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CORSO DI DIRITTO DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE€¦ · Le organizzazioni internazionali non sono...

Date post: 11-Aug-2020
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CORSO DI DIRITTO DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE Sintesi Lezioni Generali II Docente: Dr. Gianni ANGELUCCI
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CORSO DI

DIRITTO DEL COMMERCIO

INTERNAZIONALE

Sintesi Lezioni Generali II

Docente: Dr. Gianni ANGELUCCI

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LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

Le Organizzazioni Internazionali nascono con l’obiettivo di gestire gli

interessi sovranazionali in modo unificato e di favorire il processo di

cooperazione internazionale, superando le posizioni, naturalmente,

individualiste dei singoli Stati

I primi tentativi di organizzazioni internazionali si ebbero con il Congresso di

Vienna del 1815; ma è sul finire del 2^ Guerra mondiale che gli Stati vicini

alla vittoria vollero promuovere la nascita di una Organizzazione a carattere

Universale con la quale prevenire l’insorgere di nuovi conflitti.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) segna l’inizio di una nuova

fase delle organizzazioni internazionali in senso moderno.

LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

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Le organizzazioni internazionali non sono Enti Sovranazionali con

autonomi poteri coercitivi, ma centri indipendenti di organizzazione

internazionale volti alla cooperazione fra Stati.

Le organizzazioni internazionali si distinguono in governative (OIG) e

non Governative (OGN): le prime sono formate da Stati, soggetti di diritto

internazionale; le seconde da singoli individui o da Enti.

Le OGN sono associazioni private senza fini di lucro: il carattere

internazionale è legato alla loro operatività in almeno tre Stati e svolgono

azione di sensibilizzazione, informazione e solidarietà su temi di rilevanza

internazionale (Amnesty International,World Wildlife Fund, Greenpeace

International, ecc.).

LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

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Quando si parla di organizzazioni internazionali, tuttavia, si fa normalmente

riferimento alle organizzazioni intergovernative (OIG) che hanno una

propria personalità giuridica diversa da quella degli Stati che le

compongono; sono costituite da tre o più Stati tramite un accordo

internazionale (statuto, carta, patto ecc.) che delinea struttura, finalità,

strumenti, metodi operativi e modalità di finanziamento.

Le OIG hanno funzioni di stimolo alla stipula di Convenzioni e, più in

generale, alla uniformazione delle norme tra Stati; predispongono

strumenti di soft law che, anche se non vincolanti, possono svolgere un ruolo

di estrema utilità nell’ambito del commercio transnazionale; forniscono

modelli e guide contrattuali.

LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

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LE OIG (A VOCAZIONE UNIVERSALE)

L’ONU

Trattasi dell’organizzazione intergovernativa a carattere universale per

eccellenza. Essa è nata con la Carta di San Francisco nel giugno del 1945.

L’art. 1 delle Carta enuncia le finalità identificandole nel mantenimento della

pace e della sicurezza internazionali; nello sviluppo delle relazioni amichevoli

tra le nazioni; nel conseguimento della cooperazione internazionale in

materia economica, sociale, culturale e umanitaria; nelle promozione del

rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (da qui …

l’inserimento tra le organizzazione a carattere universale)

Per quanto concerne l’incidenza sugli scambi internazionali, l’Assemblea

Generale (AG) dell’ONU emette Raccomandazioni o Dichiarazioni di

principi, prive, come tali, di carattere vincolante per gli Stati membri.

LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

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segue L’ONU

Il Consiglio Economico e Sociale (ai sensi degli artt 61 e segg. della Carta) è

l’Organo consultivo e di coordinamento in materia economica e sociale

delle NU e delle sue istituzioni specializzate che sono organizzazioni

intergovernative autonome, dotate di personalità giuridica e legate alle

Nazioni Unite da accordi di collegamento, come: l’UNESCO

(Organizzazione delle NU per l’educazione, la scienza e la cultura); la WHO

(Organizzazione mondiale dellasanità); la FAO (Organizzazione per

l’alimentazione e l’agricoltura) la OMT (Organizzazione mondiale per il

turismo); l’ILO (Organizzazione internazionale del lavoro); l’ICAO

(Organizzazione per l’aviazione civile internazionale );il FMI (Fondo

monetario internazionale), il gruppo dellaBanca Mondiale; ecc.

LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

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LE OIG (A CARATTERE REGIONALE)

L’Unione Europea

L’Unione Europea costituisce il principale attore del commercio mondiale,

seguita da Stati Uniti e Giappone.

Essa rappresenta un’eccezione nel mondo delle OIG, quale organizzazione

intergovernativa sui generis dotata di ampi poteri, tali da farla avvicinare

ad un modello di Stato federale.

Fino al Trattato di Lisbona, la Comunità Europea ha regolato il mercato

Unico europeo e concluso Accordi commerciali con Stati terzi; il Trattato

anzidetto, firmato a Lisbona nel 2007 (in vigore dal 2009) , ha modificato il

Trattato sull’Unione Europea (TUE), ora denominato Trattato sul

Funzionamento dell’Unione (TFUE).

LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

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Con il Trattato di Lisbona viene attribuita la personalità giuridica di diritto

internazionale all’UE che stipula, pertanto, accordi con Stati terzi e

Organizzazioni internazionali.

