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Corso ECM€¦ · immediato su cinque impianti in mascella e quattro in mandibola Invecchiamento...

Date post: 22-Sep-2020
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84
Fondata nel 1933 | numero 9 | novembre 2016 | Volume 84 Indicizzata in EMBASE e SCOPUS ® Mensile di aggiornamento professionale e formazione continua Corso ECM ATM e parodonto: due articolazioni molto particolari. Un aggiornamento clinico Modulo 4 Il prelievo di tessuto connettivo: indicazioni, tecniche e alternative Riabilitazioni implanto-protesiche Lo studio documenta l’esito di riabilitazioni fisse a carico immediato su cinque impianti in mascella e quattro in mandibola Invecchiamento facciale Obiettivo della rassegna è quello di rivedere le attuali conoscenze sulle caratteristiche biologiche e cliniche dell’invecchiamento del viso Fotografia di Stefano Daniele 2016 51 crediti ECM
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Fondata nel 1933 | numero 9 | novembre 2016 | Volume 84 Indicizzata in EMBASE e SCOPUS®

Mensile di aggiornamento professionale e formazione continua

Corso ECMATM e parodonto: due

articolazioni molto particolari. Un aggiornamento clinico

Modulo 4Il prelievo di tessuto connettivo:

indicazioni, tecniche e alternative

Riabilitazioni implanto-protesicheLo studio documenta l’esito

di riabilitazioni fisse a carico

immediato su cinque impianti

in mascella e quattro

in mandibola

Invecchiamento facciale Obiettivo della rassegna

è quello di rivedere le attuali

conoscenze sulle caratteristiche

biologiche e cliniche

dell’invecchiamento del viso

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PremiumDay

Invited SpeakersRoberto AbundoDomenico BaldiLeonello BiscaroLuigi CalifanoGioacchino CannizzaroGiuseppe ChioderaRoberto CocchettoUgo CovaniMarco CsonkaVittorio FerriGuido FicheraEnrico GherloneLuca GobbatoFabio GorniIgnazio LoiGiuseppe PellitteriXavier Rodríguez CiuranaXavier Vela NebotCostantino VignatoGiuseppe VignatoRaffaele VinciFernando Zarone

25-27.05.17

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DENTAL CADMOS | 9/2016

Comitato ScientificoDirettore ScientificoGiovanni Lodi

Comitato ScientificoMassimo Amato (Università degli Studi di Salerno)Lilia Bortolotti (Libera Professione, Bologna)Angelo Calderini (Università Vita e Salute San Raffaele, Milano)Antonio Carrassi (Università degli Studi di Milano)Luigi Checchi (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)Matteo Chiapasco (Università degli Studi di Milano)Paola Cozza (Università degli Studi di Roma Tor Vergata)Stefano Daniele (Università degli Studi di Milano)Massimo Gagliani (Università degli Studi di Milano)Claudio Gatti (Libera Professione, Parabiago - MI)Simone Grandini (Università degli Studi di Siena)Alessandra Lucchese (Università Vita e Salute San Raffaele, Milano)Alessandra Majorana (Università degli Studi di Brescia)Licia Manzon (Sapienza Università di Roma)Paolo Mezzanotte (Libera Professione, Milano)Giovanna Perrotti (Istituto Ortopedico Galeazzi, Milano)Antonella Polimeni (Sapienza Università di Roma)Michele Posadinu (Libera Professione, Milano)Carlo Prati (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)Lia Rimondini (Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, Novara)Umberto Romeo (Sapienza Università di Roma)Massimo Simion (Università degli Studi di Milano)Leonardo Trombelli (Università degli Studi di Ferrara)Paolo Vescovi (Università degli Studi di Parma)Stefano Zandonella Necca (Libera Professione, Milano)

Comitato Scientifico InternazionaleMarco Carrozzo (University of Newcastle, UK)Pedro Diz Dios (University of Santiago de Compostela, Spain)Stefano Fedele (UCL Eastman Dental Institute, UK)Oene Hokwerda (University Medical Center Groningen, The Netherlands)Mats Jontell (University of Gothenburg, Sweden)Michael McCullough (University of Melbourne, Australia)Dante Migliari (University of San Paulo, Brasil)Cesar Migliorati (University of Tennessee, USA)Stephen Porter (UCL Eastman Dental Institute, UK)Dov Sydney Sheldon (University of Maryland, USA and University of Tel Aviv, Israel)Kobkan Thongprasom (Chulalongkorn University, Thailand)Serban Tovaru (University of Bucarest, Romania)Andy Wolff (Private Practice, Harutzim, Israel)

Consulente ScientificaAnna Maria Melica

DENTAL CADMOS è indicizzata in:EMBASE e SCOPUS©.Testi disponibili su Odontoiatria33(www.odontoiatria33.it)

volume 84 - n. 9 novembre 2016

EDRA SpAvia G. Spadolini 7 ⋅ 20141 MilanoTel. 02 88184.1 ⋅ Fax 02 88184. 302

Mensile di aggiornamento professionale e formazione continuaFondata nel 1933

Direttore Responsabile Giorgio Albonetti

Direttore Scientifico Giovanni Lodi

Responsabile EditorialeNicola Miglino

Redazione Daniela Manni | [email protected] | Tel. 02 88184.289

Coordinamento Stampa & Produzione Walter Castiglione (Responsabile rivista) | [email protected] | Tel. 02 88184.222

Pubblicità Massimiliano Donati (Direzione Commerciale) | [email protected]. 02 88184.368 Elena Marchesi | [email protected] | Tel. 02 88184.290

Traffico Donatella Tardini (Responsabile) | [email protected] | Tel. 02 88184.292 Stefania Bruno | [email protected] | Tel. 02 88184.261

Abbonamenti Tel. 02 88184.317 | Fax 02 93664.151 | [email protected]

Costo copia singola: € 2,30 (Presso l’Editore, fiere, manifestazioni) Abbonamento annuale Italia cartaceo + 2 corsi FAD € 140,00 (IVA inclusa) Abbonamento annuale estero € 403,00

Stampa ROTO3 Industria Grafica SpAVia Turbigo 11/b | 20022 Castano Primo (MI)

© 2016 EDRA SpADental Cadmos - mensile Reg. Trib. Milano n. 195 del 28 luglio 1948 | Iscrizione al ROC

n. 23531 del 6 maggio 2013

Tutti gli articoli pubblicati su Dental Cadmos sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La pubblicazione o la ristampa degli articoli deve essere autorizzata per iscritto dall’editore. Ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 196/03, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente, sia con strumenti informatici e saranno utilizzati per l’invio di questa e di altre pubblicazioni e di materiale informativo e promo-zionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dall’art. 11 D.Lgs 196/03. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali EDRA SpA intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio delle copie della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è EDRA SpA, G. Spadolini 7 - 20141, Milano, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione di cui all’art. 7 D.Lgs 196/03.

Testata Associata

Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al Regolamento CSST - Certificazione Editoria Specializzata e TecnicaPer il periodo: 1/1/2015 - 31/12/2015 Periodicità: mensile Tiratura n. 11.224 copieDiffusione n. 10.966 copieCertificato CSST n. 2015-2562 del 25/02/2016Società di Revisione Metodo

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DENTAL CADMOS | 9/2016

SOMMARIO

EDITORIALE / EDITORIAL 547G. LodiDolci bugie Sweet lies

INTERVISTA / INTERVIEW 548A. ZenoriniIntervista a Tiziano Testori Interview to Tiziano Testori Da gennaio in Italia un’unica società scientifica di implantologia osteointegrata Since January in Italy a single scientific society of osseointegrated implantology will start

PATOLOGIA E MEDICINA ORALE / QUESITO DIAGNOSTICO 551PATHOLOGY AND ORAL MEDICINE / DIAGNOSTIC CHALLENGEE. Di IorioLesioni multiple radiopache e radiotrasparenti in un giovane paziente Multiple radiopaque and radiolucent lesions in a young patient

ESTETICA / RASSEGNA 554AESTHETICS / REVIEWG. Mauro, A. Di Blasio, C. Di Blasio, G.M. MacalusoInvecchiamento facciale: caratteristiche biologiche e cliniche, opzioni di trattamento medico-estetiche e dentali Facial aging: biological and clinical features, dental and medical aesthetic treatment options

PARODONTOLOGIA / Corso ECM 561PERIODONTOLOGY / CME COURSEG. Rampinelli, A.Müller, A. Corica, R. Pinotti, V. Rossi

Il prelievo di tessuto connettivo: indicazioni, tecniche e alternative Connective tissue graft: clinical guidelines, techniques and alternative procedures

Che vista impressionante

Fotografia diStefano Daniele - Milano

In questo numero

201651 crediti

ECM

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DENTAL CADMOS | 9/2016

ORTODONZIA / ARTICOLO ORIGINALE 576ORTHODONTIC / ORIGINAL ARTICLES. Ranieri, F. Ballanti, P. CozzaValidazione linguistica di un questionario per la diagnosi dei disturbi respiratori del sonno nei bambini Linguistic validation of a questionnaire for the diagnosis of sleep-related breathing disorders in children

IMPLANTOLOGIA / ARTICOLO ORIGINALE 586IMPLANTOLOGY / ORIGINAL ARTICLEM. Bordin, M. RivieraEsito clinico a due anni di riabilitazioni su cinque impianti in mascella e quattro (All-on-4) in mandibola: uno studio retrospettivo preliminare Two-year clinical outcome of rehabilitations on five implants in the maxilla and on four implants in the mandible (All-on-4): a preliminary retrospective study

PARODONTOLOGIA / ARTICOLO ORIGINALE 594PERIODONTOLOGY / ORIGINAL ARTICLEF. Germano, P. Melone, D. Testi, P. Cardelli, C. Arcuri Condizioni parodontali e nascita pretermine e sottopeso Periodontal conditions and preterm low birth weight

CHIRURGIA ORALE / CASO CLINICO 601ORAL SURGERY / CASE REPORTA. Balian, L. Favero, M. Valente, C. BacciGestione chirurgica di raro osteoma periferico del seno mascellare associato a canino incluso controlaterale Surgery treatment of a rare peripheral maxillary sinus osteoma associated with contralateral impacted canine

RESTAURO POSTENDODONTICO / AGGIORNAMENTO 608POST ENDODONTIC RESTORATION / UPDATINGA cura di Style Italiano

UNO SGUARDO AL MERCATO IAGENDA IV

Osteotomia vestibolare della parete del seno mascellare eseguita mediante bisturi piezoelettrico: il taglio selettivo e preciso del tessuto mineralizzato permette di preservare la membrana di Schneider e di ridurre il rischio di lesioni del nervo infraorbitario

a pag. 604

Controllo eseguito durante l’attività di igiene periodica del mascellare superiore a 2 anni di follow-up dall’intervento di riabilitazione mediante tecnica All-on-4 modificata. Si può notare il buono stato clinico dei tessuti molli perimplantari

a pag. 590

SOMMARIO

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EDITORIALE

547DENTAL CADMOS | 9/2016 |

Sulla mia scrivania c’è una scatola sempre piena di caramelle. Mi piace che chi passa in ufficio per qualsiasi motivo, sia paziente o studente o collega, se ne esca con la bocca più dolce di quando è entrato.

È di questi giorni la pubblicazione su JAMA Internal Medicine di un articolo un po’ di-verso dal solito, perché non riporta tanto i risultati di una ricerca, quanto quelli di un lavoro investigativo che ha rivelato le relazioni inconfessabili (e ben pagate) incorse circa cinquant’anni fa tra l’industria statunitense dello zucchero e alcuni eminenti scienziati. L’obiettivo era screditare le ricerche che mostravano un legame tra con-sumo di zucchero e rischio di malattia cardiovascolare, dirottando l’attenzione verso i grassi, intesi non come persone sovrappeso ma come lipidi. Passaggio chiave di questa operazione fu il Project 262, che nel 1967 portò alla pubblicazione sul New England Journal of Medicine di una revisione della letteratura il cui contenuto fu for-temente influenzato dal committente (occulto). È verosimile che questa revisione, e più in generale l’intera operazione, per decenni abbia influenzato significativamente la ricerca, i comportamenti e le raccomandazioni riguardanti alimentazione e rischio di malattia cardiovascolare. Anche perché gli eminenti scienziati occuparono in se-guito posizioni di rilievo in agenzie ministeriali, contribuendo a redigere linee guida sull’alimentazione.

Negli Stati Uniti, dal 1965 a oggi l’apporto calorico associato ai grassi è diminuito del 25%, mentre quello associato ai carboidrati è aumentato quasi del 30%. E a chi come me è nato negli anni Sessanta, è stato spiegato che lo zucchero fa venire la carie e non è l’ideale se stai cercando di dimagrire, ma se ti lavi bene i denti e non esageri, non ti farà male. Il piano della lobby dello zucchero può dirsi riuscito.

Non so se tra cinquant’anni una scatola di caramelle su una scrivania di un ospedale farà l’effetto che provocherebbe oggi un pacchetto di sigarette. Nel frattempo ho ridotto di un terzo lo zucchero che metto nel caffè.

Buona lettura

Dolci bugieSweet lies

GIOVANNI LODI

Università degli Studi di MilanoUCL Eastman Dental [email protected]

© 2016 EDRA SpA. Tutti i diritti riservati Doi: 10.19256/d.cadmos.09.2016.01

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INTERVISTA

548 | DENTAL CADMOS | 9/2016

Im

plan

tolo

gia

a Tiziano Testori

Da gennaio in Italia un’unica società scientifica di implantologia osteointegrataSince January in Italy a single scientific society of osseointegrated implantology will start

Una nuova società scientifica italiana sarà ufficialmente attiva dal gennaio 2017: si tratta dell’Italian Academy of Osseointegra-tion (IAO), fondata nel dicembre 2015 dalla confluenza di due forti società scientifiche quali SICOI (Società Italiana di Chirurgia Orale e Implantologia) e SIO (Società Ita-liana di Implantologia Osteointegrata). La nuova società, che si occuperà anche di chirurgia orale e riabilitazione estetica e funzionale del cavo orale, sarà guidata nel primo biennio dal professor Tiziano Testo-ri, che abbiamo intervistato in proposito.

COME È NATA L’ESIGENZA DI FONDARE QUESTA NUOVA SOCIETÀ?

La IAO nasce dalla fusione di due so-cietà di implantologia (di cui una anche di chirurgia orale) per disporre di un unico contenitore culturale in linea con l’esigenza di ridurre i costi anche per i sostenitori finanziari, ovvero le società nazionali o multinazionali che supporta-no le varie società scientifiche senza in-terferire nei loro programmi culturali. Si è poi voluta evitare una frammentazione dell’utenza rappresentata da odontoiatri che seguono congressi organizzati da

© 2016 EDRA SpA. Tutti i diritti riservati

Tiziano Testori è responsabile del Reparto di Implantologia e Riabilitazione Orale presso l’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano (Dipartimento di Tecnologie per la Salute, Clinica Odontoiatrica). È membro dell’editorial board di prestigiose riviste internazionali: The International Journal of Oral and Maxillofacial Implants (IJOMI), European Journal of Oral Implantology (EJOI), International Journal of Periodontics and Restorative Dentistry (IJPRD). Inoltre è direttore scientifico della rivista Quintessenza Internazionale and JOMI (QI&J). Past-president (2007-2008) della Società Italiana di Chirurgia Orale e Implantologia (SICOI), è vincitore del Premio Internazionale per la Ricerca in Odontoiatria della XVI edizione (anno 2015) delle “Giornate della Scuola Medica Salernitana”, Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Salerno. È autore di quattro libri tradotti anche in lingua inglese e di 103 articoli scientifici indicizzati in PubMed.

due distinte società scientifiche aventi lo stesso obiettivo, cioè fare aggiornamen-to in implantologia. Un altro problema è costituito dai relatori di alto livello nel caso ricevano due inviti, in quanto sono sempre molto impegnati e occorre spes-so prenotarli anche due anni prima. Per tutti questi motivi si è deciso di unire le forze così da ottimizzare i costi, la tem-pistica e la gestione, avendo un unico interlocutore con gli sponsor e quindi un rapporto più bilanciato rispetto a due entità parallele.

QUALI SONO GLI OBIETTIVI PRINCIPALI DELLA IAO?

Fondamentalmente due. Il primo è ag-giornare la professione odontoiatri-ca post-laurea attraverso il sostegno alla ricerca scientifica, l’organizzazione di convegni e incontri di formazione nell’ambito dell’educazione continua, la promozione di qualsiasi iniziativa che contribuisca al miglioramento profes-sionale in campo implantologico. Inoltre si intende informare il cittadino, fruitore ultimo delle cure odontoiatriche, for-nendo nozioni corrette dal punto di vi-

sta medico-scientifico, depurate da tutti i messaggi commerciali pubblicitari che arrivano dalla carta stampata e dalle televisioni, introdotti sul mercato italia-no soprattutto da gruppi di investitori, ossia società di capitali che considera-no l’odontoiatria come un business e investono in un marketing aggressivo. Tra i progetti della mia presidenza vi è quello di dotare il cittadino degli stru-menti per poter capire meglio, quando viene proposto un trattamento, se siano state seguite le procedure diagnostiche corrette e quindi rispettose della salute.

Doi: 10.19256/d.cadmos.09.2016.02

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INTERVISTA

549DENTAL CADMOS | 2016;84(9):548-549 |

Implantologia

Il messaggio chiave è: esistono precise fasi diagnostiche che permettono di ar-rivare a una terapia, perché la mission dell’odontoiatra è curare le bocche e gli impianti servono per sostituire i denti che non sono più curabili con eventuali terapie tradizionali. Determinate proce-dure sono spesso corrette ma non sono da considerarsi standardizzate, poiché non sempre gli obiettivi di profitto degli investitori di questi gruppi coincide con la salute del paziente.

QUALI SONO GLI ASPETTI BASILARI DELL’IMPLANTOLOGIA OSTEOINTEGRATA?

L’implantologia è diventata una scien-za accettata in tutto il mondo dopo gli studi di Brånemark in Svezia che hanno dimostrato come un impianto biocom-patibile in titanio può integrarsi con l’osso in modo permanente dando un successo a lungo termine. L’impianto ha una prognosi nel tempo se osteoin-tegrato con l’osso e tra osso e impianto non è interposto tessuto connettivo. L’impianto – componente endossea formata da una vite contenente una ca-mera filettata in cui è avvitato un perno extraosseo che fuoriesce dalla gengiva e su cui si posiziona la corona – se in-serito precocemente dopo l’estrazione del dente esplica la stessa funzione di stimolo della formazione ossea svolta della radice. Previene cioè l’atrofia da disuso che, tipicamente, caratterizza la faccia del “vecchietto” con terzo inferio-re del viso e mento prominenti a causa del mancato supporto dei tessuti molli, determinato appunto dall’assenza dei denti e dalla perdita di osso.

QUANTO CONTA LA QUALITÀ DEGLI IMPIANTI?

Dal 1998 gli impianti sono un presidio me-dico-chirurgico e dovrebbe esservi l’obbli-go morale di indicare al paziente l’esatta

specifica dell’impianto che viene utilizza-to, perché la parte protesica può avere una durata limitata nel tempo (in medi-cina legale è prevista una durata di 10-12 anni) e avere bisogno, per la normale usura, di rifare le corone. In Italia per ven-dere gli impianti è sufficiente il marchio CE e la nostra è una delle nazioni con il maggior numero di aziende produttrici di impianti. La IAO si propone di raccoman-dare ai colleghi di scegliere impianti che dispongano di una letteratura scientifica che ne provi l’efficacia: a differenza dei dispositivi approvati dalla FDA statuniten-se, che richiede test biomeccanici e lavori clinici scientifici, questo non è attualmen-te richiesto dalla legislazione italiana. Per prevenire problemi al paziente occorre usare impianti certificati che garantisca-no la riconoscibilità del tipo di impianto e la continuità della sua produzione ai fini della disponibilità della componentistica protesica per la ricostruzione del dente. Tali protesi inoltre devono essere dotate di “passaporto implantare” (consegnato al paziente che lo conserva per tutta la vita): questo permette di conoscere il tipo di impianto e l’azienda produttrice, così che all’utente possano essere assicurati i ri-facimenti quando, per esempio, dovesse trasferirsi per motivi di lavoro o lo studio medico chiudesse.

PERCHÉ LA IAO SI OCCUPA ANCHE DI CHIRURGIA ORALE E RIABILITAZIONE DEL CAVO ORALE?

Nel mondo, il concetto di osteointegra-zione comprende non solo il posiziona-mento dell’impianto dove c’è osso ma anche la ricostituzione dell’osso man-cante con interventi di chirurgia orale ricostruttiva volti a ricreare la condizione per poi inserire l’impianto. Circa la riabi-litazione funzionale, va detto che il cavo orale è considerato un organo a livello sia anatomico-funzionale sia medico-legale e come tutti gli organi ha varie

funzioni: masticazione e fonesi (i denti sono importanti per avere una buona dizione). Avere i denti implica quindi condurre una vita sociale normale, dato che è più facile relazionarsi con una per-sona che quando sorride ha una bocca in ordine, non affetta da parodontite. Unita alla funzione masticatoria c’è quin-di un’importante funzione estetica in cui l’implantologia può intervenire per cura-re oligodentie, agenesie di elementi den-tali, displasie ectodermiche, permetten-do di migliorare la qualità di vita non solo dell’anziano ma anche di giovani pazienti grazie a protesi fisse, evitando l’uso di protesi mobili per tutta la vita.

ESISTONO CONTROINDICAZIONI AL RICORSO ALL’IMPLANTOLOGIA?

L’implantologia è un’opzione con con-troindicazioni estremamente limitate, ma in una popolazione sempre più an-ziana tante comorbilità possono indurre a scegliere i trattamenti tradizionali. Oc-corre comunque distinguere controindi-cazioni assolute e relative. Tra le prime, l’esposizione a elevate dosi di radiazioni per neoplasie del distretto testa-collo. Tra le seconde, le comorbilità integrate come il diabete scompensato o malattie sistemiche che incidono sul microcirco-lo, oppure le patologie locali attive sul metabolismo osseo o, ancora, l’asma in terapia cronica con cortisonici. Anche il paziente con parodontopatia sen-za compliance per l’igiene orale non è candidato all’implantologia perché può sviluppare una perimplantite. Per tutte queste ragioni abbiamo messo a punto un algoritmo, il protocollo Longevity: un software di valutazione del rischio im-plantare che permette di classificare il ri-schio del paziente in alto, medio e basso sulla base di tre macrogruppi (generale legato allo stato di salute sistemica, den-to-parodontale, implantare specifico).

Arturo Zenorini

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Implant Direct is part of KaVo Kerr

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LA SOLUZIONE DEL CASO CLINICO È NELLA PAGINA SUCCESSIVA

DENTAL CADMOS | 2016;84(9):551-552 | 551

QUESITO DIAGNOSTICO

Patologia e M

edicina orale

Pato

logi

a e

M

edic

ina

oral

e

© 2016 EDRA SpA. Tutti i diritti riservati

Lesioni multiple radiopache e radiotrasparenti in un giovane paziente

Un paziente di sesso maschile di anni 25 richiede una consulenza odontostomato-logica per la persistenza in arcata di tre dei quattro canini decidui con annessa mancata eruzione dei corrispondenti per-manenti. Ottenuto il consenso informato si esegue un’ortopantomografia (OPT)

Ricevuto il 11 febbraio 2016Accettato il24 giugno 2016

SIPMOSocietà Italiana di Patologia e Medicina Oralewww.sipmo.it

PAROLE CHIAVELesione radiopacaLesione radiotrasparenteInclusioni dentarie multiple NeoplasieCisti

KEY WORDSRadiopaque lesionRadiolucent lesionMultiple dental inclusionsNeoplasmsCysts

PRESENTAZIONE DEL CASO

Multiple radiopaque and radiolucent lesions in a young patientE. Di IorioLibero professionista in Francavilla al Mare (CH)

che evidenzia, oltre all’inclusione di 2.3, 4.3 e 1.3, la presenza di lesioni multiple radiopache e radiotrasparenti (fig. 1). Come esame di secondo livello si richiede una tomografia computerizzata (TC cone beam) che conferma e definisce meglio le lesioni evidenziate dall’OPT (fig. 2).

