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Corso di Storia dell’Arte Contemporanea · 1857, pastello su carta, ... David D’Angers 1878,...

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Corso di Storia dell’Arte ContemporaneaUnità didattica B: Esercizi di lettura

Vincenzo Vela, Spartaco, 1847-1850

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EliseoSala?,Ritratto dello scultore Vincenzo Vela,1857,pastellosucarta,Ligorne8o,MuseoVela

VincenzoVela(Ligorne8o,*1820–†1891)

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VincenzoVela,Spartaco,1850,marmo,Ginevra,FondazioneGoIriedKeller,indepositopressoilMunicipiodiLugano

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Spartaco ovvero Spartaco che spezzate le catene scende dai gradini del recinto ove era tenuto prigione, 1847-1849 gesso, modello originale, cm 208 × 80,5 × 126,5 Ligornetto, Museo Vincenzo Vela, inventario Ve2

Spartaco ovvero Spartaco che spezzate le catene scende dai gradini del recinto ove era tenuto prigione, 1850, marmo, cm 209,5 × 81 × 125 Lugano, Palazzo Civico, MASI – Collezione Città di Lugano, in deposito da Fondazione Gottfried Keller, Ginevra e Ufficio federale della cultura, Berna

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VincenzoVela,Spartaco,1847-1849,gesso,Ligorne8o (CH),MuseoVela

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Secondo una tradizione che prende spunto dalle memorie dello stesso Vela (AFBer, J.I.110/1: Cenni biografici, manoscritto, Torino, 1864-1868) la prima elaborazione di un gesso dello Spartaco avvenne durante il suo breve soggiorno a Roma, ritagliato tra gli impegni per il cantiere del Duomo, che dovevano tenerlo impegnato a Milano nei primi mesi del 1847 e il precipitoso ritorno in patria, nel novembre di quell’anno, per partecipare come volontario alla guerra del Sonderbund. A Roma il colossale nudo maschile sarebbe passato «inosservato perché […] mostrato soltanto ad alcuni amici, tra cui al Tenerani che lo lodò molto.» (Ivi). Il modello in gesso dello Spartaco ebbe certamente un’elaborazione più complessa che, se davvero prese le mosse a Roma, dovette limitarsi a una selezione di fonti visive antiche e moderne e a una prima ideazione della posa. Peraltro non risulta che l’artista avesse a disposizione uno studio in quella città, né che potesse avvalersi della collaborazione di maestranze specializzate, necessarie per la modellazione e la formatura in gesso di un modello colossale così impegnativo; tanto che del periodo romano non ci resta per Vela alcuna altra opera documentabile, eccezion fatta per la modesta figuretta del Pio IX (del quale si conservano al Museo Vela un gesso e un marmo, Ve77 e Ve713). E infatti la successione degli eventi ricostruiti nelle sue memorie autobiografiche, redatte a Torino alla metà degli anni Sessanta, non è impeccabilmente lineare: non si comprende infatti come un’opera così brutalmente innovativa — che venne subito scoperta con giustificato clamore dalla critica progressista milanese — potesse essere del tutto ignorata a Roma; né pare credibile che il giovane Vela, che in quegli anni non viveva certo agiatamente, potesse sobbarcarsi le spese per il trasporto a Milano di un modello compiuto di questa mole. D’altra parte, in una seconda redazione dei suoi Cenni biografici, lo scultore ticinese dichiara che il modello, che sarebbe stato imballato e spedito a Milano nell’imminenza della guerra civile elvetica, era «non del tutto terminato.» (Ivi).

