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conseguenze dell’articolo 7 · 2021. 3. 2. · articolo 7 della Costituzione religionsfree Solo...

Date post: 09-Mar-2021
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“Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti esovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni deiPatti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costi-tuzionale”.

Ci fu, nella Storia, una Italia che, in nome del Popolo e dell’Unità, seppe affi-dare al cannone anticlericale le sue ambizioni sulla corrotta e feudale Roma pa-pale. Ma, dopo l’unità del regno, prima con il Concordato, e poi grazieall’Articolo 7, votato in contrasto con la nostra Costituzione da clericali pilo-tati da attivissimi democristiani e da stalinisti, quella stessa Italia offrirà comeriparazione allo Stato pontificio il pegno di un servile baciamano al papa diturno da parte di un suo capo del Governo, restituendo, così, ai papi, come giàfece Enrico IV a Canossa, il primato del potere vaticano sull’Italia.

conseguenze dell’articolo 7

articolo 7 della Costituzionereligionsfree

Solo un Concordato fascistae un art.7 clericale

potevano avallare questoatto di sottomissione fra i rappresentanti

di due Stati

Roma più non trionfa.Più non trionfa poi che un galileodi rosse chiome il Campidoglio ascese, gittolle in braccio una sua croce, e disse:Portala, e servi.

Giosuè Carducci

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Cave papam e dintorni

La vecchia conoscenza Berlusconi, noto alle Historiae per la sua lussuria semi-pubblica in rotocalco durata dei decenni, avvicinandosi l’ora biologica della ve-rità, ha deciso di saltare con gran fracasso il fosso dell’ipocrisia inviando unpubblico proclama in cui, in calce alle più nobili virtù clericali di cui avrà sentitoparlare, fa seguire un categorico “come ci ricorda ogni giorno il magistero ponti-ficio”. Magistero viene da magister, ma lui li legge i giornali per sapere quale leta-maio cresce all’ombra delle tuniche bianche o porpora? Ma il papa che in pubblicoabbraccia il sodomizzatore seriale di bambini Maciel e i suoi legionari di Cristo eriempie il mondo di quella triste foto, anche lui è un magister?

Non è vero ma è come se lo fosse

Imitando le grandi presenze milanesi dei Visconti e degli Sforza, anche l’attualesindaco di Milano Giuseppe Sala, rovistando nella cronaca minuta, si è voluto for-giare una affermazione buona per i suoi seguaci con uno sguardo anche ai po-steri. Lui sposato tre volte prima dell’attuale connubio con la figlia del piùfanaticamente cattolico banchiere italiano che cosa si va a inventare? Dopo unpoker di matrimoni, dopo aver promesso di costruire una importante moschea aMilano, vivendo giornalmente l’impegno di essere il genero di un importante fi-nanziere supercattolico, ha pensato bene di concedersi qualche libertà nel vagomondo della trascendenza e della metafisica e, in un periodo storico in cui ognigiorno si contano le molte centinaia di morti di coronavirus, lui ha voluto creareuna a suo dire nuova categoria di morti ad alta produzione di miracoli “postumi”,e ne ha fatto beneficiare al suo amico Carlo Acutis, ucciso da un tumore. E tantoper aggiungere confusione alla commistione di fedi e di santi conclude con: “Aiu-taci Carlo a scoprire l’originalità della nostra vita”. Ma qui il vero “originale” è lui,Beppe.

Se gli dèi sono troppi si faccia la media

Alessandro Magno risolveva le ambasce dei dubbi tagliandone i nodi con la spada,il ministro degli Affari Esteri della Repubblica italiana Luigi (Gigino) Di Maio, perbrillare giustamente di luce propria e non essere confuso con suoi sia pure illustripredecessori come De Gasperi, Sforza, Susanna Agnelli, Andreotti o magari Ca-vour, durante la sua recente visita a Gerusalemme si è recato a pregare per la ces-sazione della pandemia sia il dio cristiano alla basilica del s.Sepolcro sia quelloebreo Geova al Muro del pianto. E poi in privato avrà fatto la media.

laicità tradita di Francesca Patti

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_____________________________________________________________________Storia indiscreta della congiura catto-comunista che realizzò il tradimento clericaledella laicità repubblicana alla Costituente con l’Articolo 7, ove si testimonia che ilcancro settario pagano feudale oscurantista di due illiberali visioni totalitarie, quellacattolica e quella comunista stalinista, mortificò la giovane democrazia post-fascistadi una Italia dimentica del suo Risorgimento laico e liberale. (Ndr, compresi i titolidell’intero articolo)__________________________________________________________________________________________________________________

di Raffaello Morelli, storico della laicità

Ho già trattato sul n.33 di Non Credo lavicenda alla Costituente del voto del 25marzo 1947 sull’art.7 della Costituzione.In quell’articolo ho richiamato le grosseresponsabilità che sono state attribuitealla decisione (quasi) a sorpresa di To-gliatti di votarlo dando il successo altesto voluto alla Chiesa. Peraltro, quellaattribuzione è dipesa pure dalle menta-lità della sinistra anticlericale e dei varianticomunisti (dominanti nella storio-grafia), diverse ma convergenti. In re-altà, non è trascurabile che la Chiesa fuben lieta di mietere i frutti seminati so-prattutto da altri.

Prima del dibattito alla CostituenteDC e PCI affilano le armi dell’immi-nente colpo di mano catto-comuni-sta filoclericale

Nell’immediato dopoguerra, la Chiesabeneficiava di una cresciuta considera-zione tra i cittadini per la sperimentatamaggiore affidabilità. Ma le sue gerar-chie restavano molto caute in tema diConcordato. Si esposero in pochi epoco. Sturzo scrisse che “spetta al po-polo italiano il proprio volere circa la re-visione del Concordato”, il cardinaleDalla Costa chiese solo che “si ricono-sca lo spirito e la sostanza dei Patti La-teranensi”. Nulla di più. Le forzepolitiche non ponevano la questionedella separazione tra Stato e Chiesa, chela caduta del regime avrebbe dovutoporre. Pesavano le forti divisioni deigiudizi sulle preesistenti istituzioni li-berali e sul separatismo introdotto daCavour. Nessun partito e nessun Costituente

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della sinistra o laico aveva redatto unprogetto politico per abolire o rivedereil Concordato a breve scadenza. AnchePio XII, il 31 luglio 1946 durante l’incon-tro ufficiale con De Nicola Capo Prov-visorio dello Stato, disse: “Noi abbiamopiena fiducia che il popolo italiano e isuoi Governanti saranno sempre consa-pevoli dei benefici, i quali provengonodalla riconosciuta permanenza in vigoredei Patti Lateranensi”. E qualche mesedopo, pure la DC affermava durante ilavori preparatori della Commissionecosiddetta dei 75 (intervento di Moro,esponente dell’ala più vicina allaChiesa), di “voler avviare tutta la vita po-litica italiana verso la pace religiosa,nella certezza che saranno operati nelConcordato quei ritocchi cbe vaIgano arendere i termini della pace religiosa per-fettamente aderenti allo spirito liberalee democratico della nostra Costitu-zione”. Dunque la posizione della Chiesa e (pa-reva) anche della DC, si presentavachiara. I Patti Lateranensi permanevanoin vigore e potevano essere ritoccati in

funzione dello spirito della Costitu-zione; silenzio sul loro inserimento inCostituzione (che Moro, nella logicadelle sue parole, non chiedeva). Unaposizione lontana dal separatismo ca-vouriano, ma duttile in mancanza diobbligo costituzionale. Dall’altra parte,tuttavia, il mondo laico si mostrò inca-pace di conciliare i suoi pareri diver-genti. Gli azionisti ed i socialisti (che,insensibili alle differenze di fatto, au-spicavano la dichiarata laicità delloStato della Francia) perseguivanoun’impostazione anticlericale, seppurenon apertamente dichiarata. Il PCI (perpiù motivi legati alla sua politica delraccordo tra i partiti di massa) non erapregiudizialmente contrario perché To-gliatti, al V congresso PCI di fine ’45,aveva detto che il Concordato “è per noiuno strumento internazionale, oltre chenazionale, e comprendiamo che non po-trebbe essere riveduto se non per intesabilaterale”. Tali divergenze irrigidironola discussione su posizioni strumentalialle esigenze di ciascuno e di fatto la-sciarono l’iniziativa in mano alla DC.

Con l’«Appello al Paese»il 18 gennaio 1919, donLuigi Sturzo gettò lefondamenta del Partitopopolare, dando cosìavvio al pieno protago-nismo nella vita politicaitaliana da parte dei cat-tolici.Nella foto: don LuigiSturzo (al centro conl’abito talare 1959) conalcuni militanti del Ppi

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Commissione del 75: l’eminenza gri-gia Dossetti, l’infiltrato supercleri-cale

Fin dai dibattiti di fine novembre primidicembre 1946 in Prima sottocommis-sione, soprattutto i Costituenti della si-nistra comunista (Togliatti e ConcettoMarchesi) e socialista (Basso) riconob-bero al momento intangibili i Patti La-teranensi. Il che poteva essere ritenutauna presa d’atto realistica anche dai se-paratisti convinti. Ma solo a condizionedi non consentire che, in materia di po-litica ecclesiastica, venisse poi costruitouno Stato con meccanismi confessio-nali. Ma il mondo laico nel suo com-plesso non combatté davvero labattaglia per non consentire alla DC diinserire i Patti in Costituzione. Tra iltardo autunno 1946 e i primi giorni dellaprimavera ‘47, maturarono nell’Assem-blea le condizioni perché la DC assu-messe con sempre maggior decisione lalinea filo confessionale sostenuta daDossetti, con l’aiuto del suo gruppo,Fanfani, Lazzati, La Pira, Moro, DelNoce, Baget Bozzo, Gorrieri e, fuori del

suo gruppo più affine, Tupini, Mortati,Glisenti.

Dossetti era un deputato di Reggio Emi-lia, aveva circa 35 anni, da studente al-l’Università ed i primi anni successiviaderente al fascismo, dal ’43 attivo nelCLN, professore universitario di dirittoecclesiastico, vice segretario nazionaleDC con De Gasperi (e poi con Piccioni),accanito e coerente sostenitore della po-litica incentrata sulla religiosità. Nellaseconda metà del 1946 fondò con i suoiamici l’associazione Civitas Humana per“contribuire al rinnovamento cristianodella civiltà in Italia tra chi intende ope-rare in perfetta aderenza alla dottrinacattolica, in piena soggezione alla Gerar-chia”. Non a caso, molti anni dopo, saràdefinito dal suo amico, l’importante pro-fessore Augusto De Noce, “il rappresen-tante più rigoroso dell’integralismocattolico, che assorbe l’attività politica inquella religiosa, per cui ogni atto politicoacquisisce un significato religioso”.

La comprovata capacità di Dossetti nel-l’avere una visione politica lo portò allaCostituente e ad essere nominato, nellaCommissione dei ’75 (suddivisa per set-tori in tre sottocommissioni) incaricatadi preparare il testo della Costituzione,relatore rappresentante della compo-nente cattolica, che costituiva la mag-gioranza relativa. A novembre ’46,Dossetti confermava il giudizio negativosull’esperienza liberale e criticava anchela Chiesa che reiterava le istanze confes-sionali prima affidata al regime fascista.La sua, più che una visione politica, erauna visionarietà religiosa della vita sottol’apostolato della Chiesa. E siccome,come allora disse, “la Ecclesia italiana hain gran parte mancato il suo compitonegli ultimi decenni”, si proponeva di

Dossetti politico prima... con l’abitotalare poi

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mutarla attraverso i fitti contatti da luistabiliti con la Segreteria di Stato vati-cana (all’epoca vacante) tramite l’ad-detto mons. Dell’Acqua, nonchéambienti curiali conservatori, inclini adimprimere una concezione confessio-nale alla Costituzione.

Dossetti giunse a concepire una posi-zione innovativa che introducesse nel-l’ordinamento italiano una strutturafunzionale ad una visione più modernadella prospettiva ecclesiale. Così l’11 di-cembre 1946 in Sottocommissione del‘75 dichiarò che “il riconoscimento costi-tuzionale dei Patti Lateranensi, significadare agli italiani quella garanzia che i de-mocristiani considerano fondamentale eche essi chiedono venga affermata nellaCostituzione”. E poi arrivò a chiedereche, nell’ambito del riconoscere gli or-dinamenti originari dello Stato e dellaChiesa, e fermi restando libertà di co-scienza ed uguaglianza religiosa, venisseprevisto espressamente che la religionecattolica, in quanto religione di quasitutto il popolo italiano, è la religionedello Stato. Completando la cosa conl’altro comma, “le relazioni tra lo Stato ela Chiesa cattolica restano regolate dagliAccordi Lateranensi”.

Lo stesso Dossetti segnalò quale fosse ilcollegamento fra i due commi. Siccomeil primo stabilisce l’originarietà dei ri-spettivi ordinamenti (che motivano lareciproca indipendenza nel propriocampo di competenza), al secondo è ne-cessario indicare i modi concreti in cui siregolano i rapporti fra Stato e Chiesa inItalia (i Patti Lateranensi). Tuttavia, taleargomento – ripreso anche da Mortati inuna riunione successiva – funziona solonel caso di escludere la diversità separa-tista. Di fatti, non occorre riferirsi ai

Patti Lateranensi qualora venga accet-tato che la natura dei due ordinamenti ètotalmente differente, e cioè a fonda-mento civile la prima, religioso la se-conda. Dunque, un simile argomentonega tale differenza ed equivale a soste-nere che anche la Chiesa ha una naturapreposta a definire l’ordinamento civile(non per caso nella riunione del 4 di-cembre, Moro era stato esplicito nel so-stenere “la non ammissibilità di unregolamento unilaterale da parte delloStato, che incida in materie così profon-damente attinenti non solo alla religione,ma alla morale e alla civiltà del popoloitaliano “). Perciò quella del collega-mento tra i due commi è una argomen-tazione inaccettabile per i laici.Pochi giorni dopo, il presidente dellasottocommissione Tupini presentò unnuovo testo (previo un provato assensodato a La Pira in Vaticano) del primocomma che recitava “Lo Stato e la Chiesacattolica sono, ciascuno nel proprio or-dine, indipendenti e sovrani”, testo chevenne approvato con un’ampia maggio-ranza. Allora lo stesso Tupini presentòun testo per il secondo comma (che eral’obiettivo principale della DC) “I lororapporti sono regolati dai Patti Latera-nensi”. Qui si verificò una contrapposi-zione con un diverso testo proposto daTogliatti: “I rapporti tra Stato e Chiesacattolica sono regolati in termini con-cordatari”. Un testo diverso ma non al-ternativo in chiave separatista. Volevaessere un compromesso, dato che, pre-vedendo un Concordato, una volta fattonon scioglieva il nodo essenziale dicome modificarlo. Eppure non andavabene ai dossettiani, che lo ritennero uninganno ai cittadini. Così il testo del pre-sidente Tupini prevalse 10 voti contro7.

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Dopo la Prima sottocommissione.L’asservimento strumentale dellapolitica alla clericalizzazione dellavita degli Italiani. Il tradimento diTogliatti

Il successo del progetto Dossetti era unrisultato di rilievo. Dossetti era riuscitoa far convergere gli interessi dellaChiesa e quelli dell’anima sociale delcattolicesimo politico, sfruttando anchela coincidenza fisica tra l’impegno dimolti nell’Azione cattolica e quellonella DC. A tal fine, la cura con cui Dos-setti teneva i rapporti con la Segreteriadi Stato di persona e con frequenza, ser-viva sia a tenerla informata sugli svi-luppi dei lavori della sottocommissionesia ad indurre la stessa Segreteria ad ap-poggiarlo adottando una linea intransi-gente. Per Dossetti tale appoggio eratanto più indispensabile perché era ne-cessario creare un clima adatto e perchériteneva che esistessero questioni sullequali non vi potesse essere dissenso trala DC e la gerarchia (sosteneva che se vifosse stato, doveva provocare il ritirodall’attività politica).

Peraltro l’importante successonella Prima sottocommissione sarebbepotuto non bastare se non si fosse ripe-tuto nella Commissione dei 75 e princi-palmente nell’Assemblea plenaria, incui alla DC mancavano 70 voti peravere la maggioranza assoluta (279).Dato che Dossetti sulla materia del-l’art.7 dirigeva la DC e influenzava ab-bastanza la linea della Santa Sede(tenuta informata subito e bene diquanto avveniva), la possibilità di allar-gare i consensi alla formula già votatastava nel riuscire a stringere un pattocon il PCI, che, essendo il terzo gruppoin Assemblea, aveva più dei voti (104)mancanti alla DC. Si colloca in questaprospettiva il lunghissimo colloquio diore (comprovato) avuto da Dossetti conTogliatti nella nuova sede delle Botte-ghe Oscure nei giorni del Natale ’46. Uncolloquio di cui non si conoscono inmodo diretto gli esiti che però sono de-sumibili da quanto accaduto poi ap-punto in sede di plenaria (non prima). Èinoltre certo che verso metà gennaioDossetti mise al corrente la Segreteriadi Stato.

Nella foto si possonoriconoscere: il primoda sx Nenni, il quartoda sx De Gasperi, ilprimo da dx Togliatti

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La Commissione dei 75. Debolezzadei laici e offensiva di Moro che in-voca la “Pace religiosa” filo vaticanadei Patti

Circa un mese dopo la seduta dellaPrima sottocommissione, ci fu (23 gen-naio) quella della Commissione dei ’75.Però il quadro politico complessivo ita-liano era in grandissima trasformazionee non è possibile trattare dell’art. 7senza tener conto degli avvenimenti. Iprimi dell’anno, De Gasperi era volatonegli Stati Uniti per ristabilire un rap-porto amichevole. Ricevette gesti signi-ficativi di considerazione (fece unintervento al Congresso) e concrete ma-nifestazioni di aiuto (risorse materiali efinanziare subito e in prospettiva). Glistessi echi riflessi in Italia mostravanol’importanza del viaggio. Infatti inquelle settimane si addensava la tem-pesta della guerra fredda, che divenivauna condizione politica internazionale,tale da corrodere, in Italia, la politicaunitaria del CLN. In più, immediata-mente dopo il ritorno di De Gasperi, ametà gennaio avvenne tra i socialisti diNenni la cospicua scissione del PSLI di

Saragat, appunto sulla questione deirapporti con il comunismo e appoggiatadai sindacati americani. Una scissioneche ebbe come primo effetto quello diportare alle dimissioni del secondo go-verno De Gasperi e alla nascita del terzoin cui restò solo il tripartito DC-PSI-PCI. La discussione nella Commissione dei75 parve prescindere dal quadro politicogenerale. Ci fu una seduta unica, cheapprovò la proposta proveniente dallaSottocommissione relativa al primocomma, abbastanza alla svelta, con ilvoto favorevole di tre quarti dei vo-tanti. La discussione sul secondocomma dibatté per lo più questioni teo-riche della cultura politica e del mododi legiferare. Vi furono anche passaggiinteressanti, che vale la pena di richia-mare. Moro ribadì la sua tesi espressa durantei lavori preparatori dicendo “se noi oggirifiutassimo di accogliere i Patti Latera-nensi nella nostra Costituzione, il popoloitaliano non intenderebbe che con ciò sivoglia riformare il Concordato, ma riter-rebbe che la nuova democrazia italianavoglia allontanarsi dai Patti Lateranensi

Passata alla storiacome Commissionedei 75 ne facevanoparte anche 5 delle 21prime parlamentariitaliane. Erano le‘Madri Costituenti’:Maria Federici, An-gela Gotelli, TinaMerlin, Teresa Noce eNilde Jotti.Nella foto tutte e 21le prime donne parla-mentari.

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in cui ha trovato veramente la sua pacereligiosa”. La tesi della revisione delConcordato convinse Einaudi al voto,insieme all’auspicio che venisse pureaggiunto un testo “in riconoscimentoanche dell’indipendenza della scienza”siccome “la scienza nel suo campo è per-lomeno altrettanto indipendente e so-vrana come la Chiesa e la religione”.Invece, sempre sulla tesi di Moro, Ter-racini disse di non ritenere possibile“immettere nella Costituzione un pattoche già a priori è riconosciuto che nonesiste più nella sua interezza e conti-nuità”. Mentre per Perassi, repubbli-cano, non si poteva “inserire nellaCostituzione un richiamo concreto aipatti attualmente esistenti perché pensache non vi siano ragioni per fare agli ac-cordi Lateranensi un trattamento giuri-dico costituzionale diverso da quello chesi fa ad altri trattatiinternazionali”. Nella votazione ancheil secondo comma fu approvato ma conmeno voti favorevoli (il 58%).Si vede con chiarezza che la DC era riu-scita a reperire anche qui i voti che lemancavano. Era stata sì molto rassicu-rante la tesi Moro che faceva intrave-dere la necessità di una riforma delConcordato, ma c’era stata anche unasorta di timidezza dei laici. Non eranostati in grado di formulare una concretaproposta alternativa sul come affrontareil problema concreto e farne oggetto diun dibattito reale nell’opinione pub-blica, che sul tema, in tutte quelle setti-mane, restò marginale.

