Il modello si basa sulla struttura del precedente MODELLO MATEMATICO-INFORMAZIONALE,
cui viene aggiunto il problema della significazione
Centrali in tale modello sono i fattori relativi a:
Modello semiotico-informazionale
Codice
Significante
Sottocodice
Significato
Decodifica
Decodifica aberrante
La comunicazione è concepita non come
trasferimento di informazione ma come
trasformazione da un sistema ad un altro.
La linearità è vincolata al
funzionamento dei fattori
semantici introdotti dal
concetto di codice.
Il codice garantisce la
possibilità di tale
trasformazione.
Eco, 1965
Modello semiotico-informazionale
Il destinatario del messaggio
non si limita a tradurlo in base
ad un codice in comune con la
fonte ma gli attribuisce un
senso, associandolo ad altri
codici che gli derivano dalla
cultura o subcultura di
appartenenza e che sono a loro
volta mediati da aspetti
psicologici e dalla sua
personalità.
Modello semiotico-informazionale
L’informazione non è più definibile come ciò che
rimane costante attraverso le operazioni reversibili
di codifica e di traduzione.
L’informazione non si propaga secondo un codice
uniforme, comune a emittente e ricevente.
Si innesta nel processo comunicativo il problema
della significazione.
La comunicazione rivela la sua intrinseca natura di
processo negoziale.
Eco, 1965
Modello semiotico-informazionale
Modello semiotico-informazionale
Eco, Fabbri 1965
Il modello mette in evidenza come tra il messaggio codificato alla fonte e il messaggio ricevuto come significato dal
destinatario, possano intercorrere elementi di difformità legati alle:
competenze linguistiche
competenze enciclopediche
competenze comunicative
In questo modo è definitivamente accantonata
l’idea del ricevente come soggetto passivo.
La comprensione è strutturalmente problematica.
Il feedback è rappresentato dal tentativo di
controllo dell’emittente sul livello di decodifica del
messaggio, che permette alla fonte una “decodifica
anticipatoria”.
Eco, 1965
Modello semiotico-informazionale
L’identificazione del segnale emanato dall’emittente non implica automaticamente la corretta interpretazione del messaggio da parte
del ricevente
Decodifica aberrante
Modello semiotico-informazionale
derailment of
understanding:
l’uscita dai binari
La decodifica aberrante
Incomprensione o
rifiuto del messaggio
per assenza di codice
(il messaggio è segnale
fisico non decodificato o
“rumore”)
Incomprensione per disparità dei codici
(il codice dell’emittente non è ben compreso dal destinatario)
??
La decodifica aberrante
Incomprensione del messaggio per interferenze circostanziali
Il codice dell’emittente è compreso dal
destinatario ma è modellato sul
proprio “orizzonte di attesa”
La decodifica aberrante
Rifiuto del messaggio per delegittimazione
dell’emittente (il codice dell’emittente è compreso dal
destinatario ma il senso viene stravolto per motivi ideologici)
Guerriglia semiologica decodifica
intenzionalmente
divergente
La decodifica aberrante
Stuart Hall
Direttore del Center of Contemporary Cultural Studies (CCCS) famoso come “Scuola di Birmingham” Lancia la rivista Working Papers in Cultural Studies (1972)
Encoding/Decoding Model
Teorico del modello Encoding/Decoding
(1973) in cui si ribadisce il concetto di
negoziazione del significato e si inaugura
la ricerca sulle dinamiche di fruizione
mediatica da parte del pubblico
Tre ipotetiche posizioni di lettura che determinano tre differenti modalità di decodifica:
1. la posizione dominante egemonica (lettura preferita)
Si attua una lettura “preferita” quando il telespettatore “prende il significato connotato da, diciamo, un
telegiornale o una rubrica di attualità direttamente e nella sua interezza e decodifica il messaggio nei termini
del codice attraverso il quale è stato codificato”
Encoding/Decoding Model
S. Hall, 1980
2. La posizione negoziata
(lettura negoziata: il destinatario accetta il codice
dominante ma elabora proprie definizioni)
L’uso del codice negoziato sottende un atteggiamento duplice:
“accordare la posizione privilegiata alle definizioni dominanti degli eventi, pur riservando il
diritto di attuarne un uso più negoziato legato a condizioni locali”
Encoding/Decoding Model
S. Hall, 1980
3. La posizione “di opposizione” (lettura oppositiva)
Nella posizione di opposizione, il telespettatore comprende la lettura preferita costruita e proposta, ma
ridefinisce “il messaggio all’interno di una qualche cornice di riferimento alternativa”.
