Corso di laurea in Scienze dell‟Educazione
A. A. 2011 / 2012
Istituzioni di Linguistica (M-Z)
Dr. Giorgio Francesco Arcodia
1. Le lingue storico-naturali
Linguaggio (umano): capacità (o facoltà) innata di sviluppare un sistema di
comunicazione con le caratteristiche del linguaggio umano.
Lingua storico-naturale: una delle possibili realizzazioni del linguaggio umano, specifica
di una comunità → italiano, francese, tedesco, giapponese, turco...
“Le lingue umane sono dette perciò anche, secondo la formulazione del filosofo tedesco
Wilhelm von Humboldt, lingue storico-naturali: da un lato sono apprese in modo naturale
e spontaneo, dall‟altro sono il prodotto di un‟evoluzione attraverso il tempo e sono
strettamente legate alla comunità linguistica che le usa.”
(Basile, G. et al., 2010, Linguistica Generale, Roma, Carocci)
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Cf. inglese language, ted. Sprache → nessuna distinzione tra „linguaggio‟ e „lingua‟
→ prodotto sociale; le lingue non esistono come oggetti indipendenti rispetto alle
comunità che le usano.
→ una lingua è un sistema di segni (codice), ovvero un insieme di convenzioni adottate
da una comunità di parlanti.
→ le lingue hanno caratteristiche comuni (universali linguistici), come la ricorsività e la
dipendenza dalla struttura, in quanto sono manifestazioni del linguaggio; tuttavia, esse
possono differire grandemente per altri aspetti (es. l‟ordine delle parole).
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1.1 Linguaggio vs. lingue
(1) Il linguaggio è congenito (o innato); la facoltà del linguaggio non viene appresa, fa
parte del patrimonio genetico dell‟individuo e lo dispone all‟apprendimento di una o più
lingue (storico-naturali); le lingue non sono congenite, vengono trasmesse per tradizione
(2) Il linguaggio è inapprendibile; dato che è presente naturalmente in ogni individuo, il
linguaggio non può essere insegnato né imparato; le lingue, invece, sono apprendibili (in
modo diverso a seconda dell‟età)
(3) il linguaggio è incancellabile; mentre è possibile (e nemmeno troppo raro!!)
dimenticare la propria lingua madre o una o più delle lingue che si è appreso, non è
possibile „dimenticare‟ la facoltà del linguaggio;
(4) il linguaggio è universale, è ugualmente presente in tutti gli esseri umani; le lingue
non sono universali (circa 6.900 diverse)
(5) il linguaggio è immutabile; da quando la nostra specie ha acquisito il linguaggio,
questo non ha mutato le sue caratteristiche (mentre mutano, ovviamente, le lingue).
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Lingue verbali: sistemi caratterizzati da un‟espressione primariamente fonico-acustica;
sono composte di suoni, prodotti dall‟apparato fonatorio e destinati alla ricezione
dell‟apparato uditivo (cf. il nome “lingua”).
→ l‟uomo utilizza anche modalità di comunicazione non verbali: espressione del volto,
sguardo, gesti, postura, vocalizzazioni non verbali (es. grida, etc.)
→ l‟uomo può creare nuovi codici, mentre gli animali possono esprimersi mediante i
propri codici specifici
→ anche i sistemi di comunicazione animale possono avere espressione fonico-acustica:
canto degli uccelli, richiamo dei gorilla, etc.; tuttavia, le lingue verbali hanno
caratteristiche uniche, espressione della facoltà del linguaggio umano
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2. Le lingue e i codici
“(…) le lingue sono codici (un termine equivalente a sistemi di segni, ma molto più
comodo nell‟uso), cioè sistemi di corrispondenze tra l‟ordine dell‟espressione e l‟ordine
del contenuto, destinati alla trasmissione di informazione tra un emittente e un ricevente
attraverso la produzione e la diffusione di messaggi.” (Simone, R., 1999, Fondamenti di linguistica, Bari, Laterza)
→ esempi di codici possono essere il sistema di numerazione arabo, quello romano, la
segnaletica stradale, etc.
→ un codice consta di unità di base e di regole che ne permettono la combinazione
→ parole chiave: codice
espressione
contenuto
emittente
ricevente
messaggio
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codifica: assegnare ad un dato contenuto l‟espressione appropriata.
decodifica: identificare il contenuto a partire dall‟espressione.