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Pietro Rotondi, amico e ammiratore del Vela, dava la prima segnalazione dello Spartaco in un trafiletto su «L’Italia Musicale» del 29 dicembre 1847 (Rotondi 1847). E subito Carlo Tenca riprendeva, con maggior respiro, la notizia sul numero del 19 gennaio 1848 della stessa rivista (Tenca 1848), affermando che l’opera «da un mese» attirava un folto pubblico nello studio dello scultore. L’unica esplicita indicazione materiale del critico, che andrà però forse letta in senso generico, per il contesto figurato nel quale s’inserisce, era relativa alla creta («Non è più la creta che ci si offre dinanzi, ma un uomo vivo e vero, che si agita e si avventa, e dal cui petto scoppia un urlo di rabbia mal soffocato.» Ivi, p. 229), spiegando così in parte il proseguire del lavorìo dell’autore, per ricavarne il gesso finale, anche nel periodo immediatamente successivo. Mentre Il poeta e attore Giovanni Ventura, in un precoce encomio dello Spartaco, visto ancora in creta o in gesso nello studio milanese dello scultore, era il primo a dare notizia che il duca Antonio Litta ne aveva commissionato a Vela l’esecuzione in marmo già nei primi mesi del 1848 («Chiuderò questo mio breve cenno rallegrandomi colla patria che un’altra gloria italiana può contare nel Vela, ed un moderno mecenate nel benemerito patrizio [Il signor duca Antonio Litta] che l’ammirabile statua vuole condotta in marmo, consentendo pienamente allo scultore il prezzo richiestone.» Ventura 1848).

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La definitiva elaborazione dell’opera doveva quindi avvenire a Milano entro la fine del 1847, anche attraverso un cospicuo e spregiudicato impiego del calco dal modello vivente, che spiegherebbe la reticenza di Vela in merito alle fasi d’impostazione e di prima realizzazione della figura: nelle collezioni del Museo Vela sono recentemente entrati due calchi in gesso di un dorso e di arti maschili (Ve876, Ve877 e Ve878), provenienti dal laboratorio milanese di Lorenzo e Vincenzo Vela, che, insieme all’indispettita testimonianza di uno dei campioni dell’arte plastica del primo Ottocento francese, David d’Angers («Mi pare che si serva molto del calco dal naturale, come faceva Pradier dall’antico. Esegue in calco persino i panneggi […]. Fa enorme ricorso al calco: ne trae torsi, gambe, braccia, e poi unisce tutte queste parti con grande abilità.» David D’Angers 1878, pp. 254-255), testimoniano dell’uso sperimentale ed espressivo di questa tecnica di presa diretta sul reale da parte del Vela. Così David liquidava lo Spartaco: «È l’immagine di un orribile galeotto che potrebbe assassinare il primo che si troverà davanti. Non ho mai visto una testa più vile. L’impostazione della figura è delle più rozze; ha una specie di grande strofinaccio attorno alle anche, acconciato come il grembiule di un cuciniere. In generale questo scultore non ha gusto» (Ibidem). Ma la realizzazione di un modello in dimensioni maggiori del vero e lo studio di una figura in azione (inadatta ad essere fissata in calco nella sua interezza) potrebbero indicare la volontà di Vela di smascherare l’incongruità delle riserve accademiche e puriste sull’uso del calco dalla natura, mettendone cioè in luce l’elemento espressivo rispetto a quello di mera scorciatoia esecutiva. La muscolatura massiccia e vigorosa del torace, non evidenziata né definita nel senso di una pura esibizione di sapere anatomico, manifesta chiaramente l’intenzionalità polemica nell’impiego di questa pratica.

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V.Vela?,Calco dal vivo diun dorso virile,gesso,MuseoVela,Ligorne8o

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V.Vela?,Calco dal vivo di unbraccio sinistro maschile,gesso,MuseoVela,Ligorne8o

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V.Vela?,Calco dal vivo di un braccio sinistro maschile,gesso,MuseoVela,Ligorne8o

