistato allaborsa nera, da contadini della ricca pianura del Po. Vittorio eVolfrano, padre e figlio, erano sopra uno di questi automezzi. Intanta tragedia non ci è dato sapere dove, come e quando i due sipersero di vista, rimanendo dolorosamente soli. Fra vicissitudi-ni di ogni genere il giorno 24 aprile parte dei militi si trovavanoa Guastalla nel corso di un tremendo bombardamento aereo “al-leato”: spezzonamenti e mitragliamenti che mietevano vittime anon finire. Ne seguì un parapiglia enorme e alla fine del bom-bardamento si fecero vivi i partigiani che accrebbero quelle vi-cende drammatiche. In quella situazione bisognava attraversarein qualche modo il Po in direzione Dòsolo (Mantova) sulla spondaopposta. Diversi militi fra peripezie, azzardi, uccisioni e trage-die di ogni tipo, cercando chiatte, imbarcazioni d’ogni forma, siarrischiarono ad attraversare il fiume con corrente impetuosaper raggiungere la riva opposta. L’acqua era rossa di sangue egalleggiavano cadaveri. Vi erano “militi” che nel mezzo dellacorrente, con barche, gesticolavano gridando aiuto! Come pertrovarsi in pericolo. Subito presunti camerati si avvicendavanoper salvarli, ma venivano mitragliati da comunisti che si avvalevanodi un espediente. Fu una tragedia enorme che si ripeterà nel Polesine.Di Volfrano Minghini non si saprà mai più nulla. Il padre fufatto prigioniero ed inviato a Coltano. La moglie per diversotempo, disperata, non seppe più nulla del marito e del figlio.Solo più tardi con altra persona riuscì a recarsi a Coltano, a dare“voce” ai prigionieri maltrattati, a rivedere il marito attraversola rete divisoria del campo. E del figlio? Credeva fosse col pa-dre, ignara, ma non l’hanno riveduto più. Intorno al 1950 Vitto-rio Minghini potè riottenere il lavoro alle Ferrovie. I genitorisconsolati hanno tentato di avere notizie, fare ricerche del figlioscomparso affidandosi a religiosi che consigliavano di “lasciarcorrere” come intenzionati a mettere un “pietra sopra” per cal-care la nuova era. Hanno vissuto anni ed anni di angoscia senzasapere nulla tranne qualche vago indizio riguardante il fiumePo nel suo momento più terribile. Ora Vittorio ed Angela sonoda anni deceduti ma hanno desiderato un tumulo vuoto con fotodi Volfrano accanto alle loro tombe.

