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Contabilità generale e bilancio d'impresa · 2021. 1. 13. · (di Anna Maria Fellegara) 163 1. La...

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CollanaDETERMINAZIONE E COMUNICAZIONE DEL VALORE NELLE AZIENDE

Serie Didattica - 1

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CONTABILITÀ GENERALEE BILANCIO D’IMPRESA

Con eserciziario on line

a cura di

Paolo Andrei e Anna Maria Fellegara

Sesta edizione aggiornata

G. Giappichelli Editore – Torino

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© Copyright 2020 - G. GIAPPICHELLI EDITORE - TORINOVIA PO, 21 - TEL. 011-81.53.111 - FAX 011-81.25.100

http://www.giappichelli.it

ISBN/EAN 978-88-921-3651-9

Stampa: Stamperia Artistica Nazionale S.p.A. - Torino

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941, n. 633.

Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org.

Chief Editor:Claudio Teodori (Università di Brescia).

Comitato scientifico:STefano adamo (Università del Salento); marCo allegrini (Università di Pisa); Paolo andrei (Università di Parma); STefano azzali (Università di Parma); fabrizio Cerbioni (Università di Padova); Silvano Corbella (Università di Verona); luCiano d’amiCo (Università di Teramo); roberTo di PieTra (Università di Siena); anna maria felle-gara (Università Cattolica del Sacro Cuore); franCeSCo giunTa (Università di Firenze); aleSSandro lai (Università di Verona); STefano maraSCa (Università Politecnica del-le Marche); Tiziano oneSTi (Università di Roma Tre); anTonella Paolini (Università di Macerata); miChele Pizzo (Seconda Università di Napoli); alberTo Quagli (Univer-sità di Genova); ugo SòSTero (Università di Venezia); STefano zambon (Università di Ferrara).

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La collana si propone di coprire un’area di indagine ampia ma omogenea, ricon-ducibile soprattutto all’informativa contabile e ai processi di comunicazione econo-mico-finanziaria d’impresa; essa è quindi destinata a contenere contributi relativi ai processi di determinazione e di diffusione delle informazioni di specie economica da parte delle imprese, avuto riguardo al contenuto, alla frequenza, all’ampiezza, all’og-getto, alla forma, ai destinatari, agli strumenti, agli obiettivi, agli effetti e al controllo dell’informativa stessa.

La collana è articolata in due serie, “Ricerche” e “Didattica”: la prima è destinata ad accogliere pubblicazioni scientifiche e contributi derivanti da progetti di ricerca – nazionali e internazionali – condotti nell’ambito dei campi d’indagine sopra delineati; la seconda, invece, è indirizzata a volumi con impiego didascalico, prevalentemente rivolti allo svolgimento di attività didattiche ai diversi livelli dei percorsi formativi uni-versitari.

La collana è diretta dal Chief Editor Prof. Claudio Teodori e si avvale di un Comi-tato Scientifico. I volumi presentati per la pubblicazione sono sottoposti a referaggio anonimo da parte di studiosi di discipline economico-aziendali.

Procedura per la valutazione e l’approvazione dei volumi nella serie “Ricerche”.

La procedura relativa alla accettazione dei volumi da pubblicare sulla collana “Determinazione e comunicazione del valore nelle aziende” – serie “Ricerche” si articola in due fasi:

1. Accettazione preliminare. Al momento di impostazione del lavoro, l’Autore do-vrà inviare al Chief Editor l’indice analitico dell’opera e un breve sunto (max 30 car-telle) nel quale siano esplicitati:

a. obiettivi del lavoro;b. base di partenza scientifica;c. articolazione e sviluppo del lavoro;d. metodologie di ricerca adottate;e. principali risultati attesi.

Il Chief Editor dovrà tempestivamente comunicare dette informazioni ad almeno due membri del Comitato Scientifico. Il Chief Editor e i due membri del Comitato Scientifico decideranno a maggioranza se accettare preventivamente il lavoro in quanto rientrante nelle linee editoriali della Collana; in caso di riscontro positivo, il Chief Editor e i due membri del Comitato Scientifico individueranno due referees ai quali affidare il processo di referaggio. I due referees dovranno esprimersi, entro quindici giorni dall’invio della documentazione sopra richiamata, sull’accettazione del progetto, esprimendo in forma anonima eventuali rilievi di cui l’Autore dovrà te-nere conto nello sviluppo del proprio lavoro.

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Il Chief Editor, sulla base del giudizio espresso dai referees, deciderà se accetta-re o meno il progetto, chiedendo eventualmente all’Autore di formulare una revisione della proposta da sottoporre nuovamente al giudizio dei referees.

2. Accettazione definitiva. Al termine del lavoro, l’Autore dovrà inviare al Chief Editor la bozza del volume che intende pubblicare. Il Chief Editor dovrà tempesti-vamente trasmetterlo ai due referees che avevano espresso il giudizio nella fase iniziale della procedura. Entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell’elaborato scritto, i referees dovranno esprimere un motivato giudizio in merito all’accettazione del volume nell’ambito della Collana. In questa seconda fase, se il lavoro rispetta adeguatamente le metodologie di ricerca dichiarate nella fase precedente di accet-tazione preliminare, gli eventuali suggerimenti dei referees non potranno intervenire chiedendo modificazioni dell’impostazione originariamente approvata.

Il Chief Editor, sulla base del giudizio espresso dai referees, deciderà se accet-tare o meno il volume per la pubblicazione, chiedendo eventualmente all’Autore di revisionare il contenuto dell’opera per sottoporla nuovamente, a seguito delle modi-fiche apportate, al giudizio dei referees.

Procedura sottomissione e accettazione volumi della serie “Didattica”.

I volumi della sezione “Didattica” non sono soggetti alla procedura di referaggio sopra evidenziata; al fine di garantire, comunque, la qualità dei lavori pubblicati, le bozze dovranno essere inviate a cura dell’Autore al Chief Editor, il quale dovrà tem-pestivamente trasmetterle ad almeno due membri del Comitato Scientifico. Entro il termine di trenta giorni il Chief Editor e i due membri del Comitato Scientifico dovran-no esprimere un motivato giudizio in merito all’accettazione del volume per la pub-blicazione, chiedendo eventualmente all’Autore di revisionare il contenuto dell’opera per sottoporla nuovamente, a seguito delle modifiche apportate, al loro giudizio.

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Indice VII

Indice

pag. Indice dell’eserciziario on-line XIII Prefazione XVII Capitolo Primo La contabilità generale d’impresa

(di Stefano Azzali e Paolo Zalera) 1 1. Il sistema di contabilità generale 1 2. Il sistema dei valori e lo scambio monetario 3 3. Il conto come strumento di raccolta dei valori e la classificazione dei conti 8 4. Il metodo della partita doppia ed i libri contabili 9 5. Le norme che regolano la contabilità d’impresa 15 5.1. Le fonti normative 15 5.2. Il libro giornale e il libro mastro 20 5.3. Il libro inventari 22 5.4. L’imposta sul valore aggiunto 23 5.4.1. I requisiti obbligatori 23 5.4.2. Tipologia di operazioni 25 5.4.3. I registri obbligatori, le liquidazioni e la dichiarazione annuale 26 5.4.4. La fattura elettronica 27 Capitolo Secondo Le operazioni di acquisto

(di Pier Luigi Marchini) 29 1. Acquisti di beni 29 2. Acquisti di servizi 33 3. Rettifiche al valore degli acquisti 35

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Contabilità generale e bilancio d’impresa VIII

pag. 4. Acquisti di immobilizzazioni 37 5. Acquisti sui mercati esteri 40 6. Modalità di pagamento degli acquisti 44 7. Esercizi 50 Capitolo Terzo Le operazioni di vendita (di Pier Luigi Marchini) 55 1. Vendite di beni 55 2. Prestazioni di servizi 58 3. Rettifiche al valore delle vendite 60 4. Vendite di immobilizzazioni 62 5. Vendite sui mercati esteri 67 6. Modalità di regolamento delle vendite 68 7. La liquidazione periodica dell’IVA 72 8. Esercizi 75 Capitolo Quarto La remunerazione del lavoro dipendente (di Paolo Zalera) 77 1. Il rapporto di lavoro dipendente 77 2. La struttura del costo del lavoro 79 2.1. La retribuzione lorda 79 2.2. I contributi sociali e assicurativi a carico dell’impresa 82 2.3. Il trattamento di fine rapporto 86 3. La fase di pagamento 89 4. Il costo per l’impresa 94 5. Esercizi 96 Capitolo Quinto La gestione finanziaria: reperimento di risorse e investimenti in titoli (di Veronica Tibiletti) 99 1. Premessa 99 2. Il capitale di terzi 100 2.1. Le operazioni di finanziamento a breve termine 101

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Indice IX

pag. 2.1.1. Il conto corrente di corrispondenza 101 2.1.2. L’incasso dei crediti 103 2.2. Le operazioni di finanziamento a medio-lungo termine 113 2.2.1. I mutui passivi 113 2.2.2. I prestiti obbligazionari 119 2.2.3. I prestiti obbligazionari convertibili 125 3. Gli investimenti finanziari 126 3.1. Operazioni in titoli a reddito fisso 127 3.2. Operazioni in titoli a reddito variabile 139 4. Gli strumenti finanziari derivati (cenni) 142 Capitolo Sesto I valori di capitale (di Paolo Andrei) 147 1. Il capitale proprio e le sue “parti ideali” 147 2. Le variazioni oggettive di capitale proprio 149 2.1. La costituzione dell’azienda 149 2.2. Gli aumenti di capitale a pagamento 154 2.3. Le diminuzioni di capitale a pagamento 156 2.4. Acquisto, annullamento o alienazione di azioni proprie 157 3. Le variazioni permutative di capitale proprio 160 Capitolo Settimo I cicli economici e finanziari in corso al termine del periodo amministrativo nella determinazione del reddito d’esercizio e del capitale di funzionamento

(di Anna Maria Fellegara) 163 1. La costruzione dell’esercizio 163 2. Dal bilancio di verifica al bilancio d’esercizio: l’assestamento 165 2.1. La competenza economica 167 2.2. La prudenza 169 3. La tecnica di redazione delle scritture di assestamento e rettifica 170 4. Le scritture di integrazione 172 4.1. Le fatture da emettere e da ricevere 174 4.2. Le partite attive e passive da liquidare 178 4.3. I ratei attivi e passivi 184

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Contabilità generale e bilancio d’impresa X

pag. 4.4. I fondi spese future 189 4.5. I fondi rischi 195 5. Le scritture di storno 202 5.1. Le partite sospese attive e passive 203 5.2. Le rimanenze di magazzino 205 5.3. I risconti attivi e passivi 209 5.4. L’ammortamento dei costi pluriennali 213 5.5. Le capitalizzazioni di costi e le costruzioni in economia 216 6. Le svalutazioni e le rivalutazioni dei valori di bilancio 218 Capitolo Ottavo I criteri di valutazione applicabili nella costruzione del bilancio di esercizio

(di Federica Balluchi) 223 1. Introduzione 223 2. I principali postulati, principi di redazione e criteri di valutazione 224 2.1. Le immobilizzazioni materiali e immateriali 229 2.2. Le attività finanziarie: le immobilizzazioni finanziarie e l’attivo circo-

lante 242 2.3. Le rimanenze di magazzino 244 Capitolo Nono Chiusura dei conti, formazione e riclassificazione del bilancio di esercizio

(di Paolo Andrei e Carlotta D’Este) 249 1. La chiusura dei conti 249 2. La formazione del bilancio di esercizio 254 2.1. La forma degli schemi di bilancio previsti dalla normativa civilistica 255 3. Le principali riclassificazioni di bilancio utili ai fini gestionali 261 3.1. La riclassificazione dello Stato patrimoniale 262 3.2. La riclassificazione del Conto economico 273

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Indice XI

pag. Capitolo Decimo

L’apertura dei conti e la destinazione del reddito di esercizio

(di Paolo Andrei) 281 1. L’apertura dei conti 281 2. La destinazione del reddito di esercizio 284 2.1. La destinazione dell’utile di esercizio 284 2.2. Gli acconti sui dividendi 286 2.3. La copertura delle perdite di esercizio 287

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Contabilità generale e bilancio d’impresa XII

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Indice dell’eserciziario on-line XIII

Indice dell’eserciziario on-line

pag.

Note metodologiche sugli esercizi di determinazioni quantitative d’azienda V

(di Marco A. Marinoni) Capitolo Primo

Le operazioni di acquisto

(di Marco A. Marinoni) 1. Esercizi svolti 1

Esercizio 1 – Acquisti di immobilizzazioni e servizi 1 Esercizio 2 – Acquisti di beni e rettifiche al valore 3 Esercizio 3 – Acquisti di beni e rettifiche al valore 4 Esercizio 4 – Acquisti sui mercati esteri 5 Esercizio 5 – Acquisti sui mercati esteri 6 Esercizio 6 – Acquisti e pagamento con anticipo 6 Esercizio 7 – Acquisti e pagamento con anticipo 8

2. Esercizi da svolgere 9 Esercizio 1 – Acquisti sui mercati esteri 9 Esercizio 2 – Modalità di pagamento degli acquisti 10 Esercizio 3 – Acquisti di beni e rettifiche al valore 10 Esercizio 4 – Acquisti e pagamento con anticipo 11 Esercizio 5 – Acquisti e pagamento con anticipo 11

Capitolo Secondo

Le operazioni di vendita

(di Marco A. Marinoni) 1. Esercizi svolti 12

Esercizio 1 – Vendita di beni e rettifiche al valore 12 Esercizio 2 – Vendita di beni e rettifiche al valore 13

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Contabilità generale e bilancio d’impresa XIV

pag.

Esercizio 3 – Vendita di immobilizzazioni 14 Esercizio 4 – Vendita di immobilizzazioni 15 Esercizio 5 – Vendita sui mercati esteri 16 Esercizio 6 – Vendita e regolamento con anticipo 17 Esercizio 7 – Vendita e regolamento con anticipo 18 Esercizio 8 – Vendita e regolamento con effetti 19

2. Esercizi da svolgere 20 Esercizio 1 – Vendita e regolamento con anticipo 20 Esercizio 2 – Vendita in permuta di immobilizzazioni 20 Esercizio 3 – Vendita sui mercati esteri e rettifiche al valore 20 Esercizio 4 – Vendita e regolamento con anticipo 21 Esercizio 5 – Vendita con rettifica e regolamento con anticipo 21

Capitolo Terzo

La remunerazione del lavoro dipendente

(di Riccardo Torelli) 1. Esercizi svolti 22

Esercizio 1 – Liquidazione e pagamento competenze 22 Esercizio 2 – Liquidazione e pagamento competenze 24 Esercizio 3 – Liquidazione e pagamento competenze 25 Esercizio 4 – Liquidazione e pagamento competenze 26 Esercizio 5 – Liquidazione e pagamento competenze con anticipo 28 Esercizio 6 – Liquidazione e pagamento competenze con anticipo 29 Esercizio 7 – Cessazione rapporto e TFR 31

2. Esercizi da svolgere 31 Esercizio 1 – Liquidazione e pagamento competenze 31 Esercizio 2 – Liquidazione e pagamento competenze 32 Esercizio 3 – Liquidazione e pagamento competenze 32 Esercizio 4 – Liquidazione e pagamento competenze con anticipo 32 Esercizio 5 – Cessazione rapporto e TFR 33

Capitolo Quarto

La gestione finanziaria: reperimento di risorse e investimenti in titoli

(di Riccardo Torelli) 1. Esercizi svolti 34

Esercizio 1 – Apertura e contabilizzazione mutuo (costo ammortizzato) 34 Esercizio 2 – Apertura e contabilizzazione mutuo (costo ammortizzato) 36

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Indice dell’eserciziario on-line XV

pag.

Esercizio 3 – Apertura e contabilizzazione mutuo (costo ammortizzato) 37 Esercizio 4 – Apertura e contabilizzazione mutuo (costo ammortizzato) 39 Esercizio 5 – Emissione prestito obbligazionario (costo ammortizzato) 42 Esercizio 6 – Emissione prestito obbligazionario (costo ammortizzato) 43 Esercizio 7 – Emissione prestito obbligazionario (costo ammortizzato) 45 Esercizio 8 – Emissione prestito obbligazionario (costo ammortizzato) 47 Esercizio 9 – Emissione prestito obbligazionario (costo ammortizzato) 48 Esercizio 10 – Emissione prestito obbligazionario (costo ammortizzato) 50 Esercizio 11 – Acquisto titoli obbligazionari (costo ammortizzato) 52 Esercizio 12 – Acquisto titoli obbligazionari (costo ammortizzato) 53 Esercizio 13 – Acquisto titoli obbligazionari 54 Esercizio 14 – Acquisto titoli obbligazionari 56 Esercizio 15 – Acquisto titoli obbligazionari 57 Esercizio 16 – Acquisto titoli obbligazionari 59 Esercizio 17 – Acquisto partecipazioni 60 Esercizio 18 – Acquisto partecipazioni 61 Esercizio 19 – Effetti attivi 63 Esercizio 20 – Effetti attivi 64 Esercizio 21 – Effetti attivi 65

2. Esercizi da svolgere 66 Esercizio 1 – Emissione prestito obbligazionario (costo ammortizzato) 66 Esercizio 2 – Emissione prestito obbligazionario 66 Esercizio 3 – Acquisto titoli obbligazionari 66 Esercizio 4 – Acquisto partecipazioni 67 Esercizio 5 – Effetti attivi 67 Esercizio 6 – Effetti attivi 67

Capitolo Quinto

I valori di capitale

(di Alice Medioli) 1. Esercizi svolti 68

Esercizio 1 – La costituzione d’azienda 68 Esercizio 2 – La costituzione d’azienda 70 Esercizio 3 – La costituzione d’azienda 72 Esercizio 4 – Aumento di capitale, copertura perdite e distribuzione divi-

dendi 73 Esercizio 5 – La costituzione d’azienda 75 Esercizio 6 – La costituzione d’azienda 76 Esercizio 7 – Aumento di capitale sociale 77 Esercizio 8 – La costituzione d’azienda 77

2. Esercizi da svolgere 78 Esercizio 1 – La costituzione d’azienda 78

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Contabilità generale e bilancio d’impresa XVI

pag.

Esercizio 2 – Aumento di capitale, copertura perdite e distribuzione divi-dendi 79

Esercizio 3 – La costituzione d’azienda 79 Esercizio 4 – La costituzione d’azienda 79 Esercizio 5 – Acquisto di azioni proprie 79

Capitolo Sesto

I cicli economici e finanziari in corso al termine del periodo amministrativo nella determinazione del reddito d’esercizio e del capitale di funzionamento

(di Alice Medioli) 1. Esercizi svolti 81

Esercizio 1 – L’assestamento e la chiusura dei conti 81 Esercizio 2 – L’assestamento e la chiusura dei conti 87 Esercizio 3 – L’assestamento e la chiusura dei conti 90 Esercizio 4 – L’assestamento e la chiusura dei conti 94 Esercizio 5 – L’assestamento e la chiusura dei conti 97 Esercizio 6 – L’assestamento e la chiusura dei conti 101 Esercizio 7 – L’assestamento e la chiusura dei conti 108 Esercizio 8 – L’assestamento e la chiusura dei conti 110

2. Esercizi da svolgere 113 Esercizio 1 – L’assestamento 113 Esercizio 2 – L’assestamento 114 Esercizio 3 – L’assestamento 114 Esercizio 4 – L’assestamento 114 Esercizio 5 – L’assestamento 114 Esercizio 6 – L’assestamento 115 Esercizio 7 – L’assestamento 115 Esercizio 8 – L’assestamento 115 Esercizio 9 – L’assestamento 115 Esercizio 10 – L’assestamento e la chiusura dei conti 116

Domande esemplificative standard

(di Marco A. Marinoni) 117

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XV

Prefazione

Il presente volume raccoglie i contenuti di base della metodologia contabile impie-gata dalle imprese nel processo di rilevazione dei valori che scaturiscono dalle ope-razioni di scambio poste in essere con terze economie, finalizzata alla determinazione periodica dei risultati di sintesi: reddito di esercizio e capitale di funzionamento.

L’impostazione del lavoro è orientata a fornire un abbinamento delle nozioni teo-rico-descrittive dei fatti amministrativi con le connesse metodologie di rilevazione contabile. Ogni argomento trattato è completato con esemplificazioni che tendono a esaminare sotto il profilo applicativo le tecniche apprese. Col fine di consolidare le conoscenze operative, il volume è inoltre corredato di un eserciziario on line in cui sono presenti, per ogni argomento, esercizi svolti ed esercizi da risolvere.

Dopo avere ripreso i contenuti economico-aziendali attinenti al sistema dei valori e alle connesse logiche di determinazione quantitativa, la trattazione si sviluppa in di-stinti capitoli aventi ad oggetto i principali cicli operativi aziendali. Nella parte con-clusiva, inoltre, sono affrontate le tematiche afferenti la determinazione periodica del risultato economico di esercizio e del connesso capitale di funzionamento, cui fa se-guito la descrizione dell’impianto tecnico relativo alla continuità del sistema dei valo-ri e ai correlati elementi di collegamento nel sistema contabile d’impresa.

Per i temi trattati, il volume costituisce il necessario supporto per il consolida-mento delle competenze acquisite dagli studenti in tema di determinazioni quanti-tative d’azienda, con specifico riferimento al sistema di contabilità generale orienta-to alla redazione del bilancio di esercizio. I riferimenti normativi, civilistici e tribu-tari che incidono sui sistemi di contabilità e bilancio nelle imprese sono trattati nel testo in termini generali, senza pretesa di esaustività, con l’esclusivo intento di evi-denziarne i riflessi di maggior rilievo sul processo di rilevazione.

L’impostazione e il livello di approfondimento prescelti sono adeguati al livello di conoscenze e saperi richiesti dai corsi di studio triennali previsti negli ordina-menti didattici universitari.

Il libro è il frutto della riflessione e dell’esperienza maturata nel tempo da un gruppo di docenti e ricercatori che si sono formati presso l’Area di Ricerche Aziendali “Gino Zappa” del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università degli Studi di Parma. Ogni contributo nasce dall’elaborazione personale dei singoli Autori, sia pure collocato in un comune e condiviso quadro di riferimento. Tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione del lavoro hanno inteso offrire un personale apporto al miglio-ramento della qualità della didattica: a loro va il nostro più sentito ringraziamento.

PAOLO ANDREI

ANNA MARIA FELLEGARA

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XVI

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Capitolo Primo

La contabilità generale d’impresa 1

1. Il sistema di contabilità generale

Le aziende adottano sistemi di rilevazione 2 per la produzione di informazioni utili al soggetto economico aziendale e ad altri soggetti esterni alla gestione d’im-presa (ad esempio lavoratori d’impresa, clienti e fornitori, banche ed altri interme-diari finanziari, lo Stato); i sistemi di rilevazione producono informazioni che pos-sono essere utili per tutti gli utilizzatori attuali e potenziali e sono strumentali al perseguimento di determinati obiettivi informativi e di decisione. Detti sistemi di rilevazione 3 rappresentano la base sulla quale le aziende redigono e presentano le in-formazioni necessarie per il soddisfacimento dei differenti bisogni d’informazione.

Quando i sistemi di rilevazione si basano in via preminente sull’utilizzo dello strumento contabile sono definiti sistemi contabili. La dottrina economico azienda-le italiana ha elaborato differenti sistemi contabili. Ad esempio:

1. il “Sistema Patrimoniale” di Fabio Besta 4; 2. il “Sistema del Reddito” di Gino Zappa 5; 3. il “Sistema del Capitale e del Risultato Economico” di Aldo Amaduzzi 6.

1 Stefano Azzali è autore dei paragrafi 1, 2, 3 e 4; Paolo Zalera è autore del paragrafo 5. 2 «Nell’ordinare le rilevazioni d’azienda di qualunque specie, occorre tenere presente, come principio

fondamentale, ch’esse hanno essenzialmente funzione di mezzo a fine intendendo per fine le conoscenze cui si desidera pervenire mediante le rilevazioni. Questo principio ispira l’elaborazione dei metodi e dei sistemi di scritture contabili, le scelte dei fenomeni da osservare e rilevare ai fini delle informazioni desi-derate e quella degli aspetti nei quali questi fenomeni debbono essere esaminati, la ricerca degli appro-priati criteri di determinazione, classificazione ed elaborazione dei valori e delle altre quantità di cui si tratta», P. ONIDA, La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative d’azienda, Giuffrè, Milano, 1960, p. 40.

3 «La rilevazione economica d’azienda si attua tramite un complesso sistema di valori originati dal sistema di scambi tramite i quali si realizzano, in una economia fondata sulla divisione e la specializza-zione del lavoro, i processi di produzione e distribuzione delle ricchezza e la sua destinazione al sod-disfacimento dei bisogni umani (consumo)», E. BORGONOVI, Il sistema contabile degli istituti pubblici territoriali, in Studi e ricerche della Facoltà di Economia di Parma, Giuffrè, Milano, 1984, pp. 49 e 50.

4 F. BESTA, La ragioneria, Vallardi, Milano, 1922. 5 G. ZAPPA, Il reddito d’impresa, Giuffrè, Milano, 1950.

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La presente pubblicazione fa prevalente riferimento al sistema contabile propo-sto da Aldo Amaduzzi. Tuttavia, tale sistema si colloca nell’ambito del precedente “Sistema del Reddito” di Gino Zappa, di cui costituisce una variante e un’evoluzio-ne costruita su una solida base concettuale ancor oggi condivisa dalla maggior parte degli economisti d’azienda italiani. Una breve descrizione di tale sistema contabile è effettuata nelle pagine seguenti, specificamente in sede di classificazione dei valori e di loro rilevazione secondo il metodo della partita doppia.

I sistemi contabili d’azienda riguardano l’oggetto e l’estensione delle rilevazioni d’azienda 7. I sistemi contabili sono detti “generali” o sistemi di contabilità generale se l’oggetto delle rilevazioni d’azienda è la combinazione economica complessiva 8 d’impresa e se si propongono la determinazione di un risultato economico complessivo d’azienda.

Il sistema di contabilità generale d’impresa è una procedura che si propone di determinare il reddito d’esercizio ed il capitale di funzionamento d’impresa con la redazione periodica dei bilanci d’esercizio.

Le prime caratteristiche di questa procedura derivano dal commento delle sin-gole parole che la definiscono:

– Contabilità significa che lo strumento più importante utilizzato per realizzare l’obiettivo di periodica determinazione del reddito d’esercizio e del capitale di bi-lancio è il conto; si sottolinea, tuttavia, che i sistemi informativi d’impresa si carat-terizzano anche per determinazioni extracontabili complementari rispetto a quelle contabili per fornire informazioni utili ai destinatari.

– Generale vuol precisare che si tratta di una determinazione derivante dalla considerazione di tutta l’attività economica svolta dall’impresa ed esclude dunque – in prima approssimazione – determinazioni parziali, ossia riferite a singoli segmen-ti, settori o aree geografiche in cui l’impresa può essersi diversificata. I sistemi con-tabili, infatti, possono avere per oggetto combinazioni economiche parziali o parti della complessiva produzione economica d’impresa. Tali sistemi (ad esempio di contabilità analitica o industriale) non sono oggetto della presente pubblicazione; tuttavia può essere opportuno evidenziare la stretta interdipendenza di tutti i si-stemi contabili d’impresa e la loro utilità nel fornire informazioni a supporto dei processi decisionali interni ed esterni.

– D’impresa indica che ci si riferisce solamente ad aziende di produzione ope-ranti nei differenti settori e mercati dell’economia caratterizzati da vari livelli di concorrenza. In altri termini questa pubblicazione non ha per oggetto la determi-nazione dei risultati economici relativi alle aziende composte pubbliche, alle azien-

6 A. AMADUZZI, L’azienda nel suo sistema e nei suoi principi, Utet Libreria, Torino, 1998. 7 F. BESTA, La ragioneria, vol. I, Vallardi, Milano, 1909, p. 118; P. ONIDA, I moderni sviluppi della

dottrina contabile nord americana e gli studi di economia aziendale, Giuffrè, Milano, 1970, p. 64. 8 «L’insieme delle operazioni e dei processi, dei gruppi, anche in combinazioni parziali di processi,

variamente collegati ad unità continua e duratura, costituisce la combinazione complessiva (o genera-le) di un’azienda posta in essere e retta per i fini istituzionali», C. MASINI, Lavoro e risparmio, Utet, Torino, 1979, p. 97.

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de non profit, alle aziende di consumo. I sistemi contabili di queste ultime classi di aziende possono presentare caratteristiche di base coincidenti con quelle proprie delle aziende di produzione; tuttavia essi devono essere adattati per tenere conto – in modo particolare – delle peculiari finalità (non economiche) di tali aziende e del-la minore importanza che riveste il mercato nella formazione del loro sistema dei valori.

2. Il sistema dei valori e lo scambio monetario

Il sistema di contabilità generale rileva l’attività d’impresa 9 con un sistema di va-lori. I conti che compongono il sistema contabile accolgono i “valori” che sorgono dal sistema degli accadimenti d’impresa. L’attività d’impresa è scomponibile in combinazioni economiche generali e parziali, in processi economici fino alle unità elementari, ossia le operazioni aziendali. La contabilità rileva i valori – anzitutto – con riferimento alle singole operazioni aziendali (valori elementari) e, successiva-mente, li ricongiunge per riferirli ai processi economici ed alle combinazioni eco-nomiche parziali o generali (valori di sintesi). L’insieme dei valori rilevati con rife-rimento al complessivo sistema degli accadimenti rappresenta il sistema dei valori d’impresa.

Il sistema dei valori – direttamente o indirettamente – nasce da operazioni di scambio monetario. Le operazioni di scambio monetario, dunque, sono la fonte di-retta o indiretta di tutti i valori d’azienda. Ciò si giustifica in relazione ai caratteri delle moderne economie, in gran parte economie di mercato in cui le aziende ope-rano con livelli di concorrenza e di competitività differenti in relazione ai settori, ai paesi, ai mercati di riferimento. Le imprese operano in differenti mercati sia per approvvigionarsi dei fattori produttivi necessari per svolgere l’attività economica sia per cedere i risultati dell’attività produttiva (ad esempio merci, prodotti, servi-zi). Ed è il mercato che – direttamente o indirettamente – determina il reddito d’impresa. Da qui la scelta di rilevare in contabilità generale – durante il periodo amministrativo – solamente le operazioni di esterna gestione compiute dall’impresa con terze economie, ossia con altre aziende. In gran parte tali operazioni sono costi-tuite da operazioni di scambio monetario.

Lo scambio è l’operazione di gestione esterna più rilevante per le imprese per-ché, come accennato, consente loro di acquisire fattori produttivi, di vendere i ri-sultati della produzione e di realizzare i redditi; lo scambio collega l’impresa con un’altra e consta di una prestazione e di una controprestazione; quando prestazione o controprestazione sono costituite da moneta o valori temporaneamente sostitutivi della moneta lo scambio è detto monetario.

Lo scambio monetario è un sistema di condizioni: si tratta di definire tra le par-ti, ad esempio, la quantità e la qualità dei beni da scambiare, il prezzo, le condizioni

9 L. AZZINI, Istituzioni di economia d’azienda, Giuffrè, Milano, 1982, capitolo 6.

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di pagamento, la durata e le condizioni della garanzia, ecc. A proposito delle con-dizioni di pagamento lo scambio può essere con regolamento immediato ovvero differito. Nel primo caso il pagamento è immediato e dunque si movimenta moneta in modo contestuale all’esecuzione dello scambio. Con il regolamento differito, in-vece, si forma il cosiddetto “credito o debito di regolamento”, ossia un valore tem-poraneamente sostitutivo della moneta. Il credito o debito di regolamento – se il debitore rispetta gli impegni in termini di pagamento del debito nei tempi concor-dati – si trasforma in moneta in via differita rispetto all’esecuzione dello scambio.

Lo scambio monetario può essere scomposto nelle seguenti fasi:

1. Trattativa. 2. Stipula del contratto. 3. Esecuzione del contratto (consegna beni, esecuzione prestazione). 4. Emissione della fattura. 5. Regolamento dello scambio.

Nella prima fase – la trattativa – le parti vengono in contatto, manifestano il loro interessamento alla conclusione di uno scambio, definiscono le principali condizio-ni di scambio, solitamente dopo offerte di vario genere in merito ai prezzi, quantità, qualità, regolamento, garanzie.

La seconda fase – stipula del contratto – coincide con il momento in cui le parti, una volta trovato l’accordo sulle condizioni di scambio, s’impegnano a darne ese-cuzione nei tempi stabiliti e alle condizioni prefissate.

La terza fase – esecuzione – può consistere nella consegna dei beni (merci, pro-dotti finiti, ecc.) ovvero nell’esecuzione della prestazione o del servizio.

La quarta fase – emissione della fattura – risulta essenziale per documentare lo scambio e formalizzarne le condizioni, soprattutto in termini di quantità e prezzo da corrispondere.

La quinta fase – regolamento dello scambio – può coincidere con il momento della terza o quarta fase se il regolamento è immediato mentre avviene successiva-mente in caso di regolamento differito. Con il pagamento del prezzo concordato l’operazione di scambio può considerarsi conclusa, salvo problemi connessi alla ga-ranzia, a eventuali beni difettosi di cui si chiede, ad esempio, la restituzione o la so-stituzione.

Ai fini del presente lavoro, la conoscenza delle fasi dello scambio è rilevante so-prattutto perché serve per stabilire quando rilevare i valori nel sistema di contabili-tà generale. Per convenzione si è stabilito di effettuare le rilevazioni nel Momento della Moneta o del Credito (MMC) 10 ossia in corrispondenza della variazione che sorge nei valori finanziari; nella maggior parte delle operazioni di scambio moneta-rio tale momento si verifica dopo l’esecuzione del contratto, solitamente in corri-spondenza dell’emissione della fattura.

Il sistema dei valori è espresso in moneta perché consente di conferire omoge-

10 Per un approfondimento delle motivazioni che giustificano questa scelta si veda – ad esempio – C. MASINI, Lavoro e risparmio, Utet, Torino, 1979, pp. 132 e 133.

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neità alle differenti classi di beni, diritti, obbligazioni, ecc. che possono sorgere dal-l’attività d’impresa. L’unità monetaria rappresenta un comune denominatore per esprimere in termini omogenei tutto il sistema degli accadimenti d’impresa. La mo-neta può rappresentare unità di misura dei valori se utilizzata in termini relativi e sistematici:

– in termini relativi significa essere consapevoli della variabilità del potere di ac-quisto della moneta; quando l’inflazione erode il potere di acquisto della moneta, essa perde la sua efficacia per la misurazione dei valori in termini omogenei e, dun-que, s’impongono correttivi volti a trasformare la moneta nominale in moneta reale, a parità di potere di acquisto;

– in termini sistematici significa tenere conto delle relazioni di interdipendenza e complementarietà che caratterizzano tutti i valori monetari derivanti dalle opera-zioni d’impresa.

I valori composti a sistema possono essere variamente classificati:

1. valori elementari e valori di sintesi; 2. quantità economiche, stime e congetture; 3. valori finanziari e valori economici.

1. La distinzione tra valori elementari e valori di sintesi, come detto, deriva dal riferimento a singole operazioni ovvero a processi economici e soprattutto a com-binazioni economiche parziali e generali. Esempi di valori elementari sono i valori che sono rilevati in connessione a singole operazioni di acquisto di merci, materie prime, prodotti finiti ovvero a singole operazioni di vendita di merci o di prodotti finiti. Esempi di valori di sintesi sono il reddito d’esercizio ed il capitale netto di funzionamento.

2. La classificazione dei valori in quantità economiche, stime e congetture 11 ri-flette il loro differente grado di oggettività ed ha conseguenze dirette sul loro grado di affidabilità. Specificamente le quantità economiche sono i valori caratterizzati da un maggior grado di oggettività mentre le stime e le congetture rappresentano valo-ri con livelli più elevati di discrezionalità e che comportano maggiori problemi rela-tivi alla verifica dell’attendibilità. Tipici esempi di quantità economiche sono i valo-ri che nascono dalle operazioni di scambio monetario: i prezzi costo ed i prezzi ri-cavo che si rilevano in connessione ai differenti cicli di operazioni d’impresa (ad esempio ciclo acquisti, ciclo vendite, ciclo retribuzioni al personale dipendente) so-no considerati oggettivi in termini relativi in quanto verificabili e sorti sulla base di trattative tra parti in contrapposizione di interessi. La determinazione di un reddito d’esercizio, tuttavia, non può essere fondata solamente sulle quantità economiche in quanto è necessario ipotizzare di interrompere la vita dell’impresa ad una certa data: la conseguenza di questa ipotesi astratta è l’esigenza di tenere conto di tutte le operazioni e i processi economici incompiuti a quella data per valutare la loro pro-

11 C. MASINI, Lavoro e risparmio, Utet, Torino, 1979, p. 109 ss.

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babile influenza sui redditi d’impresa. Si tiene conto di questi processi economici in corso di svolgimento associandoli a valori stimati e congetturati necessari per la composizione dell’esercizio. In particolare le stime sono necessarie per definire ipo-tesi di previsione connesse all’andamento favorevole o sfavorevole di determinati processi economici in corso di svolgimento: ad esempio può essere necessario sti-mare le perdite presunte sui crediti sorti verso clienti; il procedimento di stima – fondato sull’esperienza storica, sulle informazioni specifiche, sullo stato dei diffe-renti crediti e su altre informazioni – presenta la peculiarità di poter essere verifica-to ex-post, nel corso dei successivi periodi amministrativi. In altri termini la corret-tezza o meno della stima effettuata in sede di redazione del bilancio d’esercizio può essere controllata successivamente; il confronto tra stima e valore effettivo permette di apprezzare la congruità della medesima e di provvedere agli eventuali correttivi. Le congetture, invece, si basano su ipotesi finzione, ossia su ipotesi inerenti la for-mazione e suddivisione di redditi lordi in corso di formazione tra differenti periodi amministrativi. I redditi lordi sono correlabili ai processi economici in corso di svolgimento al termine di un periodo amministrativo (ad esempio le rimanenze fi-nali d’esercizio, le immobilizzazioni materiali ed immateriali). Le ipotesi riguardano sia l’entità dei redditi sia le modalità di scissione tra i vari periodi amministrativi. Le congetture – a differenza delle stime – non possono essere verificate ex-post; ad esempio la partecipazione alla formazione del reddito d’esercizio delle rimanenze finali si determina con valutazioni che comportano la suddivisione di un reddito lordo in corso di formazione tra due periodi amministrativi; la partecipazione delle immobilizzazioni materiali e immateriali alla formazione del reddito d’esercizio si determina correlando il loro contributo alla produzione economica d’impresa con il valore delle quote di ammortamento. La suddivisione dei redditi in corso di for-mazione, in ogni caso, è sempre influenzata da ipotesi finzione e dunque la conget-tura può essere verificata solamente nella sua congruità economica.

3. Infine la classificazione dei valori in finanziari ed economici deriva diretta-mente dall’adozione del sistema contabile proposto da Aldo Amaduzzi 12. In tal senso:

– I valori finanziari rilevano l’aspetto originario in quanto, come detto, si assume di rilevare i valori derivanti dagli scambi monetari nel momento della variazione della moneta o del credito; i valori finanziari, a loro volta, possono essere sotto clas-sificati in:

a) valori numerari certi, ossia valori inerenti alle riscossioni e ai pagamenti di moneta. Essendo costituiti da moneta in senso stretto, non presentano rischi di credito, rischi di cambio ma solamente rischi di perdita di potere di acquisto;

b) valori numerari assimilati, ossia crediti e debiti di regolamento, temporanea-mente sostitutivi della moneta. Sorgono negli scambi monetari con regolamento differito e, rispetto ai precedenti, sono soggetti al rischio di credito, ossia di perdita totale o parziale del credito;

12 A. AMADUZZI, L’azienda nel suo sistema e nei suoi principi, Utet Libreria, Torino, 1998.

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c) valori numerari presunti, ossia crediti e debiti di regolamento espressi origina-riamente in moneta non di conto e che necessitano di un processo di traduzione in moneta di conto. Hanno origine dagli scambi monetari con l’estero e con regola-mento differito: oltre al rischio di credito sono soggetti al rischio di cambio o di traduzione, ossia il rischio di perdite connesse alla dinamica dei tassi di cambio tra le monete dei paesi interessati dallo scambio;

d) crediti e debiti di finanziamento o di prestito, ossia valori di prestiti concessi o ottenuti che, a differenza di quelli di regolamento, hanno per oggetto di scambio la disponibilità di moneta e di risorse finanziarie. Generalmente essi maturano un in-teresse esplicito (fisso o variabile) che rappresenta rispettivamente l’onere o il pro-vento finanziario dell’operazione.

– I valori economici rilevano l’aspetto derivato, ossia i valori che sorgono in connessione all’aspetto originario. I valori economici, a loro volta, possono essere sotto classificati in:

a) valori di reddito: sono costi e ricavi d’esercizio che si rilevano a seguito dei tradizionali cicli economici di acquisizione dei fattori produttivi, di cessione dei prodotti e servizi prestati a terzi, di remunerazione dei lavoratori dipendenti ed au-tonomi. Inoltre sono valori che partecipano alla determinazione del reddito le quo-te di costi e ricavi comuni a due esercizi e le quote di costi e ricavi pluriennali con-getturati a fine periodo;

b) valori di capitale: sono i valori relativi al capitale netto suddiviso nelle sue parti ideali. Le principali parti ideali del capitale netto – nelle aziende con for-ma giuridica di tipo societario – sono il capitale sociale, le riserve e i redditi in-divisi.

Il sistema dei valori sorge con l’impresa e successivamente subisce continue mo-difiche a seguito della rilevazione dei valori connessi alle operazioni di gestione. In altri termini, come ogni sistema, anche quello dei valori è dinamico ed accoglie continue variazioni dei suoi componenti elementari per tenere conto del sistema degli accadimenti d’impresa. In definitiva la contabilità rileva “variazioni di valori” derivanti dalla gestione d’impresa.

Periodicamente, il sistema dei valori è sintetizzato per determinare il reddito d’esercizio ed il connesso capitale di funzionamento delle aziende e, per tale via, consentire l’apprezzamento – almeno parziale – dell’economicità aziendale. I risul-tati delle sintesi del sistema dei valori sono informazioni necessarie ma spesso insuf-ficienti per apprezzare compiutamente le condizioni d’equilibrio economico e fi-nanziario delle aziende. Quest’ultimo, infatti, presuppone la conoscenza d’altre in-formazioni sull’economia delle aziende e sul loro ambiente in divenire, con partico-lare riguardo alle relazioni dell’azienda con i propri mercati e settori economici di riferimento.

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3. Il conto come strumento di raccolta dei valori e la classificazione dei conti

La contabilità generale utilizza il conto quale strumento di rilevazione dei valori. Il conto accoglie «una serie di scritture relative ad un dato oggetto, variabile e mi-surabile, aventi lo scopo di fornire informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative di tale oggetto in un determinato momento e, entro certi limiti, nel corso del tempo» 13. In sostanza i conti accolgono i valori iniziali e le successive va-riazioni dei valori riferiti ad uno specifico oggetto. Ad esempio il conto “Banca c/c” – in fase d’accensione – rileva il valore iniziale di moneta depositato presso una banca; successivamente – in relazione alle varie operazioni di versamento o di pre-lievo – rileva le variazioni di valore subite dal versamento iniziale di moneta per effet-to delle operazioni compiute in un definito periodo di tempo. Il conto, solitamente, si presenta come un prospetto a due sezioni contrapposte che – per convenzione – so-no denominate:

1. Dare, la sezione di sinistra. 2. Avere, la sezione di destra.

Le due sezioni, tradizionalmente, sono contrapposte, come nella seguente tabella:

Tabella 1

Denominazione del conto

Dare Avere

Addebiti Accrediti

Totale addebiti (A) Totale accrediti (B)

Saldo dare, se A è > di B

Saldo avere, se B è > di A

Il conto è:

1. Istituito quando ne è precisato l’oggetto e la denominazione. Ad esempio s’ipotizzi l’istituzione del conto “Banca c/c”.

2. Acceso o aperto con la rilevazione della prima variazione di conto positiva o negativa. Ad esempio si supponga di accendere il conto “Banca c/c” con un primo versamento che aumenta in dare la disponibilità di moneta presso la Banca.

3. Addebitato o accreditato in relazione alle variazioni di conto positive o negati-

13 L. MARCHI (a cura di), Introduzione alla contabilità d’impresa, Giappichelli, Torino, 1995, p. 97; per approfondimenti si veda – ad esempio – F. BESTA, La ragioneria, seconda edizione riveduta e am-pliata, Vallardi, Milano, 1920, vol. II, p. 292.

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ve. Ad esempio il conto banca è continuamente movimentato in dare e in avere in relazione agli incassi e ai pagamenti realizzati dall’impresa. Specificamente un con-to è addebitato quando si rileva un valore nella sezione dare mentre è accreditato quando la rilevazione del valore è effettuata nella sezione avere.

4. Chiuso se il saldo del conto è iscritto nella sezione opposta rispetto a quella in cui è presente. Ad esempio, se il conto “Banca c/c” presenta un saldo dare di 10.000 € la sua chiusura presuppone l’iscrizione del medesimo importo nella sezio-ne avere. Con la chiusura del conto, il saldo diventa nullo ed il conto è spento in modo definitivo.

I conti – come i valori – possono essere variamente classificati:

1. conti a quantità, conti a valore o entrambi; 2. conti monofase o bifase.

1. I conti a quantità rilevano le quantità fisiche di un determinato bene; ad esempio – in relazione alle merci – il conto a quantità rileva le quantità fisiche espresse in quintali, tonnellate, metri, litri, ecc. delle differenti tipologie di merci. Il conto a valore, invece, rileva le quantità monetarie, ossia i valori espressi in moneta dei medesimi oggetti. Il valore monetario a sua volta può essere unitario o comples-sivo. Nel primo caso si riferisce al valore di un singolo bene o di una singola unità di misura quantitativa del bene; nel secondo caso il valore monetario è riferito al totale dei beni oggetto di rilevazione. Infine alcuni conti possono rilevare conte-stualmente le quantità fisiche e monetarie. Le quantità monetarie devono essere espresse con un’unica moneta che diventa la moneta di conto, ossia la valuta con cui l’impresa valorizza tutte le proprie determinazioni di conto.

2. I conti monofase (unilaterali) sono movimentati solamente in dare o solamen-te in avere; i conti bifase (bilaterali), invece, accolgono variazioni in entrambe le se-zioni del conto. In generale i conti finanziari sono bilaterali, ossia sono movimentati da entrate ed uscite di moneta che sono rilevate rispettivamente in dare ed avere dei rispettivi conti; i conti economici, invece, sono prevalentemente unilaterali perché accolgono valori solamente in dare ovvero solamente in avere.

La rilevazione dei valori derivanti dalle operazioni d’impresa fa sorgere varia-zioni di conto che possono essere rispettivamente positive o negative. In qualunque momento è possibile effettuare la differenza tra le variazioni di conto positive e ne-gative e determinare il cosiddetto saldo del conto, ossia lo sbilancio dare o avere del medesimo.

4. Il metodo della partita doppia ed i libri contabili

Il sistema degli accadimenti d’azienda può essere rilevato con differenti metodi contabili. I metodi contabili riguardano la forma, l’ordine e i collegamenti tra le ri-levazioni contabili d’azienda. Anzitutto si distinguono scritture semplici e scritture

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doppie. Le scritture semplici rilevano le operazioni d’azienda solamente sotto un profilo d’osservazione (solitamente quello finanziario) e dunque necessitano di una sola serie di conti. Le scritture semplici sono adatte per aziende con bassi livelli di complessità amministrativa, in cui le informazioni finanziarie possono essere effica-ci per rappresentare i risultati d’impresa. Ad esempio, molte aziende composte pubbliche ed aziende non profit adottano solamente scritture semplici per la rile-vazione dei flussi finanziari a supporto dell’azione amministrativa e a fini di con-trollo interno ed esterno.

Nelle imprese, invece, da tempo si sono affermati metodi di scrittura doppia 14 e, precisamente, il metodo della partita doppia che osserva le operazioni sotto due profili (finanziario ed economico) e rileva i connessi valori in due corrispondenti serie di conti (finanziari ed economici 15).

Tale metodologia si qualifica per i seguenti principi:

1. Ogni operazione d’azienda è osservata sotto due aspetti: a) L’aspetto originario (finanziario). b) L’aspetto derivato (economico).

2. Si attivano due serie di conti, in relazione ai due profili d’osservazione delle operazioni d’impresa:

a) Conti originari (finanziari). b) Conti derivati (economici).

3. Ogni conto ha due sezioni distinte: a) Sezione dare, a sinistra. b) Sezione avere, a destra.

4. Le due serie di conti funzionano in modo antitetico: Se un’operazione attiva il conto di una serie (ad esempio quella originaria) con

segno dare, il metodo impone che contestualmente la medesima operazione attivi

14 Il metodo della scrittura doppia si ha «quando in un mastro si accendono conti a due serie di componenti un dato fondo, oggetto complesso di un qualsivoglia sistema di scritture, e la misura mu-tabile di tal fondo si fa risultare da quelle omogeneamente attribuite ai singoli componenti di ciascuna delle due serie», F. BESTA, La ragioneria, Vallardi, Milano, 1922, p. 1.

15 Fabio Besta presenta tre forme di scrittura doppia, tutte accomunate dall’uguaglianza tra gli ad-debitamenti e gli accreditamenti dei valori nei conti. Nell’ambito della forma tradizionale – quella che ammette una prima serie di conti accesi agli elementi reali, attivi e passivi, del fondo oggetto comples-so del sistema di scritture e una seconda serie di conti accesi alle parti ideali o ai componenti derivati della mutabile misura attribuita a cotal fondo – Fabio Besta approfondisce il metodo della partita doppia. Tale metodo si distingue per le seguenti regole di rilevazione dei valori nei conti:

– nei conti accesi agli elementi reali si rilevano le mutazioni attive in dare e le mutazioni passive in avere;

– nei conti accesi agli elementi derivati si rilevano le mutazioni attive in avere e le mutazioni passi-ve in dare.

«Nelle scritture si ha la partita doppia quando una serie di singole grandezze date o di grandezze equivalenti si classifica secondo due criteri diversi ma paralleli o, come anche si può dire, secondo combinazioni di due diversi caratteri», G. ZAPPA, Il reddito d’impresa, Giuffrè, Milano, 1950, p. 37.

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un conto della stessa serie o di una serie differente (ad esempio quella derivata) con segno opposto al precedente e dunque con segno avere.

5. Le rilevazioni in tutti i conti (sia della prima sia della seconda serie) devono es-sere effettuate con un’unica moneta, la moneta di conto:

L’adozione di un’unica moneta di conto assicura omogeneità relativa del sistema dei valori. Quest’ultima, a sua volta, rappresenta un presupposto essenziale per l’attendibilità e la significatività delle informazioni prodotte dai sistemi contabili.

A corollario dei principi precedenti si può affermare che:

1. la somma dei valori iscritti in dare di tutti i conti è uguale alla somma dei valori iscritti in avere di tutti i conti;

2. la somma dei saldi dare di tutti i conti è uguale alla somma dei saldi avere di tutti i conti;

3. la somma algebrica dei saldi in una parte qualsiasi dei conti è uguale e di segno opposto alla somma algebrica dei saldi della rimanente parte dei conti.

Questi corollari dimostrano che la partita doppia è un metodo in cui dare e avere costantemente si bilanciano sia per valori assoluti sia per saldi; in tal senso si parla anche di metodo bilanciante. Queste proprietà sono importanti strumenti di controllo della correttezza delle determinazioni quantitative d’impresa.

I conti originari (finanziari) e derivati (economici), a loro volta, sono sotto-classificati come segue:

1. I conti finanziari 16 comprendono:

a) Conti numerari certi. b) Conti numerari assimilati. c) Conti numerari presunti. d) Conti accesi ai crediti e ai debiti di finanziamento o di prestito.

2. I conti economici comprendono:

a) Conti di reddito. b) Conti di capitale netto.

Considerando la tradizionale forma dei conti (quella a T), le regole di rilevazio-ne delle variazioni di valori nei conti sono le seguenti:

1. i conti finanziari accolgono con segno dare le variazioni di valori che espri-mono variazioni finanziarie positive (VF +). Queste ultime, a loro volta, in rela-zione alle differenti specie di conti finanziari, possono essere rappresentate da:

a) Entrate di moneta.

16 Si tratta di una classificazione che rispecchia fedelmente quella precedente dei valori. Ad evi-denza i conti finanziari ed economici accolgono i valori finanziari ed economici suddivisi nelle sotto-classi indicate.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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b) Incrementi dei crediti di regolamento e di prestito. c) Riduzioni dei debiti di regolamento e di prestito.

2. I conti finanziari accolgono con segno avere le variazioni di valori che espri-mono variazioni finanziarie negative (VF –). Queste ultime, a loro volta, in relazione alle differenti specie di conti finanziari, possono essere rappresentate da:

a) Uscite di moneta. b) Aumenti di debiti di regolamento o di prestito. c) Riduzioni di crediti di regolamento o di prestito.

Tabella 2

Conti finanziari

Dare Avere

Variazioni finanziarie positive (VF +) Variazioni finanziarie negative (VF –)

3. I conti economici accolgono con segno dare le variazioni di valore che esprimo-no variazioni economiche negative (VE –). Queste ultime, a loro volta, in relazione ai differenti tipi di conti economici, possono essere rappresentati da:

a) aumento dei componenti negativi del reddito (costi d’esercizio) o rettifica dei componenti positivi del reddito (ricavi d’esercizio);

b) riduzioni delle parti ideali del capitale netto.

4. I conti economici accolgono con segno avere le variazioni di valore che esprimono variazioni economiche positive (VE +). Queste ultime, a loro volta, in re-lazione ai differenti tipi di conti economici, possono essere rappresentate da:

a) aumento dei componenti positivi del reddito (ricavi d’esercizio) o rettifica dei componenti negativi del reddito (costi d’esercizio);

b) aumenti delle parti ideali del capitale netto.

Tabella 3

Conti economici

Dare Avere

Variazioni economiche negative (VE –) Variazioni economiche positive (VE +)

Ogni operazione d’impresa rilevata in partita doppia fa sorgere contestual-mente:

a) una o più variazioni finanziarie rilevate nei conti finanziari; b) una o più variazioni economiche di segno opposto rilevate nei conti econo-

mici.

Fanno eccezione alcune operazioni che riguardano il regolamento degli scambi

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monetari con regolamento differito. In questo caso quando l’impresa – rispettiva-mente – incassa o paga un credito o debito di regolamento rileva variazioni di valo-ri che appartengono solamente alla serie finanziaria. Queste particolari variazioni di valore sono denominate “permutazioni finanziarie” in quanto l’operazione d’im-presa rilevata in partita doppia fa sorgere contestualmente:

a) una o più variazioni finanziarie rilevate nei conti finanziari; b) una o più variazioni finanziarie di segno opposto rilevate in altri conti finan-

ziari.

La contabilità generale d’impresa fondata sul metodo della partita doppia com-porta la contestuale rilevazione dei valori in due libri contabili essenziali:

1. libro giornale; 2. libro mastro.

Il libro giornale è una determinazione cronologica che rileva le variazioni dei va-lori nei conti in ordine di successione temporale. Ogni giorno si rilevano le cosid-dette “scritture” sul libro giornale inerenti alle differenti specie di operazioni o classi di operazioni. Ogni scrittura a libro giornale è definita “articolo in partita doppia” ed è numerata progressivamente. A sua volta, ogni articolo comprende una serie di informazioni, tra cui la data di rilevazione dell’operazione, la denomi-nazione dei conti addebitati ed accreditati, una descrizione dell’operazione, i valori unitari e complessivi dell’operazione. L’articolo è semplice se interessa solamente due conti (uno accreditato e uno addebitato); esso diventa composto (o complesso) se i conti coinvolti nella rilevazione sono almeno tre (uno o più conti accreditati ed uno o più conti addebitati).

Tabella 4

Scrittura semplice

30 giugno Dare Avere

Merci c/acquisti 100

Fornitori 100

Scrittura composta

30 giugno Dare Avere

Merci c/acquisti 100

IVA a credito 22

Fornitori 122

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Il libro mastro è una determinazione sistematica, ossia i conti che lo compongono sono gli elementi di un sistema, collegati tra loro da relazioni di interdipendenza. I tradizionali sistemi di contabilità orientati alla determinazione dei risultati econo-mici d’esercizio presuppongono l’impiego congiunto di rilevazioni cronologiche e sistematiche 17. L’affermazione delle rilevazioni sistematiche è collegata allo svilup-po del concetto di azienda come sistema di relazioni interne ed esterne tra gli ele-menti d’azienda e d’ambiente. I sistemi di rilevazione volti alla determinazione di risultati economici d’esercizio devono essere sistematici, vale a dire rilevare gli ac-cadimenti d’azienda tenendo conto delle relazioni di interdipendenza che i mede-simi presentano nello spazio e nel tempo.

In concreto il libro mastro è l’insieme di tutti i conti utilizzati dall’impresa per tenere la contabilità generale e per la determinazione periodica del reddito d’eser-cizio e del capitale di bilancio. I conti nel libro mastro sono organizzati secondo va-ri livelli di analiticità: i conti elementari sono aggregati nelle varie classi omogenee di ordine superiore in funzione delle esigenze d’impresa e dei vincoli imposti dalla legge.

Uno strumento che permette di effettuare una prima verifica della correttezza contabile delle rilevazioni è il “Bilancio di verifica”. Si tratta di un prospetto in cui si riepilogano tutti i conti interessati dalle rilevazioni sia con riferimento alle varia-zioni positive o negative sia in relazione ai saldi dare o avere. Ad evidenza il totale dei movimenti dare deve coincidere con il totale dei movimenti avere, come pure il totale dei saldi dare deve corrispondere al totale dei saldi avere.

La procedura di contabilità generale per la determinazione del reddito d’eser-cizio e del capitale di bilancio – in ogni periodo amministrativo – si caratterizza per le seguenti fasi in cui possono essere suddivise le rilevazioni dei valori nei libri con-tabili (libro mastro e libro giornale):

1. apertura generale dei conti e valori all’inizio del periodo amministrativo e chiusura delle rimanenze iniziali in Conto economico o nei rispettivi conti a cui af-feriscono. Le rilevazioni di apertura consistono nell’accensione dei conti e dei valo-ri relativi al patrimonio di funzionamento, distinto nei componenti positivi, negativi e di capitale netto. Esse rappresentano un elemento di connessione tra i periodi amministrativi in quanto corrispondono ai valori delle rilevazioni di sintesi o chiu-sura dell’esercizio precedente, con riferimento ai valori di capitale di funzionamento;

2. rilevazione dei valori derivanti dalle operazioni di gestione esterna durante il periodo amministrativo. I valori sono rilevati nel momento di variazione della mo-neta o del credito, quando trovano esecuzione gli scambi monetari con terze eco-nomie;

3. assestamento del sistema dei valori con rettifiche ed integrazioni al termine del periodo amministrativo per adeguarlo al principio della competenza economica e renderlo idoneo alla determinazione del reddito d’esercizio e del connesso capita-

17 «La scrittura doppia, da non pochi autori, è denominata anche scrittura sistematica», G. ZAPPA, Il reddito d’impresa, Giuffrè, Milano, 1950, p. 40.

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le di bilancio; in altri termini il sistema dei valori accoglie ratei, risconti, rimanenze, ammortamenti, accantonamenti necessari per una determinazione attendibile dei risultati d’esercizio d’impresa;

4. chiusura generale dei conti elementari nei conti di sintesi (Stato patrimoniale e Conto economico) e determinazione del reddito d’esercizio e del capitale di bilancio.

La presente pubblicazione ripercorre la procedura di contabilità generale fino alla chiusura dei conti. Al presente capitolo introduttivo seguono quelli relativi alle rilevazioni dei valori inerenti i principali cicli di operazioni che qualificano la ge-stione d’impresa, i capitoli relativi ai valori da inserire a fine periodo per l’assesta-mento dei medesimi alla luce dei principi contabili e di valutazione applicabili per la costruzione del bilancio d’esercizio ed infine i capitoli riguardanti la chiusura e riapertura dei conti.

La fase successiva è la composizione del bilancio d’esercizio in tutte le sue parti essenziali (Stato patrimoniale, Conto economico e Nota integrativa) e complemen-tari (Relazione sulla gestione, Relazione del collegio sindacale, Relazione della so-cietà di revisione) che comprendono determinazioni quantitative e qualitative, con-tabili ed extracontabili 18.

5. Le norme che regolano la contabilità d’impresa

5.1. Le fonti normative

Nel rispetto dei principi costituzionalmente sanciti della libertà di iniziativa e della libera concorrenza, l’esercizio di un’attività d’impresa è regolata da un im-pianto normativo teso a tutelare i terzi che instaurano rapporti giuridici con l’im-prenditore, l’interesse pubblico e, anche, l’imprenditore stesso.

La normativa, assai complessa, promana da varie fonti di cui le principali sono il Codice Civile e le leggi fiscali. Il Codice Civile, oltre a definire l’imprenditore 19, detta le regole di comportamento e stabilisce gli strumenti conoscitivi che obbliga-toriamente deve istituire colui che intende intraprendere un’attività commerciale.

Il Legislatore nazionale, contrariamente alle scelte legislative adottate in altri Paesi, ha regolamentato il livello informativo necessario differenziandolo in fun-zione della natura e della dimensione dell’attività esercitata; si legge all’art. 2214 c.c. «l’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve tenere il libro gior-nale e il libro degli inventari. Deve altresì tenere le altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa e conservare ordina-

18 Per approfondimenti si veda – ad esempio – S. AZZALI (a cura di), Financial Reporting and Ac-counting Standards, Giappichelli, Torino, 2019.

19 Art. 2082 c.c.: «È imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi».

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tamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite. Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori» 20.

Dalla lettura dell’articolo sopra riportato si evince che secondo il Codice Civile i libri e le scritture obbligatorie si possono riassumere in:

– libro giornale; – libro inventari; – altre scritture contabili richieste in funzione della natura e della dimensione

dell’impresa, per la cui individuazione è necessario fare riferimento alle leggi fiscali e alle leggi speciali (oltre allo stesso Codice Civile).

Con particolare riguardo alla legislazione fiscale in materia di scritture contabili è imprescindibile il riferimento ai decreti sotto elencati:

– D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (c.d. decreto IVA); – D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (c.d. decreto sull’accertamento delle imposte

dirette).

Con riferimento alla prima delle due summenzionate normative, corre l’obbligo di precisare come il decreto istitutivo dell’Imposta sul Valore Aggiunto, tra i vari adempimenti, sancisca quello relativo alla tenuta di specifici registri, che verranno analizzati nel prosieguo del presente capitolo e, precisamente:

– registro delle fatture emesse; – registro dei corrispettivi; – registro degli acquisti.

Facendo riferimento, invece, al decreto sull’accertamento delle imposte dirette si evidenzia innanzitutto come esso preveda due regimi contabili principali:

– il regime di contabilità semplificata; – il regime di contabilità ordinaria.

Successivamente, il Legislatore, con la Legge di Stabilità 2015, ha disciplinato un “regime forfetario”, successivamente modificato dalla Legge di Bilancio 2020, che prevede, come i precedenti regimi di favore per le piccole imprese ed i piccoli pro-fessionisti, rilevanti semplificazioni ai fini Iva ed ai fini contabili, e consente anche la determinazione forfetaria del reddito da assoggettare a un’unica imposta in sosti-tuzione di quelle ordinariamente previste 21.

20 Art. 2083 c.c.: «Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il la-voro proprio e dei componenti della famiglia».

21 Possono accedere al “regime forfetario”, così come stabilito dalla Legge di Stabilità 2015 e suc-cessivamente modificato dalla Legge di Stabilità 2016 e infine dalla Legge di Bilancio 2020, i soggetti già in attività e/o i soggetti che iniziano un’attività d’impresa, arte o professione, purché nell’anno precedente, contemporaneamente, abbiano:

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Concentrando l’attenzione, per brevità di analisi, solo sui principali regimi con-tabili, si precisa che la contabilità semplificata rappresenta il sistema contabile delle imprese individuali e delle società di persone che presentano un volume d’affari non superiore a determinati parametri 22.

La contabilità semplificata consiste nella tenuta dei soli registri IVA i quali, in questo sistema contabile, vengono utilizzati anche per definire il reddito da assog-gettare alle imposte dirette.

Per quanto concerne il regime di contabilità ordinaria si osserva, da un punto di vista meramente fiscale, come esso consista nella tenuta dei seguenti libri:

– libro giornale; – libro mastro; – libro inventari; – registro dei beni ammortizzabili.

Nel contesto di questo paragrafo si vuole porre l’attenzione, in particolare, sul registro dei beni ammortizzabili, posto che gli altri libri sono oggetto di specifica analisi nelle successive parti del presente capitolo.

La tenuta del registro dei beni ammortizzabili è disciplinata dall’art. 16 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, il quale sancisce che le annotazioni devono ri-guardare l’anno di acquisizione, il costo originario, le rivalutazioni e le svalutazioni, il fondo di ammortamento esistente al termine dell’esercizio precedente a quello in chiusura, il coefficiente di ammortamento effettivamente applicato nel periodo d’imposta, la quota annuale di ammortamento e, infine, l’eliminazione dal processo produttivo.

I beni strumentali, qualora si tratti di immobili o di beni mobili registrati in pubblici registri, devono essere annotati singolarmente; gli altri cespiti ammortiz-zabili possono essere raggruppati per categorie omogenee, anno di acquisizione e coefficiente di ammortamento.

Il D.P.R. 9 dicembre 1996, n. 695 ha stabilito che le annotazioni da effettuare sul registro dei beni ammortizzabili possono, in alternativa, essere eseguite anche

– conseguito ricavi o percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 65.000 euro; – sostenuto spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro acces-

sorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori, anche a progetto, comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati con apporto costituito da solo lavoro e quelle cor-risposte per le prestazioni di lavoro rese dall’imprenditore o dai suoi familiari.

22 Art. 20, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633: «Per volume d’affari del contribuente s’intende l’am-montare complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi dallo stesso effettuate, regi-strate o soggette a registrazione con riferimento a un anno solare a norma degli artt. 23 e 24, tenendo conto delle variazioni di cui all’art. 26. Non concorrono a formare il volume d’affari le cessioni di beni ammortizzabili».

Allo stato attuale i limiti previsti dal D.L. 13 maggio 2011, n. 70/2011 (decreto sviluppo) per la tenuta della contabilità semplificata sono i seguenti:

– volume d’affari non superiore a € 400.000 per le imprese aventi ad oggetto prestazioni di servizi; – volume d’affari non superiore a € 700.000 per le imprese aventi ad oggetto altre attività.

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sul libro degli inventari, sempre che venga rispettato il contenuto delle informazio-ni richieste.

Oltre ai libri ed ai registri sopra menzionati, per completezza di informazione giova precisare che le imprese che per due esercizi consecutivi conseguano ricavi superiori a € 5.164.568,99 ed abbiano rimanenze finali complessivamente superiori a € 1.032.913,80 sono obbligate anche alla tenuta delle scritture ausiliarie di magaz-zino (contabilità di magazzino). Ciò comporta che, sistematicamente e secondo le regole di tenuta di un’ordinata contabilità, devono essere rilevate, su appositi regi-stri per i quali non è prevista la preventiva numerazione e bollatura, le quantità en-trate e uscite di merci destinate alla vendita, di semilavorati, di prodotti finiti e di materie prime.

Le rilevazioni devono essere effettuate nel termine di 60 giorni dall’effettuazione dell’operazione.

Qualora l’attività d’impresa venga esercitata mediante la costituzione di una so-cietà, parallelamente ai libri ed ai registri fiscalmente obbligatori, il Legislatore sta-bilisce altri libri obbligatori da cui si desume lo svolgersi della vita e delle decisioni degli organi preposti al governo della società.

Per quanto concerne le società per azioni ed in accomandita per azioni il Codice Civile all’art. 2421 prevede la tenuta dei seguenti libri:

a) il libro dei soci; b) il libro delle obbligazioni; c) il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee; d) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione

o del consiglio di gestione; e) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale ovvero del

consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione; f) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo; g) il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee degli obbligazio-

nisti; h) il libro degli strumenti finanziari emessi ai sensi dell’art. 2447-sexies.

Nel caso di società a responsabilità limitata l’art. 2478 c.c. prevede l’obbliga-torietà per i seguenti libri 23:

a) il libro delle decisioni dei soci; b) il libro delle decisioni degli amministratori; c) il libro delle decisioni del collegio sindacale o del revisore nominati ai sensi

dell’art. 2477.

23 L’art. 16, Legge n. 2/2009 di conversione del D.L. n. 185/2008 ha abrogato il punto 1 dell’art. 2478 c.c., di fatto eliminando il libro soci dai libri obbligatori per le società a responsabilità limitata, sostituendolo con il deposito dell’elenco dei partecipanti al capitale sociale presso il Registro delle imprese della circoscrizione in cui ha sede la società.

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In merito alla nomina dell’organo di controllo 24 nelle società a responsabilità limitata, si precisa, per completezza di analisi, che è obbligatoria qualora:

– la società sia obbligata alla redazione del bilancio consolidato 25; – la società controlli un’altra società obbligata alla revisione legale dei conti; – la società abbia superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti

limiti: 1. totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 4 milioni di euro; 2. ricavi delle vendite e delle prestazioni: 4 milioni di euro; 3. dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 20 unità.

È del tutto evidente che la nomina dell’organo di controllo è obbligatoria anche nel caso in cui sia prevista espressamente dallo statuto sociale.

Il Legislatore ha previsto, nel caso in cui l’attività d’impresa sia esercitata sotto forma di società di capitali, l’obbligo da parte degli amministratori di redigere an-nualmente il bilancio d’esercizio da sottoporre all’approvazione da parte dell’as-semblea dei Soci 26.

Il bilancio d’esercizio si compone di Stato Patrimoniale, Conto Economico e Nota Integrativa; le norme contenute nel codice civile fissano alcuni principi gene-rali su cui fondarne la redazione, rinviando implicitamente a regole tecniche, con-tenute in documenti di prassi contabile emanati dall’Organismo Italiano di Conta-bilità (OIC) denominati principi contabili nazionali 27, per definire specificazioni ed interpretazioni di tipo applicativo.

24 L’art. 2477 c.c. sancisce che in assenza di diversa disposizione statutaria l’organo di controllo è costituito da un solo membro effettivo.

25 Sono esonerati dalla redazione del bilancio consolidato i gruppi aziendali di modeste dimensioni che per due esercizi consecutivi, non abbiano superato due dei seguenti limiti:

– totale attivo euro 20.000.000; – totale ricavi delle vendite e delle prestazioni euro 40.000.000; – 250 dipendenti occupati in media durante l’esercizio. 26 L’art. 2423 c.c. recita: «Gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo

stato patrimoniale, dal conto economico, dal rendiconto finanziario e dalla nota integrativa. Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patri-moniale e finanziaria della società e il risultato economico dell'esercizio. Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo. Non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta. Rimangono fermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture contabili. Le società illustrano nella nota integrativa i criteri con i quali hanno dato attuazione alla presente disposizione. Se, in casi eccezionali, l'applicazione di una disposizio-ne degli articoli seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata. La nota integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne l'influenza sulla rap-presentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. Gli eventuali utili deri-vanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato. Il bilancio deve essere redatto in unità di euro, senza cifre decimali, ad eccezione della nota integrativa che può essere redatta in migliaia di euro».

27 Per approfondimenti consulta: www.fondazioneoic.eu.

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Nel caso in cui la società sia quotata in un mercato regolamentato dovrà redige-re obbligatoriamente il bilancio d’esercizio osservando le regole sancite dai principi contabili internazionali (IFRS); non possono, invece optare per la redazione del bi-lancio d’esercizio sulla base dei principi contabili internazionali le società che pos-sono redigere il bilancio in forma abbreviata secondo le disposizioni dell’art. 2435-bis c.c.

Le norme relative al bilancio d’esercizio contenute nel codice civile sono state, significativamente, modificate dal D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 139 che ha recepito, attuandola, la Direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci conso-lidati e alle relative relazioni.

Le principali modifiche introdotte riguardano sia lo Stato Patrimoniale sia il Conto Economico; per quanto concerne lo Stato Patrimoniale, principalmente, si segnala che è stata eliminata la possibilità di capitalizzare costi di ricerca e di pub-blicità, di rappresentare le azioni proprie come attività finanziaria ed è stato sancito l’obbligo di rappresentare al valore di mercato i contratti derivati sia di copertura che speculativi.

In riferimento al Conto Economico, i più rilevanti interventi riguardano l’elimi-nazione dell’area straordinaria, contraddistinta dalla lettera E), e la ridefinizione delle aree C) e D) riferibili alla gestione finanziaria.

L’attuazione della Direttiva comunitaria ha comportato, inoltre, l’istituzione di un nuovo articolo del codice civile (art. 2425-ter c.c. 28) relativo al rendiconto finan-ziario; l’introduzione dell’obbligo di redazione del rendiconto risponde all’esigenza di una più completa capacità informativa del bilancio che nella rinnovata configu-razione, alle tradizionali informazioni di carattere economico-patrimoniale, aggiun-ge quelle relative alla dinamica finanziaria dell’impresa al fine di mettere a disposi-zione del lettore di bilancio tutte le informazioni necessarie ad una corretta inter-pretazione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società.

Tutte le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 139/2015 dovranno essere applicate ai bilanci degli esercizi che iniziano dal 1° gennaio 2016; l’applicazione di tali signi-ficativi interventi richiederanno importanti disposizioni interpretative che sono sta-te esplicitamente richieste all’Organismo Italiano di Contabilità dall’art. 12, comma 3 del Decreto citato.

5.2. Il libro giornale e il libro mastro

Il libro giornale deve indicare cronologicamente le operazioni relative all’eser-cizio dell’impresa.

28 L’art. 2435-ter c.c. sancisce: «Dal rendiconto finanziario risultano, per l’esercizio a cui è riferito il bilancio e per quello precedente, l’ammontare e la composizione delle disponibilità liquide, all’ini-zio e alla fine dell’esercizio, ed i flussi finanziari dell’esercizio derivanti dall’attività operativa, da quel-la d’investimento, da quella di finanziamento, ivi comprese, con autonoma indicazione, le operazioni con i soci».

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Per quanto concerne la numerazione e la bollatura, la Legge n. 383/2001 ha sancito la soppressione dell’obbligo di bollatura del libro giornale, mentre permane l’obbligo di numerazione progressiva delle pagine.

Le operazioni, come menzionato, devono essere registrate analiticamente ed in ordine cronologico; allorquando sia impossibile ricostruirle singolarmente (si pensi alle vendite al dettaglio di un esercizio commerciale) è possibile rilevare contabil-mente in modo riassuntivo tutte le operazioni della medesima categoria in riferi-mento ad un determinato periodo: per esempio, tutte le vendite di un esercizio commerciale effettuate in un determinato giorno.

Il Codice Civile nulla dispone relativamente al termine entro il quale è obbliga-torio effettuare le rilevazioni contabili. In aiuto accorre il Legislatore fiscale, che determina in 60 giorni il termine, perentorio, entro il quale effettuare le registra-zioni sul libro giornale. Si sottolinea che con l’avvento della contabilità informatiz-zata si sono distinti i momenti di effettuazione della registrazione – immissione dei dati nell’elaboratore – e di stampa del libro giornale. Il lasso di tempo di 60 giorni stabilito dal Legislatore è da ricondurre all’attività di registrazione delle rilevazioni contabili; la stampa su supporto cartaceo delle stesse deve essere effettuata entro tre mesi dal termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Il libro giornale deve essere tenuto secondo le regole di un’ordinata contabilità (art. 2219 c.c.), per cui non devono essere lasciati spazi in bianco, interlinee o tra-sporti a margine. Inoltre, non è consentito fare abrasioni o cancellature. Al fine di correggere eventuali errori materiali di trascrizione è lecito “cancellare” purché sia leggibile ciò che si vuole non considerare validamente rilevato.

Il libro giornale deve essere conservato per un periodo di 10 anni dalla data dell’ultima rilevazione (art. 2220 c.c.). Il termine stabilito non si interrompe per il fatto che l’attività d’impresa cessi; in questo caso il libro giornale deve essere depo-sitato presso l’Ufficio del Registro delle Imprese se si tratta di società di capitali o, nel caso di società di persone, deve essere conservato dalla persona indicata dalla maggioranza dei soci. È di tutta evidenza che in caso di attività d’impresa esercitata in forma individuale il libro giornale dovrà essere conservato dall’imprenditore.

Passando ora ad analizzare il libro mastro, si evidenzia innanzitutto come esso sia costituito dall’insieme delle schede contabili previste dal piano dei conti in cui confluiscono, con logica sistematica, le rilevazioni dei valori delle operazioni di ge-stione registrate, cronologicamente, nel libro giornale.

Dalla lettura degli articoli del Codice Civile relativi alle scritture contabili obbli-gatorie (artt. 2214 e ss. c.c.) non si desume l’obbligatorietà di detto libro che di-scende, invece, dalle disposizioni contenute nell’art. 14 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, il quale sancisce che le imprese devono necessariamente tenere le «scritture ausiliarie nelle quali devono essere registrati gli elementi patrimoniali e reddituali, raggruppati in categorie omogenee, in modo da consentire di desumerne chiaramente e distintamente i componenti positivi e negativi che concorrono alla determinazione del reddito».

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5.3. Il libro inventari

All’inizio dell’esercizio dell’attività d’impresa e, successivamente, ogni anno è obbligatorio redigere l’inventario. Esso consiste nell’elenco, con annessa valutazio-ne economica, delle attività e delle passività relative all’impresa oltre a quelle per-sonali dell’imprenditore qualora l’attività commerciale sia svolta in forma indivi-duale.

L’inventario si chiude con la trascrizione del bilancio, Stato patrimoniale e Con-to economico, da cui si deve desumere l’utile realizzato o la perdita subita. Il Legi-slatore, al riguardo, ricorda che nella valutazione 29 delle poste di bilancio è obbli-gatorio attenersi, per tutte le forme giuridiche d’impresa, ai criteri stabiliti per la redazione dei bilanci delle società per azioni (artt. 2426 e ss. c.c.).

Le norme del Codice Civile che regolano l’inventario 30 lasciano, però, dubbi in merito alla materiale redazione dello stesso; si pensi, ad esempio, al grado di anali-ticità che deve assumere l’esposizione delle attività e delle passività dell’impresa. Ci si chiede, infatti, se sia indispensabile procedere ad una singola rappresentazione di ogni elemento componente le attività o le passività o, al contrario, possano effet-tuarsi raggruppamenti in categorie omogenee. Al riguardo il Legislatore fiscale, all’art. 15 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 31, dà indicazioni circa la possibilità di rappresentare la consistenza dei beni appartenenti all’impresa in gruppi omoge-nei per natura e valore.

Per il libro inventari valgono le stesse considerazioni espresse, in merito all’ob-bligatorietà della preventiva numerazione, relativamente al libro giornale; pertanto, a partire dalla data di entrata in vigore delle nuove norme previste dalla Legge n. 383/2001 è da considerarsi abolito l’obbligo di bollatura del libro inventari.

Anche la redazione del libro inventari deve rispettare le regole di ordinata con-tabilità che guidano le modalità di compilazione dei registri contabili.

29 Per una esauriente trattazione del tema delle valutazioni delle poste di bilancio si veda S. AZZALI

(a cura di), Il bilancio d’esercizio tra armonizzazione e difformità dei principi contabili, Giappichelli, Torino, 2009.

30 Art. 2217 c.c.: «L’inventario deve redigersi all’inizio dell’esercizio dell’impresa e successivamen-te ogni anno, e deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all’impresa, nonché delle attività e delle passività dell’imprenditore estranee alla medesima. L’inven-tario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite, il quale deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite. Nelle valutazioni di bilancio l’imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti per i bilanci delle società per azioni, in quanto applicabili. L’inventario deve essere sottoscritto dall’imprenditore entro tre mesi dal termine per la presentazione della dichia-razione dei redditi ai fini delle imposte dirette».

31 Art. 15, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, comma 2: «L’inventario, oltre agli elementi prescritti dal Codice Civile o da leggi speciali, deve indicare la consistenza dei beni raggruppati in categorie omogenee per natura e valore e il valore attribuito a ciascun gruppo. Ove dall’inventario non si rilevi-no gli elementi che costituiscono ciascun gruppo e la loro ubicazione, devono essere tenute a disposi-zione dell’ufficio delle imposte le distinte che sono servite per la compilazione dell’inventario».

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5.4. L’imposta sul valore aggiunto

5.4.1. I requisiti obbligatori

La disciplina dell’Imposta sul Valore Aggiunto è contenuta nel D.P.R. 26 otto-bre 1972, n. 633, il quale all’art. 1 sancisce: «l’Imposta sul Valore Aggiunto si ap-plica alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importa-zioni da chiunque effettuate».

Dalla lettera dell’articolo sopra riportato si evince che devono sussistere con-temporaneamente tre elementi affinché un’operazione possa rientrare nell’ambito di applicazione dell’IVA e precisamente:

– requisito oggettivo; – requisito soggettivo; – ambito territoriale.

Per quanto concerne il requisito oggettivo, il Legislatore fiscale è chiaro nell’as-soggettare all’Imposta sul Valore Aggiunto solamente le cessioni di beni e le presta-zioni di servizi. Le cessioni di beni sono definite dall’art. 2 del decreto IVA il quale, oltre a prendere in considerazioni le cessioni a titolo oneroso traslative della pro-prietà o di altri diritti reali di godimento su beni di ogni genere, ricomprende nella fattispecie anche le operazioni di scambio a titolo gratuito (ad esempio omaggi). In riferimento alle prestazioni di servizi, l’art. 3 del citato decreto le definisce come «le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte». Ai fini dell’applicazione dell’IVA sono, inoltre, considerate prestazioni di servizi, fra le altre, la locazione, l’affitto, il noleggio e simili. Si precisa che le prestazioni di servizi gratuite effettuate nell’ambito dell’esercizio di un’arte o professione sono escluse dall’ambito di appli-cazione dell’imposta.

Il requisito soggettivo vuole che l’operazione di cessione di beni o di prestazione di servizi sia effettuata, affinché rilevi ai fini dell’Imposta sul Valore Aggiunto, dai seguenti soggetti:

– imprenditori; – professionisti o artisti.

Per quanto concerne la nozione di imprenditore 32 corre l’obbligo di precisare che quella proposta dalla normativa in esame ha un significato più ampio rispetto a quello ad essa attribuito dal Codice Civile all’art. 2082. Essa ricomprende, infatti, ogni attività svolta in modo organizzato in forma d’impresa, indipendentemente dal fatto che l’attività stessa sia riconducibile a quelle considerate dal Codice Civile

32 In riferimento si veda l’art. 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

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come commerciali. Si precisa, inoltre, che le cessioni di beni e le prestazioni di ser-vizi effettuate in seno ad una società commerciale sono per definizione rilevanti ai fini IVA.

La seconda categoria di soggetti passivi è rappresentata dai professionisti e dagli artisti, ovvero tutti coloro che professionalmente esercitano un’attività di lavoro au-tonomo in forma individuale o mediante la costituzione di società semplici o asso-ciazioni senza personalità giuridica. Il concetto di professionalità è da ricondurre alla modalità di svolgimento dell’attività, che seppur non esclusiva, deve essere abi-tuale e non occasionale.

L’ultimo elemento oggetto di analisi è costituito dalla territorialità delle opera-zioni di cessione di beni e di prestazione di servizi. L’argomento, alquanto com-plesso nella varietà della casistica, è regolamentato dall’art. 7 del decreto IVA. In particolare, l’art. 7-bis tratta della territorialità delle cessioni dei beni, mentre gli articoli da 7-ter a 7-septies sono relativi alle prestazioni di servizi. In linea generale si considerano effettuate nel territorio dello Stato, anch’esso definito al primo comma dell’art. 7, quelle cessioni aventi ad oggetto beni nazionali, nazionalizzati o comunitari che si trovino nel territorio dello Stato al momento di compimento dell’operazione. Per quanto riguarda le prestazioni di servizi, l’art. 7-bis del D.P.R. n. 633/1972 stabilisce differenti regole a seconda che il servizio venga prestato nei confronti di imprenditori/società commerciali oppure soggetti non esercenti attivi-tà d’impresa. Nel primo caso si considera territoriale l’operazione effettuata nei con-fronti di committenti nazionali mentre, nel secondo caso, rileva ai fini dell’individua-zione della territorialità il domicilio del prestatore di servizi 33.

È opportuno precisare che l’Imposta sul Valore Aggiunto non rappresenta mai, tranne alcuni casi specificatamente individuati dalla normativa di riferimento, per l’impresa un componente negativo o positivo di reddito. Infatti, nell’ambito del-l’impianto normativo, l’esercente attività d’impresa, di arte o professione rappre-senta un semplice intermediario fra i soggetti su cui grava effettivamente l’imposta (consumatori finali di beni e servizi) e il soggetto beneficiario (Stato). Il versamento nelle casse erariali avviene periodicamente (mensilmente o trimestralmente) me-diante la fase della liquidazione, dalla quale emerge l’eventuale posizione debitoria dell’impresa; la fase della liquidazione è caratterizzata dalla contrapposizione fra IVA a credito (imposta liquidata nelle fatture di acquisti di beni e servizi) e IVA a debito (imposta determinata sulla cessione di beni e servizi effettuate) di compe-tenza di un determinato periodo (mese o trimestre). Nel caso in cui l’imposta a de-bito sia superiore rispetto a quella a credito, la differenza deve essere versata al-l’Erario, entro il giorno 16 del mese successivo a quello di riferimento, se mensile, oppure entro il giorno 16 del secondo mese successivo se trimestrale; qualora, inve-ce, l’imposta a credito sia superiore, si genera un credito d’imposta che può essere

33 La modifica delle regole sulla territorialità dei servizi, in vigore dal primo gennaio 2010, è con-seguenza del recepimento della Direttiva comunitaria 2008/8/CE avvenuta mediante il D.Lgs. 11 feb-braio 2010, n. 18.