Fig. 2

La TC cone beam evidenzia che la lesione ossea presente a livello dell’angolo mandibolare destro origina dalla corticale linguale. Visibili, inoltre, denticoli nella sede di inclusione del 4.3

Fig. 1

L’OPT mostra la presenza di lesioni radiopache multiple (la più grande nell’angolo mandibolare destro) e l’inclusione di 2.3, 4.3 e 1.3 (la cui corona è circondata da una lesione radiotrasparente)

Doi: 10.19256/d.cadmos.09.2016.03

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552 | DENTAL CADMOS | 9/2016

QUESITO DIAGNOSTICO

Patologia e M

edicina orale

Pato

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M

edic

ina

oral

e Il quadro radiografico è caratteristico della sindrome di Gardner, da cui il paziente è affetto

La corona dell’elemento 1.3 risulta cir-condata da una radiotrasparenza a mar-gini netti, verosimilmente una cisti folli-colare, la cui diagnosi andrà confermata con esame istologico (fig. 3).A livello dell’angolo mandibolare di de-stra è presente una radiopacità a margini netti di circa 2 cm di diametro massimo. Basandosi sull’aspetto radiografico la diagnosi differenziale della lesione deve considerare: esostosi mandibolare, osteo- sclerosi idiopatica, displasia cemento-ossea, cementoblastoma, odontoma complesso. Radiopacità con caratteristi-che simili ma di dimensioni minori sono presenti a livello della regione molare sinistra e in corrispondenza del margine mandibolare inferiore sinistro. In corrispondenza delle corone del 2.3 e 4.3 inclusi si riscontra la presenza di opa-cità multiple rotonde o ovalari a margini netti, circondate da un alone radiotraspa-rente. Tali immagini sono probabilmente riferibili a odontomi composti che vero-similmente sono alla base dell’inclusione degli elementi permanenti. Anche in que-sto caso saranno dirimenti l’osservazione del reperto operatorio e l’esame istologico. Il quadro descritto fa parte delle mani-festazioni odontostomatologiche della sindrome di Gardner (GS) dalla quale il paziente risulta affetto così come ne era affetta la madre, deceduta per la dege-nerazione adenocarcinomatosa della poliposi del colon. La GS è una malattia

che odontostomatologiche sono inclusio-ni dentarie, cisti follicolari, odontomi ed elementi sovrannumerari.Un tempestivo riconoscimento delle ma-nifestazioni odontostomatologiche (gli osteomi mandibolari spesso si evidenzia-no molto prima della comparsa dei polipi intestinali) può favorire la diagnosi pre-coce della malattia e consentire l’inseri-mento del paziente in un rigoroso pro-gramma di follow-up.

genetica rara a trasmissione autosomica dominante in cui la mutazione principale riguarda un gene localizzato sul braccio lungo del cromosoma 5.Aspetti caratterizzanti della sindrome sono: poliposi del colon con elevato ri-schio di cancerizzazione, lesioni dei tes-suti molli (tumori desmoidi, cisti epider-moidi ecc.) e osteomi multipli perlopiù localizzati a livello di cranio, mandibola e mascella. Altre manifestazioni sindromi-

DIAGNOSI E CURA

SOLUZIONE DEL CASO CLINICO

Fig. 3 Particolare della TC cone beam: si evidenzia l’inclusione di 2.3, 4.3 e 1.3, quest’ultimo con la corona circondata da una radiotrasparenza verosimilmente riconducibile a cisti follicolare

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IL CONTROLLO DELLA PATOLOGIA CARIOSA CON MATERIALI BIOMIMETICI: NUOVE FRONTIERE DALLA RICERCA

Informazione Redazionale

La carie dentaria è una patologia infettiva che rappre-senta la problematica più diffusa a carico dei tessuti duri dei denti, ed è in assoluto la problematica più importante che colpisce gli elementi decidui nei bambini. Nella mod-erna odontoiatria, ridursi a trattare solo le lesioni cavitate prodotte dalla carie rappresenta una specie di fallimento, poiché in questo caso ci si limiterebbe a trattare un sin-tomo (le cavità) mentre rimarrebbe di fatto non trattata la patologia in tutte le sue caratteristiche. Per questo, già da diversi anni molta attenzione è stata posta sul control-lo dei fattori di rischio per la carie dentaria, sulla diagnosi precoce delle lesioni iniziali e sull’adozione di trattamen-ti che possano ridurre o bloccare la patologia e, dove possibile, riparare le lesioni, prima che queste possano diventare delle cavità.Molti prodotti a oggi sul mercato si propongono di ri-parare o di rigenerare lo smalto e la dentina, e di blocca-re la progressione di carie dentaria. Tuttavia solo pochi di loro possono realmente vantare la capacità di inter-agire con i tessuti duri dei denti, legandosi in maniera indissolubile, promuovendo scambi ionici e formazione di nuovi tessuti. Solo pochi, in pratica, possono essere veramente biomimetici, ovvero in grado di promuovere fenomeni similari a quelli esistenti in natura.Ad esempio l’idrossiapatite nella sua forma chimica natu-rale (stechiometrica) non ha di per sé particolari proprietà

biomimetiche, anche se venisse introdotta come ingredi-ente in un prodotto per l’igiene orale. Invece, modifican-do opportunamente la formulazione chimica dell’idros-siapatite, la si può rendere molto più reattiva una volta a contatto coi tessuti duri dei denti. Una delle formulazioni che si sono rivelate più efficaci è il Bio-Active Complex, una composizione di apatiti multisostituite con propri-età biomimetiche con una sinergia tra Carbonato, in grado di rendere gli ioni attivi biodisponibili; Magnesio e Stronzio, che promuovono la mineralizzazione; Fluo-ro, che rinforza la fase minerale neoformata; Chitosano, che stabilizza e prolunga il rilascio dei componenti attivi.Inoltre, ricerche di laboratorio1 hanno dimostrato che le superfici dentarie esposte allo spazzolamento con un dentifricio contenente Bio-Active Complex e Fluo-roidrossiapatite (H.A.F.) possono influenzare la crescita del biofilm batterico. In questi studi, le superfici spaz-zolate sono state in grado, già dopo il primo spazzola-mento, di inibire la formazione della flora batterica orale e, in modo particolare, di ridurre la proliferazione delle specie batteriche cariogene e più pericolose per smalto e dentina, come lo Streptococcus mutans. Un dato ul-teriormente interessante in questo studio è stato che l’inibizione della flora cariogena è stata rilevante sia sulle superfici naturali del dente, sia sui materiali da restau-ro, aprendo nuove frontiere nella prevenzione delle carie secondarie, ovvero di quelle che si riformano ai margini di una ricostruzione, che potrebbero essere protette pro-prio con il semplice gesto dello spazzolamento con un dentifricio biomimentico.

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Invecchiamento facciale: caratteristiche biologiche e cliniche, opzioni di trattamento medico-estetiche e dentaliFacial aging: biological and clinical features, dental and medical aesthetic treatment options

Ricevuto il29 aprile 2016Accettato il15 settembre 2016

*Autore di riferimentoGiovanni [email protected]

G. Mauro*, A. Di Blasio, C. Di Blasio, G.M. MacalusoUniversità degli Studi di Parma, Centro Universitario di Odontoiatria

RIASSUNTOOBIETTIVI. Scopo del presente lavoro è esaminare le attuali conoscenze sull’in-vecchiamento facciale nelle discipline mediche e odontoiatriche.

MATERIALI E METODI. È stata condotta una ricerca della letteratura in PubMed, Embase e Google Scholar incrociando la parola chiave “invecchiamento del viso”, con le seguenti: anatomia faccia-le, odontoiatria, ortodonzia, chirurgia maxillo-facciale, medicina estetica, psi-cologia.

RISULTATI. Nella presente revisione sono stati inclusi 114 articoli. Proporzioni, armonia, regolarità, ripri-stino dei volumi, uniformità di tessitura di pelle e colorito, aspetto naturale di tessuti duri e molli sono gli endpoint dell’estetica moderna e delle attuali pro-cedure estetiche in materia di invecchia-mento facciale.

CONCLUSIONI. Un nuovo concetto di invecchiamento del viso sta affermando-si nelle discipline facciali e nelle relative procedure mediche e dentali.

PAROLE CHIAVEInvecchiamento faccialeEsteticaBellezzaMedicina esteticaChirurgia maxillo-facciale

ABSTRACTOBJECTIVES. The aim of the present pa-per is to review the current understand-ing of facial aging across medical and dental fields.

MATERIALS AND METHODS. A litera-ture search was performed in PubMed, Embase e Google Scholar, by match-ing the key word “facial aging” with the following key words: facial anat-omy, dentistry, orthodontics, maxil-

© 2016 EDRA SpA. Tutti i diritti riservatiDoi: 10.19256/d.cadmos.09.2016.04

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Estetica

1. INTRODUZIONE

L’invecchiamento è un inesorabile proces-so che provoca uno squilibrio dell’omeo-stasi e una maggiore vulnerabilità dell’or-ganismo, oltre a un ridotto adattamento agli stimoli ambientali, e colpisce cellule, tessuti, organi e sistemi corporei [1].La letteratura sullo sviluppo del viso e sul-le diverse fasi che portano alla definizione delle caratteristiche morfologiche del vol-to adulto è abbondante [2]. Molte meno ricerche sono disponibili sulla fenomeno-logia dell’invecchiamento facciale.Scopo del lavoro è rivedere le attuali co-noscenze scientifiche riguardanti l’invec-chiamento del viso nelle diverse discipli-ne: anatomia, odontoiatria, ortodonzia, chirurgia maxillo-facciale, medicina este-tica e relativi aspetti psicologici, al fine di introdurre un nuovo concetto estetico nell’affrontare la gestione multidiscipli-nare dell’invecchiamento facciale.

2. MATERIALI E METODI

È stata condotta una revisione narrati-va della letteratura utilizzando PubMed, Embase e Google Scholar.Criteri di esclusione: lavori scientifici nei quali l’invecchiamento facciale è trattato con procedure di chirurgia estetica o pla-stica.Criteri di inclusione: lavori scientifici

indicizzati come revisioni e pubblicati su riviste di lingua inglese peer-reviewed tra gennaio 1999 e dicembre 2014.Le parole chiave impiegate per la ricerca sono state: “facial ag(e)ing” AND“facial anatomy”“dentistry”“orthodontics”“maxillofacial surgery”“(a)esthetic medicine”“(a)esthetic psycology”.

3. RISULTATI

L’associazione fra aging facciale ecaratteristiche anatomiche ha indi-

viduato 418 pubblicazioni, 16 delle quali incluse;

odontoiatria ha individuato 16 pub-blicazioni, tutte incluse;

ortodonzia ha individuato 5 pubbli-cazioni, tutte incluse;

chirurgia maxillo-facciale ha indivi-duato 36 pubblicazioni, 19 delle quali incluse;

medicina estetica ha individuato 92 pubblicazioni, 44 delle quali incluse;

psicologia ha individuato 99 pubbli-cazioni, 14 delle quali incluse.

3.1 INVECCHIAMENTO FACCIALE E CARATTERISTICHE ANATOMICHEDal punto di vista anatomico l’invecchia-mento facciale rispecchia i molteplici ef-

fetti prodotti dal trascorrere del tempo su cute, tessuti molli e componenti struttu-rali profonde del volto, in una complessa sinergia d’azione fra alterazioni tessutali superficiali e modifiche strutturali vo-lumetriche. Varie ricerche hanno docu-mentato il processo di invecchiamento facciale in relazione alle diverse com-ponenti anatomiche: ossa, muscoli, le-gamenti e cute [3]. Molti di tali aspetti riflettono gli effetti combinati di gravità, riassorbimento osseo, diminuita elastici-tà, ridistribuzione/perdita di componenti superficiali e profonde del grasso sotto-cutaneo [4] (fig. 1).Ciò che appare più importante oggi è l’evidenza che la perdita di volume e la ridistribuzione del grasso sottocutaneo possono avere un ruolo più importante di quanto si pensasse in precedenza [5]. I compartimenti adiposi sottocutanei del volto sono influenzati in modo diverso dall’invecchiamento. Un volto giovane è caratterizzato da una diffusa, equilibra-ta distribuzione di grasso superficiale e profondo, che conferisce un’armonica topografia tridimensionale delineata da una serie di archi e convessità. Man mano che si invecchia si hanno una perdita in volume e una dislocazione topografica dei pannicoli adiposi sottocutanei. Inoltre si verifica una ridistribuzione del grasso all’interno degli stessi, ciò che è responsa-bile macroscopicamente della interruzio-

lofacial surgery, aesthetic medicine, psychology.

RESULTS. 114 papers were included in the present review. Proportions, harmo-ny, regularity, volume restoration, uni-formity of skin texture/colour, natural look of both hard and soft tissues are the

endpoints of modern aesthetics and of the current aesthetic procedures in terms of facial aging.

CONCLUSIONS. A new aesthetic of facial ageing is emerging in facial disciplines, and a different construct is now guiding both dental and medical procedures.

KEY WORDSFacial agingAestheticsBeautyAesthetic medicineMaxillofacial surgery

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ne di continuità degli archi del volto [2]. Molti studi giungono alla conclusione che i più importanti fattori anatomici associati all’invecchiamento del viso ri-siedono nel terzo inferiore. L’invecchia-mento dell’area periorale è dunque un argomento centrale nella ricerca sull’a-ging facciale e le sue caratteristiche ana-tomiche sono attualmente oggetto di ap-profondite ricerche [6-8].

3.2 INVECCHIAMENTO FACCIALE E ODONTOIATRIALa professione odontoiatrica si trova di fronte a una popolazione che sta invec-chiando ma che desidera mantenere il più a lungo possibile la propria dentatura na-

turale. Il sorriso è uno dei primi aspetti a mostrare segni di invecchiamento nell’in-dividuo. Comuni segni di invecchiamento dentale sono: decolorazioni, usure di denti naturali ed elementi artificiali quali corone e restauri, fratture, diminuita dimensione verticale [9-11]. I progressi compiuti nel settore dell’odontoiatria restaurativa offro-no ora alla professione diverse procedure atte a migliorare i segni di invecchiamento dentale, così da influenzare notevolmente l’aspetto facciale globale [12]. Vi è infatti una crescente domanda di procedure este-tiche dentali da parte di pazienti desiderosi di ripristinare un aspetto giovanile del vol-to. È in corso, inoltre, una discussione sulla possibilità di intraprendere pratiche medi-

co-estetiche nel terzo medio e inferiore del viso da parte della professione odontoia-trica che sta obiettivamente cercando di espandere le proprie competenze nel cam-po del trattamento dell’invecchiamento del viso, aumentando le proprie conoscenze in questo ambito mediante, per esempio, un adeguato training sull’impiego di filler nei limiti e nelle competenze territoriali impo-sti all’odontoiatria [13].

3.3 INVECCHIAMENTO FACCIALE E ORTODONZIALa motivazione estetica è uno dei princi-pali fattori che spingono al trattamento ortodontico [14,15].Come già affermato, molte caratteristi-

Fig. 1 Alterazioni dei tessuti facciali correlate all’età

Terzo superioreIndebolimento dei tessuti molliSviluppo di rughe frontali e glabellariPtosi delle sopraccigliaSvuotamento della regione temporale e intraorbitale

Terzo medioAppiattimento della prominenza malareSvuotamento nell’area periorale, palpebre inferiori e guanceApprofondimento dei solchi naso-genieni

Terzo inferioreAssottigliamento e lassità della cuteSviluppo di rughe verticali sul prolabioPerdita di tessuto adiposoSviluppo delle borsette paramentoniere

Cute

• Ispessimento del derma• Perdita di tonicità dermica• Alterazioni dell’architettura fibrosa (collagene, elastina)

Osso e legamenti

• Diminuzione di volume• Diminuzione dell’angolo glabellare/mascellare• Aumento di ampiezza dell’apertura piriforme• Rotazione della piattaforma craniofacciale• Allungamento del legamento orbitomalare

Tessuto adiposo

• Diminuzione di volume• Atrofia• Riposizionamento dei compartimenti

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Estetica

che dell’invecchiamento facciale si aggre-gano nella regione periorale, coinvolgen-do così anche la professione ortodontica. I tessuti molli vanno incontro a evidenti modifiche dalla seconda alla quarta deca-de di vita [16] e, analogamente, il sorri-so cambia nel corso degli anni [17]. Nei soggetti più anziani l’altezza del profilo del labbro superiore diminuisce signifi-cativamente. Anche l’altezza della linea del sorriso spontaneo si riduce di circa 2 mm, mentre l’altezza del profilo del labbro mandibolare cambia significati-vamente e i denti risultano meno visibili durante il sorriso spontaneo.Viceversa, l’esposizione dei denti man-dibolari in posizione di riposo aumenta notevolmente. La lunghezza del labbro superiore aumenta sostanzialmente, di quasi 4 mm nei soggetti anziani, men-tre l’elevazione del labbro superiore non cambia in modo significativo.

In altre parole, con l’aumentare dell’età il sorriso si restringe verticalmente e di-venta trasversalmente più ampio [18]. Le misure dinamiche indicano che la capaci-tà dei muscoli di creare un sorriso dimi-nuisce con l’aumentare dell’età [19].

3.4 INVECCHIAMENTO FACCIALE E CHIRURGIA MAXILLO-FACCIALEDiverse revisioni affrontano il tema dell’involuzione delle ossa craniche [20] come componente importante del pro-cesso di invecchiamento.L’avvento delle procedure di implantologia endossea, consentendo il mantenimento della dimensione ossea, hanno influenza-to radicalmente la riabilitazione estetica e funzionale del sistema stomatognatico che invecchia [21]. La chirurgia periorale e le procedure di affondamento di fornice a livello di labbra e guance in pazienti sele-zionati possono portare a risultati soddisfa-

centi nel trattamento dei processi involuti-vi associati all’aging [6,7,22].

3.5 INVECCHIAMENTO FACCIALE E MEDICINA ESTETICAMolte procedure di medicina estetica – tra cui biorivitalizzazione, impiego di tos-sina botulinica, filler, peeling, utilizzo di varie sorgenti di luce ad alta energia (la-ser, luce pulsata, fotobiomodulazione) – sono state proposte al fine di sviluppare un approccio efficiente e minimamen-te invasivo per rallentare o recuperare l’invecchiamento del viso: la medicina estetica si pone oggi quale alternativa alle procedure chirurgiche più aggressive [5,23-28] (fig. 2).

3.6 INVECCHIAMENTO FACCIALE E CARATTERISTICHE PSICOLOGICHEInvecchiamento del viso e caratteristiche psicologiche sono strettamente collega-

Fig. 2 Procedure medico-estetiche e odontoiatriche nell’invecchiamento facciale

Terzo superioreTossina botulinicaFillerCO2 resurfacingPeelingFotobiomodulazione

Terzo medioFillerCO2 resurfacingPeelingFotobiomodulazioneBiorivitalizzazione

Terzo inferioreFillerCO2 resurfacingPeelingFotobiomodulazioneBiorivitalizzazioneProcedure estetiche dentali: sbiancamento, allungamenti di corona clinica, riabilitazione protesica e ortodontica

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ti [24]. Quando si tratta di motivazione, la percezione di sé è la principale forza motrice, basata principalmente su ca-ratteristiche psicologiche [29]. Benché l’elemento della bellezza possa essere sfumato ed elusivo, sicuramente è il pri-mo a mancare quando la gioventù inizia a svanire [30,31]. La maggior parte dei pazienti che invecchiano sono in grado di individuare una o più aree “critiche” nel proprio e altrui aspetto. La ricerca di attrattiva e il desiderio di un aspetto più giovane sono quindi un ovvio, potente argomento motivazionale. La percezione di sé e l’autostima sono influenzati dal modo in cui l’individuo è percepito dagli altri. Una persona che è percepita come attraente è più atta a stimolare risposte positive e queste rafforzano un’autoim-magine favorevole [32].Per di più molti cambiamenti facciali cor-relati con l’aging sono potenzialmente in grado di influenzare negativamente le in-terazioni sociali [33,34]. L’interpretazione delle espressioni del viso è una compo-nente integrante della comunicazione non verbale. Le rughe iperfunzionali frontali e perioculari, i festoni malari, il ripiega-mento all’ingiù degli angoli della bocca conducono a un’espressione che l’osserva-tore può interpretare come preoccupata o ansiosa. Una plica glabellare approfondi-ta può essere erroneamente considerata come segno di rabbia, ansia o irritazione. I segni dell’invecchiamento del viso, dun-que, possono comunicare erroneamente emozioni negative. Gli stati d’animo in-teriori possono essere cioè diversi da ciò che gli altri percepiscono e questo può es-sere fonte di significativa ansietà per il pa-ziente [35]. Infine, per tutte le procedure estetiche i risultati positivi sono intrinse-camente correlati ad aspettative, obiettivi e desideri dei pazienti e in ultima analisi al loro grado di soddisfazione [36].

4. DISCUSSIONE

I risultati esposti sollevano due fonda-mentali punti di discussione.Riconcettualizzazione delle attuali

conoscenze. L’aging facciale è un pro-cesso complesso e poliedrico. Il viso non invecchia in maniera unitaria, ma molteplici fattori vi contribuiscono. Componenti anatomiche come cute, muscoli, ossa, tessuto sottocutaneo adiposo, denti e tessuti parodontali sono tutti coinvolti a diversi livelli e con ritmi diversi nei singoli individui. In particolare, il ruolo dei pannicoli adiposi superficiali e profondi e dei le-gamenti del viso è considerato sempre più importante: queste strutture rap-presentano oggi il bersaglio di molte nuove tecniche di ringiovanimento. Il cronoinvecchiamento (chronoaging) è ormonosensibile e in ultima analisi è guidato geneticamente, mentre il fo-toinvecchiamento (photoaging) è mo-dulato da fattori ambientali quali tipo di lavoro e abitudini (fumo, assunzio-ne di alcol). Questi fattori rendono estremamente difficile generalizzare qualsiasi tipo di trattamento. In ogni specifico caso è richiesta una valuta-zione accurata e personalizzata, segui-ta da un piano di trattamento definito e frequentemente si rende necessario un approccio multidisciplinare. In de-finitiva non esiste una formula magica per il ringiovanimento di un viso.

Aging facciale e ruoli professionali. Dato che l’invecchiamento facciale colpisce tutte le strutture del viso, esso necessariamente interessa in modo trasversale tutte le discipline mediche e dentali. In particolare i professionisti dentali (odontoia-tra, ortodontista, chirurgo maxillo-facciale) coinvolti nelle affascinanti

problematiche associate all’invec-chiamento facciale si trovano ad af-frontare un ruolo fondamentale, sia per le succitate componenti prepon-deranti di tali fenomeni nelle regioni anatomiche di appartenenza sia per-ché chiamati a collaborare con pro-fessionisti quali dermatologi, chirur-ghi plastici, medici estetici cui pos-sono fornire un prezioso e altamente qualificato supporto specifico.

5. CONCLUSIONI

La presente revisione della letteratura apre più interrogativi di quanti ne risolva, uno fra tutti il significato di un’estetica in un volto che invecchia.Premesso che è discutibile se un vero rin-giovanimento possa davvero essere biolo-gicamente raggiunto con qualsivoglia tec-nica, data la sostanziale irreversibilità dei processi biologici che sottendono l’aging, sono disponibili oggi diverse procedure medico-estetiche e dentali atte a mitiga-re gli effetti dell’invecchiamento facciale, a condizione che si eseguano un’attenta selezione dei pazienti e un planning accu-rato. Molti trattamenti, però, implicano il costrutto della mimesi di un viso più gio-vane, postulando l’equazione giovinezza = bellezza. Ciò non è necessariamente vero e il ripristino di caratteristiche facciali gio-vanili non garantisce automaticamente un aspetto più attraente. È tempo di ripensa-re l’estetica del viso maturo in termini di aspettative più rea-listiche.In un’ottica estetica moderna, a dispetto di qualche traccia di rughe, l’equilibrio, le proporzioni, l’armonia, la regolarità, il ri-pristino dei volumi facciali, una uniformità di texture e colorito della pelle (non neces-sariamente nivea), in definitiva un look na-turale, sono gli obiettivi da perseguire nel trattamento dell’invecchiamento del viso.

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Estetica

Avere a che fare con un gradevole e bel viso maturo è l’obiettivo auspicabile.Per quanto riguarda specificamente il terzo inferiore del viso, un parodonto sano o in buon mantenimento, una dentatura curata, tecniche di sbiancamento non aggressive e rispettose dei tessuti dentali, riabilitazioni ben integrate possono contribuire a creare un sorriso armonioso in un viso maturo dall’aspetto gradevole. Compito dell’odon-toiatra è acquisire le adeguate competenze sull’aging facciale in modo da inserire i pro-pri skills in questo complesso quadro.La valutazione del paziente che ricerca un miglioramento del proprio viso invecchiato deve quindi tener conto di molteplici aspet-ti: l’anamnesi, la valutazione antropometri-ca, ortodontica e dentale, l’esame obiettivo medico-estetico e odontoiatrico [37].L’invecchiamento facciale è un processo sfaccettato e complesso, per lo più irrever-sibile. Per questo motivo (ri)creare bellez-za/attrattività in un viso maturo richiede competenze multidisciplinari: odontoia-tria, ortodonzia, chirurgia maxillo-facciale, dermatologia, medicina estetica, psicologia e capacità interpersonali.

CONFLITTO DI INTERESSIGli autori dichiarano di non avere alcun conflitto di interessi.

FINANZIAMENTI ALLO STUDIOGli autori dichiarano di non aver ricevuto finanziamenti per il presente studio.

RINGRAZIAMENTIGli autori ringraziano i dottori Charles Greene, Darrell Boychuck e Dorothy Campbell per il supporto.

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CORSO ECMParodontologia

*Autore di riferimentoGiulio Rampinelli

[email protected]

Ricevuto il 7 marzo 2016Accettato il 14 giugno 2016

© 2016 EDRA SpA. Tutti i diritti riservati

Il prelievo di tessuto connettivo: indicazioni, tecniche e alternativeConnective tissue graft: clinical guidelines, techniques and alternative proceduresG. Rampinelli*, A. Müller, A. Corica, R. Pinotti, V. RossiAzienda Ospedaliera San Paolo-Polo Universitario, UO Odontostomatologia 2, Milano

RIASSUNTOObiettivi. Fornire al clinico linee guida che gli permettano di poter scegliere, tra le varie tecniche di prelievo intraorale di tessuto connettivale, la più adeguata alle proprie necessità e soprattutto di poterla gestire in sicurezza. Materiali e metodi. Vengono descritte nel dettaglio, a seguito di un inquadramento anatomico, le varie tecniche di prelievo di tessuto connettivo con i relativi vantaggi e svantaggi. Si analizzano, inoltre, le diverse aree donatrici e si esaminano i principali sostituti connettivali, introdotti con lo scopo di ridurre la morbilità postchirurgica. Risultati e conclusioni. Il clinico verrà messo nella condizione di poter pianificare un prelievo intraorale di tessuto connettivo.