Il periodo fino all’Assemblea. Iniziala guerra fredda e il ruolo infido delPCI

Passò un mese e mezzo e la proposta diArt.7 arrivò all’Aula dell’Assemblea Co-

stituente che, questa volta sotto la Pre-sidenza Terracini (succeduto a Saragatdimissionario) iniziò i lavori il 4 marzo.Sulla questione rapporti Stato e Chiesala situazione era la medesima, mentre ilquadro politico continuava a fare passidi notevole mutamento. A febbraio (il10) vennero firmati a Parigi i Trattati dipace che conclusero la seconda guerramondiale e di fatto calò il sipario sulclima delle alleanze nel periodo bellico.Tra gli obblighi per l’Italia vi fu la ri-nuncia (che in realtà fu una mediazionefrancese, per noi non negativa in pieno)a quasi tutta l’Istria (salvo la zona in-torno a Trieste) e l’enclave di Pola a fa-vore dell’Jugoslavia. Questo innescòl’esodo degli esuli italiani, già provatidalle tragedie delle foibe, costretti adabbandonare case e arredi in Istria,Quarnaro e Dalmazia. L’esodo da Polaverso l’Italia venne fatto tramite ferro-via e in Italia, stante la presenza al go-verno del PCI (favorevole all’Jugoslaviadi Tito), fu all’origine di contrasti rile-vanti con i militanti della sinistra (in-tervenne anche l’esercito) cheproseguirono poi per anni. Ma intanto ilministro Sereni, del PCI, frapponevaostacoli burocratici d’ogni genere perscoraggiare le partenze e minimizzare ilproblema. Negli stessi giorni, oltreAtlantico, il presidente Truman diffusela dottrina della difesa dei popoli liberie dell’argine al comunismo nel mondo.Era la presa d’atto ufficiale dell’iniziodella guerra fredda.Richiamo queste vicende perché contri-buirono a diffondere anche nel nostropaese una crescente diffidenza per laprospettiva politica del PCI. La que-stione era rilevante perché era chiaroche, dopo il varo della Costituzionedella Repubblica, si sarebbe andati alvoto ed era incerto il risultato. Ragion

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per cui la questione rapporti StatoChiesa acquistava rilievo non solo sottoil profilo dei principi di convivenza nellungo periodo, ma sotto quello dellaconvenienza immediata. Ciò favorivainsieme la linea di Dossetti e dei suoidemocristiani (una Costituzione il piùpossibile aperta alle influenze della reli-gione nelle scelte civili) e la volontà delVaticano di ottenere, mediante l’inseri-mento in Costituzione dei Patti Latera-nensi, una robusta garanzia di duraturorispetto religioso anche nell’eventualitàdi una vittoria elettorale del PCI.Da parte sua, il PCI era prigioniero delleproprie convinzioni e prassi ideologi-che. All’epoca Togliatti proclamavacerta la prospettiva di vittoria del co-munismo sul capitalismo nonché quelladel ruolo decisivo delle masse popolaricui il comunismo faceva riferimento. Ela sua parola faceva testo. Lui era nelpartito dalla nascita nel ’21. Era stato sìsocialista ed interventista nella primaguerra mondiale. Ma subito dopo, lau-

reatosi a Torino (relatore Einaudi), eraapprodato al comunismo per l’influenzadell’amico di studi Gramsci. Nel pren-dere parte ad elaborare le tesi politichedel PCI, affermò, già allora, che erano lemasse la questione centrale (anche per-ché per lui la politica era arte di go-verno). Da metà degli anni ’20 operònell’Internazionale Comunista vivendoall’estero, negli anni ’30 si trasferì aMosca (ove ebbe rapporti sempre piùstretti con Stalin) e divenne tra i mas-simi dirigenti dell’Internazionale. Inquesta veste nel 1936 andò in Spagnacome responsabile per la Guerra Civile.Dunque, vantava ampi contatti interna-zionali oltre diretta e vasta conoscenzadelle relative problematiche. In Italiaera un mito. La sua cultura, plasmatanei duri anni a Mosca, lo rendeva certoche le masse, proveniendo da una sto-ria di sfruttamento, hanno la necessitàassoluta di un’istituzione di elite che leguidi verso la società governata dai pro-letari. Nella situazione politica italianadell’epoca, era naturale che lui – capoe guida del partito nel profondo – sce-gliesse, con la sua forte cautela al con-fine con l’indecisione (giudizio diGramsci), la linea che potesse portare ilpaese il più vicino possibile a corri-spondere a tali due condizioni.

Prendendo atto che gli accordi di Yaltanon avrebbero consentito la presa delpotere da parte del PCI con la forza, unasimile linea aveva due versanti. Unoera stabilire un raccordo il più possibilesolido con i cattolici (esisteva già l’unitàsindacale) e con la DC (in specie quelladossettiana, incline al cambiamentonelle istituzioni civili e nella strutturareligiosa) pur essa rappresentante dellemasse; l’altro era tessere un filo con laChiesa rassicurandola sulla libertà di re-

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ligione e sul ruolo costituzionalmenteprimario del credo popolare cattolicodi quasi tutti gli italiani. Perciò tra-scurava i segnali di cambiamento delclima politico e, in tema di art.7 inse-rito nella Costituzione, percorreva unatraiettoria obbligata con traguardol’approvazione ( oltretutto perché erapersuaso della assoluta necessità dievitare che il mancato inserimento deiPatti in Costituzione portasse a fare unreferendum sul tema dei rapportiStato Chiesa; referendum che, tenutonel clima anticlericale proclamato damolti dei gruppi minori, in testa il Par-tito d’Azione, era ritenuto esiziale peril PCI) . Del resto Togliatti aveva la si-curezza che il Partito lo avrebbe se-guito.

L’art. 7 all’Assemblea Costituente:le carenze laiche, inerzia di Nennie la lotta risorgimentale dei libe-rali. Per il PCI la minore libertà deicittadini vale meno di una alleanza

con le gerarchie cattoliche.

Effettivamente nel corso del dibattito inAssemblea dal 4 fino alla vigilia del 25marzo 1947, furono numerosi gli inter-venti di deputati del PCI contro la pro-posta di art. 7, ma in conclusione finìcome voleva Togliatti.

Dal lato del mondo laico arrivaronomolte critiche al progetto di art.7, manon venne formulato un progetto alter-nativo (che invece formularono leChiese Evangeliche). La radice del pro-blema è riassunta in un illuminante in-tervento di Nenni nel corso deldibattito. Nonostante la discussionefosse sull’inserire o no i Patti in Costi-tuzione, le parole di Nenni (convintoassertore del votare No all’inserirlo) fu-rono “la più piccola delle riforme agrariemi interessa più della revisione del Con-cordato, anche se questa ci apparisseutile”. Per questo non ci fu un progettoalternativo. Salvo un gruppo consi-

25 giugno 1946. Inaugurazione dell'Assemblea Costituente.

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stente di liberali, come Croce (che de-finì l’art.7 “un errore logico ed uno scan-dalo giuridico”), Einaudi, Martino,Bozzi ma non solo loro (vedi PaoloRossi, Lami Starnuti, Cianca, Pacciardi),in una parte nutrita dei laici mancavauna chiara consapevolezza culturalecirca l’utilità civile di avvicinarsi il piùpossibile al separatismo. Alcuni chepure l’avrebbero voluto, erano quasi fol-gorati dalla necessità della pace reli-giosa e dichiararono che, pur contrariall’art.7, l’avrebbero votato (Nitti), te-nendo anche conto che nella Costitu-zione ci sarebbero stati altri articoli agaranzia della libertà religiosa. Peraltro,in genere il rapporto dello Stato con laChiesa era concepito in un’ottica otto-centesca di contrapposizione di potere(fatalmente propensa ai toni anticleri-cali) piuttosto che nell’ottica separati-sta, per la quale istituzione civile ereligione organizzata stanno su pianiordinamentali differenti. Le disquisi-zioni di puro diritto, seppure fondate edesposte con acume, tipico Calaman-drei, erano spuntate sul piano politico,un piano che si inquadra nell’istituzionema non vi si esaurisce, in quanto pre-scinde dall’impegnarsi in termini poli-tici sulla concreta diversità delcittadino. Evitando la strada del separatismo, ilaici nel loro complesso agevolavano leposizioni di tutti i non laici. Quelle dellagerarchia ferma sull’idea che solo ilConcordato può fornire adeguata ga-ranzia di un esercizio autonomo dellafunzione ecclesiale. Quelle degli ateinon laici, come Togliatti e in genere icomunisti, disposti ad inserire nella Co-stituzione il Concordato perché tanto lalibertà del cittadino individuo pesameno del rapporto con il potere reli-gioso organizzato nella Chiesa. Quelle

dei cattolici politici secondo i quali lapace religiosa si ottiene solo ricono-scendo il valore morale della dottrinareligiosa emanata dalla Chiesa cattolicanella convivenza (e che quindi rifiutanoche la convivenza abbia come pernio ildiverso credo di ognuno).

L’art. 7 all’Assemblea Costituente: icattolici. L’ingerenza dell’AzioneCattolica, lo schieramento clericaledi De Gasperi, la condotta ossessivadi Dossetti

In realtà il problema più rilevanteerano, fin da allora, soprattutto i catto-lici politici. Ovviamente per le posizionidi Dossetti, un’anima fortemente con-traria ai liberali e ai laici, ma più in ge-nere per le posizioni dei moltissimiconvinti che la convivenza fosse miglio-rabile solo attraverso la pace dello spi-rito religioso e non dal conflitto tra icittadini secondo le regole. Volerel’art.7, non fu un colpo di mano dei par-lamentari. L’Azione Cattolica premevada tempo e ancora dieci giorni primadel voto finale, scrisse a De Gasperi chel’inserimento era “la minima espressionedella volontà della maggioranza catto-lica… e non si saprebbe prevedere le rea-zioni di tale massa elettorale, qualora sidimostrassero perplessità…”. La setti-mana precedente il voto si tenne il Con-siglio Nazionale DC, che formulòl’auspicio che pretestuosi motivi di “nonspento settarismo antireligioso, non mi-nassero la libertà e la pace religiosa, lequali, se trovarono formale sanzione neiPatti Lateranensi, rappresentarono sem-pre l’aspirazione e la vitale esigenza delpopolo italiano”. Tutti questi sono datidi fatto inaggirabili. Un ampio gruppo di dirigenti politicinazionali cattolici scelse autonoma-

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mente di confermare la validità dei PattiLateranensi quale vitale esigenza dellalibertà e della pace religiosa volute dagliitaliani. La lettura che attribuisce allaChiesa l’imposizione dell’inserimentonel Concordato, non solo enfatizza icontatti riservati che avvennero in queimesi tra esponenti DC e ambienti dellaCuria (mentre rientravano nei compor-tamenti normali), ma distorce il signifi-cato dell’averli tenuti. Non fuun’imposizione, fu una scelta politica diun partito che, quanto allo strumentooperativo, adottò la tesi di Dossettinella convinzione che la pace religiosafosse realmente un passo essenziale peril paese, non meno della libertà (era undi più che anche la Chiesa volesse l’in-serimento per garantirsi dai futuri svi-luppi politici).Per questo De Gasperi, che della DC erail leader indiscusso (nonostante le fortiritrosie politiche di Dossetti) ripresel’argomento e – lui che all’origine avevacriticato la stipula del Concordato – il25 marzo del 1947 intervenne dicendo

“dobbiamo votare in modo che sia fattoappello al mondo libero degli Stati. Ilmondo che ci guarda si preoccupa chequi si crei una Costituzione di uomini li-beri; il grande mondo cattolico si preoc-cupa che qui la Repubblica nasca in pacee in amicizia col Pontefice romano.” ACalamandrei che aveva detto “la pacereligiosa esiste, se volete alterarla votatel’articolo 7”, De Gasperi replicò ”vo-tando contro aprite voi in questo corpod’ Italia una nuova ferita che io non socome rimarginerà”. L’intervento di DeGasperi in un colpo annodava diversequestioni assai importanti per la DC.Con il prevalere nel voto sull’inseri-mento, la pace religiosa diveniva il col-lante politico della nazione ancherispetto alle attese internazionali, eragarantita alla Chiesa l’immutabilità delConcordato per un periodo non breve,veniva sancito il ruolo predominantenella vita politica della stessa DC.De Gasperi tenne un discorso dal tonofelpato. Ben diverso, qualche giornoprima, il lunghissimo discorso di Dos-

De Gasperi du-rante una sedutadella Costituente

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setti. In perfetta linea dottrinale, definìun vecchiume il dilemma laicismo-con-fessionalismo (Jemolo commentò cheper Dossetti lo Stato era solo il mezzoper avviare i cittadini verso la verità re-ligiosa), negò (con sottili distinzioni lo-giche) che l’art.7 costituzionalizzasse lenorme espresse nei Patti Lateranensi,precisò peraltro in dettaglio come talinorme rientrassero nello spirito apertodella Costituzione purché inteso inchiave religiosa. E le ultime parole del-l’intervento furono la citazione di un va-ticinio antiparlamentare: “nelle nuovestrutture noi dobbiamo infondere la pie-nezza integrale della nostra coscienza.Ed è questo il momento in cui verificareil vaticinio del grande Cardinale Gibbon,che sessant’anni fa scriveva: «Il secolofuturo sarà il secolo, in cui la Chiesa nonsi accorderà con i Principi o con i Para-menti, si accorderà con le grandi massepopolari» “.

Il Vaticano impone al partito il votoper l’Art.7.

Il discorso conclusivo di Togliatti si ar-ticolò appunto intorno alla (per luicerta) prospettiva del successo dellemasse, che consisteva nell’unità diquelle socialiste e cattoliche. Non ri-prendo qui l’esame integrale del conte-nuto di quel discorso che ho svolto neln.33 di Non Credo citato all’inizio. Ora,dopo una premessa, accenno solo a duepassaggi chiave. La premessa è che allavigilia del voto Togliatti aveva spiegatoal Partito come, per difendere gli inte-ressi di classe, fosse necessario votare“sì” all’articolo 7; un’indicazione da ri-spettare con disciplina, da cui esentòqualcuno (come Concetto Marchesi) ealla quale risulta che qualcun altro di-subbidì, ma che nessuno riferì in giro. Il

primo passaggio, sono le parole sprez-zanti usate da Togliatti verso chi nonera a capo di grandi partiti, ragion percui definì Croce l’ombra di un passatomolto lontano (la storia ha provato chesemmai era il suo comunismo dellemasse ad essere fuori del mondo). Il se-condo passaggio è il nucleo della poli-tica togliattiana, l’antiseparatismo. Perlui, la religione non è un fatto spiritualedi ogni cittadino bensì un forte centrodi potere; e ciò da titolo alla Chiesa Cat-tolica per trattare dall’esterno con laCostituente che decide sui rapporti re-ligiosi interni. Per Togliatti “non vi ècontrasto tra un regime socialista e la li-bertà religiosa della Chiesa cattolica…”.Quanto alla pace religiosa, “era stataraggiunta nelle lotta di liberazione nelleunità partigiane composte da operai cat-tolici affratellati con militanti comunistie socialisti, e dopo nella grande vittoriadel patto di unità sindacale tra la massacomunista e socialista da una parte e ilavoratori cattolici dall’altra”. Specificòaddirittura che “la pace religiosa è fon-data su due colonne: il Trattato Latera-nense e il Concordato”. Di conseguenza la politica del votare Sì

Benedetto Croce all’AssembleaCostituente del 24 Luglio 1947

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all’art.7 “è quella che meglio corrispondeagli interessi della nazione italiana”. El’assenso del PCI risolveva in partenzala questione dei voti mancanti alla DC,disincentivano i “no”.

La distorta vulgata politica sull’art.7. Giudizio storico e giudizi politici.Concordato e Art.7: due tristi vitto-rie antilaiche del Vaticano

Ho ripercorso con cura le vicende poli-tiche che portarono ad introdurre l’art.7in Costituzione, perché non solo ri-tengo non corrispondente alla realtàstorica il giudizio che attribuisce ogniresponsabilità al volere della Chiesa e alvoltafaccia di Togliatti; ma principal-mente perché ritengo che questo giudi-zio incida in modo negativo sia sullavalutazione storica sia ancora oggi sullaformazione della mentalità politicalaica. Il giudizio storiografico deriva dalconvergere di diversi fattori. L’area comunista diffonde quel giudizio

per presentarsi ai cittadini generica-mente laici e moderati come vittima diun errore politico di Togliatti, e insiemeper presentarsi al mondo cattolicocome una formazione socialmente con-tigua e affidabile nella gestione delpaese. L’area laica e socialista diffondequel giudizio in ossequio ai propri resi-dui anticlericali (distinguendosi anchedai comunisti) e per depistare l’atten-zione dalle gravi mancanze di iniziativapolitica. L’area cattolica (in speciequella impegnata in politica) diffondequel giudizio per scaricare responsabi-lità storiche e per presentare più credi-bile in ambito civile la propriainclinazione religiosa, insieme mar-cando le colpe dei soliti marxisti. L’areadelle destre diffonde quel giudizio perdenunciare l’abituale doppiezza dei co-munisti, e al contempo al fine di alleg-gerire il comportamento della Chiesa,che è la tradizione nazionale. Poi c’è l’altra questione: che questo giu-dizio dell’attribuire alla Chiesa l’aver

papa Pio XII

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obiettivi si realizzò. Appena quarantagiorni dopo, De Gasperi prese atto cheuna parte del suo governo non inten-deva uscire dal perimetro dei partiti dimassa, si dimise e entro maggio varò ilprimo governo centrista, che dava piùpeso al Parlamento (eletto) che allemasse (la cui unità era supposta a tavo-lino). I lavori dell’Assemblea non nevennero turbati, ma la responsabilitàistituzionale, non mutò i giudizi eletto-rali. L’anno successivo l’apporto com-patto dell’Azione Cattolica mostrò chela cultura cattolica era dalla parte dellaDC. Il passare del tempo proverà inol-tre che la logica togliattiana non erastata un episodio e il PCI non sfondava.Il predominio ultraquarantennale dellaDC fu anche favorito dalle carenze poli-tiche dei laici nel loro complesso. Nonaver presentato un’alternativa all’art.7 ha comportato un partecipare al di-battito sterile. Peraltro quelle carenze sisono poi ripresentate dopo in sede dirapporti tra i partiti laici del governocentrista. Su due punti. Il punto dell’ac-cettare supinamente che il PSI prose-guisse nella politica di privilegiare ilmito delle masse, nel presupposto chele emozioni appassionate sul dover es-sere contassero più delle idee e dei passiper costruire la libertà nel convivere(presupposto che porterà il PSI ad ini-ziare a rivedere i legami con il PCI solodopo i fatti di Ungheria, a fine 1956). Eil secondo punto, l’accettare in silenzioche i governi italiani non ci pensasseroneppure ad un’impostazione più sepa-ratista che rimediasse al prevalere degliindirizzi ecclesiali. Tanto che, dopo unventennio in cui non si adempì alle pro-messe fatte alla Costituente dai demo-cristiani di rivedere le normeconcordatarie in contrasto con la Costi-tuzione, fu il Papa Paolo VI a sollevare

imposto l’art7 incide in modo negativosulla valutazione storica. È diffusa unadifficoltà a riconoscere che il 25 marzo1947 non fu una storia di direttive, ditradimenti dei valori, né una questionetecnico giuridica. il 25 marzo 1947 fuun grosso evento politico. Quel giornosi avviò il predominio ultraquaranten-nale della DC quale motore delle istitu-zioni nel bene e nel male. Unpredominio conseguente la sconfittadel dossettismo e del PCI sul punto perloro essenziale, il rapporto preferenzialecon le masse, che la politica DC volutada De Gasperi sostituì di fatto con lacentralità del Parlamento, che avvici-nava al cittadino. Il dossettismo quel giorno aveva vintoin apparenza, ma perché portava acquaal mulino DC. Nella sostanza la lineaDossetti era insensibile ai profondi mu-tamenti in avvio verso la cultura occi-dentale, che toccavano le vicendeinterne della DC, il clima delPaese, quello dell’Azione Cattolica edella medesima Chiesa. Nella prospet-tiva degli anni, il dossettismo non resse.Restarono alla ribalta della DC e delPaese diversi del cerchio degli amici(tipo Fanfani, Moro, La Pira) ma spo-standosi sulla linea tracciata da De Ga-speri (si pensi alla questione del PattoAtlantico) e mantenendo un rapportodi tipo secondario con il dossettismo.Dossetti cinque anni dopo abbandonòla politica e nel ’58 si fece sacerdote. Al PCI la svolta togliattiana non servìallo scopo per cui era stata fatta. L’aper-tura ai desideri della Chiesa doveva rin-saldare nell’immediato il rapporto digoverno con la DC e, in prospettiva,specie in vista delle elezioni politichesuccessive alla nascita della Costitu-zione, togliere alla DC il monopoliodella cultura cattolica. Nessuno dei due

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nel ‘66 il tema modifica del Concor-dato del ’29, poi tenacemente avversataper 18 anni dalla convergenza sotto-banco degli ambienti clericali, anchedella burocrazia italiana. Non solo.Ancor oggi è in vigore la legge del 1929sui culti acattolici ammessi, cheesprime una concezione illiberale e pat-tizia dei rapporti tra Stato e religioniin contrasto con le Intese di cui all’art.8della Costituzione.