Giorgio Cucentrentoli di Monteloro

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COMO: INIZIO E

Il 25 luglio e l’8 settembre 1943 sono date nefaste per gran parte del popolo italia-no: segnano il tracollo di ideali e del sincero consenso all’azione di un Uomo. Fula fine di atti di giustizia sociale e di realizzazioni materiali e morali perseguiti conuna impronta, anche estetica, prettamente italiana. Dopo un risveglio scioccante,si rividero a posti di comando individui che per anni avevano ben vivacchiato, masenza partecipare al riscatto della Nazione. Poi la resa. Con fuga delle autorità el’abbandono senza direttive e senza tutela del militare e del cittadino. Con degra-danti saccheggi: chi si impadroniva di un solo sci e chi dalle caserme in abbando-no prelevava armi per il proletariato di Sesto S. Giovanni. A Como-Camerlata, unaquarantina di giovani, con moschetto 91, si proposero di mantenere il controllodella città, ma si dispersero appena scorsero una motocarrozzetta con 3 tedeschi,avanguardia di SS reduci dal fronte russo e di stanza a Milano, che da soli occupa-rono, prima della caserma del 67° Fanteria, il Distretto Militare, in Piazza Garibaldi:vi era, in divisa, soltanto un Maggiore che ricevette onori militari da parte deglioccupanti, tra applausi della folla. Il 14 settembre l’avv. Paolo Porta riaprì, in Piaz-za Impero, la sede del Fascio, con una trentina di iscrizioni: i pochi gerarchi delventennio che aderino rinunciarono ad ogni distinzione, e le nuove iscrizioni ven-nero da lavoratori appena fu noto il programma di socializzazione. Un fuoriuscito,in Francia dal 1922, disgustato dal voltafaccia badogliano, offrì collaborazione:venne assassinato dai suoi ex compagni comunisti.La situazione era precaria. I tedeschi occupanti si comportarono in maniera corret-ta collaborando con le neo costituite autorità della RSI anche perché Como eraimportante per la sua vicinanza alla frontiera con la Svizzera. Il numero degli iscrit-ti al PFR era in continuo aumento. Ci fu anche qualche episodio piuttosto comico.Qualche iscritto della prima ora dopo le reprimende della consorte al rientro acasa venne, con mille giustificazioni, a ritirare l’adesione. Gli enti assistenzialicominciarono a funzionare. I sindacati ricostituiti tutelavano gli interessi reciprocidei lavoratori e degli industriali. Dopo qualche mese vennero organizzate le menseaziendali in quelle ditte che avevano più di 60 dipendenti. Tutte le altre potevanoavviare i loro collaboratori alla mensa della Op. Naz. Dopolavoro - OND installatanei lussuosi locali del Casino Sociale sequestrati perché vi si svolgeva giuocod’azzardo. Verso la fine del 43 e i primi del 44 si ebbero i primi sintomi dellapropaganda sovversiva per il sabotaggio della normalizzazione voluto dagli “allea-ti”. Cominciarono così le aggressioni proditorie e le uccisioni di fascisti isolati. Siresero quindi necessarie restrizioni e la progressiva militarizzazione del Partito.Naturalmente la propaganda antifascista fondava la sua penetrazione sul fatto chela situazione militare delle potenze dell’Asse era compromessa e quindi risultava-no quasi certi i vantaggi per chi in qualche modo avesse collaborato alla loro sconfitta.Sotto il punto di vista ideologico invece i contenuti dei partiti aderenti al CLNpresentavano qualche cosa di deja-vu e avevano scarsa presa. Un episodio acca-duto verso al fine del 44 sembra confermare quanto sopraddetto. Una trentina distudenti delle scuole medie superiori furono agganciati da membri della sovver-sione e indotti a partecipare a una specie di addestramento militare in zone fuorimano.Furono tutti individuati e fermati. Invece di procedere ad arresti e denuncie persovversivismo si pensò di istituire per essi un campeggio di istruzione ginnico-militare sotto la guida di un valente Ufficiale della GNR. I giovani indossavano unatuta mimetica, erano dotati di un pugnale, vivevano sotto tenda, consumavano unottimo rancio, compivano marce, manovre ecc. L’iniziativa ebbe successo. A Nata-le i ragazzi usufruirono di una licenza presso le famiglie, esaurita la quale tornaro-no tutti al loro posto. Finito l’addestramento tutti, salvo due, fecero domanda diarruolamento volontario nelle Forze Armate della RSI. Furono così deluse le aspet-tative di qualche famigliare cui sarebbe piaciuto assumere il ruolo di eroe dellaresistenza. Che cosa ha portato centinaia di migliaia di italiani a dedicarsi a unacausa così in pericolo, così avara di vantaggi materiali? Diverse ragioni: la convin-zione di lottare per una causa giusta, il rifiuto di far rivivere, con il riapparire difigure fuori dalla storia, la vecchia incarnazione dell’italiano con la sua rissositàmiope e campanilistica, col suo complesso di inferiorità nei confronti dello stra-niero, con la sua incapacità di sacrificarsi oggi per un migliore domani. Inoltre eraviva nei giovani volontari della RSI la volontà di tenere in vita una Italia che pocoper volta aveva assunto il suo inconfondibile volto: il cittadino armato e vestitoall’italiana, un lavoro capace di opere e di realizzazioni invidiate da tutto il mondo,un’arte, un’architettura libere da influenze straniere, una gioventù sana, sportiva-mente efficiente, disposta a lottare per affermare nei confronti del mondo gli idealiprettamente italiani della Nazione.I rapporti della RSI con il III Reich sono sempre stati stabiliti su basi di parità. ConMussolini alla guida non potevano esistere discriminazioni o complessi di inferio-rità. La RSI nelle precarie condizioni in cui doveva operare ha sempre dato prova diun ottimo livello organizzativo. Le comunicazioni erano quasi sempre assicuratemalgrado le incursioni degli eroici aviatori “alleati” che si dilettavano nel mitra-gliare contadini dediti ai lavori dei campi e i battelli da diporto sui laghi lombardio le scuole elementari affollate di bambini, come a Gorla. Sotto la guida di un

Il comasco Enrico Mariani, Ten 11ª B.N., incarcerato dal 25 aprile e per oltre un anno ristretto a Como, Lecco, Milano e Seriate,è autore in terza persona di NOTE STORICHE (18 pagine dattiloscritte): ne pubblichiamo 8 pagine, prime e ultime 4.

Capo e dei suoi collaboratori all’altezza della situazione le cose funzionavano me-glio di adesso. Le insidie esterne, ma soprattutto interne, erano sempre presenti.Nessuna aggressione per quanto subdola era trascurata per mettere in difficoltà laRSI e di conseguenza tutta la popolazione del suo territorio. L’areopago dei ritornatie resuscitati al seguito delle armate “alleate” aveva dato ordine di distruggere letrebbiatrici che operavano nella provincia di Como (una trentina) per affamare lapopolazione alla maggior gloria dei vari Roosevelt, Churchill e Stalin tramite i lorotirapiedi resistenziali Parri, Togliatti, Longo e Pertini. Pertanto le trebbiatrici venne-ro presidiate da fascisti armati di tutte le età e di tutti i gradi. Colonnelli fornivanoil loro turno di guardia armati di moschetto come il semplice Soldato. In un paesedella Brianza due giovani militi attirati in una casa colonica vennero sequestrati dauna piccola banda di partigiani che si nascondeva nella brughiera circostante. Allavigilia di una azione di rastrellamento della polizia i giovani prigionieri vennerouccisi a sangue freddo. L’ottuso masochismo di molti ambienti della resistenzarisulta evidente da parecchi episodi incresciosi che non ebbero influenza sulleoperazioni militari vere e proprie ma avrebbero potuto procurare gravi danni allepopolazioni civili, per il cui benessere gli ambienti antifascisti a parole dicevano dioperare. Oltre ai già citati tentativi di sabotare le trebbiatrici avvenne che sui montidella Valsassina due militi anziani che presidiavano un posto di avvistamento ae-reo ed erano incaricati di segnalare l’avvicinarsi di formazioni di bombardieri “al-leati” diretti verso le città della pianura padana per i consueti attacchi terroristicifurono prelevati da una banda di guerriglieri, condotti in una impervia località dellazona e quivi uccisi con un colpo alla nuca. Una formazione partigiana esistentesotto il Monte Legnone (Fig. 1)(Fig. 1)(Fig. 1)(Fig. 1)(Fig. 1) scese a Colico impadronendosi di due sottufficiali,Antonio Manunta e Rosario Brancato, addetti ad assicurare le comunicazioni tele-foniche civili col capoluogo. I due vennero portati sul pontile di Colico e, dopo illoro rifiuto di seguire i partigiani in montagna, fucilati sul posto. Quel campo diguerriglieri qualche tempo dopo venne individuato in Valsassina attaccato e di-strutto. Delazione e spionaggio erano praticati dal CLN nella sua ansia di collabo-razione con gli “alleati”. Un giorno venne intercettato alla frontiera svizzera sopra ilMonte Bisbino un carico di pezze di seta di contrabbando. Srotolate queste pezzesulla parte terminale di una di esse apparve una scritta con la quale si consigliavauna incursione aerea su Erba e dintorni dove, secondo l’informazione, esisteva undeposito di carburante. Da tempo questo deposito era stato trasferito in altra zonaperò l’incursione dopo qualche tempo avvenne lo stesso e la popolazione di Erbavenne duramente colpita. Più di sessanta furono le vittime. Un’altra iniziativa sabotatricefu il tentativo di far sparire tutto il sale ad uso alimentare.