Parole chiave: Prelievo dal palato | Prelievo connettivale | Prelievo epitelio-connettivale | Sostituti connettivali | Chirurgia mucogengivale

ABSTRACTObjectives. The aim of the study is to provide the clinician with guidelines for the most appropriate clinical approach to connective tissue autograft and, notably, to harvesting techniques implementation in the safest manner and best suited place. Materials and methods. Criteria for patient’s preparation and management are analysed. Within anatomic framework, the various techniques for connective tissue grafting are described along with their relevant advantages and disadvantages. Further consideration is given to donor sites and to the main connective tissue substitutes introduced to minimize post-surgical morbidity. Results and conclu-sions. Guidance is provided to clinicians on the most effective techniques available for tissue graft harvesting.

Key words: Palatal harvesting | Connective tissue autograft | Epithelial-connective graft | Connective tissue substitutes | Plastic-aesthetic periodontal surgery

MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE AL CORSOL’iscrizione dovrà avvenire tramite compilazione della scheda di adesione disponibile sul nostro portale www.ECM33.it, che permetterà al provider di fornire via e-mail all’utente uno username e una password.Per maggiori informazioni www.ECM33.it

Il presente modulo “Il prelievo di tessuto connettivo: indicazioni, tecniche e alternative” è valido anche per coloro che hanno acquistato il Corso IV “Il trattamento della malattia parodontale: dai fondamenti alle soluzioni più com-plesse”

ATM e parodonto: due articolazioni molto particolari. Un aggiornamento clinico

Doi: 10.19256/d.cadmos.09.2016.05

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CORSO ECM

Parodontologia

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1. IntroduzioneLa moderna odontoiatria è profondamente mutata negli ultimi anni per far fronte alle esigenze funzionali ed estetiche sempre più elevate. In particolare, le procedure chirurgiche parodonta-li che coinvolgono il rimodellamento tessutale intorno a denti e impianti prevedono l’utilizzo di innesti di tessuto connettivo.Le indicazioni cliniche per queste procedure comprendono le recessioni gengivali e i deficit di gengiva cheratinizzata perim-plantare e crestale. Il successo delle procedure è determinato da diversi fattori, quali: la selezione del sito donatore, la tecnica di prelievo, l’integrazione e la stabilità volumetrica dell’innesto durante l’atto operatorio [1].Per innesto connettivale s’intende un prelievo di tessuto con-nettivo, privato quindi della corrispettiva parte epiteliale, che viene completamente distaccato dalla sua sede originaria (sito donatore) e applicato in un’altra sede (sito ricevente) [2]. L’intervento chirurgico di prelievo di tessuto connettivale, sep-pur non si annoveri tra gli interventi di chirurgia orale parti-colarmente invasivi, può rappresentare un momento di stress clinico per l’operatore a causa della presenza di strutture ana-tomiche “nobili” spesso vicine al sito donatore. A tal proposito, un’adeguata conoscenza dell’anatomia e delle sue varianti ren-de l’intervento più sicuro e riduce i momenti di tensione ge-nerati dalla comparsa di possibili complicanze intraoperatorie.

2. L’anatomia dei siti donatoriLa scelta del sito donatore non è arbitraria, anzi è guidata dal-le esigenze in termini quantitativi del sito ricevente l’innesto. Infatti, sono principalmente lo spessore e il volume di tessuto gengivale necessario a indirizzare il clinico nella scelta dell’area di prelievo e della tecnica da adottare. Ovviamente la selezione è forzata dalla disponibilità anatomica del paziente.Per esempio, per incrementare la banda di tessuto cherati-nizzato intorno a denti/impianti o per ricoprire le recessioni gengivali (fig. 1a-c) sono sufficienti quantità ridotte di tessuto connettivo, facilmente reperibili in differenti distretti. Per altre procedure, come la “ridge augmentation”, sono indispensabili spessori maggiori di tessuto, prelevati da aree ad hoc, anche a discapito della qualità tessutale. La tabella I indica i principali utilizzi del prelievo dal palato.Le sedi donatrici di tessuto connettivo preferite e preferibili sono: tuberosità del mascellare; aree edentule; palato;

Fig. 1a-c Innesto connettivale per incrementare il tessuto cheratinizzato e ricoprire le recessioni gengivali

Tab. I Indicazioni del prelievo dal palato

n Innesto gengivale libero

n Tecnica bilaminare

n Tecnica in due fasi

n Tecnica di “socket preservation”

n Ispessimento connettivale del collare implantare

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tessuto gengivale ricavato da aree interessate da procedu-re di gengivectomia.

La tuberosità del mascellare costituisce sicuramente la prima scelta. Quest’area, oltre a disporre di tessuto connettivo par-ticolarmente denso, garantisce una certa tranquillità in fase chirurgica sia per l’assenza di strutture anatomiche nobili nelle vicinanze sia per lo scarso sanguinamento (fig. 2a-c). Tuttavia questa sede non è sempre utilizzabile a causa della frequente presenza di secondo e terzo molare.Considerazioni simili possono essere spese per le edentulie intercalari, benché a causa della soggettività del paziente non siano prevedibili la quantità e la qualità del tessuto connettivo. Ne consegue che la sede più frequentemente utilizzata sia il palato [3].Il palato rappresenta la parete superiore della cavità orale ed è costituito nei 2/3 anteriori dal palato duro e nel terzo posterio-re dal palato molle. Il palato molle partecipa al processo di de-glutizione, non rivestendo alcuna importanza in ambito paro-dontale, pertanto non sarà oggetto della presente trattazione. Il palato duro è costituito da uno scheletro osseo, rivestito della tonaca mucosa della cavità orale. Lo scheletro osseo è formato anteriormente dai processi palatini delle due ossa mascellari e posteriormente dalle lamine orizzontali delle due ossa pa-latine. Nella parte anteriore la tonaca mucosa è strettamente aderente al periostio dello scheletro osseo, mentre nella parte posteriore è separata dall’interposizione delle ghiandole palati-ne, che sono ghiandole tubulo-acinose composte a secrezione mucosa. La tonaca mucosa è costituita da epitelio di rivesti-mento pavimentoso pluristratificato e da una lamina propria di connettivo [4].La fibromucosa palatale è costituita da tessuto connettivo denso, in cui la lamina propria è ricoperta da epitelio ortoche-ratinizzato. Istologicamente, fra il connettivo della fibromuco-sa palatale e il periostio che ricopre l’osso esiste uno strato submucoso di tessuto adiposo e ghiandolare, presente in quo-te differenti a seconda dell’area palatale considerata. Questo tessuto tende ad assottigliarsi più ci si sposta posteriormente, fino a diventare molto sottile o addirittura assente a partire dalle aree distali ai premolari.L’area più generosa di tessuto connettivo denso è quindi quella distale alla ruga palatina anteriore, nella porzione posteriore del palato, dove si ha la quota minima di submucosa. Bisogna però prestare attenzione al fatto che lo spessore della mucosa palatale, oltre a variare da sede a sede, varia anche da paziente a paziente.

Fig. 2a-c Prelievo dalla tuberosità del mascellare: a) incisione; b) tessuto disepitelizzato; c) sutura

2a

2b

2c

La selezione di un sito di prelievo con uno spessore adeguato al tipo di chirurgia è di fondamentale importanza [5]. Clinica-mente è possibile determinare lo spessore della mucosa pri-ma dell’anestesia, calcolando l’entità di penetrazione dell’ago da anestesia o di uno strumento appuntito attraverso il tessuto fibromucoso, posti perpendicolari al piano osseo, previa ap-plicazione di anestetico topico per minimizzare il discomfort del paziente (fig. 3). Queste misurazioni, attesa la variabilità

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dello spessore, dovrebbero essere effettuate sia nella zona intermedia del palato, dove vi sono i premolari, sia nella zona posteriore, in corrispondenza dei molari. Tale accorgimento permette di valutare anche la qualità del tessuto subepiteliale, perché il tessuto connettivale denso presenta una maggiore opposizione alla penetrazione rispetto al tessuto ghiandolare e adiposo. Queste misurazioni consentono di conoscere detta-gliatamente l’anatomia soggettiva dell’area donatrice, in modo da programmare la sede di prelievo con la certezza di ottenere uno spessore adeguato di connettivo [2]. Come anticipato, il sito donatore palatale di prima scelta è la zona tra la superficie distale del premolare e il secondo molare. Questo sito presenta una minima quota di tessuto adiposo e ghiandolare e uno spessore medio di 2,5-3,5 mm alla distanza di 2-3 mm dal margine incisale. Considerando che lo strato di epitelio superficiale è di circa 0,3-0,5 mm e che lo strato sovraperiosteo di tessuto da lasciare a protezione ossea deve essere di almeno 0,5 mm, la quantità di tessuto connettivale prelevabile in spessori di questo tipo è di circa 1,5-2 mm.Nel caso delle tecniche bilaminari di ricopertura radicolare lo spessore minimo necessario è di 0,8-1 mm, quindi la fibromu-cosa palatale del sito donatore deve avere uno spessore mini-mo di 2,5 mm.Nel caso in cui, per indicazione terapeutica, si avesse bisogno di ottenere spessori maggiori, che comunque difficilmente su-perano i 2 mm, la fibromucosa palatale dovrà avere uno spes-sore minimo di 3,5 mm. Ne consegue che in presenza di spes-

sori ridotti della fibromucosa (< 2,5 mm) la tecnica di prelievo d’elezione sia quella epitelio-connettivale, perché consente di prelevare un innesto connettivale di spessore adeguato, con una profondità di incisione di 1,5 mm.In ogni caso, una volta individuato il sito donatore, si deve con-siderare anche la dimensione apico-coronale dell’innesto, che deve rispettare una distanza di sicurezza dal margine gengivale di almeno 2 mm e non deve superare i 6 mm di altezza per non interferire con il decorso dell’arteria palatina maggiore. A tal proposito si faranno alcune precisazioni anatomiche.Il rischio vascolare maggiore nella procedura di prelievo è costituito dall’arteria palatina maggiore, che decorre molto profondamente al confine tra il palato molle e quello duro, in corrispondenza della superficie distale del secondo molare, ed è spesso protetta da una doccia ossea. Come noto l’arteria pa-latina maggiore origina dall’arteria mascellare e, dopo essere fuoriuscita dal foro palatino maggiore, decorre nella sottomu-cosa del palato duro fino ad anastomizzarsi, in zona premaxilla, con l’arteria omonima controlaterale e con il fascio vasculoner-voso interincisale. Prima di effettuare un prelievo in zona palatale è bene identifi-care il forame di uscita dell’arteria (foro palatino maggiore), che si trova nel punto di intersezione tra il passaggio palato mol-le/palato duro e un’immaginaria linea verticale che parte dal versante distale del secondo molare; l’emergenza del forame palatino si può individuare palpando con il polpastrello fino a sentire il battito tipico del sangue arterioso (fig. 4).Per definire con maggiore precisione il decorso dell’arteria palatina è opportuno considerare anche lo studio di Reiser et

Fig. 3 Inserimento di uno strumento appuntito, in questo caso un file a uso endodontico, per misurare lo spessore palatale

Fig. 4 Emergenza del forame palatino: tra palato duro e molle procedendo apicalmente dal margine distale del secondo molare

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al. del 1996 [5]. Questi autori associano la posizione del fascio neurovascolare alla forma del palato, individuando tre princi-pali varianti possibili di arco palatale (piatto, normale o alto) e le relative distanze del fascio rispetto al margine gengivale (7, 12 o 17 mm).L’individuazione della posizione del fascio vasculonervoso può essere meno facile sia in caso di una morfologia palatale ogivale, rispetto alla conformazione piatta, sia in caso di edentulia, per la mancanza di punti di repere importanti come la cresta dentale.Al di là del rischio dell’arteria palatina maggiore, è necessario tener presente che più ci si avvicina al piano osseo, quindi alla volta palatina, maggiore risulta il rischio di incontrare vasi la cui recisione può generare sanguinamenti copiosi. È infatti noto che i vasi e le strutture nervose palatali aumentino di dimen-sioni man mano che ci si avvicina al piano osseo e alla volta palatale.

3. Le tecniche di prelievo

3.1 Prelievo connettivaleParallelamente allo sviluppo delle conoscenze in campo paro-dontale sono state introdotte, e descritte in letteratura, diverse tecniche chirurgiche per ottenere tessuto connettivo.Tra i primi a introdurre una procedura di prelievo si annove-rano Sullivan e Atkins che nel 1968 [6] hanno presentato una tecnica a tutto spessore che prevede l’escissione di tessuto sia epiteliale sia connettivale, associata a una guarigione per se-conda intenzione del sito donatore.

> Tecnica “trap door” (botola)Nel 1974 Edel [7] ha invece descritto la tecnica “trap door” il cui obiettivo era ottenere la guarigione per prima intenzione del sito donatore palatale. Questa tecnica prevede: un’incisione in senso mesio-distale di dimensione pari a quella dell’innesto desiderato, da eseguire a distanza non inferiore a 1-1,5 mm dal margine gengivale dei denti prossimi al sito di prelievo; successivamente, due incisioni verti-cali che, partendo dagli estremi della prima incisione orizzontale, oltrepassino di 1 mm la dimensione apico-coronale dell’innesto. A questo punto, incidendo a spessore parziale, si procede all’e-levazione di un lembo che comprende il tessuto epiteliale e una piccola porzione di tessuto connettivo a esso adeso. Una volta aperto il lembo, si incide più profondamente il tessuto connettivo sottostante seguendo il disegno del lembo primario e si completa con una seconda incisione orizzontale più apicale.

La tecnica permette, inoltre, il prelievo di tessuto connettivo già privo dell’epitelio soprastante.Il lembo primario viene poi riposizionato nella sede originaria e suturato. La guarigione del sito donatore in questo caso è per prima intenzione (fig. 5).

> Tecnica a incisioni paralleleLa tecnica di Harris del 1994 [8], detta a “incisioni parallele”, prevede invece due incisioni orizzontali: si esegue una prima incisione, profonda, situata a 2-3 mm dal margine gengivale, seguita da una seconda, più superficiale, parallela alla prima, collocata apicalmente di circa 1-2 mm. A partire da quest’ul-tima si incide a mezzo spessore fino a ottenere il perimetro dell’innesto desiderato. Successivamente, inserendo uno stru-mento a livello della prima incisione si scolla il tessuto connet-tivo compreso tra il periostio palatale e la porzione di tessuto epitelio-connettivale appena dissecata; ovviamente esiterà la presenza di un margine di tessuto epiteliale corrispondente alla striscia intermedia tra le due incisioni, che dovrà essere opportunamente rimossa prima di procedere all’innesto nel sito ricevente. In questo caso il sito donatore guarisce per prima intenzione, a eccezione della piccola porzione di palato presente tra le due incisioni orizzontali.

> Tecnica di incisione “a L”Nel 1994 Bruno [9], modificando la tecnica di Langer e Langer [10], ha proposto un disegno di prelievo “a L”. Si esegue una prima incisione orizzontale a 2-3 mm dal margine gengivale,

Fig. 5 Tecnica trap door

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parallela all’asse lungo dei denti, seguita da una seconda in-cisione verticale e perpendicolare alla prima nella sua parte mesiale. In tal modo si crea un angolo retto da cui si ha acces-so per procedere al prelievo di un’area di tessuto connettivo subepiteliale. Terminata la dissezione i lembi vengono accollati e suturati garantendo una guarigione per prima intenzione del sito chirurgico (fig. 6).

> Tecnica a incisione unicaPiù di recente, nel 1999, Hürzeler e Weng [11] hanno introdotto una tecnica a “incisione unica”, successivamente modificata da Lorenzana e Allen [12]. La tecnica, che riprende la procedura trap door, prevede una sola incisione orizzontale, con la lama del bisturi posta a 90° rispetto all’osso sottostante e distante 2 mm dal margine gengivale. Attraverso questa prima e uni-ca incisione si inserisce il bisturi parallelamente all’andamento della superficie palatale, creando uno strato epitelio-connet-tivale a mezzo spessore. A questo punto, per poter asporta-re il connettivo denso sottostante, sarà necessario effettuare incisioni più profonde alla periferia dell’area individuata per il prelievo, isolandola dalle aree circostanti; ciò permetterà di scollare il tessuto connettivo dalla superficie ossea sottostante e di suturare solo la linea di incisione, promuovendo una gua-rigione per prima intenzione (fig. 7).

3.2 Prelievo epitelio-connettivale Una tecnica di prelievo molto diffusa è quella definita “epitelio-connettivale”, utile in caso di spessori palatali ridotti (< 2,5 mm).In questa tecnica può essere d’aiuto, prima di eseguire l’inci-

sione vera e propria, tracciare superficialmente con la punta di una lama 15C il disegno del tessuto che si vuole prelevare, av-valendosi di una sonda parodontale e/o di una dima chirurgica in carta delle medesime dimensioni precedentemente ritaglia-ta. Una volta disegnato il progetto di lembo, si incide nuova-mente a una profondità di 1,5 mm. Successivamente si pratica un’incisione orizzontale coronale, avendo cura di mantenere una distanza di sicurezza di 2-3 mm dal margine gengivale, poi si procede con le incisioni verticali mesiale e distale. A partire dall’angolo mesiale del lembo, con l’aiuto di una pinzetta paro-dontale e della lama (consigliata di tipo 15C), si incide a mez-zo spessore il lembo (fig. 8) fino a eseguire l’ultima incisione orizzontale più apicale che permette di prelevare l’innesto di epitelio connettivale senza il rischio di eccessivi sanguinamenti. Durante le manovre chirurgiche si deve cercare di ottenere un innesto a spessore costante. Il tessuto prelevato viene poi adagiato su una piastra di vetro sterile o su una garza sterile imbevuta di soluzione fisiologica, lavato e disepitelizzato utilizzando una lama di bisturi nuova. Per eseguire tale procedura si consiglia l’utilizzo di un adeguato sistema ingrandente e di una buona illuminazione. Infatti la dif-ferente diffrazione della luce permette di distinguere il tessuto epiteliale, che appare ruvido e lucido, da quello connettivale, più liscio. Lo strato epiteliale da rimuovere è di circa 0,3-0,5 mm; se si rimuove tale quantità di spessore (durante la disepiteliz-zazione si dovrebbe poter osservare la lama del bisturi in tra-sparenza) il tessuto connettivo sarà di qualità ottimale, consi-derando che il primo strato subepiteliale risulta più denso e meno soggetto a contrazione (fig. 9a,b).

Fig. 6 Tecnica di incisione “a L” Fig. 7 Tecnica a incisione unica

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Fig. 8 Tecnica epitelio-connettivale: incisione a mezzo spessore

Fig. 9a,b Tecnica epitelio-connettivale: a) il prelievo ottenuto dovrebbe avere uno spessore costante; b) durante la disepitelizzazione del prelievo si dovrebbe vedere la lama in trasparenza

9a 9b

10a 10b

Fig. 10a,b Tecnica epitelio-connettivale: a) sutura e spugne di fibrina; b) guarigione a 14 giorni

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Questa tecnica prevede una guarigione per seconda intenzio-ne del sito donatore, pertanto, al fine di evitare spiacevoli epi-sodi di sanguinamento postoperatori e per meglio stabilizzare il coagulo nel sito di prelievo, si rende necessario adattare una matrice di collagene equino, o una spugna di fibrina, da fissare con suture incrociate compressive ancorate al primo molare superiore (fig. 10a,b).

> SintesiAlla luce di quanto descritto, le tecniche di prelievo possono essere raggruppate in due categorie: tecniche di prelievo del solo tessuto connettivale; tecniche di prelievo epitelio-connettivale con eventuale e

successiva disepitelizzazione dell’innesto a livello extraorale.

Le prime, ovvero le tecniche trap door, a incisioni parallele, “a L” e a incisione unica, che prevedono una guarigione per prima intenzione, nel caso in cui non vengano gestite correttamen-te in termini di spessore del lembo primario possono esitare nella necrosi dello stesso con una conseguente guarigione per

Fig. 11 Indicazioni per la scelta della tecnica di prelievo più corretta

Tab. II Vantaggi del prelievo epitelio-connettivale

n Prelievo più superficialen Spessore necessario pari a 1,5-2 mm (max)n Connettivo più stabile e denson Tecnica di facile esecuzione n Controllo a lama della disepitelizzazionen Sanguinamento minimo

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Tab. III Strumentario chirurgico per il prelievo da palato

n Carpulen Portalame piatto o arrotondaton Lame 15-15Cn Scollatori: Prichard o Moltn Sonda parodontale: CP 15, Goldman Fox-Williamsn Dima chirurgican Materiale emostatico riassorbibile, spugne di fibrina o di cellulosa ossidatan Suture: porta aghi, forbici e pinzetta, suture 3.0 o 4.0n Pinzetta chirurgica parodontalen Garze sterilin Soluzione fisiologica

seconda intenzione, spesso anche peggiore rispetto a quella ottenibile con un prelievo epitelio-connettivale.Le tecniche di prelievo epitelio-connettivale, a tal motivo, sono più indicate in caso di fibromucosa a spessore ridotto, in quan-to permettono di prelevare un tessuto connettivo qualitativa-mente migliore e garantiscono un decorso postoperatorio ge-neralmente più favorevole, conseguente alla ridotta profondità di incisione (~1,5 mm) [13] (tab. II).In sintesi non esistono tecniche migliori in assoluto e la scelta del-la procedura più adeguata dipende dalle limitazioni anatomiche presenti, dall’obiettivo della procedura chirurgica, dalla morbilità attesa e dal livello di esperienza clinica dell’operatore [14] (fig. 11).Per eseguire in maniera ottimale e veloce queste tecniche pa-rodontali è consigliabile, infine, disporre di strumentario chi-rurgico ad hoc in buono stato (tab. III).

4. La gestione postoperatoria del pazienteIndipendentemente dalla tecnica adottata, una volta terminata la procedura chirurgica è opportuno impartire al paziente le corrette istruzioni postchirurgiche, meglio se anche in forma scritta. Esse devono includere i discomfort e le complicanze postoperatorie possibili, il regime alimentare adeguato, le me-dicazioni necessarie ed eventualmente un numero telefonico di riferimento in caso di emergenza.Le complicanze più comuni che possono insorgere sono: do-lore, infiammazione dei tessuti, sanguinamento e infezione o necrosi del lembo primario. È sempre opportuno, per valutare il decorso postoperatorio, monitorare alcuni parametri: il gra-do di riepitelizzazione della ferita palatale, i cambiamenti nelle abitudini alimentari, le alterazioni della sensibilità della zona di prelievo e lo stress emotivo generato al paziente.Per quanto riguarda le indicazioni farmacologiche, come sug-

gerito dalla letteratura scientifica, l’assunzione di una terapia antibiotica dipende dal tipo di intervento e non è sempre ne-cessaria, come nel caso della chirurgia plastica parodontale.Per il controllo del dolore è invece sufficiente l’assunzione di analgesici della classe degli antinfiammatori non steroidei (FANS, per esempio ibuprofene 1.200 mg/die ripartito in 2 o 3 dosi). Il dolore si riscontra solitamente nei primi giorni postinterven-to e più frequentemente in caso di prelievi di gengiva libera [15]. Il principale fattore di rischio per l’insorgenza di un dolore postoperatorio moderato o severo sembra essere la durata dell’intervento, un fattore largamente dipendente dal grado di esperienza dell’operatore [16]. Un altro fattore che influenza notevolmente il discomfort postoperatorio del paziente è si-curamente la dimensione dell’innesto, in termini di area e pro-fondità [12].Il controllo chimico e meccanico del biofilm batterico è inoltre un fattore chiave per una buona guarigione dei tessuti. Risulta quindi doveroso raccomandare un’adeguata igiene orale domi-ciliare, evitando traumi da spazzolamento a livello del sito chi-rurgico, e l’utilizzo di un antisettico specifico come un collutorio a base di clorexidina digluconato allo 0,12%, da impiegare 3 volte al giorno per 3 settimane con sciacqui di 1 minuto.I punti di sutura del sito donatore palatale vengono di solito rimossi a 7 giorni.

5. La guarigione delle feriteI processi di guarigione delle aree donatrici sono una diretta conseguenza della tecnica di prelievo che l’operatore ha scelto di adottare e, di conseguenza, la guarigione può essere distinta in primaria e secondaria.Come già visto, l’apertura di un lembo primario, con tecniche a busta, “a L” o trap door consente all’operatore di prelevare un adeguato spessore di connettivo, mantenendo in sede il corri-spondente tessuto epiteliale. Sarà infatti sufficiente riadagiare il lembo sul letto donatore con opportune suture per ottenere una guarigione per prima intenzione. Se l’anatomia e lo spes-sore della mucosa palatina non sono molto favorevoli per il re-cupero del solo connettivo, l’operatore è costretto a prelevare la parte di mucosa palatina più superficiale, ottenendo così l’in-nesto epitelio-connettivale. In questo caso la guarigione sarà per seconda intenzione. Dopo il prelievo epitelio-connettivale, a livello del letto donatore possono essere adagiate spugne di fibrina o matrici al collagene equino, che compresse e sta-bilizzate da suture incrociate accelerano la formazione di un coagulo stabile e la sua emostasi.