Nel caso precedente avevamo fenomeni di distorsione della comunicazione, mentre qui non si crea
distorsione, ma si attiva la volontà di porre in rilievo le contraddizioni che una lettura contro le regole del
codice egemonico comporta.
Encoding/Decoding Model
S. Hall, 1980
I modelli della comunicazione di Schramm
W. Schramm, 1954
La formulazione iniziale ricalca lo schema comunicativo-informazionale di Shannon e Weaver
mantenendo per lo più inalterate le caratteristiche di linearità e unidirezionalità del processo.
I modelli della comunicazione di Schramm
W. Schramm, 1954
Il segnale si trova nel punto di intersezione dei campi di esperienza che il codificatore e il decodificatore mettono
in gioco nella situazione comunicativa.
Si assiste in questo modo ad una parziale sovrapposizione della fonte e del destinatario.
I modelli della comunicazione di Schramm
W. Schramm, 1954
La comprensione tra fonte e destinatario ha luogo solo se i due soggetti condividono “qualcosa”.
Il campo di esperienza
Tipo di orientamento, attitudini, esperienze personali degli attori protagonisti dell’interazione.
I modelli della comunicazione di Schramm
W. Schramm, 1954
Si comincia a delineare una struttura già chiaramente semi-circolare del processo comunicativo.
Il feedback è tuttavia introdotto soltanto mediante la
duplicazione del messaggio.
I modelli della comunicazione di Schramm
W. Schramm, 1954
Centralità dell’interpretazione, oltre che della decodifica
Modello della comunicazione di Gerbner (1956)
G. Gerbner, Towards a general model of communication, in “Audio Visual Communication Review”, 4, 1956
E rappresenta l’evento percepito
M è il soggetto che percepisce l’evento, un uomo o una
macchina, che di fatto “vede” E1
Ciò che E1 rappresenta dipende da variabili
di selezione, di contesto, di disponibilità
di informazioni che riguardano
M
Modello della comunicazione di Gerbner (1956)
Il passo successivo è che M voglia
comunicare E1 a qualcun altro.
M produce il messaggio SE (statement
about event), dove S è la forma ed E il
contenuto del nuovo messaggio.
Per trasmettere SE, M si affida a canali –
media sui quali ha un limitato potere di
controllo.
Modello della comunicazione di Gerbner (1956)
Infine, il messaggio SE dovrà essere percepito da un
secondo attore comunicativo, M2
Così come E era percepito da M come E1, SE sarà
percepito da M2 come qualcosa di differente, chiamato
SE1
Modello della comunicazione di Gerbner (1956)
Evento E
Concerto
Il processo comunicativo comincia con un evento E (qualcosa della realtà esterna)
percepito da M (un uomo o una macchina)
Selezione Contesto Disponibilità
Modello della comunicazione di Gerbner (1956)
Evento E
Concerto
La percezione, messa in atto da M, di E si chiama E1:il rapporto fra E e E1 è frutto di
una selezione operata da M
= Evento E1 percepito
Modello della comunicazione di Gerbner (1956)
G. Gerbner, Towards a general model of communication, in “Audio Visual Communication Review”
Evento E1 percepito
Dopo la selezione tra evento e percezione dell’evento, si attua
un’altra selezione che riguarda la scelta dei media attraverso cui
trasmettere il messaggio
controllo dei media
accesso ai canali
Modello della comunicazione di Gerbner (1956)
Dopo la selezione e l’attribuzione di significato, la percezione viene convertita in un messaggio, cioè
in un segnale che ha un contenuto
(E) e una forma (S)
Evento E1 percepito
Backstage
Commento
S Forma
E Contenuto
Modello della comunicazione di Gerbner (1956)
Lo stesso episodio può contemporaneamente divenire l‘obiettivo della telecamera di un amatore o di un
cameramen inviato sul luogo da un’emittente televisiva e dunque
trasformarsi nel contenuto di un video trasmesso come format di real tv piuttosto che in quello di un servizio di telegiornale
locale o nazionale
Modello della comunicazione di Gerbner (1956)
Dopo che l’evento è stato percepito e ritrasmesso attraverso la scelta dei
canali e il controllo dei media con una forma ed un contenuto, si verifica
un’interazione fra il ricevente M2 ed il messaggio
Selezione Contesto Disponibilità
L’interazione produce il significato SE1, che è uno dei tanti possibili significati portati dal messaggio. M2
Modello della comunicazione di Gerbner (1956)
1. qualcuno 2. percepisce un evento 3. e reagisce 4. all’interno di una particolare situazione 5. ricorrendo a un canale 6. per trasformare le informazioni disponibili
7. in forma di messaggio
8. prodotto all’interno di un particolare contesto 9. che veicola un contenuto 10.e provoca alcune conseguenze
Modello della comunicazione di Gerbner (1956)
Il modello di Gerbner si focalizza sul rapporto tra processi di percezione e trasmissione,
personale e mediale della realtà.