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ACTA— 11 —

FINE DELLA RSIInsieme al perito agrario Ezio Maria Gray, eminente scrittore e direttore GAZZETTADEL POPOLO causa l’assassinio di Ather Capelli, Mariani (preso, in rione BorgoVico) fu il primo ad entrare a S. Donnino. Dopo essere stato immatricolato, previadenudazione, alla presenza anche di partigiani dell’ultima ora, fu subito rinchiusoin una cella di punizione, una specie di sepolcro con una finestrella sotto il soffittoe una lampadina da 5 candele sempre accesa. La prima notte fu allietata da esplo-sioni. Vi rimase 28 giorni. Il trasferimento fu dovuto al fatto che la cella era statariservata come ultima custodia del Questore Pozzoli, del Commissario Saletta e didue guardie (Emilio Borghi e Antonio Giussani) che sarebbero stati fucilati il gior-no dopo. Il Tribunale che aveva comminato la pena, oggi risparmiata anche a chiuccide bambini rapiti, era quello “rivoluzionario” composto dal Gen. Nicolini, dalC.te Aldrovandi dall’avv. Leca e da un valigiaio. L’esecuzione dei 4 condannati av-venne davanti al Monumento ai Caduti di Como realizzato su un progetto dell’Ar-chitetto Sant’Elia, Caduto sul Carso nella prima guerra mondiale. La scelta eradovuta a volgare sprovvedutezza verificatasi durante le prime settimane dalla co-siddetta liberazione. Il fatto rivestì, all’insaputa dei carnefici, un suo riposto signi-ficato. Il sangue di chi aveva lottato in guerra e in pace per difendere la memoriadei Caduti dalle offese della marmaglia bolscevica venne a lambire la stelecommemorativa dei Morti per la Patria nella guerra per l’integrità d’Italia. La vitanelle prigioni e negli edifici requisiti era molte volte intollerabile. Ogni tanto sipresentava qualche commissione di guerriglieri alla ricerca di vittime da prelevare.A Como, per fortuna, il carcere era sotto controllo degli “alleati” i quali impediro-no, sollecitati dal P.M. Avv. Leca, che i fascisti più in vista fossero nella “festa”dell’1 Maggio passati per le armi sulla Piazza prospiciente la già Casa del Fasciofra l’esultanza della partigianeria bolscevica. Il Tribunale militar-partigiano come ilQuestore Pozzoli e gli altri 3 mandò a morte anche un legionario di Erba, GustavoMambretti. Un caso doloroso a parte fu la condanna del russo Pankoff. Era questiun ex Ufficiale della Guardia dello Zar. Espatriato dalla Russia dopo la sconfittadelle truppe bianche si era stabilito a Como e si era creato un laboratorio di peritoelettrotecnico, si era sposato e aveva avuto 5 figlie. Naturalmente era un convintoanticomunista e aveva partecipato a molte azioni contro l’URSS. Durante la guerradell’ARMIR era stato utilizzato come interprete, sotto il nome di Ten. Bianchi, edalla RSI, iscritto al PFR, come informatore. Dopo l’occupazione “alleata” il rap-presentante di Stalin, membro della commissione occupante, ottenne che TimoteoPankoff, per quanto non avesse a suo carico nessuna denuncia, venisse giudicato econdannato a morte (31 maggio). Mariani avrebbe dovuto essere giudicato dalsunnominato Tribunale, un giovedì. Risultò poi che questo giovedì era giorno delCorpus Domini. Il processo dovette essere rinviato e nel frattempo il Comando“alleato” abolì il Tribunale rivoluzionario un po’ troppo facile alle condanne a mor-te. A un certo momento Mariani e altri vennero trasferiti a Lecco perché venisseroprocessati dalla Corte Straordinaria di Assise appena costituita. L’atmosfera delleudienze assomigliava a quella dei Tribunali della Rivoluzione Francese. L’aula pul-lulava di partigiani dell’ultima ora armati sino ai denti i quali durante le sospensio-ni delle udienze si sdraiavano sulle poltrone del Presidente e dei Giurati. Le sen-tenze promulgate in quelle condizioni erano così immotivate che venivano quasitute annullate dalla Corte di Cassazione. Emblematica la vicenda del Federale diLecco Bricoli processato insieme alla moglie e alla figlia sedicenne. Per quest’ul-tima il valoroso Pubblico Ministero Agresta aveva chiesto una condanna a diecianni di reclusione perché la giovane aveva esortato una sua compagna di studi adiscriversi al PFR. La Corte ebbe il pudore di non aderire. Il Bricoli venne condanna-to a morte e la moglie a 25 anni di detenzione. La Cassazione cancellò la sentenzaforse volutamente autolesionista e rinviò il Bricoli a un nuovo giudizio. La moglieinvece venne assolta e scarcerata senza rinvio. Illustrando queste giudiziarie vi-cende è opportuno rilevare un fatto: la diversità di comportamento tra il comunistaanziano sempre stato fedele alle sue idee e il comunista dell’ultima ora ansioso didimostrare la sua intransigenza, il suo fanatismo di fresca data. Il primo, quasisempre, arrivata l’ora del trionfo e delle rivalse, ha agito con una certa equanimità.Esemplare a questo riguardo il comportamento di un avvocato di Lecco, convintocomunista, il quale dopo essere stato nominato Pubblico Ministero della CorteStraordinaria, dopo qualche giorno, presentò le sue dimissioni quando si rese contoche le sentenze erano state prefabbricate in anticipo senza tener conto delle risultanzegiuridiche. Mariani conobbe poi il carcere di S.Vittore a Milano dato che in quellacittà avrebbe dovuto affrontare il processo di II grado dopo l’annullamento dellacondanna a morte comminatagli a Lecco. Potè quindi assistere alla rivolta di Pa-squa del 1946. Il carcere cadde nelle mani dei rivoltosi capeggiata dalla banda dirapinatori guidati da Romanici e da Barbieri. Nelle mani dei rivoltosi caddero an-che un funzionario ispettore del Ministero degli Interni e alcuni agenti di P.S. Unapattuglia di carabinieri che era penetrata incautamente con intenti pacificatori inuno dei bracci venne circondata, disarmata e sequestrata. I detenuti politici fino adallora estranei alla vicenda, diedero asilo nelle loro celle a molti di questi ostaggiallo scopo di garantirne l’incolumità.Prima di questa rivolta, durante l’inverno si era verificato a S. Vittore un episodioche vale la pena di ricordare. Un Ufficiale dell’Aeronautica Repubblicana (CapitanoGiovanni Folchi Vici) era stato condannato a morte. Tutte le condanne alla pena