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riportato nei periodi successivi o, qualora ricorrano determinate condizioni indivi-duate puntualmente dalla legge, può essere chiesto a rimborso 34 o utilizzato in compensazione con altre imposte e tasse.

5.4.2. Tipologia di operazioni

Le operazioni che soddisfano contemporaneamente i requisiti esposti nel para-grafo precedente vengono definite operazioni in regime IVA. Esse possono essere suddivise in tre differenti tipologie:

– operazioni imponibili; – operazioni esenti; – operazioni non imponibili.

Le operazioni imponibili si caratterizzano per l’applicazione dell’IVA, secondo le aliquote vigenti (4%, 5%, 10% o 22%), all’imponibile costituito dal corrispetti-vo stabilito per la cessione dei beni o la prestazione dei servizi. Esse devono obbli-gatoriamente essere fatturate e registrate sul registro delle fatture emesse.

Le operazioni esenti, elencate all’art. 10 del D.P.R. n. 633/1972, pur essendo considerate operazioni IVA a tutti gli effetti, sono caratterizzate dalla mancata ap-plicazione dell’Imposta sul Valore Aggiunto. Presentando contemporaneamente i requisiti obbligatori citati in precedenza, dette operazioni devono essere, però, ob-bligatoriamente fatturate e registrate. Rappresentano esempi di operazioni esenti le operazioni creditizie e di finanziamento.

34 L’art. 30 del D.P.R. n. 633/1972 recita: «Se dalla dichiarazione annuale risulta che l’ammontare detraibile di cui al n. 3) dell’articolo 28, aumentato delle somme versate mensilmente, è superiore a quello dell’imposta relativa alle operazioni imponibili di cui al n. 1) dello stesso articolo, il contri-buente ha diritto di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione nell’anno successivo, ovvero di chiedere il rimborso nelle ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione di attività.

Il contribuente può chiedere in tutto o in parte il rimborso dell’eccedenza detraibile, se di impor-to superiore a euro 2.582,28, all’atto della presentazione della dichiarazione:

a) quando esercita esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni, computando a tal fine anche le operazioni effettuate a norma dell’articolo 17, quinto, sesto e settimo comma nonché a norma dell’articolo 17-ter;

b) quando effettua operazioni non imponibili di cui agli articoli 8, 8-bis e 9 per un ammontare su-periore al 25 per cento dell’ammontare complessivo di tutte le operazioni effettuate;

c) limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e ricerche;

d) quando effettua prevalentemente operazioni non soggette all’imposta per effetto degli articoli da 7 a 7-septies;

e) quando si trova nelle condizioni previste dal terzo comma dell’articolo 17. Il contribuente anche fuori dei casi previsti nel precedente comma può chiedere il rimborso del-

l’eccedenza detraibile, risultante dalla dichiarazione annuale, se dalle dichiarazioni dei due anni pre-cedenti risultano eccedenze detraibili; in tal caso il rimborso può essere richiesto per un ammontare comunque non superiore al minore degli importi delle predette eccedenze».

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Le operazioni non imponibili, invece, sono contraddistinte dalla mancanza del requisito della territorialità ma, per precisa disposizione di legge 35, devono essere comunque fatturate e registrate negli appositi libri. È di tutta evidenza che le ope-razioni non imponibili non comportano l’applicazione dell’imposta. Esempi di operazioni non imponibili sono rappresentati dalle cessioni all’esportazione e dalle operazioni ad esse assimilate, le quali sono espressamente elencate all’art. 8-bis del decreto IVA.

Sensibili modifiche alla normativa IVA sono state apportate per effetto dell’av-vento del Mercato Unico Europeo e della conseguente libera circolazione delle merci al suo interno. La figura di cessione intracomunitaria è stata introdotta al fine di poter definire quelle transazioni che coinvolgono soggetti passivi d’imposta resi-denti in differenti Paesi della UE.

In funzione di ciò, ai fini IVA, le operazioni di scambio possono essere riassunte in: interne quando coinvolgono esclusivamente soggetti passivi residenti in Italia, esportazioni o importazioni quando coinvolgono un soggetto residente in Italia ed uno residente al di fuori della UE, cessioni o acquisti intracomunitari qualora en-trambi i soggetti risiedano all’interno dell’Unione Europea.

Attualmente la disciplina applicabile alle cessioni ed agli acquisti intracomunita-ri è transitoria 36 in attesa dell’entrata in vigore del regime definitivo. Essa prevede che l’Imposta sul Valore Aggiunto sia assolta dall’acquirente di beni o di servizi. Il meccanismo di assolvimento dell’imposta relativa a scambi intracomunitari prevede che il cedente comunitario emetta fattura senza esposizione dell’IVA ai sensi del-l’art. 41 del D.L. n. 331/1993; il cessionario dovrà integrare la fattura ricevuta con indicazione dell’IVA dovuta e registrare la medesima sia sul registro delle fatture emesse che sul registro delle fatture d’acquisto.

5.4.3. I registri obbligatori, le liquidazioni e la dichiarazione annuale

La normativa IVA disciplina, agli artt. 23, 24 e 25 del D.P.R. n. 633/1972, i registri che imprese e lavoratori autonomi debbono utilizzare al fine di adempiere agli obblighi di registrazione delle fatture e di determinazione dell’imposta da versare all’erario.

Di seguito si espongono brevemente i principali registri obbligatori. Registro delle fatture emesse: le registrazioni delle fatture emesse sono disciplina-

te dall’art. 23 del citato decreto, il quale impone che il contribuente annoti in appo-sito registro le fatture emesse, nell'ordine della loro numerazione, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni e con riferimento allo stesso mese di effettuazione delle operazioni. Nel registro devono trovare separata indicazione l’imponibile, l’imposta ed il totale della fattura.

Registro dei corrispettivi: i commercianti al minuto e gli altri soggetti indicati all’art. 22 del decreto IVA possono, in luogo delle registrazioni delle fatture emes-

35 In riferimento si veda l’art. 8 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. 36 La disciplina delle operazioni intracomunitarie è contenuta nel D.Lgs. n. 331/1993.

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se, annotare l’ammontare complessivo delle operazioni compiute in ciascun giorno avendo cura di distinguere l’imponibile e l’imposta dovuta.

Registro delle fatture d’acquisto: Il contribuente deve annotare in un apposito regi-stro le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione, comprese quelle emesse a norma del secondo comma dell’articolo 17, anteriormente alla liquidazione periodica nella qua-le viene esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta e comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno. Secondo quanto sancito dall’art. 19 37 il diritto alla detrazione dell’imposta sorge nel momento in cui la stessa diviene esigibile e può essere esercitata, al più tardi, nella dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto.

Entro il giorno 16 del mese successivo a quello di riferimento deve essere versa-ta l’imposta eventualmente a debito derivante dalla contrapposizione fra imposta sulle operazioni attive (fatture emesse) e imposta ammessa in detrazione 38.

Si precisa, al riguardo, che i contribuenti che presentano un volume d’affari uguale od inferiore a:

– 400.000 € per le imprese aventi ad oggetto prestazioni di servizi; – 700.000 € per le imprese aventi ad oggetto altre attività; possono optare per un regime di versamento trimestrale 39 anziché mensile che,

di fatto, costituisce la modalità ordinaria.

I dati annuali riepilogativi delle operazioni IVA attive e passive devono essere esposti in una dichiarazione annuale che deve essere trasmessa all’Amministrazione Finanziaria.

5.4.4. La fattura elettronica

Il D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 127 emanato in attuazione della Legge Delega del marzo 2014 che rimetteva al Governo la disciplina di norme “per la realizzazione di

37 L’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972 al comma 5 stabilisce che «ai contribuenti che esercitano sia at-tività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’art. 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’art. 19-bis. Nel corso dell’anno la detrazione è provvisoriamente operata con l’applicazione della percentuale di detrazione dell’anno precedente, salvo conguaglio alla fine dell’anno. I soggetti che iniziano l’attività operano la detrazione in base ad una percentuale di detrazione determinata presuntivamente, salvo conguaglio di fine dell’anno».

38 Per approfondimenti di natura contabile sulla liquidazione e versamento dell’imposta si veda il paragrafo 6 del Capitolo Terzo.

39 Nel caso di opzione per il regime trimestrale, l’anno solare viene suddiviso in quattro trimestri (gennaio-marzo, aprile-giugno, luglio-settembre e ottobre-dicembre) ciascuno dei quali rappresenta il periodo di riferimento per versamenti e dichiarazioni periodiche. Si segnala che, in questo caso, il ver-samento dell’imposta a debito deve essere maggiorato dell’1%.

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un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita”, ha istituito la “fat-tura elettronica”.

Successivamente, con la Legge di Bilancio 2018 è stato introdotto, a partire dal 1° gennaio 2019, l’obbligo di fatturazione elettronica tra privati.

La novità più dirompente introdotta dalla Legge di Bilancio 2018, attraverso la modifica dell’articolo 1 del D.Lgs. n. 127/2015, è sicuramente costituita dall’ob-bligo sancito per tutti i titolari di partita IVA di emettere le fatture solo ed esclusiva-mente attraverso il Sistema di Interscambio gestito dall’Agenzia delle Entrate.

In particolare, con l’art. 11 del D.L. n. 119/2018 è stato modificato il comma 2 dell’art. 21 del D.P.R. n. 633/1972 nella parte in cui viene disciplinato il termine entro quando emettere una fattura.

Il novellato art. 21 del D.P.R. n. 633/1972 stabilisce che:

• la fattura elettronica immediata è emessa entro 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione determinata ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972 (data docu-mento ed effettuazione dell’operazione quindi coincidono nel caso di fatturazione elettronica immediata);

• l’emissione della fattura elettronica differita avviene entro il giorno 15 del me-se successivo a quello di effettuazione dell’operazione nei casi previsti tassativa-mente dal comma 4 dell’art. 21 del D.P.R. n. 633/1972, che di seguito si elencano:

– cessioni di beni la cui consegna o spedizione risulta da documento di traspor-to o da altro documento idoneo a identificare i soggetti tra i quali è effettuata l’operazione ed avente le caratteristiche determinate con D.P.R. 14 agosto 1996, n. 472, nonché per le prestazioni di servizi individuabili attraverso idonea documen-tazione, effettuate nello stesso mese solare nei confronti del medesimo soggetto, può essere emessa una sola fattura, recante il dettaglio delle operazioni, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle medesime;

– cessioni di beni effettuate dal cessionario nei confronti di un soggetto terzo per il tramite del proprio cedente la fattura è emessa entro il mese successivo a quello della consegna o spedizione dei beni;

– prestazioni di servizi rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione europea, non soggette all’imposta ai sensi dell’art. 7-ter, la fattura è emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione;

– prestazioni di servizi di cui all’art. 6, comma 6, primo periodo, rese a o ricevu-te da un soggetto passivo stabilito fuori dell’Unione europea, la fattura è emessa en-tro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

In considerazione delle rilevanti modifiche apportate, il Legislatore ha disposto, inoltre, che tra gli elementi obbligatori della fattura, di cui all’articolo 21 del D.P.R. n. 633/1972, venga inserita anche la data in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi ovvero la data in cui è corrisposto in tutto o in parte il corri-spettivo, sempreché tale data sia diversa dalla data di emissione della fattura.

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Le operazioni di acquisto

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Capitolo Secondo

Le operazioni di acquisto

1. Acquisti di beni

Tipiche operazioni economiche delle imprese industriali o commerciali che de-vono trovare rappresentazione all’interno del sistema contabile d’azienda sono le operazioni di acquisto di beni 1. I beni oggetto di acquisizione possono essere mate-rie prime, materiali di consumo, materiali accessori, prodotti semilavorati o prodot-ti finiti, la cui utilità per l’impresa si esaurisce nel corso dell’esercizio, al momento del loro utilizzo all’interno del processo produttivo, ma anche beni di uso durevole, quali macchinari o immobili 2.

Prima di affrontare il tema della rilevazione contabile, è bene compiere una bre-ve premessa circa il momento della concreta realizzazione dello scambio, al fine di individuare, a livello temporale, quando l’operazione possa dirsi correttamente in-trodotta nel sistema dei valori. La compravendita di fattori produttivi, per una cor-retta valorizzazione delle operazioni, non deve trovare rappresentazione esclusiva-mente al momento dell’effettivo pagamento, momento a partire dal quale il ciclo dell’operazione di acquisto (o di vendita) può definirsi concluso ed il valore finan-ziario di certa e sicura determinazione, ma deve essere iscritta in contabilità fin dal momento della sua definizione (più propriamente liquidazione), che determina po-sizioni debitorie per una parte e creditorie per l’altra. Convenzionalmente, lungo il processo che accompagna le varie fasi della compravendita, il momento di corretta rilevazione contabile delle operazioni di scambio dei fattori di produzione è fissato al momento del ricevimento, o emissione per il venditore, della fattura 3 che ac-

1 Il D.P.R. n. 633/1972 (legge istitutiva dell’IVA) considera cessioni di beni (soggetti ad IVA) gli atti, a titolo oneroso, che comportano il trasferimento della proprietà.

2 Si veda il paragrafo 4 del presente capitolo. 3 Come noto, la fattura rappresenta un documento fiscale obbligatorio emesso da un soggetto fi-

scale per comprovare l’avvenuta cessione di beni o prestazione di servizi ed il diritto a riscuoterne il corrispettivo, il cui contenuto minimo è stabilito dall’art. 21 del D.P.R. n. 633/1972. L’art. 21-bis del D.P.R. n. 633/1972 riconosce la facoltà di emettere la fattura in forma semplificata (cosiddetta “fattu-ra semplificata”) per determinati tipi di operazioni e a condizione che le prestazioni abbiano un am-montare complessivo non superiore a 400 €. Inoltre, con la Legge di Stabilità 2013 (Legge 24 dicem-bre 2012, n. 228) è stata completamente equiparata alla fattura cartacea la cosiddetta “fattura elettro-

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compagna lo scambio medesimo e che deve essere obbligatoriamente emessa per ciascuna operazione di scambio, anche sotto forma di parcella o nota 4.

Ciò premesso, è di tutta evidenza che la disponibilità di un bene all’interno del-l’impresa attraverso il suo acquisto determina un costo per l’impresa stessa, ossia l’emergere di una variazione economica negativa che deve essere rilevata in conta-bilità nella sezione dare; contemporaneamente, l’introduzione di fattori economici comporta una variazione finanziaria negativa conseguente all’accendersi del debito nei confronti del “Fornitore”, colui cioè che rende disponibile la materia prima o il prodotto. La variazione finanziaria negativa deve essere registrata in avere in quan-to rappresenta l’aumento di un debito di regolamento, di una passività per l’im-presa, e pertanto con segno negativo poiché determina il venire meno di disponibi-lità finanziarie. Il costo del bene deve trovare rappresentazione in conti specifici diversamente denominati a seconda della tipologia di bene acquistato: “Merci c/acquisti”, “Materie prime c/acquisti” e così via. La variazione finanziaria viene rilevata attraverso la movimentazione del conto “Fornitori” o “Debiti vs fornitori”, eventualmente specificando il nome o la ragione sociale della persona o della socie-tà nei confronti dei quali l’impresa risulta essere debitrice. Tale posizione debitoria nei confronti del fornitore può essere regolata, ossia pagata, differentemente a se-conda degli accordi intercorsi fra le parti attive dello scambio 5.

Aspetto fondamentale di tutte le operazioni di compravendita che avvengono tra operatori nazionali è il loro assoggettamento all’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA). Tale imposta è dovuta su gran parte delle operazioni di scambio poste in es-sere ed è calcolata sull’importo dell’acquisto (o della cessione) attraverso l’utilizzo di varie aliquote (attualmente 4%, 5%, 10%, 22%) 6 ed è dovuta al fornitore della merce acquistata. L’intero valore dell’imposta dovuta trova rappresentazione sulle fatture che vengono fatte pervenire dai fornitori, insieme all’esplicita evidenziazio-ne dell’aliquota applicata. Il valore espresso dalla fattura è quindi definito dalla somma del costo effettivo del bene acquistato e dell’IVA dovuta. L’IVA deve an-ch’essa trovare necessariamente rappresentazione all’interno della contabilità azien- nica”, ossia qualunque fattura “emessa e ricevuta in qualunque formato elettronico”. Obiettivo della Direttiva Ue 2010/45 che ha imposto l’introduzione a livello comunitario della fatturazione elettroni-ca, è stato quello di ridurre i costi per le imprese e aumentarne la competitività. Al riguardo, si preci-sa, inoltre, che dal 1° gennaio 2019, la Legge n. 205/2017 (Legge Finanziaria 2018) ha introdotto l’obbligo della fatturazione elettronica sia nelle relazioni commerciali tra soggetti passivi IVA privati (aziende e professionisti con Partita IVA) sia verso i consumatori finali.

4 Le deroghe al principio di emissione della fattura al momento dell’effettuazione dell’operazione sono contenute all’interno dell’art. 21, comma 4, D.P.R. n. 633/1972 (cosiddetta “fatturazione differi-ta”).

5 È sempre importante registrare il debito nei confronti del fornitore anche se il pagamento è im-mediato o contestuale al ricevimento della fattura, in quanto in tal modo l’operazione di acquisto è rilevata anche nel conto intestato al fornitore, cosa che altrimenti sarebbe preclusa se si registrasse immediatamente il pagamento.

6 È facoltà del Legislatore modificare periodicamente le aliquote IVA in relazione alle esigenze di gettito dell’Erario. Convenzionalmente e per semplicità espositiva, al fine delle esemplificazioni prati-che svolte nel presente testo, l’aliquota adottata sarà sempre il 22%.

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dale; la stessa, tuttavia, non rappresenta un costo di esercizio, come invece accade per il valore del bene acquistato, poiché non determina una variazione economica, bensì un incremento dei valori di natura finanziaria in quanto valore rappresentati-vo di un credito nei confronti dell’Erario vantato dall’azienda per lo stesso importo dell’IVA da versare al fornitore. Più precisamente, l’importo dell’imposta dovuta deve essere movimentato in un conto in dare intitolato “IVA a credito” o “Erario c/IVA” rappresentante il credito effettivamente maturato, credito che periodica-mente deve essere rapportato alla posizione debitoria nei confronti dell’Erario, co-me si vedrà più in dettaglio in seguito 7, al fine di determinare la liquidazione dell’imposta relativa al periodo considerato.

Esempio 1

Il giorno 27 marzo perviene una fattura da un fornitore di materie prime per un importo pari a 10.000 € + IVA al 22%

27 marzo Dare Avere

Materie prime c/acquisti 10.000

IVA a credito 2.200

Fornitori 12.200

Pare opportuno precisare in tale sede che l’art. 2426, n. 8, c.c. prevede che i debiti, tra cui quelli rilevati nell’esempio precedente nei confronti di “Fornitori”, debbano essere valutati «secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo con-to del fattore temporale», le cui caratteristiche vengono più ampiamente trattate all’interno del successivo Capitolo Quinto in merito alle posizioni debitorie di na-tura finanziaria. Tuttavia, con riferimento ai debiti di natura commerciale, come quelli trattati all’interno del presente capitolo, non è particolarmente frequente che siano presenti quegli elementi che richiedono una contabilizzazione tale da rendere la valorizzazione di tale posta contabile, adottando il criterio del costo ammortizzato, differente da quella che si verrebbe a determinare considerando il valore nominale degli stessi 8. Pertanto, nelle pagine che seguono, i debiti nei con-fronti dei fornitori sono contabilizzati avendo a riferimento il valore nominale degli stessi, il quale coincide, nel caso specifico, con il valore dei medesimi espo-sto in fattura.

Particolare trattamento possono subire le spese eventualmente sostenute in via accessoria in relazione al bene oggetto di fornitura (tipici esempi, le spese di tra-

7 Si veda il paragrafo 7 del Capitolo Terzo. 8 Il metodo del costo ammortizzato dovrebbe essere applicato ai debiti in presenza, principalmen-

te, dei seguenti elementi e delle seguenti caratteristiche: durata oltre i 12 mesi, costi di transazione e commissioni pagate di importi rilevanti. Per un approfondimento circa tali aspetti, si veda ORGANI-SMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi Contabili, Documento n. 19 – “Debiti”, 2016.

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sporto, di imballaggio o confezionamento). Tali spese, generalmente soggette ad IVA, devono essere contabilizzate come un normale acquisto. Nel caso in cui il co-sto accessorio sia riepilogato all’interno della stessa fattura in cui trova rappresen-tazione l’acquisto del bene, ai fini di una corretta rappresentazione contabile è op-portuno scomputare e dettagliare in due conti distinti il costo effettivamente soste-nuto per il bene ed il costo accessorio al bene stesso.

Il decreto istitutivo dell’IVA (D.P.R. n. 633/1972) stabilisce che alcune opera-zioni di compravendita relative a particolari tipologie di beni, anche se effettuate nel territorio nazionale tra operatori nazionali, debbano essere considerate escluse o non imponibili ai fini dall’applicazione dell’IVA. Tipico esempio sono i costi so-stenuti per acquisti di beni da privati non titolari di partita IVA, ma anche gli ac-quisti, entro certi limiti, da parte di esportatori abituali 9. In tale caso, non si deve provvedere ad alcuna movimentazione del conto relativo al credito da vantarsi nei confronti dell’Erario (o Amministrazione Finanziaria), e la movimentazione dei conti accesi al costo ed al debito nei confronti del fornitore deve avvenire per lo stesso importo 10.

Esempio 2

Il 26 settembre la società Alfa S.p.A. acquista da un privato materiali per 4.000 €

26 settembre Dare Avere

Materiali di consumo c/acquisti 4.000

Fornitori 4.000

All’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972 è inoltre stabilito che è detraibile, ossia non concorre a determinare un costo per l’impresa ma un credito nei confronti del-l’Erario, solo l’imposta addebitata al contribuente in relazione ai beni importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa. Relativamente, quindi, all’approvvigionamen-to di beni estranei all’esercizio dell’impresa, ossia “non inerenti” l’attività di impre-sa, l’imposta pagata rappresenta effettivamente un maggior costo da registrare nello stesso conto movimentato per la rilevazione del costo sostenuto per l’operazione sottostante, e non un credito nei confronti dell’Erario.

9 “Esportatori abituali” vengono definitivi quei soggetti che, nell’anno solare precedente o nei do-dici mesi precedenti, hanno registrato esportazioni e altre operazioni ad esse assimilate per un am-montare superiore al 10% del volume di affari conseguito nello stesso periodo. Date le caratteristiche appena adombrate, tali soggetti possono procedere ad effettuare acquisti senza pagamento dell’Im-posta sul Valore Aggiunto, seguendo una procedura specificatamente prevista.

10 Essendo impossibilitato ad emettere fattura in quanto non titolare di partita IVA, il privato do-vrà provvedere a produrre apposita ricevuta di pagamento da trasmettere comunque all’acquirente.

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Esempio 3

Il 12 febbraio la società Beta S.r.l., produttrice di macchine alimentari, acquista abbigliamento di lusso per un valore di 84.000 € + IVA al 22%

12 febbraio Dare Avere

Materiali vari c/acquisti 102.480

Fornitori 102.480

2. Acquisti di servizi

Gli acquisti di servizi riguardano solitamente fattori di natura immateriale o di consumo utilizzati dall’impresa per il miglior svolgimento dell’attività produttiva, i quali esauriscono la loro utilità nell’esercizio in corso. A titolo meramente esempli-ficativo, costituiscono prestazioni di servizi le manutenzioni eseguite da terzi, la fornitura di energia elettrica, i canoni di leasing (servizi industriali), le provvigioni ad agenti (servizi commerciali), le assicurazioni, i compensi ad amministratori o a consulenti vari (servizi amministrativi).

Come per quanto in precedenza espresso in relazione all’acquisto di beni, anche l’acquisto di servizi determina per l’impresa un costo, una variazione economica negativa che deve essere rilevata in contabilità nella sezione dare. Il conto che deve essere movimentato è denominato in modo differente a seconda della natura o della tipologia della prestazione sottostante l’acquisto: “Consulenze”, “Energia”, “Cano-ni di leasing”, “Costi di manutenzione impianti” e così via. Come contropartita, in avere, deve essere movimentato un conto in grado di evidenziare la variazione fi-nanziaria negativa conseguente all’accendersi del debito nei confronti del prestato-re del servizio, denominato comunemente “Fornitori” o “Debiti vs fornitori”. Il momento di registrazione in contabilità di dette operazioni deve coincidere con il ricevimento della parcella del professionista o della fattura (o della nota) dell’im-presa di servizi.

Per quanto riguarda l’Imposta sul Valore Aggiunto, anche le prestazioni di ser-vizi possono essere distinte in imponibili e non imponibili. Nel caso di operazioni imponibili, l’importo totale espresso in fattura dovuto al fornitore deve essere im-putato per l’ammontare del costo del servizio (valore imponibile) ad uno dei conti economici di costo sopra menzionati, mentre l’importo di IVA da versare al forni-tore costituisce un credito nei confronti dell’Erario e, in quanto rappresentante una variazione finanziaria positiva, deve essere movimentato in dare utilizzando il conto “IVA a credito” o “Erario c/IVA”.

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Esempio 4

Il 10 agosto si riceve una fattura da un professionista per prestazioni di consulenza amministrativa per un valore pari a 3.500 € + IVA 22%

10 agosto Dare Avere

Consulenze amministrative 3.500

IVA a credito 770

Fornitori 4.270

Per le prestazioni di servizi non imponibili o esenti ai fini IVA (affitto di immobili da un privato, premi di assicurazione, spese di trasporto su esportazioni nei confronti di committenti extra-UE), valgono le stesse osservazioni effettuate in precedenza in merito agli acquisti di beni. Si deve provvedere a movimentare in dare la variazione economica negativa, il costo, derivante dall’acquisto del fattore produttivo “immate-riale” ed in avere l’aumento del debito nei confronti del fornitore per lo stesso impor-to, in quanto le fatture relative a tali prestazioni non contengono l’IVA 11.

Esempio 5

Il 5 aprile si riceve fattura dal vettore per un trasporto di merci ai fini dell’esportazione per un valore pari a 1.200 €

5 aprile Dare Avere

Trasporti su esportazioni 1.200

Fornitori 1.200

Più in particolare, per spese quali quelle sostenute per l’affitto di immobili da un privato o premi di assicurazione, non si riceve una fattura ma una quietanza o una rice-vuta di pagamento sulla cui base deve poi essere effettuata la rilevazione in contabilità generale. Pertanto, per tali costi, come contropartita si deve rilevare in avere la varia-zione finanziaria negativa movimentando direttamente il conto “Cassa” o “Banca c/c”.

Esempio 6

Il 27 ottobre si provvede a liquidare il canone mensile dell’assicurazione per un valore di 800 € tramite versamento da conto corrente

27 ottobre Dare Avere

Assicurazioni 800

Banca c/c 800

11 Rimane comunque l’obbligo di annotare tali fatture nei Registri IVA.

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Anche per gli acquisti di servizi, valgono le considerazioni fatte in precedenza per quanto riguarda l’acquisto di beni in relazione a servizi “non inerenti” l’attività di impresa, ossia non necessari al processo produttivo. L’IVA pagata su tali acqui-sti, quindi, non può essere considerata un credito da vantarsi nei confronti del-l’Erario, ma rappresenta un costo dell’esercizio che deve essere sommato a quello del servizio caratterizzante la prestazione.

3. Rettifiche al valore degli acquisti

È possibile che nel corso dell’esercizio si verifichino condizioni tali per cui si debbano rettificare, totalmente o solo in parte, le operazioni di acquisto in prece-denza effettuate e già rilevate contabilmente. È il caso, ad esempio, in cui vengano rese al fornitore merci difettose o non conformi a quanto ordinato, ovvero vengano concessi dal venditore particolari sconti, premi o abbuoni conseguenti al raggiun-gimento di determinate soglie quantitative di acquisti in un lasso definito di tempo. In tali situazioni, si deve registrare in contabilità una variazione economica di segno opposto rispetto a quella che si determina in caso di acquisto di beni o servizi, in quanto a seguito della compravendita viene ad essere rettificato e ridotto. Le retti-fiche dei valori degli acquisti, sia se conseguenti a resi, o ad abbuoni, o a sconti, o a premi o ad errori di fatturazione devono perciò essere contabilizzati in avere. Ai fi-ni di una corretta rappresentazione contabile e per un maggior rispetto delle esi-genze informative, la rilevazione di queste voci non deve avvenire nella sezione ave-re dei conti che originariamente avevano accolto la variazione economica negativa, ma in appositi conti denominati, a titolo esemplificativo, “Resi su acquisti” o “Sconti su acquisti” e funzionanti esclusivamente in avere. E ciò, principalmente, per ri-spettare l’esigenza di garantire l’omogeneità di valori rappresentati all’interno dei conti, per consentire di fornire una base di dati più coerente al fine di effettuare eventuali analisi extracontabili, ma anche perché i resi o gli sconti potrebbero esse-re riferiti ad acquisti compiuti nell’esercizio precedente ed ormai “chiusi”, per cui verrebbe meno la necessaria correlazione al costo originario. Come contropartita, deve essere registrata in dare la variazione finanziaria positiva movimentando la se-zione opposta del conto “Fornitori” acceso in precedenza a seguito della fornitura originaria.

Per quanto riguarda i resi su acquisti imponibili, ai fini IVA gli stessi vengono rilevati sulla base di una fattura denominata “nota di credito”, nella quale è evi-denziato anche l’importo dell’IVA dovuta dal fornitore sul valore del reso, che rappresenta una variazione finanziaria negativa che va a diminuire o annullare la posizione creditoria nei confronti dell’Erario sorta al momento dell’acquisto 12.

12 A tale riguardo, l’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, al punto 3, stabilisce che la variazione ai fini IVA non può essere effettuata “dopo il decorso di un anno dalla effettuazione dell’operazione impo-nibile”.

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Tale importo è contabilizzato in avere nel conto “IVA a debito” o “Erario c/IVA” 13.

Esempio 7

La società Gamma S.p.A. restituisce merci precedentemente acquistate in quanto difettose ad un fornitore, il quale il 25 luglio provvede ad emettere una nota di credito per un valore pari a 1.500 € + IVA 22%

25 luglio Dare Avere

Fornitori 1.830

Resi su acquisti 1.500

IVA a debito 330

Per quanto concerne i premi, di fedeltà o di qualità, concessi dal fornitore, con-tabilmente valgono le stesse considerazioni svolte in merito ai resi su acquisti.

Esempio 8

La società Delta S.r.l. ottiene un premio di 2.500 € + IVA 22% da un fornitore per avere raggiun-to la soglia minima di acquisti di 1 milione di € di forniture di merci nel trimestre, per cui si rice-ve nota di credito il 3 aprile

3 aprile Dare Avere

Fornitori 3.050

Premi su acquisti 2.500

IVA a debito 550

Per quanto riguarda gli sconti o gli abbuoni su acquisti, essi possono essere ef-fettuati contestualmente al momento della fatturazione della prestazione originaria, oppure in un momento successivo. Nel primo caso, la variazione può essere inserita direttamente all’interno della fattura della fornitura originaria, rilevando tuttavia in contabilità separatamente la variazione economica negativa (acquisto) e positiva (sconto o abbuono) e calcolando l’IVA sul valore della prestazione al netto dello sconto o dell’abbuono.

13 Qualora contrattualmente fosse stata stabilita una sostituzione gratuita dei beni forniti even-tualmente danneggiati, in tal caso l’operazione di rettifica non sarebbe soggetta ad IVA a condizio-ne, tuttavia, che la restituzione o la sostituzione sia testimoniata da apposita nota di accompagna-mento.

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Esempio 9

La società Lambda S.p.A. acquista merci per 10.000 € + IVA 22% ottenendo contestualmente uno sconto del 10% sul valore della prestazione. La relativa fattura perviene il 12 ottobre

12 ottobre Dare Avere

Merci c/acquisti 10.000

IVA a credito 1.980

Sconti su acquisti 1.000

Fornitori 10.980

Nel secondo caso, ci si deve comportare esattamente come già visto per i resi o i premi su acquisti. Un’ulteriore precisazione deve essere fatta in merito agli obblighi fiscali connessi alla concessione di premi o abbuoni. Dal punto di vista fiscale, in-fatti, l’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972 non prevede “l’obbligatorietà” di rettifica del-la fattura mediante nota di credito in caso di concessione di sconti ed abbuoni, per cui, soprattutto nel caso di sconti o abbuoni di ammontare poco rilevante, può non determinarsi la variazione finanziaria connessa al sorgere del debito nei confronti dell’Erario, per cui si contabilizzano esclusivamente il sorgere del minor costo e del minor debito nei confronti del fornitore.

Esempio 10

Il 5 dicembre viene concesso un abbuono di 800 € da un fornitore di prodotti finiti che provvede ad emettere nota di credito senza variazione di IVA

5 dicembre Dare Avere

Fornitori 800

Abbuoni su acquisti 800

Stessa tipologia di rilevazione contabile deve essere effettuata nel caso di resi, premi, sconti o abbuoni su acquisti originariamente non imponibili o esenti o con IVA indetraibile.

4. Acquisti di immobilizzazioni

Le “immobilizzazioni”, materiali e immateriali, rappresentano beni e fattori di produzione di uso durevole e di durata pluriennale utilizzati nell’attività di impresa, destinati perciò a non vedere esaurita la propria utilità nel corso di un solo eserci-

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zio. Tipici esempi di immobilizzazioni materiali sono i terreni, i fabbricati, i mac-chinari, gli automezzi, mentre tipiche immobilizzazioni immateriali sono i costi di costituzione, le spese di impianto ed ampliamento, i brevetti o i software. A livello contabile, tali fattori ad utilizzo pluriennale concorrono allo svolgimento del pro-cesso produttivo pro-quota nei vari esercizi, attraverso un “processo di ammorta-mento” che rappresenta l’utilità apportata, o meglio “ceduta”, dal bene nel corso dell’esercizio per la realizzazione dei ricavi 14. L’introduzione delle immobilizzazio-ni all’interno dell’impresa può avvenire in vari modi. Tra questi, quelli più comuni nella pratica sono l’acquisto da terzi oppure la cosiddetta “costruzione in econo-mia”, ossia la produzione interna all’azienda del bene materiale o immateriale.

Per quanto riguarda la prima delle due modalità di acquisizione, essa rappresen-ta un tipico acquisto da un fornitore esterno all’impresa, accompagnato da relativa fattura. L’acquisizione di fattori produttivi, anche se di durata ed utilità plurienna-le, determina l’accendersi di un debito nei confronti del fornitore della prestazione ed ha come conseguenza la rilevazione della variazione finanziaria negativa nella sezione avere, contestualmente all’accendersi di una variazione finanziaria positiva rappresentante il credito nei confronti dell’Erario per l’IVA liquidata al fornitore (se trattasi di prestazione imponibile). Il valore dell’immobilizzazione acquistata deve essere iscritto nella sezione dare del conto intestato alla natura dell’immo-bilizzazione (“Impianti”, “Macchinari”, “Brevetti”) come flusso economico in entra-ta, il quale rappresenta un valore di costo pluriennale che concorre al reddito dell’esercizio tramite quote di ammortamento. Le quote di ammortamento di com-petenza vengono contabilizzate in chiusura di esercizio come costi dello stesso, in modo tale da evidenziare l’utilità apportata dal bene al processo produttivo d’eser-cizio, e come contropartita in avere è movimentato il relativo fondo di ammorta-mento, anch’esso acceso a valori comuni a più esercizi 15.

Esempio 11

Il giorno 27 giugno perviene una fattura da un fornitore di macchinari industriali per un importo pari a 75.000 € + IVA al 22%

27 giugno Dare Avere

Macchinari 75.000

IVA a credito 16.500

Fornitori 91.500

Molto spesso, connessi agli acquisti di immobilizzazioni vengono sostenuti degli “oneri accessori” che si rendono necessari per rendere utilizzabile e fruibile il fatto-

14 Tutti i cespiti classificati tra le immobilizzazioni sono ammortizzati, ad eccezione di alcuni fab-bricati civili e dei cespiti la cui utilità non è soggetta ad esaurimento, come i terreni e le opere d’arte.

15 Si veda il Capitolo Settimo.

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re produttivo. Tali oneri possono essere, ad esempio, quelli relativi all’installazione o all’avviamento della produzione, oppure quelli relativi alle spese notarili necessa-rie per i passaggi di proprietà dei beni, oppure le parcelle dei professionisti che ne hanno curato la compravendita. Qualora tali costi siano effettivamente e diretta-mente riferibili all’immobilizzazione acquisita, è corretta prassi contabile “capita-lizzare” tali costi, ossia portarli in aumento della voce concernente il costo di acqui-sto dell’immobilizzazione, facendo partecipare anche tali oneri aggiuntivi al proces-so di ammortamento ed attribuendo loro valenza pluriennale. Tali costi, documen-tati da fattura, devono essere rilevati in contabilità come una normale operazione di acquisto, originandone le stesse tipologie di valori.

Esempio 12

Il giorno 30 agosto perviene una parcella dal notaio che ha seguìto la pratica del passaggio di pro-prietà dell’immobile aziendale per un importo di 1.000 € + IVA 22%

30 agosto Dare Avere

Immobili 1.000

IVA a credito 220

Fornitori 1.220

Per quanto riguarda la seconda delle due modalità di acquisizione di immobiliz-zazioni, ossia la costruzione in economia, l’impresa utilizza materiali di consumo, materie prime, manodopera o attrezzature proprie per produrre un bene o, co-munque, un fattore produttivo di cui poi si servirà all’interno del processo produt-tivo. Anche in tali situazioni, come già visto in precedenza per gli oneri accessori, i costi sostenuti per la costruzione interna dell’immobilizzazione devono essere capi-talizzati, e ciò può avvenire in un secondo momento al termine dell’esercizio o, me-glio ancora, al momento del sostenimento dei costi medesimi, tramite contestuale specifica appostazione in avere di una voce rappresentante un componente positivo di reddito denominata “Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni”. L’im-porto che deve essere contabilmente rilevato in dare è valorizzato considerando i costi diretti del prodotto ed i costi indiretti industriali 16.

16 Con particolare riferimento agli aspetti contabili di tale tipo di operazione, si veda il Capitolo Settimo.

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5. Acquisti sui mercati esteri

Fino ad ora si è assunto che le operazioni descritte si svolgano all’interno del territorio nazionale, fra operatori nazionali. È di tutta evidenza che operazioni di acquisto di beni o di servizi possano essere perfezionate anche tra un soggetto ac-quirente residente all’interno dei confini nazionali ed un altro soggetto residente, invece, all’estero. Le problematiche connesse alla contabilizzazione di tali accadi-menti assumono caratteri del tutto peculiari. Occorre, tuttavia, compiere una netta distinzione fra acquisti “intracomunitari” ed acquisti “extracomunitari”.

Con i primi si intende definire tutte quelle operazioni effettuate tra soggetti appartenenti a diversi Paesi facenti parte dell’Unione Europea 17. Per queste ope-razioni, il regime fiscale vigente ha, infatti, stabilito un cosiddetto “periodo tran-sitorio”, tuttora in corso, durante il quale è previsto l’obbligo di assoggettare ad IVA gli acquisti di beni o servizi fra soggetti comunitari nel Paese di destinazione dei fattori produttivi (da parte, cioè, dei soggetti committenti). Un acquisto, quindi, effettuato da un soggetto italiano nei confronti di un venditore intraco-munitario è assoggettato all’imposta in Italia. Al termine di questo periodo transi-torio, entrerà in vigore il cosiddetto regime definitivo, con il quale vi sarà l’ob-bligo di applicare l’imposta direttamente nel Paese del venditore. L’obiettivo del-l’apparato normativo è quello di favorire una graduale introduzione di un regime tendente a non determinare differenze tra un’operazione che avviene all’interno del mercato nazionale ed una che si verifica all’interno dell’Unione Europea.

Nel periodo transitorio, pertanto, con riferimento alla contabilizzazione delle operazioni di acquisto intracomunitario di beni e servizi si deve provvedere a regi-strare la fattura che perviene dal fornitore intracomunitario. In considerazione del fatto che attualmente le operazioni effettuate con Paesi dell’Unione Europea ven-gono assoggettate ad imposta nel Paese di destinazione, è lo stesso acquirente che ha l’obbligo di assoggettare l’operazione ad IVA. La fattura perviene, quindi, non gravata dall’Imposta sul Valore Aggiunto, ed è l’acquirente nazionale dei beni o dei servizi che deve numerare ed integrare progressivamente la fattura ricevuta, calco-lando sul controvalore della prestazione, espresso in fattura, l’imposta (non espres-sa in fattura) determinata applicando le aliquote vigenti. Le fatture così integrate devono essere contabilizzate sia all’interno del registro delle fatture emesse (vendi-te), entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, sia

17 Problema di non poca rilevanza è quello relativo alla determinazione del valore in moneta di conto dell’acquisto. L’introduzione dell’Euro ha notevolmente semplificato tale problematica, in quanto le fatture che pervengono dal fornitore intracomunitario sono molto spesso provenienti da Stati ade-renti all’Unione Monetaria che hanno adottato a partire dal 1° gennaio 2002 l’Euro come moneta le-gale. Differente è il caso in cui si perfezioni un’operazione di acquisto con un fornitore intracomunita-rio appartenente ad uno Stato ad oggi ancora fuori dall’Unione monetaria, come Bulgaria, Croazia, Danimarca, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Svezia e Ungheria. Per quanto concerne la conver-sione in Euro dell’importo della fattura espressa in valuta estera, il Legislatore impone di utilizzare il cambio del giorno di effettuazione della prestazione, se indicato nella fattura, oppure il cambio del giorno della data della fattura.

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Le operazioni di acquisto

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successivamente all’interno del registro degli acquisti ai fini dell’esercizio del di-ritto alla detrazione. Per quanto riguarda la contabilizzazione all’interno del libro giornale, essa deve tenere in considerazione tale duplice registrazione, per cui ol-tre a movimentare in dare il conto di costo relativo all’operazione effettuata (“Merci c/acquisti”, “Materie prime c/acquisti” e così via) ed in avere il debito nei confronti del fornitore intracomunitario (“Fornitori intracomunitari” o “De-biti vs fornitori intracomunitari”), si deve provvedere a contabilizzare per lo stes-so importo sia in dare che in avere il credito e, contemporaneamente, il debito nei confronti dell’Erario.

Qualora l’acquisto di beni o servizi risulti essere non imponibile o esente da IVA, non occorrerà effettuare alcuna integrazione sulla fattura relativamente all’im-posta, e sulla stessa dovrà essere indicato il titolo di inapplicabilità o di esenzione e la relativa norma. In quest’ultimo caso, a livello contabile, non dovranno conse-guentemente essere movimentati i conti di credito e di debito nei confronti del-l’Erario.

Problematiche differenti sono connesse ai cosiddetti acquisti extracomunitari, a quegli acquisti, cioè, che riguardano le operazioni effettuate tra un soggetto nazio-nale ed un altro appartenente ad un Paese al di fuori dell’Unione Europea. Per gli acquisti effettuati a tali Paesi da parte di un operatore residente in Italia, l’opera-zione potrebbe essere espressa in valuta estera. Per questo motivo, è necessario convertire in “moneta di conto” la valorizzazione degli acquisti espressi in moneta non di conto.

Le operazioni di acquisto extracomunitario, dette più propriamente “importa-zioni”, da chiunque effettuate, sono soggette all’Imposta sul Valore Aggiunto nel territorio di destinazione delle merci, e l’imposta viene accertata, liquidata e ri-scossa dalle dogane per ogni singola operazione. Nel caso, quindi, di un’impor-tazione in Italia di beni da un Paese extracomunitario, l’IVA dovrà essere pagata nel territorio italiano. Conseguentemente all’importazione di merci, i beni do-vranno, quindi, passare attraverso la dogana, luogo in cui viene rilasciata la co-siddetta “bolletta doganale” dalla quale risultano il valore dei beni oggetto del-l’acquisto, i dazi doganali connessi alle pratiche di sdoganamento della merce, ol-tre, eventualmente, alle spese di inoltro e quelle di magazzinaggio. Tale documen-to è anche quello in base al quale l’Erario richiede il pagamento dell’IVA calcola-ta sulla merce importata, che deve essere versata contestualmente al ritiro della merce direttamente in dogana, in considerazione del fatto che all’interno della fattura predisposta dal cedente estero non trova rappresentazione l’importo del-l’imposta dovuta. La fattura del fornitore, infatti, rappresenta unicamente il do-cumento in base al quale deve essere effettuata la registrazione del costo di acqui-sto delle merci e deve essere effettuato il pagamento del debito nei confronti del fornitore estero.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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Esempio 13

Il giorno 15 settembre perviene una fattura da un fornitore francese relativa a merci per un im-porto pari a 10.000 € (aliquota IVA vigente pari al 22%) 18

15 settembre Dare Avere

Merci c/acquisti 10.000

IVA a credito 2.200

Fornitori intracomunitari 10.000

IVA a debito su acquisti intracomunitari 2.200

Per quanto riguarda l’aspetto contabile, gli accadimenti che devono trovare rap-presentazione nella contabilità aziendale sono la fattura del venditore estero e la bolletta doganale. Per quanto riguarda la fattura del cedente extracomunitario, essa deve essere registrata movimentando in dare il relativo conto di costo, ed in avere la variazione finanziaria derivante dal debito nei confronti del fornitore extracomuni-tario, provvedendo a movimentare il conto “Fornitori esteri” o “Debiti vs fornitori esteri”, convertendo la valuta estera nella valuta di conto. Successivamente, deve essere registrato il pagamento effettuato in dogana della bolletta doganale al mo-mento del ritiro della merce. Tale pagamento è comprensivo dell’IVA relativa all’o-perazione d’acquisto sottostante 19, per cui si genera una variazione finanziaria posi-

18 In considerazione delle modalità di funzionamento dei software utilizzati per le rilevazioni contabili, alla luce della necessità di procedere alla contestuale rilevazione di tale accadimento an-che nei Registri IVA, la scrittura di cui al presente esempio relativa all’acquisto di beni da fornitori intracomunitari dovrebbe essere rilevata come segue, utilizzando un conto transitorio (che potreb-be essere denominato “Cliente comunitario”), ottenendo comunque lo stesso risultato in termini contabili.

15 settembre Dare Avere

Merci c/acquisti 10.000 IVA a credito 2.200 Fornitori intracomunitari 12.200

15 settembre

Cliente comunitario 12.200 Cliente comunitario 10.000 IVA a debito 2.200

15 settembre

Fornitori intracomunitari 2.200 Cliente comunitario 2.200

19 Si evidenzia che il valore dell’IVA determinato al momento dello sdoganamento della merce in relazione all’importo della fornitura originaria viene determinato applicando l’aliquota IVA prevista per la tipologia del bene in questione al valore in euro della fornitura determinato applicando all’im-

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tiva derivante dal credito sorto nei confronti dell’Erario, oltre che dall’ulteriore credito nei confronti dell’Erario per l’IVA assolta sui costi relativi ai dazi doganali ed alle eventuali spese accessorie esposte nella bolletta doganale, i quali devono trovare rappresentazione in conti economici quali “Dazi e servizi doganali” e “Spe-se accessorie su importazioni” 20.

Esempio 14

Il giorno 18 agosto perviene una fattura da un fornitore americano per un importo di 10.000 $ al cambio di 0,87 € per $. La merce viene ritirata in dogana il giorno 25 agosto e si provvede al pa-gamento dell’IVA sulla fornitura originaria per un valore pari a 1.914 €, più i dazi e servizi doga-nali pari a 2.000 € + IVA 22%

18 agosto Dare Avere

Merci c/acquisti 8.700

Fornitori esteri 8.700

25 agosto

Dazi e servizi doganali 2.000

IVA a credito (22% su 2.000 + 1.914) 2.354

Banca c/c 4.354

Nella pratica, al posto del conto “Merci c/acquisti” viene talvolta acceso il conto “Merci in viaggio”, conto anch’esso rappresentante una variazione economica, al fine di ricordare il luogo in cui si trovano le merci compravendute. Il conto si apre nel momento in cui il fornitore comunica l’avvenuta esecuzione del contratto ed il bene sta viaggiando per conto del compratore, in modo da sottolineare il fatto che la merce è divenuta di sua proprietà, anche se non fa ancora parte dei fattori pro-duttivi aziendali. Il conto verrà poi chiuso all’altro conto di natura economica “Merci c/acquisti” al momento del ricevimento della merce.

Molto spesso, tutte le pratiche relative allo sdoganamento della merce vengono curate da un vettore o spedizioniere che, oltre a fornire il proprio servizio di ritiro della merce e del trasporto, solitamente anticipa per l’acquirente nazionale i fondi per il pagamento dell’IVA e dei dazi e servizi doganali e richiede il successivo rim- porto in moneta non di conto il tasso di cambio del giorno dello sdoganamento (e non quello del giorno in cui si è verificato l’acquisto o l’emissione della fattura).

20 L’art. 69 del D.P.R. n. 633/1972 stabilisce infatti che il valore imponibile ai fini dell’applica-zione dell’IVA è dato, oltre che dal valore del bene, da quello dei diritti doganali e delle spese di inol-tro fino al luogo di destinazione all’interno del territorio doganale che figura sul documento del tra-sporto. Si considera applicabile l’IVA sui dazi doganali in quanto solitamente tale voce viene riepilo-gata in fattura comprensiva di tutti gli oneri accessori allo sdoganamento e, quindi, determinata forfet-tariamente.

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borso all’importatore unitamente alla propria fattura di trasporto. A fronte del suo servizio, il trasportatore emette fattura comprensiva del valore relativo alla propria prestazione di servizi. La rilevazione di tale accadimento aziendale deve essere ef-fettuata movimentando in avere la variazione finanziaria negativa derivante dal sor-gere del debito nei confronti del fornitore nazionale (lo spedizioniere), ed in dare il costo della prestazione dello spedizioniere (movimentando il conto “Spese di tra-sporto su acquisti”), il rimborso per le spese sostenute relativamente ai dazi e servi-zi doganali, ed il sorgere del credito nei confronti dell’Erario per l’IVA anticipata dallo spedizioniere sulla prestazione originaria, sui dazi e servizi doganali e sulle spese di trasporto. La voce “IVA a credito” accoglie, perciò, anche l’ammontare dell’IVA versata dal vettore all’Amministrazione Finanziaria per l’importazione dei beni.

Esempio 15

Il giorno 27 settembre perviene la fattura dello spedizioniere relativa alla spesa di sdoganamento di merci su cui è stata pagata IVA per 350 €, spese di trasporto per 200 € + IVA 22%, nonché dazi e servizi doganali in misura forfetaria per 100 € + IVA 22%

27 settembre Dare Avere

Spese di trasporto 200

Dazi e servizi doganali 100

IVA a credito (350 + 22% su 200 + 22% su 100) 416

Fornitori 716

6. Modalità di pagamento degli acquisti

Tutte le operazioni di acquisto di beni o servizi, nazionali, intracomunitari o ex-tracomunitari, danno luogo almeno a due registrazioni. Un primo articolo tendente a rilevare in avere la variazione finanziaria negativa conseguente all’accendersi del debito nei confronti del fornitore, un secondo e successivo articolo per la rilevazio-ne del pagamento. Entrambe le registrazioni devono, tuttavia, essere contabilizzate in presenza dei due diversi elementi che le supportano, la fattura del fornitore per la prima, e la “contabile” bancaria, un titolo di debito o il pagamento in contanti per la seconda. A livello contabile, il pagamento di un fornitore trova rappresenta-zione attraverso una scrittura con la quale si rileva l’estinguersi del debito nei con-fronti del fornitore precedentemente aperto in avere per l’intero importo della pre-stazione. La chiusura del conto acceso al debito verso il fornitore avviene movi-mentando in dare lo stesso conto “Fornitori”, al fine di evidenziare il venire meno del debito. Nel contempo, tuttavia, deve trovare rappresentazione contabile la va-

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riazione finanziaria negativa connessa alla modalità di pagamento utilizzata nei con-fronti del fornitore stesso. Tale variazione finanziaria può essere rappresentata da un’uscita di denaro contante, da un’uscita di denaro dal conto corrente bancario, dall’accettazione di cambiali passive o dalla cessione di cambiali attive 21. Le prime due modalità di pagamento descritte sono tipiche di un pagamento effettuato in via immediata, mentre le altre sono forme tipiche di pagamenti effettuati in date suc-cessive alla determinazione del debito. In questo modo, si originano le cosiddette “permutazioni finanziarie”, che comportano il passaggio di valori finanziari ad altre classi di valori di natura finanziaria.

Per quanto riguarda il pagamento tramite cassa o banca, i conti che devono es-sere movimentati in avere per evidenziare la variazione numeraria negativa connes-sa al pagamento sono rispettivamente il conto “Cassa” 22 o il conto “Banca c/c”, eventualmente specificando il nome della banca attraverso la quale si è provveduto al relativo pagamento. Gli strumenti cui si fa maggiormente ricorso quando si effet-tuano pagamenti utilizzando gli istituti di credito sono l’emissione di assegni, l’ordine di pagamento, il giroconto o il bonifico bancario.

Esempio 16

Il 5 febbraio viene effettuato il pagamento di un fornitore per precedenti forniture di merci attra-verso bonifico bancario per un valore pari a 8.000 €

5 febbraio Dare Avere

Fornitori 8.000

Banca c/c 8.000

Esempio 17

In data 28 maggio si provvede al pagamento in contanti di un fornitore di servizi per un valore pari a 150 €

28 maggio Dare Avere

Fornitori 150

Cassa 150

21 Le cambiali o effetti rappresentano dei titoli di credito (o di debito) di natura esecutiva vantati da un soggetto nei confronti di un altro soggetto, il quale ai fini del pagamento della prestazione o della fornitura si impegna a rispettare la data prevista all’interno dell’effetto stesso.

22 Al fine di poter controllare elettronicamente tramite i movimenti bancari le transazioni finanzia-rie, con l’obiettivo di combattere l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro, la Legge di Stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208), aveva stabilito la limitazione all’uso del contante e dei titoli al por-tatore per negoziazioni di importo superiore a 3.000 €. La Legge n. 160/2019 (Legge di Bilancio 2020) ha modificato tale limite, quantificandolo in euro 2.000.

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Se è previsto un termine differito di pagamento, gli strumenti finanziari che maggiormente vengono utilizzati sono le ricevute bancarie (o Ri.Ba.) o l’emissione di effetti (o titoli di credito). Con tali strumenti, il fornitore concede una dilazione di pagamento all’acquirente, che deve comunque essere effettuato prima della sca-denza prevista dalla ricevuta bancaria o dal documento cambiario. La differenza tra i due mezzi di pagamento riguarda il fatto che gli effetti, a differenza delle ricevute bancarie, sono titoli di natura esecutiva, ossia garantiscono azioni di recupero da parte del creditore, ed inoltre possono essere protestate, girate o scontate 23. Pro-prio per la loro natura di titolo di credito avente natura esecutiva, gli effetti, al momento della loro emissione, necessitano del pagamento di spese di bollo, su cui, tuttavia, non si applica l’Imposta sul Valore Aggiunto. Le diverse caratteristiche dei due mezzi di pagamento comportano anche differenti approcci a livello contabile. Per quanto riguarda la contabilizzazione dell’effetto passivo, in considerazione del fatto che si emette una cambiale a saldo di un precedente credito del venditore rappresentato da una semplice fattura iscritta in contabilità, si deve provvedere a stornare il conto acceso al debito nei confronti del fornitore e, contemporaneamen-te, si provvede a movimentare in avere la variazione finanziaria negativa nel conto “Effetti passivi”, eventualmente maggiorato delle spese per bolli addebitate dal fornitore per l’emissione della cambiale e registrate nel conto movimentato a valori economici negativi “Spese su effetti”.

Esempio 18

Il 30 agosto la società Alfa S.p.A. accetta un effetto emesso dal fornitore Beta S.p.A. per un debito precedente di 20.000 €, maggiorato delle spese di emissione dell’effetto pari a 10 €

30 agosto Dare Avere

Fornitori 20.000

Spese su effetti 10

Effetti passivi 20.010

Alla scadenza dell’effetto, qualora venga effettivamente onorato il pagamento, si dovrà provvedere a compiere l’ulteriore operazione permutativa provvedendo a chiudere in dare il valore acceso all’effetto ed in avere il pagamento effettuato attra-verso cassa o conto corrente bancario.

Con riferimento alle ricevute bancarie (Ri.Ba.), le quali costituiscono semplice-mente dei documenti che permettono ad un’impresa di incassare i crediti commer-ciali dalla propria clientela ad una certa data, e che vengono consegnate alla banca al fine di eseguire la relativa riscossione, proprio per tale ultima caratteristica non si determina l’obbligo di alcuna ulteriore registrazione contabile. L’emissione di rice-vute bancarie non comporta, infatti, l’estinzione del credito vantato nei confronti

23 Si veda il Capitolo Quinto.

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del cliente, né alcun rafforzamento della posizione creditoria del fornitore nei con-fronti del proprio cliente, in quanto rimane pur sempre un credito di fornitura e non si trasforma in credito cambiario.

Con riferimento alle modalità di pagamento della fornitura in via anticipata, la relativa registrazione in contabilità deve avvenire nel rispetto di ciò che è stabilito dalla normativa IVA, la quale prevede che qualora sia emessa fattura o sia effettua-to un pagamento, in tutto o in parte, in via anticipata del corrispettivo dovuto, l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato o pagato, alla data della fattura o alla data del pagamento. Pertanto, la fattura o il pagamento pervenuti in via anticipata sono comprensivi dell’IVA calcolata sull’importo corri-spondente all’anticipo. Nel contempo, tuttavia, al momento del ricevimento dei beni o servizi, la base imponibile ai fini IVA è costituita non dal valore complessivo dei beni o servizi derivante dalla compravendita, quanto dal valore complessivo della fornitura al netto dell’anticipo corrisposto, quest’ultimo chiaramente al netto dell’IVA.

Al momento del ricevimento della fattura relativa all’anticipo nei confronti del fornitore, si deve evidenziare il sorgere del debito, ed eventualmente il successivo pagamento, nei confronti del fornitore stesso, il determinarsi del credito nei con-fronti dell’Erario per l’IVA versata al fornitore e, nel contempo, il credito che sorge nei confronti dello stesso per il valore dell’anticipo al netto dell’IVA. Tale valore si determina in quanto la merce è stata ordinata ma non è ancora entrata nel possesso dell’acquirente, e verrà stornato al momento del ricevimento della fattura. Al momento della registrazione in contabilità, lo stesso rappresenta una variazione finanziaria positiva che trova collocazione nel conto aperto in dare e denominato “Fornitori c/anticipi”. La compensazione del credito può avvenire in due modalità differenti, senza modificare il risultato netto della rilevazione e della rappresentazione contabile degli accadimenti aziendali.

Esempio 19

La società Gamma S.p.A. riceve, relativamente alla compravendita di materie prime di valore pari a 40.000 € + IVA 22%, in data 3 luglio una fattura di anticipo dal fornitore Beta S.r.l. per un va-lore di 16.000 € + IVA 22%, pagata a mezzo assegno bancario lo stesso giorno. In data 23 luglio Gamma S.p.A. riceve definitivamente la fornitura e contemporaneamente la relativa fattura. Il pagamento avviene il medesimo giorno

3 luglio Dare Avere

Fornitori c/anticipi 16.000

IVA a credito 3.520

Fornitori 19.520

3 luglio

Fornitori 19.520

Banca c/c 19.520

(segue)

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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1a metodologia

23 luglio

Materie prime c/acquisti 40.000

IVA a credito ([40.000 – 16.000] 22%) 5.280

Fornitori 45.280

23 luglio

Fornitori 45.280

Fornitori c/anticipi 16.000

Banca c/c 29.280

2a metodologia

23 luglio

Materie prime c/acquisti 40.000 IVA a credito ([40.000 – 16.000] 22%) 5.280 Fornitori 29.280 Fornitori c/anticipi 16.000

23 luglio

Fornitori 29.280 Banca c/c 29.280

In parte differente è il pagamento delle prestazioni fornite da professionisti o agenti e rappresentanti, ossia lavoratori autonomi, nell’ambito dello svolgimento del-la gestione aziendale. Il versamento dei compensi a tali classi di soggetti è sottoposta a ritenuta alla fonte 24, ossia i committenti diventano esattori per conto dello Stato delle imposte dovute dai prestatori di servizi, per cui agli stessi devono essere liquida-ti minori compensi rispetto a quelli prefissati in ragione dell’imposta che deve, per loro conto, essere versata all’Erario. Pertanto, al momento del pagamento del presta-tore di servizi, si deve chiudere il conto relativo al debito nei confronti del fornitore e, contemporaneamente, effettuare il pagamento della prestazione secondo le modali-tà richieste, per un valore al netto dell’importo della ritenuta alla fonte da effettuarsi nei confronti del fornitore stesso, che deve essere versata entro il giorno 16 del mese successivo a quello di pagamento della prestazione medesima e che viene calcolata sul valore imponibile della prestazione, e quindi al netto dell’IVA. Fino al momento del pagamento effettivo, la somma trattenuta a titolo di ritenuta rappresenta una va-

24 Le ritenute alla fonte possono essere sia a “titolo di imposta” che a “titolo di acconto”. Per quanto riguarda le ritenute effettuate a titolo di acconto, il compenso percepito dal prestatore concor-re a formare il reddito del percipiente e la ritenuta d’acconto verrà detratta dall’imposta lorda che sarà determinata in sede di dichiarazione dei redditi, mentre per quanto riguarda le ritenute a titolo di im-posta, il compenso viene escluso dalla formazione del reddito e su di esso non devono essere pagate altre imposte. Solitamente, per quanto riguarda i professionisti, si parla di ritenuta a titolo di acconto, che viene calcolata applicando l’aliquota del 20% sull’importo della prestazione, al netto dell’IVA.

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Le operazioni di acquisto

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riazione finanziaria negativa rappresentante il debito sorto nei confronti dell’Erario, da rilevare movimentando il conto “Erario c/ritenute”.

Esempio 20

Il giorno 22 settembre si effettua il pagamento tramite banca di una parcella notarile per un valo-re pari a 12.000 € + IVA 22%, effettuando la ritenuta del 20% sull’importo della prestazione, e provvedendo il giorno 16 del mese successivo al versamento della stessa a mezzo banca

22 settembre Dare Avere

Fornitori 14.640

Erario c/ritenute 2.400

Banca c/c 12.240

16 ottobre

Erario c/ritenute 2.400

Banca c/c 2.400

Una problematica del tutto particolare si pone al momento del pagamento di un fornitore extracomunitario o, comunque, operante in un Paese non aderente all’U-nione Monetaria Europea. Per quanto riguarda i fornitori nazionali ed i fornitori intracomunitari facenti parte dell’Unione Monetaria, il pagamento effettivo della prestazione avviene per lo stesso importo del debito sorto in precedenza e risultan-te dalla fattura, essendo l’Euro la moneta di conto di tutti i soggetti coinvolti nell’o-perazione. Qualora, al contrario, la compravendita avvenga tra un operatore nazio-nale ed un operatore avente come moneta legale una moneta diversa dall’Euro, si determinano dei problemi derivanti dalle differenze di cambio tra le varie valute. Nelle operazioni in valuta estera, infatti, è molto frequente che tra il cambio utiliz-zato al momento della rilevazione contabile dell’acquisto (cambio provvisorio o storico) ed il cambio utilizzato per la contabilizzazione del pagamento (cambio ef-fettivo) emergano delle differenze, definite “differenze di cambio”, originate dal mutato rapporto di forza intercorrente tra le valute, le quali originano per le società coinvolte nello scambio utili o perdite su cambi. Accanto all’operazione permutati-va che determina lo storno del debito nei confronti del fornitore estero (valore nu-merario presunto) e l’accendersi dell’altra variazione finanziaria negativa derivante dall’uscita di denaro, deve essere registrato anche l’utile (o la perdita) originato dal fatto di effettuare il definitivo pagamento della fornitura ad un valore inferiore (o superiore) a quello per il quale si era determinato il debito originario. Tale diffe-renza, qualora positiva per l’acquirente, è contabilizzata in un conto acceso a valori economici positivi denominato “Utili su cambi” o “Differenze positive su cambi”, mentre, se negativa, è essere contabilizzata in un conto acceso a valori economici negativi denominato “Perdite su cambi” o “Differenze negative su cambi” e rap-presentante un costo per l’esercizio in oggetto.

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Esempio 21

Il giorno 13 marzo si effettua il pagamento tramite banca nei confronti di un fornitore statuniten-se per una precedente fornitura di 10.000 $ al cambio storico di 0,85 €/$, al cambio effettivo di 0,83 €/$

13 marzo Dare Avere

Fornitori esteri (10.000 $ a 0,85 €/$) 8.500

Banca c/c (10.000 $ a 0,83 €/$) 8.300

Utili su cambi 200

Esempio 22

Il giorno 27 aprile si effettua il pagamento tramite banca nei confronti di un fornitore inglese per una precedente fornitura del valore di 20.000 sterline contabilizzate al cambio provvisorio di 1,55 € per £. Il cambio (giorno di pagamento) è pari a 1,60 € per £

27 aprile Dare Avere

Fornitori esteri (20.000 £ a 1,55 €/£) 31.000

Perdite su cambi 1.000

Banca c/c (20.000 £ a 1,60 €/£) 32.000

Qualora il processo relativo all’operazione di acquisto non sia stato ancora con-cluso al termine dell’esercizio in conseguenza del fatto che non si è ancora provve-duto ad effettuare il pagamento nei confronti del fornitore, il giorno della chiusura dell’esercizio, solitamente il 31 dicembre, si provvede a valorizzare il debito nei confronti del fornitore utilizzando il cambio di quel giorno o una media dei dati dell’ultimo periodo. Dal raffronto con il valore espresso al cambio del giorno di re-gistrazione della fattura, può determinarsi una variazione economica positiva o ne-gativa, ossia utili o perdite su cambi 25.

7. Esercizi

Esercizio 1

La società Beta S.r.l., specializzata nella produzione di abbigliamento, deve provvedere all’acquisto di un nuovo macchinario al fine di recuperare il gap tecno-logico che le impedisce di essere competitiva in termini di costi di produzione con i maggiori concorrenti a livello mondiale.

25 Si veda più in dettaglio quanto esposto nel Capitolo Settimo.

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Le operazioni di acquisto

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La società incarica un professionista, il Dott. Piazza, di effettuare uno studio sulla fattibilità economica dell'investimento.

In seguito alla risposta affermativa dell’incaricato, la società provvede il 3 marzo ad acquistare il macchinario da un fornitore nazionale per 200.000 € + IVA 22%.

Gli accordi con il fornitore dell’impianto prevedono il pagamento di 20.000 € alla data dell’acquisto ed il resto a 3 mesi data fattura.

Il 27 aprile il professionista invia fattura per 10.000 € + IVA 22%. Il pagamento del debito verso il professionista avviene immediatamente tramite

banca operando la ritenuta fiscale del 20% che viene versata entro il 16° giorno del mese successivo.

Si proceda alla redazione delle scritture in partita doppia delle operazioni di ac-quisto del bene strumentale, della fattura del professionista e dei connessi pagamenti.

Soluzione

3 marzo Dare Avere

Macchinari 200.000

IVA a credito 44.000

Fornitori 244.000

3 marzo

Fornitori 20.000

Banca c/c 20.000

27 aprile

Macchinari 10.000

IVA a credito 2.200

Fornitori 12.200

27 aprile

Fornitori 12.200

Erario c/ritenute 2.000

Banca c/c 10.200

16 maggio

Erario c/ritenute 2.000

Banca c/c 2.000

3 giugno

Fornitori 224.000

Banca c/c 224.000

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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Esercizio 2

In data 3 ottobre la società Lambda S.p.A. inoltra un ordine di acquisto in Co-lombia di materie prime per $ 50.000.

Le pratiche doganali vengono assolte dallo spedizioniere, il quale anticipa i fon-di per il pagamento dell’IVA. In data 18 ottobre la società riceve la nota dello spe-dizioniere, relativa all’importazione, così strutturata:

Dazi e servizi doganali 1.250 € IVA 22% (determinata forfetariamente) 7.950 € Spese di trasporto 1.000 € Totale 10.200 €

In data 25 ottobre perviene la fattura del fornitore estero (cambio €/$ 0,75). In data 30 ottobre viene pagato, tramite banca, il fornitore estero (cambio €/$

0,85). Redigere le scritture in partita doppia delle operazioni descritte.

Esercizio 3

Redigere le scritture in partita doppia relative alle seguenti operazioni:

a) ricevuta fattura fornitore Alfa S.r.l. del 15 settembre per acquisto materiali di produzione 7.350 € + IVA 22%; il pagamento è avvenuto a titolo di acconto per un importo pari a 2.000 € + IVA 22% in data 1 settembre, mentre il saldo viene versa-to in data 5 ottobre. Entrambi i pagamenti vengono effettuati tramite banca.

b) Ricevuta fattura fornitore Gamma S.p.A. del 10 ottobre per acquisto merci:

– merci tipo A 52.000 € – merci tipo B 17.000 € – imballi 7.000 €

Il regolamento avviene con riferimento a tutte le forniture mediante l’emissione di cambiali. Su tali importi viene applicata l’aliquota IVA del 22%.

c) Si acquista uno stock di materiale ferroso per la produzione di semilavorati. La fattura ricevuta in data 15 dicembre è di 1.500 € + IVA 22%. Il regolamento è con rimessa diretta a mezzo assegno bancario, ed il vettore incaricato del trasporto presenta il giorno della consegna, che avviene il 16 dicembre, regolare fattura per 120 € + IVA 22%. Il pagamento avviene a mezzo bonifico bancario.

d) Si provvede a pagare a mezzo banca l’affitto bimestrale posticipato del ca-pannone industriale appartenente ad un privato in data 17 dicembre per un valore pari a € 10.000.

Esercizio 4

Si provveda a rilevare in partita doppia le seguenti operazioni.

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Le operazioni di acquisto

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In data 14 gennaio la società Gamma S.p.A. effettua un acquisto di merci per un valore pari a € 20.000 + IVA 22%. La fattura di acquisto perviene in data 16 gen-naio. Al momento del disimballo, vengono individuate merci difettose per un valo-re pari ad € 1.500, che vengono rispedite al mittente in data 25 gennaio con relativa nota di accredito emessa in data 26 gennaio. Il pagamento della fornitura avviene a saldo in data 3 febbraio per un valore pari ad € 4.000 mediante bonifico bancario, mentre per la parte rimanente viene emesso un effetto a 90 giorni in data 5 feb-braio.

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Le operazioni di vendita

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Capitolo Terzo

Le operazioni di vendita

1. Vendite di beni

Per le imprese industriali o commerciali la vendita e l’incasso dei corrispettivi derivanti dalla cessione dei beni prodotti o dei servizi erogati rappresenta la fase finale dell’intero ciclo produttivo. Il processo di produzione per lo scambio, infatti, si realizza attraverso l’acquisto dei fattori produttivi, il loro successivo impiego ed, infine, la vendita dei beni e servizi prodotti sul mercato. Analogamente a quanto visto per gli acquisti, anche per le vendite i beni oggetto di scambio potranno esse-re materie prime, materiali di consumo, materiali accessori, prodotti semilavorati o prodotti finiti.

Inoltre, anche per quanto riguarda le vendite di beni e servizi si deve porre at-tenzione al momento di corretta rilevazione dell’operazione all’interno del sistema contabile aziendale. La vendita di beni o servizi, ossia l’accordo mediante il quale la proprietà di un bene o il compimento di una prestazione viene trasferita o eseguita nei confronti di terzi contro il corrispettivo di un prezzo, non deve trovare rappre-sentazione all’interno della contabilità generale unicamente al momento dell’incas-so del valore pattuito, ma anche all’atto della cosiddetta “liquidazione”, ossia al momento di accertamento del credito nei confronti del cliente. Tale momento vie-ne solitamente individuato nell’emissione della fattura di vendita (oppure della no-ta o della parcella) che accompagna la compravendita di beni o servizi.

La cessione di beni prodotti dall’azienda o di merci commercializzate dalla stes-sa determina il sorgere di un ricavo, ossia l’emergere di una variazione economica positiva. Tale aspetto di tipo “economico” trova evidenza a livello contabile me-diante la movimentazione in avere di conti diversamente denominati a seconda del bene oggetto di cessione e rappresentanti il ricavo proprio dell’azienda cedente: “Materie prime c/vendite”, “Prodotti finiti c/vendite”, “Merci c/vendite” e così via. Contemporaneamente, deve trovare rappresentazione contabile anche la varia-zione finanziaria positiva rappresentata dal credito di natura commerciale (o di re-golamento) che emerge nei confronti del cliente cessionario dei beni. Tale aspetto dello scambio è contabilizzato con segno positivo, ossia in dare, in modo tale da rappresentare l’aumento di disponibilità finanziarie derivanti dalla compravendi-ta, utilizzando indifferentemente i conti denominati “Clienti” oppure “Crediti vs

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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clienti”, anche in questo caso eventualmente specificando il nome o la ragione so-ciale della persona e della società nei confronti della quale l’impresa risulta essere creditrice 1.

Limitandoci per ora all’analisi delle operazioni di vendita tra operatori nazionali, aspetto rilevante tra i valori originati dallo scambio è la presenza dell’IVA. Come già visto in precedenza con riferimento alle operazioni di acquisto, l’IVA è commisurata al valore dei beni oggetto di cessione, con l’applicazione di differenti aliquote 2 varia-bili in funzione delle caratteristiche delle operazioni sottostanti. Il valore dell’imposta deve trovare necessariamente rappresentazione, insieme al prezzo stabilito dalla com-pravendita, all’interno della fattura emessa dal venditore, accompagnata dall’esplicita evidenziazione dell’aliquota applicata. Analogamente a quanto già evidenziato per gli acquisti di beni e servizi, l’Imposta sul Valore Aggiunto deve trovare rappresentazio-ne all’interno della contabilità aziendale. Essa, tuttavia, non rappresenta un ricavo di esercizio, bensì un incremento dei valori di natura finanziaria in quanto rappresenta-tivo di un debito da parte della società nei confronti dell’Erario per un importo pari all’IVA che deve essere incassata dal cliente. Il complessivo valore dell’imposta da versare all’Erario trova rappresentazione all’interno di un conto, acceso a valori di natura finanziaria, denominato “IVA a debito” oppure “Erario c/IVA”, movimenta-to in avere (e quindi con segno negativo), tale da evidenziare il debito effettivamente maturato nei confronti dell’Erario nel periodo di riferimento.

Esempio 1

Il giorno 27 luglio viene emessa una fattura nei confronti di un cliente per la fornitura di prodotti finiti per un importo pari a 14.000 € + IVA al 22%.

27 luglio Dare Avere

Clienti 17.080

Prodotti finiti c/vendite 14.000

IVA a debito 3.080

Pare opportuno precisare in tale sede che l’art. 2426, n. 8, del Codice Civile prevede che i crediti, tra cui quelli rilevati nell’esempio precedente nei confronti di “Clienti”, debbano essere valutati «secondo il criterio del costo ammortizzato, te-nendo conto del fattore temporale», le cui caratteristiche vengono più ampiamente trattate all’interno del successivo Capitolo Quinto in merito agli investimenti finan-ziari, tra cui principalmente i titoli. Tuttavia, con riferimento ai crediti di natura

1 Anche per quanto riguarda le vendite, è sempre importante registrare il credito nei confronti dei clienti anche se l’incasso è immediato o contestuale all’emissione della fattura, in quanto in tal modo l’operazione di vendita è rilevata anche nel conto intestato al cliente, cosa che altrimenti sarebbe pre-clusa se si registrasse immediatamente l’incasso.

2 4%, 5%, 10% e 22%.

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Le operazioni di vendita

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commerciale, come quelli trattati all’interno del presente capitolo, non è partico-larmente frequente che siano presenti quegli elementi che richiedono una contabi-lizzazione tale da rendere la valorizzazione di tale posta contabile, adottando il cri-terio del costo ammortizzato, differente da quella che si verrebbe a determinare considerando il valore nominale degli stessi 3. Pertanto, nelle pagine che seguono, i crediti nei confronti dei clienti sono contabilizzati avendo a riferimento il valore nominale degli stessi, il quale coincide, nel caso specifico, con il valore dei medesi-mi esposto in fattura.

Non tutte le cessioni di beni, anche se effettuate tra soggetti passivi di imposta nazionali ed anche se effettuate all’interno del territorio nazionale, sono soggette ad IVA 4. Il D.P.R. n. 633/1972 elenca dettagliatamente alcune tipologie di operazioni di vendita che vengono considerate esenti 5, non imponibili o escluse 6 ai fini del-l’applicazione dell’Imposta sul Valore Aggiunto. Per quanto riguarda tali ultime ope-razioni, non deve essere movimentato alcun conto acceso all’IVA e, quindi, a debiti nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria, ma devono essere rilevate in con-tabilità, per lo stesso importo, la variazione finanziaria positiva rappresentante il sorgere del credito nei confronti del cliente e la variazione economica positiva rap-presentante il ricavo derivante dalla compravendita.

Esempio 2

Il 24 aprile si emette fattura per cessione di prodotti finiti in favore di popolazioni colpite da ca-lamità naturali per un valore pari a 1.200 €.

24 aprile Dare Avere

Clienti 1.200

Prodotti finiti c/vendite 1.200

3 Il metodo del costo ammortizzato dovrebbe essere applicato ai debiti in presenza, principalmen-te, dei seguenti elementi e delle seguenti caratteristiche: durata oltre i 12 mesi, costi di transazione e commissioni pagate di importi rilevanti. Per un approfondimento circa tali aspetti, si veda ORGANI-SMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi Contabili, Documento n. 15 – “Crediti”, 2016.

4 Per quanto riguarda le operazioni con IVA indetraibile analizzate nella parte relativa agli acqui-sti, relative cioè ad operazioni “non inerenti” l’esercizio dell’impresa, nessun problema si pone per la parte venditrice emittente la fattura, in quanto il problema dell’eventuale indetraibilità si pone esclu-sivamente per l’acquirente i beni medesimi.

5 Queste operazioni, pur possedendo i presupposti richiesti per l’applicabilità dell’IVA, non sono assoggettate al tributo per i motivi di ordine tecnico, politico e sociale espressi nelle direttive comuni-tarie. Tali sono, ad esempio, le operazioni elencate all’interno dell’art. 10 del D.P.R. n. 633/1972, tra cui la cessione di omaggi.

6 Si tratta di operazioni poste fuori dall’ambito di applicazione dell’IVA in quanto non considerate vere e proprie cessioni di beni, tra cui quelle esposte all’art. 2, punto d), del D.P.R. n. 633/1972, come la cessione di campioni di modico valore appositamente contrassegnati. Per tali tipologie di operazioni non esiste l’obbligo di fatturazione ai fini IVA e, pertanto, non deve essere effettuata alcuna rilevazio-ne all’interno dei Registri IVA.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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Particolare attenzione deve essere posta nei confronti delle spese cosiddette “accessorie” alla prestazione principale oggetto di vendita, tra cui le spese di tra-sporto o magazzinaggio poste a carico del compratore. Per tali tipologie di presta-zioni, solitamente classificate come rimborsi spese e dettagliate all’interno della fat-tura contenente la rappresentazione dei valori relative all’operazione principale, è possibile una doppia rilevazione a seconda che le spese siano o meno state sostenu-te in nome e conto del cliente ed a seconda della loro valorizzazione. Nel caso di spese sostenute in nome e conto del cliente ed addebitate allo stesso 7, oppure nel caso di rimborsi richiesti per il medesimo importo della spesa sostenuta, apposita-mente documentati, il rimborso non concorre a formare la base imponibile e, quin-di, nessun debito si determina nei confronti dell’Erario. Diversamente, nel caso di rimborsi richiesti ma sostenuti non in nome e conto del cliente, oppure per un im-porto superiore e determinato forfettariamente rispetto a quello documentato, tali valori dovranno essere indicati all’interno della fattura con separata indicazione dell’aliquota IVA applicata 8.

2. Prestazioni di servizi

Sempre più spesso, oggetto di vendita non sono solamente beni materiali, ma anche prestazioni di servizi, ossia quelle prestazioni di carattere “immateriale” che vengono fornite per garantire o per incrementare la produttività delle aziende ac-quirenti. Come già visto per gli acquisti, le principali tipologie di servizi sono quelle fornite in ambito industriale, commerciale ed amministrativo. Sono servizi sia quelli forniti in ambito operativo per fungere da ausilio nella produzione dei beni del-l’impresa, sia quelli forniti, ad esempio, per effettuare la pianificazione di una rior-ganizzazione della struttura aziendale.

Così come per le vendite di beni, anche le vendite di servizi determinano il sor-gere di un ricavo, ossia evidenziano una variazione economica positiva, corrispon-dente all’effettuazione di una prestazione “immateriale” (trasporto, intermediazio-ne, consulenza e così via), e che pertanto deve essere registrata in avere. Il conto che viene movimentato sarà denominato in modo differente a seconda della tipolo-gia della prestazione fornita: “Trasporti su vendite” oppure “Provvigioni su inter-mediazioni” oppure “Consulenze” e così via. Contestualmente, come contropartita, si provvede a rilevare il credito che si viene a determinare verso il soggetto nei con-fronti del quale la prestazione viene resa. Tale variazione finanziaria positiva deve trovare rappresentazione all’interno della contabilità aziendale con segno positivo, e quindi, in dare, attraverso la movimentazione di un conto di natura finanziaria denominato “Crediti vs clienti” o, più semplicemente, “Clienti”. Il momento di re-

7 Art. 15 del D.P.R. n. 633/1972. 8 L’aliquota IVA applicata a tali tipi di operazioni rispecchia sempre quella propria del bene og-

getto della prestazione principale.

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Le operazioni di vendita

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gistrazione in contabilità di dette operazioni corrisponde al momento di emissione del documento (fattura, parcella, nota) nei confronti del cliente da parte dell’im-presa fornitrice del servizio.

Analogamente alle vendite di beni, anche le vendite di servizi rappresentano ope-razioni generalmente soggette all’Imposta sul Valore Aggiunto. Pertanto, con riferi-mento alle prestazioni di servizi imponibili ai fini IVA, all’interno della fattura emessa dal prestatore del servizio trova rappresentazione anche l’importo corrispondente all’IVA che deve essere pagata al venditore dall’acquirente, con l’evidenziazione del-l’aliquota IVA applicata. Anche in questo caso, l’IVA incassata dal prestatore di ser-vizi non rappresenta per lo stesso un ricavo di esercizio, bensì un debito nei confronti dell’Erario. La variazione finanziaria negativa rappresentativa del debito nei confron-ti dell’Amministrazione Finanziaria è rilevata in contabilità con segno negativo in avere movimentando il conto “IVA a debito” oppure il conto “Erario c/IVA”.

Esempio 3

Il giorno 3 febbraio viene emessa una fattura nei confronti di un cliente per prestazioni di traspor-to per un importo pari a 6.000 € + IVA al 22%.

3 febbraio Dare Avere

Clienti 7.320

Trasporti su vendite 6.000

IVA a debito 1.320

Per quanto riguarda l’effettuazione di prestazioni di servizi esenti o non imponibi-li (prestazioni sanitarie, operazioni di credito e finanziamento, esportazioni e così via) valgono le stesse osservazioni effettuate in precedenza relativamente alle vendite di beni. Viene, infatti, movimentato in dare, e quindi con segno positivo, il conto “Clienti” rappresentante la variazione finanziaria positiva corrispondente al credito vantato nei confronti del cessionario la prestazione e, per lo stesso importo, deve es-sere registrata in avere la variazione economica positiva corrispondente alla presta-zione di servizi. Non sorge, conseguentemente, alcun debito IVA nei confronti del-l’Erario, e la fattura, che deve tuttavia essere ugualmente annotata nei Registri IVA, deve esplicitamente contenere l’articolo della norma in base alla quale la prestazione viene considerata esente o non imponibile ai fini dell’Imposta sul Valore Aggiunto.

Esempio 4

Il 13 settembre una clinica ospedaliera emette fattura per prestazioni medico-sanitarie effettuate nei confronti di un paziente per un valore pari a 3.500 €.

13 settembre Dare Avere

Clienti 3.500

Prestazioni sanitarie 3.500

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3. Rettifiche al valore delle vendite

Come già visto per gli acquisti, anche con riferimento alle vendite di beni o di servizi è possibile che si verifichino, nel corso dell’esercizio di riferimento, delle si-tuazioni in ragione delle quali si debba provvedere a rettificare, in tutto o in parte, operazioni di vendita effettuate in precedenza. Tali situazioni possono verificarsi, a mero titolo esemplificativo, nel caso di resi di merci difettose da parte del soggetto acquirente, oppure nel caso di abbuoni o premi concessi in considerazione dell’ef-fettuazione di un determinato quantitativo di vendite di prodotti finiti, oppure nel caso si siano precedentemente compiuti errori di fatturazione. È evidente che qua-lora si verifichino tali condizioni, si deve provvedere ad inserire in contabilità una variazione economica ed una variazione finanziaria, entrambe di segno opposto ri-spetto a quelle registrate al momento della contabilizzazione dell’operazione origi-naria di vendita.