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L’origine della scelta, non scontata, del soggetto risaliva alla polemica d’accademia sorta dopo l’esposizione a Brera della Preghiera del mattino, nel 1846: nel progettare la propria definitiva consacrazione di scultore monumentale — capace, cioè, in barba ai critici malevoli, di trattare con competenza e fierezza il tema tradizionale del grande nudo eroico, dopo il successo ottenuto grazie all’antiretorico naturalismo del Vescovo Luvini e alla trepidante resa emotiva della Preghiera del mattino — Vincenzo Vela volle affrontare un soggetto di storia classica non usuale né particolarmente fortunato nella tradizione artistica e letteraria immediatamente precedente: Spartaco che spezzate le catene scende dai gradini del recinto ove era tenuto prigione (questo il titolo completo dell’opera riportato in AFBer, J.I.110/1: Catalogo delle opere di Scoltura eseguite da Vincenzo Vela, esistenti nella propria Villa in Ligornetto,manoscritto, Ligornetto, s.d. [1880]; cfr. anche Catalogo 1881, p.5, n.8). La figura del gladiatore ribelle del I secoloa.C., consegnata alla storia da Sallustio, Plutarco, Orosio, Appiano, Diodoro Siculo e dalle epitomi di Livio compilateda Floro, aveva goduto, nelle arti e nella letteratura moderna, di una fortuna del tutto sporadica. Nel terzo decenniodel XIX secolo si segnala, oltre allo Spartacus scolpito a Roma, nel 1830, da Denis Foyatier (Parigi, Musée du Louvre),il progetto della terza tragedia di Alessandro Manzoni, poi abbandonato dall’autore a favore del suo romanzo storico.Già in quel caso — del quale forse Vela poteva aver avuto notizia, attraverso i circoli culturali progressisti che inizieràa frequentare a metà anni Quaranta — la rivolta gladiatoria di Capua e la successiva guerra servile si illuminavano,per quel poco che ci è dato di ricavare dagli appunti di sviluppo drammatico lasciati da Manzoni, di una possibileluce contemporanea e risorgimentale (in proposito, e per la maggior fortuna letteraria e teatrale del personaggio dopol’esempio di Vela, si veda Zanchetti 2005, pp. 11, 15 note 1 e 6). Il capolavoro giovanile del Vela, immediatamenteletto come figura simbolica della sollevazione nazionale contro il giogo austriaco, pur prestandosi efficacemente aquesta interpretazione, è qualcosa d’altro e di più: è il manifesto di un radicale rivolgimento linguistico e espressivonella scultura di metà Ottocento ed è il sintomo, ancora in massima parte prematuro, soprattutto sulla scena italiana,del progressivo prevalere sull’ideale aristocratico-liberale e borghese, che aveva caratterizzato i moti del 1821 e del1830, della ribellione popolare e di classe, incontenibile e radicalmente sovversiva (per i riferimenti alla figura storicadi Spartaco nel Manifesto del partito comunista pubblicato da Marx ed Engels nel febbraio del 1848 e per l’interessedi Marx per il personaggio, si veda Zanchetti 2005, p. 10).

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VincenzoVela,La preghiera del mattino,1846,gesso,Ligorne8o,MuseoVela,ilmarmoerastatoespostoaLondranel1862

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FrancescoHayez,Pensiero malinconico,1841-1842,Milano,PinacotecadiBrera

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FrancescoHayez,Meditazione,1851,Verona,CivicaGalleriad’ArteModerna

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VincenzoVela,Spartacochespezzatelecatenescendedaigradinidelrecintooveeratenutoprigione,1850,marmo,Ginevra,FondazioneGoIriedKeller,in depositopressoilMunicipiodi Lugano