capitale non potevano essere eseguite senza il beneplacito del Comando “allea-to”. Praticamente queste risultavano bloccate. A un certo momento però gli “alle-ati” passarono i pieni poteri in materia alle autorità civili italiane. Qualche fucilazionepertanto, anche a distanza di mesi dalla condanna, ebbe luogo. Da notare che ilDecreto Luogotenenziale di Umberto di Savoia, in base al quale tali condanne era-no state comminate, in molti casi ebbe effetto retroattivo. La giovane moglie del-l’Ufficiale di cui abbiamo parlato, preoccupata per la sorte del marito, si precipitòa Roma dove al Ministero di Giustizia gli fu consegnata la grazia per il marito.Tornata il più celermente possibile a Milano la poveretta trovò che nel frattempoera giunto da Roma l’ordine di eseguire la sentenza. Cosa già avvenuta all’alba diquello stesso giorno. Ritornando alla sommossa il Comando “alleato” decise diintervenire in maniera drastica comunicando che se il carcere non si fosse subitoarreso sarebbe stato bombardato. Allora si andava per le spicce! Finì così la rivoltadi S. Vittore. I detenuti vennero in un primo tempo rinchiusi all’aperto nelle roton-de destinate all’ora di aria giornaliera divise in 20 spicchi in cui vennero ammas-sate 30 persone per ogni spicchio di un cerchio di 10 metri di raggio. Dopo qual-che giorno gli ex rivoltosi vennero sistemati nei sotterranei che dovettero così ospitaresu un piano solo gli abitanti dei tre piani superiori. Per questo si poteva dormiresulla terra a turno. Dopo un paio di giorni alcuni prigionieri vennero prelevati dauna colonna militare e trasferiti nel carcere ausiliario di Seriate alla periferia diBergamo Altri in proseguo di tempo vennero portati a Pizzighettone. Il carcere diSeriate era ubicato in una ex scuderia della Cavalleria della Repubblica venetarisalente al Secolo XVIII. Il personale di custodia era costituito da una sessantinadi ex partigiani comandati da un tal Capitano De Luca, napoletano ex venditoreambulante analfabeta però intelligente e buon organizzatore. Trattava con un certoriguardo i politici che d’altronde non gli procuravano noie. Il disagio in queglistanzoni fatiscenti con piccole finestre senza vetri era, specie d’inverno, piuttostoforte per il freddo e l’umidità. Fra i detenuti la solidarietà e l’armonia regnavanosovrane. Un certo giorno un Ufficiale della GNR, che si era fidanzato con una visi-tatrice ex partigiana ma della buona borghesia bergamasca, riuscì ad evadere incompagnia di una giovane guardia precedentemente bustarellata. Dopo questo in-cidente che aveva destato scalpore e qualche sospetto di connivenza da parte deidirigenti, il carcere di Seriate venne soppresso. I detenuti comuni trasferiti al car-cere principale di Bergamo Alta e i politici sparpagliati in diverse direzioni: Parma,Padova, Milano.E’ stato quello un periodo che ha visto una moltitudine di carcerati per motivipolitici. Ma i ristretti in prigione non si sentivano colpevoli. Per questo chi si ètrovato a vivere in quelle galere non ha potuto non constatare il contegno corretto edignitoso di tutti i politici i quali erano anche uniti da una solidarietà, da una lealtàdi rapporti che li preservava da quelle miserie morali che si verificano nei luoghidi pena. Sono queste esperienze il cui ricordo è quasi tutto svanito che meritanorievocazione. In un fugace raffronto si può dire che il carcere di Lecco (riferendosialla Lombardia settentrionale), era quello più ben amministrato e organizzato, rettoda un Maresciallo delle guardie carcerarie ottimo funzionario, il quale, preoccupa-to dell’incolumità dei suoi custoditi, dopo quanto era capitato al carcere di Schiodove una banda di partigiani, penetrata nelle celle aveva trucidato a sangue freddo53 detenuti politici più o meno indiziati e anche qualcuno messo dentro per multenon pagate, si era messo in contatto col Comandante di un Battaglione di filippiniaccampato nelle vicinanze i quali non chiedevano di meglio che, in caso di neces-sità, di dare una lezione ai comunisti da loro odiati. A Lecco però i detenuti politicidovevano sopportare che nel giorno del mercato settimanale chi proveniva dai pa-esi limitrofi per fare compere potesse entrare nel carcere per vedere attraverso icancelli, come in uno zoo, i politici più chiacchierati . Nell’occasione alcuni privi-legiati subivano qualche battitura. A Como nei primi mesi del 45 la situazione eraun po’ diversa. Il Direttore e le guardie facevano il possibile ma erano impotentidavanti alle pretese di gruppi di partigiani che intendevano interrogare Tizio, Caio eSempronio. Una sera venne inquisito il Ten Castelli di Menaggio che rimediò unapesante bastonatura per cui dovette essere ricoverato per una commozione cere-brale. Dopo questo episodio il carcere fu posto sotto controllo di un contingente dicarabinieri dell’AMGOT agli ordini del Comando “alleato” e le illegalità cessarono.A Bergamo, nel carcere di Seriate, esisteva una attiva assistenza spirituale eserci-tata da diversi Sacerdoti di quella diocesi. Alla domenica, Messa nella Cappella eall’aperto durante la quale una guardia dotata di bella voce cantava l’Avemaria diSchubert. Nei primi mesi del 45 però il carcere era stato teatro di violenze ai dannidei prigionieri. Pugni e bastonate, finte fucilazioni ecc. Il Comando “alleato” inviòun Ufficiale ispettore il quale si indignò moltissimo constatando come in una cellai prigionieri fossero ammassati l’uno sull’altro come sardine. Forse, essendo in-glese, gli ritornarono alla memoria le descrizioni del famoso Buco nero di Calcuttadove tanti soldati inglesi ivi rinchiusi trovarono la morte durante la rivolta dei cipays.La Croce Rossa Svizzera inviò a Bergamo una sua delegazione con generi di con-forto: cioccolato, latte in polvere, biscotti ecc. che volle personalmente distribuireben sapendo quali elementi avevano il governo del carcere.Terminano a questo punto succinti ricordi di avvenimenti unici nei millenni dellaStoria d’Italia. Un periodo arrivato al traguardo.