La rettifica in tutto o in parte dell’operazione di vendita comporta, infatti, a li-vello economico, la riduzione dell’originaria variazione economica positiva rappre-sentata dal complessivo ricavo derivante dall’operazione di vendita. Pertanto, le rettifiche delle vendite devono essere contabilizzate in dare al fine di evidenziare il minor ricavo che si viene così a determinare in considerazione delle rettifiche del-l’operazione originaria. Analogamente alle rettifiche su acquisti, la registrazione contabile delle rettifiche delle operazioni di vendita, al fine di una corretta rappre-sentazione contabile, non deve avvenire nella sezione dare dei conti di ricavo che avevano accolto la variazione economica originaria, bensì in specifici conti deno-minati, ad esempio, “Resi su vendite”, “Sconti su vendite”, “Premi su vendite” e così via 9. Tali conti, vista la loro caratteristica, funzionano esclusivamente in dare e sono, per l’appunto, conti accesi a variazioni economiche negative. Contestualmen-te, deve essere rilevata anche la variazione finanziaria negativa, questa volta movi-mentando in avere la sezione opposta del conto “Clienti” acceso al momento della contabilizzazione dell’operazione originaria di vendita.

Con riferimento alle rettifiche su vendite imponibili ai fini IVA, contabilmente l’operazione deve essere registrata al momento dell’emissione da parte del vendito-re della cosiddetta “nota di credito”, ossia di quel documento mediante il quale, come già visto per gli acquisti, si dà rilievo al venire meno, in tutto o in parte, del credito nei confronti del soggetto acquirente e del ricavo conseguente alla vendita. All’interno dello stesso documento, si deve anche porre in evidenza il valore corri-spondente al credito IVA che si origina nei confronti dell’Erario, o meglio al minor debito IVA determinatosi in seguito alla vendita conseguentemente alla rettifica di tutta o parte dell’operazione stessa. Tale importo è registrato in dare, e quindi con

9 E ciò, come già evidenziato per gli acquisti, per rispettare l’esigenza normativa di garantire l’o-mogeneità di valori rappresentati all’interno dello stesso conto, al fine di fornire una base di dati più coerente ed omogenea per effettuare eventuali analisi extracontabili, ma anche perché i resi o gli scon-ti potrebbero essere riferiti a vendite compiute nell’esercizio precedente ed ormai “chiuse”, per cui ver-rebbe meno la necessaria correlazione al ricavo originario.

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segno positivo, movimentando il conto “IVA a credito” oppure il conto “Erario c/IVA”.

Esempio 5

Il 15 maggio si provvede ad emettere una nota di credito nei confronti di un cliente che ha riscon-trato parte di merce difettosa all’interno della precedente fornitura per un valore pari a 2.000 € + IVA 22%.

15 maggio Dare Avere

Resi su vendite 2.000

IVA a credito 440

Clienti 2.440

Gli sconti, abbuoni o premi concessi ai clienti potrebbero essere contemplati di-rettamente all’interno della fattura di vendita, oppure in un momento successivo utilizzando un documento a sé stante. Nel secondo caso, ossia nel caso di emissione successiva di una nota di credito per un valore pari al premio concesso (ad esem-pio, nelle frequenti situazioni di concessione di premi-quantità), si deve provvedere a contabilizzare l’operazione analogamente a quanto visto poco sopra.

Esempio 6

Il 27 febbraio viene emessa una nota di credito per un premio-quantità concesso ad un cliente per un valore pari a 1.000 € + IVA 22%.

27 febbraio Dare Avere

Premi su vendite 1.000

IVA a credito 220

Clienti 1.220

Nel primo caso, ossia qualora la variazione venga inserita direttamente all’in-terno della fattura della vendita originaria (tipicamente, nel caso di sconti incondi-zionati e nel caso di sconti per pagamenti immediati), si deve provvedere a contabi-lizzare, separatamente, il ricavo al lordo dell’abbuono o dello sconto concesso, l’evidenziazione dello sconto concesso, la variazione numeraria positiva corrispon-dente al credito netto risultante dalla operazione di vendita nonché l’importo del debito IVA calcolato sul valore della prestazione eseguita al netto del premio, del-l’abbuono o dello sconto.

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Esempio 7

La società Alfa S.p.A. vende prodotti finiti per un valore pari a 20.000 € + IVA 22% riconoscen-do contestualmente al cliente uno sconto del 10% sul valore della fornitura. La relativa fattura viene emessa in data 7 novembre.

7 novembre Dare Avere

Clienti 21.960

Sconti su vendite 2.000

Prodotti finiti c/vendite 20.000

IVA a debito 3.960

La rilevazione contabile delle rettifiche di operazioni di vendita originariamente non imponibili o esenti, deve essere effettuata movimentando esclusivamente il conto acceso ai valori economici e rappresentante il venir meno dei ricavi di vendi-ta e, per lo stesso importo, il venir meno di parte della variazione finanziaria positi-va evidenziata in precedenza, non determinandosi in tale situazione alcun credito IVA nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria 10.

Esempio 8

Il 9 settembre si concede uno sconto su prestazioni di vendita esenti da IVA per un valore pari a 800 €.

9 settembre Dare Avere

Sconti su vendite 800

Clienti 800

4. Vendite di immobilizzazioni

Un aspetto cui è necessario prestare particolare attenzione è quello che riguarda la vendita delle “immobilizzazioni”, ossia di quelle condizioni di produzione, mate-riali o immateriali, comuni a più esercizi in quanto destinate a non vedere esaurita la propria utilità nel corso di un solo esercizio. Problematica peculiare di tale fatti-

10 Analoga registrazione contabile a quella di seguito esposta dovrà essere effettuata nel caso di premi o abbuoni concessi a titolo gratuito senza che ciò determini nel cliente beneficiario alcun obbli-go di fare, non fare o permettere, così come per quei resi di merci corrispondenti ad una sostituzione gratuita dei beni invenduti o avariati, a condizione, tuttavia, che tali operazioni di rettifica risultino da apposite note di accompagnamento. La normativa IVA, infatti, consente la non imponibilità al tributo per tali tipologie di prestazioni.

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Le operazioni di vendita

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specie è data dal fatto che i fattori ad utilità pluriennale, quali appunto le immobi-lizzazioni materiali ed immateriali, sono acquistati, o prodotti internamente, al fine di essere impiegati all’interno dei processi produttivi svolti in più periodi ammini-strativi, per cui si rende necessario, al termine di ciascun periodo di utilizzo, de-terminare la quota del costo di tali fattori (detta quota di ammortamento), che si correla ai ricavi del solo periodo amministrativo considerato e, conseguentemente, “imputarla” all’esercizio 11.

Il problema che si pone, quindi, al momento della dismissione delle immobiliz-zazioni è che la variazione economica positiva rappresentata dal ricavo derivante dalla vendita del cespite non potrà essere determinata, nel caso di vendita a terzi, raffrontando il prezzo di vendita pattuito (al netto dell’IVA) ed il costo d’acquisto del bene in oggetto, bensì si dovrà confrontare il prezzo di vendita con il cosiddetto “valore netto contabile (VNC)” assunto dal bene stesso.

Come visto in precedenza 12, il valore netto contabile di un’immobilizzazione è dato dalla differenza tra il costo storico del bene ed il relativo valore del fondo di ammortamento, e rappresenta il supposto e congetturato valore connesso all’utilità che il bene è ancora in grado di fornire ai processi produttivi in atto.

La differenza tra il prezzo di vendita del bene immobilizzato ed il suo valore netto contabile, se positiva, rappresenta una variazione economica positiva, ossia un ricavo, ascrivibile alla categoria delle plusvalenze e, più in particolare, confluirà all’interno di un conto denominato “Plusvalenze da immobilizzazioni” o, più sem-plicemente, “Plusvalenze”. La stessa differenza, se negativa, qualora cioè il valore netto contabile dell’immobilizzazione sia di ammontare superiore al prezzo di ven-dita del medesimo, determina una minusvalenza, ossia un componente di reddito rappresentato da una variazione economica negativa. Tale valore trova rappresen-tazione all’interno di un conto denominato “Minusvalenze da immobilizzazioni” o, più semplicemente, “Minusvalenze”. Naturalmente, le operazioni di vendita, qua-lora imponibili, dovranno essere soggette all’Imposta sul Valore Aggiunto.

Esempio 9

La società Alfa S.r.l. vende, a un’azienda operante nello stesso settore, un macchinario, acquistato in precedenza ad un costo di 500.000 € e ammortizzato per un valore pari a 350.000 €, applicando un prezzo pari a 200.000 €. La fattura di vendita, comprensiva di IVA al 22%, viene emessa il giorno 15 maggio.

È inizialmente indispensabile determinare il Valore Netto Contabile del macchinario: Costo Storico (500.000) – Valore Fondo Ammortamento (350.000) = V.N.C. (150.000) Prezzo di vendita (200.000) – V.N.C. (150.000) = + 50.000 (Plusvalenza)

Contabilmente, così si dovrà operare:

11 Tramite il processo di ammortamento, quindi, viene consentito di rilevare contabilmente il consumo produttivo dei fattori pluriennali. Per una più approfondita trattazione del tema, si veda il Capitolo Settimo.

12 Si veda il precedente Capitolo Secondo, paragrafo 4.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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15 maggio Dare Avere

F.do Amm. Macchinari 350.000

Macchinari 350.000

15 maggio

Clienti 244.000

Macchinari 150.000

Plusvalenze 50.000

IVA a debito 44.000

La stessa operazione potrebbe essere registrata utilizzando una metodologia differente, la qua-le permette, tuttavia, di conseguire i medesimi risultati a livello di rappresentazione contabile. Dapprima si registra la fattura di vendita e, in un secondo momento, si determina la plusvalen-za “stornando” l’importo corrispondente al fondo di ammortamento, nonché l’eventuale valo-re residuo dell’immobilizzazione.

15 maggio Dare Avere

Clienti 244.000

Macchinari 200.000

IVA a debito 44.000

15 maggio

F.do Amm. Macchinari 350.000

Macchinari 300.000

Plusvalenze 50.000

Esempio 10

La società Gamma S.r.l., produttrice di mobili in legno, vende un’attrezzatura per la levigatura, acquistata ad un costo storico di 400.000 € ed ammortizzata per un valore pari a 100.000 €, appli-cando un prezzo pari a 140.000 €. La fattura di vendita, comprensiva di IVA al 22%, viene emes-sa il giorno 26 ottobre.

Si proceda inizialmente al calcolo del Valore Netto Contabile dell’attrezzatura: Costo Storico (400.000) – Valore Fondo Ammortamento (100.000) = V.N.C. (300.000) Prezzo di vendita (140.000) – V.N.C. (300.000) = – 160.000 (Minusvalenza) Contabilmente, si dovrà provvedere alla seguente registrazione:

26 ottobre Dare Avere

F.do Amm. Attrezzature 100.000

Attrezzature 100.000

26 ottobre

Clienti 170.800

Minusvalenze 160.000

(segue)

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Le operazioni di vendita

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Attrezzature 300.000

IVA a debito 30.800

Anche in tal caso, è possibile la rilevazione dell’operazione seguendo, con le opportune modi-fiche, la seconda metodologia illustrata nell’esempio precedente.

Nella pratica, è possibile assistere ad operazioni di permuta 13 di immobilizza-zioni fra aziende distinte che, così facendo, dismettono il bene produttivo plurien-nale in loro possesso scambiandolo con un altro fattore produttivo pluriennale. L’operazione si viene così a definire, in capo ad ogni singolo soggetto, come un du-plice scambio in cui alla vendita del proprio bene si accompagna l’acquisto del be-ne altrui ottenuto in permuta. Dati i caratteri peculiari di tale fattispecie contrattua-le, la normativa IVA impone l’emissione e lo scambio di fatture come si trattasse di due operazioni, una di acquisto ed una di vendita; al bene ottenuto in permuta può essere attribuito un valore pari, maggior o superiore a quello del bene dismesso.

Esempio 11

La società Omega S.p.A. in data 27 ottobre permuta un proprio macchinario (costo storico 50.000 € – f.do ammortamento 45.000 €) con un nuovo macchinario del valore di 90.000 €. Il fornitore concorda con Omega S.p.A. un valore di cessione del macchinario usato pari a 10.000 €. Le opera-zioni sono imponibili IVA applicando l'aliquota 22%. La differenza è conguagliata a mezzo banca dalla Omega S.p.A. in data 15 novembre.

Costo Storico (50.000) – Valore Fondo Ammortamento (45.000) = V.N.C. (5.000) Valore di permuta (10.000) – V.N.C. (5.000) = + 5.000 (Plusvalenza)

Contabilmente, si dovrà provvedere alla seguente registrazione:

27 ottobre Dare Avere

F.do Amm. Impianti 45.000 Clienti 12.200 Plusvalenze 5.000 Impianti 50.000 IVA a debito 2.200

27 ottobre

Macchinari 90.000 IVA a credito 19.800 Fornitori 109.800

15 novembre

Fornitori 12.200 Clienti 12.200

13 Il contratto di permuta è regolamentato dagli artt. 1552 e ss. c.c. In particolare, l’art. 1552 c.c. stabilisce che «la permuta è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro».

(segue)

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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15 novembre

Fornitori 97.600 Banca c/c 97.600

In tale caso specifico, si chiuderà il conto “Clienti” e rimarrà acceso il conto “Fornitori” in avere, rappresentante una variazione finanziaria negativa, per un valore netto pari a 97.600 € (109.800 – 12.200).

Nel caso in cui, in seguito alla vendita del cespite, si determinasse una minusvalenza, e quindi si avesse un valore di permuta inferiore al valore netto contabile, si dovrà procedere in modo analogo, provvedendo, tuttavia, a rilevare in dare il valore corrispondente alla minusvalenza.

In ogni caso, a livello contabile, analizzando la fattispecie come operazione di acquisto/vendita, si deve provvedere a registrare la vendita dell’immobilizzazione come se si trattasse di una normale dismissione, procedendo perciò a determinare il Valore Netto Contabile del cespite posseduto, la valutazione allo stesso attribuita, nonché la conseguente plus/minusvalenza. Successivamente, deve essere contabi-lizzata l’introduzione del nuovo fattore produttivo pluriennale in azienda come se si trattasse di un normale acquisto, determinando, infine, la posizione finanziaria netta, creditoria o debitoria, nei confronti del soggetto cliente/fornitore. Tale posi-zione finanziaria netta, a seconda degli accordi fra le parti contraenti, può essere “saldata” mediante un ulteriore versamento od incasso di denaro. Qualora, inoltre, al fattore pluriennale ceduto fosse attribuito lo stesso valore del bene acquistato in permuta, la posizione finanziaria netta sarebbe necessariamente pari a zero. La du-plice fatturazione è relativa a due normali operazioni di acquisto e di vendita di be-ni ad utilizzo pluriennale e, come tali, qualora imponibili, soggette all’applicazione dell’IVA.

La dismissione di una immobilizzazione dal processo produttivo può avvenire, infine, anche in seguito a demolizione o rimozione della stessa, e tale fattispecie de-ve esser rilevata al fine di evidenziare la fuoriuscita del bene dall’azienda. In tali ca-si, contabilmente ci si deve comportare in modo differente a seconda che il bene in oggetto sia stato o meno completamente ammortizzato. Nel caso il bene sia stato interamente ammortizzato, si devono semplicemente “stornare” i due conti relativi l’uno al bene in oggetto e l’altro al relativo fondo di ammortamento, iscrivendo nel-la sezione opposta, rispettivamente in avere ed in dare, il medesimo valore a cui erano accesi. Per quanto riguarda i beni ammortizzati solo in parte, si deve attua-re lo stesso procedimento descritto poco sopra, avendo cura di iscrivere quale componente economico negativo la differenza tra il valore del bene ed il relativo fondo di ammortamento. La variazione economica negativa, rappresentativa della perdita di un bene che aveva per l’impresa ancora un valore non ancora ammor-tizzato, deve essere registrata in dare all’interno di un conto denominato “So-pravvenienze passive”.

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Le operazioni di vendita

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5. Vendite sui mercati esteri

Le operazioni di vendita, finora illustrate con riferimento alla loro realizzazione all’interno degli ambiti nazionali, è possibile vengano effettuate anche su mercati esteri. Così come per gli acquisti, anche per le vendite è opportuno tenere distinte le operazioni di vendita cosiddette “extracomunitarie” (dette più propriamente “e-sportazioni”), ossia quelle che avvengono con soggetti residenti in Paesi non ade-renti all’Unione Europea, dalle vendite cosiddette “intracomunitarie”, ossia quelle che sono effettuate nei confronti di soggetti aderenti alla UE.

Con riferimento a quest’ultime, il regime definitivo applicabile stabilisce che tali operazioni di vendita dovranno essere considerate imponibili nel Paese del vendi-tore. Pertanto, una vendita realizzata da un operatore italiano nei confronti di un acquirente intracomunitario sarà soggetta ad imposta in Italia come una normale vendita in territorio nazionale.

In attesa dell’applicazione del regime definitivo, durante il periodo transitorio le operazioni di vendita intracomunitarie sono da considerarsi non imponibili ai fini IVA nel territorio del cedente e, pertanto, si deve rilevare in contabilità in dare il sorgere del credito nei confronti del cliente estero ed in avere la variazione econo-mica positiva rappresentata dal ricavo di vendita, per lo stesso importo.

Esempio 12

Il giorno 4 marzo la società Alfa S.p.A. effettua una vendita intracomunitaria di prodotti finiti ad un cliente belga per un valore pari a 25.000 €.

4 marzo Dare Avere

Clienti intracomunitari 25.000

Prodotti finiti c/vendite 25.000

Le esportazioni sono considerate vendite non imponibili nel Paese del cedente, per cui le relative fatture non conterranno l’IVA e non si determina, conseguente-mente, alcuna posizione debitoria nei confronti dell’Erario. Pertanto, bisogna provvedere a registrare in avere la variazione economica positiva connessa al ricavo di vendita 14, ed in dare la variazione finanziaria positiva relativa al credito di rego-lamento determinatosi, accendendo il conto “Clienti esteri” o “Crediti vs clienti esteri” (valore numerario presunto).

14 Al riguardo, è possibile che si provveda inoltre ad accendere conti appositamente denomina-ti anche con riferimento alle variazioni di natura economica, come, ad esempio, il conto “Ricavi esteri”.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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Esempio 13

La società Delta S.r.l. effettua il 24 novembre una vendita di prodotti finiti, con emissione della relativa fattura, ad un cliente statunitense per un valore pari a 30.000 $, con cambio del giorno 1 $ = 0,85 €.

24 novembre Dare Avere

Clienti esteri 25.500

Prodotti finiti c/vendite 25.500

Differenza significativa fra le due distinte tipologie di vendite, “intracomunitarie” ed “extracomunitarie”, è rappresentata dal fatto che le esportazioni possono essere regolate nella moneta propria dell’operatore estero 15, mentre le vendite intracomuni-tarie (con esclusione di quelle effettuate verso Bulgaria, Croazia, Danimarca, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Svezia e Ungheria per le quali valgono le considerazioni in precedenza effettuate), sono regolate attraverso la nostra moneta legale, l’Euro, impedendo l’eventuale realizzarsi di utili o perdite su cambi all’atto dell’incasso.

6. Modalità di regolamento delle vendite

Analogamente a quanto visto per gli acquisti, anche le operazioni di vendita de-terminano l’esigenza di dover provvedere ad una duplice registrazione contabile, una al momento del determinarsi del credito di regolamento nei confronti del cliente, na-zionale o estero, ossia al momento dell’emissione della fattura di vendita, ed una se-conda al momento dell’effettivo incasso dell’importo pattuito, le cui forme possono essere le più svariate. L’operazione di incasso rappresenta una “permutazione finan-ziaria” che trova corretta rappresentazione contabile rilevando in avere la chiusura del conto “Clienti” o “Clienti esteri”, in modo tale da rilevare l’ottenuto incasso del credito precedentemente vantato nei confronti dei clienti, e, contemporaneamente, il movimentarsi in dare di un conto acceso alla forma di pagamento effettuata nei con-fronti del venditore e determinante, perciò, una variazione finanziaria positiva.

Esempio 14

Il giorno 3 dicembre la società Lambda S.p.A. riceve il pagamento di una precedente fornitura di merce nazionale per un valore pari a 900 €.

3 dicembre Dare Avere

Cassa 900

Clienti 900

15 Solitamente, per la riscossione di tali crediti è necessario l’intervento di una banca nazionale, corri-spondente di una banca estera.

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Le operazioni di vendita

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Tipico mezzo di pagamento, di natura immediata, che a dire il vero nell’economia moderna sta vedendo scemare sempre più la propria importanza ed utilizzazione, è il pagamento in denaro contante 16. Contabilmente, al momento dell’incasso, come con-tropartita dell’estinguersi del credito commerciale, la variazione finanziaria positiva deve trovare rappresentazione movimentando in dare il conto “Cassa”.

La modalità tecnica di pagamento maggiormente adottata è l’accredito in conto corrente bancario mediante l’incasso di assegni sul c/c, giroconti e bonifici bancari. La scrittura contabile da effettuare è analoga a quella analizzata per l’incasso in con-tanti; in particolare, al fine di evidenziare la variazione finanziaria positiva, si deve provvedere a movimentare in dare il conto “Banca c/c”, eventualmente specificando il nome degli istituti di credito attraverso cui si è provveduto al relativo incasso.

Esempio 15

In data 8 giugno si verifica l’incasso tramite bonifico sul c/c bancario di una fattura relativa alla vendita di prodotti finiti pari a € 140.000.

8 giugno Dare Avere

Banca c/c 140.000

Clienti 140.000

Accanto a tali mezzi di pagamento, sussistono ulteriori forme di regolamento “dif-ferite” rispetto al momento relativo all’invio dei beni o all’emissione della fattura di vendita. Tali forme di regolamento corrispondono all’emissione di ricevute bancarie o di effetti (o titoli di credito o cambiali), per i quali è indicata la data entro cui il cliente dovrà provvedere ad effettuare il pagamento della somma dovuta. Le ricevute banca-rie, le quali non hanno natura esecutiva, non determinano la trasformazione dello “status” del credito in essere e, non comportando alcun rafforzamento della posizione creditoria vantata, non necessitano di alcuna registrazione contabile ulteriore 17.

Per quanto riguarda, invece, l’emissione di effetti (nella forma di cambiale tratta o pagherò), il credito vantato nei confronti del cliente assume natura esecutiva, os-sia permette, in caso di suo successivo inadempimento, di porre in essere azioni di recupero, oltre che determinarne la possibile negoziabilità. L’esecutività del titolo è consentita e garantita dal pagamento di spese per bolli al momento dell’emissione dell’effetto; tali spese sono incorporate nello stesso, e solitamente vengono poi riaddebitate al cliente non concorrendo in ogni caso a formare base imponibile ai

16 Come già evidenziato all’interno del precedente Capitolo, si rammenta che, al fine di poter con-trollare elettronicamente tramite i movimenti bancari le transazioni finanziarie, con l’obiettivo di com-battere l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro, la Legge di Stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208), aveva stabilito la limitazione all’uso del contante e dei titoli al portatore per negoziazioni di importo superiore a 3.000 €. La Legge n. 160/2019 (Legge di Bilancio 2020) ha modificato tale limite, quantificandolo in euro 2.000.

17 Per un maggior approfondimento si veda il Capitolo Quinto.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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fini IVA. A livello contabile, si deve provvedere ad evidenziare il nuovo “status” assunto dal credito vantato nei confronti del cliente, e ciò è possibile “stornando” in avere il conto “Clienti” per il valore del credito stesso e, contemporaneamente, accendendo in dare, per pari importo, un conto denominato “Effetti attivi” rappre-sentante la variazione finanziaria positiva corrispondente alla nuova posizione cre-ditoria. Tale importo può essere maggiorato dell’importo delle spese di bollo al fine di riaddebitarle al cliente. La variazione economica positiva, rappresentante il valo-re delle spese che dovranno essere rimborsate, movimenta in avere il conto deno-minato “Recupero spese di bollo”.

Esempio 16

Il giorno 8 marzo la società Omega S.r.l. provvede ad emettere un effetto nei confronti di un cliente per un valore pari a 30.000 €, maggiorato delle spese di emissione dell’effetto addebitate al cliente per un valore pari ad € 120.

8 marzo Dare Avere

Effetti attivi 30.120

Clienti 30.000

Recupero spese di bollo 120

Si passi ora ad esaminare il caso di incasso anticipato, totale o parziale, delle somme dovute dalla controparte in seguito ad una prestazione di vendita. Come già analizzato per gli acquisti, anche per le vendite, ai fini di una corretta rilevazione contabile, si deve avere come riferimento ciò che è stabilito dalla normativa IVA, la quale, per le vendite, stabilisce che l’operazione si debba considerare effettuata, li-mitatamente all’importo fatturato o incassato, alla data della fattura o a quella dell’incasso. Immediata conseguenza di ciò è che la fattura emessa o l’incasso otte-nuto in via anticipata, naturalmente nel caso di cessioni di beni o di prestazioni ser-vizi soggetti ad Imposta sul Valore Aggiunto, saranno comprensivi dell’IVA calco-lata sull’importo corrispondente all’anticipo. Quando il bene sarà definitivamente consegnato o il servizio reso e verrà emessa la fattura definitiva, la base imponibile ai fini IVA sarà costituita dal valore complessivo del bene o del servizio, al netto dell’anticipo (con esclusione, evidentemente, dell’IVA) effettuato in precedenza. Contabilmente, quindi, l’operazione complessivamente intesa è suddivisa in più fasi successive. Al momento dell’emissione della fattura relativa all’anticipo ricevuto dal cliente, si deve provvedere ad evidenziare il sorgere del credito, con successivo in-casso, nei confronti dell’acquirente. Contemporaneamente, se si tratta di operazio-ne soggetta ad IVA, si determina il sorgere della variazione finanziaria negativa nei confronti dell’Erario per l’IVA incassata dal cliente, calcolata sul valore netto dell’anticipo. Infine, si deve provvedere a registrare la variazione finanziaria negati-va nei confronti del cliente, in quanto l’anticipo dallo stesso fornito non ha ancora avuto come contropartita la consegna dei beni o l’effettuazione dei servizi pattuiti, e per questo l’acquirente rimane ancora soggetto al rischio di inadempimento da

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Le operazioni di vendita

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parte del venditore, il quale fino al momento dell’emissione della fattura testimo-niante l’effettiva consegna o l’effettuazione del servizio rimarrà debitore per tale importo nei confronti del cliente. Tale importo può essere contabilizzato all’interno di un conto denominato “Clienti c/anticipi”. Da ultimo si contabilizza la fattura delle prestazioni, calcolando, come detto, l’IVA per differenza, e provvedendo a stornare, inoltre, il debito nei confronti del cliente, e ciò adottando alternativamen-te una delle due possibili modalità differenti di contabilizzazione sotto evidenziate.

Esempio 17

La società Gamma S.r.l. stipula un contratto di vendita di materie prime per complessivi 40.000 € + IVA 22%. Il contratto prevede il pagamento di un anticipo pari al 30% della fornitura. In data 26 aprile Gamma S.r.l. emette la fattura per l’anticipo, incassata il 30 aprile successivo. La fornitura viene fatturata in data 15 giugno ed il pagamento immediato avviene a mezzo accredito bancario.

26 aprile Dare Avere

Clienti 14.640

Clienti c/anticipi 12.000

IVA a debito 2.640

30 aprile

Banca c/c 14.640

Clienti 14.640

1a metodologia

15 giugno

Clienti 46.160

Materie prime c/vendite 40.000

IVA a debito ([40.000 – 12.000] 22%) 6.160

15 giugno

Clienti c/anticipi 12.000

Banca c/c 34.160

Clienti 46.160

2a metodologia

15 giugno

Clienti 34.160

Clienti c/anticipi 12.000

Materie prime c/vendite 40.000

IVA a debito ([40.000 – 12.000] 22%) 6.160

15 giugno

Banca c/c 34.160

Clienti 34.160

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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Ulteriore aspetto da tenere in considerazione riguarda la modalità di contabiliz-zazione degli incassi di somme provenienti da clienti esteri espressi in valuta diversa dall’Euro. Qualora, infatti, venga contrattualmente stabilito che l’importo da incas-sare dovrà essere regolarizzato nella moneta del Paese del soggetto acquirente, al momento dell’incasso si possono verificare delle differenze di cambio, positive o negative, in capo al venditore. Infatti, come già visto per gli acquisti, è molto pro-babile che il cambio utilizzato al momento della rilevazione contabile della cessione (cambio storico o provvisorio) si discosti dal cambio utilizzato per la contabilizza-zione dell’incasso, originando per la società venditrice una variazione economica positiva in caso di deprezzamento dell’Euro ovvero negativa in caso di apprezza-mento. I conti “Utili su cambi” o “Perdite su cambi” rilevano questi valori movi-mentandosi contestualmente all’incasso ed allo storno del relativo credito.

Esempio 18

Una cessione di prodotti finiti operata negli Stati Uniti dalla società Delta S.p.A. per un valore complessivo di 100.000 $, al cambio storico di 1 $ = 0,85 €, viene incassata per il 40% in data 13 gennaio al cambio di 1 $ = 0,80 € e per il rimanente in data 18 febbraio al cambio di 1 $ = 0,90 €. I regolamenti avvengono tramite banca.

13 gennaio Dare Avere

Banca c/c (40.000 $ a 1 $ = 0,80 €) 32.000

Perdite su cambi 2.000

Clienti esteri (40.000 $ a 1 $ = 0,85 €) 34.000

18 febbraio

Banca c/c (60.000 $ a 1 $ = 0,90 €) 54.000

Clienti esteri (60.000 $ a 1 $ = 0,85 €) 51.000

Utili su cambi 3.000

7. La liquidazione periodica dell’IVA

Periodicamente, nel corso dell’esercizio, società, lavoratori autonomi ed imprese individuali devono provvedere a determinare la propria posizione netta nei con-fronti dell’Amministrazione Finanziaria con riferimento all’Imposta sul Valore Ag-giunto. La differente periodicità, mensile o trimestrale, di liquidazione della pro-pria posizione nei confronti dell’Erario è definita in base a limiti di fatturato ed alla possibilità di ricorrere o meno ad opzioni in merito al regime da adottare 18.

18 I contribuenti hanno in via generale l’obbligo di liquidare mensilmente la propria posizione IVA

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Le operazioni di vendita

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Sostanzialmente, si tratta di determinare la posizione netta, debitoria o credito-ria, nei confronti dell’Erario derivante dalla contrapposizione e, quindi, dal saldo, dei valori registrati al momento di effettuazione dell’operazione nel corso del pe-riodo all’interno dei conti “IVA a credito” per gli acquisti ed “IVA a debito” per le vendite 19. Si avrà una posizione creditoria netta qualora i crediti per IVA superino i debiti per il medesimo tributo, mentre si sarà debitori nei confronti dell’Ammini-strazione Finanziaria qualora i debiti per IVA superino i crediti per lo stesso tribu-to. Alla fine del periodo in oggetto, si dovrà, quindi, provvedere a chiudere i conti accesi ai crediti ed ai debiti per IVA movimentando, rispettivamente, in dare ed in avere un conto denominato “Erario c/IVA”, operando due operazioni di permuta-zione finanziaria e determinando conseguentemente variazioni finanziarie rispetti-vamente positive e negative 20. Il saldo finale del conto così acceso mostrerà la posi-zione netta nei confronti dell’Erario 21.

Nel caso di posizione debitoria, l’impresa dovrà versare, entro il giorno 16 del mese successivo (se si tratta di contribuente mensile) o entro il giorno 16 del se-condo mese successivo al trimestre di riferimento (se si tratta di contribuente tri- nei confronti dell’Erario, come già visto in precedenza nel Capitolo Primo. È tuttavia concessa la pos-sibilità a quei soggetti che l’anno precedente non hanno superato i limiti di € 400.000,00 di fatturato per le imprese che prestano servizi e di € 700.000 per le altre imprese di optare per la liquidazione ed il versamento trimestrale dell’IVA, aumentando l’importo dovuto dell’1% a titolo di interessi.

19 A tale riguardo, pare opportuno precisare che l’art. 32-bis del D.L. n. 83/2012 ha introdotto nel nostro ordinamento il cosiddetto “regime IVA per cassa”, il quale consente all’imprenditore o al lavo-ratore autonomo di posticipare il versamento dell’imposta sulle cessioni di beni e le prestazioni di ser-vizi, dal momento di effettuazione dell’operazione a quello dell’incasso. Allo stesso modo, il diritto a detrarre l’IVA sui beni e sui servizi acquistati nasce al momento del pagamento dei corrispettivi ai forni-tori. L’imposta diventa comunque esigibile dopo un anno dall’effettuazione dell’operazione, a meno che, prima del decorso di questo termine, il cessionario o committente sia stato assoggettato a proce-dure concorsuali. Allo stesso modo l’IVA sugli acquisti può essere detratta trascorso un anno dal mo-mento in cui l’operazione si considera effettuata. A tale regime possono aderire, relativamente alle ope-razioni effettuate a partire dal 1° dicembre 2012, tutti coloro che operano nell’esercizio di impresa, arti o professioni e che abbiano realizzato nell’anno precedente (o, nel caso di avvio dell’attività, prevedono di realizzare) un volume d’affari non superiore a due milioni di euro.

20 La disciplina della detrazione IVA sulle fatture è stata interessata da una significativa novità in-trodotta con il D.L. n. 50/2017 che, lasciando invariato il presupposto alla base della nascita del dirit-to alla detrazione, ha ridotto il termine entro il quale è possibile esercitare il diritto. La scadenza è quindi fissata, al più tardi, a quella per la presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto.

21 È opportuno rilevare come la Legge di Stabilità 2015 (Legge n. 190/2014) abbia introdotto un nuovo regime IVA denominato “split payment” da utilizzarsi a partire dal 1° gennaio 2015 in caso di cessioni di beni o prestazioni di servizi, da parte di imprese, nei confronti di enti pubblici. Con il re-gime dello “split payment”, il prestatore o cedente emette fattura con l’annotazione “scissione dei pa-gamenti” nelle modalità ordinarie, quindi con la rivalsa dell’IVA; quest’ultima, tuttavia, non verrà in-cassata dal fornitore bensì versata direttamente dall'ente pubblico. In sede di registrazione della fattu-ra, dunque, l’IVA verrà annotata nel registro IVA vendite, ma non ricadrà nella liquidazione periodi-ca. Lo storno dell’IVA può essere effettuato con una scrittura successiva alla registrazione della fattu-ra, oppure con un’apposita scrittura che indichi, contestualmente alla registrazione della fattura, l’ammontare dell’IVA sia in dare sia in avere.

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mestrale), l’importo dell’IVA dovuta. Nel caso di posizione creditoria, nulla sarà dovuto ed il credito vantato nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria potrà essere riportato al periodo successivo per compensare eventuali futuri versamenti dovuti.

Esempio 19

Si determini la posizione netta nei confronti dell’Erario da parte dell’azienda Omega S.r.l., la qua-le nel mese di giugno vantava un credito IVA pari a 1.700 € e un debito IVA pari a 2.200 € e si provveda all’eventuale versamento tramite banca dell’Imposta sul Valore Aggiunto dovuta a saldo entro il giorno 16 del mese successivo.

30 giugno Dare Avere

Erario c/IVA 1.700

IVA a credito 1.700

30 giugno

IVA a debito 2.200

Erario c/IVA 2.200

1.700

Erario c/IVA

2.200

500

16 luglio

Erario c/IVA 500

Banca c/c 500

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Le operazioni di vendita

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8. Esercizi

Esercizio 1

In data 13 ottobre la società Gamma S.p.A. vende prodotti finiti alla Beta S.r.l. per un importo complessivo di 15.000 € + IVA 22%.

Il regolamento del credito è previsto a mezzo banca, 60 giorni data fattura. In data 15 novembre la Beta S.r.l. a seguito di differenze quantitative riscontrate

sulla fornitura, provvede ad inviare un reso di prodotti per un importo di € 3.000 + IVA 22%.

In data 20 novembre la Beta S.r.l. provvede a pagare tramite bonifico bancario il saldo a suo debito nei confronti della Gamma S.p.A., e quest’ultima le concede uno sconto del 2% sull’importo da pagare, per anticipato regolamento.

Si provveda a rilevare le operazioni in partita doppia relative alla società Gam-ma S.p.A.

Soluzione

13 ottobre Dare Avere

Clienti 18.300

Prodotti finiti c/vendite 15.000

IVA a debito 3.300

15 novembre

Resi su vendite 3.000

IVA a credito 660

Clienti 3.660

20 novembre

Banca c/c 14.347

Sconti su vendite 293

Clienti 14.640

Esercizio 2

La società Lambda S.r.l. riceve in data 15 marzo un anticipo di 6.000 € + IVA 22% relativamente ad una fattura di materie prime di 20.000 €, da consegnare tra-mite spedizioniere. Contestualmente al ricevimento dell’anticipo, la Lambda S.r.l. emette fattura per l’importo complessivo dell’anticipo stesso.

La fattura della fornitura viene emessa in data 15 aprile ed il pagamento viene effettuato tramite bonifico bancario per metà dell’importo dovuto, mentre per l’al-tra metà alla stessa data si provvede ad emettere un effetto attivo a 60 giorni, mag-

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giorato di spese di bollo pari a 20 €. Il pagamento dell’effetto avviene tramite boni-fico bancario il 27 maggio successivo. Il 3 giugno viene effettuata una consulenza sul trattamento del materiale consegnato ottenendo il corrispettivo di 1.000 € mag-giorato di IVA al 22%.

Si redigano le scritture in partita doppia delle operazioni sopra elencate.

Esercizio 3

Si provveda a rilevare contabilmente le seguenti operazioni. Durante un’operazione di ristrutturazione aziendale, la società Omega S.p.A.

deve dismettere alcuni suoi macchinari ormai obsoleti. Il 24 settembre vende un immobile acquistato a 50.000 € ed ammortizzato per 30.000 al prezzo di 15.000 € + IVA al 22%.

Il giorno 5 ottobre provvede a permutare un proprio macchinario acquistato per 70.000 € ed ammortizzato per 42.000 € con un altro macchinario valutato 30.000 €. Le operazioni sono imponibili applicando l’aliquota del 22%. La posizione netta viene saldata in data 20 ottobre a mezzo banca.

Esercizio 4

La Alfa S.p.A. conclude in data 15 giugno un contratto di vendita di lubrificanti per un valore pari a 7.000 € + IVA 22% con emissione della relativa fattura due giorni dopo e consegna della merce entro la fine di luglio. Viene stabilito che il pa-gamento avverrà per metà a mezzo banca al momento del ricevimento della fattura, con uno sconto del 3%, e la parte rimanente mediante un effetto a 60 giorni, con recupero di spese di bollo per € 30.

Il 27 giugno viene effettuata una vendita di gasolio nei confronti di un acquiren-te americano per un valore pari a 40.000 $ con cambio pari a 0,9 € ogni $. Il rego-lamento dello scambio avviene mediante bonifico bancario in data 29 giugno con cambio €/$ pari a 0,8.

In data 30 giugno, mediante nota di credito vengono rese merci plastiche relati-ve ad una precedente fornitura per un valore pari a 2.000 € + IVA 22%. Nella stes-sa data si effettua una vendita di contenitori di plastica in favore di popolazioni colpite da calamità naturali per un valore pari a 5.000 €.

Si provveda a rilevare le operazioni in partita doppia, liquidando la posizione IVA del mese di giugno ed effettuando l’eventuale versamento nei termini di legge.

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Capitolo Quarto

La remunerazione del lavoro dipendente

1. Il rapporto di lavoro dipendente

L’impresa usufruisce del fattore lavoro sotto varie forme, che possono essere sommariamente ricondotte sia allo svolgimento di compiti manuali, sia a prestazio-ni intellettuali di vario genere. In questo capitolo si pone l’attenzione sulle presta-zioni derivanti da contratti di lavoro dipendente ben sapendo che l’impresa ha la possibilità di acquisire da terze economie il fattore lavoro (inteso in senso lato e non meramente operativo) attraverso varie forme che si estrinsecano, ad esempio, in contratti di collaborazione occasionale piuttosto che mediante altre forme con-trattuali stipulate con professionisti.

Limitandoci all’analisi dei contratti di lavoro subordinato, essi sono regolati nel libro quinto del Codice Civile, agli artt. 2094 1 e ss., e da alcune leggi speciali. Tra le fonti che regolamentano in concreto i rapporti di lavoro particolare rilievo va at-tribuito ai contratti collettivi di lavoro i quali, seppur subordinati alla legge, hanno con la stessa un rapporto essenzialmente funzionale, disciplinando dettagliatamente gli aspetti economici, i diritti e i doveri delle parti, le condizioni di svolgimento del lavoro e i tempi di rinnovo degli accordi, relativamente a determinati settori eco-nomici di appartenenza dei lavoratori. Oltre ai contratti collettivi nazionali, posso-no esistere accordi aziendali stipulati fra la generalità dei prestatori di lavoro attivi all’interno dell’impresa, rappresentati dall’organo sindacale, e il datore di lavoro. Detti contratti, tuttavia, sono validi solo se ed in quanto contengano condizioni più favorevoli e vantaggiose per i lavoratori dipendenti rispetto ai contratti collettivi nazionali; in caso contrario, si applicano questi ultimi (principio dell’inderogabilità in peius dei minimi garantiti per legge).

Il complesso rapporto che si instaura fra datore di lavoro e lavoratore subordi-nato origina una serie di rilevazioni contabili elementari e complesse. Le rilevazioni elementari, qualitative e quantitative, sono effettuate su apposito registro, il libro unico del lavoro 2.

1 L’art. 2094 c.c. recita: «È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore».

2 Il libro unico del lavoro ha sostituito i libri paga e matricola e gli altri libri obbligatori dell'im-

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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I flussi informativi provenienti da queste scritture elementari pervengono al si-stema di contabilità generale che, rielaborando i dati e investigando l’aspetto eco-nomico e finanziario delle operazioni, compone le scritture in partita doppia.

È evidente che la composizione della scrittura contabile non può prescindere dalla valorizzazione quantitativa della prestazione resa e dall’indagine sugli aspetti finanziari ed economici interessati. La valorizzazione quantitativa della prestazione, di cui si dirà più approfonditamente in una fase successiva, consiste nella determi-nazione del valore (espresso in termini monetari) da attribuire alla prestazione di lavoro subordinato resa, la quale costituisce la remunerazione spettante al lavorato-re dipendente; detta remunerazione può essere calcolata in tre modi principali:

a) a tempo, la retribuzione è commisurata al tempo di prestazione del servizio; b) a cottimo, la remunerazione del lavoro è funzione del raggiungimento di un

predeterminato risultato produttivo; c) a premio, il salario si compone di due parti: la prima determinata da una re-

munerazione fissa calcolata in base a parametri stabiliti contrattualmente e la se-conda costituita da una maggiorazione (premio) ragguagliata al rendimento effetti-vo del lavoratore dipendente.

Inoltre, indipendentemente dalla modalità di determinazione della retribuzione, la logica di osservazione dei fatti amministrativi di gestione permette di apprezzare un flusso finanziario in uscita dall’impresa, determinato dalla somma di denaro che fuoriesce (immediatamente o in via posticipata) dalla disponibilità dell’impresa per entrare nell’ambito patrimoniale del dipendente (aspetto finanziario) e un flusso economico, di eguale importo, costituito dall’incremento di risorse produttive a di-sposizione dell’impresa (aspetto economico).

La dinamica del rapporto fra datore di lavoro e lavoratore dipendente si com-plica per effetto di alcuni adempimenti fiscali e contributivi obbligatori per legge. L’impresa, infatti, al momento del pagamento della retribuzione, deve, in primo luogo, operare una ritenuta d’acconto, ovverosia trattenere parte dello stipendio a titolo di imposta che il lavoratore subordinato deve allo Stato sui redditi di lavoro percepiti, e versarla direttamente nelle casse dell’Erario. Oltre a ciò, il datore di la-voro deve effettuare ulteriori versamenti nelle casse di enti previdenziali ed assi-stenziali al fine di costituire e garantire alla generalità dei dipendenti una copertura pensionistica e assistenziale. Parte di queste somme sono a carico dell’impresa e parte a carico dei dipendenti, i quali si vedranno ulteriormente decurtare il salario netto per effetto di queste trattenute. Questo sistema di riscossione dei tributi e dei contributi genera la distinzione fra retribuzione lorda (emolumenti previsti in sede contrattuale) e retribuzione netta (quantità di denaro percepita dal dipendente).

La struttura del costo del lavoro, ai fini della composizione delle scritture con-tabili, è analizzata nei successivi paragrafi ponendo particolare riguardo ai seguenti principali elementi: presa. Esso è stato istituito con gli artt. 39 e 40 del D.L. n. 112/2008 (convertito con Legge 6 agosto 2008, n. 133) ed entrato in vigore il 16 febbraio 2009.

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La remunerazione del lavoro dipendente

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a) retribuzione lorda; b) oneri sociali e assicurativi; c) trattamento di fine rapporto.

A ciascuno di questi elementi, costituenti il “costo del lavoro”, è associabile una fase di liquidazione ed una fase di regolamento. La fase liquidatoria si caratterizza per la determinazione dei valori e per il costituirsi di relative posizioni debitorie o creditorie dell’impresa nei confronti dei dipendenti e dei vari enti previdenziali e assistenziali; la fase di regolamento si caratterizza, invece, per l’effettivo esborso monetario necessario alla copertura dei debiti sorti nella fase precedente.

L’intervallo di tempo che intercorre fra la fase di liquidazione e la fase di paga-mento può essere variabile in funzione dell’elemento costituente il costo del lavoro che si sta indagando; infatti, mentre per la retribuzione e gli oneri sociali intercor-rono solitamente pochi giorni, così può non essere per il trattamento di fine rap-porto che, nonostante maturi in ogni esercizio, viene erogato, generalmente, al momento in cui si interrompe il contratto di lavoro dipendente in essere e, pertan-to, l’intervallo temporale può essere di vari anni.

2. La struttura del costo del lavoro

Facendo riferimento unicamente alla fase di liquidazione della remunerazione del lavoro dipendente, si espongono separatamente le dinamiche di determinazione e la logica di composizione delle scritture contabili relative ad ogni componente la struttura del costo del lavoro.

2.1. La retribuzione lorda

La retribuzione viene liquidata generalmente con periodicità mensile ed il calco-lo avviene con riferimento ad ogni singolo dipendente. La valorizzazione prende in considerazione una serie di elementi così riepilogabili:

a) paga base; b) indennità di contingenza: rappresenta il meccanismo previsto dal Legislatore

per adeguare gli stipendi alla variazione dell’indice ISTAT del costo della vita; c) scatti di anzianità; d) superminimi: rappresentano incentivi previsti personalmente per determinati

dipendenti; e) somme riconosciute in base a disposizioni contrattuali o per legge: ci si riferi-

sce a componenti che non sono direttamente correlati a prestazioni lavorative, ma che sono espressamente previsti dalla legge o dai contratti collettivi nazionali di ca-tegoria. Un esempio può essere rappresentato dalle mensilità aggiuntive quali la co-siddetta tredicesima o quattordicesima.

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Durante questa fase l’ufficio del personale provvede, inoltre, a liquidare even-tuali assegni familiari che costituiscono una integrazione allo stipendio spettante ai dipendenti in funzione della composizione del loro nucleo familiare. Questo ele-mento viene erogato dal datore di lavoro per conto dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale; pertanto, non si traduce in un aggravio di costo ma, bensì, in un credito dell’impresa nei confronti dell’ente stesso. Sempre in questa fase vengo-no effettuate le ritenute fiscali e previdenziali che il datore di lavoro è obbligato ad operare sulla retribuzione lorda, nonché successivamente a versare agli enti compe-tenti.

Mediante l’utilizzo di esempi si passa ad osservare la composizione delle scrittu-re contabili relative a questa fase.

Esempio 1

Il 31 gennaio la Gamma S.p.A. provvede a liquidare le retribuzioni lorde del mese di gennaio per complessivi € 20.000; assegni familiari per € 300; ritenute previdenziali a carico dei dipendenti per € 2.100

31 gennaio Dare Avere

Salari e stipendi 20.000

Dipendenti c/retribuzione 20.000

Come già accennato in precedenza la rilevazione contabile rappresentata si rife-risce alle retribuzioni “lorde” in quanto il valore associato alla registrazione non è decurtato delle ritenute che l’impresa dovrà effettuare successivamente.

Il metodo della partita doppia ci consente di osservare l’operazione sotto due punti di vista differenti: il primo finanziario, a cui sono ricollegabili variazioni nelle disponibilità di moneta o variazioni nel sistema dei debiti e dei crediti; il se-condo economico che tende a misurare le variazioni dei fattori produttivi impie-gati.

I valori scaturenti dall’operazione in questione (€ 20.000 – retribuzioni lorde) vengono associati, quindi, sia all’aspetto finanziario che economico. La rilevazione di questi valori avviene mediante l’utilizzo di conti che specificatamente sono de-stinati ad osservare o valori finanziari (“Dipendenti c/retribuzione”) o valori eco-nomici (“Salari e stipendi”). In base alle regole di funzionamento dei conti è possi-bile determinare che il conto “Dipendenti c/retribuzione” rileva nella sezione avere le variazioni finanziarie negative, quali sono gli incrementi dei debiti, mentre il con-to “Salari e stipendi” rileva nella sezione dare la variazione economica negativa (co-sto), generata dall’acquisizione del fattore lavoro realizzata nel periodo in esame (gennaio nell’esempio).

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La remunerazione del lavoro dipendente

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Esempio 1 (Segue)

Liquidazione degli assegni famigliari

31 gennaio Dare Avere

INPS c/competenze 300

Dipendenti c/retribuzione 300

Contemporaneamente agli emolumenti vengono liquidati gli assegni familiari che, come accennato in precedenza, rappresentano integrazioni salariali garantite ai dipendenti dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) e variabili nell’ammontare in funzione della composizione del nucleo familiare di ciascun la-voratore dipendente. La rilevazione sopra esposta si compone di due conti entram-bi accesi alle variazioni finanziarie in quanto, fungendo unicamente da erogatore del contributo, per il datore di lavoro gli assegni familiari non costituiscono un in-cremento del costo del lavoro. L’impiego di due conti finanziari si rende necessario per rilevare contabilmente il contemporaneo incremento dei debiti nei confronti del personale dipendente per gli assegni familiari che devono ancora essere corri-sposti e dei crediti nei confronti dell’INPS.

Esempio 1 (Segue)

Applicazione delle ritenute previdenziali a carico dei dipendenti

31 gennaio Dare Avere

Dipendenti c/retribuzione 2.100

INPS c/competenze 2.100

Il debito complessivo del datore di lavoro nei confronti della generalità dei di-pendenti, che è individuabile contabilmente nel conto “Dipendenti c/retribuzio-ne”, prima di essere regolato viene ridotto per effetto di ritenute previdenziali e fi-scali. Le ritenute previdenziali di cui alla rilevazione contabile sopra evidenziata si riferiscono alla contribuzione obbligatoria ai fini pensionistici che ogni dipendente deve effettuare mediante versamenti all’INPS. Il meccanismo di versamento stabili-to dalla legge prevede che detti contributi non vengano versati direttamente dal la-voratore ma dal datore di lavoro il quale sostituendosi a quest’ultimo trattiene dalla retribuzione le somme di denaro corrispondenti ai contributi a carico dei dipen-denti per poi versarle, in nome e per conto degli stessi, agli enti competenti.

Anche questa rilevazione contabile, come la precedente, si compone di due con-ti entrambi finanziari in quanto si manifesta da un lato, un incremento dei debiti nei confronti dell’INPS e, dall’altro lato, una contemporanea diminuzione dei debi-ti nei confronti del personale dipendente. La componente economica è assente, non manifestandosi alcuna modificazione nella disponibilità dei fattori produttivi

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per l’impresa che, nell’operazione in esame, svolge unicamente il ruolo di interme-diario nella riscossione dei contributi.

Giova osservare, inoltre, che sempre più di frequente alcuni dipendenti trovano gratificazione anche mediante forme di remunerazione che potremmo definire “in-dirette”. Ci si vuole riferire soprattutto alla possibilità concessa dall’impresa al la-voratore di fruire di beni o servizi gratuitamente, ovvero mediante esborsi sensi-bilmente inferiori a quelli giudicati “normali” (fringe benefits) o, infine, all’opzione per l’acquisizione di titoli azionari (stock option).

Fra i fringe benefits 3 più frequentemente concessi ai dipendenti si segnalano i veicoli concessi in uso promiscuo, i prestiti a particolari tassi d’interesse ed anco-ra la possibilità di utilizzare fabbricati mediante contratti di locazione, uso o co-modato.

Le stock option rappresentano azioni della società offerte gratuitamente od a pa-gamento ai dipendenti e costituiscono forme di incentivo alla produttività dei di-pendenti che, oltre alla gratificazione economica derivante dal ricevimento di titoli azionari, sono incentivati a migliorare il loro livello di produttività al fine di far au-mentare il valore dei titoli che detengono.

2.2. I contributi sociali e assicurativi a carico dell’impresa

Il Legislatore ha stabilito che il datore di lavoro debba obbligatoriamente con-tribuire, mediante versamenti periodici, alla formazione di coperture pensionistiche e sanitarie per i dipendenti. Dette forme assistenziali si concretizzano in ulteriori costi per l’impresa, liquidati in sede di determinazione della retribuzione lorda, che finanziariamente comportano versamenti di denaro da effettuarsi nelle casse degli appositi enti di previdenza ed assistenza. Da un punto di vista economico-aziendale ciò comporta un incremento dei costi per l’acquisizione del fattore lavoro e, di con-seguenza, la rilevazione di codesti valori dovrà necessariamente avvenire per mezzo di conti economici accesi alle variazioni dell’esercizio.

La modalità di computo degli oneri sociali è particolarmente complessa ed arti-colata, in quanto sono previste differenze in funzione di una molteplicità di variabi-li quali il settore di appartenenza dell’impresa, l’ubicazione geografica, il tipo di contratto di lavoro in essere con il dipendente, e così via. La varietà di elementi che rientrano nel calcolo fa sì che si configurino riduzioni del “peso” dei contributi per il datore di lavoro rispetto al carico che “normalmente” si sarebbe determinato mediante la semplice applicazione delle aliquote contributive ordinarie alle retribu-zioni lorde. Questo differenziale, positivo per l’impresa che viene a beneficiare di riduzioni del costo del lavoro, viene catalogato come “fiscalizzazione degli oneri so-ciali”; in altri termini, lo Stato si surroga all’impresa trasferendo direttamente fondi

3 L’art. 51 del TUIR al quarto comma stabilisce le regole di determinazione del reddito di lavoro dipendente in relazione ai fringe benefits più frequentemente concessi ai dipendenti.

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agli enti previdenziali e assistenziali e garantendo, contemporaneamente, migliori condizioni di sviluppo per l’economia in determinati settori o zone geografiche at-traverso la riduzione del costo del lavoro per l’impresa.

Si ricorda che la determinazione quantitativa degli oneri sociali e dell’eventuale loro fiscalizzazione avviene con la medesima periodicità e contestualmente alla de-finizione delle retribuzioni lorde.

Sempre mediante l’utilizzo di un esempio, si evidenzia la composizione delle rilevazioni contabili circa questi elementi componenti la struttura del costo del lavoro.

Esempio 1 (Segue)

Il 31 gennaio la Gamma S.p.A. liquida i contributi sociali a carico dell’impresa per il mese di gennaio in € 11.000. La società usufruisce di oneri sociali fiscalizzati per € 800. Liquidazione oneri sociali a carico della società

31 gennaio Dare Avere

Oneri sociali 11.000

INPS c/competenze 11.000

La scrittura contabile proposta si compone di due conti accesi l’uno, alle varia-zioni finanziarie “INPS c/competenze”, l’altro alle variazioni economiche “Oneri sociali”. Il punto di osservazione originario (finanziario), infatti, rileva una modifica-zione nella composizione del sistema debitorio dell’impresa, che vede incrementare i propri debiti nei confronti dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Come già accennato in precedenza, l’incremento del debito rappresenta una variazione finanziaria negativa da rilevare nella sezione avere del conto “INPS c/competenze”. Di converso, il conto “Oneri sociali” ha la natura di conto economico e, pertanto, rileva nella sezione dare il costo incrementale che l’impresa deve sostenere per po-ter usufruire delle prestazioni dei propri lavoratori dipendenti.

Esempio 1 (Segue)

Liquidazione oneri sociali fiscalizzati

31 gennaio Dare Avere

INPS c/competenze 800

Oneri sociali fiscalizzati 800

Come già accennato precedentemente, la fiscalizzazione degli oneri sociali può essere colta come una sorta di riduzione dei contributi dovuti in funzione di una serie di circostanze oggettive e soggettive. A tal fine, contabilmente, si rende neces-sario rilevare in una apposita scrittura la diminuzione del debito nei confronti

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dell’INPS e, parallelamente, la contrazione del costo del lavoro per l’impresa. L’aspetto finanziario viene rilevato iscrivendo nella sezione dare del conto acceso ai rapporti con l’INPS (“INPS c/competenze”) il valore della fiscalizzazione. In tal modo la posizione netta del datore di lavoro nei confronti dell’Istituto emergerà dal saldo del conto in questione. Da un punto di osservazione economico, fermo re-stando che il costo aggiuntivo per l’utilizzo della forza lavoro è costituito dai con-tributi sociali al netto della fiscalizzazione (€ 11.000 – € 800), si preferisce rilevare tale riduzione in un apposito conto, acceso alle variazioni economiche, specificata-mente dedicato ad accogliere rettifiche di costi. Configurandosi come elemento di rettifica di componenti negativi di reddito, gli oneri sociali fiscalizzati si dovranno rilevare nella sezione avere del conto “Oneri sociali fiscalizzati”. La giustificazione di tale impostazione contabile è da ricercare nella volontà di massimizzare il livello informativo del sistema medesimo, esplicitando sia i dati relativi alla contribuzione “lorda” (funzione dell’applicazione delle norme generali), sia i valori associabili alla fiscalizzazione, che di per sé rappresenta un elemento variabile in funzione delle dinamiche che coinvolgono la composizione del personale e delle leggi finanziarie di riferimento.

Per completezza di informazione, si evidenzia che il datore di lavoro è soggetto anche ad una contribuzione assicurativa, volta a tutelare i dipendenti nel caso di infortuni sul lavoro. La determinazione quantitativa del contributo dovuto è assai variegata, dovendo necessariamente tenere in considerazione il grado di rischio in-sito in ogni attività svolta.

In merito a detto contributo, il Legislatore obbliga l’impresa ad effettuare un so-lo versamento annuale (eventualmente rateizzabile in quattro rate), entro il giorno 16 del mese di febbraio, il quale deve comprendere sia l’acconto per l’anno in cor-so, calcolato sulle retribuzioni lorde dell’anno precedente, sia l’eventuale saldo rela-tivo al periodo trascorso.

Esempio 2

La società Alfa S.r.l. versa in data 16 febbraio x + 1 contributi assicurativi in acconto per € 5.000. Non sono dovuti contributi assicurativi a saldo per l’anno precedente

16 febbraio Dare Avere

INAIL c/acconti 5.000

Banca c/c 5.000

Il computo dei contributi assicurativi dovuti in acconto per l’anno x + 1 al-l’Istituto Nazionale di Assicurazione per gli Infortuni sul Lavoro (INAIL) si basa sulle retribuzioni lorde di competenza dell’anno x. Ciò comporta un grado di inde-terminatezza del valore corretto, che verrà successivamente adeguato in sede di versamento del saldo. La scrittura contabile sopra evidenziata coinvolge unicamente conti finanziari, in quanto l’acconto (trattandosi di un anticipo), rappresenta un cre-

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La remunerazione del lavoro dipendente

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dito vantato dall’impresa nei confronti dell’INAIL. La movimentazione del conto “Banca c/c” nella sezione avere si rende necessaria per rilevare l’effettiva uscita di de-naro dalla disponibilità dell’impresa.

Esempio 2 (Segue)

In data 31 dicembre x + 1, la società Alfa S.r.l. stima i contributi INAIL di competenza per l’esercizio x + 1 in € 5.300

31 dicembre Dare Avere

Contributi INAIL 5.300

INAIL c/acconti 5.000

INAIL c/contributi da liquidare 300

Al termine dell’esercizio si deve effettuare il calcolo dei contributi assicurativi effettivamente dovuti per l’esercizio in chiusura. Tale valore (€ 5.300) dovrà essere rilevato nella sezione dare di un conto denominato “Contributi INAIL”, acceso alle variazioni economiche in quanto rappresenta per l’impresa un ulteriore costo per l’utilizzo del fattore lavoro. Nel contempo, si provvede sia a stornare l’acconto pa-gato in precedenza, iscrivendo nella sezione avere del conto “INAIL c/acconti” il medesimo ammontare del credito che si era generato in precedenza, sia a rilevare l’eventuale debito residuo in un conto avente natura finanziaria destinato ad acco-gliere nella sezione avere i debiti dell’impresa verso l’INAIL.

Esempio 2 (Segue)

In data 16 febbraio x + 2 la Alfa S.r.l. versa nelle casse dell’INAIL il saldo dovuto per l’anno x + 1 ammontante ad € 300 ed inoltre assolve l’obbligo di versamento dell’acconto per l’anno x + 2 per € 5.100

16 febbraio Dare Avere

INAIL c/acconti 5.100

INAIL c/contributi da liquidare 300

Banca c/c 5.400

In ultima analisi si propone la scrittura contabile relativa al versamento del saldo per l’anno x + 1 e dell’acconto per l’anno x + 2. La rilevazione è una mera permu-tazione finanziaria in cui a fronte di una uscita di denaro, rilevata nella sezione ave-re del conto “Banca c/c”, si osserva sia il sorgere di un credito che il venire meno di un debito nei confronti dell’INAIL rilevati, rispettivamente, nella sezione dare del conto “INAIL c/acconti” e del conto “INAIL c/contributi da liquidare”.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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2.3. Il trattamento di fine rapporto

Il trattamento di fine rapporto costituisce una ulteriore forma di remunerazione del personale dipendente, che si caratterizza per la differenza temporale fra il mo-mento di liquidazione e quello di pagamento al dipendente. L’ammontare del trat-tamento di fine rapporto (TFR), infatti, si determina in funzione della durata del rapporto di lavoro e viene contabilmente accantonato, indipendentemente dal mo-mento del pagamento, per competenza economica al termine di ogni esercizio.

Il D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252 stabilisce che:

– nelle imprese con meno di 50 dipendenti la quota di TFR può essere, a discre-zione del lavoratore, investita all’interno dell’azienda o differentemente investita in fondi di previdenza complementare;

– nelle imprese con almeno 50 dipendenti la scelta del dipendente varia fra l’investimento nei fondi di tesoreria dell’INPS o nei fondi di previdenza comple-mentare; in questo secondo caso, quindi, è esclusa la possibilità che la quota di TFR venga trattenuta presso l’azienda.

Il trattamento di fine rapporto è disciplinato all’art. 2120 c.c. 4 e si determina

4 L’art. 2120 c.c. recita: «In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad

un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divi-sa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.

Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del comma preceden-te, comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipen-denza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.

In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno per una delle cause di cui all’art. 2110, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l’integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma l’equivalente della retri-buzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di la-voro.

Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell’anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5% in misura fissa e dal 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.

Ai fini della applicazione del tasso di rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di an-no, l’incremento dell’indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell’anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.

Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chie-dere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70% sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.

Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10% degli aventi titolo, di cui al pre-cedente comma, e comunque del 4% del numero totale dei dipendenti.

La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:

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La remunerazione del lavoro dipendente

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contabilmente attraverso una serie di scritture contabili mensili o annuali in fun-zione del differente regime a cui appartiene l’azienda.

Come si può evincere dalla lettura dell’articolo del Codice Civile, la quota ac-cantonata può essere scissa in due parti differenti: una direttamente calcolata sulle retribuzioni lorde liquidate nell’esercizio e l’altra espressione della rivalutazione delle quote accantonate negli esercizi precedenti.

Nel caso in cui l’azienda abbia meno di 50 dipendenti e la quota TFR venga gestita internamente, senza versamenti periodici a fondi di previdenza comple-mentare, le scritture contabili si compongono come rappresentato nell’esempio sottostante.

Esempio 3

Si rileva la quota TFR maturata nell’esercizio in € 45.100

31 dicembre Dare Avere

Accantonamento TFR 45.100

Fondo TFR 45.100

Come si può osservare dalla scrittura contabile proposta, ancorché la quota TFR si componga di due parti con logiche di determinazione differenti, non viene tenuta in considerazione tale difformità; l’accantonamento complessivamente considerato viene accolto nella sezione dare del conto “Accantonamento TFR”. Tale conto ha natura economica e, pertanto, segnala l’incremento del costo del lavoro per l’im-presa. In contropartita viene movimentato il conto “Fondo TFR” che accoglie le quote accantonate nei vari esercizi.

Al fine di garantire la disponibilità monetaria sufficiente ad adempiere agli ob-blighi di pagamento del trattamento di fine rapporto, si è diffusa la pratica di ricor-rere ad apposite polizze assicurative. In questo modo l’impresa, per mezzo di ver-samenti periodici, genera la copertura finanziaria necessaria al momento dell’interru-zione dei rapporti di lavoro. Al contempo, però, vengono meno i positivi effetti fi-nanziari ricollegabili al differimento temporale fra momento di liquidazione del co-sto e momento di pagamento.

a) eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strut-ture pubbliche;

b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile. L’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detrat-

ta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto. Nell’ipotesi di cui all’art. 2122 la stessa anticipazione è detratta dell’indennità prevista dalla norma

medesima. Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da parti individuali. I

contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l’accoglimento delle richieste di anti-cipazione».

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Esempio 4

Pagato in data 5 settembre il premio annuale per la copertura del fondo di trattamento di fine rapporto di € 10.000

5 settembre Dare Avere

Assicurazione c/copertura TFR 10.000

Banca c/c 10.000

Come si può notare dall’esempio proposto, i benefici finanziari vengono ad es-sere ridotti a causa dell’esborso monetario rilevato nella sezione avere del conto “Banca c/c”; è interessante sottolineare che il pagamento del premio è da conside-rarsi come un investimento necessario al reperimento delle risorse finanziarie per assolvere agli obblighi verso il personale dipendente e, pertanto, in contropartita al conto “Banca c/c” viene utilizzato il conto “Assicurazione c/copertura TFR” che, avendo natura finanziaria, rileva il credito vantato dall’impresa verso la compagnia assicurativa.

Per ogni esercizio, quindi, si provvederà sia a rilevare il pagamento del premio, sia ad accantonare la quota di competenza al fondo di trattamento di fine rapporto. Al momento del pagamento del TFR al dipendente, il datore di lavoro provvederà ad incassare dall’assicurazione quanto maturato; nel caso in cui la polizza fosse sti-pulata alla stregua di una polizza vita e, di conseguenza, si manifestasse la matura-zione di un importo maggiore rispetto all’entità del trattamento di fine rapporto do-vuto, tale differenza rappresenterebbe un componente positivo di reddito di natura straordinaria (sopravvenienza attiva).

Esempio 4 (Segue)

In data 20 giugno la Alfa S.r.l. incassa € 12.300 relativi ad una copertura assicurativa sul TFR. In relazione a tale copertura sono stati versati premi per un totale di € 12.000 5

20 giugno Dare Avere

Banca c/c 12.300

Assicurazione c/copertura TFR 12.000

Sopravvenienze attive 300

Come esposto precedentemente, all’atto dell’incasso si rileverà contabilmente, nella sezione avere del conto “Assicurazione c/copertura TFR” la diminuzione del credito vantato nei confronti della compagnia assicurativa mentre, per la differenza con quanto effettivamente incassato e iscritto nella sezione dare del conto “Banca

5 Il pagamento del TFR a favore dei dipendenti comporterà la rilevazione della variazione finanziaria negativa e del contemporaneo abbattimento del Fondo TFR (v. paragrafo successivo).

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c/c”, si dovrà movimentare la sezione avere del conto “Sopravvenienze attive”, rappresentando la posta in questione un componente positivo di reddito.

Nel caso in cui l’impresa abbia almeno 50 dipendenti, la normativa citata in precedenza prevede che il datore di lavoro versi periodicamente il TFR, a discre-zione del lavoratore, al fondo di tesoreria INPS o a fondi di previdenza comple-mentare. Ciò implica il venir meno dei benefici finanziari in quanto, in ogni caso, il datore di lavoro è obbligato ad esborsi periodici nonostante il trattamento di fine rapporto non affluisca immediatamente nelle disponibilità dei lavoratori.

Esempio 5

Il 31 maggio la Alfa S.r.l. liquida la quota TFR per il mese di maggio in euro 5.000

31 maggio Dare Avere

Accantonamento TFR 5.000

Debiti verso il fondo di tesoreria INPS 5.000

La scrittura contabile proposta si compone di due conti accesi l’uno alle variazioni finanziarie “Debiti verso il fondo di tesoreria INPS”, l’altro alle variazioni economi-che “Accantonamento TFR”. Il punto di osservazione originario (finanziario) rileva una modificazione del sistema debitorio dell’impresa che incrementa i propri debiti verso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Come più volte citato in prece-denza, l’incremento del debito rappresenta una variazione finanziaria negativa da ri-levare nella sezione avere del conto “Debiti verso il fondo di tesoreria INPS”.

Dal punto di vista economico, il conto “Accantonamento TFR” accoglie nella sezione dare il costo incrementale che il datore di lavoro deve accollarsi relativa-mente all’impiego del lavoro dipendente.

3. La fase di pagamento

La fase di pagamento si caratterizza per l’effettiva uscita di moneta dalla dispo-nibilità finanziaria del datore di lavoro.

Nonostante il flusso monetario in uscita interessi unicamente l’impresa, vari sono i destinatari dei correlati esborsi. Infatti, come già evidenziato, il meccanismo delle ri-tenute impone al datore di lavoro di effettuare pagamenti non solo in favore dei lavo-ratori dipendenti, ma anche dell’Erario e degli Istituti di previdenza e assistenza.

Il sistema impositivo prevede che le imposte (IRPEF – Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) sui redditi di lavoro dipendente vengano assolte mediante il mecca-nismo della ritenuta fiscale; ciò comporta che sulle remunerazioni lorde dei dipen-denti vengano direttamente determinate le imposte dovute, e che le stesse vengano versate direttamente nelle casse dell’Erario dal datore di lavoro il quale acquisisce, in

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questo modo, la qualifica di “sostituto d’imposta”. La ritenuta è applicata alle retri-buzioni effettivamente corrisposte, per cui l’obbligo di versamento da parte del sosti-tuto d’imposta scatta solamente all’atto del pagamento dei salari e degli stipendi.

Oltre alle ritenute fiscali, il datore di lavoro trattiene sulle retribuzioni lorde an-che le ritenute previdenziali che, unitamente agli oneri sociali a carico dell’impresa, vengono versate all’INPS. A differenza delle ritenute fiscali, il cui obbligo di ver-samento è connesso all’effettivo pagamento delle retribuzioni, le ritenute previden-ziali sono dovute sulle remunerazioni maturate, indipendentemente dall’effettivo pagamento. Entro il giorno 16 del mese successivo a quello di riferimento, il datore di lavoro dovrà provvedere a saldare la propria posizione nei confronti dell’INPS; la posizione netta, che potrà essere a debito od a credito (caso molto raro), scaturi-sce dalla somma algebrica di alcuni elementi, fra cui oneri a carico dell’impresa e oneri a carico dei lavoratori per citare quelli a debito, e assegni familiari e fiscaliz-zazione degli oneri sociali per ricordare alcuni di quelli a credito.

Esempio 6

La Beta S.r.l. versa, in data 15 aprile, anticipi ai dipendenti per € 10.000; in data 2 maggio prov-vede a liquidare le retribuzioni relative al mese di aprile. I dati sono i seguenti: retribuzioni lorde € 100.000, assegni familiari € 3.000, contributi a carico della Beta S.r.l. € 40.000, contributi a ca-rico dei dipendenti € 15.000, ritenute fiscali € 28.000. La società gode, inoltre, della fiscalizzazio-ne degli oneri sociali per € 8.000

15 aprile Dare Avere

Dipendenti c/anticipi 10.000

Banca c/c 10.000

2 maggio

Salari e stipendi 100.000

Dipendenti c/retribuzione 100.000

2 maggio

INPS c/competenze 3.000

Dipendenti c/retribuzione 3.000

2 maggio

Oneri sociali 40.000

INPS c/competenze 40.000

2 maggio

Dipendenti c/retribuzione 15.000

INPS c/competenze 15.000

2 maggio

INPS c/competenze 8.000

Oneri sociali fiscalizzati 8.000

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L’operazione rilevata in data 15 aprile si riferisce al pagamento di anticipi sulle retribuzioni spettanti al personale dipendente. Il conto “Dipendenti c/anticipi” rileva nella sezione dare il credito dell’impresa per prestazioni pagate in anticipo rispetto al sorgere del diritto alla percezione.

Successivamente alla rilevazione delle operazioni di liquidazione, si rende neces-sario adempiere agli obblighi di pagamento e ad effettuare le corrispondenti scrit-ture contabili.

Le retribuzioni nette si determinano detraendo dalla remunerazione lorda le ri-tenute previdenziali e fiscali e, contestualmente, aumentandole per effetto degli as-segni familiari.

In base a quanto rilevato nel presente paragrafo, l’obbligo di versamento delle ritenute previdenziali sorge indipendentemente dal momento di effettivo pagamen-to delle retribuzioni; ragion per cui, entro il giorno 16 maggio la Beta S.r.l. dovrà provvedere a regolare la propria situazione nei confronti dell’INPS.

Al fine di determinare l’ammontare dell’uscita di denaro necessaria a definire i rapporti con l’INPS si dovrà fare riferimento al saldo del conto “INPS c/competenze”, che accoglie nella sezione avere la posizione debitoria della società nei confronti dell’istituto e, di converso, nella sezione dare l’eventuale situazione creditoria.

Esempio 6 (Segue)

In data 10 maggio la Beta S.r.l. effettua il bonifico bancario alla generalità dei dipendenti, saldando in questo modo il debito nei loro confronti, ed effettuando le ritenute fiscali al netto degli anticipi già corrisposti – Si propone il mastro del conto “Dipendenti c/retribuzione” da cui si evince il saldo del conto che rappresenta il debito della società nei confronti dei dipendenti

15.000

Dipendenti c/retribuzione

100.000

88.000

3.000

(eccedenza)

10 maggio Dare Avere

Dipendenti c/retribuzione 88.000

Dipendenti c/anticipi 10.000

Banca c/c 50.000

Erario c/ritenute 28.000

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Esempio 6 (Segue)

In data 16 maggio la Beta S.r.l. provvede a regolare il debito nei confronti dell’INPS mediante versamento bancario – Il mastro del conto “INPS c/competenze” rileva come saldo il debito (o l’eventuale credito se il saldo fosse dare) della società nei confronti dell’INPS.

8.000

INPS c/competenze

40.000

44.000

15.000

3.000

(eccedenza) 16 maggio Dare Avere

INPS c/competenze 44.000

Banca c/c 44.000

Esempio 6 (Segue)

In data 16 giugno la Beta S.r.l. provvede a versare le ritenute fiscali trattenute ai dipendenti in sede di pagamento delle retribuzioni – Si vuole porre l’attenzione sul termine ultimo di versamento delle ritenute che è il 16 giugno; ciò in quanto il riferimento per tale versamento è rappresentato dalla data di pagamento dei salari e degli stipendi e non dalla competenza economica degli stessi. In funzione di ciò essendo stato effettuato il bonifico bancario in data 10 maggio, le ritenute fiscali devono essere versate entro il giorno 16 del mese successivo, ovverosia il 16 giugno.

16 giugno Dare Avere

Erario c/ritenute 28.000

Banca c/c 28.000

Esempio 6 (Segue)

In data 16 giugno la Beta S.r.l. provvede a versare al fondo di tesoreria dell’INPS la quota matu-rata di trattamento di fine rapporto 6

16 giugno Dare Avere

Debiti verso il fondo di tesoreria INPS 5.000

Banca c/c 5.000

16 giugno Dare Avere

Credito verso INPS 5.000

Fondo TFR 5.000

6 Per la scrittura relativa alla liquidazione del debito verso il fondo di tesoreria INPS si veda il precedente Esempio 5.

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La normativa relativa al versamento del TFR al fondo di tesoreria INPS prevede che il futuro versamento al dipendente del trattamento di fine rapporto maturato venga direttamente effettuato dal datore di lavoro, al quale spetterà un credito di uguale importo verso l’INPS medesimo. In ossequio a tale previsione normativa e per una migliore informativa si ritiene opportuno integrare la scrittura contabile del pagamento della quota TFR al fondo di tesoreria INPS con la rilevazione del credito maturato in funzione del versamento stesso e il contestuale sorgere del “de-bito” verso il dipendente 7.

Ulteriore ed eventuale fase di pagamento è relativa al trattamento di fine rap-porto che, come già accennato in altra parte del presente capitolo, nel caso di aziende con meno di 50 dipendenti può essere corrisposto ai dipendenti dal datore di lavoro al momento dell’interruzione del rapporto lavorativo.

Esempio 6 (Segue)

La Beta S.r.l. liquida e paga ad un proprio dipendente il TFR maturato pari a € 18.000, effettuan-do una ritenuta fiscale del 30% 8

Dare Avere

Fondo TFR 18.000

Erario c/ritenute 5.400

Banca c/c 12.600

Si sottolinea che l’articolo sopra riportato si compone unicamente di conti aventi natura finanziaria; infatti, il conto “Banca c/c” viene movimentato in avere al fine di rilevare l’effettiva uscita di denaro dalla disponibilità del datore di lavo-ro, mentre il conto “Fondo TFR” rileva, nella sezione dare, l’utilizzo del fondo stesso.

In effetti, quanto rappresentato costituisce una notevole semplificazione della realtà, poiché se l’interruzione del rapporto di lavoro non avviene esattamente al termine dell’esercizio parte dell’indennità di fine rapporto sarà di competenza del periodo amministrativo in cui cessa il rapporto stesso.

7 Si ricorda che nel caso in cui il lavoratore opti per investire la quota TFR in fondi di previdenza complementare la scrittura contabile sarà la medesima ma anziché utilizzare il conto “Debiti verso il fondo di tesoreria INPS” si dovrà utilizzare il conto “Debiti verso il fondo di previdenza complemen-tare” e non sarà necessario rilevare alcun credito, in quanto la liquidazione del trattamento di fine rapporto verrà direttamente effettuata dal fondo di previdenza complementare, senza alcun interven-to del datore di lavoro.

8 L’aliquota di imposizione fiscale applicata in sede di ritenuta (nell’esempio pari al 30%) varia in funzione del reddito imponibile attinente al soggetto percipiente il TFR.

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Esempio 6 (Segue)

La Beta S.r.l. paga, in data 1 settembre, ad un proprio dipendente il TFR maturato pari a € 20.000, di cui € 2.000 relativi al periodo 1° gennaio-31 agosto (data di cessazione del rapporto di lavoro) 9

1 settembre Dare Avere

Fondo TFR 18.000

TFR di competenza 2.000

Banca c/c 20.000

A differenza dell’ipotesi di cui alla scrittura contabile precedente, si evidenzia come, essendosi interrotto il rapporto di lavoro in data 31 agosto, parte dell’in-dennità di trattamento di fine rapporto afferisce al periodo che intercorre fra il 1 gennaio ed il 31 agosto (€ 2.000), ragion per cui al fine di contabilizzare corret-tamente il costo sostenuto dall’impresa è necessario utilizzare anche il conto “TFR di competenza” avente natura di conto economico acceso alle variazioni di esercizio.

Per completezza si evidenzia che all’atto del pagamento dell’indennità di fine rapporto il datore di lavoro deve applicare una ritenuta fiscale, il cui computo è funzione di vari elementi fra cui: ammontare netto dell’indennità, durata del rap-porto di lavoro espressa in anni e frazioni e aliquote dell’imposta sui redditi delle persone fisiche 10.

4. Il costo per l’impresa

L’articolata composizione delle rilevazioni contabili del lavoro dipendente può generare incertezze nella definizione dell’effettivo costo sostenuto dall’impresa.

I componenti negativi di reddito sono sempre accolti in conti che presentano natura economica; di conseguenza, al fine di determinare il costo complessivo che il datore di lavoro sostiene per usufruire del fattore lavoro, è necessario isolare quei conti aventi natura economica utilizzati nel relativo sistema di scritture.

La struttura del costo del lavoro prevede elementi con differente grado di pe-

9 Nell’esempio si prescinde dall’applicazione della ritenuta fiscale sulle somme erogate al lavorato-re dipendente.

10 La Legge n. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015) ha modificato l’art. 11, 3° comma, D.Lgs. n. 47/2000 stabilendo il versamento di una imposta sostitutiva pari all’17% sulle rivalutazioni maturate in ogni anno a partire dall’esercizio 2005. Il sistema di versamento prevede un acconto, pari al 90% delle rivaluta-zioni maturate nell’anno precedente, da eseguirsi entro il 16 dicembre, ed un saldo da versare entro il 16 febbraio dell’anno successivo.

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La remunerazione del lavoro dipendente

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riodicità; alle remunerazioni periodiche, normalmente mensili, si devono aggiungere, per poter determinare il costo complessivo di competenza dell’esercizio, altre com-ponenti quali la quota di trattamento di fine rapporto e i contributi assicurativi che sono rilevati annualmente.

Con riferimento all’esempio proposto nel paragrafo precedente, il costo effetti-vamente sostenuto dalla società Beta S.r.l., relativamente al mese di aprile, ammon-ta a € 132.000 e si determina sommando alle retribuzioni lorde (€ 100.000) gli oneri sociali netti a carico dell’impresa (€ 32.000). Gli oneri sociali vanno considerati al netto della fiscalizzazione, che rappresenta un’agevolazione ottenuta sotto forma di riduzione dei costi.

Esempio 6 (Segue)

Determinazione del costo per la Beta S.r.l.

I conti che intervengono nella determinazione del computo del costo sostenuto dalla società Beta S.r.l. (natura economica) vengono di seguito rappresentati:

Salari e stipendi Oneri sociali Oneri sociali fiscalizzati TOTALE COSTO PER L’IMPRESA

100.00040.000(8.000)

132.000

Al fine di verificare che tra i valori economici e finanziari generati nella rileva-zione del lavoro dipendente vi sia una perfetta coincidenza fra entità del costo so-stenuto e uscita di denaro, si può utilizzare nuovamente l’esempio proposto. Infatti, se si contrappone l’entità del costo sopra evidenziata (€ 132.000) con l’esborso complessivamente sopportato dall’impresa per l’operazione, rappresentato dal sal-do del conto “Banca c/c”, si noterà che non sussistono differenze e che è soddisfat-ta l’equazione: costo = uscita di denaro.

Per completezza di informazione è indispensabile precisare che per determinare il costo complessivamente sostenuto nell’esercizio dalla società Beta S.r.l. per il fat-tore lavoro si dovrà considerare, altresì, la quota di trattamento di fine rapporto ac-cantonata al termine dell’esercizio stesso (o pagata periodicamente ai fondi esterni all’impresa) e la quota contributiva ai fini assicurativi che, come già riportato, rap-presentano elementi di costo con periodicità differente rispetto alla normale ciclici-tà retributiva.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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5. Esercizi

Esercizio 1

Nel corso dell’esercizio la Delta S.p.A. ha effettuato tra le altre le seguenti ope-razioni:

– liquidazione e pagamento competenze al personale dipendente, come segue: – retribuzioni lorde € 350.000; – assegni familiari € 12.500; – contributi a carico dell’azienda € 81.000; – contributi a carico dei dipendenti € 28.500; – ritenute IRPEF € 75.000.

La società ottiene inoltre l’agevolazione della fiscalizzazione degli oneri sociali per € 21.000. Oltre a quelle verso i dipendenti, anche le posizioni verso Enti previ-denziali ed Erario vengono regolate tramite banca.

Si proceda alla rilevazione delle operazioni descritte evidenziando il totale del costo del lavoro.

Soluzione

Liquidazione

Dare Avere

Salari e stipendi 350.000

Dipendenti c/retribuzione 350.000

INPS c/competenze 12.500

Dipendenti c/retribuzione 12.500

Oneri sociali 81.000

INPS c/competenze 81.000

Dipendenti c/retribuzione 28.500

INPS c/competenze 28.500

INPS c/competenze 21.000

Oneri sociali fiscalizzati 21.000

(segue)

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La remunerazione del lavoro dipendente

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Pagamento

Dare Avere

Dipendenti c/retribuzione 334.000

Banca c/c 259.000

Erario c/ritenute 75.000

INPS c/competenze 76.000

Banca c/c 76.000

Erario c/ritenute 75.000

Banca c/c 75.000

Il costo del lavoro sostenuto dall’impresa ammonta a € 410.000: retribuzioni lorde (€ 350.000) + oneri sociali (€ 81.000) – oneri sociali fiscalizzati (€ 21.000).

Esercizio 2

I dati relativi al costo del lavoro per il mese di luglio della Gamma S.r.l. sono i seguenti:

– retribuzioni lorde € 80.000; – assegni familiari € 4.000; – ritenute fiscali a carico del dipendente € 25.000; – ritenute previdenziali a carico del dipendente € 9.000; – oneri sociali a carico dell’azienda € 30.000.

Si tenga presente che la società provvede alla liquidazione delle retribuzioni in data 2 agosto. Le retribuzioni nette vengono pagate ai dipendenti in data 10 agosto.