Il Trattato sul funzionamento dell’Unione prevede, nel campo del commercio

internazionale, una politica comune, tanto che, ai sensi dell’art. 207 TFUE

deve essere

“ fondata su principi uniformi, in particolare per quanto concerne le modifiche

tariffarie, la conclusione di accordi tariffari e commerciali relativi agli scambi di

merci e di servizi, e gli aspetti commerciali della proprietà intellettuale, gli

investimenti esteri diretti, l’uniformazione delle misure di liberalizzazione, la

politica di esportazione e le misure di protezione commerciale, tra cui quelle da

adottarsi nel caso di dumping e di sovvenzioni. La politica commerciale comune è

condotta nel quadro dei principi e obiettivi dell’azione esterna dell’Unione”

LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

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LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

ALTRI ENTI INTERNAZIONALI

L’UNIDROIT

Istituto internazionale per l’unificazione del diritto privato (UNIDROIT)

è stato istituito nel 1926 come organismo della Società delle Nazioni, poi, nel

1940, fu ricostituito sulla base di un accordo multilaterale.

Ha sede a Roma ed è un’Organizzazione intergovernativa, indipendente

composta da una Assemblea Generale, un Consiglio di Direzione e un

Segretariato.

L’attività principale è quella di effettuare studi di diritto comparato per

elaborare progetti di Convenzione di diritto uniforme; più di recente, si è

spinto all’elaborazione di Leggi modello, che i singoli Stati possono

prendere in considerazione nell’elaborare le proprie legislazioni nazionali, e

di Principi Unidroit, relativamente ai contratti internazionali.

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LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

L’UNCITRAL

United Nations Commission on International Trade Law

Commissione delle Nazioni Unite per il Diritto Commerciale Internazionale

(UNCITRAL) è stata istituita nel 1966 dall’Assemblea Generale delle NU

per promuovere la codificazione e un’ampia accettazione dei termini

commerciali internazionali, delle clausole, usi e pratiche in collaborazione

con organizzazioni operanti nel settore.

Ha la finalità di promuovere l’armonizzazione e unificazione del diritto

commerciale per rimuovere le differenze tra le diverse normative

internazionali.

Gli Stati membri di UNCITRAL stanno, oramai, rappresentando diverse

tradizioni giuridiche (civil e common law) e livelli di sviluppo economico, così

come diverse regioni geografiche

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LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

LE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE

Le organizzazioni non governative (ONG) a vocazione economica

assumono la forma giuridica di associazioni di diritto interno con attività

transnazionale.

La loro presenza, prevista dall’art. 71 della Carta ONU, è in progressivo

potenziamento, costituendo, infatti, il ponte ideale tra le Istituzioni

internazionali e la società civile.

Le ONG svolgono il ruolo di:

elaborare modelli contrattuali,

identificare le best pratices,

codificare gli usi del commercio internazionale,

amministrare le controversie attraverso lo strumento dell’arbitrato.

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LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

Tra le OGN che svolgono attività rilevante nell’uniformazione del

commercio internazionale citiamo:

La Federation Internationale des Ingenieurs-conseils (FIDIC) per la

predisposizione di contratti tipo in materia di appalti internazionali;

L’International Standard Organization (ISO) che codifica le specifiche

tecniche per la definizione delle caratteristiche qualitative delle merci

La più importante OGN transnazionale a vocazione economica è, tuttavia,

la Camera di Commercio Internazionale (CCI), con sede a Parigi, che

svolge una funzione consultiva presso l’ONU

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LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

La Camera di Commercio Internazionale ha, inoltre, funzioni di

osservatore presso tutte le più importanti organizzazioni intergovernative;

di collaboratore con la Banca mondiale, il Fondo Monetario

Internazionale, l’Organizzazione Mondiale del Commercio , l’Unione

Europea e l’Organizzazione per lo Sviluppo e la Cooperazione

Economica, etc

Organi della CCI sono il Consiglio mondiale, il Comitato direttivo, il

Segretariato internazionale e la Corte internazionale di arbitrato che

svolge un ruolo determinante nella soluzione delle controversie del

commercio Internazionale; Essa non giudica direttamente le controversie,

ma svolge un’attività di monitoraggio e assistenza sugli arbitrati, che si

svolgono secondo regole fissate con Regolamento della stessa CCI.

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IL DIRITTO DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE

IL CONTRATTO INTERNAZIONALE

Quello della scelta della legge applicabile al contratto costituisce senza

dubbio uno degli aspetti più delicati, ed allo stesso tempo più affascinanti

della redazione di un contratto internazionale, che poi è l’elemento di

base di tutto il commercio internazionale. In effetti, per quanto negli

scambi internazionali vi sia la tendenza, di derivazione anglosassone, a

redigere contratti self-regulatory, ossia contenenti una disciplina

particolarmente dettagliata, tale da contenere la risoluzione, in via

preventiva, di ogni possibile lite e problema interpretativo che venga a

determinarsi nel corso del rapporto, così da ridurre al minimo le

possibilità di etero-integrazione del contenuto contrattuale ad opera

dell’ordinamento giuridico, va realisticamente riconosciuto come un

contratto, per quanto elaborato, non possa prevedere tutto.1

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IL DIRITTO DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE

Ecco perché il più delle volte, l’interprete (sia esso Giudice o Arbitro)

dovrà individuare un diritto nazionale in base al quale, in caso di

insorgenza di una controversia, poter colmare le lacune lasciate aperte

dai contraenti.