A partire dagli scambi relazionali interpersonali si estende ai mezzi di comunicazione di massa.
Il verificarsi di qualsiasi fenomeno può costituire l’oggetto di una comunicazione tra
l’osservatore/artefice di quel medesimo fenomeno e uno o più riceventi.
Modello della comunicazione di Gerbner (1956)
Rispetto ai modelli lineari, si interpongono, tra fonte
e ricevente, una serie di nodi problematici legati alla
ricezione e alla decodifica.
Si pone l’accento sulla
grande variabilità della
percezione rispetto
all’evento (E), sia da parte
degli operatori (E1), sia da
parte del ricevente (SE1).
Modello della comunicazione di Gerbner (1956)
Si mette in luce:
il carattere creativo ed interattivo del processo
percettivo;
il valore del “contesto”
nella lettura dei messaggi;
la natura “aperta” della
comunicazione umana: si
sottolinea un rapporto
dinamico e interattivo tra
forma (S=segnale) e contenuto (E=evento) nel processo
comunicativo.
Modello della comunicazione di Gerbner (1956)
La natura creativa e interattiva di ogni processo
percettivo riguarda tanto le nostre pratiche
quotidiane, basate sull’esperienze immediata,
quanto le attività in cui facciamo ricorso ai mezzi
di comunicazione.
L’ipotesi di una distorsione non è una prerogativa
esclusiva degli strumenti mediali, ma una variabile
ricorrente in qualsiasi operazione che mira a
fornire un resoconto e, dunque, a produrre un
potenziale dato comunicativo.
Modello della comunicazione di Gerbner (1956)
Modello della comunicazione di Berlo (1960)
D. K. Berlo, The Process of Communication: An Introduction to Theory and Practice, Holt, Rinehart & Winston, London 1960
abilità
attitudini
conoscenza
sistema sociale
cultura
vista
udito
tatto
odorato
gusto
abilità
attitudini
riconoscimento
sistema sociale
cultura
SSORGENTE
elementi struttura
contenuto
codice
trattamento
MMESSAGGIO
CCANALE
RRICEVENTE
Prende le mosse dalla teoria matematica
dell’informazione: la sigla SMCR (Source, Message,
Channel, Receiver) riprende gli elementi dello schema di
Shannon e Weaver
Ma in più…
sottolinea l’importanza della cultura e del sistema sociale in cui la comunicazione si svolge
Il flusso comunicativo è concepito linearmente
Modello della comunicazione di Berlo (1960)
L’esistenza del feedback è
soltanto ipotizzata.
Il modello suggerisce che alla
base di un atto comunicativo
riuscito si debba porre l’accordo
fra le abilità della fonte e quelle
del ricevente.
Si assiste ad una valorizzazione
del contesto.
Modello della comunicazione di Berlo (1960)
Modello della comunicazione di Tatiana Slama-Cazacu (1973)
T. Slama-Cazacu, Introduzione alla psicolinguistica, Patron, Bologna, 1973
La dimensione sociale del contesto include le relazioni di status e il ruolo dei partecipanti, le norme e le tradizioni culturali operanti nell’ambiente in cui avviene la comunicazione. E’ il contesto stesso a generare la comunicazione.
Il modello sottolinea l’influenza dei contesti come sistemi di riferimento per i componenti dell’azione comunicativa.
Modello della comunicazione di Tatiana Slama-Cazacu (1973)
Contesto implicito
Contesto totale
Contesto esplicito
Contesto verbale
(linguistico)
Contesto extralinguistico
(componenti ausiliari, gesti,
mimica)
Modello di Newcomb (1953)
T. M. Newcomb, An Approach to the Study of Communicative Acts, in “Psychological Review”, 60
Introduzione della situazione o contesto sociale entro cui avviene lo scambio comunicativo (X).
Il rapporto fra A e B è concepito come scambio ed
è dunque bi-direzionale.
Modello di Newcomb (1953)
Secondo Newcomb la comunicazione ha il compito di mantenere l’equilibrio del sistema sociale. In questo modello le relazioni sono interdipendenti: se cambia A, dovranno cambiare anche B e X e viceversa. E’ lo scambio bidirezionale tra A e B a garantire l’equilibrio e la simmetria del sistema.