Si provveda ad effettuare le rilevazioni in partita doppia relative alla liquidazio-ne ed al pagamento delle retribuzioni, delle ritenute previdenziali e fiscali.

Esercizio 3

In data 31 agosto si interrompe il rapporto di lavoro limitatamente ad un dipen-dente in forza all’azienda da vari anni. In data 15 settembre, l’ufficio del personale provvede a liquidare ed a pagare il trattamento di fine rapporto che ammonta complessivamente a € 38.000. Sapendo che al 31 dicembre dell’esercizio preceden-te era maturata un’indennità di fine rapporto pari a € 35.000, si redigano le scrittu-re in partita doppia dei fatti descritti prescindendo dall’applicazione delle ritenute fiscali. Si tenga presente, inoltre, che l’azienda occupa meno di 50 dipendenti e tut-

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ti i lavoratori hanno optato per non versare le quote TFR a fondi esterni all’im-presa.

Esercizio 4

Nel corso dell’esercizio la società Beta S.p.A. ha effettuato tra le altre le seguenti operazioni di liquidazione e pagamento delle competenze al personale dipendente:

– retribuzioni lorde € 100.000; – assegni familiari € 2.500; – contributi a carico dell’azienda € 41.000; – contributi a carico dei dipendenti € 12.500; – ritenute IRPEF € 25.000.

La società ottiene inoltre l’agevolazione della fiscalizzazione degli oneri sociali per € 10.000. Oltre a quelle verso i dipendenti, anche le posizioni verso Enti previ-denziali ed Erario vengono, nel corso dell’esercizio, regolate tramite versamenti bancari.

Si proceda alla rilevazione delle operazioni descritte evidenziando il costo del lavoro sopportato dalla società Beta S.p.A.

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Capitolo Quinto

La gestione finanziaria: reperimento di risorse e investimenti in titoli

1. Premessa

La gestione aziendale alimenta, oltre al ciclo della produzione 1, un ciclo in cui l’azienda entra in contatto con terze economie per reperire o fornire risorse finan-ziarie 2. Trattasi del ciclo dei finanziamenti, che si concretizza in operazioni che ven-gono realizzate con l’apporto di mezzi da parte del soggetto proprietario 3 o di terze economie, ovvero si riferiscono a finanziamenti che l’impresa effettua nei confronti di altri soggetti.

Le operazioni di finanziamento, in sede di costituzione, sono necessarie per il reperimento dei mezzi finanziari da impiegarsi nell’avvio della gestione aziendale. La conclusione del circuito della produzione, con il pagamento dei debiti di funziona-mento e l’incasso dei crediti di funzionamento, produce i suoi effetti sul processo di investimento e la restituzione dei finanziamenti ricevuti. Risulta quindi fondamentale che l’impresa persegua un equilibrio tra i due cicli, tenendo conto sia dei tempi e dell’entità di investimenti e rimborsi da effettuare, sia dei tempi e dell’entità dei crediti di funzionamento da incassare e dei flussi dei nuovi finanziamenti da ricevere.

Oggetto principale del presente capitolo è la descrizione delle metodologie di contabilizzazione dei finanziamenti derivanti da terze economie e degli investimenti in titoli, che a diverso titolo concorrono a mantenere l’equilibrio finanziario d’im-presa. Il capitolo contiene anche una sintetica illustrazione relativa al trattamento contabile degli strumenti finanziari derivati.

1 Il ciclo della produzione si articola normalmente attraverso l’acquisto dei fattori, l’ottenimento del prodotto o servizio e la vendita sul mercato. Per quanto attiene alle problematiche di rilevazione contabile delle operazioni di acquisto e vendita si vedano i Capitoli Secondo e Terzo.

2 Sulla distinzione tra ciclo della produzione e ciclo dei finanziamenti si veda, in particolare, F. CERBIONI-L. CINQUINI-U. SOSTERO, Contabilità e bilancio, McGraw-Hill, Milano, 2003.

3 Sul tema del capitale proprio si veda il Capitolo Sesto.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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2. Il capitale di terzi

L’impresa, per poter acquisire i fattori produttivi da impiegare nel processo di produzione, necessita delle risorse finanziarie reperite da terzi o tramite il capitale proprio. Tali fattori possono, infatti, essere reperiti secondo due differenti modalità, che si distinguono in relazione al tipo di vincolo contrattuale e alle diverse modalità di remunerazione. Si parla quindi di:

– capitale proprio ove il capitale viene conferito da parte del titolare nell’impresa individuale e dei soci nelle società senza obblighi temporali di restituzione (c.d. ca-pitale di rischio) 4;

– capitale di terzi nel caso in cui il capitale viene attribuito da soggetti finanziato-ri, solitamente banche, secondo modalità prestabilite di durata ed onerosità (c.d. ca-pitale di credito).

Il ricorso al capitale di terzi è giustificato dalla necessità, comune alla maggior parte delle imprese, di garantire l’equilibrio della gestione in tutte le sue aree, tra le quali assume particolare rilevanza quella economico-finanziaria. Al fine di perseguire l’equilibrio economico-finanziario si rende necessaria una costante ed “economica” copertura del fabbisogno finanziario d’impresa.

A sua volta il capitale di terzi si distingue in:

– debiti di finanziamento; – debiti di funzionamento.

I primi nascono in funzione della negoziazione di prestiti tra l’azienda e terzi fi-nanziatori e comportano il rimborso del debito a determinate scadenze contrattuali e una remunerazione predefinita; i secondi sorgono in funzione del regolamento de-gli scambi monetari nell’ambito dei normali processi di approvvigionamento e so-stituiscono temporaneamente la moneta 5.

I rapporti di finanziamento a titolo di credito comportano l’accrescimento delle disponibilità liquide d’impresa al momento dell’accensione del finanziamento e una diminuzione al momento del pagamento degli interessi passivi e della restituzione del medesimo.

Sulle modalità di rilevazione delle operazioni relative ai debiti di finanziamento esistono in dottrina due diverse posizioni 6: da un lato si ritiene che i conti accesi ai debiti di finanziamento abbiano natura e modalità di funzionamento in partita dop-pia analoghe a quelle dei conti di reddito, dall’altro si afferma la natura di variazio-ni finanziarie.

4 Cfr. Capitolo Sesto. 5 Per quanto riguarda la formazione dei debiti di funzionamento si rimanda al Capitolo Secondo. 6 Cfr. M. PAOLONI (a cura di), Introduzione alla contabilità generale ed al bilancio d’esercizio, Ce-

dam, Padova, 1994, p. 258.

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La gestione finanziaria: reperimento di risorse e investimenti in titoli

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Secondo la prima impostazione 7, quando un’impresa riceve un prestito questa consegue un ricavo attuale (variazione economica positiva), misurato da un aumen-to di cassa, pari al valore nominale della somma ottenuta. Nel momento in cui il prestito si estingue si rileva invece un costo (variazione economica negativa), misu-rato da un’uscita di cassa pari alla somma che viene rimborsata. Di conseguenza, gli interessi passivi, pari alla differenza tra la somma ricevuta al momento dell’accen-sione del prestito e quella rimborsata all’estinzione, costituiscono un componente ne-gativo di reddito 8.

La seconda posizione 9, pur riconoscendo la natura economica dei valori che esprimono il debito di finanziamento nella sua parte capitale, sostiene che i costi e i ricavi che si compensano nel momento dell’estinzione del prestito costituiscono – in senso più ampio – valori nominali in entrata e in uscita e quindi variazioni finanzia-rie. In base a questa impostazione, che coincide con quella prescelta nel seguito della trattazione, nel momento dell’ottenimento del prestito si rileva una variazione fi-nanziaria positiva (aumento di cassa) che misura una variazione finanziaria negativa (aumento dei debiti di finanziamento). All’estinzione del finanziamento l’uscita del denaro (variazione finanziaria negativa) si contrappone ad una diminuzione dei de-biti di finanziamento (variazione finanziaria positiva) 10.

La trattazione che segue è suddivisa in due parti principali, che attengono uni-camente ai debiti di finanziamento:

– operazioni a breve termine; – operazioni a medio-lungo termine.

La distinzione sopra operata attiene alla durata dell’operazione posta in essere: rientrano nella prima categoria i finanziamenti aventi durata inferiore ai 12 mesi, nella seconda quelli che eccedono i 12 mesi.

2.1. Le operazioni di finanziamento a breve termine

2.1.1. Il conto corrente di corrispondenza

Il conto corrente di corrispondenza rappresenta uno strumento indispensabile nella vita di un’impresa che, per il tramite di esso, può usufruire di una serie di ser-vizi forniti dall’istituto bancario con cui ha stipulato il contratto di conto corrente.

7 Cfr. P. ONIDA, La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative d’azienda, Giuffrè, Milano, 1970; G. ZAPPA-L. AZZINI-G. CUDINI, Ragioneria generale, Giuffrè, Milano, 1951.

8 Secondo il metodo della partita doppia applicato al sistema del reddito di Zappa, all’ottenimento del prestito si ha un’entrata di cassa (variazione numeraria attiva) rilevata in dare nel conto “Cassa”, che misura un ricavo (variazione economica positiva) rilevato in avere del Conto economico. Nel momento dell’estinzione del prestito, l’uscita di cassa (variazione numeraria passiva) che viene rilevata in avere del conto “Cassa” si contrappone ad un costo rilevato in dare del Conto economico.

9 Cfr. A. AMADUZZI, L’azienda nel suo sistema e nell’ordine delle sue rilevazioni, Utet, Torino, 1976. 10 Per approfondimenti sul sistema contabile prescelto in questa sede si rimanda al Capitolo Primo.

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Il conto corrente può avere saldo attivo o passivo, ovvero un’alternanza tra i due, in funzione della dinamica degli incassi e dei pagamenti. Nel caso in cui l’impresa voglia vedersi riconosciuta la possibilità di mantenere un saldo negativo per un cer-to periodo di tempo è necessario che nel contratto di conto corrente sia prevista la concessione di un fido o apertura di credito in conto corrente.

L’apertura di credito può essere a tempo determinato o indeterminato, garantita o non garantita ed è solitamente concessa per un importo massimo (limite di mas-simo scoperto): l’impresa è quindi autorizzata ad effettuare più prelievi di denaro nel tempo, in base al proprio fabbisogno finanziario, a condizione che la posizione debitoria globale non superi l’importo massimo prefissato.

I saldi negativi di conto corrente comportano la maturazione di interessi passivi, che l’impresa deve pagare alla banca in relazione all’importo prelevato e ai tempi di utilizzo dei fondi, oltre che commissioni bancarie. La liquidazione di commissioni ed interessi avviene solitamente con cadenza mensile o trimestrale posticipata, a se-conda delle condizioni previste contrattualmente e dell’esposizione verificatasi nel periodo di riferimento.

La funzione principale dello strumento in commento consiste nella copertura di sfasamenti temporanei, anche se frequenti, nella gestione monetaria, che possono de-rivare da fattori contingenti e non facilmente prevedibili. Queste ultime caratteri-stiche, oltre che la possibilità per la banca di revocare l’affidamento in ogni mo-mento, fanno sì che l’apertura di credito in conto corrente rappresenti un finanzia-mento a breve termine.

La rilevazione contabile dell’operazione è contraddistinta dall’assenza di regi-strazioni in partita doppia al momento dell’ottenimento dell’apertura in conto cor-rente, in quanto non collegata ad alcuna variazione di valore. Le registrazioni con-tabili vengono effettuate solo nei momenti di prelievo ed incasso.

Esempio 1

La società Alfa S.p.A. ottiene in data 20 gennaio un’apertura di credito in conto corrente per 50.000 €. Per esigenze di cassa, dettate dal mancato incasso di un credito verso un cliente in ritardo col pagamento, in data 15 febbraio la Alfa S.p.A. preleva dal conto corrente 5.000 €.

15 febbraio Dare Avere

Cassa 5.000

Banca c/c 5.000

Al termine del primo trimestre, con valuta 31 marzo, la banca addebita alla società interessi passi-vi di 40 €.

31 marzo Dare Avere

Interessi passivi bancari 40

Banca c/c 40

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Per effetto della dinamica degli incassi e dei pagamenti può verificarsi che, per certi periodi, il conto corrente presenti un saldo attivo a favore dell’impresa. In que-sto caso, al contrario della fattispecie illustrata in precedenza, maturano a favore del-l’impresa interessi attivi di conto corrente, che vengono liquidati in via posticipata dalla banca con periodicità trimestrale, semestrale o annuale.

Con riferimento alla liquidazione degli interessi attivi, si fa presente che la nor-mativa fiscale vigente prevede l’obbligo, a carico del soggetto che eroga tali somme, di operare una trattenuta alla fonte a titolo di ritenuta d’acconto; trattasi in sostan-za di un prelievo anticipato d’imposta (che genera un credito in capo all’impresa nei confronti dell’Erario), che potrà essere scontato dall’impresa in sede di dichiara-zione dei redditi nell’ambito della determinazione dell’imposta globale dovuta 11. L’istituto di credito che opera la ritenuta deve poi procedere, a sua volta, a versare direttamente all’Erario tale somma.

Esempio 2

La società Alfa S.p.A. in data 15 luglio versa assegni circolari sul conto corrente bancario per 20.000 €.

15 luglio Dare Avere

Banca c/c 20.000

Cassa 20.000

In data 30 settembre vengono accreditati interessi attivi sul conto corrente per 100 € lordi. Si ipo-tizzi un prelievo fiscale a titolo di ritenuta d’acconto pari al 26%.

30 settembre Dare Avere

Banca c/c 74

Erario c/ritenute su interessi attivi bancari 26

Interessi attivi bancari 100

2.1.2. L’incasso dei crediti

Come già osservato nei precedenti capitoli 12, un’impresa ha la possibilità di far ricorso a diverse modalità di incasso dei crediti sorti nell’ambito di operazioni di vendita di merci o servizi. Le principali e più diffuse modalità di incasso dei crediti commerciali si differenziano come segue:

11 Cfr. art. 26, D.P.R. n. 600/1973. Gli interessi attivi costituiscono provento per l’impresa e con-corrono di conseguenza alla formazione del reddito imponibile.

12 Cfr. Capitolo Terzo del presente volume.

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– incasso immediato (con denaro contante, assegno circolare o bancario, vaglia postale, carta di credito);

– incasso per mezzo di bonifico bancario; – anticipazione di fatture commerciali; – incasso tramite ricevute bancarie (Ri.Ba.); – incasso con cambiali (o effetti commerciali).

Mentre le prime due fattispecie di incasso non presentano particolari problema-tiche di registrazione contabile 13, è opportuno soffermarsi sulle altre modalità di incasso.

Anticipazione di fatture commerciali

Al fine di rendere liquidi i crediti commerciali aventi scadenze che si protraggo-no nel tempo e poter far fronte alle necessità finanziarie di breve termine determinate dalle operazioni di gestione (in particolare in relazione all’approvvigionamento dei fattori produttivi), l’azienda può ricorrere allo smobilizzo dei crediti tramite la forma di finanziamento a breve termine denominata “anticipi o anticipazioni su fatture”.

Per usufruire dell’anticipo fatture occorre prima ottenere la concessione di un affidamento bancario e l’accensione di un apposito conto anticipi. Nel contratto che si stipula con la banca vengono determinati gli interessi da corrispondere, la cifra complessiva massima anticipabile (c.d. castelletto), la percentuale di anticipo su ogni fattura presentata (tale percentuale abitualmente non supera mai l’80% della fattura oggetto di anticipo) e le commissioni. Successivamente si possono presentare alla banca, di volta in volta, le fatture emesse per le quali si vuole chie-dere l’anticipo.

Si precisa che, da un punto di vista contabile, l’accredito dell’anticipo comporta l’iscrizione di un debito verso la banca per l’importo anticipato, mentre il credito originario verso il cliente rimane aperto sino al momento dell’incasso dello stesso.

La concessione di un anticipo su fattura avviene salvo buon fine, garanzia nor-malmente contenuta tra le clausole del fido. Ciò significa che se il debitore non onorerà il credito, la banca potrà addebitare sul conto corrente le somme anticipate o comunque chiederne la loro restituzione.

13 Sulle scritture contabili relative si rimanda al Capitolo Terzo.

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Esempio 3

La società Delta S.p.A., in data 1 marzo, presenta in Banca per l’anticipo la fattura emessa al cliente Beta s.r.l. di complessivi 100.000 €. L’anticipo – sulla base delle condizioni contrattuali stabilite – viene concesso nella misura dell’80% del credito originario in pari data. In data 1 giugno il cliente salda il proprio debito. In data 30 giugno la Banca addebita alla Delta gli interessi passivi maturati sul conto anticipi per 1.000 €.

1 marzo Dare Avere

Banca c/c 80.000

Banca c/anticipi su fatture 80.000

1 giugno

Banca c/c 20.000

Banca c/anticipi su fatture 80.000

Clienti 100.000

30 giugno

Interessi passivi su anticipo fatture 1.000

Banca c/c 1.000

Le ricevute bancarie

Le ricevute bancarie (Ri.Ba.) costituiscono uno strumento molto diffuso per l’in-casso dei crediti sorti a seguito dell’emissione di fatture di vendita. Trattasi di un servizio che viene reso dagli istituti di credito, che ricevono il mandato di incassare i crediti per conto del creditore (l’impresa), trattenendo una commissione a titolo di compenso per l’attività svolta. Al momento della riscossione, la banca provvede a consegnare all’impresa una ricevuta per quietanza 14.

La ricevuta bancaria non costituisce un titolo di credito direttamente esecutivo, ma rappresenta un documento che contiene le generalità della fattura e gli estremi del cliente e assolve alla funzione di recuperare un credito. La loro cessione alle ban-che non costituisce, da un punto di vista sostanziale, sconto di titoli di credito e, pertanto, il credito non va rimosso dal sistema contabile fino all’incasso.

14 In entrambi i casi occorre seguire, dal punto di vista procedurale, una serie conseguente di ope-razioni, che oggi sono gestite in parte in via telematica e che possono essere così riassunte:

1. l’impresa, dopo aver emesso la fattura di vendita nei confronti del proprio cliente, compila la ricevuta bancaria indicando specificamente il nome del cliente e gli estremi della fattura (ad esempio, numero, importo, data presunta di pagamento e modalità previste) e la presenta presso la banca che si assume l’incarico di incassare il credito per conto dell’impresa;

2. la banca comunica al debitore l’avvenuta presentazione della ricevuta e invita il medesimo ad effettuare il pagamento presso le sue strutture;

3. il debitore effettua il versamento presso le strutture della banca, che rilascia quietanza.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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Da un punto di vista operativo, l’utilizzo delle ricevute bancarie comporta un mandato all’incasso conferito alla banca che dopo aver determinato una valuta me-dia accredita temporaneamente l’ammontare in un conto indisponibile. Successiva-mente, alla scadenza corrispondente alla valuta media, la banca accredita l’ammon-tare nel normale conto corrente di corrispondenza “salvo buon fine”. Si precisa che la banca può anche accreditare immediatamente il conto corrente di corrisponden-za direttamente o attraverso un conto transitorio di accreditamento salvo buon fine. Anche in questi casi il credito non va rimosso dal bilancio fino all’incasso, e l’importo accreditato va evidenziato come un debito verso la banca in quanto la medesima effettua un’anticipazione su tali crediti.

Riassumendo, la banca può effettuare l’accreditamento a favore dell’impresa se-condo due modalità differenti 15:

– accredito salvo buon fine: l’accredito viene effettuato immediatamente, salva poi la possibilità per la banca di riaddebitare l’importo in caso di mancato pagamen-to a scadenza da parte del debitore;

– accredito al dopo incasso: l’accredito avviene solo nel momento del pagamento della ricevuta bancaria da parte del debitore originario.

Accredito salvo buon fine

Quando la banca riceve ed accetta la ricevuta bancaria provvede immediatamen-te all’accredito dell’importo indicato sulla Ri.Ba. sul conto corrente bancario del-l’impresa, addebitando contestualmente le commissioni. L’impresa può disporre del-l’importo accreditato sino alla scadenza del credito, data in corrispondenza della qua-le – qualora il debitore non onori il proprio impegno – la banca addebita sul conto corrente dell’impresa l’importo anticipato e non riscosso.

Nel momento in cui la banca accredita all’impresa l’importo relativo alla Ri.Ba. si genera un debito di finanziamento della seconda nei confronti della prima, che viene saldato e chiuso in partita doppia solo nel momento in cui il debitore origina-rio salda il proprio debito.

Esempio 4

La società Delta S.p.A. in data 17 maggio vende prodotti finiti per un importo pari a 20.000 € + IVA al 22%. La modalità di pagamento prevista è Ri.Ba. a 30 giorni.

17 maggio Dare Avere

Clienti 24.400

Prodotti finiti c/vendite 20.000

IVA a debito 4.400

15 Le scritture contabili da rilevare in partita doppia nei due casi sopra indicati sono le medesime, fatte salve le diverse date di accredito.

(segue)

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In data 19 maggio la Delta S.p.A. presenta alla banca la Ri.Ba. al salvo buon fine. Le commissioni bancarie di incasso addebitate contestualmente all’accredito dell’importo in linea capitale sono pari a 100 €.

19 maggio Dare Avere

Banca c/c 24.300

Oneri e commissioni bancarie 100

Debito v/Banca per anticipi 24.400

In data 17 giugno il cliente salda regolarmente la fattura emessa da Delta S.p.A.

17 giugno Dare Avere

Debito v/Banca per anticipi 24.400

Clienti 24.400

Se l’operazione a scadenza non va a buon fine, in tutto o in parte, il credito ver-

so clienti resta aperto per la parte rimasta insoluta, che viene riaddebitata sul conto corrente dalla banca.

Esempio 5

Proseguiamo con l’esempio precedente, ipotizzando che alla scadenza del credito il cliente di Delta S.p.A. versi soltanto una parte della somma dovuta, pari a 10.000 €. La banca addebita oneri per mancato incasso per 100 €.

17 giugno Dare Avere

Debito v/Banca per anticipi 24.400

Oneri e commissioni bancarie 100

Banca c/c 14.500

Clienti 10.000

Accredito al dopo incasso

Nel caso di presentazione di Ri.Ba. al dopo incasso, la banca accredita la somma all’impresa sul proprio conto corrente bancario solo ad avvenuto incasso del credito.

Quando la società emette la ricevuta bancaria e la presenta alla banca per l’in-casso non si rileva alcuna registrazione contabile; nel momento in cui viene effettuato l’accredito a scadenza da parte del cliente e quindi della banca, si chiude il credito verso il cliente e si rileva l’incremento delle disponibilità di conto corrente al netto degli oneri di commissione.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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Esempio 6

La società Delta S.p.A. presenta in banca in data 4 aprile Ri.Ba. al dopo incasso per 10.000 €. In data 4 giugno il cliente salda interamente la fattura e la banca accredita il relativo importo, al net-to delle commissioni di 100 €.

4 giugno Dare Avere

Banca c/c 9.900

Oneri e commissioni bancarie 100

Clienti 10.000

Le cambiali

Le cambiali (o effetti commerciali) rappresentano titoli di credito esecutivi che consentono il protesto in capo al debitore nel caso di mancato pagamento. Esistono due tipologie di cambiali, che si distinguono in funzione della natura dell’operazione sottostante: si parla di cambiali attive ove si tratti della cessione di un credito com-merciale vantato nei confronti dei terzi e di cambiali passive finanziarie (o pagherò) nel caso in cui l’impresa presenti in banca cambiali emesse per far fronte a necessità di finanziamento 16.

In genere le cambiali attive (o effetti attivi) vengono incassate mediante presen-tazione ad un istituto di credito secondo una delle seguenti modalità:

– sconto; – accredito salvo buon fine; – accredito al dopo incasso.

L’operazione di sconto comporta l’accredito, da parte dell’istituto di credito pres-so il quale viene presentata la cambiale, della somma relativa al titolo di credito die-tro il pagamento di un interesse che anticipa il ricavo netto. L’operazione di sconto consiste nello scambio fra un credito avente una certa scadenza ed una somma di denaro immediatamente disponibile. La differenza tra l’importo accreditato e il va-lore nominale del credito rappresenta il costo per l’impresa per l’anticipata dispo-nibilità di mezzi monetari.

Le rilevazioni contabili riguardano essenzialmente due momenti:

1. il trasferimento delle cambiali alla banca; 2. l’accredito del ricavo al netto degli oneri bancari per l’effettuazione dello sconto.

16 Le due forme tecniche indicate sono analoghe per quanto concerne le modalità di calcolo dello sconto e degli altri oneri addebitati dalla banca.

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Esempio 7

La società Beta S.p.A. in data 20 aprile emette effetti attivi aventi scadenza a 3 mesi per un am-montare totale di 30.000 €.

20 aprile Dare Avere

Effetti attivi 30.000

Clienti 30.000

Il 20 maggio la società presenta gli effetti allo sconto in banca.

20 maggio Dare Avere

Effetti allo sconto 30.000

Effetti attivi 30.000

Il 21 maggio la banca comunica all’impresa l’accettazione allo sconto degli effetti presentati e ad-debita 200 € di commissioni e interessi passivi per 300 €.

21 maggio Dare Avere

Banca c/c 29.500

Interessi passivi 300

Commissioni d’incasso 200

Effetti allo sconto 30.000

Analogamente a quanto accade per le ricevute bancarie, con l’accredito al dopo

incasso si trasferiscono le cambiali ad un istituto di credito, che si occupa dell’incas-so ma che accredita l’importo corrispondente solo ad avvenuto saldo da parte del debitore. L’istituto di credito, al momento dell’incasso, accredita l’importo al netto delle proprie commissioni; in questo caso non è previsto l’addebito di interessi pas-sivi in quanto non vi è anticipo finanziario da parte dell’istituto di credito nei con-fronti dell’impresa.

Le scritture contabili da rilevare in questo caso sono così articolate:

1. emissione dell’effetto attivo da parte dell’azienda; 2. presentazione dell’effetto presso l’istituto di credito; 3. al momento di incasso del credito, accredito dell’importo incassato al netto del-

le commissioni d’incasso.

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Esempio 8

La società Gamma S.p.A. in data 20 giugno emette effetti attivi aventi scadenza a 2 mesi per un ammontare totale di 50.000 €. Il 30 luglio gli effetti sono presentati al “dopo incasso” presso un istituto di credito; a scadenza il debitore salda regolarmente il proprio debito. L’istituto di credito addebita commissioni per 300 €.

20 giugno Dare Avere

Effetti attivi 50.000

Clienti 50.000

Il 30 luglio la società presenta gli effetti in banca

30 luglio Dare Avere

Effetti all’incasso 50.000

Effetti attivi 50.000

20 agosto

Banca c/c 49.700

Commissioni d’incasso 300

Effetti all’incasso 50.000

Con l’accredito al salvo buon fine l’impresa presenta gli effetti presso un istituto

di credito, che immediatamente accredita l’importo al netto delle commissioni. Le fasi di tale procedura sono così riassumibili:

1. emissione dell’effetto attivo da parte dell’azienda; 2. presentazione dell’effetto presso l’istituto di credito; 3. accredito dell’importo da parte dell’istituto di credito, al netto delle relative

commissioni. In corrispondenza di tale operazione l’impresa rileva un valore finan-ziario passivo (“Banca c/effetti al salvo buon fine”), che viene estinto solo a scaden-za in caso di pagamento da parte del debitore;

4a) pagamento da parte del debitore e contestuale chiusura del finanziamento acceso tra i conti finanziari passivi;

4b) mancato pagamento da parte del debitore e addebito da parte dell’istituto di credito dell’intero importo degli effetti presentati e delle spese di insoluto.

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Esempio 9

Si ripropone il caso precedente (Esempio 8), ma con accredito “salvo buon fine” in luogo del “do-po incasso”. La presentazione in banca degli effetti avviene il giorno dopo l’emissione degli stessi.

20 giugno Dare Avere

Effetti attivi 50.000

Clienti 50.000

Il 21 giugno la società presenta gli effetti in banca.

21 giugno Dare Avere

Effetti al salvo buon fine 50.000

Effetti attivi 50.000

21 giugno

Banca c/c 49.700

Commissioni d’incasso 300

Banca c/Effetti al salvo buon fine 50.000

20 agosto

Banca c/Effetti al salvo buon fine 50.000

Effetti al salvo buon fine 50.000

Alla data di scadenza dell’effetto l’impresa si può trovare di fronte a differenti

situazioni, che vengono riassunte nella tabella di seguito riportata.

Fattispecie Conseguenza

1. Il debitore estingue il debito Il titolo cambiario viene estinto

2. Il debitore non estingue il debito Rinnovo totale dell’effetto Rinnovo parziale dell’effetto Protesto dell’effetto Ritiro dell’effetto senza protesto

Il caso di estinzione del debito a scadenza è già stato trattato nei precedenti

esempi, cui si rimanda per le relative scritture contabili. Nel caso in cui il debitore non onori il proprio impegno, ma il creditore intenda

rinnovare totalmente o in parte l’effetto, occorre verificare se l’effetto è nel portafo-glio dell’impresa che l’ha emesso o se è stato presentato in banca per l’incasso secon-do una delle modalità illustrate in precedenza. In quest’ultimo caso occorre richiama-re l’effetto e ripetere le rilevazioni di emissione dell’effetto per l’importo rinnovato.

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Esempio 10

La Omega S.p.A. ha in portafoglio un effetto attivo per 20.000 €, in scadenza il 1° febbraio. Il 25 gennaio il debitore chiede ed ottiene un rinnovo totale dell’effetto sino al 1° aprile, dietro paga-mento di un interesse calcolato su un tasso pari al 5%. Il rinnovo dell’effetto è effettuato in data 1 febbraio.

Il calcolo degli interessi attivi è effettuata come segue: anzitutto si devono contare i giorni di “proroga”, che nel caso di specie sono 59 e poi moltiplicare l’importo dell’effetto (20.000) per il tasso di interesse annuo, riproporzionato sui 59 giorni.

1 febbraio Dare Avere

Clienti 20.162

Effetti attivi (vecchio) 20.000

Interessi attivi 162

1 febbraio

Effetti attivi (nuovo) 20.162

Clienti 20.162

Esempio 11

La Omega S.p.A. in data 26 aprile riceve dall’istituto di credito, a cui aveva presentato allo sconto una serie di effetti, un effetto protestato di 5.000 €. Le spese di protesto sono quantificate in 100 € e le commissioni bancarie in 50 €. L’istituto di credito addebita l’insoluto e le spese sul conto cor-rente e lo stesso giorno la Omega emette un nuovo effetto nei confronti del cliente per l’importo complessivo del credito (incluso l’addebito delle spese sostenute).

26 aprile Dare Avere

Effetti insoluti e protestati 5.000

Spese di protesto 100

Commissioni bancarie 50

Banca c/c 5.150

26 aprile

Clienti 5.150

Effetti insoluti e protestati 5.000

Rimborso spese per protesto 150

26 aprile

Effetti attivi 5.150

Clienti 5.150

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Qualora l’impresa intenda protestare l’effetto e questo sia stato presentato in ban-ca per l’incasso, è la banca medesima che procede direttamente all’espletamento della procedura di protesto.

Per il tramite del protesto, che viene materialmente eseguito da un pubblico uffi-ciale, si vuole ottenere il pagamento dell’effetto. Se anche alla luce di questo tentativo di riscossione il debitore non adempie alla propria obbligazione, il protesto viene pub-blicato e trascritto sulla cambiale. Solitamente, all’atto del protesto, l’impresa emette un nuovo titolo denominato tratta di rivalsa a copertura dell’effetto inevaso, attraver-so il quale si cercano di recuperare anche le spese di protesto e gli interessi.

2.2. Le operazioni di finanziamento a medio-lungo termine

2.2.1. I mutui passivi

La forma di finanziamento a medio-lungo termine più di frequente riscontrata nella prassi è costituita dal mutuo passivo. Il mutuo passivo costituisce un’operazio-ne di finanziamento a titolo oneroso e di durata ultrannuale concessa da istituti di credito. L’istituto di credito che eroga il mutuo concede in prestito all’impresa una data somma di denaro, dietro il versamento di interessi passivi e col patto di restitu-zione della quota capitale secondo un piano di ammortamento prefissato, o intera-mente a scadenza.

Il mutuo può essere contratto:

– con garanzie reali (iscrizione di ipoteca o altro diritto reale su beni di proprietà del contraente) o senza garanzie reali (chirografario);

– a tasso d’interesse fisso o variabile.

La procedura per addivenire alla stipula del contratto di mutuo, che può durare anche alcuni mesi, segue un iter denominato istruttoria, nel corso del quale viene ri-chiesta e prodotta una serie di documenti necessari all’istituto di credito per delibera-re il finanziamento; in questa fase, in cui la somma mutuata non è ancora accreditata all’impresa, non è necessario effettuare alcuna rilevazione contabile. Come noto, du-rante la fase istruttoria l’impresa sostiene una serie di oneri, che devono essere con-teggiati in sede di rilevazione dell’operazione di mutuo al fine di addivenire al corret-to costo effettivo complessivo dell’operazione. Dal momento che tali costi rappresen-tano sovente somme rilevanti e attengono ad un’operazione avente utilità pluriennale per l’impresa, è opportuno ripartirne l’importo per competenza sulla durata com-plessiva del finanziamento, tramite l’utilizzo dei risconti attivi 17.

Per quanto attiene al rimborso del prestito, l’impresa e l’istituto di credito pos-sono accordarsi per:

17 Per quanto attiene alla natura ed al funzionamento dei risconti si rimanda al successivo Capitolo Settimo.

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– rimborsare gradualmente il mutuo, secondo un piano di ammortamento prefis-sato;

– rimborsare l’intera quota capitale a scadenza.

Nella prassi la soluzione più frequentemente adottata è quella che prevede un piano di restituzione del mutuo graduale, attraverso la corresponsione di una quota periodica che comprende sia il rimborso del capitale sia la liquidazione degli inte-ressi passivi. Le rate di mutuo possono essere:

– a quote capitale costanti (o italiano); – a quote interessi costanti (o americano); – a quote costanti (o francese).

Il piano di ammortamento più utilizzato nella prassi operativa è quello francese, che prevede la corresponsione di rate costanti composte da quote capitale crescenti e quote interessi decrescenti lungo tutta la durata del finanziamento. Contabilmente occorre rilevare separatamente la quota rimborsata per interessi e per rimborso di capitale, al fine di rilevare correttamente la riduzione del debito di finanziamento.

Per quanto riguarda la rilevazione iniziale dei mutui passivi, per i bilanci degli e-sercizi che sono iniziati dal 1° gennaio 2016, sono state introdotte nuove regole, in base alle quali (art. 2426 n. 8 c.c.) i debiti devono essere valutati «secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale». In precedenza, i debi-ti venivano valutati al loro valore nominale, ovvero secondo il valore da rimborsare al creditore nel momento della restituzione 18.

Per la definizione del criterio del costo ammortizzato, il nostro Legislatore all’art. 2426, comma 2 del Codice Civile rimanda a quella prevista dai principi contabili in-ternazionali adottati dall’Unione Europea. Tale definizione è presente nello IAS 39 (par. 9), ed è stata riportata anche all’interno del Principio Contabile OIC 19 – Debi-ti, al punto 19, il quale recita:

«Il costo ammortizzato di un’attività o passività finanziaria è il valore a cui l’atti-vità o la passività finanziaria è stata valutata al momento della rilevazione iniziale al netto dei rimborsi di capitale, aumentato o diminuito dall’ammortamento cumulato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo su qualsiasi differenza tra il valore ini-ziale e quello a scadenza e dedotta qualsiasi riduzione (operata direttamente o at-traverso l’uso di un accantonamento) a seguito di una riduzione di valore o di irre-cuperabilità».

Il criterio dell’interesse effettivo è, pertanto, nel caso di specie, un metodo di cal-colo del costo ammortizzato di una passività finanziaria e di ripartizione degli interes-si, attivi o passivi, lungo il relativo periodo.

Il tasso di interesse effettivo è quel tasso che attualizza esattamente i pagamenti o gli incassi futuri stimati lungo la durata del debito; in sostanza il tasso di interesse

18 Per approfondimenti si veda V. TIBILETTI, I crediti, i debiti e i fondi per rischi e oneri, in S. AZZALI (a cura di), Financial reporting and Accounting standards, Giappichelli, Torino, 2017.

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effettivo rappresenta il tasso interno di rendimento (TIR), costante lungo la durata del debito. Il TIR è il tasso che eguaglia a zero il valore attuale dei flussi di cassa.

Ipotizzando un finanziamento avente durata di 5 anni, la formula è la seguente (per Int si intendono gli interessi annui nominali):

Capitale iniziale – [Int (1 + i)– 1 + Int (1 + i)– 2 + Int (1 + i)– 3 + Int (1 + i)– 4 + Capitale finale (1 + i)– 5 ] = 0

In estrema sintesi il costo ammortizzato rappresenta un criterio di valutazione che

ripartisce le componenti di reddito associate al debito lungo la durata dello stesso. Il criterio prevede il progressivo allineamento del valore iniziale del debito, dato dal va-lore nominale iniziale rettificato dai costi o ricavi di transazione, al suo valore di rim-borso a scadenza mediante ammortamento della differenza tra i due valori. Le com-ponenti economiche portate a rettifica del valore iniziale del debito sono imputate al conto economico lungo la durata dello stesso secondo una metodologia finanziaria. In tale ottica, il tasso di interesse effettivo viene utilizzato per riallineare, con il tra-scorrere del tempo, il valore contabile iniziale a quello a scadenza 19.

Rispetto al criterio generale prima enunciato, esistono due fattispecie in cui le im-prese possono non applicare il criterio del costo ammortizzato ed iscrivere i debiti al valore nominale; questi sono:

1. in ossequio al principio di rilevanza di cui all’art. 2423, comma 4, c.c. 20, il cri-terio del costo ammortizzato può non essere applicato se i costi di transazione, le commissioni pagate tra le parti e ogni altra differenza tra valore iniziale e valore a scadenza sono di scarso rilievo;

2. le società che redigono il bilancio in forma abbreviata (art. 2435-bis c.c.) e le micro-imprese (art. 2435-ter c.c.) possono non applicare il criterio del costo am-mortizzato e non tenere conto del fattore temporale. In questo caso i costi di tran-sazione possono essere considerati quali oneri pluriennali ed eventualmente riscon-tati negli esercizi in funzione della durata del debito.

Di seguito vengono riportati due esempi; il primo è svolto con il criterio del co-sto ammortizzato, il secondo al valore nominale.

19 Con l’applicazione del costo ammortizzato, i costi di transazione, le eventuali commissioni attive e passive e ogni differenza tra valore iniziale e valore nominale a scadenza vengono di fatto “ammor-tizzati” lungo la durata attesa del debito. Il loro “ammortamento” integra o rettifica gli interessi passi-vi calcolati al tasso nominale, di modo che il tasso di interesse effettivo possa rimanere un tasso di in-teresse costante lungo la durata del debito da applicarsi al suo valore contabile.

20 L’attuale testo del comma 3 dell’art. 2423 c.c. recita: «Non occorre rispettare gli obblighi in te-ma di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irri-levanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta. Rimangono ermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture contabili. Le società illustrano nella nota integrativa i criteri con i quali hanno dato attuazione alla presente disposizione».

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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Esempio 12

La Lambda S.p.A., in data 1 gennaio, stipula un contratto di mutuo chirografario con il proprio istituto di credito per un ammontare complessivo di 100.000 €. L’importo viene accreditato in pari data, al netto delle spese di istruttoria di 5.000 €.

Le condizioni del mutuo sono le seguenti: – durata 5 anni; – tasso d’interesse fisso pari al 5%; – quote capitale annue costanti da 20.000 € cadauna.

Il 31 dicembre la società provvede a liquidare la prima rata di mutuo.

Si applica il criterio del costo ammortizzato.

Il debito viene inizialmente iscritto al netto dei costi di transazione, che nel caso di specie si riferiscono alle spese di istruttoria, pari a 5.000 €.

1 gennaio

Banca c/c 95.000

Mutui passivi 95.000

È opportuno procedere alla specifica del c.d. piano di ammortamento del mutuo, il cui rim-borso avviene a quote capitale costanti (20.000 € cadauna) e quota interessi decrescente, dal momento che il debito residuo capitale cala di anno in anno e che la quota interessi viene cal-colata sul debito residuo.

Si riporta di seguito la tabella che sintetizza tutti i dati del piano di ammortamento del mutuo.

Anno rata capitale rata interessi nominali rata totale debito capitale

residuo 1 20.000 5.000 25.000 80.000 2 20.000 4.000 24.000 60.000 3 20.000 3.000 23.000 40.000 4 20.000 2.000 22.000 20.000

5 20.000 1.000 21.000 0 Totale 100.000 15.000

A questo punto si definiscono i flussi di cassa al fine di calcolare il tasso di interesse effettivo, che – arrotondato – risulta pari al 7%. I flussi di cassa sono determinati con riferimento agli introiti (incasso iniziale dalla Banca) ed esborsi effettivi di cassa (somma di quota capitale e quota interessi annui) lungo la durata del debito.

(segue)

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Anno Flussi di cassa

0 95.000

1 – 25.000

2 – 24.000

3 – 23.000

4 – 22.000

5 – 21.000

TIR 7%

Qui viene esplicitata la formula che conduce ad ottenere il TIR (i) pari al 7% (arrotondato):

95.000 – [25.000 (1 + i)– 1 + 24.000 (1 + i)– 2 + 23.000 (1 + i)– 3 + 22.000 (1 + i)– 4 + 21.000 (1 + i)– 5] = 0.

Individuato il TIR, si possono calcolare gli interessi “effettivi” del mutuo, ovvero quelli di compe-tenza, che tengono conto anche degli iniziali costi di transazione e che servono per ripartire sulla durata del prestito, in una logica finanziaria, gli oneri accessori. Di fatto i 5.000 € tratte-nuti dalla banca all’inizio del prestito sono equiparabili a interessi sostenuti in via anticipata, che incidono sul costo effettivo del prestito.

Qui sotto sono indicati i valori interessati.

Anno Interessi nominali

(a)

Debito a inizio anno

(b)

Interessi di competenza (b * TIR)

Delta interessi

(c)

Quota capitale

rimborsata (d)

Debito a fine anno (b + c – d)

1 5.000 95.000 6.595 1.595 20.000 76.595 2 4.000 76.595 5.318 1.318 20.000 57.913 3 3.000 57.913 4.021 1.021 20.000 38.934 4 2.000 38.934 2.703 703 20.000 19.637 5 1.000 19.637 1.363 363 20.000 0

Di seguito si riportano le scritture relative alla liquidazione della prima rata del mutuo. In sostanza, a conto economico andranno iscritti gli “interessi di competenza”, mentre l’uscita bancaria si riferirà solo agli “interessi nominali”. Il “delta interessi” rappresenta quindi, in ogni esercizio, la differenza tra gli interessi di competenza (calcolati col tasso di interesse effettivo) e gli interessi nominali (calcolati con il tasso di interesse nominale). Per entrambe le scritture di rilevazione degli interessi, la prima in cui addebitiamo a conto economico gli interessi di com-petenza e la seconda in cui addebitiamo l’uscita finanziaria degli interessi nominali, la contro-partita è la voce “Mutui passivi”, che viene quindi in definitiva aumentata del delta interessi di ogni esercizio. Si vedano qui sotto nel dettaglio le scritture contabili.

(segue)

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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31 dicembre 1

Gli interessi di competenza vengono calcolati ogni anno come moltiplicazione tra il debito a inizio anno e il tasso di interesse effettivo; nel primo anno quindi, i 6.595 € di interessi passivi di effettiva competenza si calcolano moltiplicando il debito a inizio anno di 95.000 € per il 7%.

Interessi passivi su mutui 6.595

Mutui passivi 6.595

L’esborso finanziario dal c/c per la rata di rimborso è pari al valore nominale degli interessi, calcolati al 5% (e quindi per il primo anno pari a 5.000 €), e alla quota capitale.

Mutui passivi 25.000

Banca c/c 25.000

Il debito residuo al termine del primo anno ammonta a 76.595. al 31 dicembre dell’anno 2 si procede come indicato effettuando il calcolo degli interessi effettivi e rimborsando il debito per il valore nominale degli stessi unitamente alla quota capitale.

31 dicembre 2

Interessi passivi su mutui 5.318

Mutui passivi 5.318

Mutui passivi 24.000

Banca c/c 24.000

Negli ultimi esercizi la quota di interessi di competenza sarà inferiore al valore dell’esborso fi-nanziario e in tal modo si estinguerà il debito complessivo.

Esempio 13

Si considerino gli stessi dati dell’esempio precedente. Non si applica il criterio del costo ammortizzato.

1 gennaio Dare Avere

Banca c/c 100.000

Mutui passivi 100.000

1 gennaio

Oneri accessori mutuo 5.000

Banca c/c 5.000

31 dicembre

Interessi passivi su mutui 5.000

Mutui passivi 20.000

Banca c/c 25.000

(segue)

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Al 31.12 si rende necessario ammortizzare le spese di istruttoria.

31 dicembre Dare Avere

Quota ammortamento oneri pluriennali 1.000

Oneri pluriennali 1.000

2.2.2. I prestiti obbligazionari

I prestiti obbligazionari rappresentano forme di finanziamento a medio-lungo termine che consentono all’impresa 21 di approvvigionarsi delle risorse finanziarie necessarie attraverso l’emissione sul mercato di titoli di credito denominati obbliga-zioni, che vengono acquistati da soggetti che – senza assumersi i rischi conseguenti alla gestione d’impresa – ottengono una remunerazione certa costituita dagli inte-ressi passivi liquidati.

I soggetti che finanziano l’impresa sottoscrivendo le obbligazioni e versando il corrispondente importo a favore dell’impresa stessa sono denominati obbligazioni-sti e divengono titolari di un titolo di credito. Quest’ultimo deve contenere, oltre alle generalità dell’obbligazionista se il certificato è nominativo e non al portatore, una serie di indicazioni volte a riassumere le caratteristiche del prestito: data di emissione, valore nominale, tassi di interesse, modalità di rimborso, data di restituzione 22.

Il costo dell’operazione è costituito dagli interessi passivi che l’impresa deve ri-conoscere agli obbligazionisti a periodicità costante sino alla data stabilita per il rimborso del capitale (detta anche cedola).

Il prestito obbligazionario può essere emesso secondo tre diverse modalità, per il tramite di un intermediario autorizzato o direttamente presso i risparmiatori:

1 Alla pari Prezzo di emissione uguale al valore nominale delle obbligazioni rimborsate a scadenza –

2 Sotto la pari Prezzo di emissione è inferiore al valore nominale delle obbligazioni rimborsate a scadenza

Disaggio di emissione

3 Sopra la pari Prezzo di emissione superiore al valore nominale delle obbligazioni rimborsate a scadenza

Aggio di emissione

21 Si fa presente che non tutte le imprese possono emettere prestiti obbligazionari, ma solo quelle organizzate nella forma di società di capitali (società per azioni, società in accomandita per azioni e società a responsabilità limitata). Per queste ultime la possibilità di emettere prestiti obbligazionari è subordinata alla presenza di apposita clausola statutaria.

22 Tutte le condizioni del prestito sono riassunte in un documento formale redatto a cura degli am-ministratori della società emittente, denominato Regolamento del prestito obbligazionario. Il Regola-mento viene solitamente trascritto sui certificati obbligazionari e costituisce un documento obbligato-rio per Legge.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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I prestiti obbligazionari, rientrando nella macroclasse dei “Debiti” devono esse-re valutati secondo il criterio del costo ammortizzato, con alcune peculiarità che dipendono dalla modalità di emissione.

I principali momenti connessi all’emissione e sottoscrizione di un prestito obbli-gazionario sono riassumibili come segue:

1. emissione del prestito obbligazionario (tramite delibera dell’organo sociale com-petente);

2. collocamento dei titoli obbligazionari (sottoscrizione e versamento da parte de-gli obbligazionisti);

3. liquidazione e pagamento degli interessi maturati; 4. rimborso del prestito.

1. Emissione del prestito obbligazionario

La contabilizzazione del momento dell’emissione del prestito differisce a secon-da che lo stesso sia emesso alla pari, sopra la pari o sotto la pari.

Nel primo caso (emissione alla pari) si rileva il debito di finanziamento e il cre-dito, di pari importo, nei confronti degli obbligazionisti che si sono impegnati a sottoscrivere il prestito.

Nel caso emissione sotto la pari, la differenza tra il valore nominale dei titoli e-messi e l’ammontare effettivamente incassato all’atto del collocamento è denomina-to disaggio di emissione e rappresenta un ulteriore onere per l’impresa connesso al finanziamento ottenuto. Trattasi, in sostanza, di una quota di interesse passivo non esplicito liquidato integralmente in via anticipata dall’emittente, al fine di rendere più appetibile la sottoscrizione del finanziamento. Il disaggio di emissione viene quindi valutato insieme al prestito obbligazionario con la procedura del costo ammortizza-to già illustrata in relazione ai mutui passivi.

È importante precisare che l’emissione del prestito sopra la pari rappresenta la fattispecie che si verifica con minore frequenza nella prassi, ed è riconducibile a ca-si in cui – tenuto conto delle interessanti condizioni dell’investimento – il finanzia-tore è disposto a pagare una somma più elevata pur di sottoscrivere il prestito. Ove l’emissione sia sopra la pari l’impresa si vede accreditata una somma superiore ri-spetto a quella che dovrà rimborsare a scadenza ai propri obbligazionisti e deve quin-di rilevare un provento finanziario anticipato chiamato aggio di emissione, da ripar-tirsi lungo la durata del prestito in base a competenza temporale sulla scorta di quan-to previsto dal criterio del costo ammortizzato.

2. Collocamento dei titoli obbligazionari

Il collocamento dei titoli obbligazionari può avvenire:

a) lo stesso giorno di decorrenza degli interessi: in questo caso la società emitten-te incassa soltanto il prezzo di emissione delle obbligazioni;

b) in data posteriore al giorno di decorrenza degli interessi: la società incassa il prezzo di emissione e la quota parte di interessi maturati tra la data di emissione e la data di sottoscrizione;

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La gestione finanziaria: reperimento di risorse e investimenti in titoli

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c) in data anteriore al giorno di decorrenza degli interessi 23: la società incassa una somma inferiore al prezzo di emissione in quanto deve riconoscere agli obbligazioni-sti la quota di interessi maturati tra la data di emissione e la data di sottoscrizione.

3. Liquidazione e pagamento degli interessi maturati

La remunerazione per gli obbligazionisti del finanziamento concesso è rappre-sentato dalla corresponsione degli interessi; tali interessi costituiscono l’onere fi-nanziario (valore economico) per l’impresa da sostenersi a fronte del prestito rice-vuto (valore finanziario).

Le scritture che si rilevano per la prima cedola devono essere ripetute anche in corrispondenza dell’addebito delle successive cedole. Per quanto concerne l’importo delle medesime, questo resta il medesimo se il tasso d’interesse è fisso e l’importo in linea capitale viene rimborsato interamente a scadenza, mentre è variabile in caso di tasso variabile e/o rimborso graduale della quota capitale del prestito.

Gli interessi sulle obbligazioni emesse sono soggetti alle ritenute fiscali previste dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. In particolare, l’art. 26 disciplina le diverse fat-tispecie in funzione della natura del soggetto emittente (banche/società quotate e società non quotate) e delle caratteristiche del prestito (durata e rendimento).

4. Rimborso del prestito

Il rimborso del prestito può avvenire in via graduale, secondo un piano prefissa-to, ovvero interamente a scadenza. Spesso il rimborso decorre solo dopo alcuni an-ni dall’emissione del prestito, trascorso il c.d. periodo di pre-ammortamento, in cui la società corrisponde solo le cedole sul finanziamento. Decorso tale periodo l’im-presa inizia a rimborsare anche la quota capitale per quote annue prestabilite.

Il rimborso può avvenire secondo differenti modalità:

a) rimborso totale del prestito a scadenza; b) estrazione a sorte di un lotto di obbligazioni per un importo totale pari alla

tranche che si deve rimborsare; c) acquisto di titoli propri sul mercato e successivo annullamento dei titoli acqui-

stati. Questa fattispecie, più ricorrente nel caso in cui le obbligazioni siano negoziate nei mercati borsistici, può rispondere anche a necessità di sostenimento momentaneo del prezzo dell’obbligazione o a situazioni di particolare liquidità dell’impresa.

Concludendo, per l’iscrizione iniziale dei prestiti obbligazionari valgono le stesse re-

gole già illustrate per i mutui passivi, ovvero in linea generale si deve applicare il crite-rio del costo ammortizzato e, nei casi in cui l’applicazione di tale criterio comporti ef-fetti irrilevanti sul bilancio, si può optare per la contabilizzazione al valore nominale.

23 Questo caso si riscontra poco di sovente nella prassi. Si precisa inoltre che, nel caso in cui nel-l’operazione intervenga un intermediario specializzato, quest’ultimo provvede solitamente a compen-sare le valute.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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Per le società che non applicano il metodo del costo ammortizzato, in presenza di disaggio di emissione, questo viene iscritto tra i risconti attivi e addebitato gradual-mente a conto economico in funzione della durata del prestito obbligazionario.

Esempio 14

La Gamma S.p.A., in data 1 gennaio dell’anno 1, emette un prestito obbligazionario da nominali 100.000 €, dietro corresponsione di una cedola annuale posticipata recante un tasso d’interesse annuo del 5% e durata 5 anni. L’emissione avviene ad un prezzo di emissione di pari a 98.000 €.

Il prestito risulta interamente sottoscritto e versato lo stesso giorno dell’emissione e viene rimbor-sato interamente a scadenza.

Il prestito viene contabilizzato secondo il criterio del costo ammortizzato.

Si prescinde dall’aspetto fiscale.

Il disaggio di emissione è pari a 2.000 € (100.000-98.000). Il disaggio di emissione rappresenta in estrema sintesi un ulteriore remunerazione del prestito, ovvero degli interessi pagati in via anticipata. Per tale motivo vengono considerati insieme agli interessi nominali al fine di deter-minare il tasso di interesse effettivo del prestito. Il valore iniziale di iscrizione del prestito è pari al suo valore nominale diminuito del disaggio di emissione.

1 gennaio anno 1 Dare Avere

Obbligazionisti c/sottoscrizione 98.000

Prestito obbligazionario 98.000

Banca c/c 98.000

Obbligazionisti c/sottoscrizione 98.000

Si costruiscono i flussi di cassa al fine di calcolare il tasso di interesse effettivo, che – arroton-dato – risulta pari al 5,47%. I flussi di cassa si riferiscono nel primo anno all’accredito del pre-stito obbligazionario al netto del disaggio di emissione, negli anni successivi agli interessi no-minali che devono essere pagati agli obbligazionisti e nell’ultimo anno inoltre anche all’uscita relativa al valore nominale complessivo del prestito da rimborsare.

Anno Flussi di cassa

0 98.000 1 – 5.000 2 – 5.000 3 – 5.000 4 – 5.000 5 – 105.000

(segue)

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La gestione finanziaria: reperimento di risorse e investimenti in titoli

123

Qui viene esplicitata la formula che conduce ad ottenere il TIR (i) pari al 5,47%:

98.000 – [5.000 (1 + i)– 1 + 5.000 (1 + i)– 2 + 5.000 (1 + i)– 3 + 5.000 (1 + i)– 4 + 105.000 (1 + i)– 5] = 0.

Individuato il TIR, si possono calcolare gli interessi “effettivi” del prestito obbligazionario, ov-vero quelli di competenza, che tengono conto anche del disaggio di emissione e che servono per ripartire tale disaggio sulla durata del prestito, in una logica finanziaria.

Qui sotto sono indicati i valori interessati.

Anno Interessi nominali

(a)

Debito a inizio anno

(b)

Interessi di competenza (b * TIR)

Delta interessi

(c)

Debito a fine anno

(b + c)

1 5.000 98.000 5.359 359 98.359

2 5.000 98.359 5.378 378 98.737

3 5.000 98.737 5.399 399 99.136

4 5.000 99.136 5.421 421 99.556

5 5.000 99.556 5.444 444 0*

* Nell’ultimo anno si procede al rimborso dei 100.000 € di capitale.

Il “delta interessi” rappresenta, in ogni esercizio, la differenza tra gli interessi di competenza (calcolati col tasso di interesse effettivo) e gli interessi nominali (calcolati con il tasso di interes-se nominale). Di seguito si riportano le scritture relative alla liquidazione della prima cedola del prestito. Nella prima scrittura rileviamo in dare a conto economico gli interessi di competenza, calcolati con il tasso di interesse effettivo sul “Debito a inizio anno”; nella seconda scrittura rileviamo l’uscita effettiva relativa agli interessi nominali calcolati sul debito totale nominale (100.000 €).

In entrambe le scritture la contropartita è il “Prestito obbligazionario”, il cui valore si incre-menta in ogni esercizio del “delta interessi” rilevato.

31 dicembre anno 1 Dare Avere

Interessi passivi prestito obbligazionario 5.359

Prestito obbligazionario 5.359

Prestito obbligazionario 5.000

Banca c/c 5.000

In data 31 dicembre dell’anno 5 la Gamma S.p.A. provvede al rimborso del prestito agli obbliga-zionisti.

Si rileva la diminuzione del prestito obbligazionario per un importo complessivo pari al valore nominale delle obbligazioni. Contestualmente al rimborso delle obbligazioni si rende necessario liquidare anche la relativa quota di interessi maturati sino a tale data.

(segue)

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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31 dicembre anno 5 Dare Avere

Interessi passivi prestito obbligazionario 5.444

Prestito obbligazionario 5.444

Prestito obbligazionario 5.000

Banca c/c 5.000

Prestito obbligazionario 100.000

Banca c/c 100.000

Esempio 15

La Omega S.p.A., in data 1 gennaio, emette un prestito obbligazionario costituito da n. 10.000 obbligazioni dal valore nominale di 10 € cadauna, dietro corresponsione di una cedola semestrale posticipata recante un tasso d’interesse annuo del 3%. L’emissione avviene ad un prezzo di emis-sione di ciascuna azione pari a 9,7 €. Il prestito obbligazionario ha durata di 5 anni.

Non si applica il criterio del costo ammortizzato.

Rispetto al caso precedente, il prestito viene iscritto al suo valore nominale di rimborso (€ 100.000). Occorre quindi iscrivere il disaggio di emissione nel conto economico come ulterio-re componente di costo dell’operazione e riscontare a fine esercizio tale importo in funzione della durata residua del prestito obbligazionario.

1 gennaio anno 1 Dare Avere

Obbligazionisti c/sottoscrizione 97.000

Disaggio di emissione 3.000

Prestito obbligazionario 100.000

Banca c/c 97.000

Obbligazionisti c/sottoscrizione 97.000

Gli interessi vengono rilevati moltiplicando il valore nominale del prestito per il tasso di inte-resse annuo, parametrato al semestre.

30 giugno anno 1 Dare Avere

Interessi passivi prestito obbligazionario 1.500

Obbligazionisti c/interessi 1.500

30 giugno anno 1 Dare Avere

Obbligazionisti c/interessi 1.500

Banca c/c 1.500

In data 31.12 del primo anno si rende necessario riscontare il disaggio di emissione rilevato inizialmente per imputarlo per competenza economica lungo la durata del prestito. Il risconto attivo ammonta ad euro 2.400 (risultato dell’operazione: 3.000 – (3.000*1/5)).

(segue)

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La gestione finanziaria: reperimento di risorse e investimenti in titoli

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31 dicembre anno 1 Dare Avere

Interessi passivi prestito obbligazionario 1.500

Obbligazionisti c/interessi 1.500

31 dicembre anno 1 Dare Avere

Obbligazionisti c/interessi 1.500

Banca c/c 1.500

In data 31 dicembre dell’anno 5 la Omega S.p.A. provvede al rimborso del prestito agli obbliga-zionisti.

Si rileva la diminuzione del prestito obbligazionario per un importo complessivo pari al valore nominale delle obbligazioni. Contestualmente al rimborso delle obbligazioni si rende necessa-rio liquidare anche la relativa quota di interessi maturati sino a tale data.

31 dicembre anno 5 Dare Avere

Interessi passivi prestito obbligazionario 1.500

Obbligazionisti c/interessi 1.500

31 dicembre anno 5 Dare Avere

Obbligazionisti c/interessi 1.500

Banca c/c 1.500

Prestito obbligazionario

Banca c/c 100.000

100.000

2.2.3. I prestiti obbligazionari convertibili

Una particolare tipologia di prestito obbligazionario è costituito da quello con-vertibile in azioni della società emittente. Il sottoscrittore può decidere se converti-re, a determinate condizioni e scadenze, le proprie obbligazioni in azioni e mutare quindi la propria figura da finanziatore (e quindi apportatore di capitale di credito) a socio (apportatore di capitale di rischio).

L’emissione di obbligazioni convertibili in azioni richiede formalità aggiuntive rispetto alla semplice emissione di azioni, tra le quali la definizione del rapporto di conversione obbligazioni/azioni, il periodo e le modalità di conversione. L’organo deputato all’emissione delle obbligazioni convertibili è l’assemblea straordinaria dei soci che, in concomitanza dell’emissione, è tenuta a deliberare un aumento di capi-tale sociale di pari importo al servizio del prestito.

Si fa presente che il rapporto di cambio azioni/obbligazioni non può essere sot-to la pari, ma solo alla pari e sopra la pari, in virtù del divieto contenuto nell’art. 2346, comma 5, c.c., che prevede che «In nessun caso il valore dei conferimenti può essere complessivamente inferiore all’ammontare globale del capitale sociale».

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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La conversione può essere effettuata secondo due diverse previsioni, da stabilir-si a priori nel regolamento del prestito obbligazionario:

– direttamente, assegnando azioni della società emittente in luogo delle obbliga-zioni prima possedute;

– indirettamente, attraverso assegnazione di azioni di altre società in portafoglio della società emittente il prestito originario.

Esempio 16

Si ipotizza un prestito obbligazionario emesso da Gamma S.p.A. convertibile in azioni e che in data 10 maggio sia richiesta la conversione di n. 5.000 obbligazioni dal valore nominale di 10 € l’una. Nel caso di conversione alla pari si convertono n. 5.000 obbligazioni in n. 5.000 azioni dal valore nominale di 10 € l’una.

10 maggio Dare Avere

Prestito obbligazionario 50.000

Capitale sociale 50.000

Nel caso di conversione sopra la pari, si ipotizza la conversione di n. 5.000 obbligazioni in n. 4.000 azioni dal valore nominale di 10 € l’una.

In questa fattispecie emerge un valore differenziale riconducibile ad un “sovraprezzo” delle azioni, da iscriversi in apposita riserva del patrimonio netto 24.

10 maggio Dare Avere

Prestito obbligazionario 50.000

Riserva sovraprezzo azioni 10.000

Capitale sociale 40.000

3. Gli investimenti finanziari

Nelle aziende industriali e commerciali, oltre all’attività caratteristica di acquisi-zione e consumo di materie e servizi, di impiego del lavoro umano e dei fattori pro-duttivi pluriennali per la realizzazione e vendita dei beni e servizi, si inseriscono altre aree di attività, denominate extracaratteristiche o accessorie: trattasi di operazioni di investimento, che spesso comportano impieghi di tipo finanziario o immobiliare.

Il principio dell’unitarietà della gestione d’impresa comporta un forte collega-mento tra le operazioni accessorie e le attività tipiche o caratteristiche, tenuto conto che le prime sono poste in essere in subordine alle seconde, in assenza delle quali l’impresa non potrebbe perseguire i propri fini istituzionali.

24 Per approfondimenti sul patrimonio netto e sulle “parti ideali” in cui può trovare scomposizio-ne si rimanda al successivo Capitolo Sesto.

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La gestione finanziaria: reperimento di risorse e investimenti in titoli

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Al fine di inquadrare correttamente le operazioni in esame e procedere ad un’op-portuna rilevazione in contabilità, è necessario analizzare il profilo economico delle medesime, in modo da verificare se tali investimenti siano da considerarsi attinenti l’attività caratteristica dell’impresa o siano da inquadrarsi quali investimenti acces-sori. Nelle aziende bancarie, assicurative e finanziarie, infatti, gli investimenti di se-guito illustrati costituiscono a tutti gli effetti operazioni caratteristiche, mentre nelle aziende industriali, mercantili e di servizi sono tradizionalmente considerati opera-zioni atipiche o extracaratteristiche.

Le operazioni di investimento finanziario possono essere suddivise secondo le finalità che conducono l’impresa ad effettuare l’investimento accessorio:

– operazioni di prestito attivo; – operazioni di investimento in immobilizzazioni non caratteristiche; – operazioni di investimento in titoli a reddito fisso; – operazioni di investimento in titoli a reddito variabile.

Le operazioni di prestito attivo consistono nel concedere denaro a soggetti terzi a titolo di credito, a fronte del pagamento di un interesse attivo.

Le operazioni di investimento in immobilizzazioni non caratteristiche comportano l’acquisizione duratura di immobili civili e terreni non utilizzati nella normale attività d’impresa, ma acquisiti col fine di ottenere rendite immobiliari o proventi da realizzo.

I titoli a reddito fisso sono titoli di credito rappresentativi di un credito nei con-fronti del soggetto che li emette.

I titoli a reddito variabile, o partecipazioni, sono titoli rappresentativi del posses-so di una quota del capitale di una società.

Si trattano di seguito le rilevazioni contabili delle ultime due fattispecie, riman-dando ad altra sede l’argomento delle operazioni di prestito attivo 25 e delle opera-zioni in immobilizzazioni non caratteristiche.

3.1. Operazioni in titoli a reddito fisso

I titoli a reddito fisso sono titoli di credito emessi da società o enti che intendono raccogliere mezzi finanziari da soggetti che, possedendo liquidità eccedenti rispetto alle necessità della normale gestione, trovano convenienza nell’impiegare tali som-me in investimenti in titoli.

I titoli a reddito fisso rappresentano valori finanziari e garantiscono al sotto-scrittore un rendimento fisso, consistente in un interesse attivo (valore economico) prefissato all’emissione e che può essere corrisposto periodicamente (in via posti-cipata od anticipata) o al termine dell’investimento in un’unica soluzione. Il sot-toscrittore deve normalmente riconoscere al soggetto che si occupa del colloca-

25 Le scritture contabili da effettuare con riferimento alle operazioni di prestito attivo sono del tutto ana-loghe a quelle già illustrate con riferimento a quelle di prestito passivo, tenuto conto del diverso punto di osservazione, che qui fa riferimento al soggetto che eroga il finanziamento e non a quello che lo riceve.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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mento dei titoli una commissione, che rappresenta un costo (valore economico). L’investitore, pur avendo il diritto al rimborso del capitale alla scadenza, può ne-

goziare lo stesso anche prima della scadenza 26. Nel momento della vendita del ti-tolo si può dunque realizzare una plusvalenza o una minusvalenza (valore economi-co), determinate come differenza tra prezzo di vendita e di sottoscrizione.

Sono titoli a reddito fisso i titoli emessi dallo Stato, da altri enti pubblici nazio-nali o sovranazionali, le obbligazioni pubbliche e private, i certificati di deposito e-messi da istituti di credito.

I titoli a reddito fisso sono classificabili in diverse categorie in funzione delle ca-ratteristiche dell’investimento. Si parla dunque di:

– titoli con cedola, nel caso in cui l’interesse attivo viene liquidato periodicamente lungo la durata dell’investimento. Fanno parte di questa categoria i CCT (Certificati di Credito del Tesoro), i BTP (Buoni del Tesoro Poliennali) e i titoli obbligazionari;

– titoli senza cedola o zero coupon, quando l’interesse attivo viene liquidato inte-ramente a scadenza in un’unica soluzione. Esempi di titoli senza cedola sono i BOT (Buoni Ordinari del Tesoro) e le obbligazioni senza cedola. Il rendimento dei titoli senza cedola è rappresentato dalla differenza tra il prezzo di emissione e il valore di rimborso.

Il Codice Civile prevede due diversi metodi di rilevazione per i titoli, a seconda che siano immobilizzati o iscritti nell’attivo circolante 27.

L’art. 2426, comma 1, n. 1 c.c. prescrive che «... le immobilizzazioni rappresen-tate da titoli sono rilevate in bilancio con il criterio del costo ammortizzato, ove ap-plicabile», mentre l’art. 2426, comma 1, n. 9 c.c. prevede che «... i titoli ... che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto, calcolato secondo il numero 1), ovvero al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mer-cato, se minore ...».

Per quanto riguarda l’applicazione del criterio del costo ammortizzato, la pro-cedura da seguire è la medesima già illustrata in precedenza per i debiti di finan-ziamento, cui si rimanda.

Si precisa infine che la trattazione che segue non tiene in considerazione gli aspetti fiscali di tassazione degli interessi e degli eventuali utili su titoli, che subiscono un di-verso trattamento in funzione della natura del percettore e del tipo di investimento effettuato e che risentono del costante e ciclico processo di evoluzione normativa.

Titoli con cedola

Il titolo si compone di due parti, una rappresentata dalla quota capitale e l’altra dalle cedole di interessi; la cedola è riscuotibile dalla data indicata sulla medesima,

26 La negoziazione può avvenire sia in Borsa (mercato ufficiale) sia in forma privata (mercato libero). 27 Per una completa disamina dei criteri di valutazione applicabili ai titoli si rimanda a P.L. MARCHINI,

I titoli di debito, in S. AZZALI (a cura di), Financial reporting and Accounting standards, Giappichelli, Torino, 2017.

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La gestione finanziaria: reperimento di risorse e investimenti in titoli

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data in cui incominciano a decorrere gli interessi della cedola successiva. Il prezzo di sottoscrizione del titolo con cedola è determinato dall’incontro tra

domanda e offerta, fenomeno che determina la quotazione o corso del titolo. Le modalità di quotazione più diffuse nella prassi sono le seguenti:

– corso secco: la quotazione esprime solo la quota capitale e non tiene conto degli interessi maturati e in via di maturazione;

– corso tel quel: la quotazione esprime la quota capitale e gli interessi maturati sino a quel momento;

– corso ex cedola: la quotazione esprime la quota capitale, diminuita degli inte-ressi che devono ancora maturare 28.

Sotto il profilo contabile, le operazioni relative ai titoli a reddito fisso possono essere rilevate:

– in un unico conto economico sintetico denominato “Titoli”; – in una pluralità di conti economici atti a racchiudere le specifiche operazioni che

riguardano i titoli, quali acquisti, vendite, rilevazione di rimanenze iniziali e finali.

Nel caso in cui i titoli vengano rilevati in un conto unico, i movimenti possono essere rilevati contabilmente a “costi, ricavi e rimanenze” o a “costi e costi”; per ciascuna di tali metodologie di contabilizzazione è possibile inoltre tenere il conto Titoli a corso sec-co o a corso tel quel. Se il conto Titoli è tenuto a corso secco nella rilevazione del-l’acquisto e della vendita si rilevano separatamente la quota degli interessi maturati e la quota relativa al valore del titolo; nel caso di tenuta del conto Titoli a corso tel quel, sia in sede di acquisto, sia in sede di vendita la quota di interessi maturata sul titolo non viene esposta separatamente, ma si rileva il valore “globale” della transazione.

Grafico 1 – La contabilizzazione dei titoli con cedola

Titoli con cedola

unico conto “Titoli” pluralità di conto “Titoli”

funzionamento a:

costi, ricavi e rimanenze

costi e costi

a corso secco

a corso tel quel

a corso secco

a corso tel quel

28 Questa è la modalità utilizzata più di rado.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

130

Il conto titoli a “costi, ricavi e rimanenze”

Utilizzando questa metodologia di contabilizzazione, il conto Titoli accoglie sol-tanto i costi e i ricavi relativi alle operazioni di acquisto e di vendita, senza determi-nare e rilevare separatamente l’eventuale utile o perdita derivante dalla negoziazio-ne. L’utile o la perdita su titoli viene determinata e imputata a Conto economico solo al termine dell’esercizio.

Con il metodo “costi ricavi e rimanenze”, quindi, il saldo al 31 dicembre del conto Titoli comprende il valore delle rimanenze finali (se esistenti) inclusivo delle eventuali plusvalenze e/o minusvalenze relative a tutto il periodo (che si riferiscono a tutti gli acquisti e le vendite del periodo).

In sintesi, il mastro del conto Titoli accoglie le seguenti voci:

Dare Avere

Costo d’acquisto titoli Corrispettivo cessione titoli

L’utile o la perdita lordi sono dunque determinati, al termine dell’esercizio, come

differenza tra il costo di acquisto dei titoli ed il corrispettivo della relativa cessione. Il conto Titoli può essere tenuto a “corso secco” o a “corso tel quel”. Se il conto Titoli è tenuto a “corso secco”, al momento dell’acquisto del titolo

l’impresa deve rilevare gli interessi passivi relativi alla cedola in corso di maturazio-ne da riconoscere a chi cede il titolo e al momento della vendita deve rilevare ana-logamente gli interessi attivi da incassare per la cedola in maturazione. Le scritture contabili di acquisto e vendita sono le seguenti (si ipotizza, al fine di semplificare l’esempio, di vendere i titoli allo stesso prezzo di acquisto):

--/-- Dare Avere

Titoli ---

Interessi attivi su titoli ---

Banca c/c ---

--/--

Banca c/c ---

Titoli ---

Interessi attivi su titoli ---

Se il conto Titoli è tenuto a “corso tel quel” sia nella rilevazione dell’acquisto,

sia in quella della vendita, gli interessi in via di maturazione non sono rilevati sepa-ratamente dal titolo.

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--/-- Dare Avere

Titoli ---

Banca c/c ---

--/--

Banca c/c ---

Titoli ---

Al termine dell’esercizio, in sede di valutazione dei titoli secondo le disposizioni

civilistiche, occorre inoltre verificare se si deve procedere alla svalutazione dei titoli o al ripristino del valore originario 29; gli importi relativi alle eventuali svalutazioni o ripristini di valore vengono a loro volta compensati con gli utili e le perdite effetti-vamente realizzati calcolati come indicato nell’esempio di cui sopra.

Esempio 17

La società Alfa S.p.A. acquista in data 10/3 n. 1.000 BTP all’8% lordo annuo, con godimento 10/6 e 10/12, per un valore nominale di 100.000 €. Il corso secco alla data dell’acquisto è di 95. In data 10/10 si procede alla vendita dei BTP; la quotazione a corso secco è pari a 102. Il conto titoli funziona a costi, ricavi e rimanenze ed è tenuto a corso secco. Non vi sono costi di transazione e i titoli non vengono rilevati secondo il criterio del costo am-mortizzato. Occorre calcolare gli interessi maturati alla data della negoziazione, tenendo conto che so-no trascorsi 3 mesi dallo stacco dell’ultima cedola e che il tasso di interesse è dell’8%. Per semplificare lo svolgimento dell’esempio, gli interessi vengono calcolati su base mensile an-ziché giornaliera; si precisa a tal proposito che nella prassi è infatti utilizzata quest’ultima modalità.

Rateo cedola = (100.000 × 8% × 3)/12 = 2.000 € Il corso secco dei titoli è invece pari a 1.000 × 95 = 95.000

10 marzo Dare Avere

Titoli di Stato (BTP) 95.000

Interessi attivi su Titoli di Stato 2.000

Banca c/c 97.000

29 Qualora al termine dell’esercizio si rendesse necessaria la svalutazione dei titoli, la differenza ascrivibile al minor valore rispetto al valore di carico degli stessi deve essere così rilevata:

--/-- Dare Avere

Svalutazione titoli (CE) ---

F.do svalutazione titoli (SP) ---

(segue)

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La scrittura contabile sopra evidenziata movimenta in modo “anomalo” il conto “interessi atti-vi” (in dare), in quanto rappresentativa di uno storno di ricavi. Il BTP viene infatti acquistato ad un prezzo superiore al suo corso secco, in quanto occorre riconoscere al venditore gli inte-ressi maturati a suo favore sino alla data della negoziazione. Al momento della maturazione della prima cedola, in data 10/6, si deve rilevare l’importo glo-bale della cedola. Importo globale cedola = (100.000 × 8% × 6)/12 = 4.000 €

La rilevazione degli interessi in partita doppia è la seguente:

10 giugno Dare Avere

Banca c/c 4.000

Interessi attivi su Titoli di Stato 4.000

Al momento della vendita, occorre calcolare gli interessi attivi che sono maturati in capo ad Alfa S.p.A. dalla data di stacco dell’ultima cedola (10/6) alla data di cessione dei titoli (10/10). Rateo cedola = (100.000 × 8% × 4)/12 = 2.666 € Il corso secco dei titoli è invece pari a 1.000 × 102 = 102.000

La rilevazione della vendita in partita doppia è la seguente:

10 ottobre Dare Avere

Banca c/c 104.666

Titoli di Stato (BTP) 102.000

Interessi attivi su Titoli di Stato 2.666

I mastri del conto titoli e del conto interessi sui titoli vengono così movimentati:

Titoli di Stato (BTP)

Dare Avere

Rimanenze iniziali 0 102.000 Ricavi di vendita Costi d’acquisto 95.000 0 Rimanenze finali Utile su titoli 7.000

Il saldo del mastro titoli evidenzia un utile su titoli di 7.000 €. Questo importo concorre alla formazione del reddito d’esercizio quale componente positiva.

Interessi attivi su Titoli di Stato

Dare Avere

Interessi operazione in data 10/3

2.000 4.000 Cedola in data 10/6

Saldo 4.666 2.666 Interessi operazionein data 10/10

Il saldo del mastro interessi su titoli evidenzia un utile su componente positivo di reddito di 4.666 €. Questo importo, insieme all’utile su titoli derivante dalla negoziazione dei medesimi, concorre alla formazione del reddito d’esercizio quale componente positivo.

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133

Esempio 18

Proseguiamo con i dati dell’esempio precedente, ipotizzando in questo caso la tenuta del conto titoli a “tel quel”.

Al momento dell’acquisto si rileva il costo del titolo, comprensivo degli interessi maturati sino a quella data.

10 marzo Dare Avere

Titoli di Stato (BTP) 97.000

Banca c/c 97.000

La rilevazione della riscossione della cedola in data 10/6 è la medesima dell’esercizio precedente.

In occasione della vendita in partita doppia si evidenzia, al pari dell’acquisto, l’importo globale dell’operazione senza distinguere la corrispondente quota interessi maturata.

10 ottobre Dare Avere

Banca c/c 104.666

Titoli di Stato (BTP) 104.666

I mastri del conto titoli e del conto interessi sui titoli vengono così movimentati:

Titoli di Stato (BTP)

Dare Avere

Rimanenze iniziali 0 104.666 Ricavi di vendita Costi d’acquisto 97.000 0 Rimanenze finali Utile su titoli 7.666

Il saldo del mastro titoli evidenzia un utile su titoli di 7.666 €. Questo importo concorre alla formazione del reddito d’esercizio quale componente positivo.

Interessi attivi su Titoli di Stato (BTP)

Dare Avere

Saldo 4.000 4.000 Cedola in data 10/6

Il saldo del mastro interessi su titoli evidenzia un utile su componente positivo di reddito di 4.000 €. Questo importo, insieme all’utile su titoli derivante dalla negoziazione dei medesimi, concorre alla formazione del reddito d’esercizio quale componente positivo.

Il conto titoli a “costi e costi”

Utilizzando questa metodologia di contabilizzazione, il conto Titoli accoglie le variazioni derivanti da acquisti e vendite di titoli, rilevate in corrispondenza di ogni operazione effettuata, con la conseguenza che gli utili e le perdite da negoziazione relativi ad ogni singola operazione vengono evidenziati direttamente.

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Nel momento della vendita il conto Titoli registra una variazione economica po-sitiva pari all’ammontare del valore di acquisto dei titoli; l’utile o la perdita derivan-ti dalla negoziazione, e quindi dalla differenza tra costo d’acquisto e ricavo di ven-dita, vengono invece rilevati in un apposito conto di reddito denominato plusvalen-ze o minusvalenze su titoli.

Con il metodo “costi e costi”, quindi, il saldo al 31 dicembre del conto Titoli comprende il valore delle rimanenze finali (se esistenti) valutate al costo. Le even-tuali plusvalenze o minusvalenze derivanti dalle cessioni di titoli registrate nel pe-riodo, vengono appunto rilevate in un differente conto e non confluiscono nel con-to Titoli.

Il mastro del conto Titoli accoglie di conseguenza le seguenti voci:

Dare Avere

Costo d’acquisto titoli Costo d’acquisto titoli venduti

Anche il conto Titoli a “costi e costi” può essere tenuto a corso secco o a corso

tel quel; valgono a tal proposito le analoghe rilevazioni riportate in precedenza con riferimento al conto Titoli tenuto a “costi, ricavi e rimanenze”.

Esempio 19

Riprendiamo i dati dell’esempio precedente ed esaminiamo le relative scritture contabili per il conto tenuto a “costi e costi”.

a) Corso secco

La rilevazione dell’acquisto dei titoli, in data 10/3, avviene secondo le medesime modalità pri-me evidenziate per l’analoga fattispecie.

10 marzo Dare Avere

Titoli di Stato (BTP) 95.000

Interessi attivi su Titoli di Stato 2.000

Banca c/c 97.000

La rilevazione della liquidazione della prima cedola è identica al caso precedente.

La rilevazione della vendita in partita doppia avviene, invece, diversamente rispetto al caso precedente, in quanto in avere vengono registrate tre variazioni economiche positive, rappre-sentative 1) dello “scarico” del conto titoli sulla base del costo d’acquisto, 2) degli interessi at-tivi maturati sino a quella data, 3) delle plusvalenze su titoli derivanti dalla differenza tra il co-sto d’acquisto e il prezzo di vendita dei titoli.

(segue)

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10 ottobre Dare Avere

Banca c/c 104.666 Titoli di Stato (BTP) 95.000 Interessi attivi su Titoli di Stato 2.666 Plusvalenze su Titoli 7.000

I mastri del conto titoli e del conto interessi sui titoli vengono così movimentati:

Titoli di Stato (BTP)

Dare Avere

Rimanenze iniziali 0 95.000 Vendite Acquisti 95.000 0 Rimanenze finali

Interessi attivi su Titoli di Stato

Dare Avere

Interessi operazionein data 10/3

2.000 4.000 Cedola in data 10/6

Saldo 4.666 2.666 Interessi operazionein data 10/10

Plusvalenze su Titoli

Dare Avere

Saldo 7.000 7.000 Plusvalenze su titoli L’operazione sopra descritta concorre alla formazione del risultato d’esercizio sia in virtù della rilevazione degli interessi attivi per 4.666 €, sia per l’evidenziazione delle plusvalenze su titoli per 7.000 €.

b) Corso tel quel Le scritture da rilevare in questo caso sono riportate di seguito. Al momento dell’acquisto: 10 marzo Dare Avere

Titoli di Stato (BTP) 97.000

Banca c/c 97.000

La rilevazione della liquidazione della prima cedola è identica al caso precedente.

Alla vendita:

10 ottobre Dare Avere

Banca c/c 104.666

Titoli di Stato (BTP) 97.000

Plusvalenze su titoli 7.666

(segue)

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I mastri del conto titoli e del conto interessi sui titoli vengono così movimentati:

Titoli di Stato (BTP)

Dare Avere

Rimanenze iniziali 0 97.000 Vendite Acquisti 97.000 0 Rimanenze finali

Interessi attivi su Titoli di Stato

Dare Avere

Saldo 4.000 4.000 Cedola in data 10/6

Plusvalenze su Titoli

Dare Avere

Saldo 7.666 7.666 Plusvalenze su titoli

L’operazione sopra descritta concorre alla formazione del risultato d’esercizio sia in virtù della rilevazione degli interessi attivi per 4.000 €, sia per l’evidenziazione delle plusvalenze su titoli per 7.666 €.

Esempio 20

La Beta S.p.A., in data 1 gennaio dell’anno 1, acquista un titolo obbligazionario da nominali 100.000 €, che frutta una cedola annuale posticipata recante un tasso d’interesse annuo del 6% e durata 5 anni. L’emissione avviene ad un prezzo di emissione di pari a 97.000 €.

Il titolo, detenuto in ottica durevole, è contabilizzato secondo il criterio del costo ammortizzato. Si prescinda dall’aspetto fiscale.

Il valore iniziale di iscrizione del titolo è pari al prezzo di acquisto.

1 gennaio anno 1 Dare Avere

Titoli obbligazionari 97.000

Banca c/c 97.000

Si rammenta che la differenza tra il valore nominale del titolo (100.000 €) e il prezzo di acqui-sto (97.000 €) rappresenta di fatto una ulteriore remunerazione del titolo, che viene incassata interamente a scadenza quando invece di vedersi accreditati 97.000 € ne vengono incassati 100.000 €. Il tasso di interesse effettivo, qui sotto calcolato, risulta essere quindi maggiore del 6% nominale.

Si costruiscono i flussi di cassa al fine di calcolare il tasso di interesse effettivo, che – arroton-dato – risulta pari al 6,73%.

I flussi di cassa si riferiscono nel primo anno all’acquisto del titolo (pagamento del prezzo), negli anni successivi agli interessi nominali che vengono incassati e nell’ultimo anno inoltre an-che all’entrata relativa al valore nominale complessivo del titolo rimborsato.

(segue)

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137

Anno Flussi di cassa

0 – 97.000 1 6.000 2 6.000 3 6.000 4 6.000 5 106.000

Individuato il TIR, si possono calcolare gli interessi “effettivi” del titolo, ovvero quelli di com-petenza, che tengono conto anche del prezzo di acquisto e che servono per ripartire sulla dura-ta del titolo lo scarto tra il prezzo di acquisto e il valore di rimborso in una logica finanziaria.

Qui sotto sono indicati i valori interessati.