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Non ci restano documenti di uno studio dello Spartaco da parte di Vela durante il suo soggiorno a Roma. Il disegno delle collezioni del Museo Vela (Ve1253), più che un disegno preparatorio o uno studio dal modello vivente parrebbe una ripresa in senso grafico-pittorico del gesso o del marmo finito: il taglio corrisponde ad esempio con esattezza all’incisione illustrativa di Domenico Gandini, pubblicata sull’Album dell’Esposizione di Brera del 1851 (Album 1851, tavola fuori testo); per un interessante riscontro si veda pure il disegno dello Spartaco realizzato, verosimilmente entro il 1850, da Girolamo Induno conservato presso le Civiche gabinetto dei disegni di Milano (Zanchetti 2004, pp. 17, 21 ill. 12, 34 s.n.). Poco dopo aver ricevuto la commissione per l’esecuzione in marmo dal Litta, Vela sospese i lavori per partecipare all’insurrezione lombarda del marzo 1848 e ai fatti bellici che seguirono. Militò nella colonna di volontari ticinesi e italiani comandata da Natale Vicari e da Francesco Simonetta che il 19 marzo accorse a Como per liberare la città dalla guarnigione austriaca e, dopo essersi riorganizzata a Milano, proseguì in direzione del Quadrilatero. Depose le armi solo alla fine di luglio, poco prima che gli Austriaci riprendessero il controllo di Milano. Il marmo dello Spartaco poté essere eseguito solo successivamente e la drammatica situazione politica giustifica il fatto che non di un’opera evidentemente scomoda non si trovi riscontro nei mesi successi. Terminato entro il 1850, venne esposto in occasione della mostra di Brera nel 1851 — dove ottenne uno straordinario successo popolare, grazie alla tempestiva allusione politica alla ribellione lombarda del 1848 —, ma solo il 15 gennaio del 1852, Giacomo Bordini, amministratore del Litta, versava allo scultore 14.000 lire “abusive” di Milano a saldo dell’esecuzione in marmo della statua «già ultimata e tuttora in deposito presso il S.r Vela» (Milano, Archivio privato: Ricevuta di pagamento, controfirmata da Vela, Milano, 15 gennaio 1852). Il committente, schierato su esplicite posizioni antiaustriache, lo inviò quindi polemicamente all’Esposizione Universale tenutasi a Parigi nel 1855, dove la statua giunse in ritardo rispetto alla data dell’inaugurazione, prevista per il 15 maggio, con il braccio destro spezzato all’altezza del polso: venne riparata provvisoriamente da Pietro Magni e Innocenzo Fraccaroli che si trovavano a Parigi per la mostra, ma porta ancora una traccia evidente della rottura.

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VincenzoVela,Spartaco,1850,marmo,quinellasuacollocazionedi fineO8ocento(post1874),sullo scalonedelcastellodelbaronePaulG. VonDerwies,Trevano(CantonTicino)

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Dopo la morte del Litta (avvenuta a Milano nel novembre 1866) il marmo venne acquistato dal ricchissimo imprenditore ferroviario e mecenate russo Pavel Grigor’evič von Derwies per il suo castello di Trevano (Canton Ticino), dove Vela lo collocò personalmente nel 1874, coadiuvato dall’amico architetto Antonio Croci, in cima allo scalone principale, in una suggestiva cornice di marmi, cristalli e specchi. Scomparso nel 1881 von Derwies, il figlio Serge lasciò il castello e trasferì lo Spartaco nel proprio palazzo di San Pietroburgo; e il marmo rientrò in Svizzera soltanto nel 1907, quando la Fondazione Gottfried Keller lo acquistò per la Confederazione Elvetica. Esposto successivamente a Berna (Museo d’Arte, 1907-1910), a Ginevra (Musée d’Art et d’Histoire, 1910-1920) e di nuovo al castello di Trevano (1937-1945), venne definitivamente collocato nel maggio del 1945 nell’atrio del Palazzo Civico di Lugano, al fianco del Vescovo Luvini. Collegato alla fortuna dell’opera è il problema delle sue numerose repliche di piccolo formato, delle quali sono noti diversi esemplari in gesso o in bronzo, in differenti collocazioni pubbliche e private. L’unica riduzione in marmo oggi nota è quella, proveniente dalla collezione di Ricardo Blanco-Cicerón, conservata nel Museo de Belas Artes da Coruña, in Galizia (cfr. Zanchetti 2002a, p. 287, n. I.4; Zanchetti 2005, p. 16, nota 17). Nelle raccolte del Museo Vela sono presenti due riduzioni in gesso (Ve874 e Ve875, di acquisizione recente) e una riduzione in bronzo novecentesca (Ve4780). In molti casi, infatti, si tratta di fusioni o di calchi secondari eseguiti anche dopo la morte dell’artista; ma alcuni gessi sono indubbiamente riferibili a Vela o al suo laboratorio e furono realizzati in più riprese tra gli anni Cinquanta del XIX s. e la fine della sua vita: lo confermano, oltre ad alcuni riferimenti contenuti nella corrispondenza dell’artista, la riproduzione di uno di essi nei dipinti di Pierre Tetar van Elven del 1858 che rappresentano l’Atelier di Vincenzo Vela a Torino (acquerello, Museo Vela, Ve4214; olio su tela, Torino, collezione privata) e la presenza tra i materiali di studio del Museo Vela di due forme per la riproduzione in calco di queste repliche (Ve576-579) e di due frammenti di braccia in gesso tratti da esse (Ve830/1 e 2; Zanchetti 2004, pp. 19, 34 s.n.).