La conclusione. Essere laici

Riflettere sull’art. 7 insegna che i laicitradiscono se stessi quando cedono al-

l’illusione che sia più produttivo seguirealtre logiche rispetto a quella laica. D’al-tra parte è evidente che, siccome nelconvivere ognuno è diverso, le cose pos-sono andare secondo logiche non lai-che, più o meno e per periodi vari.Allora, non tradire l’essere laico vuoldire non rinunciare mai ad impe-gnarsi di continuo perché siadottino regole e comportamenti corri-spondenti al metodo laico della libertàindividuale del cittadino autonomo. Peri laici, gli avversari sono i cittadini chefanno governare il clericalismo comu-nitario invece che le diversità.

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Chi siamo

I NONCREDENTI, pari al 18% della popolazione italiana e cioè 11 milioni di persone, sonocorretti cittadini che nel rispetto delle leggi, dell’etica condivisa e della solidarietà umana op-tano responsabilmente per la cultura del dubbio, per la consapevole autonomia della coscienzae per la libertà di pensiero. Essi sono sparsi trasversalmente sui due sessi, in tutto l’arco poli-tico, in tutte le attività e professioni, a tutti i livelli culturali, presenti ovunque sul territorio na-zionale, dalle città alle campagne, ed in tutte le gamme di età.

La NONCREDENZA significa non riconoscersi in alcuna delle tante religioni istituzionaliz-zate, dogmatiche e gerarchiche esistenti: essa è una consapevole identità socio-politico-cultu-rale, tale a qualsiasi titolo e quale che sia la motivazione interiore, culturale o politico-sociale ospirituale, che la ha motivata.

Il NONCREDENTE è un cittadino non necessariamente agnostico o ateo o anticlericale, né ènon spirituale o non sentimentale, né è edonista o cinico o iperrazionalista Il NONCREDENTEè un cittadino etico e leale che non ha altri padroni se non la propria coscienza ed il propriopaese, e che pertanto non si troverà mai nel pericoloso conflitto di dover scegliere tra essi e gliinteressi di una religione e di un clero, quali che essi siano.

La rivista “NONCREDO”: nel liberale, illuministico e tollerante rispetto per tutte le fedi, opi-nioni e credenze, è la legittima democratica identitaria voce culturale di quella vasta categoriadi ottimi cittadini laici che sono i NONCREDENTI.

La Fondazione no-profit “RELIGIONsFREE Bancale”, editrice della rivista “NONCREDO”, èuna libera istituzione culturale “non profit” che intende significare e promuovere una filoso-fia di vita che postula: proviamo ad essere giusti, buoni, spirituali, etici, razionali soltanto perforza interna nostra, per messaggio profondo di un pensiero spogliato delle divisive pulsionidell’ego e che crede nell’amore come energia che ci fa vivere. Tale interiorità non necessita af-fatto di mediazioni ideologiche, organizzate e non disinteressate, quali sono le tante religioniesistenti, con tutte le loro contraddittorie diversità e gli interessi dei loro cleri. Riscopriamo, in-vece, e ricoltiviamo il concetto nobile, socratico, stoico di virtù, che è essa stessa premio a sestessa, che viene dal profondo di un pensiero centrato sull’uomo, soltanto sull’uomo arbitrodella sua pace interiore e di quella con tutti gli altri esseri e con il mondo che lo circonda.

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Nel terzo millennio esiste ancora un ruolo per le religioni?

Milano – Casa della CulturaRelatori: Paolo Bancale, presidente della Fondazione e direttore di NonCredo

Andrea Cattanea, ingegnere, epistemologoHaim Baharier, professore universitario di Ermeneutica biblicaValerio Pacar, professore universitario di Bioetica e Sociologia del dirittoFrancesco Varanini, professore universitario di Antropologia Culturale

Torino – Circoli dei lettoriRelatori: Paolo Bancale, presidente della Fondazione e direttore di NonCredo

Alberto Salza, professore universitario di Antropologia ed EtologiaCarlo Talenti, professore universitario di Linguaggio e Logica delle Scienze socialiCarlo Tamagnone, filoso e storico dell’AteismoYounis Tawfik, professore universitario di Cultura araba e islamicaEdmondo Turci, ingegnere e ricercatore spaziale e monaco buddista

Roma – Libreria CroceRelatori: Paolo Bancale, presidente della fondazione e direttore di NonCredo

Raffaele Carcano, studioso delle religioni e segretario UAARPiergiorgio Donatelli, professore di Bioetica, Università La Sapienza di RomaDaniele A. Gewurz, dipart. Matematica Università La Sapienza di RomaVera Pegna, Federazione Umanista Europea

Pescara - Chieti – Aula Magna – Università di ChietiRelatori: Paolo Bancale, presidente della Fondazione e direttore di NonCredo

Luigi Corvaglia, dirigente dipendenze patologiche ASL di BariAlessandro Gianandrea, antropologo esistenzialeAnnarita Longo, dottorato in filologia umanisticaFrancesco Primiceri, astrofisico

Roma – Aula Magna dei Radicali italianiRelatori: Paolo Bancale, presidente della Fondazione e direttore di NonCredo

Piergiorgio Donatelli, docente di filosofia morale Università La Sapiena di RomaEdoardo Lombardi Vallauri, docente di linguistica Università Roma TreMario Staderini, avvocato e segretario radicali italiani

Torino – Salone Internazionale del Libro di TorinoRelatori: Paolo Bancale, presidente della Fondazione e direttore di NonCredo

Andrea Cattania, ingegnere epistemologoDario Lodi, saggista e criticoCarlo Tamagnone, filoso e storico dell’Ateismo

Roma - Senato della Repubblica - Sala in S. Maria in AcquiroRelatori: Paolo Bancale, presidente della Fondazione e direttore di NonCredo

Sergio Lo Giudice, Senatore della RepubblicaPiergiorgio Donatelli, ordinario di filosofia morale, Università La Sapienza di RomaMaria Gigliola Toniollo, Responsabile CGIL Nazionale Nuovi DirittiFilomena Gallo, Avv. e seg. dell’Ass. “Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica”Maurizio Mori , Ordinario di Bioetica, Università di TorinoValerio Pocar, Ordinario di Sociologia del Siritto e di Bioetica, Università di BicoccaMarina Mengarelli, Sociologa e membro della Consulta di Bioetica

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un’ostia stramiracolata o un vaccino?

Processioni e Ricerca

di Paolo Bancale

“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole…” cantava Pascoli, e il “che cosa” di nuovo staa noi dirlo. In tempi di grandi tragedie naturali, che , come ora, sconvolgono lesocietà umane e atterriscono gli animi usi in questi casi a sperare, di veramentenuovo c’è che di fronte alla drammaticità dell’incalzare del virus, dei tanti mortie della depressiva vita catacombale impostaci dalla minaccia del contagio, la co-siddetta e decantata popolazione cattolica italiana non si prostra più come untempo in processioni, novene, veglie, digiuni implorando pietà e soccorso al Mo-loch trinitario con intercessione di madonne e santi, ma dispera, con sanissimomaterialismo, per la mancanza di farmaci mirati o per l’unica speranza fortementecondivisa che si chiama “vaccino”, rimedio faustiano dovuto alla vittoria della ra-gione e della ricerca umana invece che a salmodianti preghiere. La gente non va a Lourdes o a Fatima o a Campostela, o al sangue di s.Gennaroo reliquie di qualche croce, o da taumaturghi come Antonio o Pio venduti da sem-pre al pubblico credulo e timorato con licenza di truffa miracolosa, né si accu-mulano più pagani ex voto, ma gli unici pellegrinaggi che questo popolo sedicentecattolico fa col cuore in gola sono marce verso ospedali, ospedali, ospedali, luo-ghi di interventi profani e materialistici, umani e soltanto umani, che non cono-scono l’anima ma salvano la vita.Chiedete in giro tra quella gente che ha qualche malato di virus in casa o in cor-sia di scegliere tra Cristo o Pasteur, tra Maria o Spallanzani, tra la Resurrezioneo un Nobel in medicina, tra mille ostie straconsacrate o una sola, anche una solastramaledetta fiala di vaccino, e vedrete da che parte sta il mondo che vive, chesoffre, che teme! I momenti che contano non sono quelli dei ciarlatani che par-lano dai pulpiti delle chiese o a reti tv riunite a mezzogiorno delle domeniche,loro non valgono nulla di più o di meno di quel papa contemporaneo di Garibaldiche minacciava la scomunica a chi si fosse vaccinato durante una epidemia di co-lera poiché ciò avrebbe significato un atto di sfiducia verso la provvidenza divina!E questo mentre i monatti continuavano a scaricare cadaveri.

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Darwin e la questionedell’uomo

I nemici di Darwin

Darwin si è fatto dei nemici. La visionedel mondo che la sua teoria scientificaproponeva scalzava alle radici l’idea re-ligiosa della creazione. Peggio, scalzaval’idea della creazione di un mondo armo-nico da parte di un dio benevolo: “chelibro potrebbe scrivere un cappellano deldiavolo sulle goffaggini, gli sprechi, l’or-renda crudeltà della natura?” scriveva al-l’amico Hooker nel 1856. Peggio ancora:la questione dell’uomo. Privarlo della di-

scendenza divina e farlo discendere dallescimmie!Su questo punto, per la verità, Darwin fumolto cauto. In L’origine delle specie(1859) si limitò a un vago accenno sul-l’uomo, senz’altro per una cautela tattica:per evitare che la sua teoria venisse tra-volta da polemiche ideologiche. Sap-piamo dai suoi Taccuini che aveva uninteresse estremo per la questione del-l’uomo, ma probabilmente prima di af-frontarla voleva vedere la sua teoriascientificamente accreditata. Affronterà

_____________________________________________________________________150 anni fa, nel 1871 Charles Darwin pubblicò il suo “Le origini dell’uomo”rompendo ancestrali equilibri rituali con le vulgate religiose e soprattuttocon l’egemone ermeneutica biblica. A lui va il merito di aver prometeica-mente riscattato l’uomo dall’insulto delle superstizioni deiste, avendo percompagni di questo salto nella autonomia del pensiero: l’eliocentrismo diCopernico, l’inconscio di Freud, la logica socio-economica di Marx e la re-latività di Einstein: questi i cinque “trasgressori” che ci hanno traghettatonel futuro demolendo l’ancien regime delle “certezze innate” dell’ingannoconfessionale. Il pensiero di ognuno di essi ha anche derivato importantiimplicazioni di ordine filosofico, e Darwin particolarmente in ambito so-ciologico. Il loro pensiero ha riscattato i meriti del dubbio euristico e del-l’autonomia del pensiero consentendo l’avvento della scienza moderna ela secolarizzazione della società. (ndr)__________________________________________________________________________________________________________________

di Maria Turchetto, laurea in giurisprudenza, dottorato in filosofia,già docente di Economia politica all’università di Venezia.

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la questione soltanto dodici anni dopo,quando le polemiche erano comunque di-vampate, pubblicando L’origine del-l’uomo (1871).Fermiamoci per ora al titolo di que-st’opera, di cui quest’anno ricorre il 150°anniversario. La traduzione italiana nonrende del tutto l’idea. Darwin intitola lasua opera del 1859 The origin of species,quella del 1871 The descent of man. De-scent, non origin. Descent significa “di-scendenza”, ma anche “discesa”.Discendenza “da qualche forma inferiore[…], approssimativamente un quadru-mane peloso, con la coda e le orecchieaguzze, probabilmente di abitudini arbo-ree e abitante del Vecchio Mondo”, comescrive in quest’opera; discesa (direi ca-duta clamorosa) nel regno animale, conun posto ben preciso nella serie zoologicatra le scimmie del Vecchio Mondo – altroche esseri fatti a immagine di dio e col-locati a un passo dai cherubini! Davverouna “grande mortificazione”, come com-mentò Freud.

Nel corso dei tempi l’umanità ha dovuto sop-portare due grandi mortificazioni che lascienza ha recato al suo ingenuo amore di sé.La prima, quando apprese che la nostraTerra non è il centro dell’universo, bensì unaminuscola particella di un sistema cosmicoche, quanto a grandezza, è difficilmente im-maginabile. Questa scoperta è associata pernoi al nome di Copernico [...]. La secondamortificazione si è verificata poi, quando laricerca biologica annientò la pretesa posi-zione di privilegio dell’uomo nella creazione,gli dimostrò la sua provenienza dal mondoanimale e l’inestirpabilità della sua naturaanimale. Questo sovvertimento dei valori èstato compiuto ai nostri giorni sotto l’in-flusso di Charles Darwin, di Wallace e deiloro precursori (Sigmund Freud, Introdu-zione alla psicanalisi).

E qualcuno non gliel’ha mai perdonata.Per esempio, Benedetto Croce – che sidichiara mortificato e depresso.

Tutte queste teorie non solo non vivificanol’intelletto ma mortificano l’animo, il qualericeve […] l’immagine di fantastiche originianimalesche e meccaniche dell’umanità econ esse un senso di sconforto e di depres-sione e quasi di vergogna (Benedetto Croce,La natura come storia da noi scritta, in “Lacritica. Rivista di Letteratura, Storia e Filo-sofia”, 1939).

Freud e Croce erano temporalmente vi-cini alla “rivoluzione darwiniana”: le lororeazioni – rispettivamente da “amico”(Freud) e da “nemico” (Croce) – sonoperciò comprensibili. Meno comprensi-bile è che esistano ancora oggi “nemicidi Darwin”, a un secolo e mezzo di di-stanza dalla pubblicazione delle sueopere, dopo che la sua teoria è diventataun quadro irrinunciabile per la biologia.L’attivismo antidarwinista è iniziatonegli USA con le campagne dei cristianifondamentalisti contro l’insegnamentodella teoria dell’evoluzione nelle scuole;è approdato a suo tempo anche in Italia:nel 2004 l’allora ministro dell’istruzioneLetizia Moratti eliminò con un decretol’insegnamento della teoria dell’evolu-zione dalla scuola dell’obbligo; nel 2009il vicepresidente del CNR de Mattei or-ganizzò un convegno creazionista (finan-ziato dal CNR!), coprendoci di ridicolodi fronte al mondo intero… Nella coltaEuropa, tuttavia, questi atteggiamentidegni del “terrapiattismo” hanno scarsapresa, per cui i “nemici di Darwin” si at-taccano a un argomento residuo e per laverità assai debole: Darwin sarà statoanche un bravo scienziato, ma fu un cat-tivo maestro, perché dalla sua teoria è de-

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rivato il “darwinismo sociale”, una teo-ria assai poco caritatevole che discriminapesantemente i deboli giustificandonel’emarginazione.

Darwinismo sociale

Ma che cos’è il darwinismo sociale? Ri-porto la definizione dell’Enciclopedia Fi-losofica Garzanti:

Mentre Darwin si era limitato ad applicarela teoria dell’evoluzione all’ambito biologico[...] i fautori del darwinismo sociale affer-marono l’esistenza di un’analogia tra l’evo-luzione biologica e quella sociale umana. Difatto, il darwinismo sociale ha giustificatoposizioni normative opposte, come da unaparte quella di Marx (che intendeva dedicarea Darwin Il Capitale) o di G. B. Shaw, en-trambi difensori di prospettive egualitarie, edall’altra quella di Spencer o di Summer, cheusarono la selezione naturale per giustificare

[...] disuguaglianze sociali diffuse.

La definizione tratta dalla Garzantina difilosofia è largamente inesatta. Sì, Dar-win si limitò “ad applicare la teoria del-l’evoluzione in ambito biologico” – mafece anche di più, si arrabbiò parecchiodi fronte ai primissimi tentativi di esten-dere la sua teoria all’ambito sociale: “Ungiornale di Manchester ha ridicolizzato lamia teoria affermando che io avrei dimo-strato che la ragione è del più forte e per-tanto che Napoleone è nel giusto e cheogni commerciante che raggira i clienti ènel giusto”, scrisse a Lyell nel 1861. E sì,il “darwinismo sociale ha giustificato po-sizioni normative opposte”, egualitarie edantiegualitarie. Ma Marx non ha mai pen-sato di dedicare Il capitale a Darwin. Sitratta di un vecchio malinteso, sfatato datempo. Tra la corrispondenza di Marx,

La HMS Beagle fu un brigantino a dieci cannoni della Royal Navy che ospitò abordo l'allora giovane naturalista Charles Darwin, il cui lavoro rese la Beagle unadelle più famose navi della storia.

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conservata dopo la sua morte dal generoEdward Aveling, si trovò una lettera diDarwin che si apriva con un convenzio-nale e anonimo “Dear Sir” e che rifiutavauna dedica. La lettera, in realtà, era indi-rizzata – come è stato appurato – ad Ave-ling e non a Marx. Aveling era uno deimembri più attivi della società dei liberipensatori, autore de Il credo di un ateo esoprattutto del libretto divulgativo intito-lato The student’s Darwin, che avrebbeappunto voluto dedicare a Darwin. Il pru-dente Darwin – che aveva adottato per sél’espressione “agnostico” per non defi-nirsi apertamente “ateo” – rifiutò. E lastoria è tutta qui… senza ulteriori impli-cazioni di Marx che nei confronti di Dar-win era anzi un po’ supponente.Ma vediamo di definire con più preci-sione il “darwinismo sociale”. All’epocadi Darwin, due autori soprattutto tenta-rono di applicare la teoria dell’evolu-zione all’ambito sociale, secondo duedirezioni abbastanza diverse: HerbertSpencer e Francis Galton. Spencer for-mula una sorta di apologia del mercato,basata su una semplice analogia: come lalotta per la sopravvivenza nello stato dinatura seleziona gli organismi più adatti,così la concorrenza nel mercato selezionagli individui “migliori” (da notare che iltermine “migliore” non è affatto sino-nimo di “più adatto”). Galton sostiene in-vece che la selezione sociale spontanea èinsufficiente, anzi si attenua con il pro-cedere della “civilizzazione” che aiuta ipiù deboli: dunque è necessario intro-durre una selezione artificiale istituzio-nalizzata per evitare una progressiva“degenerazione” della specie umana.Galton è considerato il padre dell’euge-netica.Diciamo subito che Darwin non ha nulla

a che fare con queste idee, innanzituttoper motivi eminentemente teorici rintrac-ciabili già in L’origine delle specie. Ve-dremo poi cos’altro aggiunge nell’operasuccessiva, L’origine dell’uomo. Inprimo luogo, Darwin non condividel’idea di progresso, che è invece centralenell’elaborazione di Spencer (come di-mostra l’uso del termine “migliore” cheabbiamo rimarcato: l’evoluzione va… dibene in meglio!); è addirittura cauto nel-l’usare il termine “evoluzione”, che adot-terà tardi e con riluttanza (l’evoluzionenon va… da nessuna parte, se non “alladeriva”, in un moltiplicarsi si differen-ziazioni, di vie ramificate e spesso inter-rotte). In secondo luogo, Darwin noncondivide l’idea di degenerazione, cherappresenta invece l’ossessione di Gal-ton: ne troviamo una precisa contesta-

Prima edizione di L'origine delle specie (1859)

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zione nei primi capitoli de L’origine dellespecie, in cui tale idea viene bollata come“prescientifica”, presente nella mentalitàpratica degli allevatori.

La questione dell’uomo

In ogni caso, Darwin la pensava in modoaffatto diverso, rispetto a Galton e aSpencer, riguardo all’uomo e alla societàumana, come possiamo evincere daL’origine dell’uomo.Come ho detto, Darwin fu molto cautonell’affrontare la questione dell’uomo:con ogni probabilità non voleva che lasua teoria venisse travolta dalle polemi-che. Ma le polemiche scoppiano ugual-mente. Gli amici e collaboratori diDarwin si espressero sulla questione su-bito dopo la pubblicazione de L’originedelle specie. Charles Lyell, celebre geo-logo, pubblica nel 1863 Le prove geolo-giche dell’antichità dell’uomo, parlandodei tempi lunghi – diversi da quelli bi-blici – dell’evoluzione umana. ThomasHenry Huxley pubblica nello stesso anno

Il posto dell’uomo nella natura. AlfredRussel Wallace pubblica nel 1864 L’ori-gine delle razze umane e l’antichità del-l’uomo dedotte dalla teoria dellaselezione naturale. Quest’ultima èun’opera importante anche sul piano po-litico dal momento che la questione dellerazze, in tempi in cui era ancora moltoviva la discussione sull’abolizione dellaschiavitù, vedeva schierati su fronti op-posti i “poligenisti”, che sostengono l’ap-partenenza dei neri e dei bianchi a speciediverse, e i “monogenisti” (come lostesso Wallace) che sostengono invecel’appartenenza alla stessa specie.Il testo di Wallace è interessante ancheper un altro aspetto. L’autore si chiedecosa distingua davvero l’uomo dagli altrianimali, sottraendolo alle determinazionistrettamente biologiche. La sua rispostaè limpida: in natura gli animali si trovanoin una situazione di dipendenza indivi-duale dal proprio stato e dal proprio am-biente; l’uomo invece rispondesocialmente: conosce la cooperazione ela divisione del lavoro, è socievole e

Il viaggio del Beagle

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compassionevole, aiuta i deboli, colla-bora per far fronte alle difficoltà. Queste“facoltà veramente umane” rendonol’uomo “un essere a parte”.La risposta non piace del tutto a Dar-win… che finalmente si decide a scriveredell’uomo. Come Wallace, Darwin è mo-nogenista. Di più, non solo le diverse“razze” umane appartengono alla stessaspecie, ma il concetto stesso di razza èfortemente discutibile.