Nell’effettuare tale ricerca, egli farà riferimento ad un gruppo di norme

cd diritto internazionale privato ( Conflict Rules), le quali gli consentiranno

di stabilire qual è il diritto applicabile a quel determinato contratto.

Sappiamo, però, che le norme di diritto internazionale privato variano

da ordinamento ad ordinamento, per cui la legge che di fatto verrà

ritenuta applicabile al contratto sarà evidentemente diversa a seconda del

giudice che per primo verrà adito (adito), essendo egli tenuto all’esame

della richiesta e alla conseguente determinazione sulla base delle norme

internazional-privatistiche del proprio ordinamento giuridico.

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IL DIRITTO DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE

La prassi dimostra che le Parti di un contratto internazionale assai di

rado si preoccupano dell’individuazione del diritto sostanziale applicabile

allo stesso, lasciando che tale questione venga risolta dai Giudici (in altri

casi dagli Arbitri) al momento dell’insorgenza di una eventuale lite.

E’, tuttavia, possibile controllare /evitare l’applicazione del diritto di

un Paese attraverso l’esplicita previsione, all’interno del contratto, della

legge che regolerà il contratto.

Ciò avviene tramite l’incorporazione, nel contratto internazionale,

di una “clausola” la quale espressamente stabilisca che il contratto

“è interamente sottoposto al diritto della Nazione.X., che ne regola la

conclusione, esecuzione e cessazione, ed in base al quale esso sarà

interpretato, anche al fine della risoluzione delle controversie da esso

nascenti”.

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IL DIRITTO DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE

La maggior parte dei Paesi al mondo infatti, (salvo alcune eccezioni

rappresentate per lo più da alcuni Paesi in via di sviluppo o ex-socialisti),

ammette la possibilità che le Parti di un contratto internazionale scelgano

liberamente la legge ad esso applicabile.

Tale libertà di scelta del diritto che regolerà il contratto è, a sua volta,

espressione di un Principio, quello “Dell’autonomia delle Parti”, il quale è

ampiamente riconosciuto sia dalle legislazioni e codici dei principali Paesi

di civil law, che da quelli di common law.

Negli U.S.A., il citato principio Dell’autonomia delle Parti può essere

rinvenuto anche nello Uniform Commercial Code del 1952 (una sorta di

Legge Modello che ogni Stato USA può far propria), nel quale, in particolare,

si stabilisce che "Si applica la legge dello Stato che le Parti hanno scelto

come regolatrice dei loro diritti ed obblighi contrattuali".

(Ma il principio in questione è presente anche nelle disposizioni di DIP di molti

Paesi del Far East, cioè del Sud Est Asiatico vds. Cina e Giappone)

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IL DIRITTO DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE

In ambito Unione Europea, la materia della legge applicabile al contratto

è regolata dalla Convenzione di Roma (1980) “sulla legge applicabile alle

obbligazioni contrattuali”, la quale detta regole uniformi a livello europeo

sui conflitti di legge in materia di contratti, allo scopo di prevenire il

fenomeno del cd. “forum shopping”.

In Italia, l’art. 57 della legge 31 Maggio 1995, n. 218 di "Riforma del sistema

italiano di diritto internazionale privato" rinvia espressamente alle norme

europee, stabilendo che i contratti con elementi di internazionalità sono

disciplinati “in ogni caso” dalla Convenzione di Roma del 19 Giugno 1980.

Gli artt. 3 e 4 della Convenzione prevedono, in linea di principio, che le

Parti siano libere di scegliere la legge applicabile al loro rapporto.

In ambito Unione Europea, la materia della legge applicabile al contratto

è regolata dalla Convenzione di Roma (1980) “sulla legge applicabile alle

obbligazioni contrattuali”, la quale detta regole uniformi a livello europeo

sui conflitti di legge in materia di contratti, allo scopo di prevenire il

fenomeno del cd. “forum shopping”.

In Italia, l’art. 57 della legge 31 Maggio 1995, n. 218 di "Riforma del sistema

italiano di diritto internazionale privato" rinvia espressamente alle norme

europee, stabilendo che i contratti con elementi di internazionalità sono

disciplinat

Gli artt. 3 e 4 della Convenzione prevedono, in linea di principio, che le

Parti siano libere di scegliere la legge applicabile al loro rapporto.

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IL DIRITTO DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE

Sebbene non venga richiesto che tale scelta sia espressa in forma scritta, è

sempre opportuno farlo, in quanto, in caso contrario, per essere fatta

valere “ la prescelta legge applicabile” , dovrà risultare in modo

ragionevolmente certo dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze

del caso.

In assenza di scelta della legge applicabile, l’art. 4 della Convenzione di

Roma del 1980 stabilisce, come criterio sussidiario, l’applicazione al

contratto della legge del Paese con il quale il contratto presenta il

collegamento più stretto , presumendo che, tale circostanza si abbia con il

Paese in cui la Parte che deve fornire la “prestazione caratteristica” ha, al

momento della conclusione del contratto, la propria residenza abituale o la

propria amministrazione.