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VincenzoVela,Spartaco,1847-1849,gesso,Ligorne8o(CH),MuseoVela

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VincenzoVela,Spartaco,1847-1849,gesso,Ligorne8o (CH),MuseoVela

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VincenzoVela,Spartaco,1847-1849,gesso,Ligorne8o(CH),

MuseoVela

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In un’ideale recensione delle fonti visive, più o meno distanti, alle quali Vela potrebbe aver guardato, bisogna ricordare: il Galata morente, prontamente segnalato da Tenca nella sua cronaca, e il suo alter ego drammaticamente “in azione” del Galata che uccide la moglie e se stesso, sempre tratto dalle figure bronzee del Donario dell’Acropoli di Pergamo; l’espressionismo e il contorcimento anatomico del Laocoonte, filtrato da Michelangelo nello Schiavo morente del Louvre; la tensione del Gladiatore Borghese e le figure dei Tirannicidi Armodio e Aristogitone, evocate da Canova nelle coppie eroiche (e antieroiche) di Ettore e Ajace e dei Pugilatori vaticani; ma anche, ovviamente, la torsione e la maschera corrucciata del David berniniano; e perché non quella dei nudi maschili di Algardi e Tacca, o del Milone di Puget? In più diretta contiguità con la formazione di Vela, e spesso in continuità, ancora, con alcuni prototipi canoviani, citeremo poi Venere che trattiene Marte di Luigi Acquisti; la figura incedente e armata di daga di Ludovico II barone di Vaud, scolpita da Benedetto Cacciatori per la chiesa abbaziale di Hautecombe; e, ormai in concomitanza cronologica con la realizzazione veliana, il Polifemo e l’Ulisse di Pradier; l’Astianatte di Bartolini, il Caino di Dupré e il Masaniello di Puttinati. Altrettanto pregnanti, anzi decisivi, come spesso accade per l’ispirazione dello scultore di Ligornetto, sono invece due precedenti pittorici, quello del Sansone hayeziano e, per finire, quello, forse meno scontato, ma indubbio, di due figure di dannati che scendono dalla barca di Caronte nella parte inferiore destra del Giudizio michelangiolesco della Sistina. Il calco di queste figure — per le quali, nonostante la fortuna incisoria dell’affresco, la visione diretta, a Roma, potrebbe aver avuto una funzione nodale — è evidente nell’impeto della postura incurvata, nell’impostazione delle spalle, del braccio ritratto dietro la schiena, dell’altro piegato e con la mano serrata a pugno, nel disegno della gamba destra e del piede avanzato. La stessa fisionomia vagamente negroide — notata, come curiosità, da Tenca (Tenca 1848, p. 29) e acerbamente censurata, con filologico puntiglio, da Rovani («a fuggire il pericolo di modellare una testa sull’eterno tipo greco-romano, lo prese il pensiero di dare allo Spartaco il tipo della razza etiope, forse perché gli fu detto ch’esso era africano». [Rovani 1856, n. 41, p. 3]) —, con i capelli crespi, l’ampia stempiatura e la bocca atteggiata a smorfia, si spiega appunto con la fedeltà al prototipo pittorico di uno dei dannati di Michelangelo.