GENNAIO - MARZO 2005 — 12 —

ALDO BORMIDAPietro Cappellari e Paolo Teoni Minucci inviano una foto del cippo (Fig. A) in Comune diLittoria, a Borgo Podgora-Ponte Babbaccio ad inizio deviazione Ovest del Canale Mussolini(Fig. B). Il cippo ricorda Aldo Bormida (Fig. C), in forza Luftwaffe da novembre 1943 eCaduto in uno dei primi combattimenti per respingere a mare la 3 US Div. Ftr, sbarcata prece-dendo la 1 U.S. corazzata e la 45.US Div Ftr, il 22 gennaio 1944 ad Anzio. Bormida si eravolontariamente aggregato a Granatieri della 29. PzGrenD (in terra pontina per riposo).

A

C

B

D

ALDO BORMIDANato a Torino

1 settembre 1924Caduto a Littoria30 gennaio 1944

(ricordo di A. Capelli suGAZZETTA DEL

POPOLOdel 22 Febbraio 1944)

Fronte Nettunia, 23 – 28 gennaio 1944: disimpegno dal FronteCassino-Garigliano del grosso della 29. PzGrenD che si uni-sce al proprio Battaglione Granatieri là a Terracina in riposo esubito all’assalto, insieme a Carristi ed Artiglieri H.G. PzD,anch’essi in riserva, del lato Est della testa di sbarco, per poientrare negli effettivi del LXXVI PzKorps (Herr), dall’1 feb-braio schierato, alle dipendenze della 14ª Armata (Mackensen)contro il VI US Corps (Lucas) (da COMBATTERE SENZAPAURA E SENZA SPERANZA, pag. 329).

cippo eretto dalla famiglia

Musso

lini

Can

ale

ACTA— 13 —

VAL VENY 1944-45: TRE CADUTI DEL 4° RGT ALPINI

Peppino Quaquaro, in onore dei tre Alpini RSI Caduti in Val d’Aosta per incidenti durante i servizi verso il Col della Seigne,Francesco Governale e Arnaldo Ronzi, l’11 dicembre 1944 sotto M. Chetif, e Italo Marsilio, l’8 gennaio 1945 al Lago diCombal, ha raccolto per ACTA tre documenti (Fig. 1, 2 e 3) attinenti alla Croce ricordo donata dai Commilitoni Div LITTORIO,in sostituzione di quella posta dalla Famiglia Ronzi, rovinata da intemperie.