Anno Cedola

nominale (a)

Titolo a inizio anno

(b)

Cedola di competenza

(b * TIR)

Delta cedola(c)

Titolo a fine anno

(b + c)

1 6.000 97.000 6.525 525 97.525

2 6.000 97.525 6.560 560 98.084

3 6.000 98.084 6.597 597 98.682

4 6.000 98.682 6.638 638 99.319 5 6.000 99.319 6.681 681 0

Di seguito si riportano le scritture relative alla liquidazione della prima cedola del titolo.

In sostanza, a conto economico andranno iscritti gli “interessi di competenza”, mentre l’entra-ta bancaria si riferirà solo agli “interessi nominali”.

31 dicembre anno 1 Dare Avere

Titoli obbligazionari 6.525

Interessi attivi per cedole titoli 6.525

Banca c/c 6.000

Titoli obbligazionari 6.000

In data 31 dicembre dell’anno 5 la Beta S.p.A. si vede liquidare il valore del titolo, unitamente all’ultima cedola di interessi. Si rileva il rimborso del titolo per un importo complessivo pari al valore nominale. Contestual-mente al rimborso del titolo si rende necessario liquidare anche la relativa quota di interessi ma-turati sino a tale data.

(segue)

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31 dicembre anno 5 Dare Avere

Titoli obbligazionari 6.525 Interessi attivi per cedole titoli 6.525 Banca c/c 6.000 Titoli obbligazionari 6.000 Banca c/c 100.000 Titoli obbligazionari 100.000

Titoli senza cedola

I titoli senza cedola differiscono da quelli con cedola per la forma tecnica di corresponsione degli interessi e le relative registrazioni contabili. Le due forme più diffuse di titoli senza cedola sono rappresentate dai già citati Buoni Ordinari del Tesoro (BOT) e dalle obbligazioni zero coupon (o zero coupon bond).

I primi sono titoli a breve durata emessi dallo Stato e normalmente collocati “sotto la pari”, ovvero sulla base di una quotazione più bassa rispetto al valore no-minale che viene rimborsato a scadenza; il rendimento di un BOT è dunque dato dalla differenza tra il suo prezzo di emissione e il suo valore nominale 30.

Le obbligazioni zero coupon hanno una durata più lunga rispetto ai BOT (cin-que-sei anni) e prevedono la corresponsione degli interessi in un’unica soluzione annuale in via anticipata secondo un tasso d’interesse prefissato. Il rimborso delle obbligazioni viene normalmente effettuato in rate costanti di capitale a partire dal secondo anno di emissione.

Le scritture contabili relative a BOT e obbligazioni zero coupon, del tutto analo-ghe, si riferiscono a:

– acquisto del titolo; – rilevazione degli eventuali ratei di interessi a fine anno (nel caso in cui la matu-

razione degli interessi non coincida con l’anno solare); – rimborso del titolo.

Esempio 21

La società Beta S.p.A. acquista in data 30/3 BOT annuali per nominali 100.000 € ad un prezzo di 90.000 €. Si prescinde in questa sede dagli aspetti fiscali.

Non si applica il criterio del costo ammortizzato.

30 marzo Dare Avere

BOT 90.000 Banca c/c 90.000

30 I BOT sono emessi normalmente con scadenze di tre, sei, dodici mesi.

(segue)

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Poiché il periodo di maturazione degli interessi non coincide con l’anno solare, al 31/12 è ne-cessario imputare secondo competenza gli interessi attivi maturati in tale data (9 mesi di inte-ressi), attraverso l’utilizzo dei ratei 31.

31 dicembre Dare Avere

Ratei attivi 7.500

Interessi attivi su BOT 7.500

Al momento del rimborso (30/3) viene chiuso il conto titoli attraverso la rilevazione dell’in-casso del valore nominale dei BOT; la differenza tra il valore nominale incassato e l’importo iscritto al conto titoli costituisce l’interesse attivo relativo all’operazione e di competenza del corrente esercizio. In pari data si rende altresì necessario chiudere il conto Ratei attivi, aperto nell’esercizio precedente per imputare gli interessi attivi di sua competenza.

30 marzo Dare Avere

Banca c/c 100.000

BOT 90.000

Interessi attivi su BOT 2.500

Ratei attivi 7.500

3.2. Operazioni in titoli a reddito variabile

Le operazioni in titoli a reddito variabile si sostanziano nell’acquisizione di parte-cipazioni nel capitale di rischio di società o enti. La remunerazione del titolo è legata all’eventuale distribuzione di dividendi da parte della società emittente ed è quindi strettamente connessa agli andamenti gestionali e ai risultati di bilancio dell’impre-sa partecipata.

Qualora l’investimento abbia carattere duraturo, le partecipazioni acquisite so-no iscritte in bilancio nelle immobilizzazioni finanziarie, mentre nel caso di investi-mento di breve termine avente carattere speculativo queste devono essere iscritte nell’attivo circolante tra le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazio-ni. Nel primo caso l’investimento viene effettuato, in linea generale, al fine di stabi-lire un solido legame tra investitore e partecipata, mentre nel secondo caso il sog-getto che acquisisce i titoli intende, attraverso una successiva negoziazione prima della scadenza, ottenere proventi da realizzo 32.

31 Sul tema dei ratei si veda il Capitolo Settimo. 32 Si fa presente che l’acquisto di partecipazioni non rappresenta necessariamente un’attività ex-

tracaratteristica o accessoria, ma può costituire anche l’oggetto dell’attività tipica d’impresa. Si fa qui riferimento alle holding di partecipazione, aventi come oggetto sociale la gestione di partecipazioni nel capitale di rischio di altre imprese, in un contesto di gruppo di imprese.

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Esulando dagli aspetti civilistici e fiscali di classificazione e valutazione delle partecipazioni 33, si riassumono di seguito le rilevazioni contabili da seguire in esito all’acquisto delle medesime:

1. acquisto e sottoscrizione; 2. riscossione dei dividendi; 3. vendita o rimborso.

Al pari dei titoli a reddito fisso, anche i conti accesi alle partecipazioni possono funzionare a “costi, ricavi e rimanenze” o a “costi e costi”.

La valutazione a fine esercizio dei titoli a reddito variabile può determinare la ne-cessità di iscrivere a Conto economico un componente negativo di reddito a titolo di svalutazione; il risultato di tale valutazione va dunque ad aggiungersi al risultato eco-nomico derivante dal saldo della gestione titoli effettuata nel corso dell’esercizio.

Rilevazione acquisto e sottoscrizione delle partecipazioni

Al momento dell’acquisto, si rileva la variazione economica negativa relativa al costo sostenuto per l’acquisto dei titoli (che non costituisce una componente nega-tiva di reddito ma un costo di investimento) e la variazione numeraria passiva rela-tiva o al pagamento o all’accensione di un debito nei confronti della partecipata. Nel costo d’acquisto sono inclusi anche gli oneri accessori, quali commissioni, bolli, spese notarili e così via.

Rilevazione riscossione dei dividendi

I dividendi costituiscono i componenti reddituali dell’investimento che, con di-verse modalità tecniche, vengono distribuiti a chi ha sottoscritto la partecipazione. Sotto il profilo fiscale, il trattamento dei dividendi differisce in ragione della natura del soggetto investitore e della quota di partecipazione posseduta (partecipazione qualificata o non qualificata in società quotata o non quotata) 34.

Rilevazione vendita o rimborso delle partecipazioni

La vendita o il rimborso delle partecipazioni comporta la contabilizzazione dello scarico del valore delle partecipazioni e l’evidenziazione del componente di reddito

33 I criteri di valutazione delle partecipazioni dipendono dalla loro classificazione tra le immobiliz-zazioni o nell’attivo circolante e dalla relativa natura di partecipazioni di controllo o di collegamento.

34 In particolare, nell’attuale versione della normativa vigente la tassazione varia in funzione della natura del socio (persona fisica fuori dell’ambito dell’attività d’impresa, persone fisiche imprenditori o soci di società di persone, società od ente soggetto all’IRES), del fatto che la società emittente sia quo-tata o non quotata e delle relative soglie di partecipazione. Si vedano in tale senso i seguenti riferimen-ti normativi: artt. 59, 68 ed 89 del D.P.R. n. 917/1986 e art. 27 del D.P.R. n. 600/1972.

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141

derivante dalla differenza tra costo di acquisto (valore di carico della partecipazio-ne) e il ricavo di vendita 35.

La contabilizzazione della vendita o rimborso delle partecipazioni differisce a seconda che il conto partecipazioni funzioni a “costi, ricavi e rimanenze” o a “costi e costi” 36.

Nel primo caso l’evidenziazione di plusvalenze o minusvalenze derivanti dalla ces-sione avviene solo al termine dell’esercizio in sede di determinazione del risultato di periodo, mentre nel secondo caso viene effettuato al termine di ogni operazione at-traverso l’imputazione delle differenze generatesi ad apposito conto di reddito.

Costi, ricavi e rimanenze Costi e costi

Disinvestimento = prezzo di vendita della partecipazione

Disinvestimento = prezzo di acquisto della partecipazione

A fine periodo: necessità di evidenziare le plusvalenze o minusvalenze a Conto econo-mico

Le plusvalenze o minusvalenze vengono rile-vate a Conto economico in concomitanza di ogni operazione di dismissione (differenza tra prezzo di acquisto e di vendita)

Esempio 22

La società Gamma S.p.A., operante nel settore alimentare, acquista in data 17/3 n. 1.000 azioni della Omega S.p.A., ad una quotazione di mercato pari a 100 € cadauna. Il pagamento delle azio-ni al venditore avviene in pari data. In data 20/04 l’assemblea dei soci delibera l’attribuzione di un dividendo lordo unitario di 5 €, che viene incassato in pari data. Si prescinde dagli aspetti fiscali. In data 31/05 si vendono 500 azioni a 110 € cadauna.

17 marzo Dare Avere

Partecipazioni in Omega S.p.A. 100.000

Banca c/c 100.000

20 aprile

Banca c/c 5.000

Dividendi 5.000

La rilevazione del disinvestimento differisce invece a seconda della modalità di funzionamento del conto partecipazioni.

a) costi, ricavi e rimanenze

35 Qualora il ricavo di vendita risulti superiore al costo di acquisto si genera una plusvalenza, men-tre nel caso opposto (costo maggiore del ricavo) una minusvalenza.

36 Le modalità di funzionamento del conto Titoli tenuto secondo le due diverse tecniche sono ana-loghe a quelle già illustrate per i titoli a reddito fisso, cui si rimanda.

(segue)

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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31 maggio Dare Avere

Banca c/c 55.000

Partecipazioni in Omega S.p.A. 55.000 b) costi e costi

31 maggio Dare Avere

Banca c/c 55.000

Partecipazioni in Omega S.p.A. 50.000

Plusvalenze 5.000

4. Gli strumenti finanziari derivati (cenni)

Le imprese industriali e commerciali possono sottoscrivere – nei limiti di quanto consentito dal proprio statuto sociale – strumenti finanziari c.d. “derivati”. In linea generale gli strumenti finanziari derivati sono dei contratti che prevedono presta-zioni future, che hanno ad oggetto un elemento sottostante (ad esempio, dei titoli azionari, un tasso d’interesse o un tasso di cambio) il cui regolamento è previsto ad una data successiva a quella della negoziazione e in cui, normalmente, all’atto della sottoscrizione del contratto è previsto un investimento iniziale irrilevante.

Il Codice Civile rinvia, per la definizione di strumento finanziario derivato, ai prin-cipi contabili internazionali IAS/IFRS, in base ai quali un derivato è un contratto:

1. il cui fair value 37 cambia in risposta alla variazione di una variabile sottostante; 2. che richiede un investimento iniziale minimo o nullo; 3. regolato ad una data futura.

In base alle finalità, dal punto di vista tecnico i derivati si classificano in due categorie:

a) derivati di copertura: – a copertura di flussi finanziari 38; – a copertura di variazione di fair value;

b) derivati speculativi.

Trattasi di derivato di copertura quello strumento che viene destinato a contra-stare uno dei seguenti rischi: rischio di tasso d’interesse (ad esempio su un debito), rischio di cambio (ad esempio su un acquisto futuro in valuta estera), rischio di

37 Anche per la definizione di fair value il Legislatore ha mantenuto il rinvio ai principi contabili internazionali, ovvero «il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività ovvero che si paghe-rebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione tra operatori di mercato alla da-ta di valutazione».

38 Tale categoria di derivati è la più diffusa.

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La gestione finanziaria: reperimento di risorse e investimenti in titoli

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prezzo (ad esempio su una merce a magazzino), rischio di credito. I derivati specu-lativi vengono individuati “per differenza” rispetto a quelli di copertura.

Nell’ambito delle novità di maggior rilievo introdotte dal D.Lgs. n. 139/2015 ri-

entra la disciplina contabile degli strumenti finanziari derivati, che in virtù del no-vellato art. 2426 introduce le regole generali per la rilevazione dei derivati in bilan-cio. In precedenza l’esposizione di tali strumenti, inquadrati nelle “operazioni fuori bilancio”, era inclusa nei conti d’ordine e nella nota integrativa 39.

L’art. 2424 c.c. prevede ora specifiche voci di bilancio dedicate ai derivati. Gli strumenti finanziari derivati possono infatti essere collocati, se manifestano

fair value positivo alla data di valutazione, nell’attivo di stato patrimoniale sia tra le immobilizzazioni finanziarie nella voce “B.III.4 strumenti finanziari derivati attivi”, che tra le attività finanziarie nell’attivo circolante nella voce “C.III.5 strumenti fi-nanziari derivati attivi”. La classificazione nell’attivo immobilizzato o circolante di-pende dalle seguenti considerazioni:

– se lo strumento è a copertura di flussi finanziari o del fair value di un’attività, segue la classificazione dell’attività coperta;

– se il derivato è a copertura di flussi finanziari o del fair value di una passività, un impegno irrevocabile o un’operazione programmata altamente probabile, è clas-sificato nell’attivo circolante. In questa macroclasse sono in ogni caso classificati gli strumenti finanziari non di copertura.

I derivati con fair value negativo sono iscritti invece tra le passività dello stato patrimoniale nella voce “B.3 strumenti derivati finanziari passivi”.

Le variazioni del fair value dei derivati rispetto all’esercizio precedente sono ri-levate nel conto economico nelle voci:

– D.18.d rivalutazioni di strumenti finanziari derivati; – D.19.d svalutazioni di strumenti finanziari derivati,

salvo quanto previsto con riferimento alla VII – Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi. In particolare tale riserva viene utilizzata per i derivati di copertura di flussi finanziari, per i quali, come si vedrà oltre, la contropartita del fair value rilevata tra le attività o le passività non è il conto economico ma appunto la riserva di patrimonio netto.

I derivati sono iscritti inizialmente nel sistema contabile al fair value rilevato nel momento in cui si diviene parte del contratto, ovvero alla sottoscrizione e quindi al momento in cui si assumono diritti e obblighi. È di fondamentale importanza, nella rilevazione iniziale, individuare la tipologia di strumento finanziario, ovvero quali-ficarlo quale di copertura o speculativo.

Al termine di ogni periodo amministrativo i derivati sono valutati al fair value e le variazioni di quest’ultimo rispetto alla rilevazione iniziale sono imputate a conto economico o a riserva a seconda della tipologia di derivato e quindi in funzione del-

39 Si rammenta che le disposizioni sui derivati interessano tutte le società tenute alla redazione del bilancio d’esercizio, con l’esclusione delle c.d. “micro-imprese”.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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la modalità di contabilizzazione prevista (cash flow hedge vs fair value hedge), come sintetizzato nella tabella sotto riportata.

Variazione tra fair value rilevato nella valutazione iniziale e fair value rilevato nelle valutazioni successive

Derivati di copertura di flussi finanziari

(cash flow hedge)

Altri derivati

(fair value hedge)

A PATRIMONIO NETTO

VII – Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi

A CONTO ECONOMICO

Variazione positiva: D.18.d rivalutazioni di strumenti finanziari derivati

Variazione negativa: D.19.d svalutazioni di strumenti finanziari derivati

Con riferimento ai derivati di copertura di flussi finanziari il cui fair value viene

imputato a patrimonio netto e tale riserva è poi imputata a conto economico nella misura e nei tempi corrispondenti al verificarsi o al modificarsi dei flussi di cassa dello strumento coperto.

Nel seguito si indicano le scritture contabili relative alle due categorie di stru-

menti finanziari. Le scritture sotto indicate si riferiscono sia alla valutazione inizia-le, che alla rilevazione delle variazioni successive iscritte alla chiusura di ciascun pe-riodo amministrativo.

Esempio 23

La società Gamma S.p.A. sottoscrive in data 10/3 un derivato di copertura di flussi finanziari, il cui fair value, alla data della sottoscrizione, è positivo e pari a 100.000 €. Al 31.12 il fair value positivo del derivato ammonta a 120.000 €. Si utilizza il metodo di contabilizzazione cash flow hedge. Nella rilevazione iniziale si iscrive lo strumento finanziario al suo fair value alla data di sotto-scrizione, con contropartita una riserva di Patrimonio Netto.

10 marzo Dare Avere

Strumenti finanziari derivati attivi 100.000

Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi 100.000

Al 31.12 si rileva il delta fair value (120.000 – 100.000 = 20.000) a incremento del valore dello strumento e della corrispondente riserva.

31 dicembre Dare Avere

Strumenti finanziari derivati attivi 20.000

Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi 20.000

(segue)

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La gestione finanziaria: reperimento di risorse e investimenti in titoli

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La società Gamma S.p.A., sottoscrive in data 10/3 un derivato di copertura di flussi finanziari, il cui fair value, alla data della sottoscrizione, è negativo e pari a 80.000 €. Al 31.12 il fair value negativo del derivato ammonta a 90.000 €. Si utilizza il metodo di contabilizzazione cash flow hedge.

10 marzo Dare Avere

Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi 80.000

Strumenti finanziari derivati passivi 80.000

31 dicembre Dare Avere

Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi 10.000

Strumenti finanziari derivati passivi 10.000

La società Gamma S.p.A., sottoscrive in data 10/3 un derivato di copertura di variazione di fair value. Il fair value, alla data della sottoscrizione è positivo e pari a 100.000 €. Al 31.12 il fair va-lue positivo del derivato ammonta a 120.000 €. Si utilizza il metodo di contabilizzazione fair value hedge. Nella rilevazione iniziale si iscrive lo strumento finanziario al suo fair value alla data di sotto-scrizione, con contropartita una variazione economica positiva.

10 marzo Dare Avere

Strumenti finanziari derivati attivi 100.000

Rivalutazioni di strumenti finanziari derivati 100.000

Al 31 dicembre si adegua il valore del derivato, apprezzandolo di euro 20.000, con contropar-tita a conto economico nei proventi finanziari.

31 dicembre Dare Avere

Strumenti finanziari derivati attivi 20.000

Rivalutazioni di strumenti finanziari derivati 20.000

La società Gamma S.p.A., sottoscrive in data 10/3 un derivato di copertura di variazione di fair value. Il fair value, alla data della sottoscrizione, è negativo e pari a 80.000 €. Al 31.12 il fair va-lue negativo del derivato ammonta a 90.000 €.

Si utilizza il metodo di contabilizzazione fair value hedge.

10 marzo Dare Avere

Svalutazioni di strumenti finanziari derivati 80.000

Strumenti finanziari derivati passivi 80.000

31 dicembre Dare Avere

Svalutazioni di strumenti finanziari derivati 10.000

Strumenti finanziari derivati passivi 10.000

(segue)

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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La società Gamma S.p.A., sottoscrive in data 10/3 un derivato speculativo. Il fair value, alla data della sottoscrizione è negativo e pari a 80.000 €

Le scritture contabili sono identiche a quelle esposte per i derivati di copertura di variazioni di fair value, a cui si rimanda.

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Capitolo Sesto

I valori di capitale

1. Il capitale proprio e le sue “parti ideali”

La complessiva entità del fabbisogno finanziario d’impresa può essere soddisfat-ta sia mediante l’accensione di debiti di varia specie (di prestito o di funzionamen-to), sia attraverso la costituzione e le successive variazioni del capitale proprio (o mezzi propri) 1. Il capitale proprio rappresenta l’entità delle risorse conferite al-l’azienda con vincolo di capitale, vale a dire il valore degli apporti vincolati indefini-tamente alla gestione aziendale e attinti dai soggetti cui appartiene l’impresa stessa, la cui remunerazione non è stabilita in misura fissa (interessi) ma variabile (eventuali quote di utili di esercizio realizzati dall’impresa); esso costituisce, quindi, un fondo di valori che trova la sua genesi nella fase istitutiva del sistema aziendale, la cui enti-tà può modificarsi per effetto di operazioni di gestione profondamente differenti tra loro, quali aumenti o riduzioni di capitale a pagamento (che generano, quindi, entrate o uscite finanziarie), entrata di nuovi soci o recesso di alcuni soci del-l’azienda, operazioni di gestione straordinaria (trasformazioni, fusioni, scissioni, e così via), nonché per effetto dei risultati reddituali conseguiti dall’impresa e derivanti dalla sua attività gestionale (utili o perdite di esercizio).

Il capitale proprio d’impresa, sia pure configurandosi in via unitaria quale fondo di valori complessivamente inteso, può essere distinto in parti ideali in ragione delle differenti obbligazioni a esse correlabili. In particolare, è possibile individuare le se-guenti parti del capitale proprio, per le quali l’attributo “ideali” richiama chiaramen-te che trattasi di elementi che solo idealmente è possibile distinguere singolarmen-te, in quanto frazioni di un unitario fondo di valori:

– Capitale sociale, costituito dal valore nominale complessivo delle quote o azio-ni di pertinenza dei soci.

1 È opportuno evidenziare, al riguardo, che il Codice Civile – nell’ambito della disciplina delle socie-tà per azioni (Sezione V, “Delle azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi”, artt. 2346 e ss. c.c.) – contempla la possibilità di emettere anche strumenti finanziari di partecipazione diversi dalle azioni; altri strumenti finanziari, inoltre, possono essere emessi dalle società per azioni nell’ambito della fattispecie dei “patrimoni destinati ad uno specifico affare”, regolamentata dagli artt. 2447-bis e ss. c.c.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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– Riserve di utili, formatesi attraverso accantonamenti di utili di esercizio realiz-zati dall’impresa e non distribuiti ai soci sotto forma di dividendi 2.

– Riserve di capitale, generate sia da eventuali sovrapprezzi (rispetto al valore no-minale delle azioni o quote sottoscritte) versati dai soci all’atto della costituzione dell’azienda o in occasione di successivi aumenti di capitale, oppure in occasione di eventuali donazioni o rinunce a crediti da parte dei soci. Altre riserve di capitale po-trebbero costituirsi, inoltre, a seguito di eventuali operazioni attinenti alla rivaluta-zione di elementi attivi del patrimonio (riserve di rivalutazione) 3.

– Utili di esercizio realizzati dall’impresa in attesa di una loro destinazione (utili dell’esercizio in chiusura o di esercizi precedenti “portati a nuovo”).

– Perdite di esercizio conseguite per le quali non si è ancora provveduto a delibe-rare in merito alla loro copertura (perdite dell’esercizio in chiusura o di esercizi precedenti “portate a nuovo”).

Il capitale proprio, composto dalle differenti parti ideali di cui sopra, può essere denominato anche patrimonio netto, in quanto espressione della sommatoria alge-brica del totale degli elementi attivi e passivi del patrimonio d’impresa.

Schema 1 – Rappresentazione sintetica della situazione patrimoniale d’impresa

Attività Passività

Patrimonio netto

Dalle brevi osservazioni dianzi espresse è possibile configurare tre differenti

specie di operazioni che generano variazioni nelle parti ideali di cui si compone il capitale proprio d’impresa:

1. Variazioni oggettive, che risultano misurate direttamente da variazioni finan-ziarie positive o negative. Rientrano in questa classe di operazioni la costituzione dell’azienda e i successivi aumenti o riduzioni di capitale a pagamento;

2. Variazioni soggettive, che non sono misurate da variazioni finanziarie di segno opposto ma che, al contrario, sono realizzate mediante il conseguimento di valori

2 Le rilevazioni contabili attinenti alla destinazione del risultato economico conseguito nell’eserci-zio sono affrontate nel Capitolo Decimo, dove si evidenziano la fase di apertura dei conti e la succes-siva destinazione del reddito di esercizio realizzato.

3 Per quanto attiene all’eventuale rivalutazione di elementi patrimoniali si precisa che, allo stato attuale, la normativa civilistica in materia di bilancio di esercizio e i principi contabili elaborati in Ita-lia in ambito professionale non consentono, salvo casi eccezionali, l’ipotesi di rivalutazione su base vo-lontaria, ma esclusivamente in applicazione di eventuali leggi speciali appositamente emanate. Per ap-profondimenti in merito alle operazioni di svalutazione e rivalutazione di elementi attivi del patrimo-nio aziendale v. A.M. FELLEGARA, Le immobilizzazioni materiali, in S. AZZALI (a cura di), Financial re-porting and Accounting standards, Giappichelli, Torino, 2019.

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I valori di capitale

149

determinati attraverso un procedimento di valutazione soggettiva (utili o perdite di esercizio, rivalutazioni o svalutazioni di elementi patrimoniali);

3. Variazioni permutative, che non modificano l’entità complessiva del capitale proprio ma ne generano una diversa composizione mediante la permutazione di al-cune sue parti ideali (per esempio, passaggio di riserve a capitale sociale).

Nei paragrafi che seguono sono descritte le principali rilevazioni contabili atti-nenti alle classi di variazioni di capitale oggettive e permutative, avendo come rife-rimento prioritario le imprese costituite in forma di “società per azioni”, che costitui-scono il caso più ricco di particolarità riscontrabile nella realtà fattuale. Per quanto attiene, invece, alle aziende aventi forma giuridica differente dalla “società per azio-ni” si procede a dare menzione delle principali peculiarità laddove l’operazione esa-minata ne renda necessario un esplicito riferimento. Le rilevazioni contabili associa-bili alle variazioni soggettive di capitale e, in particolare, alla formazione e successi-va destinazione del risultato economico di esercizio, sono invece affrontate nei Ca-pitoli Nono e Decimo dedicati, rispettivamente, alle operazioni di chiusura e aper-tura dei conti.

Giova ricordare, infine, che i valori attinenti alle parti ideali di cui si compone il capitale proprio sono rilevati contabilmente in conti che appartengono alla serie dei conti economici: pertanto, analogamente ai conti della stessa serie, le variazioni po-sitive (incrementative) sono rilevate in sezione avere, mentre le variazioni negative (decrementative) sono rilevate in sezione dare.

2. Le variazioni oggettive di capitale proprio

2.1. La costituzione dell’azienda

All’atto della costituzione i soci promotori si impegnano a conferire un determi-nato ammontare di risorse all’impresa costituenda, in misura tale da soddisfare con-venientemente le esigenze di finanziamento della stessa secondo un equilibrato rapporto con l’indebitamento che l’impresa può sopportare per finanziare la massa degli impieghi da sostenere.

L’impegno a conferire il capitale proprio in fase di costituzione da parte dei soci è sancito dalla stipulazione dell’atto costitutivo e origina, quindi, una variazione fi-nanziaria positiva rilevata in dare nel conto “Azionisti c/sottoscrizioni” (oppure, nel caso di società non azionarie, “Soci c/sottoscrizioni”), cui corrisponde in avere una variazione economica positiva di pari ammontare attinente alla formazione del ca-pitale rilevata nel conto “Capitale sociale” 4.

4 Ad evidenza, nel caso di costituzione di un’impresa individuale, non trattandosi di società, non sarà utilizzato un conto denominato “Capitale sociale” ma, più semplicemente, “Capitale netto”.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

150

Esempio 1

In data 5 settembre si costituisce la Alfa S.p.A. con un capitale pari a € 200.000 5 interamente sottoscritto dai soci.

5 settembre Dare Avere

Azionisti c/sottoscrizioni 200.000

Capitale sociale 200.000

A seguito della sottoscrizione del capitale sociale, quindi, i soci si impegnano a

conferire i fattori produttivi oggetto del contratto sociale; tali fattori possono essere costituiti da denaro o da apporti in natura. Nel caso di apporti in denaro, fattispe-cie di gran lunga più frequente nella realtà fattuale, il Codice Civile impone, per le società per azioni, l’immediato versamento del 25% dei conferimenti medesimi in un apposito conto corrente (temporaneamente indisponibile) acceso presso un isti-tuto di credito, oppure, nel caso di costituzione per atto unilaterale, il loro intero ammontare. Tale ammontare diverrà disponibile per gli amministratori della socie-tà solo dopo che questa sia stata iscritta nel Registro delle Imprese (art. 2331 c.c.). Per quanto attiene, invece, al restante 75% dei conferimenti in denaro, gli ammini-stratori dovranno provvedere a richiamarli nei termini giudicati opportuni al fine di soddisfare le esigenze finanziarie della società.

Nell’ipotesi in cui i soci si impegnino, a seguito della sottoscrizione del capitale so-ciale, a effettuare conferimenti “in natura” (beni strumentali, crediti, merci, titoli, e così via) il Codice Civile prevede che tali apporti, nel caso di società di capitali, siano effet-tuati immediatamente (art. 2342 c.c.) 6 e che il loro valore sia determinato a seguito di un’apposita stima peritale redatta da un esperto designato dal Tribunale nel cui cir-condario ha sede la società (art. 2343 c.c.) al fine di garantire l’integrità del capitale so-ciale ed evitare il fenomeno del cosiddetto “annacquamento del capitale” 7: giova ri-

5 Secondo le disposizioni civilistiche vigenti il capitale sociale minimo per la costituzione di una società per azioni è pari a € 50.000, mentre per la costituzione di una società a responsabilità limitata è richiesto, in via “ordinaria”, un capitale sociale non inferiore a € 10.000. Il Codice Civile contempla anche la forma della “Società a responsabilità limitata semplificata” (art. 2463-bis c.c.), per la costitu-zione della quale è necessario un capitale sociale pari ad almeno € 1 e non superiore a € 10.000, inte-ramente sottoscritto e versato alla data della costituzione.

6 È opportuno evidenziare, al riguardo, la possibilità che per le S.r.l. il conferimento possa avveni-re anche mediante la prestazione di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria con cui vengono garantiti, per l’intero valore a essi assegnato, gli obblighi assunti dal socio aventi per oggetto la prestazione d’opera o di servizi a favore della società. Per le S.r.l., a differenza delle S.p.A., è infatti prevista la possibilità di conferimento da parte dei soci di tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica (art. 2464 c.c.).

7 L’art. 2343-ter c.c. stabilisce le seguenti ipotesi in cui è possibile evitare la redazione della rela-zione di stima da parte di un esperto indipendente designato dal Tribunale nel cui circondario ha se-de la società:

– nel caso di conferimento di valori mobiliari, ovvero di strumenti del mercato monetario, non è richiesta la relazione di cui all’art. 2343 c.c. se il valore a essi attribuito ai fini della determinazione del

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I valori di capitale

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cordare, infatti, che le società di capitali rispondono nei confronti dei terzi, per le ob-bligazioni assunte, nei limiti del valore del proprio capitale. Risulta comprensibile, per-tanto, l’attenzione prestata dal Legislatore al fine di evitare la costituzione di tali specie di imprese mediante il conferimento di beni il cui valore sia sensibilmente discosto dal valore della quota di capitale sociale a essi corrispondente. Sempre con il medesimo in-tento, infine, si rammenta che il Legislatore sancisce che il valore dei conferimenti non sia inferiore all’ammontare complessivo del capitale sociale (art. 2346 c.c.) 8.

Esempio 1 (Segue)

I soci della Alfa S.p.A. il 5 settembre si impegnano a conferire denaro per un ammontare pari a € 120.000, un macchinario valutato € 50.000 e crediti commerciali per € 30.000.

5 settembre Dare Avere

Banca c/c vincolato (25% di 120.000) 30.000

Crediti 30.000 Macchinari 50.000

Azionisti c/sottoscrizioni 110.000 capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo è pari o inferiore al prezzo medio ponderato al quale sono stati negoziati su uno o più mercati regolamentati nei sei mesi precedenti il conferimento;

– non è altresì richiesta la relazione di cui all’art. 2343 c.c. qualora il valore attribuito, ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo, ai beni in natura o crediti conferiti sia pari o inferiore:

a) al fair value iscritto nel bilancio dell’esercizio precedente quello nel quale è effettuato il confe-rimento, a condizione che il bilancio stesso sia sottoposto a revisione legale e la relazione del revisore non esprima rilievi in ordine alla valutazione dei beni oggetto del conferimento, ovvero

b) al valore risultante da una valutazione, precedente di non oltre sei mesi il conferimento e con-forme ai principi e criteri generalmente riconosciuti per la valutazione dei beni oggetto del conferi-mento, effettuata da un esperto indipendente da chi effettua il conferimento, dalla società e dai soci che esercitano individualmente o congiuntamente il controllo sul soggetto conferente o sulla società medesima, dotato di adeguata e comprovata professionalità.

Ai sensi dell’art. 2343-quater c.c., gli amministratori devono verificare, nel termine di trenta giorni dalla iscrizione della società, se, nel periodo successivo a quello di cui all’art. 2343-ter c.c., sono inter-venuti fatti eccezionali che hanno inciso sul prezzo dei valori mobiliari o degli strumenti del mercato monetario conferiti in modo tale da modificare sensibilmente il valore di tali beni alla data di iscrizio-ne della società nel Registro delle Imprese, comprese le situazioni in cui il mercato dei valori o stru-menti non è più liquido, ovvero se, successivamente al termine dell’esercizio cui si riferisce il bilancio di cui all’art. 2343-ter c.c., o alla data della valutazione, si sono verificati fatti nuovi rilevanti tali da modificare sensibilmente il valore dei beni o dei crediti conferiti. Gli amministratori devono verificare altresì, nel medesimo termine, i requisiti di professionalità e indipendenza dell’esperto che ha reso la valutazione. Qualora gli amministratori ritengano che siano intervenuti i fatti di cui sopra, ovvero ri-tengano non idonei i requisiti di professionalità e indipendenza dell’esperto che ha reso la valutazione, devono procedere a una nuova valutazione.

8 Con particolare riferimento alla stima dei conferimenti in natura, la disciplina è differente per le S.p.A. rispetto alle S.r.l.; per quanto riguarda le S.r.l., infatti, deve essere presentata una relazione giurata di un revisore legale, o di una società di revisione legale, iscritti nell’apposito registro e nomi-nati dalla società (art. 2465 c.c.).

(segue)

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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A seguito dell’avvenuta registrazione della Alfa S.p.A. nel Registro delle Imprese, in data 30 set-tembre gli amministratori provvedono a svincolare il 25% dei conferimenti in denaro.

30 settembre Dare Avere

Banca c/c 30.000

Banca c/c vincolato 30.000

In data 10 ottobre, quindi, gli amministratori richiedono il versamento del restante 75% dei con-ferimenti in denaro agli azionisti, che provvedono a effettuare il versamento in data 20 ottobre.

10 ottobre Dare Avere

Azionisti c/capitale richiamato 90.000

Azionisti c/sottoscrizioni 90.000

20 ottobre

Banca c/c 90.000

Azionisti c/capitale richiamato 90.000

Per quanto attiene ai conferimenti in natura, il Legislatore impone alle società per azioni, a ulteriore garanzia dei terzi, che gli amministratori della società provvedano, entro 180 giorni dall’iscrizione della società, a controllare le valutazioni fornite dal-l’esperto (art. 2343 c.c.). In particolare, nel caso in cui da tali riscontri emerga che il valore dei beni apportati dai soci è inferiore di oltre un quinto rispetto a quello attri-buito mediante la perizia redatta dall’esperto possono presentarsi tre alternative:

1. il socio che ha effettuato il conferimento in natura potrebbe versare in denaro il valore differenziale determinato dagli amministratori;

2. il socio in questione potrebbe decidere di recedere dalla società, con conse-guente riduzione del capitale sociale per l’intero valore del conferimento;

3. il socio potrebbe accettare di non recedere dalla società, sia pure vedendo abbattuta la propria quota di capitale in funzione del minor valore attribuito al be-ne conferito. In questo caso, pertanto, si avrebbe una riduzione del capitale sociale dell’azienda limitato alla sola svalutazione del bene.

Con riferimento alle ipotesi 2 e 3 occorre ricordare che se, a seguito della ridu-zione di capitale, questo dovesse scendere al di sotto del minimo legale (€ 50.000 per le S.p.A. e € 10.000 per le S.r.l. “ordinarie” 9), si renderebbe necessario il rein-tegro da parte dei “vecchi” soci (o il versamento da parte di nuovi soci) per il valo-re necessario a riportare il capitale ai minimi di legge oppure, in caso contrario, si dovrebbe procedere alla trasformazione della forma giuridica assunta dalla società.

Sotto il profilo contabile, si rende opportuno rilevare dapprima la svalutazione del bene attraverso l’iscrizione in dare di un apposito conto “Svalutazioni da appor-

9 Per la distinzione tra Società a responsabilità limitata “ordinarie” e “semplificate” si rinvia alla nota 5.

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I valori di capitale

153

ti” e la correlata iscrizione in avere del conto acceso al fattore produttivo oggetto di rettifica; a seguito delle decisioni del socio interessato si provvederà, quindi, a rile-vare contabilmente la chiusura del conto “Svalutazioni da apporti” (in sezione avere) e le correlate modificazioni patrimoniali conseguenti alla decisione assunta.

Esempio 1 (Segue)

A seguito dei controlli effettuati dagli amministratori della Alfa S.p.A., in data 6 novembre emer-ge che il valore del macchinario conferito risulta pari a € 35.000, rispetto a un valore attribuito originariamente mediante perizia di € 50.000.

6 novembre Dare Avere

Svalutazione da apporti 15.000

Macchinari 15.000

PRIMA IPOTESI: in data 15 novembre il socio decide di integrare la differenza, pari a € 15.000, mediante conferimento di denaro. Il relativo versamento è effettuato in data 20 novembre.

15 novembre Dare Avere

Azionista c/reintegro 15.000

Svalutazioni da apporti 15.000

20 novembre

Banca c/c 15.000

Azionista c/reintegro 15.000

SECONDA IPOTESI: in data 15 novembre il socio decide di recedere dalla società; conseguentemen-te, si provvede a ridurre il capitale sociale per un ammontare pari a € 50.000.

15 novembre Dare Avere

Capitale sociale 50.000

Macchinari 35.000

Svalutazioni da apporti 15.000

TERZA IPOTESI: in data 15 novembre il socio decide di non recedere dalla società e di non versare il valore differenziale mediante conferimento di denaro; conseguentemente, si provvede a ridurre il capitale sociale (e la quota di pertinenza del socio) per un ammontare pari a € 15.000.

15 novembre Dare Avere

Capitale sociale 15.000

Svalutazioni da apporti 15.000

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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2.2. Gli aumenti di capitale a pagamento

Durante la vita dell’azienda possono manifestarsi fabbisogni finanziari la cui co-pertura è giudicata convenientemente attuabile mediante incrementi del capitale pro-prio, in occasione, ad esempio, di processi di ristrutturazione ed espansione dell’at-tività d’impresa, di esigenze di riequilibrio del rapporto esistente tra capitale pro-prio e indebitamento aziendale, di incrementi del capitale orientati a favorire l’am-missione alla quotazione in Borsa, e così via.

In ipotesi di aumenti di capitale a pagamento, decisione spettante all’assemblea straordinaria dei soci 10, potrebbero verificarsi due fattispecie; potrebbero, cioè, esse-re apportate nuove risorse dai “vecchi” soci o da parte di nuovi soggetti, che entre-rebbero così a fare parte della compagine sociale. La materia in oggetto è disciplinata dall’art. 2441 c.c. per quanto attiene la regolamentazione del “diritto d’opzione”, diritto spettante ai soci in relazione alla possibilità di sottoscrivere le azioni di nuo-va emissione in proporzione alla quota di capitale posseduta al momento dell’aumen-to deliberato dall’assemblea 11.

Rispetto a quanto precedentemente osservato in merito alle operazioni relative alla costituzione dell’azienda, gli aumenti di capitale non presentano particolari di-vergenze sotto il profilo sostanziale, salvo che per la frequente applicazione di un sovrapprezzo alle azioni o quote di nuova emissione (prezzo di emissione maggiore del valore nominale), nonché per l’eventuale richiesta di un ulteriore importo a ti-tolo di conguaglio degli utili in corso di formazione avente l’obiettivo di uniformare la partecipazione di tutto il capitale (“vecchio” e “nuovo”) alla formazione degli utili dell’esercizio in corso al momento dell’aumento. Da notare, peraltro, che sia pu-re in misura meno diffusa rispetto all’ipotesi di aumenti di capitale a pagamento, l’ap-plicazione di un sovrapprezzo di emissione potrebbe essere effettuata anche in fase di costituzione dell’azienda.

Il sovrapprezzo di emissione e il conguaglio utili costituiscono per l’impresa e-sempi di riserve di capitale, essendo a tutti gli effetti qualificabili quali parti ideali di patrimonio netto e generando entrambi un incremento di capitale, ancorché non in-cidente sul valore nominale delle quote o azioni di nuova emissione (capitale sociale).

In sintesi, quindi, possono essere osservate le seguenti analogie o differenze delle operazioni da compiere in sede di aumenti di capitale a pagamento rispetto a quelle poste in essere per la costituzione dell’impresa (con riferimento alle società di capitali):

10 Al riguardo, si osserva come il Codice Civile non preveda per le S.r.l. la presenza di una vera e propria “assemblea straordinaria” (contemplata, invece, nella disciplina attinente alle S.p.A.); agli artt. 2479 e ss., infatti, è solamente stabilito che le decisioni dei soci concernenti le modificazioni dell’atto costitutivo oppure il compimento di operazioni che comportino una sostanziale modificazione dell’og-getto sociale o una rilevante modificazione dei diritti dei soci debbano essere prese con il voto favore-vole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale, salvo diversa disposizio-ne dall’atto costitutivo della società.

11 La complessa materia riguardante l’esercizio del diritto di opzione da parte dei soci in occasione di aumenti di capitale, disciplinata dall’art. 2441 c.c., prevede ipotesi particolari per quanto attiene a eventuali casi di mancato esercizio del diritto medesimo o a ipotesi di emissioni azionarie per le quali la delibera assembleare ne preveda espressamente l’esclusione.

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I valori di capitale

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– sottoscrizione da parte dei soci (“vecchi” o “nuovi”) dell’aumento di capitale. In questa fase, oltre all’accreditamento del conto “Capitale sociale”, potrebbero essere accreditate eventuali riserve di capitale in ipotesi di applicazione di un sovrapprezzo (“Riserva sovrapprezzo azioni”) o di conguaglio utili (“Riserva conguaglio utili”);

– per quanto attiene ai conferimenti in denaro occorre procedere al versamento immediato del 25% dell’ammontare degli stessi da parte dei soci – che a differenza dell’ipotesi di costituzione dell’impresa non dovranno essere vincolati in quanto la società risulta formalmente iscritta nel Registro delle Imprese, e dovranno essere de-positati presso la sede sociale – nonché dell’intero sovrapprezzo (art. 2439 e art. 2481-bis c.c.). Inoltre, poiché l’eventuale “conguaglio utili” richiesto in sede di aumento di capitale costituisce, di fatto, una parte del sovrapprezzo, occorre procedere al versamento immediato anche di quest’ultimo ammontare;

– per quanto concerne, invece, eventuali conferimenti in natura, non si hanno di-vergenze rispetto a quanto precedentemente osservato con riferimento alla costitu-zione dell’impresa.

Esempio 2

In data 30 aprile sono emesse e sottoscritte integralmente 50.000 nuove azioni della Beta S.p.A. aventi un valore nominale unitario pari a € 10, con un sovrapprezzo di € 2 per azione e un con-guaglio utili di € 1 per azione. Tutti i conferimenti sono da effettuarsi in denaro.

30 aprile Dare Avere

Azionisti c/sottoscrizioni 650.000

Capitale sociale 500.000

Riserva sovrapprezzo azioni 100.000

Riserva conguaglio utili 50.000

Versamento del 25% del capitale sociale più l’intero sovrapprezzo e l’intero conguaglio utili.

30 aprile Dare Avere

Banca c/c 275.000

Azionisti c/sottoscrizioni 275.000

In data 12 settembre gli amministratori provvedono a richiamare il restante 75% del capitale, che i soci versano in data 1 ottobre.

12 settembre Dare Avere

Azionisti c/capitale richiamato 375.000

Azionisti c/sottoscrizioni 375.000

1 ottobre

Banca c/c 375.000

Azionisti c/capitale richiamato 375.000

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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2.3. Le diminuzioni di capitale a pagamento

Possono manifestarsi circostanze differenti in occasione delle quali il capitale pro-prio può subire modificazioni decrementative che originano correlate variazioni fi-nanziarie negative (variazioni oggettive di capitale).

1. Uscita di soci dalla compagine sociale: tale fenomeno potrebbe essere causato dal recesso di un socio su base volontaria, dalla sua esclusione deliberata dall’assem-blea o a seguito della morte del socio. Occorre sottolineare, però, che mentre il di-ritto di recesso è contemplato dalla disciplina giuridica attinente sia alle società di capitali (art. 2437 e art. 2473 c.c.), sia alle società di persone (art. 2285 c.c.), le ipo-tesi di riduzione del capitale per esclusione del socio o a seguito della sua morte sono disciplinate unicamente per quanto attiene alle società di persone (artt. 2284 e 2286 c.c.) e alle società a responsabilità limitata (esclusione per giusta causa ai sensi dell’art. 2473-bis c.c.), in ragione della naturale limitatezza della compagine sociale e dell’apporto di specie personale da parte dei soci che contraddistinguono tali ti-pologie societarie.

2. Riduzione volontaria del capitale sociale: trattasi di un caso non riscontrabile diffusamente nella realtà fattuale, che potrebbe essere attuato seguendo definiti iter procedurali (art. 2306 c.c. per le società di persone, art. 2445 c.c. per le società per azioni, art. 2482 c.c. per le società a responsabilità limitata) e mediante tre modalità alternative: liberazione dei soci dall’obbligo dei conferimenti ancora dovuti, rimborso ai soci del capitale loro spettante e, per le sole società per azioni, acquisto e succes-sivo annullamento di azioni proprie.

La liquidazione delle azioni o quote correlate alla riduzione di capitale deve es-sere effettuata dagli amministratori, sentito il parere del collegio sindacale e del sog-getto incaricato della revisione legale dei conti, tenuto conto della consistenza patri-moniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell’eventuale valore di mercato delle azioni (cfr. art. 2437-ter e art. 2473 c.c.). È bene precisare, tuttavia, che lo statuto della società può stabilire criteri diversi di determinazione del valore di liquidazione, indicando gli elementi dell’attivo e del passivo di bilancio che pos-sono essere rettificati rispetto ai valori risultanti dal bilancio stesso, unitamente ai criteri di rettifica a essi associabili.

Prescindendo, per il momento, dalle operazioni relative all’acquisto di azioni pro-prie e al loro successivo annullamento (trattate nel paragrafo successivo, unitamen-te ad altri casi di utilizzo degli investimenti in proprie azioni), le rilevazioni contabi-li concernenti eventuali diminuzioni di capitale a pagamento sono caratterizzate dalla movimentazione in sezione dare dei conti accesi alle parti ideali di capitale netto che subiscono la variazione decrementativa, e dalla correlata variazione finanziaria negativa rilevata in sezione avere del conto “Soci c/rimborso” (o “Azionisti c/rim-borso”).

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I valori di capitale

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Esempio 3

In data 9 dicembre la Delta S.p.A. provvede a liquidare la quota di capitale di pertinenza del socio Bianchi (pari al 15%) a seguito del diritto di recesso dallo stesso esercitato in occasione della mo-dificazione dell’oggetto sociale dell’impresa. Alla data dell’operazione il capitale sociale della Del-ta S.p.A. ammonta a € 30.000; inoltre, nel patrimonio netto della società figura una riserva stra-ordinaria (riserva di utili) pari a € 85.000, mentre il valore complessivo della società, tenuto conto della consistenza patrimoniale e delle prospettive reddituali, ammonta a € 150.000. Il pagamento del debito è effettuato in data 15 dicembre 12.

Valore da liquidare: 150.000 15% = 22.500

9 dicembre Dare Avere

Capitale sociale (15% di 30.000) 4.500

Riserva straordinaria (22.500 – 4.500) 18.000

Socio Bianchi c/rimborso 22.500

15 dicembre

Socio Bianchi c/rimborso 22.500

Banca c/c 22.500

2.4. Acquisto, annullamento o alienazione di azioni proprie

L’acquisto di azioni proprie è regolamentato dagli artt. 2357, 2357-bis, 2357-ter, 2357-quater e 2358 c.c., aventi l’intento di delimitarne in misura rigida le modalità di attuazione al fine di evitare che tramite una simile procedura possano essere effet-tuate operazioni lesive delle garanzie patrimoniali offerte ai terzi, nonché della fun-zionalità economica dell’azienda stessa. In estrema sintesi, possono essere ricordate le seguenti principali caratteristiche:

– per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il valore no-minale delle azioni proprie acquistate non può eccedere la quinta parte del capitale sociale. Nel caso in cui tale limite fosse superato occorre procedere alla vendita del-la quota eccedente entro un anno dalla data dell’acquisto 13;

12 Nel caso di specie, le riserve disponibili sono sufficienti a coprire la differenza tra il valore nomina-le delle quote rimborsate e il corrispettivo complessivo del rimborso. Nell’ipotesi in cui non esistessero utili e riserve disponibili, occorrerebbe procedere alla convocazione dell’assemblea dei soci per delibera-re la riduzione del capitale sociale, ovvero lo scioglimento della società (art. 2437-quater c.c.).

13 Si precisa che le azioni proprie potrebbero essere iscritte in bilancio, tra le altre ipotesi, anche a seguito di operazioni di fusione; in questo caso, non si applicano le disposizioni dell’art. 2357 c.c. e, quando il valore nominale delle azioni proprie dovesse superare il limite della quinta parte del capitale sociale (per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio), l’eccedenza deve essere aliena-

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

158

– le azioni proprie possono essere acquisite utilizzando esclusivamente utili rea-lizzati non distribuiti e riserve disponibili;

– l’acquisto di azioni proprie comporta una riduzione del patrimonio netto di importo corrispondente al valore dell’acquisto, tramite l'iscrizione di una specifica voce avente segno negativo;

– il diritto di voto relativo alle azioni proprie in portafoglio è temporaneamente sospeso;

– il diritto ai dividendi è proporzionalmente ripartito sulle altre azioni in circola-zione.

Al momento dell’acquisizione delle proprie azioni, occorre rilevare in dare del conto “Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio” – variazione decrementa-tiva del capitale netto aziendale – il costo sostenuto dall’azienda per l’acquisto delle stesse (generalmente diverso dal valore nominale delle medesime), mentre in contro-partita deve essere rilevata la variazione finanziaria negativa corrispondente all’e-sborso sostenuto.

Esempio 4

In data 20 marzo la Gamma S.p.A. acquista sul mercato proprie azioni per una quota pari al 10% del proprio capitale sociale a un costo complessivo pari a € 30.000 (valore nominale complessivo € 20.000). Il patrimonio netto della società, alla medesima data, risulta composto da un capitale sociale pari a € 200.000 e riserve di utili per € 80.000 (di cui riserva legale € 30.000 e riserva straordinaria € 50.000 14).

20 marzo Dare Avere

Riserva negativa per azioni proprie 30.000

Banca c/c 30.000

Con riferimento all’esemplificazione riportata, si evidenziano i seguenti elementi interpretativi:

– la società Gamma S.p.A. ha potuto procedere all’acquisto di azioni proprie avendo riserve disponibili sufficienti allo scopo (“Riserva straordinaria” pari a € 50.000, contro un valore di acquisto delle azioni proprie pari a € 30.000);

ta entro tre anni, anziché entro il termine di un anno previsto per le azioni proprie derivanti da acquisi-zione.

14 Per quanto attiene alla distinzione tra le diverse specie di riserve di utili nelle società di capitali si rinvia al Capitolo Decimo, nel quale sono indicati i differenti obblighi legislativi in materia di desti-nazione dell’utile di esercizio. In questa sede è sufficiente osservare che le riserve di utili possono confi-gurarsi, generalmente, come “riserva legale” (prevista da obblighi legislativi), “riserva statutaria” (previ-sta da obblighi fissati dallo statuto della società) e “riserva straordinaria” (determinata liberamente dal-l’assemblea dei soci).

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I valori di capitale

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– dopo l’acquisto di proprie azioni (e per tutto il periodo in cui le stesse sono detenute in portafoglio) la quota effettiva della “Riserva straordinaria” liberamente disponibile ammonta a € 20.000, sia pure non avendo subito rettifiche contabili;

– la “Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio” è iscritta in bilancio quale componente negativa del patrimonio netto fino a quando le azioni proprie sono de-tenute dall’impresa; osservando la sostanza economica dell’operazione, infatti, il possesso di azioni proprie genera una contrazione del patrimonio netto aziendale.

Le motivazioni che possono avere indotto l’impresa ad acquistare proprie azioni sul mercato sono varie: si potrebbe ipotizzare, in primo luogo, un acquisto funzionale a una successiva diminuzione di capitale mediante annullamento delle azioni proprie in portafoglio oppure, al contrario, un acquisto orientato a sfruttare un favorevole momento del mercato azionario con l’intento, quindi, di procedere alla vendita dei titoli azionari acquisiti per lucrare il valore differenziale positivo tra costo di acqui-sizione e valore di vendita, nonché lo scambio dei titoli stessi con altre partecipa-zioni azionarie.

In caso di annullamento delle azioni proprie, occorre chiudere in sezione avere il conto “Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio”, procedendo in contropar-tita alla diminuzione del “Capitale sociale” per il valore nominale delle azioni annul-late e, per l’eventuale differenza, all’utilizzo o all’incremento di riserve disponibili.

Esempio 4 (Segue)

In data 9 aprile la Gamma S.p.A. decide di annullare le azioni proprie acquistate in data 20 mar-zo. A tal fine procede, quindi, alla riduzione del proprio capitale sociale per € 20.000 (valore no-minale delle azioni proprie) e all’utilizzo della riserva straordinaria per la quota restante pari a € 10.000.

9 aprile Dare Avere

Capitale sociale 20.000

Riserva straordinaria 10.000

Riserva negativa per azioni proprie 30.000

Nel caso in cui, invece, l’assemblea dei soci dovesse optare per la vendita sul

mercato delle azioni proprie detenute in portafoglio, l’eventuale differenza tra il co-sto originariamente sostenuto in fase di acquisto (rilevato in dare nella “Riserva ne-gativa per azioni proprie in portafoglio”) e il valore di realizzo delle azioni proprie cedute deve essere imputata a incremento (o decremento) del patrimonio netto aziendale.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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Esempio 5

La Beta S.p.A. acquista sul mercato in data 16 aprile proprie azioni per una quota pari al 5% del proprio capitale sociale a un costo complessivo pari a € 50.000 (valore nominale complessivo € 30.000). Il patrimonio netto della società, alla medesima data, risulta composto da un capitale sociale pari a € 600.000 e altre riserve disponibili per € 500.000. In data 25 maggio l’assemblea dei soci della Beta S.p.A. delibera di procedere all’annullamento del 50% delle azioni proprie detenute in portafoglio e alla vendita del restante 50% sul mercato a un prezzo non inferiore al costo di acquisto. Tali azioni sono cedute in data 10 giugno realizzando un controvalore pari a € 30.000; il valore differenziale rispetto al costo di acquisto viene imputato alla “Riserva straordinaria”.

16 aprile Dare Avere

Riserva negativa per azioni proprie 50.000

Banca c/c 50.000

25 maggio

Capitale sociale 15.000

Riserva straordinaria 10.000

Riserva negativa per azioni proprie 25.000

10 giugno

Banca c/c 30.000

Riserva negativa per azioni proprie 25.000

Riserva straordinaria 5.000

3. Le variazioni permutative di capitale proprio

Come osservato in precedenza, possono realizzarsi variazioni permutative di ca-pitale proprio in presenza di operazioni che non modificano l’entità complessiva del patrimonio netto aziendale, ma ne generano una diversa composizione median-te la permutazione di alcune sue parti ideali.

Il caso più frequente in cui si realizzano tali variazioni è riscontrabile in ipotesi di aumenti di capitale sociale nominale mediante utilizzo di riserve a disposizione dell’azienda 15, a esclusione della “Riserva legale” 16: tale operazione genera, quindi,

15 Si rammenta che la “Riserva sovrapprezzo azioni” può essere utilizzata per aumenti gratuiti di ca-pitale sociale e per l’eventuale copertura di perdite di esercizio. Può, inoltre, essere distribuita ai soci solo se la “Riserva legale” ha raggiunto il 20% del capitale sociale.

16 La “Riserva legale” potrebbe essere impiegata in ipotesi di aumento gratuito di capitale per l’e-ventuale quota eccedente il 20% del capitale sociale.

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I valori di capitale

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un aumento del capitale sociale cui non corrisponde un’entrata finanziaria, che po-trebbe tradursi nell’emissione di nuove azioni, aventi le medesime caratteristiche di quelle in circolazione, da offrire gratuitamente agli azionisti in proporzione alle quote di capitale da essi possedute, oppure nell’aumento del valore nominale unitario del-le azioni in circolazione. Tali operazioni, per le caratteristiche che le contraddistin-guono, prendono anche il nome di “aumenti gratuiti di capitale”.

Esempio 6

In data 20 luglio l’assemblea straordinaria della Omega S.p.A. delibera un aumento gratuito di capitale di complessivi € 50.000 a favore dei suoi azionisti, mediante utilizzo della “Riserva so-vrapprezzo azioni” per € 20.000 e della “Riserva straordinaria” per i restanti € 30.000. L’aumento di capitale è realizzato mediante emissione di nuove azioni da offrire gratuitamente ai soci in ra-gione della quota di capitale da essi posseduta.

20 luglio Dare Avere

Riserva sovraprezzo azioni 20.000

Riserva straordinaria 30.000

Capitale sociale 50.000

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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I cicli economici e finanziari

163

Capitolo Settimo

I cicli economici e finanziari in corso al termine del periodo amministrativo nella determinazione

del reddito d’esercizio e del capitale di funzionamento

1. La costruzione dell’esercizio

La contabilità generale, con i suoi tipici strumenti e le sue regole di funziona-mento, consente all’impresa di esercitare il controllo economico e finanziario della gestione. Attraverso le ordinate e sistematiche scritture sono infatti rilevati gli aspet-ti finanziari, economici e patrimoniali delle operazioni di gestione attuate durante il periodo amministrativo. L’analisi dei dati raccolti contabilmente e delle relazioni che tra i medesimi intercorrono, permette di verificare lo stato degli equilibri (o dei di-sequilibri) d’impresa particolari e generali, nonché il loro evolvere nel tempo per ef-fetto delle decisioni assunte e delle azioni compiute dagli organi di governo.

Mentre la verifica della dinamica monetaria e finanziaria viene condotta conte-stualmente allo svolgersi della gestione, tanto da elevarsi ad obiettivo prevalente della contabilità generale nel corso dell’esercizio, il controllo della dinamica economica può essere efficacemente effettuata solo ad intervalli temporali rilevanti, durante i quali possano essersi manifestati uno o più cicli operativi completi, tali da rendere significativo il calcolo dei flussi di ricchezza generata. La verifica dell’equilibrio eco-nomico si colloca compiutamente al termine dell’esercizio o periodo amministrati-vo (di norma pari ad un anno) e si attua determinando il reddito di esercizio e il con-nesso capitale di funzionamento.

Le convenzioni del sistema contabile assumono che i fatti amministrativi siano rilevati nel corso dell’esercizio al verificarsi di:

a) scambi con terze economie per acquisizione di condizioni produttive e per cessione di condizioni produttive trasformate; oppure

b) incassi di crediti e pagamenti di debiti (permutazioni) 1.

1 I lineamenti fondamentali del sistema dei valori d’azienda e gli elementi peculiari della metodo-logia della partita doppia applicata al sistema del reddito sono ampiamente trattati nel Capitolo Primo del presente lavoro. Le osservazioni riportate di seguito rappresentano una sintetica ripresa dei temi,

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

164

Le operazioni oggetto di rilevazione sono, nella logica che sottende il sistema del reddito, esclusivamente quelle che attengono alla gestione esterna, cioè gli scambi propri ed impropri, realizzati con terze economie e avvalorati da documenti formali emessi o ricevuti dall’impresa (fatture, parcelle, note di variazione, assegni bancari, bonifici, buste paga, cartelle esattoriali e così via).

I fatti di gestione (esterna) vengono rilevati nel momento della loro manifesta-zione finanziaria, al verificarsi delle variazioni della moneta e di suoi temporanei so-stituti, debiti e crediti in qualunque forma espressi.

Pertanto al termine del periodo amministrativo i conti movimentati segnalano le operazioni di scambio, nonché gli incassi e i pagamenti che si sono verificati, men-tre il loro saldo esprime la consistenza dei valori generati.

È possibile concentrare sinteticamente tutti i valori, raccolti nell’esercizio nei ri-spettivi conti, in un apposito prospetto riepilogativo denominato “bilancio di verifi-ca” il cui scopo fondamentale è quello di accertare il rispetto della condizione di ca-ricamento “a somma zero”, nel senso che tutti gli inserimenti effettuati nelle sezioni dare (+) dei conti eguagliano tutti gli inserimenti effettuati nelle sezioni avere (–). La Tabella 1 fornisce un esempio elementare della struttura di un bilancio di verifica predisposto al 31 dicembre, prima di avviare la fase di assestamento dei valori.

Il prospetto bilanciante si presenta articolato per importi totali ed eccedenze o saldi, ovvero per sole eccedenze. La redazione del bilancio di verifica è suggerita dal-l’esigenza di controllo della regolarità degli inserimenti e pertanto può essere con-cretamente avviata ogni qual volta l’impresa avverta tale esigenza, ovvero program-mata ad intervalli prestabiliti.

Tabella 1 – Bilancio di verifica della società Alfa S.p.A. al 31.12

Conti Totali Eccedenze

Dare Avere Dare Avere

1. Cassa e banca 800 750 50

2. Crediti v/clienti 910 550 360

3. Debiti v/fornitori 350 600 250

4. Mobili e Arredi 80 80

5. Automezzi 200 200

6. Merci c/acquisti 600 600

7. Oneri bancari 10 10

8. Merci c/vendite 800 800

9. Capitale netto 250 250

Totali 2.950 2.950 1.300 1.300

necessaria per meglio inquadrare le operazioni di assestamento e rettifica, con le quali si compie e si completa il sistema della contabilità generale. Cfr. supra, Capitolo Primo.

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I cicli economici e finanziari

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La redazione del bilancio di verifica almeno una volta nel periodo amministrati-vo e precisamente alla data di fine esercizio, prima di dare avvio alle operazioni di determinazione del reddito e del capitale di bilancio, è sempre consigliata, anche per garantire il riscontro numerico sulla esattezza nell’inserimento dei valori originati dal-le scritture continuative e chiudere tale fase contabile 2.

La visione riepilogativa dello stato dei conti consente infatti di apprezzare sinte-ticamente il sistema dei valori e la situazione dei singoli conti e, attraverso la rico-gnizione di questi, avviare le procedure di valutazione di bilancio.

2. Dal bilancio di verifica al bilancio d’esercizio: l’assestamento

Prendendo le mosse dal bilancio di verifica, redatto al termine della rilevazione di tutti i fatti e le operazioni avvenuti durante il periodo amministrativo, l’impresa avvia la costruzione del bilancio d’esercizio. La semplice elencazione di conti movi-mentati durante un intervallo di tempo, secondo regole tecniche che privilegiano il momento della variazione finanziaria per la rilevazione dei valori, non può infatti rispondere alle esigenze di conoscenza della ricchezza prodotta dalla gestione: oc-corre recuperare il significato più completo del termine esercizio.

È noto che l’esercizio è un insieme di cicli economici che formano una unità economica relativa per la quale assume significato proporre la misurazione del flus-so di ricchezza generata (o eventualmente consumata).

I cicli economici o reddituali sono definiti in termini temporali dall’intervallo che intercorre tra il momento dell’acquisizione dei fattori produttivi (sostenimento del costo) e il momento della cessione del prodotto (conseguimento del ricavo). L’ef-fettuazione di scambi con regolamento differito determina l’intersecarsi di questi cicli con i cicli finanziari, che si sviluppano dal sorgere all’estinzione del debito contratto con gli acquisti e dalla formazione all’incasso del credito generato dalle vendite.

L’esigenza di uniformare le modalità di comunicazione dei risultati d’impresa e di assicurare il rispetto degli obblighi normativi vigenti finiscono per fissare l’eser-cizio in un intervallo temporale di durata prestabilita (12 mesi), di solito coinciden-te con l’anno solare, ancorché la durata e la combinazione dei cicli aziendali sia in realtà differente da impresa a impresa. Benché questo possa apparire come un forte impoverimento del significato attribuibile al calcolo del reddito e al reddito mede-simo, vi è da osservare come, in ogni caso, l’accavallarsi dei cicli nella contempora-neità e nella successione faccia sì che la definizione dell’esercizio risulti sempre una forzatura, fondata sulla individuazione di due limiti temporali teorici (iniziale e fi-nale) alla continuità della gestione.

2 Anche se l’utilizzo di sistemi computerizzati ha notevolmente ridotto la possibilità di cadere in errori di calcolo o in omissioni e dimenticanze, sono sempre frequenti inesattezze legate all’impiego di conti impropri e ad inversioni delle sezioni movimentate nei conti.

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L’introduzione di una delimitazione temporale alla gestione comporta, inevita-bilmente, che si debbano riconoscere cicli, processi e operazioni avviati e non con-clusi nel periodo considerato e che i valori che hanno origine da questi cicli venga-no suddivisi e attribuiti ai diversi esercizi sui quali si sviluppano, secondo un crite-rio di logica economica.

I valori che hanno origine da operazioni e processi in corso o non conclusi al termine del periodo amministrativo devono essere sud-divisi in quote-parti attribuibili ai diversi esercizi sui quali si svi-luppano, secondo un criterio di logica economica

Esercizio precedente Esercizio in chiusura Esercizio successivo t

anno 3 anno 2 anno 1

La scissione dei valori originati da operazioni e processi in corso di svolgimento

e il riconoscimento delle quote parti da assegnare all’esercizio si dice valutazione 3. Con le valutazioni di fine esercizio si riconoscono al contempo gli elementi attivi e passivi del capitale di funzionamento.

Poiché la determinazione del reddito d’esercizio rappresenta la finalità principa-le per cui si costruisce il bilancio annuale, la massima attenzione deve essere posta:

– alla corretta attribuzione ai singoli esercizi dei valori generati dai cicli reddi-tuali;

– ai rischi generali e particolari che gravano sui cicli, anche finanziari, in corso di svolgimento alla chiusura del periodo amministrativo.

La prima cautela si esprime compiutamente nell’esigenza di rispettare un princi-pio di competenza economica, la seconda nell’assunzione di un atteggiamento orienta-to al principio della prudenza.

Inoltre i collegamenti e le relazioni che vengono a determinarsi tra esercizi con-secutivi (quello in chiusura, il precedente e i successivi) rendono necessaria l’ade-sione costante a regole valutative che non mutino nel tempo, se non per cause par-ticolari, allo scopo di garantire la determinazione di un reddito di periodo scaturito dalla gestione e non condizionato da puri effetti contabili e da artifici tecnici. Se ri-spetto all’esercizio precedente si muta il criterio di stima delle giacenze di magazzi-no è evidente che si determinerà una ricaduta (positiva o negativa) sulla misura del

3 Cfr. G. BRUNETTI, Contabilità e bilancio d’esercizio, Etas Libri, Milano, 2000, p. 69.

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I cicli economici e finanziari

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reddito prodotto, poiché quest’ultimo è formato anche dalle consistenze del magaz-zino all’inizio del periodo di osservazione.

Qualora la necessità di apportare variazioni ai criteri e alle modalità di valuta-zione di bilancio risulti inevitabile, occorre scorporare dal reddito d’esercizio, dal pa-trimonio netto e dai singoli elementi la componente derivante dal cambiamento con-tabile e rendere in tal modo evidente il “peso” giocato dalla modifica delle “regole del gioco” sulle risultanze del periodo.

2.1. La competenza economica

Per rilevare correttamente i costi e i ricavi, secondo competenza economica, oc-corre osservare i cicli reddituali dell’esercizio e verificare se:

a) le operazioni e i processi sono conclusi (in tal caso i costi e i ricavi generati par-tecipano integralmente al calcolo del reddito di periodo);

b) le operazioni e i processi sono in corso di svolgimento (in questo caso i valori economici che partecipano alla determinazione del reddito scaturiscono dalla valu-tazione).

I ricavi sono di competenza dell’esercizio se il ciclo tecnico di trasformazione è concluso e se lo scambio (vendita/cessione) è avvenuto. Quindi i ricavi si attribui-scono all’esercizio in cui ha avuto compimento il ciclo economico, secondo il prin-cipio della realizzazione (realization principle).

I costi sono di competenza dell’esercizio se espressione di condizioni produttive consumate nel processo che ha portato alla realizzazione di prodotti finiti o servizi dalla cui cessione sono scaturiti i ricavi realizzati. Si afferma che i costi sono di com-petenza se collegati ai ricavi dell’esercizio, secondo il principio della correlazione eco-nomica (matching principle), indipendentemente dalla manifestazione finanziaria.

1. La correlazione è diretta se il legame tra consumo e risultato è immediato (il costo della materia prima impiegata per ottenere il prodotto finito, il costo di acqui-sto della merce rivenduta, il costo di trasporto dei beni ceduti ai clienti, il costo del-le provvigioni dovute agli agenti sulle vendite effettuate, e così via).

2. La correlazione è indiretta se la relazione tra il costo e il ricavo è stabilita in for-za di una ipotesi logica di collegamento, sulla cui formulazione rileva in modo deter-minante il giudizio soggettivo del redattore (il costo della campagna pubblicitaria che ha sostenuto le vendite del periodo, il compenso del direttore amministrativo, le imposte del periodo).

Si distingue: – una correlazione basata sulla ripartizione dell’utilità o della funzionalità pluri-

ennale di un fattore produttivo su base razionale e sistematica (il costo che deve gra-vare su un esercizio per l’impiego di un impianto, altrimenti detto ammortamento);

– una correlazione associata alla durata quando è sostenibile la seguente ipotesi:

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i fattori produttivi si consumano in modo proporzionale al tempo (come nel caso di costi per locazioni e noleggi o per coperture assicurative contro eventi dannosi).

3. I costi non correlabili a ricavi, presenti o futuri, sono di competenza dell’eser-cizio nel quale si sono manifestati (è il caso del costo di un fattore produttivo ac-quisito e non consumato, ma che si ritiene di non poter impiegare per produzioni future).

Con particolare riferimento ai cicli economici non conclusi si distinguono ope-razioni e processi avviati nell’esercizio:

– che si concluderanno in quello successivo, perché aventi ad oggetto condizioni produttive acquisite nell’esercizio ma non consumate, in tutto o in parte, ovvero con-dizioni cedute ma non erogate in tutto o in parte.

Se la contabilità generale ha rilevato integralmente questi valori perché la varia-zione finanziaria è avvenuta in via anticipata rispetto all’impiego o alla cessione, si pone l’esigenza di sottrarre dal calcolo del reddito i costi e i ricavi che esprimono l’intero valore o la quota parte del processo che si realizzerà nell’esercizio successi-vo (è questa la fattispecie che determina, per esempio, la valorizzazione delle rima-nenze di magazzino, dei risconti, delle partite sospese attive e passive).

Se al contrario la contabilità generale non ha rilevato questi valori, perché la va-riazione finanziaria è posticipata rispetto all’impiego o alla cessione dei fattori, allora si pone l’esigenza di aggiungere al calcolo del reddito i costi e i ricavi che esprimono l’intero valore o la quota parte del processo che si è già realizzata nell’esercizio in chiusura (su questo fondamento sono determinate, per esempio, le fatture da rice-vere e da emettere, le partite passive e attive da liquidare, i ratei);

– che si concluderanno in più esercizi futuri, perché aventi ad oggetto fattori pro-duttivi a lungo ciclo di utilizzo, acquisiti nell’esercizio o in quelli precedenti, ma non completamente consumati.

Se la contabilità generale ha rilevato integralmente questi valori perché la varia-zione finanziaria è avvenuta in via anticipata rispetto al loro impiego si pone l’esi-genza di ripartirli sugli esercizi nei quali si realizzerà il loro consumo, facendoli par-tecipare in quota parte alla determinazione del reddito di tutti gli esercizi a cui si correlano (a titolo esemplificativo quanto descritto determina l’ammortamento plu-riennale delle immobilizzazioni materiali).

Se al contrario la contabilità generale non ha rilevato questi valori, perché la va-riazione finanziaria è posticipata rispetto all’impiego è necessario aggiungere al cal-colo del reddito la quota parte correlata all’esercizio in chiusura (presupposto alla istituzione e alimentazione dei fondi spese future);

– che sono potenzialmente accompagnati da rischi particolari correlati ai ricavi dell’esercizio, la cui manifestazione finanziaria futura è incerta (tutti i fondi rischi trovano la loro ragione d’essere in bilancio per tener conto di possibili perdite a ri-schio di futura manifestazione).

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2.2. La prudenza

Assegnare un valore ad operazioni e processi non conclusi al termine dell’eserci-zio richiede ad evidenza la necessità di formulare previsioni sul loro possibile esito. Ciò significa dover tener conto:

– dell’incertezza legata alla espressione di stime e congetture; – dei rischi particolari e generali che gravano sull’attività d’impresa.

Pertanto nell’affrontare il processo valutativo dei cicli economici non conclusi il redattore del bilancio dovrebbe essere orientato a principi di prudenza, ancorché fondati nella prospettiva della continuità della vita aziendale.

Anche i cicli finanziari non conclusi (crediti e debiti in essere alla data di chiu-sura dell’esercizio), al pari di quelli economici, devono essere osservati con cautela e su entrambi devono essere formulate ragionevoli previsioni dei rischi che potrebbe-ro in futuro concretizzarsi e compromettere la dimensione dei valori economici mi-surati nell’esercizio.

La prudenza amministrativa impone di porre particolare attenzione ai ricavi ri-levati (e ai collegati crediti) per verificare che impegni contrattuali, gravami, mutate condizioni dei debitori o del mercato possano in qualche misura comprometterne la piena e definitiva realizzazione. Le perdite e gli eventi negativi di varia specie de-vono gravare sul Conto economico dell’esercizio in cui diventano prevedibili e non su quello in cui sono certi. Pertanto la ricognizione dei cicli economici e finanziari non conclusi deve anche servire per evidenziare e contabilizzare tutte le perdite in corso di formazione, correlate agli accadimenti dell’esercizio, mentre gli utili potran-no essere rilevati in via generale se collegati a cicli conclusi.

Tabella 2 – Termini ordinari fissati dal Codice Civile per la formazione e l’approvazione del bilancio di esercizio

Esercizio Data di chiusura dell’esercizio

Termine per approvazione della bozza di bilancio da parte dell’organo entro 90 giorni amministrativo (consiglio di amministrazione) (art. 2429 c.c.)

Termine per la stesura della relazione dell’organo di controllo entro i successivi (collegio sindacale) e deposito presso la sede sociale (art. 2429 c.c.) 15 giorni

Termine per lo svolgimento dell’assemblea dei soci (art. 2364 c.c.) entro 120 giorni

Un oggettivo aiuto alla formulazione delle previsioni richieste dalle valutazioni vie-

ne in ogni caso fornito dal differimento delle operazioni di chiusura e redazione del bilancio rispetto alla data di riferimento del medesimo. Il Codice Civile, prescrivendo l’obbligo di convocare l’assemblea dei soci per l’esame e l’eventuale approvazione del

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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bilancio, indica un periodo temporale massimo di centoventi giorni (estensibile a cen-tottanta per particolari esigenze) utile per la preparazione dei prospetti di Stato patri-moniale, Conto economico e delle Relazioni di accompagnamento (vedi Tabella 2).

Concretamente gli assestamenti e le rettifiche, pur riverberando i loro effetti sui valori dell’esercizio in chiusura, sono redatti nei novanta giorni successivi, durante i quali alcuni cicli giungono a conclusione ed è noto il loro esito finale. Ciò rende possibile tener conto degli esiti negativi e ridurre, almeno in parte, l’incertezza delle previsioni che nel frattempo sono divenute fatti oggettivi.

La massima attenzione deve essere posta ai cicli lunghi, che non possono con-cludersi in tempi rapidi, dei quali occorre considerare possibili correlati eventi ne-gativi.

La Nota integrativa, in qualità di documento di bilancio complementare alle ta-vole di sintesi 4, deve inoltre portare informazioni relative agli eventi successivi la chiusura dell’esercizio, i cui effetti rilevanti non hanno inciso sulla formazione del reddito d’esercizio ma condizioneranno le prestazioni e i risultati dell’esercizio in corso al momento dell’approvazione del bilancio.

3. La tecnica di redazione delle scritture di assestamento e rettifica

L’attività valutativa, che assicura il rispetto dei criteri della competenza econo-mica e della prudenza, confluisce nel sistema contabile generale attraverso le scrit-ture di assestamento e rettifica 5. Con queste scritture contabili il sistema dei valori rilevati durante l’esercizio viene modificato, con integrazioni e storni, al fine di con-sentire la determinazione del risultato economico di competenza e la rappresenta-zione del connesso capitale di funzionamento 6.

Le scritture di assestamento determinano sempre una variazione nel sistema dei valori economici di reddito (aspetto originario) e una variazione simultanea nel siste-ma dei valori del capitale di funzionamento (aspetto derivato) e ciò perché, in fase di chiusura dell’esercizio e di preparazione delle sintesi dei valori, l’aspetto economico costituisce il momento privilegiato di osservazione.

Durante il periodo amministrativo, allorquando lo scopo prevalente della con-tabilità è il controllo delle movimentazioni finanziarie (incassi e pagamenti), l’aspet-

4 Cfr. infra, Capitolo Nono. 5 La maggior parte degli Autori utilizza questa dizione anche se con alcune differenti sfumature.

Cfr. D. AMODEO, Ragioneria generale delle imprese, Giannini, Roma, 1964; G. BRUNETTI, Contabilità e bilancio d’esercizio, cit.; G. FERRERO-F. DEZZANI, Contabilità e bilancio d’esercizio, Giuffrè, Milano, 1986; G. FRATTINI, Contabilità e bilancio, Egea, Milano, 1997; L. MARCHI, Introduzione alla contabili-tà d’impresa, Giappichelli, Torino, 2013.

6 Nel presente capitolo sono delineate le tecniche di rilevazione dei valori originati in fase di asse-stamento e rettifica, mentre nel successivo Capitolo Ottavo sono affrontati i principali criteri di valu-tazione applicabili nella costruzione del bilancio di esercizio.

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to finanziario delle operazioni forma il momento originario di osservazione dei fatti di gestione, diversamente, nella fase di assestamento, propedeutica alla formazione del bilancio di esercizio, quando la finalità principale della contabilità diventa la de-terminazione del reddito d’esercizio, il momento originario di osservazione è quello economico. Il cambiamento della logica di rilevazione è infatti correlata al diverso tipo di informazioni che si mira ad ottenere.

Costi e ricavi rilevati nel momento della variazione finanziaria

Scritture di assestamento

Costi e ricavi di competenza economica dell’esercizio

Elementi attivi e passivi delcapitale di funzionamento

La teoria contrappone:

– scritture di integrazione con le quali si inseriscono nel sistema contabile costi e ricavi di competenza dell’esercizio, non rilevati in precedenza per la mancanza del-la variazione finanziaria (che risulta posticipata);

– scritture di storno con le quali si rinviano a futuri esercizi costi e ricavi, già rile-vati dal sistema contabile per l’avvenuta variazione finanziaria (anticipata), ma non di competenza dell’esercizio.

La tecnica ha elaborato due differenti modalità di redazione delle scritture di as-sestamento fondate su procedimenti che, pur determinando lo stesso effetto com-plessivo sul risultato dell’esercizio, operano secondo logiche diverse.

La prima tecnica, detta di rettifica indiretta, agisce introducendo storni e integra-zioni in conti appositi, distinti da quelli accesi ai costi e ricavi che funzionano durante il periodo amministrativo, in modo tale che la visione dei conti complessivamente movimentati consenta di percepire l’incidenza dei valori oggettivi (sorti durante l’e-sercizio) e quella dei valori soggettivi (stimati e congetturati al termine dell’esercizio).

Il metodo di rettifica diretta propone invece l’affluenza degli storni e delle inte-grazioni agli stessi conti che hanno accolto i valori di scambio durante l’esercizio.

La prassi aziendale, orientata anche dalle disposizioni di legge che regolano la materia contabile, adotta un procedimento di rettifica misto che privilegia l’indica-zione dei valori netti (utilizzo dei conti movimentati durante l’esercizio, con le scrit-ture continuative, per accogliere le variazioni in aumento o in diminuzione prodot-

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te con l’assestamento), fatta eccezione per alcuni valori, originati dalla fase di asse-stamento, che devono essere accolti da conti appositi ed evidenziati in modo auto-nomo nel prospetto riepilogativo. Si rende pertanto possibile la redazione di un Con-to economico a “Struttura civilistica” nella quale confluiscono costi e ricavi di com-petenza dell’esercizio ottenuti con rettifica diretta, unitamente a specifici valori, e-spressione di assestamenti di fine esercizio quali accantonamenti a fondi, svalutazioni, variazioni delle rimanenze di magazzino, incrementi di immobilizzazioni per lavori interni, ottenuti con rettifica indiretta 7.

PROCEDIMENTI DI RETTIFICA

Storni e integrazioni dei costi e dei ricavi richiesti per determinare il risultato d’esercizio secondo logica economica possono essere

effettuati con metodologia

INDIRETTA Utilizzo di appositi conti in fase di

assestamento

DIRETTA Utilizzo dei conti impiegati per

le scritture continuative

Conto economico a “Struttura logica”

Conto economico a “Valori di competenza”

MISTAConto economico a “Struttura civilistica”

4. Le scritture di integrazione

Fine delle scritture di integrazione è il riconoscimento di costi e ricavi che non hanno avuto manifestazione finanziaria e pertanto non sono stati rilevati, ma che sono, in tutto o in parte, di competenza dell’esercizio e devono incidere sul reddito del periodo.

7 Per una descrizione della struttura e del contenuto del Bilancio d’esercizio cfr. infra, Capitolo Nono.

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I cicli economici e finanziari

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Se viene rilevato un costo la scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Costo 100

Debito presunto 100

E a mastro:

100

Costo

(+) (–)

Debito Presunto

100

(+) (–)

Se viene rilevato un ricavo la scrittura a giornale è la seguente:

31 dicembre Dare Avere

Credito presunto 150

Ricavo 150

E a mastro:

150

Credito presunto

(+) (–)

Ricavo

150

(+) (–)

Le scritture di integrazione traggono origine concreta da molteplici cause, ma

tutte possono essere ricondotte ad alcune fattispecie generali che vengono di segui-to analizzate. Ci si riferisce in dettaglio a:

1. fatture da emettere e da ricevere; 2. partite attive e passive da liquidare;

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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3. ratei attivi e passivi; 4. fondi spese future; 5. fondi rischi.

La tecnica di rilevazione è quella definita di “rettifica diretta”.

4.1. Le fatture da emettere e da ricevere

Le fatture da emettere (come pure le successive partite attive da liquidare) sono espressione di crediti presunti rilevati per ricavi da liquidare di competenza dell’e-sercizio.

I ricavi di vendita sono di competenza dell’esercizio in chiusura se la cessione è avvenuta. Nel caso di beni mobili il passaggio di proprietà si realizza con la conse-gna al compratore ovvero con la spedizione (in caso di trasporti lunghi gli accordi contrattuali chiariscono il momento in cui deve intendersi realizzata la vendita in base al riconoscimento del soggetto che si assume i rischi durante la fase del viaggio o trasporto) 8.

Il documento che accompagna la cessione è la fattura di vendita la cui emissione, durante l’esercizio, è assunta come momento per la rilevazione contabile dell’ope-razione. Tuttavia, per gli scambi che avvengono in prossimità della fine dell’eserci-zio, il momento dell’emissione della fattura può non coincidere con quello in cui si realizza lo scambio (fatturazione successiva alla vendita) e cadere nell’esercizio se-guente. Sorge pertanto l’esigenza di rilevare un ricavo di competenza (lo scambio è avvenuto) e un corrispondente credito presunto. Il ricavo confluisce nel calcolo del reddito del periodo, mentre il credito, espressione di un ciclo finanziario non con-cluso, si chiude allo Stato patrimoniale.

Si rileva un ricavo, interamente di competenza dell’esercizio, non registrato dal-la contabilità generale con le scritture continuative a causa della disponibilità posti-cipata del documento rappresentativo dello scambio.

La valutazione di queste operazioni è agevole poiché normalmente il differimen-to della fatturazione è breve e al momento di rilevazione degli assestamenti tutte le informazioni utili per impostare le scritture sono disponibili.

Se viene rilevata una fattura da emettere la scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Fatture da emettere 800

Ricavi di vendita 800

8 Per gli aspetti di dettaglio concernenti le operazioni di vendita e le connesse rettifiche, si veda supra, Capitolo Terzo.

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Mentre a mastro:

800

Fatture da emettere

(+) (–)

Ricavi di vendita

800

(+) (–)

Esempio 1

Il 27 dicembre è stata effettuata la consegna ad un cliente nazionale di prodotti finiti per € 15.000. La fattura di vendita è stata emessa il successivo 15 gennaio maggiorata di IVA al 22%.