Es.:
Il codice Morse ha due sole unità: „punto‟ e „linea‟
Esempi di messaggi:
… - - - … „SOS‟
- - . - - . - - - „mano‟
A partire dalle unità [l], [i], [m], [a] della lingua italiana, possiamo formare i messaggi
„lima‟ e „mali‟; possiamo formare anche „mlia‟ e „iaml‟, che sono però non-messaggi
(non rispettano le regole del codice).
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Segno: “qualcosa che sta per qualcos‟altro e serve per comunicare questo qualcos‟altro” (Berruto, G. & Cerruti, M., 2011, La linguistica: un corso introduttivo, Torino, UTET)
→ unità fondamentale della comunicazione; associazione di contenuto ed espressione
Tipi di segni:
(1) Indici = segni in cui l‟espressione e il contenuto sono legati da un rapporto di origine
naturale e di tipo causale → non sono segni prodotti volontariamente
Ess.: starnuto → raffreddore
orme nella neve → è passato qualcuno
fumo nell‟aria → fuoco
→ le caratteristiche di un oggetto o di un evento non saranno interpretate ugualmente da
ogni ricevente; la base del segno viene dalle caratteristiche pertinenti, l‟interpretazione
dipende dal contesto e dal ricevente
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(2) Segnali = segni naturalmente motivati, usati intenzionalmente
Ess.: sbadiglio (volontario) → noia
latrato di allarme della scimmia → predatore in vista
(3) Icone = segni che rinviano a un oggetto o a un evento per analogia (per somiglianza)
→ segni prodotti volontariamente
Ess.:
Onomatopee e ideofoni: tintinnio, boom
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(4) Simboli = legame tra espressione e contenuto non ha motivazioni naturali o
analogiche (≠ indici, icone), è di tipo convenzionale (culturalmente motivato)
Ess.: nero → lutto, azzurro → maschio, rosa → femmina; bianco, rosso e verde → Italia
(5) Segni in senso stretto = totalmente immotivati ed arbitrari
→ tipicamente, i segni linguistici
→ frequentemente, in uno stesso segno coesistono elementi degli indici, delle icone e dei
simboli
→ simboli e segni in senso stretto possono essere considerati affini, in quanto
condividono la caratteristica della motivazione convenzionale
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→ Si confrontino:
versus
„maschio‟ e „femmina‟, Polonia
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2.1 Il segno linguistico
Segno linguistico: l‟unione di un significato (piano del contenuto) e di un significante
(piano dell‟espressione) → entità biplanare
Ess.:
Significante Significato
<Cane> / [„kane]
<Libri> / [„libri]
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→ il segno è l‟unione di significato e significante, questi sono inscindibili
→ “Le nuvole minacciano pioggia, ma non sono lo pioggia, e il piede che batte a terra è
segno di irritazione, non è l‟irritazione: altrimenti, come scriveva J. L. Borges in una sua
famosa poesia, nelle lettere di rosa si troverebbe la rosa, e tutto il Nilo nella parola Nilo” (Basile, G. et al., 2010, Linguistica Generale, Roma, Carocci)
→ il significato non corrisponde all‟oggetto, ma al „concetto‟; il significante non è il
suono dal punto di vista fisico, ma corrisponde ad un „immagine acustica‟, la traccia
„mentale‟ (psychique) di un suono (cf. Saussure, Ferdinand de, 1916, Cours de linguistique générale, Parigi, Payot; edizione italiana a cura di Tullio
De Mauro, 1967, Bari, Laterza)
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Alcune proprietà del segno linguistico:
(1) distintività; un segno (ad es., una parola) è distinto dagli altri segni
(2) linearità; il segno si estende nel tempo o nello spazio e l‟ordine è fondamentale, „ha‟ è
diverso da „ah‟, „a Laura piace Paolo‟ è diverso da „a Paolo piace Laura‟, etc.
→ il significante si sviluppa in una direzione sola
→ cf. cartelli stradali; in un segnale come non è importante se viene realizzata
prima la parte blu o la parte rossa, è un segno non lineare
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(3) arbitrarietà; l‟associazione tra significante (espressione) e significato (contenuto) è
arbitraria, il significante non „somiglia‟ al significato e l‟associazione tra i due è una
convenzione di ogni lingua; “non c‟è alcun VINCOLO NATURALE e NECESSARIO tra il
significante e il significato di ciascun segno” (R. Simone) → arbitrarietà assoluta
Es.: → ingl. star
it. stella
giapp. hoshi
cin. xīngxing
fr. étoile
gr. astéri
rus. zvezda
irl. réalta
turc. yıldız
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L‟arbitrarietà può essere intesa su quattro livelli
→ triangolo semiotico
Es.: gatto
significato („felino domestico...”)