L’uomo è stato studiato più attentamente diqualsiasi altro animale, eppure c’è la piùgrande varietà di giudizi fra le persone com-petenti riguardo a se possa essere classifi-cato come una singola razza oppure due(Virey), tre (Jaquinot), quattro (Kant), cinque(Blumenbach), sei (Buffon), Sette (Hunter),otto (Agazzis), undici (Pickering), quindici(Boy de St. Vincent), sedici (Desmoulins),ventidue (Morton), sessanta (Crawford) osessantatré secondo Burke [...] Le razzeumane non sono abbastanza distinte tra loroda abitare la stessa regione senza fondersi; el’assenza di fusione offre la prova usualedella distinzione tra specie (Charles Darwin,L’origine dell’uomo e la selezione sessuale).

Come Wallace anche Darwin preferisce i

comportamenti solidali e cooperativi ri-spetto a quelli competitivi (a differenzadi Spencer, come abbiamo visto, per ilquale la competizione è la molla del pro-gresso; a differenza di Galton, per ilquale la troppa solidarietà porta alla de-generazione). Ma i comportamenti coo-perativi e altruistici si riscontrano anchenegli animali. L’uomo, dunque, non è un“essere a parte” nemmeno per questoaspetto. Il detto “homo homini lupus”non rende giustizia all’uomo, che è un“animale sociale”. Ma non rende giusti-zia nemmeno al lupo, animale eminente-mente gregario e cooperativo. Lacooperazione, l’altruismo, i comporta-menti sociali non ci separano dagli ani-mali: al contrario, devono portarci aricomprenderli nella nostra visione mo-rale.

Col progredire dell’uomo verso la civiltà el’unificarsi delle tribù in comunità più ampie,la più semplice ragione dovrebbe dire a cia-scun individuo che egli dovrebbe estendere isuoi istinti sociali e le simpatie a tutti i mem-bri della stessa nazione, anche se a lui per-sonalmente ignoti. Raggiunto questo punto,vi è solo una barriera artificiale che gli im-pedisce di estendere le sue simpatie agli uo-mini di tutte le nazioni e razze […]. Lasimpatia oltre i confini umani, cioè l’umanitàverso gli animali inferiori, sembra che siauna delle ultime acquisizioni morali … Que-sta virtù, una delle più nobili di cui sia prov-visto l’uomo, sembra che sorga per casodalle nostre simpatie, che si vengono semprepiù teneramente e ampiamente diffondendo,fino a che si estendono a tutti gli esseri vi-venti (Darwin, L’origine dell’uomo).

Come può Darwin – questo grande scien-ziato, quest’uomo gentile – essere consi-derato il padre del darwinismo sociale?

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privilegi e inganni della ingombrante e ostile presenza vaticana dentro il territorio italiano

di Maria Gigliola Toniollo, Senior Consultant, Synergia - Initiatives for Human Rights

Il contratto

Si sa, toccò al Duce ricomporre: un PioIX sdegnato, offeso dalla breccia diPorta Pia, confinato nei peraltro princi-peschi palazzi vaticani amabilmenteconcessi dalle clausole dell’armistizio,aveva scomunicato re, governo e parla-mento italiani. Benito Mussolini usò isoliti metodi, vecchi ma straordinaria-mente efficaci: una ricca convenzionefinanziaria e una sottoscrizione di fer-ree condizioni di favore, i Patti Latera-nensi, scorie clerico fasciste con cuil’Italia ancora oggi non ha fatto vera-mente i conti. Di quella particolare legatra Stato e Chiesa va detto, dato chel’impegno papale a “istruire” i preti del“regno” affinché sostenessero un fasci-smo ancora agli albori e l’osanna catto-lico “all’uomo forte contro ilcomunismo” contribuirono a dotare ilregime di uno strabiliante risultato alleelezioni politiche. Ma non fu lo scan-dalo peggiore, dato che nel Il ’46, nono-stante gli intenti laici e pluralisti deipadri costituenti, il testo concordatariofu inserito nella Costituzione, con l’in-decoroso sostegno del Partito Comuni-sta “in nome della pace religiosa”. Lesuccessive modifiche dell’84 cancella-vano il riferimento alla “sola religionedello Stato”, ma il guaio era ormai fattoe il sentire politico di una religione di

Stato, in particolare dentro lo Stato ita-liano, si era troppo profondamente radi-cato nel sentire comune, tanto che pesafortemente ancora oggi, altre modifichemoderavano l’insegnamento della reli-gione nelle scuole e soprattutto sostitui-vano la congrua con un otto per millecaratterizzato da problematiche involu-zioni, come il meccanismo delle sceltenon espresse, criticato invano anche dallaCorte dei Conti.

Fra i tanti privilegi e scandali

Lo spirito dell’ingombrante presenza va-ticana nel territorio italiano si caratte-rizza, fra gli innumerevoli aspetti, inpesanti esoneri fiscali di favore, nono-stante la costante contestazione dei giu-sti, nonché della Corte di GiustiziaEuropea, privilegi che si diffondono dalVaticano a lunghi inventari di enti noncommerciali, tra cui organizzazioni divolontariato, fondazioni, organizzazioninon lucrative di utilità sociale, organiz-zazioni non governative, pro loco, patro-nati, enti pubblici territoriali, aziendesanitarie, istituti previdenziali e associa-zioni sportive dilettantistiche e via di se-guito. Restano ancora oggi “alleggeriti”gli edifici adibiti ad attività religiose e lus-suosi hotel, purché ospitino una cappelladi culto.... Un bello sconto agli enti ec-clesiastici è anche l’esenzione dall’impo-

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sta sul reddito delle persone fisiche pertutti i lavoratori della Santa Sede e dellaCittà del Vaticano. La storia degli scan-dali finanziari vaticani è, in ogni caso,assai folta e resta avvolta dall’oscurità: dal“banchiere di dio” Paul Marcinkus, allemazzette di Tangentopoli, alle fughe didocumenti sugli intrighi economici dellaSanta sede, alla governance dello Ior, alfavoloso attico del cardinal Tarcisio Ber-tone: indagini fortemente volute proprioda Bergoglio, quelle degli ultimi anni, sufatti che non sarebbero mai emersi inqueste dimensioni e che per il ponteficesono sì un successo d’immagine perso-nale, ma anche la dichiarazione più espli-cita di un drammatico fallimento.Difficile stimare il peso economico ditutti questi costi sulla nostra economia,dato che né la Conferenza Episcopale négli enti di Stato hanno interesse a renderlinoti.

Segreti, giustizia, ingerenze

L’onere peggiore nell’ingombrante baga-glio concordatario è costituito dalle pe-santi invadenze delle gerarchieecclesiastiche nella vita politica del no-stro Paese, richiami che tendono e spessoriescono a limitare e a ostacolare la li-bertà di azione dello stesso Governo. Sto-rico l’intervento “ufficiale” contro la leggeFortuna Baslini con le “mogli che sareb-bero scappate con la serva” di fanfanianamemoria... Ma i casi non si contano e frai tanti diritti da far rispettare, il matri-monio tra persone dello stesso sesso, lagenitorialità nelle famiglie omoparentali,il testamento biologico e l’eutanasia, ilprogresso e la ricerca scientifica hannosubito e continuano a subire i più inde-biti “non possumus” vaticani,. Da un’etica fondamentalista e anti-liber-taria ha avuto origine, per esempio, il

mostro che è stata la legge sulla feconda-zione assistita, nel cui processo di appro-vazione le gerarchie vaticane sepperoesprimere il loro peggio con la richiestadi astensione nel referendum conferma-tivo. Si trattava di una legge lesiva dellalibertà, classista, pericolosa per la salutedella donna, ostacolo alla scienza, nellaquale figurava uno Stato che si sostitui-sce al medico entrando nel merito delleprocedure terapeutiche, imponendo trat-tamenti sanitari a persone contro la lorovolontà, discriminatoria con i ricchi liberidi andare all’estero a fare quello che nelproprio Paese è vietato e gli altri ad ar-rangiarsi. Una legge rimessa tuttavia to-talmente in discussione dai nostrimigliori giuristi, in testa Filomena Gallodell’Associazione Luca Coscioni per la Ri-cerca Scientifica,

Le guerre interne

Fra le gerarchie vaticane diverse, spesso“assai” diverse, sono le posizioni politichee ogni volta che l’attuale papato dimostrasimil-aperture, ma soprattutto quando siadopera per disaggrovigliare certe intri-catissime e oscure matasse finanziarie in-terne, c’è chi all’interno va in isteria:“Eresie materiali, eresie formali, idolatria,superficialità di ogni sorta: il Sommo Pon-tefice Bergoglio non cessa di umiliare per-vicacemente la più alta autorità dellaChiesa, demitizzando il Papato”, eccol’alta visione dell’ex nunzio apostolico aWashington, Carlo Maria Viganò, arcive-scovo uso a benedire le piazze negazio-niste di Forza Nuova, allineandosialle posizioni fondamentaliste e anti-scientifiche di chi persiste nel vedere, peresempio, l’omosessualità come patologia. E a proposito di omosessualità, l’intervi-sta a Bergoglio rilasciata a una tv messi-cana nel maggio 2019, nulla diceva di

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nuovo rispetto alla ferma contrarietà pa-pale al riconoscimento delle libertà ses-suali delle persone: una immaginevagamente umanitaria di gay, lesbiche etrans non è novità, come non è novitàl’antica posizione favorevole ad alcuneprotezioni di legge del pontefice, pezzoforte degli anni dell’Argentina, pur di nonavallare il matrimonio tra persone dellostesso sesso. Tanto rumore per nulla, manon si può non notare che la deflagra-zione in pieno autunno di certe pseudo-aperture cade giusto dentro l’ennesimoscandalo finanziario, quello sulla figuradell’ex prefetto della Congregazione perle Cause dei santi Giovanni Angelo Bec-ciu.

Segreti, giustizia

L’abrogazione del Concordato è semprestata in testa alle battaglie libertarie peruno Stato laico e indipendente, contrap-posto a quello in soggezione, garante diprivilegi per gli uomini -molto meno perle donne- di religione, contro il principiodi eguaglianza tra cittadini e cittadinecome, per esempio, nell’aver deliberatogli enti centrali della Chiesa cattolica“esenti da ogni ingerenza da parte delloStato italiano”, con la conseguenza di re-ligiosi a lungo esonerati da qualsiasi col-laborazione con le nostre autoritàinvestigative, circostanza che ha storica-mente favorito l’impunità ecclesiastica,per esempio, nei reati di pedofilia delclero, tanto che persino il Comitatodell’Organizzazione delle Nazioni Uniteper i Diritti dell’Infanzia aveva chiesto al-l’Italia di rivedere tali norme concordata-rie. Il 2019 si era chiuso con l’annunciodell’eliminazione del segreto pontificiosui processi per pedofilia da parte dellaSanta sede, ma la collaborazione tra Stati

in tema di “questa” giustizia rimane tut-tavia assai oscura.Le ingerenze vaticane nella vita politica esociale dello Stato italiano si manifestanoin impressionante e costante sequenza,direttamente con contatti febbrili e titolia grande impatto sui giornali o con l’ausi-lio di parlamentari “devoti”, semprepronti a rinnegare il loro giuramento allaRepubblica: rosari, santini... un caso di ci-licio manifesto, spesso insomma un castdi baciateche e baciapile, con rare ecce-zioni, dentro il quale in genere ballano in-teressi tutt’altro che spirituali, inclusa labramosia del voto cattolico...e proprio aquesti politici toccherebbe l’incarico ditutelare la nostra laicità contro certe vec-chie tonache? Di trovare le strade perabrogare il Concordato? Disperiamo,anche se l’alto compito potrebbe non es-sere così poi alto, dato che a detta dei giu-risti, l’articolo 7 della Costituzioneconsentirebbe, proprio per sua struttura,una rinuncia unilaterale da parte delloStato italiano alla convenzione.

Un’etica laica

Fariseismo e superstizione suggestionanoi popoli, soprattutto il nostro, in granparte superficiale, non certo con la sem-plicità sprovveduta dei corni, dei tali-smani e delle immaginette, maaccreditando fenomeni profondi di oscu-rantismo, di incoerenza, di ipocrisia ed èevidente che ciò che si è costruito nei se-coli nel nostro Paese in termini di demo-crazia, di autodeterminazione e di libertàpersonale, valori fondanti del mondo oc-cidentale, si è costruito non con la Chiesa,ma nonostante la Chiesa. Le gerarchie ec-clesiastiche professano un principio per ilquale solo chi crede ha un’etica e rinne-gano la possibilità di un’etica laica...

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significato/linguaggio del sintomo:

il totem della sofferenza

a cura di Grazia Aloi, psicoanalista

Parto dalla conclusione per esplicitare come il sintomo porti in sé sia unsegno, sia un simbolo e, pertanto, come sia legittimo rifarsi al simboli-smo totemico della sofferenza. Il sintomo è contenuto e sostanza da de-codificare; il segno è assunzione di indice per qualcos’altro; il simbolo èil riconoscimento della perdita per la ricomposizione. La sofferenza è unsintomo offerto all’osservazione e all’interpretazione comprensivo di unaperdita che deve essere posta fuori da sé e soggetta a ricerca di riempi-mento dello spazio. Dunque, il sintomo diventa predatore di perditanarcisistica che impone una significazione simbolica a cui dedicare laperdita stessa; ciò che l’interezza perde è gratificato dalla ricerca di riem-pimento per la ricostruzione, riempimento che da fatto simbolico di-venta esso stesso fatto concreto. L’interezza è reclamata dalla sofferenza e quindi il sintomo diventa“parola” che descrive la frattura dell’intero. Ne deriva la necessità cheogni terapia della sofferenza debba diventare decifrazione, interpre-tazione della “parola” e ricongiunzione differentemente significata, penala ricongiunzione con una successiva parola-frattura quale saturazionedel vuoto narcisistico/depressivo (narké).

Quali soluzioni? quelle che la clinica delle patologie depressive consentonoe che riguardano, in un ampio spettro, le patologie dell’affettività, ivi com-prese ansie per ciò che non si conosce (il Perturbante di Freud). Ciò implicauna ricerca oggettiva di comprensione che non può essere singolarmente ocollettivamente di rimedio. Oppure quella della ribellione che fa pensareche trovare il lato “buono” della parte mancante potrebbe equivalere atrovare la perdita stessa e ne è dimostrazione il fatto che tutti, più o meno ebene o male, ricerchino soluzioni simili, a dimostrazione che il totem è delclan.

Occupazioni riempitive significano davvero trovare la parte monca, oppuresono difese davanti al terrore del vuoto? Sì, se non si considera che il sintomonon è modificante; no, se si considera che esso non lascia nulla di immu-tato. Il nuovo deve modificare l’interezza sia pure con lo scopo precipuo diricomporla e nella risanata interezza del Sé bisognerebbe essere audaci nellinguaggio interiore per evitare possibili ritorni a stati anteriori. Infatti, lasofferenza non può essere alienata in assoluto; essa è solo spostamento daun totem all’altro, differentemente significato e differentemente condotto.

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Il Vicariodi Rolf Hochhuth

di Dario Lodi, saggista

Quando debuttò nel 1963 a Berlino, IlVicario del commediografo tedesco RolfHochhuth (1931-vivente) causò un ter-ribile putiferio. Il motivo sta nel fattoche l’opera teatrale va diritta contro lafigura di papa Pio XII che secondo l’au-tore (e certo non solo lui) ebbe un at-teggiamento acquiescente verso laShoah nazista, arrivando a formularel’accusa di complicità della Chiesa conHitler. La reazione ecclesiastica fu furi-bonda, specialmente quando due annidopo l’opera fu rappresentata a Roma,con l’ottimo Gian Maria Volontè, perinteressamento dell’altrettanto ottimoCarlo Cecchi. Fu una serata, in un teatrorimediato, cosicché la cosa fosse clan-destina, in cui volarono gli stracci ec-clesiastici, con reazioni dello stessosistema laico che, spaventato, si rifeceimmediatamente ad alcune norme delConcordato del 1929 fra Stato e Chiesa(uno dei tanti regali di Mussolini) cheimpedivano critiche ai comportamentidel papa (ovviamente sarà impedita lareplica). Quella sera intervenne addirit-tura la polizia, la troupe intera non slog-giò, bensì si asserragliò per giorni nellocale, facendo lo sciopero della fame

(uno sciopero, tuttavia, per modo didire: si scoprì, infatti, che filtravano vi-veri, i giornali ne parlarono e la protestasi sgonfiò). Il Vicario fu riproposto moltianni più tardi, ma non ebbe mai con-sensi numerosi, anche perché la suapubblicizzazione fu quasi insignifi-cante. Il mondo laico non voleva en-trare in conflitto con quello religioso. Sinascondeva dietro il modesto paraful-mine offerte dai capitoli concordatarifra Roma e Vaticano. In buona sostanza,l’enorme indifferenza delle istituzionilaiche favorì una politica d’insabbia-mento delle nefandezze tedesche nelcorso della Seconda guerra mondiale. Ilfenomeno era scaturito dalle presunteconvenienze americane nei confronti diun alleato tedesco in grado, all’occor-renza, e con il caratteristico interventostatunitense, di opporsi all’orso russo.In quegli anni si era in piena GuerraFredda, un’epoca che si chiuderà (manon definitivamente, almeno in sensoformale) nel 1989 con la dissoluzionedell’Unione Sovietica. La Germania eravista come una buona testa di pontecontro le pretese di Mosca (peraltronon sancite nell’incontro di Yalta poco

TEATRO E RELIGIONI

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prima della fine della guerra mondiale). Ragioni politiche, gonfiate, si opposeroquindi, alle rivelazioni sdegnate dellagente di buonsenso, dignitose e giuste,sui delitti nazisti (e su quelli stalinisti,coperti dall’alleanza di Stalin contro laGermania: ma ben altra cosa rispetto aldisprezzo totale di Hitler verso gli “in-degni” di vivere, secondo un metroaberrante) e sulle varie connivenze,vuoi per noncuranza, vuoi per quieto vi-vere, oltraggioso e vergognoso, e vuoiper paura di conseguenze fisiche, neitempi particolarmente bui, contro lequali si sacrificavano volentieri le que-stioni morali. Tutti quelli che avrebberopotuto fare qualcosa e non alzarono undito, volle dimenticare in fretta, mentrela gente comune, tenuta all’oscuro, fecefatica, a guerra ampiamente conclusa,sapere qualcosa, grazie al coraggio digiornalisti non sempre alla ricerca delsolo sensazionale. E grazie a intellet-tuali come Hochhuth, la cui dramma-turgia è impegnata in modo del tuttospiazzante. Ma più grave di tutto fu il silenzio dellaChiesa (salvo qualche azione diploma-tica di secondo piano e qualche salva-taggio, di gente destinata ad Auschwitz:fece meglio la piccola Bulgaria che, ben-ché alleata, si rifiutò di cedere i propriebre ai boia tedeschi) tramite un perso-naggio che sarà poi molto discusso: PioXII. Il papa assistette, sostanzialmentesilenzioso, inerte, alla retata degli ebreiromani dell’ottobre 1943 (il giorno 16,dalle 5.30 alle 14.00) avvenuta pratica-mente sotto le finestre del Vaticano. Ilclero conosceva benissimo la fine cheavrebbero fatto questi poveri esseri

umani. La carità cristiana mancò quasidel tutto nella Seconda guerra mon-diale. Prevalse il concetto dello Stato asé, il Vaticano appunto, sull’ecumeni-cità della Chiesa. Il proprio tornacontocinico sulla pietà cristiana. Il papa,come rivelò molto più tardi, il cardinaleTarcisio Bertone, si limitò a emanare uninvito alle parrocchie affinché offrisseroriparo agli ebrei. Non va dimenticateche le persone romane di origineebraica deportate quella notte sotto gliocchi del pontefice, furono 1007 (uo-mini, donne, bambini, addirittura unneonato) di cui si salvarono solo 16. Hochhuth punta il dito contro l’orroredel comportamento ecclesiastico (salvopersonali episodi eroici, che furono nu-merosi, ma per lo più eseguiti da privaticittadini) e non deflette, lui tedesco, dauna solenne condanna del suo popolo edei tanti complici, diretti e indiretti. As-sistere a Il Vicario imbarazza e indigna.Commuove. Mette in discussione gliimpianti sociali moderni, condizionatidal peggior spirito della Rivoluzione In-dustriale, e squalifica la Chiesa in ge-nere e quella cristiana in particolare perla mancanza di sensibilità, per le con-traddizioni di cui si fece vittima, per lavoluta distrazione: il drammaturgoparla apertamente di connivenza con gliassassini. E non è difficile dargli ra-gione. L’opera fa riflettere profonda-mente e invita a una reazione dignitosae urgente che seguita, purtroppo, a ri-manere all’orizzonte, essendo pesante-mente sacrificata la cultura con la Cmaiuscola (che è per fortuna indoma-bile).