Eccoci finalmente al giorno tantoatteso. Nella sede del Gruppodi Courmayeur arrivano per pri-mi i commilitoni dei tre Cadu-ti: Mantero, Gioioso, Marazzae Quaquaro della 6ª Compagnia,Galliani, Frassineti, Rota, Walch,Mantovan, Cavallera, Beltramo,Cravero del Bergamo e delVarese, il figlio del MaggLeonardo Rossi, Comandante delBtg Bergamo, e il figlio dellaN.D. Antonia Setti Carraro, du-rante la RSI Crocerossina DivLITTORIO ad Aosta, in primalinea, e a Courmayeur-VillaBagnara. Commovente l’incon-tro con i parenti di Arnaldo Ron-zi, uno dei tre Caduti. Sei gen-tile signore di Courmayeur, neiloro tradizionali magnifici co-stumi, ci accolgono alla chiesettadi Notre-Dame-de-la-Guèrisondov’è una folla di parenti, amicie alpini; soprattutto ci sono tantee tante bandiere. Nella piccolaChiesa gremita di fedeli donGiuseppe Gerbaz, parroco diCourmayeur, dopo aver pronun-ciato parole che toccano il cuoree fanno luccicare gli occhi deivecchi reduci, benedice la cro-ce che viene collocata da duebaldi alpini nel suo supporto

metallico infisso nella roccia delMonte Chetif. Il Generale degli al-pini Romano Blua, sindaco diCourmayeur, ricorda tutti gli alpi-ni Caduti per la Patria, ringrazia esaluta i presenti anche a nome del-la Comunità Montana. Quindi ilcapogruppo ANA di Courmayeur,l’alpino Franco Giandolini, leggela “preghiera dell’alpino”, l’alpinoLuigi Glarey quella dei combattentie reduci e l’alpino Peppino Quaquarodà lettura di questo messaggio in-viato dal Tenente Michele Pizzigallo,già Vicecomandante della 6ª Com-pagnia del 4° Rgt Alpini:Per i compagni d’armi CaporaleFrancesco Governale, Alpino ItaloMarsilio, Alpino Arnaldo Ronzi.Alla chiamata alle armi essi ubbi-dirono con puntuale senso del do-vere, nel segno generoso dell’Onored’Italia. Erano giovani. Vibrantidi vita. Di progetti. Di ideali. E congiovanile entusiasmo si consacra-rono alla causa che appariva giu-sta e santa,a valenze risorgimen-tali. Venuta l’ora dell’azione, nelrisalire l’impervia Val Veny, per rag-giungere le postazioni di Col dela Seigne, a difesa dei sacri confi-ni, essi restarono travolti da unamassa spaventosa di neve, di ghiac-cio, di macigni.

1 19 giugno 2004: la nuova croce 3 da GENOVA ALPINA n.2/2004

2 Quaquaro, con a lato il Capogruppo ANA Giandolini, legge il messaggio Pizzigallo

GENNAIO - MARZO 2005 — 14 —

L E T T E R EA da Tagliati, figlio fedele e ricercatore storico

B da Pussini, presente a Stremiz (UD) alla commemorazione degli assassinati dai non comunisti “Osoppo” (*)

“Ho deciso di scoprire quale fine ha fatto mio pa-dre soltanto dopo la scomparsa di mia madre, cuinon ebbi il coraggio di porre domande”. Poiché ilpadre Antonio, già in Balcania con il XIX Btg “M”Arona e prigioniero in Germania, nel febbraio 1944venne inquadrato in Italia in un Battaglione di Polizia(il Foglio matricolare attesta nel III Btg e disper-so in Friuli a maggio 1944), Giancarlo Tagliati forniscele notizie che ha su questi HilfsPolizei – Ausiliaridi Polizia: Reparti costituiti da Militari che inGermania scelsero la RSI, complementari alla MiliziaArmata (poi 1. Sturmbrigade delle Unità ArmateItaliane delle SS).La storiografia li indica con denominazione te-desca e italiana: Freiwilligen Polizei Bataillon Italiae Battaglioni autonomi della Polizia Repubbli-cana (*).

A N T O N I O TA G L I AT IDistretto di Venezia-mtr 4043Cavarzere (PD), 25 ottobre 1906Chions (UD), 12 maggio 1944

Collaborano:

A - da Torino, Giancarlo Tagliati

B - da Corno di Rosazzo (UD), FrancescoPussini che a Stremiz di Faedis l’1 mag-gio 2004, dal figlio Iginio del CadutoZanutto, ha ottenuto un documento del5° Rgt MDT e una lettera al MESSAG-GERO VENETO sulla “battaglia diPovoletto”.