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Le spugne di fibrina attivano i trombociti appena il sangue en-tra in contatto con la matrice spugnosa quando viene applicata a ferite cutanee o mucose. La spugna si dissolve dopo circa 3-5 giorni, ha una capacità di assorbimento corrispondente a circa 45 volte il suo peso, ha pH neutro, è ipoallergenica e ha un bas-sissimo potenziale irritativo. Inoltre induce una riduzione dei linfociti T helper e dei linfociti citotossici, che comporta una più rapida guarigione della ferita. Nonostante la guarigione per seconda intenzione, tipica del prelievo epitelio-connettivale, sia sempre stata associata per deduzione logica a un peggior decorso operatorio in termini di dolore e/o sanguinamento, da studi recenti sembra che grazie alla ridotta profondità delle incisioni sia una procedura ben tol-lerata dal paziente [17] (fig. 12a,b).Nei casi in cui si assiste a un sanguinamento eccessivo è meglio utilizzare la cellulosa ossidata rigenerata. Questo emostatico locale riassorbibile (venduto in confezione sterile), apparte-nente alla famiglia degli emostatici di sintesi, ha la peculiarità di garantire una rapida azione emostatica (con tempo medio tra 4 e 8 minuti) e un completo riassorbimento entro 2 setti-mane. Inoltre, la cellulosa ossidata rigenerata ha un’eccellente biocompatibilità, un’elevata resistenza e una grande duttilità in ambiente sia asciutto sia bagnato (sangue, siero ecc.).Durante la fase di guarigione, il tessuto di granulazione riempie gradualmente la zona donatrice portando a una guarigione ini-ziale nell’arco di 3-4 settimane dalla procedura di prelievo. Per proteggere la ferita in questa fase potrebbe essere consigliata una placca chirurgica da indossare nelle 2 settimane seguenti all’intervento. Il palato riacquista l’aspetto che mostrava prima dell’intervento chirurgico dopo circa 3 mesi. Quando il prelievo è di tipo epitelio-connettivale, il paziente deve essere ben istruito sui rischi di sanguinamento postope-

ratorio, soprattutto nei primi 3-7 giorni, quando il coagulo è in fase di organizzazione. Tale rischio è almeno 3 volte maggiore rispetto ai prelievi subepiteliali [13].La sede donatrice di tessuto connettivo segue il consueto mo-dello di guarigione delle ferite, che come noto è suddiviso in quattro fasi: l’emostasi, la fase infiammatoria, la nuova forma-zione tessutale e il rimodellamento a lungo termine. L’ambien-te orale, però, a differenza della cute, offre alcune particolarità tra cui una maggiore velocità di guarigione e una minore for-mazione di tessuto cicatriziale [18]. Inoltre, grazie alla presen-za di saliva, si dispone di una funzione protettiva per le sue proprietà enzimatiche e antibatteriche. Per contro, la presenza della flora batterica, se non tenuta sotto controllo con adeguati antisettici locali, aumenta lo stato di infiammazione e di conse-guenza il rischio di esiti cicatriziali.Sulla base di tali considerazioni, si può sostenere che la fe-rita sul palato conseguente all’intervento di prelievo di con-nettivo, indipendentemente dalla tecnica chirurgica utilizzata, può avere un decorso clinico piuttosto rapido e un processo ripartivo completo con restitutio ad integrum entro i 3 mesi dall’intervento.

6. I sostituti connettivali: una valida alternativa?Negli ultimi anni, per ovviare all’esecuzione del prelievo di tes-suto connettivo e ridurre quindi le problematiche associate alla presenza di un sito donatore, sono stati introdotti i sostituti connettivali. Questi biomateriali assumono l’aspetto di mem-brane e sono costituiti prevalentemente da fibre collagene e fibre elastiche.La loro diffusione su larga scala in campo odontoiatrico è al-quanto recente, nonostante i primi studi risalgano agli anni No-

Fig. 12a,b a) La tecnica epitelio-connettivale permette di ridurre la profondità delle incisioni. b) Guarigione a 14 giorni

12a 12b

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vanta, come documentato da Shulman nel 1996 [19] (tab. IV).I sostituti connettivali sono stati progettati per sopperire agli svan-taggi degli innesti autologhi. Questi ultimi, infatti, presentano di-versi aspetti sfavorevoli: la necessità di un secondo sito chirurgico, la limitata disponibilità di materiale, una certa difficoltà di manipo-lazione, l’allungamento dei tempi operatori, l’elevata morbilità del paziente, i risultati estetici non sempre soddisfacenti.Dal punto di vista del paziente, la possibilità di ricorrere a innesti eterologhi conduce a una diretta riduzione della morbilità e dei tempi di esecuzione delle procedure chirurgiche, che si traduco-no in un rilevante decremento del discomfort intra e postopera-torio. Anche se diversi studi hanno mostrato una buona tollera-bilità della procedura di prelievo, l’assenza di una sede donatrice è sicuramente un elemento non trascurabile; per contro, il pa-ziente deve affrontare un maggior costo chirurgico.A differenza del tessuto autologo, che è influenzato dalle carat-teristiche anatomiche del sito di prelievo [20], i principali van-taggi dei sostituti connettivali sono: l’immediata disponibilità, la possibilità di maneggiarli e modellarli anche prima dell’inter-vento seguendo la forma del difetto da colmare (fig. 13), l’illimi-tata quantità disponibile e la qualità costante (tab. IV).Dal punto di vista estetico i pareri sembrano essere ancora di-scordanti, forse per l’eterogeneità delle tecniche utilizzate, ma

indubbiamente il risultato che si ottiene con l’autotrapianto è talvolta compromesso dalle discrepanze di colore e tessitura rispetto alla mucosa adiacente al sito trattato [21]. I sostituti connettivali sembrerebbero garantire un miglior camouflage, anche se sulla scorta di numerosi studi questa differenza risul-ta essere non statisticamente rilevante in termini di soddisfa-zione del paziente [22,23]. Prima di poterli utilizzare clinicamente tutti i sostituti connetti-vali qui descritti hanno dovuto seguire un lungo iter di ricerca e sperimentazione, condotta attraverso numerosi test in vitro e in vivo su animale, al fine di stabilire una loro efficacia e soprat-tutto di garantirne la biocompatibilità [24]. Oggi questi mate-riali stanno incontrando largo impiego in campo odontoiatrico; in particolare possono essere utili in svariati ambiti come quelli parodontale, protesico e implantare.Tra i sostituti connettivali attualmente a disposizione si anno-verano: le membrane dermiche acellulari, le membrane colla-gene, le matrici extracellulari e le matrici di cellule vive [22,25].Per la scarsità di dati disponibili ci si limita a citare le matrici ex-tracellulari, ottenute dalla sottomucosa dell’intestino di suino, e le recentissime matrici di cellule vive, composte da fibroblasti e cheratinociti allogenici umani, collagene bovino e proteine extracellulari umane. Si preferisce invece approfondire alcuni aspetti dei primi due materiali introdotti sul mercato, maggior-mente supportati dalla letteratura scientifica: le membrane dermiche acellulari (Acellular Dermal Matrix, ADM) e le mem-brane collagene (Collagen Matrix, CM) [26].Le ADM furono il primo tipo di sostituto connettivale proposto e per questo maggiormente testate in numerosi studi clinici [23,27,28]. Sono composte da una matrice dermica liofilizza-

Tab. IV Sostituti connettivali

Indicazioni

Parodontologia n Ricopertura delle radici Vestiboloplastica n Tessuto cheratinizzato intorno agli elementi dentariProtesi fissa n Incremento di tessuto cheratinizzato intorno

ai restauri protesiciProtesi mobile n Incremento di tessuto cheratinizzato

in corrispondenza della cresta alveolare edentulaImplantologia n Chiusura dell’alveolo postestrattivo in siti destinati

all’inserimento di impiantin Incremento di tessuto cheratinizzato prima

dell’inserimento dell’impianton Incremento di tessuto cheratinizzato intorno

agli impianti

Vantaggi

n Mancanza del secondo sito chirurgicon Minore morbilità del pazienten Disponibilità illimitata di materialen Qualità costante dell’inneston Facile manipolazionen Riduzione dei tempi operativi

Svantaggi

n Minori performance in termini di risultatin Minore estetican Costi elevati Fig. 13 Sostituti connettivali: possibilità di modellarli prima

dell’intervento

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ta acellulare, costituita da fibre collagene ed elastiche. La loro derivazione è di origine umana o suina; sono infatti ricavate da cute che viene successivamente trattata per rimuovere l’epi-dermide e i fattori antigenici. Infine la matrice viene crioprotet-ta e rapidamente liofilizzata per preservarne l’integrità biochi-mica e strutturale [27-29].Le CM sono invece gli innesti eterologhi ora più utilizzati. Sono formate da una matrice di puro collagene, di tipo I e di tipo III, a derivazione suina, ottenuta tramite processi di lavorazione standardizzati e controllata tramite processi di purificazione per eliminare i rischi di eventuali reazioni antigeniche. Queste membrane sono caratterizzate dalla presenza di due strati: uno strato esterno liscio, sottile, costituito da collagene com-patto che ha una funzione di protezione della ferita e consente, inoltre, l’aderenza al tessuto per favorirne la guarigione; uno strato interno, che invece si presenta spesso, costituito da col-lagene poroso e serve a ottimizzare l’organizzazione del coagu-lo, a promuovere la neoangiogenesi e a migliorare l’integrazio-ne dell’innesto nel tessuto [24,30-33] (fig. 14).Recentemente è stata introdotta nel mercato una nuova CM derivata da derma suino che nella sua conformazione presen-ta, oltre al collagene, anche l’elastina, una proteina elastica che si trova nel tessuto connettivo.Le ADM e, in particolare, le CM si sono dimostrate altamente performanti e oggi i consensus internazionali le ritengono vali-de alternative agli innesti di tessuto autologo [26]. La letteratura scientifica reputa le CM molto efficaci quando utilizzate con l’obiettivo di aumentare altezza e spessore del tessuto cheratinizzato intorno a denti e impianti, mostrando risultati sovrapponibili rispetto a quelli ottenuti con il prelievo di tessuto connettivo [26,34-37].Diverso è il discorso per la ricopertura delle recessioni gengi-vali: secondo i dati disponibili, le loro performance sembrereb-bero eguagliare quelle dell’innesto autologo in termini di co-pertura radicolare media, mentre appaiono ancora deficitarie quando ci si riferisce alla ricopertura radicolare totale [26,30].È doveroso precisare che le ricoperture radicolari ottenute con l’utilizzo di questi sostituti connettivali risultano migliori nel ma-scellare rispetto a quelle realizzate sugli elementi mandibolari. Questa differenza potrebbe essere dovuta alla significativa dif-ferenza nell’apporto vascolare e alla differente trazione musco-lare esistente tra arcata superiore e inferiore [30]. A oggi, comunque, i dati della letteratura sono ancora concordi nel ritenere il tessuto connettivo autologo il gold standard per qualsiasi intervento che richieda la modificazione dei dismor-

fismi mucogengivali [38]. ìPer confermare la validità clinica dei

sostituti connettivali sono necessarie ulteriori ricerche che

analizzino i risultati a breve e lungo termine [26,28].

7. ConclusioniIl presente lavoro ha voluto approfondire le tecniche di prelie-

vo connettivale e le loro applicazioni. Dallo spoglio bibliografico

emerge che, nel rispetto delle strutture anatomiche, esistono

diverse procedure di prelievo a seconda della qualità del tessu-

to e dell’obiettivo clinico.

Il prelievo di tessuto connettivo rimane il gold standard per le

procedure di ricopertura, ma la possibilità di ricorrere a innesti

eterologhi risulta interessante in termini di riduzione sia della

morbilità sia dei tempi di esecuzione operatoria.

Le future ricerche sugli innesti eterologhi potrebbero ottimiz-

zare le potenzialità di questi materiali, con enorme beneficio

per il paziente che se ne gioverebbe in termini di comfort.

RINGRAZIAMENTISi ringrazia Davide Costa, studente del quinto anno del Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria dell’Università degli Studi di Milano, per il suo gentile contributo e impegno.

CONFLITTO DI INTERESSIGli autori dichiarano di non avere alcun conflitto di interesse.

FINANZIAMENTI ALLO STUDIOGli autori dichiarano di non aver ricevuto finanziamento per il pre-sente studio.

Fig. 14 Sutura ad ancoraggio periosteo di una membrana collagene in un intervento di ricopertura di recessione gengivale

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CONSENSO INFORMATONei casi descritti gli autori hanno ottenuto il consenso informato al trattamento e alla pubblicazione di immagini relative a pazienti.

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MODULO 4C

orso

EC

MTest di valutazione

Ogni quesito può avere una sola risposta esatta

1. UN INNESTO CONNETTIVALE SI CARATTERIZZA PER ESSERE

prelevato da una zona di mucosa non cheratinizzata privato della componente epiteliale dotato di un peduncolo che ne garantisca la vascolarizzazione trattato, dopo il prelievo, con stimolatori della crescita prelevato dalla cute

2. PER QUALE DI QUESTE PROCEDURE È NECESSARIO

UN INNESTO DI DIMENSIONI MAGGIORI?

per incrementare la banda di tessuto cheratinizzato intorno ai denti per incrementare la banda di tessuto cheratinizzato intorno

agli impianti per la ridge augmentation per ricoprire le recessioni gengivali nei quadranti estetici per ricoprire le recessioni gengivali nei quadranti inferiori

3. QUALE SEDE, TRA LE SEGUENTI, NON È ADATTA

PER IL PRELIEVO DI INNESTI CONNETTIVALI?

tuberosità del mascellare aree edentule palato tessuto gengivale ricavato da aree interessate da procedure

di gengivectomia dorso della lingua

4. A LIVELLO DEL PALATO L’AREA PIÙ ADATTA AI PRELIEVI

DI CONNETTIVO È

dove è massima la quota di submucosa dove lo strato connettivale è più sottile il palato molle la zona retroincisale la zona distale alla ruga palatina anteriore

Giovanni LodiOdontoiatra.Ricercatore presso l’Unità di Patologia e Medicina Orale del Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria dell’Università degli Studi di Milano

Lucia ZanniniPedagogista.Professore associato in Metodologie di formazione del personale medico e infermieristico, Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano

5. IN CASO DI RICOPERTURA RADICOLARE CON TECNICHE

BILAMINARI, QUAL È LO SPESSORE MINIMO NECESSARIO DELL’INNESTO?

2 mm 5 mm 8 mm 0,4 mm 0,8-1 mm

6. QUALE È LA STRUTTURA ANATOMICA PIÙ A RISCHIO

DURANTE LA PROCEDURA DI PRELIEVO DI TESSUTO CONNETTIVO PALATALE?

arteria interincisale arteria palatina maggiore arteria palatina minore membrana di Schneider nervo alveolare inferiore

7. QUALE DELLE SEGUENTI PROCEDURE PREVEDE

L’ESECUZIONE DI UNA SOLA INCISIONE?

tecnica a incisione unica tecnica a incisioni parallele tecnica “a L” tecnica “a S” tecnica trap door

8. QUALE TECNICA È MIGLIORE IN CASO DI SPESSORI PALATALI

ADEGUATI?

prelievo epitelio-connettivale tecnica trap door tecnica a incisioni parallele tecnica a incisione unica nessuna tecnica è migliore delle altre

Il prelievo di tessuto connettivo:indicazioni, tecniche e alternative

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MODULO 4C

orso EC

M

9. I FATTORI PRINCIPALMENTE ASSOCIATI A UNA

SINTOMATOLOGIA DOLOROSA POSTOPERATORIA SONO

durata dell’intervento e dimensioni del prelievo durata dell’intervento ed età del paziente dimensioni del prelievo e sesso del paziente età e sesso del paziente non esistono fattori capaci di predire l’insorgenza di dolore

postoperatorio

10. DOPO QUANTO TEMPO, MEDIAMENTE, SI OTTIENE

LA RESTITUTIO AD INTEGRUM DELL’AREA PALATALE DOPO UNA PROCEDURA DI PRELIEVO?

2 settimane 3 mesi 9 mesi 7 giorni 1 anno

11. L’IMPIEGO DI SPUGNE DI FIBRINA

aumenta il rischio di complicanze infettive espone a un alto rischio di allergie non è più indicato ritarda la guarigione nessuna risposta è corretta

12. QUANDO SONO STATI INTRODOTTI PER LA PRIMA VOLTA

IN CAMPO ODONTOIATRICO I SOSTITUTI CONNETTIVALI?

1930 1984 1996 2000 2015

13. QUALI VANTAGGI POSSONO APPORTARE I SOSTITUTI

CONNETTIVALI?

non necessitano di un secondo sito chirurgico l’illimitata disponibilità di materiale la possibilità di essere maneggiati e modellati prima dell’intervento la qualità costante tutte le risposte sono corrette

14. QUALE TRA I SEGUENTI NON È UN SOSTITUTO

CONNETTIVALE?

membrane dermiche acellulari (ADM) membrane collagene (CM) matrici extracellulari (ECM) matrici di cellule vive (LCC) concentrato piastrinico

15. QUALI SONO I FARMACI CHE SI PRESCRIVONO SEMPRE

(ECCETTO CONTROINDICAZIONI SISTEMICHE DEL PAZIENTE) DOPO UNA PROCEDURA DI PRELIEVO?

antibiotici antipertensivi benzodiazepine bifosfonati FANS

16. LE RICOPERTURE RADICOLARI OTTENUTE CON L’UTILIZZO

DI SOSTITUTI CONNETTIVALI RISULTANO MIGLIORI

negli interventi sul mascellare superiore negli interventi sul mascellare inferiore quando si impiega il laser invece di una lama tradizionale con l’impiego di impacchi parodontali se si somministra un anestetico senza vasocostrittore

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zia Validazione linguistica di un

questionario per la diagnosi dei disturbi respiratori del sonno nei bambiniLinguistic validation of a questionnaire for the diagnosis of sleep-related breathing disorders in children

Ricevuto il23 dicembre 2015Accettato il12 aprile 2016

*Autore di riferimentoSalvatore [email protected]

S. Ranieri*, F. Ballanti, P. CozzaUniversità degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia

RIASSUNTOOBIETTIVI. Ricercare in letteratura un questionario con la migliore accuratez-za diagnostica per i disturbi respiratori del sonno (DRS) nei bambini e validare quest’ultimo in lingua italiana.

MATERIALI E METODI. Un’iniziale ricerca bibliografica su database ha permesso di individuare il questionario con la migliore accuratezza diagnostica. Quest’ultimo è stato sottoposto a traduzione e adatta-mento alla versione italiana secondo un processo di traduzione e retrotraduzione (“forward/backward translation”) e quindi a un pre-test di somministrazione (“cognitive debriefing”). Nel pre-test, su un campione di 20 pazienti (6 maschi e 14 femmine, età media 40,5 anni) sono state valutate le se-guenti caratteristiche: chiarezza, intelligi-bilità, appropriatezza e rilevanza culturale della versione tradotta.

RISULTATI. Il questionario con la miglio-re accuratezza diagnostica è il Pediatric Sleep Questionnaire (PSQ) nella sua forma ridotta a 22 item (PSQ-SRBD). L’esecuzione

rigida e precisa dei passaggi richiesti per la validazione culturale-linguistica ha portato alla stesura della versione italiana.

CONCLUSIONI. Il PSQ nella sua forma ri-dotta a 22 item (PSQ-SRBD) rappresenta il questionario con la migliore accuratezza diagnostica e grazie alla validazione cul-turale-linguistica potrà essere facilmente utilizzato dopo valutazione psicometrica come ulteriore strumento diagnostico per i DRS nella popolazione pediatrica italiana.

PAROLE CHIAVEDisturbi respiratori del sonnoBambiniQuestionario diagnosticoRussamentoApnee ostruttive nel sonno

ABSTRACTOBJECTIVES. The aim of this paper was to find in the literature the best diagnostic accuracy questionnaire for the diagno-sis of sleep-related breathing disorders (SRBD) in children and to validate it in Italian language.

© 2016 EDRA SpA. Tutti i diritti riservatiDoi: 10.19256/d.cadmos.09.2016.06

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Ortodonzia

1. INTRODUZIONE

I disturbi respiratori del sonno (DRS) nei bambini sono caratterizzati da uno spet-tro di sintomi e condizioni che vanno dal russamento primario, che rappresenta la forma più lieve, sino alla sindrome delle apnee ostruttive del sonno (Obstructive Sleep Apnea Syndrome, OSAS), che co-stituisce la forma più grave [1].I DRS sono causati da un’aumentata re-sistenza delle vie aeree, che nei casi più gravi possono essere ostruite in maniera parziale o completa.Il sintomo principale che li caratterizza è il russamento [2]. Nei bambini, la preva-lenza del russamento è circa il 34% men-tre la prevalenza delle apnee ostruttive del sonno varia dall’1,2% al 5,7% [3,4].Se in passato si riteneva che il russamen-to in assenza di apnee/ipopnee o di ipos-siemia durante il sonno fosse una condi-zione clinica benigna, negli ultimi anni è stata avanzata l’ipotesi che esso possa associarsi a un sonno irregolare ed essere un iniziale sintomo che può predisporre a una condizione più grave dei DRS [5]. Ecco perché l’attenzione degli autori si è

recentemente focalizzata su tutto lo spet-tro dei DRS che, a causa delle difficoltà diagnostiche e della complessità dei sin-tomi, possono essere diagnosticati tardi-vamente provocando così preoccupanti implicazioni per la salute del bambino. Se non trattati, infatti, i DRS possono es-sere causa di diversi sintomi sia diurni sia notturni che possono portare a un rallen-tamento della crescita, a problemi neuro-cognitivi e comportamentali, a disturbi cardiovascolari e all’ipertensione [1].La polisonnografia rimane il gold stan-dard per formulare una corretta diagnosi di DRS [6].Tuttavia a causa dei costi, delle compli-cazioni nell’eseguire l’esame sia per il bambino sia per i familiari e della diffi-coltà a individuare in maniera precoce un soggetto a rischio, diversi autori hanno provato a utilizzare metodologie diagno-stiche alternative del tipo: anamnesi me-dica associata a esame fisico e analisi di biomarker, audioregistrazione, videore-gistrazione, pulsossimetria, questionari diagnostici validati [6-11].Tra queste metodologie, alcuni questio-nari diagnostici e l’analisi dell’ossimetria

notturna possiedono valide capacità dia-gnostiche per i DRS nei bambini [6,11].Scopo del presente lavoro è stato indivi-duare in letteratura un questionario dia-gnostico sensibile e specifico per i DRS nei bambini e validare quest’ultimo in lingua italiana per poterlo includere nello standard diagnostico utilizzato facilmen-te dall’odontoiatra durante la sua attività clinica.

2. MATERIALI E METODI

Il lavoro è stato condotto in due fasi.Durante la prima fase è stata realizzata la ricerca in letteratura del questionario diagnostico, mentre durante la seconda è stata effettuata la validazione culturale-linguistica in lingua italiana.Per l’individuazione del questionario con la migliore accuratezza diagnostica per i DRS è stata svolta una ricerca biblio-grafica sul motore di ricerca elettronico PubMed inserendo come parole chia-ve i seguenti termini mesh: Diagnosis, Questionnaire, Sleep Apnea Syndrome, Child. Da una prima ricerca sono stati se-lezionati i titoli e gli abstract degli studi

MATERIALS AND METHODS. A de-tailed electronic bibliographic research was conducted to select the most accu-rate questionnaire in the literature. This questionnaire was subjected to trans-lation and adaptation to the Italian version through a process of forward/backward translation and of cognitive debriefing. During the cognitive debrief-ing step, a sample of 20 subjects (6 males and 14 females, mean age 40.5 years) was randomly selected and tested for determining the comprehension, under-standing, appropriateness and cultur-

al significance of the Italian translated questionnaire.

RESULTS. The best diagnostic accuracy questionnaire was the Pediatric Sleep Questionnaire (PSQ) in 22 items (PSQ-SRBD scale). At the end of the first step of linguistic validation process, a first Italian version of the questionnaire was released, which was improved at the end of the cog-nitive debriefing process.

CONCLUSIONS. The PSQ-SRBD scale was the questionnaire with the best di-

agnostic accuracy. Thanks to the Italian validated version, it may be used, after psychometric evaluation, as a screening tool to identify SRBD in the Italian pedi-atric population.

KEY WORDSSleep-related breathing disordersChildrenDiagnostic questionnaireSnoringObstructive sleep apnea

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che trattavano l’argomento. Una seconda valutazione più accurata del contenuto ha permesso la selezione dei soli artico-li che valutavano la capacità diagnostica

dei questionari per la diagnosi dei DRS nei bambini.Per la seconda parte dello studio è stato utilizzato il metodo della validazione cul-

turale-linguistica e del processo cogniti-vo di debriefing raccomandato dall’Inter-national Society for Pharmacoeconomics and Outcomes Research (ISPOR) [12,13].