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NUOVE TIPOLOGIE DI CONTRATTI

Quando un prodotto richiede di essere distribuito in quantità ancora

maggiori su un mercato territorialmente vasto, magari internazionale e,

spesso, in maniera capillare (è il caso dei beni di massa) la possibilità che

possa lo stesso Imprenditore curarne anche la distribuzione si affievoliscono.

Una valida alternativa è allora quella di far sì che la distribuzione dei

prodotti avvenga ad opera di soggetti terzi (distribuzione indiretta) , suoi

Intermediari che, servendosi di una propria organizzazione , assumano nei

suoi confronti e in maniera stabile, l’obbligo di commercializzare quegli

stessi prodotti secondo precise politiche di marketing, predeterminate

dall’Imprenditore stesso e in maniera da quest’ultimo il più possibile

controllabile.

IL CONTRATTO INTERNAZIONALE

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Così facendo, l’Imprenditore si garantisce la possibilità non solo di

conservare un controllo sul modo in cui la distribuzione avviene, ma anche

di ridurre (come ad esempio nel caso del Rapporto di Agenzia) o persino di

eliminare (come, ad esempio, nel caso dal Franchising) i costi di

distribuzione dei prodotti che finiscono così con il gravare sul solo

Distributore.

I contratti tra Produttore e Terzo Distributore sono chiamati, per convenzione

“Contratti di distribuzione”

Va sottolineato il fatto come tali “contratti” siano spesso il frutto di

un’evoluzione giuridica in campo internazionale e che, dei medesimi non

esista una regolamentazione legislativa specifica. Ancora oggi si è lontani

dall’approdare a soluzioni legislative unitarie e cogenti nel commercio

internazionale, applicabili alle Parti a prescindere dalla loro nazionalità.

IL CONTRATTO INTERNAZIONALE

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IL CONTRATTO D’AGENZIA

Con una formula che, in buona sostanza, coincide con quella di numerosi

altri ordinamenti, il codice civile italiano definisce il Contratto di Agenzia

(Agency nei Paesi anglosassoni) come quel contratto nel quale una Parte

(l’Agente) assume stabilmente verso retribuzione l’incarico di promuovere,

per conto di un’altra Parte (il Proponente) la conclusione di contratti in una

determinata zona territoriale.

In particolare, attraverso il Contratto di Agenzia, l’Agente assume nei

confronti del Proponente una duplice obbligazione: l’una, di mezzi, che gli

impone l’obbligo di promuovere la conclusione di determinati affari del

Proponente; l’altra, di risultato, che fa sì che il suo diritto alla retribuzione

per il lavoro svolto (c.d. provvigione) si abbia solo con riferimento a quei

contratti che, conclusi grazie alla propria attività, siano andati a buon fine e

si abbia solo in proporzione (normalmente in percentuale) al volume

d’affari conclusi per il proprio tramite.

IL CONTRATTO INTERNAZIONALE

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L’Agente non è un lavoratore subordinato, bensì autonomo, malgrado il

carattere di stabilità che caratterizza il suo rapporto, ed in questo sta la

differenza con altri soggetti, quali i Piazzisti e i Commessi viaggiatori, i quali,

pur svolgendo attività sostanzialmente analoga, sono dipendenti

dell’Imprenditore.

Sull’Agente, quindi, non solo grava il rischio dell’inadempimento dei

Clienti, ma egli, inoltre, svolge la propria attività in piena autonomia senza

essere sottoposto alla direzione del Proponente, dotandosi di una propria

organizzazione, fino al punto di divenire, a sua volta, un Imprenditore (in

particolare, un Imprenditore commerciale).

IL CONTRATTO INTERNAZIONALE

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IL CONTRATTO DI FRANCHISING

( O DI AFFILIAZIONE COMMERCIALE)

Con il contratto di franchising una Parte (il Franchisor) concede, dietro

corrispettivo, ad un’altra Parte (il Franchisee) il diritto di rivendere i propri

beni e/o di erogare i propri servizi e/o di servirsi del proprio know-how,

normalmente, con l’obbligo da parte del medesimo Franchisee di utilizzare,

nello svolgimento della propria attività commerciale, gli stessi marchi di cui

è titolare il Franchisor , nonché l’ immagine commerciale di questi.

Nella pratica, tale integrazione nella struttura distributiva del Franchisor

viene comunemente realizzata ponendo a carico del Franchisee l’obbligo di

allestire i propri locali commerciali secondo le direttive impartite dal

Franchisor, così da creare una rete distributiva standardizzata sul piano

dell’immagine (vds. insegne, arredamenti, assortimento e tipologia di prodotti,

etc.) e delle politiche commerciali, idonea a creare nel pubblico dei

consumatori l’impressione di entrare in contatto direttamente con il

Franchisor.

IL CONTRATTO INTERNAZIONALE

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Quest’ultima circostanza consente al Franchisee di beneficiare

dell’avviamento commerciale del Franchisor più di quanto non gli sarebbe

possibile utilizzando lo strumento della concessione di vendita; sotto un

altro aspetto, peraltro, il contratto realizza una forma di dipendenza

economica dal Franchisee nei confronti del Franchisor, che deriva dalla

situazione di distributore esclusivo dei prodotti di quest’ultimo di cui finisce

con il risentirne le sorti, positive o negative.