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Galata morente,marmo,Roma,MuseiCapitolini,copiaromanadall’originalebronzeo,a8ribuitoaEpigonos,perilDonariodell’AcropolidiPergamo,secondametàdelIIIsecoloa.C.

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Galata morente,marmo(par`colaredelvolto)

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Galata morente,marmo

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Galata che uccide la moglie e se stesso,marmo,Roma,MuseoNazionaleRomano,copiaromanadall’originalebronzeoperilDonariodell’AcropolidiPergamo,secondametàdelIIIsecoloa.C.

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Haghesandros,AthenadorosePolydorosdiRodi,Laocoonte,marmo,Isec.d.C.,copiadaunoriginalebronzeodellametàdelIIsec.a.C

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Haghesandros,AthenadorosePolydorosdiRodi,Laocoonte,marmo,Isec.d.C.,copiadaunoriginalebronzeodellametàdelIIsec.a.C

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AgasiasdiEfeso,Gladiatore Borghese,marmo,100a.C.,Parigi,Louvre

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AgasiasdiEfeso,Gladiatore Borghese,marmo,100a.C.,Parigi,Louvre

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GianLorenzoBernini,David,1623-1624,h.cm170,Roma,GalleriaBorghese

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GianLorenzoBernini,David,1623-1624,h.cm170,Roma,GalleriaBorghese

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GianLorenzoBernini,David,1623-1624,h.cm170,Roma,GalleriaBorghese

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AntonioCanova,Damosseno,1796-1806,marmo,Roma,MuseiVa`cani

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AntonioCanova,Damosseno,1796-1806,marmo,Roma,MuseiVa`cani

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GiacomoBrogi,Damosseno di Canova,1865circa

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DenisFoya`er,Spartacus,1827-1830,Parigi,Louvre

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MichelangeloBuonarro`,Schiavo ribelle,1513-16,marmo,Parigi,Louvre

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MichelangeloBuonarro`,par`colaredelGiudizio Universale,1536-1541,Roma,CappellaSis`na

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MichelangeloBuonarro`,par`colaredelGiudizio Universale,1536-1541,Roma,CappellaSis`na

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MichelangeloBuonarro`,par`colaredelGiudizio Universale,1536-1541,Roma,CappellaSis`na

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TommasoMinardi,Il Giudizio universale di Michelangelo,1810-1826,inchiostroema`tasucarta,mm912x833,Ci8àdelVa`cano,BibliotecaApostolicaVa`cana

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VincenzoVela,Spartaco,(1848-1850),ma`tanerasucarta,Ligorne8o,MuseoVela

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GirolamoInduno,Torso dello Spartaco di Vincenzo Vela,[1850circa],ma`tasucarta,mm101x81,Milano,CivicoGabine8odeiDisegni