C - da Brescia, Paolo Teoni Minucci

D - da Torino, l’Alpino Orazio Beltramo del4° Rgt Alpini Div LITTORIO e da Asti,l’Artigliere Alpino Luigi Lucotti, del IGruppo Gran Sasso Div LITTORIO

E - da Saccolongo (PD), il Bersagliere Fran-co Nicolosi del I Btg Mussolini e da Bo-logna, il Bersagliere Antonio Liazza delII Btg Mameli, ambedue del Rgt Volon-tari Bersaglieri Manara.

(*) Di norma operativi per Compagnia sotto Comandi tedeschi delle retrovie, sei Batta-glioni ebbero qualche consistenza (ACTA n. 37). Roma dette il via al primo Nucleo eMestre fu la base di addestramento. Il III Btg (già di Tagliati) dopo Vercelli si spostò inItalia Centrale sull’Appennino tosco-romagnolo (ma il protagonista del rastrellamentodel 21 luglio 1944 a Verghereto, Tavolicci fu il IV Btg) e nella pianura a Nord di Bologna,prima di essere assorbito dal I Btg sul “Litorale Adriatico”.

Sono convinto, e lo sono moltiormai in Italia e se ne fanno ecogran parte della pubblicistica,la memorialistica, i dibattiti, chedi quel periodo ormai lontanosi debba dare non una versio-ne (che sarebbe scorretto), mauna reale visione, che non pre-tenda di essere la verità (veri-tà ce ne sono sempre almenodue), ma soltanto l’esposizio-ne dei fatti accaduti. Su ciò miha fatto vieppiù riflettere la let-tura della cronaca, sempre suMESSAGGERO VENETO, dellacommemorazione della “batta-glia di Povoletto”, avvenimentoche più si allontana nel tempoe più tende ad assumere le di-mensioni di una battaglia del-le Ardenne e di Stalingrado. Oraio vorrei chiedere alla gentilee certamente giovane cronistadove abbia attinto quella messedi notizie con le quali ha po-tuto confezionare il pezzo. Vor-rei fornire in proposito alcuneprecisazioni. Vi si parla di una“Legione Tagliamento” di Ca-micie Nere, che operava in tut-t’altra zona d’Italia; in Friuliagiva il Reggimento AlpiniTagliamento, che però era oc-cupato a tamponare le infiltra-

zioni del IX Corpus sloveno nelleValli del Natisone e sul Carso.Vi si parla di 260 uomini(repubblichini e tedeschi) par-tecipanti alla battaglia, e fra que-sti di 128 morti e di 193 prigio-nieri (ma i conti non tornano).Si dà il caso che io sia in pos-sesso della fotocopia del rappor-to dattiloscritto (con numero diprotocollo, posta da campo edata) che il Tenente AntonioColledani Aiutante Maggiore in2ª del Battaglione fascisti friulani– questo il nome esatto del re-parto che partecipò all’azione– stese per i suoi superiori conla descrizione dei fatti e che rias-sumo brevemente. Vi partecipa-rono 45 uomini della 10ª Com-pagnia al comando del Tenen-te Carlo Canacci. Le CamicieNere cadute in combattimentofurono tre, otto i feriti fra cui ilTenente Canacci poi deceduto,nove i prigionieri dei quali dueriuscirono a fuggire e a rientrareal reparto. Gli altri sette furo-no successivamente fucilati, efra questi i giovanissimi AldoCelano, Giorgio Bressan, LuigiSciacca e Narciso Lelli.

Cosimo Politida MESSAGGERO VENETO Udine

il senza tomba

(*) Gli 11 Caduti del settembre 1944 a Povoletto, in Comunedi Faedis (Canal Grivò e foiba Stremiz) e a Forame diAttims: Ten. Carlo Canacci, Serg.m. Vittorio Pierigh,Serg. Francesco Tirelli, Cap.le Francesco Zanutto, MilitiGiorgio Bressan, Aldo Celano, Narciso Lelli, SantoMarchet Biancat, Romeo Micottis, Pietro Picini e LuigiSciacca, tutti del IV Btg di pronto intervento (VolontariFascisti) del 5° Rgt MDT., uccisi da filoslavi Val Torredella banda GOF - Garibaldi Osoppo Friuli.

ACTA

a

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A D A C T AC da Teoni Minucci, in una cronaca dell’alzabandiera ai Caduti del 1944

D da due Combattenti RSI con la “penna”

E da due Combattenti RSI con il “piumetto”

A Trivellini in Comune di Montichiari (BS) nella ricorrenza del 60° anniversario, come ognianno con la partecipazione di folto pubblico, Autorità e Sindaco, sono state commemorate levittime del mitragliamento aereo del 15 settembre 1944.Alle 12, 15 di quel venerdì, il tram elettrico in servizio da Brescia a Carpendolo, che come alsolito trasportava pendolari lavoratori e sfollati dal capoluogo, venne attaccato da tra caccia-bombardieri nemici. Il convoglio riuscì a fermarsi e chi non era stato colpito si diede a correresui campi attorno. Un passeggero incolume, il sedicenne Renato Grandis da Gualdo Cattaneo(BG) in permesso dal suo Squadrone Cavalleggeri del CP. BS-613° della GNR, rimasto sulposto per portare aiuto ai feriti, fu colpito a morte nel corso di un ripetuto attacco: infatti gliaerei si accanirono, pur trattandosi di civili, contro chi tentava di scampare alla morte. AGrandis fu conferita una Medaglia alla memoria.