---------------------------------------------
significante ([„gat:o]) referente (realtà esterna)
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a. Arbitrarietà/1: è arbitrario il rapporto tra segno e referente; non c‟è legame naturale tra
il segno gatto e l‟animale gatto
b. Arbitrarietà/2: è arbitrario il rapporto tra significante e significato → arbitrarietà
assoluta (vedi sopra)
c. Arbitrarietà/3: è arbitrario il rapporto tra forma e sostanza del significato →
arbitrarietà semantica
Ess.:
it. dita
ing.
fingers
toes
it. fratello
cin. gēge
(maggiore)
dìdi
(minore)
rus. ruka
it. mano braccio
it. andare
ted. gehen
(a piedi)
fahren
(con un
mezzo di
trasporto)
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d. Arbitrarietà/4: è arbitrario il rapporto tra forma e sostanza del significante →
arbitrarietà formale
Ess.: latino mălum „male‟ ([a] breve) vs. mālum „mela‟ ([a] lunga)
italiano male, mela → la lunghezza della vocale è irrilevante
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→ possibile eccezione all‟arbitrarietà del segno: le onomatopee. Tuttavia:
- sono limitate in numero
- possono essere diverse da lingua a lingua; it. bau, fr. wouf, giapp. wan, ing. woof o
bark, russ. gav, etc.
- possono diventare „opache‟ nel tempo; lat. pipio > it. piccione
→ diversi gradi di arbitarietà: benzina, cenere vs. benzinaio, portacenere
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Arbitrarietà vs. motivazione:
Es.: formazione del plurale dei nomi tramite aggiunta di materiale linguistico alla forma
singolare → principio di iconismo: più referenti = più materiale
tedesco Tisch „tavolo‟ vs. Tische „tavoli‟
turco adam „uomo‟ vs. adamlar „uomini‟
indonesiano anak „bambino‟ vs. anak-anak „bambini‟
→ si confrontino: sedia vs. sedie, russo karty „della mappa‟ vs. kart „delle mappe‟
Es./2: fonosimbolismo → associazione di determinati suoni a determinati significati
[i] = PICCOLO → piccino, minimo, ingl. little
→ si confrontino: massiccio, ingl. big,
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3. Principi generali dell’analisi linguistica
3.1 Sincronia e diacronia
Presupposto: le lingue cambiano del tempo (altrimenti, ancora oggi parleremmo latino, o
altro ancora).
Studio sincronico: analisi di un fenomeno colto in un dato momento temporale (senza
tenere conto della “storia”)
Es.: il sistema del verbo nell‟italiano contemporaneo
Studio diacronico: analisi del mutamento linguistico
Es.: la nascita dell‟articolo definito nelle lingue romanze
Lat. ille > it. la, lat. illu(m) > it. lo, etc.
Es./2: etimologia di buono < lat. bŏnu(m), cuoco < lat. cŏcu(m)
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Asse della simultaneità / sincronia (A-B) e asse della successione / diacronia (C-D):
C
A B
D
(da Saussurre, 1916)
(A-B): esclusione dell‟intervento del tempo
(C-D): cambiamenti lungo l‟asse del tempo
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Linguistica sincronica: studia com‟è fatta e come funziona una lingua
Linguistica diacronica: studia perché le forme di una lingua “sono come sono”
→ N.B.: „sincronico‟ non è sinonimo di „nel tempo presente‟; lo studio della morfologia
dell‟inglese antico, senza tenere conto di ciò che c‟era prima e di ciò che sarebbe venuto
dopo, è comunque uno studio sincronico.
Le lingue verbali vivono in diacronia, cambiano nel tempo (suoni, significati e forme
delle parole, sintassi, etc.); questo perché sono codici (prevalentemente) arbitrari (se
fossero iconici, non avrebbero motivo di cambiare). Il cambiamento non è intenzionale,
deciso dal singolo, ma si realizza nell‟uso della “massa parlante” (masse parlante;
Saussurre, 1916).
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3.2. Astratto vs. concreto, langue vs. parole
Si prendano le due parole <mano> e <meno>; ogni volta che queste vengono pronunciate,
si potranno avere delle [m], delle [a], delle [e], etc. leggermente diverse dal punto di vista
fonico-acustico (in termini di durata, altezza tonale…).
Livello astratto: /a/ /e/
Livello concreto: [a1] [a2] [a3] [a4] [e1] [e2] [e3] [e4]
Le differenze al livello concreto non producono distinzioni di significato; la distinzione
tra /a/ ed /e/, al contrario, serve a distinguere molte coppie di parole („coppie minime‟):
manto / mento, mela / mele, ma / me…
→ tra livello astratto e livello concreto vi è una distinzione di pertinenza; al livello astratto,
i fenomeni sono pertinenti
→ la distinzione tra un livello astratto ed un livello concreto è stata proposta in varie forme.