Al Franchisor il contratto consente, invece, di realizzare una politica

distributiva particolarmente incisiva sul piano dell’impatto dei prodotti sul

mercato grazie ad una più facile proliferazione delle strutture distributive e

alla loro standardizzazione sul piano dell’immagine; ciò egli spesso ottiene

anche riservandosi contrattualmente il diritto di verificare, direttamente,

presso il Franchisee il rispetto delle direttive comportamentali impartitegli

per il mantenimento degli standard qualitativi contrattualmente impostigli

IL CONTRATTO INTERNAZIONALE

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GLI “INCOTERMS”

Come già detto, le più rilevanti problematiche dei contratti di vendita

internazionali che possono emergere con riferimento alla consegna della

merce ed alla allocazione dei rischi sono state approfondite dalla Camera di

Commercio Internazionale (CCI) che ne ha tratto una “raccolta di termini”

utilizzati nel campo delle importazioni ed esportazioni, valida in tutto il

mondo, che definisce in maniera univoca e senza possibilità di errore ogni

diritto e dovere competente ai vari soggetti giuridici coinvolti in una

operazione di trasferimento di beni da una nazione ad un'altra, denominata

Incoterms, contrazione di international commercial terms.

La prima raccolta risale al 2000 (da cui la denominazione Incoterms 2000),

mentre l'ultima revisione dell'accordo è stata effettuata nel 2010 ed è

entrata in vigore il 1º gennaio 2011, per cui da quella data la denominazione

corretta da utilizzare è Incoterms 2010.

IL CONTRATTO INTERNAZIONALE

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La rilevanza che ad essi va attribuita è tale da essere considerati punti di

riferimento quali elemento interpretativo degli usi del commercio

internazionale della Corte di Giustizia UE (9 giugno 2011, n. 87).

L’attività della CCI è andata anche oltre la predisposizione di singole regole,

giungendo ad elaborare un Modello di Contratto di vendita internazionale,

nel quale si evidenziano le diverse conseguenze dell’adozione dei singoli

“Incoterms”

Occorre precisare che , nella nostra datata giurisprudenza, è prevalente

l’orientamento secondo cui, affinché gli “Incoterms” possano rendersi

applicabili, è necessario un esplicito richiamo ad essi nell’ambito del

contratto, non essendo, invece, sufficiente l’adozione di una delle formule di

per sé caratterizzanti gli Incoterms, con indicazione puntuale alla raccolta

alla quale si intende fare riferimento (ad esempio, Incoterms 2010)

IL CONTRATTO INTERNAZIONALE

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DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE

I PAGAMENTI E LE GARANZIE INTERNAZIONALI

Nel contesto internazionale, invece, le monete aventi corso legale sono più

d’una; negli scambi internazionali la convertibilità della moneta assume

rilievo particolare. Estrema importanza riveste inoltre la distinzione tra

la moneta del contratto (c.d. di conto) e la moneta di pagamento.

Se la prima fissa il quantum (l’ammontare complessivo) dell’obbligazione

pecuniaria , la seconda è quella ammessa nel luogo dell’adempimento

dell’obbligazione medesima “cioè quella mediante cui l’obbligazione deve

essere soddisfatta”.

Al fine di determinare il quomodo (modalità per estinguere) l’obbligazione

pecuniaria, la legge del luogo di pagamento (lex loci solutionis) stabilirà la

moneta di pagamento con particolare riferimento alla normativa sul

controllo dei cambi e sulle obbligazioni pecuniarie ivi in vigore.

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DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE

Nell’Unione Europea si registrano due differenti modelli: in Italia,

Olanda, Portogallo, Paesi Scandinavi e Paesi di Common law la regola

generale individua detto luogo nel domicilio o nella sede dell’impresa del

creditore; in Francia, Spagna, Belgio, Lussemburgo e Paesi di Civil law,

nel domicilio o nella sede dell’impresa del debitore.

Per l’art. 57.1.a* della Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita

internazionale di beni mobili, in assenza di diversa previsione contrattuale, il

compratore è tenuto a pagare il prezzo presso la sede d’affari del

venditore/creditore; medesima conclusione si registra all’art.6.1.6.a. dei

Principi Unidroit.

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DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE

CREDITI DOCUMENTARI: LE NUOVE UCP 600

L’uso dell’assegno o del bonifico internazionale presuppone, da parte del

creditore (venditore, intermediario) o da parte dell’acquirente che paga in

via anticipata/posticipata, la massima fiducia nella serietà e/o solvibilità

della controparte.

Spesso, infatti, a causa delle distanze, il pagamento avviene in via

anticipata o in via posticipata, con la conseguenza che una delle due parti

deve accollarsi il rischio di inadempimento assai elevato nel commercio

estero, data la scarsa conoscenza della controparte, dell’operare

nell’ambito di ordinamenti giuridici diversi e del prevalere di usi

commerciali difformi.