31 dicembre Dare Avere

Fatture da emettere 18.300

Prodotti finiti c/vendite 15.000

IVA a debito 3.300

Nel caso di cessione di beni l’IVA deve essere indicata nella scrittura se il documento di tra-sporto è stato emesso. In questa ipotesi infatti l’imposta deve rientrare nella liquidazione del mese di riferimento (dicembre).

Per i beni immobili o beni mobili iscritti nei pubblici registri il trasferimento del

titolo di proprietà non può dirsi avvenuto con la mera consegna. La cessione di be-ni di questa specie richiede la stipula del contratto scritto definitivo di compraven-dita e pertanto la fatturazione dovrebbe coincidere con detta stipula. Qualora ciò non avvenga il redattore del bilancio dovrà accertare l’esercizio di competenza del-l’operazione, vale a dire quello in cui è avvenuta la stipula del contratto, e rilevare contabilmente il ricavo e il correlato credito presunto.

I ricavi misurati da prestazioni di servizi sono di competenza dell’esercizio in cui la prestazione è stata completamente erogata al cliente. Anche le aziende che trag-gono i loro ricavi tipici dalla prestazione di servizi devono verificare l’esistenza di ricavi, di competenza dell’esercizio in chiusura, non rilevati perché la corrispondente fattura di vendita non è stata emessa entro il termine del periodo (fatturazione dif-ferita). In questi casi occorre assestare i valori di bilancio rilevando una integrazio-ne dei ricavi di competenza ed un credito presunto verso clienti accolto nel conto “Fatture da emettere”. Qualche difficoltà aggiuntiva, rispetto alla rilevazione di ri-cavi connessi alla cessione di beni, risiede nella immaterialità del servizio e nella più incerta (e soggettiva) determinazione del momento in cui la prestazione possa con-siderarsi erogata.

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Esempio 2

La Alfa S.p.A. ha fornito, nel corso dell’esercizio, servizi di assistenza e manutenzione al software del cliente X. Il contratto stipulato all’inizio dell’anno prevede un canone fisso annuale di 5.000 € e un contributo di 20 € per ogni chiamata. Al 31.12 la Alfa accerta l’effettuazione di 15 interventi nel corso dell’esercizio e il 10 gennaio emette la fattura al cliente maggiorata di IVA.

31 dicembre Dare Avere

Fatture da emettere 5.300

Ricavi per prestazioni 5.300

Le fatture da ricevere (come pure le successive partite passive da liquidare) sono

espressione di debiti presunti rilevati per costi da liquidare di competenza dell’eser-cizio.

La necessità di integrazione dei valori contabili, osservata per le operazioni di vendita, si verifica quando uno scambio si realizza, con l’impresa in posizione di ac-quisto, per l’acquisizione di fattori produttivi che vengono consegnati entro la chiu-sura dell’esercizio, senza che pervenga, entro tale termine, la relativa fattura dal for-nitore. La medesima perviene nell’esercizio successivo.

Occorre rilevare un costo (componente negativo del reddito d’esercizio) e un cor-rispondente debito presunto che confluirà tra gli elementi passivi del patrimonio, espressione di un ciclo finanziario non concluso.

La rilevazione del costo collegato ad una fattura da ricevere si effettua con la scrittura a giornale:

31 dicembre Dare Avere

Costo 500

Fatture da ricevere 500

E a mastro:

500

Costo

(+) (–)

Fatture da ricevere

500 (+) (–)

Nell’esercizio successivo i conti “Fatture da emettere” e “Fatture da ricevere”

dell’esercizio precedente vengono chiusi a rettifica, rispettivamente dei ricavi e dei

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I cicli economici e finanziari

177

costi che li hanno originati, eventuali differenze dovute ad errori nelle previsioni monetarie, vengono rilevate come componenti del reddito di esercizio (sopravve-nienze attive e passive).

Esempio 3

Il giorno 15 dicembre è pervenuta alla Alfa S.p.A. la fornitura mensile di combustibile per il ri-scaldamento degli uffici. Il valore complessivo è di 20.000 €, come documentato dalla nota di cari-co siglata dal magazziniere. La fattura del fornitore perviene il 10 gennaio. L’importo addebitato, oltre all’IVA 22%, comprende una maggiorazione di 100 € non prevista per il trasporto.

31 dicembre Dare Avere

Combustibili e lubrificanti 20.000

Fatture da ricevere 20.000

L’azienda dispone delle fatture dal 10 gennaio dell’esercizio successivo, dunque è in grado di prevedere con esattezza il costo e il debito presunto. Tuttavia si suppone volutamente una sti-ma errata in modo da poter esemplificare la rilevazione della sopravvenienza. Il conto “Combustibili e lubrificanti” è epilogato al Conto economico, mentre il conto “Fattu-re da ricevere” si chiude allo Stato patrimoniale finale. Alla riapertura dei conti l’1/1 dell’eser-cizio successivo, il conto “Fatture da ricevere” viene riaperto in attesa della definitiva chiusura che sarà effettuata al momento della rilevazione della fattura del fornitore (variazione finanziaria).

1a metodologia

10 gennaio Dare Avere

Combustibili e lubrificanti 20.100

IVA a credito 4.422

Fornitori 24.522

10 gennaio

Fatture da ricevere 20.000

Sopravvenienze passive 100

Combustibili e lubrificanti 20.100

2a metodologia

10 gennaio

Fatture da ricevere 20.000

IVA a credito 4.422

Sopravvenienze passive 100

Fornitori 24.522

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

178

4.2. Le partite attive e passive da liquidare

Quando i costi e i ricavi misurano condizioni produttive non rilevabili da fatture, ma da supporti documentali di diverso tipo (estratti conto, note di variazione, lette-re di addebito, contratti, buste paga, e così via) si preferisce utilizzare una denomi-nazione di conto più consona a riflettere il credito e il debito presunto. La soluzio-ne è pertanto quella di fare uso di due conti generici intitolati “Partite attive da li-quidare” per i crediti presunti e “Partite passive da liquidare” per i debiti presunti o, in alternativa, quella di utilizzare conti specifici differenziati in base alla natura del debitore/creditore o alla forma tecnica del credito/debito.

Si è in presenza ancora una volta di costi o ricavi interamente di competenza dell’esercizio in chiusura, che devono essere portati ad integrazione del reddito di pe-riodo, poiché la loro variazione finanziaria posticipata ne ha impedito la rilevazione nell’esercizio. Solitamente la previsione, necessaria per l’assenza dei documenti alla data di chiusura dell’esercizio, è facilitata dal fatto che i correlati documenti formali sono in larga misura disponibili, al momento della redazione delle scritture di asse-stamento, e i valori collegati sono oggettivi. Tuttavia questa considerazione non muta la loro natura presunta alla data di chiusura dell’esercizio.

Generano componenti positivi del reddito (ricavi) e crediti presunti le seguenti operazioni:

– interessi attivi maturati su c/c bancari o generati da altre forme di investimen-to, non liquidati;

– premi attivi maturati su acquisti non fatturati, e altre rettifiche di costi non li-quidate, per resi, sconti, abbuoni;

– rimborsi e indennizzi assicurativi da ottenere; – crediti per rimborsi fiscali da ricevere.

La scrittura a giornale si presenta come segue:

31 dicembre Dare Avere

Partite attive da liquidare 250

Ricavi 250

A mastro:

250

Partire attive da liquidare

(+) (–)

Ricavi

250 (+) (–)

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I cicli economici e finanziari

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La liquidazione dei proventi finanziari sui depositi bancari o generati da altre forme di investimento maturati nell’esercizio può essere attestata da documenti e-messi o ricevuti in epoca successiva alla data di chiusura. Al verificarsi di questa e-ventualità il sistema contabile deve essere integrato con i valori di ricavo maturati e con i corrispondenti crediti. È il caso degli interessi attivi di conto corrente matura-ti nel corso dell’ultimo mese dell’anno che sono accreditati sull’estratto conto ban-cario del mese di gennaio.

Una prassi commerciale che crea i presupposti per la rilevazione di partite attive da liquidare dai propri fornitori consiste nel riconoscimento ex post di riduzioni di prezzo, di premi maturati, di sconti incrementali che, essendo determinati in relazio-ne ai volumi annuali di acquisti (ma il ragionamento è analogo per le vendite) posso-no essere quantificati solamente in un momento successivo al termine dell’esercizio 9.

Esempio 4

La Alfa S.p.A. si rifornisce di materie prime dal fornitore Beta S.r.l. con il quale ha stabilito un listino prezzi e condizioni accessorie ad inizio anno. Gli acquisti sono effettuati ad un prezzo base. Al raggiungimento di determinati quantitativi acquistati matura il diritto a percepire premi sotto forma di sconti aggiuntivi sui prezzi di acquisto. Nel quadro di tali accordi la società, avendo rag-giunto un volume complessivo di acquisti di 200.000 €, considera di aver maturato un premio in misura pari ad uno sconto del 2% sul valore degli acquisiti. La nota di variazione del fornitore perviene il 30.3 dell’anno successivo e ammonta a 4.100 € (IVA 22%).

31 dicembre Dare Avere

Partite attive da liquidare (Fornitori c/note di accredito da rice-vere)

4.000

Premi da fornitori 4.000

Dopo l’epilogo delle “Partite attive da liquidare” allo Stato patrimoniale finale e la loro successi-va riapertura all’inizio dell’esercizio seguente, il conto che le accoglie si chiude con la scrittura:

30 marzo Dare Avere

Crediti diversi 5.002

Partite attive da liquidare 4.000

Sopravvenienze attive 100

IVA a debito 902

rilevata al ricevimento della nota di accredito del fornitore.

9 Sulle diverse modalità di acquisizione delle condizioni produttive, sui documenti di supporto e sulle più diffuse fattispecie contrattuali si rimanda alle considerazioni esposte nel precedente Capitolo Secondo.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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Anche il differimento temporale che spesso caratterizza le liquidazioni di inden-nizzi assicurativi, contributivi, fiscali e il momento della loro effettiva corresponsione può generare il presupposto per la rilevazione di un ricavo e di una partita attiva da liquidare. Ciò accade quando la conclusione dei procedimenti amministrativi, che san-cisce il diritto dell’impresa al rimborso avviene entro il termine dell’esercizio, mentre l’incasso della somma si realizza nell’esercizio successivo.

Esempio 5

La Alfa S.p.A. ha stipulato una polizza assicurativa R.C. sugli automezzi aziendali per coprirsi dal rischio di danni causati a terzi. Nel corso dell’esercizio si è verificato un incidente stradale che ha danneggiato un veicolo della società e mezzi di terzi coinvolti. Sono state sostenute spese di riparazione e altri oneri direttamente collegati all’evento per complessivi 10.000 €. Nel frat-tempo è stata proposta l’istanza di rimborso alla compagnia assicurativa e il liquidatore incari-cato ha espresso parere favorevole al risarcimento di 9.000 €, che saranno corrisposti nell’eser-cizio successivo.

31 dicembre Dare Avere

Partite attive da liquidare (Crediti v/s Compagnia assicurativa per indennizzi da liquidare)

9.000

Indennizzi e risarcimenti attivi 9.000

Tra i componenti negativi di reddito che misurano debiti presunti si ricor-

dano:

– interessi passivi maturati su c/c bancari, spese e commissioni bancarie non li-quidati;

– premi passivi da riconoscere a clienti non fatturati, e altre rettifiche di ricavi non liquidate per sconti, resi e abbuoni;

– royalties, diritti d’autore e altri compensi non liquidati per lo sfruttamento di opere dell’ingegno, di brevetti, di marchi e di licenze dovuti a terzi;

– premi assicurativi dovuti; – retribuzioni, contributi e oneri sociali da liquidare; – imposte sul reddito dell’esercizio.

La scrittura a giornale si presenta come segue:

31 dicembre Dare Avere

Costi 200

Partite passive da liquidare 200

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I cicli economici e finanziari

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A mastro:

200

Costi

(+) (–)

Partite passive da liquidare

200 (+) (–)

Le considerazioni svolte con riferimento alle partite attive da liquidare generate

da proventi finanziari, premi da fornitori e rimborsi si adattano anche alle fattispe-cie opposte nelle quali l’impresa, con riferimento al sistema dei valori contabili, de-ve procedere ad integrare costi e debiti presunti. Pertanto i premi da riconoscere ai clienti, quelli dovuti alle compagnie di assicurazione o gli interessi da corrispondere ai propri finanziatori, maturati ma non liquidati, generano partite passive da liquida-re, così come i canoni dovuti per lo sfruttamento economico di diritti sulla proprie-tà intellettuale.

Esempio 6

La Alfa S.p.A., casa di produzione discografica, riconosce diritti agli autori dei brani pubblicati nella misura del 10% dei corrispettivi incassati per le copie vendute nell’anno. Al 15 gennaio so-no disponibili i dati sulle vendite realizzate, nell’anno precedente, sull’intero territorio nazionale, suddivisi per autore, ed è possibile effettuare la rendicontazione e la liquidazione dei diritti dovu-ti, che per l’esercizio in chiusura, ammontano a 30.000 €.

31 dicembre Dare Avere

Royalties 30.000

Partite passive da liquidare (Debiti presunti per royalties da li-quidare)

30.000

Le partite passive da liquidare accolgono anche integrazioni di costi per com-

pensi e remunerazioni dovute a collaboratori continuativi o occasionali che, per i requisisti di professionalità o per le caratteristiche peculiari delle prestazioni e dei servizi offerti non vengono considerati “fornitori”. È il caso degli onorari dovuti a professionisti o delle provvigioni dovute ad agenti rappresentanti o dei compensi maturati da collaboratori diversi.

Anche la liquidazione delle retribuzioni e degli oneri contributivi dovuti per l’ultimo periodo lavorativo (mese di dicembre) può cadere nell’esercizio successivo per la necessità di disporre dei dati relativi alle ore effettivamente lavorate. Quando queste informazioni sono disponibili si integrano le scritture contabili inserendo i costi di competenza e i debiti presunti alla data di riferimento.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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Esempio 7

La Alfa S.p.A. si avvale dell’assistenza continuativa di uno studio legale per la redazione degli atti societari, dei contratti nonché per il recupero dei crediti. Le prestazioni rese dai suddetti profes-sionisti nell’anno in chiusura ammontano a 20.000 €. La parcella professionale viene emessa il 20/2 successivo. All’atto del pagamento effettuato con assegno bancario si applica una ritenuta d’acconto del 20% (IVA 22%). 31 dicembre Dare Avere

Consulenze legali 20.000

Partite passive da liquidare (Debiti presunti per compensi da li-quidare)

20.000

Il conto Partite passive da liquidare è epilogato allo Stato patrimoniale finale e successivamen-te riaperto all’inizio dell’esercizio seguente. Viene definitivamente chiuso, con le scritture di seguito riportate, al ricevimento della parcella professionale: 20 febbraio Dare Avere

Partite passive da liquidare 20.000

IVA a credito 4.400

Debiti v/professionisti 24.400 20 febbraio

Debiti v/professionisti 24.400

Banca c/c 20.400

Erario c/ ritenute 4.000

Esempio 8

La Alfa S.p.A. liquida le retribuzioni ai dipendenti ed i correlati oneri sociali il 10 del mese suc-cessivo a quello lavorato. Provvede quindi alla liquidazione delle retribuzioni del mese di dicem-bre per 35.000 € il 10 gennaio seguente, mentre determina in 10.000 € gli oneri sociali a carico del datore di lavoro dovuti sulle retribuzioni medesime. 31 dicembre Dare Avere

Salari e stipendi 35.000

Partite passive da liquidare (Debiti v/dipendenti per retribuzioni da liquidare)

35.000

31 dicembre

Oneri sociali 10.000

Partite passive da liquidare (Debiti v/Enti previdenziali e assi-stenziali da liquidare)

10.000

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I cicli economici e finanziari

183

Le imposte sul reddito sono costi di competenza dell’esercizio, determinati sulla scorta delle disposizioni tributarie vigenti, tenuto conto del risultato economico che l’impresa ha conseguito nel periodo amministrativo. Il reddito imponibile, al quale si applicano definite aliquote fiscali, si ottiene partendo dal risultato d’esercizio an-te imposte e operando sul medesimo le variazioni in aumento e in diminuzione ri-chieste dalla presenza di costi e ricavi rispettivamente non riconosciuti dalle norme tributarie o non soggetti a tassazione.

La quantificazione delle imposte di esercizio può avvenire solo al termine del-l’assestamento quando tutti gli elementi positivi e negativi di reddito (sia oggettivi che stimati e congetturati) sono stati determinati e il risultato conseguito è noto, con l’uni-ca eccezione delle imposte medesime. Le stesse vengono pertanto calcolate sul reddito, definito in via provvisoria ed extra contabile, successivamente inserite nel sistema dei valori con una scrittura di integrazione, cui segue l’epilogo generale di conti (chiusura).

Il debito nei confronti dell’Erario è di natura presunta poiché la documentazio-ne di supporto alla sua definizione è predisposta dall’impresa nell’esercizio succes-sivo nei termini previsti dalle norme tributarie (in genere entro i 30 giorni successi-vi alla data di approvazione del bilancio). La presunzione è inoltre legata al fatto che il reddito d’esercizio, sul quale è determinato il debito d’imposta, non può dirsi de-finitivamente conseguito se non è intervenuta l’approvazione dell’organo assemblea-re (sino a quel momento il bilancio d’esercizio rappresenta una mera proposta pre-disposta dall’organo esecutivo).

Ne segue che eventuali modifiche apportate al reddito d’esercizio in sede di ap-provazione del bilancio riverberebbero i loro effetti sulle imposte accantonate e sul quantum del debito iscritto verso l’Erario.

Esempio 9

La Alfa S.p.A. ha versato il 30/11 dell’anno in corso, tramite addebito bancario, acconti d’imposta sul reddito per complessivi 75.000 €. Al 31/12, data di chiusura dell’esercizio, la società tenuto conto delle vigenti norme e delle collegate aliquote stima in 85.000 € il costo complessivo per tri-buti diretti dovuti all’Erario. La dichiarazione dei redditi sarà formalmente presentata nell’eser-cizio successivo, nel quale si effettuerà anche il versamento del saldo dovuto.

30 novembre Dare Avere

Crediti v/s Erario per acconti 75.000

Banca c/c 75.000

31 dicembre

Imposte sul reddito 85.000

Crediti v/s Erario per acconti 75.000

Debiti v/s Erario per imposte sul reddito da liquidare 10.000

Nel caso delle imposte, che formano un costo rilevante per le imprese, l’utilizzo del conto generi-co “Partite passive da liquidare” è sconsigliato. Risulta più completo, sotto il profilo informativo, il ricorso ad un conto specifico, quale quello indicato nell’esempio o altro di analogo significato.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

184

4.3. I ratei attivi e passivi

I ratei indicano cicli economici non conclusi comuni a due esercizi, collegati a una variazione finanziaria posticipata. Esprimono quote di costi e di ricavi maturati di competenza dell’esercizio, ma la cui manifestazione finanziaria si avrà nell’eserci-zio successivo. Si pone il problema valutativo di scindere idealmente in due porzio-ni il costo o il ricavo, in modo da attribuirne ciascuna agli esercizi nei quali si svolge il processo di impiego della condizione produttiva. La ripartizione è fatta secondo un criterio di proporzionalità temporale, poiché i valori economici da cui traggono ori-gine scaturiscono in genere da contratti di durata (come ad esempio la locazione, l’u-sufrutto, il noleggio, la somministrazione, il deposito, il mutuo) che interessano due (talora più) esercizi. Si generano costi o ricavi, come i canoni periodici di assicurazio-ne, di leasing, di locazione e noleggio, di utenze diverse o come gli oneri e i proventi finanziari, la cui maturazione è associata in modo diretto al trascorrere del tempo 10.

Sotto l’aspetto finanziario i ratei attivi misurano crediti presunti (in corso di formazione) di importo e manifestazione certi, relativi a ricavi che saranno liquidati in via posticipata.

La scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Rateo attivo 90

Ricavo 90

E a mastro:

90

Rateo attivo

(+) (–)

Ricavo

90 (+) (–)

I ratei attivi sono epilogati allo Stato patrimoniale finale e riaperti nell’esercizio

successivo come Ratei attivi iniziali. La loro eliminazione dal sistema contabile av-

10 Una prassi diffusa tende a far coincidere i momenti di liquidazione dei costi e dei ricavi derivan-ti da contratti di durata (canoni, utenze) con il periodo annuale, al fine di ridurre sensibilmente il cal-colo di ratei e risconti.

Essi permangono invece con riferimento ai contratti di finanziamento e di investimento in stru-menti finanziari, che hanno decorrenze non allineabili con l’esercizio. La forte presenza di operazioni di tale specie genera pertanto importanti ricadute sulle consistenze dei ratei e dei risconti presenti nei bilanci annuali. Per ulteriori considerazioni si veda supra, Capitolo Quinto.

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I cicli economici e finanziari

185

viene al momento del manifestarsi della variazione finanziaria posticipata da cui hanno avuto origine al ricevimento o all’emissione del documento formale a cui si correlano. Possono tuttavia essere chiusi al ricavo che li ha originati in via immedia-ta, al termine delle scritture di riapertura.

Esempio 10

La Alfa S.p.A. ha investito 200.000 € in titoli a reddito fisso XYZ, che offrono un tasso di ren-dimento pari al 5% annuo. Gli interessi sono corrisposti l’1/4 e l’1/10 di ogni anno, in via posti-cipata.

1/1 1/4 1/10 31/12 1/4

Incasso cedola semestrale (1/4-1/10) Incasso cedola semestrale (1/10-1/4)

000.512

6%5000.200I

La rata semestrale di interessi di 5.000 € che scadrà l’1/4 del prossimo anno, è suddivisa in due quote una relativa ai 3 mesi di competenza dell’esercizio in chiusura (1/10-31/12), una relativa ai 3 mesi dell’esercizio successivo (1/1-1/4).

31 dicembre Dare Avere

Ratei attivi 2.500

Interessi attivi 2.500

Il conto “ratei attivi” viene chiuso allo Stato patrimoniale e ripristinato con le scritture di apertura l’1/1 dell’esercizio successivo, nel corso del quale si provvede alla sua eliminazione, secondo le due possibili tecniche.

1a metodologia

(chiusura del rateo attivo iniziale alla rilevazione della variazione finanziaria posticipata)

1 aprile Dare Avere

Banca c/c 5.000

Ratei attivi iniziali 2.500 Interessi attivi 2.500

interessi attivi che verranno incassati il 1 aprile del prossimo esercizio, maturati nei sei mesi precedenti

(segue)

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

186

Interessi attivi

(–)(+)

1.4

(interessi di competenza)

2.500

2.500

1.1 2.500

Ratei attivi iniziali

(–) (+)

1.4

(chiusura del rateo iniziale all’incasso cedola semestrale)

2.500

(incasso cedola semestrale)

(apertura)

2a metodologia

(chiusura del rateo attivo iniziale in via immediata)

1 gennaio Dare Avere

Interessi attivi 2.500

Ratei attivi iniziali 2.500

1 aprile

Banca c/c 5.000

Interessi attivi 5.000

Interessi attivi

(–)(+)

1.4

(interessi di competenza)

5.000

2.500

(incasso cedola semestrale)

1.1 2.500

Ratei attivi iniziali

(–) (+)

1.1 (chiusura a interessi attivi)

2.500 (apertura)

1.1 2.500

(chiusura ratei attivi)

La prima tecnica è preferibile alla seconda per la maggiore chiarezza.

I ratei passivi, sotto l’aspetto finanziario, misurano debiti presunti (in corso di

formazione) di importo e manifestazione certi, relativi a costi che saranno liquidati in via posticipata.

La rilevazione a giornale è:

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I cicli economici e finanziari

187

31 dicembre Dare Avere

Costo 50

Rateo passivo 50

E a mastro:

50

Costo

(+) (–)

Rateo Passivo

50 (+) (–)

I ratei passivi sono epilogati allo Stato patrimoniale finale e riaperti nell’esercizio

successivo come Ratei passivi iniziali. Possono quindi essere chiusi al costo che li ha originati al momento del manifestarsi della variazione finanziaria posticipata, ovve-ro in via immediata, al termine delle scritture di riapertura.

Esempio 11

La Alfa S.p.A. utilizza un fabbricato industriale di terzi, pagando un canone di locazione annuo di 24.000 € da corrispondere, in unica soluzione posticipata, il 30/3 di ogni anno.

Il 30/3 del prossimo esercizio la società sosterrà l’uscita finanziaria di 24.000 € relativa allo sfruttamento del fattore produttivo in oggetto per i 12 mesi precedenti. La quota di costo maturata nell’esercizio in chiusura è pari a 9/12 di 24.000 (dal 30/3 di quest’anno al 31/12) corrispondenti a 18.000 €. Si procede all’integrazione dei valori contabili rilevando la quota di costo maturata nel conto “affitti passivi”, che sarà epilogato a Conto economico, e il debito presunto nei confronti del proprietario dell’immobile nel conto “ratei passivi”.

31 dicembre Dare Avere

Affitti passivi 18.000

Ratei passivi 18.000

Il conto “ratei passivi” viene chiuso allo Stato patrimoniale finale e ripristinato con le scritture di apertura l’1/1 dell’esercizio successivo, nel corso del quale si provvede alla sua definitiva eliminazione, secondo le due possibili tecniche.

(segue)

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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1a metodologia (chiusura del rateo passivo iniziale alla rilevazione della variazione finanziaria posticipata)

30 marzo Dare Avere Affitti passivi 6.000 Ratei passivi (iniziali) 18.000 Banca c/c 24.000

Affitti passivi

(–) (+)

(affitti di competenza)6.000

30.3 6.000

Ratei passivi (iniziali)

(–) (+)

18.000

(apertura)

1.1

(pagamento canone)

30.3 18.000

(chiusura a pagamento canone)

2a metodologia (chiusura del rateo passivo iniziale in via immediata)

1 gennaio Dare Avere Ratei passivi (iniziali) 18.000 Affitti passivi 18.000 30 marzo Affitti passivi 24.000 Banca c/c 24.000

Affitti passivi

(–)(+)

(affitti di competenza)6.000

30.3 24.000

Ratei passivi (iniziali)

(–) (+)

18.000 (apertura)

1.1

(pagamento canone)

1.1 18.000

(chiusura a affitti passivi)

1.118.000

(chiusura ratei passivi)

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I cicli economici e finanziari

189

4.4. I fondi spese future

In sede di assestamento e rettifica dei valori contabili per la determinazione cor-retta del reddito di competenza dell’esercizio, è opportuno considerare, oltre ai va-lori visti in precedenza, costi, correlati ai ricavi conseguiti nel periodo, connessi a u-scite finanziarie future delle quali non si conosce con certezza il momento di effet-tivo pagamento.

I fondi spese future esprimono pertanto valori finanziari passivi presunti che misurano componenti negativi del reddito d’esercizio nel quale si sono verificati i presupposti del loro futuro sostenimento. Il riconoscimento del costo, effettuato nel rispetto di criteri di competenza economica e di prudenza, si denomina accantona-mento, il correlato debito presunto si denomina fondo. L’impiego di questo termine enfatizza il carattere di incertezza che accompagna questi valori, incertezza legata sia collocazione temporale della variazione finanziaria, sia al quantum della medesima.

La scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Accantonamento al fondo 70

Fondo spese future 70

E a mastro:

70

Accantonamento al fondo

(+) (–)

Fondo spese future

70 (+) (–)

L’esigenza di assicurare la massima trasparenza delle informazioni e di consenti-re una agevole interpretazione dei dati di bilancio, suggerisce la creazione di fondi analitici stanziati in previsione di differenti ipotesi di uscite finanziarie.

I più diffusi sono:

1. il fondo trattamento fine rapporto (fondo T.F.R.); 2. il fondo trattamento quiescenza integrativo del personale; 3. il fondo premi di fedeltà al personale; 4. il fondo trattamento fine mandato agli amministratori; 5. il fondo manutenzioni cicliche o programmate; 6. il fondo imposte differite.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

190

Mentre gli accantonamenti ai fondi, in quanto costi di esercizio si chiudono a Conto economico, i fondi spese future si epilogano allo Stato patrimoniale finale e si riaprono nell’esercizio successivo.

I fondi sono utilizzati al verificarsi dell’evento negativo previsto. Se il valore è stato stimato per difetto occorre rilevare una sopravvenienza passiva (componente negativo di reddito) in quanto il costo non è correlabile ai ricavi dell’esercizio in cui si ha la manifestazione finanziaria passiva dell’evento atteso, né a quelli futuri (era invece correlato ai ricavi dell’esercizio in cui fu effettuato l’accantonamento, ma non adeguatamente misurato).

Gli accantonamenti eccedenti formano, in linea teorica, sopravvenienze attive (com-ponenti positivi di reddito), che tuttavia non sono di norma rilevate (prudenza), tran-ne nell’ipotesi che l’evento cui si collegano sia divenuto definitivamente estraneo alla gestione e non vi sia possibilità che fatti simili si possano ripresentare in futuro. Diversamente il fondo resta accantonato nel passivo dello Stato patrimoniale per e-ventuali utilizzi futuri o per minori accantonamenti dell’esercizio in chiusura.

Il fondo trattamento fine rapporto e gli altri debiti presunti per spettanze dovute ai dipen-denti e ai collaboratori dell’impresa

Il fondo TFR rappresenta il debito maturato dall’impresa a favore dei dipenden-ti alla data di redazione del bilancio in conformità con le disposizioni legislative e contrattuali vigenti 11. Tuttavia oltre a quanto obbligatoriamente dovuto ai lavora-tori subordinati, vige in talune imprese, soprattutto del settore creditizio e assicura-tivo, la consuetudine di riconoscere ai propri dipendenti una remunerazione ag-giuntiva volta a premiare la fedeltà e la continuità del rapporto di lavoro ovvero ad integrare quanto dovuto in forza di norme vincolanti. Sono previsti con queste fina-lità il fondo trattamento quiescenza integrativo del personale e il fondo premi di fedel-tà al personale.

Anche ai collaboratori legati all’azienda da un rapporto di lavoro autonomo o coordinato e continuativo o agli stessi amministratori può, a discrezione delle parti, essere riconosciuto un trattamento integrativo da corrispondere alla scadenza del contratto, attivando un apposito fondo di trattamento di fine mandato.

In tutti questi casi l’importo corrisposto in futuro al dipendente o al collabora-tore sarà correlato alla durata temporale effettiva del rapporto contrattuale. Vale a dire che per ogni periodo amministrativo di esistenza del rapporto contrattuale, ma-tura il diritto di questi soggetti a percepire una remunerazione aggiuntiva differita e che l’impresa assume un corrispondente debito. L’accantonamento o quota di com-petenza esprime pertanto il costo maturato dell’esercizio a fronte dell’impiego del fattore produttivo lavoro (dipendente o autonomo), mentre il fondo, accogliendo le quote accantonate annualmente, espone il debito, presunto nell’aspetto quantitati-

11 Per le necessarie informazioni relative alle modalità di determinazione degli accantonamenti al fondo TFR e di utilizzo del medesimo all’atto dell’interruzione del rapporto di lavoro con i dipenden-ti si veda supra, Capitolo Quarto.

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I cicli economici e finanziari

191

vo, che l’impresa intende riconoscere e pagare in una data successiva, al momento non nota, ma di sicura manifestazione (momento dell’interruzione del rapporto contrattuale).

La scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Accantonamento al fondo TFR 70

Fondo trattamento fine rapporto lavoro dipendente (TFR) 70

Esempio 12

La Alfa S.p.A., sulla base delle retribuzioni lorde liquidate nell’esercizio e delle rivalutazioni ap-plicate al fondo preesistente determina in 44.000 € la quota da accantonare al fondo TFR per l’esercizio in chiusura.

31 dicembre Dare Avere

Accantonamento al fondo TFR 44.000

Fondo trattamento fine rapporto lavoro dipendente (TFR) 44.000

Esempio 13

L’assemblea ordinaria della Alfa S.p.A. ha deliberato di riconoscere ai membri del proprio consi-glio di amministrazione, un compenso annuo, da pagare in via differita al termine del mandato, quantificato in 10.000 € per ciascuno dei 3 consiglieri e in 15.000 per il presidente.

31 dicembre Dare Avere

Accantonamento al fondo TFM o quota TFM 45.000

Fondo trattamento fine mandato amministratori (fondo TFM) 45.000

Il fondo manutenzioni cicliche o programmate

Talora le imprese si avvalgono, per la propria attività produttiva, di beni stru-mentali (impianti, apparecchiature, macchinari) che necessitano di interventi ma-nutentivi e riparativi programmabili con anticipo, in quanto collegati alle modalità di funzionamento o all’intensità del loro sfruttamento. Sono le stesse case costrut-trici e in alcuni casi gli enti preposti alla sorveglianza e al controllo che stabiliscono le modalità (elencazione delle singole operazioni e fasi di manutenzione, indicazio-ne delle parti da sostituire o da revisionare, e così via) e la frequenza di questi in-terventi, onde garantire un perfetto funzionamento del cespite secondo la vita utile prevista.

Se risulta possibile formulare una attendibile previsione:

– dei costi che complessivamente l’impresa dovrà sostenere all’effettuazione del-

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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la manutenzione, vale a dire se il costo complessivo della manutenzione può essere ragionevolmente determinato con anticipo;

– del momento futuro in cui dovrà essere effettuato l’intervento, che si colloche-rà in esercizi successivi (nel prossimo o tra più anni);

– della relazione che lega il deperimento o il logorio della funzionalità del bene con il suo sfruttamento e pertanto, in via indiretta, con i prodotti o i servizi che ha contribuito a produrre o fornire;

è corretto attribuire all’esercizio in chiusura una quota parte del costo di manuten-zione la cui uscita finanziaria si manifesterà in epoche future, ma che è ragionevole riconoscere in quanto espressione di un fattore produttivo consumato.

In genere queste tre condizioni si realizzano con riferimento a beni quali i veico-li (automezzi, aeromobili, imbarcazioni) che richiedono interventi al raggiungimen-to di un certo limite di utilizzo (chilometri di percorrenza, numero di ore di volo) ma anche per impianti a caldo (altiforni) e a freddo (catene di congelamento) che ri-chiedono fermi macchina periodici programmati ad intervalli prestabiliti.

Nel momento futuro in cui si verificherà l’uscita finanziaria richiesta per il pa-gamento delle spese di manutenzione e riparazione non dovranno essere rilevati co-sti, se non per la quota riferibile all’esercizio in corso a quell’epoca, e l’operazione si realizzerà con l’utilizzo del fondo.

Eventuali differenze tra valori accantonati in via presuntiva ed effettivo esborso finanziario devono essere considerati componenti positivi o negativi del reddito di periodo (errori di valutazione).

La scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Accantonamento (o quota) al fondo manutenzioni programmate e cicliche

100

Fondo manutenzioni programmate e cicliche 100

Esempio 14

La Alfa S.p.A. è proprietaria da 3 anni di un macchinario per la lavorazione del vetro. Nei prece-denti esercizi, a fronte di future spese di manutenzione stimate in 21.000 €, la società ha costitui-to un apposito fondo, nel rispetto del principio della competenza economica, accantonando per ogni esercizio una quota costante della spesa complessiva, concordata con il fornitore del macchi-nario al momento dell’acquisto. Il 10 gennaio dell’esercizio in corso l’intervento manutentivo viene effettuato e il fornitore trasmette la propria fattura per l’importo concordato (IVA 22%). 31 dicembre 00 Dare Avere Accantonamento fondo manutenzioni programmate e cicliche 7.000 Fondo manutenzioni programmate e cicliche 7.000 31 dicembre 01 Accantonamento fondo manutenzioni programmate e cicliche 7.000 Fondo manutenzioni programmate e cicliche 7.000

(segue)

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I cicli economici e finanziari

193

31 dicembre 02

Accantonamento fondo manutenzioni programmate e cicliche 7.000

Fondo manutenzioni programmate e cicliche 7.000

10 gennaio 03

Fondo manutenzioni programmate e cicliche 21.000

IVA a credito 4.620

Fornitori 25.620

Accantonamento

manutenzioni programmate e cicliche

Fondo manutenzioni programmate e cicliche

(totale accantonamenti al fondo)

(–)(+)

7.000

31/12/00 7.000

(–) (+)

7.000 31/12/00

Accantonamento

manutenzioni programmate e cicliche

(–) (+)

31/12/01 7.000

Fondo manutenzioni programmate e cicliche

(–) (+)

7.000(apertura)

1/1/01

31/12/01 7.000

14.000

(totale accantonamenti al fondo)

(segue)

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

194

Accantonamento

manutenzioni programmate e cicliche

(–) (+)

31/12/02 7.000

Fondo manutenzioni programmate e cicliche

(–) (+)

14.000 (apertura)

1/1/02

31/12/02 7.000

21.000

(totale accantonamenti al fondo)

Fornitori

(–) (+)

10/1/03 25.620

Fondo manutenzioni programmate e cicliche

(–) (+)

21.000 (apertura)

1/1/03

10/1/03 21.000

(ricevimento fattura)

(utilizzo fondo)

(–) (+)

IVA a credito

10/1/034.620

(ricevimento fattura)

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I cicli economici e finanziari

195

Il fondo imposte differite

Le imposte sul reddito delle imprese sono determinate secondo le disposizioni contenute nelle norme tributarie vigenti. Alcune di esse prevedono la possibilità di ritardare e posticipare l’esborso monetario dovuto in un esercizio sulla base di di-vergenze temporanee tra regole contabili e regole fiscali. Per esemplificare si consi-deri un ricavo di competenza dell’esercizio, che in forza di una espressa previsione normativa possa essere escluso dalla base imponibile e sottoposto al prelievo tribu-tario in un successivo periodo, al verificarsi di una data condizione.

Il principio di competenza economica invita comunque a considerare le imposte dovute su questi componenti reddituali, segnalando contestualmente che l’uscita fi-nanziaria non si verificherà nell’esercizio successivo (come nel caso delle imposte correnti la cui previsione è accolta nel conto “debiti verso l’erario”) ma in un mo-mento futuro, talora non noto in anticipo.

Questi accantonamenti sono diffusi in relazione alla presenza nei bilanci di rica-vi sospesi sotto il profilo fiscale.

La scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Accantonamento al fondo imposte differite (o quota o imposte differite o imposte sul reddito)

100

Fondo imposte differite 100

4.5. I fondi rischi

Prima di affrontare l’ultimo caso considerato dalle scritture di integrazione, rappresentato dalla costituzione e alimentazione di Fondi rischi, è utile riflettere sul grado crescente di complessità e di indeterminatezza che accompagna queste valu-tazioni.

Osservando la Tabella 3 emerge, infatti, come la corretta determinazione dei va-lori sia resa progressivamente incerta e soggettivamente condizionata dal giudizio dei redattori del bilancio.

Gli organi di controllo contabile (collegio sindacale e società di revisione) sono chiamati a una speciale vigilanza sulla determinazione di questi valori. Solitamente condividono con gli amministratori le scelte valutative supportati dai principi con-tabili adottati dalla migliore prassi nazionale e internazionale.

I rischi particolari che gravano sull’attività d’impresa sono di varia specie, ma sempre legati a potenziali eventi negativi correlati a operazioni e processi in corso, non conclusi nell’esercizio. A fronte di queste previsioni negative il principio di pru-denza suggerisce l’iscrizione di accantonamenti che gravino sul reddito dell’esercizio in cui divengono ragionevolmente determinabili. L’incertezza che accompagna questi valori è massima, non solo sotto il profilo quantitativo (per la difficoltà di stabilire

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

196

in concreto gli effetti economici e finanziari derivanti dal verificarsi di un evento negativo), ma anche sotto l’aspetto della effettiva manifestazione. Non è certo che l’evento probabile o possibile collegato ad un rischio specifico previsto in chiusura di esercizio, si verifichi concretamente in futuro. Al contrario potrebbe accadere che l’evento negativo temuto non si determini.

Tabella 3 – Caratteristiche distintive delle rettifiche di integrazione

Casi Esistenza Determinazione del valore

Momento di manifestazione futura

Fatture da emettere e ricevere

Partite attive e passive da liquidare

Certa Agevole, costo o ricavo in-teramente di competenza del-l’esercizio in chiusura, pre-sunto a motivo della man-canza del documento formale

Noto, solitamente già av-venuto alla data di effet-tiva predisposizione del bilancio nell’esercizio suc-cessivo

Ratei attivi e passivi Certa Scaturisce dalla ripartizione del costo o del ricavo in pro-porzione al tempo tra due o più esercizi

Noto

Fondi spese future Certa Previsione Sconosciuto

Fondi rischi Incerta Previsione Sconosciuto

Anche in questo caso l’efficacia informativa invita a distinguere i rischi conside-

rati nella determinazione del reddito d’esercizio, facendo ricorso a conti analitici. I fondi più comunemente utilizzati dalle imprese, perché legati a rischi che con mag-gior frequenza accompagnano lo svolgimento dell’attività d’impresa sono:

1. il fondo svalutazione crediti; 2. il fondo svalutazione titoli; 3. il fondo rischi su cambi; 4. il fondo garanzia prodotti; 5. il fondo rischi per cause in corso.

È possibile distinguere questi fondi in due classi:

– una composta da fondi che esprimono la previsione di possibili uscite finan-ziarie future;

– l’altra formata da fondi che sono determinati allo scopo di rettificare correlati elementi patrimoniali già iscritti nell’attivo, e che esprimono la previsione di minori entrate finanziarie.

La distinzione non è irrilevante anche per le necessità di riclassificazione richie-ste dalla redazione dello Stato patrimoniale secondo gli schemi dell’art. 2424 c.c. Infatti mentre i fondi appartenenti alla prima classe sono indicati tra gli elementi

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I cicli economici e finanziari

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passivi del patrimonio, i secondi sono posti a diretta deduzione dei valori patrimo-niali attivi sui quali gravano i rischi che li hanno determinati.

La scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Accantonamento al fondo rischi 60

Fondo rischi 60

E a mastro:

60

Accantonamento

(+) (–)

Fondo rischi

60 (+) (–)

Mentre gli accantonamenti ai fondi, in quanto costi di esercizio si chiudono a

Conto economico, i fondi rischi si epilogano allo Stato patrimoniale finale e si ria-prono nell’esercizio successivo.

Al pari di quanto descritto per i fondi spese e oneri futuri, i fondi rischi sono utiliz-zati al verificarsi dell’evento negativo previsto. Se il valore è stato stimato per difetto occorre rilevare una sopravvenienza passiva (componente negativo di reddito) in quan-to il costo non è correlabile ai ricavi dell’esercizio in cui si ha la manifestazione finanzia-ria passiva dell’evento atteso, né a quelli futuri (era invece correlato ai ricavi del-l’esercizio in cui fu effettuato l’accantonamento, ma non adeguatamente misurato).

Gli accantonamenti eccedenti formano, in linea teorica, sopravvenienze attive (com-ponenti positivi di reddito), tuttavia non sono di norma rilevate (prudenza) a meno che il rischio specifico cui si collegano e che ne ha determinato l’accantonamento sia stato definitivamente superato. Se residuano possibilità che l’evento negativo si verifichi il fondo permane nel sistema contabile, accantonato nel passivo dello Stato patrimoniale, per eventuali utilizzi futuri o per minori accantonamenti dell’esercizio in chiusura.

I fondi svalutazione crediti, i fondi rischi su cambi e i fondi oscillazione titoli

La previsione di rischi connessi al buon fine dei crediti verso clienti costituisce una delle fasi valutative più rilevanti nel processo di formazione del bilancio. I cre-diti verso clienti sono infatti un elemento patrimoniale di rilievo nei bilanci delle im-prese e la stima delle possibili conclusioni negative dei cicli finanziari in corso im-pegna gli amministratori.

La ricognizione puntuale dei crediti, l’esame scrupoloso di quelli per i quali sia-no emersi elementi in grado di far prevedere incassi inferiori al valore nominale ori-ginario (perdite per inesigibilità, resi, rettifiche, sconti, abbuoni, interessi non ma-turati, contestazioni da parte del cliente, azioni infruttuose di recupero anche legali,

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

198

stato di insolvenza del cliente, crediti scaduti, crediti molto vecchi) e la considera-zione dell’esperienza consolidata (percentuali di crediti non incassati su crediti no-minali nei bilanci precedenti) aiutano la quantificazione del valore di presumibile realizzazione dei crediti e per differenza delle perdite in corso di formazione che si teme saranno sopportate dall’impresa. Le perdite devono gravare sul Conto econo-mico dell’esercizio in cui sono divenute prevedibili e non su quello in cui sono certe.

La scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Accantonamento al fondo svalutazione crediti (perdite presunte su crediti)

60

Fondo svalutazione crediti 60

Esempio 15

Alfa S.p.A. esamina i crediti verso clienti in essere al 31/12 e ne emerge il seguente quadro:

Crediti di dubbio realizzo

Crediti Valore

nominale Percentuale di

inesigibilità Valore di

presumibile realizzo Verso clienti falliti 1.000 100 0 Verso clienti in amministrazione controllata

500 60 200

Insoluti 300 0 300 Scaduti da 10 mesi 800 50 400 Totale 2.600 900

Crediti verso altri clienti valore nominale 15.000 €. Tenuto conto delle perdite mediamente subite sugli incassi dei crediti esigibili negli esercizi passati l’impresa considera di poter apprezzare nel 20% del valore nominale le perdite presun-te che graveranno su tali crediti.

Oltre a prevedere una svalutazione puntuale di 1.700 € per i crediti di dubbio realizzo, si stan-ziano 3.000 € per i rischi di perdite di massa, così per complessivi 4.700 €.

31 dicembre Dare Avere

Accantonamento fondo svalutazione crediti (perdite presunte su crediti)

4.700

Fondo svalutazione crediti 4.700

Il conto “Accantonamento svalutazione crediti” viene epilogato al Conto economico tra i componenti negativi di reddito, il fondo svalutazione crediti viene chiuso allo Stato patrimo-niale finale tra gli elementi passivi del patrimonio. Nella successiva redazione del bilancio civi-listico il fondo verrà portato a diretta deduzione dei crediti verso clienti iscritti all’attivo dello Stato patrimoniale.

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I cicli economici e finanziari

199

Nel caso di rischi su cambi, le perdite temute sui crediti da incassare in valuta e i maggiori oneri dovuti sui debiti da pagare in valuta vengono determinati in modo abbastanza agevole osservando l’andamento dei cambi a pronti alla chiusura dell’e-sercizio.

Occorre ricordare che le perdite devono essere rilevate anche se temporanee e che è opportuno considerare contemporaneamente le posizioni creditorie e debito-rie espresse in una stessa valuta, poiché la variazione del tasso di cambio produce effetti economici contrari sui crediti e sui debiti (utili e perdite) che possono essere compensati.

Per la rilevazione contabile di questi valori è opportuno trattare diversamente:

– i crediti e i debiti a breve termine, che vengono direttamente rettificati con le scritture:

31 dicembre Dare Avere

Perdite su cambi 1.000

Clienti esteri 1.000

31 dicembre

Perdite su cambi 1.000

Fornitori esteri 1.000

31 dicembre

Clienti esteri 1.000

Utile su cambi 1.000

31 dicembre

Fornitori esteri 1.000

Utile su cambi 1.000

– i crediti e i debiti a medio lungo termine, per i quali si opera la rettifica indi-retta, esclusivamente in caso di perdite presunte, utilizzando l’accantonamento al fondo.

La scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Accantonamento al fondo oscillazione cambi (perdite presunte su cambi o accantonamento per rischi su cambi)

1.000

Fondo rischi su cambi (o Fondo oscillazione cambi) 1.000

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

200

Esempio 16

La Alfa S.p.A. espone crediti verso clienti esteri per 100.000 dollari americani. Nel momento del-la contabilizzazione delle vendite il cambio €/$ era pari a 0,88, mentre la valuta americana si è assestata al termine dell’esercizio intorno a 0,85 €.

Se il credito venisse incassato alla data di chiusura dell’esercizio si determinerebbe una perdita di 3.000 €. Dunque è ragionevole ritenere che esista il rischio di non completa realizzazione del ricavo connesso alle vendite rilevate. Tale evenienza negativa, ancorché solo temuta (il cambio dell’euro potrebbe riapprezzarsi rispetto al dollaro), non solo è possibile, ma esistono evidenti segnali che vi sia una elevata probabilità che ciò accada. Se la scadenza del credito fosse a breve termine, si dovrebbe procedere senza indugio alla sua svalutazione, mentre nel caso di una scadenza a medio lungo termine il principio della pruden-za invita a rilevare:

31 dicembre Dare Avere

Accantonamento per rischi su cambi 3.000

Fondo rischi su cambi 3.000

L’accantonamento verrà epilogato al Conto economico dell’esercizio, mentre il fondo sarà epi-logato allo Stato patrimoniale e successivamente esposto a diretta deduzione dei crediti vs clienti esteri.

Le stesse implicazioni viste in presenza di fluttuazione dei tassi di cambio delle valute, si determinano quando l’azienda detiene in portafoglio titoli (di qualunque specie: a reddito fisso o variabile, emessi da enti privati o pubblici, in moneta na-zionale o estera) i cui prezzi (corsi) siano soggetti a variazione.

Esempio 17

La Alfa S.p.A. al 31.12.01 espone nel bilancio di verifica titoli azionari per un valore di 50.000 € (si tratta di 1.000 azioni della società Beta di valore nominale unitario pari a 10 €, acquisite a 50 € ciascuna). Gli andamenti delle quotazioni nell’ultimo mese di riferimento sono tendenzialmen-te al ribasso e si assestano al termine dell’esercizio su 48 €.

Se i titoli venissero ceduti alla data di chiusura dell’esercizio si determinerebbe una perdita di 2.000 €. Dunque è ragionevole ritenere che esista il rischio di non completa realizzazione del-l’investimento al momento della vendita. Tale evenienza negativa è solo temuta (la quotazione del titolo Beta potrebbe riapprezzarsi sul mercato), ma esistono elementi concreti che segnala-no questa possibilità. Il principio della prudenza invita pertanto a rilevare una perdita in corso di formazione:

31 dicembre Dare Avere

Accantonamento fondo svalutazione titoli (perdite presunte su titoli)

2.000

Fondo svalutazione titoli (Fondo rischi su titoli) 2.000

L’accantonamento verrà epilogato al Conto economico dell’esercizio, mentre il Fondo sarà epilo-gato allo Stato patrimoniale e successivamente esposto a diretta deduzione del valore dei Titoli.

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I cicli economici e finanziari

201

Fondo garanzie prodotti

Questi fondi sono istituiti con la finalità di correlare ai ricavi rilevati nell’eserci-zio costi o rettifiche di ricavi potenzialmente connessi alle attività di servizio e assi-stenza alle vendite o collegati agli impegni contrattuali assunti.

La scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Accantonamento per garanzie prodotti 100

Fondo garanzie prodotti 100

Esempio 18

La Alfa S.p.A. produce e distribuisce frigoriferi e congelatori che vengono venduti con una garan-zia di 3 mesi. Ciò significa che sostituzioni di parti deteriorate, interventi manutentivi e ripara-zioni effettuati entro tale periodo sui beni venduti determinano costi a carico dell’impresa. Sulla base degli interventi già realizzati nel corso dei mesi di gennaio e di febbraio in relazione alle vendite degli ultimi tre mesi dell’esercizio in chiusura e di dati storici basati sull’esperienza conso-lidata negli anni precedenti, l’azienda stima in 5.000 € il costo da sostenere. Il fondo garanzia prodotti presenta un saldo di 1.000 € prima della effettuazione delle scritture di assestamento.

Il principio della competenza invita a considerare tutti i costi correlati ai ricavi del periodo e tra questi devono essere annoverati i componenti negativi generati da vendite in garanzia, il cui importo non è noto con certezza ma che può essere attentamente stimato. Il fondo deve acco-gliere un accantonamento complessivo di 5.000 €, pertanto è sufficiente integrarne la consi-stenza per 4.000, considerando che gli accantonamenti effettuati nell’esercizio precedente sono risultati eccessivi e non sono stati utilizzati.

31 dicembre Dare Avere

Accantonamento per garanzie prodotti 4.000

Fondo garanzie prodotti 4.000

L’accantonamento verrà epilogato al Conto economico dell’esercizio, mentre il Fondo sarà epi-logato allo Stato patrimoniale.

I fondi a copertura di rischi generici

Quando un evento negativo temuto è associabile a rischi generici che possono riflettersi sull’attività d’impresa in qualunque momento, senza che si ponga una spe-cifica relazione con i processi in corso al termine del periodo amministrativo, non è corretto farne gravare le conseguenze economiche sul reddito d’esercizio. Non sus-siste, in queste ipotesi, una correlazione con i ricavi di competenza. Se la prudenza amministrativa può suggerirne la considerazione tale previsione andrà effettuata a carico dei valori di capitale, vale a dire destinando a tale finalità una porzione degli

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

202

utili conseguiti o una riserva preesistente, e dando vita ad una apposita riserva, par-te ideale del capitale netto 12.

5. Le scritture di storno

Fine delle scritture di storno è il rinvio ad esercizi successivi (uno o più) di costi o ricavi che hanno avuto manifestazione finanziaria nell’esercizio, ma che non sono di competenza del periodo e non devono incidere sulla determinazione del reddito d’esercizio.

Il costo o il ricavo rilevato in via anticipata rispetto al consumo o alla cessione viene sottratto dalla sua destinazione a Conto economico (storno) e sospeso tempo-raneamente mediante l’iscrizione nello Stato patrimoniale.

Se viene stornato un ricavo la scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Storno di ricavo 150

Ricavo sospeso 150

E a mastro:

150

Storno di ricavo (utilizzo in genere del conto funzionanate durante l’esercizio)

(+) (–)

Ricavo sospeso (utilizzo di un conto apposito)

150 (+) (–)

Se occorre invece stornare un costo la scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Costo sospeso 100

Storno di costo 100

12 Cfr. il successivo Capitolo Decimo.

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I cicli economici e finanziari

203

E a mastro:

100

Storno di costo(utilizzo in genere del conto funzionanate durante l’esercizio)

(+) (–)

Costo sospeso (utilizzo di un conto apposito)

100 (+) (–)

Assumono particolare rilievo le scritture di storno volte a rilevare:

1. le partite sospese attive e passive; 2. le rimanenze finali di magazzino e di titoli (considerati beni merce); 3. i risconti attivi e passivi; 4. l’ammortamento dei fattori pluriennali; 5. le costruzioni in economia e le capitalizzazioni di costi.

5.1. Le partite sospese attive e passive

Le partite sospese attive esprimono costi interamente di competenza dell’eserci-zio successivo (o di più esercizi successivi) che sono stati rilevati nell’esercizio in chiusura per il verificarsi in via anticipata della variazione finanziaria.

La scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Partite sospese attive 100

Storno di costo 100

Il costo stornato viene sottratto al calcolo del reddito dell’esercizio in chiusura,

mentre le “partite sospese attive” vanno epilogate allo Stato patrimoniale finale. Nell’esercizio successivo la riapertura del conto consente il suo invio a Conto eco-nomico, transitando per il conto di costo che ne esprime la natura.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

204

Esempio 19

La Alfa S.p.A. ha sostenuto in data 30.12 il pagamento di 500 € (+ IVA 22%) per il canone di assi-stenza e manutenzione dei computer aziendali relativo ai primi sei mesi dell’esercizio successivo.

31 dicembre Dare Avere

Partite sospese attive 500

Canoni di assistenza 500

All’1/1 dell’esercizio successivo il conto “partite sospese attive” viene riaperto unitamente a tutti i conti patrimoniali attivi e successivamente chiuso al conto “canoni di assistenza”, che al termine dell’esercizio in oggetto confluirà nel Conto economico. Il costo di 500 € è infatti to-talmente estraneo alla gestione dell’esercizio precedente e interamente di competenza dell’e-sercizio successivo.

Di segno opposto sono le partite sospese passive, che esprimono ricavi interamen-

te di competenza dell’esercizio successivo (o di più esercizi successivi), rilevati nell’esercizio in chiusura per il verificarsi in via anticipata della variazione finanziaria.

La scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Storno di ricavo 100

Partite sospese passive 100

Il ricavo stornato viene sottratto al calcolo del reddito dell’esercizio in chiusura,

mentre le “partite sospese passive” vanno epilogate allo Stato patrimoniale finale, come ricavo sospeso. Nell’esercizio successivo la riapertura del conto consente il suo invio a Conto economico, transitando per il conto di costo che ne esprime la natura.

Esempio 20

La Alfa S.p.A. ha rilevato il 28.12 la fattura di vendita di 1.500 € (+ IVA 22%) per cessione di prodotti al cliente Beta. I beni sono tuttavia consegnati il successivo 10 gennaio.

31 dicembre Dare Avere Ricavi di vendita 1.500 Partite sospese passive 1.500

All’1/1 dell’esercizio successivo il conto “partite sospese passive” viene riaperto unitamente a tutti i conti patrimoniali passivi e successivamente chiuso al conto “ricavi di vendita”, che al termine dell’esercizio in oggetto confluirà nel Conto economico. Il ricavo di 1. 500 € è infatti totalmente estraneo alla gestione dell’esercizio precedente e interamente di competenza del-l’esercizio successivo.

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I cicli economici e finanziari

205

Le partite sospese attive e passive rappresentano situazioni opposte a quelle che originano le partite attive e passive da liquidare, come evidenziato dalla Tabella 4.

Tabella 4 – Confronto tra Partite da liquidare e Partite sospese

Valore Movimentazione finanziaria Competenza economica

Partite passive da liquidare posticipata Costo interamente imputabile all’esercizio in chiusura

Partite sospese attive anticipata Costo interamente imputabile all’esercizio successivo

Partite attive da liquidare posticipata Ricavo interamente imputabi-le all’esercizio in chiusura

Partite sospese passive anticipata Ricavo interamente imputabi-le all’esercizio successivo

5.2. Le rimanenze di magazzino

Le rimanenze di magazzino sono formate da beni che l’impresa acquista e vende per la ordinaria attività d’impresa e che alla data di chiusura dell’esercizio sono in attesa di destinazione finale. Ciò significa identificare:

– beni che l’impresa ha acquistato ma che non sono stati impiegati nel processo produttivo dell’esercizio e restano in attesa di trasformazione (materie prime, acces-sorie, secondarie, semilavorati di acquisto, materiali di consumo);

– beni ottenuti con il processo di produzione che non sono stati venduti e resta-no in attesa di cessione (merci, prodotti finiti, imballaggi);

– beni che l’impresa ha in corso di trasformazione (semilavorati di produzione, prodotti in corso di lavorazione) e che saranno destinati alla vendita al completamen-to del processo produttivo.

Le rimanenze esprimono cicli economici non conclusi, in corso di svolgimento alla data di chiusura dell’esercizio. Attraverso la loro rilevazione si sottraggono alla formazione del reddito d’esercizio e si rinviano all’esercizio successivo i costi di ac-quisizione dei fattori produttivi non correlati ai ricavi di competenza.

Il costo sospeso iscritto nell’attivo dello Stato patrimoniale esprime il valore del-le condizioni produttive non consumate che sono a disposizione dell’impresa nel-l’esercizio successivo.

Lo storno del costo avviene in modo indistinto, poiché il valore complessivo as-segnato alle diverse categorie di rimanenze rettifica unitariamente i diversi compo-nenti negativi del reddito (costi per acquisti di beni, costi per servizi e prestazioni distribuiti tra i valori economici rilevati nel periodo).

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

206

Lo storno del costo avviene con tecnica di rettifica indiretta, vale a dire facendo ricorso ad un conto di natura economica diverso da quello utilizzato durante l’eser-cizio. Ciò è dovuto sia alla natura di storno indistinto prima illustrato, sia alla neces-sità di aderire alle disposizioni previste in merito dall’art. 2425 c.c. il quale, presen-tando lo schema di Conto economico obbligatorio per le società di capitale, espres-samente richiede l’indicazione di questa specifica posta contabile.

Si tratta del conto “Variazione delle rimanenze” che accoglie l’aspetto economico (originario) di storno del costo per rimanenze dai costi dell’esercizio. Il conto “Va-riazione delle rimanenze” viene pertanto epilogato al Conto economico, mentre il co-sto sospeso accolto nel conto “Rimanenze finali di magazzino” viene epilogato allo Stato patrimoniale. In presenza di rimanenze formate da beni di natura o specie dif-ferente, è opportuno l’impiego di più conti per accogliere sia l’aspetto originario, sia quello derivato (“Variazione delle rimanenze di materie prime”, “Variazione delle ri-manenze di semilavorati”, “Variazione delle rimanenze di prodotti finiti”, “rimanen-ze finali di materie prime”, “rimanenze finali di semilavorati”, “rimanenze finali di prodotti finiti”, e così via).

La scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Rimanenze finali di magazzino (costo sospeso) 100

Variazione delle rimanenze (costo stornato) 100

E a mastro:

Rimanenze finali

di magazzino (Costo sospeso)

(+)

Variazione delle rimanenze (Costo stornato)

100 (–)

100 (+) (–)

I conti accesi alle “Rimanenze finali” vengono chiusi allo Stato patrimoniale fina-

le, tra gli elementi attivi del patrimonio, mentre i conti accesi alle “Variazioni delle rimanenze” vengono chiusi al Conto economico in modo da stornare in modo indi-stinto i costi per tali fattori non consumati.

Nell’esercizio successivo, una volta effettuata la riapertura dei conti accesi ai va-lori patrimoniali, saranno attivati anche i conti che accolgono le rimanenze dell’eser-cizio precedente denominate, in questo caso “Rimanenze iniziali di magazzino”. Questi valori esprimono condizioni produttive impiegabili nell’esercizio in corso e avendo assolto la funzione di collegamento tra i due esercizi vengono chiusi al con-to “Variazione delle rimanenze”.

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I cicli economici e finanziari

207

Esempio 21

La Alfa S.p.A. produce oggetti in vetro. Alla data di chiusura dell’esercizio 00, l’inventario delle giacenze evidenzia la presenza nei magazzini delle seguenti consistenze: – materie prime 10.500 €; – materiali accessori 2.300 €; – prodotti finiti 18.000 €. Al termine dell’esercizio 01 le consistenze sono invece: – materie prime 15.500 €; – materiali accessori 1.300 €; – prodotti finiti 16.000 €.

31 dicembre 00 Dare Avere

Rimanenze finali di materie prime (es. 00) 10.500

Rimanenze finali di materie accessorie (es. 00) 2.300

Rimanenze finali di prodotti finiti (es. 00) 18.000

Variazione delle rimanenze di materie prime 10.500

Variazione delle rimanenze di materie accessorie 2.300

Variazione delle rimanenze di prodotti finiti 18.000

Alla riapertura dei conti nell’esercizio successivo le rimanenze ora denominate iniziali sono chiuse ai rispettivi conti accesi alle variazioni

1 gennaio 01

Variazione delle rimanenze di materie prime (es. 01) 10.500

Variazione delle rimanenze di materie accessorie (es. 01) 2.300

Variazione delle rimanenze di prodotti finiti (es. 01) 18.000

Rimanenze iniziali di materie prime 10.500

Rimanenze iniziali di materie accessorie 2.300

Rimanenze iniziali di prodotti finiti 18.000

Al termine dell’esercizio 01 la rilevazione delle nuove consistenze in giacenza determina:

31 dicembre 01

Rimanenze finali di materie prime 15.500

Rimanenze finali di materie accessorie 1.300

Rimanenze finali di prodotti finiti 16.000

Variazione delle rimanenze di materie prime (es. 01) 15.500

Variazione delle rimanenze di materie accessorie (es. 01) 1.300

Variazione delle rimanenze di prodotti finiti (es. 01) 16.000

(segue)

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

208

Osservando le movimentazioni dei conti nell’esercizio 01 si evidenzia:

Rimanenze finali di materie prime

Rimanenze finali di materie accessorie

(–) (+)

31/12/01 15.500

(–) (+)

1.300 31/12/01

Rimanenze finali di prodotti finiti

(–) (+)

31/12/01 16.000

Variazioni delle rimanenze di materie prime

(–) (+)

10.500 (chiusura delle rimanenze iniziali)

1/1/01

15.500 31/12/01

(rimanenze finali)

(saldo che confluisce a Conto economico tra i componenti positivi di reddito)

5.000

(rimanenze finali)

1/1/01

(saldo che confluiscea Conto economico tra i componenti negativi di reddito)

Variazioni delle rimanenze di materie accessorie

(–) (+)

2.300 (chiusura delle rimanenze iniziali)

1.300 31/12/01

1.000

1/1/01

(saldo che confluiscea Conto economico tra i componenti negativi di reddito)

Variazioni delle rimanenze di prodotti finiti

(–) (+)

18.000 (chiusura delle rimanenze iniziali)

16.000 31/12/01

(rimanenze finali)

2.000

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I cicli economici e finanziari

209

Il conto “variazione delle rimanenze” accoglie rispettivamente nella sezione (+) le consistenze iniziali del magazzino (collegamento con l’esercizio precedente), men-tre nella sezione (–) le consistenze finali (collegamento con l’esercizio successivo) 13. A seconda della prevalenza delle prime rispetto alle seconde o viceversa il conto presenta eccedenze diverse e precisamente:

– se l’eccedenza del conto è (+) significa che le consistenze iniziali sono superio-ri alle finali (decremento del magazzino);

– se l’eccedenza del conto è (–) significa che le consistenze finali sono superiori alle iniziali (incremento del magazzino).

Quando il conto ha saldo (+) viene epilogato tra i costi del Conto economico, mentre quando ha saldo (–) viene epilogato tra i ricavi.

5.3. I risconti attivi e passivi

I risconti sono quote di costi o di ricavi che hanno avuto manifestazione finan-ziaria nell’esercizio in chiusura, ma che attengono a processi produttivi che trove-ranno compimento nel futuro esercizio. Si tratta di costi e ricavi rilevati in via anti-cipata la cui competenza è associata in parte all’esercizio successivo.

Normalmente originati da contratti di durata, vengono determinati in relazione alla maturazione temporale.

La sospensione e il rinvio di un costo sostenuto in via anticipata genera un ri-sconto attivo che viene rilevato a giornale:

31 dicembre Dare Avere

Risconti attivi 150 Storno di costo 150

E a mastro:

Risconti attivi

Storno di costo (utilizzo in genere del conto

funzionante durante l’esercizio)

150 (+) (–)

150 (+) (–)

13 Appare in questo modo evidente l’effetto che si produrrebbe sul reddito di periodo se gli am-ministratori mutassero i criteri di valutazione da un esercizio all’altro. Il conto “Variazione delle rima-

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

210

I risconti attivi sono epilogati allo Stato patrimoniale finale e riaperti nell’eser-cizio successivo come risconti attivi iniziali. La loro eliminazione dal sistema conta-bile avviene mediante una scrittura di chiusura al costo che li ha originati, scrittura da effettuare all’inizio del nuovo esercizio.

Esempio 22

La Alfa S.p.A. ha stipulato una polizza assicurativa incendio e altri eventi fortuiti, per coprire i rischi sui propri fabbricati. Il premio annuo viene corrisposto in via anticipata il 30 gennaio di ogni anno. Per l’esercizio in chiusura il premio pagato alla compagnia ammonta a 9.600 €. Dall’esame della si-tuazione contabile emerge che è ancora aperto il conto “risconti attivi iniziali” per 700.

1/1/00 30/1 31/12 30/1/01

Pagamento del premio assicurativo (30.1.00/30.1.01)

Il 30 gennaio dell’esercizio 00 è stato effettuato il pagamento (variazione finanziaria passiva) di 9.600 € per premi di assicurazione riferiti al periodo 30/1/00-30/1/01. Il costo matura in relazione al tempo pertanto può essere ripartito tra:

quota a carico dell’esercizio 00 pari a 800.81112600.9

(dal 30/1/00 al 31/12/00);

quota a carico dell’esercizio 01 pari 800112600.9

(dal 1/1/01 al 30/1/01).

Quest’ultima porzione di costo deve essere stornata affinché non incida sul reddito dell’eserci-zio 00, e sospesa nello Stato patrimoniale.

31 dicembre 00 Dare Avere

Risconti attivi (Costo sospeso) 800

Premi di assicurazione (Costo stornato) 800

In questo caso il risconto attivo iniziale aperto all’inizio dell’esercizio 00 con la scrittura

1 gennaio 00

Risconti attivi iniziali 700

Stato patrimoniale iniziale 700

nenze” risulterebbe infatti condizionato da valori disomogenei (rimanenze iniziali sezione + e rima-nenze finali sezione –) ed il saldo apparirebbe inquinato da mere differenze contabili, non riuscendo più ad esprimere l’incremento o il decremento subito dalle condizioni produttive non utilizzate e il loro effetto sulla misurazione della ricchezza prodotta.

(segue)

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I cicli economici e finanziari

211

deve essere chiuso con la scrittura:

1 gennaio 00

Premi di assicurazione 700

Risconti attivi iniziali 700

1/1 700

Risconti attivi (iniziali)

(–) (+)

1/1 (chiusura a premi assicurativi)

700

(apertura)

Premi di assicurazione

(–)(+)

800

(Costo di competenza da epilogare al Conto economico)

31/12

9.500

(costo stornato)

1/1 700

(chiusura risconti attivi iniziali)

30/1 9.600

(pagamento premio annuo anticipato)

Risconti attivi (finali)

(–) (+)

31/12 800

(costo sospeso da epilogare allo Stato patrimoniale)

La sospensione e il rinvio di un ricavo sostenuto in via anticipata genera un ri-

sconto passivo che viene rilevato a giornale:

31 dicembre Dare Avere

Storno di ricavo 100

Risconti passivi 100

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

212

E a mastro:

Risconti passivi

Storno di ricavo (utilizzo in genere del conto

funzionante durante l’esercizio)

100 (+) (–)

100 (+) (–)

Esempio 23

Presso la Alfa S.p.A. il conto affitti attivi presenta un saldo al 31.12.00 di 6.000 €. Tale valore scaturi-sce dalla rilevazione di due rate semestrali anticipate di eguale importo rilevate in data 1/5 e 1/11.

1/1/00 1/5 1/11 31/12 1/5

Incasso rata 3.000 (per i sei mesi dal 1/5 al 30/10)

Incasso rata 3.000 (per i sei mesi dal 1/11 al 30/4 esercizio successivo)

Ricavo da stornare 000.26

4000.3

(affitto attivo del periodo 1/1-30/4 esercizio successivo)

Quest’ultima porzione di ricavo deve essere stornata affinché non incida sul reddito dell’eserci-zio 00, e sospesa nello Stato patrimoniale.

31 dicembre Dare Avere

Affitti attivi (Storno di ricavo) 2.000 Risconti passivi (Ricavo sospeso) 2.000 Dopo lo storno il conto affitti attivi esprime con il suo saldo il ricavo di competenza dell’eserci-zio in chiusura (4.000 € per 8 mesi di locazione) che dovrà contribuire alla formazione del red-dito d’esercizio. Il risconto passivo iscritto tra gli elementi passivi dello Stato patrimoniale esprime il ricavo de-rivante dalla concessione per ulteriori 4 mesi del nuovo esercizio dell’uso di un fattore produt-tivo dell’impresa. Alla riapertura dei conti (1/1 dell’esercizio successivo) i “risconti passivi iniziali” vengono chiusi inviandoli al ricavo che li ha generati con la scrittura: 1 gennaio Dare Avere

Risconti passivi iniziali 2.000

Affitti attivi 2.000

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I cicli economici e finanziari

213

5.4. L’ammortamento dei costi pluriennali

Nell’aspetto originario la determinazione della quota di ammortamento attribui-sce all’esercizio in chiusura la porzione del costo pluriennale che viene riconosciuta di competenza. Nell’aspetto derivato si determina uno storno del costo pluriennale sospeso per la parte consumata nell’esercizio.

La quota di ammortamento è epilogata al Conto economico ove apporta il con-tributo del fattore produttivo pluriennale utilizzato nell’esercizio e correlato ai ri-cavi di competenza; il costo pluriennale sospeso, decurtato o rettificato della quota di competenza dell’esercizio, è epilogato allo Stato patrimoniale.

Sotto il profilo contabile le scritture di ammortamento, che hanno lo scopo di stornare un valore dai conti economici accesi ai costi pluriennali e di trasferirlo ai conti economici accesi alle variazioni del reddito d’esercizio, possono essere effet-tuate con due differenti metodologie:

– l’ammortamento diretto (o in conto); – l’ammortamento indiretto (o fuori conto).

Con l’ammortamento diretto la scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Quota di ammortamento (Costo di esercizio) 100

Costo pluriennale (Rettifica) 100

E a mastro:

100

Quota di ammortamento

(+) (–)

Costo pluriennale

100 (+) (–)

in questo modo la quota di ammortamento viene portata a diretta deduzione del costo del bene pluriennale. Il saldo del conto accesso al bene pluriennale esprime in via immediata il valore residuo da ammortizzare. Il processo di ammortamento at-tuato negli anni porta alla graduale riduzione del valore della immobilizzazione, ri-flettendo la progressiva perdita di utilità che viene ceduta alle produzioni.

Il metodo di rettifica indiretto prevede invece che il valore originario del bene ammortizzabile resti iscritto nel conto senza subire decrementi, mentre le quote an-nuali vengono accolte da un conto di rettifica apposito denominato “fondo ammor-tamento”. Questo fondo esprime pertanto la rettifica indiretta del conto acceso alle

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

214

immobilizzazioni e viene epilogato allo Stato patrimoniale tra gli elementi passivi del patrimonio.

Se si ricorre al metodo indiretto la scrittura dell’ammortamento a giornale si pre-senta:

31 dicembre Dare Avere Quota di ammortamento (Costo di esercizio) 100 Fondo ammortamento (Rettifica del costo pluriennale) 100

E a mastro:

100

Quota di ammortamento

(+) (–)

Fondo ammortamento

100 (+) (–)

Quest’ultima tecnica consente di non perdere le informazioni sui valori originari

delle immobilizzazioni anche quando il processo di ammortamento è avviato da tem-po, inoltre mantiene la distinzione tra il costo oggettivo, sostenuto con l’acquisizio-ne del bene pluriennale, e il valore soggettivo attribuito al costo-ammortamento nel processo valutativo.

Quest’ultimo metodo risulta preferito al primo e impiegato per tutte le classi di immobilizzazioni materiali e immateriali.

La comprensibilità dei valori di bilancio è inoltre assicurata dalla possibilità di iscrivere i fondi ammortamento nell’attivo patrimoniale a diretta deduzione dei be-ni pluriennali cui si riferiscono.

Esempio 24

La Alfa S.p.A. ha acquistato nell’anno 00 un impianto di taglio al costo di 20.000 €. Il piano di ammortamento a quote costanti stima una vita utile di 4 anni

31 dicembre 00 Dare Avere

Quota di ammortamento impianti 5.000

Fondo ammortamento impianti 5.000

31 dicembre 01

Quota di ammortamento impianti 5.000

Fondo ammortamento impianti 5.000

(segue)

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I cicli economici e finanziari

215

31 dicembre 02

Quota di ammortamento impianti 5.000

Fondo ammortamento impianti 5.000

31 dicembre 03

Quota di ammortamento impianti 5.000

Fondo ammortamento impianti 5.000

Quota ammortamento impianti

31/12/00 5.000

(a Conto economico)

Impianti

20.000 acquisto

(a Stato patrimoniale)

Quota ammortamento impianti

31/12/01 5.000

(a Conto economico)

Quota ammortamento impianti

31/12/02 5.000

(a Conto economico)

Fondo ammortamento impianti

31/12/00 5.000

(a fine processo di ammortamento)

31/12/01 5.000

31/12/02 5.000

31/12/03 5.000

20.000

Quota ammortamento

impianti

31/12/03 5.000

(a Conto economico)

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

216

Esempio 25

La Alfa S.p.A. ammortizza al 20% annuo l’avviamento (valore originario 10.000 €) e al 25% an-nuo le spese di sviluppo pluriennali (valore originario 20.000 €)

31 dicembre 00 Dare Avere

Quota di ammortamento avviamento 2.000

Avviamento (o Fondo ammortamento avviamento) 2.000

31 dicembre 00

Quota di ammortamento spese di sviluppo pluriennali 5.000

Spese di sviluppo pluriennali (o Fondo ammortamento spese di sviluppo pluriennali)

5.000

5.5. Le capitalizzazioni di costi e le costruzioni in economia

Le scritture di storno in oggetto sono originate dalla valutazione, condotta in sede di formazione del bilancio d’esercizio, sull’impiego pluriennale di taluni fattori produttivi, inizialmente rilevati come costi di esercizio. Durante il periodo ammini-strativo l’impresa ha sostenuto costi che ordinariamente misurano consumi di eser-cizio, tuttavia il loro sfruttamento subisce un diverso andamento, tanto che la loro utilità non può dirsi esaurita alla data di chiusura.

Si avvia pertanto un ragionamento logico che deve portare:

– in primo luogo al riconoscimento di tali costi, al loro storno dai componenti di reddito d’esercizio e alla loro sospensione (capitalizzazione) tra gli elementi patri-moniali attivi;

– in secondo luogo al processo di ripartizione sugli esercizi in cui il costo sospe-so (capitalizzato) sarà impiegato (ammortamento) in modo da realizzare la correla-zione tra quote di detti costi e ricavi di competenza.

La scrittura a giornale si presenta:

31 dicembre 00 Dare Avere

Costo pluriennale sospeso 100

Storno di costo 100

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I cicli economici e finanziari

217

Esempio 26

La Alfa S.p.A. ha sostenuto nel corso dell’esercizio 00 costi legati all’ampliamento delle capacità operative dell’impresa per 30.000 €. In sede di formazione del bilancio gli amministratori stimano che il 50% di detto costo non possa essere considerato di competenza dell’esercizio, ma dei succes-sivi 2 esercizi, oltre a quello in chiusura.

31 dicembre 00 Dare Avere

Oneri pluriennali di impianto e di ampliamenti 15.000

Costi di impianto e di ampliamenti 15.000

31 dicembre 00

Quota ammortamento oneri pluriennali di impianto e di ampliamenti 5.000

Fondo ammortamento oneri pluriennali di impianto e di ampliamenti oppure Oneri pluriennali di impianto e di ampliamenti

5.000

In particolare quando la capitalizzazione di costi si effettua per dar conto della fabbri-

cazione di interna di una immobilizzazione materiale o della realizzazione interna di una immobilizzazione immateriale si utilizzano le espressioni “Costruzioni in economia”.

In questi casi durante il periodo amministrativo l’impresa ha rilevato, e accolto in appositi conti, l’acquisizione di fattori produttivi quali materiali, servizi, lavoro ordinariamente impiegati nel processo produttivo. Tuttavia una parte di questi fat-tori viene distolta dalla produzione di beni per la vendita e impiegata per la fabbri-cazione di beni strumentali destinati a formare una dotazione permanente (per un certo numero di esercizi) dell’impresa.

Al termine dell’esercizio si procede a stornare in modo indistinto e complessivo dal Conto economico tutti i costi (non consumati) sostenuti per la realizzazione dell’opera interna (il conto suggerito dalle disposizioni civilistiche dell’art. 2425 c.c. è “incrementi per lavori interni”) mentre il costo sospeso si iscrive nello Stato pa-trimoniale utilizzando il conto che meglio esprime la natura e le caratteristiche del bene prodotto internamente (“impianti”, “fabbricati” e così via. Talora, in partico-lare quando il processo di fabbricazione non è concluso al termine dell’esercizio, si utilizza il conto “costruzioni in economia” ovvero “immobilizzazioni in corso”).

Esempio 27

La Alfa S.p.A. ha proceduto nel corso dell’esercizio a realizzare in economia un piccolo impianto di sollevamento. L’impiego dei costi interni (materiali e manodopera) e di quelli esterni acquisiti per lo scopo determina un valore complessivo di oneri diretti pari a 7.500 €.

31 dicembre 00 Dare Avere

Impianti (o costruzioni in economia) 7.500

Incrementi per lavori interni 7.500

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

218

6. Le svalutazioni e le rivalutazioni dei valori di bilancio

La ricognizione generale dei valori assunti dagli elementi attivi e passivi perti-nenti al capitale d’impresa attuata in vista della redazione del bilancio, pur avendo come finalità principale la determinazione del reddito conseguito, può costituire una occasione proficua per esprimere sui medesimi un nuovo giudizio che tenga conto delle mutate condizioni endogene o di ambiente.

Rivalutare significa infatti “valutare nuovamente” le componenti del capitale as-sumendo e riconoscendo i cambiamenti imposti dall’organizzazione produttiva e dal contesto economico di riferimento per l’impresa.

Il risultato scaturente dalle rivalutazioni generali, altrimenti dette fuori bilancio, non può incidere o influenzare il risultato di periodo che misura il flusso di ricchez-za generato dalla gestione e deve pertanto essere rilevato in modo autonomo e se-parato. Per quanto detto con riguardo alla continuità dei valori e alla confrontabili-tà dei medesimi nella successione degli esercizi, il reddito d’esercizio deve scaturire dall’applicazione di regole valutative che non mutano da un periodo a quello suc-cessivo, in modo da non riflettere sul risultato attribuito alla gestione influssi di al-tra origine (contabile, di ambiente).

Rivalutazioni particolari possono invece essere accolte, laddove ricorrano parti-colari ragioni, anche nell’ambito del bilancio di esercizio, a condizione che la risul-tante di tali azioni sia indicata separatamente nel Conto economico e sia pertanto possibile individuare con chiarezza l’influsso esercitato sulla quantificazione del ri-sultato di periodo.

Il processo di rivalutazione può originare:

– un apprezzamento del valore (rivalutazioni in senso stretto); – ovvero un deprezzamento del valore (svalutazioni).

L’influenza delle norme civilistiche tende a far considerare:

– apprezzamenti e deprezzamenti durevoli per le immobilizzazioni; – apprezzamenti e deprezzamenti temporanei per l’attivo circolante,

inoltre l’approccio prudenziale porta ad escludere gli apprezzamenti di valore (riva-lutazioni), se non nei limiti del ripristino dei valori originari precedenti ad una sva-lutazione. Fanno eccezione alcuni casi particolari riguardanti la valutazione delle commesse pluriennali con il metodo della “percentuale di completamento” e la va-lutazione delle partecipazioni in imprese controllate e collegate con il metodo del “patrimonio netto” 14.

Se si rileva una svalutazione la scrittura a giornale si presenta:

14 Per approfondimenti cfr. S. AZZALI (a cura di), Financial reporting and Accounting standards, Giappichelli, Torino, 2017, Capitoli Settimo e Ottavo.

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I cicli economici e finanziari

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31 dicembre Dare Avere

Svalutazioni (Componente negativo di reddito) 100

Elemento patrimoniale attivo 100

ovvero utilizzando un metodo di rettifica indiretta:

31 dicembre

Svalutazioni (Componente negativo di reddito) 100

Fondo svalutazione di elementi patrimoniali attivi 100

Esempio 28

La Alfa S.p.A. possiede un macchinario, acquisito 3 anni prima al costo storico di 300.000 €, am-mortizzato a quote costanti di 10.000 € all’anno. Durante l’esercizio in corso l’azienda verifica che le previsioni di vendita dei prodotti realizzati con l’impiego di questo bene strumentale hanno subito un brusco e irreversibile ridimensionamento. Gli amministratori ritengono infatti che si potranno concretizzare vendite per i prossimi 5 esercizi (escluso quello in chiusura) e non già per 26 previsti in origine. Inoltre essi ritengono che i prezzi di vendita di questi prodotti consentiran-no il recupero per ammortamenti di 8.000 € all’anno.

Il piano di ammortamento prevedeva in origine uno sfruttamento del macchinario per 30 anni, al 31.12 dell’esercizio in chiusura (prima degli assestamenti) il valore netto contabile del bene è di 270.000 €. Le mutate condizioni di mercato obbligano l’azienda a tener conto della soprav-venuta impossibilità a recuperare l’investimento fatto secondo i piani e i programmi stabiliti. Ad oggi il valore del bene recuperabile con l’uso è di 48.000 € (anno in chiusura + 5 esercizi successivi con quote di ammortamento annue di 8.000 €). La differenza tra valore netto conta-bile 270.000 € e il valore recuperabile con l’uso 48.000 €, pari a 222.000 € esprime la perdita (durevole) di valore che deve essere rilevata come componente del reddito d’impresa. Al termine delle scritture di svalutazione si procede con la redazione della scrittura di ammor-tamento.

31 dicembre Dare Avere

Svalutazioni 222.000

Impianti e macchinari 222.000

31 dicembre

Quota ammortamento impianti e macchinari 8.000

Fondo ammortamento impianti e macchinari 8.000

(segue)

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

220

30.000 1/1

Fondo ammortamento

(–) (+)

31/12 (quota annuale) 8.000

(saldo iniziale)

Impianti e macchinari

(–) (+)

(saldo finale) 78.000

1/1 300.000

(Saldo iniziale)

222.000 31/12

(svalutazione)

(saldo finale) 38.000

8.000 31/12

Quota ammortamento

(–) (+)

(quota annuale)

Svalutazioni

(–) (+)

(saldo finale a Conto economico)

222.000

31/12 222.000

(saldo finale a Conto economico)

8.000

Il nuovo valore netto contabile al termine delle scritture di assestamento e svalutazione è pari a 40.000 € (Impianti e macchinari 78.000 € meno Fondo ammortamento 38.000 €). Detto valore sarà recuperato con le 5 quote di ammortamento da 8.000 € ciascuna da contabilizzare nei successivi 5 esercizi di sfruttamento del bene strumentale.