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Il marmo del Vela — ma forse ancor più, tra gli anni Sessanta dell’Ottocento e il trionfale ritorno in patria nel 1907, il modello originale dello Spartaco, esposto nella gipsoteca di Ligornetto, o le piccole repliche commemorative che l’autore stesso ne trasse — finirà per costituire il prototipo di molte ripetizioni, incentrate, di volta in volta, sugli aspetti stilistici del grande nudo drammatico in azione, oppure sulla ripresa, sempre più precisamente orientata dal punto di vista politico-ideologico, del semplice soggetto. Si segnalano, nel primo caso, il David braidense di Pietro Magni, oppure le numerose realizzazioni di ispirazione storico-risorgimentale degli allievi del Vela all’Accademia Albertina di Torino (Pietro Cassani, Vincenzo Giani, Costantino Barone). Mentre, per quanto riguarda la ripresa, spesso metaforica o traslata, del tema gladiatorio o, più propriamente, di Spartaco, ricordiamo almeno: lo Spartaco nero (cioè, probabilmente, il condottiero dell’emancipazione e della rivolta di Santo Domingo, Toussaint Louverture) presentato da Louis-Joseph Leboeuf al Salon del 1861, in stretta concomitanza con il processo di emancipazione dalla schiavitù negli Stati Uniti; Le serment de Spartacus scolpito a Roma da Barrias, nel 1869; i Gladiatori degli anni Settanta di Gérôme; il gruppo di Ettore Ferrari Cum Spartaco pugnavit, premiato all'Esposizione di Torino del 1880, dove figurava anche un Combattimento del reziario col mirmillone di Eugenio Maccagnani); infine il Dies Irae (1887) e l’Ultimo Spartaco (1894) di Riccardo Ripamonti. E, ormai nel secondo decennio del nuovo secolo, i particolari caratteri anatomici e compositivi del prototipo di Vela sembrano tornare, con la fedeltà di una precisa citazione, in una delle più significative realizzazioni plastiche dell’avanguardia: il minaccioso personaggio incedente proposto da Boccioni nella sua Sintesi del dinamismo umano, del 1913. Qui, appunto, i muscoli enfiati e distorti, il diaframma ritratto, la chioma mossa e ricciuta, le movenze scattanti delle gambe e delle braccia, l’inclinazione in avanti dell’asse della figura, contribuiscono all’insuperata resa sintetica di un nudo monumentale e michelangiolesco, letteralmente smaterializzato e scomposto dall’irrefrenabile foga del dinamismo col quale si lancia verso lo spettatore.

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Louis-ErnestBarrias,LesermentdeSpartacus,1869,marmo,JardindesTuileries,GrandBassinrond

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AchilleFerrario,Cum Spartaco pugnavit, gruppo di Ettore Ferrari,1880,stampaall’albumina,Ligorne8o,MuseoVela(secondopremioall'EsposizionediTorinodel1880)

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AchilleFerrario,DiesIrae,gruppodelloscultoreRiccardoRipamon`,1887,stampaall'albuminagessoespostoaBreranel1887

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RiccardoRipamon`,Ultimo Spartaco,1894,bronzo,Milano,Galleriad’artemoderna

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Boccioni,Forme uniche della continuità nello spazio,bronzo,daunmodelloingessodel1913,Milano,MuseodelNovecento

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Boccioni,Forme uniche della continuità nello spazio,gesso,1913

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UmbertoBoccioni,Sintesi del dinamismo umano,1913,gesso(operadistru8a)

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UmbertoBoccioniconlamadre,GiacomoBallaeungiovaneassistentecheritoccaSintesi del dinamismo umano,Milano,1913

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LostudiodiUmbertoBoccioniconEspansione spiralica di muscoli in movimentoeSintesi del dinamismo umano,Milano,1913

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Gherlizza?,Spartaco,coper`nade“Ilcalendariodelpopolo”,a.III,n.28,gennaio1947

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MassimoGironcomeSpartaco,(fotomontaggiopubblicitarioperSpartacus diRobertHampton,pseud.diRiccardoFreda),coper`nadi“LesFilmspourvous”,luglio1952

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KirkDouglascomeSpartaco(fotografiapubblicitariaperSpartacus diStanleyKubrick),coper`nadi“DellMovieClassic”,n.1139,1960

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R.Goscinny–A.Uderzo,Asterix e la galera di Obelix,1996

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IanPo8,Spartacus the Swordslayer,computergame,primianniNovanta

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Locandinapubblicitariaperunclubpersoliuomini,2005

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