Fig. 1

Schema della validazione linguistica e del cognitive debriefing

Valutazionedella traducibilità

Sviluppare definizioni e istruzioni

Correzioneformattazione

Confronto e fusione

Ottenerel’autorizzazione

Reclutare il team

Traduzione 1 Traduzione 2

Retrotraduzione

Revisione e modifica

Armonizzazionedel lessico

Cognitive debriefing

Revisione del project manager e finalizzazione

Correzione bozze

Presentazione del report finale

Aggiornamento della traduzione

Revisione del clinico

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Ortodonzia

Il metodo prevede fasi molto dettagliate e precise (fig. 1).La direzione del processo di validazione è stata affidata a un unico project manager (SR) con il compito di controllare, correg-gere e gestire le diverse fasi.Prima di procedere con la traduzione del questionario diagnostico, è stata inviata all’autore una richiesta ufficiale per otte-nere l’autorizzazione alla traduzione nel rispetto del copyright.Dopo aver ottenuto l’autorizzazione, che è conservata negli archivi dell’Università di Roma “Tor Vergata” e nell’Università del Michigan, si è proceduto con le successive fasi della validazione.La fase di “forward translation” è sta-ta condotta in maniera indipendente da due professionisti, esperti in materia, con un’elevata conoscenza della lingua inglese i quali hanno prodotto due traduzioni in italiano del questionario.Lo step successivo, definito “reconcilia-tion”, ha avuto lo scopo di confrontare e assemblare le due versioni tradotte elimi-nando incomprensioni ed errori e produ-cendo un’unica versione concettualmente equivalente a quella originale.La fase di “back translation” è stata con-dotta da un docente madrelingua inglese residente in Italia da trent’anni e da una dottoressa laureata in lingue presso l’U-niversità degli Studi di Roma “La Sapien-za” con un’ottima conoscenza dell’inglese certificata da attestati riconosciuti a livello internazionale.Entrambi i traduttori non avevano mai vi-sto la versione originale del questionario, che è stato tradotto in maniera indipen-dente.Una volta completata la back translation, il project manager (SR) assieme al team di ricerca ha confrontato le due versioni per verificare l’accuratezza linguistica ed eventuali incongruenze con la versione

originale. Nella fase successiva, “expert committee review”, una commissione di esperti composta da clinici, traduttori e docenti di lingua inglese ha sviluppato una versione pre-finale del questionario che fosse equivalente a livello semantico, idiomatico, sperimentale e concettuale alla versione originale in modo da assicu-rare una versione tradotta accuratamente e adattata culturalmente.La seconda parte della validazione, il “cognitive debriefing”, è stata condotta all’interno del Policlinico di Roma “Tor Vergata” e coordinata dal project mana-ger (SR).Il cognitive debriefing è il processo at-traverso il quale il questionario viene attivamente testato nella popolazione target per valutarne la chiarezza, il livel-lo di comprensione e l’accuratezza delle domande e per verificare se le traduzioni prodotte risultano inappropriate o poco chiare.Inoltre ha come obiettivo quello di deter-minare l’equivalenza del concetto, ossia la formulazione di una versione linguistica che utilizzi frasi facilmente comprensibili per la popolazione con un significato equi-valente a quello originale. In questa fase è stato scelto come “investigator” un dottore (FB) che presentava un buon background medico, linguistico e psicologico neces-sario per sottoporre il questionario alla popolazione target rappresentata da 20 genitori (14 mamme e 6 papà, età media 40,5 anni) di 20 pazienti in crescita (14 maschi e 6 femmine, età media 8,5 anni) scelti in maniera random nel reparto di Ortodonzia del Policlinico di Roma “Tor Vergata”.Il criterio di esclusione è stato la presenza di un deficit cognitivo dei genitori tale da non consentire un’appropriata compila-zione del questionario.Per la partecipazione allo studio, che ri-

spetta i principi della Dichiarazione di Helsinki, è stato fatto compilare ai genito-ri un consenso informato.L’intervista è stata condotta di persona e a voce per verificare meglio la compren-sione delle domande alle quali il soggetto intervistato poteva rispondere con sì/no/non so.Prima della compilazione delle domande sono state annotate le generalità dei geni-tori intervistati specificando la loro età, la professione e il livello di istruzione, inoltre sono stati inseriti i nominativi dei figli, il loro stato di salute generale e la loro età.Per la valutazione del grado di difficoltà del test è stata utilizzata una scala nume-rica che andava da 0 a 3: 0 = nessuna dif-ficoltà; 1 = lieve difficoltà; 2 = moderata difficoltà; 3 = grave difficoltà.Anche per la valutazione della compren-sione, chiarezza e precisione delle doman-de è stata impiegata una scala numerica compresa tra 0 e 3: 0 = pessima; 1 = me-diocre; 2 = buona; 3 = ottima.Il tempo impiegato per la compilazione delle risposte è stato verificato mediante l’utilizzo di un cronometro.Dopo aver effettuato le interviste, è stato sintetizzato il tutto in un report finale con lo scopo di conoscere il numero dei sog-getti intervistati, il livello di istruzione, l’età media dei bambini, il tempo medio di compilazione del test, l’elenco dei dubbi, le difficoltà riscontrate, il livello di com-prensione, chiarezza e precisione delle domande espresse in valori numerici e i suggerimenti del clinico.

3. RISULTATI

3.1 PRIMA FASE: RICERCA BIBLIOGRAFICADall’iniziale ricerca è stata individuata una revisione sistematica e metanalisi

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Fig. 2 Pediatric Sleep Questionnaire (PSQ) forma ridotta a 22 item (PSQ-SRBD)

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Fig. 3 Versione pre-finale italiana del PSQ forma ridotta a 22 item (PSQ-SRBD)

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Tab. I Report finale

Soggetti intervistati (N = 20)

Livello di istruzione (N = 20)

Bambini Età media dei bambini

Tempo di compilazionedel test (media)

Livello di difficoltà

Comprensione Chiarezza Precisione

14 mamme 2 licenza elementare3 licenza media6 diploma3 laurea

11 maschi3 femmine

8,5 anni 5,9 minuti

Nessuno (0) Ottima (3) Ottima (3) Ottima (3)

6 papà 1 licenza media4 diploma1 laurea

3 maschi 3 femmine

Nessuno (0) Ottima (3) Ottima (3) Ottima (3)

pubblicata da De Luca Canto et al. [14] nel 2014 che ha analizzato tutti gli arti-coli presenti in letteratura con lo scopo di valutare la capacità diagnostica dei que-stionari ed esami clinici utilizzati dai vari autori per la diagnosi dei DRS.Da questo studio è emerso che il Pedia-tric Sleep Questionnaire (PSQ) nella sua forma ridotta a 22 item (PSQ-SRBD) pre-senta la migliore accuratezza diagnostica con sensibilità dello 0,81% e specificità dello 0,83% [6] (fig. 2).Il PSQ a 22 item (PSQ-SRBD) può essere compilato facilmente dai genitori di sog-getti con età compresa tra 2 e 18 anni uti-lizzando esclusivamente le risposte “sì”, “no”, “non so”.Il questionario, suddiviso in 10 sezioni, indaga diversi aspetti della qualità del sonno, dal russamento alle abitudini comportamentali diurne e notturne.Per leggere il risultato del questionario è necessario dividere il numero delle do-mande a cui è stato risposto in maniera affermativa (sì) per il numero delle do-mande a cui è stato risposto in manie-ra sia affermativa (sì) sia negativa (no), escludendo quindi le domande con esito incerto (non so).Il risultato è un numero variabile da 0,0 a 1,0.Un punteggio > 0,33 è considerato posi-tivo e suggerisce un alto rischio per i DRS nei bambini.

3.2 SECONDA FASE: VALIDAZIONE LINGUISTICO-CULTURALE DEL QUESTIONARIODopo le prime fasi della validazione lin-guistica è stata prodotta la versione pre-finale italiana del questionario utilizzata successivamente per il cognitive debrie-fing (fig. 3).Durante la fase del cognitive debriefing è stato compilato il report finale che ha permesso di indagare circa il livello di difficoltà, comprensione, chiarezza e pre-cisione delle domande (tab. I).Dal report finale è emerso che nessun soggetto presentava difficoltà nel rispon-dere alle domande. Inoltre tutti i sogget-ti intervistati hanno giudicato ottima la comprensione, la chiarezza e la precisio-ne del questionario.Dopo aver sostituito il termine “cefalea” con il termine “mal di testa” e aver ana-lizzato tutta la documentazione, è stata prodotta la versione finale italiana del questionario (fig. 4).

4. DISCUSSIONE

I DRS nei bambini sono caratterizzati da uno spettro di sintomi che vanno dal russamento alle OSAS e sono causati da un’aumentata resistenza delle vie aeree [1].La complessità dei sintomi, la difficoltà diagnostica e le implicazioni per la sa-lute del bambino hanno stimolato negli

ultimi anni la ricerca di strumenti dia-gnostici semplici e di facile utilizzo come i questionari diagnostici per la diagnosi precoce dei DRS [6,15-18].Tuttavia, per essere valido, il questiona-rio deve presentare spiccate caratteristi-che di specificità e sensibilità.Nel 2014 è stata condotta una metana-lisi e revisione sistematica della lettera-tura pubblicata da De Luca Canto et al. [14] con lo scopo di valutare la capacità diagnostica dei questionari proposti dai diversi autori per la diagnosi dei DRS nei pazienti con età compresa tra 0 e 18 anni. Dopo aver analizzato 1.811 abstract, sono stati inclusi nella sintesi qualitativa solo 24 articoli che rispondevano ai criteri di analisi ipotizzati.Per la valutazione dell’accuratezza dia-gnostica sono state condotte analisi ad-dizionali usando il Positive Predictive Values (PPV), il Negative Predictive Va-lues (NPV), il Positive Likelihood Ratios (LR+), il Negative Likelihood Ratios (LR–), il Diagnostic Odds Ratios (DOR) e l’indice di Youden.Da questo studio emerge che tra tutti i questionari pubblicati in letteratura quel-lo che presenta la migliore accuratezza diagnostica con sensibilità dello 0,81% e specificità dello 0,83% è il PSQ, che può essere utilizzato nella sua formulazione breve a 22 item (PSQ-SRBD) [14].

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Ortodonzia

Fig. 4 Versione italiana validata del PSQ forma ridotta a 22 item (PSQ-SRBD)

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Secondo Sagheri et al. [19], prima di utilizzare il PSQ-SRBD in una lingua e un ambiente culturale diversi da quelli originali, questo deve essere tradotto e opportunamente “adattato” alle norme e alle aspettative della nazione target. Per gli autori è infatti importante adot-tare un consolidato metodo di valida-zione culturale-linguistica per garantire al questionario tradotto un’equivalenza culturale-linguistica tale da assicurarne l’accuratezza diagnostica.Nel 2008 Acquadro et al. [20] hanno pubblicato una revisione sistematica del-la letteratura dopo aver analizzato tutti i metodi usati per la validazione linguistica e l’adattamento culturale dei questionari. Sebbene dalla loro ricerca non sia emersa alcuna evidenza empirica a favore di uno specifico metodo, gli autori raccomanda-no fortemente il ricorso a un approccio multistep per la validazione culturale-linguistica.La rigida esecuzione degli step proposti [13,19,20], ha consentito di produrre la versione italiana del PSQ nella sua forma ridotta a 22 item (PSQ-SRBD), che è in corso di validazione psicometrica in un campione di elevata numerosità.Tutto ciò consentirà ai clinici di utilizzare un ulteriore strumento diagnostico sem-plice, economico e valido per la diagnosi dei DRS nei bambini, individuando pre-cocemente i soggetti a più alto rischio e riducendo le complicanze cui essi posso-no andare incontro. Grazie al rilascio dell’autorizzazione alla traduzione del questionario da parte dell’autore, il professor Ronald D. Cher-vin dell’Università del Michigan, la ver-sione italiana potrà essere facilmente scaricabile in forma gratuita dal seguente sito ufficiale: http://inventions.umich.edu/technologies/3773_sleep-related-breathing-disorder-scale-srbd-scale-

from-pediatric-sleep-questionnaire-to-

identify-symptoms-of-obstructive-sleep-

apnea-in-children

5. CONCLUSIONI

Dallo studio eseguito si può concludere

che il Pediatric Sleep Questionnaire nella

sua forma ridotta a 22 item (PSQ-SRBD)

rappresenta il questionario in lingua in-

glese con la migliore accuratezza diagno-

stica per i DRS nei bambini.

Il processo di validazione culturale-lin-

guistica del questionario, previa autoriz-

zazione dell’autore, ha permesso la ste-

sura della versione italiana, attualmente

in uso per valutazioni psicometriche,

che può costituire un ulteriore e sempli-

ce strumento diagnostico per la diagno-

si precoce dei DRS nei bambini italiani

e può essere facilmente usato anche

dall’odontoiatra durante la propria atti-

vità clinica.

CONFLITTO DI INTERESSIGli autori dichiarano di non avere alcun conflitto di interessi.

FINANZIAMENTI ALLO STUDIOGli autori dichiarano di non aver ricevuto finanziamenti per il presente studio.

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a Esito clinico a due anni di riabilitazioni su cinque impianti in mascella e quattro (All-on-4) in mandibola: uno studio retrospettivo preliminare

Two-year clinical outcome of rehabilitations on five implants in the maxilla and on four implants in the mandible (All-on-4): a preliminary retrospective study

Ricevuto il25 febbraio 2016Accettato il6 luglio 2016

*Autore di riferimentoMatteo [email protected]

M. Bordina,*, M. Rivierab

a Libero professionista in Terrazzo (VR)b Libero professionista in Brescia

RIASSUNTOOBIETTIVI. La tecnica All-on-4 è associata a una sopravvivenza implantare minore in mascella che in mandibola. Obiettivo dello studio è documentare l’esito im-plantare e protesico di riabilitazioni fisse a carico immediato su cinque impianti in mascella e quattro in mandibola.

MATERIALI E METODI. Sono stati ana-lizzati retrospettivamente i dati relativi a 17 pazienti riabilitati in mascella me-diante l’inserimento di cinque impianti osteointegrati e tramite tecnica All-on-4 in mandibola, valutando la sopravvivenza implantare e la stabilità della protesi a un follow-up medio di 2 anni (2,1 ± 0,1 anni, range 1,7-2,4; IC 95% = 1,96-2,14).

RISULTATI. In tutti i casi trattati (10 man-dibole e 10 mascelle) la sopravvivenza implantare è stata del 100%.

CONCLUSIONI. L’impiego di cinque im-pianti nell’arcata superiore ha permesso di ottenere una soddisfacente stabilità implantoprotesica, così come l’impiego della tecnica All-on-4 in mandibola.

PAROLE CHIAVEAll-on-4Riabilitazione protesicaStabilità protesicaSopravvivenza implantareCarico immediato

ABSTRACTOBJECTIVES. The standard All-on-4 technique is associated with a lower im-plant survival rate in maxilla compared to mandible. The aim of this study was to report the implant and prosthetic out-comes of immediately loaded fixed pros-theses on five implants in the upper arch and four in the lower arch.

© 2016 EDRA SpA. Tutti i diritti riservatiDoi: 10.19256/d.cadmos.09.2016.07

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Implantologia

1. INTRODUZIONE

La conferma dell’efficacia degli impian-ti a carico immediato nelle ricostruzio-ni protesiche dei mascellari [1,2] è stata un’evoluzione sostanziale nella tecnica di trattamento implantare, messa a pun-to da Brånemark et al. [3,4], che implica l’attesa di un tempo di guarigione varia-bile tra i 3 e i 6 mesi prima di procedere al carico degli impianti. La procedura standard per la ricostruzio-ne di mascellari completamente edentuli mediante impianti a carico immediato prevede l’utilizzo di numerosi impianti inseriti in posizione assiale lungo tutta l’arcata interessata dalla ricostruzione [5] e ha dimostrato ottimi risultati nel lungo periodo [6-8]. D’altro canto, il rias-sorbimento osseo frequente in edentulie di lunga data può impedire l’applicazione della tecnica standard, sia a causa della scarsità di tessuto osseo in grado di ga-rantire la stabilità primaria degli impian-ti, sia per la vicinanza del nervo alveolare inferiore ai siti di posizionamento im-plantare in mandibola. Di fronte a questa problematica, una possibile soluzione è costituita dalla chirurgia rigenerativa, volta all’incremento dei volumi ossei nelle zone di inserimento implantare [9], oppure dall’impiego, in mascella, di

impianti zigomatici [10]. Entrambe le alternative – a causa del maggior tempo necessario per la chirurgia e della tecnica chirurgica più complessa – comportano un aumento significativo del rischio in-traoperatorio, della morbilità e dei costi dell’intervento [11,12]. Per superare queste limitazioni è stata indagata la possibilità di eseguire riabi-litazioni protesiche anche con un nume-ro ridotto di impianti. L’impiego di soli quattro impianti è ben noto in quanto base della tecnica di riabilitazione All-on-4 proposta da Maló et al. [13,14] a partire dai primi anni del 2000; a due impianti assiali posizionati nel segmento anteriore si affiancano due impianti di-stali inclinati posteriormente, ognuno dei quali inserito in uno dei segmenti poste-riori. La consensus conference della Eu-ropean Association for Osseointegration (EAO) del 2012 aveva indicato da quat-tro a sei impianti come numero ottima-le per la riabilitazione mediante protesi fissa, pur precisando che la scarsità di studi sull’argomento non permetteva di valutare se il posizionamento di quattro impianti possa portare agli stessi risultati a lungo termine [15,16]. La tecnica All-on-4 garantisce mediamente una soprav-vivenza implantare piuttosto elevata, non differente da quella che si osserva nelle

riabilitazioni tradizionali, e recenti revi-sioni di letteratura hanno indicato che non vi è una differenza significativa di sopravvivenza implantare tra mascella e mandibola: 96,3% vs 97,8% [17]; 97,5% vs 99,3% [18]. In uno studio clinico ran-domizzato, con follow-up di 5 anni [19], si è osservato, limitatamente al mascella-re superiore, che le due condizioni, qua-lora realizzate attraverso chirurgia gui-data e a supporto di protesi fisse a carico immediato, producono risultati sostan-zialmente sovrapponibili.Lo scopo di questo lavoro è documenta-re la personale esperienza degli autori attraverso una valutazione retrospetti-va, a 2 anni di follow-up medio, dell’e-sito della riabilitazione di mascellari completamente edentuli attraverso il posizionamento di cinque impianti in mascella e mediante tecnica All-on-4 in mandibola.

2. MATERIALI E METODI

Nel presente studio sono state analizzate retrospettivamente le cartelle cliniche di 17 pazienti (9 maschi e 8 femmine) trat-tati presso un unico studio privato nel pe-riodo compreso tra gennaio 2012 e marzo 2014 e sottoposti a riabilitazione dell’in-tero mascellare superiore attraverso

MATERIALS AND METHODS. Data from 17 patients who received an upper arch rehabilitation on five implants and a standard All-on-4 protocol in the man-dible were retrieved and analysed retro-spectively. Implant success and prosthet-ic stability were evaluated at a mean fol-low-up of 2 years (2.1 ± 0.1 years, range 1.7-2.4; CI 95% = 1.96-2.14).

RESULTS. In all cases (10 upper and 10 lower jaws) the implant survival rate was 100%.

CONCLUSIONS. The insertion of five implants in the upper arch and four in the lower one according to the All-on-4 protocol to support an immedi-ately loaded fixed prosthesis allowed to

achieve a satisfying implant and pros-thetic stability.

KEY WORDSAll-on-4Prosthetic rehabilitationProsthetic stabilityImplant survivalImmediate loading

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l’inserimento di cinque impianti osteo-integrati e dell’inferiore mediante tecnica All-on-4, e successivo posizionamento di una protesi fissa. Nessun paziente pre-sentava controindicazioni assolute alla chirurgia implantare e tutti avevano for-nito il loro consenso informato al piano di riabilitazione proposto.La profilassi antibiotica (amoxicillina/acido clavulanico 2 g; Augmentin, Glaxo-SmithKline SpA, Verona) è stata comin-ciata a partire dal giorno precedente la procedura chirurgica e proseguita per i successivi 6 con l’assunzione di una com-pressa ogni 12 ore.Trenta minuti prima dell’intervento è stato somministrato piroxicam 20 mg (Feldene Fast, Roche SpA, Milano) e, pri-ma di iniziare l’intervento, è stata esegui-ta un’unica somministrazione di betame-tasone per via endovenosa, 4 mg/2 mL (Bentelan, Sigma-Tau SpA, Roma) a sco-po antinfiammatorio e di lansoprazolo 30 mg per os (Lansox, Takeda Italia SpA, Roma) a scopo gastroprotettivo. I pazien-ti hanno inoltre eseguito sciacqui con col-lutorio alla clorexidina 0,2% (Corsodyl, GlaxoSmithKline SpA).

L’anestesia locale è stata eseguita trami-te iniezione di articaina 4%, adrenalina 1:100.000 e bupivacaina 10 mg/5 mL. Gli interventi si sono svolti in sedazione cosciente. La sedazione è stata effettuata utilizzando, per ottenere il massimo sta-to di ansiolisi soggettiva, un’associazio-ne di ansiolitici: delorazepam sommi-nistrato per via orale 1 mg (En, Abbott Srl, Roma), diazepam per via endoveno-sa 2 mg (Valium, Roche SpA). Durante la procedura chirurgica è stato quindi mantenuto uno stato di coscienza mode-ratamente depresso senza incorrere in uno stato di incoscienza. I pazienti sono stati monitorati rilevando pressione ar-teriosa, frequenza cardiaca e saturazio-ne di ossigeno. Il giorno dell’intervento e quello seguen-te è stato somministrato 1 g di paraceta-molo (Tachipirina, Roche SpA) fino a un massimo di una compressa ogni 6 ore.La rimozione atraumatica degli elementi dentali superstiti nell’arcata di interesse (da uno a tre elementi seriamente com-promessi) è stata eseguita in 10 casi. In mandibola l’inserimento implantare è stato effettuato secondo la tecnica All-

on-4 così come descritta in letteratura [13,14,20]. Sono stati quindi posizionati due impianti a orientamento assiale nel settore frontale (BTevo Ext, Biotec Srl, Dueville, Vicenza; diametro 4 mm, lun-ghezza 10-11,5 mm) e 2 impianti inclinati distalmente di 30° rispetto al piano oc-clusale (BTevo Ext, Biotec Srl; diametro 4 mm, lunghezza 10-13 mm) trami-te apposita dima. Gli impianti laterali sono stati fatti emergere nella posizione corrispondente al secondo premolare. In mascella è stato aggiunto un quinto impianto a orientamento assiale nel set-tore frontale (BTevo Ext, Biotec Srl; dia-metro 4 mm, lunghezza 10-11,5 mm) in funzione della qualità e quantità ossea disponibile.L’inserimento implantare è stato esegui-to secondo la procedura standard. I tun-nel implantari sono stati sottopreparati per raggiungere un torque di inserimen-to ≥ 50 N · cm in entrambi i mascellari. Agli impianti sono stati connessi i Mul-ti-Unit Abutment (MUA) dello stesso fabbricante (MUA dritto 265ER2A0 o MUA angolato 266ER3G0, Biotec Srl). La connessione è stata eseguita il gior-

1a 1b

Fig. 1a,b Risultato estetico della protesi definitiva. Follow-up a due anni. a) Profilo di un paziente trattato mediante ricostruzione implantoprotesica All-on-4 modificata in mascella. b) Protesi definitiva (Toronto bridge) in sede su impianti inseriti in mascella secondo la tecnica All-on-4 modificata in mascella

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Implantologia

no stesso della chirurgia, a eccezione di due casi in cui due impianti riferiti a due differenti pazienti, rispettivamen-te in posizione 12 e 15, non sono stati caricati immediatamente poiché è sta-to necessario eseguire una contestuale procedura di rigenerazione ossea e gua-rigione sommersa. La riabilitazione protesica provvisoria è avvenuta entro 24 ore dall’inserimento implantare con protesi in resina ad alta densità caricata con microsfere in com-posito (Vertys Prothesis Excel, Vertysy-stem, A.gree Srl, Altavilla Vicentina, Vicenza) da 10-12 elementi, rinforzate con una struttura in metallo e connes-se ai MUA tramite cilindri in titanio (267NA0A0, Biotec Srl). Nel caso del paziente il cui impianto in posizione 15 è stato lasciato sommerso, è stata conse-gnata una protesi provvisoria con esten-sione distale limitata all’impianto in po-sizione 13. Le protesi definitive, scelte in accordo con il paziente (Toronto bridge in resina con struttura incollata, Toron-to bridge in composito con struttura in titanio CAD/CAM, Toronto bridge in zirconio), sono state posizionate a di-stanza di 4 mesi (fig. 1a,b).I pazienti sono stati sottoposti a con-trolli di follow-up postintervento a 15 giorni, a 4 o 6 mesi (rispettivamente in mascella e in mandibola), a 10 mesi e, dal dodicesimo mese in poi, ogni 6 mesi. I controlli hanno previsto l’acquisizione e l’analisi di immagini radiografiche (controllo a 15 giorni, 4-6 mesi, 10 mesi, 24 mesi) (fig. 2a-c), la valutazione della stabilità implantare tramite test di per-cussione, la verifica della corretta corri-spondenza tra protesi e MUA attraver-so analisi delle radiografie acquisite e dell’assenza di complicanze meccanico-protesiche, quali svitamenti o fratture. Ai follow-up a 4-6, 10, 24 mesi si è va-

Fig. 2a-c Radiografia panoramica. Ricostruzione implantoprotesica in mascella mediante tecnica All-on-4 modificata. a) Radiografia preoperatoria. b) Radiografia postoperatoria. Si notino i cinque impianti posizionati secondo la tecnica All-on-4 modificata con l’inserimento di un quinto impianto a orientamento assiale posizionato centralmente. Quattro dei cinque impianti sono stati caricati immediatamente dopo l’inserimento per poter sostenere la protesi provvisoria. c) Radiografia a 2 anni con protesi definitiva in sede

2a

2b

2c

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lutato lo stato di salute dei tessuti molli tramite ispezione clinica dopo aver ri-mosso temporaneamente la protesi. Al fine di ottenere un dato confrontabile con quanto riportato nelle più recenti

revisioni di letteratura sull’argomento [18] sono stati considerati falliti gli im-pianti che necessitavano di essere ri-mossi o avessero perso la loro funzione di supporto.

3. RISULTATI

Sono stati raccolti i dati relativi a 17 pa-zienti (9 maschi e 8 femmine). Per tre pazienti la riabilitazione ha coin-volto entrambe le arcate, per un totale di 10 mandibole e 10 mascelle riabilitate e 90 impianti inseriti. Dei 17 pazienti trattati, uno era fumato-re (> 20 sigarette/die), uno soffriva di diabete mellito di tipo 2 (non insulino-dipendente) in terapia con metformina cloridrato (500 mg/die, Metforal, Labo-ratori Guidotti Spa, Pisa) e otto, compresi i due appena citati, erano ipertesi. Le ca-ratteristiche della popolazione di studio sono riportate in tabella I. A 2 anni di follow-up medio (2,1 ± 0,1 anni, range 1,7-2,4; IC 95% = 1,96-2,14) non si sono riscontrati fallimenti implantari e/o protesici né in mandibola né in mascel-la, per una sopravvivenza implantare del 100% in entrambi i mascellari.