La scrittura a giornale per contabilizzare una rivalutazione si presenta:

31 dicembre Dare Avere

Elemento patrimoniale attivo 100

Rivalutazioni (o plusvalenze da rivalutazione) (Componente positivo di reddito)

100

Tenuto conto che, per quanto detto (criterio prudenziale) in assenza di leggi

speciali che ne autorizzino la effettuazione, le rivalutazioni si attuano nei limiti del ri-pristino del valore originario in precedenza svalutato, occorre tenere memoria dei va-lori storici ante svalutazione.

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I cicli economici e finanziari

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Esempio 29

La Alfa S.p.A. ha proceduto nel corso dell’esercizio a ripristinare il valore di un impianto, in pre-cedenza svalutato per 10.000 €.

31 dicembre Dare Avere

Impianti 10.000

Plusvalenze da rivalutazione 10.000

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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I criteri di valutazione applicabili nella costruzione del bilancio di esercizio

223

Capitolo Ottavo

I criteri di valutazione applicabili nella costruzione del bilancio di esercizio

1. Introduzione

Come già ampiamente osservato 1, la contabilità generale ha l’obiettivo di rileva-re le operazioni in cui si concretizza la gestione aziendale. In particolare, si tratta di operazioni che caratterizzano i rapporti tra l’azienda e le economie esterne come, ad esempio, quelle relative agli acquisti di fattori produttivi, alle vendite di prodotti finiti, all’ottenimento o alla concessione di finanziamenti e così via. Tale obiettivo, però, non è fine a sé stesso ma è strumentale alla necessità di conoscere la situazio-ne finanziaria, patrimoniale ed economico-reddituale dell’impresa per formulare giudizi in merito all’equilibrio economico e finanziario della stessa. Lo strumento della contabilità generale che periodicamente permette di soddisfare tali esigenze informative è il bilancio di esercizio. Il contenuto di tale documento ha natura quantitativa (contabile) e qualitativa; in esso, infatti, da un lato, sono rappresentati il capitale di funzionamento dell’impresa (nel documento dello Stato patrimoniale, art. 2424 c.c.), il reddito di esercizio (nel documento del Conto economico, art. 2425 c.c.) e i flussi finanziari (nel documento del Rendiconto finanziario, art. 2425-ter c.c.) 2; dall’altro, sono presenti informazioni descrittive utili a comprendere co-me si è pervenuti alla determinazione degli stessi (nel documento della Nota inte-grativa, art. 2427 c.c.) 3.

1 Si veda il Capitolo Primo. 2 Il documento del Rendiconto finanziario è divenuto obbligatorio a seguito della Riforma conta-

bile introdotta con il D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 139 che recepisce la Direttiva UE 2013/34. Diverse modifiche hanno riguardato i prospetti dello Stato patrimoniale e del Conto economico, i principi generali di redazione del bilancio, la rilevazione iniziale di alcune voci e le informazioni da inserire nella Nota integrativa e nella Relazione sulla gestione. Il Decreto stabilisce l’entrata in vigore delle nuove disposizioni dal 1° gennaio 2016, applicandosi ai bilanci relativi agli esercizi che hanno inizio dalla stessa data.

3 Informazioni di natura qualitativa relative all’andamento della gestione sono riportate anche nel-la Relazione sulla gestione (art. 2428 c.c.). Essa, pur non costituendo parte integrante del bilancio di esercizio, è indispensabile a comprendere gli andamenti economici, finanziari e patrimoniali dell’im-presa.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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In questo capitolo, il bilancio di esercizio viene analizzato in maniera introdutti-va, rinviando opportunamente ai capitoli Settimo e Nono per ulteriori approfon-dimenti sulla metodologia di formazione (scritture di assestamento e chiusura) e sugli schemi di bilancio 4. L’attenzione sarà concentrata sulla disciplina civilistica in materia di bilancio, con particolare riferimento ai principali postulati, ad alcuni principi di redazione e criteri di valutazione degli elementi del capitale di funzio-namento, con le necessarie integrazioni relative ai Principi contabili dell’Organismo Italiano di Contabilità (OIC). Non saranno, invece, trattati i Principi contabili in-ternazionali.

L’obiettivo è quello di fornire una conoscenza di base necessaria alla determina-zione del valore di alcuni degli elementi più ricorrenti che concorrono alla forma-zione del capitale di funzionamento, e delle componenti del risultato economico di periodo.

2. I principali postulati, principi di redazione e criteri di valutazione

La disciplina civilistica in materia di bilancio si concretizza negli artt. dal 2423 al 2429 c.c. In particolare, gli artt. dal 2423 al 2427 concernono la redazione del bi-lancio di esercizio (Stato patrimoniale, Conto economico, Rendiconto finanziario e Nota integrativa), il 2428 fa riferimento al contenuto della Relazione sulla gestione e il 2429 alla Relazione dei sindaci e al deposito del bilancio.

Per un’esauriente trattazione relativa alla struttura e al contenuto dello Stato pa-trimoniale, del Conto economico e del Rendiconto finanziario, alla Nota integrati-va, nonché alla Relazione sulla gestione e alla Relazione di sindaci si rinvia alla bi-bliografia precedentemente citata (si veda nota 4); concentriamo qui l’attenzione sui principali postulati, i principi di redazione del bilancio e i criteri di valutazione.

Nell’art. 2423, comma 2, si legge: «Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e fi-nanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio». La chiarezza, la verità e la correttezza costituiscono i postulati per la redazione del bilancio di esercizio e identificano la più ampia esigenza di intelligibilità del bilancio 5 da parte di tutti co-loro che sono interessati a conoscere la situazione dell’azienda (stakeholder).

In particolare, il postulato della chiarezza fa riferimento alla necessità che il bi-lancio di esercizio sia comprensibile sotto il punto di vista formale e sostanziale. Questo obiettivo dovrebbe essere conseguito nel rispetto dei seguenti principi:

1. divieto di raggruppamenti di voci; 2. applicazione degli schemi di bilancio previsti;

4 Per ulteriori approfondimenti in materia di bilancio di esercizio si rimanda a: S. AZZALI (a cura di), Financial reporting and accounting standards, Giappichelli, Torino, 2019.

5 F. SUPERTI FURGA, Il bilancio di esercizio italiano secondo la normativa europea, III ed., Giuffrè, Milano, 1997, p. 6.

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I criteri di valutazione applicabili nella costruzione del bilancio di esercizio

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3. elenco separato delle singole componenti del capitale e del reddito senza che vi sia compensazione di partite.

Il postulato della verità non fa riferimento al raggiungimento di una verità og-gettiva e assoluta delle informazioni contabili (peraltro obiettivo non raggiungibile vista la presenza in bilancio di valori stimati e congetturati e, in generale, vista la natura incerta e dinamica della realtà aziendale), ma essenzialmente alla loro atten-dibilità e credibilità, ottenibili mediante valutazioni effettuate applicando il “crite-rio del costo” 6.

Infine, la correttezza fa riferimento alla necessità per coloro che redigono il bi-lancio di esercizio di rispettare regole valutative che conducano a valori non sog-getti a pregiudizievoli sopravvalutazioni o ingiustificate svalutazioni che potreb-bero falsare la situazione patrimoniale, finanziaria ed economico-reddituale del-l’azienda 7.

In merito alla rappresentazione veritiera e corretta, il Legislatore osserva inoltre che «non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presen-tazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta»; ove tale disposizione venga applica-ta, è opportuno illustrare nella Nota integrativa i criteri utilizzati (art. 2423, comma 4). Si tratta del principio di rilevanza secondo il quale «un’informazione è conside-rata rilevante quando la sua omissione o errata indicazione potrebbe ragionevol-mente influenzare le decisioni prese dai destinatari primari dell’informazione di bi-lancio sulla base del bilancio della società»8. In tal senso si era già espressa l’Unione Europea con la Direttiva 2013/34 per la quale un’informazione si definisce rilevan-te «quando la sua omissione o errata indicazione potrebbe ragionevolmente in-fluenzare le decisioni prese dagli utilizzatori sulla base del bilancio dell’impresa» (art. 2, punto 16).

Per garantire il conseguimento dell’intelleggibilità del bilancio di esercizio, il Legislatore ha previsto (art. 2423, comma 3) la necessità di fornire informazioni complementari a tale scopo (contenute, ad esempio, nel prospetto di variazione del capitale netto); ha, inoltre, dettato un obbligo di deroga alle norme relative alla re-dazione del bilancio nel caso in cui la loro applicazione non garantisca una rappre-sentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria ed econo-mico-reddituale dell’impresa (art. 2423, comma 5). Si tratterebbe, comunque, di casi eccezionali da motivare opportunamente nella Nota integrativa.

I principi di redazione del bilancio d’esercizio sono contenuti nell’art. 2423 bis c.c.; essi possono essere sintetizzati nei seguenti:

6 Quello del costo rappresenta il criterio base per la valutazione degli elementi rappresentati nello Stato patrimoniale. In seguito tale principio sarà oggetto di approfondimenti.

7 G. PAOLONE, Il bilancio di esercizio delle imprese di funzionamento e dei gruppi societari, Giappi-chelli, Torino, 1998, p. 104.

8 ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi Contabili, Documento n. 11 – “Finalità e postu-lati del bilancio d’esercizio”, 2018, p. 11.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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– principio della continuità della gestione; – principio di prudenza; – principio della prevalenza della sostanza economica sulla forma giuridica; – principio di competenza; – principio della valutazione separata; – principio della costanza dei criteri di valutazione.

Secondo il principio della continuità della gestione (punto 1), il bilancio deve es-sere redatto considerando la prospettiva di funzionamento dell’azienda. Si parla, a tal proposito, di bilancio ordinario, differenziandosi quest’ultimo dal bilancio stra-ordinario redatto in situazioni di cessione dell’attività o di sua liquidazione. L’i-potesi di funzionamento dell’attività aziendale costituisce, pertanto, una condi-zione che influenza l’applicazione dei criteri di valutazione degli elementi del bi-lancio.

Il principio della prevalenza della sostanza economica sulla forma giuridica (pun-to 1-bis) implica che nella redazione del bilancio di esercizio le operazioni debbano essere rilevate contabilmente tenendo conto non tanto degli aspetti formali delle stesse, quanto degli effetti economici che da esse derivano. L’obiettivo è quello di garantire che sia l’aspetto economico sottostante a quello formale (giuridico) a con-correre alla definizione del reddito e del capitale di esercizio (si pensi, ad esempio, al caso del contratto di leasing finanziario che formalmente è un contratto di loca-zione ma, sostanzialmente, è una forma di finanziamento ai fini dell’utilizzo di un bene).

Il principio di prudenza (punti 1 e 2) ha l’obiettivo di evitare sopravvalutazioni del risultato di periodo e quindi del capitale netto. In particolare, esso prescrive che non devono essere indicati gli utili sperati o presunti ma soltanto quelli realiz-zati alla data di chiusura dell’esercizio; inoltre, devono essere rilevati i risultati ne-gativi (rischi o perdite) di competenza anche se solo stimati o presunti alla stessa data (punto 4). Tale principio, quindi, fa riferimento ai criteri di valutazione da adottare per la compilazione del bilancio 9.

Secondo il principio di competenza (punti 3 e 4) devono essere iscritti soltanto i ricavi realizzati e i costi sostenuti che hanno concorso al conseguimento di detti ri-cavi. In altri termini, si parla di criterio di realizzazione dei ricavi e criterio di ine-renza dei costi. Un ricavo è di competenza se per esso è avvenuto lo scambio e, quindi, se si è verificato il trasferimento della proprietà (compimento del ciclo eco-nomico); un costo è di competenza quando è stato sostenuto per il consumo o l’utilizzo di risorse impiegate nella produzione di quel bene o servizio per il quale si è verificato il ricavo, indipendentemente dal fatto che per esso si sia verificata una uscita finanziaria.

Il principio della valutazione separata degli elementi dello Stato patrimoniale e del Conto economico (punto 5) richiama la necessità di dare una rappresentazione chiara della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica della gestione azien-

9 Si veda il Capitolo Settimo.

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I criteri di valutazione applicabili nella costruzione del bilancio di esercizio

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dale e, quindi, di evitare compensi di partite o raggruppamenti di voci. Infine, l’applicazione del principio della costanza dei criteri di valutazione

(punto 6) sta alla base di due necessità: la prima è quella di permettere compara-zioni tra dati di bilanci redatti in momenti differenti; la seconda è quella di limi-tare la discrezionalità nei processi di valutazione inerenti la redazione dei bilanci stessi.

I criteri di valutazione rappresentano “regole” da seguire nel processo di valo-rizzazione degli elementi dello Stato patrimoniale. A partire dai postulati generali e dai principi di redazione del bilancio, il Legislatore stabilisce specifici criteri affin-ché siano rispettate le esigenze di intelliggibilità dei documenti contabili (art. 2426 c.c.). Tuttavia, soltanto in maniera induttiva è possibile risalire a una regola genera-le (o criterio base) di valutazione; come tale, infatti, essa non viene esplicitata o enunciata in alcuna norma in materia di bilancio.

Il principio base di valutazione è il “costo di acquisto o di produzione”; si fa ri-ferimento al primo quando l’elemento oggetto di valutazione è acquisito da terze economie, al secondo quando invece lo stesso rappresenta il risultato di processi interni di produzione. La scelta di tale criterio è motivata dalle seguenti ragioni 10:

– il valore delle attività patrimoniali si concretizza nei costi che l’azienda ha so-stenuto in maniera anticipata per l’acquisto dei fattori produttivi e opportunamente rinviati (stornati) agli esercizi in cui tali fattori cederanno la loro utilità;

– il criterio del costo risulta di facile applicazione e verificabilità; – l’applicazione del criterio del costo è caratterizzata da una limitata discrezio-

nalità e per questo può condurre a una maggiore credibilità delle valutazioni.

Tuttavia, non rappresenta un criterio di assoluta applicazione; esso, infatti, può essere non applicato nei casi in cui un suo utilizzo non conduca a una rappresenta-zione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria ed economico-reddituale dell’azienda. In ogni caso, tale deroga deve essere opportunamente giu-stificata nella Nota integrativa del bilancio descrivendo anche gli effetti derivanti dalla mancata applicazione di tale principio.

10 Ferrero scrive a proposito: «1) l’attivo di bilancio – a prescindere dalle liquidità in attesa di im-piego e dalle perdite nette di gestione o rinviate a “nuovo” – s’immedesima nei cosiddetti investimenti in corso al termine dell’esercizio; investimenti che – salvo qualche intuibile eccezione (ad es.: crediti di regolamento) – contabilmente esprimono “costi anticipati” o, per meglio dire, costi già contabiliz-zati ma rinviati, per l’importo stornato, a carico degli esercizi che in futuro si presume utilizzeranno i corrispondenti fattori produttivi; 2) il criterio di valutazione “in base a costo” è, tra i vari criteri pos-sibili, quello che conferisce maggior credibilità alle stime di bilancio, essendo esso il meno esposto agli inconvenienti propri delle determinazioni soggettive; 3) il costo come “criterio-base” è dotato di “semplicità” nelle concrete applicazioni ed anche di “verificabilità” in sede di eventuale controllo a scopo di riscontro». G. FERRERO, I limiti del costo come «criterio-base» nelle valutazioni di bilancio, in Rivista dei Dottori Commercialisti, Giuffrè, Milano, 1976, p. 426. Per approfondimenti riguardanti il principio del costo come criterio base di valutazione si veda anche: A. CECCHERELLI, Il linguaggio dei bilanci, Le Monnier, Firenze, 1961, p. 191 ss.; A. VIGANÒ, Le immobilizzazioni tecniche investigate nella dinamica economica dell’impresa (principi e concetti), Giuffrè, Milano, 1979, p. 54; F. DEZZANI-P. PISONI-L. PUDDU, Il Bilancio e la IV Direttiva CEE, Giuffrè, Milano, 1991, pp. 51 e 52.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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Sono previsti, inoltre, casi eccezionali in cui la valutazione può non avvenire al costo:

– «le immobilizzazioni rappresentate da titoli sono rilevate in bilancio con il cri-terio del costo ammortizzato, ove applicabile» (art. 2426, punto 1);

– «le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o col-legate possono essere valutate […] per un importo pari alla corrispondente frazio-ne del patrimonio netto riferito alla data di acquisizione o risultante dall’ultimo bi-lancio delle imprese medesime» (art. 2426, punto 4);

– «i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispet-tivi contrattuali maturati con ragionevole certezza» (art. 2426, punto 11);

– «gli strumenti finanziari derivati, anche se incorporati in altri strumenti finan-ziari, sono iscritti al fair value» (art. 2426, punto 11-bis).

In altre parole, i crediti, i debiti e i titoli possono essere valutati al “costo am-mortizzato”, ovvero al valore ad essi attribuito al momento della rilevazione iniziale «al netto dei rimborsi di capitale, aumentato o diminuito dall’ammortamento com-plessivo utilizzando il criterio dell’interesse effettivo su qualsiasi differenza tra il va-lore iniziale e quello a scadenza, e dedotta qualsiasi riduzione (operata direttamente o attraverso l’uso di un accantonamento) a seguito di una riduzione di valore o di irrecuperabilità»11; le partecipazioni possono essere valutate applicando il metodo del “patrimonio netto”; i lavori in corso su ordinazione possono essere valutati te-nendo conto dei corrispettivi maturati in funzione dello stato di avanzamento dei lavori, e questo anche se valori così calcolati risultassero superiori a quelli ottenuti applicando il criterio del costo; gli strumenti finanziari derivati possono essere valu-tati al prezzo che si otterrebbe a seguito della vendita di un’attività, ovvero che si pagherebbe per il trasferimento di una passività alla data di valutazione 12.

L’applicazione del criterio del costo rappresenta una condizione perché sia ri-spettato il principio della prudenza. Può accadere, tuttavia, che la valutazione a cui esso conduce sia troppo elevata; sarebbe opportuno allora confrontare il valore così ottenuto con il valore netto di realizzo, se si tratta di beni destinati alla vendita, con il valore di mercato, se si tratta di beni destinati a essere impiegati nel processo produttivo (fattori produttivi), oppure con il valore di impiego, se si tratta di im-mobilizzazioni. Nel caso in cui il secondo risulti inferiore al primo, allora sarebbe opportuno svalutare gli elementi patrimoniali scegliendo il valore minore, con la facoltà di ripristinare il valore originario nel momento in cui vengano meno le con-dizioni che hanno giustificato la svalutazione 13.

11 Si veda INTERNATIONAL ACCOUNTING STANDARD BOARD, IAS 39 – “Strumenti finanziari: rileva-zione e valutazione”, p. 7.

12 Il concetto di fair value è trattato specificatamente nel principio contabile internazionale IAS 39

– “Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione” e nel Principio Contabile OIC n. 32 – “Strumenti finanziari derivati”. Per approfondimenti si veda S. AZZALI (a cura di), Financial reporting and accoun-ting standards, Giappichelli, Torino, 2019.

13 P. ANDREI-S. AZZALI-A.M. FELLEGARA-E. ORLANDONI, Il bilancio di esercizio d’impresa, II ed., Giuffrè, Milano, 2003, p. 140.

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I criteri di valutazione applicabili nella costruzione del bilancio di esercizio

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Come già osservato, l’articolo del codice civile che descrive i criteri di valutazio-ne è il 2426; gli elementi patrimoniali che si prendono in considerazione sono i se-guenti:

– le immobilizzazioni (punti 1, 2, 3 e 4); – i costi di impianto e di ampliamento, i costi di sviluppo (punto 5); – l’avviamento (punto 6); – il disaggio e l’aggio sui prestiti (punto 7); – i crediti e i debiti (punto 8); – le attività e le passività monetarie in valuta (punto 8-bis); – le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobiliz-

zazioni e i beni fungibili (punti 9 e 10); – i lavori in corso su ordinazione (punto 11); – gli strumenti finanziari derivati (punto 11-bis).

Nei prossimi paragrafi sono analizzati alcuni criteri di valutazione con particola-re riferimento a specifiche classi di immobilizzazioni immateriali e materiali e di at-tività finanziarie rappresentabili nell’attivo circolante e nell’attivo immobilizzato, nonché alle rimanenze di magazzino 14.

2.1. Le immobilizzazioni materiali e immateriali

Le immobilizzazioni rappresentano fattori a fecondità ripetuta destinati a cedere la loro utilità nel medio/lungo periodo; esse sono inserite durevolmente nel proces-so di produzione dell’azienda e determinano la struttura tecnica e organizzativa ne-cessaria a svolgere l’attività. È la loro destinazione economica, quindi (e non la loro natura), a qualificare questi elementi patrimoniali come “immobilizzazioni”; non è sufficiente, infatti, che il bene permanga in azienda per più periodi, ma è necessario che esista una relazione funzionale che lo vincoli alla combinazione aziendale per un periodo durevole 15.

Sono immobilizzazioni materiali quelle che hanno la caratteristica di essere “tan-gibili” e fanno riferimento a:

– terreni e fabbricati (industriali); – impianti e macchinari; – attrezzature industriali e commerciali; – altri beni come, per esempio, mobili, macchine d’ufficio e automezzi.

Le immobilizzazioni immateriali sono invece rappresentate da beni immateriali

14 L’analisi dei criteri di valutazione avrà come principale fonte la disciplina civilistica in materia di bilancio, supportata, dove essa incompleta o non del tutto chiara, dai Principi contabili dell’OIC.

15 R. FERRARIS FRANCESCHI, L’azienda: caratteri discriminanti, criteri di gestione, strutture e proble-mi di governo economico, in E. CAVALIERI (a cura di), Economia aziendale, Giappichelli, Torino, 2000, p. 25.

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(non tangibili) e da oneri pluriennali, ossia costi sostenuti in un determinato eserci-zio ma destinati a cedere la loro utilità per più periodi. Nel primo caso facciamo riferimento a diritti di brevetto, diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, concessioni, licenze, marchi e così via; nel secondo caso si fa, invece, riferimento a costi di impianto e di ampliamento e a costi di sviluppo.

La valutazione delle immobilizzazioni materiali

La valutazione delle immobilizzazioni materiali si effettua con modalità diverse a seconda del modo in cui avviene l’inserimento nella struttura dell’azienda16. In particolare, si può trattare di:

1. acquisizione da aziende esterne; 2. costruzione in economia; 3. permuta; 4. donazione; 5. conferimento.

Nel seguito si trattano le problematiche di maggior rilievo attinenti ai casi di ac-quisizione da aziende esterne e costruzione in economia, che costituiscono, peral-tro, le ipotesi più frequenti di acquisizione delle immobilizzazioni.

Nel caso in cui l’immobilizzazione venga inserita in azienda mediante acquisto dall’esterno, è prevista la valutazione al costo di acquisto. Tale valore viene calco-lato tenendo conto anzitutto del prezzo di acquisto descritto in fattura, al netto dell’IVA (se detraibile) e di eventuali sconti commerciali praticati dal fornitore; quindi devono essere computati (capitalizzati) gli oneri accessori sostenuti dal-l’impresa affinché il bene sia posto nelle condizioni di funzionare. Si fa riferimen-to, ad esempio, alle spese notarili sostenute per la redazione dell’atto di acquisto, ai costi riferibili alla stipula dell’eventuale preliminare di acquisto, alle spese di progettazione, alle spese di trasporto, ai costi sostenuti per il collaudo o la messa a punto dell’immobile stesso e così via 17. Per quanto riguarda gli oneri finanziari, essi possono essere capitalizzati solo nel caso in cui siano relativi a finanziamenti erogati specificatamente per l’acquisto dell’immobilizzazione di cui si vuol calco-lare il valore 18.

Può accadere, inoltre, che lo Stato o qualche altro ente pubblico (Regione, Pro-vincia, Comune), ai fini del sostenimento dello sviluppo economico-industriale del territorio, eroghi all’azienda contributi a fondo perduto per l’acquisto (o la costru-zione) di immobilizzazioni tecniche. In particolare, si parla di contributi in conto

16 Per approfondimenti in merito alle operazioni di acquisto di immobilizzazioni tramite acquisi-zione da aziende esterne o tramite permuta si rinvia al Capitolo 2.

17 ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi Contabili, Documento n. 16 – “Immobilizzazio-ni materiali”, 2017, pp. 8 e 9.

18 ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi Contabili, Documento n. 16 – “Immobilizzazio-ni materiali”, 2017, p. 9.

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impianti e si contrappongono ai contributi in conto esercizio; infatti, mentre questi ultimi concorrono alla formazione del risultato nel periodo in cui sono stati ottenu-ti, i primi hanno la caratteristica di “cedere la loro utilità” per un periodo pari a quello della “vita utile” 19 dell’immobilizzazione per il cui acquisto sono stati eroga-ti. In questo secondo caso, il contributo deve essere iscritto nel bilancio del periodo in cui è divenuta certa la sua erogazione (mediante deliberazione formale dell’ente) e può essere contabilmente trattato nei seguenti modi 20:

1. metodo diretto: il contributo è portato direttamente a riduzione del costo del-le immobilizzazioni a cui si fa riferimento;

2. metodo indiretto: il contributo è portato indirettamente a riduzione del costo dell’immobilizzazione in quanto imputato al Conto economico (voce A5 “altri rica-vi e proventi”) e, quindi, rinviato per competenza agli esercizi successivi attraverso l’iscrizione di “risconti passivi”.

Un esempio può aiutare a comprendere le differenze tra le due modalità di con-tabilizzazione (Esempio 1).

Esempio 1

Acquisto con contributo a fondo perduto Il 17 giugno, la Alfa S.p.A., che ha sede in Emilia Romagna, ha acquistato dalla Beta S.p.A. un macchinario particolarmente avanzato dal punto di vista tecnologico, sostenendo un costo di 200.000 € (+ IVA 22%); la vita utile del macchinario è stata stimata in 10 anni. Data la difficoltà di installazione dello stesso, un tecnico della Beta, il 23 giugno, ne aveva curato la messa a punto e il collaudo chiedendo un compenso di 2.000 € (+ IVA 22%). Poiché, inoltre, il settore industriale di appartenenza della Alfa è particolarmente importante per lo sviluppo della Regione, quest’ultima, il 25 dello stesso mese, aveva deliberato la corresponsione a favo-re della società di un contributo a fondo perduto pari 170.000 €. La Alfa incassa il contributo il 2 agosto. Dopo aver rilevato contabilmente le operazioni, determinare il valore del macchinario da iscrive-re in bilancio prendendo in considerazione i due diversi metodi di contabilizzazione.

Prima di procedere al calcolo del valore del macchinario, di seguito si descrivono le scritture contabili relative all’acquisto e al contributo regionale:

17 giugno Dare Avere

Macchinari 200.000

IVA a credito 44.000

Fornitori 244.000

19 Per “vita utile” s’intende il numero di anni in cui un fattore a fecondità ripetuta può essere uti-lizzato economicamente all’interno del processo produttivo dell’azienda. Di seguito l’argomento sarà affrontato in maniera più approfondita.

20 ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi Contabili, Documento n. 16 – “Immobilizzazio-ni materiali”, 2017, pp. 17 e 18.

(segue)

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23 giugno

Macchinari 2.000

IVA a credito 440

Fornitori 2.440

25 giugno

Crediti per contributi 170.000

Contributi in c/impianti 170.000

2 agosto Dare Avere

Banca c/c 170.000

Crediti per contributi 170.000

Il calcolo del valore del macchinario deve essere, quindi, effettuato tenendo conto, anzitutto, del costo di acquisto e degli eventuali oneri accessori sostenuti. Quindi:

Costo di acquisto: 200.000 € Oneri accessori (consulenze tecniche): 2.000 € ––––––––Costo del macchinario: 202.000 €

A questo punto è necessario prendere in considerazione il contributo regionale ricevuto; sono due, quindi, i metodi di contabilizzazione che possono essere seguiti:

1a metodologia: deduzione integrale del contributo in conto impianti dal costo dell’im-mobilizzazione

Il costo del macchinario viene diminuito dell’entità del contributo a fondo perduto determi-nando, quindi, il costo effettivo sostenuto dall’azienda:

Costo del macchinario: 202.000 € Contributo in c/impianti: 170.000 € ––––––––Costo effettivo del macchinario: 32.000 €

Quest’ultimo rappresenta il valore del macchinario da iscrivere nelle attività dello Stato pa-trimoniale. Il contributo in conto impianti non risulta nel bilancio in quanto portato a dedu-zione del costo del macchinario.

2a metodologia: ripartizione del contributo in conto impianti per tutta la vita utile del macchi-nario

Il contributo a fondo perduto viene considerato come un componente positivo di reddito la cui “utilità” non si esaurisce nell’anno in corso ma viene ceduta per tutto il periodo pari alla vita economica utile dell’immobilizzazione. In particolare, quindi, la quota del contributo di competenza è pari a:

170.000 €/10 anni = 17.000 €

Questo valore deve essere iscritto tra i componenti positivi di reddito “altri ricavi e proventi” del Conto economico.

(segue)

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Allo stesso tempo, però, la parte del contributo non di competenza dell’esercizio deve essere stornata ai periodi successivi e, quindi, iscritta nelle passività dello Stato patrimoniale sotto la voce “risconti passivi”. L’ammontare degli stessi viene calcolato nel seguente modo:

Contributo in c/impianti totale: 170.000 € Contributo in c/impianti di competenza: 17.000 € ––––––––Contributo in c/impianti da stornare: 153.000 € (risconti passivi)

Per quanto riguarda il valore del macchinario da iscrivere tra le immobilizzazioni, esso sarà pari a 202.000 € (200.000 + 2.000).

Entrambi i criteri di contabilizzazione hanno la caratteristica di imputare il con-tributo in conto impianti al Conto economico in maniera graduale in funzione della vita utile del bene. Infatti, nel primo caso, il contributo è portato in deduzione del costo originario del bene e il calcolo dell’ammortamento 21 è effettuato sul costo ef-fettivo; nel secondo, l’ammortamento è calcolato sul costo originario del bene (e, quindi, risulta superiore) ma, in ogni esercizio, il contributo in conto impianti con-corre tra i componenti positivi di reddito per la parte di competenza “stornata” dall’ammontare dei ricavi anticipati (risconti passivi) e questo per tutta la vita utile del bene.

Tuttavia, la seconda modalità di contabilizzazione può considerarsi il metodo più corretto per la rilevazione e rappresentazione dei contributi in conto impianti proprio perché consente una più chiara rappresentazione della situazione patrimo-niale e del risultato economico.

Può accadere che l’azienda decida di acquistare un complesso di immobilizza-zioni che costituisca un’unità economica-tecnica (ovvero un assieme di beni tra loro coordinati in una logica tecnico-produttiva); l’investimento che si effettua, in altre parole, ha per oggetto un ramo di azienda o uno stabilimento o un complesso di macchinari, impianti o attrezzature 22. Di solito il prezzo pagato per l’acquisto è unico e non riferito a ciascun componente dell’unità economica-tecnica; nasce quindi l’esigenza di stabilire una regola per determinare un valore, seppur appros-simativo, degli stessi, esigenza guidata dalla necessità di valutare il contributo offer-to in termini di utilità ceduta da ciascun bene.

La soluzione proposta prevede la possibilità di stimare il valore delle singole immobilizzazioni in funzione dei prezzi di mercato 23. Raramente la somma dei va-lori così calcolati eguaglia il prezzo dell’intera unità economica-tecnica; essa può,

21 L’ammortamento è il processo contabile mediante il quale si remunera un fattore a fecondità ri-petuta per l’utilità che lo stesso ha ceduto in un determinato periodo di tempo. Rappresenta, quindi, il costo dei fattori pluriennali. Di seguito tale concetto verrà affrontato più approfonditamente.

22 ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi Contabili, Documento n. 16 – “Immobilizzazio-ni materiali”, 2017, p. 10.

23 «Il valore dei singoli cespiti è determinato in base ai prezzi di mercato, tenendo conto del loro stato». ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi Contabili, Documento n. 16 – “Le immobiliz-zazioni materiali”, 2017, p. 10.

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infatti, risultare superiore o inferiore a quest’ultimo. Nel primo caso (somma dei valori di mercato > costo dell’unità economica-tecnica), è necessario diminuire proporzionalmente il valore di mercato dei singoli beni; nel secondo caso (somma dei valori di mercato < costo dell’unità economica-tecnica), deve essere operato, invece, un incremento del valore di mercato degli stessi 24.

La formula da utilizzare per calcolare i valori delle singole unità tecniche è la se-guente:

(prezzo dell’unità economica-tecnica/somma dei prezzi di mercato) prezzo di mercato del singolo bene = quota del prezzo dell’unità economica-tecnica da attri-buire al singolo bene.

Proponiamo a tal proposito il seguente esempio (Esempio 2).

Esempio 2

Acquisto di un ramo di azienda La Alfa S.p.A., in data 5 maggio, ha acquistato un ramo d’azienda sostenendo un costo comples-sivo di 650.000 €. Tale complesso era costituito da un fabbricato adibito a deposito, da un mac-chinario e da un impianto. Gli amministratori hanno stimato che il valore di mercato di cespiti simili a quelli acquisiti sono i seguenti:

– Fabbricato: 230.000 € – Macchinario: 270.000 €– Impianto: 190.000 €

Si determinino i valori relativi alle immobilizzazioni iscrivibili nel bilancio.

Per la determinazione del valore da iscrivere in bilancio è necessario tener conto dei valori di mer-cato di immobilizzazioni simili a quelle acquisite nel ramo di azienda e proporzionare agli stessi i valori da iscrivere in bilancio. In altre parole, è necessario rapportare il costo sostenuto per l’acquisto dell’unità economico-tecnica con la somma dei prezzi di mercato stimati per beni simili:

650.000/690.000 = 0,942 (94,2%) Immobilizzazione Valore di mercato Valore di iscrizioneFabbricato 230.000 94,2 % = 217.000Macchinario 270.000 94,2 % = 254.000 Impianto 190.000 94,2 % = 179.000 –––––––– ––––––––Totale 690.000 650.000

Quindi, nello Stato patrimoniale tra le immobilizzazioni avremo, tra gli altri, i seguenti valori: Fabbricati 217.000 €Macchinari 254.000 €Impianti 179.000 €

24 «Se la somma dei valori attribuiti ai singoli cespiti eccede il costo dell’intera unità economico-tecnica, i singoli valori attribuiti sono proporzionalmente ridotti per ragguagliare l’ammontare com-plessivo al costo dell’intera unità. Se invece la somma dei valori attribuiti ai singoli cespiti è inferiore al costo dell’intera unità, la differenza è portata proporzionalmente in aumento dei valori di mercato dei singoli cespiti sempreché il valore così risultante sia recuperabile». ORGANISMO ITALIANO DI

CONTABILITÀ, Principi Contabili, Documento n. 16 – “Le immobilizzazioni materiali”, 2017, p. 10.

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Come più sopra osservato, l’acquisizione dall’esterno delle immobilizzazioni non è l’unica alternativa per introdurre in azienda questi beni. Può accadere, infat-ti, che la stessa decida di utilizzare processi di produzione interna per costruire un bene da inserire nella sua struttura tecnica; si parla, a tal proposito, di costruzione in economia. Il criterio base da utilizzare per calcolare il valore di un bene costruito in economia è quello del costo di produzione. La norma stabilisce che: «Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può com-prendere anche altri costi, per la quota ragionevole imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizza-to; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi» (art. 2426, punto 1). In altri termini, concorrono a formare il costo di una costruzione in economia:

– i costi diretti, ossia i costi sostenuti in maniera specifica per la produzione del bene come le materie prime, la manodopera diretta, altri costi per servizi utilizzati necessariamente per la costruzione;

– una quota dei costi indiretti, ossia quei costi che non sono stati sostenuti in maniera specifica per la costruzione, ma che sono comuni ad altre produzioni; si fa riferimento, ad esempio, alla manodopera indiretta, agli ammortamenti e ai servizi industriali diversi dai precedenti.

Per quanto riguarda gli oneri finanziari, essi possono essere imputati solo nel ca-so in cui siano stati sostenuti per l’utilizzo di risorse finanziarie specificatamente utilizzate per la costruzione in economia e, in ogni caso, per un periodo che va dal momento della manifestazione finanziaria per l’acquisto dei fattori produttivi al momento in cui il bene costruito acquista la sua funzionalità.

Non sono, invece, imputabili i costi di natura amministrativa, commerciale e al-tri costi generali.

È tuttavia opportuno distinguere il caso in cui il processo di costruzione in eco-nomia si svolga in condizioni occasionali dal caso in cui si svolga in condizioni con-tinuative di attività. Nel caso in cui la costruzione interna di un bene avvenga col fine di impiegare una temporanea capacità produttiva inutilizzata, quindi in manie-ra occasionale e non ripetitiva, è possibile computare nel costo della immobilizza-zione soltanto i costi diretti e non considerare qualsiasi tipo di costo indiretto (si veda Esempio 3). Nel caso in cui, invece, all’interno dell’azienda esista un reparto di produzione dedicato in maniera continuativa alla costruzione di beni in econo-mia, si renderebbe opportuno far concorrere al calcolo del costo del bene anche i costi indiretti solo se di natura industriale (si veda Esempio 4). Questa scelta è mo-tivata dal fatto che si presume che un processo di costruzione interna temporaneo non influenzi i costi indiretti anche di natura industriale che, comunque, sarebbero sostenuti e, quindi, esclusi dal processo di calcolo. Viceversa, quando il processo si svolge in maniera continuativa all’interno dell’azienda, tali costi indiretti devono essere computati nel calcolo del valore della costruzione interna.

Un’ultima osservazione: ricordando l’importanza del principio della prudenza relativamente alla redazione del bilancio di esercizio, una volta calcolato il costo

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della costruzione è necessario confrontarlo con il valore che un bene simile a quello costruito internamente ha sul mercato e, quindi, se maggiore dello stesso, ridurlo opportunamente.

Esempio 3

Costruzione occasionale in economia La Alfa S.p.A. durante i mesi da gennaio a marzo, vista la presenza di capacità produttiva inuti-lizzata, decide di effettuare una costruzione in economia di un particolare impianto da inserire nel tradizionale processo di produzione. Dai documenti contabili risulta che, a tal fine, sono stati sostenuti costi diretti di materie prime per 45.000 € e di manodopera per 60.000 €; l’ufficio am-ministrativo, inoltre, stima che sono imputabili all’impianto una quota di costi industriali indi-retti pari a 8.000 € e una quota di costi generali di amministrazione pari a 1.500 €. Si stima, in-fine, che il valore di mercato di un impianto simile a quello costruito in economia sia pari a 100.000 €. Si determini il valore dell’impianto da iscrivere in bilancio.

Lo sfruttamento di capacità produttiva inutilizzata presume dunque che la costruzione inter-na sia effettuata occasionalmente e che non esista un reparto di produzione appositamente attrezzato per tale attività. Di conseguenza, il valore dell’impianto da iscrivere in bilancio vie-ne calcolato tenendo conto soltanto dei costi diretti di produzione e trascurando quelli di na-tura indiretta. In altri termini:

Materie prime: 45.000 € Manodopera diretta: 60.000 € ––––––––Costo dell’impianto: 105.000 €

Tuttavia, secondo le disposizioni civilistiche (principio della prudenza) il valore così calcolato deve essere confrontato con il valore di mercato ed eguagliato a quest’ultimo se minore. In particolare si ha: valore di mercato: 100.000 € < valore di costo: 105.000 €quindi il valore dell’impianto da iscrivere in bilancio è pari a 100.000 €.

Esempio 4

Costruzione in economia di carattere continuativo Durante l’esercizio in chiusura, un reparto di produzione della Alfa S.p.A. dedicato alla costru-zione in economia di fabbricati, inizia e conclude la costruzione di un locale da adibire a magaz-zino. I costi sostenuti a tal proposito sono i seguenti:

– Materie prime 15.000 € – Manodopera diretta 10.000 €– Quota di costi industriali indiretti 4.500 €– Quota di costi amministrativi 1.500 €– Altri costi generali 1.000 €

Il valore di mercato di un fabbricato simile a quello costruito in economia è pari a 30.000 €. Determinare il valore del fabbricato da iscrivere in bilancio.

(segue)

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I criteri di valutazione applicabili nella costruzione del bilancio di esercizio

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La costruzione del fabbricato avviene in maniera continuativa e quindi, oltre ai costi diretti, concorrono a formare il valore dello stesso tutti i costi industriali indiretti imputabili. In par-ticolare:

Materie prime: 15.000 €Manodopera diretta: 10.000 €Costi indiretti industriali: 4.500 € ––––––––Costo del fabbricato: 29.500 €Il valore così calcolato risulta essere quello da iscrivere in bilancio in quanto minore del valo-re di mercato di un fabbricato simile (30.000 €).

Un’immobilizzazione materiale durante la sua vita in azienda può essere sogget-ta a operazioni volte a ripristinare o migliorare le sue prestazioni tecniche e la sua capacità produttiva. Si parla, a tal proposito, di interventi di manutenzione e ripara-zione. Nel caso in cui queste operazioni abbiano l’obiettivo di mantenere l’effi-cienza e ripristinare la capacità produttiva iniziale del bene in modo tale da garanti-re la vita utile prevista, si parla di manutenzioni ordinarie (si tratta quindi di manu-tenzioni di natura ricorrente); nel caso in cui, invece, tali interventi siano rivolti a migliorare lo stato tecnico del bene, ad ampliare e ammodernare lo stesso con conseguente aumento della capacità produttiva, si parla di manutenzioni straordi-narie 25.

Le manutenzioni ordinarie danno origine a costi di competenza del periodo in cui sono state effettuate; poiché, invece, gli interventi straordinari di manutenzione producono l’effetto di aumentare la capacità produttiva del bene, o la sua vita utile o la sua sicurezza, essi devono essere portati in aumento del valore dell’immo-bilizzazione tecnica (capitalizzazione). In ogni caso, il valore così risultante non de-ve essere maggiore del valore recuperabile tramite l’uso 26.

Infine, può accadere che per un’immobilizzazione tecnica particolarmente com-plessa siano stati programmati interventi di manutenzione da effettuare con una de-terminata periodicità. Si parla in questi casi di manutenzione ciclica 27. Il costo so-stenuto al momento dell’intervento non può però essere imputato totalmente al pe-riodo in cui l’intervento si manifesta ma deve gravare su ciascun anno a partire dall’acquisto o dall’ultima manutenzione. Questo è possibile, ad esempio, mediante la costituzione di un “Fondo manutenzione ciclica” da alimentare ogni anno e da utilizzare in occasione del sostenimento del costo per la manutenzione.

Facciamo il seguente esempio (Esempio 5).

25 ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi Contabili, Documento n. 16 – “Immobilizzazio-ni materiali”, 2017, p. 5.

26 Il “valore recuperabile tramite l’uso” è il valore che può essere convenientemente ammortizzato negli esercizi futuri. Si veda: F. SUPERTI FURGA, Il bilancio di esercizio italiano secondo la normativa europea, terza edizione, 1997, p. 136.

27 Per una trattazione più approfondita si rimanda al Capitolo Settimo.

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Esempio 5

Interventi di manutenzione In data 31 dicembre la Alfa S.p.A. ha effettuato interventi tecnici di manutenzione col fine di incrementare la capacità produttiva di un impianto (iscritto in bilancio per un valore pari a 160.000 €), sostenendo un costo di 30.000 € (+ IVA 22%). Si rilevino le scritture contabili rela-tive alle operazioni descritte.

I costi sostenuti per gli interventi di manutenzione effettuati per incrementare la capacità produttiva dell’impianto devono essere capitalizzati, ossia devono andare a incrementare il valore originario del bene oggetto di manutenzione straordinaria. Al momento del sostenimento del costo:

31 dicembre Dare Avere

Manutenzioni 30.000

IVA a credito 6.600

Fornitori 36.600

31 dicembre

Impianti 30.000

Manutenzioni 30.000

Quest’ultima rilevazione rappresenta una rettifica diretta del conto “Impianti” da evitare nel caso in cui si tratti di manutenzione ordinaria.

Le immobilizzazioni materiali e immateriali partecipano alla formazione del ri-sultato di periodo mediante il processo contabile di ammortamento 28; questo si concretizza nella ripartizione del valore del bene tra gli esercizi corrispondenti alla sua vita utile 29. Tale processo deve essere attuato dal momento in cui il bene è di-sponibile per l’uso e secondo un piano di ammortamento che descrive le modalità di ripartizione del costo del bene. In particolare, le informazioni necessarie a tale scopo sono le seguenti:

– il valore da ammortizzare; – la vita utile; – il criterio di ripartizione del valore da ammortizzare.

28 Per una descrizione approfondita del concetto di ammortamento si rinvia al Capitolo Secondo; con riferimento alle rilevazioni contabili si rimanda invece al Capitolo Settimo.

29 Art. 2426, punto 2 c.c.: «il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizza-zione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione». Per approfondimenti si veda anche ORGANISMO

ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi Contabili, Documento n. 16 – “Immobilizzazioni materiali”, 2017, p. 12 ss.

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I criteri di valutazione applicabili nella costruzione del bilancio di esercizio

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Il valore oggetto di ammortamento corrisponde al costo del bene opportunamente ridotto del suo presumibile valore residuo, ossia del valore che si presume di ottenere dalla vendita del bene alla fine della sua economica utilizzazione in azienda (valore di presumibile realizzo). Di solito quest’ultimo è vicino allo zero e si preferisce eguaglia-re il valore da ammortizzare con il costo originario dell’immobilizzazione.

La vita utile di un bene corrisponde al numero dei periodi in cui lo stesso è uti-lizzabile economicamente nella combinazione aziendale. Essa, quindi, può non cor-rispondere alla vita fisica del bene che individua, invece, il numero di anni in cui il bene continua tecnicamente a funzionare. Si distingue, a tal proposito, il concetto di obsolescenza economica e di obsolescenza tecnica.

Infine, il criterio di ammortamento individua la modalità di ripartizione del valo-re da ammortizzare per il periodo di vita utile. Esso dovrebbe essere deciso in fun-zione dell’utilità ceduta dal bene in ogni esercizio. Data la semplicità di applicazio-ne e la sua verificabilità, si preferisce in genere applicare il criterio a quote costanti. In questo caso, la formula da applicare è la seguente (si veda Esempio 6):

Valore originario – Valore di presumibile realizzo

Quota di ammortamentoNumero di anni di vita utile

Esempio 6

Processo di ammortamento In data 17 gennaio, la Alfa S.p.A. ha acquistato un macchinario sostenendo un costo di 100.000 €. È stata stimata una vita utile del bene pari a 15 anni, e si presume un valore di realizzo di 10.000 €. Si determini il valore della quota di ammortamento da iscrivere in bilancio alla fine dell’anno in considerazione. L’entità della quota di ammortamento viene, quindi, calcolata nel seguente modo:

Costo originario 100.000 € (–) Valore di presumibile realizzo 10.000 € –––––––– Valore da ammortizzare 90.000 €

Quota di ammortamento: 90.000 €/15 = 6.000 €.

La valutazione delle immobilizzazioni immateriali

Come precedentemente osservato, le immobilizzazioni immateriali possono di-stinguersi in due gruppi: i beni immateriali e gli oneri pluriennali.

Per i beni immateriali (brevetti, licenze, concessioni, marchi e così via) è previ-sto il medesimo trattamento riservato alle immobilizzazioni materiali, sia con rife-rimento alla determinazione del loro valore, sia in relazione alla problematica del-l’ammortamento. Si rimanda quindi a ciò che è già stato detto a tal proposito, pro-ponendo qui un esempio (Esempio 7).

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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Esempio 7

In data 15 febbraio, la Alfa S.p.A. ha acquistato un brevetto industriale relativo a un particolare processo di produzione; il costo sostenuto è stato pari a 15.000 € (+IVA 22%). Lo stesso giorno la società ha corrisposto 500 € (+IVA 22%) al consulente tecnico che ha seguito l’acquisto. Con-siderando la veloce obsolescenza dei processi industriali che caratterizzano il settore, si è ipotizza-ta una vita economica utile del bene di 4 anni. Dopo aver rilevato contabilmente l’acquisto del brevetto e delle consulenze tecniche, determinare il valore del brevetto da inserire in bilancio e la quota di ammortamento a esso relativa.

Il brevetto industriale rappresenta una immobilizzazione immateriale e il suo valore deve es-sere calcolato sommando al costo effettivo del bene quello degli oneri accessori strettamente legati all’acquisto dello stesso: Costo del bene: 15.000 €Oneri accessori: 500 € –––––––Costo del brevetto: 15.500 €Le scritture contabili relative all’acquisto e alla consulenza sono le seguenti:

15 febbraio Dare Avere

Brevetti 15.000

IVA a credito 3.300

Fornitori 18.300

15 febbraio

Brevetti industriali 500

IVA a credito 110

Fornitori 610

Tale costo deve essere sistematicamente ammortizzato in relazione alla residua possibilità di utilizzazione (art. 2426, punto 2); considerando che è stata stimata una vita utile pari a 4 anni, la quota di ammortamento da iscrivere tra i costi della produzione nel Conto economico è pari a: quota di ammortamento: 15.500 €/4 anni = 3.875 €.

Una disposizione diversa è invece prevista per gli oneri pluriennali (costi di impianto e di ampliamento e costi di sviluppo); vista la maggior discrezionalità di valutazione applicabile a questi elementi, il Legislatore ha previsto un tratta-mento specifico per il quale tali oneri possono essere iscritti tra le immobilizza-zioni (e quindi capitalizzati, senza incidere totalmente sul risultato del periodo in cui sono stati sostenuti) solo se sono rispettate le seguenti condizioni (art. 2426, punto 5):

1. ottenimento del consenso del collegio sindacale alla sua iscrizione; 2. ammortamento, per i costi di impianto e ampliamento, entro un periodo non

superiore ai 5 anni e, per i costi di sviluppo, secondo la loro vita utile (ove que-

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I criteri di valutazione applicabili nella costruzione del bilancio di esercizio

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st’ultima non sia prevedibile, anch’essi sono ammortizzati per un periodo non su-periore a 5 anni);

3. distribuzione dei dividendi durante il periodo di ammortamento solo se resi-duano riserve disponibili sufficienti a coprire la parte dei costi ancora non ammor-tizzata;

4. descrizione nella Nota integrativa del contenuto di tali voci.

In ogni caso, non esiste l’obbligo di iscrizione di questi costi tra le attività dello Stato patrimoniale.

Esempio 8

Durante l’esercizio X, la Alfa S.p.A. ha sostenuto costi di sviluppo per un ammontare pari a 7.000 € e si stima che il 90% degli stessi abbia un’utilità pluriennale. Determinare l’entità dei costi di competenza del periodo in considerazione e il valore degli oneri pluriennali da iscrivere in bilancio.

L’immobilizzazione immateriale alla quale si fa riferimento è quella relativa ai costi di svilup-po. Il valore da inserire in questa classe dello Stato patrimoniale è calcolato considerando quella parte di costi sostenuti nell’esercizio per i quali è stata stimata un’utilità pluriennale: costi di sviluppo (da ammortizzare): 7.000 € 90% = 6.300 €. (si ricorda che tale iscrizione è vincolata al consenso del collegio sindacale).La parte dei costi di sviluppo di competenza dell’esercizio in chiusura è pari a 700 € (7.000 – 6.300); questi concorrono alla determinazione del risultato di periodo tra i costi della produ-zione nel Conto economico. Per quanto riguarda l’ammortamento, esso deve essere effettuato per un periodo non supe-riore ai 5 anni. Nella specie, la quota di ammortamento potrebbe assumere i seguenti valori:

Periodo di ammortamento 1 anno 2 anni 3 anni 4 anni 5 anni

Quota ammortamento I anno 6.300 3.150 2.100 1.575 1.260 Quota ammortamento II anno 0 3.150 2.100 1.575 1.260 Quota ammortamento III anno 0 0 2.100 1.575 1.260 Quota ammortamento IV anno 0 0 0 1.575 1.260 Quota ammortamento V anno 0 0 0 0 1.260

Supponendo che si usufruisca del limite massimo consentito, la quota di ammortamento viene calcolata come segue: quota di ammortamento: 6.300 €/5 anni = 1.260 €.

Tra le immobilizzazioni immateriali viene anche compreso l’avviamento. Esso viene determinato come differenza tra il valore del capitale di funzionamento di un’azienda e il valore economico dello stesso. Il punto 6 dell’art. 2426, specifica che costituiscono condizioni per l’iscrizione dell’avviamento tra le attività dello Sta-to patrimoniale:

1. il consenso del collegio sindacale;

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2. l’acquisizione a titolo oneroso; 3. l’iscrizione nei limiti del costo sostenuto.

Per quanto riguarda l’ammortamento, esso deve essere effettuato in base alla sua vita utile oppure, nel caso in cui la stessa non sia stimabile in maniera attendibile, in un periodo massimo di 10 anni (con opportuna motivazione nella Nota integrativa) 30.

2.2. Le attività finanziarie: le immobilizzazioni finanziarie e l’attivo circo-lante

Il criterio applicato dal Legislatore per distinguere l’attivo finanziario in immo-bilizzato e circolante è la destinazione economica e non la durata dell’investimento. In particolare, nel caso in cui un’attività finanziaria sia “strumentalmente” legata alla gestione corrente dell’azienda, essa dovrebbe essere classificata tra le immobi-lizzazioni finanziarie; nel caso in cui, invece, sia manifesta la volontà di trattenerla nel complesso aziendale per un periodo di tempo breve, essa dovrebbe essere com-presa tra le attività finanziarie circolanti31.

In generale, le attività finanziare sono costituite da investimenti effettuati in par-tecipazioni, crediti, altri titoli e strumenti finanziari derivati attivi 32.

Le partecipazioni sono quote di capitale possedute dalla società in altre società; i crediti sono finanziamenti diretti (crediti di finanziamento) o indiretti (crediti di funzionamento) concessi a terzi; infine, gli altri titoli identificano investimenti sia in titoli emessi dallo Stato (come BOT, BTP, CCT e CTZ), sia in obbligazioni emesse da enti pubblici o da società private; gli strumenti finanziari derivati sono solita-mente contratti il cui valore dipende da un’attività finanziaria o reale (es.: azioni, indice di Borsa, tasso di cambio di valuta) 33.

Le partecipazioni, come appena osservato, rappresentano investimenti in quote di capitale (azioni o altre quote sociali) di una società. Di per sé esse costituiscono investimenti di lungo periodo, ma non per questo dovrebbero essere rappresentate tra le immobilizzazioni. È infatti necessario verificare l’obiettivo perseguito dal-l’azienda con l’acquisto di tali titoli. Nel caso in cui gli obiettivi siano di controllo, quindi è manifesta la volontà di detenerli in portafoglio durevolmente, allora le par-tecipazioni devono essere classificate tra le immobilizzazioni; nel caso in cui, inve-ce, gli scopi dell’acquisto siano prettamente speculativi, allora tali valori dovrebbe-ro concorrere a formare l’attivo circolante.

30 Per ulteriori approfondimenti si rimanda a: S. AZZALI (a cura di), Financial reporting and ac-counting standards, Giappichelli, Torino, 2019.

31 S. AZZALI (a cura di), Financial reporting and accounting standards, Giappichelli, Torino, 2019. 32 Per approfondimenti relativi alle operazioni di investimento in titoli e partecipazioni si rimanda

al Capitolo Quinto. 33 Si rinvia per approfondimenti a: ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi Contabili, Do-

cumento n. 32 – “Strumenti finanziari derivati”, 2016.

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Il criterio di valutazione delle immobilizzazioni finanziarie è quello generale del costo di acquisto derivante dalla somma tra il prezzo pagato e gli oneri strettamente accessori alla vendita. Tale costo di acquisto potrebbe essere svalutato nel caso in cui si presentino perdite durevoli di valore 34.

Un particolare trattamento è previsto per le immobilizzazioni finanziarie rap-presentate da partecipazioni in imprese controllate e collegate 35. Si legge, infatti, che «… possono essere valutate […] anziché secondo il criterio [del costo], per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto riferito alla data di acquisizione o risultante dall’ultimo bilancio delle imprese [partecipate]» dopo che siano stati detratti i dividendi e siano state operate le necessarie rettifiche di valore (art. 2426, punto 4). Il metodo applicato è dunque quello del patrimonio netto 36.

I crediti devono essere valutati secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale e del presumibile valore di realizzazione (art. 2426, punto 8); inoltre, l’iscrizione in bilancio deve essere effettuata al netto di eventuali rettifiche evidenziate mediante la costituzione di un fondo svalutazione crediti 37. Questo crite-rio deve essere applicato anche ai crediti che sono classificati tra l’attivo circolante.

Gli anticipi a fornitori (che quindi rappresentano crediti) sono classificabili tra le attività immobilizzate quando sono sorti in riferimento ad acquisti di immobiliz-zazioni. Se, invece, si riferiscono a scambi di fattori a fecondità semplice (merci, materie prime e così via) devono essere inseriti nell’attivo circolante.

I titoli diversi dalle partecipazioni sono, infine, valutati secondo la regola gene-rale del costo di acquisto. Quando si tratta di beni fungibili, il Legislatore ha previ-sto (art. 2426, punto 10) la possibilità di applicare, in alternativa a detto criterio, il metodo del costo medio ponderato, del primo entrato – primo uscito (FIFO) o quello dell’ultimo entrato – primo uscito (LIFO).

Le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono valutate al minore tra il costo di acquisto e il valore di realizzazione desumibile dall’anda-mento del mercato, ricordando che tale valore non può essere mantenuto nei suc-cessivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi (art. 2426, punto 9). Qualora si tratti di beni fungibili, anche in questo caso è prevista l’alternativa di valutazione al costo medio ponderato, al FIFO o al LIFO.

34 Si ricorda che i Principi contabili internazionali prevedono l’opportunità di applicare ad alcune classi delle voci costituenti attività finanziarie il principio del fair value. Si rinvia per approfondimenti allo IAS 39 (Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione) e allo IAS 40 (Investimenti immobiliari).

35 Per approfondimenti si veda S. AZZALI (a cura di), Financial reporting and accounting standards, Giappichelli, Torino, 2019.

36 Per approfondimenti si veda: S. AZZALI (a cura di), Financial reporting and accounting standards, Giappichelli, Torino, 2019 e E. SANTESSO, Valutazioni di bilancio. Aspetti economico-aziendali e giuri-dici, Giappichelli, Torino, 1992, p. 195 ss.

37 Per un’analisi della natura del “Fondo svalutazione crediti” e delle scritture contabili a esso rela-tive si rinvia al Capitolo Settimo.

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2.3. Le rimanenze di magazzino

Le rimanenze di magazzino rappresentano una componente patrimoniale del-l’attivo circolante e non sono classificabili tra le attività finanziarie. Esse si concre-tizzano in beni che risultano non utilizzati o non venduti durante l’esercizio in chiusura e, quindi, giacenti in magazzino. In particolare, si fa riferimento a merci (acquistate e destinate alla vendita), materie prime, sussidiarie e di consumo (acqui-state e destinate alla produzione), prodotti finiti (prodotti e destinati alla vendita), semilavorati (a produzione non completata), prodotti residuali e materiali di recu-pero (scarti di lavorazione, sfridi e così via).

Il criterio di valutazione delle rimanenze prevede il confronto tra il costo di ac-quisto (per i beni destinati a essere impiegati nel processo di produzione) o di pro-duzione (per i beni destinati alla vendita) e, rispettivamente, il valore di mercato o il prezzo di presumibile realizzo, quindi, la scelta del minore tra i due. Il calcolo del costo di acquisto o di produzione segue la metodologia descritta per le immobiliz-zazioni (art. 2426, punto 1).

Il processo di valutazione inizia con la determinazione delle quantità fisiche in ri-manenza alla fine dell’esercizio (lo strumento utilizzato è l’inventario); successivamen-te è necessario applicare il costo unitario alle quantità determinate. Nel caso in cui i beni siano fungibili, il Legislatore ha previsto (come già specificato) la possibilità di sostituire la valutazione al costo con metodi contabili basati su ipotesi relative al flusso fisico dei beni entrati e usciti dal magazzino. L’obiettivo è quello di semplificare il cal-colo del valore delle rimanenze, soprattutto nei casi in cui non sia possibile, data la ve-locità di rotazione delle giacenze e la loro entità, determinare in maniera specifica il costo sostenuto per ciascuna unità. I metodi maggiormente utilizzati sono i seguenti:

A) costo medio ponderato: si ipotizza l’impossibilità di individuare singolarmente i beni in rimanenza che si considerano parte di un unico insieme e ugualmente di-sponibili. Il valore unitario da attribuire a ciascuno di essi è calcolato sommando tutti gli acquisti (o le produzioni) valutati ai rispettivi prezzi e rapportando tale somma all’entità complessiva dei beni acquistati (o prodotti);

B) FIFO (First In-First Out): si ipotizza che i beni acquistati (o prodotti) per primi siano quelli utilizzati (o venduti) per primi e, quindi, si ipotizza che il magaz-zino sia costituito da beni entrati in azienda in tempi più recenti. La valutazione dovrebbe avvenire, allora, ai costi di acquisto (o di produzione) più recenti;

C) LIFO (Last In-First Out): si ipotizza che i beni acquistati (o prodotti) per ul-timi siano quelli utilizzati (o venduti) per primi e, quindi, che il magazzino sia costi-tuito da beni “arrivati” in azienda in tempi storici. La valutazione dovrebbe avveni-re, allora, ai costi di acquisto (o di produzione) più remoti 38.

Proponiamo due esempi (Esempio 9 ed Esempio 10) per facilitare la compren-sione dei tre metodi.

38 Con riferimento alla valutazione delle rimanenze di magazzino è opportuno ricordare che lo IAS 2 (Rimanenze) non prevede la possibilità di effettuare una valutazione secondo il metodo LIFO.

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Esempio 9

Durante l’esercizio X l’azienda commerciale Alfa S.p.A. ha registrato i seguenti movimenti del magazzino delle merci:

Descrizione del movimento Quantità Costo

unitario (€) Costo totale

Esistenze iniziali 15.000 10 150.000 I carico 8.000 15 120.000 I scarico 12.000 II scarico 5.000 II carico 10.000 18 180.000 III carico 6.000 20 120.000 III scarico 3.000

Si proceda alla valorizzazione delle rimanenze finali della merce in giacenza al 31 dicembre ap-plicando i seguenti metodi: A) costo medio ponderato; B) LIFO; C) FIFO.

L’entità delle rimanenze finali alla fine dell’esercizio viene calcolata sommando alle rimanenze iniziali gli acquisti di merci (carichi di magazzino) e sottraendo gli scarichi delle stesse relativi alla loro vendita. Quindi: Rimanenze fin. = 15.000 + 8.000 – 12.000 – 5.000 + 10.000 + 6.000 – 3.000 = 19.000 unità A) Costo medio ponderatoQuando la valorizzazione delle rimanenze finali viene effettuata secondo il principio del costo medio ponderato di periodo, è necessario calcolare la media ponderata tra il costo relativo alle rimanenze iniziali e quelli sostenuti per effettuare gli acquisti nel periodo in considerazio-ne. In altri termini: 15.000 10 + 8.000 15 + 10.000 18 + 6.000 20 CMP = –––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– = 14,6 € (15.000 + 8.000 + 10.000 + 6.000) Quindi, il valore delle rimanenze finali di merci utilizzando il metodo del costo medio ponde-rato di periodo è pari a: 19.000 14,6 € = 277.400 €.

B) LIFO Secondo il criterio del LIFO (Last In-First Out) di periodo, le merci prelevate dal magazzino per prime sono costituite da quelle acquistate per ultime. Quindi, si presume che, alla fine del periodo, tali rimanenze siano costituite dalle merci che sono entrate in azienda con acquisti “storici”. La quantità delle rimanenze finali è pari a 19.000, di queste, 15.000 si suppone siano costitui-te da quelle esistenti all’inizio del periodo e quindi valorizzate a quel costo (10 €), 4.000 rap-presentate da quelle relative al primo acquisto (I carico) e quindi valorizzate al costo di 15 €. In altri termini:

Valore delle rimanenze finali = 15.000 10 + 4.000 15 = 210.000 €

(segue)

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C) FIFO Il metodo FIFO (First In-First Out) prevede che le merci entrate per prime in magazzino sia-no quelle che per prime escono dallo stesso; rimangono, pertanto, in rimanenza le merci en-trate per ultime e la valorizzazione delle stesse dovrà essere effettuata, quindi, a prezzi più re-centi. Con riferimento all’esempio, si suppone che le rimanenze finali pari a 19.000 unità siano co-stituite dalle merci acquistate per ultime (III carico); in questo senso, le stesse devono essere valutate considerando il costo unitario di quell’acquisto. In altri termini, si ipotizza che 6.000 unità siano entrate con il terzo carico (valutato a 20 €), 10.000 unità con il secondo (valutato a 18 €) e 3.000 unità con il primo (valutato a 15 €). Quindi:

Valore delle rimanenze finali: 6.000 20 + 10.000 18 + 3.000 15 = 345.000 €

È interessante notare come sia differente il valore che assumono le rimanenze finali da inscri-vere in bilancio e, quindi, come sia diversa l’influenza che lo stesso ha sul risultato di periodo a seconda del metodo scelto per la valutazione:

Metodo “costo medio ponderato di periodo”: 277.400 € Metodo “LIFO di periodo”: 210.000 € Metodo “FIFO”: 345.000 €

Esempio 10

La Alfa S.p.A. produce un particolare tipo di vasi di terracotta decorati a mano che, nella loro semplicità, costituiscono un prodotto che incontra favorevolmente i gusti dei consumatori. Il pro-cesso di produzione, molto semplice, consiste nella lavorazione a mano della materia prima uti-lizzando un’unica macchina e, quindi, nella decorazione. All’inizio dell’esercizio X non si avevano rimanenze iniziali di vasetti; alla fine dello stesso eser-cizio sono giacenti in magazzino 4.500 vasetti. L’ufficio tecnico stima che per la produzione di un prodotto finito occorrano:

0,5 kg di terracotta (non si determinano scarti di lavorazione); mano d’opera diretta e altri costi industriali di produzione per una quota pari a 8,50 € per uni-

tà di prodotto.

La materia prima impiegata per la produzione (terra cotta) presenta, nel corso dell’esercizio X, la seguente movimentazione:

Quantità (kg) Descrizione del movimento Costo

unitario

1.500 Esistenze iniziali 1,5 1.000 I carico 1,6 1.200 I scarico 2.000 II carico 1,65 1.900 II scarico 0.500 III scarico 4.000 III carico 1,7 2.200 IV scarico

(segue)

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I criteri di valutazione applicabili nella costruzione del bilancio di esercizio

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Si proceda alla valorizzazione delle rimanenze finali dei prodotti finiti e della materia prima in giacenza al 31 dicembre secondo corretti principi contabili tenendo presente che:

1. il criterio impiegato dall’azienda per la determinazione del flusso dei costi della materia prima e dei prodotti finiti è il FIFO;

2. nei primi mesi dell’esercizio X + 1 i prezzi di mercato mediamente praticati dai fornitori della materia prima presentano, a parità di altre condizioni, un aumento medio del 10% rispetto ai prezzi praticati sull’ultimo acquisto;

3. il prezzo di vendita dei prodotti finiti nei primi mesi dell’esercizio X + 1 è rimasto invariato rispetto a quello praticato dalla Alfa nel corso dell’anno. In particolare, il prezzo unitario di vendita era pari a 9 €.

Determinazione delle rimanenze finali di materie prime.L’entità di rimanenze finali di materie prime viene calcolata sommando e sottraendo alle esi-stenze iniziali delle stesse i carichi e gli scarichi a produzione effettuati durante l’esercizio. Quindi: Rimanenze finali = 1.500 + 1.000 – 1.200 + 2.000 – 1.900 – 500 + 4.000 – 2.200 = 2.700 unità Il criterio applicato per la valorizzazione delle stesse è il FIFO; si ipotizza, quindi, che i costi unitari da applicare siano quelli più recenti. In particolare: Valore rimanenze finali: 2.700 kg 1,7 € = 4.590 € Il valore determinato è quello calcolato secondo il criterio FIFO, appunto. Il valore iscrivibile in bilancio, però, deve essere scelto considerando anche il valore di mercato; tra i due esso corrisponderà al minore. Il prezzo al quale è stato effettuato l’ultimo acquisto di terracotta dell’esercizio X è 1,7 €; a questo deve essere applicato un aumento del 10%, quindi: 1,7 + (1,7 10%) = 1,87 € Applicando quel prezzo all’entità di rimanenze finali (2.700 kg) otteniamo:2.700 kg 1,87 € = 5.049 € che rappresenta il valore delle rimanenze in caso di valutazione al prezzo di mercato. Poiché 5.049 € > 4.590 €, quest’ultimo rappresenta il valore delle rimanenze finali di materie prime da iscrivere in bilancio.

Determinazione delle rimanenze finali dei prodotti finiti.L’entità di vasetti in rimanenza alla fine dell’esercizio X è pari a 4.500.La valutazione degli stessi dovrà avvenire considerando, da un lato, il costo di produzione, dall’altro, il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato; la scelta del pa-rametro di valutazione dovrà cadere (art. 2426, punto 9) sul minore tra i due.

Il costo di produzione di un vaso di terracotta è costituito da quello relativo all’utilizzo della materia prima (0,5 kg di terracotta), della manodopera diretta e di altri prodotti e servizi in-dustriali. In particolare, poiché la logica di carico/scarico del magazzino seguita è il FIFO, allora, la determinazione del costo delle materie prime utilizzate per produrre i prodotti finiti (0,5 kg per vasetto, quindi in totale 2.250 kg) dovrà avvenire considerando che le materie prime presenti in magazzino da più tempo (first in) sono state per prime consumate per la produzione di prodotti venduti per primi (first out). Osservando le materie prime entrate più di recente, l’ultimo acquisto (III carico) è costituito ipoteticamente da 2.700 kg di terracotta che sono rimaste inutilizzate; la parte rimanente pari a 1.300 kg può considerarsi materia prima impiegata nei prodotti finiti in rimanenza e, quindi, valutata a 1,7 €. Gli ulteriori 950 kg impiegati anch’essi nella produzione dei prodotti finiti rimasti in magazzino, si considerano acquistati con il II carico e valutati a 1,65 €.

(segue)

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

248

In definitiva, la determinazione del costo della terracotta utilizzata per la produzione dei va-setti rimasti invenduti alla fine dell’anno dovrebbe essere effettuata nel modo seguente:

1.300 kg 1,7 € + 950 kg 1,65 € = 3.777,5 € I costi di manodopera e i costi indiretti industriali sono pari a 8,50 € per unità di prodotto finito. Quindi, in riferimento ai prodotti in rimanenza, l’entità di tali costi ammonta a 38.250 € (4.500 unità di prodotto 8,50 €). La valutazione dei prodotti finiti in rimanenza secondo il criterio del costo porta, in conclu-sione, alla determinazione del seguente valore:

3.777,5 € + 38.250 € = 42.027,5 € Come stabilito dallo stesso articolo del codice civile in materia di valutazioni (art. 2426), è ne-cessario confrontare tale valore con quello di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato. Quest’ultimo risulta pari a 9 € e, quindi, il valore delle rimanenze di vasetti se appli-cato il prezzo di mercato è:

4.500 9 € = 40.500 €

Poiché è inferiore al valore calcolato applicando il criterio del costo, esso è quello che deve essere preso in considerazione per l’iscrizione in bilancio del valore delle rimanenze finali di prodotti finiti.

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Chiusura dei conti, formazione e riclassificazione del bilancio di esercizio

249

Capitolo Nono

Chiusura dei conti, formazione e riclassificazione del bilancio di esercizio

1

1. La chiusura dei conti

Completata la fase di assestamento dei valori attraverso la rilevazione di oppor-tune scritture di rettifica 2, la situazione contabile riflette lo stato del sistema dei va-lori d’azienda colto in un determinato istante del suo continuo divenire, che coin-cide con la data di chiusura del periodo amministrativo (solitamente fissata al 31 di-cembre di ogni anno). Tale situazione, per effetto dei criteri e delle logiche di rile-vazione contabile adottati, è orientata alla determinazione del risultato economico di competenza dell’esercizio e del correlato capitale di funzionamento; pertanto, do-po avere completato la fase di assestamento dei valori in ragione di esercizio, occor-re procedere all’ultima fase del processo contabile, quella attinente alla chiusura dei conti, fase che consente di addivenire alla determinazione dei risultati di sintesi di fine esercizio (reddito di esercizio e capitale di funzionamento).

Le rilevazioni contabili di chiusura possono essere distinte in tre momenti aventi finalità distinte, sia pure complementari tra loro.

1. Epilogo dei conti accesi ai componenti positivi e negativi di reddito. 2. Determinazione del risultato economico di competenza dell’esercizio, deri-

vante dalla sommatoria algebrica del totale dei componenti positivi e negativi di reddito (i cui conti sono epilogati a seguito dell’operazione di cui al punto prece-dente). In questa fase, quindi, deve essere aperto un nuovo conto nel sistema dei valori aziendale – “Utile di esercizio” o “Perdita di esercizio” – destinato ad acco-gliere il risultato economico di sintesi e qualificabile come conto acceso alle parti ideali di patrimonio netto, che rileva una variazione soggettiva di capitale proprio 3.

3. Chiusura generale dei conti, che consiste nella chiusura di tutti i conti ancora accesi nel sistema dei valori: trattasi di conti accesi a valori finanziari attivi e passivi, a valori di capitale e a valori economico-reddituali sospesi (costi pluriennali e rela-

1 Paolo Andrei è autore dei paragrafi 1 e 2; Carlotta D’Este è autrice del paragrafo 3. 2 Cfr. supra, Capitolo Settimo. 3 Cfr. supra, Capitolo Sesto.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

250

tivi fondi di ammortamento, rimanenze di esercizio, risconti attivi e passivi). Tali valori sono qualificabili, inoltre, come attività patrimoniali, passività patrimoniali e parti ideali di patrimonio netto.

L’esempio che segue pone in luce il contenuto delle scritture di chiusura dei conti, evidenziando la distinzione delle tre fasi sopra menzionate.

Esempio 1

Con riferimento al 31 dicembre il bilancio di verifica dalla Alfa S.p.A. presenta le seguenti risul-tanze, dopo avere già effettuato la rilevazione contabile delle rettifiche di storno e di imputazione rese necessarie per assestare i valori rilevati nel corso dell’esercizio (importi in migliaia di €).

Conto Saldo Dare Saldo Avere

Cassa 10 Banca c/c 200 Clienti 2.000 Fondo svalutazione crediti 100 Fornitori 2.500 Partecipazioni 1.500 Fabbricati 4.000 Impianti 1.750 Macchinari 800 Fondo ammortamento fabbricati 3.000 Fondo ammortamento impianti 1.000 Fondo ammortamento macchinari 400 Risconti attivi 50 Ratei passivi 10 T.F.R. 200 Mutui passivi 780 Debiti tributari 400 Rimanenze finali magazzino 1.000 Capitale sociale 1.200 Riserva legale 240 Riserva straordinaria 600 Vendite 15.000 Acquisti 10.000 Resi su acquisti 50

(segue)

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Chiusura dei conti, formazione e riclassificazione del bilancio di esercizio

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Variazione delle rimanenze 200

Salari e stipendi 2.000

Oneri sociali 500

Costi commerciali 400

Premi di assicurazione 50

Interessi passivi 30

Ammortamenti 900

Perdite presunte su crediti 50

Accantonamento T.F.R. 200

Plusvalenze di realizzo 20

Sopravvenienze passive 10

Affitti attivi 100

Dividendi 50

Imposte sul reddito 400

Totali 25.850 25.850

Prima fase: epilogo componenti positivi e negativi di reddito.

a) Epilogo componenti negativi di reddito:

31 dicembre Dare Avere

Conto economico 14.740

Acquisti 10.000

Variazione delle rimanenze 200

Salari e stipendi 2.000

Oneri sociali 500

Costi commerciali 400

Premi di assicurazione 50

Interessi passivi 30

Ammortamenti 900

Perdite presunte su crediti 50

Accantonamento T.F.R. 200

Sopravvenienze passive 10

Imposte sul reddito 400

(segue)

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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b) Epilogo componenti positivi di reddito:

31 dicembre Dare Avere

Vendite 15.000

Resi su acquisti 50

Plusvalenze di realizzo 20

Affitti attivi 100

Dividendi 50

Conto economico 15.220

Seconda fase: determinazione del risultato economico di esercizio.

Nel caso descritto, il conto denominato “Conto economico” presenta un valore complessivo iscritto in sezione dare pari a € 14.740.000 (sommatoria componenti negativi di reddito) e un valore complessivo iscritto in avere pari a € 15.220.000 (sommatoria componenti positivi di reddito). Il saldo del conto, pari a € 480.000, rappresenta quindi un utile di esercizio.

31 dicembre Dare Avere

Conto economico 480

Utile di esercizio 480

Al termine di questa fase, pertanto, risultano chiusi tutti i conti accesi a componenti positivi e negativi di reddito, così come presenta un saldo nullo anche il conto denominato “Conto eco-nomico”. Il conto acceso in avere “Utile di esercizio” accoglie il risultato economico positivo realizzato dall’azienda attraverso la gestione svolta nel corso del periodo amministrativo e rap-presenta una parte ideale del patrimonio netto aziendale 4. Ad evidenza, se il saldo del conto intitolato “Conto economico” fosse stato di segno contrario l’azienda avrebbe conseguito una perdita. In tale ipotesi la rilevazione contabile sarebbe stata la seguente:

31 dicembre Dare Avere

Perdita di esercizio …

Conto economico … Anche il conto “Perdita di esercizio” rappresenta una parte ideale (negativa) di patrimonio netto.

4 Cfr. supra, Capitolo Sesto.

(segue)

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Chiusura dei conti, formazione e riclassificazione del bilancio di esercizio

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Terza fase: chiusura generale dei conti.

a) Epilogo delle attività di bilancio (conti con saldo dare):

31 dicembre Dare Avere

Stato patrimoniale finale 11.110 Cassa 10 Clienti 2.000

Partecipazioni 1.500

Fabbricati 4.000 Impianti 1.750

Macchinari 800

Risconti attivi 50 Rimanenze finali magazzino 1.000

b) Epilogo delle passività di bilancio e dei conti di patrimonio netto (conti con saldo avere):

31 dicembre Dare Avere

Banca c/c 200

Fondo svalutazione crediti 100

Fornitori 2.500 Fondo ammortamento fabbricati 3.000

Fondo ammortamento impianti 1.000

Fondo ammortamento macchinari 400 Ratei passivi 10

T.F.R. 200

Mutui passivi 780 Debiti tributari 400

Capitale sociale 1.200

Riserva legale 240 Riserva straordinaria 600

Utile di esercizio 480

Stato patrimoniale finale 11.110 Al termine delle operazioni sopra descritte tutti i conti del sistema dei valori

d’impresa sono chiusi, presentano cioè un saldo pari a zero. In una fase successiva, all’inizio del nuovo esercizio, occorre procedere all’apertura dei conti che testimo-niano processi non ancora ultimati nell’economia dell’impresa (valori patrimoniali

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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attivi, valori di patrimonio netto e valori patrimoniali passivi); tali valori patrimo-niali costituiscono la “base di partenza” per la gestione del periodo amministrativo successivo a quello per il quale si è effettuata la chiusura generale dei conti 5.

2. La formazione del bilancio di esercizio

A seguito delle operazioni di chiusura dei conti il sistema contabile offre le in-formazioni necessarie per la redazione dei documenti di sintesi che compongono il bilancio di esercizio; in particolare, possono essere predisposti lo Stato patrimonia-le, che espone gli elementi attestanti processi non ancora conclusi in chiusura di esercizio e componenti il capitale di funzionamento (saldi dei conti che rappresen-tano attività patrimoniali, parti ideali di patrimonio netto e passività patrimoniali), e il Conto economico, che sintetizza le variazioni di esercizio positive e negative (co-sti e ricavi) che portano alla determinazione del reddito di esercizio.

Le forme attraverso le quali è possibile aggregare le informazioni e i saldi dei conti nell’ambito degli schemi di sintesi possono essere differenti a seconda delle finalità informative attribuite al bilancio di esercizio; così, se trattasi del bilancio destinato alla pubblicazione occorre rispettare nella sua redazione le disposizioni stabilite da parte del Legislatore civilistico. Essendo uno strumento di informazione rivolto a svariati soggetti esterni aventi rapporti con l’impresa (clienti, fornitori, fi-nanziatori, azionisti, concorrenti, e così via), le cui finalità conoscitive risultano es-sere spesso profondamente difformi, è necessaria un’informazione contraddistinta dall’impiego di strutture di bilancio codificate con chiarezza e mantenute stabili nel tempo. Per contro, il bilancio di esercizio costituisce anche un fondamentale stru-mento informativo interno all’azienda, atto a consentire il controllo dei risultati raggiunti attraverso la gestione d’impresa; ai fini gestionali, pertanto, il sistema dei valori d’azienda può essere rappresentato attraverso la redazione di documenti di sintesi non necessariamente conformi alle disposizioni civilistiche ma orientati a soddisfare finalità conoscitive particolari che, in quanto tali, possono trovare una mi-gliore informazione grazie alla predisposizione di schemi redatti secondo forme dif-ferenti da quelle previste dal Legislatore. Giova osservare, peraltro, che i problemi informativi sopra accennati conducono alla redazione di bilanci strutturalmente di-versi anche se riconducibili al medesimo sistema dei valori d’azienda: trattasi, quindi, di differenti forme di rappresentazione del bilancio di esercizio e non, al contrario, di bilanci diversi.

5 Le operazioni di apertura dei conti sono esaminate nel Capitolo Decimo.

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Chiusura dei conti, formazione e riclassificazione del bilancio di esercizio

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2.1. La forma degli schemi di bilancio previsti dalla normativa civilistica 6

Il bilancio di esercizio “destinato a pubblicazione”, redatto secondo le disposizioni del Codice Civile (art. 2423 ss.), si compone di quattro documenti: lo Stato patrimonia-le, il Conto economico, il Rendiconto finanziario e la Nota integrativa. Tali documenti, unitariamente intesi, formano un tutto inscindibile e congiuntamente concorrono alla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e reddituale dell’impresa in funzionamento. Inoltre, è prevista la redazione di un ulteriore documento – la Relazio-ne sulla gestione – che correda il bilancio di esercizio di importanti informazioni con-cernenti lo svolgimento dell’attività aziendale e i suoi presumibili sviluppi futuri.

Sia pure considerando di fondamentale importanza la funzione informativa del-la Nota integrativa, che consiste nel fornire l’analisi e l’illustrazione dei dati sintetici contenuti negli schemi di Stato patrimoniale e di Conto economico – al fine di per-mettere, congiuntamente a essi, la rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria e reddituale dell’impresa in funzionamento – in questa sede l’attenzione è rivolta soprattutto all’analisi dei principali aspetti struttu-rali e contenutistici delle tavole di sintesi (Stato patrimoniale, Conto economico e Rendiconto finanziario), al fine di comprendere i collegamenti esistenti tra il sistema di contabilità generale e la redazione degli schemi medesimi 7.

Facendo riferimento alla normativa civilistica italiana attualmente vigente, lo Stato patrimoniale e il Conto economico devono essere redatti secondo schemi obbliga-tori e vincolanti che si sviluppano secondo diversi livelli di aggregazione e disartico-lazione dei valori a essi propri:

1. “macroclassi” contraddistinte da lettere alfabetiche maiuscole che evidenziano, in via sintetica, distinti raggruppamenti di valori;

2. “classi” di valori contrassegnate con numeri romani, che individuano in modo più analitico i componenti delle singole macroclassi di cui al punto precedente;

3. singole “voci” indicate con l’impiego di numeri arabi e lettere alfabetiche minusco-le, attraverso le quali vengono ulteriormente disaggregati i componenti di cui al punto 2.

Occorre precisare che mentre la tavola di Stato patrimoniale presenta i tre livelli di articolazione della struttura dinanzi commentati, il Conto economico si sviluppa unicamente attraverso l’impiego delle “macroclassi” e delle “voci”, non essendo pre-viste classi di valori contraddistinte da numeri romani.

6 Il contenuto di questo paragrafo è tratto, con adattamenti e semplificazioni, da P. ANDREI, La struttura e il contenuto degli schemi di bilancio, in S. AZZALI (a cura di), Financial reporting and Accoun-ting standards, Giappichelli, Torino, 2017, cui si rinvia per gli opportuni approfondimenti.

7 Si precisa che, per quanto attiene alle considerazioni espresse nel prosieguo del capitolo, si fa ri-ferimento alle sole norme nazionali previste dal vigente Codice Civile, come modificato dal D.Lgs n. 139/2015, in attuazione della Direttiva 2013/34/UE. Giova osservare, peraltro, che le disposizioni in questione sono applicabili per lo più alle società non quotate presso la Borsa Valori, mentre per le imprese emittenti titoli quotati in mercati regolamentati è prevista l’adozione dei principi contabili in-ternazionali IAS/IFRS. Per approfondimenti su questi argomenti si rinvia a S. AZZALI (a cura di), Fi-nancial reporting and Accounting standards, Giappichelli, Torino, 2017.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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I primi due livelli costituiscono l’elemento rigido dei modelli di rappresentazione di sintesi, in quanto non sono ammesse modifiche di nessuna specie alla loro articola-zione (salvo il caso, espressamente previsto e obbligatorio, di aggiunta di voci qualora il loro contenuto non sia riconducibile ad alcuna di quelle previste dagli artt. 2424 e 2425 c.c.), mentre il grado di analiticità del terzo livello è lasciato alla discrezionalità del compilatore, essendo menzionato che le voci precedute da numeri arabi possano essere ulteriormente suddivise, raggruppate, adattate o integrate con l’aggiunta di nuove voci quando per tale via ne venga reso più comprensibile il contenuto (art. 2423-ter c.c.). Connessa con la rigidità della struttura delle tavole di sintesi può essere considerata l’indicazione, per ogni voce, del valore corrispondente attinente all’esercizio preceden-te. Tale obbligo risponde all’esigenza di perseguire il principio generale della compara-bilità delle informazioni di bilancio: per tale via, infatti, l’informazione quantitativa as-sume una significatività sicuramente più elevata, non essendo ristretta agli angusti ter-mini di un solo esercizio ma evidenziando le interrelazioni e le connessioni di maggior rilievo che legano nel tempo il divenire del sistema dei valori d’azienda.