Il bronzo del Monumento, unico esempio a Brescia, per determinazione degli abitanti di Trivelliniha in rilievo i nomi dei 17 uccisi dal terrore aereo angloamericano.

Odierni ruderi dell’Osservatoriodi artiglieria, il più avanzato, alvalico del Piccolo S. Bernardo,con sullo sfondo Monte Belve-dere (2461 m).

L’Ossario del I Btg,nel Cimitero diGorizia, e il Vessil-lo RSI testimone al-l’Italia immemoreche la gloriosa Ban-diera non è stata maiammainata.

15 settembre 2004: Cerimonia a Trivellini

La consueta cartolina di perso-nale ideazione e pittura, per gliauguri 2004 e 2005, con retro l’af-fermazione “eravamo giovani eforti”.

Il Labaro del II Btgaccompagnato da unapoesia che inizia:“Palpita al vento lanostra Bandiera tri-colore con l’aquilaromana che artiglia ilFascio con la scure,fiera, simbolo di Re-pubblica sovrana”

b

GENNAIO - MARZO 2005 — 16 —

Bimestrale culturale scientifico informativo

Anno XIX - N. 1 (56) Gennaio - Marzo 2005

Direzione: Michele Tossani Cesio SantucciAlda Paoletti Enrico Persiani

Stampa: Officine Grafiche TDM

Associazione CulturaleISTITUTO STORICO DELLA RSI (ONLUS)52028 Cicogna, 27/ETerranuova Bracciolini (AR)Tel. 055 9703988Fax - Tel 051 260248 e 051 240341

26 giugno Tre protagonisti commentano il Convegno di Salò 2004“AGRICOLTURA E VITA QUOTIDIANA AL TEMPO DELLA RSI”( G. Parlato, G.A. Ricci, P. Teoni Minucci)

3 e 4 settembre SEMINARIO DI STUDI STORICI

- sabato 3: L’INTERVENTO GIOVANILE RSI (S. Greci)

- domenica 4: L’ITALIANO GIOVANNI GENTILE ( G. Cangemi)

ACTA

XVIII ANNIVERSARIO DELL’ISTITUTO STORICO

Prossima attività 2005 dell’Istituto Storico RSIa Cicogna, con inizio ore 10,30

DOCUMENTAZIONI IN VETRINA

Domenica 21 novembre u.s., la celebrazione del XVIIIAnniversario di Fondazione dell’Istituto Storico dellaRSI (il 22 novembre di 19 anni fa, nel 1986) inizia

nella sede aretina di Cicogna di Terranuova Bracciolini con unminuto di raccoglimento, ordinato dal Presidente Arturo Conti,in doveroso sentito ricordo dei Caduti RSI e dei Soci scompar-si. Ultimi ed ambedue Combattenti dell’Onore Nedi Gurgo, il4 novembre in casa, a Milano, e fra’ Gianfranco Chiti, il 19novembre, dopo 4 mesi di sofferenze, all’Ospedale Celio di Roma.Il primo degli oratori, Mario Pellegrinetti, allarga il tema “ri-cerche storiche in Garfagnana”, terra ove è nato e risiede, alleproprie iniziative su Internet (lodevoli quelle sui Verbali deiConsigli dei Ministri RSI e sulla costituzione italiana del Mi-nistro Carlo Alberto Biggini) e alle commoventi accoglienze,con gratitudine verso la neonata Fondazione donante, manife-state da quei familiari di Caduto ai quali ha consegnato l’AL-BO CADUTI E DISPERSI DELLA RSI.

Segue Francesco Mini, appassionato di studi storico-giuridici conuna Tesi di Laurea in Giurisprudenza all’Università di Firenze centratasulla rivista LO STATO (mensile del Ventennio fascista direttodall’antiidealista e antigentiliano Carlo Costamagna) e avente ilproposito di ben analizzare il fascismo e il nazionalsocialismo.Dottrine autoritarie fondate su differenti filosofie del diritto e mol-to tradizionali: soggettiva in Italia, comunitaria in Germania. Diconseguenza, diversa fu, anche in sede legislativa, la concezionerazziale italiana, morfologica e poco condivisa, da quella tedesca,tutta volta a mobilitare il mito della stirpe.Infine una Comunicazione della Presidenza su ACTA: esplicitasegnalazione che l’invio è gradito, altrimenti ogni futura spe-dizione, in quanto priva di certezza nel recapito siccome gliindirizzi sono vecchi di anni, verrà annullata.Tra gli uditori, gradito , il Combattente RSI e Presidente del-l’Associazione Nazionale Volontari Bir el Gobi Bruno Belloni,che ha sede a Ponti sul Mincio.

H. ROGGE - Intese con l’Inghilterra tentate da Hitler (1941)

A.J. GREGOR – Teorie etiche e sociali dell’Italia fascista (1962)

S. ROMANO – Giovanni Gentile, la filosofia al potere (1984)

M.BORGHI – I fascisti repubblicani, Convegno a Padova (1996)

G. OTTAVIANI - Le veline del Minculpop (1999)

G.M. PADIGLIONE – Camerati in camera! (2003)

E. CROCE – Storia di un piccolo volontario (1984)

R. DEL PONTE – “La vita italiana” di Giovanni Preziosi (2001)

D.COLI – Giovanni Gentile (2004)

AA.VV. – Stato etico e manganello (2004)

T. SBRILLI – La foiba della Val d’Orcia (2004)

M. SARGENTI – La socializzazione (2004)


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