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F. De Saussurre: „langue‟ vs. „parole‟
Langue – livello astratto: una grammatica, arbitraria, sociale, che non può essere creata
né modificata da un individuo solo, convenzionale (come un „contratto‟, secondo de
Saussurre); “l‟ensemble des habitudes linguistiques qui permettent à un sujet de
comprendre et de se faire comprendre” (Saussurre 1916:112).
Parole – livello concreto: atto linguistico individuale, contingente, dominato
dall‟individuo.
→ langue e parole sono interdipendenti; la langue è allo stesso tempo lo strumento e il
prodotto della parole.
Langue: sociale, astratta; parole: individuale, concreta.
(cf. Saussure, Ferdinand De, 1916, Cours de linguistique générale, Parigi, Payot;
edizione italiana a cura di Tullio De Mauro, 1967, Bari, Laterza)
→ L. Hjelmslev: „sistema‟ vs. „uso‟
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N. Chomsky: „competenza‟ vs. „esecuzione‟
Competenza: ciò che un parlante “sa” della propria lingua, l‟insieme delle conoscenze
linguistiche di un parlante (largamente inconsapevole)
Esecuzione: ciò che un parlante “fa”, gli atti linguistici
→ la grammatica di una lingua è una descrizione della competenza del „parlante ideale‟
Livello astratto: langue sistema competenza
Livello concreto: parole uso esecuzione
→ N.B.: la „competenza‟di Chomsky è ben diversa dalla langue; la prima è individuale
(ciò che ogni individuo “sa” della propria lingua), la seconda è sociale, appartiene ad una
comunità linguistica. La langue è collettiva, la competenza è largamente condivisa.
(cfr. Chomsky, Noam, 1965, Aspects of the Theory of Syntax, Cambridge (MA), The MIT Press; trad. it. in Saggi
Linguistici, 1970. Torino, Boringhieri)
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3.3. Rapporti sintagmatici vs. rapporti paradigmatici (associativi)
Le lingue storico-naturali sono codici lineari; gli elementi (suoni, etc.) vengono disposti
in sequenza lungo un asse lineare.
“Ogni attuazione di un elemento del sistema di segni in una certa posizione nel
messaggio implica una scelta in un paradigma (o insieme) di elementi selezionabili in
quella posizione (...). D‟altra parte, e contemporaneamente, l‟attuazione di
quell‟elemento in un certa posizione implica la presa in conto degli elementi che
compaiono nelle posizione precedenti e susseguenti dello stesso messaggio (...)” (Berruto, G. & Cerruti, M., 2011, La linguistica: un corso introduttivo, Torino, UTET)
→ il “luogo” in cui vengono conservati nella memoria gli elementi linguistici è detto asse
paradigmatico
→ l‟asse sul quale si dispongono gli elementi linguistici è detto asse sintagmatico.
→ rapporti paradigmatici = rapporti in absentia (relazioni a livello del sistema)
→ rapporti sintagmatici = rapporti in praesentia (relazioni a livello delle strutture)
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Es.: le forme del prefisso negativo in-
inutile illogico irrilevante impossibile
→ la forma della consonante finale del prefisso è determinata dall‟elemento che la segue
nella catena fonica; [n] prima di vocale (ed altro), [l] prima di [l], [r], prima di [r], [m]
prima di [m], [p] o [b], etc.
→ rapporto sintagmatico, ovvero rapporto tra elementi compresenti (in praesentia)
Es.: il mio libro
questo mio libro
quel mio libro
→ il, questo e quel non possono essere tutti presenti nelle frasi di sopra: *il questo libro,
*questo quel mio libro, etc.; se si realizza uno di questi elementi non si può realizzare
l‟altro
→ rapporto associativo (paradigmatico), ovvero rapporto tra elementi mai compresenti
(in absentia)
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Es.: declinazione nominale maschile in russo
student „studente‟
Singolare Plurale
Nom. student studenty
Gen. studenta studentov
Dat. studentu studentam
Acc. studenta studentov
Str. studentom studentami
Prep. studente studentach
→ le desinenze (in grassetto) formano un paradigma; la presenza di una desinenza
esclude le altre
→ ogni elemento linguistico intrattiene rapporti sintagmatici (con gli elementi “vicini”) e
paradigmatici (con gli elementi che si sarebbero potuti trovare in quella posizione)