Modello di Newcomb (1953)
Agli elementi già presenti nel modello di Newcomb, si aggiunge la funzione comunicativa redazionale (elemento C) ossia il processo decisionale su cosa e
come comunicare.
Le caratteristiche della comunicazione di massa avvicinano A e C, cioè la fonte e le organizzazioni
comunicative.
C svolge un forte ruolo di intermediazione.
Viene introdotto l’elemento del feedback negativo.
Modello della comunicazione di Westley e MacLean (1957)
Il rapporto tra A (fonte) e C, (struttura redazionale dei media) che organizza e trasmette il messaggio, annulla la possibilità che B (ricevente) possa fare esperienza diretta di X (la realtà sociale, il contesto).
Nella società di massa l’unico mediatore tra A e B sono i media.
I media espandono l’orizzonte percettivo di B, ma ne condizionano al contempo le modalità percettive e l’orientamento.
Modello della comunicazione di Westley e MacLean (1957)
Modello della comunicazione di massa di Riley & Riley (1959)
J.W. Riley Jr., M. White Riley, Mass Communication and the Social System, in R.K. Merton, L. Broom, L.S. Cottrell Jr., Sociologiy Today: Problems and Prospects, Basic
Books, New York, 1959
Il processo di comunicazione viene inserito all’interno del sistema sociale, che influenza sia l’emittente (E) che il ricevente (R).
Tutti i gruppi condividono un’interazione dinamica nella quale circolano messaggi pluridirezionali.
Il pubblico non è impassibile o isolato, ma è composto di riceventi in relazione fra loro.
Modello della comunicazione di massa di Riley & Riley (1959)
Emittente e ricevente sono influenzati nel processo di invio, ricevimento e scambio del
messaggio da tre ordini sociali:
il gruppo primario di cui E e R sono membri;
la comunità immediata, sociale, culturale e industriale a cui appartengono;
il sistema sociale nel suo insieme
Modello della comunicazione di massa di Riley & Riley (1959)
Modello della comunicazione di massa di Dance (1967)
F. E. X. Dance, A Helical Model of Communication, in “Human Communication Theory”, Holt, Rinehart & Winston, London, 1967
Dance nota che il modello circolare, sebbene sia il più adatto a descrivere il processo comunicativo attuale, “suggerisce che la comunicazione torni indietro, formando un circolo completo, esattamente al punto in cui ha avuto origine. Questa parte dell’analogia circolare è evidentemente sbagliata”
Modello della comunicazione di massa di Dance (1967)
F. E. X. Dance, “A helical model of communication”, in Human Communication Theory, 1967
Il concetto di elica
(o spirale) conserva i
vantaggi della retta e del
cerchio ma elimina gli
svantaggi:
la comunicazione ritorna su
se stessa subendo l’influenza
delle sue fasi antecedenti
Modello della comunicazione di massa di Dance (1967)
La spirale è funzionale a sottolineare il fatto che il processo comunicativo procede, e ciò che viene comunicato in un dato momento influisce sulla struttura
e sul contenuto di ciò che verrà comunicato in seguito.
Dance sottolinea quindi la natura dinamica del processo comunicativo.
Modello della comunicazione di massa di Dance (1967)
Finestra di Johary (John Luft e Harry Lungham) - 1975
Noto a sé
Noto agli altriArea aperta
Area ignota Ignoto agli altri
Area cieca
Area nascosta
Ignoto a sé
1
2
3
4
Finestra di Johary (John Luft e Harry Lungham) - 1975
Il modello ha una chiara matrice psicologica.
Il suo impiego riguarda, in genere, l’atteggiamento e il comportamento individuale e può essere esteso a qualunque situazione in cui
sia presente l’interazione umana.
Finestra di Johary (John Luft e Harry Lungham) - 1975
1. Area aperta (noto a sé, noto agli altri)
Sfera pubblica della personalità atteggiamenti e comportamenti che il soggetto assume consapevolmente e di cui gli altri sono a conoscenza
2. Area nascosta (noto a sé, ignoto agli altri)
Sfera privata della personalità Consapevolezza del soggetto su aspetti che non desidera condividere con gli altri o che gli altri non recepiscono
Finestra di Johary (John Luft e Harry Lungham) - 1975
3. Area cieca (ignoto a sé, noto agli altri)
Retroazioni dell’ambiente che il soggetto non percepisce
oppure l’impressione data all’esterno e non esplicitata dagli interlocutori
4. Area ignota (ignoto a sé, ignoto agli altri)
Sfera dell’inconscio