Tab. I Dati demografici e clinici dei pazienti

Paziente # Sesso Arcata Completa edentulia Impianti inseriti Note

1 M Superiore Sì 5 Ipertensione2 M Inferiore Sì 43 M Inferiore Sì 44 F Superiore Sì 5

IpertensioneInferiore Sì 4

5 F Superiore No 4 Fumatrice (> 20 sigarette/die), ipertensione6 M Inferiore Sì 4 Ipertensione7 F Superiore No 58 F Superiore No 5 Ipertensione9 M Superiore No 510 F Superiore Sì 5

Inferiore Sì 411 M Superiore No 5

Diabete, ipertensioneInferiore Sì 4

12 F Inferiore No 413 F Inferiore No 4 Ipertensione14 M Superiore No 5 Ipertensione15 M Inferiore No 416 F Inferiore No 417 M Superiore Sì 5

Fig. 3 Controllo eseguito durante l’attività di igiene periodica del mascellare superiore a 2 anni di follow-up dall’intervento di riabilitazione mediante tecnica All-on-4 modificata. Si può notare il buono stato clinico dei tessuti molli perimplantari

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Lo stato di salute dei tessuti riscontra-to è stato ottimo (fig. 3), non essendosi manifestati in alcun paziente edema o infiammazione all’osservazione clinica conseguenti alla rimozione temporanea della protesi. Nessuno dei soggetti coin-volti nello studio ha lamentato disturbi o dolore.

4. DISCUSSIONE

Nel corso dell’evoluzione delle tecniche di riabilitazione che si fondano sull’im-plantologia osteointegrata si è osservata una logica tendenza a ricercare la ridu-zione del numero di chirurgie e della loro invasività. L’obiettivo, pur mantenendo invariata l’eccellenza del risultato clinico, consiste nel risparmiare disagio al pa-ziente, diminuire il rischio di morbilità e ridurre i costi degli interventi. Una possibile strategia consiste nella riduzione del numero degli impianti po-sizionati: essa deve però essere valutata attentamente in relazione al rapporto ri-schio/beneficio e alla condizione clinica del singolo paziente. Infatti, anche se un numero ridotto di impianti può garanti-re a priori la funzionalità meccanica ne-cessaria a sostenere il carico occlusale, possono sussistere specifiche condizioni che potrebbero condurre più facilmente al fallimento anche di una singola fixtu-re, con conseguente perdita dell’intero lavoro protesico. Spetta quindi al clinico la valutazione del singolo paziente, con le sue specifiche peculiarità cliniche, anato-miche, comportamentali.Vi è consenso, oggi, sul fatto che la con-dizione ottimale e più sicura per ottenere una riabilitazione tramite protesi fissa duratura nel tempo sia il posizionamen-to, nell’arcata interessata, da quattro a sei impianti osteointegrati [15]. Il po-sizionamento di quattro impianti, sug-

gerito da Maló et al. [20], ha mostrato percentuali di successo protesico e im-plantare mediamente sovrapponibili a quelle ottenibili posizionando un numero maggiore di impianti [20]. Tallarico et al. [19], in uno studio clinico randomizzato volto a confrontare il successo a lungo termine (5 anni) di riabilitazioni protesi-che a carico immediato su quattro o sei impianti, hanno tuttavia osservato un riassorbimento osseo significativamente maggiore nel gruppo che aveva ricevuto quattro impianti. Permane quindi il dub-bio se un numero di impianti maggiore di quattro possa, a parità di sopravvivenza implantare, fornire migliori risultati nel lungo periodo. È chiaro infatti che le condizioni iniziali che si realizzano all’intervento, siano esse paziente-specifiche o tecnica-dipendenti, sono quelle che maggiormente ne in-fluenzano l’esito a breve, e quindi a lungo termine. Patzelt et al. [18] hanno eviden-ziato che in pazienti trattati in accordo con i protocollo All-on-4 la maggioranza dei fallimenti implantari (74%) si riscon-tra entro il primo anno dall’intervento. Nei casi illustrati in questo studio retro-spettivo, gli autori descrivono l’esito im-plantare e protesico a breve termine di riabilitazioni implantari nel mascellare superiore che hanno visto l’inserimento di un quinto impianto osteointegrato, osservando una sopravvivenza implan-tare del 100%. L’inserimento del quinto impianto è stato scelto in quanto il posi-zionamento di un impianto addizionale può permettere di aumentare lo spread antero-posteriore e quindi la resistenza alle forze di leva dovute ai cantilever oriz-zontale (vestibolare) e verticale, appor-tando un potenziale vantaggio rispetto all’inserimento di soli quattro impianti. Gli autori hanno inoltre scelto, in previ-sione dell’applicazione di un protocollo

di carico immediato, di cercare di ottene-re attraverso opportuna sottopreparazio-ne un torque di inserimento ≥ 50 N · cm in entrambi i mascellari, in accordo con le recenti osservazioni relative all’assen-za di effetti negativi di torque elevati in termini sia di riassorbimento osseo mar-ginale sia di sopravvivenza implantare [21]. I risultati raccolti sono coerenti con l’osservazione che il numero ottimale di impianti per le riabilitazioni mediante protesi fissa a carico immediato nel ma-scellare superiore è compreso tra quattro e sei [15]. Resta aperto il quesito – che dovrebbe essere indagato con opportuni studi clinici prospettici – se l’inserimento di un quinto impianto possa permettere l’ottenimento di vantaggi significativi in termini di riassorbimento osseo perim-plantare o di successo protesico a lungo termine. Il sistema utilizzato presenta un disegno piuttosto aggressivo della spira dell’im-pianto. Questo ha permesso il raggiun-gimento, nei siti sottopreparati, di un’e-levata stabilità primaria, condizione necessaria al carico immediato. Quanto tale disegno contribuisca al manteni-mento dei livelli ossei perimplantari nel lungo termine dovrebbe essere oggetto di nuove valutazioni. Ulteriormente, e più importante, l’impiego di un sistema di MUA ha permesso di eseguire tutte le operazioni posteriori al suo inserimento senza più intervenire sul sigillo epiteliale. I MUA consentono inoltre l’avvitamento delle componenti protesiche in modo più agevole, rendendo possibile la correzione dei disparallelismi conseguenti all’in-serimento di impianti angolati. Infine, i MUA permettono l’ottenimento di un sigillo più efficace (in quanto stabile e con livelli di tolleranza industriale) della connessione impianto-abutment rispetto a quello ottenibile senza il loro utilizzo.

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In ogni caso, in questo studio non è sta-ta eseguita la misura del riassorbimento osseo marginale, che dovrebbe essere invece parte integrante del disegno di ulteriori studi clinici volti a compren-dere gli eventuali vantaggi della siste-matica impiegata. I risultati conseguiti confermano infine l’alta predicibilità di successo della riabilitazione All-on-4 in mandibola, evidenziando infatti una so-pravvivenza implantare del 100% anche in questa arcata.

5. CONCLUSIONI

Nei limiti della tipologia dello studio eseguito, retrospettivo e relativo a un numero limitato di impianti, si può con-cludere che nelle riabilitazioni con pro-tesi fissa a carico immediato dell’arcata superiore l’inserimento di un quinto impianto in posizione paracentrale por-ta all’ottenimento di una sopravvivenza implantare non differente da quella con-seguibile attraverso l’inserimento di soli quattro impianti; ciò permette il carico funzionale anche nei casi in cui all’atto clinico uno degli impianti inseriti richie-da la guarigione sommersa per motivi non previsti in fase di pianificazione dell’intervento. La questione se l’inserimento di un quin-to impianto possa permettere l’otteni-mento a lungo termine di un significativo vantaggio in termini di riassorbimento osseo o di successo protesico rimane aperta e dovrebbe essere oggetto di ulte-riori studi.

CONFLITTO DI INTERESSIGli autori dichiarano di non avere alcun conflitto di interessi.

FINANZIAMENTI ALLO STUDIOGli autori dichiarano di non aver ricevuto finanziamenti per il presente studio.

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594 | DENTAL CADMOS | 9/2016

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ia Condizioni parodontali e nascita pretermine e sottopesoPeriodontal conditions and preterm low birth weight

Ricevuto il30 novembre 2015Accettato il31 maggio 2016

*Autore di riferimentoFrancesco [email protected]

F. Germano*, P. Melone, D. Testi, P. Cardelli, C. ArcuriUniversità degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli, Reparto di Odontoiatria

RIASSUNTOOBIETTIVI. In questo studio è stata valutata la correlazione tra la malattia parodontale e la nascita pretermine e sottopeso (Preterm Low Birth Weight, PLBW).

MATERIALI E METODI. Sono state se-lezionate 126 pazienti e si è proceduto a misurare profondità della tasca (Po-cket Depth, PD), livello di attacco clinico (Clinical Attachment Level, CAL) e san-guinamento al sondaggio (Bleeding on Probing, BoP).

RISULTATI. 14 pazienti erano affette da parodontite, mentre 112 erano sane. La parodontite è stata correlata al par-to pretermine (OR = 1,25), al basso pe-so alla nascita (OR = 0,87) e alla PLBW (OR = 1).

DISCUSSIONE. La parodontite non è associata né al parto pretermine né al basso peso alla nascita. Non sono sta-te osservate differenze statisticamente significative tra le pazienti sane e paro-dontali in relazione alla PLBW.

CONCLUSIONI. Le condizioni parodontali non sono correlate alla PLBW.

PAROLE CHIAVEMalattia parodontaleParodontiteGravidanzaNascita sottopesoNascita pretermine

ABSTRACTOBJECTIVES. The aim of this study was to evaluate the correlation between peri-odontal disease and preterm low birth weight (PLBW).

MATERIALS AND METHODS. We se-lected 126 female patients: pocket depth (PD), clinical attachment level (CAL) and bleeding on probing (BoP) were mea-sured.

RESULTS. 14 patients were affect-ed by periodontitis, while 112 were healthy. Periodontitis was correlated to preterm labor (OR = 1.25), to low birth weight (OR = 0.87) and to PLBW (OR = 1).

DISCUSSION. Periodontitis was not as-sociated with preterm labor or low birth weight. There were no statistically sig-nificant differences between healthy and periodontal patients in relation to PLBW.

© 2016 EDRA SpA. Tutti i diritti riservatiDoi: 10.19256/d.cadmos.09.2016.08

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Parodontologia

1. INTRODUZIONE

La definizione di basso peso alla nascita, adottata dalla XXIX Assemblea Mondiale della Sanità nel 1976, è: un peso alla na-scita “inferiore a 2.500 g” [1]. La gestazione normale per gli esseri uma-ni è di 40 settimane. Si parla di parto pre-termine o prematuro quando l’età gesta-zionale è inferiore alle 37 settimane [2]. Il basso peso alla nascita può derivare da un parto pretermine o da un arresto della crescita intrauterina, oppure da entrambi. È difficile separare la compo-nente del parto pretermine da quella del basso peso alla nascita. Infatti, il basso peso alla nascita è strettamente associato al parto pretermine poiché si stima che circa il 50% dei neonati prematuri pesi meno di 2.500 g, mentre solo il 2% dei neonati a termine ha un peso inferiore a tale valore [3].Offenbacher et al. [4] sono stati i primi a segnalare un collegamento negli esse-ri umani tra cattive condizioni di salute parodontale materna e una nascita pre-termine e sottopeso (Preterm Low Birth Weight, PLBW). Nel loro studio hanno riportato che le nascite pretermine e sot-topeso sono più probabili tra le donne affette da malattia parodontale rispetto a quelle parodontalmente sane.I fattori di rischio più comuni per la PLBW sono: la giovane età della madre, un basso status socioeconomico, lo stress e la depressione, il fumo di sigaretta o l’u-so di sostanze, un basso indice di massa corporea, un precedente parto preter-

mine o un’interruzione spontanea della gravidanza al secondo trimestre, un pre-cedente aborto indotto, una malattia pol-monare cronica, un’ipertensione cronica, il diabete e le malattie renali [5].Attualmente sono due i meccanismi ri-tenuti responsabili del coinvolgimento dell’infiammazione parodontale negli esiti negativi della gravidanza.In primo luogo le donne con malattia pa-rodontale possono sperimentare una bat-teriemia più frequente e grave rispetto alle donne parodontalmente sane. Come risultato, la cavità uterina può essere esposta ai batteri parodontali ed esse-re colonizzata da essi o dai loro prodot-ti (per esempio, lipopolisaccaridi). Una volta raggiunta l’unità materno-fetale, i batteri orali possono innescare una ca-scata infiammatoria che porta a un parto pretermine [6]. Un secondo meccanismo non chiama in causa la colonizzazione della cavità ute-rina da parte dei batteri orali. Piuttosto, sono le citochine derivanti dai tessuti pa-rodontali infiammati a entrare nel circolo sistemico e a determinare esse stesse la cascata infiammatoria responsabile del parto pretermine spontaneo [7].In effetti, il fattore di necrosi tumorale alfa e l’interleuchina-6 hanno dimostrato la capacità di attraversare le membrane fetali umani in uno studio in vitro [8] ed è stato provato che questi stimoli in-fiammatori inducono un’irritazione della muscolatura liscia dell’utero provocando contrazioni, un assottigliamento cervi-cale e la dilatazione del collo dell’utero

potendo così determinare un parto pre-termine [9].Madianos et al. [10] hanno dimostrato, in un gruppo di 400 donne, un notevo-le grado di sieropositività degli anticorpi fetali per i microrganismi orali, sugge-rendo l’esposizione del feto a questi mi-crorganismi o ai loro prodotti. Inoltre, la sieropositività delle immunoglobuline M agli organismi orali era significativamen-te più frequente tra i neonati pretermine rispetto ai nati a termine.La preeclampsia è un altro fattore di ri-schio importante per la PLBW, ed è una sindrome causata da un’eccessiva rispo-sta sistemica infiammatoria alla gravi-danza. È un disordine multisistemico specifico della gravidanza che si verifica spontaneamente ed è caratterizzata da ipertensione (> 140/90 mmHg dopo la ventesima settimana di gestazione) e proteinuria (> 0,3 g/24 ore) [11].Prove evidenti collegano la malattia pa-rodontale alle malattie cardiovascolari e, in particolare, all’aumento dello spessore della parete intima-media della carotide, una misura dell’aterosclerosi subclinica negli esseri umani [12].Questi risultati indicano che meccanismi simili, che coinvolgono una disfunzione endoteliale e la formazione dell’ateroma vascolare, possono anche svolgere un ruolo sia nello sviluppo della preeclam-psia sia nelle conseguenti complicanze ostetriche che portano alla prematurità.Tuttavia, alcuni studi non supportano l’i-potesi che la malattia parodontale della madre possa comportare un parto pre-

CONCLUSIONS. Periodontal conditions are not related to PLBW.

KEY WORDSPeriodontal diseasePeriodontitis

PregnancyLow birth weightPremature birth

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termine e/o un basso peso alla nascita.Sulla base di 12 studi, Scannapieco et al. [13] hanno concluso che non vi era alcu-na evidenza secondo la quale la malattia parodontale riveste un ruolo causale ne-gli esiti negativi della gravidanza.Xiong et al. [14] non hanno riscontrato alcuna evidenza di un’associazione tra la malattia parodontale e un aumento del rischio di esito sfavorevole della gravi-danza.Noack et al. [15] hanno rilevato che nella popolazione caucasica tedesca, con una prevalenza di parodontite e una gravità paragonabile a quella degli altri Paesi europei, non è stato dimostrato alcun le-game tra lo stato parodontale e la nascita pretermine o il sottopeso.Secondo Vettore et al. [16] le donne che sono andate incontro a parto pretermine o che hanno dato alla luce un figlio sotto-peso, oppure l’unione delle due condizio-ni (PLBW), non avevano una salute pa-rodontale peggiore delle donne che non avevano riportato tali complicanze.Michalowicz et al. [17] hanno concluso che il trattamento della parodontite mi-gliora i segni della malattia parodontale stessa ma non ha alcun effetto sulla na-scita pretermine, sul basso peso alla na-scita o sull’arresto della crescita fetale.Lo scopo di questo studio è valutare la correlazione tra la malattia parodontale e la nascita pretermine e sottopeso.

2. MATERIALI E METODI

Lo studio è stato realizzato in accordo con gli standard stabiliti nella dichiarazione di Helsinki del 1989 [18] e il consenso informato è stato ottenuto da tutti i par-tecipanti prima del loro arruolamento. Il Consiglio del Comitato etico dell’Ospeda-le San Giovanni Calibita Fatebenefratelli di Roma è stato informato dello studio,

ha esaminato i documenti e ha autorizza-to il protocollo previsto dopo aver deciso che non era necessario sottomettere tale protocollo al Comitato etico per un’ap-provazione formale.Un totale di 126 donne incinte, di età compresa tra i 24 e i 43 anni, sono state visitate presso il Reparto di Odontoiatria dell’Ospedale San Giovanni Calibita Fa-tebenefratelli.Le pazienti sono state visitate più volte durante il periodo dello studio: due o più volte durante la gravidanza e una volta ancora dopo il parto.Durante la prima visita, condotta durante il primo trimestre di gravidanza, si è rac-colta l’anamnesi focalizzandosi soprat-tutto su informazioni quali l’età, la salute parodontale, eventuali cure prenatali, abitudine al fumo e consumo di alcol.In occasione di questa visita è stata esegui-ta la valutazione dello stato di salute paro-dontale. Sono stati misurati la profondità della tasca (Pocket Depth, PD), il livello di attacco clinico (Clinical Attachment Lev-el, CAL) e il sanguinamento al sondaggio (Bleeding on Probing, BoP); i sondaggi sono stati effettuati in sei siti per dente, esclusi i terzi molari (mesiovestibolare, mediovestibolare, distovestibolare, me-siolinguale, mediolinguale e distolingua-le), con una sonda di William (Hu-Friedy Mfg. Co. LLC, Chicago, IL, USA).Il sanguinamento al sondaggio è stato considerato positivo, e quindi indice di infiammazione, se compariva un sangui-namento entro 15 secondi dal sondaggio stesso [19].Tutti gli esami sono stati eseguiti da due parodontologi addestrati e precalibrati che non erano a conoscenza delle infor-mazioni dell’anamnesi. La calibrazione degli operatori è stata eseguita misuran-do gli indici parodontali in due pazienti usando il coefficiente k di Cohen e ha

dato una concordanza del 93% (k = 0,87).Durante la visita condotta un mese dopo il parto sono stati rilevati dati quali la settimana del parto e il peso del bambino alla nascita.La gravità della parodontite è stata di-stinta, in base alla classificazione dei Centers for Disease Control e dell’Ame-rican Academy of Periodontology, in mo-derata e grave [20].La parodontite moderata è stata defi-

nita come la presenza di due o più siti interprossimali con perdita di attacco clinico ≥ 4 mm, in due o più denti di-versi, o di due o più siti interprossi-mali con profondità di sondaggio ≥ 5 mm, non sullo stesso dente.

La parodontite grave è caratterizzata dalla presenza di due o più siti inter-prossimali con perdita di attacco cli-nico ≥ 6 mm, non sullo stesso dente, e dalla presenza di uno o più siti in-terprossimali con una profondità di sondaggio ≥ 5 mm.

I dati in nostro possesso sono stati sotto-posti a una tripla valutazione: la presenza della malattia parodontale materna è stata associata a nascita pretermine, basso peso alla nascita e, di conseguenza, a PLBW.L’associazione tra la parodontite e gli esiti negativi della gravidanza (basso peso alla nascita, nascita pretermine e PLBW) è stata valutata attraverso l’uti-lizzo dell’Odds Ratio (OR). Gli OR sono stati calcolati con un intervallo di confi-denza (IC) al 95% ed è stato considerato significativo un valore di p < 0,05. Inol-tre, sono stati calcolati gli OR dei fatto-ri confondenti (età media delle pazienti, livello di istruzione, abitudine al fumo, peso medio) e gli OR aggiustati secondo il metodo Cochran-Mantel-Haenszel. Per queste analisi è stato utilizzato il software PRISM 5.0 (GraphPad Software Inc., La Jolla, CA, USA).

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Parodontologia

3. RISULTATI

Tutte le pazienti coinvolte nello studio hanno partorito, quindi non è stato regi-strato nessun caso di aborto. L’esame obiettivo ha mostrato che su 126 pazienti, 14 pazienti erano affette da pa-rodontite, mentre 112 erano sane. Tutte le parodontiti erano moderate. Tra le 14 pa-zienti con parodontite, 3 (21,4%) hanno avuto un parto pretermine; tra le 112 pa-zienti parodontalmente sane, 20 (17,9%) hanno avuto un parto pretermine.Tra le 14 pazienti affette da malattia paro-

dontale, 2 (14,3%) hanno dato alla luce un bambino sottopeso (peso < 2.500 g). Tale evento si è verificato in 18 delle 112 pa-zienti sane (16,1%). Tra le 14 pazienti con parodontite, 2 (14,3%) hanno avuto un fi-glio con PLBW, mentre tra le 112 pazienti sane sono state in 16 (14,3%) ad aver avuto un bambino con PLBW (tab. I).La parodontite è stata associata al parto pretermine con un OR = 1,25 (IC 95%: 0,32-4,91).Riguardo all’associazione tra malattia parodontale e basso peso alla nascita si è avuto un OR = 0,87 (IC 95%: 0,18-4,22).

Infine, confrontando la malattia paro-dontale con la PLBW è stato calcolato un OR = 1 (IC 95%: 0,20-4,90).I fattori di rischio confondenti considera-ti nello studio sono stati: età media delle pazienti, livello di istruzione, abitudine al fumo e peso medio (tab. II).Tali valori sono stati correlati a tutti e tre gli esiti negativi della gravidanza e gli OR aggiustati ottenuti, essendo tutti compre-si tra 0,78 e 1,22, dimostrano come questi fattori non abbiano influenzato in manie-ra statisticamente significativa i risultati del presente studio (tabb. III e IV).

Tab. I Numero di parti pretermine, nascite sottopeso e PLBW in relazione alla presenza di malattia parodontale

Parto pretermine (N)

Nascita sottopeso (N)

PLBW (N)

Parto a termine e con peso normale (N)

Totale (N)

Pazienti sane (N) 20 18 16 58 112Pazienti con malattia parodontale (N) 3 2 2 7 14

Tab. II Fattori di rischio confondenti e loro distribuzione

Caratteristiche Pazienti sane Pazienti con malattia parodontale

Età media (anni) 36 ± 5,2 34 ± 6,1Istruzione (anni) 10,1 ± 2,1 9,3 ± 2,3Fumo (%) 22,3 21,4Peso medio delle pazienti (kg) 70,2 ± 3,6 68,7 ± 4,2

Tab. III Odds ratio dei fattori di rischio confondenti nei casi di parto pretermine

Valori confondenti

Pazienti parodontalmente sane (N = 112) Pazienti con malattia parodontale (N = 14)OR aggiustato (IC 95%)

Casi di parti pretermine(N = 20)

Casi controllo(N = 92)

OR IC 95% Casi di parti pretermine(N = 3)

Casi controllo(N = 11)

OR IC 95%

Età < 25 anni> 25 anni

713

3458

0,91 0,33-2,53 14

27

0,87 0,06-12,98 0,91 (0,35-2,35)

Istruzione < 8 anni> 8 anni

119

5636

0,78 0,30-2,08 21

83

0,75 0,05-11,65 0,78 (0,31-1,96)

Fumo SìNo

812

3755

0,99 0,37-2,66 12

47

0,88 0,59-12,98 0,98 (0,39-2,47)

Peso delle pazienti < 70 kg> 70 kg

119

5537

0,82 0,31-2,17 21

74

1,14 0,08-16,95 0,85 (0,34-2,13)

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ARTICOLO ORIGINALE

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4. DISCUSSIONE

Per esaminare l’associazione tra la paro-dontite materna e la nascita pretermine, il basso peso alla nascita e, dunque, la presenza contemporanea di entrambe le condizioni (PLBW) nel presente studio ci si è avvalsi dell’indice OR. I risultati di questa indagine sono in con-trasto con l’associazione tra la parodonti-te e un aumento del rischio di PLBW ri-portata in altri studi [10-12]. Tali risultati sono da leggersi alla luce dei limiti che lo

studio presenta: un basso numero di pa-zienti, una distribuzione non omogenea tra soggetti affetti da malattia parodon-tale e casi controllo e l’assenza di pazienti con parodontiti gravi.Circa la correlazione tra malattia paro-dontale e parto pretermine è stato osser-vato che la parodontite non è associata alla nascita pretermine (OR = 1,25; IC 95%: 0,32-4,91).Non vi è associazione neanche tra la ma-lattia parodontale e il basso peso alla na-scita (OR = 0,87; IC 95%: 0,18-4,22).

Infine, non sono state osservate differen-ze statisticamente significative tra le pa-zienti sane e parodontali in relazione alla PLBW (OR = 1; IC 95%: 0,20-4,90).Il presente studio non è in grado di forni-re dati che confermino una correlazione statisticamente significativa tra le con-dizioni analizzate e la malattia parodon-tale, avvalorando così i risultati di autori [13-16] secondo i quali non vi è un’asso-ciazione tra la malattia parodontale e un aumento del rischio di esiti sfavorevoli della gravidanza.