La contestualità delle due prestazioni può realizzarsi convenendo nel

contratto che il pagamento debba avvenire contro cessioni di documenti

rappresentativi della merce (c.d. vendita contro documenti); in tal modo

l’esportatore, eseguita regolarmente la propria prestazione “si libera …

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DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE

• … dall’obbligo della consegna rimettendo al compratore il titolo

rappresentativo della merce e gli altri documenti stabiliti nel contratto o,

in mancanza, negli usi”. (vds. art 1527 cc) (art. 1527 c.c.). Della vendita su documenti e con pagamento contro documenti

Nella vendita su documenti, il venditore si libera dall'obbligo della consegna rimettendo al compratore il titolare rappresentativo della merce e gli altri documenti stabiliti dal contratto o, in mancanza, dagli usi.

Nelle transazioni commerciali internazionali regolate contro

presentazione di documenti, l’esportatore invia alla propria controparte

estera documenti emessi direttamente o rilasciati da terzi in relazione alla

fornitura negoziata.

Tali documenti vengono spediti all’importatore, tramite un Istituto

Bancario, al fine di consentire a quest’ultimo, prima dell’arrivo della

merce, di disporre della documentazione necessaria per l’identificazione

della stessa, per l’espletamento di eventuali formalità valutarie o doganali

e, in taluni casi, per il conseguimento dell’effettivo possesso della merce,

una volta giunta a destinazione.

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DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE

I documenti in uso negli scambi commerciali internazionali possono essere

così classificati:

documenti di identificazione della merce ( vds. fattura commerciale,

fattura consolare, certificato di origine, ecc.);

documenti assicurativi (polizza o certificato di assicurazione);

documenti di trasporto e di disponibilità (polizza di carico, lettera di

trasporto aereo, lettera di vettura).

Quindi la modalità più frequente e meno rischiosa di pagamento delle

esportazioni è rappresentata dal pagamento contro documenti, detto

anche Credito Documentario, realizzato nella forma della c.d. “ lettera di

credito”.

Presente nel nostro ordinamento ma di limitato utilizzo, il credito

documentario è di frequente impiego nella prassi commerciale

internazionale, successo giustificato dall’intervento delle Banche nel …

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DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE

… pagamento e nella consegna transnazionale dei documenti

rappresentativi, ed al conseguente abbattimento dei rischi in cui

normalmente incorrono le parti.

Il credito documentario, oltre che strumento di pagamento, risulta essere

anche uno strumento di garanzia quando è irrevocabile e confermato (in

tal caso, esso può essere annullato solo previo consenso delle Parti

interessate), ma anche uno strumento finanziario, perché potrebbe essere

smobilizzato dal venditore e dunque ceduto a terzi.

La disciplina del credito documentario è contenuta nelle Norme ed usi relativi

ai crediti documentari (UCP 600/2007), ai sensi dell’art. 4 “un impegno che

una banca (Emittente) assume verso un proprio cliente (Ordinante) a

provvedere direttamente o tramite suo corrispondente ad effettuare

pagamenti verso un terzo (Beneficiario), o ad accettare o negoziare tratte da

questi emesse, dietro consegna di determinati documenti”.

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DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE

IL CONTENZIOSO INTERNAZIONALE

PROBLEMI E FONTI NORMATIVE

La risoluzione delle controversie nell’ambito del commercio

internazionale solleva varie questioni che, normalmente, non si pongono

per le cause puramente interne.

Rileviamo innanzitutto che tali controversie sono molto spesso risolte

attraverso il ricorso all’arbitrato o ad altri modi alternativi della

risoluzione delle controversie (Alternative Dispute Resolution, nozione che

abbraccia: la conciliazione, la mediazione, la perizia arbitrale e varie

tecniche più moderne).

Nella Parte 1^ della presente trattazione ci occuperemo, esclusivamente,

del ricorso alla giustizia statale, mentre nella Parte 2^ ci occuperemo

dell’arbitrato internazionale

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DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE

PARTE PRIMA

(Ricorso alla giustizia statale)

In tali ipotesi, occorre stabilire in primo luogo, se la giurisdizione

appartenga ai tribunali interni o a quelli di uno Stato straniero. Nel caso

in cui i tribunali di più Paesi si considerino competenti, è inoltre possibile

che la medesima causa venga portata dinanzi ai tribunali di due Stati

diversi, creando un conflitto positivo di competenza, che può essere risolto

soltanto attraverso regole sulla litispendenza o sulla connessione operanti

anche sul piano internazionale.

La determinazione dello Stato in cui la causa sarà discussa non è

questione priva di conseguenze, ma può avere rilevanti implicazioni sotto

il profilo: dei costi e della durata del processo, dei mezzi consentiti per

l’accertamento dei fatti, nonché della determinazione del diritto applicabile

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DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE

In effetti, i giudici nazionali applicano le regole di Diritto internazionale

privato vigenti nel proprio ordinamento, e queste, in assenza di

uniformità, possono condurre all’applicazione del diritto materiale di

Stati distinti.

A ciò aggiungasi, che, quando si è ottenuta una decisione da parte dei

giudici di uno Stato, si può porre (anzi, di sicuro, si porrà) il problema di

ottenere il riconoscimento e l’esecuzione all’estero della stessa.

Ai nostri giorni, tutte le questioni di procedura civile internazionale che

abbiamo menzionato sono regolate sia da norme interne sia da

convenzioni internazionali di diritto internazionale privato uniforme.