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la scienza moderna e il“pensiero magico”

_____________________________________________________________________La frattura che separa la visione del mondo propria del pensiero classicoda quella introdotta dalla fisica quantistica e, in parte, dalla relatività,offre diversi spunti: da un lato a chi cerca di sminuire il ruolo della scienza,dall’altro a chi sostiene la credibilità degli eventi soprannaturali. (ndr)__________________________________________________________________________________________________________________

a cura di Andrea Cattania, ingegnere e epistemologo

Quattrocento anni di cultura scientificahanno prodotto più conoscenza

di millenni di metafisica (Silvano Fuso, I nemici della scienza)

Da almeno due secoli gli scienziatihanno preso le distanze da una visionemeccanicistica della realtà. Questaaveva raggiunto la massima diffusionea cavallo tra il diciottesimo e il dician-novesimo secolo con Pierre-Simon La-place e con la sua Mécanique céleste(1799), quando la regina delle scienzeera la meccanica nella versione newto-niana e nessuno si sarebbe sognato dimettere in discussione determinismo ecausalità. Come è largamente noto, ilprimo colpo a queste certezze venne in-ferto dalla critica relativistica alla con-cezione di uno spazio e di un tempoassoluti, a partire dai primi anni del No-

vecento e, dopo un quarto di secolo, dalprincipio di indeterminazione. Tantoche, oggi, solo qualche sprovveduto at-tacca la scienza accusandola di mecca-nicismo.

Le scienze naturali e il soprannatu-rale

Chi si accosta alla corrente diatriba sul-l’interpretazione della fisica quantisticadeve saper distinguere fra dichiarazioniscientifiche e affermazioni attinenti aldominio dell’epistemologia. Le primerichiedono il conforto della sperimen-tazione, le altre sono opinioni che, inquanto tali, possono essere condivise omeno. Ma nel dibattito si inseriscononumerose voci interessate non tanto adapprofondire gli aspetti epistemologicidel problema, bensì al tentativo di rein-

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trodurre affermazioni che appartene-vano al dominio della metafisica o almondo del soprannaturale. Ci concen-treremo, in questo articolo, sulle se-conde. Lo studioso che affronta conmentalità scientifica il mondo del so-prannaturale dovrebbe evitare l’atteg-giamento sprezzante di chi lo consideraunicamente espressione di ignoranza omancanza di consapevolezza scienti-fica. O, quanto meno, dovrebbe sempredistinguere con la massima chiarezza eonestà intellettuale fra l’evoluzionedella cultura magica prescientifica (equanto di essa sopravvive ancor oggi inaree del pianeta lontane dall’attualeconsapevolezza scientifica) e il suo uti-lizzo per motivi altri, dai più innocui(pensiamo ad esempio agli oroscopi ealla divinazione del futuro), fino ai piùsubdoli, come l’uso dei miracoli daparte delle religioni.

Scienza e credenze magiche

Da un lato, infatti, non possiamo fare ameno di sottolineare l’importanza delruolo del soprannaturale nelle culture

umane dell’antichità, il cui studio è “unlungo percorso fatto di misteri, antichisaperi, lingue ormai sconosciute e cul-ture lontane”. Questo viaggio affasci-nante e, a volte, terrificante vienedescritto in diversi testi anche prege-voli, dove si parla di “riti tribali, canti digruppo, miracolose guarigioni, lingue in-comprensibili ed epiche imprese che con-traddistinguono gli arcani sciamani e leloro comunità.” Il riferimento è in que-sto caso a un testo pubblicato nel 2018 acura di Carlo Boffi, Custodi del sopran-naturale, che descrive come sia nato esi sia evoluto il “pensiero magico”, ri-percorrendo le tappe della storia dellamagia come un cammino parallelo afianco della “storia ufficiale”. Senzanulla togliere alla serietà con cui ven-gono descritti sacrifici umani, viaggi co-smici, il potere degli oracoli o le affinitàe le differenze fra maghi, sciamani, gua-ritori e stregoni, tuttavia -quando sipassa dalla storia alla narrazione del so-prannaturale nell’epoca attuale- non cisi sottrae alla tentazione di sostenereche maghi e sciamani siano i precursoridella scienza moderna.

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Partendo dalla tesi che le credenze ma-giche nascano da una particolare com-binazione di spazio e tempo, definitirispettivamente come il piano visibile equello invisibile, si introduce un ri-chiamo al concetto einsteiniano di spa-zio-tempo per dimostrare che il“pensiero magico” ha anticipato la fisicadei nostri giorni. Il salto logico nascenel quadro di una serie di affermazionimirate ad accreditare l’idea che la magiapossa essere riabilitata alla luce delleconquiste della scienza moderna. Alladebolezza logica di questo passaggio siaggiunge quella linguistica: “la perce-zione che il mondo reale sia costituito dapiù livelli di energia con cui è possibileentrare in relazione diventano concettinon troppo bislacchi o lontani da unaspiegazione razionale”.

Dai quanti al soprannaturale

Intendiamoci: questo testo, come nu-merosi altri che si focalizzano sul so-prannaturale, è ricco di informazioniche nessuno studioso dovrebbe trascu-rare. I problemi nascono quando si pre-tende di far dire alla scienza quello chela scienza non dice e non potrebbe mai

dire. È perfettamente legittimo acco-stare le caratteristiche della visione delmondo, poniamo, della cosmologia delventunesimo secolo a quelle (per faresolo un esempio) del pensiero orientale.Pensiamo a Fritjof Capra che, dopo es-sersi occupato per anni di fisica dellealte energie, scopre (o riscopre) che gliatomi degli elementi e quelli del suocorpo partecipano “a questa danza co-smica di energia”. La sensazione tantopoeticamente descritta dal grandescienziato supporta la convinzione, co-mune alla grande maggioranza degliscienziati, che allo sviluppo dellascienza contribuisca non solo la ragionedell’uomo, ma anche la sua immagina-zione. Quello che si vorrebbe qui met-tere in discussione non è tanto questoaccostamento, bensì l’attribuzione alsoprannaturale della capacità di aiutarcia comprendere il mondo, in particolarequando sia riferita ai nostri giorni.Anche ammesso che questa potesse es-serne una giustificazione in epoca pre-scientifica, estenderla al ventunesimosecolo è un’operazione arbitraria e in-giustificata. È certamente innegabile,peraltro, che la radicale trasformazionedi molti concetti fondamentali (a par-

Frontespizio dau n ' e d i z i o n edella Naturalishistoria di Pli-nio il Vecchio(1582).

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tire da quello di materia), operata dallanuova fisica rispetto a quella classica,abbia determinato un rovesciamentodella nostra visione del mondo.Già J. R.Oppenheimer aveva sottoli-neato le radici dei “concetti generali sulpensiero umano” nella nostra cultura, lacui presenza è centrale nel pensierobuddhista e indù. “Ciò che troveremo -afferma nel 1965 in “Scienza e pensierocomune” - sarà un’esemplificazione, unaconferma, una versione più raffinatadella saggezza antica”. Anche NielsBohr, nel 1958, aveva ravvisato in Bud-dha e in Lao-Tsu “il tentativo di armo-nizzare la nostra posizione di spettatorie attori a un tempo del grande drammadell’esistenza” (“Teoria dell’atomo e co-noscenze umane”). Nello stesso annoW. Heisenberg annota in “Fisica e filo-sofia”: “Il grande contributo scientificoalla fisica teorica venuto dal Giapponedopo l’ultima guerra può essere un indicedell’esistenza di un certo rapporto fra leidee filosofiche presenti nella tradizionedell’estremo Oriente e la sostanza filo-sofica della teoria dei quanti”.

Lo studio non filosofico della natura

Affascinato dallo Zen, Capra lo accosta(“Il Tao della fisica”) agli enigmi dellameccanica quantistica. Tuttavia, questaanalogia -del tutto comprensibile eanche condivisibile- non potrà mai es-sere assunta a fondamento dell’idea cheil “pensiero magico” sia un percorsosemplificato per spiegare il mondo.Operare una simile mistificazione si-gnifica non capire (o non voler capire)l’enorme salto culturale operato dallanostra specie con Galileo. L’importanzadella sua rivoluzione scientifica non silimita al ruolo centrale che nel processodi conoscenza della realtà occupa l’os-

servazione sperimentale. Tale ruolo, siapure molto rilevante, era tuttavia giàstato anticipato nel tredicesimo secoloda Ruggero Bacone. Ma Galileo avvertìper primo la necessità di introdurre unanuova forma, non filosofica, di indaginedella natura. Prima di lui, Leonardo daVinci aveva scritto nel Codice Atlantico:“Io credo che invece che definire che cosasia l’anima, che è una cosa che non sipuò vedere, molto meglio è studiarequelle cose che si possono conoscere conl’esperienza, poiché solo l‘esperienza nonfalla. E laddove non si può applicare unadelle scienze matematiche, non si puòavere la certezza.” Anche chi parla del soprannaturale è te-nuto a comprendere in che cosa consi-sta il metodo di indagine della naturasorto con Galileo. Sostenere che la ne-gazione del fondamento scientifico del“pensiero magico” comporta un’analoganegazione per la fisica quantistica de-nota un equivoco su tale metodo. Da unpunto di vista logico, una volta intro-dotta e accettata l’analogia tra i due am-biti consegue che dalla negazione delprimo consegue quella dell’altro. Pec-cato però che tale analogia non sia le-cita. Anche se ricorda per alcuni versi lefilosofie orientali, la teoria dei quanti siè dimostrata scientificamente fondatasulla base di innumerevoli riscontri spe-rimentali. Al contrario, nessuno -evi-dentemente- potrà mai affermare lastessa cosa nel caso di eventi sopranna-turali. Come scriveva David Hume nelleRicerche sull’intelletto umano e sui prin-cipi della morale:“Nessuna testimonianza basta per sta-

bilire un miracolo, a meno che la testi-monianza non sia di tal fatta che la suafalsità risulterebbe più miracolosa del-l’avvenimento che essa si sforza di stabi-lire”.

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Chi sono i nemici della scienza? E per-ché la scienza dovrebbe avere dei ne-mici? A queste domande cosìrispondeva Umberto Veronesi: “Il pen-siero scientifico dovrebbe essere, o permeglio dire è, l’antidoto più efficacecontro la tendenza al riaffiorare del-l’oscurantismo che si ha occasione diosservare quotidianamente quando lascienza viene ostacolata nelle sue appli-cazioni, quando si alimentano guerre invarie parti del mondo nelle quali, nelnome di convinzioni religiose, di ideo-logie o di tentazioni tecnocratiche, laviolenza sembra essere tragicamentegiustificata”.Indubbiamente, fra i nemici della

scienza devono essere annoverate le re-ligioni, ma questa affermazione deveaccompagnarsi a una doverosa cautela.Sarebbe evidentemente falso sostenereche religione e scienza sono sempre ecomunque in rotta di collisione. Il con-fronto fra queste due dimensioni delpensiero dell’uomo può avvenire nei di-versi casi in termini di collaborazione,di scontro o di reciproca indifferenza, infunzione dell’argomento trattato o dellecondizioni storiche, culturali e geogra-fiche in cui esso ha luogo. In questo ar-ticolo ci limiteremo a parlare dellareligione a noi più vicina, il Cristiane-simo.

la scienza e i suoi nemici

_____________________________________________________________________Nella battaglia per contrastare l’oscurantismo gli scienziati e i sostenitoridel pensiero critico si trovano a fronteggiare una schiera di nemici, fra cuile religioni, le loro scritture, i loro cleri, la loro didattica, i loro comporta-menti: insomma tutta la loro cultura. Non a caso l’illuminista Francois-Marie Arouet ma più noto come Voltaire, della religione scriveva “Ecraserl’infame”. (ndr)__________________________________________________________________________________________________________________

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La Chiesa prima della scienza

Storicamente, questo confronto-scon-tro ha registrato diverse fasi. Prima cheprendesse forma la scienza moderna, laChiesa di Roma si sentiva padrona delcampo e poteva condurre la danza aproprio piacimento. In questa fase essapoteva sbarazzarsi in molti modi, nonesclusi i più truci, dei propri nemici. Na-turalmente, questi ultimi non eranosolo quanti sostenevano opinioni diver-genti sul piano dottrinale. Ce ne pos-siamo rendere conto leggendo LaChiesa che tortura, di Pierino Maraz-zani, un testo in cui vengono minuzio-samente elencate le sevizie operate supersone antireligiose, non religiose, an-ticlericali o comunque avverse al potereecclesiastico; persone accusate di stre-goneria, di eresia, scisma o di peccatisessuali; persone accusate di pagane-simo, di religione ebraica o di fede isla-mica; contro i patrioti risorgimentali. El’elenco non finisce qui. Come si vede, imotivi per essere considerati nemicidella Chiesa fino a meritare sevizieerano numerosissimi.

“È onesto dire che in questa speciale ca-pacità di crudeltà e sadismo la Chiesanon appare affatto peggiore dei sistemirepressivi e giudiziari di altre organiz-zazioni politiche nei lunghi secoli neiquali alla pratica della tortura si facevaabituale e legale ricorso” afferma Vale-rio Pocar nella prefazione, il quale peròaggiunge: “ciò che sconcerta è la consta-tazione che il sistema repressivo e giudi-ziario della Chiesa non fosse migliore dialtri”. Proprio lei, che si ispira a un’ideo-logia fondata sull’amore e sul perdono,“la Chiesa che ha predicato e predica lacarità come virtù teologale pilastro diuna virtù autenticamente cristiana, chepuò e deve essere apprezzata e condivisaanche dal non credente”.

Quando la Chiesa è sulla difensiva

Ma se ci limitiamo a coloro che laChiesa considera nemici sul piano delladottrina, ci possiamo chiedere: comegiudicare, in questo quadro, le vicendeche si svolsero a Roma tra la fine del se-dicesimo secolo e la prima parte del di-ciassettesimo? I nomi di Giordano

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Bruno e di Galileo Galilei sono tropponoti perché sia il caso di ricordarli qui,e così pure il trattamento che venneloro riservato dal Sant’Uffizio. In questaprima fase dello scontro la scienza eraancora troppo giovane e la Chiesa nonaveva ancora preso coscienza dellanuova forma in cui il pensiero razionaledella nostra specie si andava affer-mando. Quello che è certo è che, siapure dopo molti anni, la Chiesa è statacostretta a chiedere perdono. Da allora, l’evoluzione del pensieroscientifico ha determinato un progres-sivo abbandono di questo atteggia-mento da parte delle gerarchieecclesiastiche, che hanno dovuto usareuna maggiore cautela nella valutazionedelle nuove conquiste della ragione.Pensiamo, ad esempio, alle novità rap-presentate dall’evoluzionismo di Char-les Darwin e Alfred Russel Wallace odalla definizione matematica del con-cetto di infinito da parte di Georg Can-tor. Esemplare è, a questo proposito, lavicenda dell’ipotesi dell’espansione del-l’universo, formulata nel 1927 dal-l’astronomo Georges Lemaître, unpadre gesuita che dovette convincere ilpapa a rinunciare all’idea che la Chiesa

assumesse la primogenitura di quellache poi sarebbe diventata la teoria delbig bang. Eppure, ancor oggi il Vaticanosostiene che tale teoria esige l’inter-vento creatore divino.

Nuovi terreni di scontro

Sconfitta sul terreno della cosmologia edella biologia, la Chiesa ha cercato di ri-farsi nel campo dell’etica, della psicolo-gia e in quello dei temi eticamentesensibili. Prendiamo ad esempio il casodella terapia del dolore, la cui riduzionedovrebbe essere un imperativo morale,almeno in una visione razionalista elaica. Per la Genesi, al contrario, il do-lore è intrinsecamente connesso allanatura umana. Afferma al riguardo ilnoto ginecologo laico Carlo Flamigni:“Un mondo senza dolore è un mondoideale, non comparabile alla nostra valledi lacrime, lacrime che verranno asciu-gate solo nei mondi fantastici immagi-nati dalla religione, come i paradisicristiano e musulmano. Il dovere moraledi alleviare o di togliere il dolore è fonda-mentale in ogni sistema etico. Chi negaquesto impegno si mette automatica-mente fuori dall’etica o addirittura si op-

Per la chiesa cattolicasarebbe da prenderecome esempio la ma-donna a cui il “generosoe benevolo” dio ha fattopatire sette dolori peravere l’onore di essere lamadre di Gesù.

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pone all’etica. Il dovere di alleviare la sof-ferenza è del resto comune a tutte le con-cezioni etiche”.Nella cultura cristiana, invece, il doloree la malattia hanno una grande impor-tanza per chiunque voglia espiare i pro-pri peccati. Come affermò il cardinaleSiri nel 1987: “Il mondo è progredito neisette peccati capitali e Dio, in risposta,ci ha mandato l’AIDS”. L’idea che la sof-ferenza sia parte dell’esistenza del-l’uomo è espressa chiaramente da papaBenedetto XVI nell’enciclica Spe salvi.Accettare la sofferenza senza cercare diridurre il dolore aiuta l’uomo a cercareil senso della vita. Una società che nonfosse in grado di accettare la sofferenza(è ancora Ratzinger che parla) sarebbecrudele e disumano: “la misura del-l’umanità si determina nel rapporto conla sofferenza e con il sofferente.”Quando, nel 1967, Christiaan Barnardeffettuò il primo trapianto di cuore, lareazione di Civiltà Cattolica (la rivistadei gesuiti) fu durissima. Quarant’annidopo, in un articolo di Ida Magli -pub-blicato dal quotidiano Il Giornale il 7settembre 2008- si potevano leggerequeste parole: “È sulla morte che sonostate create le religioni, sull’al di là dellamorte che si fonda l’idea di Dio. Il tra-pianto di organi, nella sua brutale con-cretezza, ha tolto qualsiasi sacralità allamorte, e ha cancellato la trascendenzapresente, con il suo immenso mistero,nel corpo del defunto. Ci si lamenta del’materialismo’ del nostro tempo: l’utiliz-zazione come pezzi di ricambio dei corpidegli altri ne è la prova. Nessun materia-lismo può andare più in là di così”.

La delicata questione del fine vita

Se siamo favorevoli ad impegnarci per

ridurre il dolore, tanto più lo saremo nelcaso della ricerca di alternative alle sof-ferenze nella fase terminale della nostravita e in quello dell’anticipazione dellenostre volontà. In tema di eutanasial’Accademia Pontificia per la vita si èespressa nel 2000 definendola “ucci-sione deliberata di una persona umana”e “vergognosa”. Negli ultimi vent’anni indiversi Paesi europei abbiamo avuto nu-merosi casi in cui l’opinione pubblica siè divisa sulle possibili modalità di in-tervento su persone in condizioniestreme. “Se il nostro cane sta morendotra mille tormenti, veniamo accusati dimaltrattamenti se non chiamiamo il ve-terinario che gli somministri una dose le-tale di anestetico. Me se il nostro medicorende l’identico, misericordioso servizioa noi mentre moriamo tra mille tor-menti, rischia di essere incriminato peromicidio. Quando sarà per me il mo-mento di morire, vorrei che la mia vitafosse asportata in anestesia generale,proprio come fosse un’appendice malata.Ma non mi sarà concesso quel privilegio,perché ho la sfortuna di appartenere allaspecie Homo Sapiens anziché alla specie,per esempio, Canis familiaris o feliscatus“. Così scrive Richard Dawkins ne(L’illusione di Dio. Le ragioni per noncredere, Mondadori, 2007).Queste tematiche e altre analoghe sonoaffrontate in modo serio ed estrema-mente documentato in un libro di Sil-vano Fuso, I nemici della scienza (Ed.Dedalo, 2009). Come evidenzia il sotto-titolo Integralismi filosofici, religiosi eambientalisti, la religione non è l’uniconemico della scienza, dato che l’inte-gralismo si presenta con molti volti. Delresto, la linea di confine concettualenon passa fra noncredenti e credenti,bensì fra laici e integralisti.

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Amici, stiamo vivendo in una società caratterizzata dalla esasperazione della co-municazione, e che non giustifica la mancanza di contenuti, diciamo culturali einformativi, nel nostro corredo personale.Dato che leggete NonCredo, la vostra visione del mondo e la vostra proiezione inuna società ideale presuppongono alcuni punti fermi quali: il senso dello Stato didiritto e tra le sue caratteristiche, la sua laicità ovvero la sua totale indipendenzae incontaminazione rispetto a qualsivoglia credenza religiosa ed ancor più dagliinteressi delle sue istituzioni (religionsfree).Che siate credenti o noncredenti, atei, agnostici, scettici, o crediate nell’esseresupremo o in divinità ereditate, come cittadini liberal di una società avanzatae consapevole, non basta darsi una di queste etichette ma è sano e doveroso co-noscerne l’entroterra culturale, motivazionale, la storia e l’anatomia del pensierosottostante. Vale a dire non essere superficiali e impreparati e avere idee chiaresulle posizioni politiche, scientifiche, etiche, filosofiche, o storico-religiose che vihanno portato ad essere ciò che culturalmente siete oggi.NonCredo dal 2008 è la pubblicazione liberal che intende riempire certi vuotidi informazione culturale sui temi esposti, e chi la legge trova normale darsi dellerisposte a quelle domande che non ci si può non porre per avere un ruolo di cul-tura e di pensiero nella esigente società contemporanea.