Tab. V Odds ratio dei fattori di rischio confondenti nei casi di PLBW

Valori confondenti

Pazienti parodontalmente sane (N = 112) Pazienti con malattia parodontale (N = 14)OR aggiustato(IC 95%)

Casi di PLBW (N = 16)

Casi controllo(N = 96)

OR IC 95% Casi di PLBW(N = 2)

Casi controllo(N = 12)

OR IC 95%

Età < 25 anni> 25 anni

79

4452

0,92 0,32-2,67 02

210

0,84 0,03-23,59 0,85 (0,3-2,43)

Istruzione < 8 anni> 8 anni

88

4551

1,13 0,39-3,27 20

102

1,19 0,04-33,43 1,22 (0,43-3,46)

Fumo SìNo

97

5343

1,04 0,36-3,03 11

66

1 0,05-19,96 1,04 (0,38-2,83)

Peso delle pazienti < 70 kg> 70 kg

511

3363

0,86 0,27-2,71 11

75

0,71 0,04-14,35 0,85 (0,29-2,46)

Tab. IV Odds ratio dei fattori di rischio confondenti nei casi di nascita sottopeso

Valori confondenti

Pazienti parodontalmente sane (N = 112) Pazienti con malattia parodontale (N = 14)OR aggiustato(IC 95%)

Casi di nascita sottopeso(N = 18)

Casi controllo(N = 94)

OR IC 95% Casi di nascita sottopeso(N = 2)

Casi controllo(N = 12)

OR IC 95%

Età < 25 anni> 25 anni

117

5737

1,02 0,36-2,87 11

66

1 0,05-19,96 1,02 (0,38-2,7)

Istruzione < 8 anni> 8 anni

108

5341

0,96 0,33-2,53 20

102

1,19 0,04-33,43 1,04 (0,38-2,83)

Fumo SìNo

810

4153

1,03 0,38-2,85 11

57

1,4 0,07-28,12 1,07 (0,41-2,79)

Peso delle pazienti < 70 kg> 70 kg

612

3361

0,92 0,32-2,69 20

102

1,19 0,04-33,43 1,01 (0,35-2,85)

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5. CONCLUSIONI

Nei limiti di questo studio, si può affer-mare che le condizioni parodontali non sono collegate alla PLBW.

CONFLITTO DI INTERESSIGli autori dichiarano che non sussiste al-cun conflitto di interessi riguardo all’argo-mento trattato nell’articolo.

FINANZIAMENTI ALLO STUDIOGli autori dichiarano di non aver ricevuto finanziamenti per il presente studio.

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CASO CLINICO

601DENTAL CADMOS | 2016;84(9):601-606|

Chirurgia orale

Gestione chirurgica di raro osteoma periferico del seno mascellare associato a canino incluso controlaterale

Surgical treatment of a rare peripheral maxillary sinus osteoma associated with contralateral impacted canine

Ricevuto il16 febbraio 2016Accettato il5 maggio 2016

*Autore di riferimentoChristian [email protected]

A. Baliana, L. Faveroa, M. Valenteb, C. Baccic,*

a Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Neuroscienze, Clinica Odontoiatrica, Cattedra di Ortodonzia e Gnatologia Clinicab Azienda Ospedaliera Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Scienze Cardiologiche, Toraciche e Vascolari,

UOC Anatomia e Istologia Patologicac Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Neuroscienze, Clinica Odontoiatrica, UOS Chirurgia Orale Microscopica e Laser

RIASSUNTOOBIETTIVI. Si riporta il caso di un raro oste-oma periferico del seno mascellare sini-stro associato alla presenza di inclusione del canino superiore destro.

MATERIALI E METODI. La lesione è sta-ta asportata chirurgicamente mediante l’ausilio del bisturi piezoelettrico e suc-cessivamente sottoposta a esame isto-patologico. Importante nella program-mazione terapeutica è risultata essere la tomografia computerizzata a fascio coni-co (Cone Beam Computed Tomography, CBCT) che ha permesso la pianificazione di un approccio chirurgico il più possibile conservativo e rispettoso delle strutture anatomiche vicine.

RISULTATI E CONCLUSIONI. Il decorso postoperatorio si è svolto senza com-plicanze e l’ortopantomografia a un an-no di distanza evidenzia la presenza di

una buona rigenerazione ossea nel sito dell’intervento e l’assenza di complican-ze locali. L’osteoma è un tumore beni-gno caratterizzato da una crescita lenta e dall’assenza di aggressività locale. Per lo più asintomatico, viene generalmente diagnosticato in modo incidentale dopo esami radiologici eseguiti di routine o per altri motivi in soggetti giovani, entro i 30-40 anni. La rilevanza clinica degli osteomi risiede principalmente nella loro differen-ziazione da lesioni tumorali maligne come gli osteosarcomi e nell’esclusione della sindrome di Gardner quale patologia di base associata.

PAROLE CHIAVEOsteoma perifericoSeno mascellareInclusioni dentarieTomografia computerizzata a fascio

conicoSindrome di Gardner

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1. INTRODUZIONE

L’osteoma è un tumore benigno derivan-te dalla proliferazione di tessuto osseo maturo, compatto o spugnoso [1,2].L’eziologia è ancora sconosciuta: è con-siderato un tumore, ma sono state chia-mate in causa alterazioni disembriogene-tiche, infezioni e traumi [1,2]. L’osteoma può essere periferico o centrale, secondo che si presenti come una lesione esofitica a partenza dal periostio o come una lesio-ne intramidollare a partenza dall’endo-stio [1-3]. Sono state descritte rarissime localizzazioni extrascheletriche nei tessu-ti molli [2].L’osteoma si caratterizza per una crescita lenta e l’assenza di aggressività locale. La sintomatologia è legata principalmente al progressivo aumento delle dimensioni (effetto massa) e all’eventuale compres-sione delle strutture limitrofe [1,2]. È quindi molto spesso asintomatico, specie nelle fasi iniziali, e repertato incidental-mente a seguito di esami radiologici ef-fettuati di routine o per altri motivi [2].L’osteoma è essenzialmente un tumore del distretto testa-collo e la sede più fre-

quente è la mandibola, seguita dal seno frontale e dal seno etmoidale; raramente è coinvolto il seno mascellare [1-4].Si riportano il caso di un raro osteoma pe-riferico del seno mascellare di sinistra as-sociato a inclusione del canino superiore dell’emiarcata controlaterale e il succes-sivo trattamento di escissione chirurgica.

2. MATERIALI E METODI

2.1 DESCRIZIONE DEL CASOUn paziente maschio di 21 anni si presen-ta presso la Clinica Odontoiatrica dell’U-niversità degli Studi di Padova, inviato dalla sua ortodontista per una lesione radiopaca, di origine incerta, localizzata a livello del secondo quadrante. In anam-nesi il paziente nega patologie di rilievo e/o assunzione di farmaci, ma riferisce un pregresso trauma in motocicletta che ha coinvolto il distretto facciale, avvenu-to all’incirca 3-4 anni prima e risoltosi senza esiti apparenti. L’esame obiettivo extraorale non eviden-zia tumefazioni e/o asimmetrie né dolore alla palpazione del terzo medio del viso. All’esame intraorale si osserva la per-

sistenza in arcata del canino superiore destro deciduo: vestibolarmente e pa-latalmente non sono apprezzabili bozze dentarie. L’ortopantomografia (OPT) evidenzia la presenza del canino supe-riore destro permanente in inclusione mesio-angolare e una lesione radiopaca di forma irregolare in corrispondenza degli apici dei molari superiori di sinistra (fig. 1). Viene pertanto eseguita, come ap-profondimento diagnostico, una tomogra-fia computerizzata a fascio conico (Cone Beam Computed Tomography, CBCT) per definire l’estensione della lesione e i suoi rapporti con le strutture limitrofe (Philips Brilliance 64 Channel, 120 Kv, 100 mAs; Royal Philips, Amsterdam, NL). Si ana-lizzano le sezioni assiali, le ricostruzioni multiplanari sagittali e paracoronali in corrispondenza dei molari superiori di sinistra: la lesione appare come un’area radiopaca, di forma irregolare con margi-ni ben definiti, localizzata nel contesto del recesso alveolare (porzione caudale) del seno mascellare sinistro con lieve ispes-simento della mucosa circostante (fig. 2). L’assenza di sintomi e segni indicativi di infiltrazione dei tessuti circostanti (dolore,

ABSTRACTOBJECTIVES. A rare case of peripheral osteoma of the maxillary sinus associated with contralateral impacted canine is here presented.

MATERIALS AND METHODS. Surgical re-moval of the lesion, followed by histopatho-logical examination, was performed with the piezo-electric device. Cone Beam Com-puted Tomography (CBCT) was essential to plan a most conservative surgical treat-ment, thus avoiding any iatrogenic damage to the adjacent anatomical structures.

RESULTS AND CONCLUSIONS. Imme-diate post-operative recovery occurred without complications and the panoram-ic X-ray taken one year later showed a good bone regeneration in the surgical site and lack of local complications. Osteomas are benign tumors character-ized by slow development and absence of aggressive local pattern. Mostly asymptomatic, osteomas are generally diagnosed by routine or oth-erwise prescribed radiological examina-tions in young patients, within the fourth decade of life.

The clinical importance of osteomas lies in their differentiation from a malignant lesion, such as the osteosarcoma, and exclusion of Gardner’s syndrome as an underlying disease.

KEY WORDSPeripheral osteomaMaxillary sinusImpacted teethCone Beam Computed TomographyGardner’s syndrome

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parestesie, riassorbimenti radicolari, mo-bilità dentale) indirizza verso la presenza di una lesione tumorale benigna e viene po-sta la diagnosi differenziale tra osteoma e odontoma complesso. Date le caratteristi-che cliniche e radiografiche di benignità e le dimensioni della lesione si programma-no la biopsia escissionale mediante ausilio del bisturi piezoelettrico (Piezosurgery®, Mectron SpA, Carasco, GE) e il successivo esame istopatologico, dopo aver ottenuto il consenso informato del paziente.

2.2 TRATTAMENTO La procedura chirurgica viene eseguita in ansiolisi e anestesia locale con copertura antibiotica secondo protocollo standar-dizzato [5,6]. Il paziente viene premedi-cato assumendo per via orale amoxicilli-na 2 g e clordemetildiazepam 1 mg un’ora prima dell’intervento. Successivamente al paziente vengono somministrate dosi titolate di diazepam ev (2 mg ogni 2 mi-nuti) fino a quando non riferisce un livel-lo di tranquillità massimale, ovvero pari a 10 su una scala numerica da 0 a 10. Si esegue quindi l’analgesia locale mediante infiltrazione tronculare del nervo alveo-lare superiore posteriore e medio e del nervo palatino anteriore con mepiva-caina cloridrato al 2%. Durante l’intera durata dell’intervento i parametri vitali (frequenza cardiaca, pressione arteriosa e saturimetria) vengono monitorati, regi-strati ogni 5 minuti dall’apparecchio ECG e trascritti in un’apposita cartella aneste-siologica.La rimozione della lesione avviene me-diante accesso intraorale alla cavità del seno mascellare di sinistra, secondo la tecnica di Caldwell-Luc modificata con osteotomia della parete laterale. Si effet-tua un’incisione paramarginale dal cani-no al secondo molare superiore di sini-stra e si allestisce un lembo trapezoidale

Fig. 2 CBCT: la lesione è situata all’interno del seno mascellare di sinistra, in corrispondenza delle radici del primo e secondo molare, e appare costituita da materiale iperdenso, verosimilmente dentario. Non si associano elementi inclusi né lesioni cistiche

Fig. 1 OPT che evidenzia la presenza del canino superiore destro incluso, con persistenza del corrispettivo deciduo, e un’area radiopaca sopra le radici dei molari superiori di sinistra

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muco-periosteo a tutto spessore. Dopo scheletrizzazione, viene eseguita l’osteo-tomia a livello della parete laterale del seno utilizzando il bisturi piezoelettrico e si crea una finestra ossea rettangolare 2-3 mm cranialmente rispetto alle radici dei molari superiori (fig. 3). La rimozione della finestra ossea permet-te di esporre la massa calcificata, che vie-ne prima svincolata dalla membrana di Schneider, già perforata dalla lesione, e poi rimossa mediante strumenti manuali

(figg. 4 e 5). La lesione, delle dimensioni di 1,2 x 1 cm, appare di forma irregola-re, di consistenza dura e colore bianco (fig. 6). Il prelievo bioptico viene immer-so in soluzione acquosa tamponata di formaldeide al 4% e inviato per l’analisi istopatologica.Viene fatto un ulteriore prelievo dei tessu-ti molli adiacenti alla parete del seno ma-scellare, delle dimensioni di 0,6 x 0,4 cm, e anche questo viene inviato per l’analisi istopatologica onde escludere concomi-

tanti alterazioni dei tessuti molli. Si ese-gue la toilettatura chirurgica della muco-sa sinusale ispessita mediante curettage e lavaggi della cavità con soluzione sa-lina allo 0,9%. La chiusura della ferita chirurgica è ottenuta mediante suture assorbibili di acido poliglicolico 3-0. Al fine di conseguire un’emostasi ottimale si esegue una compressione della zona chirurgica con garze imbevute di soluzio-ne fisiologica. Al paziente viene prescritta terapia antibiotica (amoxicillina, 1 g ogni 12 ore per 6 giorni) e antidolorifica (ibu-profene, 600 mg ogni 12 ore per 4 giorni).L’esame istopatologico conferma la dia-gnosi di osteoma (fig. 7). La biopsia dei tes-suti molli non mostra alterazioni di rilievo.Il decorso postoperatorio si svolge senza complicanze. Il paziente viene successiva-mente sottoposto a follow-up e controllato a 2 settimane, 1 mese, 3 mesi, 6 mesi e 1 anno. In questo arco di tempo non si sono sviluppate fistole oro-antrali, né segni di si-nusite né perdita di vitalità degli elementi dentari prossimi alla sede dell’intervento.L’OPT eseguita a un anno dall’intervento evidenzia la presenza di una buona rige-

Fig. 3

Osteotomia vestibolare della parete del seno mascellare eseguita mediante bisturi piezoelettrico: il taglio selettivo e preciso del tessuto mineralizzato permette di preservare la membrana di Schneider e di ridurre il rischio di lesioni del nervo infraorbitario

Fig. 5 Visualizzazione intraoperatoria della lesione dopo scollamento della membrana di Schneider: la lesione è di forma irregolare con margini non infiltrati, di consistenza dura e di colore bianco

Fig. 4 Dopo la rimozione della finestra osteotomica la membrana di Schneider appare perforata in diversi punti dalla lesione

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Chirurgia orale

nerazione ossea nel sito dell’intervento e l’assenza di complicanze locali (fig. 8).

3. DISCUSSIONE

L’osteoma è un raro tumore benigno delle ossa cranio-facciali la cui incidenza nella popolazione si attesta attorno allo 0,43-1%; tuttavia, costituisce la lesione fibro-ossea più frequente dei seni paranasali [7]. L’o-steoma del seno mascellare è piuttosto raro, rappresentando il 2% degli osteomi dei seni paranasali: in letteratura sono

Fig. 8

OPT di controllo a un anno dalla rimozione dell’osteoma: si notino l’ottima rigenerazione ossea locale e l’assenza di lesioni periapicali dei molari superiori di destra

Fig. 6 Il prelievo bioptico misura 1,2 x 1 cm e viene inviato per l’analisi istopatologica in soluzione tamponata di formaldeide al 4%

Fig. 7 Ematossilina-eosina, ingrandimento 10X: la lesione è formata da tessuto osseo compatto lamellare che circonda poche lacune midollari ematopoietiche, su cui poggia una mucosa ispessita rivestita da epitelio di tipo respiratorio. La componente fibrosa è scarsa

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stati finora riportati solo 14 casi [1-4,7]. Il caso presentato è piuttosto inconsueto poiché l’osteoma colpisce il seno mascel-lare ed è concomitante all’inclusione del canino dell’emiarcata controlaterale. Il paziente riferiva in anamnesi un pre-gresso trauma, ritenuto una possibile causa di insorgenza dell’osteoma [1,2,7]. La presenza di un’anomalia dentale a spiccata componente genetica, qual è l’inclusione del canino, pone però il so-spetto della presenza di cause ereditarie e/o genetiche. In letteratura è ben docu-mentata l’associazione tra osteomi, ano-malie dentarie e sindromi genetiche, spe-cie la sindrome di Gardner. Quest’ultima, a trasmissione autosomica dominante, è caratterizzata proprio dalla concomi-tanza della triade polipi adenomatosi intestinali, osteomi multipli ed elementi sovrannumerari e/o inclusi, a cui si asso-ciano anche lesioni tumorali superficiali dei tessuti duri e molli [1]. La comparsa degli osteomi solitamente precede quel-la dei polipi intestinali, che hanno un rischio elevatissimo di trasformazione maligna in adenocarcinomi. La diagnosi di osteoma, specie se multiplo, è pertanto un elemento importante al fine di formu-lare il sospetto di sindrome di Gardner e approfondire l’inquadramento diagnosti-co, onde attuare misure preventive mira-te (per esempio, colectomia profilattica). Nel caso in questione la biopsia dei tes-suti molli ha escluso simili quadri sin-dromici. Rimane tuttavia la possibilità di un’associazione tutt’altro che casuale tra osteoma e anomalie dentarie in sedi distanti e non legate da un’evidente rela-zione causa-effetto locale.Il trattamento d’elezione dell’osteoma consiste nell’escissione chirurgica, segui-ta sempre dall’analisi istopatologica della lesione, anche se diversi autori consiglia-no l’escissione solo per lesioni di grosse

dimensioni e/o accompagnate da sintomi (dolore, gonfiore, asimmetria facciale, pa-restesie) [1,2,7]. La rilevanza clinica degli osteomi risiede, principalmente, nella loro differenziazione da altre lesioni, in parti-colar modo maligne come gli osteosarco-mi, che nelle fasi iniziali si presentano con caratteristiche cliniche e radiografiche molto simili [1]. L’esame istopatologico è essenziale nel dirimere la diagnosi.La CBCT rappresenta un presidio diagno-stico fondamentale nel definire meglio la natura della lesione e nel programmare l’approccio chirurgico più idoneo e con-servativo, onde preservare le strutture anatomiche vicine. L’antrostomia secondo la tecnica di Cal-dwell-Luc modificata si è rivelata la me-todica migliore nell’approcciare questo caso: l’osteoma è stato rimosso dall’alto e sono stati preservati le radici e l’appor-to neurovascolare dei denti contigui, che nel follow-up non hanno mostrato segni di sofferenza pulpare o periapicale. Lo strumento piezoelettrico ha permesso di ottenere un taglio sottile e preciso e un’a-deguata emostasi mediante l’effetto cavita-zione. Questo ha ridotto il rischio di dan-neggiamento delle strutture vicine (tessuti molli e strutture neurovascolari) e di com-plicanze postoperatorie (dolore, sanguina-mento, gonfiore, disestesie), garantendo un miglior decorso postoperatorio [8-10].

4. CONCLUSIONI

Il presente caso illustra una situazione rara di osteoma del seno mascellare as-sociato a un’anomalia dentale posta a distanza dalla lesione. Ancorché incon-sueta, l’associazione potrebbe non essere casuale e andrebbe approfondita con ulte-riori studi per chiarirne l’eziopatogenesi. La terapia d’elezione dell’osteoma dovreb-be sempre prevedere l’escissione chirurgi-

ca e l’esame istopatologico, onde esclude-re lesioni a prognosi più infausta che non facilmente si possono differenziare sulla base dei soli criteri clinico-radiografici. La programmazione terapeutica median-te CBCT e l’utilizzo della piezochirurgia sono stati essenziali nella pianificazione dell’approccio chirurgico, prevenendo complicanze e garantendo un decorso postoperatorio ottimale.

CONFLITTO DI INTERESSIGli autori dichiarano di non avere alcun conflitto di interessi.

FINANZIAMENTI ALLO STUDIOGli autori dichiarano di non aver ricevuto finanziamenti per il presente studio.

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L’importanza del restauro postendodontico come inderogabile atto terminale del trattamento canalareFrancesca Cerutti, Davide Guglielmi, Federico Ceroni, Fabio Gorni

1. INTRODUZIONELa letteratura presenta un elevato numero di studi relativi al re-stauro degli elementi trattati endodonticamente: molto si dibat-te su costi e benefici dei diversi tipi di restauro, ma c’è accordo sul fatto che il dente debba essere ricostruito [1] poiché le frattu-re coronali e radicolari rappresentano la causa più frequente di estrazione dei denti sottoposti a terapia canalare [2]. La motiva-zione è ascrivibile all’alterazione strutturale dell’elemento, che in seguito alla perdita di tessuto coronale e al trattamento endo-dontico modifica sensibilmente il proprio comportamento bio-meccanico: da un lato, la perdita del tessuto pulpare comporta disidratazione, demineralizzazione e alterazione della compo-nente collagenica del dente [3]; dall’altro lato, la mancanza di un tempestivo sigillo coronale può esitare in una microinfiltra-zione batterica che è potenzialmente causa di una reinfezione del sistema dei canali radicolari [4,5].Il composito è il materiale da restauro che esibisce il minor gra-do di microinfiltrazione batterica coronale, mentre amalgama d’argento e vetroionomeri sono scelte non più attuali in odonto-iatria restaurativa [6]. Un adeguato restauro coronale influenza la sopravvivenza a lungo termine dei denti trattati endodonticamente [1,7,8] ed è elemento chiave e indilazionabile per il successo del tratta-mento.Non esiste, a oggi, un consenso su quale sia il restauro più indi-cato per prolungare la vita del dente trattato endodonticamen-te [9]. Sicuramente la quantità e la qualità del tessuto dentale residuo devono guidare il clinico non solo nella scelta del tipo di restauro, ma anche sulla necessità di usufruire di ritenzioni endocanalari. Numerosi studi in vitro e clinici sembrano sug-gerire che il comportamento biomeccanico di denti restaurati con un perno e una corona garantisca la più alta percentuale di sopravvivenza a lungo termine [10,11], ma anche i restauri ade-

sivi supportati da un perno endocanalare possono dare buoni risultati [12]. Un interessante studio di Pratt et al. [13] ha indagato gli effetti della ricostruzione sulla sopravvivenza di alcuni elementi den-tali considerando il tempo intercorso tra la terapia endodontica e il restauro ed ha concluso che un dente trattato endodontica-mente e non restaurato presenti un rischio di estrazione 4 volte più alto di un dente restaurato con una corona. In un’epoca in cui si cerca di preservare al massimo il tessuto dentale sano e il contesto socioeconomico condiziona i piani di trattamento, i restauri diretti e indiretti in composito possono fornire al clinico e al paziente una valida soluzione per il restau-ro postendodontico. Importantissimo, in questo caso, è indivi-duare quale sia il tipo di ricostruzione più indicato in funzione della struttura dentale residua e dell’impegno funzionale cui sarà sottoposto il dente [15].

2. APPLICAZIONE PRATICADi seguito sono descritti tre casi clinici nei quali si è optato per dei restauri conservativi in composito su elementi trattati endo-donticamente.

2.1 RESTAURO DIRETTOIl primo caso si riferisce a una paziente giunta alla nostra osser-vazione a causa di un dolore pulsante localizzato all’emiarcata inferiore destra. La radiografia endorale (fig. 1) mostra un pro-cesso carioso esteso che indirizza la diagnosi verso la necessità di eseguire un trattamento endodontico dell’elemento 4.6.Dopo aver praticato un’anestesia idonea si è isolato l’elemento dentale con la diga di gomma, quindi si è proceduto al disegno dell’accesso cavitario e al reperimento degli orifizi canalari. La

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correttezza della terapia endoconservativa (fig. 13). Le figure 14 e 15 mostrano le visioni occlusale e vestibolare del quadrante a fine terapia.

2.3 RESTAURO INDIRETTO CON PERNO ENDOCANALAREL’ultimo caso mostra un’evidente lesione cariosa a carico del secondo premolare inferiore di destra, che è caratterizzato da un’anatomia canalare particolarmente complessa (fig. 16). Una volta otturato il sistema dei canali radicolari si è selezio-nato un perno in composito rinforzato in fibra di vetro in re-lazione all’anatomia dell’elemento (fig. 17): la dimensione del perno deve essere adeguata alla morfologia ovalare del canale e permetterne la discesa passiva nella porzione canalare appo-sitamente non riempita con guttaperca.Sono stati eseguiti i passaggi di mordenzatura con acido orto-fosforico, adeguando i tempi di contatto alla natura del tessuto dentale interessato, dopodiché è stato applicato il sistema ade-sivo seguendo le indicazioni della casa produttrice e l’adesivo è stato polimerizzato. Ci si è poi occupati della preparazione del perno per la cementazione: dapprima si è strofinata la superfi-cie del perno con alcol poi, una volta evaporata la componente alcolica, un adesivo autofotopolimerizzabile è stato steso sulla superficie del perno. Un leggero soffio d’aria ha permesso l’e-vaporazione del solvente e degli eccessi. Una volta riempito completamente il post space con il cemen-to, è stato possibile posizionare accuratamente il perno, po-limerizzando poi il materiale composito. Il build-up è stato completato con incrementi di materiale composito. La cavità per l’intarsio è stata preparata con frese dedicate, dopodiché si è passati al rilevamento dell’impronta di precisione: in que-sto caso è stato posizionato un filo retrattore per migliorare la lettura del margine della preparazione da parte dell’odonto-tecnico (fig. 18).L’intarsio è stato preparato per la cementazione come prece-dentemente descritto, dopodiché ci si è occupati del monco-ne. Il quadrante inferiore di destra è stato isolato con diga di gomma e l’elemento 4.5 è stato interessato dai procedimenti di mordenzatura e dalla fase di stesura dell’adesivo avendo cura di proteggere gli elementi adiacenti (fig. 19).Si è posizionato in cavità il composito per la cementazione, si è applicato l’intarsio, gli eccessi sono stati rimossi e si è proce-duto alla fotopolimerizzazione (fig. 20). La figura 21 mostra l’intarsio cementato dopo aver controllato

Fig. 7 La radiografia preparatoria evidenzia la necessità di trattare endodonticamente l’elemento 4.6

Fig. 8 Si evidenziano le carie cervicali

Fig. 10 Gli imbocchi canalari sono reperiti

Fig. 12 Restauri ultimati

Fig. 14 Il quadrante 4 in visione occlusale al termine della terapia

Fig. 9 Pre operatoria

Fig. 11 Build-up di 4.6 e preparazioni di 4.5 e 4.7

Fig. 13 Radiografia postoperatoria

Fig. 15 Il quadrante 4 a fine terapia: si noti che sono state eseguite anche le otturazioni di Classe V su 4.5 e 4.6

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Restauro

postendodonticoAGGIORNAMENTO

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sagomatura è stata eseguita con strumenti in nichel-titanio; l’ot-turazione è stata eseguita con la tecnica di Schilder.Una volta terminata la terapia canalare si è deciso di ricostrui-re l’elemento con un restauro diretto in composito visto che le cuspidi erano ben sostenute e risultavano in grado di resistere ai carichi masticatori (fig. 2). Dopo la mordenzatura e l’applica-zione di un adesivo a due step si è applicato uno strato di com-posito bulk fill (SDR, Dentsply, Germania) al fine di riempire l’intera camera pulpare con un singolo incremento di materiale minimizzando il rischio di formare bolle o vuoti (fig. 3).Successivamente è stato stratificato il composito che simula la dentina (CeramX Duo, Dentsply, Germania) abbozzando l’ana-tomia di cuspidi e solchi. Una volta polimerizzata la dentina si è passati alla definizione dello strato di smalto, modellato e poli-merizzato una cuspide per volta. Da ultimo si è applicato all’in-terno dei solchi uno stain brown per aumentare la naturalezza del restauro. Rifinito e lucidato il restauro (fig. 4), è stato possibile rimuovere la diga di gomma e verificare radiograficamente che tutto fosse stato eseguito in modo corretto (fig. 5).Il controllo a una settimana ha mostrato il buon adattamento del restauro (fig. 6).