Per l’Italia, le fonti principali della disciplina sono: la l. 31 maggio 1995, n. 218

“riforma del sistema di diritto internazionale privato”; il Regolamento comunitario

n. 44/2001 anche detto Bruxelles I (erede diretto della Convenzione di Bruxelles del

1968), nonché la Convenzione di Lugano del 1988 (aggiornata nel 2007). Con

Regolamento UE 1215/2012 competenza giurisdizionale, riconoscimento ed

esecuzione delle decisioni , a decorrere dal gennaio 2015 verrà abrogato e sostituito

il Regolamento n. 44/2001.

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DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE

Il Regolamento Bruxelles I che, per sua natura, è direttamente applicabile

in Italia come negli altri Stati membri dell’Unione e che prevale sulle

norme interne contrastanti, è il frutto dell’attribuzione alle istituzioni

comunitarie di una nuova competenza in materia di diritto internazionale

privato.

La base legale è costituita dall’art. 81 del Trattato sul Funzionamento

dell’Unione europea. Il Regolamento Bruxelles I è in vigore negli Stati

membri dell’Unione europea dal 2002; dal punto di vista del contenuto, il

Regolamento riprende la struttura e i principi fondamentali della

Convenzione di Bruxelles del 1968, introducendo, tuttavia, varie modifiche

puntuali: esso contiene, come la Convenzione, norme uniformi sia sulla

competenza giurisdizionale sia sulla litispendenza, al fine di agevolare la

circolazione delle decisioni degli Stati membri. Quanto al suo ambito di

applicazione ratione materiae, il Regolamento n. 44/2001 copre, come la

Convenzione del 1968, la “materia civile e commerciale”, escludendo: le

controversie in materia di statuto personale, di diritto di famiglia e di

successioni, il fallimento e l’arbitrato.

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PARTE SECONDA

(L’arbitrato commerciale internazionale)

Tra i mezzi di risoluzione delle controversie, l’arbitrato ha incontrato un

favore crescente, in ragione di una pluralità di fattori.

Su tutti:

-la possibilità di ottenere decisioni in tempi ragionevoli, a fronte della

manifesta lentezza della giustizia statale;

-la capacità del variare degli elementi del procedimento in funzione della

natura e dell’oggetto della controversia.

Le esigenze di celerità e la diversificazione del procedimento sono in modo

particolare avvertite anche nell’ordinamento italiano, dove si va, anche se

con lentezza, facendo largo un arbitrato irrituale, che trova la sua fonte

nell’autonomia contrattuale delle Parti, vincolato solo al rispetto di quei

principi processualistici fondamentali, che sono: 1) l’imparzialità , 2) il

contraddittorio. 38

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Nei traffici economici transnazionali, le dispute presentano di solito uno o

più caratteri specifici, tra i quali essenzialmente:

1) le Parti sono di nazionalità diversa;

2) le prestazioni contrattuali devono essere eseguite in uno Stato diverso da

quello di nazionalità di uno o di tutti i contraenti;

3) i contratti sono soggetti alla legge di uno Stato diverso da quello di uno o

d’entrambi i contraenti

4) le Parti possono voler risolvere la controversia secondo usi e regole dello

specifico ambiente mercantile al quale si appartiene.

Queste caratteristiche (che non esauriscono i possibili elementi di estraneità

che una controversia del commercio internazionale presenta rispetto

all’ordinamento di un solo Stato) sono però già sufficienti a far capire

perché, in un tal caso, la Parti possono ritenere opportuno ricorrere, per la

sua risoluzione, a procedure alternative alla giustizia statale com’è appunto

l’arbitrato. 39

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Le principali tipologie di arbitrato internazionale che si possono riscontrare

sono: l’arbitrato istituzionale e l’arbitrato ad hoc.

Il primo ricorre nel caso in cui le parti abbiano scelto, quale disciplina

applicabile al procedimento arbitrale, il regolamento adottato da un

determinato istituto arbitrale, che amministrerà quindi, in modo più o meno

rigido, la procedura e fornirà anche l’assistenza che le parti dovessero

eventualmente richiedere.

La seconda forma di arbitrato è rappresentata, invece, dal procedimento

arbitrale cosiddetto ad hoc, il quale si verifica quando le parti non hanno

voluto o potuto, per mancanza di accordo, selezionare un determinato

istituto, ma hanno disciplinato direttamente nella clausola arbitrale il

procedimento e le regole ad esso applicabili, che vengono, quindi,

appositamente delineate in relazione alla fattispecie concreta e che terranno,

pertanto, conto sia del contratto stipulato tra le parti sia della controversia

tra le stesse sorta o che potrà sorgere.

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DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE

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L’arbitrato delle controversie commerciali internazionali, dunque, forma

oggetto di convenzioni internazionali tra Stati.

In particolare devono essere menzionate la Convenzione di New York del 1958

e la Convenzione di Ginevra del 1961 e, in genere, in ogni Stato riceve

specifica disciplina giuridica ( dalla fase del riconoscimento ed efficacia

dell’accordo di devoluzione ad arbitri di simili controversie, passando per la

fase dello svolgimento del giudizio arbitrale, a finire a quella del

riconoscimento ed esecuzione delle decisioni degli arbitri nei diversi Stati).