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1- Il progetto politico dell’enciclica.La nascita di questo articolo è dovuta alfatto che l’enciclica “Fratelli tutti” va pa-recchio oltre il messaggio religioso edentra con slancio nell’ambito politico.Naturalmente la forma espositiva ap-partiene alla cultura del suo estensore,modellatasi nell’ordine gesuita e dun-que molto attenta alle cose del mondonel tracciare la strada della Chiesa. Mala sostanza di questo documento ampio“sulla Fraternità e l’amicizia sociale” (ar-ticolato in 287 punti, compreso l’Ap-pello finale, raggruppati in 75titoli raccolti in 8 capitoli) è il travali-care l’ambito della dottrina religiosaquando da’ esplicitamente, seppur conambiguità cauta e lieve, parecchie indi-cazioni sul come organizzare la convi-venza.Nel suo percorso, l’enciclica “Fratelli

tutti” illustra un progetto politico che sifonda non sulle scelte fatte da cittadinibensì sull’autorità della religione catto-lica e di tutte le religioni dedite al-l’amore divino. Di conseguenzafrantuma il principio liberale e laico diseparazione Stato religioni, che l’espe-rienza storica ha dimostrato essere lasola garanzia per la crescita civile basatasulla conoscenza promossa dall’osser-vazione individuale dei fatti e sulla tol-leranza nel convivere tra le diversitàdegli individui e delle loro iniziative.

2- Il punto 276. Il fulcro del progettarepolitico sta nel punto 276 (all’internodel titolo Il fondamento ultimo, che faparte del Capitolo ottavo, denominatoLe religioni al sevizio della fraternità nelmondo), in cui espone il concetto in-quadrandolo in una citazione di Aristo-

fratelli tuttia cura di Raffaello Morelli, storico della laicità

analisi testuale, politica ed ecclesiologicamente criticadella recente enciclica del papa Bergoglio

_____________________________________________________________________Una enciclica nel cui testo a guardar bene ci si ritrova lo spirito suprema-tista e partigiano di Pio IX Mastai Ferretti trasferito in questo secolo, inquesta Italia e in questo pontificato. (ndr)__________________________________________________________________________________________________________________

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tele riportata in nota: “L’essere umanoè un animale politico” (Politica, 1253a 1-3). Si fonda qui l’ambiguità civile chepervade l’enciclica. Di fatti la nota cor-reda l’ultimo di questi tre periodi cheaprono il punto 276: “Per queste ragioni,benché la Chiesa rispetti l’autonomiadella politica, non relega la propria mis-sione all’ambito del privato. Al contrario,«non può e non deve neanche restare aimargini» nella costruzione di un mondomigliore, né trascurare di «risvegliare leforze spirituali» che possano fecondaretutta la vita sociale. È vero che i ministrireligiosi non devono fare politica parti-tica, propria dei laici, però nemmenopossono rinunciare alla dimensione poli-tica dell’esistenza che implica una co-stante attenzione al bene comune e lapreoccupazione per lo sviluppo umanointegrale.”Con il primo periodo, l’enciclica affermache la missione della Chiesa attiene nonsolo al privato degli esseri umani, bensìal modo in cui gli esseri umani convi-vono. Ora il modo di convivere è il

ruolo della politica. Dunque dire che laChiesa riconosce l’autonomia della po-litica equivale a riconoscere alla politicail diritto di occuparsi del convivere maallo stesso tempo stabilire anche il pro-prio diritto di Chiesa di occuparsene.Con il secondo periodo, l’enciclica de-scrive quali sono le finalità per cui laChiesa non resta ai margini nel co-struire un mondo migliore nel qualeconvivere. Con il terzo periodo, l’enci-clica chiarisce che i ministri religiosisono fuori dalla politica dei partiti manon possono rinunciare alla dimen-sione politica umana, vale a dire ad oc-cuparsi del modo in cui gli esseri umaniconvivono. Perché appunto – proprioqui si pone il richiamo ad Aristotele –l’essere umano è un animale politico, ela sua fisiologia è interagire con gli altrisuoi simili.

La tesi dell’enciclica, quindi, è che, nelconvivere, non sono in pratica separa-bili la dimensione politica partitica e ladimensione religiosa. Perciò politica e

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Chiesa operano sul medesimo pianodell’esistenza e concorrono al bene co-mune degli umani. Per l’enciclica nonconta più che la politica si imperni sullescelte del cittadino e invece la religionesull’autorità divina.

Tale tesi si fonda sul concetto aristote-lico di animale politico. Aristotele è vis-suto 2.400 anni fa. E anche se è stato percirca 1.500 anni il faro della cultura, lesue idee, all’epoca avanzatissime, eranomaturate usando conoscenze assai li-mitate, basate sulla ricerca del modelloeterno del mondo costruito dagli Dei.Per lui era inconcepibile supporre chegli esseri umani avessero un intellettoautonomo che li portasse a trasformareil loro carattere di animale politico inquel mondo. E che potesse assumere,al passare del tempo, la capacità dicompiere scelte sperimentali dinamichetali da far divenire consapevoli della ne-cessità, per ampliare il conoscere, di se-parare le istituzioni della convivenzadalle strutture religiose. Dunque la tesiantiseparatista dell’enciclica si regge suuna citazione che ormai non ha più lostesso significato di quando venne for-mulata 2400 anni oro sono. È questal’ambiguità civile dell’enciclica. Oggi, ilmotore del mondo sono le scelte dei cit-tadini, non l’autorità religiosa. Che nonha ruolo nel progettare quelle scelte ci-vili.

3- L’intento ecumenico. Fin qua hoparlato del punto 276 nell’enciclicacome fulcro del progettare politico. Manon è il solo passaggio che prova la pro-pensione a progettare. Ce ne sono altri.Comincio dall’insistito asserire cheanche le altre religioni (in testa l’islam)prendono parte (almeno è auspicabilelo facciano) a tale progettazione. In-

tanto ho segnalato sopra che già il titolodell’ottavo capitolo esprime il concetto.E, perché non ci siano fraintendimenti,l’enciclica argomenta al riguardo in piùpunti successivi di quel capitolo. “Le di-verse religioni offrono un prezioso ap-porto per la costruzione della fraternità, mentre la ragione, da sola, non riesce afondare la fraternità.…Come credentidelle diverse religioni, sappiamo che ren-dere presente Dio è un bene per le nostresocietà…Non è accettabile che nel di-battito pubblico abbiano voce soltantoi potenti e gli scienziati… I testi religiosiclassici possono offrire un significato de-stinato a tutte le epoche… La Chiesa ap-prezza l’azione di Dio nelle altrereligioni…”. Inoltre, pure in altre partidell’enciclica il papa ricorda con lar-ghezza le iniziative comuni assunte(durante l’incontro al Cairo nel 2017)con l’Imam sunnita Ahmad Al-Tayyeb,in specie l’appello alla pace, alla giusti-zia e alla fraternità.

Una simile insistenza ecumenica – diper sé tipica della posizione dell’ordinedei gesuiti dopo il Concilio Vaticano IIal fine di indurre la Chiesa a deporrepretese di superiorità oggettiva – facolpo perché espressa dal papa inun’enciclica. Così rafforza il progetto difar fronte comune tra le diverse reli-gioni sul versante politico nel campodella convivenza civile. Quindi un ul-teriore passaggio in appoggio della cul-tura dell’autorità religiosa e contro il farscegliere ai cittadini. Il che è una tipicaespressione del progettare politico.

4- La spinta mondialista. Un altropassaggio del progettare politico nel-l’enciclica “Fratelli tutti”, sta nell’insi-stito auspicare il mondialismo. Si parte“dal ricordare che l’iniquità colpisce

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paesi interi ed obbliga a pensare adun’etica delle relazioni internazionali…Allargando lo sguardo con il GrandeImam Ahmad Al-Tayyeb abbiamo ricor-dato che il rapporto tra Occidente edOriente è un’indiscutibile reciproca ne-cessità……..abbiamo bisogno che un or-dinamento mondiale giuridico, politicoed economico incrementi ed orienti lacollaborazione internazionale…….Di-venta indispensabile lo sviluppo di isti-tuzioni internazionali più forti medianteaccordi tra i governi nazionali e dotatedel potere di sanzionare .. Prevedere ildare vita organizzazioni mondiali più ef-ficaci dotate di autorità per assicurare ilbene comune, lo sradicamento dellafame e la difesa certa dei diritti umani…”.

Deve essere poi posto in evidenza chel’enciclica tesse un’appassionata lodedella Carta dell’ONU. La definisce unanorma fondamentale e precisa che “laCarta delle Nazioni Unite è un punto diriferimento obbligatorio di giustizia…ma ciò esige di non porre gli interessi diun Paese al di sopra del bene comunemondiale”. Anche qui, a parte il rilievoche il Vaticano non ha mai firmato néquesto documento ONU né la succes-siva Dichiarazione dei Diritti Umaniperché non fondati sulla verità di Dio, ènetto il forte avallo a norme mondialiredatte da un’autorità superiore ai cit-tadini. Il che è un indiscutibile progettopolitico in contrasto con lo sviluppo neisecoli della democrazia rappresentativaverso la sovranità del cittadino.

5- L’impegno sui migranti. Un ulte-riore passaggio del progettare poli-tico nell’enciclica “Fratelli tutti”, sta nelreiterato sottolineare l’importanza de-cisiva dell’accogliere i migranti. “I nostri

sforzi nei confronti delle persone mi-granti che arrivano si possono riassu-mere in quattro verbi: accogliere,proteggere, promuovere e integrare……”.In applicazione di ciò, nell’enciclica unintero punto (il n. 130) riporta in mododiffuso e dettagliato le specifiche rispo-ste che uno Stato deve dare alle esi-genze dei migranti che arrivano nelpaese. “Incrementare e semplificare laconcessione di visti; adottare programmidi patrocinio privato e comunitario;aprire corridoi umanitari per i rifugiatipiù vulnerabili; offrire un alloggio ade-guato e decoroso; garantire la sicurezzapersonale e l’accesso ai servizi essenziali;assicurare un’adeguata assistenza con-solare, il diritto ad avere sempre con sé idocumenti personali di identità, un ac-cesso imparziale alla giustizia, la possi-bilità di aprire conti bancari e lagaranzia del necessario per la sussi-stenza vitale; dare loro libertà di movi-mento e “possibilità di lavorare;proteggere i minorenni e assicurare adessi l’accesso regolare all’educazione;prevedere programmi di custodia tem-poranea o di accoglienza; garantire la li-bertà religiosa; promuovere il loroinserimento sociale; favorire il ricon-giungimento familiare e preparare le co-

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munità locali ai processi di integra-zione….” . E siccome le decisioni di ogniStato ricadono su tutti gli altri, “dar vitaad una legislazione (governance) globaleper le migrazioni. In ogni modo occorrestabilire progetti a medio e lungo ter-mine che vadano oltre la risposta diemergenza”. Ora. il problema delle migrazioni è pre-sente nel dibattito politico da oltretrenta anni ed è stato enfatizzato dallapiù rapida comunicazione derivantedall’esser globalizzati, che ha reso dimassa le migrazioni. Ma la risposta aiquattro verbi – che le religioni hannodiffuso da moltissimo tempo – è tut-t’oggi non sufficiente, poiché il fondodel problema è la perenne contrapposi-zione tra aspirazioni di individui umanisollecitate da divergenti situazioni difatto, che la mutata dimensione quan-titativa non consente ormai di affron-tare con il vecchio sistema delprivilegiare il diritto del rifugiato. L’ir-rompere della Chiesa nel dibattito inproposito in corso negli Stati entra di-

rettamente nelle scelte di specifica per-tinenza politica sul come organizzare laconvivenza (e oltretutto, come dimo-stra il caso italiano, favorisce l’insorgeredi una risposta populista di chiusurapolitica verso chi viene da fuori). E na-turalmente l’irrompere è all’insegnadella volontà della Chiesa di creare lecondizioni perché le istituzioni perse-guano il bene comune e l’umanesimointegrale. Condizioni conseguenti allatesi della Chiesa riportata nell’enciclica,cioè “l’unità è superiore al conflitto”.Una tesi che contraddice in pieno ilconcetto di diversità del cittadino qualeprotagonista del convivere.

6- L’enciclica viola il Concordato.Verificato attraverso i testi che l’enci-clica “Fratelli tutti” entra abbondante-mente nell’ambito politico, si può dicerto affermare che essa viola l’art.1 delConcordato del 1984 che fissa il princi-pio che “lo Stato e la Chiesa cattolicasono, ciascuno nel proprio ordine, indi-pendenti e sovrani”. Ai nostri fini è diri-mente l’inciso. La locuzione “nel proprioordine” indica la rispettiva categoria oambito di pertinenza, che per lo Stato ècostituita dalle strutture organizzative edalle procedure per sceglierle e manu-tenerle, mentre per la Chiesa cattolica ècostituita dall’istituzione ecclesiale e dalsacramento per esercitarne gli uffici. Èdi tutta evidenza che gli svariati pas-saggi (segnalati prima) dell’enciclica“Fratelli tutti” non rispettano il dispo-sto dell’art.1 del Concordato, inquanto vanno oltre l’ambito della dot-trina religiosa e danno, con cauta ambi-guità, indicazioni sul come lo Statodeve organizzare la convivenza nelPaese.

Dal punto di vista della laicità liberale,

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siccome la libertà di religione è un car-dine del principio di separazione Statoreligioni, non sorge il problema che laChiesa abbia la libertà di credere così.Sorge la questione che tale comporta-mento della Chiesa cattolica esula dalsuo ordine interno e dalla sua dimen-sione evangelica. Con l’enciclica “Fra-telli tutti”, la Chiesa cattolica invade lecompetenze organizzative dello Stato,perché, invece di collaborare conesso, fa propaganda per mutare assettiistituzionali civili in assetti contrappo-sti, a cominciare dal ribaltare la centra-lità del cittadino nel decidere,attraverso la democrazia rappresenta-tiva, gli indirizzi da seguire nel convi-vere.

7- Le due conseguenze. La violazionedel Concordato da parte della Chiesacomporta due conseguenze. Una con-cerne il comportamento del ministrodegli Esteri in quanto tale, una con-cerne quello di tutti i cittadini, faccianoo meno parte delle istituzioni. Il Ministro degli Esteri deve fare un

passo formale presso lo Stato del Vati-cano per eccepire l’avvenuto vulnus alnon intervento negli affari interni del-l’Italia (compiuto con il propagandarecriteri di organizzazione della demo-crazia rappresentativa diversi da quelliscelti dai cittadini) e per esigere che ilvulnus non si ripeta. Tutti i cittadini,considerato che l’intervento dell’enci-clica “Fratelli tutti” rompe il principio diseparazione Stato religioni, sono liberidi confutare nei modi ritenuti oppor-tuni le tesi politico-culturali espressenell’enciclica in quanto non attinenti almagistero religioso.

Pertanto, preso atto del mancato ri-spetto dell’ art.7, comma 1 della Costi-tuzione (che è riprodotto dall’art.1 delConcordato), i laici italiani hanno lapossibilità, senza intaccare il principiodella libertà di religione, di opporsi in-nanzitutto a quelle tesi dell’enciclicache ho richiamato in questo articolo,ma pure ad altre argomentazioni con-cettuali ivi svolte che, in tale contesto,esprimono un progetto politico istitu-

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zionale e non possono rientrare nel no-vero dell’ evangelizzazione religiosa edella connessa missione educatrice.

Deve essere chiaro che solo prendendole mosse dal fatto che l’enciclica ha unaprecisa progettazione politico istituzio-nale, è possibile confutare costruttiva-mente quanto l’enciclica afferma control’individualismo, il mercato, la proprietàprivata, il principio dello scarto (chenon è una esclusione sociale contro ladignità umana bensì il prendere atto diuna carenza funzionale da riciclare perdivenire riutilizzabile). Oltretutto l’en-ciclica pare non percepisca che senzatali cose non può esistere quella societàaperta, che essa proclama di volere. Vaanche criticato il concetto di fratellanzaridotto all’ecumenismo religioso e laconcezione degli ultimi sovrapposta aquella di cittadino.

8- Il significato delle critiche laiche.Ovviamente questa azione dei laici nonha niente da spartire con le reiterate cri-tiche rivolte al papa dall’interno della

Chiesa. Precisamente da chi sostieneche Francesco incarni il disegno del-l’Ordine dei Gesuiti a partire dal Conci-lio Vaticano II, che punta a sostituire ladottrina tradizionale con le pastorali diantropologizzazione del cristianesimo econ la priorità della dignità dell’uomorispetto alla verità. Tali tematiche ap-partengono esclusivamente ai religiosicattolici interessati alle vicende internedella Chiesa.

I laici pongono una questione ben di-versa. Che non è stabilire se Francescoincarni più o meno la tradizione. Laquestione posta dai laici è indicare i ter-mini in cui l’enciclica “Fratelli tutti” haviolato perfino la norma concordatariadella autonomia tra Stato e Chiesa neirispettivi ordini. E di conseguenza rea-gire confutando una cultura civile di-storta che danneggia la convivenzaperché nega l’esperienza storica e si af-fida al divino. È il modo dei laici per farvivere l’essenziale separazione Stato re-ligioni, di cui in Italia urge sempre piùriscoprire cultura e comportamenti.

FARE DEL BENE PER IL BENE FINE A SE STESSO

La Fondazione no-profit ReligionsFree Bancale, editrice del bimestrale NonCredo e dei volumi

della collana NonCredoLibri, nei limiti delle sue possibilità economiche,

attraverso il suo «Fondo di solidarietà “Lucia&Paolo”»versa regolarmente il suo contributo ad enti

di grande rilevanza umanitaria quali:

1. A.D.A.M.O. (malati terminali)2. Amnesty International3. Caritas Italiana4. La Lega del Filo d’Oro5. Medici senza Frontiere6. Save the children

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Cittadino sprovveduto (leggendo il gior-nale). Senti senti, il ministro della saluteha nominato certo monsignor Pagliacome presidente di una commissione mi-nisteriale appena istituita per la riformadell’assistenza sanitaria e sociosanitariadella popolazione anziana…Cittadino inquieto (di soprassalto). Dicimonsignor Paglia? Non è monsignore, èarcivescovo e cardinale dal 2012, presi-dente dal 2016 della Pontificia accademiaper la vita.CS. Càspita, una persona importante. Ilministro non ha giocato al ribasso.CI. Stai scherzando? Che il cardinale Pa-glia sia una persona importante, non c’èdubbio, ma mi sembra che lo sia soprat-tutto come gerarca della Chiesa cattolica.Che c’entra col nostro governo?CS. Se il ministro lo ha fatto presidente diquesta commissione, vorrà dire che è unesperto, anzi un superesperto dei pro-blemi che la commissione dovrà affron-tare, che non molti e delicati. Ancora direcente, in occasione della giornata inter-nazionale degli anziani, il Presidentedella Repubblica ha ammonito di tenerein gran conto gli anziani, che sono, hadetto, un patrimonio da non disperdere,perché la qualità di una comunità di-pende anche da come vengono garantiti idiritti e i servizi ai cittadini di età più

avanzata.CI. Parole ben dette. Non c’è alcun dub-bio che l’assistenza sanitaria e sociale pergli anziani sia un tema importante e deli-cato. Basta pensare a ciò che è successonei ricoveri con la pandemia. Ma non mipare proprio che il cardinale sia unesperto della questione, non è un geria-tra, né un giurista o un sociologo o uneconomista, neanche un assistente so-ciale, e non risulta che abbia ricoperto in-carichi di rilievo in strutture per anziani.CS. Sarà che anche lui è anziano (ride).CI. C’è poco da ridere! Può capitare chel’esperienza della vita sia il migliore inse-gnamento, ma come potrebbe il cardinalerendersi conto delle problematiche deglianziani sulla base della sua esperienza? Iproblemi degli anziani, a parte quellidella fragile salute, per affrontare i qualici vuole un geriatra, sono soprattutto ap-punto esistenziali. L’indigenza, anzitutto,che affligge tanti anziani, che il cardinalenon ha certamente sperimentato, almenonon da anziano. La solitudine, poi,quando i figli e i nipoti s’allontanano e,peggio, quando viene a mancare il com-pagno o la compagna della vita, un’espe-rienza durissima che il cardinale, che nonha mai conosciuto la vita di coppia e nonha mai avuto figli, non può davvero capirefino in fondo solo per il fatto che ha una

lo scabroso caso Paglia

di Valerio Pocar, già prof. di Bioetica e Sociologia del diritto, univ. Milano

e perché non arruolare in Vaticano anche il ministro italiano della Difesa?d

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certa età.CS. Ma i preti affermano di capire l’espe-rienza di tutti.CI. Certi preti di base, forse sì, perché vi-vono in mezzo alla gente e cercano dicondividerne i problemi. Ma le gerar-chie…CS. Insomma, sarebbe stato meglio unesperto.CI. È mai possibile che in giro non cisiano esperti veri della materia e si debbaandare ad accattarne uno in Vaticano.Non dico solo in Italia, ma nel mondo.CS. Come nel mondo?CI. Già, perché come cardinale di curia,tra l’altro con incarichi d’importanza nel-l’amministrazione pontificia, è un citta-dino dello Stato della Città del Vaticano,uno straniero. Capisco che, quando sitratta di gestire i grandi musei, i granditeatri, gli Uffizi o la Scala, si cerchino lepersonalità più prestigiose anche al-l’estero e magari s’ingaggi un allenatoredi calcio straniero, ma andare a prendersiuno straniero senza qualifica mi pare in-sensato. Vabbè che i cardinali, in questoPaese, hanno la precedenza su quasi tuttele autorità italiche nelle cerimonie pub-bliche, ma qui non si tratta di cerimo-niale, ma di un comitatotecnico-scientifico. Quando mi hannochiamato come membro, non il presi-dente!, di un comitato ministeriale pre-siedevo la più prestigiosa associazione distudiosi della materia e avevo all’attivodozzine di pubblicazioni scientifiche nelcampo specifico. CS. Ma aspetta, leggo che la Pontificia ac-cademia per la vita, che il cardinale pre-siede, ha pubblicato un documento, inpiena pandemia, che afferma che va de-dicata particolare attenzione a chi è piùfragile, anzitutto anziani e disabili.CI. Bella scoperta! Questo è il problema,mica la soluzione.CS. Nel luglio scorso, poi, l’Accademia hapubblicato un altro documento, che

mette in evidenza la necessità di elabo-rare un concetto di solidarietà che vada aldi là dell’impegno generico di aiutare co-loro che soffrono.CI. Ci mancherebbe altro che un cardi-nale non sia esperto della virtù teologaledella carità, ma qui occorrono esperti cheformulino politiche utili per rendere ade-guata la condizione sanitaria e socialedegli anziani. Per la presidenza dellacommissione sarebbe stato meglio pe-scare tra gli altri membri, quasi tuttiesperti riconosciuti a livello internazio-nale.CS. Non pensare che il cardinale nonabbia idee chiare in proposito (ride).Leggo su un quotidiano che, all’inizio diottobre, il cardinale si è confrontato conla situazione del Pio Albergo Trivulzio diMilano, il ricovero per anziani che hafatto scandalo per la gestione improvvidadella pandemia e i tanti morti tra gli an-ziani ricoverati.CI. Ha fatto proposte concrete affinché laRsa siano riformate e diventino un luogodove gli anziani possano sentirsi al sicuroe accuditi?CS. Beh, non proprio. Ha detto che il casoMilano rilancia l’urgenza di chiudere isti-tuti non adeguati alla dignità e di pensarea forme nuove di assistenza inclusiva.CI. Bella scoperta! Dicevo proposte con-crete.CS. (ride) Si è soffermato sul fatto che lapandemia rilancia l’importanza della pre-ghiera…CI. Andiamo bene! Devo pensare che lascelta del ministro, che pure si è compor-tato in modo responsabile durante la pan-demia e ha assunto decisioni coraggiosein altri campi, per esempio sul delicatotema dell’aborto farmacologico, rappre-senti un vero e proprio scivolone.CS. Sarò anche uno sprovveduto, ma daquello che mi hai detto mi vien da pen-sare che lo scivolone l’abbia fatto piutto-sto la laicità dello Stato.