Lo schema di Stato patrimoniale contemplato dall’art. 2424 c.c. propone una strut-tura obbligatoria della tavola del capitale di funzionamento a sezioni divise contrappo-ste articolata attraverso l’individuazione delle seguenti classi di valori (Tabella 1).

Tabella 1 – Schema di Stato patrimoniale ex art. 2424 c.c.

Attivo Passivo

A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti B) Immobilizzazioni I – Immobilizzazioni immateriali II – Immobilizzazioni materiali III – Immobilizzazioni finanziarie C) Attivo circolante I – Rimanenze II – Crediti III – Attività finanziarie che non costituiscono

immobilizzazioni IV – Disponibilità liquide D) Ratei e risconti

A) Patrimonio netto I – Capitale II – Riserva da sovrapprezzo delle azioni III – Riserve di rivalutazione IV – Riserva legale V – Riserve statutarie VI – Altre riserve, distintamente indicate VII – Riserva per operazioni di copertura dei

flussi finanziari attesi VIII – Utili (perdite) portati a nuovo IX – Utile (perdita) dell’esercizio X – Riserva negativa per azioni proprie in

portafoglio B) Fondi per rischi ed oneri C) Trattamento di fine rapporto di lavoro su-bordinato D) Debiti E) Ratei e risconti

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Chiusura dei conti, formazione e riclassificazione del bilancio di esercizio

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I valori che compongono l’attivo patrimoniale devono essere esposti in bilancio al netto dei fondi rettificativi a essi correlati. In particolare:

– non possono essere utilizzati valori del passivo patrimoniale per rettificare va-lori dell’attivo;

– tutti i fondi correlabili in via diretta a valori facenti parte dell’attivo (fondi ri-schi specifici, fondi ammortamento, fondi svalutazione) non trovano separata evi-denziazione nello Stato patrimoniale, ma sono sottratti direttamente dalla voce atti-va cui si riferiscono, con evidenziazione diretta del valore netto relativo;

– le quote incrementative di tali fondi sono desumibili dalla lettura del Conto economico, mentre la complessiva dinamica caratterizzante i valori netti esposti nel-l’attivo di Stato patrimoniale (valori lordi, acquisizioni e dismissioni di cespiti, riva-lutazioni, movimentazione dei fondi) deve essere chiaramente indicata nella Nota integrativa, al fine di permettere al lettore di bilancio l’apprezzamento del quadro completo e analitico della situazione patrimoniale d’azienda;

– possono essere accolti nella sezione del passivo patrimoniale unicamente “fon-di per rischi ed oneri” non direttamente correlabili a valori dell’attivo.

Il criterio generale di classificazione dei valori che confluiscono nella tavola del capitale di funzionamento è quello della destinazione economica. Tale principio pri-vilegia, quale caratteristica discriminante per ricondurre i singoli valori di patrimo-nio alle classi e macroclassi previste dallo schema obbligatorio di Stato patrimonia-le, la destinazione che i fattori produttivi subiscono in seno alla specifica realtà aziendale nella quale vengono economicamente impiegati (principio del servizio/ utilità prestata). Così, il Legislatore italiano prevede espressamente che «gli elemen-ti patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni» 8.

Il criterio della destinazione economica presenta limitazioni con riferimento alle poste rientranti nelle passività, poiché non appare del tutto comprensibile il suo e-ventuale impiego in riferimento a esse. Tale difficoltà interpretativa si riscontra nel-lo schema di Stato patrimoniale proposto all’art. 2424 c.c., nel quale alla distinzione tra “immobilizzazioni” e “attivo circolante” – intesa nell’accezione dianzi esplicita-ta di differente destinazione economica dei fattori produttivi ricompresi nelle due macroclassi – non si fa corrispondere un’analoga classificazione del passivo patri-moniale. In quest’ultima sezione dello Stato patrimoniale è presente, infatti, un’uni-ca macroclasse “debiti” che comprende diversi valori passivi classificati per natura.

Per quanto attiene, invece, allo schema di Conto economico secondo la struttura prevista dal Codice Civile italiano (art. 2425), si osserva che esso si sviluppa attraver-so un’esposizione dei componenti reddituali in forma scalare (con costi classificati per natura) attraverso l’individuazione delle seguenti classi di valori (Tabella 2).

8 Art. 2424-bis, comma 1, c.c.

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Contabilità generale e bilancio d’impresa

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Tabella 2 – Schema di Conto economico ex art. 2425 c.c.

A) Valore della produzione

1. Ricavi delle vendite e delle prestazioni 2. Variazione delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti 3. Variazione dei lavori in corso su ordinazione 4. Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni 5. Altri ricavi e proventi

B) Costi della produzione

6. Per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci 7. Per servizi 8. Per godimento di beni di terzi 9. Per il personale 10. Ammortamenti e svalutazioni 11. Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci 12. Accantonamenti per rischi 13. Altri accantonamenti 14. Oneri diversi di gestione

Differenza tra valore e costi della produzione (A – B)

C) Proventi ed oneri finanziari

15. Proventi da partecipazioni 16. Altri proventi finanziari 17. Interessi e altri oneri finanziari 17. bis Utili o perdite su cambi

D) Rettifiche di valore di attività e passività finanziarie

18. Rivalutazioni 19. Svalutazioni

Risultato prima delle imposte (A – B +/– C +/– D)

20. Imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate 21. Utile (perdita) dell’esercizio

La forma scalare del Conto economico è orientata alla presentazione dei compo-

nenti positivi e negativi del reddito di esercizio imputati a combinazioni economiche parziali o particolari al fine di illustrare la formazione del reddito di esercizio. Mentre la forma a sezioni contrapposte presenta una spiccata attitudine a illustrare la corre-lazione generale di tutti i componenti del reddito di esercizio per un apprezzamento delle relative uniformità di movimento, la forma scalare si propone di spiegare la formazione del reddito di esercizio in relazione alla scomposizione della “unità eco-nomica relativa” in sottosistemi di ordine inferiore. Tuttavia, si deve evitare l’errore di interpretare la forma scalare della formazione del reddito di esercizio come espres-

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Chiusura dei conti, formazione e riclassificazione del bilancio di esercizio

259

sione di fasi gestionali autonome caratterizzate da una redditività specifica. Con riferimento al terzo prospetto di sintesi incluso nel bilancio di esercizio, le

disposizioni civilistiche relative al Rendiconto finanziario (art. 2425-ter) ne preve-dono una struttura scalare, in cui i flussi finanziari in entrata (“fonti”) e in uscita (“impieghi”), sono classificati secondo il criterio della pertinenza gestionale, cioè avendo riguardo all’area della gestione aziendale che li ha rispettivamente originati o assorbiti. In merito allo schema specifico da adottare, non presente all’interno delle norme del Codice Civile (a differenza di quanto accade per gli schemi di Con-to economico e di Stato patrimoniale), pare opportuno fare riferimento a quello sviluppato all’interno dell’OIC 10, esposto in Tabella 3.

La grandezza di riferimento, della quale il documento spiega la variazione inter-venuta nel periodo amministrativo, è data dalle disponibilità liquide (depositi ban-cari e postali, assegni, denaro e valori in cassa).

Tabella 3 – Schema di Rendiconto finanziario determinato con il metodo diretto 9 ex OIC 10

A) Flussi finanziari derivanti dall’attività operativa

+ Incassi da clienti + Altri incassi – Pagamenti a fornitori per acquisti – Pagamenti a fornitori per servizi – Pagamenti al personale – Altri pagamenti – Imposte pagate sul reddito +/– Interessi incassati/pagati + Dividendi incassati

Flusso finanziario dell’attività operativa (A)

B) Flussi finanziari derivanti dall’attività di investimento

Immobilizzazioni materiali – Investimenti + Disinvestimenti Immobilizzazioni immateriali – Investimenti + Disinvestimenti

Immobilizzazioni finanziarie – Investimenti + Disinvestimenti

9 Si precisa che lo schema proposto fa riferimento alla nuova versione aggiornata dell’OIC 10, ap-provata in via definitiva a dicembre 2016. Ai fini di completezza, si ricorda che il principio contabile OIC 10 prevede, accanto alla costruzione del Rendiconto finanziario con il metodo diretto, anche il me-todo indiretto per la determinazione dei flussi finanziari dell’attività operativa. Cfr. ORGANISMO ITALIA-NO DI CONTABILITÀ, Principi Contabili, Documento n. 10 – “Rendiconto finanziario”, 2016.

(segue)

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Attività finanziarie non immobilizzate – Investimenti + Disinvestimenti – Acquisizione di rami d’azienda al netto delle disponibilità liquide + Cessione di rami d’azienda al netto delle disponibilità liquide

Flusso finanziario dall’attività di investimento (B)

C) Flussi finanziari derivanti dall’attività di finanziamento

Mezzi di terzi +/– Incremento/decremento debiti a breve verso banche + Accensione finanziamenti – Rimborso finanziamenti Mezzi propri + Aumento di capitale a pagamento – Rimborso di capitale +/– Cessione/acquisto di azioni proprie – Dividendi (e acconti su dividendi) pagati

Flusso finanziario dall’attività di finanziamento (C)

Incremento o decremento delle disponibilità liquide (A+/–B+/–C) Effetto cambi sulle disponibilità liquide Disponibilità liquide al 1 gennaio 200X di cui:

depositi bancari e postali assegni denaro e valori in cassa

Disponibilità liquide al 31 dicembre 200Xdi cui:

depositi bancari e postali assegni denaro e valori in cassa

Al pari di quanto osservato per il Conto economico, anche nel prospetto in esa-

me la forma scalare consente di apprezzare il contributo delle differenti attività (ope-rativa, di investimento e di finanziamento) in ordine al raggiungimento dell’equili-brio finanziario dell’impresa.

Da ultimo, pare opportuno precisare, a fini di completezza, che gli schemi illu-strati nel presente paragrafo rispondono alle disposizioni che disciplinano il bilan-cio “in forma estesa”, alla redazione del quale sono tenute le società di capitali di dimensioni medio-grandi. Accanto a questo, il Legislatore prevede semplificazioni nella struttura di Stato patrimoniale, Conto economico e Nota integrativa, oltre al-l’esenzione dall’obbligo di presentare il Rendiconto finanziario (“bilancio in forma

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abbreviata”), per le imprese di minori dimensioni, definite “piccole” e “micro” im-prese 10, secondo quanto disposto dagli artt. 2435-bis e ter c.c.

3. Le principali riclassificazioni di bilancio utili ai fini gestionali

Gli schemi di bilancio previsti dalla normativa civilistica rispondono alla finalità di predisporre e fornire ai soggetti esterni all’impresa una rappresentazione chiara, veritiera e corretta del capitale di funzionamento, del risultato economico e della dinamica finanziaria conseguenti alla gestione realizzata nel corso dell’esercizio.

La struttura dei prospetti imposta dal Legislatore civilistico assolve dunque alla funzione di soddisfare la domanda di rendicontazione di differenti categorie di por-tatori di interesse, ognuna delle quali recante esigenze informative specifiche e non necessariamente coincidenti.

Per tale ragione, l’efficace lettura del bilancio richiede un processo di interpre-tazione che, a partire dai dati esposti nelle tavole di sintesi, ne effettui una rielabo-razione alla luce delle finalità conoscitive perseguite.

Queste ultime, pur essendo nel complesso riconducibili all’apprezzamento del-l’economicità aziendale e a modelli standard di riclassificazione, possono essere va-riamente individuate in scopi puntuali (a mero titolo di esempio, la valutazione del-la solvibilità ai fini della concessione di un finanziamento, l’ammissione alla quota-zione, un’indagine settoriale) che condizionano tecniche e modalità di attuazione dell’analisi di bilancio.

Focalizzandosi in questa sede sull’analisi di bilancio condotta da un soggetto e-sterno all’impresa e rivolta alla determinazione degli equilibri reddituale, finanzia-rio e patrimoniale dell’azienda, le fasi e gli strumenti finalizzati a tale scopo sono di seguito indicati:

– lettura dei documenti facenti parte del fascicolo di bilancio, quale momento preliminare all’analisi vera e propria. L’integrazione dei dati quantitativi esposti nelle tavole di sintesi con le informazioni contenute nella Nota integrativa e nella Rela-zione sulla gestione, così come la valutazione del grado di discrezionalità e attendibi-

10 Al riguardo si precisa che, ai sensi degli artt. 2435-bis e ter, si considerano “piccole imprese” le società che nel primo esercizio di attività, o successivamente, per due esercizi consecutivi non abbiano superato due dei seguenti limiti:

– totale dell’attivo dello Stato patrimoniale: 4.400.000 €; – ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 €; – dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 50 unità. Si considerano “micro imprese” le società che nel primo esercizio di attività, o successivamente,

per due esercizi consecutivi non abbiano superato due dei seguenti limiti: – totale dell’attivo dello Stato patrimoniale: 175.000 €; – ricavi delle vendite e delle prestazioni: 350.000 €; – dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 5 unità.

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lità dei valori presentati in tali documenti, costituisce un passaggio preparatorio utile al fine di progettare e indirizzare in modo efficace le fasi successive;

– riclassificazione di Conto economico e Stato patrimoniale, allo scopo di riela-borare e riaggregare i dati sintetici di bilancio secondo schemi di classificazione più confacenti agli obiettivi specifici dell’analisi, come meglio illustrato nel prosieguo del capitolo;

– costruzione del sistema di quozienti o indici di bilancio, la cui determinazione prende le mosse dai dati di Conto economico e Stato patrimoniale ed è rivolta a in-dagare durabilità e autonomia dell’azienda oggetto di valutazione attraverso l’appro-fondimento di solidità, liquidità e redditività a essa proprie;

– analisi dei flussi finanziari e monetari, presentati nel Rendiconto finanziario.

Obiettivo del presente paragrafo è fornire una breve illustrazione di principi e tecniche a fondamento del processo di riclassificazione delle tavole di sintesi, aven-do a riferimento la prospettiva di un analista esterno all’impresa.

3.1. La riclassificazione dello Stato patrimoniale

La struttura dello Stato patrimoniale civilistico risponde alla finalità di rappresen-tare il capitale di funzionamento dell’impresa ai destinatari dell’informativa esterna.

I due differenti criteri di classificazione previsti per le attività e le passività – ri-spettivamente, destinazione e natura – rendono difficoltosa l’interpretazione degli equilibri aziendali poiché la difformità dei principi di aggregazione di impieghi e fonti ne ostacola la comparazione immediata.

Al fine di superare i limiti del prospetto in esame sono stati elaborati svariati schemi di riclassificazione, dei quali i più diffusi sono basati sui seguenti criteri:

– criterio finanziario (o della liquidità/esigibilità); – criterio funzionale (o della pertinenza gestionale).

Con riferimento al primo, esso risulta idoneo ad indagare il grado di solvibilità aziendale, cioè la capacità dell’impresa di adempiere puntualmente, alla scadenza, ai propri impegni di pagamento 11.

A tale fine, il criterio finanziario prevede che le poste patrimoniali rappresentate nel bilancio di esercizio siano riesposte avendo riguardo all’orizzonte temporale en-tro cui si presume che gli elementi dell’attivo si trasformeranno in liquidità e quelli del passivo dovranno essere estinti (“esigibilità”), distinguendo pertanto tra poste patrimoniali a breve e a medio-lungo termine per entrambe le sezioni patrimoniali. Convenzionalmente, la durata del periodo amministrativo (12 mesi) è considerata quale discrimine per identificare rispettivamente le prime e le seconde, sebbene sia opportuno precisare che per alcune tipologie di impresa sia preferibile impiegare la

11 F. GIUNTA, Analisi di bilancio. Riclassificazioni, indici e flussi, Centro Stampa Il Prato, Firenze, 2004, p. 6.

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durata del ciclo operativo 12, perché maggiormente rispondente alle sottostanti di-namiche gestionali.

Indipendentemente dall’orizzonte temporale individuato, la struttura dello Stato patrimoniale redatto secondo il metodo in esame consente di analizzare l’equilibrio finanziario attraverso la contrapposizione tra fonti e impieghi di risorse finanziarie di breve periodo (analisi della liquidità) e tra le medesime grandezze di medio-lungo termine (analisi di solidità e autonomia).

Lo schema di riclassificazione raccoglie, infatti, gli elementi patrimoniali dell’a-zienda in macroclassi, denominate anche “zone”, che aggregano poste omogenee in relazione alla scadenza nel modo seguente (Tabella 4):

Tabella 4 – Stato patrimoniale a “zone” secondo il criterio finanziario

CI

AB

AFN

PB

PML

MT

FF

MP MEZZI PROPRI

PASSIVO MEDIO LUNGO

TERMINE

ESIGIBILITÀ

LIQUIDITÀ NEGATIVE

LIQUIDITÀ IMMEDIATE

LIQUIDITÀ DIFFERITE

IMMOBILIZZAZIONIMATERIALI

DISPONIBILITÀ

IMMOBILIZZAZIONIIMMATERIALI

IMMOBILIZZAZIONIFINANZIARIE

– nella sezione di sinistra, che riclassifica l’attivo patrimoniale, trovano colloca-

zione gli impieghi di risorse finanziarie, suddivisi in due macroclassi. La prima di queste è data dall’“attivo a breve” (AB), nella quale sono rappresentati i valori la cui manifestazione finanziaria è prevista entro il successivo esercizio. Essi sono e-sposti in ordine di liquidità decrescente e configurano il “capitale circolante lordo” dell’azienda. La seconda macroclasse, denominata “attivo fisso netto” (AFN), rag-gruppa gli impieghi immobilizzati, cioè durevolmente avvinti alla gestione e per tale ragione “monetizzabili” nel medio-lungo termine;

12 Si veda, in proposito, V. ANTONELLI-R. D’ALESSIO-V. DELL’ATTI (a cura di), Analisi di Bilancio e Basilea 2, Ipsoa, Milano, 2007.

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– nella sezione di destra, che riclassifica il passivo patrimoniale, sono esposte le fonti, anch’esse distinte tra passività esigibili entro e oltre 12 mesi. In particolare, si individua una prima macroclasse, denominata “passivo a breve” (PB), costituita dai finanziamenti concessi all’azienda e destinati a essere saldati entro l’esercizio succes-sivo o soggetti a revoca. Per quanto concerne le fonti di medio-lungo termine, queste trovano esposizione in due differenti raggruppamenti, a seconda che esse siano ac-quisite a titolo di debito o di rischio. Le prime rientrano nell’aggregato “passivo con-solidato” (o “passivo a medio-lungo termine”) (PML), formato dai finanziamenti che daranno luogo a uscite in epoche successive all’esercizio seguente. Queste, sommate alle passività correnti, forniscono la misura dei cosiddetti “mezzi di terzi” (MT), cioè del totale dei capitali ottenuti da finanziatori esterni. Quanto alle passività a titolo di rischio, esse rientrano invece nella macroclasse “mezzi propri” (MP), poiché costitui-te da risorse di pertinenza dei soci che, a eccezione di casi limitati, non sono soggette a vincoli di restituzione e sono legate in modo permanente alla vita aziendale.

Le singole macroclassi previste dallo schema di riclassificazione finanziario, dianzi descritte, si declinano al proprio interno in ordine di liquidità ed esigibilità decre-scente, secondo quanto illustrato di seguito e presentato nella Tabella 5.

Tabella 5 – Schema di Stato patrimoniale classificato secondo criteri finanziari

Attivo Passivo

Attività a breve (o correnti) Liquidità immediate – Cassa – Banche c/c attivi – ...

Liquidità differite – Titoli e partecipazioni con scadenza prevista

entro i 12 mesi – Crediti con scadenza prevista entro i 12 mesi – … Disponibilità – Rimanenze di magazzino – Ratei e risconti attivi

Passività a breve (o correnti) – Banche c/c passivi – Debiti di funzionamento con scadenza pre-

vista entro i 12 mesi – Debiti di finanziamento con scadenza previ-

sta entro i 12 mesi – Quota corrente di passività di funzionamento

e di finanziamento a medio e lungo termine (mutui passivi, prestiti obbligazionari, T.F.R.)

– Ratei e risconti passivi

Attività immobilizzate – Immobilizzazioni immateriali – Immobilizzazioni materiali – Immobilizzazioni finanziarie

Passività a medio e lungo termine – Debiti di funzionamento con scadenza oltre

i 12 mesi – Prestiti obbligazionari – Mutui passivi – Fondi per rischi e oneri – T.F.R.

Mezzi propri (Patrimonio netto)

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Per quanto concerne l’attivo a breve, questo risulta composto da:

– liquidità immediate, che costituiscono le risorse liquide e gli investimenti pron-tamente liquidabili 13 il cui ammontare è correlato alle politiche di tesoreria azien-dali. In tale raggruppamento possono essere inseriti anche gli investimenti in titoli, purché essi siano soggetti a un limitato rischio di variazione dei prezzi, nonché con-vertibili in denaro in tempi rapidi e sostenendo costi contenuti;

– liquidità differite, nelle quali rientrano gli impieghi che presentano una scadenza limitata nel tempo. A questa categoria si riconducono i crediti di funzionamento a breve, cioè l’insieme degli impieghi attinenti alla gestione operativa; i crediti finan-ziari (o quote di essi) che saranno incassati entro l’esercizio successivo, derivanti dalla gestione patrimoniale; i crediti che, non rientrando nelle precedenti classi, è oppor-tuno tenere distinti in quanto impieghi non caratteristici;

– disponibilità (non liquide), che si differenziano dagli aggregati sopra descritti per i maggiori tempi necessari al loro smobilizzo. Si tratta, cioè, degli investimenti più vincolati all’interno della macroclasse “attivo a breve”. Rientrano nel novero le rima-nenze che, per loro natura, richiedono per la realizzazione periodi anche protratti, legati ai differenti stadi del ciclo produttivo o commerciale in cui si trovano i beni presenti nel magazzino. Si distingue in questo senso tra le giacenze di materie pri-me e semilavorati, per i quali devono essere ancora terminate le fasi di lavorazione, da quelle di prodotti finiti in attesa di cessione a terzi. Tra le disponibilità sono inoltre collocati i risconti attivi che, rappresentando quote di “costi sospesi”, risulta-no affini alle rimanenze 14.

A differenza di quanto visto per l’attivo corrente, l’attivo fisso netto è scompo-sto in relazione alla tipologia di investimento, potendosi individuare:

– immobilizzazioni materiali, tra le quali si annoverano a titolo di esempio fab-bricati, impianti, macchinari, attrezzature, cioè il complesso degli impieghi che defi-nisce l’assetto tecnico dell’impresa, indicandone al contempo le politiche di svilup-po e il grado di rigidità strutturale, del quale si dirà più avanti. Questa classe può es-sere ulteriormente suddivisa distinguendo i cespiti industriali e commerciali da quelli acquisiti a fini di investimento (immobilizzazioni patrimoniali), poiché questi ultimi sono parte della gestione accessoria dell’azienda, mentre i primi pertengono a quella caratteristica;

– immobilizzazioni immateriali, nel cui ambito si collocano gli investimenti in fat-tori produttivi privi di consistenza fisica, ma comunque idonei a delineare le politiche di sviluppo e innovazione aziendali;

– immobilizzazioni finanziarie, costituite da crediti finanziari di medio-lungo ter-mine e partecipazioni, titoli e strumenti derivati detenuti durevolmente. La compo-

13 Per approfondimenti si veda V. ANTONELLI-R. D’ALESSIO-V. DELL’ATTI (a cura di), Analisi di Bilancio e Basilea 2, Ipsoa, Milano, 2007.

14 V. ANTONELLI-R. D’ALESSIO-V. DELL’ATTI (a cura di), Analisi di Bilancio e Basilea 2, Ipsoa, Milano, 2007, p. 50.

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sizione di questa categoria consente di apprezzare le scelte della gestione in merito alle strategie di diversificazione, integrazione orizzontale e/o verticale e, più in ge-nerale, di aggregazione. La consistenza e la tipologia delle partecipazioni possedute in altre imprese (partecipazioni di controllo, di collegamento o non qualificate), ad esempio, possono essere segnaletiche delle scelte di concentrazione (gruppi azien-dali) o di partnership, così come accade per i crediti finanziari concessi a società con-trollanti, controllate, collegate o consorelle.

Osservando gli aggregati del passivo patrimoniale, sia le passività a breve che quelle consolidate sono ordinate secondo il criterio gestionale. In base a esso, le due macroclassi risultano omogenee sotto il profilo temporale, ma presentano elementi di difformità in relazione all’area della gestione che ha generato le poste che ne so-no parte. In particolare, le passività a breve sono suddivise in:

– debiti di funzionamento, originati cioè dalle operazioni proprie all’attività ca-ratteristica scadenti entro 12 mesi. Si noti che, nel caso di passività la cui scadenza sia in parte entro e in parte oltre il breve termine, l’importo complessivo dovrà es-sere disaggregato e classificato separatamente in passivo corrente e consolidato per le rispettive quote: questo è il caso del fondo trattamento di fine rapporto, qualora al termine dell’esercizio sia noto che alcuni dipendenti interromperanno il rapporto di lavoro nel periodo amministrativo seguente;

– debiti di finanziamento (o quote di essi) scadenti entro 12 mesi. Pare oppor-tuno precisare che nei casi in cui i prestiti accesi dall’azienda prevedano un piano di ammortamento o particolari modalità di rimborso (mutui, prestiti obbligaziona-ri, e così via) sarà necessario individuare la quota di debito in scadenza entro i 12 mesi e classificarla nel passivo corrente, collocando la parte residuale nella macro-classe a medio-lungo termine;

– altri debiti (o quote di essi) scadenti entro 12 mesi.

Laddove le componenti ideali del patrimonio netto siano destinate ad assorbire flussi monetari nel breve termine, come accade per i dividendi deliberati, esse tro-vano collocazione nel passivo a breve e non tra i mezzi propri.

Come anticipato, la struttura del passivo consolidato si presenta del tutto analo-ga a quanto visto per il corrente:

– debiti di funzionamento (o quote di essi) scadenti oltre 12 mesi; – debiti di finanziamento (o quote di essi) scadenti oltre 12 mesi; – altri debiti (o quote di essi) scadenti oltre 12 mesi.

Da ultimo, l’aggregato relativo ai mezzi propri è suddiviso in parti ideali, distinte in:

– capitale sociale; – riserve di capitale; – riserve di utili.

La predisposizione dello Stato patrimoniale secondo lo schema liquidità/esigi-bilità prevede dunque un criterio di classificazione omogeneo per attività e passivi-tà che, introducendo la distinzione tra valori di breve e medio-lungo periodo, con-

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sente all’analista esterno di formulare giudizi non solo in merito solvibilità dell’im-presa, ma anche con riguardo alla solidità a essa propria.

In prima istanza, il confronto tra la consistenza di attività e passività correnti con-sente di apprezzare la capacità dell’azienda di fare fronte alle uscite finanziarie aventi scadenza a breve termine utilizzando attività destinate a trasformarsi in entrate nello stesso arco temporale. Qualora, infatti, queste ultime non fossero sufficienti per estinguere debiti di prossima esigibilità, si configurerebbe una situazione di disequi-librio: per onorare le obbligazioni assunte l’impresa dovrebbe dismettere le proprie immobilizzazioni o ricorrere a ulteriori finanziamenti esterni, con potenziale aggravio della posizione finanziaria netta e della redditività.

La contrapposizione tra i mezzi propri e i mezzi di terzi (dati dalla somma di passività correnti e consolidate) fornisce inoltre informazioni sulla misura in cui la gestione aziendale dipende per il proprio svolgimento dal capitale ottenuto a titolo di debito da finanziatori esterni. Rapportando questi ultimi al totale delle passività è possibile valutare il grado di indipendenza da terzi, che è tanto maggiore quanto più si riduce l’incidenza dei mezzi di terzi rispetto ai propri.

Analogamente, comparando la consistenza di attivo fisso netto e attivo corrente si desumono informazioni con riferimento al grado di rigidità della struttura patri-moniale, poiché al crescere del peso del primo sul secondo eventuali modifiche al-l’assetto economico-tecnico dell’impresa richiedono lo smobilizzo di investimenti a medio-lungo termine, più difficilmente liquidabili, riducendo per tale via la flessibi-lità e la velocità di ridimensionamento aziendali.

Sotto il profilo operativo, le poste dello Stato patrimoniale civilistico sono riag-gregate secondo quanto illustrato nella seguente Tabella 6.

Tabella 6 – Prospetto di raccordo tra Stato patrimoniale civilistico e schema riclassifi-cato secondo il criterio finanziario 15

Stato patrimoniale Stato patrimoniale riclassificato

A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti

Liquidità differite (se richiamate)/(Mezzi propri)

B) Immobilizzazioni I) Immobilizzazioni immateriali Immobilizzazioni immateriali II) Immobilizzazioni materiali Immobilizzazioni materiali III) Immobilizzazioni finanziarie Immobilizzazioni finanziarie/liquidità differite

C) Attivo circolante I) Rimanenze Disponibilità II) Crediti Liquidità differite/Immobilizzazioni finanziarie III) Attività finanziarie che non costituiscono

immobilizzazioni Liquidità differite/Liquidità immediate

15 Rielaborazione da: C. TEODORI, Analisi di bilancio. Lettura e interpretazione, Giappichelli, To-rino, 2017, p. 132.

(segue)

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IV) Disponibilità liquide Liquidità immediate

D) Ratei e risconti Disponibilità se entro i 12 mesi/immobilizzazio-ni finanziarie o immateriali se oltre i 12 mesi

A) Patrimonio netto Mezzi propri

B) Fondi per rischi e oneri Passivo medio-lungo termine

C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato

Passivo medio-lungo termine

D) Debiti 1) Obbligazioni Passività a breve/Passività a medio-lungo 2) Obbligazioni convertibili Passività a breve/Passività a medio-lungo 3) Debiti verso soci per finanziamenti Passività a breve/Passività a medio-lungo 4) Debiti verso banche Passività a breve/Passività a medio-lungo 5) Debiti verso altri finanziatori Passività a breve/Passività a medio-lungo 6) Acconti Passività a breve/(Disponibilità) 7) Debiti verso fornitori Passività a breve/Passività a medio-lungo 8) Debiti rappresentati da titoli di credito Passività a breve/Passività a medio-lungo 9) Debiti v/imprese controllate Passività a breve/Passività a medio-lungo 10) Debiti v/imprese collegate Passività a breve/Passività a medio-lungo 11) Debiti v/controllanti Passività a breve/Passività a medio-lungo 11-bis) Debiti v/imprese sottoposte al control-

lo di controllanti Passività a breve/Passività a medio-lungo

12) Debiti tributari Passività a breve/Passività a medio-lungo 13) Debiti verso istituti di previdenza e

sicurezza sociale Passività a breve/Passività a medio-lungo

14) Altri debiti Passività a breve/Passività a medio-lungo

E) Ratei e risconti Passività a breve/Passività a medio-lungo

La riconduzione dei valori al modello finanziario pone alcune criticità in rela-

zione a voci la cui collocazione non è univoca:

– i crediti verso soci per versamenti ancora dovuti rappresentano le quote di capi-tale sociale sottoscritte ma non ancora versate e, come tali, è opportuno, qualora non siano state richiamate, che siano portate a riduzione del capitale sociale medesimo;

– gli acconti, presenti all’interno della classe immobilizzazioni materiali e imma-teriali, hanno natura finanziaria e, pertanto, devono essere classificati tra le immobi-lizzazioni finanziarie;

– gli strumenti finanziari esposti nella classe B.III della tavola civilistica sono considerati a medio-lungo termine, mentre quelli rientranti in C.III a breve termi-ne. I crediti presentati in B.III e in C.II devono essere ripartiti tra le liquidità diffe-rite e le immobilizzazioni finanziarie in relazione alla scadenza entro o oltre l’eserci-zio, come indicata nello Sato patrimoniale o desumibile dalla Nota integrativa. I va-lori esposti nella classe C.III possono essere riclassificati tra le liquidità immediate laddove costituiti da strumenti finanziari facilmente negoziabili in mercati borsistici;

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– i ratei e risconti attivi comuni a due esercizi sono riclassificati nelle disponibili-tà; i ratei comuni a più di due esercizi trovano collocazione tra le immobilizzazioni finanziarie, mentre i risconti tra le immobilizzazioni immateriali;

– per quanto concerne i fondi rischi e oneri, la voce residuale “Altri” può acco-gliere poste fortemente eterogenee, ragione per cui è opportuno effettuarne una va-lutazione specifica con il supporto della Nota integrativa;

– i debiti, come visto per i crediti, devono essere aggregati avendo riguardo alla scadenza.

Il secondo criterio di riclassificazione dei valori patrimoniali, definito “della per-tinenza gestionale”, prevede la riaggregazione degli elementi attivi e passivi avendo riguardo all’ambito gestionale dal quale sono originati e nel quale le risorse sono impiegate.

In generale, la complessiva gestione d’azienda è idealmente scomposta in diffe-renti aree, in relazione al tipo di attività svolta, individuando:

– gestione caratteristica, comprendente l’insieme di operazioni relative all’attività tipica dell’impresa, inerente cioè alla funzione economico-tecnica ad essa propria (produzione e commercializzazione di beni o prestazione di servizi). L’ambito in esa-me deve essere ulteriormente suddiviso in gestione corrente, in cui rientrano gli im-pieghi finalizzati all’utilizzo della struttura aziendale mediante lo svolgimento del ci-clo operativo (ad esempio, rimanenze e crediti commerciali) e gestione non corrente, cui sono riconducibili le scelte di investimento e/o disinvestimento nella struttura medesima (acquisti e/o dismissioni di immobilizzazioni materiali e immateriali). Pa-rallelamente, l’insieme delle fonti riferibili al core business aziendale può essere scom-posto identificando i finanziamenti indiretti a copertura del fabbisogno del ciclo ope-rativo (debiti commerciali o di funzionamento) e quelli indiretti legati alla struttura operativa (debiti verso fornitori di cespiti e beni immateriali);

– gestione accessoria o patrimoniale, attinente all’impiego delle risorse finanzia-rie temporaneamente eccedenti il fabbisogno della gestione caratteristica, la cui fun-zione complementare è rivolta al conseguimento di rendimenti in conto capitale e proventi a titolo di interesse. A essa devono essere pertanto ricondotti gli impieghi finalizzati all’acquisizione di strumenti finanziari e immobilizzazioni a titolo di in-vestimento (partecipazioni, titoli, strumenti derivati, fabbricati civili);

– gestione finanziaria, determinata dalle operazioni poste in essere per la copertura del fabbisogno finanziario di impresa, nel cui ambito si annoverano i finanziamenti di-retti (debiti finanziari di breve e medio-lungo termine quali debiti verso banche, debiti verso soci, prestiti obbligazionari) e i relativi oneri finanziari (interessi passivi);

– gestione straordinaria, alla quale pertengono le operazioni non ricorrenti ed estranee all’attività caratteristica dell’impresa, contraddistinte da carattere di eccezio-nalità;

– gestione istituzionale, relativa agli interessi dei soci e alle operazioni con essi in-trattenute. In quest’area rientrano i mezzi propri, secondo la scomposizione ideale descritta per la riclassificazione basata sul criterio finanziario;

– gestione tributaria, relativa a liquidazione e pagamento delle imposte.

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Tenendo conto di tale distinzione preliminare, lo schema “gestionale” prevede la suddivisione di valori attivi e passivi in classi omogenee sotto il profilo dell’area di pertinenza, pervenendo a una rappresentazione della tavola patrimoniale come illu-strata nella Tabella 7.

Tabella 7 – Schema di Stato patrimoniale classificato secondo il criterio di pertinenza ge-stionale

Attivo Passivo

Attività operative di gestione corrente (AOGC)

– Crediti di regolamento – Rimanenze di magazzino – Ratei e risconti attivi (se attinenti alla ge-

stione corrente) – Cassa – Banche c/c attivi

Passività correlate alla gestione corrente (POGC)

– Debiti di regolamento – T.F.R. – Ratei e risconti passivi (se attinenti alla ge-

stione corrente)

Attività operative di gestione non corrente (AONC)

– Immobilizzazioni immateriali – Immobilizzazioni materiali – Immobilizzazioni finanziarie (se attinenti

alla gestione operativa)

Passività non correlate alla gestione corrente (extra-caratteristiche)

– Debiti di prestito – Ratei e risconti passivi (se non attinenti alla

gestione corrente)

Attività relative a gestioni complementari o accessorie (extra-caratteristiche) (AEC)

– Crediti di prestito – Attività finanziarie non immobilizzate – Immobilizzazioni finanziarie (se attinenti a

gestioni extra caratteristiche) – Ratei e risconti attivi (se attinenti a gestioni

extra caratteristiche)

Mezzi propri (Patrimonio netto)

In particolare, le zone in cui è disaggregata la sezione dell’attivo sono distinte in

“gestione caratteristica” (corrente e non corrente) ed “extra-caratteristica” (acces-soria-patrimoniale). Le attività operative di gestione corrente sono in genere espo-ste al netto dei valori relativi alle passività operative di gestione corrente: il saldo che ne deriva prende il nome di capitale circolante operativo netto (CCON).

Parimenti, le zone del passivo sono costituite da:

– passività correnti, cioè le passività direttamente correlate alla gestione caratte-ristica (ad esempio, debiti verso fornitori o debiti verso i dipendenti);

– passività non correnti, che non sono attribuibili in modo immediato alla ge-

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Chiusura dei conti, formazione e riclassificazione del bilancio di esercizio

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stione caratteristica (definite anche extra-caratteristiche, tra le quali si riconoscono i debiti finanziari esplicitamente onerosi);

– mezzi propri.

La logica di riclassificazione in esame risulta maggiormente confacente alle esi-genze conoscitive interne, finalizzate alle attività di programmazione e pianificazio-ne. Il confronto tra le macroclassi proprie al presente schema di Stato patrimoniale consente infatti di individuare le aree gestionali all’origine del fabbisogno finanzia-rio e di correlare tali dati ai flussi reddituali generati dalle medesime, al fine di ap-prezzare la redditività degli impieghi e l’onerosità delle fonti aziendali. In relazione a tale impostazione, i valori esposti nella tavola civilistica sono ricondotti agli ag-gregati del modello come indicato in Tabella 8.

Tabella 8 – Prospetto di raccordo tra Stato patrimoniale civilistico e schema riclassifi-cato secondo il criterio di pertinenza gestionale 16

Stato patrimoniale Stato patrimoniale riclassificato

ATTIVO A) Crediti verso soci per versamenti ancora

dovuti (Mezzi propri)

B) Immobilizzazioni I) Immobilizzazioni immateriali Attività operative gestione non corrente II) Immobilizzazioni materiali Attività operative gestione non corrente III) Immobilizzazioni finanziarie Attività operative gestione non corrente/attivi-

tà extracaratteristiche

C) Attivo circolante I) Rimanenze Attività operative gestione corrente II) Crediti Attività operative gestione corrente III) Attività finanziarie che non costituiscono

immobilizzazioni Attività extracaratteristiche

IV) Disponibilità liquide Attività operative gestione corrente

D) Ratei e risconti Attività extracaratteristiche/attività operative

PASSIVO A) Patrimonio netto Mezzi propri

B) Fondi per rischi e oneri Passività correlate alla gestione corrente

C) Trattamento di fine rapporto di lavoro su-bordinato

Passività correlate alla gestione corrente

16 Rielaborazione da: C. TEODORI, Analisi di bilancio. Lettura e interpretazione, Giappichelli, To-rino, 2017, p. 141.

(segue)

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D) Debiti 1) Obbligazioni Passività correlate alla gestione corrente 2) Obbligazioni convertibili Passività correlate alla gestione corrente 3) Debiti verso soci per finanziamenti Passività correlate alla gestione corrente 4) Debiti verso banche Passività non correlate alla gestione corrente 5) Debiti verso altri finanziatori Passività non correlate alla gestione corrente 6) Acconti Passività correlate alla gestione corrente/(atti-

vità operative gestione corrente) 7) Debiti verso fornitori Passività correlate alla gestione corrente 8) Debiti rappresentati da titoli di credito Passività correlate alla gestione corrente/Pas-

sività non correlate alla gestione corrente 9) Debiti v/imprese controllate Passività correlate alla gestione corrente/Pas-

sività non correlate alla gestione corrente 10) Debiti v/imprese collegate Passività correlate alla gestione corrente/Pas-

sività non correlate alla gestione corrente 11) Debiti v/controllanti Passività correlate alla gestione corrente/Pas-

sività non correlate alla gestione corrente 11-bis) Debiti v/imprese sottoposte al con-

trollo di controllanti Passività correlate alla gestione corrente/Pas-sività non correlate alla gestione corrente

12) Debiti tributari Passività correlate alla gestione corrente 13) Debiti verso istituti di previdenza e

sicurezza sociale Passività correlate alla gestione corrente

14) Altri debiti Passività correlate alla gestione corrente/Pas-sività non correlate alla gestione corrente

E) Ratei e risconti Passività correlate alla gestione corrente/Pas-sività non correlate alla gestione corrente

In merito alla riclassificazione delle poste patrimoniali secondo pertinenza ge-

stionale si precisa quanto segue:

– le immobilizzazioni materiali e immateriali rientrano nella gestione caratteri-stica non corrente se strumentali al core business; se acquisiti a titolo di investimen-to rappresentano invece valori extracaratteristici;

– le partecipazioni rientrano nella gestione non corrente se possedute a fini stra-tegici (ad esempio partecipazioni di controllo e di collegamento);

– l’eterogeneità di ratei e risconti (attivi e passivi) ne richiede l’attenta valutazio-ne in sede di riclassificazione, al fine di comprenderne la gestione parziale di appar-tenenza;

– i debiti finanziari costituiscono valori extra caratteristici al pari dei crediti fi-nanziari presentati in B.III. I crediti esposti in C.II e i debiti di natura non finanzia-ria trovano invece collocazione, rispettivamente, tra le attività e le passività correla-te alla gestione corrente.

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Chiusura dei conti, formazione e riclassificazione del bilancio di esercizio

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3.2. La riclassificazione del Conto economico

La riclassificazione del Conto economico risponde all’esigenza di riaggregare le po-ste reddituali in gruppi omogenei di valori che consentano all’analista di apprezzare il contributo delle differenti gestioni parziali alla formazione del risultato di esercizio.

Operativamente, per raggiungere tale obiettivo si rende necessario 17:

– individuare le aree gestionali in cui scomporre idealmente l’unitaria gestione aziendale 18, riconducendone le operazioni ad attività caratteristica, accessoria-pa-trimoniale, finanziaria, straordinaria e tributaria;

– aggregare le voci esposte nel prospetto di sintesi in macroclassi di valori uni-formi, al fine ridurne il numero e il grado di analiticità;

– portare le poste di rettifica a diretta riduzione delle classi di valori cui si riferiscono; – individuare lo schema di riclassificazione adeguato alle finalità conoscitive del-

l’analisi di bilancio.

A quest’ultimo riguardo, nel novero dei differenti modelli elaborati da prassi e dot-trina, risultano particolarmente adeguati all’applicazione nell’analisi esterna lo schema “a ricavi e costo del venduto” e lo schema “a valore della produzione e valore aggiunto”.

Con riferimento al primo, i valori reddituali sono classificati secondo il criterio gestionale, avendo cioè riguardo area della gestione in cui i fattori produttivi sono impiegati o realizzati, come illustrato nella seguente Tabella 9.

Tabella 9 – Schema di Conto economico a ricavi e costo del venduto

+ Ricavi di vendita (al netto di resi, sconti, abbuoni)

– Costo del venduto

= Reddito operativo gestione caratteristica (ROGC)

+/– Risultato gestioni complementari e accessorie

= Reddito operativo aziendale (ROA)

– Oneri finanziari

= Reddito lordo di competenza (RC)

+/– Componenti straordinari di reddito

= Reddito ante imposte (RAI)

– Imposte sul reddito

= Reddito netto di esercizio (RN)

17 Cfr. C. TEODORI, Analisi di bilancio. Lettura e interpretazione, Giappichelli, Torino, 2017, p. 50. 18 Per la descrizione delle gestioni parziali si veda il paragrafo 3.1.

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L’aggregato Ricavi netti esprime il fatturato conseguito dall’azienda durante il periodo amministrativo, dedotti resi, sconti e abbuoni sulle vendite. Si tratta, per-tanto, di una grandezza atta a fornire una misura del volume d’affari dell’impresa, nel quale rientrano anche gli interessi attivi sui crediti verso clienti laddove questi siano frutto di una precisa scelta di politica commerciale non ricorrente 19.

Per quanto concerne il Costo del venduto, la macroclasse presenta l’insieme dei costi operativi sostenuti nell’ambito della gestione caratteristica al fine di acquisire i fattori produttivi e i servizi necessari per il conseguimento del fatturato, suddivisi per natura come da schema seguente.

Tabella 10 – Scomposizione costo del venduto per natura

+ Acquisti

+ Costo del lavoro

+ Trattamento di fine rapporto

+ Prestazioni di servizi

+ Oneri diversi di gestione caratteristica

+ Ammortamenti della gestione caratteristica

+ Svalutazione dei crediti commerciali

+ Accantonamenti della gestione caratteristica+/– Variazione delle rimanenze

– Rettifiche di costi (rimborsi e capitalizzazioni)

– Incrementi per lavori interni

Costo del venduto

La differenza tra Ricavi netti e Costo del venduto consente la determinazione di

un primo risultato intermedio, il Reddito operativo della gestione caratteristica (ROGC), il cui ammontare indica il risultato conseguito dall’impresa mediante lo svolgimen-to della propria attività tipica: in generale, specificatamente in un’ottica di lungo periodo, è opportuno che questo margine presenti una consistenza sufficiente a co-prire i costi originati dalle altre gestioni particolari e ad assicurare, pertanto, un equilibrio reddituale duraturo.

Le componenti economiche correlate alla gestione patrimoniale sono originate dall’investimento di surplus finanziari temporaneamente non impiegati nell’attività caratteristica, in via accessoria e di supporto rispetto al core business aziendale. A essa pertengono costi e ricavi derivanti da acquisizione, possesso e dismissione di im-mobili a uso civile, partecipazioni e altri strumenti finanziari dai quali trarre pro-

19 C. TEODORI, Analisi di bilancio. Lettura e interpretazione, Giappichelli, Torino, 2017, p. 53.

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venti a titolo di interesse e in conto capitale (ad esempio, tra i ricavi si annoverano affitti attivi, dividendi, interessi attivi; tra i costi si riconoscono gli oneri relativi a servizi di manutenzione, svalutazioni). Sommando algebricamente il saldo della se-zione in parola al ROGC si determina il Reddito operativo aziendale (ROA), che con-figura il contributo delle attività accessorie alla formazione del risultato di esercizio, consentendo di apprezzare la misura in cui gli impieghi complementari operati dal-l’impresa concorrono alla copertura dei costi originati dagli ambiti finanziario, stra-ordinario e tributario.

Focalizzandosi sul primo di questi, è opportuno precisare come configuri una gestione parziale autonoma in quanto le componenti economiche a essa imputabili sorgono dalle scelte di copertura finanziaria complessivamente adottate allo scopo di reperire le fonti necessarie al globale fabbisogno aziendale. Da tali strategie sor-gono principalmente oneri relativi a interessi passivi e rapporto creditizio, il cui saldo è di norma negativo e viene pertanto dedotto dal ROA, a determinare il Reddito lordo di competenza (RC). Quest’ultimo risultato intermedio fornisce la misura del risultato che la gestione ordinaria ha generato nel corso dell’esercizio, cioè il margine conseguito dall’azienda attraverso lo svolgimento delle operazioni ricorrenti e ca-ratterizzanti la normale attività dell’impresa.

Le componenti economiche straordinarie, definite come gli oneri e i proventi originati da eventi accidentali e infrequenti (ad esempio, plus e minusvalenze, so-pravvenienze attive e passive, voci derivanti da errori di rilevazione compiuti negli esercizi precedenti), sono collocate in una sezione separata dello schema di riclassi-ficazione, al di sotto del RC. Il saldo di tali valori è infatti determinato da accadi-menti che, per loro natura, non si ripeteranno negli esercizi futuri e per tale ragione è opportuno separarne l’effetto netto da quello delle altre aree gestionali al fine di apprezzare la capacità dell’impresa di produrre risultati positivi con continuità. Al-lo scopo di individuare le poste da ricondurre al presente aggregato è necessario procedere alla lettura della Nota integrativa, le cui informazioni di dettaglio con-sentono di distinguere tra elementi ordinari o straordinari del reddito.

L’ultimo margine evidenziato dal modello di riclassificazione in esame è il Red-dito ante imposte (RAI), il cui ammontare è determinato dalla contrapposizione del totale dei costi e dei ricavi afferenti al periodo amministrativo in chiusura. Pare op-portuno precisare, al riguardo, che tale risultato intermedio non coincide con la ba-se imponibile ai fini del calcolo delle imposte di competenza: tale base è infatti de-terminata secondo la normativa tributaria vigente, la cui applicazione ne comporta una differenziazione rispetto al RAI 20.

Il Conto economico “a ricavi e costo del venduto” consente di apprezzare la ge-nesi del risultato di esercizio. Esso fornisce infatti le informazioni necessarie a effet-tuare valutazioni relative al profilo reddituale dell’organizzazione in rapporto alle aree gestionali che hanno originato il reddito.

20 Per un approfondimento in materia si veda C. TEODORI, Analisi di bilancio. Lettura e interpreta-zione, Giappichelli, Torino, 2017, p. 65 e ss.

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La durabilità dell’impresa richiede che la gestione caratteristica fornisca un con-tributo positivo alla redditività di periodo, condizione che non dovrebbe essere stabilmente sopperita dall’apporto delle gestioni accessorie e straordinaria. Atteso che funzione della prima è il supporto al core business e che la seconda si contrad-distingue per la non ricorrenza degli accadimenti a essa propri, la sopravvivenza se-condo economicità richiede che l’attività principale dell’azienda si svolga in condi-zioni tali da garantire la copertura dei costi operativi e degli oneri finanziari con-nessi al fisiologico reperimento delle fonti di finanziamento.

Operativamente, i valori esposti nel Conto economico civilistico trovano colloca-zione nel modello a Ricavi e costo del venduto secondo lo schema di seguito pro-posto (Tabella 11).

Tabella 11 – Prospetto di raccordo tra Conto economico civilistico e schema a ricavi e costo del venduto 21

Conto economico Conto economico riclassificato

A) Valore della produzione 1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni Ricavi netti 2) Variazione delle rimanenze di prodotti in

corso di lavorazione, semilavorati e finiti Costo del venduto

3) Variazione dei lavori in corso su ordina-zione

Costo del venduto

4) Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni

Costo del venduto

5) Altri ricavi e proventi Gestione complementare/accessoria/compo-nenti straordinari

B) Costi della produzione 6) Per materie prime, sussidiarie, di consumo

e merci Costo del venduto

7) Per servizi Costo del venduto 8) Per godimento di beni di terzi Costo del venduto 9) Per il personale Costo del venduto 10) Ammortamenti e svalutazioni Costo del venduto 11) Variazione delle rimanenze di materie

prime, sussidiarie, di consumo e merci Costo del venduto

12) Accantonamenti per rischi Costo del venduto 13) Altri accantonamenti Costo del venduto 14) Oneri diversi di gestione Costo del venduto/componenti straordinarie Differenza tra valore e costi della produzione (A – B)

21 Cfr. C. TEODORI, Analisi di bilancio. Lettura e interpretazione, Giappichelli, Torino, 2017, p. 121.

(segue)

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C) Proventi e oneri finanziari 15) Proventi da partecipazioni Gestione complementare/accessoria 16) Altri proventi finanziari Gestione complementare/accessoria 17) Interessi e altri oneri finanziari Gestione finanziaria 17 bis) Utili o perdite su cambi Costo del venduto

D) Rettifiche di valore di attività e passività finanziarie

18) Rivalutazioni Gestione complementare/accessoria/componen-ti straordinarie

19) Svalutazioni Gestione complementare/accessoria/componen-ti straordinarie

Risultato prima delle imposte 20) Imposte sul reddito dell’esercizio, cor-

renti, differite e anticipate Imposte

21) Utile (perdita) dell’esercizio

L’aggregazione dei valori secondo le macroclassi dello schema in parola richiede

alcune precisazioni:

– la variazione di rimanenze e lavori in corso su ordinazione, così come gli in-crementi di immobilizzazioni per lavori interni, devono essere collocate nel Costo del venduto, con il segno opposto rispetto a quello presentato nella tavola di sintesi de-stinata a pubblicazione;

– la voce “Altri ricavi” comprende poste tra loro eterogenee, da classificare te-nendo conto dell’area gestionale di pertinenza (ad esempio, gli affitti attivi rientrano nella gestione accessoria, le plusvalenze e le sopravvenienze attive nella straordinaria);

– per quanto concerne il Costo del venduto, particolare attenzione deve essere prestata ai costi per godimento dei beni di terzi: laddove essi costituiscano canoni corrisposti per un leasing finanziario, risulta opportuno procedere all’apprezzamento della rilevanza degli oneri finanziari impliciti, cioè compresi nel canone di leasing. Laddove tale componente finanziaria sia esplicitata nella Nota integrativa, la stessa deve essere stornata dal Costo del venduto e considerata nell’ambito della gestione finanziaria;

– la voce “Oneri diversi di gestione”, al pari di quanto visto per gli “Altri ricavi” costituisce posta residuale le cui componenti devono essere riclassificate avendo ri-guardo all’area gestionale di riferimento (ad esempio, le perdite su crediti rientrano nella gestione caratteristica, le minusvalenze e le sopravvenienze passive alla straor-dinaria);

– gli ammortamenti rappresentano di norma componenti del costo del venduto. Nel caso in cui siano stanziati a fronte di beni pluriennali impiegati in gestioni di-verse da quella caratteristica è però necessario tenerne conto nella fase di riaggre-gazione dei valori;

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– le svalutazioni, al pari delle rivalutazioni, sono generalmente ricondotte rispet-tivamente agli oneri e ai proventi straordinari;

– gli utili e le perdite su cambi rientrano nel Costo del venduto se riferibili ad acquisti e vendite rientranti nell’attività tipica dell’azienda; in caso contrario, essi devono essere ricondotti alle altre gestioni parziali.

Il secondo modello di riclassificazione del Conto economico è lo schema “a va-lore della produzione e valore aggiunto”. Esso si differenzia da quello precedente in relazione al criterio di riaggregazione dei valori propri all’attività caratteristica, men-tre replica la struttura del modello “a ricavi e costo del venduto” per le altre aree ge-stionali, come evidenziato dalla tabella seguente (Tabella 12).

Tabella 12 – Schema di Conto economico a valore aggiunto

+ Ricavi netti

+/– Variazione rimanenze prodotti finiti

+/– Variazione rimanenze prodotti in corso di lavorazione

+/– Variazione lavori in corso su ordinazione

+ Incrementi per lavori interni

= Valore della produzione (VP)

– Acquisti

+/– Variazione rimanenze materie prime

– Prestazioni di servizi

– Altri costi per fattori acquisiti all’esterno

= Valore aggiunto

– Costo del lavoro

= Margine operativo lordo (MOL o EBITDA)

– Ammortamenti e accantonamenti

= Reddito operativo della gestione caratteristica

+/– Risultato gestioni complementari e accessorie

= Reddito operativo aziendale (ROA)

– Oneri finanziari

= Reddito lordo di competenza (RC)

+/– Componenti straordinari di reddito

= Reddito ante imposte (RAI)

– Imposte sul reddito

= Reddito netto di esercizio (RN)

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Osservando la tavola proposta, il primo aggregato è rappresentato dal valore della produzione: in esso rientrano i ricavi netti, la variazione delle rimanenze di prodotti finiti, in corso di lavorazione e su ordinazione, nonché gli incrementi per lavori inter-ni. La macroclasse in esame propone, pertanto, una prima quantificazione del valore generato dall’attività di produzione aziendale. Si noti come ai fini della classificazione non rilevi il criterio di destinazione, poiché i valori in parola sono eterogenei e varia-mente indirizzati a mercato, magazzino o struttura produttiva interna.

Con riguardo ai costi, il principio di aggregazione di tali voci muove dalla distin-zione tra fattori produttivi esterni, cioè acquisiti da terze economie (beni e servizi), e fattori produttivi presenti internamente all’azienda e quindi preesistenti rispetto alla produzione 22 e di pertinenza della struttura stessa dell’impresa (costi interni o struttu-rali, tra i quali si annoverano, ad esempio, l’ammortamento e i costi per il personale).

Il risultato intermedio ottenuto sottraendo i costi esterni al Valore della produzio-ne, definito “Valore aggiunto”, evidenzia il valore che la gestione, attraverso lo svol-gimento della propria attività, aggiunge alle risorse acquisite esternamente mediante l’impiego della forza lavoro e della propria struttura economico-tecnica. La misura in oggetto potrebbe consentire in questo senso di valutare l’efficienza e la bontà delle strategie di internalizzazione e/o esternalizzazione dell’azienda, poiché la consistenza del margine in parola risente di tutte le scelte (ad esempio di integrazione orizzontale o verticale) che modificano il discrimine tra fattori interni ed esterni all’impresa.

Sotto un diverso profilo, di matrice interna, il margine in esame costituisce una misura del valore creato dall’attività produttiva e destinato a essere distribuito ai differenti portatori di interesse dell’azienda, tra i quali si riconoscono:

– personale dipendente, al quale la ricchezza prodotta con lo svolgimento delle combinazioni aziendali è attribuita mediante la corresponsione delle retribuzioni;

– struttura aziendale, mediante ammortamenti e costituzione di riserve; – conferenti di capitale di credito, la cui remunerazione trova esposizione nel Con-

to economico in forma di interessi passivi sui finanziamenti concessi; – Stato, cui parte del Valore aggiunto dell’impresa perviene in seguito alla corre-

sponsione di tributi e imposte; – conferenti di capitale di rischio, ai quali sono distribuiti gli utili in relazione al-

le politiche di dividendo definite dal management e dall’assemblea degli azionisti.

Deducendo da tale risultato intermedio il costo del lavoro si determina il “Mar-gine operativo lordo” (MOL, altrimenti definito EBITDA, acronimo di “Earnings Before Income, Taxes, Depreciations and Amortizations”) che, rappresentando un ag-gregato al lordo di ammortamenti e svalutazioni (definiti anche “costi non moneta-ri”), risulta costituito da componenti atte a generare variazioni finanziarie nella ge-stione caratteristica e, conseguentemente, sul capitale circolante netto operativo.

Sottraendo al MOL le poste economiche non monetarie si perviene al Reddito operativo della gestione caratteristica, a partire dal quale lo schema di riclassifica-

22 S. FERRI, La rappresentazione delle strategie economico-finanziarie, in M. GALEOTTI (a cura di), La finanza nel governo dell’azienda, Apogeo, Milano, 2008, p. 212.

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zione replica la struttura del modello a “ricavi e costo del venduto”, descritto nella prima parte del paragrafo.

Le poste del Conto economico civilistico sono ricondotte alla struttura a “valore della produzione e valore aggiunto” nel modo seguente (Tabella 13).

Tabella 13 – Prospetto di raccordo tra Conto economico civilistico e schema a valore della produzione e valore aggiunto 23

Conto economico Conto economico riclassificato

A) Valore della produzione

1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni Valore della produzione

2) Variazione delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti

Valore della produzione

3) Variazione dei lavori in corso su ordina-zione

Valore della produzione

4) Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni

Valore della produzione

5) Altri ricavi e proventi Valore della produzione

B) Costi della produzione

6) Per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci

Costi esterni

7) Per servizi Costi esterni

8) Per godimento di beni di terzi Costi esterni

9) Per il personale Costo del lavoro

10) Ammortamenti e svalutazioni Ammortamenti e accantonamenti/Componen-ti straordinarie

11) Variazione delle rimanenze di materie pri-me, sussidiarie, di consumo e merci

Costi esterni

12) Accantonamenti per rischi Ammortamenti e accantonamenti

13) Altri accantonamenti Ammortamenti e accantonamenti

14) Oneri diversi di gestione Costi esterni attinenti alla gestione caratteri-stica/accessoria/straordinaria

Differenza tra valore e costi della produzione (A – B)

23 Cfr. C. TEODORI, Analisi di bilancio. Lettura e interpretazione, Giappichelli, Torino, 2017, p. 127.

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L’apertura dei conti e la destinazione del reddito di esercizio

281

Capitolo Decimo

L’apertura dei conti e la destinazione del reddito di esercizio

1. L’apertura dei conti

La gestione svolta dall’impresa in un nuovo periodo amministrativo comporta la rilevazione degli accadimenti aziendali derivanti dalle operazioni di scambio poste in essere, tenuto conto, però, della situazione del sistema dei valori così come de-terminata in sede di chiusura dei conti del precedente esercizio: infatti, in sede di chiusura generale dei conti sono rilevati i valori che testimoniano processi non an-cora ultimati al termine dell’esercizio (valori accolti nello Stato patrimoniale), che costituiscono la “base di partenza” per la gestione che l’impresa si accinge a com-piere nel periodo amministrativo immediatamente successivo.

Le rilevazioni contabili attinenti all’apertura dei conti aziendali riguardano, quin-di, i soli valori di Stato patrimoniale (attività, passività e patrimonio netto), essendo questi valori di stock che configurano la situazione patrimoniale dell’azienda al ter-mine del precedente esercizio (Stato patrimoniale finale) coincidente, ad evidenza, con quella all’inizio del nuovo esercizio (Stato patrimoniale iniziale).

Sotto il profilo logico le fasi dell’apertura dei conti sono le seguenti:

1. apertura generale dei conti accesi a valori finanziari attivi e passivi, a valori di capitale e a valori di reddito sospesi. Tali valori sono qualificabili, inoltre, come at-tività patrimoniali, passività patrimoniali e parti ideali di patrimonio netto;

2. epilogo delle rimanenze iniziali di magazzino al conto “variazione delle rima-nenze” e dei risconti iniziali attivi e passivi ai conti accesi ai costi e ai ricavi a essi direttamente correlati;

3. chiusura dei ratei iniziali attivi e passivi e di tutte le partite attive o passive da liquidare al momento della rilevazione contabile attinente ai documenti attestanti l’avvenuta operazione (emissione delle fatture nei confronti dei clienti, ricevimento delle fatture dei fornitori, ricevimento della contabile bancaria per addebito di in-teressi di c/c, e così via) 1.

1 Secondo una differente metodologia contabile, i ratei e le partite iniziali da liquidare potrebbero essere chiusi in via immediata in sede di apertura dei conti. Sull’argomento v. supra, Capitolo Settimo.

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Le operazioni di apertura dei conti (a eccezione di quelle indicate al punto n. 3 che, come detto, sono in genere contabilizzate al momento di ricevimento dei ri-spettivi documenti giustificativi) sono effettuate con data contabile coincidente con quella di inizio esercizio (generalmente il 1 gennaio), anche se la contabilizzazione materialmente avviene in una data posteriore, dopo cioè che l’assemblea dei soci abbia approvato il bilancio dell’esercizio precedente rendendo definitivi, anche sot-to il profilo giuridico, i dati contabili di chiusura 2.

Esempio 1

Riprendendo i dati attinenti alla chiusura dei conti della Alfa S.p.A. presentata nel capitolo pre-cedente (paragrafo 1.), si procede alla rilevazione delle operazioni di apertura del sistema dei valo-ri (importi in migliaia di €).

Prima fase: apertura generale dei conti

a) Apertura delle attività di bilancio:

1 gennaio Dare Avere

Cassa 10

Clienti 2.000

Partecipazioni 1.500

Fabbricati 4.000

Impianti 1.750

Macchinari 800

Risconti attivi iniziali 50

Rimanenze iniziali magazzino 1.000

Stato patrimoniale iniziale 11.110

b) Apertura delle passività di bilancio e dei conti di patrimonio netto:

1 gennaio Dare Avere

Stato patrimoniale iniziale 11.110

Banca c/c 200

Fondo svalutazione crediti 100

Fornitori 2.500

2 Il termine ordinario per l’approvazione del bilancio è fissato in un periodo massimo di centoven-ti giorni dalla chiusura dell’esercizio; lo statuto della società può prevedere un maggior termine, co-munque non superiore a centottanta giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio con-solidato ovvero quando lo richiedano particolari esigenze relative alla struttura e all’oggetto della so-cietà (art. 2364 c.c.).

(segue)

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Fondo ammortamento fabbricati 3.000

Fondo ammortamento impianti 1.000

Fondo ammortamento macchinari 400

Ratei passivi iniziali 10

T.F.R. 200

Mutui passivi 780

Debiti tributari 400

Capitale sociale 1.200

Riserva legale 240

Riserva straordinaria 600

Utile esercizio precedente 480

Dalle scritture sopra riportate emerge che i conti accesi a “rimanenze”, “ratei” e “risconti” as-sumono la denominazione iniziali, in quanto trattasi di valori comuni a due esercizi aperti all’i-nizio del nuovo periodo amministrativo e che dovranno essere epilogati nei rispettivi conti reddituali. Tale operazione è svolta dall’impresa alla data dell’apertura dei conti per quanto con-cerne le rimanenze iniziali e i risconti, attendendo invece la contabilizzazione al momento di rice-vimento dei documenti con riferimento ai ratei (e alle partite attive o passive da liquidare).

Seconda fase: epilogo dei conti accesi a rimanenze iniziali e a risconti iniziali

Tra i conti della Alfa S.p.A. aperti in data 1° gennaio occorre epilogare ai rispettivi conti reddi-tuali le “Rimanenze iniziali di magazzino” e i “Risconti attivi iniziali”; tale ultimo valore si ipo-tizza sia correlato a premi di assicurazione pagati dall’impresa nel precedente esercizio che, per la quota oggetto di risconto, sono considerati di competenza dell’esercizio appena iniziato.

1 gennaio Dare Avere

Variazione delle rimanenze 1.000

Rimanenze iniziali di magazzino 1.000

1 gennaio

Premi di assicurazione 50

Risconti attivi iniziali 50

Successivamente alla rilevazione contabile delle operazioni di apertura dei conti

occorre, inoltre, procedere alla contabilizzazione di quanto espresso dalla volontà dei soci, mediante delibera assembleare solitamente coincidente con quella di ap-provazione del bilancio, in merito alla destinazione del risultato economico conse-guito nel precedente esercizio (utile o perdita); fino a tale data, pertanto, rimarrà aperto nel sistema dei valori aziendale il conto “Utile esercizio precedente” o “Per-dita esercizio precedente”.

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2. La destinazione del reddito di esercizio

Il risultato economico conseguito dall’impresa al termine dell’esercizio può tro-vare differente destinazione in relazione alla volontà manifestata dai soci in sede as-sembleare: nel caso di utile di esercizio si potrebbe, per esempio, decidere di accan-tonare il medesimo a riserva o, al contrario, utilizzarlo per remunerare il capitale di rischio attraverso la distribuzione di dividendi proporzionali alle quote di capitale detenuto dai soci; in caso di perdite sofferte dall’impresa potrebbero essere utiliz-zate riserve disponibili per la loro copertura, oppure si potrebbe ipotizzare il rein-tegro mediante versamento di risorse finanziarie da parte dei soci.

Le norme di legge in materia di destinazione del risultato economico di esercizio sono rigide per quanto attiene alle società di capitali, atteso che tali forme societarie rispondono nei confronti dei terzi unicamente con il proprio patrimonio; viceversa, con riferimento alle società di persone e alle imprese individuali non sono dettate norme particolari in relazione ai temi oggetto di trattazione. Considerata, quindi, la più ampia complessità riscontrabile per le società di capitali, nel seguito si fa espli-cito riferimento unicamente a tali forme giuridiche d’impresa.

2.1. La destinazione dell’utile di esercizio

L’utile conseguito dall’impresa al termine del precedente esercizio potrebbe, in linea generale, essere accantonato a riserva oppure destinato ai soci mediante distri-buzione di dividendi 3. Tale scelta spetta all’assemblea dei soci, tenuto conto degli obblighi giuridici che intervengono in materia:

– l’art. 2430 c.c. prevede che una quota pari al 5% dell’utile realizzato debba es-sere obbligatoriamente accantonato a riserva (“Riserva legale”) fino a che questa non abbia raggiunto un ammontare pari al 20% del capitale sociale;

– occorre, inoltre, verificare che lo statuto della società non imponga ulteriori accantonamenti di quote dell’utile di esercizio a riserva (“Riserva statutaria”). In que-sto caso si osserva che la costituzione e il successivo incremento di tale specie di ri-serva diviene obbligatoria per l’impresa non in forza di specifiche norme di legge, ma in ragione di una clausola che i soci hanno voluto introdurre nello statuto sociale;

– non possono essere distribuiti dividendi nel caso in cui dal bilancio risulti una perdita del capitale sociale, a meno che quest’ultimo non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente (art. 2433 c.c.);

– nel caso in cui l’impresa abbia proceduto alla capitalizzazione di costi di im-pianto e ampliamento o costi di sviluppo aventi utilità pluriennale si può dare luo-

3 I soci potrebbero anche decidere di rinviare la loro delibera in merito alla destinazione dell’utile di esercizio: in questo caso, pertanto, occorrerebbe rilevare in sezione dare la chiusura del conto “Uti-le di esercizio”, aprendo corrispondentemente in avere un conto denominato “Utili portati a nuovo” per il medesimo ammontare dell’utile in attesa di destinazione.

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go alla distribuzione di dividendi solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare non ancora ammortizzato di tali costi a utilità pluriennale (art. 2426, punto 5, c.c.) 4.

Nel rispetto degli obblighi giuridici sinteticamente richiamati, i soci potrebbero decidere di accantonare a riserva ulteriori quote dell’utile di esercizio conseguito, alimentando una riserva che, non essendo regolamentata da specifiche disposizioni di legge, prende abitualmente il nome di “Riserva straordinaria”. In ogni caso, sotto il profilo contabile tutti gli accantonamenti di utili a riserve (obbligatorie e non) si configurano come variazioni permutative di valori di capitale, consistendo nella con-trazione di una parte ideale di patrimonio netto (utile di esercizio) cui si abbina il simultaneo incremento di altre parti ideali del medesimo fondo di valori (riserve di utili) 5.

Esempio 2

In data 28 aprile l’assemblea dei soci della Beta S.p.A. delibera di approvare il bilancio dell’e-sercizio precedente e di destinare l’utile di esercizio, pari a € 500.000, nel modo seguente:

– 5% a riserva legale; – 10% a riserva statutaria (in quanto prevista dallo statuto); – 35% a riserva straordinaria; – 50% ai soci (dividendi).

28 aprile Dare Avere

Utile di esercizio 500.000

Riserva legale 25.000

Riserva statutaria 50.000

Riserva straordinaria 175.000

Soci c/dividendi 250.000 In data 10 maggio si provvede a versare ai soci i dividendi di loro spettanza a mezzo bonifici ban-cari (si prescinde dall’applicazione di eventuali ritenute fiscali)

10 maggio Dare Avere

Soci c/dividendi 250.000

Banca c/c 250.000

4 In merito ai criteri di iscrizione in bilancio e di successivo ammortamento dei costi a utilità plu-riennale si rinvia a T. MAZZA, Le immobilizzazioni immateriali, in S. AZZALI (a cura di), Financial re-porting and Accounting standards, Giappichelli, Torino, 2019.

5 Con riferimento alla distinzione delle variazioni dei valori di capitale in oggettive, soggettive e permutative v. supra, Capitolo Sesto.

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L’assemblea dei soci, infine, potrebbe destinare quote dell’utile risultante dal bi-lancio dell’esercizio precedente ai soggetti che detengono il capitale d’impresa, in proporzione alle quote da essi possedute (distribuzione di dividendi) 6. Tale opera-zione comporta per l’azienda una variazione decrementativa dell’utile di esercizio (rilevata in sezione dare) cui si contrappone, in avere, una variazione finanziaria ne-gativa di pari ammontare rilevata nel conto acceso al debito sorto nei confronti dei soci (“Soci c/dividendi”). Al momento dell’effettivo esborso occorrerà poi rilevare una permutazione finanziaria costituita dall’uscita di risorse finanziarie (generalmen-te posta in essere utilizzando le disponibilità di c/c bancario) e dalla simultanea chiu-sura del debito nei confronti dei soci.

2.2. Gli acconti sui dividendi

Nel corso dell’esercizio potrebbero verificarsi situazioni tali da indurre i soci a deliberare la corresponsione di dividendi determinati in anticipo rispetto alla for-mazione dell’utile di esercizio; tale operazione, frequentemente posta in essere nelle imprese individuali e nelle società di persone in relazione all’apporto di specie per-sonale che i soci offrono all’attività d’impresa, non trova abituale realizzazione nelle società di capitali, anche in ragione delle limitazioni poste dal Legislatore. Giova osservare, infatti, che l’operazione in questione, a causa dell’incertezza che la con-traddistingue, potrebbe potenzialmente causare riduzioni del capitale d’impresa nella misura in cui l’acconto dovesse rivelarsi eccessivo rispetto all’ammontare degli utili effettivamente realizzati, con l’evidente conseguenza di ridurre le garanzie offerte dal-l’impresa stessa ai terzi (in quanto, trattandosi di società di capitali, essa risponde nei loro confronti unicamente con il proprio patrimonio sociale).

Al fine, quindi, di tutelare gli interessi di tutti i soggetti che entrano in contatto con l’impresa, per le società di capitali è stabilito che (art. 2433-bis c.c.):

1. la distribuzione di acconti sui dividendi è consentita solo alle società il cui bi-lancio è assoggettato a revisione legale dei conti secondo il regime previsto dalle leggi speciali per gli enti di interesse pubblico;

2. la possibilità di distribuire acconti sui dividendi deve essere prevista dallo sta-tuto della società e può essere deliberata dagli amministratori solo dopo che il bi-lancio dell’esercizio precedente sia stato approvato dall’assemblea dei soci e che su

6 Nelle S.r.l. la distribuzione dei dividendi è determinata in proporzione alle quote conferite dai soci nel capitale sociale, mentre per le S.p.A., in linea generale, ogni azione attribuisce il diritto alla corresponsione di una parte proporzionale degli utili netti; peraltro, sia pure senza entrare nel merito delle singole fattispecie, si precisa che la normativa italiana prevede anche la possibilità di emissione di azioni che garantiscono ai loro possessori diritti speciali: azioni “privilegiate” nella distribuzione degli utili e nella ripartizione del capitale (rientranti nelle fattispecie di cui all’art. 2348 c.c.), azioni “di risparmio” (art. 145, D.Lgs. n. 58/1998), azioni “di godimento” (art. 2353 c.c.) e azioni a favore dei prestatori di lavoro (art. 2349 c.c.).

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di esso sia stato espresso un giudizio positivo da parte del soggetto incaricato di ef-fettuare la revisione legale dei conti;

3. non è consentita la distribuzione di acconti sui dividendi se dall’ultimo bilan-cio approvato risultino perdite relative all’esercizio o a esercizi precedenti;

4. l’ammontare degli acconti sui dividendi non può superare la minor somma tra l’importo degli utili conseguiti alla chiusura dell’esercizio precedente, diminuito delle quote che devono essere accantonate a riserva legale o a riserva statutaria, e quello delle riserve disponibili.

Qualora, nel rispetto di quanto sopra osservato e ottemperando alle ulteriori disposizioni contenute nell’art. 2433-bis c.c. 7, si dovesse procedere alla distribu-zione di acconti sui dividendi, la rilevazione contabile darebbe origine alla conta-bilizzazione in sezione dare della variazione negativa dei valori di capitale accolta nel conto “Acconti sui dividendi”, cui corrisponde, in avere, la variazione finan-ziaria negativa attinente al debito sorto nei confronti dei soci (“Soci c/acconto di-videndi”).

Esempio 3

In data 20 giugno gli amministratori della Gamma S.p.A. deliberano la distribuzione di acconti sui dividendi per un ammontare complessivo pari a € 50.000. Tali acconti sono versati ai soci in data 10 luglio a mezzo bonifico bancario.

20 giugno Dare Avere

Acconti sui dividendi 50.000

Soci c/acconto dividendi 50.000

10 luglio

Soci c/acconto dividendi 50.000

Banca c/c 50.000

2.3. La copertura delle perdite di esercizio

In ipotesi di realizzazione di una perdita di esercizio, l’assemblea dei soci po-trebbe decidere, relativamente alle modalità per la sua copertura, di utilizzare le ri-

7 Il 5° e 6° comma dell’art. 2433-bis c.c. pongono ulteriori obblighi informativi a carico degli am-ministratori, prevedendo che essi provvedano alla redazione di un apposito prospetto contabile e di una relazione, sottoposti al parere del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, dai quali ri-sulti che la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società consentono la distribuzione di acconti sui dividendi. Tale informativa deve essere depositata presso la sede della società, unitamente al parere espresso dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti, fino all’approvazione del bi-lancio dell’esercizio in corso al momento della distribuzione degli acconti sui dividendi.

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serve disponibili, di ridurre il capitale sociale, oppure di chiedere il versamento ai soci di denaro al fine di reintegrare le risorse distrutte per effetto del risultato eco-nomico negativo conseguito dall’azienda 8. Ad evidenza, pertanto, l’eventuale coper-tura di perdite di esercizio mediante utilizzo di riserve o riduzioni di capitale socia-le non comporta variazioni oggettive di patrimonio netto e si configura, invece, come variazione permutativa dei valori di capitale; al contrario, nel caso di reinte-gro da parte dei soci si realizza una variazione incrementativa dei valori di capitale (data dalla chiusura, in avere, del conto “Perdita di esercizio”) cui corrisponde una variazione finanziaria positiva relativa al credito vantato nei confronti dei soci e ri-levata in sezione dare del conto “Soci c/reintegro”.

Esempio 4

In data 15 aprile l’assemblea dei soci della Delta S.p.A. delibera di approvare il bilancio dell’eser-cizio precedente e di procedere alla copertura della perdita di esercizio, pari a € 300.000, nel modo seguente: – per € 150.000 mediante utilizzo integrale della riserva straordinaria; – per € 100.000 mediante utilizzo integrale della riserva statutaria; – per € 50.000 utilizzando in parte la riserva legale.

15 aprile Dare Avere

Riserva straordinaria 150.000

Riserva statutaria 100.000

Riserva legale 50.000

Perdita di esercizio 300.000

Occorre infine notare che il Legislatore italiano stabilisce procedure particolari

a carico delle società di capitali nell’ipotesi in cui la perdita di esercizio superi l’am-montare pari a un terzo del capitale (artt. 2446 e 2447 c.c.) 9; in particolare, è di-sposto che:

1. «quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori o il consiglio di gestione, e nel caso di loro inerzia il col-legio sindacale ovvero il consiglio di sorveglianza, devono senza indugio convocare

8 I soci potrebbero anche deliberare di rinviare la loro decisione in merito alla copertura della perdita di esercizio: in questo caso, pertanto, occorrerebbe rilevare in sezione avere la chiusura del conto “Perdita di esercizio”, aprendo corrispondentemente in dare un conto denominato “Perdite portate a nuovo” per il medesimo ammontare della perdita in attesa di copertura. Si ricorda, peraltro, che in tale ipotesi non sarebbe possibile (nell’esercizio o negli esercizi successivi) la distribuzione di dividen-di – e tantomeno di acconti sui dividendi – fino a quando tali perdite risultino iscritte in bilancio.

9 Le disposizioni contenute negli artt. 2446 e 2447 c.c., applicabili alle società per azioni, sono confermati nella sostanza anche per le società a responsabilità limitata (artt. 2482-bis e 2482-ter c.c.).

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l’assemblea per gli opportuni provvedimenti. All’assemblea deve essere sottoposta una relazione sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del col-legio sindacale o del comitato per il controllo della gestione. […] Se entro l’eserci-zio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l’assemblea or-dinaria o il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio deve ri-durre il capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza gli amministra-tori e i sindaci o il consiglio di sorveglianza devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. […]» (art. 2446 c.c.);

2. «se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al di sotto del minimo stabilito dall’art. 2327 10, gli amministratori o il consiglio di gestione e, in ca-so di loro inerzia, il consiglio di sorveglianza devono senza indugio convocare l’as-semblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della so-cietà» (art. 2447 c.c.).

Esempio 5

In data 30 aprile l’assemblea dei soci della Omega S.p.A. delibera di approvare il bilancio del-l’esercizio precedente e di procedere alla copertura della perdita di esercizio, pari a € 200.000, ri-chiedendo ai soci il reintegro mediante versamento in c/c bancario. Tale versamento è riscosso in data 15 maggio.

30 aprile Dare Avere

Soci c/reintegro 200.000

Perdita di esercizio 200.000

15 maggio

Banca c/c 200.000

Soci c/reintegro 200.000

10 Secondo le disposizioni civilistiche vigenti il capitale sociale minimo per la costituzione di una società per azioni è pari a € 50.000.

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Finito di stampare nel mese di settembre 2020 nella Stamperia Artistica Nazionale S.p.A.

Torino

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Collana DETERMINAZIONE E COMUNICAZIONE DEL VALORE NELLE AZIENDE Serie Ricerche

Volumi pubblicati:

1. P. ANDREI (a cura di), L’adozione degli IAS/IFRS in Italia: impatti contabili e profili gestionali, 2006, pp. XIV-398.

2. P. ANDREI (a cura di), L’adozione degli IAS/IFRS in Italia: concentrazioni aziendali e bilancio consolidato, 2006, pp. XII-256.

3. V. TIBILETTI, Concentrazioni aziendali. Profili critici di analisi e riflessi sul sistema dei valori d’impresa, 2006, pp. XIV-274.

4. C. TEODORI (a cura di), L’adozione degli IAS/IFRS in Italia: le attività imma-teriali e l’impairment test, 2006, pp. X-202.

5. A. QUAGLI (a cura di), L’adozione degli IAS/IFRS in Italia: i piani di remu-nerazione a base azionaria, 2006, pp. XII-216.

6. M. ALLEGRINI (a cura di), L’adozione degli IAS/IFRS in Italia: impatti so-stanziali e formali sul bilancio. Operazioni di leasing e fondi per rischi e one-ri, 2007, pp. X-182.

7. M. PIZZO (a cura di), Leasing: recognition e rappresentazione in bilancio. Profili evolutivi, 2007, pp. VI-98.

8. F. AVALLONE, L’impatto dell’informativa contabile di tipo volontario sui mer-cati finanziari. Principali evidenze empiriche e problemi di misurazione, 2008, pp. XIV-286.

9. M. PIZZO (a cura di), L’adozione degli IAS/IFRS in Italia. Fair value, 2008, pp. VI-102.

10. M. PIZZO, La dimensione d’azienda e la comunicazione economico-finan-ziaria: analisi teorica ed empirica nel contesto delle PMI, 2010, pp. XII-132.

11. C. CARINI, Il business report di settore. Ruolo informativo e principi di predi-sposizione, 2009, pp. XII-196.

12. G. BOESSO, Lo stakeholder reporting nei bilanci delle società quotate. Perce-zioni dei manager e comunicazione volontaria, 2011, pp. XX-148.

13. E. GIACOSA-A. MAZZOLENI, Il progetto di risanamento dell’impresa in crisi, 2012, pp. X-350.

14. C. TEODORI-M. VENEZIANI (a cura di), L’evoluzione della disclosure nella se-zione narrativa. L’impatto dei principi contabili internazionali e del processo di armonizzazione, 2013, pp. XIV-194.

15. A. MECHELLI, La Value Relevance del bilancio di esercizio. Modelli, metodo-logie di ricerca ed evidenze empiriche, 2013, pp. XVI-280.

16. T. MAZZA, Audit Quality. Misure individuali e multidimensionali, 2016, pp. XVI-256.

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17. N. MOSCARIELLO, Gli indicatori di performance Non-GAAP. Contenuto in-formativo ed ipotesi di standardizzazione, 2017, pp. XVI-144.

18. S. FERRAMOSCA, Politiche di bilancio e corporate governance, 2018, pp. XVI-232. 19. A. QUAGLI-P. RAMASSA, L’enforcement dell’informativa contabile, 2017, pp.

X-198. Serie Didattica

Volumi pubblicati:

1. P. ANDREI-A.M. FELLEGARA (a cura di), Contabilità generale e bilancio d’im-presa. Sesta edizione aggiornata, 2020, pp. XVIII-302.

2. C. TEODORI, L’analisi di bilancio. Lettura e interpretazione. Terza edizione, 2017, pp. XXIV-288.

3. C. TEODORI, Il rendiconto finanziario: ruolo informativo, analisi, interpreta-zione e modelli contabili. Seconda edizione, 2015, pp. XVI-192.

4. M. VENEZIANI, La costruzione del rendiconto finanziario, pp. XII-200, 2009. 5. S. AZZALI (a cura di), Il bilancio d’esercizio tra armonizzazione e difformità

dei principi contabili, 2009, pp. XIV-466. 6. L. FORNACIARI (a cura di), Gruppi aziendali e bilancio consolidato in Italia.

Seconda edizione, 2017, pp. VIII-232. 7. S. AZZALI (a cura di), Financial reporting and Accounting standards. Seconda

edizione aggiornata, 2019, pp. XIV-410. 8. A.M. FELLEGARA (a cura di), Manuale di revisione legale. Logiche e strumen-

ti, 2020, pp. XX-332.

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