2.2 RESTAURO INDIRETTOIl secondo caso mostra lesioni cariose a carico degli elementi 4.5, 4.6 e 4.7 (fig. 7). Si evidenziano sia lesioni di Classe V in 4.5 e 4.6 sia l’ipertrofia gengivale che renderebbe impossibile l’iso-lamento dell’elemento 4.6 (figg. 8 e 9) se prima non si effettuas-se un trattamento parodontale. Dopo aver eseguito l’anestesia e posizionato la diga di gomma si è effettuata l’apertura camerale dell’elemento 4.6. Si è proceduto alla sagomatura del sistema dei canali radicolari con strumenti in nichel-titanio (fig. 10), si è poi eseguita l’otturazione canalare con la tecnica di compatta-zione verticale a caldo della guttaperca.Dopo aver svolto le procedure adesive secondo le indicazioni della casa produttrice (Core&Post System, Dentsply, Germa-nia), si è realizzato un build-up con un composito bulk fill (SDR, Dentsply, Germania). Dopo aver preparato la cavità per l’intar-sio, è stata rilevata un’impronta di precisione e si è posizionata una ricostruzione provvisoria.In un secondo appuntamento ci si è dedicati alla cementazione del restauro indiretto e alla terapia conservativa diretta delle le-sioni cariose riscontrate in prima visita. Per prima cosa è stato eseguito il restauro diretto degli elementi

Fig. 1 Radiografia preoperatoria

Fig. 2 Camera pulpare

Fig. 3 SDR si adatta alla cavità

Fig. 4 Il dente è restaurato in maniera diretta

Fig. 5 Radiografia postoperatoria

Fig. 6 Controllo a una settimana

4.7 e 4.5 (fig. 11). Trattandosi di elementi dei settori latero-poste-riori, si è scelto di utilizzare un composito universale (CeramX Universal colore A2, Dentsply, Germania). Dopo la polimerizza-zione, l’applicazione di uno stain brown nel solco principale ha permesso di migliorare il mimetismo della ricostruzione. Si è quindi passati alla cementazione dell’intarsio. Le superfici del manufatto sono state trattate con alcol per 120”, silano per 60” e bonding. Il moncone è stato trattato secondo la normale procedura adesiva “etch and rinse”. Per la cementazione si è de-ciso di utilizzare, previo riscaldamento, il composito impiegato per effettuare i restauri diretti. Gli eccessi di materiale sono stati rimossi ed è stata eseguita la polimerizzazione del composito, dopodiché il restauro è stato rifinito e lucidato (fig. 12). Nella stessa seduta sono state eseguite anche le ricostruzioni ve-stibolari su 4.5 e 4.6. Una volta rimossa la diga si è controllata la correttezza dei contatti occlusali degli elementi ricostruiti ed è stata verificata, con una radiografia endorale periapicale, la

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Restauro

postendodonticoAGGIORNAMENTO

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di aver rimosso tutti gli eccessi e aver verificato la validità dei punti di contatto. Rimossa la diga di gomma, è stata eseguita una radiografia en-dorale periapicale di controllo (fig. 22) e si è verificato che i contatti occlusali fossero corretti (fig. 23), dopodiché è stato possibile dimettere il paziente.

3. CONCLUSIONILa ricostruzione postendodontica è un atto fondamentale e in-derogabile per la sopravvivenza a lungo termine degli elementi dentari. Le moderne tecnologie permettono di ricorrere a so-luzioni restaurative conservative e più economiche rispetto alle soluzioni protesiche tradizionali: è quindi importante che il cli-nico sappia padroneggiare queste tecniche per offrire al pazien-te la soluzione più adeguata al caso.

BIBLIOGRAFIA1. Ray HA, Trope M. Periapical status of endodontically treated teeth in

relation to the technical quality of the root filling and the coronal resto-ration. Int Endod J 1995;28:12-8.

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Fig. 16 Radiografia preoperatoria

Fig. 18 Prima dell’impronta

Fig. 20 Polimerizzazione Fig. 23 Visione vestibolare

Fig. 17 Prova del perno endocanalare

Fig. 19 Isolamento del campo operatorio

Fig. 21 Restauro ultimato Fig. 22 Radiografia postoperatoria

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e H1: queste frese devono raggiungere

non in rotazione la zona al di sotto del

sottosquadro e rimuoverlo lavorando

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II | DENTAL CADMOS | 9/2016

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Ultradent ha vinto per il secondo

anno consecutivo il premio conferito

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l’eccellenza nell’etica e la veridicità

delle comunicazioni. Nel 1967 Philip

Kotler definiva il marketing come:

“Quel processo sociale e manageriale

volto a soddisfare bisogni ed esigenze

attraverso processi di creazione e

scambio di prodotti e valori. L’arte

e la scienza di individuare, creare

e fornire valore per soddisfare le

esigenze di un mercato di riferimento,

realizzando un profitto”. Il termine

“processo” ci aiuta a capire che il

IndustriaANCHE QUEST’ANNO ULTRADENT VINCE IL GOLDEN HANDS AWARD OF XCELLENCE

marketing non consiste in una singola

azione, bensì in un insieme di attività

finalizzate al raggiungimento di un

obiettivo. Inoltre già nel ’67 al termine

marketing si accostavano i valori di

onestà, trasparenza, veridicità delle

informazioni trasmesse al mercato e,

non ultimo, di responsabilità sociale.

Il Golden Hands Award of Xcellence

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rappresenta la prima forma di

premio conferito al settore dentale

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della professione odontoiatrica:

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AGENDA

IV | DENTAL CADMOS | 9/2016

Cor

si e

con

gres

sia cura della Redazione

NOVEMBRE

12 MilanoCHIRURGIA MINI-INVASIVA DEL SENO MASCELLARECrediti ECM: 10,5Relatori: G. Garlini, M. RedemagniSede: Novotel Ca’ Grandav.le Suzzani 13Informazioni: tel. 0761 [email protected]

14 Sesto Fiorentino (FI)IL DIGITAL WORK FLOW ORTODONTICO:DALLA SCANSIONE ALLAMANIPOLAZIONE DIGITALERelatori: S. Savasta, T. Briganti, G. CrocciaSede: Istituto Studi Odontoiatricic/o Leone SpAvia Ponte a Quaracchi 48Informazioni: Segreteria ISOtel. 055 304458fax 055 [email protected]

15 MilanoFARMACOCINETICA E FARMACOTERAPIA DEI BIFOSFONATIRelatore: G. Carnevale Sede: Clinica del Lavoro L. DevotoOspedale Maggiore Policlinicovia S. Barnaba 8Informazioni: Odontes Srltel. 02 [email protected]

15 MilanoOSTEONECROSI DA BIFOSFONATI: TERAPIA MEDICA E CHIRURGICA A LAMA FREDDA E LASERRelatore: G. BruzzesiSede: Clinica del Lavoro L. DevotoOspedale Maggiore Policlinicovia S. Barnaba 8Informazioni: Odontes Srltel. 02 [email protected]

17-19 Bajouca (Portogallo)CORSO PRATICO SU PAZIENTE DI TECNICA CHIRURGICA IMPLANTARERelatore: U. CovaniSede: Medicislargo da Feira dos 13 n. 20AInformazioni: [email protected]. +351 937191401

18 Lomazzo (CO)CHIRURGIA IMPLANTARE. CORSO INTENSIVO ANNUALE (3° INCONTRO)Crediti ECM: 48Relatori: G. Garlini, M. RedemagniInformazioni: tel. 0761 [email protected]

18 NapoliCORSO DI PERFEZIONAMENTO IN ORTOGNATODONZIA. OCCLUSIONE E POSTURA: TECNICHE STABILOMETRICHE E POSTUROMETRICHESede: Seconda Università degli Studi di NapoliDipartimento Multidisciplinare di Specialità Medico-Chirurgiche e Odontoiatrichevia L. De Crecchio 6Informazioni: www.unina2.itdott.ssa Valeria Assumma - tel. 339 [email protected] Angela Monsurrò - tel. 328 [email protected]

18, 19 Rozzano (MI)CONGRESSO ICAMP DI MEDICINA ESTETICASede: Centro Congressi Humanitasvia Manzoni 56Relatori: M. Albini, P. Tarantino, S. Sukkar et al.Informazioni: Mauro Miserendinotel. 329 2223136 - 390 235955843icamp.congress@gmail.comwww.scuolamedicinaestetica.comwww.congressomedicinaestetica.eu

19 RomaAUMENTI DEI TESSUTI MOLLI INTORNO A DENTI E IMPIANTI: LEARNING BY DOINGSede: Teknoromavia dei Lauri 73Informazioni: De Ore di Andrea Nicolistel. 045 6020924

21, 22 Sesto Fiorentino (FI)CORSI CLINICO-PRATICI DI IMPLANTOLOGIA OSTEOINTEGRATA E DI IMPLANTOPROTESIRelatore: L. TargettiSede: Istituto Studi Odontoiatricic/o Leone SpAvia Ponte a Quaracchi 48Informazioni: Segreteria ISOtel. 055 304458fax 055 [email protected]

24 Cinisello Balsamo (MI)ESTETICA IN IMPLANTOLOGIA: LINEE GUIDA DI PREDICIBILITÀCrediti ECM: previstiRelatore: D. FarronatoSede: Cosmo Hotel Palacevia De Sanctis 5Informazioni: e20 Srltel. 010 5960362fax 010 [email protected]

25, 26 MilanoIMPLANTOLOGIA AVANZATA: DISSEZIONE SU PREPARATI ANATOMICICrediti ECM: 23Relatori: R. Vinci, P. Capparè, M. Finotti et al.Sede: San Raffaele Dental Clinicvia Olgettina 48Informazioni: B2B Consultingtel. 06 6675247www.infob2bconsultingsrl.com

28, 29 Sesto Fiorentino (FI)LA TERAPIA CON APPARECCHI FUNZIONALI E ORTOPEDICI Relatori: A. Fortini, A. DeregibusSede: Istituto Studi Odontoiatricic/o Leone SpAvia Ponte a Quaracchi 48Informazioni: Segreteria ISOtel. 055 304458fax 055 [email protected]

30 FerraraIMPIEGO DEI MATERIALI TERMOPLASTICI IN PROTESIRelatori: F. Spadari, R. SpringhettiSede: Casa CiniInformazioni: Odontes Srltel. 02 [email protected]

DICEMBRE

1-3 Casalecchio di Reno (BO) MAN VERSUS CAD. LE SCELTE RAZIONALI NELLA PROTESI METAL-FREE: I FLUSSI DI LAVORO TRA IL CLINICO E L’ODONTOTECNICORelatori: C. Monaco, L. De StefanoSede: ICDE via Isonzo 67Informazioni: Ivoclar Vivadent tel. 051 6113555

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AGENDAC

orsi e congressia cura della Redazione

2 Rovello Porro (CO)IL SUCCESSO NELLA TERAPIA MIOFUNZIONALE CON DISPOSITIVI PREFORMATI: ORGANIZZAZIONE DI STUDIO E ALTRE PROCEDURERelatori: C. Farrel, L. LevriniInformazioni: Q-Quest Ortho Srltel. 02 96752019

3 TorinoIL SUCCESSO NELLA TERAPIA MIOFUNZIONALE CON DISPOSITIVI PREFORMATI: ORGANIZZAZIONE DI STUDIO E ALTRE PROCEDURERelatori: C. Farrel, L. LevriniInformazioni: Segreteria Glad Schooltel. 380 7570822

5 TorinoSERATE DI AGGIORNAMENTO DI MEDICINA ODONTOIATRICARelatori: G. D’Angeli, G. Traversa

Sede: Emmedue Groupvia Torricelli 5/cInformazioni: Emmedue Group Formazionetel. 366 1736627

13 MilanoHPV NELLA CANCEROGENESI DEL CAVO ORALE: ASPETTI CLINICI, DIAGNOSTICI E IMPLICAZIONI TERAPEUTICHERelatori: C. Doglioni, G. ArrigoniSede: Clinica del Lavoro L. DevotoOspedale Maggiore Policlinicovia S. Barnaba 8Informazioni: Odontes Srltel. 02 [email protected] -www.odontes.it

13 MilanoLE PATOLOGIE DEL PAVIMENTO ORALERelatore: F. Spadari Sede: Clinica del Lavoro L. DevotoOspedale Maggiore Policlinicovia S. Barnaba 8

Informazioni: Odontes Srltel. 02 [email protected] - www.odontes.it

GENNAIO

27, 28 Lurago d’Erba (CO)ESTETICA E IMPLANTOLOGIA. CON LIVE SURGERY E HANDS-ONRelatore: E. EuweSede: Studio Odontoiatrico & Training Center Dr. Egon Euwe Informazioni: tel. 02 95335246 [email protected]

28 PadovaLE BASI PARODONTALI PER LA CHIRURGIA RIGENERATIVA CON MEMBRANERelatore: F. MazzoccoSede: Studio Mazzocco - via Cesarotti 31Informazioni: De Ore di Andrea Nicolistel. 045 6020924

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ISTRUZIONI AGLI AUTORI

VI | DENTAL CADMOS | 9/2016

Nuo

ve n

orm

e Scopo della rivista e principi generaliDental Cadmos è un mensile di aggiornamento professionale e formazione continua per l’odon-toiatra. Il nucleo di aggiornamento è costituito dal Modulo ECM, lavoro di approfondimento che in ogni numero affronta in modo esaustivo e con un approccio didattico lo stato dell’arte di una del-le varie specialità odontoiatriche. Il Modulo ECM è abbinato al progetto di formazione a distanza (FAD), con relativo accreditamento presso la CNFC e l’erogazione di crediti formativi. La rivista pub-blica inoltre lavori originali di clinica e ricerca, casi clinici, revisioni della letteratura e rubriche. Tutti i manoscritti devono anche essere accompagna-ti da un Accordo di pubblicazione per la rivista (Journal Publishing Agreement) adeguatamente compilato e firmato (i moduli sono forniti dalla redazione). Se il manoscritto sarà accettato per la pubblicazione, gli autori dovranno garantire che il lavoro non sarà pubblicato altrove in nessun’altra lingua senza il permesso del detentore del copy-right. I manoscritti che riportano i risultati di ricer-che condotte su persone devono includere, nella sezione “MATERIALI E METODI” una dichiarazione che il protocollo dello studio è stato approvato dal Comitato Etico di riferimento, che lo studio è stato realizzato in accordo con gli standard etici stabili-ti nella Dichiarazione di Helsinki del 1964 e che il consenso informato è stato ottenuto da tutti i par-tecipanti prima del loro arruolamento nello studio. Le decisioni riguardanti la pubblicazione dei ma-noscritti si basano su un processo di peer-review e l’accettazione degli articoli sarà basata su criteri di originalità, rilevanza e contenuto scientifico dei contributi. Agli autori potrebbe essere richiesto di modificare il testo sulla base dei commenti dei reviewers. Le dichiarazioni riportate nei mano-scritti sono sotto la responsabilità dell’autore e non dell’editore. Le opinioni espresse negli articoli sono quelle degli autori e possono non riflettere la posizione dell’editore. Ogni autore deve compilare e firmare un modulo per la Dichiarazione di con-flitto di interesse, che specifichi tutti i legami eco-nomici, personali o professionali che potrebbero porre in essere un conflitto di interesse (i moduli sono forniti dalla redazione).

Presentazione dell’articoloI lavori originali non devono superare le 8 pagine di rivista (40.000 battute circa), comprensive di 10 foto (considerando che l’ingombro di una singola imma-gine corrisponde a circa 1000 battute). I casi clinici non devono superare le 4 pagine (20.000 battute circa) con 10 foto; le rassegne della letteratura non devono superare le 10 pagine (50.000 battute circa) includendo massimo 10 foto. Il conteggio delle bat-tute include immagini, tabelle e bibliografia.Lettera di presentazione (cover letter)Ai fini della pubblicazione, gli autori devono sot-toscrivere e firmare una lettera di presentazione (cover letter) in cui siano esplicitate le seguenti informazioni, riportate in una dichiarazione fir-mata dall’autore di riferimento:• il manoscritto non è stato pubblicato né è ogget-

to di esame per la pubblicazione in altra rivista; l’autore ha ottenuto un permesso scritto per la riproduzione di immagini, figure o algoritmi protetti da diritti d’autore secondo le normative vigenti sul copyright; nel caso in cui l’articolo sia pubblicato, il diritto d’autore concernente il pro-prio articolo sarà trasferito all’Editore;

• esistono/non esistono conflitti di interesse di ordine economico o di altro tipo sull’articolo presentato;

• il manoscritto è stato letto e approvato da tutti i coautori;

• in caso di articolo originale, è disponibile l’appro-vazione formale, da parte del Comitato Etico lo-cale, della ricerca proposta per la pubblicazione.

Preparazione del manoscritto1) Nel primo foglio del manoscritto dovrà essere indicato:• titolo del lavoro in italiano e inglese;• nome degli autori: nome per esteso e cogno-

me di ciascun autore;• affiliazione di ogni autore: nome dell’Istituzio-

ne presso la quale il lavoro è stato svolto e del-la quale deve essere indicato il responsabile (Direttore, Primario, Dirigente);

• indirizzo dell’autore di riferimento per la re-visione di bozza, completo di indirizzo e-mail al quale saranno inviati i PDF delle bozze, nu-mero di telefono, fax e indirizzo postale.

2) Nel secondo foglio del manoscritto dovranno essere riportati:• Riassunto in italiano e inglese (circa 850 battu-

te di lunghezza per ciascuna versione in lingua, spazi inclusi) entrambi strutturati in: Obiettivi, Materiali e metodi, Risultati e Conclusioni.

• Parole chiave: 5 parole chiave in italiano e in inglese.

3) Nei fogli che seguono il manoscritto dovrà es-sere sviluppato come segue:• Introduzione: riporterà una breve descrizione

degli scopi e degli obiettivi della ricerca proposta.• Materiali e metodi: descriverà in maniera det-

tagliata i materiali e le metodologie utilizzate ed espliciterà tutti gli aspetti etici (vedi sezione Principi Generali e Aspetti Etici).

• I nomi commerciali di prodotti e dispositivi vanno esclusivamente indicati nelle sezioni Materiali e Metodi del riassunto e del lavoro.

• Risultati: riporteranno in maniera chiara ed esaustiva i risultati della ricerca.

• Discussione: analizzerà i risultati ottenuti e la loro implicazione clinica.

• Conclusioni: riporteranno la significatività dei risultati e le osservazioni finali degli autori.

• Conflitto di interessi: indicare in questa sezio-ne se sussistono o meno conflitti di interesse di ordine economico o di altro tipo sull’articolo presentato.

• Finanziamenti allo studio: gli autori sono te-nuti a inserire nel manoscritto, dopo le “Con-clusioni” o “Ringraziamenti”, l’indicazione che lo studio presentato è stato sostenuto o meno da fonti di finanziamento.

• Bibliografia: le voci bibliografiche (max 20 voci per i lavori originali; max 10 voci per i casi cli-nici; max 40 voci per le rassegne della lette-ratura) dovranno essere presentate in ordine cronologico rispetto alla loro citazione all’in-terno del testo e redatte secondo le norme internazionali di Vancouver che prevedono: 1) per ogni voce bibliografica la citazione fino a un massimo di 6 autori, se in numero superio-re citare i primi 6 seguiti da et al.; 2) l’uso delle abbreviazioni internazionali per la citazione delle riviste, senza punteggiatura.

Di seguito alcuni esempi:- Lavori pubblicati su riviste: Chung CH, Friedman

DS, Mante FK. Shear bond strength of rebonded mechanically retentive ceramic brackets. Am J Orthod Dentofacial Orthop 2002;122:282-7.

- Libri: Graber M, Vanarsdall RL, Vig KWL. Ortho-dontics: current principles and techniques. St. Louis: Elsevier, 2005.

- Capitoli di Libri: Armitage GC. Diagnosis and classification of periodontal diseases. In: Rose LF, Mealey BL, Genco Rj, Cohen DW (eds). Pe-riodontics: Medicine, Surgery and Implants. St. Louis: Elsevier Mosby, 2004:pp.19-31.

TabelleOgni tabella deve essere presentata alla fine del manoscritto in formato file Word. Le tabelle do-vranno essere classificate e richiamate nel ma-noscritto con numeri romani e corredate da una

breve didascalia. Note o legende dovranno essere riportate al piede delle tabelle, mai nella didascalia.

FigureSono accettate solo figure fornite in formato elettronico. Le immagini dovranno essere acqui-site con risoluzione minima di 300 dpi e salvate in formato JPEG (sono accettate anche immagini in formato EPS purché acquisite nella risoluzione minima di 600 dpi). Per i tratti (flow-chart o dise-gni) è preferibile il formato TIFF, acquisito nella risoluzione minima di 600 dpi; è comunque accet-tato anche il formato JPEG nella risoluzione mini-ma di 300 dpi. Disegni o immagini devono avere una base di almeno 10-12 cm e dovranno essere presentati in forma definitiva per la pubblicazione.NOTA: Le immagini devono essere presentate separatamente e non inserite all’interno del te-sto in Word; non devono contenere nomi com-merciali o voci bibliografiche.Didascalie - Le didascalie vanno fornite nel file in Word alla fine del testo del manoscritto.

Preparazione del Modulo ECML’impostazione deve essere di tipo didattico e fo-calizzare in sintesi i punti salienti che descrivono lo stato dell’arte della materia in esame. Il lavoro può prevedere una rassegna critica della letteratura e una sezione clinica esplicativa. Nel modulo ECM non possono essere citati nomi commerciali di prodotti o dispositivi. Sviluppo - La lunghezza del Modulo non dovrà superare le 10 pagine della ri-vista (50.000 battute circa comprensivo di foto). La presenza di una singola immagine corrisponde a circa 1000 battute. La bibliografia dovrà contenere max 40 voci. Figure - Il numero delle illustrazioni non deve superare di norma le 10 fotografie circa. Il manoscritto prevede anche la preparazione del test di valutazione composto da 10 domande a ri-sposta multipla con 5 opzioni e segnalazione della risposta esatta. Qualora, ai fini del calcolo dei cre-diti, fosse necessario implementare il numero delle domande, questo sarà a carico della redazione.

Accettazione dei lavori inviatiI contributi inviati sono accettati per la pubblicazione sulla base dell’interesse scientifico e della rilevanza per Dental Cadmos, a insindacabile giudizio del Di-rettore Scientifico, che si avvarrà della valutazione scritta in cieco di almeno due revisori anonimi.

Correzione delle bozzeLa correzione delle bozze è a cura dell’autore per gli aspetti di contenuto e dell’Editore per la parte tecnica. All’autore di riferimento, indicato nel mano-scritto, verrà inviato per la correzione il file in Word redazionato. Questo dovrà essere restituito corretto alla redazione via e-mail o fax entro la data che sarà indicata nella lettera di invio bozze e comunque entro 5 giorni lavorativi dalla data del ricevimento. Succes-sivamente verrà inviato, solo per presa visione, il pdf della bozza impaginata. Oltre questo termine si pro-cederà alla correzione d’ufficio e/o al rinvio della pub-blicazione, in funzione delle priorità di pianificazione editoriale definite dal Direttore Scientifico. Non si ac-cetteranno invii, richieste di invio ad altri o più autori diversi da quello di riferimento indicato nell’articolo. Nella correzione delle bozze dovranno essere evita-te correzioni che possano modificare l’impostazione grafica già definita o modifiche di contenuto che com-porterebbero un nuovo processo di peer-review.I manoscritti dovranno essere inviati all’ufficio editoriale esclusivamente attraverso il siste-ma editoriale elettronico di Dental Cadmos di-sponibile al sito: www.editorialmanager.com/ dentalcadmosIndirizzo:EDRA SpA Via Spadolini 7 - 20141 MilanoIndirizzo e-mail della Redazione di Dental Cad-mos: [email protected]

Leggere attentamente le nuove norme per gli autori

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