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La mindfulness

In tempi di fermenti religiosi e di ten-tativi di uniformarsi ai nuovi concettispirituali-scientifici, come ad esempiola fisica quantica o la mindfulness,molti esponenti delle religioni tradi-zionali stanno compiendo uno sforzoverso l’unificazione dei concetti sotto-stanti alle religioni. Lo vediamo dalleparole del papa Francesco che cercauna sponda “sincretistica” nei con-fronti dell’islam e del giudaismo,ma lo vediamo anche dai movimenticulturali che si esprimono in nuoveforme umanistiche come ad esempiola Mindfulness, diventata oggetto diattenzione persino da giornali “seri”come Il Corriere della Sera. La “mindfulness” è una pratica di me-ditazione sviluppata a partire dai pre-cetti del buddhismo (ma scevra dallacomponente religiosa) e volta a por-tare l’attenzione del soggetto in ma-niera non giudicante verso ilmomento presente. In verità questa“tecnica” è sempre stata presente inogni forma di auto-analisi, dal “gnoscete ipsum” all’indagine sul Sé di vedan-tica memoria. A parte l’uso invadentedel termine esterofilo questa ricerca èbasata sull’analisi dell’interno, nel la-boratorio coscienziale dell’io. Pos-

siamo definire questo approccio unpasso avanti verso una rivoluzione spi-rituale verso un “universalismo” condi-viso che è anche una forma dipacificazione per alleviare e superare icontrasti religiosi che nei secoli hannoportato a guerre e stermini e tutt’ora nesono causa.

Escludendo le religioni

In verità in questo nuovo filone di auto-indagine spirituale non è detto che lareligione tradizionale debba essere ab-bandonata tout court, bensì che il per-corso inizia in un certo modo e poiprosegue attraverso cerchi concentriciintegrativi sempre più ampi, sino acomprendere l’Esistente. Ma tutta que-sta ricerca si svolge sempre e solo nel-l’Io, dal piccolo io egoico sino all’iounico che tutto comprende. Il fatto chesi possa giungere all’Uno partendo dauna qualsiasi religione pone però la ne-cessità di abbandonare il credo religiosoil momento che si vuole penetrare edessere compenetrati dall’Uno, sosti-tuendo il “credere” con la diretta espe-rienza. La strada è utile per giungere alTempio ma bisogna lasciarla per en-trarci.Dal punto di vista della “spiritualità so-ciale” (religiosa) -comunque- il sincre-

dalla scientificamindfullness all’antico Tao

di Paolo D’Arpini, filosofo orientalistaor

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tismo è vantaggioso come pure lo è l’ab-bandono di ogni dogmatismo. Ciò nonesclude la continuità di partecipazionealla “forma esteriore” (spirituale) piùconsona ad ognuno di noi. E ciò valeanche per i seguaci delle religioni mo-noteiste, che hanno visto sorgere al lorointerno “santi” e “saggi” totalmente li-beri da senso separativo. Per cui l’ap-proccio più valido sta nella fiducia enella sincerità e nella onestà del “per-corso”.

La spiritualità laica

Preferisco definire questo percorso “Spi-ritualità Laica” che non è una nuovaforma di ricerca spirituale bensì è laprima forma di riconoscimento spiri-tuale nell’uomo, che affonda le sue ra-dici nello psichismo naturalistico,nell’intuizione analogica, nelle espres-sioni sacre della coscienza prima del-l’avvento di ogni religione. Naturalmente è possibile individuare inalcune pseudo religioni del passato que-sta “spiritualità naturale” priva di dogmi,di libri sacri e di preghiere. Sono realmente esistite nell’evoluzionedel pensiero umano almeno tre forme“pseudo-religiose” prive del concetto di

un “dio” personale da adorare ed in cuicredere ma che mantengono in se stessela verità di un’unica matrice per tutte lecose. Questa matrice è definita Tao oSenza Nome, nel taoismo; Brahman oAssoluto Non-duale nell’Advaita; Sunyao Vuoto nel buddismo.

Le anime dell’Oriente

Sotto certi aspetti la filosofia laica (oatea) che sento più vicino al mio spiritoè il Taoismo, talvolta descritto come la“dottrina degli umili o dei semplici”, edin esso l’abbinamento con il termine“laico” mi sembra estremamente con-sono. Infatti il significato originario dilaico è proprio “semplice, umile, fuori daogni contesto ordinativo sociale e reli-gioso”. Il padre riconosciuto di questa “filosofiadi vita” fu Lao Tse. Cominciamo con ildire che nel pensiero di Lao Tse tro-viamo quella condanna dell’orgoglio edel raggiungimento, fondamentale inogni spiritualità laica. Sullo stesso filonesi pone anche il pensiero di NisargadattaMaharaj, saggio laico advaita… maanche nel proto-cristianesimo si può av-vertire un simile intendere, ad esempionelle parole riferite a Gesù: “Tutto ciò

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che è eccelso fra gli uomini è abomina-zione dinanzi a Dio”. L’orgoglio separa-tivo, questa follia di grandezza ascrittaall’individuo, è semplicemente un’illu-sione dell’uomo… poiché di fronte alTao ogni grandezza umana è da consi-derarsi nient’altro che vana. E qui sicomprende anche la causa sottile delladifferenza ideologica tra Confuciane-simo e Taoismo, ma di questo argo-mento magari parleremo in unaprossima occasione. Nei detti di Lao Tse spesso e spesso ri-troviamo la disapprovazione dell’orgo-glio e del criterio di raggiungimentopersonale e ciò in virtù della legge diconcatenazione dei contrari, l’alter-nanza dello Yang e dello Yin che è lamanifestazione cinetica del Tao. Infattiallorché la forza Yang, attiva, trova il suoculmine automaticamente è sospintaverso il suo contrario Yin, passivo. Lapunizione per l’orgoglio è quindi in LaoTse una sorta di legge naturale. “Un granvento -egli dice- non può durare più dellospazio di un mattino. Una bufera cessacol giorno. L’armata gloriosa non vinceràin eterno. L’albero elevato sarà abbat-tuto” Egli spiega nel Tao Te King comel’orgoglio stesso sia il presagio della ca-duta: “Colui che si alza sulla punta deipiedi non sta ritto. Colui che marcia apassi gloriosi non farà un lungo cam-mino. Colui che si esibisce non brilla.Colui che si esalta è senza onore. Coluiche si prevale del suo talento è senza me-rito. Colui che fa pompa dei suoi successinon vi si mantiene. Questi sono per ilTao eccessi di nutrimento e umori super-flui. Tutto ciò che è sotto il Cielo neprende nausea. E l’uomo del Tao non ri-volge loro nemmeno uno sguardo!

La saggezza del Tao

Questa legge fondamentale non impe-

disce però a Lao Tse di mantenere un at-teggiamento equanime e corretto neiconfronti delle cosiddette “vie delmondo”. “La via del Cielo –egli dice- to-glie all’eccedente per compensare il man-cante ma la via degli uomini meschinitoglie all’indigente per aumentare ilricco”. La via del Cielo, dirà successiva-mente Lie Tseu (un altro taoista), è la viadell’umiltà e la via degli uomini me-schini è quella dell’arroganza. Simileconcetto viene espresso nel Libro deiProverbi, annunciando la caduta di Ba-bilonia: “L’arroganza precede la rovina el’orgoglio precede la caduta”. Ma la disi-stima per l’orgoglio e la considerazioneper l’umiltà non esauriscono la “dot-trina” taoista. Lao Tse considera il Taouna sorta di Madre che genera, nutre eprotegge tutti gli esseri dell’universo. Inverità è difficile affermare se il Tao “è” o“non è”. Nella metafisica del Tao la ke-nosi originaria è priva di ogni sostan-ziale processo, forma o sostanza. Neconsegue che agli occhi del nostro pen-siero determinista la “pienezza” del Taoappare simile al “vuoto”. Il Tao è vistocome un abisso senza fondo e ciò nondimeno esso dà origine a tutte le cose,un vortice caotico da cui sorge ogni ar-monia.

Quindi se il vero Tao al nostro perce-pire determinista appare come unnulla, che per noi corrisponde alla corsaverso il vuoto del sé, esso contempora-neamente segna il ritornobeato nella matrice silenziosa, che at-tira e proietta l’esperienza del pen-siero empirico e poi lo riassorbe nelnulla da cui proviene. Questa kenosi delTao procede per sua propria natura enon presuppone alcuna volontà crea-trice o distruttrice. E da qui si com-prende la non valutazione taoista per undio personale.

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a cura di Andrea Cattania, ingegnere e epistemologo

Non sappiamo quasi niente della vita di Tito Lucrezio Caro. È certo che vissenella prima metà del I sec. D. C. e morì poco dopo i quarant’anni. Per nostra fortuna,però, è rimasto il suo poema, De Rerum Natura. L’Inno a Venere, che apre l’opera,è un’invocazione di pace in perfetta sintonia con l’atarassia della filosofia epicurea. Cinque secoli dopo, san Girolamo lo descrive nel Chronicon, o Temporum Liber,come un ateo psicotico in preda alle forze del male. Per screditare la sua immagine,i suoi avversari le hanno inventate tutte: che fosse pazzo o morto suicida è dubbio,tanto che lo escludono perfino scrittori cristiani come Arnobio e Lattanzio. Quelloche è certo è, invece, che la sua poesia è un invito a liberarsi dall’angoscia dellamorte e degli dèi.Secondo Lucrezio, la preghiera non serve per placare una tempesta, dato che essasegue le leggi di natura. Gli dèi non si curano del mondo e non lo reggono. Solo lostudio della natura è in grado di rasserenare l’animo dell’uomo: come seguace diEpicuro, Lucrezio afferma ad alta voce che l’unico principio divino che regge ilmondo è la Divina Voluptas, il piacere, la vita stessa intesa come animazione cheregge l’universo.Grande ammiratore della cultura ateniese, Lucrezio comprende che su Roma in-combe il pericolo di un futuro tragico se non abbandona il mito della guerra, sosti-tuendolo con l’amore per la pace. Il pericolo al quale il poeta fa riferimento vienegeneralmente identificato con il periodo del contrasto fra i triumviri e la nobiltà se-natoria.I versi qui riportati sono probabilmente i più noti dell’intera opera di Lucrezio.

Empietà della religione

Nam sublata virum manibus tremibundaque ad arasdeductast, non ut sollemni more sacrorumperfecto posset claro comitari Hymenaeo,sed casta inceste nubendi tempore in ipsohostia concideret mactatu maesta parentis,exitus ut classi felix faustusque dareturtantum religio potuit suadere malorum.

......Allora, portata da mani di uomini, tremante, agli altarifu condotta: non perché, compiuto secondo l’uso il sacro rito,venisse accompagnata da Imeneo che chiaro risuona,ma perché -pia, empiamente- nel tempo stesso di nozzedolente vittima cadesse d’un sacrificio paterno,sì che partenza felice e fausta fosse data alla flotta.A tanto potè spingere la Religione, nel male.(De rerum natura, Libro Primo, vv. 95 - 101, trad. di Guido Milanese)

la Natura delle cosedi Lucrezio

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il pensiero anticristiano di Nietzsche

di Lodovico Ellena, docente di filosofia

Nietzsche resta indubbiamente un filo-sofo piuttosto singolare, il cui pensieroha affascinato – ed affascina – lettori diorientamenti intellettuali spesso assaidifferenti tra loro. La sua pungente cri-tica al cristianesimo è infatti l’elementoche accomuna molti sostenitori del suopensiero, argomento che in effetti man-tiene un’attualità sorprendente ma chesoprattutto indica la lucidità straordi-naria del pensatore tedesco. Tanto ne“L’anticristo, maledizione del cristiane-simo” quanto nel “Crepuscolo degliidoli” Nietzsche accompagna il lettorein un ragionamento che mano a manoche si snoda rende abbagliante una ve-rità evidente: “il cardine supremo su cuipoggia il cristianesimo è la menzogna”,per usare le parole di un suo commen-tatore, ossia Giorgio Colli.Nietzsche spiega con disincantata chia-rezza come sia giunto a questa conclu-sione in entrambe le opere citate,evidenziando quanto la religione cri-stiana abbia manipolato la realtà, finoad invertire ogni valore naturale al finedi sottomettere l’uomo ad un’etica as-surda. L’invenzione del peccato, la di-fesa esasperata dei reietti mentre “i

deboli e i malriusciti devono perire:questo è il principio del nostro amoreper gli uomini”; l’odio per il sapere o peri piaceri della vita fino alla innaturale eferoce lotta a tutti gli istinti. “Il cristia-nesimo vuole signoreggiare su animalida preda: il suo mezzo è renderli malati,indebolire è la ricetta cristiana dell’ad-domesticamento della “civiltà”. Senzacontare poi le numerose contraddi-zioni, su tutte quella che porta il cri-stiano a “sentire in maniera antisemitasenza comprendere se stesso come l’ul-tima conseguenza dell’ebraismo”.

Il prete, sostiene ancora il filosofo tede-sco, “dissacra la natura” e distrugge larealtà per rifugiarsi in un mondo oni-rico ed irreale dove si promette a chiun-que, soprattutto alle masse nonpensanti e superstiziose, una ricom-pensa in un altro mondo che – nessunobene sa come sia possibile ma tanti lovoglione credere – per qualche oscuraragione lui solo conosce e predica. Unafuga dalla realtà, dagli istinti, dal pia-cere della vita, dai sensi, dalla ragione,dalla riflessione, dal più elementarebuon senso. Le parole che Nietzsche

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spende sul cristianesimo e su Gesù,sono in realtà parole molto prudenti,soprattutto perché il filosofo analizzatutta la vicenda storica ed evangelica inprofondità, evidenziando le manipola-zioni della Chiesa nel corso dei secoli ericonoscendo alla figura del Cristoanche alcuni aspetti positivi. Non èquindi, come si potrebbe credere inquest’epoca superficiale e frainten-dente, una critica becera o prevenuta,bensì un’analisi profonda, dettagliata eragionata vista naturalmente nell’otticadel filosofo tedesco. Ma la menzogna del cristianesimo ri-corre in ogni passo, tanto da far con ra-gione affermare che “la Chiesa falsificò,più tardi, persino la storia dell’umanitàfacendone la preistoria del cristiane-simo”. A tal proposito basti infatti do-mandare ad un qualsiasi insegnante direligione cosa ne sarebbe delle animedei vissuti prima di Cristo per ascoltarele più surreali risposte in merito. Ma èin questo passaggio, forse più che inaltri, che si comprende il senso della fi-losofia nietzschiana: “se si trasferisce ilcentro di gravità della vita non nella vita,ma nell’al di là” – nel nulla – si è tolto ilcentro di gravità alla vita in generale”.Certo si potrà obiettare, e molti lohanno fatto, che senza speranza lemasse si sentirebbero perdute e non po-trebbero così sopportare il peso dellavita: le miserie quotidiane o il doloredella perdita definitiva delle personecare, la possibilità di dare un senso al-l’esistenza. Ma Nietzsche non ha inten-zione di parlare per queste masse, sainfatti bene che il suo pensiero è direttoa pochissimi, soprattutto perché il cri-stianesimo “ha attratto a sé precisa-mente tutti i falliti, tutti coloro checovano la rivolta, tutti coloro che se lasono cavata male, l’intera feccia e

schiuma dell’umanità […], il cristiane-simo ha fatto una guerra mortale adogni senso di venerazione di distanza frauomo e uomo, cioè al presupposto diogni elevazione, di ogni sviluppo dellacultura”. In altre parole un’altra reli-gione nemica della scienza, della cono-scenza, della verità: “la scienza è il primopeccato, il germe di tutti i peccati, il pec-cato originale. La morale è nient’altroche questo. Tu non devi conoscere, da ciòderiva tutto il resto”.

Nietzsche inoltre insiste, e a ragione,sulla volontà clericale di rendere infe-lice l’uomo; a tal proposito ricorda ne“L’anticristo” una frase di Paolo: “quelche è per il mondo debole, quel che per ilmondo è insensato, quel che per ilmondo è volgare e spregevole, Dio lo haeletto”. E ancora: “fede significa nonvoler sapere quel che è vero”. Si poneperciò la domanda sul bene e sul male:“Che cos’è cattivo? Ma l’ho già detto:tutto quanto scaturisce da fiacchezza,da invidia, da vendetta. L’anarchico e ilcristiano hanno un’identica origine… […]Si può stabilire una perfetta equazionetra il cristiano e l’anarchico: il loroscopo, il loro istinto sono rivolti unica-mente alla distruzione”. Il cristianesimoquindi viene visto da Nietzsche come lapiù grande maledizione, perché pro-muove la vendetta, la meschinità, la de-pravazione più profonda. Un’animanobile dovrebbe invece inchinarsi difronte alla superiorità, mantenendo lenaturali distanze tra superiore ed infe-riore; “il santo che piace a dio è il ca-strato ideale… La vita finisce dovecomincia il “regno di dio”. Per questo oc-corre perciò imparare a pensare, ma perfar ciò sono necessari una tecnica , unostudio, una volontà forte. Soprattuttoperché, e questa domanda la rivolgiamo

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proprio ad alcuni docenti di filosofia, “ache serve ogni libero pensiero, ogni mo-dernità, ogni ironia, ogni flessibilità,quando con le viscere si è rimasti cri-stiani, cattolici, anzi preti?”.E a conclusione di questa veloce disa-mina del pensiero nietzschiano un’ul-tima considerazione che però, ancorauna volta, dimostra la sorprendente at-tualità del filosofo tedesco: “il malato èun parassita della società. Arrivato ad uncerto punto è sconveniente vivere an-cora. L’ostinazione a vegetare vilmente,schiavo dei medici e delle pratiche medi-

che, dopo che si è perduto il senso dellavita, il diritto alla vita, dovrebbe provo-care, da parte della società, un profondodisprezzo. […] Morire fieramente allor-ché non è più possibile vivere fiera-mente”. Parole queste che si vanno adinserire nell’attualissimo dibattito sul-l’eutanasia, spesso condizionato proprioda posizioni religiose riferite a qualchefantastica “buona” divinità che avrebbeinvece deciso di condannare allo statovegetativo ad oltranza poveri malcapi-tati.

Il “Simbolo” è la “Firma” dello Stato

Il SIMBOLO, per sua natura, vuole rappresentare la sintesi di una realtà, il mezzo im-mediato di riconoscimento di un oggetto complesso attraverso la messa in evidenza dellasua caratteristica più rappresentativa, l’equivalente semiotico e inequivoco di ciò che siintende sostituire. Questo era l’Aquila per Roma, la mezzaluna per l’islam, e quindi l’esa-gono ebraico, la croce del cristianesimo, il fascio, la svastica, la falange, la falce e martelloe, per tutti gli Stati, la bandiera o lo stemma nazionale. Ovunque c’è uno Stato, là si esi-bisce il suo simbolo, e nulla esprime uno Stato, il suo popolo, il suo territorio, l’imperiodelle sue leggi più di un Tribunale. In Gran Bretagna si espone la parrucca del giudice,nei tribunali USA la bandiera e lo stemma (vedi le due foto in alto), ma nulla differenziail tribunale vaticano della Rota da un tribunale della Repubblica italiana (vedi le due fotoin basso): soltanto una croce cattolica in entrambi i casi come in un convento o in unachiesa, uno schiaffo in faccia alla libertà di pensiero e al nostro Risorgimento. Si fa notareche il popolo italiano, a differenza di altri, manca del “senso dello Stato”, ma c’è ancheda chiedersi: questo Stato pone le premesse pedagogiche, culturali e simboliche? La ri-sposta è NO: lo Stato italiano NON produce cittadini ma FEDELI.