Fermi i due principi fondamentali (potremmo dire di diritto naturale) come

quello della terzietà dell’arbitro (anche detto imparzialità)e quello del rispetto

del contraddittorio, aspetti minori anche se anch’essi importanti attengono

alla lingua del procedimento, al luogo della riunione, alla durata, alla

disciplina della presentazione delle prove, ecc..

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FONTI : CONVENZIONI INTERNAZIONALI

Le fonti dell’arbitrato internazionale sono rappresentate, oltre che dalla

volontà delle parti espressa nell’accordo arbitrale, dalle convenzioni

internazionali, dai regolamenti arbitrali e dalle leggi in materia contenute

nei diversi ordinamenti nazionali.

Nell’ambito della prima categoria di fonti riveste carattere fondamentale la

Convenzione di New York, in materia di riconoscimento ed esecuzione dei lodi

arbitrali stranieri, la quale è stata adottata nel 1958 e risulta essere stata

ratificata da più di 140 stati.

Tra le fonti dell’arbitrato internazionale vanno annoverate anche altre

convenzioni, tra le quali citiamo la Convenzione Europea in materia di

arbitrato commerciale internazionale, adottata a Ginevra nel 1961, allo scopo

di promuovere le transazioni commerciali tra Europa orientale ed Europa

occidentale

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IL COLLEGIO ARBITRALE

Le Parti sono libere di scegliere, direttamente nell’accordo arbitrale

(attraverso la clausola compromissoria) o successivamente al sorgere della

controversia (si parla allora di un nuovo accordo, detto compromesso in

arbitri), il numero degli arbitri incaricati di decidere delle controversie tra le

stesse insorte. In caso manchi tale indicazione, la scelta in questione dovrà

essere effettuata sulla base delle disposizioni contenute nel regolamento

arbitrale, eventualmente richiamato dalle Parti nel compromesso, oppure

della legge applicabile alla procedura (solitamente, tale disciplina fa

riferimento ad un arbitro unico o a tre arbitri).

Allo stesso modo, il processo di nomina degli arbitri è lasciato alla

discrezionalità delle Parti. Tuttavia, qualora queste ultime non riescano a

raggiungere un accordo o adottino dei comportamenti ostruzionistici e non

collaborativi spetta, solitamente, ad un’appointing authority esterna (quale,

ad esempio, un istituto arbitrale, un persona fisica o il tribunale ordinario)

provvedere in tal senso 43

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METODI DI COMPOSIZIONE AMICHEVOLE DELLE CONTROVERSIE

Se l’arbitrato è un sistema consono alla mentalità ed alle esigenze degli operatori del

commercio internazionale, è vero che nella pratica sono apprezzati anche altri

metodi privati extragiudiziari di risoluzione delle controversie, distinti dall’arbitrato

e che assolvono a finalità in parte diverse.

Con l’arbitrato si decide infatti una controversia e la decisione degli arbitri vincola le

Parti con carattere di definitività; l’arbitrato vede sempre un soccombente ed un

vincitore (cosa che le Parti vogliono quando ricorrono a questo istituto, in alternativa

al giudizio delle Corti nazionali).

Ma gli interessati possono anche decidere di raggiungere una composizione

amichevole per la loro disputa, attraverso una procedura non contenziosa, più breve e

meno costosa, al termine della quale le rispettive posizioni siano conciliate. Si tratta

della ricerca di metodi alternativi di risoluzione delle controversie, metodi cosiddetti

amichevoli, per contrapporli a quelli dei contenziosi.

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Al riguardo, le Nazioni Unite, attraverso l’UNCITRAL, nel 1993 hanno messo a

punto e a disposizione degli Stati una Legge Modello sulle procedure di conciliazione

per le dispute del commercio internazionale.

Come per l’arbitrato, il ricorso a questi meccanismi può essere previsto in una

clausola contrattuale o deciso a mezzo di un nuovo accordo (compromesso) per

risolvere una controversia già insorta.

Anche qui è previsto l’intervento di un Soggetto Terzo, in una posizione neutrale,

dedicato alla soluzione della controversia, salvo che, a differenza che nell’arbitrato,

però questo soggetto non emette una decisione vincolante; il suo operato può essere o

meno accettato dai litiganti, senza che ciò comporti conseguenze che incidano

giuridicamente sugli interessi sostanziali in gioco (in linea generale questi tentativi

sono esperiti prima o durante il ricorso all’arbitrato o alla giustizia statuale)

Si distingue spesso tra pratiche di Conciliazione e di Mediazione

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Nella conciliazione , il Terzo o i Terzi, scelti con tecniche simili a quelle per la

nomina degli Arbitri, studiano la controversia e sottopongono alle Parti una

“soluzione”, lasciando alle medesime di procedere alla definizione della lite sulla base

dell’opinione da essi rilasciata.

Nella mediazione, il Terzo o i Terzi intraprendono un’opera di riavvicinamento

delle posizioni delle Parti, attraverso un “negoziato”; l’attività è sostanzialmente

diretta a definire i termini di una transazione.

Rispetto al Conciliatore, il ruolo del Mediatore è più creativo, potendosi anche

estendere a questioni originariamente estranee alla controversia.

Le procedure di amichevole composizione conducono, in caso di riuscita, alla

stipulazione di un accordo tra le Parti.

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