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l’incesto italianoNella nostra Italia ormai impazza ovunque l’esposizione a pioggia di banali cro-cifissi industriali, prodotti a quintali, che hanno tristemente spodestato il sim-bolo patriottico della Repubblica Italiana, l’unico che al di là di qualsiasireligione o superstizione, visione politica e colore della pelle, impegna spiri-tualmente e giuridicamente noi cittadini alla lealtà verso il nostro Stato, le sueistituzioni e le sue leggi.

La provinciale e partigiana mania per i crocifissi che caratterizza l’Italia codinae filo clericale, ci allontana dagli ideali risorgimentali, quelli di popolo e deipadri fondatori, che hanno fatto la nostra Nazione, mentre corrompe gli animicon la più becera idolatria.

Di questo passo, se non reagiamo, c’è da chiedersi quanto tempo mancaa quando i crocifissari di oggi pretenderanno di farci cantare un TeDeum al posto del nostro identitario Inno di Mameli.

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baciamo le mani

a cura di Pietro Lanzani

• Il nuovo scuolabus in servizio al comune di Bibiana (TO), che il parroco del paese vor-rebbe benedire, finisce al centro di uno scontro in stile Don Camillo e Peppone. Il sindacoFabio Rossetto, infatti, ha detto no: il mezzo "è laico" e non ha bisogno della consacra-zione. Il sindaco motiva la sua decisione. "Ho detto di no alla benedizione perché non sitrattava di una festa o di una ricorrenza religiosa, ho valutato che non fosse necessario llcontesto era laico e addirittura politico, vista la presenza del governatore del Piemonte.Ho ritenuto fosse bene lasciare fuori la religione. Ci sono tante religioni e c'è anche chidi religione non ne ha nessuna".

• Nel comune di San Genesio (PV) è stata inaugurata la piazza intitolata alla "Reginadella Pace" dove è stata collocata una statua della Madonna proveniente da Medjugorje.A volere questa dedicazione della piazza, davanti alle scuole e al municipio, è stato Cri-stiano Migliavacca, da quasi dieci anni sindaco leghista del paese. "La Madonna - ha sot-tolineato il sindaco - proteggerà i nostri ammalati, i bambini che vanno a scuola e tuttele famiglie del nostro paese".

• Esiste una rete «antiabortista» che ha l’epicentronel bresciano e si finanzia con soldi pubblici per boi-cottare una legge dello Stato. Trenta amministrazionicreano la rete “a sostegno della vita”. Soldi pubbliciper le campagne contro la 194: così difendiamo la fa-miglia. Soldi alle donne per non abortire, come è suc-cesso a Iseo e come accadrà a Montirone. Per farlobasta una mozione (e conseguente variazione al bi-lancio comunale) che avrà l’obiettivo di smantellareil diritto all’aborto, garantito dalla Legge 194. E lostesso testo passa, identico, da un comune all’altro,presentato ogni volta da amministratori locali dellamaggioranza: assessore, vicesindaco o consigliere co-munale.

• A Palazzo Lascaris è stato affisso in aula consiliare un crocifisso donato alla RegionePiemonte dall'arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia. L'iniziativa arriva dopo l'approva-zione nel dicembre 2019 di un ordine del giorno del consigliere della Lega Andrea Caneche impegnava il Consiglio e Giunta regionale a "difendere e salvaguardare l'importanzastorica, culturale e religiosa del crocifisso" e a "procedere alla sua affissione nell'aula di Pa-lazzo Lascaris, dietro i banchi della presidenza".

• In Polonia la protesta del movimento delle donne e della società civile contro la deci-sione della Corte costituzionale di modificare in modo restrittivo la legge sul divieto diaborto continua, si radicalizza e si estende giorno dopo giorno. Le dimostranti sono en-trate in molte chiese anche durante le funzioni religiose, scandendo i loro slogan e agi-tando i loro manifesti. "Tua colpa, tua colpa, tua grandissima colpa". Le manifestantiaccusano così la Conferenza episcopale polacca che aveva lodato la sentenza della Cortecostituzionale.

Quando le pubbliche

istituzioni riscoprono

il sano onanismo clericale

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Libere OpinioniI PAROLIERI DI FRANCESCO

Gentile NonCredo, ma chi è, tra i tanti, il paroliere che scrive i testi quasi giornalieri chequesto papa ci continua ad appioppare in televisione? Mogol, Bigazzi, Testa, Migliacci,Guccini, o è qualche new entry di fiducia trovato tra i fedeli gesuiti? Ebbene, chiunqueesso sia, che lo cambi ed anche presto poiché lo stanno facendo scivolare nel ridicolo,adesso emettendo anche bollettini meteo e preveggenze banali. Dal New Pope l’umoregenerale che lo riguarda è sceso a un livello da cabaret o avanspettacolo. Oppure, me-glio ancora, invece di cambiargli il paroliere mettetelo a riposo poiché davvero il ruolodel banditore lo regge molto male. Ma, dico, un po' più di spirito critico non guasta: velo immaginate il patriarca ortodosso di Mosca o l’arcivescovo di Canterbury a Londra oanche il dalai lama calarsi in queste parti ultrasempliciotte e banali che un tempo re-citava Sergio Toffolo?

Procolo Indraccolo

IL CORONAVIRUS VAL BENE UNA MESSA?

Chi sa se la politica del divieto di assembramenti di persone e, in tale ottica, la ven-tilata possibile sospensione delle funzioni religiose che comportino aggregazioni col-lettive, porterà alla attenuazione di tanti comportamenti conformistici e abitudinarisu cui si basa la frequenza della ritualità religiosa? D’altra parte se un paese arrivaa tarparsi chiudendo teatri, musei, concerti, comizi politici, aule di tribunale, stadi ecampionati perché così è richiesto da gravi esigenze di salute pubblica ovunque siviene a formare un assembramento, ebbene quale motivo o artificio al mondo può la-sciare aperte al grande pubblico, e quindi al coronavirus, chiese, templi, santuari,cappelle, basiliche e quindi anche moschee e sinagoghe, tutte piene di gente immobilein luoghi chiusi?Lo svuotamento igienico di tanti ambienti per motivi di salute pub-blica porterebbe anche il beneficio della consapevole maturità che conseguirebbe, diquesti tempi , alla rottura di un ritmo abitudinario che a lungo tempo condiziona lepersone quando diventano dei “fedeli” , come avviene nelle domeniche per i cattolici enei venerdì per l’islam, la seconda religione in Italia. Ma c’è anche da augurarsi che,fra tante moltitudini di credenti terrorizzati dalla pandemia con gli ospedali pieni emigliaia di morti, e che si saranno rivolti disperati ai loro vari dèi, dèe e surrogati, c’èda augurarsi per il buon nome dell’homo sapiens che un buon numero di questi pre-gatori siano stati raggiunti dal dubbio che le loro preghiere, così intrise di lacrime epaura, nel perdurare del dramma umanitario finiscano per essere nulla di più di ungioco di società, ove il banco è tenuto saldo nelle mani dei vari cleri, Vaticano in testa.L’aritmetica ci aveva insegnato a scuola la cosiddetta prova del nove, e cioè la verificadel risultato: ebbene ci saranno pure dei credenti che di fronte alla inanità di suppli-che, rosari, implorazioni e cilici che non sortiscono alcun risultato, così come qualsiasiamuleto o mantra scaramantico, se non sono stupidi, invasati o drogati dovrebbero ar-rivare a qualche straccio di dubbio. Aiutati, forse, anche dalla osservazione che inospedale o al cimitero questo virus dilagante ci manda indistintamente credenti e non-credenti, santoni in odore di santità e bestemmiatori dissacranti.

Luigi Aldobrandi

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LA PERSECUZIONE DEL “SOPRANNATURALE”

Da quando ha iniziato a ragionare l’essere umano ha rilevato che qualsiasi eventorappresenta l’effetto di una causa che lo ha provocato. Da questo momento l’uomo hacercato, e se non l’ha trovato si è inventato, una causa responsabile. E poiché trovareo capire quale sia una causa è operazione molto problematica, l’uomo ha ritenuto ditrovare con la fantasia ciò che non riscontrava con la ragione. Ed ecco, così, nascere ilsoprannaturale con tutte le sue anche assurde implicazioni, come con dovizia di par-ticolari, anche scabrosi, così come uno scienziato spiega nell’ultimo fascicolo della vo-stra rivista di divulgazione scientifica “NonCredo”. Ci si accorge di quanto effimera siala nostra conoscenza della realtà.

Mario Mezzocamino

LA MOSCHEA DEL VICINO E’ SEMPRE PIU’ BELLA

Francesco, primo papa gesuita (i grandi protagonisti della strage di Ugonotti a s. Bar-tolomeo) ha confessato alle solite TV con cui coabita che lui è “dispiaciuto” per il fattoche s. Sofia di Istambul (Turchia) , la maestosa e bella ex basilica ai tempi di Co-stantinopoli, e poi bellissima ex moschea di Istambul diventata turca, e poi ex museonella laicizzazione turca kemaliana, ora tornerà con le sue bellezze artistiche al ser-vizio dei suoi fedeli islamici per volere del legittimo governo turco, ma aperta ai visi-tatori di tutto il mondo e di ogni fede come, a dispetto dello Stato italiano, fa s. Pietroa Roma. “Dispiaciuto” ha detto, ma di cosa mai? Lui sudamericano di Argentina congenitori piemontesi, di religione cattolica, di orientamento gesuita e domiciliato aRoma (Italia) che cosa mai ha da dispiacersi per fatti legittimi della lontana Istambul(Turchia) ove non ci sono cattolici ma solo ortodossi e musulmani che si fanno i fattiloro e ove ha deciso il governo rappresentativo? Ma gli compete dire certe cose facendoanche la faccia mogia? Temiamo che questa sciocca interferenza in fatti altrui sia l’en-nesima gaffe del CCPF, il paesano “Comitato per il Culto delle Personalità di Fran-cesco”, una specie di Goebbels collettivo d’oltre Tevere e che sceglie anche l’oracoloquotidiano per il capo e le sue TV.

Valentina Lelli

C’E’ DA IMPARARE DA QUESTO PAPA

Nella storia dello sviluppo del pensiero umano vi sono delle “affermazioni” che rap-presentano dei veri pilastri sintetici della speculazione intellettuale. Dall’Eureka diArchimede all’Eppur si muove di Galileo passando per Einstein e Darwin la menteumana, all’apice della sua capacità interpretativa, ha lasciato tracce che sono i gi-ganti sulle cui spalle marcia il Progresso. Come quando il 6 settembre scorso il notopapa cattolico Francsco, con espressione del viso intensamente sapienziale, ha lan-ciato un suo sasso verso la Storia pronunciando la frase memorabile:” Il grande chiac-chierone è il diavolo”, che ha anche chiosato con spunti di rara idiozia.

Ermete Ralli

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COVID E LOURDES: CUI PRODEST?

Leggo un giornale che enumera le vittime del Covid, e di una dice: “Una donna devota,molto fedele, tanto che spesso faceva viaggi a Lourdes e in Terra Santa”. Sia pace perlei ma i suoi cari a lei vicini, quattro figli e tanti nipoti, potrebbero anche mettere incorrelazione, un po' con le intuizioni tipiche di Sherlock Holmes, tanti pellegrinaggicon finalità propiziatorie e di acquisizione di meriti, con un fato, ovvero dio per i cre-denti, che propiziata proprio non la ha. Chi le era vicino, e probabilmente con le stessecredenze, non può non aver notato quanto poco nesso ci fosse fra le credenze e il realecorso della vita voluto dal fato (o corso degli eventi per noi e dio per loro). Ma forse èancor più un problema di sinapsi e della loro tenuta in esercizio, fatto questo strut-turalmente carente in un ambito fideistico, carismatico, dogmatico ove il pensiero ditipo speculativo non è davvero una palestra. Sarà per questo che scarseggiano tantoi premi Nobel credenti?

Ranieri Sferragatta

SOLTANTO DIO E’ INFINITO

Sì, solo dio è infinito, è l’unico che può esserlo, la nostra mente a pensarlo si strani-sce, lui è l’unico che può sperimentare la sua infinitezza. Così dicevano i teologi ed in-vece non è vero. Provate a fare 10 diviso 3 fino al resto 0, o calcolare i numeri “e” o pigreco, e vedrete che bisogna saper contare fino a oltre l’infinito, o quanti giri di uncerchio si possono fare prima di trovare un ostacolo, o quanti sono i numeri pariquando potete sempre alla fine aggiungerne un altro, come prima ma coi numeri di-spari, e ancora coi numeri primi, o i metri i chilometri o i centimetri che ci sono in unaretta, lo stesso come prima ma in una semiretta, può avere un ultimo definitivo ter-mine la serie di Fibonacci ? e così via e via e via. Ma allora quale è il segreto? Sem-plice, sono tutti artifici fatti di parole e di cui il più banale, semplice, primitivo èproprio dio. Provare per credere.

Ermanno Di Roma

A sinistra il contrassegno che la Germania nazista imponeva ai luoghi ebrei, adestra il contrassegno che la bigotta Repubblica

Italiana tuttora impone ai luoghi pubblici statali.

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NonCredoRivista bimestrale di cultura laica

ISSN-2037-1268Fondatore e direttore responsabile: Paolo Bancale

Vicedirezione operativa: Francesca PattiSupervisore scientifico Andrea Cattania

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Credente e noncredente sono due re-altà universali, antitetici forse per unovvio dettaglio esistenziale della lorovita ma per il resto analoghi, quasi in-tercambiabili. Il primo ha ben assor-bito tante strane cose che gli hannoraccontato e ne vive felice, il secondoha ben reagito alle domande e ai dubbiche la realtà interiore e quella esternaa lui sottoponevano.Ciò in cui differiscono è certa-mente il bagaglio mentale cheognuno dei due porta con sé:il credente, in quale religione,poiché di religioni si tratta,non ha importanza, ma certa-mente, anche il più ignorantee distratto si porta appressouna vistosa biblioteca di leg-gende e dicerie, di libri e distoria, di luoghi comuni e di usi e co-stumi che gli riempiono la quotidia-nità. Se fosse una bottiglia diremmoche è “piena”. E fa bene, perché non sivive di vuoto.Il noncredente, invece, ha meningi fa-talmente più affaticate ma, nella granparte dei casi si presenta con un baga-glio “leggero”, troppo leggero. Ha dallasua di aver razionalmente rigettato ilbagaglio dei credenti, ma non ne hacolmato culturalmente il vuoto resi-duale, in genere non ha rinforzato dielementi di pensiero, storia e scienzala iniziale intuizione logica che lo haaffrancato dalle lusinghe della metafi-sica.

il credente, il noncredente e il coronavirus

Disse una volta il filosofo Cacciari chechi non si è mai posto l’interrogativo sudio è un cretino. Sono d’accordo, poichésenza un valido costrutto logico, storicoe critico, le religioni, dio e quant’altro,anche il non credere diventa una “cre-denza” avvizzita e rituale. Un dubbiovale più di cento certezze, anche diquelle superficialmente ateistiche, ed

ogni noncredente dovrebbearrivare culturalmente ed in-tellettualmente ad una suapersonale e motivata prospet-tiva dei grandi problemi del-l’essere.A tale riguardo, oltre a Non-Credo e qualche altra rivistadi nicchia, il mercato offre,anche in italiano, una dav-vero ricca produzione libraria

internazionale di eccellenza per arric-chirsi di dubbi e di risposte, e il lock-down impostoci dal virus ci compensacon tanto tempo a disposizione per nu-trirci di pensiero. Usiamolo: noncre-denti documentatevi e fortificate levostre opzioni culturali!

Nota. Uso il termine “noncredente” inunica parola per analogia con il sinonimo“miscredente”, affinchè alla equivalenzasemantica tra “mis” e “non” ne corri-sponda una anche ortografica tra i duetermini.

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Nel mondo, che conta 7 miliardi di abitanti, l’enciclopedia informatica Wikipedia ci diceche esistono ben 30.547 religioni, dottrine, scuole filosofiche, credenze, sette e culti tribalicosì distribuiti• Cristiana: 2.400.000.000 fedeli, divisa in 5 correnti:

Cattolica 1.300.000.000; Protestante 550.000.000; Ortodossa 225.000.000; Anglicana73.000.000;

Orientali (Nestoriane e Neofista ecc.) 72.000.000.Esistono inoltre altre 56 Chiese e 175 Istituzioni cristiane varie

• Maomettana (Islam): 1.500.000.000 fedeli, divisa in 3 correnti principali:Sunniti, Sciiti, Kharigiti

oltre a 65 movimenti e 145 sette varie• Ebrea: 15.000.000 fedeli, divisa in 3 grandi correnti e 12 tribù religiose • Induista: 1.000.000.000 di seguaci, divisa in 2 grandi correnti:

Visnuismo con 580 milioni, Sivaismo con 220 milioni, e altre 1256 sette con 200 milioni• Buddhista: 576.000.000 di seguaci, divisa in 3 grandi Dottrine Filosofiche,

con all'interno 1680 sette varie• Taoista: 400.000.000 di seguaci divisa in 3 grandi correnti e sette varie• Confuciana: 237.000.000 di seguaci divisa in 8 correnti, 840 Scuole di pensiero politico-reli-gioso• Scintoista: 100.000.000 di seguaci (soprattutto in Giappone)• Culti tribali e animistici: 405.000.000 di seguaci con 26.397 cerimoniali indigeni diversi• Atei con nessuna credenza: 1.070.000.000

Alla luce di questo smisurato oceano di credenze religiose, invece di porsi il consuetodilemma se esista o non esista l’aldilà, dio, l’anima che usualmente differenzia il cre-dente dal noncredente, è doveroso chiedere a quanti appartengono a qualcuna di tuttequeste religioni, oltretutto tra loro incompatibili, per quale ragione mai ognuna delle30.547 credenze citate possa permettersi, senza scivolare nel risibile, di dichiarare chequella propria è l’unica vera e che le altre 30.546 sono superstizione. I vaniloqui dellepiù varie credenze religiose, con le loro fantasiose pseudo-certezze, sono o infantili omagici nel loro rifiuto di qualsiasi evidenza scientifica o di un confronto con la realtàesperita da tutti. Ogni credente dovrebbe, pena la squalifica intellettuale, essere ingrado di rispondere, con soli dati e argomenti scientificamente o esperienzialmenteverificabili, alla domanda:

“Ma chi sono io per asserire che la mia religione è la sola giusta e le altre 30.456 sono false, il checomporta l’implicita ammissione che gli altri quasi sette miliardi di uomini e donne che credonoin altre religioni, ugualmente indimostrabili, sono un branco di creduli, ignoranti o imbecilli edio invece un genio?” o non sarà, magari, che la risposta va ricercata nel noto detto: “Anchelo scarafaggio sembra bello alla sua mamma”?

quante e quali sono le religioni attuali?

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AVVISO AI LETTORImamme, genitori, nonni, baby-sitters e maestri:non perdete MAI di vista il prete e certi delitti

sui bambini non avverranno

Un prete cattolico è qualcuno che opera solo a vantaggio degli interessi dellasua religione, e con molte possibilità di carriera: parroco, monsignore, vescovo,arcivescovo, ambasciatore, ministro, cardinale e, se gli va bene, anche papa.Tutti questi gradini dei quattrocentomila preti cattolici nel mondo, sonoinfestati da un numero esorbitante nonché segreto di pedofili e pederasti chenon ha paragoni con qualsiasi altra categoria umana (architetti, medici, idrau-lici, postini, geometri, militari, magistrati, rabdomanti ecc)- Vengono scoperti continuamente in tutto il mondo, nonostante le loro omertàe complicità, nuovi gruppi di numerosi membri del clero cattolico assatanatidi genitali infantili. Rei e complici di questi orribili delitti che hanno scon-volto la vita psichica di decine di migliaia di vittime appartengono a tuttii livelli del clero: dal cardinale decano di Austria al cardinale di Boston, ilcardinale e ministro Pell che trovasi in carcere nella protestante Australia, ilcardinale del Cile, il fondatore dell’ordine pretesco “legionari di Cristo”, l’am-basciatore vaticano in Francia e tanti, tanti altri (oltre agli infiniti omosessualie concubini ma questi casi sono diversi).

La realtà è che qualsiasi prete che confessa, chedice messa con l’ostia in mano, che fa catechi-smo, che insegna nelle scuole, che clericalizza icorpi in divisa come cappellano, che parla diGesù ai nostri bambini e offre loro caramelle puònascondere statisticamente il pedofilo o il pede-rasta, che per fare il suo sesso DEVE mostrarsil’orco pio, accattivante, timido, di buona com-pagnia, generoso e che AMA i bambini. Insomma lui DEVE ingannarvi.

ATTENTI! ATTENTI! ATTENTI! ATTENTI!

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